Project Management - Gestire progetti in sanità e nel sociale
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I
PROJECT MANAGEMENT
G e s t i r e p r o g e t t i i n s a n i t à e n e l s o c i a l e
A cura di Giovanni Serpelloni Elisabetta Simeoni
II
P R O J E C T M A N A G E M E N T
G e s t i r e p r o g e t t i i n s a n i t à e n e l s o c i a l e
A cura di:
Giovanni Serpelloni
Direttore Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria
Azienda ULSS 20 Verona
Elisabetta Simeoni
Coordinatore Unità di Project Management del Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria
Azienda ULSS 20 Verona
Pubblicazione “no profit”
Tutti i diritti riservati
Vietata la vendita
Per richieste:
Dr. Giovanni Serpelloni
Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria
Azienda ULSS 20 Verona
Via Germania, 20 – 37136 VERONA
Telefono 045 8622235 Fax 045 8622239
e-mail: [email protected]
L’intero manuale è scaricabile in formato elettronico dal portale www.dronet.org nell’area biblioteca.
La responsabilità dei dati scientifici e dei contenuti degli articoli è dei singoli autori.
Editing e impostazione grafica: Alessandra Gaioni
Si ringraziano per la collaborazione (in ordine alfabetico): Antonella Contato, Davide Filippini, Marco Mozzoni, Claudia, Rimondo, Erika Tosi, Raffaella Tuppini, Caterina Viani
Foto in copertina: Giovanni Serpelloni
Stampato in Italia, luglio 2008 da Cierre Grafica (Verona)
III
“…Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui
ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini
chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.”
(dal Vangelo secondo Luca 14,25-33)
IV
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AUTORI Gianmaria Ba ttagl ia Professor Area Public & Health Care Management and Policy
SDA Bocconi - School of Management - Milano
G iorg io Beghini Professore a contratto
Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione – Università di Padova
Corrado Bet tero Area Sviluppo Sistemi Gestione/Controllo
CiDiTech – Verona
Luciana Caste l l in i DOT Solutions – Milano
Mario Damiani Membro del PMI North Italy Chapter
Project Management Institute
Alessandra Gaioni Consulente Programma Regionale sulle Dipendenze
Azienda ULSS 20 Verona
Dani la Ghi rade l lo Settore Economico Finanziario
Azienda ULSS 20 Verona
Massimo Margiot ta Progetto Ancos del Ministero della Salute e Coordinamento delle Regioni
Car lo No tar i Presidente PMI Northern Italy Charter
Project Management Institute
Va ler ia Rappini Docente Area Public Management & Policy
SDA Bocconi - School of Management - Milano
Pao lo Rotondi Docente Area Public Management & Policy
SDA Bocconi - School of Management - Milano
A lessandra Saggin Docente Area Public Management & Policy
SDA Bocconi - School of Management - Milano
G iovanni Serpe l loni Direttore Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria
Azienda ULSS 20 Verona
VI
El i sabet ta S imeoni Coordinatore UPM (Unità di Project Management)
Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria
Azienda ULSS 20 Verona
Francesco Vio l i Docente di Economia e Organizzazione Aziendale
Facolta’ di Ingegneria – Università degli Studi Federico II – Napoli
VII
Premessa On. Dott.ssa Francesca Martini Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro, Salute e delle Politiche Sociali
Questo manuale potrà essere un utile strumento per le organizzazioni sanitarie che vorranno applicare le logiche di Project Management.
Credo che oggi le metodiche ed i processi del Project Management debbano essere esplicitati, studiati nonché re-ingegnerizzati ed infine valutati.
Nell’ambito della sanità il miglioramento di clinical governance e di centralità del ruolo del paziente/cliente risultano essere elementi indispensabili per gli operatori di questo settore. Ritengo importante sapere che “cosa”, “come” e comprendere “chi” e il “perché” si spende, nonché “quali” sono i risultati raggiunti sia di fondamentale importanza.
Responsabilizzare su obiettivi specifici tutti gli operatori (non solo il personale dirigenziale) che lavorano in ambito sanitario pubblico e privato è diventata ormai un’esigenza insostituibile per poter andare avanti.
La responsabilizzazione del personale e la comprensione dell’importanza del proprio lavoro nell’organizzazione dovrebbero creare input per aumentare la propria motivazione. La sperimentazione e l’applicazione di questi strumenti di Project Management, già sperimentati da anni nel mondo imprenditoriale, mi auguro che coinvolgano tutte le organizzazioni che fanno parte di questo settore.
Questo manuale intende contribuire a formare gli operatori socio-sanitari ed incentivarli a far proprie queste metodologie che, se approcciate in modo corretto, daranno senza dubbio benefici positivi.
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Presentazione Dott. Sandro Sandri Assessore alle Politiche Sanitarie
Regione Veneto
Introdurre logiche e metodologie di Project Management in sanità contribuisce ad agevolare il miglioramento organizzativo e a permettere un maggior controllo dei processi delle aziende sanitarie sia per quanto riguarda gli aspetti tecnico-amministrativi, sia per gli aspetti strettamente sanitari.
In molte aree della Pubblica Amministrazione questa metodologia è stata introdotta da tempo e sempre più anche le varie organizzazioni a livello europeo ed internazionale, hanno capitalizzato tali strumenti per il loro utilizzo costante al fine di predefinire obiettivi, tempi, risorse, responsabilità. Quindi è necessario avvalersi di queste tecniche non solo per la stesura di progetti che vengono affidati alle organizzazioni sanitarie dai vari commitenti (Regioni, Ministeri, Unione Europea etc.) ma apprendere questa metodologia operativa per semplificare attività particolarmente complesse della realtà quotidiana.
Non a caso il Project Management, è disciplina trasversale di tutte le più importanti scuole di management nazionali ed internazionali. Obiettivo, quindi, di questa pubblicazione è fornire una base ed uno spunto operativo per coloro che desiderassero avvicinarsi ed approfondire questa disciplina.
La necessità di operare secondo logiche di progetto e quindi sulla base di obiettivi specifici ben definiti è particolarmente sentita in sanità, specialmente se consideriamo la marcata possibilità, in questo modo ,di associare anche sistemi di risk management e clinical governance per l’innovazione ed il moderno sviluppo delle Aziende Sanitarie.
Ben vengano pertanto esperienze di manuali di questo tipo che possono senz’altro contribuire a migliorare la formazione degli operatori nel settore sanitario in una logica di miglioramento continuo della qualità.
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Introduzione Dott.ssa Maria Giuseppina Bonavina Direttore Generale
Azienda ULSS 20 Verona
Ad oggi le Aziende Sanitarie non possono più non considerare le attività e le metodologie di Project Management come non facenti parte integrante dell’Azienda stessa. Il Project Management, anzi lo definirei “l’innovation project managment”, se bene applicato e gestito in ambito aziendale, può costituire uno dei punti di forza dell’azienda. Queste attività possono portare nuove specifiche per le attività di routine o produrre nuovi processi/prodotti capitalizzando i risultati positivi del lavoro di sperimentazione e ricerca.
L’unità di Project Management Aziendale sia essa centralizzata o organizzata secondo il modello hub and spoke (a seconda della più idonea conformazione aziendale dove si va ad inserire), non può più mancare. Essa deve occuparsi non solo della standardizzazione di modelli e di procedure ma anche della formazione del personale che deve essere addestrato in questa logiche management by objectives (MBO).
L’attività progettuale deve entrare a far parte in modo attivo della cultura aziendale. Catalogare e monitorare le attività progettuali aziendali significa anche catalogare le attività di ricerca che per qualche motivo (ricordiamo che le attività di cui trattasi sono attività sperimentali e per ciò non prevedibili in termini di risultato a priori) non hanno prodotto i risultati previsti: le cosi dette “ Lessons Learned”.
Le lessons learned daranno utili indicazioni operative e costituiranno insieme alle Best Practices, linee guida per indirizzare le attività aziendali in modo corretto, basandosi sull’esperienza passata, senza dispersione di forze e risorse.
Ragionare in termini di tempo, costo, qualità, indicatori, efficacia, efficienza, produttività, fare l’analisi degli stakeholders sono tra le attività più importanti nel presidio delle Aziende Sanitarie, quindi pubblicazioni come questa non possono non essere che benvenute e fondamentali per l’apprendimento degli operatori.
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Prefazione Prof. Francesco Zavattaro Docente senior SDA Bocconi Milano
School of Management
I L PROJECT MANAGEMENT IN UNA PROSPETT IVA DI GOVERNO INTEGRATO DEI
PROCESSI Il mondo della sanità, e più in generale il settore dei servizi connessi con lo stato di salute della persona, ha conosciuto nell’ultimo decennio trasformazioni di grande rilievo dal punto di vista delle opportunità di cura e di grande impatto sul piano delle esigenze di guida delle organizzazioni deputate alla trasformazione di tali opportunità in soluzioni tecnologiche, logistiche ed operative coerenti.
Si pensi agli straordinari progressi nel campo della ricerca bio-genetica, alle crescenti opportunità di intervento sui tumori e su molte malattie “rare” conseguenti alla codifica del genoma umano e alla scoperta del ruolo delle cellule staminali, agli scenari, semplicemente rivoluzionari, aperti dalla robotica, dalle nano-tecnologie e da strumenti diagnostici sempre più evoluti e sofisticati. Ma anche ai progressi realizzati nel campo delle neuro-scienze che stanno portando nuove, e per certi versi sconvolgenti, evidenze chimiche, fisiche e biologiche alla comprensione dei processi cognitivi, dei fenomeni psichici e comportamentali, altrimenti spiegabili solo attraverso le pur rilevanti e significative “intuizioni” della psichiatria, della psicologia e delle discipline ad esse correlate.
Infine, ma di certo non meno importante, la diffusione capillare delle tecnologie dell’informazione che stanno persino modificando, a torto o a ragione, la relazione medico-paziente, tradizionalmente basata su una reale o presunta asimmetria informativa, sulla fiducia e sul correlato principio di “affidamento”, su un forte senso di responsabilità etica e professionale ma, allo stesso tempo, autoreferenziale.
Parallelamente, molti equilibri sociali, su cui erano fondate le nostre comunità, sono saltati sotto la pressione della crescita demografica e dei correlati flussi migratori, dell’innalzamento dell’età media, della crisi ambientale ed energetica, della globalizzazione non solo dei mercati ma, più in generale, di tutte le variabili culturali, etiche e religiose.
In una parola, quella turbolenza, fonte di discontinuità, di accelerazioni improvvise di molti fenomeni sociali, tecnologici, economici e scientifici, di cambi improvvisi di rotta e di orientamenti, di comportamenti individuali sempre più differenziati, di attese e stili di vita sempre meno omologabili in modelli astratti uniformi ed omogenei e che ha investito molti settori produttivi a partire dalla seconda metà degli anni ’70, è oggi fortemente presente anche nel settore dei servizi alla persona.
A questo mutato e mutevole contesto di riferimento dovrebbe corrispondere, ed in effetti ha già corrisposto, un cambiamento altrettanto significativo nelle modalità di governo dei sistemi sanitari, intesi come insieme di mezzi e tecnologie, di conoscenze, competenze e professionalità, di capacità organizzative e decisionali, finalizzate alla realizzazione della migliore combinazione produttiva possibile per l’erogazione, nelle forme economiche ritenute opportune, dei servizi-risposta ai bisogni di salute (e di benessere) delle persone.
La forte enfasi sul criterio di appropriatezza, il recupero dei principi e dei metodi del governo clinico, la crescente attenzione alla gestione del rischio, l’organizzazione dei servizi in una prospettiva di reti integrate di soggetti produttori, talora con una articolazione delle funzioni rispondente ad una logica “Hub & Spoke”, lo sviluppo di modelli assistenziali basati sulla multidisciplinarietà e sulla continuità assistenziale, il ricorso sempre più diffuso a pratiche di certificazione esterna, sono solo alcuni degli esempi più significativi di questa evoluzione.
XIV
Più in generale si può affermare che, nel settore dei servizi alla persona (in misura persino maggiore che in altri settori), si è assistito ad una crescita esponenziale della specializzazione e della differenziazione. Come ben evidenziato già negli anni ’70 da Lorenz e Lorsch, a ciò corrisponde un aumento, spesso più che proporzionale, dei fabbisogni, ossia delle esigenze di integrazione e coordinamento a cui le logiche e gli strumenti di governo dei sistemi complessi devono cercare di trovare una risposta efficace. In altri termini, ciò che lo sviluppo delle conoscenze e la tecnologia dividono e frammentano (proprio come conseguenza dell’inevitabile specializzazione), devono essere ricomposti ad unità di lettura, di indirizzo e di governo attraverso nuovi modelli organizzativi e più complessi ed articolati sistemi di guida della gestione e dell’azione.
Quattro sembrano essere le direttrici principali lungo cui dovrebbero muoversi, dati gli scenari appena delineati, i sistemi di governo e di gestione aziendale:
1. un’attenzione crescente alla dimensione strategica delle scelte; 2. una responsabilizzazione sempre maggiore di tutte le Unità Organizzative dotate di sufficiente
autonomia funzionale, a prescindere dalla loro natura clinica, socio-assistenziale o tecnico-amministrativa, sul contributo fornito all’equilibrio economico dell’azienda;
3. un impulso forte alle logiche e agli strumenti della gestione “per processi”, in una prospettiva di governo della qualità e del rischio;
4. lo sviluppo di competenze di Project Management.
A giudizio di chi scrive, per rendere credibile e tempestiva l’azione di guida e di adattamento delle organizzazioni in relazione agli stimoli del contesto in cui concretamente operano, più di altro occorrono Direzioni Generali abili nel creare condizioni organizzative e soprattutto nel diffondere strumenti in grado di rafforzare le capacità progettuali e propositive della line produttiva e tecnico-amministrativa. Ad evidenza, le spinte all’innovazione e al miglioramento continuo generate dalla line dovranno essere prima orientate e poi coordinate e integrate, attraverso meccanismi operativi di programmazione e controllo opportunamente congegnati e presidiati.
La figura 1 fornisce una rappresentazione schematica e di prima approssimazione:
• dei diversi fronti, espressione di diversi contenuti decisionali, su cui sarebbe maggiormente utile ed opportuno coinvolgere e stimolare l’azione propositiva delle unità organizzative;
• degli strumenti (schede operative e format) attraverso cui garantire un’impostazione metodologicamente omogenea, una elevata confrontabilità e un linguaggio uniforme alla proposte.
Ai fini di queste brevi note introduttive può essere sufficiente sottolineare che:
• i diversi contenuti oggetto dell’attività propositiva delle UO e descritti in Figura 1 sono, ovviamente, fra loro interdipendenti; tuttavia ciascuno di essi si caratterizza per un diverso setting di soggetti coinvolti nel processo decisionale, di fasi temporali attraverso cui l’attività di analisi, valutazione e decisione deve compiersi, di tipologie di informazioni da utilizzare, di criteri decisionali da adottare;
• a ragione di quanto sopra, ciascun contenuto decisionale deve trovare rappresentazione attraverso strumenti e correlati meccanismi operativi distinti e, in qualche modo, specializzati rispetto al contenuto stesso.
XV
F igura 1: Po ssibi l i ambiti di proge ttazione de l le UO e corre l ati s trumenti
Si rinvia ad altri contributi per un approfondimento delle caratteristiche dello Standard di Servizio e della Scheda di Budget quali strumenti, rispettivamente, per la formulazione dei progetti di miglioramento continuo (tipici ad esempio in ambito di Clinical Governance) e per la formulazione degli obiettivi di gestione, ossia dei risultati economici attesi a livello di UO.
Si vuole, invece, porre qui l’attenzione sulla formulazione di quelle proposte e di quei progetti che, per contenuto e grado di complessità, sono finalizzati ad incidere più profondamente sull’assetto organizzativo, funzionale e strategico dell’unità operativa, dell’azienda nel suo complesso o di una parte significativa di essa.
In questo ultimo caso, il contenuto del progetto, la sua intrinseca complessità, il possibile riferimento ad ambiti organizzativi particolarmente articolati e, non ultimo, l’eventuale presenza di finanziamenti esterni, talora connessi a programmi della Comunità Europea, suggeriscono il ricorso a strumenti (la Scheda di Progetto) particolarmente strutturati e a capacità e competenze gestionali specifiche che rientrano nell’ambito del Project Management.
La Figura 2 fornisce una rappresentazione della struttura logica attraverso cui andrebbe opportunamente formalizzato un progetto complesso e può costituire una base adeguata per la definizione di una scheda a ciò finalizzata.
Come è possibile rilevare, una particolare enfasi ed attenzione sono poste alla descrizione del problema (strategico, organizzativo, di performance, ecc.) da cui nasce l’esigenza di avviare il progetto proposto, all’analisi delle minacce e delle opportunità che motivano la risposta dell’organizzazione, al “razionale” tecnico-scientifico o giuridico che guida nella ricerca della soluzione specifica. Analogamente, un’attenzione particolare, sempre in relazione alla presumibile complessità organizzativa e temporale del progetto, è dedicata alla sua articolazione in fasi e risultati intermedi misurabili. Sia l’analisi del problema che l’articolazione in fasi e risultati intermedi misurabili rappresentano la condizione indispensabile per poter svolgere l’altrettanto indispensabile attività di controllo e di audit del progetto.
XVI
F igura 2: S chema log ico per la formulazione di un Proge tto di Sv i luppo e Innovazione
Senza dubbio, il sistema di governo prospettato, articolato su più ambiti progettuali e sostenuto da una molteplicità di strumenti gestionali autonomi ma tra loro coordinati può far pensare ad un sovraccarico di impegno e di responsabilità in capo alle Unità Organizzative o, ancor peggio, ad una pericolosa deriva burocratica.
La prima e forse ovvia considerazione è che la complessità dell’attività di governo dipende dai mutati scenari descritti in apertura del presente contributo e non certo dagli strumenti proposti che, al contrario, vorrebbero fornire un utile supporto alle decisioni in contesti ad elevata complessità.
La seconda considerazione deriva dalle più recenti esperienze di gestione e di governo manageriale maturate da chi scrive nell’ambito della propria attività di formatore e di consulente direzionale di aziende sanitarie.
Oggi esistono infatti tutte le conoscenze teorico-pratiche e tutti i presupposti tecnici ed informatici per far convivere, nelle aziende di servizi sanitari e più in generale di servizi alla persona, la pluralità delle logiche e degli strumenti qui analizzati e proposti all’interno di un sistema di governo integrato dei processi, nel quale un ruolo centrale è assunto proprio dal Project Management, oggetto specifico di questo imponente lavoro rivolto in particolare agli operatori del settore delle dipendenze ma utile per tutti coloro che intendono appropriarsi delle metodologie e degli strumenti ad esso correlati.
La Figura 3 ripropone lo stesso schema di Figura 1 ma con:
• l’inserimento dei “processi” quale oggetto privilegiato se non esclusivo dell’attività decisionale delle UO e quindi, di riflesso, delle aziende sanitarie;
XVII
• il ruolo di coordinamento temporale dell’articolata attività progettuale che il sistema di budget può utilmente svolgere in ragione delle sue caratteristiche di strumento orientato a misurare i risultati economici della gestione su un arco temporale predefinito e tipicamente coincidente con l’anno.
F igura 3: Verso un si s tema di Governo In tegrato de i P rocessi
In sintesi, l’obiettivo oggi irrinunciabile per supportare la gestione, la guida e il controllo di aziende sanitarie sempre più complesse e dinamiche, sta nel realizzare un’integrazione delle prospettive di lettura e di interpretazione dei fenomeni clinici ed assistenziali ma anche tecnici ed amministrativi attraverso i processi.
Questo consente di mantenere una separazione, a giudizio di chi scrive, indispensabile:
- tra i tavoli decisionali (strategico, economico-gestionale, clinico-assistenziale e più in generale tecnico-produttivo);
- nella gestione del tempo (periodica – mensile o trimestrale - l’attività di audit dei processi, sistematica ed annuale la gestione budgetaria, straordinaria e discontinua la definizione di progetti a valenza strategica);
- nei sottosistemi informativi (ad esempio le cartelle cliniche per i processi, la contabilità analitica per il budget, il generale sistema informativo sanitario, epidemiologico e strategico per i progetti di sviluppo ed innovazione).
XVIII
XIX
Postfazione Carlo Notari, PMP® Presidente PMI Northern Italy Chapter
ORGANIZZARE UNA GESTIONE PER PROGETT I La “gestione dei progetti” è oggi una vera e propria “disciplina”, oggetto di studio nelle più importanti Università (il “Project Management”) e che nel nostro Paese sta divenendo materia di docenza soprattutto nei master postlaurea.
In realtà questa disciplina non é altro che l’insieme delle capacità manageriali necessarie per la gestione di una organizzazione attraverso una progettazione efficace ed efficiente dei suoi processi e delle sue attività.
Tali capacità sono frutto di una serie di aree di conoscenza che, se approfondite opportunamente, possono dotare le strutture organizzative di nuovi strumenti per l’ottimizzazione dei processi interni e, quindi, per una migliore gestione del “business”.
In questo ambito, l’associazione maggiormente diffusa nel mondo è il Project Management Institute americano.
Il PMI fu fondato nel 1969 da cinque volontari e, nello stesso anno, ebbe luogo ad Atlanta, Georgia USA, il primo PMI Seminars & Symposium (evento ripetuto poi tutti gli anni fino ai giorni nostri). Negli anni ’80 ci fu l’adozione di un codice etico per lo svolgimento della professione e fu rilasciato il primo Project Management Professional (PMP®) Certification examination e fu pubblicato il primo “PMI book”. Mentre invece è del 1996 la pubblicazione della guida sugli standard del project management (A Guide to the Project Management Body Of Knowledge PMBOK® Guide, diventata oggi ANSI Standard (ANSI/PMI 99-001-2000 27. 3.2001). La PMBOK Guide viene aggiornata ogni 4 anni con l’impegno di un forum di Project Manager volontari che danno il loro contributo da ogni parte del mondo.
Il PMI conta attualmente oltre 250.000 associati, provenienti dai settori più disparati (quali aerospaziale, automotive, business management, construzioni, ingegneria, servizi finanziari, information technology, farmaceutico, sanitario, etc) in 125 diversi paesi del mondo. Il PMI è organizzato in oltre 200 associazioni locali sussidiarie (i cosiddetti “Chapters”) in tutto il mondo.
La PMBOK® Guide enuncia le linee guida per la corretta conduzione di un progetto, illustrando 5 processi che sono alla base di una corretta gestione di un qualsiasi progetto, ovvero:
Il Processo di Avvio del Progetto o di una fase di esso:
in questo processo vengono assegnate le responsabilità di gestione del progetto al Project Manager o Responsabile del Progetto (ne viene quindi fatta l’investitura ufficiale) e sono assegnate le persone che ci lavoreranno. E’ questo processo che comprende il “kick off” di progetto. Ovvero una riunione di tutti quelli che hanno un interesse sul progetto (in inglese “stakeholder”), in cui vengono chiariti quali sono gli obiettivi da perseguire e i risultati da ottenere.
Il Processo di Pianificazione delle attività da eseguire:
In questo processo vengono individuate le attività da eseguire per condurre il progetto in porto, ne vengono stimate le durate, le persone più adatte a svilupparle, i costi, etc.
Il Processo di Esecuzione delle attività pianificate:
Le attività pianificate nel processo di pianificazione vengono mandate in esecuzione.
Il Processo di Controllo della corretta esecuzione del Progetto:
XX
per tutto l’arco del progetto viene fatto un continuo monitoraggio per verificare la conformità di quello che si fa con quanto era stato deciso, la congruità delle previsioni fatte e l’eventuale aggiustamento di quelle previsioni rivelatesi non proprio esatte.
Il Processo di Chiusura del Progetto:
quando tutte le attività sono state eseguite, si procede alla chiusura del progetto. In questo processo ci si dovrà assicurare che è stato fatto tutto quello che c’era da fare e che il committente è soddisfatto e, quanto meno, ci firmi l’approvazione finale.
Ma è in questa fase che si IMPARA per i progetti successivi: bisognerà riflettere sia sugli errori fatti, per trovare il modo di non ripeterli in futuro, ma, soprattutto, sulle cose che sono state fatte bene e che in futuro sarà, invece, opportuno trovare il modo di ripetere.
Il PMI ha, inoltre individuato 9 aree della conoscenza (Knowledge areas) di cui ogni Responsabile di Progetto che si rispetti dovrebbe essere esperto o, almeno, attraverso le quali sapersi districare. Esse sono:
Gestione dell’Ambito di Progetto:
Contiene tutte quelle competenze necessarie alla gestione corretta del contenuto del Progetto, degli obiettivi che esso vuole perseguire e del contesto in cui esso va realizzato. Sotto questa area, quindi, rientreranno tutte quelle competenze e capacità che il Project Manager deve mettere in atto per capire le esigenze e le aspettative del committente, aiutarlo ed … aiutarsi a definire l’obiettivo, fare in modo che, una volta definito l’obiettivo, non ci si discosti da esso nello sviluppare il progetto.
Gestione dei Tempi di Progetto:
E’ importante, per ovvie ragioni, portare a termine un progetto nei tempi stabiliti. Quindi, in questo caso, le capacità e competenze in gioco sono quelle relative sicuramente al settore professionale di competenza (per sapere fare, ad esempio, stime corrette sui tempi delle varie attività), ma anche di tipo più strettamente collegato alla sfera personale (capire le modalità di stima dei collaboratori, saper valutare gli input che durante lo sviluppo del progetto si ricevono, ma anche saper gestire il proprio tempo).
Gestione dei Costi di Progetto:
Si potrebbero dire le stesse cose dette per i tempi, cambiando solo l’obiettivo che, in questo caso è l’economia del progetto. In aggiunta si potrebbe dire che è importante, in questo ambito, saper valutare lo stato del progetto: a che punto siamo, quanto ci manca per finire, etc. Ancora una volta, allora, si dovranno sviluppare quelle doti di sensibilità utili per l’interpretazione delle valutazioni altrui.
Gestione della Qualità di progetto:
Qui la competenza del PM riguarda la vigilanza sull’aderenza di ciò che si produce nel corso del progetto, con quanto determinato in fase di avvio, con il committente, nella stesura degli obiettivi parziali e finali de progetto.
Gestione delle Risorse Umane di Progetto:
Relazioni interpersonali, comunicazione, gestione dei conflitti, etc. Insomma, tutto ciò che riguarda la sfera dei rapporti con gli altri attori coinvolti nel progetto sia direttamente che indirettamente.
Gestione dei Rischi di Progetto:
Identificare a quali possibili rischi può andare incontro il progetto, valutarne le probabilità di accadimento e l’impatto. Cercare di guidare ogni possibile rischio verso lo sviluppo di una nuova opportunità.
Gestione delle Forniture di Progetto:
E’ la gestione di tutte ciò che approvvigioniamo all’esterno del progetto. In questa area è ancora più enfatizzata rispetto alle altre (dove pure è sempre presente) la capacità di negoziazione.
XXI
Gestione della Comunicazione di Progetto:
La gestione della distribuzione delle informazioni a tutte le persone o gruppi che in qualche modo hanno un interesse nel progetto (i cosiddetti stakeholder).
Gestione dell’Integrazione di Progetto:
Coordinare ed integrare tutto quanto espresso nelle altre 8 aree della conoscenza, controllare l’andamento del progetto e, soprattutto, controllare il cambiamento.
Proviamo, ora, con una esemplificazione, ad applicare la gestione per progetti (e processi) al caso di strutture organizzative operanti nell’ambito della Sanità. Esse forniscono servizi in un settore socialmente rilevante, il processo generale vedrà una serie di richieste/aspettative in entrata (input) che dovranno essere soddisfatte attraverso una serie di attività/elaborazioni/trasformazioni per l’ottenimento di un risultato molto specifico relativamente alle necessità del richiedente (output), ma assolutamente ottenibile attraverso una scomposizione intelligente dei macro processi in processi più indirizzati e più gestibili.
In altre parole, semplificando, se il processo generale richiesto trasforma il paziente affetto da patologia in persona in via di guarigione o sana, possiamo senz’altro progettare questo macro processo passando attraverso (ad esempio) il processo di accettazione ospedaliera (di tipo sanitario/amministrativo), il processo di visita medica, quello di diagnosi, quello di definizione della terapia (tutti di tipo medico), quello, eventuale, di intervento chirurgico (di tipo medico/chirurgico) e così via, considerando tutte le aree della struttura organizzativa (ad es.: i Sistemi Informativi, la Direzione Amministrativa, la Direzione Sanitaria, etc.) che concorrono per l’ottenimento del risultato finale, ancorché sconosciuti, sia come problematica che come servizio, dal principale attore: la persona-paziente-cliente.
Appare, quindi, evidente che la definizione della Gestione Operativa di una struttura sanitaria passa proprio attraverso la definizione dei processi e delle strutture a supporto del corretto funzionamento. Progettare, quindi, la struttura organizzativa vorrà dire progettarne prima di tutto i processi insieme agli specialisti di ciascuna area, definirne i parametri per la valutazione delle performance e definire le modalità di controllo della qualità e del miglioramento continuo.
L’attuazione di questi principi richiede l’applicazione di modelli organizzativi, strumenti e metodologie che permettano di superare tutte le problematiche di settore che un approccio tradizionale lascerebbe irrisolte.
A differenza delle strutture organizzative di tipo tradizionale, una struttura organizzata “per progetti”, favorisce lo sviluppo culturale delle persone che vi lavorano e, di conseguenza, un modo di pensare ed agire di tipo progettuale: le persone tenderanno a fare le cose pensando in termini di progetto, acquisendo familiarità con i concetti e le tecniche del Project Management.
Il “Project Management è basato, quindi, sul concetto che la maggior parte delle energie manageriali dovrebbe essere spesa nello sviluppo, nella pianificazione e nell’implementazione di un Portfolio di progetti, in contrapposizione all’esecuzione di operazioni ripetitive”1.
Le strutture organizzative sono progettate in modo da favorire la spinta motivazionale: ogni persona che opera in una struttura così organizzata vede il proprio lavoro come un susseguirsi di progetti (siano essi di sviluppo di strategie, piuttosto che di cura dello specifico paziente in una struttura sanitaria o di gestione amministrativa, etc.) il cui successo è strettamente legato al proprio contributo di competenze.
Da tutto quanto detto, viene facile da comprendere come tutto si basi sulla diffusione/condivisione degli obiettivi e sulla qualità della comunicazione (interna ed esterna). Non esiste più, in un tale contesto, il concetto tradizionale di controllo che prevede, o fa immaginare a chi lavora, l’esistenza esclusiva di un sistema di premi e punizioni.
1 P.C. Dinsmore, “Winning in Business with Enterprise Project Management”, AMACOM, 1999
XXII
XXIII
INDICE
ASPETTI GENERALI
PRINCIPI DI PROJECT MANAGEMENT Elisabetta Simeoni, Giovanni Serpelloni pag. 1
PROJECT MANAGEMENT ENTERPRISE (PME): PRINCIPI PER I SISTEMI DI GESTIONE DEI PROGETTI AZIENDALI Giovanni Serpelloni, Elisabetta Simeoni pag. 41
METODOLOGIA DI BASE
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE PER GLI INTERVENTI SOCIO-SANITARI: INDICAZIONI PRATICHE PER LA STESURA DI UN PROGETTO Giovanni Serpelloni, Elisabetta Simeoni pag. 57
GESTIRE QUALI PROGETTI? Carlo Notari pag. 121
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS PER LE ORGANIZZAZIONI SANITARIE Elisabetta Simeoni, Giovanni Serpelloni pag. 125
TEAM E ORGANIZZAZIONE
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE PER PROGETTI NELLE AZIENDE SANITARIE Valeria Rappini pag. 155
LAVORARE PER PROGETTI: LE RICADUTE ORGANIZZATIVE Paolo Rotondi pag. 177
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI Alessandra Saggin pag. 187
IL TEAM DI PROGETTO Luciana Castellini pag. 215
L'ETICA: IL VERO PROJECT MANAGER Carlo Notari pag. 227
IL PROJECT MANAGER NELLE ORGANIZZAZIONI: TENDENZE E PROSPETTIVE Mario Damiani pag. 233
XXIV
LA VALUTAZIONE DEI PROGETT I DI INTERVENTO
LA VALUTAZIONE EX ANTE DEI PROGETTI CHE PREVEDONO INTERVENTI SULLA PERSONA Giovanni Serpelloni, Elisabetta Simeoni pag. 239
LA VALUTAZIONE EX POST DEI PROGETTI CHE PREVEDONO INTERVENTI SULLA PERSONA Giovanni Serpelloni, Elisabetta Simeoni pag. 253
STRUMENTI PER LA GESTIONE DEL PROGETTO
WBS: LO STRUMENTO CARDINE DELLA GESTIONE DI UN PROGETTO Giorgio Beghini pag. 265
MULTI GANTT SYSTEM (MGS): LA TEMPIFICAZIONEDELLE ATTIVITA’ DI PROGETTO Giovanni Serpelloni, Elisabetta Simeoni pag. 277
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITA’: MODELLI DI APPRENDIMENTO E E-LEARNING Gianmaria Battaglia pag. 293
VALUTAZIONE DEI R ISCHI DI PROGETTO
LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO Francesco Violi pag. 315
MODULIST ICA DI PROGETTO
FORM PER PROPOSTA DI PROGETTO Giovanni Serpelloni, Elisabetta Simeoni pag. 321
FORM PER UN FINAL REPORT Giovanni Serpelloni, Elisabetta Simeoni pag. 345
INDICAZIONI OPERATIVE PER I CONSULENTI DI PROGETTO
L’ACQUISIZIONE DI PRESTAZIONI DI LAVORO E D’OPERA NEI PROGETTI FINANZIATI Danila Ghirardello pag. 357
SISTEMI SOFTWARE
PMS SISTEMA PER LA GESTIONE DI UN’UNITÁ DI PROJECT MANAGEMENT (GUIDA OPERATIVA) Giovanni Serpelloni pag. 363
XXV
PMS WEB: GESTIONE CENTRALIZZATA DEI PROGETTI DEL FONDO DALLA PRESTAZIONE, ALL’APPROVAZIONE, AL CONTROLLO DEI COSTI A REGIME Giovanni Serpelloni, Corrado Bettero pag. 399
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI Elisabetta Simeoni, Alessandra Gaioni pag. 413
GLOSSARIO
GLOSSARIO: ALCUNI PRINCIPALI TERMINI UTILIZZATI NELLE LOGICHE DI PROJECT MANAGEMENT
pag. 429
XXVI
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
1
INTRODUZIONE
Il Project Management consta di un insieme di tecniche e strumenti di gestione sviluppati a partire
dalla seconda guerra mondiale negli Stati Uniti d’America e poi sperimentate a partire dagli anni cinquanta
per progetti militari e per la realizzazione di opere infrastrutturali. Questo sistema utilizza ed applica
conoscenze di tipo ingegneristico per la semplificazione di attività lavorative particolarmente complesse che
richiedono la contemporanea partecipazione di professionalità, conoscenze e tecnologie anche fortemente
diversificate. Il Project Management Institute (PMI), istituzione di riferimento a livello mondiale nella
definizione di standard di gestione dei progetti definisce come Project Management “Il project Management è
l’applicazione di conoscenze, abilità, strumenti e tecniche alle attività di progetto per soddisfare i requisiti del
progetto. La Gestione per progetti viene eseguita tramite l’uso di processi quali: inizio ufficiale, pianificazione,
esecuzione, controllo e chiusura”.
La metodologia inglese di project management PRINCE 2, come riportato da E. Cobos (2007),
definisce il project management come “la pianificazione, il monitoraggio ed il controllo di tutti gli aspetti del
progetto e della motivazione di tutti coloro in esso coinvolti per raggiungere gli obiettivi del progetto in tempo e
dentro le specifiche di costo, qualità e performance”.
Queste nuove tecniche e strumenti presi “a prestito” dal mondo imprenditoriale si stanno
sviluppando in ambito sanitario soprattutto grazie al cambiamento rappresentato dal processo di
aziendalizzazione.
Il Management viene definito classicamente come un “operare con le risorse umane, finanziarie e
PRINCIPI DI PROJECT MANAGEMENT
Elisabetta Simeoni 1), Giovanni Serpelloni 2)
1. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
2. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
PROJECT MANAGEMENT
2
fisiche per raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione svolgendo funzioni di pianificazione, organizzazione e
controllo” (Megginson, 1996). Queste tecniche sono state introdotte, dalla seconda metà degli anni ottanta,
prima nella Pubblica Amministrazione e, quindi, in ambito specifico sanitario.
Il project management è un sistema di gestione dei risultati (Miscia, 1994) basata su tre elementi
fondamentali:
• esplicitazione di responsabilità;
• adozione di sistemi di pianificazione e controllo;
• istituzione di un team di progetto.
La gestione per progetti rappresenta un sistema di gestione fortemente orientato ai risultati che offre,
risposte ai problemi che oggi esistono nelle aziende sanitarie e che dipendono dalla crisi dei processi
produttivi, dalla crisi dei sistemi di gestione, di organizzazione e dalla nuova visione della organizzazione del
lavoro che punta alla valorizzazione della funzione e dei risultati.
Le definizioni di Progetto che possono essere trovate nei testi sono molteplici. Le più comuni e
condivise sono:
“Un piano, uno schema, un’impresa che si svolge secondo un programma” (dal Concise Oxford Dictionary)
“Una iniziativa temporanea intrapresa per creare un prodotto o un servizio unico” (PMI- Project
Management Institute)
“Uno sforzo complesso, di regola, di durata inferiore ai tre anni, comportante compiti interrelati eseguiti da
varie organizzazioni, con obiettivi, schedulazioni e budget ben definiti” (Archibald)
“Un progetto è un’unica serie di attività volte a produrre un risultato definito, con una precisa data di inizio
e di fine, ed una precisa allocazione di risorse” (Harvard Business School)
“Un insieme di attività tra loro correlate e interdipendenti, volte al raggiungimento di un obiettivo preciso,
con un limite di tempo determinato, un budget di risorse stabilite, che vengono avviate alla ricerca di un
aumento di valore per l’azienda o per il soddisfacimento delle esigenze del cliente” (SDA Bocconi)
“È un insieme di sforzi coordinati nel tempo” (Kerzner)
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
3
“È un insieme di persone e di altre risorse temporaneamente riunite, per raggiungere uno specifico
obiettivo, di solito con un budget ben predeterminato ed entro un periodo stabilito” (Graham)
“E’ un processo a sé stante che consiste in un insieme di attività coordinate e tenute sotto controllo, con
date di inizio e fine, intrapreso per realizzare un obiettivo conforme a specifici requisiti inclusi i limiti di
tempo, di costi e di risorse” (ISO 9000:2000 )
“E’ un’organizzazione temporanea creata con il proposito di consegnare uno o più prodotti di business in
conformità con uno specifico business case” (PRINCE)
Sintetizzando queste definizioni e tentando, quindi, di dare una definizione univoca, potremmo definire
il progetto come: “un insieme di persone e di altre risorse temporaneamente riunite per raggiungere uno
specifico obiettivo, unico, irrepetibile, con un budget ben definito e predeterminato, entro un periodo
prestabilito”.
L’introduzione di logiche di Project Management all’interno delle realtà sanitarie, richiede un’analisi
molto attenta riguardante sia l’ambiente interno dell’azienda sanitaria (i processi di produzione dei servizi di
salute) sia l’ambiente esterno (indicatori di risultato, indicatori di qualità del servizio reso, valutazione degli
utenti ecc.). Gli obiettivi che con il project management si intendono raggiungere devono essere pianificati,
cioè coerenti con la mission e la vision aziendali.
Un’idea di “Progetto” può nascere:
• dalla rilevazione di un problema o bisogno a cui si vuol tentare di dare una soluzione;
• da un’idea innovativa che qualcuno propone, ritenuta utile e generatrice di benefici.
L’approccio all’idea di progetto può essere di tipo top-down o botton-up. Quindi, non solo un’idea
generata dai vertici aziendali e recepita dai subordinati, ma (e secondo gli autori questo risulta essere uno
degli elementi di successo per lo sviluppo di logiche progettuali) un’idea generata dai livelli più bassi e
presentata ai vertici aziendali. Il primo tipo di approccio potrebbe essere per esempio quello di un direttore
generale che propone ad un responsabile di unità organizzativa di sperimentare un modello innovativo di
intervento di prevenzione sul territorio, il secondo tipo, invece, potrebbe essere quello di un responsabile di
unità organizzativa che propone alla sua Direzione Strategica, di sperimentare un modello di formazione
per gli operatori sanitari.
Quindi, azioni preliminari alla stesura del progetto sono in successione:
1. analisi dei problemi;
2. analisi degli obiettivi e dei risultati da raggiungere;
PROJECT MANAGEMENT
4
3. analisi delle strategie e del piano strategico di intervento per la realizzazione dell’obiettivo.
Uno strumento che può essere utilizzato in questa prima fase di analisi dei problemi è il diagramma
causa-effetto meglio conosciuto come diagramma di Ishikawa o diagramma delle cinque “emme” (method,
man, measurement, material, machine). Questo strumento aiuta il team di progetto ad identificare le cause e
le sottocause che conducono a problemi o effetti specifici.
F ig . 1 : E sempio di diag ramma causa e ffe tto (Diagramma di Ishikawa) o “ the pos t- i t s taf f game”
CONCETTI BASE DEL PROJECT MANAGEMENT
Come sopra riportato i concetti base su cui si basa un approccio di Project Management sono:
1. Esplicitazione delle responsabilità: nella stesura di progetto devono essere indicate chiaramente le
responsabilità di ogni singola figura coinvolta nel progetto. Il progetto è come un puzzle nel quale
ogni figura ha un compito specifico che, insieme agli altri attribuiti ad altre figure, vanno a
realizzare un obiettivo specifico. Se un compito non viene realizzato, necessariamente la non
azione si ripercuoterà sull’intero andamento del progetto.
2. Adozione di sistemi di pianificazione programmazione e controllo. Il progetto deve essere
pianificato, cioè devono essere definite le attività da svolgere, le modalità con cui queste devono
essere svolte, la ripartizione delle risorse nelle varie attività, la tempificazione ed i costi associati.
Inoltre, tali attività devono essere monitorate nel corso del progetto per evidenziarne possibili
scostamenti, intervenendo con eventuali azioni correttive. Secondo la teoria 20/80 della Legge di
Pareto (la Legge di Pareto afferma che, dato un problema, una minoranza di cause produce la
maggioranza degli effetti. Il 20% delle cause produce quindi l’80% degli effetti.), se si incrementa il
processo di pianificazione del 20%, si riesce a raggiungere un aumento di produttività dell’80%.
3. Istituzione di un team building di progetto. I membri del team dovrebbero essere sempre scelti
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
5
sulla base delle effettive competenze richieste per lo sviluppo del progetto.
Programma, processo, compito
Si ritiene necessario, prima di introdurre la trattazione di logiche di Project Management, riportare la
definizione di tre nozioni fondamentali (programma, compito, processo) che spesso vengono utilizzate
come sinonimi di progetto, ma che in realtà hanno significati molto diversi tra di loro.
Il “Programma” è un’iniziativa a lungo termine, di norma implicante più di un progetto.
Il “Compito” è uno sforzo a breve termine (dai tre ai sei mesi) eseguito da un’organizzazione, che insieme
ad altri compiti, può costruire un progetto.
Il “Processo” è un insieme di attività, svolte in sequenza e/o in parallelo che, partendo da un dato input,
permettono di raggiungere un determinato output (Biffi, Becchiari 1998).
Progetto
Come abbiamo visto, la definizione di progetto può trovare esplicitazioni diverse, ma si basa su
elementi ed indicatori ben definiti e comuni alle varie definizioni.
Sinteticamente le caratteristiche comuni alle definizioni di progetto sopra esposte potrebbero essere
elencate nel modo seguente.
Il progetto è:
1. un’ attività non ripetitiva.
2. un’attività finalizzata al raggiungimento di un obiettivo.
3. un’attività con obiettivo chiaro preciso e ben definito coerenti con la mission e la vision aziendale.
4. un’attività con obiettivo da raggiungersi in un periodo di tempo predichiarato. La gestione per
progetto, infatti, deve riguardare un periodo compreso tra 1 e 2/3 anni. Rispetto a tempi più brevi,
sarebbe difficile fare programmazione e, rispetto a tempi più lunghi, si perderebbe l’incisività
propria delle logiche di progetto. Il progetto ha tempi e meccanismi di prevedibilità ben definiti,
perciò sarebbe molto difficile prevedere e programmare il suo sviluppo per un tempo superiore ai
3 anni.
5. attività con obiettivi e risultati con rispetto di un budget di progetto prefissato.
Prendendo come esempio la nozione sopra esposta riportata da Archibald (1994), è necessario
esplicitare il significato di: “sforzo complesso” ed “insieme di attività interrelate – finalizzate a perseguire
determinati obiettivi”.
PROJECT MANAGEMENT
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Un progetto è sforzo complesso perché:
• richiede azioni differenti.
• richiede persone e composizioni organizzative differenti.
• c’è unicità dell’azione (nel senso che la logica di progetto si ha quando si affronta un problema
nuovo che si presenta nello scenario dell’organizzazione). Il progetto non deve basarsi su
meccanismi già standardizzati in quanto deve rappresentare innovazione.
Un progetto è “sforzo complesso di attività interrelate–finalizzate” a perseguire determinati obiettivi
perché:
• la gestione per progetto richiede azioni che abbiano una coerenza e consequenzialità.
• l’insieme delle azioni richiede una omogeneità complessiva. L’azione deve essere coerente. Le
azioni devono essere necessarie e coerenti al raggiungimento degli obiettivi prestabiliti.
La struttura organ izzat iva ed i divers i model l i di des ign organ izzat ivo
A seconda della collocazione dell’unità operativa di progetto all’interno dell’azienda possono essere
conseguiti diversi risultati.
Modello n. 1 - In questo modello l’area progetti è posta in staff della direzione generale e assume un
ruolo tecnico/strategico più che operativo. Di fatto, non viene favorito lo sviluppo di competenze specifiche.
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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Modello n. 2 - In questo modello l’esistenza di un’area organizzativa per progetti viene formalizzata
nell’organizzazione aziendale collegata alla direzione sanitaria e permette, nel suo interno, lo sviluppo di
competenze specifiche (controller di progetto, responsabili di team building, Project Manager). In questo
caso il compito assume orientamenti più specialistici in campo sanitario per il governo delle attività di
progetto dei vari dipartimenti.
Modello n. 3 - Questo modello enfatizza il decentramento organizzativo, consentendo anche
economie di scala delle varie unità operative, in quanto l’unità di progetto ne ricomprende al suo interno un
certo numero che sono aggregate da finalità specifiche.
PROJECT MANAGEMENT
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Modello n. 4 - Prevede un marcato decentramento e l’attivazione di un’unità organizzativa di progetto
a livello di singola unità operativa.
Modello n. 5 - Prevede vari livelli di UPM con funzioni diversificate, ma coordinate verticalmente, ed
un insieme di UPM specializzate nel Project Management, ma anche nella formazione degli operatori e nella
operatività.
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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I l committente di progetto
Il committente di un progetto di ricerca/intervento può essere sia interno (Direttore Generale,
Direzione Strategica), sia esterno (Regione, Ministero, Commissione Europea).
I l Project Manager
La figura principale nello sviluppo di un progetto è il Project Manager. Egli è il responsabile formale del
progetto nel suo complesso e deve garantire che il risultato finale sia realizzato in coerenza con i costi, i
tempi e la qualità definiti inizialmente.
Il ruolo di Project Manager si differenzia nettamente dai più tradizionali ruoli aziendali che
intervengono all’interno dei processi lavorativi tramite l’uso dell’autorità formale.
Il suo ruolo si fonda sull’autorevolezza derivata dalle sue competenze e richiede uno stile di direzione
orientato alle relazioni sociali cioè alla costruzione ed al mantenimento di buone relazioni interpersonali, sia
nei confronti del team di progetto, che degli altri attori organizzativi. (E. Baglieri et al. 1999).
Obiettivi principali che questa figura deve realizzare sono:
• realizzare il risultato finale del progetto;
• conseguire obiettivi economici del progetto;
• avvertire i superiori (committenti) per difficoltà non superabili riscontrate in corso di progetto;
• adottare/far prendere le decisioni più opportune al fine di conseguire gli obiettivi del progetto;
• chiudere il progetto se gli obiettivi non possono essere realizzati.
Per essere nominato Project Manager si rende necessaria una legittimazione formale del suo ruolo
tramite un incarico preciso. Il Project Manager dovrà in questa fase dimostrare di saper dialogare e
negoziare il proprio incarico con il committente del progetto. Da questo momento in poi non ci dovranno
essere intromissioni sulle scelte del Project Manager riguardanti lo sviluppo del progetto. Il Project Manager
verrà valutato sulla base dei risultati che ha raggiunto o sugli indici di valutazione intermedi. Uno dei
meccanismi di valutazione del progetto da parte del committente riguarderà l’aspetto economico che non
deve essere difforme dalla previsione ex–ante predefinita. Nel caso in cui il progetto fallisca, il committente
valuterà se gli elementi di difficoltà del progetto dipendono o meno dal Project Manager. Il Project Manager
deve inoltre possedere una serie di competenze particolari soprattutto sulla gestione del personale, sui
sistemi di programmazione e controllo delle attività e sull’uso dei sistemi informativi. Il Project Manager
riceve delega totale da parte del top Manager. Egli ha il compito di gestire tutte le interfacce del progetto
(clienti, top manager, fornitori, partner, team di progetto ecc), inoltre egli provvede a delegare le
responsabilità agli appartenenti del team di progetto.
Al Project Manager sono richiesti dei requisiti specifici riguardanti le sue caratteristiche tecniche
PROJECT MANAGEMENT
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gestionali relazionali e personali. Nella tabella seguente vengono riportate in sintesi queste caratteristiche.
Tab . 1: Cara tte r i st i che de l Pro je ct Manager
CARATTERISTICHE
gestionali Conoscenza delle metodologie di pianificazione e controllo
Impegno costante ad operare in un’ottica di qualità globale e di soddisfazione del cliente
relazionali Buon negoziatore e mediatore, capacità di leadership
Capacità di sviluppare il potenziale individuale e di gruppo
Ottime relazioni con ambiente superiore e con il cliente
personali Flessibilità iniziativa, capacità di comunicare, di coordinare e di organizzare
Propensione alla risoluzione dei problemi
Per ciò che concerne le caratteristiche tecniche ci sono opinioni discordanti. Secondo la maggior parte
degli esperti al Project Manager non sono richieste competenze specialistiche riguardanti la materia del
progetto. Egli deve essere un ottimo gestore e trovare i professionisti più adatti a raggiungere gli obiettivi del
progetto in modo integrato e coordinato.
CAUSE TIPICHE DI ELEMENTI DI DIFF ICOLTÀ DEL PROGETTO
Spesso nell’esperienza quotidiana si è assistito al fallimento di progetti.
Le cause di fallimento evidenziate sono nella maggior parte dei casi da attribuirsi a:
• capo progetto fantasma;
• obiettivi poco chiari o mal definiti;
• mancanza di risorse;
• mancanza di leardeship;
• mancanza di un sistema di pianificazione e controllo;
• gruppo progetto povero di risorse o carente di alcune delle competenze tecniche e specializzate
necessarie (la responsabilità è del capo progetto);
• cattiva definizione iniziale degli obiettivi dei tempi e dei metodi (la responsabilità è del capo
progetto);
• membri del gruppo di progetto distratti da altri obiettivi;
• orientamento troppo “tecnicistico”;
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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• variazioni del contesto durante lo svolgimento del progetto (la responsabilità non dipendono dal
capo progetto).
Sintomi di questi fallimenti sono stati evidenziati soprattutto quando i progetti:
• non hanno rispettano i tempi;
• “sono morti per strada”;
• sono costati molto più del previsto (tempi/costi/qualità);
• hanno prodotto risultati poveri;
• hanno prodotto risultati che sono stati rifiutati dal committente perché diversi da quelli
predichiarati in fase di pianificazione;
• hanno prodotto risposte “molto apprezzate” ma mai attuate (questo il caso dei progetti cosiddetti
“politici”.
Un esempio classico di progetto utilizzato in sanità che ha avuto esiti per la maggior parte negativi era
il ricorso al Progetto Obiettivo. La maggior parte di essi è fallita perché si basavano su una logica opposta a
quella necessaria e fondamentale per un approccio di Project Management, cioè gli obiettivi venivano
aggiunti ex-post e non ex-ante. Essi aggiungevano in continuazione nuovi elementi e nuove azioni.
CICLO DI VITA DI UN PROGETTO
Esistono molte versioni che riguardano le fasi che compongono il ciclo di vita di un progetto. In
termini generali potremmo dire che in un progetto possono essere distinte 3 macrofasi (PMI,1996):
1. Fase iniziale;
2. Fase intermedia;
3. Fase finale.
Il PMBOK definisce il ciclo di vita del prodotto come “la raccolta di fasi del progetto, generalmente in
sequenza, il cui nome e numero sono determinati dalla tipologia di lavoro tecnico che deve essere svolto in
ciascuna fase; le tempistiche in cui devono essere prodotti i deliverable, in ciascuna fase, e come ciascun
deliverable deve essere analizzato, verificato e convalidato; chi è coinvolto in ciascuna fase, deve sapere come
controllare e approvare ciascuna fase”.
Le più moderne concezioni del ciclo di vita di un progetto si attestano ad evidenziarne le fasi secondo
lo schema di seguito riportato.
PROJECT MANAGEMENT
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Tab . 2: Ci clo di v i ta di un proge t to
N° FASE ATTIVITÁ
1 IDEAZIONE Analisi preventiva
Studio di fattibilità
Decisione
2 IMPOSTAZIONE Progettazione/pianificazione
3 IMPLEMENTAZIONE Realizzazione/sviluppo
4 VALUTAZIONE Test di risultato
5 CAPITALIZZAZIONE Ingegnerizzazione
Fase di concetto (I fase del ciclo di vita del progetto)
Nasce un problema, vengono fatte scelte strategiche, si richiede un bisogno di intervento per risolvere
un problema.
Fase di definizione (II fase del ciclo di vita del progetto)
Fase in cui viene fatto lo studio di fattibilità o il progetto di massima o progetto iniziale. In questa fase
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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si ha già un’idea se queste attività potranno essere portate avanti con il progetto. Avviene anche la
negoziazione tra il Project Manager ed il committente.
Fase di impostazione (III fase del ciclo di vita del progetto)
Fase tecnica in cui il progetto viene posto in essere dal punto di vista tecnico. Si costruisce a tavolino il
progetto. Fase non attuativa, ma virtuale. Si può ancora decidere se ci sono elementi necessari a svolgere il
progetto. Questa è una fase molto importante in quanto si può ancora capire se questo insieme di azioni
andrà a buon fine. Nella fase di impostazione del progetto si ha la strutturazione di un progetto.
Per strutturare un progetto vi è la necessità di descrivere in modo chiaro e ben definito alcune
caratteristiche generali dell’intervento che si vuole andare a proporre. Per fare ciò, la descrittiva di progetto
deve essere suddivisa per singoli argomenti. Le descrizioni devono comprendere:
A. TITOLO
B. OBIETTIVO GENERALE
C. SOTTOPROGETTI O OBIETTIVI SPECIFICI
D. AZIONI SPECIFICHE DEI SOTTOPROGETTI O OBIETTVI SPECIFICI
E. CONDIZIONI ORGANIZZATIVE
F. INDICATORI DI RISULTATO
A) È necessario innanzitutto dare al progetto un’identificazione generale: nel titolo devono essere
collocate due o tre parole che diano un’idea del reale contenuto del progetto. Il titolo rappresenta uno degli
elementi più importanti per la compilazione di una descrittiva di progetto. Il valutatore o la commissione
valutatrice dal titolo dovrebbero già identificare la tipologia di intervento che vuole essere proposta. Titoli
troppo lunghi e poco chiari disincentivano a priori il lettore. Solitamente, alla fine del titolo, vengono
apposte tra parentesi alcune cifre identificative di progetto che verranno poi utilizzate, nel caso in cui il
progetto venga accettato, in fase amministrativa per l’identificazione precoce. Es: titolo progetto “Piano di
formazione integrata per gli operatori del pubblico e del privato sociale (PFT 2002)”.
B) L’obiettivo generale deve essere chiaro, semplice e condiviso.
C) I sottoprogetti o “obiettivi specifici” sono i veri ambiti di attenzione specifica, cioè spazi che
portano alla finalità del progetto ed ai punti di valutazione.
D) Le “azioni specifiche” dei sottoprogetti (o degli “obiettivi specifici”) sono un insieme di atti che
portano al raggiungimento di quell’obiettivo.
E) Le condizioni organizzative sono gli elementi che identificano per ogni progetto le risorse
economiche, umane, logistiche, le caratteristiche specifiche di ogni professionalità richiesta.
PROJECT MANAGEMENT
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Quindi, uno schema di sviluppo di un sottoprogetto potrebbe essere il seguente.
Tab . 3: Sot toproget to o Azione speci f i ca n . 1
AZIONI PERSONE RISORSE ECONOMICHE
RISORSE LOGISTICHE
PROFESSIONALITÁ RICHIESTA TEMPO
1
2
3
F) Indicatori di risultato: cioè elementi di verifica. Se in un progetto mancano gli indicatori di risultato
significa che non si è davanti ad un progetto ma solo ad una programmazione. Gli indicatori di risultato sono
quantitativi e qualitativi e devono essere stabiliti ex-ante. Inoltre deve essere specificato chi sarà il valutatore.
È necessario costruire gli indicatori solo se ci sono dei meccanismi di confronto.
Gli indicatori possono essere: diretti ed indiretti (si rimanda al capitolo sulla valutazione ex-ante ed ex-
post dei progetti).
Fase di implementazione (IV fase del ciclo di vita del progetto)
4) Fase di implementazione: questa è una fase vera e propria del progetto. Qui trovano spazio forte
strumenti come: gestione del personale, sistema di reporting, sistema di information tecnology.
La fase di implementazione si attua e va avanti se ha buoni strumenti di gestione.
Fase di valutazione (V fase del ciclo di vita del progetto)
5) Fase in cui è possibile fare il confronto tra il fenomeno reale e quanto era stato stabilito a tavolino,
se è andato tutto bene o ci sono stati degli scostamenti.
Fase di capitalizzazione (VI fase del ciclo di vita del progetto)
6) Questa fase non da tutti è considerata ma è una fase molto importante nel ciclo di vita del
progetto in quanto da questa i risultati ottenuti dal progetto possono diventare stabili e produrre reddito.
Oltre, quindi, agli indicatori di risultato, si possono mettere i meccanismi di capitalizzazione. I meccanismi di
capitalizzazione dello sforzo fatto sono molto importanti. Dopo la fase di verifica, il progetto è ultimato ma è
necessario fare in modo che il meccanismo non diventi desueto e quindi vengono utilizzati i meccanismi di
capitalizzazione. È la fase che dà forza e valore all’investimento. È necessario che tutto quello che era finalità
del progetto diventi meccanismo routinario dell’organizzazione.
Dopo avere esaminato il ciclo di vita di un progetto, è necessario affermare che il progetto deve avere
a supporto una serie di regole fondate su meccanismi di credibilità poste dal Project Manager. Per esempio
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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in America o in Germania una regola stabilita nello sviluppo di qualsiasi lavoro a progetto, è la puntualità
d’orario di inizio e di termine delle varie riunioni fissate. Questo significa che tutti sanno che se una riunione
è stata fissata per una determinata ora, nessuno arriverà nemmeno un minuto in ritardo perché sa già che
troverebbe la porta del luogo ove viene svolta la riunione chiusa a chiave. Inoltre, tutti i partecipanti alla
riunione riescono a programmarsi in modo esatto il loro tempo in quanto l’orario di fine riunione è fissato
rigidamente.
I L PIANO DI PROGETTO
Uno dei compiti base di un Project Manager è definire il “POP” (Piano Operativo di Progetto) cioè
“come possono essere realizzati gli obiettivi del progetto, considerando che le risorse disponibili sono
limitate nel tempo, nella quantità e nella tipologia” (Amelotti, Valcalda, 1998). Il piano di progetto è uno
strumento di organizzazione e controllo del ciclo di vita del progetto. Il piano deve essere messo a punto
dal Project Manager e dal suo team.
F ig . 2 : I l p iano di proget to (E . Bagl ie r i e t a l . 1999)
PROJECT MANAGEMENT
16
Obiett iv i di progetto
La definizione degli obiettivi di progetto rappresenta una dettagliata descrittiva sul “cosa deve essere
fatto”. In questa fase devono essere descritti:
• un elenco degli obiettivi ed una breve descrizione degli stessi;
• un collegamento degli obiettivi ad indicatori di outcome e di output;
• quali risultati debbono essere raggiunti;
• prodotti fisici e/o di contenuto.
Utile tecnica di supporto in questa fase di analisi può essere la “WBS” (Work Breakdown Structure).
Att iv it à da svolgere
La seconda fase del piano di progetto consiste nell’indicare quali attività devono essere poste in
essere, come le attività da porre in essere devono essere fatte, quando le attività devono essere fatte, chi è
il responsabile di queste attività, quali risorse materiali servono per eseguire queste attività. Strumenti di
supporto in questa fase possono essere: la WBS, la matrice compiti responsabilità, le rappresentazioni
reticolari (CMP, Pert, Gantt).
Competenze necessarie
Il team di progetto deve essere composto da persone che posseggano i requisiti professionali richiesti per lo
svolgimento ed il raggiungimento degli obiettivi del progetto. In questa parte, quindi, andranno elencate in
modo esauriente e preciso quali sono le professionalità specifiche richieste per lo svolgimento del progetto.
Si ricorda che il team di progetto non dovrebbe essere costituito sulla base delle risorse umane disponibili in
quel momento, ma le persone andrebbero ricercate sulla base dei requisiti professionali richiesti.
Definizione ed assegnazione delle risorse
Una volta elencati i requisiti richiesti, andrebbero individuate le persone ed attribuite le conseguenti
responsabilità. La quarta fase del piano di progetto può dirsi strettamente correlata alla fase precedente, in
quanto la domanda cui è necessario rispondere è “chi lo deve fare” ma può essere correlata anche alla fase
successiva: scheduling di progetto. Utili strumenti di supporto oltre alla matrice compiti responsabilità sono le
rappresentazioni reticolari.
Scheduling del progetto
Identificati gli obiettivi, le attività e le risorse si rende ora necessario determinare esattamente i tempi di
progetto. Vanno identificate le attività che per forza di cose devono andare in parallelo e quelle che devono
andare in conseguenza (cioè una attività non può essere iniziata prima che l’altra finisca). Gli strumenti a
supporto potrebbero essere i diagrammi reticolari (CPM, Pert, Gantt).
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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Definizione e assegnazione delle risorse economiche di progetto (piano finanziario del progetto)
Il piano economico del progetto deve essere formato da una serie di voci che rappresentano la somma di
tutte le risorse (umane e non) necessarie allo svolgimento del progetto.
Sistema di controllo
Il sistema di controllo rappresenta un requisito fondamentale di un progetto. Il progetto deve
necessariamente subire dei controlli sia durante il suo svolgimento sia in fase finale. Ulteriori
approfondimenti verranno trattati nel capito sul controllo di progetto.
Aspetti di attenzione e modalità di soluzione dei problemi
Nel piano di progetto andranno poi elencate le criticità di progetto ed i fattori di rischio del progetto.
Questi elementi andranno sempre monitorati in quanto potrebbero influire sull’andamento totale del
progetto (vedi paragrafo sui rischi di progetto).
STRUMENTI E TECNICHE A SUPPORTO DEL PIANO DI PROGETTO
Matrice compiti responsabilità
La matrice compiti responsabilità è uno strumento di programmazione e controllo delle attività che associa
le cose a chi le deve eseguire, sulla base delle effettive competenze, conoscenze e capacità. In sintesi essa
indica:
• alle persone interessate, su cosa saranno attivate nel progetto.
• ai responsabili del coordinamento delle attività, come comportarsi nel gestire le relazioni e
responsabilità delle altre persone coinvolte nella loro attività.
• segnala il grado di partecipazione e di importanza di una risorsa nel progetto.
Dentro la matrice compiti/responsabilità è opportuno identificare una persona che all’interno dell’unità
operativa abbia la competenza richiesta.
Per i progetti i cui input provengono dall’interno, per identificare la MATRICE COMPITI/RESPONSABILITÁ
è necessario:
• identificare le Unità Operative coinvolte;
• identificare le responsabilità all’interno delle varie Unità Operative.
La struttura a matrice, per i progetti i cui input provengono dall’interno, è quella che più ci supporta
all’interno di un ambiente dinamico e flessibile in un contesto di temporaneità. Ma è una struttura anche
molto conflittuale.
PROJECT MANAGEMENT
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In tale struttura si ha il coinvolgimento di varie figure, per le quali è necessario che venga esplicitato
ruolo e responsabilità.
Le figure coinvolte sono: Project Manager, Responsabile Funzionale, Responsabile di Workpackage,
Direttore Generale (o dirigente superpartes).
Project Manager
Oltre ai compiti ed alle responsabilità esaminate è necessario ribadire che il Project Manager fa la sua
programmazione per un tempo ben definito che rappresenta la durata totale del progetto. Il suo obiettivo
principale è raggiungere i risultati del progetto cui è stato preposto dal committente.
Il Project Manager è responsabile primo ed ultimo dei risultati del progetto in termini di
tempo/costo/qualità.
Il Project Manager si fa aiutare dai sub responsabili che sono i Responsabili di WORK PACKAGE. Al Project
Manager è richiesto un impegno full-time nel progetto ed per questo motivo che difficilmente potrebbe
esserci una coincidenza di figura tra responsabile funzionale e Project Manager.
Responsabile funzionale
Gli obiettivi del responsabile funzionale sono strettamente legati agli obiettivi dell’Azienda. Il responsabile
funzionale ragiona e programma la sua attività nell’arco dei dodici mesi, è responsabile della qualità tecnica
del progetto, approva e negozia con il Project Manager i piani di supporto al progetto.
Responsabile di work package
Gli attori esaminati non bastano, servono anche altre persone. Infatti, ogni volta che si interseca la
responsabilità funzionale con quella di progetto, vi è la necessità di identificare un pacchetto di attività
(WORK PACKAGE), e all’interno di questo anche un responsabile che si assuma la responsabilità di questo
pacchetto di attività, cioè il Responsabile di Work package (Work Package Manager).
I WP Manager sono i responsabili del singolo pacchetto di attività in termini di tempo/costo/qualità.
Il WP Manager è colui che deve programmare in maniera analitica (in termini di tempi e di costi) il singolo
pacchetto di attività. Egli è responsabile della realizzazione di questo traguardo intermedio (rappresentato
dal pacchetto di attività). Egli coordinerà eventuali risorse specialistiche differenti che provengono dalla
stessa unità operativa. Al Responsabile di Work Package è richiesta una professionalità specifica.
Direttore generale o figura superpartes
Oltre alle figure esaminate vi è la necessità di introdurre una figura superpartes che può essere
rappresentata dal Direttore Generale, dal Direttore Sanitario, dal Direttore Amministrativo o da un’altra
figura che all’interno dell’Azienda sia gerarchicamente superiore alle unità coinvolte per esempio un Capo
Dipartimento.
Questa figura è una figura superpartes che ha il compito anche di dirimere eventuali conflitti.
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
19
F ig . 3 : F igure co invo l te in un proge tto i cui input provengono dal l ’ in terno
Le figure sopra elencate sono collegate tra loro ed interagiscono fra di loro.
PROJECT MANAGEMENT
20
F ig 4: Re sponsabi l i tà de l le f igure co invo l te in un proge tto
Il risultato della matrice/compito responsabilità è quello riportato nella tabella seguente.
Responsabile per:
• Formulazione/attuazione sviluppo del pacchetto di attività
• Programmazione budget operativi
• Reporting sullo stato di attuazione del pacchetto di attività
Responsabile per:
• Direzione unità funzionali settoriali
• Approvazione e negoziazione dei piani di supporto dei progetti
• Gestione delle risorse umane
• Assicurazione di garanzia di qualità tecnico amministrative degli interventi
P.M D.G
RESP. W.P.
STRUTTURA STABILE
Responsabile per:
• Formulazione/attuazione sviluppo del progetto
• Reporting stato di attuazione del progetto
• Garanzia tempi qualità costi risultati del progetto
• Coordinamento dei WP Manager
Responsabile per:
• Coordinamento del PM
• Allocazione risorse
• Risoluzione dei conflitti tra PM e Resp. Funz.
• Approvazione progetto
• Messa a disposizione dello staff
RESP FUNZ.
STRUTTURA PROVVISORIA
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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F ig . 5 : Matr i ce compito/ responsabi l i tà
UNITÁ OPERATIVA
INTERESSATA
RESPONSABILE DEL PACCHETTO DI
ATTIVITÁ. RESPONSABILE DI
PACCHETTO INTERMEDIO
INDICATORE DI RISULTATO
INTERMEDIO
PACCHETTO DI ATTIVITÁ
INDICATORE FINALE DI
PROGETTO
Il mio progetto deve essere misurabile, quindi:
• avrò un indicatore finale di progetto che rappresenta la traduzione quantitativa degli obiettivi del
progetto;
• dovrò identificare anche un output intermedio.
P IANIFICAZIONE PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO DI PROGETTO (STRUMENTI E
TECNICHE A SUPPORTO DEL PIANO DI PROGETTO)
La fase di pianificazione di un progetto è senz’altro una delle fasi del progetto che presenta più criticità.
Il piano di progetto, già scritto in termini generali, in questa fase dovrebbe diventare più analitico e più
dettagliato e si avvale di metodologie e strumenti a carattere qualitativo e quantitativo.
I risultati della pianificazione potrebbero essere sinteticamente così elencati (Eureka Service srl 2001-
2002):
• pianificazione di tempi: (programmazione), risorse (piano degli impegni), costi (budget), ricavi
(piano delle fatturazioni);
• l’ufficializzazione della pianificazione di progetto produce la baseline progettuale (riferimento di
verifica durante la fase di avanzamento e monitoraggio);
• la baseline progettuale viene congelata e può essere modificata soltanto a fronte di un
cambiamento sostanziale degli obiettivi di progetto.
DELIVERABLE e MILESTON
Prima di procedere ad elencare le tecniche e gli strumenti a supporto del piano di progetto, si rende
opportuno focalizzare l’attenzione su alcune definizioni preliminari, alcune delle quali già utilizzate in questo
capitolo, che fanno parte del linguaggio essenziale di Project Management.
PROJECT MANAGEMENT
22
Deliverable: “qualsiasi prodotto, risultato o capacità di fornire un servizio univoco e verificabile che
deve essere realizzato per portare a termine un processo, una fase o un progetto ( PMI 2004). La deliverable
rappresenta un risultato tangibile del progetto.”
Milestone: rappresentano momenti chiave del progetto (punti di verifica o momenti di realizzazione
importante del percorso progettuale). Sono attività prive di durata o con durata molto breve, che
solitamente vengono rappresentate graficamente con un simbolo particolare (piccolo rombo).
WORK BREAKDOWN STRUCTURE (WBS)
La WBS, acronimo di uso ormai comune nel Project Management, identifica una sorta di struttura
gerarchica in cui il progetto viene scomposto in vari livelli, sino ad arrivare ad ottenere un elenco di attività
che è necessario compiere per realizzare il prodotto od il servizio a cui il progetto si riferisce. (M. Damiani
2007)
Per il PMI la WBS è un raggruppamento degli elementi di progetto in base ai deliverable che organizza
e definisce l’ambito tale dei lavori del progetto. Ciascun livello inferiore dello schema rappresenta una
definizione sempre più dettagliata dei lavori di progetto”.
La WBS è una forma di scomposizione strutturata di progetto utile nella fase di definizione degli
obiettivi e delle attività, generata allo scopo di migliorarne la gestione ed il controllo. Essa indica tutto il
lavoro che deve essere fatto per raggiungere l’adempimento degli obiettivi del progetto. Questa
rappresentazione può assumere forme ed avere contenuti diversi e disparati (Globerson 1994). Il progetto
viene scomposto in sottosistemi più piccoli, fino all’individuazione di pacchetti di attività sufficientemente
significativi e quindi identificabili e quantificabili. Per fare questa scomposizione è necessario:
• partire dal livello più alto e scomporre nel dettaglio il lavoro (processo top-down);
• descrivere esplicitamente ed univocamente i contenuti di ogni elemento;
• scomporre fino al livello del dettaglio che identifichi un unico responsabile;
• i nodi di livello finale (foglie) devono rappresentare pacchetti di lavoro (WP- Work Package) che
siano controllabili e misurabili.
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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F ig . 6 : I l pro cesso di prog rammazione proge t tuale
WBS: attività da fare
OBIETTIVO PRINCIPALE TITOLO DEL PROGETTO
Sottobiettivo da
raggiungere
SOTTO BIETTIVI
Sottobiettivo da
raggiungere
Sottobiettivo da
raggiungere
ATTIVITA’
Attività da
svolgere
Attività da
svolgere
Attività da
svolgere
Attività da
svolgere
COMPITI
Compito Compito CompitoCompito
PROJECT MANAGER
Responsabile
attività x
Responsabile
attività x
Responsabile
attività x
Resp.
compito
x
Resp .
com pito
y
OBS: responsabilità
Project Manager
Progetto per la realizzazione di un piano di
formazione per operatori socio -sanitari
Stesura del
programma
dettagliato
Organizzazio
ne dei moduli
di formazione Workshop
finale
Valutazione in
progress
Direttore generale
Direttori dei
dipartimenti
Nucleo di valutazione
P.A.R: assegnazione
INPUT OUTPUT
Stampa pacchetti
formativi Consegna pacchetti
formativi
WORK-PACKAGE: descrizione attività
Editing
15 gg Bianchi
attività
eventi
legami
TECNICHE RETICOLARI: struttura logica
Attività n.1
Attività n.2
Attività n.3
Attività n.4
Attività n.5
Attività n.6
GEN. FEB. GIU.MAG.APRI.MARZ
.
DIAGRAMMA A BARRE: scheduling temporale
Capitoli di
spesaI anno II anno III anno Totale
Relatori e
moderatori
Dotazioni
informatiche
Spese di
segreteria
30.000 30.000 30.000 90.000
25.000
15.000 15.000 15.000 45.000
5.000 5.000 35.000
Gran
totale 170.000
BUDGET DI PROGETTO: pianificazione delle risorse
Valori in Euro
1 2
3
4
56
7
Piano dei costi
121110987654321
mesi
costi
8
(Da Eureka Service srl 2001,2002; modificato da E. Simeoni 2002)
PROJECT MANAGEMENT
24
F ig . 7 : E sempio di WBS
Le WBS possono essere d’aiuto alla gestione del progetto. Non esistono WBS giuste o sbagliate, ma
esistono WBS più o meno utili. Questa tecnica può essere utile per individuare tutte le parti componenti
del lavoro ed evitare duplicazioni. Per uno stesso progetto possono essere individuate più WBS
contemporaneamente sullo stesso progetto per analizzarlo su viste differenti. La WBS, inoltre, è uno
strumento di aggregazione di dati elementari (tempi, costi, ricavi, etc…). La generazione della WBS deve
essere un processo democratico a cui partecipano tutte le parti interessate. Obiettivo principale della WBS
è individuare pacchetti di lavoro Work Package (WP) in cui risultino definiti gli obiettivi ed i vincoli delle
attività, il processo insito nel progetto (input output,- tempi, costi, risorse) e la qualità delle prestazioni. I
contenuti dei WP sono:
• descrizione del lavoro da svolgere;
• i tempi presunti, i costi da sostenere, le risorse;
• i responsabili;
• gli input richiesti da altri pacchetti di lavoro;
• i risultati da ottenere: i milestones (traguardi intermedi), i documenti previsti, i risultati di test.
I WP facilitano sia il processo di programmazione che di controllo di progetto.
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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ORGANIZATION BREAKDOWN STRUCTURE (OBS)
Se ad ogni casella della WBS si associa il nominativo della persona o dell’unità organizzativa, preposta a
garantire l’esecuzione di quella attività, si descrive la OBS. Quindi, la OBS è una scomposizione gerarchica
delle responsabilità di progetto, generata allo scopo di individuare univocamente i responsabili di Work
Package. L’OBS rappresenta la struttura organizzativa del progetto, ma anche se assomiglia all’organigramma
aziendale non ne è la sua duplicazione. La sua preparazione rappresenta l’ufficializzazione delle entità che
gestiranno il progetto. Il suo utilizzo deve poter facilitare il Project Manager nel lavoro di coordinamento e
monitoraggio del progetto (Eureka service srl 2001-2002).
F ig . 8 : E sempio di Wo rk Packages
F ig . 9 : Organization Breakdown S tructure (OBS)
PROJECT MANAGEMENT
26
Collegando la WBS e la OBS posso avere un piano di attribuzione delle responsabilità.
F ig . 10: Piano di a t tr ibuzione de l le re sponsabi l i tà : esempio di co l legamento tra WBS e OBS
P IANIFICAZIONE DEI TEMPI
Lo scopo della pianificazione dei tempi è il controllo dei tempi progettuali nel rispetto dei requisiti
temporali contrattuali.
Si rende quindi necessario un’analisi ed identificazione di:
• durate tecniche delle attività di progetto;
• milestone, scadenze;
• vincoli temporali interni ed esterni, tecnici e logistici;
• obiettivo della pianificazione dei tempi è avere il controllo temporale del progetto.
Gli strumenti a supporto per la pianificazione sono le tecniche reticolari ed il diagramma a barre
(Eureka service srl, 2001-2002).
TECNICHE RETICOLARI
Le tecniche reticolari si basano su un modello logico matematico del progetto: il reticolo (network). Il
reticolo rappresenta le attività di progetto e le reciproche dipendenze (legami). Vengono individuate: attività,
eventi, legami.
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
27
La preparazione del reticolo di progetto è un processo di tipo collegiale a cui partecipano tutti gli
interpreti coinvolti, ciascuno con le proprie competenze. Il progetto viene poi analizzato temporaneamente
tramite due metodi: il Pert e il CPM (Eureka service 2001-2002).
Obiettivo, quindi, di una tecnica reticolare è quello di definire i piani delle attività nel rispetto delle
scadenze fissate, usando le risorse disponibili e, successivamente, quello di seguire e controllare
l’avanzamento del progetto o dei progetti (Baglieri E, et all. 1999).
Le tecniche di rappresentazione reticolare permettono di:
• identificare le relazioni tra le varie attività;
• identificare il percorso critico;
• determinare il tempo minimo per portare a termine il progetto;
• far emergere gli slittamenti disponibili delle attività non critiche;
• conoscere la data entro la quale il progetto deve iniziare, per poter rispettare la dimensione
temporale dell’obiettivo del progetto.
F ig . 9 : E sempio di te cnica re tico lare
Una volta individuate le attività con la WBS, è necessario individuare le dipendenze che esistono tra le
attività.
Le relazioni possono essere:
FS = Finish to Start, la seconda inizia dopo che è finita la prima
SS = Start to Start, la seconda inizia dopo che è iniziata la prima
FF = Finish to Finish, la seconda finisce dopo che è finita la prima
PROJECT MANAGEMENT
28
SF = Start to Finish, la seconda finisce dopo che è iniziata la prima
Una volta definiti i legami logici delle attività, occorre stimare la loro durata ed inserirle nel calendario
di progetto. Le durate previste nella fase di pianificazione sono stimate anticipatamente.
Prima di procedere al calcolo della durata di progetto, occorre definire altri due elementi: la data di
inizio progetto (Start di progetto) ed il calendario standard di progetto.
Oltre alle attività standard, andranno inoltre definite attività particolari: i milestones. Questi milestones
rappresentano dei momenti particolarmente significativi, come per esempio consegne particolari
(deliverables), che potrebbero configurarsi come consegne di report intermedi (i progress report), oppure
riunioni delle u.o. partecipanti al progetto. Queste attività sono prive di durata o hanno una durata breve
(per esempio 1 giorno) e solitamente vengono rappresentate con un simbolo particolare.
F ig . 10: Esempi di po ssibi l i dipendenze tra le a t ti v i tà
PERT E CMP
Pert e CMP sono due metodi utilizzati dal management in modo che, con i mezzi disponibili, si possa
pianificare il progetto allo scopo di raggiungere l’obiettivo prefissato.
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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I vantaggi di queste tecniche derivano dal fatto che essi forniscono le seguenti informazioni. La
differenza principale tra Pert/CMP e Gantt è che nei primi il processo di pianificazione e di programmazione
sono separati, mentre nel Gantt si realizzano pianificazione e programmazione nello stesso tempo.
CPM (Crit ic a l Path Method = Metodo del percorso Crit ico)
Il CPM (Critical Path Method) fu creato nel 1957 dalla DuPunt Company, al fine di avere uno
strumento capace di migliorare la pianificazione dei programmi di costruzione e realizzare un migliore
controllo di progetto (M. Cantamessa, C.Rafele 2007). Si tratta di una tecnica usata per individuare,
nell'ambito di un diagramma a rete, la sequenza di attività più critica (massima durata) ai fini della
realizzazione di un progetto. Individuato il percorso critico, si tengono sotto stretto controllo le attività che
lo compongono, in quanto un ritardo (maggiore durata del previsto), di una qualsiasi di queste, comporta
inevitabilmente un ritardo dell'intero progetto.
Pert
PERT, è un acronimo che deriva dalla lingua inglese che sta per Program Evaluation and Review
Technique, questa tecnica è denominata anche Diagramma a Frecce.
Il Pert è una tecnica di Project Management sviluppata nel 1958 dalla Booz, Allen & Hamilton, Inc.
(una ditta di consulenza ingegneristica), per l'ufficio Progetti Speciali della Marina degli Stati Uniti. L’obiettivo
era quello di ridurre i tempi ed i costi per la progettazione e la costruzione dei sottomarini nucleari armati
con i missili, coordinando nel contempo diverse migliaia di fornitori e di subappaltatori.
Con questa tecnica si tengono sotto controllo le attività di un progetto utilizzando una
rappresentazione reticolare che tiene conto dell’interdipendenza tra tutte le attività necessarie al
completamento del progetto.
Diagramma di Gantt
Henry L. Gantt (1861-1919) nel 1900 propose per primo la tecnica di tempificazione e il controllo di
un processo produttivo manifatturiero, che prese il nome di Diagramma di Gantt. Il Diagramma di Gantt,
definito anche “diagramma a barre schedulato”, è strumento che fa parte della programmazione reticolare e
rappresenta le attività ed i tempi su assi cartesiani. Sull’asse verticale sono rappresentate le attività e sull’asse
orizzontale il tempo. Il diagramma di Gantt risulta essere lo strumento più utilizzato sia in fase operativa che
in fase di controllo. Esso può essere rappresentato da solo o in collegamento con il diagramma di Pert. Nel
diagramma il nodo di inizio (start) ed il nodo di fine (end) vengono rappresentati con simboli a forma di
rombo, che indicano attività prive di durata o milestone o attività cardine.
PROJECT MANAGEMENT
30
Nel diagramma di Gantt non sono rappresentate le sequenze delle attività: è possibile sapere quando
è schedulata la data minima di inizio e di fine di un attività, ma non è possibile sapere da chi dipende un
eventuale ritardo o quale attività deve fornire un input all’altra. Un diagramma di Gantt non indica
esplicitamente le relazioni e i vincoli di sequenza fra le attività. Per tali motivi è consigliabile associarlo al
diagramma di Pert. Infine, il diagramma di Gantt, oltre a rappresentare il report standard per la pianificazione
e schedulazione di progetto, viene impiegato per monitorare e valutare lo stato di avanzamento del
progetto in relazione ai tempi delle attività.
A differenza del Pert, nel diagramma secondo l’impostazione di Gantt, non è possibile evidenziare il
cammino critico.
In sintesi, la programmazione reticolare è uno strumento che serve per verificare l’interdipendenza
funzionale tra le varie attività.
Budget di progetto
Il budget di progetto equivale al budget operativo di un’unità organizzativa con la sola differenza che
copre tutto l’arco del progetto.
Il budget è la traduzione economica dell’assorbimento/consumo di fattori produttivi in materia di:
• risorse umane;
• materiali di consumo;
• consulenze esterne;
• prestazioni /risultati intermedi.
Il Budget di progetto è la sommatoria dei costi di tutti i pacchetti di attività più i costi generali di
progetto.
F ig . 11: Esempio di diagramma a ba rre
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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F ig . 12: Budge t di proget to
Voci di spesa I Anno I I Anno Totale
Personale € 22.000 € 23.000 € 45.000
Dotazioni software per audio e video € 5.000 € 3.000 € 8.000
Beni e servizi ed allestimenti sale € 15.000 € 12.000 € 27.000
Realizzazione manifestazioni pubbliche € 35.000 € 40.000 € 75.000
Spese di segreteria € 7.000 € 4.000 € 11.000
Missioni e rimborsi € 6.000 € 6.000 € 12.000
Corsi di formazione € 10.000 € 12.000 € 22.000
Gran Totale € 200.000
I L PIANO DEI COSTI DI PROGETTO
Il piano dei costi di progetto rappresenta graficamente l’evoluzione standard dei costi per ogni tipo di
attività.
F ig . 13: Piano de i cos ti
PROJECT MANAGEMENT
32
IL S ISTEMA DI CONTROLLO DEL PROGETTO
Secondo la definizione di Megginson (1996), il controllo è il processo che permette di garantire il
conseguimento degli obiettivi generali dell’organizzazione e dei singoli obiettivi specifici.
Nel controllo vengono effettuate delle analisi tra i risultati raggiunti ed i risultati che erano previsti in
fase di pianificazione, vengono inoltre rilevati eventuali ritardi ricavabili dallo scostamento tra le date previste
e quelle effettive ed inoltre vengono evidenziate (se esistono) le variazioni economiche dell’andamento del
progetto registrate in corso d’opera e previste al completamento in una analisi integrata tra costi e tempi. Il
controllo va attuato non solo ad attività concluse, ma anche in itinere. Il controllo in itinere consente di
intervenire con possibili azioni correttive nello svolgimento del progetto.
Le fasi del controllo secondo Megginson (1996) sono le seguenti:
• definizione degli standard quantitativi e qualitativi di riferimento;
• misura dei risultati con tempi, modalità e responsabilità definite;
• raffronto tra il previsto ed il realizzato;
• valutazione dell’eventualità di intraprendere azioni correttive.
Un buon sistema di controllo si definisce già in fase di pianificazione indicando per ogni obiettivo
indicatori di output ed indicatori di outcome.
Risulta, inoltre, fondamentale in un piano di progetto indicare quali saranno gli oggetti del controllo.
Elementi fondamentali, come già esposto, di controllo di progetto sono: tempi, costi e qualità. Questi tre
elementi vanno attentamente monitorati sia nella fase di programmazione che nella fase di controllo di
progetto.
Qualità: intesa come il raggiungimento del risultato specifico determinato.
Tempo: inteso come lo svolgimento all’interno dell’intervallo temporale.
Costi: inteso come il rispetto del budget prefissato.
Tab . 3: Aspet ti di cont ro l lo di re z ionale
ASPETTI DEL PROGETTO FASE DI PIANIFICAZIONE FASI DI CONTROLLO
TEMPO Deve essere valutato in anticipo e riportato in un programma
Durante la gestione del progetto, il tempo effettivamente richiesto viene confrontato con il tempo previsto per eventualmente intervenire
COSTO I costi devono comprendere i costi dell’intero progetto
Nella fase di controllo i costi effettivi sono confrontati con i costi a budget del progetto
QUALITÁ Il prodotto finale desiderato viene descritto il più dettagliatamente possibile
La qualità viene confrontata con queste specifiche in modo da intraprendere, se necessario, le appropriate azioni correttive
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
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S istema di report ing e s istema in formativo
Validi strumenti di supporto a questa fase sono il sistema di reporting e il sistema informativo,
fondamentali per la raccolta e l’elaborazione di dati e il passaggio di informazioni.
I RISCHI DI PROGETTO: ASPETT I DI ATTENZIONE E MODAL ITÀ DI SOLUZIONE DEI
PROBLEMI
In un’ultima analisi andrebbero definiti quelli che potrebbero essere i fattori di rischio del progetto, sui
quali, durante lo sviluppo temporale dello stesso, sarebbe necessario porre una particolare attenzione ed
eventualmente intervenire tempestivamente al fine di evitare il blocco del progetto o il blocco di alcune sue
fasi.
Come abbiamo accennato, il progetto è un’attività non ripetitiva e un fattore di criticità è
rappresentato dal fatto che non tutti gli elementi di rischio di progetto possono essere previsti a priori. I
rischi di progetto, come affermato dal Nepi (2000), non sempre sono da considerarsi come elementi
negativi: in un contesto progettuale, il concetto di “rischioso”sembrerebbe collegarsi semmai ad un qualsiasi
evento il cui accadimento non presenti caratteristiche di certezza ricollegabili non solo a situazione negative.
Quindi, il rischio può essere definito come evento incerto che, a seconda dei casi, potrebbe configurarsi
come minaccia (conseguenze favorevoli) o come opportunità (conseguenze sfavorevoli).
Tipo logie di R isch io
I rischi di progetto possono essere classificati principalmente in due modi (Nepi 2000):
a) Possono essere identificate 7 tipologie di rischio (rischi naturali, rischi finanziari, rischi
commerciali, rischi tecnici, rischi umani, rischi economici, rischi politici);
b) Possono essere suddivisi in due macrocategorie (rischi interni e rischi esterni).
Prendendo ad esame questa seconda suddivisione (rischi interni e rischi esterni), potremmo senz’altro
affermare che, mentre i primi sono in via generale più evidenziabili e controllabili dal Project Manager, i
secondi (rischi derivanti da fenomeni naturali, rischi di natura finanziaria, politica ed economica ecc.)
sfuggono a questo controllo e non consentono al Project Manager alcuna possibilità di intervento se non
quella, nella migliore delle ipotesi, di ricorrere per esempio a specifiche coperture assicurative.
Non è detto che tutti i progetti richiedano un piano di presidio dei rischi. In linea di massima il piano
dei rischi viene richiesto a progetti con limiti dimensionali elevati (in termini per esempio di costi, o di
assorbimento delle risorse), e/o con gradi di sofisticazione tali nei quali il valore dell’incertezza risulta essere
un fattore predominante nello sviluppo dei progetti.
PROJECT MANAGEMENT
34
Processo di gest ione dei r isch i
Nella figura sotto riportata viene delineato il processo tecnico di gestione del rischio. Le tre fasi iniziali
(ideazione, quantificazione, pianificazione) devono necessariamente essere condotte in sede di pianificazione
iniziale. La fase di controllo verrà invece esposta durante l’intero iter progettuale.
• Fase di identificazione. In questa fase è necessario identificare e descrivere quale tipologie di eventi
non prevedibili potrebbero verificarsi nello svolgimento del progetto.
• Fase di quantificazione. La fase quantitativa è volta alla valutazione quantitativa della frequenza
dell’evento e delle possibili ricadute potenziali conseguenti all’evento.
• Fase della pianificazione. In questa fase vengono messe a punto le possibili azioni correttive per
contrastare/promuove le eventuali minacce/opportunità degli eventi.
• Fase di controllo. L’ultima fase, che come abbiamo già visto, è la fase che si protrae durante l’intero
arco di vita del progetto, consiste nell’attuazione delle azioni preventive, nella valutazione dei loro
ritorni e nell’aggiornamento del piano iniziale.
F ig . 14: Proce sso te cnico
I l team bui lding
Per fare un breve accenno a questo tema, fondamentale nel Project Management, è opportuno
partire dalla definizione della parola TEAM: Together Everyone Achieves More (letteralmente “ognuno con
il suo lavoro ottiene di più”). Nella definizione sta proprio il segreto del successo di un buon team di lavoro:
ossia lavorare insieme, mettere insieme le proprie competenze e professionalità, mettendo a disposizione
degli altri il proprio sapere acquisendo nel contempo il sapere altrui.
Il team di progetto rappresenta, quindi, l’insieme delle risorse umane, ai diversi livelli di struttura,
dedicate al progetto e responsabili del raggiungimento dell’obiettivo. La costituzione di un buon team di
PRINCIPI PROJECT MANAGEMENT
35
progetto rappresenta uno degli elementi principali per la buona riuscita del progetto.
Alcuni esperti sono soliti demarcare molto incisivamente la differenza tra il “gruppo” ed il “Team
Work”. Nel secondo caso vengono identificate un insieme di persone che lavorano in team tra le quali si
instaurano legami di tipo lavorativo mentre nel primo caso tra le persone si stabiliscono (o sono già stabiliti
prima della costituzione del gruppo) legami operativi o di tipo affettivo.
Il gruppo è un insieme di persone che si percepiscono legate per lo svolgimento di un determinato
obiettivo. In entrambi i casi, perché sia possibile lavorare in gruppo, è necessario che nella fase
dell’organizzazione (Coletta 1997):
• l’obiettivo sia chiaro e specificato e soprattutto che sia condiviso dagli appartenenti del gruppo;
• vengano definiti gli standard, i metodi e le procedure;
• vengano attribuiti i ruoli;
• vengano definiti i controlli.
E nella fase di funzionamento:
• vengano distribuite e fatte circolare le informazioni;
• si crei un clima di comprensione e di motivazione;
• si accetti la critica;
• si capitalizzino i successi.
Altro elemento fondamentale per la costituzione di un buon team è che il gruppo abbia un buon
coordinatore. Il coordinatore deve esplicitare l’obiettivo di lavoro, il ruolo e le regole a ciascun componente
del team. In breve sintesi il coordinatore dovrebbe:
• guidare le persone verso l’obiettivo lavorativo e responsabilizzare il team;
• avere idee chiare sull’obiettivo;
• definire i ruoli “su chi fa che cosa”. Per ciò che concerne il “come”, può essere buona regola
proporre il “come”, invitando le persone, a loro volta, a proporre altre modalità;
• garantire l’equità nei processi di lavoro;
• introdurre un sistema di premi e punizioni (naturalmente restando in ambito lecito lavorativo!);
• comunicare ed esternare fuori dal team le attività intraprese e con cadenze fisse, lo stato di
avanzamento lavori ed al termine i risultati raggiunti;
• essere abile a negoziare ed a gestire i conflitti all’interno ed all’esterno del team.
PROJECT MANAGEMENT
36
CONCLUSIONI
La visione sopra esposta non vuole esaurire l’argomento, ma vuol essere incentivo di approccio
sia per gli operatori sia per i dirigenti responsabili. Non è necessario introdurre cambiamenti radicali
nell’organizzazione quotidiana, ma agire intervenendo in modo graduale nella routine. La precisazione di
obiettivi, il raggiungimento di risultati, la responsabilizzazione del personale e la condivisione dei
traguardi raggiunti, può essere elemento motivante per il personale operante all’interno dei servizi, sia
del pubblico che del privato.
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PROJECT MANAGEMENT
40
PROJECT MANAGEMENT ENTERPRISE
41
INTRODUZIONE
Ad oggi molti gruppi di ricerca nell’ambito del management e dell’organizzazione avanzata, ritengono
che anche le aziende pubbliche operanti in sanità abbiano bisogno di introdurre logiche ed operatività
fondate sul Project Management. Pertanto, non discuteremo sulla validità di tale approccio, dal momento
che questo contributo vorrebbe focalizzare l’attenzione su come definire un sistema ed una metodologia
aziendale di questo tipo, in modo che si possano ricondurre tutte le varie attività non ordinarie in un
contesto di programmazione strutturata e coordinata di tipo aziendale che utilizzi come metodologia
comune e condivisa proprio il Project Management.
Nel momento in cui l’azienda sanitaria pubblica decide di fare sua questa metodologia e costruire un
vero e proprio sistema aziendale a cui tutte le Unità Operative sono chiamate a partecipare e condividere
modalità e regole di funzionamento, risulta fondamentale analizzare le complessità che è necessario
affrontare e, nel contempo, definire un modello formale su cui confrontarsi con i dirigenti futuri, direttori e
responsabili di progetto, avendo tutti ben chiaro quali siano le responsabilità in gioco, come e con che livello
di approfondimento si vogliano regolamentare i livelli di autonomia, come si voglia coordinare i singoli
progetti in un’ottica più generale di azione concertata aziendale e come renderli coerenti con le politiche e
le strategie della direzione.
I sistemi di Project Management di tipo “enterprise” possono essere una valida soluzione a questi
quesiti ma è necessario che essi si fondino su una condivisione delle logiche di funzionamento da parte di
PROJECT MANAGEMENT ENTERPRISE (PME):
PRINCIPI DI GESTIONE DEI PROGETTI AZIENDALI
Giovanni Serpelloni 1), Elisabetta Simeoni 2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria – Azienda ULSS 20 Verona
2. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
PROJECT MANAGEMENT
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tutti i potenziali “progettisti” e che trovino ospitalità nei regolamenti e negli atti aziendali in modo tale da
essere legittimati e sostenuti agli occhi di tutti gli attori sia all’interno dell’azienda che all’esterno (eventuali
committenti).
Infine, come premesse a tutto ciò, va ricordato anche che le aziende che hanno introdotto questo
approccio e modalità di lavoro hanno da sempre dimostrato un livello competitivo maggiore ed un
vantaggio nel proporsi e nel gestire risorse aggiuntive di progetto, rispetto a quelle aziende che non erano
orientate al Project Management.
In questi anni molti dirigenti all’interno delle aziende, hanno per loro iniziativa e con una forte dose di
intraprendenza ed autonomia, ottenuto e realizzato progetti da enti anche importanti a livello internazionale.
Questa spinta, sicuramente positiva e da non frustrare, può rischiare però di incontrare nel suo ulteriore
sviluppo ostacoli e resistenze derivanti dal fatto che potrebbe essere vista come un’eccessiva autonomia e
un modo un pò “privatistico” di gestione dell’unità operativa da parte di alcuni dirigenti, e/o potrebbe essere
vista come un aumento di un carico di lavoro amministrativo da parte degli uffici centrali già oberati di
lavoro per le attività ordinarie.
Sorge quindi la necessità di promuovere queste attività e dare loro un ruolo di sistema anche
attraverso la costruzione di veri e propri sistemi di Project Management a valenza aziendale che siano in
grado di supportare, incentivare e nel contempo coordinare queste attività, migliorando anche lo
sfruttamento e la capitalizzazione dei risultati provenienti dalla realizzazione dei vari progetti.
PRINCIP I PER L’OR IENTAMENTO DEI S ISTEMI DI PME
Prima di entrare nel merito dell’argomento è indispensabile elencare alcuni principi base su cui
orientare la costruzione dei sistemi di Project Management aziendali.
Sempre di più le aziende sanitarie hanno bisogno di programmare e controllare i propri processi di
sviluppo e riorganizzazione che non possono essere lasciati all’improvvisazione del singolo, ma devono
essere fortemente coordinati e per questo programmati in una logica aziendale.
Il lavorare per progetti o meglio ancora per obiettivi tempificati e con risorse programmate e
contingentate, è una metodologia che necessariamente deve essere sempre di più introdotta più che come
modalità speciale di lavoro, come base comportamentale e concettuale dei vari professionisti operanti nelle
aziende pubbliche dedicate alla salute del cittadino. È per questo motivo che il Project Management deve
essere esplicitamente introdotto come parte integrante della Vision e della Mission aziendale ed in essa
essere contenuto.
Va considerato, inoltre, che il framework mentale che si deve acquisire per poter lavorare in questo
modo comporta dei benefici effetti sui processi di problem analysis e di problem solving da parte dei
professionisti, portandoli ad un livello operativo ma anche di analisi operativa, oltre che strategica,
sicuramente superiore rispetto a chi non utilizza tali tecniche.
PROJECT MANAGEMENT ENTERPRISE
43
Qualsiasi attività, anche quella di ricerca, dovrebbe trovare quindi la giusta collocazione (senza essere
ingessata in burocratismi e giochi di potere amministrativo) e valorizzazione all’interno del piano aziendale
sia che riguardi aspetti organizzativi, di assistenza, di ricerca o di formazione.
È utile sottolineare che nel definire sistemi “aziendali” è necessario condividere fin da subito con la
dirigenza tale strategia e la definizione del sistema al fine di creare non solo il consenso di base necessario
per l’avviamento ed il mantenimento del sistema ma anche una cultura tecnica orientata e coerente nelle
semantiche e nella epistemologia di riferimento, aspetto questo tutt’altro che trascurabile.
Pertanto tutto il processo di riorganizzazione necessario a questo scopo deve trovare legittimazione e
condivisione formale da parte della direzione strategica e le modalità e le metodologie di PM che si
andranno ad utilizzare dovranno essere accreditate a livello internazionale, in modo tale da poter essere
allineate e coerenti con le più importanti organizzazioni nel campo del Project Management e
dell’organizzazione.
T IPI DI PROGETTO E RELAZIONE CON IL MANAGEMENT
Al di là delle definizioni classiche a cui rimandiamo, in questo contesto è funzionale ed utile
considerare il “Progetto” come un insieme di attività finalizzate al raggiungimento di obiettivi prefissati, che
impegneranno gli operatori e la struttura aziendale per raggiungere tali obiettivi in un determinato tempo (di
norma 1/3 anni) con un certo livello di qualità richiesta, a fronte di risorse dedicate e predefinite sulla base
di un commitment formale.
Al fine di comprendere ancora meglio come strutturare sistemi di management delle attività
progettuali in ambito aziendale, i progetti possono essere macroscopicamente distinti in vari modi in base ai
criteri che utilizziamo.
Se utilizziamo un criterio di “localizzazione prevalente delle ricadute dei risultati progettuali” possiamo
distinguere i progetti in:
“Progetti aziendali” e cioè voluti ed attivati dall’azienda e a ricaduta immediata intra-aziendale nei vari
ambiti di bisogno ed interesse (es. tecnico scientifici, organizzativi, di formazione etc.) al fine di migliorare
funzioni, assetti, processi clinici, livelli di conoscenza etc. e/o ottenere risultati concreti per soddisfare bisogni
preventivi, terapeutici o riabilitativi.
“Progetti a prevalente ricaduta extra aziendale” in quanto multicentrici (es. progetti Regionali,
Ministeriali, Europei ecc. nei vari ambiti di interesse) e dove l’Unità organizzativa aziendale svolge ruoli anche
extra aziendali e le ricadute possono essere anche esterne all’azienda stessa. In questo caso l’azienda può
svolgere funzioni e compiti anche extraterritoriali che gli vengono affidati dalla Regione, dedicando quindi
risorse proprie anche per altre aziende e per questo è giusto che venga riconosciuta una integrazione e in
un certo modo una rifusione dei costi (in senso generale) sostenuti a beneficio anche di terze organizzazioni.
Da un punto di vista strettamente aziendale, questi progetti dovranno essere ben valutati nei loro
benefici e ricadute interne, soppesando bene l’impegno richiesto all’azienda e valutando i reali ritorni al di là
PROJECT MANAGEMENT
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delle aspettative e “passioni” dei ricercatori proponenti. Nella valutazione non va comunque dimenticato il
beneficio che tali progetti possono portare anche in termini di aumento della credibilità dell’azienda e di
immagine che potrebbero aprire la strada ad altre committenze e attività di progetto utili per il contesto
territoriale.
Se utilizziamo invece criteri relativi ai diversi tipi di possibili committente, possiamo distinguere i
progetti in: Aziendali, Regionali, Europei, finanziati da organizzazioni private, not for profit o profit (es.
aziende farmaceutiche), Fondazioni etc..
INTRAPRENDENZA, AUTONOMIA E NECESSITÀ DI INTEGRAZIONE
Il credito scientifico di un progettista, il network di conoscenze e la sua reputazione professionale,
unita ad una buona intraprendenza possono essere elementi estremamente utili all’azienda per il recupero
di fondi di progetto ma contestualmente potrebbero essere condizioni che, se non coordinate con le
politiche aziendali, potrebbero diventare disturbanti se non addirittura controproducenti per l’azienda stessa.
I professionisti con buona motivazione e spinta all’innovazione e sviluppo, se ben coordinati con le strategie
aziendali sono importanti risorse umane per l’azienda, ma devono contemporaneamente trovare un
contesto strategico, gestionale e amministrativo favorevole.
Uno dei problemi che spesso questi professionisti si pongono nell’attivare e portare avanti progetti
all’interno delle aziende sanitarie pubbliche è la grande difficoltà di gestire le risorse di tali progetti in modo
tempestivo e con un buon grado di autonomia, dovendo ricorrere all’ausilio dei vari uffici e servizi interni
che molto spesso considerano le attività di progetto, non come una opportunità ma come un plus lavoro
percepito estraneo alla attività “istituzionale” se non addirittura avulso. Spesso le cose sono complicate
anche dal fatto che in questi rapporti tra progettista e servizi aziendali entrano logiche di potere che si
esercitano attraverso atti autorizzatori (acquisti di beni necessari allo sviluppo del progetto, attivazione di
contratti professionali, etc.).
Da qui la tendenza del progettista intraprendente ad operare in autonomia, a volte anche troppo
spinta, riducendo al massimo l’integrazione aziendale, per superare i blocchi e i lacci burocratici che
porterebbero a delle inerzie incompatibili con la realizzazione del progetto stesso nei tempi previsti.
Per contro, esiste la necessità che tutte le attività di progetto siano conosciute dalla direzione
aziendale, pre-autorizzate e necessariamente monitorate nel loro corretto svolgimento sia dal punto di vista
del raggiungimento dei risultati concordati, sia nella correttezza delle procedure amministrative applicate.
Conciliare quindi l’esigenza di autonomia del progettista e contemporaneamente di programmazione e
controllo della direzione aziendale potrebbe essere difficile e a volte fonte di frustrazione e conflitti che
comunque alla fine può essere causa di svantaggio e perdite tangibili sia di risorse, che di motivazione
professionale per l’azienda che non attiva sistemi e metodi atti a conservare e valorizzare questo importante
potenziale.
PROJECT MANAGEMENT ENTERPRISE
45
PRINCIP I BASE PER L’ATTIVAZIONE DI S ISTEMI DI PME
Prima di procedere ad esaminare una possibile soluzione a questo problema è necessario però
chiarire alcuni concetti base:
1. il progetto formale: le attività di progetto devono essere considerate tali solo se è presente un vero
schema/framework di progetto corredato dalle caratteristiche tecniche, dalla elencazione delle
risorse dedicate e responsabilità delegate in maniera chiara e formale da parte della direzione
generale;
2. attività di progetto come attività istituzionali: tali attività, nel momento in cui vengono acquisite e
autorizzate dalla direzione aziendale, devono essere considerate a tutti gli effetti attività istituzionali,
complementari, integrative e non sostitutive a quelle ordinarie. Le attività di progetto si svolgono
sulla base di programmi di attività ben riconoscibile e a termine, dove quindi sono fissati i tempi di
realizzazione e di scadenza delle attività. Differentemente pertanto dalle attività ordinarie per le
quali si prevede comunque una rigorosa programmazione e controllo attraverso lo strumento del
budget operativo;
3. attività di progetto come attività ordinaria: le attività di progetto possono essere quindi aggiuntive e
connotano responsabilità chiare e dirette di risultato e di correttezza della spesa al pari delle attività
ordinarie. Molte unità organizzative proprio per le specifiche funzioni possono lavorare
esclusivamente a progetto diventando quella la loro attività ordinaria. Il lavorare per progetti può
essere considerato quindi più un normale modus operandi che un “fuori schema”. Per i progetti a
valenza esterna, andranno però ben definite le attività che hanno ricadute ed utilità aziendali e la
loro prevalenza in relazione agli impegni richiesti, valutando quindi la reale convenienza per
l’azienda oltre che quella del “ricercatore”;
4. flessibilità e legittimità: nella logica dell’implementazione e della promozione dell’empowerment
aziendale, con un decentramento delle responsabilità e delle relative autonomie, le attività di
progetto hanno bisogno di un maggior grado di autonomia (e quindi di responsabilità derivante) e
di flessibilità soprattutto nella gestione delle risorse, sempre comunque all’interno di regole e
procedure amministrative legittime e coerenti con le norme della pubblica amministrazione;
5. programmazione ed autorizzazione: come tutte le attività aziendali devono essere preconcordate ed
autorizzate al loro svolgimento, fin dalla prima fase di presentazione del progetto, che prima di
tutto dovrà essere presentato e discusso con la direzione aziendale soprattutto se l’area di attività
e le ricadute principali sono su strutture aziendali;
6. i committenti esterni: nel caso in cui i progetti siano finalizzati a soddisfare esigenze e richieste di
committenti istituzionali esterni, quali la Regione, i Ministeri, l’Unione Europea ecc., per necessità di
ricerca o sviluppo esterne all’azienda (ma di interesse anche aziendale), anche in questo caso
l’attività è da considerare istituzionale in quanto proveniente da un mandato formale di organi
superiori che, concordemente con la direzione aziendale, utilizzano strutture aziendali con capacità
ed esperienze avanzate per realizzare progetti di interesse di sistema;
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7. i livelli di responsabilità formale: relativamente alle attività di progetto esistono diversi livelli di
responsabilità che devono essere riconosciuti e rispettati nel regolamentare il decentramento del
potere decisionale sui vari aspetti (tecnico scientifico, amministrativo, di comunicazione esterna, di
rappresentanza istituzionale etc.) :
a. la responsabilità di autorizzazione all’attivazione di un progetto,
b. la responsabilità dei risultati tecnici e del rispetto dei tempi del progetto,
c. la responsabilità della spesa nel senso della congruità e corretta finalizzazione delle risorse
in relazione ai bisogni operativi per raggiungere gli obiettivi dichiarati,
d. la responsabilità della correttezza delle procedure amministrative utilizzate secondo le
regole della pubblica amministrazione,
e. la responsabilità di rendicontazione al committente (interno o esterno),
f. la responsabilità di capitalizzazione dei risultati di progetto all’interno dell’azienda.
Ognuno di questi livelli ha un referente che può variare a seconda delle scelte aziendali
relativamente al modello di empowerment che si vuole adottare. Qualunque sia il modello però le
responsabilità e la distribuzione dei poteri deve essere chiara, esplicitata, accettata e formale.
8. quale sistema di delega?: è chiaro che più la frammentazione delle responsabilità sarà elevata più si
allungheranno i tempi decisionali creando anche fenomeni di deresponsabilizzazione. Per esempio,
se i responsabili dei risultati e dell’acquisizione delle risorse (potere di acquisto/spesa e relativa
liquidazione) sono diversi, ci potrebbero essere fenomeni paradossi dove chi deve raggiungere
risultati tecnici non si preoccupa di fare scelte di qualità e di economicità relativamente ai presidi
tecnici da acquistare, in quanto la responsabilità degli acquisti e delle spese ricade su altre persone.
Per contro, chi ha il compito di acquistare senza la contemporanea responsabilità sui risultati
tecnici, può non essere interessato alla tempestività nell’acquisizione delle risorse rispettando i
tempi di progetto e di consegna dei risultati tecnici o non essere in grado di comprendere se
determinati presidi tecnici richiesti siano realmente utili e idonei alla sperimentazione o alla
funzione che devono svolgere, per esempio in ambito clinico. Inoltre vi possono essere altri effetti
negativi derivanti dalla delega di funzioni amministrative (procedure di preventivazione, ordine e
acquisto, liquidazione ecc.) a soggetti che per la loro professionalità non sono di solito a
conoscenza di tutte le regole per le seguire in modo corretto l’iter amministrativo richiesto (es.
medici, psicologi, dirigenti tecnici ecc.). Si pone quindi il problema di identificare il sistema delle
deleghe delle varie responsabilità che andrà definito e deciso sulla base della condizione
contingente di reale possibilità di delega in relazione alla maturità organizzativa dei dirigenti
coinvolti, dalla presenza di sistemi di controllo, dal tipo di leadership che si vuole esercitare e al
grado di rischio derivante in caso di mal funzionamento di questo sistema con relativo fallimento,
parziale o totale del progetto.
9. necessità di un sistema di controllo aziendale: qualsiasi scelta si faccia, vi è la necessità di avere un
sistema di controllo aziendale, in tempo reale con una osservazione in progress e non solo finale
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delle attività di progetto, che permetta al livello strategico, la possibilità di una valutazione
sull’andamento dei progetti, sia in termini di risultati tecnici ottenuti che di gestione delle risorse,.
10. la compartecipazione aziendale al progetto: infine è importante sottolineare che bisogna chiarire se,
quali e quante risorse propriamente “aziendali” verranno utilizzate per la realizzazione del progetto
per definire precisamente quindi l’impegno aziendale richiesto e le relative responsabilità aziendali
derivanti, non solo nei confronti del committente dei progetti, ma anche delle attività ordinarie
dell’azienda per le quali sono allocate e destinate le risorse generali. Ricordiamo a questo proposito
che molto spesso si sottovaluta l’impegno richiesto all’azienda per la realizzazione di progetti affidati
da enti esterni e che questo può costituire una fonte di costo notevolmente importante e a volte
fuori controllo.
QUALI LE RESPONSABILITÀ DI PROGETTO E A CHI AFF IDARLE
Nella conduzione dei progetti si possono connotare diversi livelli di responsabilità che, per vari motivi,
è utile considerare ed elencare soprattutto al fine di identificare a chi affidare tali responsabilità e come di
conseguenza organizzare il sistema aziendale e delle unità organizzative coinvolte nella direzione del
progetto. Tutto questo anche al fine di definire la complessità delle norme e delle regole aziendali per la
gestione dei progetti.
Le principali responsabilità derivanti dalla gestione di progetti (sia interni che commissionati da enti od
organizzazioni esterne) possono essere così elencate:
Tipo
di responsabi l i tà Spec if ic he Poteri
Responsabilità di risultato
Relativamente al raggiungimento degli obiettivi previsti e concordati con rispetto degli standard di qualità e dei tempi previsti.
Di organizzazione, di dirigenza del personale dedicato, di scelta delle metodologie tecnico-scientifiche, di utilizzo delle risorse, di programmazione e controllo delle attività di progetto e delle attività collaterali necessarie per il supporto e la buona riuscita del progetto
Responsabilità finanziaria
Relativamente alla congruità delle spese sostenute in relazione alle specifiche possibilità consentite dal regolamento del finanziatore, alle norme e ai vincoli imposti nonché ia rispetto dei limiti delle risorse.
Di spesa delle risorse finanziarie del progetto mediante titolarità delle azioni di preventivazione, ordine, liquidazione e pagamento dei beni e/o servizi acquisiti.
Responsabilità sulla gestione burocratico-amministrativa (B.A)
Relativamente all’applicazione dei corretti processi di acquisto, contrattualizzazione dei collaboratori, inventariazione, pagamento ecc. secondo le norme della pubblica amministrazione ed i regolamenti aziendali.
Di controllo delle procedure amministrative utilizzate per le azioni di cui sopra.
Di blocco delle procedure di spesa se non congrue con norme e regolamenti o con le finalità del progetto.
Si ricorda infine che i tre livelli di responsabilità con i relativi poteri derivanti andranno, per il loro
affidamento, chiariti ex-ante.
PROJECT MANAGEMENT
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Tutto questo perché risulta fondamentale nella regolamentazione del rapporto con il committente,
l’articolazione esplicita e formale delle responsabilità e la persona giuridica a cui sollevare e contestare gli
eventuali rilievi di non conformità o di non rispetto degli accordi progettuali.
I tre livelli di responsabilità possono essere variamente delegati ai direttori di progetto all’interno di
un’azienda, sia in relazione alle competenze specifiche di gestione dei vari ambiti, sia in relazione alle scelte
aziendali relativamente alle modalità di distribuzione del potere organizzativo e dei gradi di autonomia.
Oltre a questo, al fine di formulare un modello aziendale, è necessario chiarire anche quale sia il
referente legittimo verso il quale onorare tali responsabilità e chi debba in prima persona essere
responsabile di questo. In altre parole quale sia l’organizzazione o l’ente verso cui dobbiamo rispondere e
garantire la realizzazione degli obiettivi e il rispetto delle regole e cioè chi risponde di cosa e a chi. Uno
schema di possibile articolazione di tali differenziate responsabilità è riportato in seguito.
Tipo di PRG in base
a l committente Soggetto Committente a cui rispondere
Responsabi le
di report ing
VS committente
Tipo di responsabi l i tà assunta
1 Aziendale Direzione generale Incaricato responsabile del PRG
Di risultato
Finanziaria
Gestione Burocratico-Amministrativa
2 Regionale senza affidamento formale e nominativo della direzione del progetto, da parte della Giunta, a U.O. specifica o Professionista
Direttore Generale
Di risultato
Finanziaria
Gestione Burocratico-Amministrativa
3 Regionale con affidamento formale e nominativo della direzione del progetto, da parte della Giunta, a U.O. specifica o Professionista
Giunta Regionale Direttore Generale
Direttore del PRG
Gestione Burocratico-Amministrativa
Di risultato
Finanziaria
(autocertificate al direttore generale dal direttore del progetto come congruenti con gli accordi presi con il committente, assumendosi così le piena e diretta responsabilità di eventuali danni derivanti dalle contestazioni possibili del committente)
4 Ministeriale con affidamento diretto all’azienda
Ministero
Direttore Generale
Di risultato
Finanziaria
Gestione Burocratico-Amministrativa
(se il Direttore Generale si avvarrà e nominerà un direttore di progetto, si regolamenteranno le deleghe di responsabilità
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nei confronti del Direzione stessa con atto deliberativo aziendale)
5 Ministeriale con affidamento tramite Regione
Regione Direttore Generale
Salvo caso di cui al punto 3
Di risultato
Finanziaria
Gestione Burocratico-Amministrativa
(se il Direttore Generale si avvarrà e nominerà un direttore di progetto, si regolamenteranno del deleghe di responsabilità nei confronti del Direzione stessa con atto deliberativo aziendale)
6 Europei con compartecipazione Regionale
Commissione Europea
Regione Direttore Generale
Direttore del PRG
Gestione Burocratico-Amministrativa
Di risultato
Finanziaria
(autocertificate al direttore generale dal direttore del progetto come congruenti con gli accordi presi con il committente, assumendosi cosi le piena e diretta responsabilità di eventuali danni derivanti dalle contestazioni possibili del committente)
7 Europei con compartecipazione Aziendale
Commissione Europea
Azienda Direttore Generale
Direttore del PRG
Gestione Burocratico-Amministrativa
Di risultato
Finanziaria
(autocertificate al direttore generale dal direttore del progetto come congruenti con gli accordi presi con il committente, assumendosi cosi le piena e diretta responsabilità di eventuali danni derivanti dalle contestazioni possibili del committente)
8 Fondazioni Direzione Direttore Generale
Direttore del PRG
Gestione Burocratico-Amministrativa
Di risultato
Finanziaria
(autocertificate al direttore generale dal
Continua da Tab. precedente
PROJECT MANAGEMENT
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direttore del progetto come congruenti con gli accordi presi con il committente, assumendosi cosi le piena e diretta responsabilità di eventuali danni derivanti dalle contestazioni possibili del committente)
9 Organizzazioni private
no profit Direzione Direttore Generale
Direttore del PRG
Gestione Burocratico-Amministrativa
Di risultato
Finanziaria
(autocertificate al direttore generale dal direttore del progetto come congruenti con gli accordi presi con il committente, assumendosi cosi le piena e diretta responsabilità di eventuali danni derivanti dalle contestazioni possibili del comittente)
10 Organizzazioni/Aziende private profit
(es. Az. Farmaceutiche) Direzione Direttore Generale
Direttore del PRG
Gestione Burocratico-Amministrativa
Di risultato
Finanziaria
(autocertificate
al direttore generale dal direttore del progetto come congruenti con gli accordi presi con il committente, assumendosi cosi le piena e diretta responsabilità di eventuali danni derivanti dalle contestazioni possibili del committente)
Va ricordato che qualsiasi progetto che utilizzi risorse aziendali, anche minime, deve passare attraverso
la formalizzazione ex-ante degli accordi tra committente e direzione generale dell’azienda che se ne assume
la responsabilità (totale o parziale, diretta o indiretta) della corretta realizzazione e/o della gestione
burocratico-amministrativa.
Tutti i reporting in uscita dovranno essere recepiti e deliberati dalla direzione con definizione delle
singole responsabilità per eventuali contenziosi futuri. I livelli di responsabilità e i relativi referenti quindi
dovranno essere dichiarati ex-ante al committente che ne accetterà come vincoli di progetto da inserire nel
contratto di progetto.
Continua da Tab. precedente
PROJECT MANAGEMENT ENTERPRISE
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IL REPORTING E I DIVERSI FORMAT R ICHIESTI DAI COMMITTENTI
Nello strutturare i sistemi di PM aziendali va ricordato che i vari possibili committenti esterni hanno
normalmente propri formati di presentazione dei progetti e di reporting (sia in progress che finale) con
modalità di rendicontazione di risultato e finanziaria diversificate. A questo proposito sarà necessario
mantenere questi formati senza costringere il direttore del progetto a utilizzare un secondo formato
aziendale per soddisfare le esigenze informative e di reporting interno.
Tuttavia un aspetto dovrebbe essere mantenuto uguale per tutti e adottato come standard
indeclinabile e cioè quello finanziario. Le modalità di utilizzo delle risorse finanziarie assegnate e della
rendicontazione finale o in progress (se richiesta) dovrebbero essere uguali per tutti.
Nello specifico si tratta di adottare procedure comuni per tutte le varie fasi della gestione finanziaria
delle risorse monetarie assegnate:
1 Programmazione degli acquisti
2 Richiesta dei preventivi
3 Selezione delle offerte più vantaggiose ed idonee
4 Ordine dei beni o dei servizi
5 Ricevimento e controllo conformità dei beni e dei servizi forniti
6 Ricevimento e processamento fatture
7 Inventariazione
8 Liquidazione
9 Pagamento
La definizione degli standard procedurali di queste fasi permetterà anche il corretto decentramento,
esistendo la possibilità di comprendere come svolgere correttamente tali procedure secondo standard
aziendali preconcordati e trasmessi come modalità operative ai vari responsabili e direttori di progetto.
I L MODELLO PME (PROJECT MANAGEMENT ENTERPR ISE) : UNA SOLUZIONE POSSIB ILE
ALLE ES IGENZE DEI VAR I ATTORI
Concretamente le esigenze della direzione strategica aziendale rispetto ai progetti che possono essere
diverse ma in particolare potremmo così riassumerle:
1. poter programmare le attività di progetto in una logica di coordinamento generale;
PROJECT MANAGEMENT
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2. poter orientare le attività di progetto verso bisogni aziendali in relazione alle scelte strategiche e
agli obiettivi aziendali (prioritari rispetto a quelli delle singole unità organizzative);
3. valorizzare e supportare eventuali esperienze aziendali di eccellenza;
4. poter controllare in ogni momento sia il processo di proposta di progetto, di attuazione e di
rendicontazione;
5. poter fornire al committente esterno la possibilità di prendere visione in ogni momento delle
attività di progetto, dei risultati in progress e del corretto utilizzo delle risorse assegnate;
6. assicurare la corretta applicazione delle procedure amministrative previste per la pubblica
amministrazione.
Contemporaneamente le esigenze del direttore del progetto, responsabile dei risultati ma anche delle
risorse finanziarie, potrebbero essere:
1. possibilità di gestire direttamente parte degli acquisti per le attività di base, nel rispetto delle
procedure aziendali;
2. possibilità di gestire la selezione del personale a contratto e le contrattualizzazioni;
3. possibilità di affidare compiti retribuiti a personale dipendente mediante ore straordinarie timbrate;
4. possibilità di attivare collaborazioni scientifiche;
5. responsabilità diretta di risultato e di spesa.
Quello che si potrebbe ipotizzare, è un sistema che preveda un controllo centralizzato che permetta
una serie di possibilità che realizzino una situazione ottimale sia per la direzione aziendale che per il
direttore di progetto:
1. possibilità di verifica immediata e diretta via WEB della gestione di ogni singolo progetto in ogni
sua parte;
2. possibilità di mettere passaggi obbligati per l’autorizzazione a distanza;
3. visibilità delle procedure di acquisto con possibilità di blocco a distanza;
4. possibilità di inserire controlli automatici (autorizzazioni) per garantire l’adozione di standard
aziendali prefissati;
5. possibilità di visione da parte del committente dell’andamento del progetto.
L ’ARCHITETTURA WEB: I VANTAGGI DELLA CENTRALIZZAZIONE DECENTRABILE
Il sistema funziona con un’architettura web centralizzata tale da permettere la visione contemporanea
di tutti i progetti aziendali in un unico formato, ma contemporaneamente il decentramento dell’utilizzo delle
applicazioni di gestione.
PROJECT MANAGEMENT ENTERPRISE
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Ogni Unità Operativa o Dipartimento, infatti, è in grado di gestire vari progetti con un format
standard. I progetti possono contemporaneamente essere visionati e monitorati centralmente sia nella parte
dei risultati che in quella della gestione finanziaria.
Contemporaneamente quindi è possibile controllare da parte degli uffici centrali (staff) lo svolgimento
delle attività, ma cosa ancora più importante permettere, con visioni selezionabili a diversi livelli e permessi
di accesso, delle varie parti di interesse dei committenti / finanziatori, realizzando così una trasparenza nella
gestione dei fondi messi a disposizione estremamente e favorevolmente gradita dai committenti.
Il sistema permette ai capi progetto di gestire con schede specifiche le seguenti aree di attività:
• referenti e contatti, delibere di approvazione e scadenziario;
• attività di progetto: obiettivi, indicatori, baseline;
• piano dei conti;
PROJECT MANAGEMENT
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• attivazione contratti;
• acquisti beni e servizi;
• reporting: risultati tecnici e rendiconto finanziario.
Con semplici compilazioni è possibile tenere monitorati vari progetti anche con obiettivi molto diversi,
sempre però adottando le tecniche di Project Management che stanno alla base della corretta gestione del
sistema e che devono essere patrimonio aziendale anche attraverso una specifica formazione e
addestramento dei dirigenti abilitati dall’azienda alla conduzione di progetti e quindi allo svolgimento di
compiti a responsabilità superiore.
A questo proposito si segnala che varie aziende hanno previsto l’ottenimento di specifiche abilitazioni
interne nell’ambito del Project Management al fine che i dirigenti intenzionati a proporre e condurre
possano accedere a tali attività.
PROJECT MANAGEMENT ENTERPRISE
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IL S ISTEMA DI ALLERTA
Un sistema così conformato ha tuttavia bisogno dell’introduzione di sistemi di allerta che possano in
qualche modo rendere semplice ed introdurre automatismi relativamente al rispetto delle procedure
prefissate in ambito dell’utilizzo corretto delle risorse finanziarie. Serve quindi un sistema che esegua
controlli sistematici preconfigurati su tutti i progetti e durante il corso delle attività, con segnalazioni
automatiche alla direzione su vari punti critici: acquisti, contratti, risultati tecnici etc. Tutto questo è possibile
sulla base di standard prefissati e comunicati al sistema che è in grado di confrontare questi standard con
quanto avviene durante l’espletamento delle attività di progetti.
Nel caso in cui il sistema evidenziasse delle anomalie, esse verrebbero immediatamente segnalate al
responsabile del progetto e agli uffici centrali competenti della procedura che sarebbero in grado di
verificare via web in tempo reale le ragioni di tale difformità e se necessario, poter bloccare la procedura
e/o richiedere delle giustificative formali.
La figura successiva riporta in sintesi quanto sopra descritto.
PROJECT MANAGEMENT
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CONCLUSIONI
I principi e il sistema qui proposto possono e debbono necessariamente essere adattati alle situazioni
contingenti dell’azienda ospitante. Certamente vi è la necessità di prevedere un percorso formativo specifico
ed un’organizzazione di base che preveda un’Unità di Supporto per lo Sviluppo Progettuale con il compito
di supportare le unità operative ad utilizzare al meglio il sistema e controllarne centralmente la funzionalità.
I risultati ed i benefici ottenibili nel medio lungo termine sono ormai indiscutibili soprattutto se si valuta
l’aspetto relativo alla maggior possibilità, da una parte di controllo aziendale, ma dall’altra, di raggiungere
risultati soddisfacenti in grado di promuovere l’autonomia e le responsabilità decentrate ai singoli capi
progetto, con conseguente aumento del livello di motivazione del personale e di compartecipazione alle
attività aziendali.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
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ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE PER GLI
INTERVENTI SOCIOSANITARI: INDICAZIONI
PRATICHE PER LA STESURA DI UN PROGETTO
Giovanni Serpelloni 1), Elisabetta Simeoni 2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
2. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
PREMESSE
Il presente articolo vuole sinteticamente fornire indicazioni ed elementi pratici per realizzare una
proposta di progetto all’interno degli interventi socio sanitari, utilizzando tecniche di Project Management. I
progetti di cui si vuole fornire indicazioni per la loro stesura e realizzazione, sono quelli che prevedono
interventi diretti alle persone e/o interventi volti alla realizzazione di prodotti o materiali di prevenzione.
Attività quindi ad orientamento pratico e operativo.
Si deve perciò partire dal concetto che un progetto viene pensato e definito per rispondere ad un
problema che necessita di una risposta, avendo in qualche modo definito le cause e sulle quali si possono in
qualche modo individuare degli obiettivi al fine di risolvere o governare il problema o viene altresì definito
per introdurre un’innovazione all’interno del gruppo/unità/servizio dove si svolgerà l’intervento. L’esistenza di
un problema definito e conosciuto nelle cause principali, giustifica la stesura di un progetto di intervento,
ben evidenziando quindi il fatto che un progetto non può essere autoreferenziale, ma fortemente orientato
a rispondere a dei precisi bisogni.
DEFINIZIONI
Spesso vi è una certa confusione sulla terminologia. A tal fine, per omogeneizzare il linguaggio, in
PROJECT MANAGEMENT
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questo articolo utilizzeremo la seguente terminologia:
1. “scheda sintetica di progetto” o “idea di progetto” (progetto di massima): sintetica stesura
del progetto che ha finalità comunicative preliminari per discutere con i committenti o gli
enti autorizzatori l’opportunità di sviluppare un progetto;
2. “proposta di progetto”: (o progetto da approvare): stesura più strutturata del progetto che
si richiede di autorizzare e finanziare;
3. “progetto preliminare” (o progetto approvato);
4. “piano di progetto” (o progetto esecutivo): un progetto operativo completo di piano
temporale di realizzazione e tutte le informazioni per operazionalizzare (attuare) gli
obiettivi. Il piano di progetto è un progetto completo di tutti i calcoli, piani, disegni e
particolari tecnici, preventivi e capitolati e viene utilizzato nella fase realizzativa.
Con il termine “progetto” si deve intendere, quindi, l’insieme di obiettivi, metodi, attività e quant’altro
sia necessario per definire precisamente un intervento che si intende effettuare con un determinato
impegno di risorse, per raggiungere un obiettivo in un determinato tempo.
Un progetto è “innovazione” nel momento in cui propone una soluzione che introduce nuove attività
e condizioni nel contesto in cui viene ad agire.
Un progetto, quindi, è uno sforzo complesso caratterizzato dalla presenza contemporanea di :
1. un insieme di attività diverse;
2. un obiettivo/risultato atteso (specifico, unico, non ripetitivo), con un punto di partenza e un
punto di arrivo chiari;
3. temporaneità (anche nell’impegno di risorse umane), attività da considerare “a termine”;
4. rilevanza delle risorse utilizzate;
5. multifunzionalità/interdisciplinarietà (necessità di persone con competenze diverse per
realizzare il PRG);
6. scheduling (programmazione temporale delle attività);
7. budget (programmazione dei costi);
8. ciclo di vita (con tempi di inizio e fine definiti).
ELEMENTI CHIAVE DI UN PROGETTO
Nel mettersi a definire un nuovo progetto è utile ricordare che un progetto di intervento presenta tre
elementi chiave per la propria riuscita, che devono essere ben compresi ed esplicitati dalla struttura e dai
contenuti della proposta di progetto. Essi determinano le attività, le risorse e l’impegno necessario per la
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
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realizzazione del progetto stesso:
1. la definizione degli obiettivi e delle attività necessarie per realizzarli: chiara definizione dei risultati
specifici da conseguire (scopo del progetto) ed elencazione sintetica dei pacchetti di attività
correlati (work package);
2. la portata: è la combinazione tra tutti gli obiettivi del progetto ed il lavoro necessario per
raggiungerli. È l’insieme di tutte le singole attività pratiche che il team deve portare a termine;
3. i presupposti di fattibilità: sono condizionati dalla reale disponibilità di risorse, dalla raggiungibilità
degli obiettivi, dalla complessità dei metodi proposti, dalla durata e dai costi di attività
specifiche e dell’intero progetto. Importanti sono anche le conoscenze ex-ante di possibili
scenari in caso di comparsa di situazioni limitanti o compromettenti la realizzazione delle
attività di progetto.
Per realizzare un buon progetto si devono pertanto utilizzare una serie di “ingredienti” indispensabili. I
nove elementi ritenuti vincolanti, e che avremo modo di approfondire in questo articolo, sono: l’analisi dei
bisogni a cui si deve rispondere (definizione e quantificazione del problema che necessita di intervento), gli
obiettivi specifici (risultati attesi), i criteri di qualità con cui si intendono realizzare gli interventi (vincoli di
realizzazione e di operatività a garanzia della qualità dell’intervento), le attività che verranno espletate ed i
metodi che si utilizzeranno, la tempificazione delle azioni, l’identificazione delle risorse necessarie e disponibili,
il piano di valutazione dei risultati completo di indicatori quantitativi, i costi preventivati e i riferimenti scientifici
supportanti le scelte di intervento e le ipotesi di base.
F ig . 1 : I 9 e lementi base
Una precisa e dettagliata descrizione di questi nove punti darà sicuramente una struttura logica alla
proposta di progetto che ne farà aumentare anche la credibilità. Tale caratteristica è fondamentale nel
PROJECT MANAGEMENT
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momento in cui dobbiamo ottenere un’approvazione.
Per rendere la proposta di progetto credibile, è indispensabile che essa sia chiara, ma nel contempo
sintetica, curata nelle presentazione formale con una forte coerenza interna e logica nello svolgersi del
percorso obiettivi-azioni-valutazione dei risultati e risorse necessarie. Dovrà inoltre essere corredata da un
ampio piano di valutazione dei risultati e finanziario.
La credibilità della proposta sarà infine fortemente supportata se sarà sostenuta da una ricca revisione
della letteratura scientifica sull’argomento a supporto sostanziale e non solo formale (o peggio di sola
immagine) di quanto riportato nel progetto, in una logica fortemente orientata all’evidence based.
CICLO DI VITA DI UN PROGETTO
Nella predisposizione di un progetto è utile considerare preliminarmente che ogni progetto ha un
proprio ciclo di vita, con un inizio ed una fine precisi, dove possono essere di solito individuate tre principali
fasi: fase iniziale, fase intermedia e finale. All’interno di queste fasi si possono distinguere vari stadi: fattibilità
(dove si stende il progetto, eseguendo lo studio di fattibilità e lo studio strategico), la pianificazione (dove si
stende il piano dettagliato, si definiscono precisamente i costi e i tempi con affidamento dei compiti), la
realizzazione (dove si espleta l’operatività e le attività di verifica), la messa a regime delle attività realizzate e
verificate nel corso del progetto (startup).
F ig . 2 : Ciclo di v i ta di un proget to
Le varie attività del progetto possono richiedere un volume di impegno molto diversificato ed è bene
prevedere in anticipo che non tutte le risorse e le energie saranno dedicate esclusivamente all’operatività
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
61
diretta. Esistono infatti molte altre attività che non possono essere certamente considerate di semplice
complemento o opzionali, quali ad esempio: la progettazione, la pianificazione, il controllo e la chiusura, e
per le quali si deve prevedere uno specifico volume di attività.
VARIABIL I DA GOVERNARE PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETT IVI
In ogni progetto vi è la necessità di governare quattro fondamentali variabili: i risultati (quantificabili
attraverso specifici indicatori), il tempo, i costi e la qualità. Il governo di queste quattro variabili avviene sia
nella fase di programmazione che di successivo controllo durante l’operatività.
Il monitoraggio dei risultati raggiunti andrà eseguito sulla base di indicatori quantitativi associati ad ogni
singolo obiettivo specifico, in grado di rappresentare sia la valenza prestazionale che quella di esito vero e
proprio, considerando che stiamo parlando di interventi sulla persona.
F ig . 3 : At ti v i tà di un proge tto e vo lume di impegno
(Tratto da PM-Book – Project Management Istitute – USA)
Il tempo andrà definito attraverso un preciso scheduling iniziale che dovrà essere successivamente
utilizzato come base per controllare l’esecuzione delle attività messe in opera. Parimenti, i costi andranno
previsti e controllati costantemente attraverso un frazionamento che permetta una agevole verifica in corso
d’opera delle spese e il loro controllo nei budget assegnati.
Infine, la qualità dei prodotti o interventi da realizzare, andrà predichiarata e controllata nel tempo
attraverso l’esplicitazione dei criteri di qualità che si intendono applicare ed una costante verifica della
PROJECT MANAGEMENT
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corrispondenza a tali criteri. Una garanzia di qualità la si ottiene anche attraverso l’esplicitazione delle
metodologie e delle tecniche che si andranno ad utilizzare e le loro basi e riferimenti scientifici.
Per ogni variabile devono, quindi, essere eseguite delle pianificazioni e dei successivi controlli specifici.
F ig . 4 : Va r iabi l i ogge t to di prog rammazione e con tro l lo in un proget to e pr incipal i s trumenti di governo
FRAMEWORK PER LA DEFINIZIONE DI UNA PROPOSTA DI PROGETTO (PARAGRAFI)
Per agevolare la preparazione di un progetto si è sviluppato un percorso logico che viene qui di
seguito presentato.
Tab . 1: F ramework per la defin iz ione di una propos ta di p rogetto
N FASI
1 titolo e riassunto
2 introduzione/premesse - background
3 plus valore atteso
4 obiettivo generale
5 target
6 setting
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
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7 obiettivi specifici, indicatori, base line e criteri di qualità
8 ambienti di intervento
9 Work Breakdown Structure (WBS) e matrice compiti/responsabilita’
10 metodi
11 planning delle azioni (fasi e tempificazioni)
12 risorse esistenti (fattibilità)
13 accreditamenti
14 piano di valutazione
15 collaborazioni
16 diffusione dei risultati
17 piano finanziario
18 elenco dimensionato dei prodotti
19 bibliografia
T ITOLO DEL PROGETTO
Il titolo è un “elemento comunicativo sintetico” che presenta e spiega in sintesi i contenuti e gli intenti
del progetto. Ha funzioni informative ed attrattive (stimolo della curiosità).
Spesso trasmette la “percezione di credibilità” del proponente al lettore e pertanto è necessaria molta
cura nella sua definizione.
Il titolo deve essere logicamente agganciato all’obiettivo generale ed essere stimolante ma serio. Nel
contempo, proprio per stimolare la curiosità e l’interesse, sarà opportuno che sia innovativo e non laconico.
Per meglio definire i contenuti del progetto è comunque da evitare un titolo particolarmente lungo o
prolisso, e se necessario si potrà farlo accompagnare da un sottotitolo ad integrazione e spiegazione del
titolo. Sarà inoltre opportuno prevedere una sigla (codice) sintetica e facilmente memorizzabile, utile nelle
comunicazioni verbali ed operative in ambito gestionale, da associare al progetto. La definizione di un logo
potrà inoltre rendere il progetto più personalizzato e distinguerlo meglio da altre proposte concorrenti.
Infine dovrà essere chiaramente riportato il nome del responsabile e la struttura proponente.
INTRODUZIONE
Risulta utile inserire delle premesse dove definire in sintesi gli elementi che il lettore deve conoscere a
priori per comprendere l’utilità dell’intervento proposto nel progetto. È indispensabile quindi enunciare il
PROJECT MANAGEMENT
64
problema generale e specifico a cui si vuole dare una risposta, le precedenti esperienze di interventi simili
riportate in letteratura accreditata e i risultati ottenuti, l’orientamento strategico generale dell’intervento
proposto.
In altre parole è necessario evidenziare i bisogni e lo scenario epidemiologico (la dimensione del
fenomeno e la possibile evoluzione) che giustificano la necessità dell’intervento, espressa in termini
quantitativi più precisi.
PLUS VALORE AGGIUNTO DELLA PROPOSTA
In questa sezione vale la pena riportare gli elementi realmente innovativi che verranno prodotti dal
PRG e che presentano un “valore comunitario” e di particolare utilità per il target nel ridurre rischi e/o
danni.
Il plusvalore viene valutato anche sulla presenza di elementi di economicità rispetto ad altri interventi o
al non intervento. Inoltre va presa in considerazione ed evidenziata la capacità di creare “capitalizzazione” di
conoscenze e di miglioramento di prassi operative.
PROBLEMA CHE SI VUOLE AFFRONTARE
In questa sezione si dovrà definire precisamente il problema che si vuole affrontare descrivendolo
nelle sue caratteristiche generali e dimensionandolo anche nel contesto dei problemi in cui si esprime in
modo da relativizzare tale problema nel contesto in cui si esprime (sia di risorse disponibili che di altre
problematiche presenti) a comprenderne così il grado di priorità.
Non va dato per scontato che il problema da affrontare sia chiaro e condiviso (e quindi compreso e
comprensibile) dai vari attori interessati e coinvolti nel progetto. Una delle evenienze più frequenti è che le
singole percezioni del problema siano molto diversificate sia su quello che è il vero oggetto problematico, la
gravità e la criticità che esso rappresenta nel contesto in cui si esprime. L’esplicitare in uno specifico gruppo
di analisi, il problema e la sua dimensione (nonchè un’ipotesi causale) risulta fondamentale e azione
preliminare e da ritenere vincolante, da espletare prima di formulare qualsiasi obiettivo del progetto.
Rimarchiamo quindi l’importanza di questa sezione che è in grado di condizionare fortemente tutta la
stesura del progetto, che troverà correttezza e appropriatezza dei suoi obiettivi, e delle attività correlate per
raggiungerli, nel momento in cui essi saranno direttamente indirizzati sul problema (ben definito e
dimensionato) e meglio ancora sulle cause (o le catene di cause) che lo sostengono.
Nel realizzare questa sezione risulta utile applicare quella che nel “Problem analysis & solving” viene
descritta come la regola dei 3 D (Definire, Descrivere, Dimensionare):
1. DEFINIRE in modo descrittivo il problema:
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
65
• chiaramente, definendo precisamente l’oggetto problematico;
• in maniera univoca e concordata tra i vari attori partecipanti all’analisi (concordare su ciò che si
intende come “problema” a cui dover dare una soluzione);
• sinteticamente;
• correttamente (non confondere le “cause percepite” con il “problema” – effetto – sintomo).
2. DESCRIVERE:
• le caratteristiche generali;
• il contesto dove avviene (importanza relativa del problema e delle possibili conseguenze);
• le eventuali cause generanti il problema e su cui è possibile intervenire con attività contenute nel
progetto proposto.
3. DIMENSIONARE quantitativamente:
• intensità e gravità del danno o del rischio (con osservazione multidimensionale sanitaria, sociale e
psichica);
• frequenza di comparsa;
• n. soggetti coinvolti;
• prevalenza ed incidenza (ed altre misure epidemiologiche).
OBIETTIVO GENERALE
In questo paragrafo si riportano lo scopo e le finalità generali dell’intervento e cioè il risultato che ci si
propone di ottenere in termini generali. Tutto questo serve per far entrare in maniera graduale il lettore
nella proposta di intervento che non si può esaurire nel solo obiettivo generale, ma neppure entrare troppo
nello specifico e nel dettaglio.
Andranno quindi esplicitati l’approccio di fondo, il tipo e l’ambito (prevenzione I, II, cura etc.) di
intervento e a chi è rivolto (sempre in termini generali).
TARGET (DESTINATARI, CL IENT I, UTENTI)
Dopo l’elencazione dell’obiettivo generale, può essere utile definire subito la popolazione bersaglio
dell’intervento, le persone cioé a cui è principalmente rivolto l’intervento (destinatari). A questo proposito è
utile descrivere in sintesi anche le loro caratteristiche socio-demografiche ed etnografiche quali le abitudini,
le tradizioni, le credenze, le regole sociali e comportamentali, le culture specifiche, i valori di base del target.
È infatti necessario conoscere preventivamente questi aspetti per tarare e confezionare interventi credibili,
metodi di intervento accettabili e informazioni comprensibili per i destinatari.
Sarà inoltre indispensabile eseguire un’analisi dei comportamenti da modificare e dei fattori
PROJECT MANAGEMENT
66
determinanti, distinguendo i target primari da quelli secondari, definendo inoltre la numerosità prevista.
A volte per alcuni tipi di intervento risulta necessario ed utile elencare dei criteri di inclusione ed
esclusione dall’intervento stesso, che andranno esplicitati in maniera chiara e motivati.
SETTING (LO SCENARIO)
Con questo termine si intende il contesto ambientale, organizzativo e politico dove verrà eseguito
l’intervento inteso come l’insieme delle caratteristiche epidemiologiche generali e specifiche della
problematica da affrontare, ma anche delle capacità organizzative e delle risorse esistenti ed attivabili e delle
forze di opposizione o di supporto al progetto stesso.
Andranno quindi analizzate le fonti di opposizione e di sostegno al progetto, le aspettative degli stake
holders e quanto, nell’ambiente, potrebbe essere in grado si ostacolare o agevolare lo sviluppo del progetto.
In altre parole è indispensabile valutare lo “scenario” di lavoro e di condizionamento esterno.
OBIETTIVI SPEC IF IC I
Con questo termine si devono intendere i risultati specifici attesi che dovrebbero derivare dalle azioni
che si intendono intraprendere sulla popolazione target.
Per essere definito “specifico” (e quindi valido a fini progettuali e realizzativi) l’obiettivo deve
possedere almeno 4 caratteristiche principali:
• chiaro e sintetico (comprensibile negli intenti e valutabile nella fattibilità);
• tempificato (tempi di realizzazione);
• collegato ad indicatori validamente rappresentativi per la valutazione di output (prestazioni
erogate) e outcome (esiti dei interventi sui destinatari).
• quantificato nella dimensione di output minimo atteso e nei costi;
Esempio:
OBIETTIVO: far aumentare il livello di conoscenza sui danni dell’ecstasy negli studenti entro il 30 giugno
2009
ATTIVITA’: mediante diffusione di depliant, spot video e info-internet sulla pericolosità dell’Ecstasy
sulle 73 scuole cittadine (3460 studenti) anche mediante internet,
INDICATORI: di Output = n. di scuole raggiunte. N. di depliant distribuiti, n. di accessi internet;
di Outcome = variazioni del livello informativo e dell’atteggiamento nel target, pre e post
intervento.
RISULTATI MINIMI
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
67
ATTESI (BLR): di Output = 73 scuole raggiunte. 6000 depliant distribuiti, 100 accessi internet/sett.;
di Outcome = livello informativo nel target post intervento minimo di 80%, e
atteggiamento positivo presente nel 605 dei destinatari
Le caratteristiche di un obiettivo specifico possono essere cosi riassunte:
1 Specificità (azione su fattori determinanti il problema, etc. )
2 Con livelli di Qualità Attesa espliciti
3 Misurabilità (indicatori quantitativi)
4 Quantificazione dei risultati minimi attesi (base line results = il minimo garantito)
5 Tempificazione (tempi di consegna/realizzazione)
6 Collegamento alle risorse disponibili (individuazione precisa)
7 Fattibilità (valutazione realistica)
8 Coerenza con i mandati istituzionali
Un obiettivo specifico deve essere sempre correlato ad un problema (o ad un fattore determinante il
problema stesso) e messo in relazione con un intervento logicamente e conseguentemente interrelato. La
soluzione del problema e la sua percezione attraverso un’opera di valutazione costante potrà riportare un
feedback sia di conferma del raggiungimento dell’obiettivo specifico fissato o di una sua ridefinizione in caso
di non raggiungimento.
F ig . 6 : Feedback ne l la r i defin iz ione degl i obie tti v i speci f i c i
PROJECT MANAGEMENT
68
La definizione degli obiettivi specifici è una fase molto critica nella stesura di un progetto. Una buona
definizione di questi obiettivi condizionerà l’intero progetto e la possibilità di renderlo realizzabile nel
momento dell’esecutività.
Un obiettivo specifico può essere condizionato da vari fattori, di cui è necessario tenere conto in
modo tale che fra gli intenti e le azioni conseguenti per raggiungere tali risultati attesi vi sia coerenza. Tale
condizione inoltre è necessario che esista anche con tutti i vincoli e gli obblighi normativi e valoriali del
contesto di riferimento. Un obiettivo specifico viene condizionato, quindi, dalla dimensione e dall’urgenza dei
bisogni, dal tipo e dal grado di affrontabilità del problema e dalle risorse disponibili.
F ig . 7 : Fa tto r i condiz ionanti la defin iz ione di un obiet ti vo speci f i co .
Nel definire un obiettivo specifico è quindi necessario prendere in considerazione ex-ante anche la
probabilità che si ha di risolvere un problema e quindi comprendere il grado di affrontabilità e cioè il grado
di soluzione raggiungibile.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
69
F ig . 8 : Fa tto r i inf l uenzanti la so luz ione di un problema e formulazione di un obie t ti vo speci f i co
Gli obiettivi inoltre non possono prescindere da vincoli normativi e dai valori del contesto in cui si
opera. Questo comporta chiaramente che il progettista conosca e tenga in considerazione queste
condizioni. L’intervento, infatti, non può essere considerato valido “di per sé” ma sempre in relazione a
quanto effettivamente, calato nella realtà sociale di riferimento, tale intervento riesce fattibile, accettabile,
legittimo e conseguentemente efficace.
Nella definizione di un obiettivo specifico è utile far riferimento ad una semplice nomenclatura, in
modo che anche le successive azioni da programmare risultino più facilmente identificabili.
Tab . 2: Nomencla tura degl i obie tti v i
N NOMENCLATURA ESEMPIO
1 Verbo infinito (azione) Far aumentare
2 Oggetto dell’azione il livello di conoscenza
3 Specifiche sui danni del fumo
4 Target nei giovani
A ciascun obiettivo specifico è necessario che sia agganciato uno o più indicatori, intendendo con
questo termine una “variabile numerica”, validamente rappresentativa del risultato atteso, della situazione o
del fenomeno che si vuole valutare ed in grado di fornire informazioni utili per il decision making. Gli
indicatori possono essere diretti o indiretti in base al grado e al tipo di correlazione che hanno con il
PROJECT MANAGEMENT
70
fenomeno che intendono rappresentare.
Gli indicatori, negli interventi sulle persone, che si sono dimostrati utili sono fondamentalmente di due
tipi:
1. di OUTPUT – indicatori quantitativi in grado di rappresentare e quantificare le prestazioni erogate
dall’operatore (risultati intermedi), indicatori di efficienza.Utilizzati per la quantificazione e il monitoraggio
delle attività e le azioni degli operatori.
Esempi: n. di soggetti contattati, n. di visite mediche eseguite, n. di colloqui psicologici, n. di prelievi eseguiti, n. di
vaccinazioni, etc..2. di OUTCOME – indicatori quantitativi finalizzati all’evidenziazione degli esiti prodotti
(risultati finali) dalle prestazioni erogate. Evidenziano il grado di salute aggiunta e/o grado di patologia evitata
dopo l’intervento. Indicatori di efficacia.
Utilizzati con sistemi in grado di cogliere le variazioni (positive o negative) nel tempo (delta t1 t2) di
variabili valide a rappresentare lo stato di salute del soggetto o il suo grado di rischio.
Esempi: frequenza d’uso delle sostanze, qualità della vita, incidenza di infezioni, grado di integrazione sociale, tempo di
sopravvivenza.
Risulta chiaro che il secondo tipo di indicatori monitorizza ciò che è la conseguenza delle prestazioni
erogate, che a loro volta vengono monitorizzate dal primo tipo di indicatori.
Pertanto non si devono confondere i due tipi di indicatori che nei progetti dovrebbero essere presenti
tutti e due in modo da poter comprendere sia il volume prestazionale sia i risultati concreti in termini di
utilità ed efficacia sui clienti degli interventi.
F ig . 9 : Re lazione obiet ti v i ed indica tor i
La relazione tra obiettivi specifici ed indicatori risulta essere fondamentale nella definizione di un
progetto, al punto tale che molto spesso (ed assai opportunamente) si correla anche otticamente nella
tabella dove vengono riportati gli obiettivi, con gli indicatori. In questo modo si inizia, tra l’altro, a definire il
piano di valutazione.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
71
Nel definire gli obiettivi specifici risulta fondamentale definire anche altri parametri ad essi correlati: i
criteri di qualità attesa e i base line results. Per comprendere meglio di che cosa si stia parlando riportiamo la
figura successiva.
F ig . 10: Parame tr i corre la ti ag l i obiet ti v i speci f i c i
Gli obiettivi possono essere quantitativamente raggiunti ma con qualità molto diversa. Si pensi per
esempio se l’obiettivo è quello di prevenire o curare patologie su persone a rischio o malate, mediante
azioni quali un colloquio psicologico, una visita o procedura medica, che possono essere eseguiti in modo
molto diversificato producendo così prestazioni che potrebbero essere qualitativamente molto diverse
indipendentemente dalla quantità prodotta. Questo vale anche per la produzione di prodotti e non solo di
servizi alla persona. Basti pensare alla realizzazione di un software che può presentare un’ampia gamma di
risultati in quanto può essere eseguita in molti modi con diversi livelli di controllo interno, di progettazione
dei file, di utilizzo di linguaggi e strutture più o meno complesse ed affidabili in base alle modalità di
costruzione. Per ciascun obiettivo andrà, quindi, definito un elenco di criteri di qualità attesa che tale
“prodotto” finale dovrà possedere per essere considerato soddisfacente, ma anche le modalità, i processi e
gli standard di costruzione, con cui si dovrà raggiungere tale obbiettivo. Tutto questo descrivendo quindi le
caratteristiche che il “prodotto” dovrà avere non solo nella sua apparenza ma anche nella sostanza e nel suo
modo di essere realizzato, per essere definito di qualità e quindi soddisfacente.
I criteri di qualità possono essere definiti sulla base della normativa specifica, di linee guida accreditate
che definiscono le caratteristiche e i metodi di qualità, standard fissati da associazioni o enti di
accreditamento, etc. Soprattutto per i Base Line è indispensabile una definizione ex-ante. Essi rappresentano
in termini quantitativi i risultati minimi attesi, il valore minimo a cui arrivare per considerare l’obiettivo
raggiunto (il “minimo garantito”). Come è facilmente comprensibile, predichiarare in maniera quantitativa
quali saranno i risultati (attesi) del progetto risulta estremamente utile, non solo per valutare la fattibilità del
PROJECT MANAGEMENT
72
progetto stesso e la sua utilità potenziale, ma soprattutto per poter valutare ex-post se gli obiettivi sono
stati realmente raggiunti ed in che misura.
Questo aspetto è spesso disatteso rendendo cosi i progetti non valutabili sia in fase di selezione che di
valutazione finale.
I base line Standard (BLS), risultati minimi attesi, vengono definiti in modo ragionevole, basandosi sulle
evidenze scientifiche, sull’esperienza maturata da analoghe esperienze, valutando il reale grado di
fattibilità/raggiungibilità degli obiettivi, tenendo conto del contesto generale, organizzativo e di risorse
esistente. La definizione dei BLS può essere frutto anche di una negoziazione tra ente proponente ed ente
finanziatore o committente.
È indispensabile ricordare che un progetto con obbiettivi specifici/indicatori senza base line non è
valutabile, sia per poter comprendere la reale portata ex-ante durante la selezione dei progetti, ma
soprattutto non sarà possibile comprendere ex-post, se si saranno raggiunti gli obiettivi e prodotti i risultati
attesi dopo l’intervento.
La figura successiva riporta il concetto che alla definizione di un obiettivo specifico, oltre l’enunciazione
degli intenti, è necessario correlare indicatori di output e di outcome atteso, i criteri di qualità con cui si
intende realizzare l’intervento e i baseline da raggiungere.
F ig . 11: Esempio de l la corre lazione obie tti v i /BLR
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
73
F ig . 12: Le coordinate che defin i scono un obiet ti vo speci f i co
Durante la sequenza logica per la definizione degli obiettivi specifici, collegandoli agli indicatori
quantitativi e baseline, viene contemporaneamente iniziata la definizione del piano di valutazione e controllo
delle attività del progetto. In questa fase si può incominciare anche la scelta degli strumenti di valutazione
attraverso i quali raccogliere i dati per poter comprendere il valore degli indicatori e quindi la “produttività”
delle azioni del progetto.
Molto spesso nella definizione degli indicatori per ogni singolo obiettivo specifico vi è la tendenza ad
identificarne un grande numero, quasi a voler dare l’impressione di completezza e precisione. Questa azione
però aggiunge complessità al progetto e molto spesso gli indicatori utili a far comprendere se i risultati sono
stati raggiunti (sia indiretti che diretti) sono pochi e facilmente rilevabili. L’alto numero di indicatori inoltre
costringerebbe a costruire un complesso sistema di rilevamento con un esagerato impiego di
tempo/operatore.
Molti progetti riportano un esagerato numero di indicatori non corrispondente poi ad un piano di
valutazione e ad una elencazione coerente degli strumenti di valutazione. Questa caratteristica denota di
solito una scarsa fattibilità del piano di valutazione del progetto stesso e conseguentemente un giudizio
negativo del progetto in sede di valutazione ex-ante.
Infine, gli obiettivi specifici dovranno essere correlati (per essere operazionalizzati) a specifiche azioni e
metodi di intervento. Utilizzando questa sequenza logica sarà più semplice definire anche la tempificazione
delle azioni e la loro interdipendenza (vedi avanti diagramma di Gantt). Non bisogna però confondere gli
obiettivi specifici (risultati attesi) con le attività che sono invece le azioni operative finalizzate e sequenziali
nel tempo e i metodi, cioé le modalità operative con cui si realizzano gli interventi.
PROJECT MANAGEMENT
74
F ig . 13: De fin iz ione ex-an te degl i obie tti v i speci f i c i , indicato r i cor re lati e sce l ta degl i s trumenti di
va lutazione
F ig . 14: Corre lazione obie tti v i , az ioni , me todi
F ig . 15: Sequenza di defin iz ione
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
75
FOGLIO MEMO$
Durante la definizione degli obiettivi ma soprattutto delle attività è possibile, utilizzando uno specifico
schema, riuscire ad elencare specifiche voci di possibile costo in modo da predisporre gli elementi di base
per la stesura del piano finanziario.
Questo foglio denominato "memo$", è composto da una serie di colonne in cui vengono riportate: la
voce di possibile costo derivante dalla necessità in base alle attività previste, il volume necessario di tale
risorsa o fattore produttivo in termini di ore lavoro, quantità, etc..., il costo previsto e il centro di
imputazione. Viene quindi identificato se il costo previsto sarà a carico del progetto, dell'ente gestore, di un
ipotetico sponsor. Una successiva colonna servirà per chiarire alcune note esplicative in modo da far
comprendere esattamente se il costo previsto è reale o corrispondente ad una risorsa messa a disposizione
da un eventuale sponsor.
F ig . 16: Fogl io Memo$ per la defin iz ione de l p iano f inanzia r io
AMBIENTE DI INTERVENTO
In questa sezione si devono descrivere e definire in sintesi i luoghi e il territorio dove avverrà
l’intervento, avendo cura di elencare le caratteristiche di estensione, di popolazione, di strutture presenti e le
particolarità critiche da tenere in considerazione correlate con lo svolgimento delle attività.
Andranno inoltre elencate e definite le responsabilità e competenze sugli ambienti di intervento, in
modo da comprendere ed esplicitare anche le varie collaborazioni formali che necessariamente devono
preventivamente esistere.
PROJECT MANAGEMENT
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WORK BREAKDOWN STRUCTURE (WBS) E MATRICE COMPITI/RESPONSABILITÀ
Il progetto può essere rappresentato anche tramite una struttura ad albero (work breakdown
structure) che ben visualizza i tre fondamentali livelli di rappresentazione:
• l’obiettivo generale;
• gli obiettivi specifici, intesi come “sottobbiettivi che daranno origine a sottoprogetti”;
• i pacchetti di attività necessari per realizzare tali obiettivi (work pakage).
L’insieme degli obiettivi specifici costituisce l’obiettivo generale e il loro singolo raggiungimento
comporterà la realizzazione del progetto nel momento in cui tutti i sotto-obiettivi saranno stati raggiunti.
La WBS è una forma di scomposizione strutturata del progetto al fine di definire il lavoro da svolgere,
componendolo in “pacchetti” significativi per i quali è utile e necessario organizzare specifiche attività ed
identificare un responsabile. Inoltre, risulta molto utile collegare alla WBS la matrice compiti/responsabilità
dove vengono esplicitati, per ciascun pacchetto di attività, i compiti specifici attesi, il responsabile della
realizzazione di tali compiti e gli eventuali collaboratori, i principali indicatori di risultato intermedio e finale.
Tale rappresentazione risulta molto importante per poter comunicare al team di lavoro in modo esplicito e
facilmente comprensibile a tutti (e contemporaneamente) le varie attività, definendo senza equivoci chi sarà
deputato a farle e i relativi tempi di esecuzione.
Tanto più il progetto è complesso tanto più sarà necessario e utile disporre di uno strumento di
rappresentazione di questo tipo per poter coordinare anche i vari gruppi operativi e i vari professionisti.
F ig . 17: Esempio di una Work B reakdown S truc ture (WBS) e matr i ce compiti / responsabi l i tà
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
77
Gli work package vengono definiti seguendo precisi criteri:
1. i gruppi di attività che devono essere realizzabili in un tempo relativamente breve (massimo
un mese in relazione alla durata totale del progetto);
2. devono poter essere realizzati (preferibilmente) da un’unica unità operativa, o competenza
specialistica che ha possibilità di attribuire e ricostruire responsabilità precise sulle attività e le
realizzazioni delle attività;
3. gli WP devono avere un responsabile individuabile;
4. le cose da fare devono essere chiare e ben definite.
La matrice compiti e responsabilità è necessario che prima di individuare il nome del responsabile di
tale WP, elenchi le competenze necessarie e le U.O. del dipartimento o dell’azienda dove tali competenze
sono presenti. Tutto questo al fine di meglio delineare il profilo professionale e di competenza richiesto.
F ig . 18: Matr ice compi ti e responsabi l i tà co rre lata a i WP
Nel progetto, quindi, si possono configurare vari livelli di responsabilità: il project manager, il WP
manager, il responsabile dell'unità operativa e il direttore generale dell’azienda. Tali figure hanno funzioni e
compiti e responsabilità diversificate che è bene conoscere fin dall'inizio del progetto e che vengono
riportate alla figura successiva.
PROJECT MANAGEMENT
78
F ig . 19: L ive l l i di re sponsabi l i tà ne l proge t to
F ig . 20: Rapporto t ra i l p roget to e le U.O .
METODI
Con questo termine si devono intendere l’insieme di regole e di principi in base ai quali si svolge una
attività. Sono i modi di procedere strutturati ed accreditati con cui si intende svolgere le varie azioni e
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
79
raggiungere gli obiettivi.
In questa sezione si procede a descrivere i metodi per singolo WP associati all’obiettivo specifico con
un’elencazione dei protocolli di riferimento riportati in allegato e con i riferimenti bibliografici accreditanti nel
settore specifico.
L’elencazione delle metodologie che saranno usate risulta di fondamentale importanza per far
comprendere a chi valuterà il progetto il grado di competenza del proponente e di fattibilità della proposta.
PLANNING DELLE ATT IVITÀ/AZIONI
La definizione della pianificazione temporale è una fase critica dove è necessario porre molta
attenzione alla programmazione delle sequenze delle attività, tentando di ricostruire le diverse macrofasi di
sviluppo del progetto. In questa sezione si procede quindi alla definizione della sequenza e progressione
logica e cronologica delle attività/azioni al fine di raggiungere un risultato, individuando nel dettaglio risorse
necessarie, compiti, ma soprattutto le scadenze temporali.
Il Planning delle azioni stabilisce la progressione logica e la cronologia di esecuzione che le
attività/azioni devono avere in relazione alla loro interdipendenza di realizzazione (es. analizzare i problemi
del territorio, eseguire lo studio epidemiologico, formare il gruppo di lavoro, istruire gli operatori, acquisire
le risorse specifiche, concordare le collaborazioni, attivare le azioni e le operazioni specifiche, valutare,
etc…).
La definizione delle attività è un passaggio operativo concreto, necessario per raggiungere un obiettivo
del progetto e rappresenta il lavoro effettivo che verrà eseguito per il progetto.
La descrizione dell’attività però non deve essere troppo ampia (attività di riepilogo) e neppure troppo
dettagliata (singole azioni), ma evidenziare quella che è ritenuta significativa per il concreto sviluppo del
progetto.
L’aggregazione in fasi delle singole azioni aiuta molto ad esplicitare meglio la sequenza temporale e a
dare una struttura logica più intelligibile al progetto.
In questa sezione sarà indispensabile individuare le “attività critiche” e cioè quelle importanti attività in
grado di condizionare il percorso e la riuscita del progetto (passaggi obbligati).
Andranno anche evidenziate le “attività cardine” e cioè i punti di attività che vengono prefissati con lo
scopo di tenere traccia dello stato di avanzamento del progetto. Questi punti sono utili al controllo dello
stato di avanzamento.
L’aggregazione in fasi è sicuramente un sistema utile per la definizione del piano temporale. Con il
termine “fase” si intende un gruppo di attività correlate ed organizzate in una sequenza logica e temporale.
Le fasi sono quindi aggregazioni di attività, elementi compositi che definiscono in maniera più comprensibile
il piano del progetto, utili alla programmazione di dettaglio che verrà eseguita in fase esecutiva del progetto
PROJECT MANAGEMENT
80
dopo la sua approvazione.
F ig . 21: Aggregazione de l le a t ti v i tà in fasi
Uno strumento molto utile per la rappresentazione della tempificazione delle azioni è il diagramma di
Gantt dove viene definito un elenco delle attività e le relative durate, visualizzate in un diagramma a barre. Il
diagramma è utile per definire anche le fasi del progetto e le sequenze operative.
Il diagramma di Gantt è un utile strumento di comunicazione per tutto il team che deve comprendere
in maniera univoca la tempistica del progetto.
Un altro strumento complementare è il diagramma di Pert (Program Evaluation and Review
Technique), meno usato per la sua complessità, ma molto utile per progetti particolarmente articolati.
Il diagramma di Pert è un diagramma reticolare in cui vengono visualizzate tutte le attività e le relazioni
tra loro. Identifica i momenti (eventi) in cui ciascuna attività inizia e termina. Tali momenti sono utili per
definire il “percorso critico”. Nella definizione delle singole azioni da compiere sarà necessario porre
attenzione al livello di dettaglio che si vorrà descrivere. È sicuramente da evitare il super frazionamento delle
azioni, rappresentando quelle più importanti e vincolanti per la comprensione delle “cose da fare” e della
loro gerarchizzazione temporale.
A questo proposito si rimanda alla figura successiva che definisce il modello interpretativo delle attività
e della modalità di identificazione e rappresentazione nel diagramma di Gantt.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
81
F ig . 22: Diagramma di Gantt
F ig . 23: Raggruppamento in fasi e scomposiz ione de l le a tti v i tà
PROJECT MANAGEMENT
82
Nel definire il diagramma di Gantt sarà utile evidenziare anche il “Percorso critico” e cioè l’insieme
delle attività e degli eventi sequenziali che richiedono il tempo più lungo e in grado di condizionare
criticamente la realizzazione del piano di progetto. Per ulteriori approfondimenti si rimanda all’articolo sulla
tempificazione delle attività.
Nel digramma di Gantt risulta infine indispensabile definire le “Attività Critiche” e le “Attività Cardine”.
Le prime sono importanti attività in grado di condizionare il percorso e la riuscita del progetto
(passaggi obbligati). Le seconde, sono punti di attività che vengono prefissati con lo scopo di tenere traccia
dello stato di avanzamento del progetto (appuntamenti di valutazione) utili al controllo dello stato di
avanzamento (milestones).
Per definire le azioni e realizzare un diagramma di Gantt è necessario seguire una semplice sequenza
logica:
• collegare le attività/azioni agli obiettivi specifici.
• specificare la durata in giorni per singola azione.
• creare la sequenza gerarchica temporale (timetable) delle attività.
• specificare le attività che devono essere necessariamente in serie e quelle che possono o devono
essere eseguite in parallelo (contemporaneamente).
• identificare le attività da considerare “cardine” nello svolgimento del progetto e da tenere sotto
particolare controllo.
• realizzare la rappresentazione grafica, posizionando le barre sulla griglia temporale.
• distinguere le azioni finalizzate alla produzione dell’intervento da quelle della valutazione
(milestones) posizionandole in un settore specifico alla base del diagramma per agevolarne la
lettura.
• specificare la durata totale del piano.
• aggiungere eventuali note a commento e spiegazione delle sequenze soprariportate.
• rappresentare il tutto in un grafico chiaro e ben curato nell’aspetto formale (consigliabile utilizzare il
formato A3).
Il diagramma reticolare (detto comunemente, anche se non correttamente di PERT) risulta utile
associarlo al diagramma di Gantt in quanto esplicita:
1. le previsioni della durata di ogni singolo WP fatte dal WP manager, correlata alle stima risorse
necessarie;
2. le relazioni sequenziali tra i diversi WP, utilizzando strumenti che descrivono i PRG come una serie
di attività interdipendenti:
a. analisi e definizione delle Relazioni sequenziali tra i WP,
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
83
b. analisi e definizione delle attività che possono essere fatte in maniera concomitante
3. il “percorso critico”: l’insieme delle attività e degli eventi sequenziali che richiedono il tempo più
lungo e che è in grado di condizionare criticamente la realizzazione del piano di progetto.
F ig . 24: Diagramma reti co lare
Componenti del diagramma reticolare:
• nodi (WP e miles stone);
• linee di congiungimento (archi) con frecce di direzione tra nodi che definiscono la sequenza
cronologica;
• n. sopra gli eventi è la durata in settimane;
• n. sotto gli eventi sono le risorse in giornate uomo;
• la durata complessiva del progetto è uguale al “percorso critico” quello che ci mette più tempo
per arrivare al punto di arrivo (end).
• la differenza tra il primo percorso critico e il secondo percorso critico si definisce “slack”.
R ISORSE ESISTENTI
Per comprendere la reale fattibilità del progetto è indispensabile elencare anche le risorse esistenti e
realmente utilizzabili dal proponente il progetto. Le risorse consistono nell’insieme di persone, materiali e
PROJECT MANAGEMENT
84
mezzi a reale disposizione per la realizzazione del progetto.
Sono incluse le seguenti risorse:
• strutturali,
• umane,
• reti consultive esterne,
• finanziarie,
• organizzative,
• tecnologiche,
• know how & skill,
• politiche.
In questa sezione si deve quindi definire l’elenco delle risorse esistenti ed investibili nel progetto (per
aree omogenee), finalizzato alla dimostrazione della fattibilità del progetto proposto. Il volume e la qualità
delle risorse devono essere dimensionate ed appropriate al lavoro da svolgere ed alle complessità tecnico
scientifiche da affrontare, reali e chiaramente non “millantate”.
ACCREDITAMENTI
In questa sezione si devono inserire tutte quelle informazioni in grado di dar credito, fiducia e
credibilità relativamente alla capacità del proponente di realizzare con successo il progetto proposto. Fanno
parte di queste per esempio le certificazioni di qualità ISO, i riconoscimenti istituzionali, le precedenti
esperienze dimostrabili, le pubblicazioni, etc…
Possono far parte di questa sezione anche le partecipazioni a ricerche, gruppi di lavoro e società
scientifiche.
P IANO DI VALUTAZIONE
Questa parte rappresenta un punto critico particolarmente importante del progetto che deve essere
definito con molta attenzione. È l’insieme pianificato e tempificato delle azioni volte a valutare le attività del
progetto in corso d’opera e alla fine. Le attività di valutazione devono essere svolte costantemente e il loro
svolgimento deve essere connesso e contemporaneo con le attività di realizzazione del progetto. L’attività di
valutazione quindi non va considerata come attività accessoria ed indipendente dal lavoro da eseguire per la
realizzazione del progetto, ma deve essere progettata in modo tale che le attività pratiche ed operative
siano costantemente agganciate ad una attività di valutazione.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
85
La valutazione, per essere ritenuta valida, deve riguardare contemporaneamente le seguenti variabili:
• risorse impiegate;
• prestazioni erogate (volume e densità);
• tempi di realizzazione;
• risultati ottenuti (esiti degli interventi sulle persone);
• qualità del prodotto/servizio reso;
• costi.
Per realizzare questo è necessario utilizzare un sistema di indicatori quantitativi che sia limitato ma nel
contempo rappresentativo delle caratteristiche da rappresentare, attuando una comparazione dei dati con
standard di riferimento che possono essere interni (base line results) o esterni nel caso esistano dei
riferimenti.
Normalmente risulta utile fissare dei punti di verifica intermedia (milestones) che siano predeterminati
con scadenze definite. I milestones sono indispensabili per il management e devono essere considerati
“appuntamenti obbligati” sullo stato di avanzamento. Essi devono essere inseriti nel diagramma di Gantt.
Il sistema di valutazione deve essere strutturato in modo da essere tempestivo nel segnalare eventuali
non raggiungimenti di obiettivi e di sfondamento di costo. Tutto questo in quanto i correttivi devono poter
essere attivati in tempo utile e non alla fine del progetto dove non è più possibile aggiustare eventuali
anomalie.
F ig . 25: Piano di va lu tazione ex-ante sui r i sul ta ti e cos ti pre ventivati
PROJECT MANAGEMENT
86
Il piano di valutazione ex-ante deve soddisfare alcuni criteri in modo tale da rendere fattibile la
successiva valutazione ex-post. Infatti, non si potranno valutare progetti non impostati fin dall’inizio con
caratteristiche che ne permettano la quantificazione dei risultati. Va considerato che i quattro requisiti da
assicurare per poter realizzare un report finale delle attività dei progetti (ex-post), in modo tale da rendere
possibile la valutazione dei risultati raggiunti sono:
• una predichiarazione di obiettivi chiari e sintetici con indicatori quantitativi e base line results (BLR)
ben quantificati nel progetto iniziale;
• presenza di “validità” degli indicatori e del modello osservazionale utilizzato;
• esistenza di coerenza e correlazione tra obiettivi specifici-indicatori-metodi/attività predichiarati nel
progetto e quelli riportati nel report finale con allineamento dei formati di presentazione dati (BLR
– risultati attesi risultati osservati) al fine di poter cogliere gli scostamenti;
• credibilità/affidabilità (coerenza) delle informazioni contenute nel report finale.
La fattibilità, quindi, della valutazione di risultato (cioè l’osservazione delle differenze tra i risultati attesi
e quelli osservati) dipende soprattutto dalla presenza di coerenza dei format ex-ante ed ex-post e dalla
predefinizione dei base line results. La valutazione dei criteri di qualità andrà eseguita da un ente/organismo
terzo (indipendente) al progetto che dovrà esprimere attraverso uno score il rispetto dei singoli criteri di
qualità predichiarati.
F ig . 26: Matr ice log ica per la va lutazione de i r i sul ta ti de i progetti
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
87
La tabella successiva riporta un esempio di valutazione relativa ai criteri di qualità (generici) definiti per
la realizzazione di un portale internet sulla prevenzione delle dipendenze.
Tab . 3: Esempio di va lutazione secondo c r i ter i di qual i tà di un proget to che r iguarda la real izzazione di
un por ta le di prevenzione de l le dipendenze ne i g iovani
N. CRITERIO DI QUALITÀ PREDICHIARATO PUNTEGGIO RIPORTATO
(0-10)
1 Fare in modo che il sistema abbia una forte trasparenza relativamente alle modalità di amministrazione centrale e periferiche, prevedendo la definizione, la formalizzazione e la pubblicazione dei gruppi redazionali all’interno del sito.
9
2 Coordinare il sistema nazionale con altre iniziative in corso a livello europeo; 8
3 Prevedere una forte integrazione degli ambienti web tra le organizzazioni del pubblico e del privato sociale accreditato. 10
4 Mantenere la gestione di ogni singolo portale regionale, decentrata e distribuita su ogni singola regione partecipante in modo da garantire autonomia e diretta responsabilità relativamente ai contenuti delle informazioni immessi all’interno del sito regionale.
10
5 Garantire un aggiornamento costante e tempestivo dei dati e delle informazioni contenute nel data base del portale mediante sistemi automatici e appositi gruppi di lavoro. 8
6 Mantenere in linea anche una base informativa specificatamente dedicata agli utenti non professionali (giovani, famiglie, educatori). 7
7 Garantire, quanto più possibile i livelli di sicurezza e di affidabilità del portale sia relativamente alla protezione del data base che alla persistenza in attività (24h/24h x 365 gg/aa) del portale 10
8 Garantire la coerenza con la normativa nazionale ed europea relativamente ai portali internet. 9
È infine utile ricordare che la fattibilità della valutazione di risultato (cioè l’osservazione delle differenze
tra i risultati attesi e quelli osservati) dipende soprattutto dalla presenza di coerenza dei format ex-ante ed
ex-post e dalla predefinizione dei base line results.
COLLABORAZIONI
Nella definizione del progetto risulta molto importante definire anche le possibili e necessarie
collaborazioni che si devono instaurare per assicurare una migliore riuscita del progetto stesso. Andrà
analizzato e compreso se esistono altre organizzazioni che operano già sullo stesso problema e nello stesso
ambiente al fine di coordinare gli interventi, creare sinergie e risparmio di costi.
Le collaborazioni andranno elencate e dichiarate anche mediante l’ottenimento di una lettera formale
di adesione.
DIFFUSIONE DEI R ISULTATI
In questa sezione andrà sinteticamente elencato il debito informativo definendo in sintesi il piano di
comunicazione dei risultati ottenuti e le modalità di reporting. In altre parole andrà definito un programma
prestrutturato dei ritorni informativi, i vari destinatari, le forme e i supporti specifici che si utilizzeranno,
PROJECT MANAGEMENT
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precisando le azioni e i tempi per garantire una seria ed ampia diffusione ed utilizzo di quanto realizzato dal
progetto.
Sarà quindi necessario elencare i tipi di informazioni che verranno trasmesse (sintesi divulgative, articoli
scientifici, monografie, DVD, internet, etc..., i tempi (inizio, progress, fine), le modalità e dimensioni (conf.
stampa, workshop, pubblicazioni, etc...), e il target della comunicazione (operatori, committenti, popolazione,
mondo scientifico etc...).
BUDGET DI PROGETTO
Questo piano va considerato come un preventivo dei costi che dovrà sostenere il finanziatore del
progetto e l’ente gestore, con un elenco chiaro e strutturato in forma tabellare delle possibili voci di spesa e
dei relativi costi. A questo proposito è indispensabile realizzare in piano dei costi dove si possano evincere
anche le imputazioni di spesa all’ente proponente il progetto che sarà in seguito il gestore. Si possono
utilizzare diversi livelli di dettaglio, anche se conviene creare delle aggregazioni, tenendo conto dei possibili
ribaltamenti o riallocazioni di quote tra diversi capitoli di costo nel momento in cui si andrà in esercizio.
Sarà necessario definire le singole voci di costo divise ed assegnate quindi agli enti finanziatori e gestori
(es. U.E, ULSS) con colonne distinte utilizzando righe di subtotale che aiutano molto la lettura e la
comprensione.
Sarà utile inoltre partire da un elenco (“Memo”) delle risorse necessarie rilevate in fase di definizione
degli obiettivi e dei metodi, dove risulta più semplice capire e quantificare i bisogni. Nel definire il piano
finanziario sarà indispensabile essere realistici e parametrizzare sui costi di mercato.
F ig . 27 : Esempio schematico di p iano co-f inanziato : l ’ente commi ttente r i chiede al la ASL una quo ta di
autofi nanziamento
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
89
ELENCO S INTET ICO DIMENSIONATO DEI PRODOTTI TANGIBIL I DEL PROGETTO
L’elenco sintetico dimensionato dei prodotti tangibili del progetto (deliverables) è la lista dei prodotti
che verranno realizzati dal progetto descritti in modo tabellare ma esauriente, al fine di far comprendere le
loro caratteristiche minime, la quantità prodotta, gli obiettivi che daranno origine a tali prodotti e la loro
utilità anche per altre realtà.
Tale elenco è inoltre è la lista delle “consegne tangibili attese”. In questa sezione sarà utile chiarire
anche gli aspetti relativi alla proprietà intellettuale, ai diritti ed agli eventuali vincoli di utilizzo dei prodotti
(possibile o divieto di commercializzazione, modalità di cessione a terzi, possibili enti beneficiari, ecc.).
F ig . 28: E lenco de i prodot ti tangi bi l i
L ’ANALIS I DELLE COERENZE
In questo paragrafo si analizzano le coerenze che devono essere presenti con il progetto ed alcune
situazioni esterne che rappresentano dei vincoli per la realizzazione del progetto stesso. Tale analisi avviene
schematicamente utilizzando una matrice logica riportata nella figura successiva in modo tale da poter
comprendere sinteticamente anche la fattibilità del progetto in relazione alle normative e alle linee guida
esistenti.
PROJECT MANAGEMENT
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F ig . 29: Anal i s i de l le coerenze
RASSEGNA BIBL IOGRAFICA
In questa importante sezione si devono elencare gli articoli e/o pubblicazioni essenziali sull’argomento
che vuole essere trattato nel progetto (10 – 20 voci). La rassegna bibliografica per poter essere necessaria e
valida completamente alla stesura di un progetto deve contenere voci che siano: scientifiche, aggiornate e
coerenti con la metodologia proposta.
Utile a questo proposito si è dimostrato l’utilizzo di metodologie che utilizzino l’evidence base come
metodo di selezione e di individuazione dei riferimenti scientifici su cui strutturare gli interventi.
ALTRE SPECIFICHE
Il progetto potrebbe inoltre richiedere altre specifiche come ad esempio potrebbe essere utile
dichiarare le modalità di protezione degli operatori (assunzione di responsabilità e garanzia di applicazione,
eventuali polizze assicurative e supervisioni previste).
In caso di maggiori approfondimenti si potranno inserire degli allegati tecnici che andranno presentati
insieme alla proposta di progetto.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
91
CONCLUSIONI
Dopo aver sviluppato questo framework, si è pronti per scrivere il riassunto o abstract (sintesi) del
progetto, attraverso il quale poter comunicare in maniera sintetica, ma efficace, i propri intenti, gli obiettivi e
la portata del progetto.
Questa parte è di particolare importanza se si considera che molto spesso la valutazione del progetto
(inopportunamente) viene eseguita solo sul riassunto.
Questa sintesi non dovrà superare le 2-3 pagine, procedendo in forma schematica e non descrittiva e
per punti. È indispensabile evidenziare il titolo facendolo seguire da sintetiche premesse che permettano al
lettore di posizionarsi correttamente sul problema a cui si vuole dare una risposta con il progetto proposto.
Successivamente andranno elencati gli obiettivi specifici, i metodi e tempi di realizzazione, le collaborazioni e
il costo totale. Il riassunto del progetto deve essere esteticamente perfetto e curato nella forma di
presentazione che dovrà permettere anche un’agevole individuazione del responsabile del progetto e della
struttura di appartenenza.
Dopo quest’ultima operazione il progetto è pronto per essere riletto e ottimizzato, analizzando
soprattutto le coerenze interne tra obiettivi – indicatori – metodi – azioni – tempi – costi, e la forma di
presentazione. Dopodichè si potrà presentare all’ente competente per l’approvazione e l’eventuale
finanziamento.
PROJECT MANAGEMENT
92
ALLEGATO: FORM GUIDATA (A SCOPO DIDATTICO) PER LA STESURA DI UN PROGETTO
1.1 Titolo [elemento comunicativo sintetico, presenta e spiega in sintesi i contenuti e gli intenti del progetto. Ha
funzioni informative ed attrattive e spesso trasmette la “percezione di credibilità” del proponente]
1.2 Sottotitolo [integrazione e spiegazione del titolo]
1.3 Nome del responsabile e struttura proponente
1. T
itolo
e s
plas
h pa
ge
1.4 Sigla [codice identificativo]
1.5 Logo [forma grafica del simbolo in cui il cliente e
l’utente identificano l’immagine di un prodotto]
1.5 Enti Finanziatori % di compartecipazione
al Finanziamento
1.
2.
3.
1.6 Ente Gestore
1.7 Ente Esecutore
1.8 Altri Enti coinvolti (collaborazioni)
1.
2.
3.
4.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
93
2.1 Sintesi del Problema e soluzioni generali proposte dal Progetto
[Definizione del problema generale e specifico a cui si vuole dare una risposta]
2.2 Precedenti esperienze riportate in letteratura
2. P
rem
esse
2.3 Orientamento strategico generale dell’intervento
PROJECT MANAGEMENT
94
3.1 Scenario Epidemiologico [Dimensione del fenomeno che si vuole affrontare e sua possibile
evoluzione. Utili stime di prevalenza ed incidenza, dati quantitativi relativi alle persone interessate e
potenzialmente coinvolgibili]
3. B
isogn
i
3.2 Bisogni rilevati e necessità dell’intervento
[rischi e danni attuali ed emergenti in caso di non intervento]
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
95
4.1 Elementi Innovativi [elementi di novità e di miglioramento rispetto a quanto già conosciuto ed
utilizzabile)
4.2 Elementi di Valore Comunitario [grado di esportabilità in altre unità operative od in altre
realtà omologhe]
4.3 Elementi di particolare utilità per Target [utilità per i destinatari nel ridurre rischi e/o danni
e rispondere ai loro bisogni]
4. P
lus
Val
ore
Agg
iunt
o
4.4 Elementi di Economicità [grado di risparmio teorico, in termini di costi, o di guadagno, in
termini di benefici, rispetto ad altri tipi di intervento, già conosciuti e validati, od al non intervento]
PROJECT MANAGEMENT
96
Presupposti di Fattibilità: sono condizionati dalla reale disponibilità di risorse, dalla raggiungibilità degli
obiettivi, dalla complessità dei metodi, dalla durata e dai costi di attività specifiche, etc... È necessario, inoltre,
conoscere e definire i vincoli ed i condizionamenti alla realizzazione del progetto. Tutto questo è
indispensabile per stimare ex-ante la fattibilità. Per meglio comprendere tali possibili difficoltà si devono
inoltre distinguere le situazioni interne all’organizzazione, più controllabili, da quelle esterne meno
controllabili.
POSSIBILI CRITERI DI VALUTAZIONE Reale disponibilità di risorse interne
Numerosità e vastità degli obiettivi (raggiungibilità)
Complessità dei metodi da utilizzare
Congruità della durata proposta
Portata generale
Competenze e credibilità del proponente
N. di persone ed organizzazioni da coinvolgere per poter raggiungere gli obiettivi
Fonti di opposizione
5.1 Vincoli e Condizionamenti INTERNI Modalità per Superarli
1
2
3
4
5.2 Vincoli e Condizionamenti ESTERNI Modalità per Superarli
1
2
3
4
5. S
ched
a A
nalis
i di F
attib
ilità
5
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
97
6.1 Finalità Generali [Scopo generale dell’intervento. È il risultato che ci si propone di ottenere, in
termini generali, e che giustifica l’intervento]
6.2 Tipo di Approccio [metodo generale usato od orientamento seguito per realizzare l’intervento.
Es.: di prevenzione secondaria, di intervento di comunità, di outreach, di screening, di informazione generale
etc.]
6. O
biet
tivo
Gen
eral
e
6.3 A chi è primariamente rivolto l’intervento [destinatari in termini generali e non dettagliati)
PROJECT MANAGEMENT
98
7.1 Target primari
7.2 Numerosità Prevista
7.3 Target secondari
7.4 Numerosità Prevista
7. T
arge
t (D
estin
atar
i)
7.5 Criteri (se
necessario)
Inclusione
……………………
Esclusione
…………………….
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
99
8.1 Caratteristiche sociodemografiche generali
[classi di età, rapporto tra sessi, densità rispetto alla popolazione, ecc.]
8.2 Caratteristiche etnografiche [le abitudini, le tradizioni, le credenze, le regole sociali e
comportamentali, le culture specifiche, i valori di base del target, che è necessario conoscere per tarare e
confezionare interventi credibili, metodi di intervento accettabili e informazioni comprensibili per i
destinatari.)
8. T
arge
t pr
imar
io (D
estin
atar
i)
8.3 Comportamenti da modificare e principali fattori determinanti su cui si andrà ad
agire
PROJECT MANAGEMENT
100
[Foglio MEMO-$: serve per appuntare, durante la definizione degli obiettivi specifici e delle attività, le necessità
derivanti. È un foglio promemoria per la successiva stesura del piano finanziario]
Obiettivi
e/o metodi
Voci di spesa Specifiche
quantitative
Costo previsto
1
2
3
4
5
6
7
9. S
ched
a M
emo-
$ (N
eces
sità)
8
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
101
[Obiettivi Specifici: sono i risultati specifici attesi che devono derivare dalle azioni che si intendono
intraprendere sulla popolazione target.
Un risultato si definisce Specifico quando siano soddisfatte le seguenti principali condizioni: 1. Chiaro e
sintetico; 2. Tempificato; 3. Quantificato (output e costi), 4. Collegato ad indicatori di Valutazione di output
ed outcome.
Indicatori e BLR di:
[indicatori per la valutazione quantitativa]
N
Obiettivi Specifici
(Risultati attesi)
[Verbo infinito + oggetto
dell’azione + specifiche +
target]
Output
(prestazioni erogate)
INDICATORE BLR
Outcome
(risultati/esiti)
INDICATORE BLR
1
2
3
4
5
6
10.A
Obi
ettiv
i Spe
cific
i
7
PROJECT MANAGEMENT
102
N
Obiettivi Specifici
(Risultati attesi)
WP - ATTIVITA’ PRINCIPALI e durata
prevista
1
1.
2.
3…..
durata:
2
1.
2.
3…..
durata:
3
1.
2.
3…..
durata:
4
1.
2.
3…..
durata:
5
1.
2.
3…..
durata:
6
1.
2.
3…..
durata:
10.B
WO
RK
PAKA
GE
per
Obi
ettiv
o Sp
ecifi
co
7
1.
2.
3…..
durata:
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
103
N
Obiettivi Specifici
(Risultati attesi)
Criteri di qualità attesa e
score di importanza
1
1. score
2. score
3. score
….
2
1. score
2. score
3. score
….
3
1. score
2. score
3. score
….
4
1. score
2. score
3. score
….
5
1. score
2. score
3. score
….
6
1. score
2. score
3. score
….
11. C
riter
i di Q
ualit
à de
gli O
biet
tivi S
peci
fici
7
1. score
2. score
3. score
….
PROJECT MANAGEMENT
104
12.1 Definizione dei Luoghi e del Territorio (sede, estensione, ecc.)
12.2 Particolarità critiche (caratteristiche e complessità particolari dell’ambiente dove si svolgerà
l’intervento, di cui bisogna tenere conto durante la strutturazione e l’attuazione delle attività al fine di
renderle fattibili ed efficaci riducendo così le probabilità di problemi emergenti e/o fallimento)
12. A
mbi
enti
di In
terv
ento
12.3 Responsabilità e competenze sull’ambiente sede dell’intervento (elencare e definire
precisamente se esistono responsabilità istituzionali sul territorio/ambiente sede dell’intervento. Azione
necessaria al fine di comprendere ex-ante eventuali accordi da stipulare, permessi e legittimazioni da
ottenere prima di entrare in azione )
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
105
13.1 Metodi per Obiettivo specifico
[Metodi: insieme di regole e principi in base ai quali si svolge un’attività. Sono modi di procedere strutturati
ed accreditati con cui si intende svolgere le attività e raggiungere gli obiettivi]
descrizione:
Obiettivo 1
Riferimenti bibliografici-scientifici:
n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___
descrizione:
Obiettivo 2
Riferimenti bibliografici-scientifici:
n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___
descrizione:
Obiettivo 3
Riferimenti bibliografici-scientifici:
n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___
descrizione:
Obiettivo 4
Riferimenti bibliografici-scientifici:
n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___
descrizione:
Obiettivo 5
Riferimenti bibliografici-scientifici:
n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___
descrizione:
13. M
etod
i
Obiettivo 6
Riferimenti bibliografici-scientifici:
n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___ - n. ___
PROJECT MANAGEMENT
106
14.1 Scheda Fasi di Attività del Progetto
[Fasi: raggruppamenti di attività correlate ed organizzate in sequenza logica e temporale. Le fasi sono aggregazioni
di attività, sono elementi compositi che definiscono in maniera più comprensibile il piano del progetto, utili alla
programmazione.
Fase Descrizione e WP inserite Durata
(mesi/gg)
1
2
3
4
14. P
lann
ing
(fasi)
att
ività
5
Qui va inserito il Diagramma di Gantt.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
107
15. Definire l’elenco, per Aree, delle risorse già esistenti che verranno utilizzate [Risorse
Esistenti: insieme di persone, materiali e mezzi a reale disposizione per la realizzazione del progetto. Utile per
valutare la reale fattibilità del progetto]
15.1 Strutturali
15.5 Reti consultive esterne
(collaborazioni e consultazioni
attivabili in ambito tecnico e
scientifico, utili e di supporto alle
attività degli operatori e necessarie
per individuare più rapidamente
eventuali soluzioni per criticità o
problemi emergenti)
15.2 Organizzative specifiche
15.3 Umane
N.Sogg. Professionalità gg/aa per
operatore
15.6 Specific Know how &
skill
(conoscenze, competenze ed abilità
specifiche derivanti da esperienze
pregresse ed utilizzabili nel progetto,
dimostrabili sotto forma di
pubblicazioni scientifiche prodotte,
training strutturati, incarichi e compiti
istituzionali e prodotti tangibili)
15. R
isors
e de
l Pro
pone
nte
15.4 Tecnologiche (strumentazione informatiche,
laboratoristiche, altre attrezzature specifiche necessarie per il
progetto)
15.7 Finanziarie: entità del
finanziamento ed ente
erogante
(altre risorse finanziarie esterne o
interne in possesso del proponente
da poter utilizzare per il progetto)
PROJECT MANAGEMENT
108
[Accreditamenti: informazioni in grado di dar credito, fiducia e credibilità relativamente alla capacità del
proponente di realizzare con successo il progetto esposto]
16.1 Precedenti studi ed interventi del proponente
1. ……………………………………………………………
2. ……………………………………………………………
3. ……………………………………………………………
4. ……………………………………………………………
5. ……………………………………………………………
16.2 Pubblicazioni
16.3 Precedenti incarichi istituzionali di rilevanza dell’Ente/organizzazione proponente
(Titolo, istituzione, anno, durata, portata, specificando se trattasi di titolarità o
collaborazione)
1. …………………………………………………………
2. …………………………………………………………
3. …………………………………………………………
4. …………………………………………………………
5. …………………………………………………………
16. A
ccre
dita
men
ti
16.4 Partecipazioni a ricerche, gruppi di lavoro ecc. (Titolo, istituzione, anno)
1. …………………………………………………………
2. …………………………………………………………
3. …………………………………………………………
4. …………………………………………………………
5. …………………………………………………………
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
109
[Piano di Valutazione: l’insieme pianificato e tempificato delle azioni volte a valutare le attività del progetto
in corso d’opera (Milestones) ed alla fine. Deve riguardare contemporaneamente le risorse impiegate, le
prestazioni erogate ed i risultati ottenuti]
Indicatori per Obiettivo Strumenti e/o tecniche di
Rilevazione Prevista
Outcome
Obi
ettiv
o 1
Outcome
Output
Obi
ettiv
o 2
Outcome
Output
Obi
ettiv
o 3
Outcome
Output
Obi
ettiv
o 4
Outcome
Output
17. P
iano
di V
alut
azio
ne
Obi
ettiv
o 5
Outcome
PROJECT MANAGEMENT
110
Planning Temporale: Definire tempi di Valutazione e Milestones
Piano Temporale (scala a 12 mesi) Am
bito
Indicatori
1 2 3 4 5 6 7 8 9
1
2
3
4
5
6
Out
put
7
1
2
3
4
5
6
Out
com
e
7
1
2
18. P
iano
di V
alut
azio
ne
Spes
a
3
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
111
[Matrice Compiti-Responsabilità: è la definizione sintetica strutturata dei livelli di
responsabilità nel progetto e delle gerarchie con individuazione precisa degli “attori”
coinvolti e dei relativi compiti e ruoli]
19.1 Compito
Principale
19.2 Responsabile
(organo o persona)
19.3 Specifiche
19.4 Livelli di Responsabilità Compiti principali
1. Ente e persona
2.
3.
4.
19. M
atric
e co
mpi
ti/re
spon
sabi
lità
5.
6.
PROJECT MANAGEMENT
112
[Piano di Comunicazione: programma prestrutturato dei ritorni informativi e della
diffusione dei risultati del progetto dove vengono definite le azioni ed i tempi per
garantire una seria ed ampia diffusione ed utilizzo di quanto realizzato dal progetto]
Tar
get
Prin
cipa
le
Dim
ensio
ni
Mod
alità
Div
ulga
tive
Tem
pi
20. P
iano
di C
omun
icaz
ione
(re
port
ing)
Tip
o di
Info
rmaz
ioni
e
mat
eria
li
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
113
[Piano Finanziario: Preventivo dei costi. Elenco chiaro e strutturato in forma tabellare delle possibili
voci di spesa e dei relativi costi]
A Carico:
Voci di Spesa ASL Ente Finanziatore
Personale
1. ……………………………………………
2. ……………………………………………
Subtotale
Servizi
1. ……………………………………………
2. ……………………………………………
Subtotale
Beni inventariabili
1. ……………………………………………
2. ……………………………………………
Subtotale
Beni di consumo
1. ……………………………………………
2. ……………………………………………
Subtotale
Segreteria
1. ……………………………………………
2. ……………………………………………
Subtotale
Missioni
1. ……………………………………………
2. ……………………………………………
Subtotale
Altri costi
1. ……………………………………………
2. ……………………………………………
Subtotale
Totali per Struttura
Gran Totale
Pian
o Fi
nanz
iario
Finanziamento Richiesto
PROJECT MANAGEMENT
114
[Prodotti Tangibili: lista dei prodotti che verranno realizzati del progetto descritti in modo tabellare ma
esauriente, al fine di far comprendere le loro caratteristiche minime, la qualità prodotta, gli obiettivi che
daranno origine a tali prodotti e la loro utilità anche per altre realtà. È la lista delle “consegne tangibili
attese”]
Obi
ettiv
i Sod
disf
atti
Qua
ntità
Form
ato
Des
criz
ione
Sin
tetic
a
22. E
lenc
o Pr
odot
ti Ta
ngib
ili
Nom
e de
l Pro
dott
o
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
115
Principale bibliografia di riferimento 23
. Bib
liogr
afia
1.
…………………………………………………………………………
2.
………………………………………………………………………….
3.
………………………………………………………………………….
4.
…………………………………………………………………………
5.
………………………………………………………………………….
6.
………………………………………………………………………….
7.
…………………………………………………………………………..
8.
…………………………………………………………………………..
9.
………………………………………………………………………….
10.
………………………………………………………………………….
11.
…………………………………………………………………………
12.
…………………………………………………………………………
13.
…………………………………………………………………………
14.
…………………………………………………………………………
15.
…………………………………………………………………………
PROJECT MANAGEMENT
116
Assicurazioni: (tipo, durata, rischi/danni coperti)
Modalità
di Protezione
degli Operatori Supervisioni:
Elenco Beni Durevoli Destinazione successiva
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Eventuali Allegati Esplicativi
1.
2.
3.
4.
5.
24. A
ltre
Spec
ifich
e
6.
ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
117
Riassunto Finale
TITOLO E PROPONENTE
Sigla
Premesse
Obiettivi Specifici
Metodi
Tempi
Collaborazioni
Costi Totali previsti
Conclusioni
PROJECT MANAGEMENT
118
B IBLIOGRAFIA
A.S.S.R., Il dipartimento nel servizio sanitario nazionale, progettare per la sanità, Gennaio 1997
AA.VV Atti del convegno “Il Dipartimento ospedaliero”, Università L.Bocconi, novembre 1996
AA.VV Dichiarazione etica contro le droghe" A cura di G. Serpelloni -Edizioni La Grafica, Gennaio 1999
AA.VV Droga AIDS Epatiti in odontoiatria manuale per medici ed operatori odontoiatrici - Edizioni Gutenberg, Giugno 1996
AA.VV HIV e counselling.Manuale per operatori - A cura di E. Bravi e G. Serpelloni - Edizioni La Grafica, Ottobre 1999
AA.VV HIV/AIDS conoscere i diritti - Edizioni Edas, Marzo 1998
AA.VV HIV/AIDS diritti e responsabilità. A cura di E. Simeoni, G. Serpelloni e M. Spinello - Edizioni Edas, Maggio 1998
Amato R., Chiappi R., Tecniche di Project Management, Franco Angeli, Milano, 1997.
Amelotti L., Valcalda B., Il ciclo di vita della Gestione dei progetti, Guerini e Associati, Milano, 1998.
Archibald R. D., Managing High-Technology, Wiley & Sons, New York, 1992.
Archibald R. D., Project Management: la gestione di progetti e programmi complessi, Franco Angeli, Milano, 1994.
Archibald R.D, Project Management, Franco Angeli 1985, Milano
Baglieri E. et al. “Organizzare e gestire per progetti” Etas 1999
Barkley B.T., Saylor J.H.. Customer-Driven Project Management, McGraw Hill, New York, 1994.
Biffi A., Pecchiari N., a cura di. Process Management e Reengineering. Scelte strategiche, logiche, strumenti realizzativi, EGEA, Milano,
1998.
Burke R., Project Management. Planning and Control, John Wiley & Sons, New York, 1994.
Caron F., Corso A., Guarella F., a cura di. Project Management in Progress. Aggiornamenti, approfondimenti, tendenze. Franco Angeli,
Milano, 1997.
De Maio A., “La gestione dei progetti come modello organizzativo generale”, Impiantistica italiana, n. Il. novembre 1989.
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Goleman D., Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1996.
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Grandori A., “A Prescriptive Contingency View of Organizational Decision Making”, Administrative Science Quarterly, n. 29, 1984.
Klimstra P.D., Potts J., “Managing R&D projects”, Research Technology Management, May-June, 1988
Lock D., Gower handbook of Project Management, Gower Publishing, Aldershot, 1993.
Manzoni P., Multi Project Management, Franco Angeli, Milano, 1998.
Martin D., Miller K., La pianificazione di progetto come funzione manageriale primaria, tradotto da “Project Planning as the primary
Management Function”, in Project Management Quarterh’, March, 1982
Meredith J.R., Manter S.J. Jr, Project Management, John Wiley & Sons, New York, 1989.
Mintzberg H., The Nature of Managerial Work, Harper & Row, New York, 1973.
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ELEMENTI DI TECNICA PROGETTUALE
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New York, 1983.
Morris P.W.G., Hough G.H., The Anatomy of major Projects, John Wiley & Sons, New York, 1987.
Nepi A., Introduzione al Project Management. Che cos’è, come si applica. Tecniche e metodologie, Guerini e Associati, Milano, 1997.
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Serpelloni G., Rezza G., Gomma M., Eroina Infezione da HIV e patologie correlate, Leonard Edizioni, 1995
Thamhain H.J., Wilcrnon DL., “Criteria for Controlling Projects According to Plan”, Project Management Journal. PN11. Drexcll Hill.
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Thoms P., “Project Team Motivation”, in Pinto J.K., Project Management Handbook, PMI, Jossey-Bass, San Francisco, 1998.
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Wheeiwright 5. C., Clark K.B., “Creating Project Plans to focus Product Development”, Harvard Business Review, March-April 1992.
PROJECT MANAGEMENT
120
GESTIRE QUALI PROGETTI?
121
GESTIRE QUALI PROGETTI ? 1
Carlo Notari, PMP®
Presidente – PMI Northern Italy Chapter
Il Project Management conosce attualmente un momento di vasta e rapida diffusione. Alcuni indicatori –
quali l’espansione di associazioni locali o internazionali finalizzate a diffonderne le metodologie, la forte
crescita numerica di eventi e seminari dedicati al tema e la contemporanea diffusione di sistemi standard di
certificazione delle competenze – attestano obiettivamente tale fenomeno.
Ma quali sono i settori produttivi di applicabilità di queste tecniche?
Fino a ieri il settore con una più ampia diffusione di queste metodiche è stato senz’altro quello
dell’Information Technology. Il motivo può essere ricercato nella struttura mentale degli addetti all’IT,
abituati ad approcciare i problemi in un determinato modo, dovendo costruire dei “cervellini” in rame,
silicio, plastica e pochi altri materiali. Ricordo che quando ho cominciato a lavorare, ahimé nell’ambito IT, per
una grossa multinazionale americana (non quella di… HAL) la cosa che più mi sorprese fu la specializzazione
del medico dell’ambulatorio dell’azienda: la psichiatria (!). La cosa un po’ mi spaventò ma, per
tranquillizzarmi, la attribuii alla casualità. Ora so che quella scelta, tutto sommato, fu ispirata da motivazioni
concrete.
Da questa fucina di personaggi un po’ strani, ma abituati ad accompagnare i ragionamenti come si
accompagnano i bambini a scuola ed a scomporre i problemi in piccoli pezzi per affrontarli meglio, sono
venute fuori, negli anni, tutta una serie di indicazioni, metodologie, consigli e anche strumenti per supportare
i responsabili dei progetti IT a condurre in porto al meglio il proprio lavoro.
1 NEXT n. 20 – Strumenti per l’Innovazione
GESTIRE QUALI PROGETTI?
122
Ora che tutto, o Quasi (la q maiuscola, non è un errore di stampa!), è stato discusso e sviscerato nell’ambito
delle metodologie di gestione dei progetti, è venuto il momento di applicare queste tecniche ai PROGETTI,
perché PROGETTI non vuol dire solo costruire un Sistema Informativo, una Piattaforma Petrolifera, un
palazzo o ristrutturare la casa, ma anche disegnare una collezione di moda primavera-estate, organizzare un
concerto di Ligabue, girare un film, portare sulla scena “Natale in casa Cupiello”, costruire il numero di una
rivista, etc.
Tutto questo significa che non bisogna confinare la parola “progetto” alla sola pura tecnologia, ma ridargli la
dignità originale di “concretizzazione dell’idea”. In questa accezione allora è chiaro che la gestione dei
progetti (o Project Management, all’inglese, che sta diventando la lingua dei nuovi colti) non è altro che una
guida al ragionamento, all’ottimizzazione dei processi mentali, per l’ottenimento di un risultato ed il
raggiungimento di un desiderio.
Una volta capito cosa significa gestire dei Progetti e perché farlo, non è ancora ben chiaro quali sono
le competenze che un Project Manager, ovvero chi li gestisce, deve mettere in campo per condurre al
meglio i suoi Progetti, assicurando all’idea per cui lavora la giusta “profittabilità”, a chi gli ha commissionato la
realizzazione di quel “desiderio” la massima soddisfazione e, quindi, a se stesso il raggiungimento di una
Qualità ed un livello professionale di eccellenza.
LE 9 AREE DI CONOSCENZA
Cominciamo allora a vedere quali competenze e, quindi, quali aree di conoscenza (quelle che gli
americani chiamano “knowledge areas”) sono coinvolte nella conduzione di un Progetto.
Sicuramente la prima cosa che ci si chiede nell’affrontare un Progetto è:
Qual’è il “desiderio” da realizzare? Qual è, esattamente, il contenuto del lavoro da portare avanti?
Occorre quindi definire quello che, sempre gli americani, che di Project Management ne masticano
molto e che sono i padri del PMI (Project Management Institute), chiamano Scope Management. Attenzione
che provare a tradurre lo scope nell’italiano scopo, non dà il senso completo del concetto. Per Project Scope,
infatti, si intende “l’insieme dei processi richiesti per assicurare che il Progetto includa tutto il lavoro richiesto
e solo il lavoro richiesto per un suo soddisfacente completamento”. Per quanto detto possiamo quindi, a
ragione, considerare la conoscenza delle tecniche per la gestione dello Scope di Progetto, come una delle
aree di competenza del Project Manager.
Come in tutte le attività professionali, anche nelle attività di gestione dei Progetti è determinante
assicurare i corretti livelli qualitativi e sapere quindi, nello specifico, gestire convenientemente la Qualità dei
risultati intermedi e finali. Sicuramente, allora, un’altra area di competenza del Project Manager deve essere il
GESTIRE QUALI PROGETTI?
123
saper gestire la Qualità (Quality Management). In questa area ricadono tutte le attività sia di “Quality Control”,
ovvero di monitoraggio delle tappe intermedie del Progetto, per determinarne la conformità agli specifici
standard di qualità e identificare i modi per eliminare le eventuali cause di un degrado nelle performance (ad
esempio, il continuo girare la stessa scena dei registi “pignoli”); sia di “Quality Assurance”, ovvero di
valutazione della performance complessiva per essere confidenti che il Progetto soddisfi gli specifici standard
di qualità.
Sarebbe perfino superfluo ribadire che le aree relative alla gestione dei tempi e dei costi (Time
Management e Cost Management) rappresentano altre due aree di conoscenza e di abilità sostanziali nella
conduzione dei Progetti: è assolutamente vitale la corretta ed ottimizzata gestione dei costi in modo da
massimizzare i risultati (vediamo in questi giorni la catastrofe economica abbattutasi sul calcio italiano, anche
a fronte di un buon livello qualitativo), così come strettamente collegata a queste problematiche è la attenta
e ben controllata gestione dei tempi e, quindi, la corretta “schedulazione” delle attività di Progetto (ad
esempio, non è minimamente pensabile presentare una collezione di moda primavera-estate a giugno).
Altro importantissimo aspetto della professione del Project Manager è quello relativo alla gestione
delle risorse umane allocate al Progetto (Human Resource Management). Ogni Manager conosce quanto
delicata sia questa area di competenza, dove è molto difficile insegnare qualcosa se, in qualche modo, non si
è un pò “predisposti” alla gestione delle relazioni interpersonali ed alla comprensione delle dinamiche dei
gruppi di lavoro. Nella competenza e nella abilità del Project Manager, in questa area di conoscenza, risiede
una buona fetta del successo del Progetto che si sta conducendo. Si pensi alla gestione del cast di un film,
magari pieno di artisti di primo piano!
Il 90% del tempo del Project Manager è assorbito da attività di comunicazione: report interni,
comunicazione esterna, avanzamento lavori, comunicazioni al team di Progetto, comunicazioni a chi ha
commissionato la realizzazione di quel “desiderio”, briefing, etc. hanno bisogno, per essere gestiti al meglio,
di skills specifici per far sì che l’oggetto della comunicazione sia, quanto meno, correttamente recepito dal/i
destinatario/i anche quando, come spesso capita, la vera comunicazione deve essere necessariamente
sfumata, magari … nascosta tra le righe. Questa area di competenza è quella che nel PMBOK® (testo
“sacro” del Project Management Institute) è riferita come Communication Management.
Un’altra area di intervento del Project Manager e, quindi, di conoscenza, è quella relativa alla gestione
delle forniture esterne per il Progetto (materiali o consulenze). Il cosìdetto Procurement Management,
comprende competenze relative all’identificazione dei potenziali fornitori, all’ottenimento delle offerte,
quotazioni e proposte, il più aderenti possibile ai “requirement”, alla selezione e scelta tra i vari potenziali
fornitori, alla gestione delle relazioni con il venditore e dei contratti di fornitura.
Tutti gli aspetti finora elencati, nella conduzione di un qualsiasi progetto in un qualsiasi ambito,
possono nascondere insidie, non sempre ben identificabili, che possono comprometterne la buona riuscita.
Occorre, quindi, avere le capacità di prevenire le situazioni difficili che possono presentarsi, come di reagire
prontamente ad eventi negativi non previsti. La gestione di tale area di conoscenza è chiamata Risk
Management e può essere considerata trasversale a tutte le “knowledge areas” sopra descritte. E’ chiaro che
GESTIRE QUALI PROGETTI?
124
la proattività e reattività del Project Manager è richiesta, in eguale misura, anche nel cogliere le opportunità
che possono presentarsi nel corso del progetto, o nel trasformare i rischi in opportunità; i metodi da
applicare per le opportunità non differiscono da quelli utilizzati nella gestione dei rischi.
Le otto capacità finora descritte vanno integrate, nel corso del progetto, soprattutto per la gestione delle
eventuali richieste di cambiamento, per una gestione efficace ed efficiente del Progetto. Dobbiamo, quindi,
considerare una nona area di competenza: l’Integration Management.
Questo è il Project Manager del nuovo millennio: una nuova professione, con competenze trasversali ai
settori produttivi ed a quelli di espressione in genere. Tutto ciò non mortifica affatto la creatività, risorsa che
nessun computer (voglio sperare e credere con tutte le mie forze!) MAI potrà esprimere, ma, anzi, ad
esempio, sollevando l’artista o il super-tecnico dalle incombenze organizzativo/gestionali e sgombrandogli la
mente dalle cose, per lui, meno interessanti, ne accresce notevolmente lo spazio creativo.
B IBLIOGRAFIA
AAVV (2003), “Guida al Project Management Body of knowledge”, Project Management Institute
Russel Archibald (2004), “PROJECT MANAGEMENT”, Franco Angeli
Kerzner H. (2003), “PROJECT MANAGEMENT A Systems Approach to Planning, Scheduling and Controlling” – 8th Edition, John
Wiley & Sons Ltd
M. Cantamessa, E. Cobos, C. Rafele (2007), “PROJECT MANAGEMENT - un approccio sistemico alla gestione dei progetti”, ISEDI
M. Damiani (2007), “PROJECT MANAGEMENT DI SUCCESSO, un modo di operare condiviso all’interno delle organizzazioni”,
FRANCO ANGELI
M. Damiani (Cur), P. Lo Valvo (cur.), I. Pipitone (cur) (2004), “Le dimensioni del Project Management, organizzazioni, metodi, relazioni”,
IL SOLE 24 ORE LIBRI
L. Bossidy, R. Charan (2004), “Execution – dal progetto alla realizzazione: la capacità della concretezza”, SPERLING & KUPFER
Argano L. (1997), “La Gestione dei Progetti di Spettacolo”, Franco Angeli
A. Bassi, M. Tagliafico (2007), “Il valore strategico della comunicazione nel Project Management - dal piano di gestione, ai report, alla
chiusura del progetto”, FRANCO ANGELI
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
125
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI
PROBLEM ANALYSIS PER LE ORGANIZZAZIONI
SANITARIE
Giovanni Serpelloni 1), Elisabetta Simeoni 2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria – Azienda ULSS 20 Verona
2. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva - Azienda ULSS 20 Verona
“Dio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza. Se si guarda ciò che
succede intorno a noi si potrebbe a volte dubitarne. Ma credo profondamente
che Egli ci abbia concepiti con la speranza che, un giorno, per l’esperienza
vissuta, ci avvicineremo a lui e che, imparando ogni giorno dai nostri errori,
riusciremo a diventare migliori”.
Alain – Michel Chauvel, Paris 1992
INTRODUZIONE
Risulta particolarmente importante per il management, sia da un punto di vista clinico che gestionale,
analizzare i problemi in modo che essi possano essere compiutamente ma anche tempestivamente
compresi. Imparare dai propri errori è sicuramente la base per sviluppare organizzazioni migliori e di qualità,
ma prima di tutto è necessario riuscire a percepire e comprendere i propri errori, i problemi che essi
generano, le cause che realmente li sostengono e le possibili soluzioni da attuare.
La “governance” risulta tanto più efficace ed opportuna quanto basata su una analisi della realtà che
utilizza strumenti in grado di cogliere e sintetizzare i problemi, permettendo una riduzione della complessità
e contemporaneamente una focalizzazione della nostra attenzione sulle cose che effettivamente sono in
grado di condizionare il sistema, se non opportunamente affrontate.
Molto spesso gli operatori avvertono “sintomi” negativi dell’organizzazione, percepiti come disservizi,
freni, ritardi, lamentele, perdite di vario tipo etc., ma a volte risulta difficile definire precisamente un
problema sia nelle sue caratteristiche che nelle sue dimensioni. La comprensione esatta del problema e
l’analisi delle sue dimensioni sono il preambolo vincolante e necessario per porre le basi per poter arrivare
all’identificazione delle possibili soluzioni. Si possono attuare molti metodi, tra i quali, il più usato è
sicuramente quello istintuale a “reazione puntuale” che risponde al problema con un’analisi semplice e
PROJECT MANAGEMENT
126
molto focalizzata, definendo quindi una terapia “sintomatica” che difficilmente arriva a risolvere veramente il
problema. Questa modalità è fortemente influenzata dall’emotività e dalla distorsione dell’interpretazione
della realtà che ne deriva. Altri approcci utilizzano, invece, dei sistemi più strutturati e logici che puntano
soprattutto a definire prima di tutto le caratteristiche del problema, le sue dimensioni e le sue molteplici
cause. Tutto questo utilizzando più punti di vista, ma soprattutto strumenti quantitativi in grado di poter ben
“rappresentare” la realtà. La rappresentazione grafica e concettuale del problema, dei fattori determinanti,
delle loro relazioni, degli effetti quantificati e delle variazioni post-intervento, è di fondamentale importanza
nel lavoro in team, dove la condivisione dell’analisi e delle soluzioni proposte diventa vitale per poter
operare, far funzionare e migliorare l’organizzazione. Gli strumenti che permettono tali rappresentazioni,
migliorano l’intelligibilità, la comunicazione tra i componenti del team, la possibilità di allineare gli intenti e le
attività, controllandole nei risultati e, quindi, la possibilità di adottare soluzioni di successo.
FASI PER IL PROBLEM SOLVING
La soluzione di un problema è un percorso logico che si compone di alcune fasi principali (A.M.
Chauvel 1993, U. Santucci 2001) che partono dall’acquisizione della consapevolezza del problema
percepito, quindi, come deviazione dalla “norma”, per passare ad una migliore definizione di quale siano i
confini, le dimensioni e la caratteristiche del problema, ad una analisi più dettagliata e “scompositiva” della
complessità, sino all’identificazione delle cause ed alla presa di decisione passando quindi all’azione.
La modalità di discussione e di analisi all’interno del team è di fondamentale importanza nel
condizionare il risultato e la rappresentazione del problema e, quindi, la decisione finale per la sua soluzione.
La situazione che più di frequente ci si trova a dover affrontare è un “insieme” di problemi percepiti in
differente misura da quanti partecipano al gruppo di lavoro. In questo caso, i componenti del team
dovranno mettersi d’accordo su quale problema dovrà essere affrontato ed analizzato per primo, se si
vogliono ottenere risultati positivi in un lavoro di gruppo.
Per poter arrivare ad una situazione veramente operativa, la prima cosa da fare è decidere se si vuole
affrontare un solo problema o tutti i problemi. Nel primo caso il percorso non risulta difficile, mentre nel
secondo, vi è la necessità che il gruppo definisca una mappa generale dei problemi e ne scelga uno per la
discussione in base alla priorità ed importanza.
La scelta dovrà avvenire permettendo a tutti di esprimere la loro opinione su quali siano i vari
problemi e il loro grado di importanza. Tutto questo andrà formalizzato in schemi e tabelle riassuntive a
disposizione di tutti i partecipanti in modo da creare un allineamento delle conoscenze e degli intenti sulla
base delle priorità decise.
Vi è quindi la necessità di identificare “tutti i problemi che preoccupano” i componenti del team di
lavoro. Tale passaggio è molto importante perché permette ad ognuno di esplicitare liberamente i problemi
che lo preoccupano e di farli conoscere agli altri. È una forma di comunicazione tra pari che bisogna
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
127
valorizzare, sia per creare un buon clima operativo, sia per poter disporre di tutti i punti di vista,
accrescendo così la potenza dell’analisi.
F ig . 1 : Componenti de l pro cesso di problem so lv ing
GLI STRUMENTI PRINCIPALI
In questo capitolo verranno analizzati gli strumenti di uso più comune e l’attenzione verrà focalizzata
su alcuni strumenti che potrebbero costituire valido supporto sia nella gestione di progetti in ambito
sanitario, sia per sostenere il miglioramento continuo di qualità. Gli strumenti possono essere utilizzati in
varie fasi del processo di problem solving.
La tabella di seguito riportata (Luoidice 1998, modificata) elenca queste utility e ne evidenzia il loro
utilizzo.
Fogl io di raccolta dati
Il foglio raccolta dati è uno strumento indispensabile per raccogliere i dati da elaborare e per poter poi
eseguire una analisi delle cause reali di un problema. Il foglio può essere utilizzato anche per la raccolta delle
informazioni necessarie a misurare l’efficacia della soluzione messa in opera.
1 PROBLEM FINDING: rendersi conto del fenomeno e percepirlo come “deviante dalla norma” e fonte di disagio
PROBLEM SETTING: definire il problema precisamente, focalizzare (caratteristiche, oggetto, dimensioni ecc.)
PROBLEM ANALYSIS : scomporre il problema principale in problemi secondari attraverso un algoritmo ad albero o altri strumenti di scomposizione e raggruppamento logico. Raccolgiere i dai di riferimento e comprendere i fattori rilevanti
PROBLEM SOLVING: identificare soluzioni per eliminare le cause e rispondere alle domande poste dal problema, analizzando varie soluzioni altrernative
DECISION MAKING: prendere decisioni relativamente alle azioni da intraprendere in base alle risultanze delle fasi precedenti
DECISION TAKING: passare all’azione monitorando il risultato ottenuto relativamente dell’atteso
2
3
4
5
6
PROJECT MANAGEMENT
128
Lo scopo di questo strumento è di semplificare la raccolta delle informazioni e consentire l’immediata
aggregazione dei dati, rendendoli pronti per successive elaborazioni. Esso è diverso a seconda degli obiettivi
e delle finalità di utilizzo. Il foglio di raccolta dati è una tabella sulla quale vengono segnati dati qualitativi e/o
quantitativi.
Tab . 1: Tabel la de l le u ti l i tà
UTILITY TIPO SPECIFICHE
Diagramma a frecce Strumento Per ordinare in modo sequenziale le varie attività.
PDCA-PDSA Metodologia Per guidare le diverse fasi degli interventi di miglioramento.
Flow-chart Strumento Per rappresentare lo svolgimento attuale o ideale di un processo.
Brainstorming Strumento Per generare una molteplicità di idee.
Diagramma delle affinità Strumento Per generare una molteplicità di idee o aspetti in categorie.
Multivoto Strumento Per restringere una molteplicità di idee a quelle più importanti.
Diagramma causa-effetto Strumento Per metter in relazione determinati risultati o effetti a eventi o azioni organizzate in modo gerarchico o per categorie.
Foglio raccolta dati Strumento Per discutere su dati oggettivi, non su sensazioni, riguardo alla presenza di particolari condizioni o al manifestarsi di particolari eventi.
Campionamento Tecnica Permette di selezionare un sottoinsieme di eventi omogeneo dal totale degli stessi.
Istogramma Strumento Per osservare la distribuzione dei dati all’interno di un range di valori.
Diagramma di Pareto Strumento Grafico per valutare la frequenza cumulativa di determinati eventi o cause in relazione al prodursi di un particolare effetto.
Grafici di andamento Strumento Per identificare l’andamento di un processo nel tempo.
Analisi per stratificazione Metodologie Per leggere il fenomeno alla luce di una caratteristica.
Diagrammi di correlazione Strumento Grafico per visualizzare la correlazione tra due variabili.
Grafici di controllo Strumento Per identificare l’andamento di un processo valutando nel contempo la sua variabilità da un punto di vista statistico.
Diagramma delle relazioni Strumento Per analizzare fenomeni complessi.
Diagramma ad albero Strumento Per scomporre progetti o processi.
Diagramma a matrice Strumento Per incrociare gruppi di fattori.
Griglie di selezione Strumento Per selezionare tra diverse opzioni tra le diverse possibili.
Matrice per le decisioni Tecnica Per definire ruoli e responsabili.
Diagramma PDPC Tecnica Per analizzare le diverse alternative-strategie di progetto.
Task-list Strumento Per verificare lo svolgimento delle attività previste e quale base per l’elaborazione di piani di azioni.
Foglio di bordo Tecnica Per mantenere la rotta e comunicarla.
Hosting planning Metodologia Per identificare e ottenere obiettivi strategici a lungo termine.
(Michele Loiudice 1998, A.M.Chauvel 1993)
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
129
Tab . 2: P rocedimento di ra cco l ta da ti
N FASE
1 Stabilire il fenomeno da studiare
2 Individuare le caratteristiche significative del fenomeno
3 Identificare i dati da raccogliere
4 Scegliere la dimensione del campione
5 Registrare sul foglio raccolta dati i risultati dell’osservazione
La struttura del foglio deve essere finalizzata alla facilitazione ed economicità di lettura ed elaborazione
dei dati raccolti.
Solitamente i dati inseriti nel foglio di raccolta possono essere:
- dati quantitativi continui (dati di misura) come ad esempio: peso, lunghezza, ecc.;
- dati quantitativi discreti (dati numerabili) come ad esempio: il numero dei difetti;
- dati qualitativi, espressi come giudizi (buono, mediocre, ecc.) attraverso punteggi assegnati su
scale determinate.
I principali punti su cui focalizzare l’attenzione sono:
- lo scopo della raccolta dei dati che necessariamente deve essere chiaro e ben definito;
- il metodo di raccolta dei dati, che deve essere il più possibile a prova di errori e permetterne la
raccolta completa;
- la forma di registrazione dei dati che deve permettere un’agevole aggregazione e disgregazione
secondo gli obiettivi delle raccolta.
La raccolta dati costituisce la base del sistema informativo quindi deve essere fatta in modo accurato
sensibilizzando il personale addetto.
L ’ i stogramma
L’istogramma è uno strumento che mostra le variazioni dell’insieme di dati rilevati: in altre parole è una
rappresentazione grafica per visualizzare valori raggruppati in classi, dal punto di vista dell’informazione
statistica, per caratteristiche di tipo quantitativo. L’istogramma è molto simile ad un diagramma a barre con
la differenza che nel caso dell’istogramma, è l’area di ogni barra a corrispondere alla relativa frequenza di
classe e non l’altezza come invece avviene nel diagramma a barre.
Nell’istogramma solitamente sull’asse delle ascisse sono rappresentati i singoli valori di una variabile o
le classi di valori di una variabile (per es. per l’età 15-24, 25-34, ecc.) e sull’asse delle ordinate sono
PROJECT MANAGEMENT
130
rappresentate le frequenze: per ogni valore dell’ascissa è fatto corrispondere un rettangolo di base
proporzionale all’ampiezza della classe e di altezza proporzionale alla sua frequenza. Se i rettangoli sono
accostati si parla di istogramma, se sono separati si parla di diagramma a barre (Morosini, Perraro 1999).
F ig . 2 : La racco l ta da ti
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
131
F ig . 3 : E sempio di i stog ramma di noti f i ca di mala t tie infe t ti ve
I l Ciclo Plan Do Check Act
Questa metodologia ideata da Walter A. Shewhart del Bell Laboratories prima della seconda guerra
mondiale, venne adottata dalle aziende giapponesi dopo la seconda guerra mondiale. Essa serve per guidare
le diverse fasi degli interventi di miglioramento di qualità. Il ciclo PDCA consiste nel pianificare, fare,
controllare e agire.
Plan
La prima fase è la fase di pianificazione nella quale viene studiato il processo, raccogliendone le
informazioni necessarie e valutandone i risultati (Cammelli 1999). In questa fase viene studiata la situazione
attuale, vengono individuati i problemi, raccolti tutti i dati necessari, e definiti gli obiettivi per la formulazione
del piano di miglioramento
Do
La seconda fase, è la fase in cui vengono messe in atto le azioni studiate, vengono effettuate delle
PROJECT MANAGEMENT
132
prove (per es. test) applicando il piano di miglioramento.
Check
La terza fase è la fase di monitoraggio, di verifica delle azioni messe in atto. In questa fase vengono
osservati e misurati gli effetti delle modifiche introdotte dal piano di miglioramento, verificando se si è
ottenuto un miglioramento continuativo nel tempo
Act
L’ultima fase (Act) è la fase di azione. Il processo viene standardizzato e capitalizzato se ha dato esito
positivo. Viene ripetuto con un nuovo piano se ha dato esito negativo.
F ig . 4 : I l Ciclo Plan Do Check Act
I l f low-chart (o diagramma di f lusso)
Il flow-chart è uno strumento grafico che ha come suo ambito principale la scomposizione del
processo in una serie di fasi. L’uso del flow-chart si è sviluppato nell’ambiente informatico sin dagli anni
cinquanta per poi diffondersi in tutti gli altri campi che prevedevano la gestione di processi e progetti. Tale
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
133
strumento aiuta a comprendere lo sviluppo del processo. La scomposizione in fasi del processo può essere
utile per identificare le cause di un particolare problema e trovarne le soluzioni. Il flow chart può avere una
struttura ad albero o a rete, oppure combinare le due strutture. Esso si compone di simboli (solitamente
figure geometriche) e linee. Nella stesura del diagramma di flusso devono essere osservate inoltre alcune
regole:
1. L’ordine di lettura del diagramma è dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra, quando non
specificato diversamente.
2. Per migliorare la chiarezza del diagramma possono essere aggiunte delle frecce ad indicare il verso
della sequenza.
3. La sequenza è rappresentata da linee continue congiungenti i simboli che rappresentano le
operazioni da compiere.
4. La convergenza di due linee di flusso può avvenire senza che vi sia una descrizione specifica,
mentre la divergenza deve sempre avvenire in corrispondenza di un simbolo esplicativo o di una
nota descrittiva.
5. Per rendere più chiaro il significato di una operazione, quando il simbolo non esaurisce quello che
si voleva esplicitare è necessario fare uso di note esplicative o rinvii.
F ig . 5 : Pr incipal i s imbol i uti l izza ti
INIZIO E FINE DELLA FASE
AZIONE
SCELTA - DECISIONE
PROCESSO PREDEFINITO
AND – attività contemporanee
OR – attività alternativa
Produrre un documento
INIZIO E FINE DELLA FASE
AZIONE
SCELTA – DECISIONE
PROCESSO PREDEFINITO
AND – attività comtemporanee
OR – attività alternativa
Produrre documento
PROJECT MANAGEMENT
134
F ig . 6 . E sempio di f low chart
Per completare e specificare ulteriormente il flow-chart, le azioni possono essere anche rappresentate
attraverso un’analisi schematica secondo lo schema riportato in seguito.
Tab . 3: Anal i s i s chematica de l le azioni da compiere
SPECIFICHE AZIONE 1 AZIONE 2 AZIONE 3
COSA? Scrivere e far approvare il
progetto
Attivare e addestrare il
gruppo di lavoro. Iniziare la raccolta dati
CHI? G. Mariani C. Monti D. Zinna
DOVE? Direzione Generale Servizio Prevenzione Scuole Superiori
QUANDO? Entro 1.02.2002 Entro 1.04.2002 Entro 1.05.2002
COME? Presentazione del progetto
in formato STD.
Cinque lezioni teoriche con
esercitazione pratiche al
pomeriggio.
Mediante intervistatori
professionali, con
campionamento randomizzato.
PERCHÉ? Per ottenere finanziamenti e
legittimazione formale.
Per trasferire le tecniche
specifiche di prevenzione e
di motivazione al
cambiamento.
Per avere dati relative al
profilo.
Psicocomportamentale del
target.
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
135
I l bra instorming (“tempesta di cervel l i” o “generatore di idee”)
Il brainstorming è un strumento che è stato ideato da F.A. Osborn nel 1939, con lo scopo di produrre
messaggi pubblicitari non convenzionali. Esso può essere utilizzato da solo od in combinazione con altri
strumenti come ad esempio il diagramma causa–effetto. Tale strumento viene utilizzato per generare una
lista di idee in un periodo limitato nel tempo per esempio per consentire di isolare gli elementi in un
processo di analisi di un determinato problema. Il brainstorming, il cui obiettivo è quello di far emergere più
idee possibili, si snoda in tre fasi principali che si sviluppano, generalmente in un periodo di tempo che può
variare dai dieci e ai venti minuti, con l’ausilio di una figura che funge da facilitatore.
Tab . 4: Le fasi di un bra ins torming
N. FASE DESCRITTIVA
1 Preliminare Viene descritto l’oggetto del brainstorming a tutti i membri del gruppo.
2 Creativa I membri del gruppo esprimono un’idea in poche parole.
3 Finale Si ritorna sulle idee generate per gli opportuni chiarimenti, originandole ed arrivando ad
una sintesi delle idee migliori e più votate.
Esistono alcune regole che nel brainstorming dovrebbero essere rispettate: tra le quali, la più
importante è che i membri del gruppo possono esprimere qualsiasi tipo di idea e sulla base di tali idee non
è possibile fare critiche.
Tab . 5: Le rego le de l B ra in s torming (Alain – Michel Chauvel , 1992)
N LE REGOLE
1 Tutti i partecipanti sono uguali.
2 Pensare sempre in modo positivo.
3 Ogni partecipante esprime un’idea per volta e solo quando è il suo turno.
4 Un’idea non è mai stravagante od ingenua: spesso esse riescono ad aprire una strada.
5 Nessuna idea espressa deve essere criticata, né verbalmente, né con un gesto un atteggiamento del corpo.
6 Non verrà fatta alcuna domanda durante la seduta di brain-storming.
7 Esiste un solo “prerequisito” per tutto il gruppo: non avere pregiudizi.
Fase preliminare: il tema da “far esplodere” dovrebbe essere descritto dal facilitatore nel modo più
PROJECT MANAGEMENT
136
preciso possibile al fine di evitare la non pertinenza di idee da parte del team.
Fase creativa: in questa fase ogni partecipante deve esprimere a turno un’idea (una sola idea alla
volta). Se il partecipante non ha idee, nel momento in cui è chiamato ad esprimerle dice “passo”. Durante il
brainstorming è proibito esprimere giudizi sulle idee espresse dagli altri e tale principio deve essere rispettato
anche dal facilitatore. Nessuna idea deve essere respinta, criticata o sminuita sia dal gruppo che dal
facilitatore. È ammesso sintetizzare un’idea molto complicata. Quante più idee vengono espresse del team
tanto più lo strumento acquisterà efficacia e verrà considerato efficiente.
La fase di brainstorming può dirsi completata quando non ci sono più idee.
Fase finale: A questo punto ha inizio la terza fase, nella quale i partecipanti al gruppo insieme al
facilitatore iniziano una discussione nella quale, per esempio, le idee simili vengono aggregate. Ha quindi
inizio la votazione e la classificazione delle idee: le idee vengono votate e classificate una alla volta. Il
segretario del gruppo prende nota dei voti favorevoli dati alle idee. Durante il primo giro di votazioni, i
partecipanti possono votare per quante idee vogliono; vengono però presi in considerazione solo i voti a
favore (nessuno può votare contro una idea). Eseguito il giro di votazione, il facilitatore fissa un limite (per
esempio le cinque idee che il gruppo ha maggiormente votato). L’individuazione dell’idea prioritaria, che il
gruppo giudica più interessante, avviene attraverso una votazione finale. Quando il problema è stato
analizzato, il team si riunisce in una sessione di brainstorming per determinare come verificare la reale causa
del problema e le possibili soluzioni.
Diagramma di I shikawa o diagramma causa-effetto
I diagrammi causa-effetto vennero messi a punto in Giappone da Kauru IshiKawa nel 1943 e sono gli
strumenti più impiegati per la soluzione di problemi di qualità nelle aziende.
Questo strumento viene utilizzato per individuare le cause di un problema mediante il coinvolgimento
di tutti gli operatori direttamente coinvolti e permette di visualizzare, in modo semplice, l’insieme delle cause
potenziali di un qualsiasi effetto osservato.
La visualizzazione dei dati, in un solo diagramma, aiuta a studiare le relazioni esistenti tra un effetto e le
cause presunte raggruppate e in famiglia.
Partendo dal presupposto che per ogni effetto esistono una molteplicità di cause, questo strumento
parte dal principio che veniva utilizzato da Cartesio nel quarto punto del suo metodo, che consisteva
nell’enumerare quante più possibili cause ritenute collegate ad un determinato effetto, oggetto di analisi.
Selezionate le cause con il brainstorming, attraverso una figura specifica che conduce il lavoro, un facilitatore,
viene chiesto di fare una lista di priorità di queste cause sulla base dell’importanza che si vuole loro dare nel
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
137
collegamento con quel dato effetto. Una volta definite le cause più importanti (da due a quattro), si chiede
agli operatori di formulare delle ipotesi o contromisure, che riducano elimino le cause considerate (A.
Galgano 2001). Lo strumento serve anche per motivare e responsabilizzare gli operatori e dare al gruppo
un strumento che possa aiutare a risolvere i problemi quotidiani in maniera organizzata e sistemica. Il
problema è “l’effetto” e viene scritto in un rettangolo sulla destra, “le cause” sono scritte nello spazio bianco
verso sinistra.
Di seguito viene elencato il processo che il gruppo dovrebbe seguire per utilizzare questo strumento.
Tab . 6. P roce sso de l diagramma di I shikawa
N. SPECIFICHE
1 Definire il problema o l’effetto. Il gruppo di operatori deve sforzarsi di definire il problema (l’effetto) con la massima
precisione.
2
Individuare i principali tipi di cause e incasellarle entro tipologie specifiche. Non ci sono limiti ai numeri di tipologie.
Il diagramma inizialmente era configurato come diagramma delle cinque M (materiali, manodopera, metodi,
macchine, uomo), che configuravano 5 tipologie di cause; ma tali tipologie possono variare in relazione all’attività
prevalente del gruppo ed all’effetto (problem) da esaminare.
3
Il gruppo al completo partecipa ad una sessione di brainstorming e cerca di rintracciare tutte le possibili cause del
problema. Le idee prodotte sono collocate nelle varie tipologie di cause. É necessario in questa fase (compito
tipico del facilitatore) fare in modo che il gruppo espliciti solo le cause collegate all’effetto e non le possibili
soluzioni.
4
Le idee raccolte durante il brainstorming vengono soppesate per indicarne le migliori. Ciò avviene attraverso una
discussione ed una votazione. É un processo analitico ed abbastanza lungo, perché occorre identificare tutti i pro
ed i contro di ogni idea. Il processo può essere accelerato chiedendo ai membri del gruppo di votare per ogni idea
che loro considerano importante. In questa fase vengono anche raggruppate idee simili, con vantaggio sui tempi di
valutazione.
5
Le cause più probabili sono sottoposte ad una nuova valutazione e viene identificata una graduatoria. Il gruppo di
operatori prende in considerazione solo le cause che hanno preso più voti. Vengono quindi discussi i pro ed i
contro di ciascuna causa per isolare la causa più probabile. Vicino alla cause scritte sul diagramma, vengono aggiunti
gli ordini nella graduatoria.
6 La causa più probabile viene sottoposta a test nel tentativo di verificarla.
PROJECT MANAGEMENT
138
F ig . 7 : Rappresentazione de l diagramma di Ishikawa
F ig . 8: Rappresen tazione de l diagramma di I shikawa con raggruppamenti ( clus ter ) ada t ta ti ad un
conte sto speci f i co
Anal i si e Diagramma di Pareto
Insieme al diagramma di Ishikawa, il diagramma di Pareto è l’altro strumento essenziale per lo studio
dei problemi: permette di visualizzare in modo semplice un insieme di dati qualitativi, relativi ad un
medesimo problema come ad esempio tutte le cause connesse ai lunghi tempi di attesa. Tale diagramma,
inoltre, mette in risalto i fatti importanti rispetto a quelli secondari e guida la scelta prioritaria di un gruppo di
lavoro con il principio dell’80/20. Il diagramma di Pareto rappresenta la frequenza delle cause sotto la forma
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
139
di grafico a colonne: l’asse orizzontale indica gli elementi che costituiscono l’argomento trattato e l’asse
verticale i dati relativi ad ogni elemento, utilizzando la medesima unità di paragone. Tale diagramma viene
completato dalla curva cumulativa dei dati.
Pareto, economista del primo novecento, ha studiato le distribuzioni di ricchezza in diversi paesi ed ha
desunto che una minoranza piuttosto consistente (20%) delle persone controllava una gran maggioranza
(80%) della ricchezza della società. Dal momento che questa stessa distribuzione è stata riscontrata in altre
aree, tale fenomeno è stato chiamato l’effetto Pareto.
Il diagramma di Pareto, quindi, si basa sull’omonimo principio di Pareto: se si scompone un problema si
nota che pochi (20%), ma importanti fattori ne spiegano l’80%, mentre il restante 20% del problema è dato
dall’80% delle cause identificate sì, ma di scarsa importanza. Da ciò se ne deduce che:
- l’80% delle cause di un problema richiede il 20% del totale degli sforzi necessari per trovare una
soluzione alla totalità delle cause;
- il 20% residuo delle cause richiede l’80% della totalità degli sforzi necessari per dare una soluzione
a tutte le cause del problema.
F ig . 9 : I l Pr incip io di Pa reto appl icato ad un p roblema
L’analisi di Pareto è una metodologia grafica utilizzata per identificare i problemi più importanti e di
conseguenza le priorità di azioni. Naturalmente i criteri per la definizione delle priorità di azioni dipendono
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140
dalle situazioni contingenti e dagli obiettivi prioritari di azienda. Applicando queste piccole regole alle nostre
aziende sanitarie, gli obiettivi prioritari saranno gli obiettivi che i direttori generali hanno dato a ciascun
responsabile di unità operativa. Una volta definite le priorità, ci si concentrerà solamente su di esse e si
dimenticheranno “i falsi problemi”, che nulla hanno a che fare con “l’effetto negativo” su cui si vuole
intervenire.
L’analisi di Pareto, inoltre, permette un’immediata verifica dell’efficacia dei tentativi di miglioramento.
Infatti, confrontando due rappresentazioni dello stesso fenomeno, prima e dopo l’intervento si ha una
visualizzazione immediata dei progressi compiuti e una misura del miglioramento complessivo, che
normalmente si riflette anche in un cambiamento nell’ordine di importanza delle caratteristiche. L’analisi di
Pareto è un potente strumento del processo informativo e soprattutto decisionale, in quanto permette a
chiunque in azienda di concentrarsi sulle cose e sulle decisioni importanti che sostanziano la sua attività. Con
questo tipo di diagramma si evidenziano visivamente i fenomeni più importanti o le cause più rilevanti di un
problema. Il diagramma di Pareto è costituito da un istogramma in cui le categorie (asse x) sono ordinate
per valore (asse y) decrescente e i valori nominali sono espressi in percentuale; all’istogramma è
sovrapposta la linea dei valori cumulati.
Nella fattispecie, all’interno di un processo produttivo, esso specifica la maggior parte dei difetti (non
conformità) e dei costi che ne derivano, provocati da un numero relativamente piccolo di cause. Per la
costruzione del diagramma di Pareto si rende necessario seguire questo iter.
Tab . 7: Le fase pe r la cos truzione de l diagramma di Pareto
N. DESCRITTIVA
1 Decidere come raccogliere i dati.
2 Definire l’elenco delle cause.
3 Valorizzare l’importanza di ciascuna causa.
4 Esprimerla in percentuale relativa.
5 Classificare le cause in ordine decrescente.
6 Rappresentarle graficamente in un diagramma a barre.
7 Tracciare il grafico cumulativo.
Per l’elenco delle cause ci si può affidare al brainstorming ed il peso di ciascuna causa può derivare dalla
raccolta di dati. Se la raccolta di dati non può essere eseguita o è ritenuta poco affidabile, la ponderazione
può essere effettuata attraverso un giudizio di esperti. Le percentuali sono rappresentate in ordine
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
141
decrescente su un diagramma a barre, sul quale viene sovrapposto un diagramma a linea che rappresenta la
somma delle singole percentuali.
Tab . 8: Anal i s i cause di eccessiva at tesa de i cl ienti (di st r ibuzione di frequenza )
N CAUSE FREQUENZA % CUMULATA
1 Non chiarezza dell’inizio dell’orario delle visite. 32 32
2 Operatori in ritardo. 22 54
3 Inserimento di pazienti fuori lista (overbook eccessivo). 12 66
4 Sovrapposizione di appuntamenti (“doppia” agenda). 9 75
5 Tempo previsto per singola visita troppo ridotto (sfondamento costante). 7 82
6 Scarsa organizzazione nell’accoglienza al front office. 6 88
7 Dimenticanze degli operatori. 4 92
8 Mal funzionamento del computer. 3 95
9 Dimenticanze dei clienti. 3 98
10 Altro. 2 100
TOTALE 100
F ig . 9 : Anal i s i cause di e cce ssiva a t tesa de i cl ienti (dis tr i bubuzione di f requenza)
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142
Diagramma del le a ff in i tà
Strumento sviluppato negli anni sessanta da un antropologo giapponese Jiro Kawakita (questa utility è
conosciuta anche come metodo Kj). Si raccomanda l’uso di questa utility quando i fatti o i pensieri non sono
certi e necessitano di organizzazione, quando bisogna superare paradigmi già esistenti, quando le idee
devono essere chiarite e quando c’è una necessita di creare unità nel contesto di una squadra. Il diagramma
delle affinità è uno strumento che viene utilizzato per organizzare una molteplicità di idee o aspetti in
categorie. Il diagramma è impiegato sia per definire il problema, sia per arrivare ad una soluzione. In sintesi, il
diagramma delle affinità è uno schema sul quale vengono riorganizzate idee ed opinioni riguardanti un
argomento oggetto di discussione, raggruppandole in base ad un possibile nesso logico. Talvolta esso è
utilizzato per organizzare le idee frutto delle sedute di brainstorming.
Solitamente lo strumento viene applicato in presenza di problemi molto complessi; inoltre, viene
utilizzato principalmente nei programmi di miglioramento aziendale (TQM) e di reingegnerizzazione dei
processi. Tale diagramma può essere diviso in fasi specifiche.
Tab . 8: Fasi di cos truzione de l diagramma del le a ff in i tà
N. DESCRITTIVA
1 Scrittura su post-it dei risultati del brainstorming, precedentemente chiariti e condivisi dal gruppo di lavoro.
2 Consegna dei post-it al gruppo ponendoli in modo casuale su una parete o tavolo in modo tale che siano visibili da
tutti i membri del gruppo.
3 Chiedere al gruppo di suddividere in categorie, senza parlare, in modo rapito i post-it.
4
Quando i post-it sono stati tutti suddivisi in categorie, il gruppo può discutere le ragioni del raggruppamento e dare
un nome alle varie categorie identificate. Possono essere utilizzate anche sottocategorie dividendo la singola
categoria in due livelli di aggregazione. Sia il nome che i raggruppamenti possono essere modificati nella discussione.
5 Ultimata la discussione è possibile disegnare un diagramma che rappresenti graficamente i gruppi identificati.
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
143
F ig . 10: Diagramma del le a ff in i tà
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144
Diagramma ad albero
Il diagramma ad albero è uno strumento che serve per rappresentare, con un livello di dettaglio
sempre più minuzioso, l’insieme dei metodi, delle procedure e delle attività più idonei al fine di conseguire
un determinato obiettivo. Attraverso l’utilizzo di questo strumento è possibile passare da un obiettivo
generico ad un piano di azioni estremamente dettagliato e coerente, specificando le condizioni e gli obiettivi
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
145
intermedi da realizzare. Il problema viene in tal modo “disarticolato” e ne vengono così resi visibili la
struttura ed i relativi dettagli.
Alcune indicazioni pratiche per lo sviluppo di un diagramma ad albero potrebbero essere:
1. assicurarsi che ogni persona sia d’accordo sull’obiettivo principale prima di iniziare;
2. essere succinti;
3. pensare ai compiti principali necessari per il raggiungimento dello scopo. Aggiungere questi
all’albero;
4. per ogni nodo compito, pensare a dei sub-compiti che si rendono necessari, poi aggiungere questi
all’albero;
5. chiedersi se si sia dimenticato di qualcosa;
6. man mano che si lavora sul progetto, cambiare i colori dei nodi completati, così c’è un’indicazione
dello stato dell’evoluzione della faccenda.
F ig . 11: Diagramma ad albe ro
PROJECT MANAGEMENT
146
Diagramma del le relazioni
Il diagramma delle relazioni è una rappresentazione della “mappa” di un determinato fenomeno
(problema) con tutti i possibili fattori che lo influenzano e le reciproche relazioni. È utile per fornire una
panoramica completa ed immediata di tutte le interrelazioni esistenti tra i fattori e tra questi ultimi ed il
fenomeno esaminato. Il problema da esaminare può nascere in modo spontaneo dal gruppo o essere posto
dall’esterno. Il problema da analizzare deve essere chiaramente definito e recepito dai partecipanti, per
evitare equivoci e fraintendimenti. Non bisogna affrontare l’analisi prima di aver chiarito ogni dubbio
interpretativo. Il tema deve essere riportato al centro del foglio di lavoro (minimo 70 cm x 110 cm) e
racchiuso con una linea marcata di forma rettangolare o ellittica. A questo punto si sviluppa una fase di
lavoro che è, allo stesso tempo, creativa e razionale perché si definiscono i sottosistemi del problema (o le
cause) e si individuano le relazioni logiche (in termini di causa/effetto). Per favorire la ricerca delle cause può
essere utile porsi costantemente la domanda: perché è successo questo? E per ogni risposta, cioè una causa,
porsela nuovamente. La sequenza viene ripetuta fino a che non si ritenga esaustiva l’analisi. Ogni elemento
(causa) deve essere riportato sul tabellone e deve essere individuato e segnalato con una linea con freccia il
legame causa/effetto, dove la freccia indica l’effetto. Il numero delle frecce che escono da un fattore,
generalmente evidenzia la cause che condizionano in misura maggiore il problema.
F ig . 12: Diagramma del le re lazioni
Il diametro della causa è proporzionale alla sua importanza nel generare il problema o altre cause
sostenenti l’effetto finale.
Quando due linee si incrociano, per evitare confusioni, l’intersezione viene segnalata come nella figura
sotto riportata.
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
147
F ig . 13: Inte rsezione t ra l inee
Per facilitare la creazione del diagramma, vengono utilizzati dei post-it che consentono di modificare il
posizionamento degli elementi, quando la definizione di nuovi legami logici porta ad un eccessivo intreccio
delle frecce direzionali. In ogni caso è possibile operare anche scrivendo direttamente su flow-chart. È da
notare che ogni elemento può dare origine o ricevere più frecce direzionali e non deve necessariamente
essere collegato direttamente con l’effetto in esame.
Nel caso di legami bidirezionali si consiglia di tracciare due linee, ciascuna in un verso e non di fare una
unica linea con due frecce.
Il contenuto dei vari post-it, cioè degli elementi causali del fenomeno, possono avere origine sia da un
precedente diagramma di affinità, sia da brainstorming o da analisi logiche dei legami causa effetto. In alcune
versioni sofisticate (in linea di massima sconsigliabile), l’intensità del legame causa-effetto è segnalato con
diversi spessori della linea di collegamento. Operativamente sono possibili due approcci: a) posizionare tutti
i cartellini sul tabellone e poi individuare tutti i legami logici fra i vari elementi; b) posizionare i cartellini uno
alla volta individuando di volta in volta le varie relazioni tra il nuovo elemento ed i precedenti.
Una volta terminata la costruzione, la fase di analisi è condotta in funzione della tipologia e degli
obiettivi del diagramma stesso. Se l’analisi è di tipo causa/effetto, diventa importante individuare la causa
prioritaria/probabile dell’effetto. Gli approcci possono essere: a) valutazione critica della causa più
importante del fenomeno tramite votazione (al limite con matrici di valutazione) o discussioni; b)
individuazione della causa critica tramite conta del numero di frecce uscenti ed entranti da ciascun cartellino
ed attribuzione di un peso a ciascuna causa come differenza algebrica fra i due numeri.
La logica che sta alla base di questo sistema è che la causa con il maggior numero di frecce uscenti è la
più “condizionante” nei confronti delle altre. Non possono essere effettuate interpretazioni troppo
meccanicistiche: il senso pratico e le capacità critiche sono sempre fondamentali.
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148
Evidentemente, e indipendentemente dall’approccio di analisi scelto, per essere certi di avere
individuato la causa prioritaria occorrerà effettuare verifiche e sperimentazioni.
Solitamente la/le causa/e prioritaria/e è/sono segnata/e sul diagramma con un cerchio o con un segno
colorato. In alcuni casi il diagramma non è finalizzato alla ricerca delle cause prioritarie, ma semplicemente a
rappresentare la struttura logica del problema; in questi casi non è necessario individuare delle cause
prioritarie. A termine di tutto, è importante non dimenticarsi di segnare sul foglio la data e le persone che
hanno partecipato.
ALTRI STRUMENTI DI RAPPRESENTAZIONE ED ANALIS I
Diagramma F/t
Permette di misurare la fluttuazione di un parametro F che si desidera monitorare e governare nel
tempo. L’asse verticale indica la scala di misura del parametro sotto osservazione e l’asse orizzontale il
tempo.
Questo tipo di diagramma è in grado di evidenziare i trend, mettendo bene in luce anche i picchi
anomali (positivi o negativi). Questo diagramma è molto utile per rimarcare l’andamento dei fenomeni nel
tempo, tenendo sottocontrollo le variazioni e le deviazioni da un range che viene considerato “normalità” di
fluttuazione della variabile in osservazione. Il diagramma risulta, inoltre, molto efficace come
rappresentazione del trend, se collegato ad un sistema di monitoraggio e di alimentazione dei dati per
produrlo, molto rapido e senza ritardi di notifica in modo che l’emergere di un problema o di un picco di
attività (o di una caratteristica) anomala venga immediatamente colto e si possa così attivare tempestivi
rimedi.
F ig . 14: Diagramma F/ t con moni toraggio degl i accessi mensi l i di nuov i pazienti ambula tor ia l i di un
serv iz io MST
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
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I l diagramma Polare
Permette di visualizzare su un solo diagramma un insieme di parametri che definiscono le varie
dimensioni dell’oggetto in esame.
Evidenza in modo contemporaneo tutti i vari parametri studiati e rappresenta la situazione di insieme.
Attraverso questo strumento è anche possibile valutare l’evoluzione dei parametri nel tempo
introducendo nel grafico la situazione passata e presente.
I l diagramma di Eulero
Questo digramma, di facile realizzazione, permette di visualizzare le possibili combinazioni di tre
variabili rappresentative di una determinata situazione, che si possono presentare ed essere evidenziate in
modo singolo o combinato.
Le variabili da utilizzare devono essere descrittive ed in relazione sia con la situazione che si vuole
analizzare che tra loro e devono caratterizzare classi di frequenza su cui concentrare la nostra attenzione.
Il diagramma si presenta sotto forma di tre cerchi che si intersecano e delimitano sette possibili zone
di un problema.
F ig . 15: Valu tazione de l le cara t ter i s t i che di un serv iz io , g iudi z io de l pazien te
Nota: il grafico mostra un trend positivo nel tempo con un incremento degli accessi.
Si evidenziano inoltre due picchi: il primo negativo con forte calo degli accessi dovuto ad una chiusura parziale dell’ambulatorio ed un secondo nei mesi successivi per un incremento delle patologie specifiche. La capacità di accoglienza (in base alla reale capacità produttiva) è rappresentata dal range compreso tra le due linee tratteggiate. Il trend fa comprendere la necessità di programmare una riorganizzazione della capacità produttiva.
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F ig . 16: Esempio de l la s trut tu ra de l diagramma di Eulero
F ig . 17: E sempio di diagramma di Eulero appl ica to a l l ’osservazione di sogget ti con disturbi
compor tamental i a l f ine di ev idenziare so t togruppi in base al l ’e tà , a l se sso e a l la p resenza di ADHD
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
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F ig . 18: Modal i tà log ica di se lez ione e clu ste r ing ne l diagramma di Eulero
I l diagramma di dispersione
Permette di evidenziare la relazione esistente fra due variabili misurabili.
La relazione può essere misurata, ma non necessariamente è prova di un legame di causa ed effetto
tra le due variabili in esame, essa indica soltanto l’esistenza di una relazione più o meno forte fra le loro.
Può essere utilizzata per evidenziare e rappresentare due importanti informazioni sulle variabili in
esame: l’andamento della relazione (direzione e inclinazione della retta risultante) e il grado di relazione
rappresentato dalla dispersione dei punti (“dimensioni della nuvola”).
Per realizzare il diagramma è necessario avere due coppie di dati misurabili per ogni campione.
F ig . 19: Tabel la e gra fico corr i spondente de l la di spersione e cor re lazione di da ti (peso e a l tezza )
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F ig . 20: Tip i di corre lazione
QUALITY MANAGEMENT E STRUMENTI DI PROBLEM ANALYSIS
153
Nel diagramma si possono inserire due assi perpendicolari che rappresentano i valori medi (o
mediani) in modo tale da identificare quattro quadranti che possono aiutare a interpretare e meglio
identificare cluster di soggetti o situazioni che possono essere classificate. Tutto questo dovrebbe portare ad
una migliore comprensione e rappresentazione della realtà che spesso appare complessa e difficilmente
comprensibile se non ridotta a situazioni informative semplificate.
F ig . 21: Diagramma con aree der ivan ti dal l ’ in ter secazione de l le medie
CONCLUSIONI
Gli strumenti qui presentati possono essere facilmente appresi e utilizzati nei percorsi di
miglioramento continuo della qualità. La rappresentazione dei fenomeni e dei problemi è di fondamentale
importanza per poter comprendere le situazioni e individuare le possibili soluzioni durante le attività di
riorganizzazione.
Gli strumenti possono essere facilmente informatizzati ed alcuni di loro utilizzati attraverso un
monitoraggio anche in real time delle variazioni dei parametri in considerazione. Nell’epoca di internet
questa possibilità è alla portata di tutti e potrà facilitare di molto la lettura delle organizzazioni ed il loro
funzionamento.
B IBLIOGRAFIA
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ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
155
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI
GESTIONE PER PROGETTI NELLE AZIENDE
SANITARIE
Valeria Rappini
Docente Area Public Management & Policy
SDA BOCCONI – School of Management – Milano
LE OPPORTUNITÀ ORGANIZZATIVE DELLA GESTIONE PER PROGETT I
La difficoltà nel costruire un governo aziendale unitario è uno dei punti di debolezza tradizionali delle
aziende sanitarie, spinte tra i fabbisogni di specializzazione e la ricerca di economie di scala, da un lato, e la
crescente esigenza di governare fenomeni multidimensionali complessi, dall’altro.
In questa prospettiva, lo sviluppo di una logica di gestione per progetti può rappresentare
un’importante opportunità ed un volano di sviluppo organizzativo, favorendo il superamento della
frammentazione organizzativa e la costruzione di un diverso rapporto tra vertice aziendale, servizi
amministrativi e tecnici, strutture sanitarie e professional, in grado di rafforzare una visione integrata
dell’azienda e di liberare le potenzialità nascoste nei confini tra i “regni” funzionali.
I progetti mettono alla prova le capacità di comunicazione e relazione tra le diverse parti
dell’organizzazione, implicano la costruzione di un linguaggio comune e condiviso, la messa a punto di
meccanismi di partecipazione, condivisione e responsabilizzazione sugli obiettivi di miglioramento, nonché di
ruoli e strumenti di accompagnamento a tutte le fasi del processo di programmazione e controllo, dalla
formulazione dei progetti alla loro gestione e realizzazione.
Il cambiamento organizzativo va comunque sostenuto con soluzioni che rendano effettive le
potenzialità del metodo. Le implicazioni organizzative possono essere molteplici, e più o meno rivoluzionare,
a seconda delle caratteristiche del contesto d’applicazione. Essenzialmente, lo sviluppo di una logica di
gestione per progetti presuppone l’adozione di assetti organizzativi in grado di riflettere adeguatamente sia il
PROJECT MANAGEMENT
156
maggiore decentramento decisionale, funzionale ai percorsi di innovazione e di miglioramento, sia la
correlata esigenza di integrare diversi ambiti e prospettive decisionali.
LA FORMA “CLASSICA” PER PROGETT I
Per progetto si intende un insieme di attività che per la loro complessità e rilevanza richiedono
l'impiego di operatori con diverse competenze specialistiche inseriti abitualmente nell'ambito di vari organi
permanenti in una logica funzionale. Gli organi di progetto sono di norma composti da un gruppo di
operatori provenienti da differenti unità tecniche e da un responsabile di progetto. Sono altresì organi
temporanei: concluso il progetto, i componenti che vi hanno operato tornano nelle rispettive unità tecniche
di provenienza.
La struttura per progetti è utilizzata quando: a) è necessario raggiungere un risultato critico e
complesso; b) è richiesta l'aggregazione di risorse, competenze, logiche di più unità organizzative della line
funzionale; c) la pressione del tempo è elevata; d) si mira ad ottenere un risultato in un arco di tempo
temporale definito; e) occorre gestire un'iniziativa unica, innovativa e non familiare. Altri vantaggi
dell’adozione della forma per progetti sono relativi ad una migliore valutazione dei risultati, ad un migliore
coordinamento tra le unità tecniche e ad un migliore orientamento agli obiettivi (Decastri, 1984).
Il ricorso alla forma per progetti fornisce pertanto una risposta a quelle aziende in cui si vuole
salvaguardare contemporaneamente un elevato grado di sofisticazione tecnica, proprio delle strutture
funzionali1, con la capacità di perseguire obiettivi non ordinari per l’organizzazione: siano essi obiettivi
particolarmente complessi, per la varietà e l’interdipendenza delle attività che coinvolgono, oppure ad alto
tasso di innovazione e/o di particolare criticità strategica; obiettivi la cui realizzazione richiede quindi una
aggregazione di risorse ed attività di tipo diverso da quella prevista nella struttura funzionale. Specificamente,
l’innovazione complessa, o sofisticata, richiede una configurazione organizzativa che sia capace di coinvolgere
esperti appartenenti a differenti discipline, in gruppi di progetto costituiti ad hoc, con meccanismi che
favoriscono la lateralità delle relazioni rispetto ai rapporti di tipo unicamente gerarchico o professionale. Le
capacità relazionali orizzontali, così incentivate, arricchiscono la tipica competenza dei professional e
diventano fattore critico di successo in tutte quelle aziende dove la differenziazione e l’innovazione
gestionale non riesce ad essere integrata dalla sola struttura formale o dal collante valoriale della cultura
aziendale.
Nella classica struttura per progetti accanto agli organi specializzati per funzioni vengono istituiti altri
organi, a carattere temporaneo, ognuno dei quali è responsabile dell’esecuzione di un progetto, cioè di un
insieme di attività particolarmente complesse. Sempre nella classica forma per progetti, il responsabile di
1 L’assetto di tipo funzionale porta a riunire in nuclei omogenei per contenuti tecnici tutte le risorse e le competenze
dell’azienda, consentendo di sfruttare appieno le economie di scala e di specializzazione relative a ciascuna funzione. Inoltre, la specializzazione e l’accentramento funzionale rendono più agevole lo sviluppo professionale e l’approfondimento in campo tecnico. Per contro, le funzioni presentano una certa tendenza ad una eccessiva focalizzazione specialistica, alla ricerca dell’eccellenza tecnica in particolare, perdendo di vista l’unicità dell’agire aziendale (Perrone, 1990).
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
157
progetto è dotato di autorità gerarchica sulle persone che compongono l’organo di progetto. I componenti
del team si trovano quindi in una situazione di doppia dipendenza gerarchica non contemporanea: finché il
progetto è in corso di esecuzione rispondono direttamente al project manager, mentre per il tempo restante
rispondono agli organi funzionali di originaria appartenenza (Figura 1).
F ig . 1 – La s tru t tura per proget ti
Le intersezioni rappresentano gli esperti funzionali assegnati al progetto per tutta la sua durata e quindi
dipendenti gerarchicamente dai responsabili di progetto.
Nelle realtà organizzative si possono tuttavia configurare differenti soluzioni, con un impatto strutturale più o
meno elevato, in relazione al ruolo del capo-progetto e alla dipendenza gerarchica dei componenti del
team:
• soluzioni semplici, o a basso impatto strutturale, che prevedono come unica responsabilità del
capo-progetto quella di rispettare i tempi e gli obiettivi stabiliti in sede di programmazione,
mentre tutti gli specialisti coinvolti continuano a dipendere gerarchicamente dai rispettivi
responsabili di funzione;
• soluzioni più strutturali, nelle quali sono identificate nell’ambito delle unità organizzative
tecnico-funzionali una o più persone assegnate part-time, o anche a tempo pieno, al progetto
con ritorno alla funzione di appartenenza alla fine del progetto;
• soluzioni, in cui gli organi funzionali divengono di fatto “virtuali”, in cui i progetti raccolgono al
proprio interno tutte le persone necessarie alla loro realizzazione e in cui i progetti si
susseguono senza soluzione di continuità.
PROJECT MANAGEMENT
158
La scelta della soluzione organizzativa da adottare per la gestione di progetti complessi, può essere
utilmente collegata anche al tipo di finalizzazione del lavoro dei gruppi. Nel caso dei gruppi di progetto,
possiamo distinguere tra gruppi di gestione, che sono caratterizzati dalla presenza di componenti dotati di
una posizione gerarchica rispetto alle attività da coordinare e quindi anche di guida verso obiettivi comuni,
ed i gruppi di miglioramento, che invece lavorano per ottenere risultati anche attraverso l’azione di altri
soggetti, che non partecipano direttamente al gruppo di progetto. In quest’ultimo caso, il loro successo
dipende in modo rilevante dall’accettazione da parte di altri attori, esterni al gruppo, del ruolo svolto.
Qualunque sia la variante adottata, la soluzione per progetti implica comunque un significativo impatto
organizzativo, non solo sulla struttura, ma sopratutto sui meccanismi operativi e, particolarmente, sui sistemi
di pianificazione, programmazione e controllo.
Altri meccanismi operativi importanti riguardano la gestione del personale e devono soprattutto
consentire la ricomposizione in una politica unitaria delle decisioni prese a livello di progetto e a livello di
direzione funzionale (Rebora, 1998).
Può essere inoltre necessaria un’ampia gamma di strumenti di coordinamento: meccanismi di
integrazione con gli utenti, o all’interno dello stesso gruppo di progetto; strumenti formali di pianificazione,
sentieri PERT o CPM, proiezioni e analisi costi benefici; strumenti di controllo, come i diagrammi Gantt, o la
stesura di rapporti formali. L’intensità e la varietà d’utilizzo di questi strumenti può essere anche molto
elevata e richiedere uno specifico supporto tecnico.
L ’APPROCCIO DI RIFER IMENTO
L'assetto organizzativo di un'azienda è il risultato della combinazione di scelte che riguardano le tre
variabili organizzative essenziali:
1. la struttura organizzativa, intesa come modalità di distribuzione dei compiti e delle responsabilità tra i
vari organi o unità operative;
2. i meccanismi operativi, cioè l’insieme dei processi che fanno funzionare "operativamente" l'assetto
organizzativo. I meccanismi operativi riguardano i processi di comunicazione, decisione, coordinamento,
controllo e valutazione. Tra i meccanismi operativi, particolare rilievo assumono le forme di
coordinamento e la configurazione del sistema decisionale;
3. il potere organizzativo (o stile di direzione), con particolare riferimento alle forme con cui esso si
distribuisce nei vari punti della struttura ed orienta la gestione dei meccanismi operativi, e la cultura
aziendale, ovvero l’insieme dei valori, delle opinioni, delle conoscenze e dei modi di pensare che sono
condivisi dai membri di un’organizzazione, che forniscono loro un senso d’identità organizzativa.
Gli studi organizzativi hanno proposto nel tempo molteplici approcci alla progettazione dell’assetto
organizzativo. Il modello più noto e diffuso è quello sistemico, proposto inizialmente da Seiler (1967) e qui
adottato in una versione riveduta ed aggiornata (Figura 2). Nel richiamare la visione dell’organizzazione
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
159
come sistema, si vuole innanzitutto sottolineare il fatto che non esiste una forma di organizzazione migliore
delle altre in assoluto, hanno tutte pari dignità, sono innanzitutto i contesti e le circostanze a condizionarne
la funzionalità. Dal punto di vista delle scelte di assetto organizzativo, due sono in particolare le implicazioni
dell’approccio sistemico: tutte le variabili organizzative oggetto di progettazione sono da analizzare in
maniera integrata e sono sempre da porre in relazione con il contesto di riferimento.
F ig . 2 – Uno schema di r i fe r imento de l lo sv i luppo organizza tivo .
L’approccio sistemico deriva da una visione contingente, e quindi non aprioristicamente orientata
verso particolari soluzioni organizzative. L’analisi sistemica mette in correlazione permanente l’assetto
organizzativo con il contesto ambientale, nel quale operano tutte le forze esterne rilevanti, che producono
le dinamiche economiche, competitive, tecnologiche e socio-politiche, e che condizionano il funzionamento
del sistema organizzativo. Le variabili ambientali, istituzionali, tecniche, individuali e sociali costituiscono le
forze principali che condizionano il funzionamento del sistema aziendale e che le scelte organizzative
possono adeguatamente orientare per ricondurre al conseguimento di risultati validi, in relazione alle finalità
proprie dell’azienda.
Come si intende evidenziare in Figura 2, le modalità organizzative non discendono comunque
direttamente dalle variabili esterne, ma sono per lo più filtrate da specifici ambiti decisionali, quello
istituzionale e strategico in particolare, e, inoltre, dalle caratteristiche delle variabili individuali e dalle
dinamiche sociali e di potere presenti nell’organizzazione. I comportamenti organizzativi sono frutto di un
processo d’interpretazione di stimoli, che possono derivare sia da scelte aziendali esplicite e consapevoli, ma
anche da risposte elaborate direttamente dai diversi attori e gruppi di potere presenti nell’organizzazione.
L’assetto istituzionale, in particolare, struttura i poteri e le prerogative dei principali portatori d’interesse e
PROJECT MANAGEMENT
160
stabilisce una serie di regole che favoriscono alcune soluzioni organizzative piuttosto che altre. Esistono
assetti istituzionali maggiormente idonei a favorire il progresso e la permanenza nel tempo delle aziende,
rendendo maggiormente consapevoli gli attori aziendali dei rispettivi contributi e consentendo opportune
correlazioni con i sistemi di valutazione, incentivazione e carriera. Diversamente, le dinamiche dei fattori
individuali e sociali tendono a prendere il sopravvento e rendono difficoltosa l’identificazione di efficaci
soluzioni organizzative. Le variabili strategiche sono poi destinate a generare una naturale tensione negli
assetti organizzativi. La scelta strategica porta a sintesi le esigenze di adeguamento ed innovazione rispetto
alle variabili ambientali, alle opportunità ed ai rischi delle dinamiche esterne.
Le scelte di progettazione dell’assetto organizzativo si configurano come vere e proprie alternative di
posizionamento tra le differenti pressioni delle variabili di contesto, interno ed esterno all’azienda, con il
conseguente emergere di fabbisogni spesso contrapposti. L’assetto organizzativo rispecchia quindi una serie
di condizioni di priorità quali, ad esempio:
• i fattori di complessità che l’azienda deve governare in contrapposizione ai costi e rischi
connessi ad una eccessiva sofisticazione della formula organizzativa2;
• la dinamicità dell’ambiente ed il tasso di innovazione e turbolenza che ne derivano in
contrapposizione alle istanze di stabilità e sicurezza;
• la differenziazione e specializzazione degli assetti organizzativi ed il grado di integrazione e
coordinamento richiesto;
• le esigenze di compatibilità tra le variabili organizzative e le caratteristiche delle variabili
individuali e sociali operanti nell’azienda;
• il grado di decentramento ed autonomia richiesto con la ricerca di identità e tenuta unitaria
dell’azione aziendale.
I fattori di complessità che l’assetto organizzativo deve contemperare possono essere più o meno
rilevanti, in ragione delle dimensioni, del grado di diversificazione dell’azienda, della natura professionale delle
attività e del correlato grado di programmabilità e decentramento richiesto3.
Una fondamentale questione di compatibilità riguarda il tema del bilanciamento tra sistemi decisionali
accentrati e decentrati. La misura in cui le decisioni possono essere accentrate in un unico punto della
struttura, l’alta direzione, oppure possono essere decentrate dipende da diversi fattori. Se si considera
l'azienda come sistema, l'accentramento sarà minore nelle organizzazioni in cui sono prevalenti le transizioni
con l'ambiente esterno e nelle quali il baricentro è spostato in direzione delle unità di confine. In questi
sistemi organizzativi relativamente più aperti, che devono fronteggiare un ambiente differenziato e dinamico,
2 Carlo Turati (1998) parla di trappola della pari complessità: “ … la reazione incrementale meccanica di un sistema finisce con l’intrappolare un sistema stesso in una condizione di paralisi organizzativa perché, oltre ad un certo livello di complessità:
• non esistono risorse sufficienti a garantire un rapporto soddisfacente tra attività dirette e servizi indiretti di integrazione; • l’organizzazione finisce con gestire sé stessa piuttosto che la propria sfida competitiva.
3 H. Mintzberg (1985) seguendo l’approccio sistemico identica 5 configurazioni, o assetti organizzativi di base, come insiemi di relazioni tra variabili e fattori contingenti: la struttura semplice, la burocrazia meccanica, la burocrazia professionale, la soluzione divisionale, l’adhocrazia.
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
161
e che operano utilizzando una molteplicità di tecniche, è infatti possibile sfruttare appieno i vantaggi del
decentramento:
• maggiore rapidità decisionale in risposta a particolari variazioni ambientali;
• maggiore flessibilità e capacità di adattamento;
• maggiore convergenza tra il momento della raccolta ed elaborazione delle informazioni ed il
momento della decisione (poli decisionali più vicini ai problemi);
• minori possibilità di distorsioni nella comunicazione a causa del minor numero di passaggi tra livelli
gerarchici diversi;
• maggiore motivazione nei dirigenti responsabili delle decisioni decentrate.
Il decentramento consente quindi di rispondere efficacemente ed in tempi brevi alle domande
eterogenee poste all'azienda dai suoi utenti e stakeholder e di innovare localmente per migliorare la qualità
delle risposte.
Per valutare correttamente il grado d’accentramento presente in un’organizzazione occorre tenere
conto non solo del numero di decisioni che vengono delegate dall'alta direzione, ma anche della qualità ed
importanza delle stesse, ossia degli effettivi margini di discrezionalità concessi. Il grado di decentramento può
essere meglio apprezzato facendo riferimento ai livelli in cui sono assunte le decisioni critiche per
l’economicità dell'azienda, alla classe di decisioni (scelte strategiche, scelte direzionali e scelte operative) e
all'oggetto del decentramento (compiti e funzioni, piuttosto che decisioni).
L’impostazione della struttura organizzativa determina, o comunque presuppone, scelte organizzative
coerenti non solo con le variabili di contesto, ma anche con le altre variabili organizzative (sistema
decisionale, forme di coordinamento e meccanismi operativi). A volte si può riscontrare una precisa
corrispondenza, come avviene nella struttura elementare, tuttavia esistono anche diverse correlazioni
possibili. Strutture organizzative che decentrano compiti e funzioni possano in realtà rimanere fortemente
accentrate, grazie all'operare di meccanismi di coordinamento di tipo burocratico. Ad esempio, la struttura
funzionale è quella tipicamente adottata nell’ambito di assetti burocratici fortemente accentrati, ma si può
pensare alla struttura funzionale anche in situazioni di relativo decentramento decisionale.
La maggior parte degli autori di organizzazione fanno riferimento a 4 forme base di controllo
organizzativo, ciascuna con un particolare set di scelte, intrinsecamente coerenti, in merito alle forme di
coordinamento, le caratteristiche del sistema decisionale ed i meccanismi operativi adottati.
• La forma di controllo elementare coincide con una forma di esercizio del potere mantenuta
accentrata al vertice e quindi strettamente correlato alla capacità d’influenza dell’organo massimo di
direzione sui comportamenti. La forma organizzativa elementare viene a volte identificata come
una particolare forma di controllo sociale funzionale al mantenimento e rafforzamento del potere
del leader, anche attraverso l’identificazione di uno stretto gruppo di collaboratori di fiducia.
PROJECT MANAGEMENT
162
• Nella forma di controllo burocratico, il controllo riguarda la verifica del rispetto delle norme, regole
e procedure, che definiscono il modo migliore, e più efficiente, di svolgere le attività. La
programmazione, così come le decisioni, hanno quindi caratteristiche di definitività ed assumono
valore vincolante. La gerarchia, la definizione di norme di comportamento, la verifica del loro
rispetto e la presenza di un sistema di sanzioni portano ad elevati gradi di formalizzazione ed
uniformità dei comportamenti. Il controllo burocratico esclude esplicitamente l’ingerenza delle
variabili individuali e sociali e tende a realizzare una sostanziale indipendenza tra le modalità di
svolgimento delle attività e gli individui che le realizzano.
• La forma di controllo per risultati (o decentrata) prevede la definizione dei risultati da raggiungere,
la loro misurazione e valutazione e presuppone espressamente un processo di delega sostanziale
della funzione di controllo direzionale, in alcuni casi anche strategico, con l’identificazione di
correlati ambiti d’autonomia e responsabilità. I sistemi di pianificazione, programmazione e
controllo, costituiscono la variabile organizzativa più critica che integra e rafforza il controllo
mediante la struttura organizzativa. In questa forma di controllo lo sviluppo dei sistemi operativi
tende a sostituirsi al controllo sociale, in particolare al potere organizzativo.
• Nelle forme organizzative innovative, il controllo è realizzato mediante l’assimilazione diffusa e
condivisa di una cultura aziendale favorevole alla sistematica collaborazione tra tutti gli operatori ed
un forte coinvolgimento sui fini istituzionali. Si può parlare di controllo culturale per il ruolo
significativo esercitato dalla condivisione di valori o di una forma di apprendimento organizzato.
La forma di controllo per risultati, o decentrata, presuppone un certo grado di formalizzazione e di
sofisticazione dei meccanismi operativi, essenziali a garantirne la funzionalità. I processi trasversali di
comunicazione, decisione, coordinamento, controllo e valutazione non possono più svolgersi solo in via
informale, oppure essere demandati alla gerarchia, ma devono essere codificati e formalizzati. Lo sviluppo
dei meccanismi operativi permette di ottenere importanti vantaggi poiché:
• canalizza e delimita i comportamenti attesi, funzionando come codice di relazione interpersonale;
• rafforza chi esercita il potere legittimo all’interno dell’organizzazione, minimizzando le esigenze di
decisioni e comunicazioni ad hoc per dirigere il comportamento altrui;
• legittima chi segue il disegno formale rispetto alle dinamiche informali di potere.
Ciascuna configurazione di controllo è coerente a specifiche situazioni contingenti e quindi può essere
più o meno adeguata a guidare i comportamenti organizzativi nei diversi contesti aziendali (Figura 3).
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
163
F ig . 3 – Forme di con tro l lo o rganizza tivo e condiz ioni di funzional i tà .
LE FORME
DI CONTROLLO
Ambiente stabile
Orientamento esecutivo
dei componenti
dell’organizzazione
Accentramento
Ambiente dinamico
Natura professionale o esigenze
di responsabilizzazione dei componenti
dell’organizzazione
Esigenze di decentramento
Piccola dimensione
Stili personali e cultura
poco favorevoli
alla formalizzazione
CONTROLLO ELEMENTARE
(accentrato)
CONTROLLO CULTURALE
(forma adhocratica o innovativa)
Grandi dimensioni
Stili personali e cultura
favorevoli
alla formalizzazione
CONTROLLO BUROCRATICO
(o di formalizzazione
del comportamento)
CONTROLLO PER RISULTATI
(decentrato o di “mercato”)
Nelle aziende sanitarie pubbliche la necessità di adeguamento alle caratteristiche delle variabili di
contesto, prima fra tutte la modifica degli assetti istituzionali seguita al processo di aziendalizzazione, ha
portato nel tempo al progressivo superamento delle soluzioni organizzative caratteristiche delle Unità
Sanitarie Locali di originaria provenienza. Nei successivi paragrafi, si propone un’analisi delle principali
tendenze evolutive in atto negli assetti organizzativi delle aziende sanitarie pubbliche.
GLI ASSETT I ORGANIZZATIVI EMERGENTI
I tratti distintivi delle aziende sanitarie pubbliche4 concorrono a definire organizzazioni strutturalmente
deboli sia per l’intensità delle spinte centrifughe, rispetto al perseguimento delle finalità unitarie dell’azienda
nel suo complesso, sia per l’inadeguatezza di alcuni dei classici strumenti che ne favoriscono il governo
unitario come, ad esempio, la gerarchia.
4 I tratti distintivi delle aziende sanitarie pubbliche possono essere riassunti nei seguenti punti:
- diretto riferimento dei servizi alla persona (limitata standardizzabilità, importanza della relazione “utente-fornitore”, rilevanza dell’aspetto etico);
- natura pubblica dell’attività (necessità del contemperamento di interessi spesso divergenti presenti nella società, equilibrio economico che rappresenta un vincolo e non un criterio decisionale, regole istituzionali poste a tutela degli interessi pubblici spesso in contrasto con le esigenze gestionali);
- mancanza di un prezzo di cessione come misura oggettivata dell’utilità prodotta e, conseguentemente, mancanza di un riferimento oggettivato per l’allocazione delle risorse e la valutazione della gestione, esistenza di un paradosso finanziario;
- sistema di produzione ed erogazione dei servizi di tipo professionale (scarsa applicabilità di strumenti gerarchici in presenza di autonomia professionale, riferimento forte da parte degli operatori alle dinamiche della professione e/o alle esigenze dell’utente rispetto alle dinamiche e necessità dell’azienda). (Del Vecchio M., 2000).
PROJECT MANAGEMENT
164
Le ragioni che hanno portato le aziende sanitarie pubbliche a ri-considerare il disegno delle proprie
configurazioni di fondo sono varie e molte di esse sono tuttora caratterizzate da una notevole carica di
inerzia e di formalismo. Tra queste spicca certamente la concezione diffusa che vede nel superamento della
struttura funzionale la determinante prima, se non esclusiva, del miglioramento delle performance aziendali.
L’enfasi sui processi di dipartimentalizzazione, l’idea di rafforzamento del ruolo del distretto, le
rappresentazioni “a matrice” ed il moltiplicarsi di ruoli di coordinamento e di staff, sono solo alcuni tra gli
aspetti più visibili che sottendono la crescente esigenza di governare la molteplicità ed eterogeneità delle
problematiche delle aziende sanitarie pubbliche.
L ’evoluz ione del l ’a ssetto organ izzat ivo del le az iende san ita r ie
I l superamento del l a struttura funz ionale
Una prima risposta alla crisi dei tradizionali assetti funzionali è stata trovata storicamente nel ricorso al
decentramento di decisioni e responsabilità, i cui elementi essenziali sono:
• l’introduzione di un doppio livello di direzione generale o, comunque, di coordinamento
complessivo delle funzioni aziendali principali;
• la presenza direzioni intermedie quali, ad esempio, le direzioni di dipartimento, distretto e
presidio ospedaliero;
• l’istituzione, in alcuni casi, di vere e proprie divisioni, in capo alle direzioni intermedie con la
responsabilità di gestire più funzioni per autonome combinazioni prodotti, utenti e/o aree
geografiche;
• il riorientamento delle funzioni tecniche ed amministrative centrali: da funzioni di line a ruoli di
staff (di servizio e consulenza);
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
165
• lo sviluppo di modalità di controllo sui risultati, soprattutto attraverso sistemi di budget
articolati per centri di responsabilità, affidate ad organi di staff (la tecnostruttura con funzioni di
“controllo di gestione”);
• la possibilità quindi di sviluppare la funzione direzionale su più livelli e dimensioni, con il vertice
direzionale impegnato soprattutto a governare lo sviluppo strategico;
• il rilievo particolare assegnato ai meccanismi operativi ed alle politiche di gestione delle risorse
finanziarie, umane e tecnologiche con il conseguente sviluppo di nuove funzioni aziendali.
Il forte orientamento alla differenziazione delle funzioni, che è proprio delle forme decentrate, si può
comporre nelle realtà organizzative in varie forme.
Forme che mantengono una sostanziale natura funzionale, sostenute da un ampio ricorso a meccanismi
che facilitano la flessibilizzazione e che modificano il profilo organizzativo interno delle funzioni specialistiche
al fine di governare i sottoinsiemi di attività più esposte alla complessità ambientale. Ne risulta un ampio
ricorso ai meccanismi di coordinamento tra le unità funzionali, l’emergere di ruoli di coordinamento, gruppi
di lavoro e team multi disciplinari, nonché forme articolate di controllo gestionale per centri di
responsabilità.
Forme funzionali reticolari, quando la forma organizzativa funzionale abbandona il principio dell’unicità di
dipendenza gerarchica fino a sposare forme a matrice, adhocratiche o con un’estrema attenzione verso le
reti interne, per governare la massima complessità sulle due linee critiche, quella tecnica e quella dei risultati
gestionali e/o delle relazioni esterne. Questa soluzione coincide, di fatto, con un indebolimento della
struttura formale, per trasformarsi in un sistema di nodi di competenza e di aggregazioni funzionali. Alta
permeabilità dei confini organizzativi, comunicazione diretta, decisione congiunta e negoziazione tra le parti
sono le modalità di funzionamento caratteristiche di questa forma. In Figura 4, viene proposta l’opzione
reticolare adottata dall’Azienda USL di Rieti per la funzione distrettuale, in cui appare evidente la tensione
verso aggregazioni gestionali con un ampio utilizzo di moduli funzionali e di organi di coordinamento
orizzontali5.
Forma divisionale accentrata, si tratta di una forma organizzativa riscontrabile in poche ASL di grandi
dimensioni, in cui le divisioni, fortemente indipendenti da un punto di vista operativo, sono coordinate
attraverso la pianificazione strategica che definisce i loro obiettivi ed i flussi di investimento. Gli staff centrali
5 “…si privilegia la scelta di definire un’articolazione organizzativa di tipo “gestionale”, graficamente rappresentata lungo la linea verticale. Al contempo, sono sottolineate le esigenze di coordinamento trasversale tra i diversi ambiti gestionali, finalizzate a valorizzare le necessarie competenze professionali ispirate all’evidenza scientifica ed alla migliore pratica clinica, assistenziale e tecnica; questo tipo di coordinamento, come detto di tipo essenzialmente professionale, tra attività omogenee svolte anche a molti chilometri di distanza, è realizzato attraverso appositi “ambiti funzionali”, che graficamente vengono raffigurati sulla dimensione orizzontale … La presenza degli ambiti funzionali, con scopi di coordinamento tecnico e/o scientifico e di standardizzazione dei metodi di lavoro, configura una struttura organizzativa aziendale che pare corretto definire di tipo matriciale … Le Strutture Operative Aziendali (Ospedali, Dipartimenti, Distretti) e, a cascata, le Unità Operative dotate di autonomia di gestione, sono di norma individuate come Centri di Negoziazione e, in tale veste, sono parte attiva del processo di programmazione budgetaria e di negoziazione con la direzione aziendale dell’insieme degli obiettivi da raggiungere e delle risorse ritenute adeguate per il loro perseguimento, in conformità a procedure e processi produttivi verificati attraverso il sistema di controllo di gestione … “ (Atto Aziendale Azienda USL di Rieti, gennaio 2008, Titolo II, Par. 5.1)
PROJECT MANAGEMENT
166
(funzionali) contribuiscono al coordinamento aziendale delle divisioni, offrendo conoscenze specialistiche e
definendo politiche aziendali comuni.
Forma divisionale integrata, benché la divisionalizzazione possa rispondere a necessità di
differenziazione, nelle aziende sanitarie le contemporanee esigenze di economicità, o di presidio di specifiche
aree di conoscenza, possono consigliare una gestione diversa per alcune fasi, attività e risorse. Si tratta,
dunque, di una forma organizzativa che prevede modalità di coordinamento e di circolazione del know-how,
attraverso organi di integrazione inter-divisionale, o l’accentramento di alcune funzioni critiche per la
realizzazione di economie di scala o di specializzazione o, ancora, di tecnostrutture, amministrative e
sanitarie, deputate alla standardizzazione.
In tutte le possibili formule organizzative decentrate, fortemente imperniate sul ruolo dei dirigenti
intermedi, grande rilievo assumono le forme di controllo orientate ai risultati, gestite dalle tecnostrutture di
staff che operano a supporto dell’intera azienda. Si tratta di organi specificamente deputati a sviluppare
modalità di coordinamento ed integrazione profondamente diverse da quelle incentrate sulle procedure ed i
controlli ispettivi. In queste nuove formule risulta infatti fondamentale rendere compatibili l’autonomia dei
dirigenti ai vari livelli con l’esigenza di controllarne le performance, non solo gestionali, ma anche tecniche e
strategiche. Da ciò consegue lo sviluppo, in tutte le forme organizzative decentrate, dei meccanismi operativi
e delle correlate funzioni di tecnostruttura.
F ig . 4 – L ’a sse t to organizza tivo re tico lare de l la funzione dis tre ttuale de l l ’Az ienda USL di Rieti
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
167
Orientamento a i r i su ltat i e svi luppo dei meccani smi operat iv i
Le recenti evoluzioni nei modelli gestionali ed organizzativi in ambito sanitario presuppongono un
significativo cambiamento di prospettiva nelle forme di guida e controllo della gestione, riassumibile nel
passaggio:
• da logiche di tipo gerarchico e burocratico, caratterizzate da limitato decentramento dei compiti e
delle funzioni, con controlli basati sulle verifiche ispettive e di conformità alle procedure;
• a logiche di orientamento ai risultati, con gradi più elevati di decentramento decisionale, in grado di
stimolare una valutazione sui contenuti di utilità generata per l’utente finale e i principali
stakeholder dell’azienda, e da questi riconoscibili e riconosciuti (accountability).
Nelle forme di controllo orientate ai risultati, la funzione di guida viene esercitata attraverso il
processo di specificazione di obiettivi gestionali e standard di riferimento, la misurazione quantitativa e la
valutazione dei responsabili in funzione degli obiettivi raggiunti. La visione settoriale e gerarchica dell’azienda
viene quindi sostituita da una visione orientata a favorire una maggiore ed immediata focalizzazione sui
processi, sui risultati dell’azione di gestione e sulla responsabilizzazione al loro raggiungimento.
Rispetto alle peculiarità delle aziende sanitarie pubbliche, l’idea che si sta progressivamente affermando
è che i sistemi operativi, ed in particolare i sistemi di pianificazione, programmazione e controllo siano gli
unici a poter giocare un ruolo essenziale rispetto alle esigenze di tenuta unitaria dell’azione aziendale. La
peculiarità dei processi sanitari e tecnico-amministrativi richiede infatti:
• in un primo aspetto, la capacità di governare, stimolandoli e valorizzandoli, gli spazi di
autonomia professionale che, ai vari livelli del sistema organizzativo, concorrono a fornire
risposte specialistiche, tecnicamente adeguate, ai bisogni della popolazione di riferimento;
• in un secondo aspetto, la capacità di governare le relazioni orizzontali tra i diversi ambiti di
autonomia e responsabilità, favorendo il coordinamento e l’integrazione delle soluzioni
ASPETTI DI DIFFERENZIAZIONE
CONTROLLO BUROCRATICO CONTROLLO PER RISULTATI
Oggetto Forma Risultato
Contenuto Singoli compiti, atti e procedure Processi, prodotti
Strumenti Regole e procedure, che vincolano la discrezionalità e presuppongono il rispetto formale
Standard, risultati gestionali misurati, performance esplicitate
Criteri correttezza formale efficacia, efficienza, economicità
Obiettivi conformare l'azione organizzativa Migliorare l'azione organizzativa rispetto alle esigenze degli stakeholder
Influssi sui comportamenti Uniformità e protezione Responsabilizzazione
Valutazione delle persone (premi e punizioni)
esecutori acritici contempla l’esercizio di autonomia
Orientamento prevenzione e repressione guida e motivazione
PROJECT MANAGEMENT
168
operative, nonché il miglioramento continuo dei risultati clinici, assistenziali e tecnico-
amministrativi;
• infine, la capacità di guidare e governare il riorientamento strategico dell’azione di gestione, in
una logica di sviluppo organizzativo e di risposta agli stimoli al cambiamento prodotti
dall’ambiente e dal contesto istituzionale di riferimento.
La funzione di governo delle aziende sanitarie deve dotarsi di strumenti in grado di fornire una
rappresentazione significativa, e il più possibile oggettiva, della varietà e della complessità dei risultati generati
secondo diverse prospettive ma, nello stesso tempo, questi strumenti devono consentire una visione
d’insieme, sintetica ed unitaria, dell’agire aziendale.
Principio cardine adottato nella progettazione dell’assetto organizzativo nelle aziende sanitarie è
sempre più rappresentato dalla costante ricerca del miglior equilibrio sistemico possibile tra la dimensione
strutturale rappresentata nell’organigramma aziendale e le caratteristiche dei meccanismi operativi che ne
determinano il reale funzionamento.
Rispetto all’insieme dei meccanismi operativi, ossia dei sottosistemi, metodologie e strumenti, che
svolgono un ruolo di attivatori e facilitatori del buon funzionamento della struttura organizzativa, nelle
aziende sanitarie una particolare attenzione è attribuita ai sottosistemi:
• di pianificazione strategica;
• di programmazione, budgeting e controllo della gestione;
• di governo clinico;
• di audit;
• informativo;
• di gestione del personale;
• di valutazione e incentivazione;
• di formazione e sviluppo delle professionalità;
• di comunicazione interna ed esterna.
I nuovi ruol i organizzat i v i
Il modello organizzativo delle aziende sanitarie pubbliche è attualmente basato sulle seguenti macro
funzioni:
• funzioni di governo dell’azienda;
• funzioni di produzione di servizi sanitari, ossia l’insieme di attività finalizzate all’erogazione
diretta di servizi e prestazioni sanitarie di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione (svolte nei
diversi regimi assistenziali);
• funzioni tecniche ed amministrative di supporto;
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
169
• funzioni di staff, o di tecnostruttura.
Nelle realtà aziendali tali funzioni risultano diversamente composte in una molteplicità di ruoli in
coerenza con le specificità del contesto e l’orientamento organizzativo di fondo.
Le funzioni di governo possono essere variamente articolate, in relazione alla scelta di decentramento
decisionale ed alla forma strutturale adottata. Le funzioni di governo complessivo dell’azienda sono attribuite
alla direzione generale. La direzione sanitaria e la direzione amministrativa coadiuvano la direzione generale
nell’esercizio della funzione di governo con differenti ruoli:
• nelle forme a sostanziale natura funzionale, costituiscono la prima linea direttiva con orientamento
specialistico sovrintendendo le funzioni di rispettiva pertinenza;
• più frequentemente, nelle forme decentrate di tipo reticolare, e naturalmente nelle forme
divisionali, assumono la funzione di governo complessivo accanto al direttore generale.
Le funzioni di produzione sono normalmente attribuite ad unità organizzative di line. Le strutture di
produzione operano con autonomia tecnico-professionale, e/o con autonomia gestionale, nei limiti fissati
dall’assetto organizzativo e nell’ambito di articolazioni organizzative quali possono essere, tipicamente, i
dipartimenti, i distretti e i presidi ospedalieri.
Mentre nelle ASL i dipartimenti di prevenzione, di salute mentale ed il presidio ospedaliero, qualora
presente, tendono comunque a configurarsi nelle varie forme organizzative come direzioni intermedie di
line, con gradi di autonomia più o meno elevata, gli altri dipartimenti aziendali ed i distretti possono
assumere ruoli molto differenziati, sia di line sia di staff e, nelle forme reticolari, funzioni di coordinamento
orizzontale. Analoga situazione si presenta nel caso dei dipartimenti ospedalieri, che si differenziano sia per il
criterio di omogeneità adottato (dipartimenti per specialità, per organo, per intensità di cura, per tipologia di
utenti e patologie) sia per la posizione assunta nella struttura organizzativa (in posizione di line sovra
ordinata alle unità organizzative o con funzioni di coordinamento). In strutture “piatte” emergono anche
dipartimenti ospedalieri che di fatto inglobano i reparti e i servizi eliminandone i confini.
Le funzioni di staff, che assumono un notevole rilievo in tutte le forme decentrate, possono assolvere
ad una molteplicità di ruoli ed attività eterogenee. Per una migliore connotazione, i ruoli di staff delle
aziende sanitarie possono essere logicamente raggruppati in tre categorie omogenee e precisamente:
• la tecnostruttura di governo;
• la tecnostruttura sanitaria;
• gli staff di servizio.
Le funzioni di staff rientranti nella tecnostruttura di governo sono deputate alla gestione dei principali
meccanismi operativi aziendali. Sono quindi finalizzate a coadiuvare la direzione aziendale e tutte le strutture
di line nell’esercizio delle loro attività e nel perseguimento degli obiettivi. Esercitano la propria funzione in
PROJECT MANAGEMENT
170
una logica di facilitatori dei processi decisionali, dei processi di integrazione e coordinamento, dei processi di
allocazione delle risorse, di miglioramento e razionalizzazione dei processi e delle attività. Dovrebbero
operare con modalità di forte integrazione e concorrere ad esercitare, nel loro insieme, la funzione di audit
aziendale. Come già indicato nei precedenti paragrafi, nelle forme decentrate risulta fondamentale rendere
compatibili l’autonomia dei dirigenti ai vari livelli con l’esigenza di controllarne le performance. In tal senso
l’esercizio del ruolo di tecnostruttura è particolarmente delicato, in quanto preposto a sviluppare forme di
controllo profondamente diverse da quelle adottate in passato ed agevolare il superamento dei meccanismi
tradizionali di controllo basati sulla gerarchia, la verifica del rispetto formale delle procedure o i controlli
ispettivi.
Le funzioni di staff rientranti nella tecnostruttura sanitaria supportano la direzione aziendale e le
strutture sanitarie di produzione nella standardizzazione dei metodi di lavoro, in relazione a specifici processi
tecnico-assistenziali e/o a specifiche professionalità. A tal fine individuano i fabbisogni aziendali di sviluppo
delle competenze e delle professionalità delle risorse umane impegnate nei processi oggetto di
standardizzazione e al loro monitoraggio, provvedono alla loro razionale allocazione, definiscono piani e
programmi di formazione ed aggiornamento.
Gli staff di servizio svolgono attività diretta di produzione e fornitura di taluni servizi accessori, che per
loro natura o rilevanza strategica l’azienda ha ritenuto utile centralizzare e non affidare a terzi. Tipicamente,
operano intrattenendo relazioni di servizio e consulenza nei confronti della direzione strategica aziendale e
di tutti gli organi di line.
Le funzioni tecniche ed amministrative, finalizzate a fornire servizi strumentali e di supporto, stanno
vivendo nelle organizzazioni sanitarie un processo di riconsiderazione del loro ruolo e del loro rapporto con
le funzioni di governo e di produzione. In termini generali, nelle nuove forme decentrate, non è più
funzionale che tali funzioni esercitino forme pervasive di controllo, o detengano un eccessivo potere
decisionale. La trasformazione dei servizi tecnici ed amministrativi si confronta con la maggiore centralità
assunta dai processi operativi e l’opportunità che i problemi siano risolti negli ambiti organizzativi più
direttamente coinvolti con gli utenti finali e che per tale motivo sono responsabilizzati sui risultati della
gestione. Sempre più i servizi di supporto rispondono quindi alla logica del cliente interno e ricercano
l’integrazione con tutte le altre funzioni, favorendone l’efficienza ed assicurando la qualità degli aspetti
logistici di natura tecnica ed amministrativa.
La vis ione per process i
Più recentemente, l’esigenza di sostenere la diffusione di una cultura organizzativa trasversale come
modus operandi generale ha progressivamente spostato l'enfasi dalle unità organizzative strutturali, come
generatrici di un valore puntuale e parziale, ai processi come luogo dove la creazione di valore per l’utente
trova la sua compiuta realizzazione.
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
171
I processi tagliano orizzontalmente le unità funzionali, descrivendo la creazione del valore come
espressione di sinergie di azione. Benché questa impostazione non possa essere facilmente contestata e, stia
in effetti godendo di un certo riscontro nelle aziende sanitarie, è pur vero che tra convinzione teorica e
prassi diffusa esiste una distanza abissale. Spingere l'orientamento per processi significa riconoscere la
parzialità degli indicatori e degli ambiti di valutazione ed entrare in una logica per la quale l'organizzazione è
un sistema di utenti e fornitori interni di servizi di qualità. La gestione dei processi, il loro progressivo
miglioramento, il superamento delle tradizioni funzionali, richiede un forte sostegno "politico" ed un preciso
presidio organizzativo.
In una prospettiva di gestione per processi, la figura del project manager può rappresentare il ponte tra
vecchia e nuova organizzazione, svolgendo una funzione di coordinamento e confronto interfunzionale,
volto all’assimilazione di una cultura organizzativa trasversale.
LE CONDIZIONI ORGANIZZATIVE DELLA FORMA PER PROGETT I
Se gestire per progetti significa introdurre elementi di forte innovazione e concretezza nell’azione delle
aziende di servizi sanitari, l’effettività di tale metodo dipende in larga misura dalle soluzioni organizzative
adottate. Vale la pena richiamare a riguardo l’interrogativo proposto da C. Perrow (1986):
“In quali condizioni organizzative gli individui saranno indotti a massimizzare la propria utilità specifica senza tener
conto delle conseguenze per gli altri, e quali sono invece le condizioni organizzative in cui rinunciano ad un
incremento d’utilità, o addirittura subiscono una perdita, per evitare conseguenze che ricadrebbero su altri ?”.
Le opz ioni st ruttural i
Gli assetti organizzativi delle aziende sanitarie riflettono una lunga storia che ha visto dare molta
importanza soprattutto al disegno della struttura, attraverso la quale si introducono confini che separano
attori, responsabilità e risorse, definendone opportune focalizzazioni. La centralità delle strutture,
dall’osservazione degli assetti formali e delle prassi organizzative, appare ancora rilevante, tuttavia i
presupposti della logica di gestione per progetti sono tali, come più volte sottolineato, da attenuare la
centralità della struttura e da imporre uno sforzo per indebolire e rendere meno rigidi i confini interni
all’organizzazione. Anche se si discute molto di gestione per processi, e dell’importanza di disegnare assetti
organizzativi in grado di assicurare legami strettissimi tra le diverse fasi dei percorsi assistenziali, abbattendo i
confini e le barriere interfunzionali e facilitando la collaborazione e il coordinamento tra le diverse parti
dell’organizzazione, è tuttavia ipotizzabile un certo grado di resistenza al cambiamento.
Senza ovviamente voler ipotizzare la soppressione dei confini organizzativi, si vogliono di seguito
proporre alcune riflessioni sui principali elementi di compatibilità tra opzioni strutturali e forma per progetti,
PROJECT MANAGEMENT
172
e che possono rappresentare fattori situazionali importanti sia per l’effettività della configurazione proposta
sia per la gestione del cambiamento.
Basso grado di vert ical izzaz ione.
Anche se può apparire evidente la necessità di superare le inefficienze proprie di un’eccessiva
verticalizzazione, continuano a permanere nelle organizzazioni sanitarie fenomeni in controtendenza, spesso
determinati da un uso improprio della struttura. Un nuovo approccio ai sistemi di ricompensa del personale
può sicuramente contribuire a contenere a livelli fisiologici lo sviluppo verticale delle organizzazioni sanitarie,
soprattutto se orientato a diminuire l’impatto della posizione organizzativa ricoperta nel determinare la
retribuzione ed anche le ricompense non monetarie. La condivisione di responsabilità e la rinuncia a difese
settoriali è sicuramente più agevole nelle organizzazioni piatte, a maggior ampiezza di controllo, fortemente
decentrate, in cui l’enfasi strutturale è sostituita da meccanismi operativi e di motivazione slegati dalla
posizione gerarchica o dall’attribuzione di incarichi di struttura. Va anche rilevato che l’innovazione mal si
conforma alle lentezze e rigidità tipiche delle strutture eccessivamente verticalizzate.
Permeabi l i t à dei con fin i o rganizzat iv i .
La rigida separazione tra le diverse aree e settori dell’azienda può, analogamente ad una eccessiva
verticalizzazione, assumere un rilievo patologico. La lentezza nello svolgimento dei processi, la ricaduta dei
problemi di coordinamento sugli utenti finali dei servizi, i comportamenti opportunistici, la difesa ad oltranza
degli spazi d’azione, la sensazione di disperdere immense energie nel superamento degli ostacoli posti da
altri settori dell’azienda, sono tutti sintomi di disfunzionalità. Le soluzioni decentrate, con forme di controllo
orientate ai risultati, in sostituzione a logiche di controllo gerarchico e burocratico, dovrebbero agevolare il
superamento delle barriere organizzative, rendendole più permeabili e consentendo una maggiore fluidità
nella realizzazione dei progetti. Tra i possibili interventi utili a ricondurre i confini orizzontali ad una corretta
fisiologia si possono richiamare: la subordinazione alla dimensione dell’utente finale, che diventa il riferimento
centrale; l’utilizzo esteso dei team e dei gruppi multidisciplinari; l’aggregazione e disaggregazione frequente di
unità; il riorientamento del ruolo degli staff come servizi condivisi (Rebora, 1998).
Riorientamento de l ruolo degl i staf f .
L’atteso riorientamento delle funzioni di staff avviene attraverso una profonda riconsiderazione del
loro rapporto con le unità di line. Gli organi di tecnostruttura hanno il difficile compito di facilitare e
sostenere lo sviluppo dei meccanismi operativi e favorire l’adozione di modalità di funzionamento più
organiche, profondamente diverse da quelle burocratiche. Le funzioni di regolazione proprie della
tecnostruttura vengono in parte riportate nell’ambito degli organi di line e degli stessi gruppi di progetto e
possono consentire l’avvicinamento della linea intermedia al nucleo operativo. Parzialmente diverso è il caso
delle funzioni tecniche ed amministrative che devono riposizionarsi per assumere la logica del cliente
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
173
interno. Anche in questo caso i meccanismi di raccordo con il resto dell’organizzazione sono molto
importanti e devono sancire la preminenza degli utilizzatori nel creare valore per l’utente finale. In entrambi i
casi, l’evoluzione del ruolo degli staff come servizi condivisi comporta una minore separatezza delle diverse
anime e settori dell’organizzazione con una minore rilevanza della dimensione strutturale, rispetto
all’esigenza di servire al meglio gli utenti finali dei prodotti e servizi dell’azienda.
I fattori contingenti precedentemente proposti disegnano complessivamente un assetto organizzativo
più organico e flessibile, in cui:
• il gruppo di progetto diventa centrale rispetto al singolo individuo e agli opportunismi di parte;
• l’autoregolazione interna del gruppo prevale rispetto alla regolazione esterna della gerarchia;
• la ridondanza di skill è preferita all’estrema specializzazione;
• i professionisti controllano i processi e la tecnologia e sono responsabili dei risultati;
• la discrezionalità subentra alla prescrittività;
• la varietà del lavoro e la flessibilità dei ruoli è diffusa.
L’introduzione della logica di gestione per progetti non implica comunque l’adozione di una particolare
configurazione strutturale: tutte le diverse forme decentrate analizzate nel paragrafo 4.1 sono idonee ad
ospitare tale logica di gestione. Se il continuo coinvolgimento di esperti appartenenti a differenti discipline in
gruppi di progetto costituiti ad hoc è fisiologia naturale nell’ambito delle forme reticolari, o adhocratiche, la
formazione di gruppi di progetto può anche semplicemente sovrapporsi alla struttura funzionale esistente e
rappresentare una modalità operativa che non mette in discussione il disegno generale delle unità
organizzative, pur contribuendo a renderne meno rigidi i confini. In parte diverso è il caso delle forme
divisionali: mentre lo sviluppo di progetti è sicuramente agevole all’interno dello stesso ambito divisionale,
può essere poco praticabile a livello interdivisionale, almeno nelle forme divisionali accentrate.
Ruolo del responsabi le di progetto e dipendenza de l team.
L’enfasi sui progetti può interferire sulle finalità a lungo termine dell’azienda, se costretta a prestare una
eccessiva attenzione al rispetto dei programmi di attività ed alle esigenze temporanee degli stessi progetti. I
continui spostamenti arricchiscono le conoscenze, ma possono anche causare perdite di capacità
specialistiche e non sempre le esperienze accumulate attraverso i progetti possono essere facilmente
trasferite ad altri componenti dell’organizzazione. Da ciò consegue l’opportunità sia di optare per soluzioni a
basso impatto strutturale sia di attivare tale formula organizzativa per sostenere l’innovazione o progetti di
evidente rilevanza strategica. Nelle aziende sanitarie, in cui la natura della gestione caratteristica dell’azienda
si connota per una elevata sofisticazione tecnica, permanenza e continuità dell’azione operativa delle funzioni
specialistiche, questa opzione può consentire di cogliere i vantaggi della formula per progetti senza tuttavia
minare la necessaria stabilità richiesta dalle attività produttive e di gestione.
PROJECT MANAGEMENT
174
La soluzione che pare più praticabile nelle aziende sanitarie è quindi quella precedentemente definita a
basso impatto strutturale (paragrafo 2). Tale soluzione prevede come unica responsabilità del capo-progetto
quella di rispettare i tempi e gli obiettivi stabiliti in sede di programmazione, mentre tutti gli specialisti
coinvolti continuano a dipendere gerarchicamente dai rispettivi responsabili di funzione. Questa scelta
comporta la capacità del responsabile, e del gruppo di progetto, di svolgere un ruolo di innovazione e
miglioramento puntando sulla persuasione e collaborazione costruttiva nei confronti dei diversi interlocutori
aziendali, piuttosto che sulle prerogative gerarchiche. Il responsabile e i componenti del team devono
godere di elevata influenza e tale influenza deve derivare soprattutto dalla competenza professionale
riconosciuta, mentre la posizione gerarchica ha rilevanza secondaria. Tutti i componenti del gruppo di
progetto devono attivare e mantenere le interazioni richieste dal loro ruolo "ignorando" le vie gerarchiche e
collegarsi a persone operanti a vari livelli dove esistono le informazioni rilevanti.
Condizione importante nella forma per progetti è la scelta del responsabile. Le caratteristiche di
questo ruolo richiedono leadership e capacità di relazione, ma anche conoscenza delle metodologie di
programmazione e controllo ed un minimo di preparazione tecnica, che consenta di dialogare sia con gli
specialisti inseriti nel gruppo sia con gli altri ruoli organizzativi coinvolti. I responsabili di progetto devono
altresì avere una buona conoscenza di tutta l’organizzazione, in quanto è loro specifica responsabilità
ricercare le persone adatte al compimento del progetto. Il profilo del responsabile di progetto deve essere
caratterizzato da credibilità, esperienze positive di interazione, capacità di influenza e visibilità. Egli deve
dimostrare interiorizzazione dei valori aziendali, capacità negoziali, capacità di gestire il tempo ed esperienze
diversificate.
LA FUNZIONE DEL S ISTEMA DI BUDGET E IL RUOLO DEGL I STAFF
Nei processi di pianificazione, programmazione e controllo, il sistema di budget assume la funzione di
facilitatore nella ricerca delle reali condizioni operative per l’implementazione efficace e tempestiva delle
scelte e delle decisioni della programmazione, monitorando ed integrando opportunamente gli stimoli
all’innovazione ed allo sviluppo contenuti nei progetti e nelle scelte strategiche aziendali.
Il budget ha la funzione di garantire una rappresentazione dello svolgimento dei progetti, attraverso il
monitoraggio delle attività, l’identificazione dei cicli decisionali, dei vincoli e delle connessioni tra i diversi
attori ed ambiti della programmazione aziendale. A fini di controllo va predisposta una gamma di parametri
di misurazione del successo del progetto, che sia in grado di identificare le priorità e di porle in relazione
con il sistema di obiettivi aziendale.
Per garantire che i responsabili ed i componenti del gruppo di progetto siano motivati a lavorare
intensamente ed in modo contributivo è essenziale che il budget rispetti almeno due condizioni:
ASSETTO ORGANIZZATIVO E FORME DI GESTIONE
175
• deve prevedere orientamenti a tempi ed obiettivi intermedi rispetto a quelli propri delle unità
funzionali di provenienza;
• la valutazione deve avvenire su obiettivi globali, che includano quelli degli organi di provenienza del
gruppo di progetto, per evitare sistematiche preferenze per gli orientamenti individuali e di parte.
Una parte rilevante nella gestione del progetto è svolta dagli organi di staff, che in alcuni casi possono
assumere una forte caratterizzazione come centri di expertise, che sviluppano sistematiche conoscenze. Le
capacità progettuali degli staff possono essere utilizzate nell’ambito di processi di collaborazione e lavoro
comune, con modalità di relazione più o meno flessibili di quanto avviene per la tecnostruttura tradizionale,
che affianca la line offrendole specifici strumenti di programmazione, controllo e regolazione del
funzionamento aziendale.
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PROJECT MANAGEMENT
176
LAVORARE PER PROGETTI: LE RICADUTE ORGANIZZATIVE
177
LAVORARE PER PROGETTI :
LE RICADUTE ORGANIZZATIVE
Paolo Rotondi
Docente Area Public Management & Policy
SDA BOCCONI – School of Management – Milano
PREMESSE
La proposta di riorganizzare in rete i servizi per le tossicodipendenze può rappresentare
un’opportunità per ripensare con maggiore cura al tema dell’organizzazione dei servizi.
Un primo passaggio di questo lavoro può essere rappresentato da una migliore capacità di distinguere
organizzazione da istituzione.
Oggi, infatti, il termine organizzazione viene utilizzato per indicare sia un determinato Soggetto Sociale,
con espressioni come “l’ Ospedale oppure il Sindacato è un’organizzazione”, sia per indicare una particolare
attività che si svolge all’ interno di tali soggetti, oppure che non vi si svolge: è il caso di espressioni quali “in
questo servizio manca organizzazione”.
Può essere utile designare il “soggetto” o attore sociale con il termine istituzione, mentre il termine
organizzazione va riservato all’attività che si svolge al suo interno.
In generale, entrambi hanno a che fare con il tema del governo di alcuni passaggi critici, in particolare il
passaggio risorse-risultati e risultati-finalità.
Schematicamente possiamo illustrare tale distinzione col seguente grafico (Fig. 1).
Si tratta di una distinzione non sempre facile, né da considerare assoluta, ma molto utile ad orientare
l’azione dei dirigenti, che troppo spesso tendono a concentrare la propria attenzione sull’ asse risorse-
finalità, perdendo di efficacia.
Ad esempio, la richiesta di aumenti di risorse, a fronte di “nuove” finalità, indebolisce il ruolo dirigente
PROJECT MANAGEMENT
178
per due fondamentali ragioni: lo obbliga a muoversi nell’ambito delle logiche politiche, sulle quali non
sempre ha potere o competenze adeguate; sottrae attenzione al governo del passaggio risorse-attività, che è
il luogo di espressione delle competenze organizzative e gestionali correttamente intese.
A lungo andare, la debolezza delle logiche organizzative in rapporto a quelle politiche indebolisce il
ruolo dei dirigenti, e compromette una dialettica corretta con le istanze politiche.
La distinzione porta con sé anche la differenziazione fra finalità e obiettivi e l’opportunità che l’azione
organizzativa sia orientata agli obiettivi.
F ig .1: Di stinz ione tra i sti tuz ione e organizzazione
Le finalità sono le ragioni d’essere della realtà organizzata, e sembrano quindi più utili a definire il livello
istituzionale. Per esempio in sanità le finalità sono il miglioramento della salute, oppure l’assistenza alle
persona, cioè qualcosa da un lato molto stabile nel tempo, dall’altro poco utile a orientare l’azione in modo
specifico e dettagliato.
Le attività, invece, indicano il risultato o l’effetto immediato di una serie di azioni compiute all’interno
dell’organizzazione. Al contrario delle finalità, esse costituiscono un dato puntiforme e infatti, se si cerca di
definire a cosa serve l’organizzazione? Partendo dalle attività, si ottiene una risposta riduttiva e puntiforme:
nessuno può essere soddisfatto dal veder definito un ospedale solo dalla produzione di un certo numero di
ricoveri o di interventi chirurgici. Una possibile sintesi fra le due posizioni può essere individuata indicando
l’organizzazione come mezzo che serve a raggiungere degli obiettivi.
Gli obiettivi sono un costrutto che si situa in posizione intermedia fra le finalità e le attività. Con questa
parola si indica qualcosa che è già definito come impegno, ma non ancora realizzato come risultato. Una
realtà così rappresentata può essere un buon motore dell’azione di persone e gruppi, posto che essi si
sentano veramente vincolati da questo impegno. L’associazione fra obiettivi e incentivi ha proprio lo scopo
di rafforzare questo patto.
LAVORARE PER PROGETTI: LE RICADUTE ORGANIZZATIVE
179
Capacità e competenza, sia nel definire obiettivi, sia nel mantenere la tensione a raggiungerli,
determineranno la qualità dei risultati del gruppo di progetto, e più in generale dell’organizzazione. Altra
caratteristica costitutiva degli obiettivi, è il fatto che, proprio per la loro natura di impegni, essi vanno di volta
in volta definiti e concordati attraverso un sistema più o meno esplicito di negoziazione. Ancora oggi si
sconta una certa approssimazione nella definizione degli obiettivi, con importanti conseguenze sul piano
dell’azione organizzativa, che non possono che accentuarsi in caso di lavori per progetto.
L’accento sull’azione organizzativa è una decisa scelta a favore di un’idea di organizzazione che sembra
essere, tra le molte proposte, la più adatta a spiegare e supportare gli operatori dei servizi professionali.
Va comunque detto che si tratta di una scelta, perché il termine organizzazione indica cose anche
molto diverse fra loro.
Come suggerisce Zan (1991), la domanda “Che cosa è un’organizzazione?” è solo apparentemente
banale. Secondo Bergamaschi (2000) la parola organizzazione, oltre a essere intesa come disciplina
organizzativa, richiama un’attività finalizzata svolta da più parti di un insieme coordinato; il termine può
assumere quattro distinti significati:
• organizzazione come assetto organizzativo e quindi componente dell’azienda;
• organizzazione come azione organizzativa, ossia specifica attività o funzione tesa a definire
l’assetto organizzativo di un’azienda;
• organizzazione come carattere di un insieme di elementi finalizzati e coordinati; si parla in
questo caso di lavoro coordinato;
• organizzazione come teoria che orienta l’intervento sull’organizzazione.
È possibile quindi rispondere a questa domanda definendo l’organizzazione come un sistema di
relazioni relativamente stabilizzate, regolate e orientate a un fine. In quanto modalità di regolazione dei
rapporti fra persone, l’organizzazione va considerata come un principio culturale piuttosto che come un
meccanismo di comando (Saggin A., Rotondi P., 2002).
Anche la domanda “Di che cosa è fatta l’organizzazione?”, pur apparendo semplice, è tutt’altro che
banale. È fatta di tecnologie e spazi fisici. Se però si prova ad approfondire questi concetti in pratica, se ne
scopre la problematicità, basti pensare ai criteri di inclusione delle persone, che non sono mai del tutto
chiari (i volontari fanno parte dell’organizzazione?); inoltre, partendo da questi concetti, si può ancora
chiamare organizzazione una realtà nella quale parte del lavoro viene svolta attraverso tecnologie di
collegamento, con operatori virtuali? Occorre dotarsi delle competenze utili per rispondere nel tempo a
questa domanda, aggiornando il concetto di risorse, di tecnologie e di spazi, considerando anche queste
come un problema da risolvere e non come un dato stabile e modificabile.
Oltre alle variabili di contesto, gli elementi che più comunemente vengono utilizzati per definire di che
cosa sia fatta un’organizzazione sono le leve organizzative (struttura, meccanismi e potere): secondo idee
PROJECT MANAGEMENT
180
ancora molto diffuse anzi, organizzazione si identifica con struttura organizzativa, cioè con il sistema di ruoli,
di rapporti fra ruoli e di gerarchia.
Forse è opportuno pensare che l’organizzazione sia fatta di ruoli e gerarchia, ma anche di regole di
funzionamento; anzi, più si ragiona secondo un modello professionale, più si individuerà anche nei
meccanismi operativi, ciò di cui l’organizzazione è fatta.
Da ultimo è bene ricordare come un numero crescente di teorie appoggi l’idea che le organizzazioni
siano (fatte di) cultura, cioè “un insieme di assunti di base inventati, scoperti o sviluppati da un gruppo, quando
impara ad affrontare i propri problemi di adattamento col mondo esterno e di integrazione al suo interno, e che
viene considerato un modo corretto di percepire, pensare, sentire in relazione a quel problema” (Schein, 1990).
L’azione organizzativa si sostiene con due modalità particolari (Rotondi, 2000).
Non si tratta di modalità mutuamente esclusive, quanto piuttosto integrabili in funzione delle
caratteristiche delle singole realtà concrete.
Si sostiene che più si tratta di azioni organizzative svolte in contesti professionali, più il “peso”
dell’azione stessa si sposta sul lato della cultura.
Questo è particolarmente vero per i progetti nei quali spesso non c’è disegno di struttura tale da
poter gestire con successo quote importanti dell’attività di organizzazione. Provando a declinare questo
schema in un’organizzazione per progetti, si possono mettere in luce alcuni punti chiave.
Anche se dal punto di vista dell’azione organizzativa la dimensione culturale è la più significativa, è
difficile descriverla in modo analitico, proprio per la particolarità e la specificità di questo dato in ogni singola
realtà operativa. Può essere utile, in ogni modo, indicare almeno alcuni punti di attenzione generali, relativi a
questa importante dimensione della vita organizzativa.
F ig . 2 : I p i las tr i de l l ’az ione organizzativa
L’elemento della cultura più facilmente riconoscibile sono le abitudini. È importante perciò monitorare
almeno quei comportamenti stabili o ripetuti che maggiormente influenzano l’attività per progetti.
LAVORARE PER PROGETTI: LE RICADUTE ORGANIZZATIVE
181
Innanzitutto quindi le abitudini in rapporto alla comunicazione, ed in particolare l’attenzione alla modalità di
ascolto ed alla restituzione di feedback.
Le abitudini si costruiscono molto rapidamente e spesso in modo non sufficientemente “pensato” e
sono poi difficili da correggere. Impostare correttamente la comunicazione interna al gruppo, non “lasciar
correre” su modalità scorrette o trascurate su questo punto, può essere di grande importanza per il
successo del lavoro per progetti.
L’attenzione alla cultura non può essere ritenuta “esclusiva” di alcuni: è proprio il fatto che rappresenti
un campo in cui ciascuno può intervenire a renderla un prezioso strumento di integrazione, ma le
“competenze” necessarie e l’investimento richiesto non sono minori di quelli necessari per ricoprire ruoli di
autorità.
Quanto detto per la comunicazione, vale anche per le abitudini che si costruiscono attorno all’uso
delle risorse: persone, tempo e strumenti. Il più immediato punto di attenzione è l’uso dei momenti comuni di
lavoro: le abitudini che si strutturano in questo ambito (puntualità, ordine nei lavori, uso efficiente del
tempo, contenimento della dispersione, assunzione diretta degli impegni, stabilità della presenza ai momenti
di lavoro…) sono una preziosa cartina di tornasole della cultura generale che si sta costruendo all’interno
del team di progetto.
La cultura organizzativa presenta poi due altri livelli, uno più “profondo” (quello degli assunti di base)
ed uno più operativo (quello degli strumenti in senso stretto), che possono essere utilmente governati dalla
leadership di progetto, e resi facilmente “accessibili” da un lavoro accurato sulle abitudini.
I nodi più critici dal punto di vista della “struttura” sono:
• definire il sistema di responsabilità e gli spazi d’azione, cioè i ruoli, dei diversi operatori coinvolti
nel progetto;
• definire i più importanti sistemi operativi, individuando, oltre agli strumenti di supporto, le
responsabilità in ordine al loro funzionamento:
• il piano operativo di progetto;
• il timing di progetto;
• il budget.
I RUOL I
Per quanto riguarda i ruoli, è di assoluta importanza la corretta definizione del ruolo del responsabile di
progetto, che è il responsabile formale del progetto nel suo complesso e deve garantire che il risultato finale
sia realizzato in coerenza con i costi, i tempi e le caratteristiche tecniche definite inizialmente. Questa
responsabilità si declina attraverso un’opera di integrazione e di coordinamento degli sforzi di tutti i
partecipanti al progetto (Baglieri E., 1999).
PROJECT MANAGEMENT
182
All’interno di uno scenario e di obiettivi definiti da altri, infatti, il responsabile di progetto deve
perseguire risultati non completamente stabiliti a priori, operare in ambienti caratterizzati dall’incertezza e
integrare attori e fattori diversi attraverso attività di:
• pianificazione;
• organizzazione;
• individuazione di competenze;
• valutazione;
• direzione;
• controllo;
• impulso e sostegno alle relazioni necessarie alla riuscita del progetto.
Il ruolo di responsabile di progetto si differenzia dai più tradizionali ruoli aziendali perché di regola non
dispone di autorità formale, non può far valere dipendenze gerarchiche rispetto ai partecipanti: il ruolo è
legittimato solo dalla responsabilità che gli viene assegnata e si qualifica come ruolo di influenza senza autorità,
che si fonda sull’autorevolezza derivante dalle sue competenze tecniche e personali.
In relazione a progetti diversi e a differenti contesti organizzativi il ruolo del responsabile di progetto
assume particolari dimensioni, che è possibile individuare confrontandole con il ventaglio dei ruoli
manageriali (Mintzberg, 1973):
• RUOLI INTERPERSONALI, che assumono una particolare rilevanza per la gestione dei processi senza
autorità:
• ruolo di liason, di collegamento con attori esterni ed interni e di gestione di relazioni
orizzontali nel gruppo e con altri interlocutori, per garantire una rete di rapporti e quindi la
comunicazione relativa ai diversi aspetti di gestione del progetto;
• ruolo di leader, per la creazione di climi di fiducia e di motivazione all’interno del gruppo,
ruolo centrale per la gestione dei conflitti;
• ruolo di figurehead, rappresentante dell’organizzazione in tutte le questioni formali,
significativo in alcuni momenti di relazione con il cliente esterno.
• RUOLI INFORMATIVI, le cui dimensioni sono strategiche per la capacità di influenza del responsabile
di progetto:
• ruolo di monitor, di ricevente e collettore di informazioni, connesso alla raccolta di segnali sia
sugli aspetti razionali che relazionali della gestione del progetto;
• ruolo di disseminator, di trasmissione di informazioni verso l’organizzazione, che comporta
notevoli responsabilità in rapporto all’efficacia della comunicazione relativa al progetto;
LAVORARE PER PROGETTI: LE RICADUTE ORGANIZZATIVE
183
• ruolo di spokesman, di portavoce delle informazioni verso l’ambiente esterno, connesso alla
verifica della rispondenza tra l’evoluzione del progetto e le richieste del cliente.
• RUOLI DECISIONALI, pur essendo meno caratterizzanti i ruoli del responsabile di progetto,
rappresentano comunque importanti aree di azione:
• ruolo di entrepreneur; di agente del cambiamento, per quanto riguarda le modalità di azione;
• ruolo di disturbance handler, di gestore delle difficoltà che possono minacciare il progetto, si
occupa di valutare possibili scostamenti rispetto ai piani, individuare e intraprendere azioni
correttive, compensare variazioni di risorse, etc.;
• ruolo di resource allocator, connesso alle azioni di pianificazione, di approvvigionamento di
risorse;
• ruolo di negotiator, sia nei confronti dei membri del gruppo sia verso gli interlocutori esterni.
L’analisi delle possibili dimensioni del ruolo del responsabile di progetto consente di individuare le
competenze richieste per assumerlo efficacemente:
• competenze tecniche: conoscenza di alcune discipline di base per trattare adeguatamente
con gli specialisti e comprovata esperienza in alcune aree specialistiche;
• competenze gestionali: buona conoscenza degli strumenti di programmazione e controllo
(tecnico-finanziario); esperienza nell’uso dei meccanismi di coordinamento (PERT, CPM,
team e procedure); buona confidenza con i sistemi informatici;
• competenze relazionali: competenza nell’interpretare le dinamiche relazionali interne al
gruppo e nell’organizzazione; competenza di leadership e di negoziazione; capacità di
utilizzare in modo efficace le modalità di comunicazione disponibili.
S ISTEMI OPERATIVI
P iano operat ivo di progetto
Un secondo nodo strutturale è rappresentato dalla definizione di un piano operativo di progetto,
quindi la definizione di obiettivi e compiti del gruppo e la costruzione di programmi, per chiarire le fasi
temporali in cui si dovranno realizzare i compiti ed individuare le responsabilità.
Gli aspetti principali del piano di progetto sono rappresentati da:
1. obiettivi del progetto: che cosa deve essere fatto;
2. attività da svolgere: come deve essere fatto;
3. competenze necessarie: quali conoscenze e capacità;
4. definizione e assegnazione: chi lo deve fare;
PROJECT MANAGEMENT
184
5. scheduling del progetto: quando si deve fare;
6. definizione e assegnazione delle risorse economiche di progetto: quanto costa;
7. sistema di controllo: come verificare;
8. aspetti di attenzione e modalità di soluzione dei problemi: quali fattori di rischio.
Le principali tecniche di supporto per gestire gli aspetti elencati sono:
• WBS (Work breakdown Structure) e forme derivate: utili per i primi due punti;
• Matrice di responsabilità: necessaria per gestire adeguatamente le fasi 2 - 4;
• Rappresentazioni reticolari e diagramma di Gantt, per gestire le fasi 2 - 5;
• Budget di progetto: necessario per definire il punto 6.
• Sistema di reporting e sistema informativo: utile per il punto 7.
T iming
L’esperienza pratica del lavoro per progetti indica che la variabile maggiormente critica, cioè più difficile
da gestire, non è rappresentata dagli strumenti, ma dal tempo. Per questa ragione sembra utile analizzarla
più approfonditamente, anche perché sulla gestione del tempo convergono sia gli aspetti di cultura sia gli
aspetti di struttura. È opportuno suggerire alcuni punti di attenzione in rapporto sia all’efficienza sia
all’efficacia, per gestire una delle risorse chiave, assieme alle persone, per il funzionamento del gruppo.
Il tempo, dal punto di vista dell’efficienza, è il tempo cronologico e merita un’attenzione e una cura
maggiore di quello che normalmente gli viene riservato nelle organizzazioni sanitarie, infatti una delle
lamentele che frequentemente portano le persone impegnate in gruppi di lavoro e che non si sa bene
quanto tempo portino via. In particolare è sensazione diffusa quella di perdere tempo quando si partecipa
alle riunioni sia di scambio sia decisionali. Senza entrare nel merito dell’idea di inutilità, che spesso è collegata
alla convinzione che è sufficiente uno che decida, pregiudicando di fatto l’utilizzo del gruppo, altrettanto
frequentemente il giudizio viene espresso per la scarsa attenzione che viene posta al tempo.
Sicuramente molte persone hanno modificato il proprio pregiudizio sul lavoro di gruppo, dopo aver
sperimentato una oculata gestione del tempo di lavoro in gruppo, associata al rispetto/valorizzazione del
tempo dei singoli partecipanti. L’incremento della capacità di governare il tempo, correlata con l’attenzione
agli altri fattori di efficienza del gruppo, può concretizzarsi in azioni del tipo:
• predefinire il tempo richiesto ad ogni persona in termini di ore o di giornate di lavoro;
• utilizzare questa definizione come impegno per utilizzare al meglio i contributi dei singoli;
• fissare all’inizio del lavoro le date degli incontri nel caso si tratti di un lavoro di gruppo che
prevede più incontri, in questi casi una causa frequente di inefficienza è legata alla difficoltà
LAVORARE PER PROGETTI: LE RICADUTE ORGANIZZATIVE
185
di concordare di volta in volta gli incontri “allineando le agende” strada facendo, cioè di
volta in volta;
• diffondere fra tutti i membri del gruppo la responsabilità dell’utilizzo ottimale del tempo, sia
proprio, sia degli altri membri del gruppo.
L’attenzione all’utilizzo del tempo deve entrare nella cultura delle persone che lavorano in gruppo.
Tenere i singoli momenti del lavoro di gruppo governati dal punto di vista dell’efficienza, non significa
enfatizzare una gestione spersonalizzante del tempo, ma ribadire che se non si sceglie all’inizio del lavoro di
gruppo come gestire anche questa risorsa e non solo le variabili operative, spesso non vengono raggiunti i
compiti e talvolta questo può essere causa del non raggiungimento degli obiettivi. Un’esperienza comune è
di partecipare a gruppi che non si preoccupano né di fissare il calendario né le date degli incontri e che
spesso restano buone intenzioni, cioè falliscono anche se ci sono buone intenzioni.
Da un punto di vista dell’efficacia, la gestione del tempo si traduce nella gestione dei tempi logici, che
possono essere tradotti in fasi del lavoro, sia considerando l’intero ciclo del lavoro del gruppo sia i singoli
momenti del lavoro di gruppo. Sono tre i momenti pratici più importanti per un’accurata gestione del
tempo logico:
• scambio di informazioni;
• elaborazione;
• decisione.
Queste fasi non sono nettamente separate e separabili, ma è vantaggioso operare per tenerle
separate e in sequenza, per quanto è possibile, considerando i tempi e i costi necessari per ulteriori passaggi
nelle fasi logicamente precedenti. Frequentemente accade di dover ritornare a una fase di informazione e di
rielaborazione, perché si fa entrare molto tardi nelle fasi del gruppo qualcuno che porta informazioni
importanti, che non erano state previste.
Evidentemente non si possono dare prescrizioni né circa la durata delle fasi, né circa la loro
successione ideale all’interno del gruppo.
Come per l’organizzazione, sono le persone la risorsa principale del gruppo: saranno oggetto di
trattazione in uno specifico capitolo le competenze personali che si rivelano più utili per il lavoro per
progetti.
PROJECT MANAGEMENT
186
B IBLIOGRAFIA
Baglieri E., Biffi A., Coffetti E., Ondoli C., Pecchiari N., Pilati M. (1999): Organizzare e gestire progetti. Competenze per il project
management. ETAS, Milano.
Bergamaschi M. (2000): L’organizzazione nelle aziende sanitarie. In: M.Bergamaschi (a cura di): L’organizzazione nelle aziende sanitarie.
McGraw-Hill, Milano.
Rotondi P. (2000): Cultura e leadership nelle aziende sanitarie. In: M.Bergamaschi (a cura di): L’organizzazione nelle aziende sanitarie.
McGraw-Hill, Milano.
Saggin A., Rotondi P.(2002): Persone e Organizzazioni. Lo sviluppo delle competenze personali nelle aziende saniitarie. McGraw Hill, Milano.
Schein E. (1990): Cultura d’azienda e leadership. Una prospettiva dinamica. Guerini e Associati, Milano.
Zan S. (1991): I molti modi di essere delle organizzazioni, in Depolo M. e Sarchielli G. (a cura di) Psicologia dell’organizzazione. Il Mulino,
Bologna.
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
187
LAVORARE PER PROGETTI :
LE COMPETENZE PERSONALI
Alessandra Saggin
Docente Area Public Management & Policy
SDA BOCCONI – School of Management – Milano
INTRODUZIONE
L’adozione del Project Management interessa molteplici settori e imprese, non solo sanitarie; tale
disciplina è nata e si è sviluppata proprio per consentire la governabilità di processi complessi, nel rispetto di
obiettivi prefissati e vincolanti di tempi, costi e qualità (Baglieri e altri, 1999).
Il governo della complessità e dell’incertezza è garantito però non solo dal poter utilizzare strumenti,
come quelli forniti da questa disciplina, ma anche dallo sviluppo di una cultura dell’integrazione. Sono ancora
numerosi i casi in cui questo aspetto viene trascurato: si ritiene infatti che la dotazione di sofisticati strumenti
software garantisca automaticamente il successo, ma l’esperienza dimostra che: dotare una o mille persone in
azienda di un pacchetto software con il quale ciascuno “controlla” i propri progetti non significa avere un sistema
di Project Management: può forse aiutare a migliorare la produttività individuale (Boldi, 1999).
Basti pensare alle situazioni in cui le persone vengono dotate di programmi anche sofisticati di
schedulazione dei tempi, ma poi non sono convocate riunioni periodiche di avanzamento del progetto,
oppure, se fissate, non sono gestite con cura o addirittura “disertate”. Come pure accade che si costituisca
un sistema centralizzato, ma che gli standard procedurali e di codifica delle informazioni non vengano
condivisi o utilizzati, vanificando nella pratica la pianificazione.
Lavorare per progetti è un lavoro ad alta integrazione, risultato che non si ottiene automaticamente ma
va costruito e la sua qualità dipende dal valore delle competenze che ciascuno mette in gioco (Saggin,
Rotondi, 2002). Integrazione è il termine col quale, in ambito organizzativo, si definisce la collaborazione, ed
PROJECT MANAGEMENT
188
è il risultato della capacità di comunicazione, coordinamento e cooperazione.
• La comunicazione permette di trasferire informazioni e conoscenze da un punto all’altro del sistema
ed è una premessa al coordinamento, che regge, appunto, sulla disponibilità di informazioni in
merito alle possibilità di azione di altri nell’organizzazione.
• Il coordinamento consente a ciascun attore di agire con la consapevolezza che la sua azione è
allineata e attesa in ogni altro punto del sistema.
• La cooperazione permette di valorizzare il coordinamento in termini di equità relazionale e di
consapevolezza di essere protagonisti della performance dell’organizzazione.
Per questo, quando un’organizzazione fallisce sulle tre C, il suo essere viene meno (Turati, 1998).
Si propone la descrizione delle competenze più utili a garantire la collaborazione, a partire dalle
difficoltà che più comunemente sono riferite dalle persone che lavorano per progetti, e che possono
determinare il fallimento del progetto stesso:
• Conoscenza imprecisa del progetto nel suo insieme, scorretta definizione iniziale dei tempi, dei
metodi, degli obiettivi.
• Obiettivi non chiari, oppure non condivisi, insufficiente allineamento fra gli obiettivi personali e
quelli di gruppo, con scarso senso di appartenenza.
• Scadente qualità dei rapporti fra le persone, che si evidenzia con comportamenti caratterizzati da
scarso ascolto reciproco, bassa disponibilità al confronto e all’espressione delle opinioni personali,
critiche distruttive e altri comportamenti aggressivi.
• Incapacità del coordinatore di garantire la tenuta psicologica del gruppo nei momenti di difficoltà
e/o di stanchezza.
• Insufficiente cura nella gestione del tempo.
• Numero elevato di persone.
LE COMPETENZE PER LA COLLABORAZIONE
Saranno analizzate le competenze personali che si sono dimostrate più utili per il lavoro per progetti, a
partire dalla definizione di competenza.
Non c’è ancora un consenso generale sul termine competenza, che è generalmente usato in modo
estensivo ed eclettico, per proporre approcci anche molto diversi fra loro che spesso si ignorano, tuttavia è
utile fornire una descrizione di alcuni aspetti peculiari delle competenze.
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
189
La competenza è:
• “una caratteristica intrinseca di un individuo casualmente collegata ad una performance eccellente
in una mansione, si compone di motivazioni, tratti, immagine di sé, ruoli sociali, conoscenze e
abilità” (Spencer e Spencer, 1993);
• “il sapere pratico che permette il controllo delle incertezze (…) e nessuna incertezza e nessuna
competenza sono date una volta per tutte” (Friedberg, 1993);
• “la capacità di dialogo con il contesto, in cui, come in una conversazione, pur all’interno di un
sistema di conoscenze (le parole) e di regole (turno, ritmo, modalità formali, etc.) che sono note,
non tutto è prevedibile, ma l’efficienza e l’efficacia dell’interazione è mantenuta attraverso una
continua gestione di ciò che di inaspettato accade” (Schon, 1992).
Di che cosa è fatta/come si costruisce una competenza?
Ogni competenza si evidenzia con pensieri e comportamenti, si valuta a partire da questi, ed è
costituita da tre elementi:
• capacità;
• conoscenze;
• esperienze finalizzate.
La capacità rappresenta l’elemento di stabilità, ed è la dotazione personale (caratteristica interna) che
permette di eseguire con successo una determinata prestazione, l’elemento di sviluppo è invece dato dalle
conoscenze e dalle esperienze finalizzate; la motivazione personale e il contesto possono facilitare od
ostacolare tale processo di costruzione e sviluppo (Levati e Saraò, 1998).
La capacità è l’espressione di un’attitudine (substrato costituzionale) che ha trovato occasioni interne
(motivazione) ed esterne (contesto) di esercizio, cioè di lavoro.
Le conoscenze e le esperienze finalizzate rappresentano gli elementi che permettono la
trasformazione dell’insieme delle capacità in competenze e ne sono parti integranti. Solo le esperienze
finalizzate, infatti, permettono la maturazione e l’arricchimento di capacità e conoscenze, facendo diventare
una persona competente, e all’opposto il “mancato esercizio”, per un certo tempo, rende la persona meno
competente. Conoscenze ed esperienze, quindi, non sono semplici “titoli” da esibire su un curriculum, ma
costituiscono un patrimonio personale di risorse, consolidato con la continua utilizzazione.
PROJECT MANAGEMENT
190
Le competenze non rappresentano un dato statico: esse seguono il dinamismo della persona.
Poiché “la competenza non è collegata al semplice saper fare, ma al saper utilizzare la riflessione
retrospettiva, per cogliere il senso delle azioni” (Weick, 1995), è importante sottolineare che diventa
competente solo chi agisce e riflette sul suo agire. Di conseguenza, la persona che pretende di muoversi con la
certezza a priori di “fare la cosa giusta” “prendere la decisione giusta una volta per tutte” per “non pensarci
più” non potrà aumentare le proprie competenze.
Ogni competenza è strettamente connessa al contesto di riferimento: una stessa persona può, quindi,
essere valutata competente in grado elevato in un’organizzazione, e ricevere una valutazione diversa per gli
stessi comportamenti in un’altra organizzazione, per questo alcuni autori descrivono la competenza come il
sapere pratico, cioè la capacità di sintonizzarsi con il contesto. Questa seconda considerazione mette in
evidenza la necessità di definire e ri-definire le proprie competenze lungo tutto l’arco della vita lavorativa.
Le competenze non sono un dato di natura, per questo ciascuno può sviluppare le proprie
competenze, purché sia consapevole della necessità di compiere un lavoro, necessariamente personale, per
svilupparne gli elementi costitutivi e non si imponga di seguire pedissequamente elenchi di comportamenti
ottimali suggeriti da altri (ritenuti più competenti). Ciò vale non solo per le competenze tecniche, ma anche
per quelle relazionali che più frequentemente tendono ad essere considerate “naturali”; basti pensare alle
comuni considerazioni come ad esempio: “se non sono capito al volo, lascio perdere: non sono portato per
discutere”.
Il lavoro di costruzione delle competenze è personale, ma è sicuramente favorito dall’utilizzo di
tecniche dirette (formazione, supervisione, counseling, coaching) e indirette (la valutazione delle
competenze).
Di seguito saranno descritte le competenze che sono più direttamente collegate al favorire un
soddisfacente grado di collaborazione. Ricollegandoci al modello su esposto, in questa sede possono essere
fornite solo conoscenze e spunti di riflessione, che non dovrebbero essere utilizzati come modelli di
comportamento ottimale, ma come traccia per valutare il grado di competenza posseduto e per disegnare
eventuali percorsi formativi.
Affrontando la tematica della collaborazione è opportuno definire preliminarmente il termine rapporto,
come un sistema di obblighi reciproci, mantenuti “per amore o per forza”, fra due diversi ordinamenti, quello
personale e quello dell’altro. Tale sistema presenta costantemente un problema di equilibrio fra i due
ordinamenti: la vera sfida in ogni rapporto sta nel cercare un equilibrio soddisfacente fra istanze personali e
istanze dell’altro.
Si possono descrivere due differenti forme di rapporto, sostenute da idee molto diverse:
• idea di rapporto inteso come comando o imperativo (“povero”, perché impoverisce il rapporto);
• idea di rapporto inteso come invito, non imperativo, sollecitante la libertà dell’altro (“ricco”, perché
arricchisce il rapporto).
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
191
La forma del rapporto come comando, non si riferisce al comportamento “dare comandi o ordini”,
ma al fatto di pensare al rapporto come comando imperativo, costruito sul presupposto che l’altro non
abbia libertà di risposta, quindi annullante la libertà dell’altro. Si evidenzia tipicamente con l’espressione
automaticamente, termine che rivela la convinzione che l’altro debba muoversi automaticamente, essere
automaticamente d’accordo (quindi non occorre parlargli), scattare come una molla. Questa idea è spesso
sostenuta dalla convinzione che il comando sia la modalità che garantisce più efficienza, e nel breve periodo
può essere vero, ma sottovalutano la ricaduta personale di questo modo di pensare (ostilità, disinteresse,
passività). Tale forma di rapporto ha in realtà un’efficacia relativa, anzi nel tempo si rivela né efficiente né
efficace, perché, ostacolando la soddisfazione, impedisce anche la configurazione di rapporti collaborativi,
che sono quelli realmente necessari per lavorare in gruppo.
La forma dell’invito invece, prevede la libera adesione dell’altro alla proposta di un soggetto, quindi
vieta di sopprimere lo spazio dell’altro nel rispondere. Il rapporto visto come invito è offerta di
collaborazione, di partnership e sembra un rischio, perché include la possibilità di una risposta negativa
dell’altro. Appare intuitivo che solo questa seconda forma di rapporto rende possibile lavorare
efficacemente in gruppo.
Saranno descritte alcune delle competenze personali che permettono a ciascuno di costruire patti
soddisfacenti con altre persone e con gruppi, e che si rivelano particolarmente adatte a guadagnarsi il
consenso dell’altro.
CURARE I RAPPORTI ORIENTANDOLI ALLA COLLABORAZIONE
La competenza nel curare i rapporti si basa su diverse capacità, fra le quali le due più importanti sono
la capacità di comunicazione e quella di ascolto.
La capac ità d i comunicaz ione
Il termine comunicare significa mettere in comune, quindi indica un rapporto fra (almeno due) soggetti
che renda possibile appunto mettere in comune qualcosa, e la comunicazione è il processo che porta alla
costruzione di significati comuni.
Molto diffusa è l’idea, scorretta, che saper comunicare corrisponda al saper convincere un’altra
persona ad accettare la propria idea, o a eseguire una richiesta. Da qui deriva il pensiero che quando
l’interlocutore risponde negativamente ad una richiesta, ciò sia dovuto a una cattiva comunicazione da parte
del richiedente, mentre invece va invece ricondotto alla libertà che ciascuno ha nel rapporto di sanzionare
positivamente o negativamente la richiesta dell’altro.
PROJECT MANAGEMENT
192
Altrettanto scorretta è la convinzione che la comunicazione sia un fine, che si traduce spesso in una
sorta di imperativo a dover comunicare; in realtà la comunicazione è il mezzo utile a raggiungere il fine di
costruire e mantenere rapporti qualitativamente soddisfacenti.
Le caratteristiche dello strumento comunicazione saranno descritte analizzando i tre assiomi sulla
pragmatica della comunicazione, che partono dall’assunto:
“Tutto il comportamento, e non soltanto il discorso, è comunicazione, e tutta la comunicazione – compresi i
segni del contesto interpersonale – influenza il comportamento”. (Watzlawick, Beavin e Jackson, 1967).
Assioma 1
Non si può non comunicare: “Le parole o il silenzio, l’attività o l’inattività hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri non
possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro”.
Il primo assioma stabilisce la coincidenza fra comportamento e comunicazione, viene quindi abolita
l’opzione non comunicare, che verrebbe a coincidere col non comportarsi, che è evidentemente un’assurdità.
Accettare questa assunzione, implica spostare il punto di fuoco dalla presenza/assenza di comunicazione alla
sua efficacia.
La questione non è quindi rappresentabile con l’antinomia comunicare Vs non comunicare, ma con
quella comunicare in modo efficace Vs non efficace, perciò diventa fondamentale che siano chiariti gli
obiettivi del processo comunicativo (Che cosa voglio ottenere?), in relazione ai quali è possibile un giudizio di
efficacia.
Considerando i sei elementi del processo comunicativo (fonte, codifica, trasmissione, ricezione,
decodifica del messaggio e feedback), quando si lavora per progetti è richiesta una particolare cura non solo
alla costruzione e all’invio del messaggio, ma soprattutto alla ricezione del messaggio e del feedback. Se il
problema non è più dire, ma farsi capire, può essere utile ricordare i fattori che possono ostacolare il
raggiungimento di questo obiettivo:
Il fenomeno della dispersione
Si tratta di un fenomeno per cui buona parte del messaggio orale, inviato con la modalità a una via,
cioè senza la partecipazione attiva dell’interlocutore, non viene recepito o viene dimenticato
dall’interlocutore. Ipotizzando di voler trasmettere 100 mediamente si riesce a trasmetterne solo il 70-80%:
tale dispersione è dovuta alla traduzione verbale del pensiero, alla ricerca mentale delle parole più adeguate,
alla necessità di mantenere fluido e scorrevole il discorso. Di solito, quindi si riesce a esprimere, con
maggiore o minore chiarezza, al massimo l’80% di ciò che si desidera comunicare.
Inoltre la ricezione del messaggio è limitata da fattori di carattere fisico (rumori) o psicologico
(distrazione, difficoltà di ascolto, ecc.), come la tendenza ad “aprire la mente” solo a idee già accettate
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
193
(attenzione selettiva). Ciò è particolarmente evidente, ad esempio, quando rivedendo un film o rileggendo
un libro a distanza di tempo si scoprono aspetti o situazioni che non erano state considerate (e il libro o il
film sono gli stessi). In media la ricezione rappresenta il 40-50% di ciò che l’emittente intendeva comunicare.
La comprensione del ricevente è limitata anche da fattori cognitivi, come la tendenza a recepire una
notizia, una parola, una frase col significato che si vuole abbia, anche se nell’intenzione di chi la dice ha un
significato del tutto diverso (percezione selettiva). Ne deriva che in media la comprensione di ciò che
l’emittente intendeva comunicare scende del 20-30%.
Infine, il ricordo del messaggio è ostacolato dalla tendenza a ricordare solo le notizie che hanno
suscitato forti emozioni (approfondimento selettivo). In media si riesce a ricordare non più del 10% di quanto
ascoltato nel corso di un colloquio.
Questi dati sulla dispersione del messaggio evidenziano l’importanza dell’attivazione dello scambio
(feed-back) con l’interlocutore; le percentuali fornite sono rappresentative soprattutto dei processi
comunicativi fra persone che si parlano per la prima volta.
Le interferenze e le barriere alla comunicazione
Si descrivono in particolare le barriere che possono ostacolare il processo comunicativo nel lavoro di
gruppo.
1. Organizzative: se il gruppo di progetto è formato da persone con livelli gerarchici diversi, possono
scattare le barriere d’autorità, che spesso ostacolano fortemente la chiarezza e la franchezza che
dovrebbero connotare gli scambi comunicativi nel gruppo di lavoro. In particolare si deve prestare
attenzione al timore di fare brutte figure, che porta il “sottoposto” a limitare i propri contributi e il
“superiore” a non ammettere dubbi e indecisioni. Particolare attenzione deve essere posta quando
un messaggio deve “transitare” per molte persone: non solo impiegherà molto tempo prima di
raggiungere il destinatario, ma subirà quasi sicuramente parecchie distorsioni (tagli, aggiunte,
modifiche…). Anche la quantità di informazione dovrebbe essere curata, per ridurre le barriere di
saturazione informativa che si configurano quando vengono inviati più input di quanti il ricevente
possa elaborare utilmente, causando disorientamento, fastidio e, nei casi estremi, blocco
dell’azione.
2. Culturali: non solo l’uso di linguaggi specialistici può ostacolare la comprensione, ma soprattutto
l’utilizzo di metafore o esempi, ai quali possono essere attribuiti significati diversi, con la conseguente
evocazione di reazioni emotive differenti. Anche le diverse esperienze possono determinare
interpretazioni divergenti, per effetto della distorsione.
3. Interpersonali: molte persone sono riluttanti ad ascoltare gli altri per il timore di lasciarsi coinvolgere
nei loro problemi personali, compromettendo spesso anche la comunicazione sugli aspetti
lavorativi (carenze di ascolto). Il messaggio viene inoltre valutato, considerato e amplificato in
funzione dell’autorevolezza attribuita all’emittente (status di chi comunica), ne consegue che se non
PROJECT MANAGEMENT
194
si pensa di avere già questo riconoscimento, si deve curare con più attenzione la presentazione del
proprio pensiero, supportandolo con dati o evidenze empiriche, senza partire dalla pretesa di
essere creduti;
Assioma 2
Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione, di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi
metacomunicazione.
Solo di rado le relazioni sono definite con piena consapevolezza, di solito ci si preoccupa più del
contenuto del messaggio. Il secondo assioma ricorda che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e
un aspetto di relazione, e che il secondo definisce il primo. In ogni loro comunicazione, infatti, le persone
usano regolarmente due moduli: numerico, legato al contenuto del messaggio, alle parole, e serve a
scambiare informazione sugli oggetti; analogico, legato al linguaggio dei segni e quindi al settore della
relazione, si riferisce all’espressione del viso, alle posizioni del corpo, ai gesti, alle inflessioni della voce, al
ritmo e alla sequenza delle parole, ai simboli e ai segni presenti in ogni contesto in cui ha luogo una
interazione.
Anche se nessuno esclude esplicitamente l’importanza dell’aspetto relazionale, spesso lo si trascura,
ritenendolo acquisito e definito una volta per tutte, e ci si occupa solo del contenuto numerico (le parole, i
concetti) ritenendo che il successo della comunicazione dipenda prevalentemente da questo. Il contenuto
del messaggio può invece essere confermato o non confermato dagli aspetti non verbali, e cioè le
espressioni del viso, le inflessioni della voce, l’enfasi del discorso e tutti i gesti, volontari e non, che le
accompagnano e che suggeriscono, nel loro complesso, quale sia il vero significato di ciò che viene detto.
L’importanza della comunicazione non verbale non si limita ai colloqui faccia a faccia. Un messaggio
scritto, per esempio, comunica anche con il suo aspetto: può essere battuto ordinatamente al computer,
oppure scribacchiato a mano, su carta di poco prezzo o su carta pergamena, in caratteri più o meno chiari
ed eleganti, e tutto ciò avrà un peso nella decodificazione del messaggio. Ovviamente, nell’inviare il
messaggio si può solo cercare di prevedere il peso del “non verbale”; si tratterà poi di cogliere dal feedback
dell’interlocutore il significato che gli è stato attribuito.
Le più importanti forme di comunicazione non verbale sono rappresentate da:
• linguaggio dei segni, per esempio il cenno del capo per dire “sì” e lo scuotimento per dire “no”, il
saluto militare per dimostrare rispetto e obbedienza;
• linguaggio delle azioni, come le movenze del corpo e le azioni che non hanno l’intento specifico di
surrogare le parole, ma che trasmettono pur sempre un significato. Per esempio puntando l’indice,
si può esprimere un rimprovero; lo sguardo inespressivo può comunicare che l’attenzione è
altrove, oppure che l’interlocutore non capisce quello che gli stiamo dicendo;
• linguaggio degli oggetti: consiste di disegni, schizzi, diagrammi, abiti, accessori, mobili,
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
195
• tutte cose che trasmettono un messaggio;
• paralinguaggio: è il modo di porgere le parole, regolando il tono della voce, il volume e l’altezza del
suono, la rapidità dell’eloquio e altri aspetti fisici del discorrere.
L’espressione del viso, l’abito, l’atteggiamento, il tono della voce, i gesti sono tutti veicoli di
comunicazione di messaggi più o meno espliciti, anche se non facilmente controllabili, per questo
frequentemente possono arrivare a contraddire il messaggio verbale. D’altra parte, soprattutto perché sono
meno controllabili rispetto ad esso, è vantaggioso essere ben ricettivi dei messaggi non verbali che ci
vengono inviati, oltre che essere ben consapevoli del fatto che ciascuno li invia agli altri, più o meno
intenzionalmente.
C’è consenso generale sul fatto che la comunicazione non verbale ha un peso maggiore della
comunicazione verbale sull’effetto di un messaggio, anche se Watzlawick e colleghi evidenziano che, quanto
più una relazione è spontanea e “sana”, tanto più l’aspetto relazionale della comunicazione recede sullo sfondo;
le relazioni “malate”, invece, sono caratterizzate da una lotta costante per la definizione della relazione, mentre
l’aspetto di contenuto della comunicazione diventa sempre meno importante.
Molte situazioni conflittuali nei gruppi di lavoro nascono proprio dalla non accettazione del tipo di
relazione proposta con l’atto comunicativo, anche se per lo più vengono esplicitate come disaccordo sui
contenuti del messaggio o sulla modalità di presentazione. Non è tanto importante quello che una persona
dice, ma come si comporta durante il momento di confronto.
La pragmatica della comunicazione umana distingue due tipi di relazioni:
• la relazione simmetrica o paritetica, basata sull’uguaglianza dei due partner, dimostrata da un utilizzo
simile del tempo a disposizione per la comunicazione e da una pari attenzione e considerazione ai
contributi dei partner;
• la relazione complementare, dove un partner assume la posizione superiore (one-up), e l’altro tiene
la posizione inferiore (one-down).
Non c’è un tipo di relazione migliore o peggiore in assoluto, ma è importante che i partner siano
d’accordo sulle posizioni reciproche. Quando tale accordo viene a mancare normalmente si esplicitano
disaccordi sul contenuto del messaggio, ma quello che realmente si contesta è il tipo di relazione proposta.
Nei gruppi di lavoro si deve diffondere l’abitudine all’aver cura dei rapporti, che significa anche sapersi
sintonizzare con il partner per comprendere qual è il tipo di relazione che può essere accettato.
Assioma 3
La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.
PROJECT MANAGEMENT
196
La comunicazione non è semplicemente una serie ininterrotta di scambi, perché le persone che
partecipano all’interazione introducono il loro modo di raggruppare le sequenze comunicative, che
rappresenta la punteggiatura della sequenza di eventi ed organizza le sequenze informative. Naturalmente in
ogni cultura sono presenti molte convenzioni della punteggiatura. Si può altresì rilevare come all’origine di
numerosi conflitti di relazione ci sia un disaccordo su come punteggiare la sequenza di eventi.
Dato che è impossibile non comunicare, occorre sempre proporsi di farlo con efficacia, avendo cura di
tutti gli aspetti di questo complesso strumento, soprattutto nel gruppo di lavoro. Lasciare le cose al caso
significa invece comunicare proprio ciò che non si vorrebbe, sciattezza, incongruenza, incertezza, con la
possibilità di vedersi attribuite le intenzioni e gli obiettivi più contraddittori, tutti aspetti che compromettono
l’efficacia della comunicazione e quindi dei rapporti.
I comportamenti che facilitano uno scambio “curato” comprendono la ricerca di informazioni, il porre
domande che aiutano l’interlocutore, la considerazione per le sue proposte ed un comportamento non
verbale aperto e rilassato. Quello descritto è il comportamento opposto a quello manipolatorio che non
lascia alternative tra l’adesione totale al punto di vista di chi parla e il rifiuto di esso e quindi anche di chi
parla. Tra i segni di questi comportamenti rientrano le domande direttive e valutative, il controbattere alle
proposte con controproposte, e un linguaggio del corpo improntato all’indisponibilità o all’invadenza.
La competenza saper comunicare si evidenzia dalla capacità di “andare incontro”, di accogliere il punto
di vista degli altri, di aiutare l’interlocutore a “vedere” quello che le nostre proposte rappresentano per lui,
adeguandoci al suo ritmo e al suo linguaggio. Il tutto con la consapevolezza che non c’è una comunicazione
valida ed efficace in assoluto, ma forme e modalità di comunicazione differenti da adattare alle diverse
persone.
La capac ità d i asco lto
Utilizzando come punto di osservazione il rapporto, risulta evidente che comunicazione e ascolto
sono componenti fortemente collegate e che non può esserci efficacia se manca uno dei due aspetti.
L’assunto “non si può non comunicare”, evidenzia che ogni comportamento è una comunicazione e contiene
quindi anche una proposta di relazione. Ascoltare implica anzitutto essere consapevoli di questo fatto, e
sapere inoltre che, di fronte a questa implicita proposta, ci sono tre possibili risposte:
• accettare la definizione;
• rifiutarla;
• disconfermare o squalificare la persona.
Le prime due forme equivalgono all’ascolto dell’interlocutore, seppure con esiti differenti: nel primo
caso ci si accorda su una comune e condivisa definizione del problema e della relazione, nel secondo caso,
invece, si mette in discussione la proposta dell’altro, dopo averla ascoltata, comunicando implicitamente ti ho
ascoltato, mi sono sforzato di capirti, ma non sono d’accordo perché…
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
197
Nella disconferma, invece, il messaggio che si manda all’altro è di squalifica in quanto persona: equivale
a dire tu non esisti, tu non conti, non vali, che è la forma peggiore di non ascolto. Sul piano del
comportamento la squalifica può assumere varie forme: contraddirsi, cambiare argomento, ricorrere a stili
oscuri o incomprensibili, guardare altrove, fare altro mentre si sta parlando, non accorgersi di ciò che l’altro
ha detto o fatto.
Nei gruppi di lavoro e in generale nelle organizzazioni il mancato ascolto e la disconferma non solo
sono disfunzionali, ma anche improduttivi perché creano tensione, ambiguità e malumore e quindi causano
disagio relazionale. Ascolto e osservazione rappresentano le capacità base per la gestione del clima e delle
relazioni interpersonali sul lavoro e contribuiscono allo stabilirsi di rapporti costruttivi e di collaborazione.
Ascoltare una persona non vuol dire dare consigli, rassicurazioni, suggerimenti, giudizi, interpretazioni,
tutti comportamenti che di solito fanno sentire incompreso l’interlocutore e non gli risolvono il problema,
ma significa assumere un ruolo “passivo”, astenendosi dall’agire e tollerando a livello emotivo il senso di
impotenza o di inadeguatezza che ne consegue.
L’ascolto è uno strumento per raccogliere informazioni e verificare che l’interlocutore abbia capito, ma
è soprattutto uno strumento di gestione della relazione, perché è proprio attraverso l’ascolto che si valorizzano
le persone. Quando si vogliono manifestare ad una persona rispetto ed interesse, la si ascolta infatti con
modalità non intrusive né valutative, ma orientate alla comprensione del suo punto di vista, cosa questa che
è alla base del concetto di comprensione. Ascoltare l’interlocutore, con uno sforzo finalizzato a capirlo,
significa implicitamente comunicargli che il suo punto di vista è significativo e che conseguentemente lui
stesso è importante: indirettamente si comunicano stima e fiducia nelle sue possibilità e nelle sue risorse
interne.
I principali punti di attenzione che dimostrano capacità di ascolto sono:
• ascoltare tutto il discorso dell’interlocutore, concentrandosi sulle parole che vengono dette;
• chiedere precisazioni nel caso alcune informazioni non siano chiare;
• esprimere il proprio grado di accordo rispetto al discorso dell’interlocutore e proseguire la
conversazione a partire dai contenuti che ha espresso.
In altre parole la capacità di ascolto coincide con la capacità di fare domande.
I più tipici errori nell’ascolto, che dimostrano sul piano del comportamento disinteresse o scarsa cura
per il rapporto, sono invece rappresentati da:
• interrompere, inserirsi a metà del discorso, completare le frasi, “mettere le parole in bocca”
all’interlocutore;
• intervenire cambiando discorso: dimostra che si è stati in silenzio ma senza ascoltare;
• ascoltare per avere conferma del proprio punto di vista, selezionando le informazioni o
concentrandosi sui dettagli;
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198
• ascoltare pregiudizialmente per trovare i punti deboli nel discorso dell’altro per poter attaccare e
dissentire;
• assumere un atteggiamento difensivo quando l’interlocutore presenta un’idea diversa dalla propria.
La competenza “negozia le”
Una delle competenze che più direttamente si collega alla costruzione di rapporti soddisfacenti è quella
negoziale, utilizzando il termine negoziazione in senso estensivo senza limitarsi a riferirlo ai negoziati ufficiali.
Alcune definizioni di negoziazione possono aiutare a chiarire meglio il concetto:
• è un processo in cui due o più persone considerano una serie di alternative per arrivare a soluzioni
utili per tutti o per raggiungere un obiettivo comune di accordo;
• è un rapporto fra due o più soggetti, portatori di interessi diversi, che sono impegnati a ridurre la
dissonanza.
Il termine deriva etimologicamente deriva da nec otium, che nella lingua latina identificava l’attività
economica stessa, la “negazione dell’ozio”, il dedicarsi agli affari, ma il significato attuale è più ristretto e
indica una modalità di gestione delle situazioni decisionali, caratterizzato da:
• comunicazione tra due o più persone con interessi e preferenze diverse;
• scambio di risorse tra le parti (denaro, informazioni, diritti, impegni);
• ricerca di modalità di scambio che rispondano il più possibile agli interessi delle parti;
• decisione congiunta tra le parti a chiusura del processo, per arrivare a soluzioni utili per tutti, o per
raggiungere un obiettivo comune di accordo.
• “è un processo di ricerca, un tentativo di trovare soluzioni, un processo in cui le alternative di
azione vengono generate durante il processo stesso, in modo multilaterale» (Grandori, 1999), dove
i diritti di decisione sono esercitati direttamente dalle parti, diversamente dalle relazioni di autorità.
La negoziazione rappresenta quindi una modalità per governare problemi non strutturati, in cui le
alternative d’azione non sono predefinite, ed è conveniente se le relazioni di scambio o cooperazione hanno
qualche aspetto vantaggioso per tutte le parti. Risulta, quindi, fondamentale che ci sia una possibile zona di
accordo, che non è correlata solo all’importanza e insostituibilità delle risorse a disposizione.
La cooperazione fra i membri di un gruppo o di un’organizzazione si sviluppa per lo più con rapporti di
negoziazione implicita (Croizier e Friedberg, 1978), che prevedono il rispetto della libertà delle due parti.
È ancora molto diffuso il concetto che il conflitto equivalga alla rottura del rapporto e che la
negoziazione consista in una discussione. Entrambe queste convinzioni ostacolano nella pratica lo sviluppo
della competenza negoziale, e quindi la definizione di accordi soddisfacenti fra le persone.
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
199
Ma saper discutere non equivale a saper negoziare, anche se la discussione è una fase importante di ogni
negoziazione, e se non è impostata e condotta correttamente può pregiudicare l’esito della trattativa.
La discussione, se presa come esercizio a sé stante, è l’espressione della divergenza delle opinioni o
delle posizioni, e molto spesso la divergenza rimane tale poiché è il gusto della discussione che la giustifica e
la rende apprezzata anche se, alla fine, ciascuno rimane con la posizione di partenza. Raramente controllata
e calma, spesso dominata dal desiderio di aver ragione nei confronti della controparte, la discussione può
trasformarsi in una malattia contagiosa per la negoziazione.
La discussione è un confronto probatorio diverso dalla negoziazione che si prefigge una decisione
comune: negoziare comporta il mettere insieme qualcosa che accomuna, piuttosto che qualcosa che divide; ciò
che connota una situazione come negoziale è la ricerca dell’accordo, ed è facilmente distinguibile dalla
discussione.
Due condizioni sono necessarie per poter definire una relazione come negoziale:
1. riconoscere l’altro come partner necessario, come qualcuno con cui la soluzione va costruita,
perché non esiste a priori e non ci sono le possibilità logiche o pratiche di farne a meno. Il
riconoscimento della necessità della partnership, che non deve essere forzatamente entusiastico,
rappresenta il primo passo per impostare il rapporto in termini di collaborazione;
2. avere la volontà di raggiungere un risultato di interesse per entrambe le parti. Tale risultato può
avere la forma di:
• compromesso: consiste nella divisione equa del vantaggio tra i partner, magari con
reciproche rinunce parziali per un tornaconto più generale;
• concessione: ciascuno procede alla ricerca di un equilibrio tra pro e contro fornito dalla
soluzione finale, concedendo, a tal fine, parti del proprio vantaggio con volontà spesso
unilaterale;
• compensazione: allargamento del campo della negoziazione per renderla più costruttiva,
integrandola con variabili non presenti all’inizio della trattativa;
• innovazione: trasformazione del problema partendo dalle radici, per trovare condizioni
creative per altre soluzioni non previste e precostituite.
Se si escludono situazioni di rapporto particolarmente patologico, ogni situazione anche di conflitto in
realtà mira alla definizione di una soluzione comune; sono in realtà esigui i casi in cui la risoluzione del
rapporto sia la vera soluzione, soprattutto quando si lavora in condizioni di forte interdipendenza strutturata,
come nel lavoro per progetti.
L’impegno a costruire soluzioni soddisfacenti è ostacolato da alcune convinzioni, tuttora molto diffuse,
in particolare l’idea che in qualunque accordo ci debba necessariamente essere qualcuno che vince e
qualcuno che perde, oppure l’idea che il conflitto sia qualcosa di così totalmente antitetico alla
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200
collaborazione, che il solo fatto che si presenti la rende impossibile per il futuro, secondo questa idea è
necessario evitare i contrasti, più che impegnarsi a risolverli.
In generale non si può definire un modo di negoziare migliore di un altro, quattro elementi si rivelano
critici:
1. Capire quale sia la configurazione degli interessi: perché spesso si assiste a una conflittualità fra le
posizioni e a una contemporanea conciliabilità sostanziale tra interessi retrostanti.
2. Ricercare e analizzare le alternative per definire la natura della negoziazione. Tale elemento è
comunemente identificato con l’acronimo «MAAN» o «migliore alternativa a un accordo
negoziato» (best alternative to a negotiated agreement, «BATNA»).
3. Valutare la possibilità di definire un «accordo integrativo».
4. Costruire l’accordo mirando a definire accordi efficienti ed equi, indicando con l’aggettivo “efficienti”
gli accordi rispetto ai quali non sono possibili miglioramenti per entrambe le parti.
Le teorie sulla negoziazione distinguono due possibili configurazioni:
• la configurazione “distributiva”, nella quale prevale l’obiettivo del minor svantaggio reciproco e tutto
ciò che una parte guadagna si traduce in una perdita dell’altro. Ci si muove nella logica di un gioco
a somma zero, spesso rappresentato con l’immagine della divisione di una torta, dove la
dimensione di una fetta definisce inevitabilmente quella degli altri;
• la configurazione “integrativa o generativa”, nella quale invece, l’obiettivo è il massimo vantaggio
reciproco, che rende necessaria la ricerca di combinazioni di scambio in cui tutti guadagnano,
“allargando la torta” prima di dividerla. In questo caso ci si muove nella logica di un gioco a somma
diversa da zero e, utilizzando l’immagine della torta, ci si preoccupa di renderla il più grande
possibile, prime che di dividerla. Percorrendo questa via si possono raggiungere accordi che
generano nuove risorse e nuovo valore, anche se nella maggior parte dei casi non si riesce a
trovare punti di accordo che comportano solo benefici e nessun costo, ma i vantaggi saranno tanto
maggiori, quanto più le parti riescono a individuare correttamente il tipo e la quantità di risorse, il
cui scambio comporta un aumento di utilità per entrambi.
Quanto più si agisce secondo una logica integrativa, tanto più è elevato il potenziale di integrazione tra
le parti. La negoziazione integrativa, infatti, rappresenta il meccanismo di coordinamento più evoluto che gli
esseri umani hanno sviluppato per risolvere i conflitti ed è l’unica modalità di coordinamento in grado di
generare risorse, oltre che di distribuirle. (Ruminati, Pietroni, 2001).
Quella della configurazione è una vera e propria scelta, ed è definita dai partner nel momento in cui
iniziano a negoziare spesso in modo implicito. La negoziazione è soprattutto un fenomeno relazionale
(Bazerman, 2000), gli elementi relazionali hanno una notevole influenza in tutte le fasi:
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
201
• prima della negoziazione influiscono la reputazione, le aspettative e le percezioni;
• durante il processo hanno un peso considerevole la fiducia, la comunicazione e la cooperazione;
• dopo la negoziazione sono preponderanti la fidelizzazione, il rispetto e l’affidabilità.
La qualità della relazione tra le parti determina in larga misura la qualità dell’accordo, e dipende sia da
fattori cognitivi, che influenzano l’accuratezza della percezione degli interessi del partner, sia da fattori
affettivi, costituiti principalmente dal potere, dalla fiducia e dalla positività del rapporto tra le parti. In
particolare gli studi sui fattori cognitivi hanno evidenziato come in generale ogni negoziatore tenda a
percepire la propria controparte come portatore di interessi perfettamente speculari ai propri, per cui tutto
ciò che rappresenta un vantaggio per la controparte deve necessariamente costituire uno svantaggio per sé
e viceversa, favorendo una configurazione di tipo distributivo.
La negoziazione è un processo articolato in una serie di fasi, la cui successione non è rigidamente
predeterminata e molte azioni si svolgono nello stesso istante.
Fase 1: preparazione alla negoziazione
I primi passi di un processo negoziale efficace sono sempre esplorativi e interlocutori, servono allo
scambio di informazioni sugli intenti e gli scopi di fondo per cui si vorrebbe negoziare e alla scelta
dell’approccio alla costruzione dell’accordo. Le informazioni sono, infatti, una base di potere negoziale
importantissima, utili per:
• identificare i motivi, gli obiettivi, le necessità delle due parti;
• valutare le posizioni di partenza delle due parti e le alternative disponibili;
• definire i limiti minimi accettabili e massimi ottenibili propri e della controparte.
Ogni negoziazione presenta un punto di non ritorno, che è fondamentale definire e considerare per
proporre opzioni o alternative significative.
Fase 2: confronto
Nella fase di confronto simultaneamente si comunica, si applicano tattiche o strategie diverse, si rivede
la propria posizione più e più volte, fino a giungere alla formulazione di soluzioni che rendano possibile una
conclusione. La comunicazione è l’elemento più importante e particolarmente rilevanti si rivelano le
domande sugli interessi di fondo retrostanti le parti in causa, a partire dalle quali si può arrivare alla proposta
di un accordo.
La problematica più frequente nella prima parte di questa fase è “comunicare o non comunicare”,
quando non si conosce ancora la disponibilità a dare informazioni della controparte e non si conoscono
ancora tutti gli elementi della questione.
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202
Nella negoziazione distributiva la trattativa si svolge con un processo di reciprocità incrementale: a
ogni passo di una delle due parti deve corrispondere una concessione dell’altra. Il punto di accordo più
probabile è il punto medio fra le due prime offerte dichiarate, per cui è consigliabile prestare massima
attenzione alle offerte messe sul tavolo ed è vantaggioso “parlare per primi”; irrigidimenti e riduzioni
d’ampiezza delle concessioni determinano inevitabilmente irrigidimenti speculari dall’altra parte.
La strategia fondamentale della negoziazione generativa è invece rappresentata dalla produzione di
alternative innovative, di ipotesi di accordo creative, che consentano di utilizzare nel modo più proficuo le
possibilità di creazione di valore per tutte le parti, e di scoprire o inventare alternative d’azione che vanno
creativamente sviluppate. L’impostazione integrativa è favorita dalla presenza di relazioni stabili e durature,
anche “obbligatorie”.
Contendere e concedere sono le due strategie che più caratterizzano la negoziazione distributiva;
quella integrativa, invece, si sostiene prevalentemente sul problem solving: i partner affrontano la situazione
negoziale come un problema da risolvere insieme.
Naturalmente tattiche e strategie possono essere variate in qualsiasi momento della negoziazione.
Fase 3: accordo
L’obiettivo finale di ogni negoziazione è quello di giungere a un “punto” di accordo che soddisfi
entrambe le parti. In una visione ottimale l’accordo si deve considerare raggiunto quando il risultato delle
trattative è ben definito, i dettagli sono stati precisati e le due parti che hanno collaborato al processo sono
soddisfatte dell’obiettivo raggiunto. La negoziazione non si limita alla ricerca di soluzioni, ma richiede anche
la scelta di una di queste da adottare, quindi il negoziato può ritenersi concluso solo se si è trovato l’accordo
anche sulle procedure e i processi con i quali attuare la scelta adottata e sulle modalità di governo dei
processi di attuazione degli accordi.
Ovviamente il peso di tutti questi aspetti varierà moltissimo in funzione delle situazioni concrete nelle
quali ci si trova ad operare; tuttavia, anche in riferimento ad accordi apparentemente semplici, è opportuno
comportarsi in modo che tutte le condizioni sopra descritte siano rispettate.
Le conseguenze di un mancato rispetto di accordi negoziali, anche se dovuto a cause banali, ha
comunque un impatto molto forte sulle relazioni, che prescinde dal rapporto e supera il contenuto
dell’accordo stesso.
R.Fisher e W. Ury (1981) hanno proposto un metodo di negoziato esplicitamente diretto a ottenere
buoni accordi in modo efficiente e amichevole, caratterizzato da quattro punti fondamentali:
1. Persone: scindete le persone dal problema
Prima di lavorare sulle questioni di merito, devono essere districate e trattate a parte le questioni
personali. Le due parti devono occuparsi del problema, non attaccarsi l’un l’altro.
2. Interessi: concentratevi sugli interessi, non sulle posizioni
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
203
Una posizione negoziale spesso copre ciò che veramente le due parti desiderano, per questo è
importante ricordare che l’oggetto del negoziato è di soddisfare gli interessi sottostanti le posizioni
ufficialmente assunte. Inseguire un compromesso fra diverse posizioni, non è ciò che occorre per
produrre un accordo che tenga effettivamente conto dei bisogni, che hanno portato gli
interlocutori ad assumere quelle posizioni.
3. Opzioni: generate una gamma di possibilità prima di decidere che cosa fare
È molto importante utilizzare una parte del tempo della negoziazione per pensare a un’ampia
gamma di soluzioni possibili, che individuino gli interessi comuni e concilino in modo creativo quelli
divergenti.
4. Criteri: insistete affinché i risultati si basino su unità di misura oggettive
L’accordo deve riflettere alcuni criteri di equità indipendenti dalla volontà dell’una o dell’altra parte,
cioè l’esito deve essere valutato con criteri non dipendenti dalle parti, come la legge, l’opinione di
esperti, il valore di mercato.
Nel processo di negoziazione le azioni negoziate non sono indipendenti dal processo che le genera e
l’aspetto che ha maggiore influenza sul contenuto degli accordi che vengono raggiunti è la misura in cui
diversi interessi sono trattati congiuntamente o disgiuntamente: strutture negoziali distributive daranno luogo
ad accordi distributivi e strategie integrative genereranno accordi integrativi, nei quali le due parti,
accordandosi, conquistano vantaggi decisamente superiori rispetto al mantenimento delle risorse che
scelgono di cedere.
La competenza a lavorare in gruppo
Lavorare per progetti richiede che le persone coinvolte operino all’unisono per raggiungere lo stesso
risultato. Per ottenere questa collaborazione è necessario che le persone condividano obiettivi, ruoli e
regole di lavoro, ma soprattutto che sappiano costruire e gestire rapporti di reciproca influenza e sostegno.
Come è già stato evidenziato, la collaborazione va costruita, e la sua qualità è fortemente condizionata dalla
qualità delle competenze che ciascuno mette in gioco; è esperienza comune, ad esempio, che la qualità delle
proposte non è sufficiente per ottenere il consenso, ma è sempre necessario un processo di confronto e di
condivisione.
Una convinzione ancora molto diffusa è che in gruppo si lavori male e si perda tempo, come
evidenziava un medico con la domanda: “Perché lavorare in gruppo, invece di lavorare sul serio?” Il disagio in
ordine al lavorare in gruppo si esprime solitamente con la difficoltà:
• ad accordarsi sulla natura dei problemi;
• a impegnarsi seriamente per ricercare accordi e definire soluzioni;
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204
• a sentire veramente proprie le decisioni prese insieme con altri, non solo in gruppo;
• a riconoscersi all’interno di gruppi;
• ad accettare di definire con alcuni un vero rapporto di collaborazione, anziché di subordinazione;
• a definire gli ambiti della responsabilità e del lavoro individuale e quindi i meriti rispetto al risultato
ottenuto.
Alcune conoscenze sul gruppo possono essere utilizzate per migliorare la propria competenza: cosa
implica far parte di un gruppo?
Il gruppo è un insieme di persone che si percepiscono legate da qualcosa di comune e condiviso
(l’obiettivo); ne deriva che l’aspetto critico, perché si possa parlare di gruppo è l’esistenza fra più persone di
un legame percepito e condiviso.
I legami all’interno dei vari gruppi possono essere anche molto diversi fra loro, e diversamente
percepiti dai vari membri dello stesso gruppo. In generale di distinguono due strutture di legame:
• legami prevalentemente affettivi, la cui funzione principale è l’identificazione, caratteristici dei gruppi
primari (leadership e regole non formalizzate, legami prevalentemente orientati/definiti da istanza
personali);
• legami prevalentemente operativi, con finalità di integrazione, tipici dei gruppi di lavoro (regole e
ruoli esplicitamente definiti, costruito su un obiettivo esplicito ed esterno, legami prevalentemente
orientati/definiti dal raggiungimento di un obiettivo esterno.
Il lavoro di gruppo è l’espressione di gruppo di lavoro fortemente definito in rapporto alla produzione
di un “prodotto” specifico e ben definito nel tempo, per il quale può essere sufficiente la presenza di legami
puramente operativi, con la quasi totale elisione dei legami di tipo affettivo.
Nella pratica non esistono gruppi di base o gruppi di lavoro “puri”, per cui conviene considerare
queste piuttosto come dimensioni di ogni gruppo che come tipologie di gruppi. Ogni realtà pratica si
definisce in relazione al tipo di legami e al tipo di configurazione prevalente: più il gruppo si struttura in
relazione all’integrazione, più sarà un gruppo di lavoro e tenderà ad assumerne le caratteristiche. Si tratta di
riconoscere all’interno della vita del gruppo non solo l’importanza ma anche la qualità “ideale” di ciascuna
delle due dimensioni per quello specifico gruppo, in modo da indirizzarlo ad esprimere maggiore “qualità”
nella dimensione più critica.
I principali fattori di efficienza sono rappresentati dalla numerosità, dagli obiettivi e dalla gestione del
tempo.
La numerosità di un gruppo è riconosciuta come variabile importante dalla maggior parte degli autori,
il numero ottimale per i membri di un gruppo di lavoro è considerato 8-12. L’esperienza quotidiana
conferma che l’efficienza di un gruppo tende a scendere quando viene superata una certa numerosità (16-
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
205
20), perché i tempi di elaborazione e di decisione si allungano, la comunicazione è resa meno fluida da
numerosi passaggi, il numero di conflitti da gestire aumenta.
Ma l’aspetto critico è sicuramente in relazione alla complessità del compito e al grado di
competenza/maturità dei membri del gruppo. Compiti molto tecnici, che richiedano professionalità
specifiche e molto diverse, vengono svolti con più efficienza da gruppi poco numerosi, viceversa per i
compiti poco tecnici con caratteristiche spiccate di “esecutività”. È sicuramente vero però, che persone
competenti nel saper lavorare in gruppo, possono lavorare a obiettivi complessi con efficacia anche in gruppi
numerosi. Se il compito del gruppo di lavoro è informativo o di elaborazione, la numerosità può essere
elevata, ma se il compito è di gestione diretta, l’efficacia del gruppo è sicuramente garantita da un basso
numero di membri.
L’efficienza del gruppo è spesso diminuita dalla presenza “obbligata” di una persona, che non ha scelto
di lavorare in gruppo, né ne condivide le finalità. Anche se si diffonde il lavoro di gruppo in
un’organizzazione, non è necessario obbligare le singole persone a farlo, perché l’obbligo è uno dei maggiori
ostacoli alla condivisione, al sentirsi membro del gruppo (membership). Questa considerazione dovrebbe
essere tenuta presente in fase di selezione delle persone che devono far parte di un gruppo di lavoro.
Nei gruppi di lavoro, quando si enfatizza fortemente la dimensione operativa, è importante identificare
il senso dell’azione dei gruppi, sia nella sua dimensione di efficienza sia nella sua dimensione di efficacia.
Queste due dimensioni sono spesso sintetizzate e confuse nella parola obiettivi, che indicano non tanto un
punto di arrivo progettato, ma la semplice esistenza di una qualche ragion d’essere. Da questo punto di vista
si può dire che ogni gruppo ha un obiettivo, cioè un senso ricostruibile a posteriori. Può essere utile mettere
in evidenza la dimensione efficiente dell’obiettivo, utilizzando per indicarla la parola compito. Con questo
termine si dà una formalizzazione circoscritta al risultato atteso e si indica la dimensione principale attorno a
cui si deve concentrare il lavoro del gruppo dal punto di vista dell’efficienza.
È possibile utilizzare il gruppo di lavoro per diversi obiettivi, ad esempio usare un gruppo di progetto
per la definizione di linee guida, avendo come obiettivo l’aumento dell’integrazione culturale, ma è
comunque opportuno anche in questo caso fissare un punto di arrivo circoscritto e visibile in termini di
compito, che ne polarizzi l’efficienza. È vero che si possono cogliere gli obiettivi di efficienza, perdendo quelli
di efficacia, ma si tratta di governare bene il rapporto fra obiettivi e compiti, riservando il termine obiettivi
alla definizione del punto di orientamento di tutte le dinamiche di gruppo, sia sul piano del senso sia sul
piano del significato.
Spesso la scarsa attenzione nel definire i compiti dei singoli e del gruppo, ad esempio il tempo entro il
quale presentare una proposta o il tipo di elaborati intermedi da produrre, determina situazioni di
inefficienza, che vengono poi riferite al gruppo in quanto tale, ritenuto di per sé causa di inefficienza.
Un fattore di efficienza del gruppo, oltre a quelli già illustrati è rappresentato dall’utilizzo del tempo,
illustrato nel capitolo dedicato all’analisi delle ricadute organizzative del lavorare per progetti.
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206
Se l’efficienza è collegata all’operatività, l’efficacia è collegata più fortemente al significato che
dell’azione, quindi si lega all’azione del gruppo.
I principali fattori legati all’efficacia sono rappresentati dalla condivisione delle decisioni prese,
dall’integrazione fra le diverse persone, dalla creazione di una nuova cultura o la maggior condivisione di
alcuni aspetti delle diverse culture e dalla valorizzazione delle persone e delle diverse professionalità.
Tutti questi fattori sono identificabili come obiettivi, ma non possono essere assegnati come compiti,
indicano la dimensione dell’efficacia e il fatto che possono essere raggiunti attraverso i compiti. I due
elementi si trovano in realtà abbastanza riuniti in una rappresentazione degli obiettivi abbastanza frequente e
diffusa, legata ai sistemi di gestione per obiettivi, che evidenzia all’interno degli obiettivi la dimensione del
compito e che presentiamo come linea guida per chi voglia costruirsi la competenza per governare questo
aspetto della vita del gruppo.
La condizione necessaria per l’efficacia del gruppo di lavoro è che l’obiettivo da raggiungere sia chiaro
e condiviso dai suoi membri. Il gruppo è infatti uno strumento per più fini, ed è sempre necessario che sia
stabilito un collegamento fra obiettivi personali e quelli di gruppo, per limitare, e governare se si presenta la
necessità, la possibilità sempre presente che un membro del gruppo trascini tutti i membri alla soddisfazione
solo dei suoi obiettivi personali. Nei gruppi di lavoro, infatti, sono intrecciati molteplici livelli di obiettivi,
spesso in contrasto ma fortemente correlati fra di loro. Riconoscere questo intreccio è il primo compito di
un gruppo che voglia diventare gruppo di lavoro, è il primo passo verso la condivisione, che sancisca un
contratto psicologico e operativo tra individuo e gruppo.
Condividere l’obiettivo significa impegnare il proprio sistema di competenze per raggiungerlo e per far
funzionare al meglio il gruppo, accettando i vincoli imposti dalla presenza e dai bisogni degli altri membri. La
condivisione dell’obiettivo implica che ogni membro del gruppo sente l’obiettivo come proprio.
L’obiettivo di un gruppo di lavoro efficace deve essere:
a) Definito in termini di risultato
Il prodotto finale che il gruppo vuole ottenere, deve essere descritto accuratamente, utilizzando un
linguaggio comprensibile a tutti, in modo tale che ciascuno attribuisca alle parole, e alle intenzioni,
lo stesso significato. La definizione precisa e puntuale in termini di risultato lo rende misurabile sia
in termini quantitativi, quindi economici, sia in termini qualitativi, quindi di innovazione.
b) Costruito sui fatti, sui dati osservabili e le risorse disponibili.
La condizione di partenza per costruire un obiettivo è determinare cosa si vuole fare, con quali
risorse, con quali vincoli e in quanto tempo. Per rispondere a queste domande è necessario
raccogliere i dati disponibili, che devono successivamente essere interpretati con la diversa
esperienza e competenza dei membri: è su queste diverse interpretazioni che si costruisce un
obiettivo comune.
c) Finalizzato in modo esplicito
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
207
A tutti i membri del gruppo di lavoro deve essere chiara la finalità organizzativa cui tende
l’obiettivo, affinché trovino una ragione i vincoli e le difficoltà che il gruppo incontra e perché vi sia
un contesto nel quale inserire il lavoro che viene svolto.
d) Chiarito e articolato in compiti
Completata la descrizione dell’obiettivo, è necessario determinare i compiti e le fasi del lavoro, che
il gruppo deve affrontare per raggiungerlo;
e) Perseguibile
La logica del lavoro di gruppo impone già di per sé che il compito adatto a un gruppo è quello che
per difficoltà, varietà e rischi, non può essere affrontato da un solo individuo. L’obiettivo del gruppo
deve essere perseguibile utilizzando tutte le persone e tecniche disponibili.
f) Valutato
L’obiettivo definito in termini di risultato ha le caratteristiche che lo rendono misurabile e
sottoponibile a valutazione sia da parte del gruppo che da parte dell’organizzazione. La valutazione,
effettuata con strumenti coerenti e definiti all’inizio dei lavori, da un lato diminuisce sensibilmente la
paura della valutazione stessa, dall’altro rende possibile lo sviluppo del gruppo attraverso l’analisi dei
suoi risultati.
Gli obiettivi personali riguardano la soddisfazione dei singoli membri. Ognuno dei membri del gruppo
necessita, per essere motivato a perseguire l’obiettivo di raggiungere un certo grado di soddisfazione ai suoi
“bisogni” di crescita personale e/o professionale, di autostima, di sicurezza. Tali obiettivi possono essere solo
in parte predefiniti, perché hanno intrinseco un fattore di dinamismo. Sono comunque indispensabili, perché
indicano una meta da perseguire, che non deve essere irraggiungibile o una chimera.
L’osservazione in ambito organizzativo fa rilevare come spesso i gruppi, durante il loro lavoro, vengano
“lasciati senza obiettivi”, o con obiettivi troppo difficili, quindi demotivanti. Altrettanto frequente è il caso di
gruppi demotivati perché il conduttore non si preoccupa di scandire gli obiettivi intermedi in tempi
ragionevoli. La demotivazione è determinata dall’incapacità dei membri del gruppo di trovare un senso e un
significato al loro agire quotidiano, se viene loro richiesto di “sentire” e condividere obiettivi estremamente
difficili, i cui risultati daranno vantaggi dopo anni.
Decidere in gruppo e guidare le dec i s ioni d i gruppo
Uno dei problemi più frequenti che si incontrano nelle situazioni di collaborazione è rappresentato
dalla difficoltà del definire i problemi e nell’individuare la soluzione più adeguata a questi problemi. Nella
realtà molte persone manifestano difficoltà non solo a definire un problema con un altro, e il disagio si
accentua con un gruppo, ma ad accettare e quindi sentire proprie soluzioni prodotte insieme con un altro o
col gruppo. Tale disagio è ancora più evidente quando la decisione da accettare è stata presa da altri,
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208
talvolta indipendentemente dalla bontà della soluzione prodotta. Spesso queste difficoltà sono sostenute dal
timore di perdere il proprio spazio di autonomia, accettando soluzioni proposte da un altro, e può accadere
che le persone si oppongano presentando questioni di principio.
È compito soprattutto del responsabile di progetto (che successivamente sarà indicato col termine
leader) comprendere e gestire questi fattori, facilitando la costituzione di corretti legami operativi, e affettivi,
ove sia necessario.
Il processo di decisione è caratterizzato da cinque fasi, e ognuna di queste è fortemente influenzata dal
giudizio personale:
1. scelta del problema e sua definizione;
2. produzione di alternative di soluzione;
3. definizione dei criteri di valutazione;
4. selezione delle alternative;
5. implementazione.
Alcune di queste fasi presentano delle specifiche criticità legate proprio alla dinamica di gruppo, che si
possono sommare alle difficoltà del lavorare in gruppo.
Benefici e svantaggi del gruppo
Utilizzare i gruppi nei processi decisionali presenta sia vantaggi sia svantaggi, buona parte del successo
dipende dalle competenze di leadership con cui si governano alcuni elementi:
• il rapporto individui/gruppi: il gruppo ha più conoscenze e informazioni, produce un maggior
numero di approcci diversi al problema e i vari membri del gruppo possono combattere i
pregiudizi altrui;
• la partecipazione delle persone a un gruppo: decidere assieme può aumentare la
comprensione e l’accettabilità delle decisioni prese; molte decisioni però non vanno a buon
fine a causa di errori di comunicazione con chi dovrebbe implementarle o per insufficiente
possibilità di discutere le alternative, gli ostacoli, gli obiettivi e le ragioni che stanno dietro le
decisioni.
Tutti questi problemi possono essere in parte superati quando il gruppo è coinvolto in tutto il
processo decisionale.
Tra gli svantaggi del gruppo nel processo di decisione è importante sottolineare la pressione sociale al
conformismo. Ottime idee minoritarie possono essere schiacciate dalla maggioranza, o il desiderio di
consenso può rendere silenzioso il dissenso. Inoltre il conformismo porta a far sì che quando il consenso su
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
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una certa idea raggiunge un livello critico, questa può essere adottata e scartando le altre soluzioni. In tal
modo, però, le decisioni possono essere il risultato del livello di approvazione raggiunto da una certa
soluzione, più che dalla sua qualità. I gruppi possono anche essere dominati da alcuni membri che
persuadono gli altri e non modificano mai il loro punto di vista: da qui deriva un ultimo svantaggio del
gruppo, se evitare il conflitto con queste persone diviene più importante che fare una buona valutazione
della realtà.
La preoccupazione di evitare le discussioni limita la possibilità di un confronto aperto ed oggettivo.
Alcuni dei fattori presentati possono essere sia vantaggi sia svantaggi in rapporto alle capacità del
leader del gruppo. Se il leader mette a tacere i conflitti o permette che si creino risentimenti all’interno del
gruppo danneggia il processo di decisione; se invece accetta i conflitti, può aprire spazi a soluzioni creative. Il
leader può anche fare la differenza, in funzione della sua capacità di enfatizzare i conflitti o gli interessi
comuni.
Gli interessi comuni devono essere posti in evidenza in tutte le fasi del processo di decisione, iniziando dalla
definizione dei problemi. Il problema del consenso inizia a presentarsi quando si avvia la ricerca di soluzioni
accettabili per tutti, ma è necessario lavorare fin dall’inizio per evidenziare gli interessi comuni. In assenza di
questo lavoro, i conflitti tra i vari membri potranno portare a soluzioni di bassa qualità. Il leader può
influenzare il livello di rischio che il gruppo ritiene accettabile: il gruppo può essere guidato sia verso
decisioni conservative, sia verso decisioni più rischiose e innovative.
Un altro aspetto da considerare, nell’affidare una decisione ad un gruppo, è il fattore tempo. I gruppi
generalmente impiegano più tempo dei singoli individui a prendere una decisione: anche se entrambi
impiegano un’ora a decidere, un gruppo di cinque persone ha speso cinque ore di lavoro. Lavorare
frettolosamente in modo da risparmiare un po’ di tempo può mettere a repentaglio la qualità della
decisione. Un’ultima questione è rappresentata da chi cambia idea nel gruppo: se è la persona con l’idea
peggiore, la decisione ne beneficerà, se invece è la persona con l’idea migliore ad essere costretta a
cambiare idea, allora la decisione ne soffrirà. Sta al leader prestare la massima attenzione a questa dinamica.
Decidere quando usare il gruppo
Ovviamente non tutte le decisioni possono e devono essere prese in gruppo, quindi è assolutamente
necessario porsi la questione circa quali siano le migliori condizioni per usare un gruppo.
Un primo criterio è quello della qualità e accettabilità delle decisioni. La qualità si riferisce agli aspetti
tecnici del problema, si rifà all’uso e all’analisi dei oggettivi; l’accettabilità invece ha a che fare con i
sentimenti, i bisogni, e le emozioni, cioè con gli aspetti soggettivi. Le decisioni possono essere classificate in
diversi tipi, in relazione al fatto che la qualità o l’accettabilità (o entrambi) siano importanti.
Certe decisioni richiedono di fare attenzione fondamentalmente alla qualità e non all’accettabilità,
come ad esempio i problemi di natura tecnica o scientifica. Altri problemi, invece, coinvolgono
PROJECT MANAGEMENT
210
principalmente l’accettabilità, ad esempio decidere chi farà gli straordinari è un problema di accettabilità,
dato che tutti i candidati per gli straordinari saranno in grado di compiere questo lavoro.
Altri problemi coinvolgono sia la qualità che l’accettabilità, ad esempio l’introduzione di nuovi metodi o
di nuovi macchinari, oppure la promozione di più alti standard di sicurezza. In questo caso la qualità delle
decisioni è essenziale, e tutti coloro che saranno direttamente condizionati da queste decisioni, potrebbero
avere un’opinione a riguardo, del resto la decisione potrebbe fallire se tutti non si impegnassero nella sua
realizzazione.
La regola decisionale, nel caso in cui l’accettabilità sia critica, è usare il gruppo almeno in alcune fasi del
processo di decisione: una decisione verticistica corre il rischio di essere mal interpretata o rifiutata. Anche se
la mancanza di tempo potrebbe giocare a sfavore della partecipazione, la decisione di gruppo è l’unica
soluzione per avere sufficiente consenso.
Troppo spesso, però, si prendono decisioni indipendentemente dalle caratteristiche del problema,
preoccupandosi di fatti, dati e di altre considerazioni sulla qualità e trascurando l’accettabilità. Questa
tendenza può nascondere una trappola: dopo aver pesato gli elementi riguardanti la qualità, infatti, si decide
la soluzione, e si pensa alla accettabilità solo in un secondo tempo. Poiché si è formulata una decisione
prima di avere consenso, si tratta di ottenerlo utilizzando l’approccio più comune, che è quello di
persuadere gli altri ad accettare la decisione già presa. Ma le persone tendono a resistere a ciò che viene
imposto, e questa dinamica genera spesso risentimento e frustrazione e alimenta un circolo vizioso di tipo
coercitivo.
Una possibile uscita da questa impasse è proprio quella di tenere in conto sia la qualità sia
l’accettabilità, usando il gruppo per decidere.
Problemi specifici del decidere in gruppo
Oltre alle criticità tipiche del lavorare in gruppo, esistono alcuni dinamismi del gruppo, più
specificamente collegati al prendere decisioni, che vengono sintetizzati con l’espressione “pensiero di
gruppo”.
Il pensiero di gruppo nasce quando un gruppo diventa difensivo ed evita di affrontare il problema in
modo realistico. Ci sono sette sintomi chiave del pensiero di gruppo:
1. L’illusione di invulnerabilità: il gruppo si comporta come se fosse al riparo da qualsiasi critica e questo
dà ai membri molto ottimismo e li incoraggia a rischiare molto.
2. Razionalizzazione: il gruppo tende a respingere fatti ed idee che richiedano di riconsiderare le
posizioni prese.
3. L’illusione di moralità: è la credenza che il gruppo sta agendo in nome del “bene” e causa
disattenzione alle conseguenze etiche
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
211
4. Stereotipi: i “nemici esterni” sono trattati come troppo stupidi per trattare, o troppo deboli per
poter essere un problema per il gruppo.
5. Pressione al conformismo: i membri del gruppo sono messi sotto pressione perché seguano le
illusioni e gli stereotipi di gruppo. Il dissenso è represso.
6. Auto - censura: i membri del gruppo diventano inclini a minimizzare i loro dubbi e i loro disaccordi.
7. L’illusione dell’unanimità: il silenzio diventa sinonimo di accordo e su questo si forma l’idea che
l’unanimità esista davvero.
Il pensiero di gruppo si manifesta spesso in gruppi altamente coesivi: infatti il desiderio dei membri di
rimanere nel gruppo li porta a cadere vittime di uno o più sintomi del pensiero di gruppo, tanto più se il
gruppo è isolato e ha un leader forte. Anche lo stress può contribuire a causare questo effetto, come
avviene quando bisogna prendere una decisione importante, ma la speranza di trovare una soluzione diversa
da quella desiderata dal leader o da un altro membro influente è bassa.
Per prevenire il pensiero di gruppo è importante che il leader sia imparziale così che i membri del
gruppo si sentano liberi di discutere apertamente e capire meglio il problema. Tutti dovrebbe sentirsi
incoraggiati ad essere critici ed esprimere dubbi e dissenso, ed essere appoggiati quando lo fanno. A
qualcuno potrebbe essere chiesto di fare la parte “dell’avvocato del diavolo”, per sfidare le posizioni
prevalenti. Può essere di aiuto anche dividere il gruppo in sottogruppi per una parte del lavoro e ricostituirlo
in seguito, per sottolineare le differenze nella elaborazione. Quando il gruppo si avvicina al momento di
decidere il leader potrebbe organizzare un incontro nel quale sia richiesto di esprimere tutti i dubbi rimasti.
I gruppi possono anche usare persone esterne per contrastare il pensiero di gruppo, ad esempio
invitando agli incontri del gruppo qualcuno che ne “sfidi” il lavoro.
Il ruolo della leadership nel processo di decisione di gruppo
Ogni componente del gruppo può comportarsi in un modo utile a prendere una decisione efficace, ma
la responsabilità maggiore è nelle mani del leader, che è nella posizione critica per influenzare la qualità e
l’accettabilità delle decisioni.
Il leader può essere visto come un direttore d’orchestra: non suona uno strumento, ma conduce e
guida tutti gli strumenti. Il leader è nel punto centrarle dell’attività di gruppo, ma gioca un ruolo distinto e
differente: si deve concentrare sui processi del gruppo oltre che sul contenuto della decisione. Un leader
che si concentra sui processi del gruppo agisce in modo da portare i membri a definire bene il problema e a
trovare delle buone soluzioni, e nel concentrarsi sul processo, deve garantire che tutti partecipino
liberamente e che il confronto sia gestito in modo corretto. Il leader può influenzare il contenuto tenendo
alto lo standard della qualità e della accettabilità e dissuadendo il gruppo dal prendere decisioni irrealizzabili.
PROJECT MANAGEMENT
212
Un leader può fare molte cose per facilitare una buona decisione. La lista che verrà presentata di
seguito suggerisce come migliorare le diverse fasi del processo di decisione nelle situazioni di gruppo.
• Definire il problema
Per una piena ed accurata definizione del problema, il leader deve contrastare la tendenza alla
definizione troppo veloce e troppo semplicistica. Ai membri del gruppo deve essere chiesto di lavorare
per una definizione accurata, per esempio ponendo un problema in termini di situazioni più che in
termini personali. Spersonalizzare, aiuta i membri a rispondere ai vari aspetti del problema con più
oggettività.
• Tenere il gruppo sulla definizione del problema
Capita spesso che i membri del gruppo si muovano dalla definizione del problema troppo velocemente.
Davanti ad una proposta troppo precoce di soluzione, è bene riportare l’attenzione alla definizione del
problema e far esaminare dal gruppo il rapporto fra soluzione e problema. Infatti molti contrasti
riguardanti le soluzioni sono spesso riconducibili a contrasti circa la natura del problema, cosa che può
essere evitata solo lavorando in modo accurato alla sua definizione. È interessante notare che quando
ad un gruppo viene chiesta una seconda soluzione ad un problema, spesso questa è migliore della
precedente: la ragione sta nel fatto che la seconda volta, il problema viene affrontato con più
attenzione, e valutando più soluzioni.
• Usare il problema per generare le soluzioni
Una esauriente definizione di un problema può essere usata in modo produttivo, ed ogni elemento
della definizione può essere fonte di soluzioni. I leader devono fare lavorare il gruppo per generare idee
che rispondano a tutti gli elementi del problema, così le soluzioni hanno più possibilità di essere
complete.
• Prevenire valutazioni premature
Il processo di generazione di idee viene bloccato dagli atteggiamenti valutativi. Questo è
particolarmente vero quando i membri di un gruppo si trovano subito d’accordo su una soluzione e
adottano la prima soluzione che viene trovata. Il leader deve fare in modo di bloccare ogni valutazione
anche positiva fino a quando non ritiene che il processo di generazione di idee sia sufficientemente
approfondito.
• Ottenere consenso
I membri di un gruppo hanno ovviamente la necessità di valutare le loro idee e di arrivare ad una
decisione convincente. Il leader può aiutare questo passaggio in modi differenti: può riassumere i
progressi del gruppo e rassicurare sulla capacità di decidere; oppure può aiutare a sviluppare criteri per
valutare le alternative. Il consenso può essere valutato direttamente interrogando il gruppo in
proposito, oppure indirettamente, presentando una panoramica del lavoro svolto come “test” di
consenso.
• Evitare la soluzione del leader
LAVORARE PER PROGETTI: LE COMPETENZE PERSONALI
213
Il leader di un gruppo, specialmente se è il superiore gerarchico, dovrebbe evitare di proporre soluzioni,
per governare un comportamento tipico del gruppo: l’idea di un superiore, infatti, è valutata dai membri
del gruppo sulla base della sua provenienza invece che sul fatto che sia un’idea interessante. Le
valutazioni oggettive si perdono davanti alla preoccupazione di come il capo reagirà all’avallo o alla
critica della propria idea. È raro infatti che un capo sia trattato come un pari, e perciò se offre soluzioni
blocca la generazione di idee e le valutazioni oggettive. I leader ottengono le soluzioni migliori dai
gruppi quando non hanno tempo sufficiente per pensare il problema. Quanto più si prepara, infatti,
tanto più penserà alla soluzione gli sarà difficile tenere per sé.
• Affrontare i conflitti
Un confronto serrato fra le persone, è spesso più utile di un accordo veloce. Quando i membri di
un gruppo si accordano, la soluzione spesso arriva troppo velocemente. Se c’è un disaccordo,
invece, l’attività di generazione di soluzioni è più accesa. Spesso però i leader bloccano il confronto,
ad esempio quando affermano “se andiamo avanti a discutere, non si arriverà mai ad una soluzione”.
Affermazioni come queste, portano i membri del gruppo ad evitare il confronto e le idee vengono
accettate per non provocare attriti. Se invece il leader accetta e “facilita” il conflitto, apre le porte a
nuove idee. Spesso il disaccordo può risalire a diverse definizioni del problema o degli obiettivi e
perciò andare fino in fondo al conflitto può prevenire dal rischio di non prendere in considerazione
alcuni aspetti importanti.
• Rimanere in contatto con la realtà
I gruppi hanno la tendenza a perdere tempo su ostacoli che non riescono a superare. Ad esempio
suggeriscono soluzioni troppo costose, per le quali non ci sono risorse. Alcuni fattori, come le
risorse limitate, devono essere poste come condizioni per il lavoro del gruppo. Il tempo come
risorsa scarsa porta i gruppi a ignorare i fatti, perché posporre una soluzione per ottenere più
informazioni viene vissuto come frustrazione: per ottenere soluzioni realistiche occorre prestare
attenzione a questo dato.
La riorganizzazione logica e pratica delle attività delle organizzazioni sanitarie impostata sul lavoro
integrato non è sempre stata accompagnata da un’accurata valutazione delle competenze che questo
cambiamento implica, che sono ancora considerate una dote naturale o una meccanica “derivata” delle
modalità di lavoro. Lo scopo di questo capitolo è stato quello di illustrare che, invece, muoversi all’interno di
reti di rapporti in modo efficace, senza pagare il prezzo dell’inefficienza del lavoro d’assieme è una vera e
propria competenza, che richiede un lavoro personale e un contesto lavorativo, considerato sia negli aspetti
strutturali sia negli aspetti culturali, che ne permetta lo sviluppo.
PROJECT MANAGEMENT
214
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IL LAVORO IN TEAM
215
INTRODUZIONE
Nell’ultimo decennio i cambiamenti organizzativi e sociologici hanno reso inefficaci le classiche regole
di comunicazione e di organizzazione fondate sul comando e il controllo e/o sull’applicazione delle norme e
delle procedure, e sono state introdotte nuove logiche e pratiche manageriali fondate sulla capacità di
gestione delle relazioni attraverso principi di comunicazione efficiente ed efficace. Gli utenti sono sempre
meno disposti ad assumere un ruolo passivo nei confronti di chi eroga un servizio, e i professionisti, con
elevati livelli di specializzazione (knowledge worker), difficilmente sono disposti a tollerare una cultura
organizzativa fondata sull’obbedienza acritica. Nelle nuove organizzazioni, sempre più complesse, gli
strumenti operativi e le competenze necessarie, sono sostanzialmente diversi, così come il rapporto fra
l’individuo e l’ambiente lavorativo (dato dinamico ed evolutivo). Alcune competenze di comunicazione e di
relazione, in particolare, sono indicate come particolarmente utili nel governo delle organizzazioni
complesse:
• Saper comunicare e facilitare la comunicazione per:
- diffondere i valori dell’organizzazione,
- guidare i collaboratori al raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione,
- chiedere e dare feedback produttivi ai singoli collaboratori e al gruppo di lavoro,
- concordare gli obiettivi con i singoli collaboratori e il gruppo.
• Saper ascoltare e osservare: sono le capacità base per la gestione del clima e delle relazioni
interpersonali sul lavoro, favoriscono la comunicazione, intesa come processo con cui si
trasferiscono significati da una persona all’altra, e contribuiscono allo stabilirsi di rapporti costruttivi
di collaborazione.
IL LAVORO IN TEAM
Luciana Castellini
DOT Solutions – Milano
PROJECT MANAGEMENT
216
• Saper negoziare per comporre le divergenze, gestire i conflitti e definire gli obiettivi da perseguire,
diffondendo nell’organizzazione la logica negoziale, intesa come il modo di procedere per arrivare
ad una decisione il più possibile condivisa dalle parti in causa, attraverso l’integrazione delle singole
posizioni e la ricerca reale di consenso. Sono necessarie tolleranza, flessibilità, capacità di ascolto e
creatività.
• Saper gestire team e gruppi di lavoro, guidando i collaboratori alla collaborazione e alla
responsabilizzazione sui processi e sui risultati.
• Conoscere se stessi e “accettare” i collaboratori come sono, non come si vorrebbe che fossero
per poterli valutare, orientare, motivare.
Pertanto se in passato le organizzazioni burocratiche seguivano una logica di tipo meccanicistica,
fondata sulla divisione del lavoro, sulla specializzazione delle mansioni e sulle procedure, con relativa
sottovalutazione delle qualità personali dei lavoratori, le persone che lavorano oggi nelle organizzazioni
richiedono una valorizzazione della loro professionalità e mal sopportano lavori ripetitivi, svolti senza
coinvolgimento nella definizione e soluzione dei problemi. Questo cambiamento ha determinato l’esigenza
di una nuova organizzazione del lavoro in gruppi di lavoro.
L’organizzazione del lavoro a rete, quindi per gruppi di lavoro, è il modello organizzativo che si è
rivelato più efficace per superare le debolezze dell’organizzazione piramidale permettendo di:
- accelerare il flusso delle informazioni ;
- ostacolare la burocrazia (poco sensibile alle persone e poco efficace per responsabilizzarle e
motivarle);
- decentrare compiti e responsabilità, evitando l’appesantimento tipico delle grandi organizzazioni
centralizzate;
- creare forti relazioni personali e professionali indispensabili per utilizzare le nuove tecnologie;
- superare il rifiuto per la dipendenza gerarchica tipico dei lavoratori più istruiti;
- favorire una gestione per progetti (project management) garantendo un corpo multidisciplinare di
conoscenze, tecniche e pratiche opportunamente integrate.
Il gruppo è uno “strumento” professionale di lavoro, ma non è uno strumento “forte” capace di
costringere i comportamenti individuali, di trascinarli nella direzione giusta o desiderata.
Essendo uno “strumento di relazione”, il gruppo deve essere trattato con sensibilità e delicatezza e
accuratamente progettato e seguito nel tempo, qualunque sia la sua finalità (organizzativa, formativa, di
intervento, di ricerca, etc...). In un gruppo ciò che accade e ciò che si realizza rispetto all’obiettivo (“funzione
di produzione“) è fortemente influenzato dagli accordi organizzativi ma, soprattutto, dalla regolazione e
tutela degli stati emotivi (“funzione di manutenzione”), solitamente poco curati.
IL LAVORO IN TEAM
217
Nell’era del terziario avanzato ove il destino delle aziende dipende molto dalle persone e poco dalle
macchine, il rispetto e la qualità della relazione diventano quindi i capisaldi di qualsiasi organizzazione
efficiente.
LA RELAZIONE DI LAVORO
Gli studi antropologici enfatizzano - come base dei gruppi - l’importanza della relazione fra persone
che comprende: il modo di pensare, le regole che si danno reciprocamente e i valori che esprimono.
La teoria delle organizzazioni si è sviluppata inizialmente dall’idea che un’organizzazione è caratterizzata
dai principi di continuità e replicabilità. Ciò significa che i ruoli organizzativi, i processi e le procedure sono
creati con lo scopo di sostenere la sopravvivenza nel tempo dell’organizzazione e che questa deve essere
costituita da un insieme di competenze garantite da persone con la dovuta professionalità ed esperienza,
sostituibili in ogni momento da altri professionisti con analoghe credenziali.
Contrariamente a quanto afferma questa teoria, però, in molte organizzazioni sono le relazioni fra
persone a prevalere rispetto alle interazioni fra ruoli, pregiudicando il principio di replicabilità e continuità.
Nonostante esistano organigrammi formali, ruoli e procedure, essi non riflettono il modo in cui il
lavoro viene svolto. In un’organizzazione dominata da relazioni personali, ciascuno lavora con le persone
con le quali si trova bene, mentre non lavora con quelle con le quali non riesce ad instaurare un rapporto di
simpatia.
La relazione con la persona conta di più delle capacità professionali e diventa un vero e proprio
strumento di management.
L’organizzazione basata sulle relazioni personali non è necessariamente disfunzionale; anzi, in molti casi
ha tutte le caratteristiche per diventare «centro di eccellenza». Tuttavia i centri di eccellenza costruiti sulle
relazioni personali sono difficili da riprodurre o da trasferire ad altri contesti.
Le relazioni personali tendono, inavvertitamente, a superare qualunque deficienza tecnica o
organizzativa interna al sistema.
Possiamo definire questo fenomeno rete di simpatia. La «rete di simpatia» è una rete che attiva
risposte di «buon senso» e spesso esclude l’organizzazione e le competenze organizzative delle sue figure
professionali. Le esigenze formali dell’organizzazione sono gestite dalla rete ex-post, così che nulla appaia
fuori posto. Le reti di simpatia lavorano intorno all’organizzazione, e trovano la soluzione che ha più senso,
autorizzando l’idea che l’organizzazione sia «un ostacolo da aggirare, e non uno strumento di lavoro».
E’ difficile imporre criteri quali l’«appropriatezza» quando le relazioni di simpatia all’interno
dell’organizzazione invitano ad ignorare i criteri organizzativi.
Gli stessi utenti imparano molto rapidamente a servirsi della rete di simpatia per aggirare
l’organizzazione e ottenere risultati più rapidi (marketing interno).
PROJECT MANAGEMENT
218
Purtroppo però mentre la velocità dei risultati nelle reti di simpatia è invidiabile, la qualità dei risultati è
incerta.
Relaz ioni di s impati a Punti forti Punti debo l i
Le persone si piacciono Cercano rapidamente soluzioni che
funzionano soluzioni di «buon senso»
Equità
Le persone sono in relazione con
altre persone, non con i ruoli
Il cliente si sente «preso in cura» L’organizzazione è un ostacolo
Appropriatezza
Le persone sono in relazione con
altre persone, non con i ruoli
Qualità e appropriatezza dei risultati
Le persone lavorano per la rete di
simpatia, e non per il cliente
Il cliente percepisce l’organizzazione
come un ostacolo, e la persona come
una soluzione
La mappa delle relazioni è uno strumento per organizzare e decodificare le relazioni all’interno
dell’organizzazione. Essa fornisce un quadro di riferimento in cui collocare l’esperienza del management
relazionale.
La «mappa delle relazioni» fotografa due diversi stili relazionali. La relazione di simpatia, nella quale le
persone si piacciono reciprocamente è espressa dall’asse a sinistra. La relazione nella quale le persone non
si piacciono reciprocamente è espressa nell’asse a destra, ed è chiamata «relazione difensiva». Il grafico
descrive le relazioni personali.
Come si osserva nella «mappa delle relazioni», i tipi di relazione che caratterizzano l’interazione fra
persone all’interno di un’organizzazione sembrano essere due: le relazioni di simpatia e le relazioni difensive.
IL LAVORO IN TEAM
219
La relazione di simpatia si instaura fra una persona e un’altra. Essa assegna alla persona il 100% del valore, e
al ruolo professionale lo 0%. Privilegia cioè la persona rispetto alla componente professionale del ruolo, e
vede qualunque forma di organizzazione come un «ostacolo» da aggirare. In un’organizzazione che inizia a
lavorare con un pesante bagaglio di relazioni di simpatia ciò che si osserva è che la stessa persona può
assumere due comportamenti diametralmente opposti.
A seconda dell’umore e dei sentimenti, lo stesso addetto può produrre risultati di buon senso oppure
ritrarsi in una definizione di ruolo talmente limitata a ciò che gli viene formalmente richiesto da far ritenere
che il ruolo esista, ma nessun essere umano vero lo incarni (100% al ruolo professionale, 0% alla persona).
Tanto misteriose sono le motivazioni per la simpatia, altrettanto lo sono quelle per l’ostilità che portano la
persona prevista dall’organico a non incarnare con un minimo di «umanità» il proprio ruolo. Si può
verificare come sia le relazioni di simpatia che quelle di difesa non riguardino due gruppi separati di addetti,
ma lo stesso gruppo. La «posizione di difesa» considera nuovamente l’organizzazione come un ostacolo.
Ostacolo utilizzato per impedire l’ingresso a qualcun altro.
In ogni caso i punti estremi della mappa delle relazioni mostrano entrambi come i problemi
organizzativi siano un ostacolo, dal momento che possono essere utilizzati sia per aggirarli che per
«ostacolare» gli altri difendendo se stessi.
Nelle organizzazioni con queste caratteristiche relazionali è estremamente difficile introdurre strumenti
di management: i processi di budget, quelli inerenti la qualità, gli sforzi di pianificazione e controllo vengono
tutti aggirati (cioè visti come ostacoli) oppure utilizzati in maniera opposta a ciò per cui erano stati previsti,
ma soprattutto è impensabile poter lavorare in team.
La mappa organizzativa, con i suoi due estremi, mostra come fra la teoria e la pratica delle
organizzazioni ci sia una grande divergenza, che fa passare il valore assegnato alla persona dallo 0% al 100%.
La «mappa delle relazioni» illustra come ciò che manca attualmente in molte organizzazioni è il
concetto di «relazione di lavoro».
PROJECT MANAGEMENT
220
Una relazione di lavoro comporta la scelta di essere una persona all’interno del ruolo richiesto
dall’organizzazione. Nella «mappa delle relazioni» è evidenziata una “casella” che autorizza un certo spazio
di movimento: ci sono persone che saranno sempre più orientate agli aspetti personali che a quelli
professionali, ed altre che saranno l’esatto contrario. Tuttavia, per poter gestire un’organizzazione cresciuta
al punto che il capo non ha più relazioni personali con nessuno, oppure che ha «perduto una persona», è
necessario costruire al suo interno delle relazioni di lavoro. Le organizzazioni che hanno privilegiato il
management basato sulle relazioni personali possono non avvertire il bisogno di costruire relazioni di lavoro;
tuttavia, certe condizioni come la crescita delle dimensioni o la successione possono convincere
organizzazioni di questo tipo ad includere le relazioni di lavoro nella propria cultura organizzativa .
Costruire relazioni di lavoro comporta diventare una persona che accetta di assumere un ruolo
all’interno dell’organizzazione. Questo è un altro modo per garantire la «cura del cliente». Le relazioni di
lavoro assegnano la funzione di «cura» all’équipe, nel rispetto delle competenze professionali, anziché
capitalizzare esclusivamente le relazioni personali.
La questione della discrezionalità professionale in effetti ha a che fare con la domanda «se accadesse
di nuovo, lo rifarei?». Questo è ciò che distingue la discrezionalità professionale dalla discrezionalità
personale. Nelle organizzazioni di servizi, i principi di base di una cultura di servizio dimostrano che dietro
ogni ruolo c’è una persona, il che è vero non solamente per quanti lavorano nell’organizzazione, ma anche
per quanti da essa si attendono una risposta. La relazione di lavoro rappresenta un’opportunità per tentare
di accrescere la qualità e l’appropriatezza in risposta ai bisogni degli utenti.
Costruire la relazione di lavoro equivale a stabilire relazioni fra persone che assumono un ruolo.
I ruoli all’interno delle organizzazioni hanno svariate definizioni. Tuttavia, la comprensione pratica dei
ruoli all’interno delle relazioni di lavoro si appoggia su tre punti: competenza professionale, gestione delle
relazioni, aspettative reciproche (Butera).
RUOLO E CONFL ITTO
La competenza professionale è la competenza di cui l’organizzazione è alla ricerca e può essere
raggiunta tramite l’esperienza lavorativa, l’esperienza pratica o la formazione.
La gestione delle relazioni ha a che fare con l’esposizione degli aspetti tecnici di un ruolo alle influenze
esterne, agli obiettivi dell’organizzazione e alle competenze tecniche di altri all’interno dell’organizzazione.
Le aspettative reciproche hanno a che fare con l’aspettativa di essere consultati su questioni che
coinvolgono competenze tecniche. Mentre le persone sono molto sensibili e reattivi alle proprie aspettative,
tendono senza volerlo a tenere in scarsa considerazione le aspettative altrui. Quando le relazioni di simpatia
iniziano ad avere la meglio sulle modalità con cui viene svolto il lavoro, si tende a credere che l’aspetto del
ruolo che più viene messo in discussione siano le «competenze tecniche», mentre in realtà sono le
«aspettative».
IL LAVORO IN TEAM
221
L’organizzazione non basata su relazioni di lavoro ma solamente su relazioni di simpatia è a forte
rischio di paralisi.
Il conflitto ha origine quando il proprio ruolo viene visto unicamente in termini di competenza tecnica,
tanto da non avere più alcuna fiducia nell’utilità di strumenti organizzativi quali le riunioni gestionali in quanto
luogo d’incontro e confronto.
Molto spesso nelle organizzazioni non esiste una definizione condivisa di «ruolo» pertanto lo
strumento della «riunione gestionale» non assume alcun valore per i suoi membri: ironicamente, diventa un
ostacolo per gli obiettivi dell’organizzazione, dal momento che i suoi membri lo vedono come un «ostacolo
professionale».
Più spesso il ruolo viene visto come sinonimo di competenza tecnica, mentre assumere un ruolo
significa mettere la competenza tecnica in relazione con gli obiettivi dell’organizzazione e con i colleghi
L’assunzione di ruolo richiede, come già detto, competenza tecnica e capacità relazionale, ma anche
attenzione alle aspettative proprie e a quelle altrui.
Ciascun ruolo prevede una competenza tecnica che rappresenta di fatto il «territorio all’interno
dell’organizzazione». Se i ruoli interagiscono senza rispettare tale territorio, dimostrano di non avere rispetto
per le aspettative dei ruoli stessi.
Non rispettare le aspettative di ruolo di un collega si configura come una vera e propria invasione di
territorio e può generare comportamenti di difesa.
Questo avviene ogni qual volta si tende a proporre soluzioni preconfezionate anziché utilizzare i
momenti di ritrovo per discutere e confrontarsi nel rispetto delle singole professionalità.
Lasciandosi coinvolgere in un conflitto produttivo attingendo ai punti di vista e alle opinioni dei vari
membri, un team può impegnarsi con fiducia e sposare una decisione sapendo di aver beneficiato delle idee
di ciascuno.
Paradossalmente spesso si crede di dover evitare il conflitto per ottenere maggior efficienza, ma in
realtà solo un sano conflitto permette di risparmiare tempo.
I team che temono le discussioni:
- tengono riunioni noiose
- creano ambienti dove prosperano le politiche sommerse e gli attacchi personali
- ignorano questioni controverse critiche per il successo del team
- non riescono ad attingere a tutte le opinioni e punti di vista dei membri del team
I team che si impegnano nelle discussioni:
- vivono riunioni vivaci e interessanti
PROJECT MANAGEMENT
222
- portano alla luce e si avvalgono delle idee di tutti i membri del team
- risolvono in fretta i problemi reali
- minimizzano la politica
- mettono sul tavolo i punti critici da discutere
La tendenza a considerare le competenze tecniche come unica componente del ruolo, e la relazione
invece come semplice scelta personale sta alla base dell’organizzazione basata sulla relazione.
Comprendere il significato del proprio ruolo comporta delle competenze che devono per forza far
parte del bagaglio di ogni membro dell’organizzazione: il dirigente può essere il responsabile delle relazioni di
lavoro e della loro facilitazione, ma solo dopo che tutti i membri dell’organizzazione abbiano iniziato a
lavorare all’interno di tale quadro di relazioni e abbiano di conseguenza fatto proprio un ruolo organizzativo.
Lavorare all’interno del quadro di riferimento dei ruoli dà all’organizzazione l’opportunità di sviluppare
relazioni di lavoro anche con i suoi utenti. Ad esempio i problemi che in campo sanitario coinvolgono
l’accettazione delle terapie da parte del paziente indicano che spesso, finché i membri dell’organizzazione
non assumono il proprio ruolo, anche i pazienti si rifiutano di assumere il proprio. I pazienti che non
accettano le terapie dopo una diagnosi, e che di conseguenza non collaborano a mantenere o recuperare la
propria salute, sono un esempio di come i ruoli possano essere uno strumento di gestione di grande
importanza in campo sanitario.
L’insieme di tali questioni ha più a che fare con «il punto di vista e la percezione del ruolo» che con
soluzioni tecniche. Il valore della relazione di lavoro, del ruolo come insieme di competenza tecnica, capacità
relazionali e reciproche aspettative può essere visto come uno strumento particolarmente utile per
costruire l’integrazione orizzontale in organizzazioni grandi e complesse. L’integrazione orizzontale è
necessaria per fare in modo che la « cura dell’utente » sia un attributo dell’organizzazione e non di una
relazione personale.
La definizione dei ruoli in un gruppo è un fattore di gestione, e perché ci sia una corretta gestione è
fondamentale che ogni ruolo necessario al gruppo vada coperto. Questo talvolta richiede la specializzazione
di uno dei membri del gruppo, l’integrazione di nuove persone, la collaborazione con persone esterne al
gruppo.
In ogni gruppo ci sono ruoli operativi, più legati al compito, e ruoli funzionali al dinamismo dei legami.
I ruoli, soprattutto quelli operativi, devono essere pensati per garantire efficienza ed efficacia al gruppo
e devono essere definiti in relazione al compito.
I ruoli operativi si distinguono in:
• ruoli specialistici di varia natura,
• ruoli di coordinamento e di gestione,
• ruoli professionali.
IL LAVORO IN TEAM
223
Più il gruppo ha una struttura formale più è necessario definire ruoli operativi.
Sono state proposte numerose classificazioni dei ruoli nel gruppo, funzionali al dinamismo dei legami;
fondamentale rimane il lavoro fatto da Benne e Sheats presso il NTL nella seconda metà degli anni
Quaranta. Benne e Sheats individuano tre sottocategorie funzionali: i ruoli collegati al compito del gruppo, i
ruoli svolti per costruire, mantenere e far sviluppare il gruppo, i ruoli funzionali al soddisfacimento dei
bisogni individuali.
1. RUOLI FUNZIONALI AL COMPITO DEL GRUPPO:
_ Iniziatore: suggerisce al gruppo nuove idee, nuove mete, ridefinisce i problemi, propone nuovi modi di
affrontare le difficoltà.
_ Ricercatore di informazioni: chiede chiarimenti, informazioni, precisazioni, esprime i bisogni informativi del
gruppo.
_ Ricercatore di opinioni: non cerca fatti, come il precedente, ma valori su cosa il gruppo sta cercando di fare
e perché.
_ Fornitore di informazioni: offre fatti che possiedono valori autorevoli.
_ Fornitore di opinioni: verbalizza opinioni e stati d’animo, che si inseriscono in modo pertinente nelle
attività del gruppo.
_ Elaboratore: esplicita idee e suggerimenti in modo esemplificativo, elabora collegamenti e conseguenze di
comportamenti.
_ Coordinatore: evidenzia le relazioni tra le varie idee e suggerimenti, è attento a coordinare le attività dei
vari membri del gruppo.
_ Orientatore: definisce le posizioni del gruppo rispetto alle mete, riassume cosa è successo ed indica la
direzione da prendere.
_ Valutatore: effettua verifiche rispetto agli standard previsti o individua gli standard di riferimento.
_ Fornitore di energia: porta il gruppo all’azione o alla decisione, cerca di stimolare il gruppo verso una
maggiore qualità e quantità di produzione.
_ Tecnico delle procedure: predispone sequenze di compiti finalizzati, si occupa dei problemi logistici e di
supporto.
_ Ragionatore: è la “memoria” del gruppo; scrive, appunta, relaziona su tutto ciò che fa il gruppo.
2. RUOLI FUNZIONALI ALLA VITA DEL GRUPPO:
_ Incoraggiatore: accetta caldamente i contributi degli altri; mostra solidarietà verso gli altri membri; indica
con chiarezza la conoscenza e l’accettazione dei punti di vista degli altri.
PROJECT MANAGEMENT
224
_ Armonizzatore: facilita la riconciliazione di eventuali contendenti, evidenziando le similitudini e attenuando
le differenze fra i membri; sdrammatizza.
_ Mediatore: lavora tra i conflitti e pone la sua idea nella posizione di massima convergenza delle forze,
propone compromessi, ammette errori, con l’obiettivo primario di mantenere l’armonia del gruppo.
_ Controllore della comunicazione: controlla i canali di comunicazione, incoraggia la partecipazione, propone
piani informativi e fornisce a tutti le opportunità di espressione.
_ Indicatore di standard: esprime gli standard della qualità dei processi di gruppo.
_ Osservatore/commentatore: sottolinea i diversi aspetti dei processi di gruppo e interpreta le valutazioni del
gruppo.
_ Seguace: accetta le idee degli altri, segue “condividendo” i movimenti e le decisioni del gruppo.
3. RUOLI FUNZIONALI AI BISOGNI INDIVIDUALI:
_ Aggressore: attacca le posizioni degli altri, esprime disapprovazione, attacca sia il gruppo che gli altri
individui.
_ Oppositore: pessimista, pone resistenze spesso senza apparente ragione; mantiene vivi i problemi anche
dopo che il gruppo li ha risolti.
_ Ricercatore di attenzioni: cerca in tutti i modi di portare l’attenzione su di sé, agisce in modo da condurre il
gruppo ai suoi obiettivi.
_ Autoconfessore: utilizza il gruppo per esprimere sentimenti personali ed idee che non sono di interesse del
gruppo.
_ Playboy: cinico, superficiale, utilizza il gruppo come scuola di comportamento, senza mai essere coinvolto
appieno.
_ Dominatore: cerca di imporre la propria autorità o superiorità, manipolando il gruppo o alcuni membri;
esprime direttive anche non richieste, interrompe i contributi degli altri.
_ Ricercatore d’aiuto: cerca il sostegno degli altri attraverso espressioni di insicurezza o confusione,
deprecando se stesso per questo.
_ Avvocato difensore: parla utilizzando stereotipi (l’utente, i lavoratori, il consumatore, etc...) esprimendo il
pregiudizio e il biasimo verso tutti quei comportamenti che contraddicono i suoi bisogni.
E’ evidente come i ruoli funzionali ai bisogni individuali siano per lo più un ostacolo per la vita del
gruppo. Quelli illustrati sono atteggiamenti che frequentemente emergono nelle prime fasi di costituzione di
un gruppo, ma necessariamente devono mutare affinché il gruppo possa realmente diventare operativo.
IL LAVORO IN TEAM
225
CONCLUSIONI
Troppo spesso si pensa alla gestione del progetto (Project Management) in termini esclusivi di tempi,
risorse e costi. Oggi l'ottimizzazione del lavoro passa anche attraverso altre variabili critiche: obiettivi,
ambito, vincoli, scadenze (nella fase d'avvio), qualità, rischi, approvvigionamenti (nella fase di pianificazione),
comunicazione, condivisione, leadership, motivazione, change (nella fase d'esecuzione), conoscenza, lezioni
apprese, e best practice (nella fase di chiusura). Il Project Manager moderno deve tener conto di tutte
queste variabili integrandole in un unico "modus operandi".
Quanto descritto nei paragrafi precedenti dimostra che uno degli elementi fondamentali che
determina il buon funzionamento di un gruppo di lavoro è la relazione e prescindere da questo aspetto è
impossibile.
Professionisti coinvolti in un progetto comune devono necessariamente rapportarsi in maniera
corretta per conseguire risultati soddisfacenti. Questo orientamento risiede nella disponibilità a voler
conoscere e accogliere le aspettative altrui per poter perseguire obiettivi condivisi, diversamente ciascun
membro del team tenderà a ritrarsi in una posizione difensiva per salvaguardare il proprio territorio
circoscritto, senza generare alcun valore e crescita per sé e per gli altri.
Tutto questo si traduce nell’assunzione del ruolo, in quanto insieme di competenza tecnica e
relazionale, da parte di ciascun membro del gruppo di lavoro e nella capacità di agire con discrezionalità
professionale anziché personale.
L’esperienza dimostra che una relazione basata sulla discrezionalità personale è destinata a non durare
nel tempo per due motivi:
1. è fortemente legata alle singole persone, pertanto una volta mutati i soggetti la situazione
precipita;
2. non c’è spazio per coloro che non aderiscono alla rete di simpatia, verso i quali è possibile
assistere ad atteggiamenti di totale in equità.
Una relazione di lavoro, diversamente, comporta la scelta di essere una persona all’interno del ruolo
richiesto dall’organizzazione e assumere un ruolo significa mettere la competenza tecnica in relazione con gli
obiettivi dell’organizzazione e con i colleghi.
Questi presupposti sono fondamentali per consentire il lavoro di squadra e promuovere una buona
comunicazione nel gruppo, ancor più se si tratta di team virtuali costituiti da persone costrette a lavorare a
distanza con il supporto di strumenti tecnologici.
Tale modalità di lavoro deve, infatti, essere governata e tener ben presente sia gli aspetti critici che i
punti di forza.
PROJECT MANAGEMENT
226
Concludo affermando che, comunque venga svolto il lavoro di squadra (a distanza o meno),
rappresenta una grande risorsa ancor più nei contesti organizzativi attuali che necessitano di una vasta
gamma di professionalità per affrontare e gestire progetti sempre più complessi e ambiziosi.
B IBLIOGRAFIA
Blanchard K., Parisi-Carew E., Carew D. (1998): Come costruire gruppi di successo. FrancoAngeli.
Bozek P.E. (1994): Comunicare con efficacia. FrancoAngeli.
Patrick Lencioni (2007): La guerra nel team. ETAS.
Patrick Lencioni (2006) Morto di riunioni. ETAS.
Pennarola F., Proserpio L., Tecnologie per l’apprendimento: quando il gruppo non è solo virtuale, Milano, 2001.
Franco Marzo (2006): Music Manager: esperienza musicale e arte manageriale. FrancoAngeli.
Jandt Fred Edmund (1990): Winner contro Winner. L’arte di trattare con gli altri, negoziare “positivamente” e trasformare tutti i
conflitti in accordi. Franco Angeli.
Kettlitz V, (1998): Come trattare i propri collaboratori. Introduzione alle nuove tecniche di leadership. FrancoAngeli.
Jennifer Landau, Nota su la relazione di feeling.SDA BOCCONI.
Paolo Rotondi, Note sul gruppo e il gruppo di lavoro SDA BOCCONI.
L’ETICA: IL VERO VALORE DEL PROJECT MANAGEMENT
227
L’ETICA:
IL VERO VALORE DEL PROJECT MANAGER
Carlo Notari, PMP®
Presidente – PMI Northern Italy Chapter
Credo che l’Etica ed i Valori (sì, con la V maiuscola) debbano essere una delle maggiori
preoccupazioni dei nostri tempi. Uno dei professionisti più esposti alle problematiche connesse all’Etica è
senza dubbio il Project Manager.
Tale ruolo, infatti, può essere considerato il primo della scaletta del Management: si comincia a gestire
Progetti via via sempre più complessi, fino ad arrivare alla gestione di quello che potremmo definire il
“progetto per eccellenza”, ovvero l’Impresa. E’ quindi il PM la figura che meglio può incidere nella
generazione di una cultura dell’Etica all’interno delle strutture organizzative.
Il problema è che anche la crescita professionale dei PM è oggi spesso guidata da principi che,
soprattutto nelle fasi più avanzate del percorso di carriera (dove la misura del risultato è sempre meno
oggettiva), con il merito e la competenza hanno poco a che fare, ma che, come vedremo nel seguito,
rispondono a logiche meschine di volgari interessi personali, spesso neanche di ordine economico. E’ quindi
importante che da questo primo gradino della scaletta del Management, quello del PM, ognuno si impegni
ad utilizzare l’Etica, riferendosi a valori di base ed addestrando le persone che lavorano sul progetto a
condividere questi valori ed a sviluppare la propria professionalità rispettando un modello di Etica condiviso
con il mondo che lo circonda.
In questo scritto riporto le mie considerazioni sull’Etica, che sempre più spesso ho sentito essere
condivise, quando mi capita di parlarne.
Per prima cosa ho cercato su internet delle definizioni della parola “etica” e ne ho scelto tre:
L’ETICA: IL VERO VALORE DEL PROJECT MANAGEMENT
228
“Il termine deriva dal greco ethos, costume. Branca della filosofia che ha come oggetto i valori”1; “Categoria
analogica (o sfera esperienziale) relativa ai comportamenti e ai sentimenti attivi nelle relazioni interpersonali”2;
“Dal greco ethos ("condotta", "carattere"). L'etica è la disciplina che si occupa di considerare e valutare l'insieme
degli atti che costituiscono la condotta (l'agire) dell'individuo”3.
La mia interpretazione è che, sostanzialmente, si parla di esperienze vissute e valori (determinati anche
dalle esperienze?!) che producono condotte e comportamenti relazionali, ovvero, in parole povere, l’agire
dell’individuo.
Io credo che gli ingredienti principali di un comportamento etico “di valori” siano la trasparenza nei
rapporti interpersonali, l’equilibrio nella gestione delle azioni professionali, ma, soprattutto, ciò che li
comprende entrambi, ovvero il rispetto delle persone e del lavoro che sono chiamate a svolgere.
Questi sono i valori di base cui bisognerebbe fare riferimento e sui quali costruire quelli più
marcatamente politici che indirizzino, da punti di vista diversi, diverse possibili condizioni (o linee guida) di
una vita che riesca il più soddisfacente possibile.
Ma oggi questi valori costituiscono ancora un punto di riferimento per le persone? Se si, per quali
persone o quali gruppi di persone?
Oggi si dice comunemente che, almeno in “occidente”, stiamo vivendo un periodo di decadentismo
culturale e sociale, insomma un decadentismo di VALORI.
Forse perché esistono sempre meno punti di riferimento ideologici e politici comuni a gruppi
consistenti di individui, oppure perché gruppi consistenti di individui di pochi contenuti hanno preso il
sopravvento su gruppi “di contenuto”, ma a volte distratti a curare le proprie piccole vanità o, altre volte, a
crogiolarsi in una sorta di nuvoletta snob?
Io credo che sia corretta la seconda delle due ipotesi, ma sarebbe incorretto attribuire questo stato
delle cose al solo livello politico, come taluni cercano di fare. La verità è che il gruppo dei “vuoti”, mi si passi
il termine enfatico, cresce in ogni livello ed in ogni settore della società.
Il “vuoto”, per definizione, non può avere i valori di base come riferimento, altrimenti le sue chance di
successo sarebbero ridotte ad un lumicino.
Infatti “valori” significano anche, come dicevamo, contenuti da proporre, rispetto delle persone e,
quindi, anche meritocrazia, concretezza di obiettivi, crescita solidale, etc. Tutte cose che renderebbero
impossibile la scalata del potere ai “vuoti”, il cui interesse si riduce alla ricerca della supremazia, del
riconoscimento e del benessere materiale personale, anche a discapito di quello altrui, facendo leva su doti
di furbizia e su una assoluta mancanza di considerazione per tutto ciò che non appartiene alla propria sfera
personale. * Tratto da Carlo Notari, “Etica e Valori: un rapporto continuo” – Computer Business Review Italia, 07 2005
1 it.wikipedia.org/wiki 2 not-only-bright.exactpages.com/glossariodr.htm 3 www.forma-mentis.net/Filosofia/Dizionario_02.htm
L’ETICA: IL VERO VALORE DEL PROJECT MANAGEMENT
229
Una volta conquistata la dimensione voluta, i “vuoti” la difendono a denti stretti e, per questo,
diventano pericolosi per la stabilità della parte di società che li circonda e che va dalla famiglia, al Paese, al
mondo.
Alcuni degli strumenti utilizzati da chi ha come riferimento i valori di base sono il dialogo, la
trasmissione delle conoscenze, il carisma e la leadership di contenuto, elementi dei cui risultati fruiscono i
“vuoti” che, come strumento per le loro “strategie”, utilizzano il mobbing (per rimuovere le minacce alla
propria immeritata crescita), l’appropriarsi delle altrui idee (hanno bisogno di sventolare contenuti anche se
non li capiscono), la fidelizzazione di gruppi di individui (con le stesse ambizioni e le stesse vacuità, ma
funzionali al raggiungimento dei propri scopi: il cosiddetto “codazzo”).
I L MOBBING
In realtà questo termine pare sia stato usato per la prima volta dall’etologo Konrad Lorenz per
descrivere il comportamento di alcuni uccelli che rispondono al pericolo di invasione del proprio territorio
attaccando in gruppo l’intruso (generalmente un rapace). Nel mondo animale il mobbing è quindi un
atteggiamento difensivo contro un invasore che minaccia la propria esistenza. Generalmente il
comportamento degli esseri umani si differenzia da quello degli animali per un fattore importante:
l’intelligenza. L’uomo, nella sua interpretazione del mobbing, non mi pare abbia utilizzato tanto l’intelligenza,
quanto l’altra cosa che, ne sono convinto, ci differenzia dagli animali, cioè il gruppo di sentimenti negativi (in
“magnitudo” inversamente proporzionale, sempre secondo me, al quoziente di intelligenza) quali l’invidia, la
gelosia, la sopraffazione e l’aridità.
Si dice che uno dei primi “mobbizzati” sia stato Cincinnato che, dopo le glorie delle vittorie e dei
successi, fu emarginato e fatto oggetto di negatività quali, appunto, la gelosia e l’invidia, che lo portarono a
ritirarsi a vita privata. Oggi, come allora, il mobbing si muove, più pericolosamente, su queste direttrici: sono
mobbizzati i giovani neolaureati di talento che lavorano per dare lustro ai propri professori nella speranza di
una futura luminosa carriera che spesso arriva solo in presenza di vincoli di parentela; sono mobbizzati i
giovani apprendisti di talento negli studi professionali e i giovani, come i meno giovani, talenti gestori di
Progetto in strutture organizzative di elevato contenuto professionale che attraverso identici meccanismi si
vedono derubati dei propri successi e delle proprie meritate soddisfazioni dai loro referenti organizzativi.
L’atteggiamento del mobbizzato è, generalmente di due tipi: adeguarsi e sperare che la fedeltà al
“vuoto” un giorno paghi, oppure combattere perseguendo l’obiettivo di annientare il fenomeno.
Forse è più facile il primo dei due atteggiamenti. In questo caso la vittima, se riuscirà ad agguantare una
qualche soddisfazione, diventerà un giorno anch’egli “vuoto” ed aguzzino.
La nostra società ha bisogno di persone del secondo tipo se vuole sopravvivere ed è auspicabile che la
politica aiuti chi vuole lottare, attraverso la promulgazione di leggi sempre più severe e di regolamenti
organizzativi sempre più oggettivamente meritocratici.
L’ETICA: IL VERO VALORE DEL PROJECT MANAGEMENT
230
L ’APPROPRIAZIONE DELLE IDEE ALTRUI
Questo è un fenomeno spesso non disgiunto dal mobbing, ma altrettanto spesso lontano da esso. E’
molto più subdolo, in quanto sviluppato attraverso azioni apparentemente innocue e sicuramente
rassicuranti che abbassano le difese della vittima che si accorge troppo tardi del tranello.
In questo caso è praticamente impossibile intervenire a livello legislativo e l’unica difesa è quella di
allenare le proprie barriere difensive, cercando il giusto equilibrio tra diffidenza ed eccessiva apertura.
Per proteggere, allora, il proprio patrimonio di creatività, si lascia sempre l’uscio socchiuso in modo
che chi ci chiede di entrare abbia sempre bisogno del nostro intervento.
Oggi, chi ha idee è costretto a difendere il suo personale patrimonio e non permettere ai “vuoti” di
intromettersi ed alimentare la schiera dei “potenti per caso”. Purtroppo, però, questo atteggiamento, per
quanto comprensibile, produce effetti negativi anche sulla crescita dei veri talenti, che trovano con maggiori
difficoltà il “maestro” di riferimento.
I “CODAZZI”
Sono gruppi di persone composte da “vuoti”, futuri “vuoti” e qualche ingenua persona “di contenuto”
destinata al mobbing o, quanto meno, all’emarginazione al primo risultato raggiunto. La costituzione del
“codazzo” è funzionale al raggiungimento del successo da parte del “vuoto” capo branco (o “capo vuoto”)
che spesso è un ex personaggio “di contenuti” schiacciato, però, da una smisurata vanità ed una eccessiva
considerazione per il denaro.
Il “codazzo”, infatti, ne esalta, appunto, la vanità, che cresce di successo in successo fino a convincerlo
di possedere effettivamente elevatissimi contenuti e di avere avuto effettivamente lui tutte le idee
importanti.
I “codazzi” scompaiono solo con la improvvisa caduta in disgrazia del “capo vuoto” (qualche volta
accade quando la sua ambizione lo porta a minacciare il suo livello superiore e se quest’ultimo è a sua volta
“vuoto”) o quando questi va in pensione senza lasciare delfini (cosa abbastanza rara, in quanto il delfino
assicura anche una buona vecchiaia).
CONCLUSIONI
Occorre dare nuovo impulso agli antichi valori dei nostri nonni che dovrebbero sempre essere attuali.
Non gettare la spugna, combattere per l’affermazione del merito e per l’incoraggiamento dei talenti,
distruggere le baronie che hanno prodotto sul nostro Paese il guasto di una seria ricerca inesistente a quasi
tutti i livelli ed in quasi tutti i settori.
Un mio caro amico mi raccontava che la sua figliola, ricercatrice negli Stati Uniti, gli si era rivolta con
un “…voi italiani” che lo ha fatto infuriare. Il mio amico ha avuto l’atteggiamento giusto. Bisogna far capire ai
baroni che l’epoca dell’appropriarsi dei testi dei propri allievi di talento è finita, e far capire ai talenti fuggiti
L’ETICA: IL VERO VALORE DEL PROJECT MANAGEMENT
231
che hanno l’appoggio delle menti sane (e, soprattutto, piene!) della nostra società, per coinvolgerli in questa
lotta.
La nostra è una società in trasformazione, non ci si illuda di poter crescere in casa altre FIAT che diano
lavoro a masse di operai ed a tante famiglie. Il secondo ed il terzo mondo sono alla porta ed i nostri
“prodotti” dovranno essere la creatività e l’innovazione applicate in ogni settore ed alle materie prime del
nostro Paese: il turismo, l’arte, la cultura millenaria. Gli antichi operai dovranno trasformarsi nei futuri
Custodi di questo patrimonio.
Ma per fare questo, dobbiamo assolutamente liberarci dei “vuoti”, attraverso l’unica arma che le
persone “di contenuto”, messa da parte ogni debolezza narcisistica, possiedono: l’Etica dei valori.
L’ETICA: IL VERO VALORE DEL PROJECT MANAGEMENT
232
IL PROJECT MANAGER NELLE ORGANIZZAZIONI: TENDENZE E PROSPETTIVE
233
IL PROJECT MANAGER NELLE ORGANIZZAZIONI:
TENDENZE E PROSPETTIVE1
Mario Damiani
Membro del PMI North Italy Chapter
Project Management Institute
INTRODUZIONE
I progetti tendono a rappresentare sempre più spesso un “modo di fare” delle organizzazioni. I
progetti sono iniziative temporanee, finalizzate a realizzare cambiamenti, che creano discontinuità rispetto
alle normali attività routinarie.
Questa discontinuità riguarda diversi aspetti.
Un primo fattore è rappresentato dalla temporaneità: mentre le attività routinarie sono continue, il
progetto per sua stessa natura ha un inizio e una fine. Anzi, si potrebbe dire che tutte le attività inerenti il
progetto sono finalizzate alla sua (positiva) conclusione, mentre le attività concernenti la routine sono
principalmente mirate al mantenimento (magari ottimizzando qualcosa) dello status-quo.
Un secondo aspetto non meno importante riguarda i rapporti tra le persone: si esce dalla tradizionale
logica capo-collaboratore per entrare in quella dove un team di più persone appartenenti a comparti
aziendali diversi si trova a lavorare insieme coordinate da una figura, il project manager, diversa dal loro
responsabile gerarchico.
I rapporti che si instaurano nel lavoro per progetti sono pertanto temporanei. Le dinamiche di
avvicinamento delle persone coinvolte e di costruzione dei gruppi di lavoro sono necessariamente
accelerate rispetto a quanto avviene all’interno dei classici gruppi funzionali. Occorre notare che a tale
1 Zerouno - Giugno 2006
PROJECT MANAGEMENT
234
proposito la letteratura è carente di modelli specifici di riferimento, in quanto tratta i temi della formazione
e gestione del team usando stereotipi di general management che poco o nulla hanno a che vedere con le
logiche dei progetti.
Un terzo elemento è rappresentato dalla coesistenza, a volte dal “disturbo reciproco” tra progetti e
processi routinari. Infatti, a latere dei progetti, l’azienda continua a operare nel quotidiano applicando regole,
processi e abitudini consolidate nel tempo. Capita inoltre che qualche progetto vada proprio a modificare
uno o più processi esistenti e in questo caso le situazioni di conflitto tra i detentori dello status-quo e gli
attori del progetto, sono tutt’altro che infrequenti.
Queste considerazioni sono tanto più valide quanto maggiore è il numero di progetti
contemporaneamente attivi nell’organizzazione e conseguentemente più ampio il ventaglio delle persone a
vario titolo coinvolte in essi.
In questo quadro di riferimento, la visione vetusta si, ma dura a morire, secondo la quale il project
management non è altro che un insieme di tecniche e strumenti, mostra in modo palese e definitivo tutta la
sua miopia.
Discutere oggi di project management in termini originali o innovativi è ormai impresa ardua. Questo
termine, pressoché sconosciuto alla maggioranza delle persone fino a un paio di decenni or sono, è negli
ultimi anni prepotentemente entrato nel lessico comune della maggior parte delle organizzazioni, anche se
talvolta a sproposito.
A ben guardare però, è il termine “project manager” più che “Project Management” ad essere
maggiormente utilizzato e ciò rappresenta tutt’altro che una sottigliezza. L’etichetta project manager, infatti,
contraddistingue in qualche modo chi (individuo) all’interno dell’organizzazione si occupa di coordinare e
gestire un progetto. Il termine Project Management, invece, è relativo all’organizzazione, rappresentando in
estrema sintesi una prassi, un modo di operare, fino a diventare in alcuni casi una cultura organizzativa esso
stesso.
Parlare di project manager, quindi, significa a nostro avviso identificare principalmente responsabilità
individuali, esprimersi in termini di project management vuol dire invece riconoscere che il lavorare per
progetti non è una responsabilità individuale, da assegnare unicamente al capo progetto, bensì una
responsabilità collettiva, di cui deve farsi carico l’intera organizzazione. In questa prospettiva possiamo
identificare tre categorie di attori sociali chiamati a esercitare una specifica ownership nei processi di Project
Management:
• la committenza, responsabile delle decisioni di investimento e del varo di iniziative progettuali
concretamente eseguibili2;
• il project manager, responsabile finale della corretta execution dell’intero progetto;
• le altre figure aziendali, tra cui in particolare i membri del team di lavoro, che devono essere
responsabili della corretta execution delle porzioni di progetto o delle singole attività loro affidate3.
2 Larry Bossidy e Ram Charan – Execution - Sperling & Kupfer Editori, 2004
IL PROJECT MANAGER NELLE ORGANIZZAZIONI: TENDENZE E PROSPETTIVE
235
L ’EVOLUZIONE DEL RUOLO: DA CONDOTTIERO A DIPLOMATICO
Occorre innanzitutto osservare che il contesto sociale in cui il project manager si trova ad operare è
mutato, anche profondamente, nel corso dell’ultimo decennio. La tipologia di stakeholder coinvolti a vario
titolo nei progetti si è diversificata notevolmente, oggi più di ieri le imprese ricorrono alle logiche multi-
fornitore, con la conseguente necessità di amalgamare abitudini diverse di lavoro e, non di rado, diverse
culture.
Il team, poi, è sempre meno “fisico” e sempre più “logico”, ossia i componenti hanno in parte perso la
caratteristica di essere “co-locati” e assegnati al progetto in modo univoco. Nella maggior parte dei casi, i
componenti dei gruppi di lavoro operano a più progetti contemporaneamente, a volte prestando il loro
contributo per pochi giorni e su attività ben specifiche, non di rado restando presso le loro sedi remote,
senza aver mai l’occasione di incontrare di persona sia il project manager, sia gli altri componenti dell’equipe.
Inoltre, per le caratteristiche tecnologiche e specialistiche che contraddistinguono molti progetti, il
team è composto non più prevalentemente da “esecutori” ma, in modo più marcato che nel passato, da
figure professionali che hanno una seniority e un riconoscimento aziendale pari se non superiore a quella del
capo progetto.
In questo contesto appare quindi evidente che la metafora del condottiero, che crea spirito di corpo,
anima di coraggio la truppa e la ispira ad azioni superiori, lascia sempre più il posto a quella del diplomatico,
abile tessitore di trame relazionali e fine comunicatore.
Un diplomatico moderno e attivo, naturalmente, che conosce il business dell’organizzazione e opera
sul campo, sempre pronto a negoziare con gli interlocutori di progetto ed in grado di influenzare le decisioni
laddove non può decidere direttamente.
Da ciò emerge una figura che sa superare lo steccato ideologico della mera realizzazione del mandato,
in grado di stabilire con il committente una relazione professionale sostanzialmente simmetrica, base
indispensabile per discutere e negoziare il mandato stesso e, proprio per questo, capace di assumere in
modo concreto l’ownership del progetto.
In sostanza, parliamo di un project manager meno succube e “impiegato”, magari un po’ fuori dagli
schemi e rompiscatole, ma più consistente e intraprenditore, di cui le aziende hanno estremo bisogno per
migliorare sostanzialmente la performance dei loro progetti principali4.
Un project manager, quindi, che fa leva sulle proprie caratteristiche personali e le sviluppa
continuamente, allenandosi in alcuni casi a diventare nel tempo una figura professionale diversa, più
propriamente manageriale. In questa accezione, il ruolo del project manager può anche essere inteso come
una situazione di passaggio, una sorta di trampolino di lancio per transitare da posizioni tipicamente tecnico-
specialistiche ad altre più direzionali.
3 Rob Thomsett – Radical Project Management – Prentice Hall PTR, 2002 4 Secondo Standish Group, il 97% dei progetti di successo è stato gestito da project manager esperti – The Chaos Report, 2000.
PROJECT MANAGEMENT
236
UNA POSS IBILE PROSPETTIVA: L’APPROCCIO CMD5
Come accennato in premessa, la nostra esperienza ci porta a considerare il project management come
responsabilità organizzativa nell’ambito della quale il project manager rappresenta uno degli attori chiave
anche se non l’unico e, per certi versi, forse non sempre il più importante.
In questa prospettiva, risulta fondamentale stabilire dei principi di base che ispirino sia i project
manager, sia gli altri stakeholder coinvolti nei progetti. Principi che devono essere consistenti e condivisi, tali
in sostanza da armonizzare concretamente i principi e le pratiche di Project Management con lo spirito
dell’organizzazione nel suo complesso.
A titolo esemplificativo e nell’ambito della figura specifica del project manager trattata in questo
articolo, desideriamo proporre brevemente i concetti di Context, Anticipation e Execution, che
rappresentano alcuni cardini attorno a cui, secondo noi6, devono ruotare il modo di essere e l’operato del
project manager.
Context: il project manager è la cerniera di raccordo fondamentale tra il progetto da realizzare e
l’organizzazione, o meglio, le organizzazioni, che lo hanno deciso, che lo realizzeranno e che ne fruiranno dei
risultati.
In base a ciò, il project manager deve collaborare con la direzione nell’integrare il progetto con la
strategia, la situazione e gli altri progetti e processi già presenti nell’azienda, supportando il committente nella
costruzione di una visione comune del progetto da trasmettere a tutti gli stakeholder rilevanti e preparando
e supportando l’organizzazione a vivere positivamente il cambiamento che il progetto stesso porterà.
Nel fare ciò assume una rilevanza di primo piano la relazione e la comunicazione che il project
manager stabilisce non solo con il team di lavoro, ma anche con tutti gli altri attori sociali che possono
determinare il successo o l'insuccesso di un progetto molto più di una buona o cattiva pianificazione.
Anticipation: lavorare a progetto implica sovvertire una prassi molto diffusa che deriva dalla
concezione fatalistico-reattiva dell’operare giorno per giorno, secondo la quale errori e imprevisti fanno
parte della regola del gioco e sono inevitabili.
Con il termine Anticipation, intendiamo un modo di essere e di concepire il lavoro, sia da parte del
singolo individuo, sia per quanto concerne l’organizzazione nel suo complesso, modo di essere che trova nel
project manager il precursore per eccellenza. Anticipation non è quindi un mero insieme di “cose specifiche
da fare”, bensì una sorta di forma mentis che ci porta a guardare e vivere le azioni che compiamo nel
presente come qualcosa che è stato pensato prima e che provocherà effetti nel tempo.
Certo, nessuno possiede la magica sfera di cristallo con cui prevedere e governare il futuro, ma tirando
fuori la testa dal sacco e guardando avanti, sempre, si possono prevenire alcuni ostacoli e rendere più
5 Approccio CMD – Mario Damiani e Chiara Moroni, 1998-2006. Questo approccio ha animato ed anima gli interventi consulenziali, le attività formative e i contributi letterari dei due autori, così come ha ispirato il contenuto del presente articolo. 6 Vedi nota precedente.
IL PROJECT MANAGER NELLE ORGANIZZAZIONI: TENDENZE E PROSPETTIVE
237
concreti e prevedibili i risultati da conseguire. Il che si traduce alla fine in una possibilità di lavorare tutti
meglio.
Execution: il project management è una disciplina relativa al “fare” e che quindi ha nella realizzazione
una delle sue principali raison d’etre. Il nostro approccio concepisce l’Execution non come un processo
tattico da demandare alle strutture prettamente operative, ma come un aspetto fondamentale dell’impianto
strategico, in quanto condiziona in modo decisivo la reale fattibilità del progetto sin dalle fasi iniziali.
L’Execution non è quindi il becero tentativo di eseguire un mandato magari non fattibile, ma un
processo che si snoda lungo l’intero ciclo di vita del progetto e che porta il committente a formulare idee
plausibili, il project manager a discuterne e a negoziarne la fattibilità, gli altri attori sociali del progetto a
preoccuparsi in modo attivo del loro ruolo e dei risultati che devono produrre.
In questa prospettiva, il project manager ha il compito fondamentale di diffondere e supportare l’idea
che l’Execution è una responsabilità collettiva e che tutti gli stakeholder coinvolti sono chiamati ad esercitare
il giusto livello di ownership. Se qualcuno viene meno a tale principio, non deve rassegnarsi ma combattere
perché ciascuno faccia la propria parte, ovviamente dando lui per primo il giusto esempio.
CONCLUSIONI
Con questo articolo abbiamo inteso esaminare la figura professionale del project manager, sia in
termini di situazione generale, contraddizioni incluse, sia per quanto concerne alcune possibili evoluzioni.
Fermo restando che ogni impresa ha caratteristiche, necessità e modelli di business propri e che
pertanto non esistono risposte precostituite, possiamo concludere che la definizione del ruolo e dei compiti
di una figura professionale complessa come quella del capo progetto costituisce una sorta di “dichiarazione
esplicita di intenti” e comporta inevitabilmente la ridistribuzione, o addirittura il superamento, di alcuni poteri
stabiliti all’interno dell’organizzazione.
Alcuni potranno sospettare una possibile riduzione del proprio raggio d’azione; altri, avranno il timore
che una maggiore affermazione del project management possa metter in discussione le convinzioni e i valori
sui quali fino a quel momento si è fondata l’identità degli individui e dell’organizzazione. Ma si sa, non esiste
cambiamento senza qualche sana rinuncia.
PROJECT MANAGEMENT
238
LA VALUTAZIONE EX-ANTE DEI PROGETTI
239
LA VALUTAZIONE EX-ANTE DEI PROGETTI
Giovanni Serpelloni 1), Elisabetta Simeoni 2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
2. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
INTRODUZIONE
Uno dei momenti chiave che le persone e/o i gruppi di valutazione devono affrontare nella gestione
dei finanziamenti, è quello di esaminare, valutare e selezionare i progetti che vengono presentati dalle varie
organizzazioni sia del pubblico che del privato sociale accreditato.
La valutazione ex-ante di questi progetti può richiedere molto tempo soprattutto se non si utilizza una
metodologia strutturata che in qualche modo possa aiutare il valutatore a comprendere esattamente ed in
tempi rapidi i contenuti e la validità dei singoli progetti in modo da poter formulare giudizi standardizzati ed
omogenei.
La formulazione di giudizi con finalità selettive deve però utilizzare dei criteri preconosciuti dal
progettista in modo che il giudizio sia equo e fondato su una serie di “valori” e priorità conosciute fin dalla
prima formulazione del progetto e che hanno consentito una sua strutturazione “orientata” a farsi
comprendere e valutare al meglio. Questi valori di riferimento sono quelli che il valutatore confronta con i
“valori” riportati nel progetto per formulare un giudizio di merito, che tenga conto quindi sia della struttura
tecnica del progetto, sia dell’intervento proposto, della sua fattibilità, appropriatezza e coerenza con il
quadro più generale delle strategie di intervento.
La condivisione di una modalità di valutazione che basa l’attribuzione di valore su criteri espliciti e
chiari, è un primo passo indispensabile per creare una valutazione standardizzata di progetti strutturati e
quindi, come tali, valutabili e più orientati e coordinati con gli indirizzi regionali.
PROJECT MANAGEMENT
240
OGGETTO DELLA VALUTAZIONE
Risulta indispensabile chiarire che quanto qui riportato riguarda progetti dove siano previsti interventi
sulla persona. L’oggetto della valutazione sono quindi i progetti di intervento che in qualche modo siano
rivolti alle persone e che pertanto devono possedere elevati requisiti di serietà e rigore metodologico. Il
presente articolo prenderà quindi in considerazione esclusivamente la valutazione ex-ante di progetti di
prevenzione, cura e riabilitazione.
Verranno esplicitati quali sono i punti da tenere in considerazione per poter comprendere la validità di
un progetto proposto, ponendo attenzione a vari aspetti di contenuto ma anche di metodo relativamente a
come è stato strutturato il progetto e come sarà condotto e controllato nel raggiungimento dei suoi
obiettivi, nel rispetto dei tempi, dei costi e dei criteri di qualità predichiarati.
OBIETTIVI DELLA VALUTAZIONE EX-ANTE
La valutazione che viene eseguita con finalità di selezione dei progetti si pone principalmente cinque
obiettivi specifici:
1. Individuare i progetti più conformi ai criteri di selezione forniti precedentemente dall’ente
finanziatore/programmatore sulla base delle proprie esigenze e della propria programmazione
generale.
2. Produrre una lista di progetti idonei a priorità decrescente, utilizzando quindi uno scoring che
renda esplicita una “graduatoria”.
3. Eliminare, fornendo motivazioni esplicite e formali, i progetti non conformi e/o non idonei.
4. Fornire indicazioni per adeguare e/o migliorare le progettualità carenti ma “interessanti” e, se
integrate ed opportunamente modificate, ancora finanziabili.
5. Fornire indicazioni per permettere una corretta e fattibile valutazione ex-post.
CHI ESEGUE LA VALUTAZIONE EX-ANTE
La valutazione ex-ante può essere eseguita da diversi attori. Primo attore può essere l’ente
finanziatore stesso che, opportunamente dotato di uno staff in grado di fare tali attività, può selezionare
direttamente i progetti. Altro attore potrebbe essere invece una agenzia esterna, che opportunamente
commissionata potrebbe svolgere il lavoro di selezione in conto e per nome del finanziatore.
Spesso si può ricorrere a commissioni formate da vari esperti. Tali commissioni sono risultate molto
utili, ma è necessario in questo caso garantire che i membri della commissione non abbiano alcun interesse
economico diretto nelle attività da valutare o rapporti, in tal senso, con eventuali proponenti i progetti.
LA VALUTAZIONE EX-ANTE DEI PROGETTI
241
Un problema importante a questo livello, quindi, è quello di assicurare l’indipendenza del valutatore
che non potrà essere in alcun modo coinvolto (direttamente o indirettamente) nelle progettualità in esame.
A volte si è assistito a situazioni in cui i valutatori coinvolti in commissioni di selezione dei progetti siano in
seguito diventati consulenti privilegiati e ben retribuiti di alcuni progetti da loro stessi approvati. Per evitare
tutto questo è necessario che le commissioni valutatrici o le agenzie contrattualizzate siano totalmente
indipendenti e che i componenti autocertifichino di non avere alcun rapporto/accordo con i progettisti
valutati, sottoscrivendo inoltre che non forniranno consulenze o altro tipo di prestazioni retribuite per i
proponenti i progetti in valutazione nel corso dello svolgimento del progetto stesso.
Una tecnica utilizzata per evitare pressioni indebite sui valutatori durante le selezioni è quella di non
esplicitare in esterno (nei confronti dei progettisti) e rendere anonime le identità dei valutatori.
Un ulteriore aspetto di estrema importanza, anche se forse un po’ pleonastico, e la necessità di un
accreditamento ed incarico formale del valutatore da parte dell’ente finanziatore competente. Tutto questo
sia per evitare malintesi futuri ma soprattutto per attivare una sorta di contratto tra ente committente e
valutatore al fine di rendere attive e vincolanti le regole sopra riportate.
CON QUALI COMPETENZE SI ESEGUE LA VALUTAZIONE EX-ANTE
Non tutte le persone e i professionisti possono essere chiamati ad eseguire una valutazione di questo
tipo. Vi è la necessità di possedere alcune competenze e condizioni di base che possono essere così
elencate:
1. Conoscenza della programmazione generale su cui si innestano gli interventi dell’ente finanziatore e
per i quali sia stata richiesta una specifica progettazione ad enti ed organizzazioni esterne. La
conoscenza di questa programmazione è indispensabile al fine di poter definire la priorità del
progetto presentato che dovrà essere coerente con gli atti di indirizzo in materia di
tossicodipendenze e formulati dalla Regione all’interno di piani strategici o politiche di intervento.
2. Competenze amministrativo/gestionali generali. Queste competenze sono necessarie al fine di
comprendere se le progettualità sono coerenti con le norme amministrative vigenti e presentano
dei criteri di fattibilità e di gestibilità delle attività proposte.
3. Competenze tecnico scientifiche specifiche per l’ambito in cui le progettualità si collocano. Non è
pensabile che progetti che riguardano un ambito specifico possano essere giudicati e selezionati da
persone che non hanno competenze specifiche in quel settore.
4. Competenze di project management. La conoscenza di questa metodologia è indispensabile al fine
di poter valutare correttamente la coerenza interna degli obiettivi specifici, con gli indicatori di
valutazione scelti, con le metodologie proposte ed i criteri di qualità espressi. Competenze di
questo tipo sono anche utili per poter correttamente comprendere se la tempificazione dichiarata
al progettista e la richiesta di risorse sono effettivamente realistiche e compatibili con gli obiettivi
PROJECT MANAGEMENT
242
specifici e il budget a disposizione.
5. Conoscenza e condivisione delle tecniche e dei criteri di valutazione adottate dalla Regione.
6. Disponibilità, tempestività e precisione durante le attività di valutazione (formazione iniziale, riunioni
di coordinamento, valutazione dei progetti, analisi delle selezioni e sottoscrizioni dei verbali, ecc.).
In altre parole si richiede puntualità e rispetto dei tempi.
La tabella successiva riassume le caratteristiche e le condizioni necessarie a garanzia della qualità del
valutatore.
Tab . 1: Le cara tte r i st i che e le condiz ioni ne cessar ie a garanzia de l la qual i tà de l va lutatore
1
Assenza di rapporti o accordi economici (presenti e
futuri) con i progettisti – indipendenza
autocertificata
2 Incarico e mandato formale da parte dell’ente
finanziatore competente
3 Conoscenza della programmazione generale della
regione nel campo di applicazione dei progetti 4 Competenze amministrativo/gestionali generali
5 Competenze tecnico scientifiche specifiche in
materia 6 Competenze di project management
7 Conoscenza e condivisione delle tecniche e dei
criteri di valutazione adottati 8
Disponibilità, tempestività e precisione durante le
attività di valutazione
L IVELLI DELLA VALUTAZIONE EX-ANTE
La valutazione ex-ante dovrebbe essere eseguita su due livelli differenti:
1. La struttura del progetto e le condizioni di base per la sua realizzazione.
2. L’intervento proposto.
Nel primo caso si dovrà verificare la presenza di prerequisiti burocratico/amministrativi, la coerenza del
formato del progetto con quanto richiesto dal bando di presentazione e la sequenza logica (completezza e
correttezza metodologica) delle varie aree del progetto, riferendosi alle tecniche di project management.
Nel secondo caso si dovrà verificare l’esistenza di prerequisiti tecnico scientifici, la fattibilità e la
coerenza allocativa e cioè se il progetto in questione va potenzialmente a soddisfare dei reali bisogni della
popolazione target e se, quindi, le risorse che verranno dedicate e stanziate per la realizzazione di tale
progetto sono da considerarsi, in via preventiva, ben allocate.
I criteri di valutazione ex-ante devono essere predichiarati al fine di poter dare elementi al progettista
per meglio orientare la stesura del progetto e definire quindi, oltre agli obiettivi, anche i criteri di qualità.
LA VALUTAZIONE EX-ANTE DEI PROGETTI
243
Questi rappresentano i principi e i vincoli che i progetti devono possedere, da verificare ex-ante, al fine di
autorizzare l’intervento ed erogare il finanziamento.
A questo proposito va ricordato che molto spesso si è assistito alla presentazione dei progetti che
avevano scarsi costrutti e finalità tutt’altro che serie. Questi progetti, definiti da alcuni autori americani
“VPO” (virtual placebo project) hanno obiettivi specifici molto poco definiti e di solito tutt’altro che
orientati a risolvere i problemi della popolazione target. I VPO sono quei progetti che hanno obiettivi del
tipo:
1. Rassicurare l’opinione pubblica che qualcosa viene fatto (azione “ansiolitica”).
2. Soddisfare l’operatore (autoreferenzialità).
3. Tranquillizzare gli amministratori e i politici.
4. Creare un consenso elettorale.
5. Creare un ruolo a chi non ne ha.
6. Suggestionare la stampa creando curiosità mediatiche.
7. Recuperare finanziamenti per altre finalità.
La caratteristica costante di questo tipo di progetti è di solito l’assenza di una valutazione
dell’outcome; per contro si riscontra un’ipertrofia degli obiettivi, degli indicatori e dei sistemi di valutazione a
cui corrisponde una improbabile realizzazione. Risulta chiaro che queste progettualità non hanno ragione di
essere e che quindi non verranno prese in considerazione all’interno di questo articolo.
LA STRUTTURA DEL PROGETTO E LE CONDIZIONI DI BASE
La struttura del progetto andrà valutata su quattro dimensioni minime: intellegibilità, conformità alle
norme ed ai regolamenti dell’ente finanziatore, presenza di esplicitazione completa dei prerequisiti tecnici di
base, presenza di un piano di valutazione. Le condizioni di base dovranno essere valutate al fine di
comprendere la reale fattibilità del progetto mettendo in relazione la sua portata e la sua complessità con la
qualificazione del proponente, le collaborazioni instaurate, le risorse e la tecnologia presenti e realmente
utilizzabili dal proponente. Andranno inoltre valutati gli eventuali accreditamenti e certificazioni di qualità da
parte di enti ed organizzazioni autorevoli.
PROJECT MANAGEMENT
244
Tab . 2: Condiz ioni di base per comp rendere la presunta fat t ibi l i tà di un proge t to
1 Intelligibilità, disegno e quadro logico 2 Conformità alle norme ed ai regolamenti
3 Prerequisiti tecnici di base (articolazione del progetto e completezza) 4 Portata e relazione con risorse e competenze
5 Presenza di un piano di diffusione dei risultati 6 Qualificazione del proponente e dello staff
7 Collaborazioni e partnership 8 Risorse e tecnologia presente ed utilizzabile dal proponente
9 Accreditamenti e certificazioni 10 Definizione del problema da affrontare (dimensione, grado di modificabilità e riscontri epidemiologici)
11 Presenza di un Management Information System adeguato al pannel di indicatori dichiarati 12 Rientrante nelle priorità date
1. L’intellegibilità del progetto si otterrà con una strutturazione chiara e comprensibile del testo del
progetto stesso. Il progetto dovrà essere in grado di trasmettere i reali intenti e di far capire
chiaramente anche i limiti, le aree problematiche esistenti e gli eventuali svantaggi per il target.
2. Fa parte di questo aspetto anche la valutazione del disegno generale del progetto, del modello
concettuale e del suo quadro logico complessivo (Logical Framework) che serve a strutturare ed
esporre gli elementi essenziali del pianificatore e dell’esecutore del progetto in modo chiaro ed
uniforme. Il quadro logico può essere strutturato ed esplicitato con una analisi tabellare e sintetica
che preveda la descrizione chiara degli obiettivi messi in relazione visiva con gli indicatori
corrispondenti (Base Line Standard), le metodologie, le fasi del progetto, le modalità di verifica e
valutazione, le valutazioni di fattibilità.
3. Il criterio principale che il valutatore utilizza per stabilire la reale utilità dell’intervento e del quadro
logico è di solito la presenza di un forte grado di coerenza interna tra gli elementi sopra descritti e
una coerenza esterna tra il progetto ed i riferimenti tecnico-scientifici esistenti in letteratura.
4. Sarebbe, inoltre, opportuno che il valutatore si servisse delle così definite “Lessons Learned”
(letteralmente “lezioni imparate”), cioè esiti di analoghi interventi effettuati.
La conformità alle norme ed ai regolamenti andrà valutata osservando la coerenza con il formato
richiesto nel bando ed il possesso di tutti prerequisiti burocratico-amministrativi previsti dalle norme
regionali.
L’esplicitazione dei prerequisiti tecnici di base (articolazione del progetto) prevede una chiara
elencazione degli obiettivi specifici correlati ad indicatori quantitativi, dei metodi e della tempificazione con
un chiaro piano finanziario. Come meglio specificato nel paragrafo successivo, dovrà essere inoltre riportata
l’evidenziazione della reale utilità, dell’efficacia potenziale e dell’innocuità (supportata con bibliografia
LA VALUTAZIONE EX-ANTE DEI PROGETTI
245
scientifica - evidence based - ed accreditata). Inoltre, dovrà essere previsto un elenco dei criteri di qualità
degli interventi, delle motivazioni a sostegno della fattibilità e dell’economicità attesa.
Importante sarà anche valutare la portata del progetto proposto, intesa come la combinazione tra tutti
gli obiettivi del progetto ed il lavoro necessario per raggiungerli. In altre parole è l’insieme di tutte le singole
attività pratiche che il team deve portare a termine. Valutare la portata vuol dire ponderare la dimensione
dell’impegno richiesto e delle risorse necessarie, al fine di poterne cogliere la reale fattibilità.
Il piano di valutazione dovrà prevedere l’uso di indicatori quantitativi aggiunti ai singoli obiettivi, ma
soprattutto l’esplicitazione di Base Line Results. Dovrà prevedere, inoltre, una buona tempificazione con una
valutazione in progress e finale. Tale valutazione dovrà anche essere fattibile e realistica. Molti progettisti
infatti si sono specializzati nel presentare piani di valutazione estremamente articolati e densi di indicatori
che molto spesso risultano essere non utilizzabili e/o rilevabili nel corso dell’intervento. Il piano di
valutazione dovrà essere scientificamente orientato e prevedere una valutazione contestuale delle risorse
utilizzate, delle prestazioni erogate e degli esiti sulle persone target in termini di salute aggiunta e patologia
evitata.
La presenza di un piano di diffusione dei risultati risulta essere di fondamentale importanza al fine di
comprendere la portata della socializzazione culturale e tecnicoscientifica prevista. Andranno valutate la
presenza di workshop, articoli scientifici, manuali, pubblicazione in internet etc.
La qualificazione del proponente e dello staff è estremamente importante per completare il giudizio di
fattibilità. La valutazione della qualificazione dovrà riguardare anche la struttura organizzativa del proponente
(grado di efficienza dimostrata e coordinamento interno), la qualificazione scientifica e professionale invece
può essere indirettamente apprezzata tramite i curricula ma anche valutando le collaborazioni e le
partnership instaurate per la realizzazione del progetto, che sono in grado di aggiungere “garanzie”
incrementanti la credibilità. Anche la valutazione delle risorse e della tecnologia presente ed utilizzabile dal
proponente permetterà di valutare se il progetto è realmente alla portata del proponente.
Accreditamenti e certificazioni sono ulteriori supporti alla credibilità generale del progetto.
Inoltre, ma questo rappresenta un prerequisito fondamentale, andrà valutata la definizione da parte del
proponente del problema da affrontare e delle caratteristiche socio-demografiche, ambientali ed
epidemiologiche, il grado di modificabilità stimata.
La presenza di un Management Information System (MIS) adeguato al pannel di indicatori dichiarati è
assicurazione di fattibilità. Il MIS è rappresentato dall’insieme delle procedure, supporti cartacei ed elettronici,
routine di elaborazione dati etc. che l’organizzazione proponente deve possedere per assicurare un
efficiente piano di valutazione. Il proponente, oltre ad elencare gli indicatori deve poter assicurare, quindi, un
efficiente e corretto sistema di raccolta dati e gestione delle informazioni finalizzate alla valutazione dei
risultati intermedi e finali (schede di raccolta dati ben orientate, questionari validati, data base specifici e un
piano preordinato di elaborazione dei dati e di lettura intelligente delle informazioni). Molti sono infatti i
progetti che elencano una lunga e sicuramente esauriente serie di indicatori, quasi a voler dimostrare la
PROJECT MANAGEMENT
246
propria capacità analitica, senza poi far comprendere come e con quali tempi dedicati tali indicatori verranno
raccolti. Alcuni progetti hanno un numero tale di indicatori che non basta l’intero budget di ore lavoro degli
operatori a raccogliere ed elaborare i dati per poter valutare il progetto utilizzando il profilo di indicatori
dichiarato.
L ’ INTERVENTO PROPOSTO
Nella tabella successiva vengono riportati i principali criteri che devono essere assicurati dagli interventi
e che si utilizzano per valutare la qualità di un intervento proposto all’interno di un progetto.
L’intervento non deve essere dannoso, non deve cioè provocare in alcun modo danni all’individuo per
il quale si esplica. In altre parole ci deve essere l’esclusione di un elevato rischio sulla base di evidenze
scientifiche documentate e non di mere opinioni.
Tab . 3: Cr i ter i per va lu tare la qual i tà di un in terven to
1 Sicurezza (Non dannoso) 2 Potenziale Efficacia
3 Rispetto dei diritti dell’individuo 4 Orientamento scientifico e valutabilità
5 Equità e accessibilità 6 Attivazione nel vero interesse dell’individuo e della
comunità
7 Lealtà ed onestà nei confronti dell’individuo 8 Buon rapporto costo/efficacia e costo/benefici
9 Fattibilità e Trasferibilità 10 Congruità delle spese previste
11 Appropriatezza e utilità per l’individuo 12 Coerenza con le politiche, le strategie e gli obiettivi
dell’ente finanziatore/programmatore
Le attività proposte devono essere “potenzialmente efficaci” in grado cioè di aggiungere salute e di
evitare patologie sul singolo individuo. Devono inoltre essere in grado di dare qualità di vita e di aumentare
il tempo di sopravvivenza. Un criterio importante a questo proposito è, quindi, la presenza di una vera
“utilità per l’individuo”.
L’intervento deve essere anche rispettoso dei diritti dell’individuo e pertanto deve essere garantita la
libera scelta, con adesione spontanea all’intervento dell’operatore proponente.
Deve essere garantito il diritto alla riservatezza e prevista un’informativa completa pre intervento al
cliente sugli effetti, e sui possibili benefici ma anche sui possibili danni derivanti all’intervento stesso.
L’intervento dovrà essere scientificamente orientato e supportato da solide referenze bibliografiche
oltre che valutabile, che utilizzi quindi metodi di comprovata efficacia e tollerabilità, valutabili nella reale
idoneità con sistemi quantitativi per la misurazione comparata dell’outcome. L’orientamento scientifico
LA VALUTAZIONE EX-ANTE DEI PROGETTI
247
dovrà anche riguardare i processi e le risorse impiegate sia in termini di controllabilità che di aderenza a
delle linee guida specifiche di settore.
Un’altra caratteristica che l’intervento deve possedere è quello di essere equanime e di permettere un
accesso facile ed indiscriminato. In altre parole non dove essere selettivo e/o discriminante verso gruppi e/o
singole persone sulla base di criteri non rispettosi dei diritti del singolo individuo.
L’intervento dovrà essere attivato nel vero interesse dell’individuo e della comunità. Si dovranno
quindi escludere fenomeni di autoreferenzialità, propagandistici e di mera ricerca del consenso popolare.
Un’altra caratteristica da garantire è quella che l’intervento dovrà essere leale ed onesto nei confronti
dell’individuo con esclusione quindi di secondi fini non esplicitati. Questo potrà essere garantito anche
dall’esistenza di una buona informativa per il target oggetto dell’intervento, una gestione trasparente degli
obiettivi, delle modalità operative, delle finalità, dei sistemi di controllo valutazione e delle spese.
Un buon rapporto costo/efficacia e costo/benefici è un’importante criterio da rispettare. I rapporti
dovranno essere valutati nel contesto generale delle priorità di intervento e della allocazione razionale delle
risorse globali.
L’intervento dovrà dimostrarsi fattibile e cioè realizzabile in pratica, con risorse necessarie, bilanciate
rispetto ad altri interventi alternativi o maggiormente prioritari. I presupposti di fattibilità sono
principalmente condizionati da:
• raggiungibilità degli obiettivi che si devono dimostrare prima di tutto “realistici”;
• portata del progetto;
• reale disponibilità di risorse e competenze del proponente;
• complessità dei metodi proposti;
• durata;
• costi delle attività specifiche e dell’intero progetto.
Importanti sono anche le conoscenze ex-ante di possibili scenari in caso di comparsa di situazioni
limitanti o compromettenti la realizzazione delle attività di progetto. La fattibilità può essere valutata anche
tramite l’osservazione dei base line standard – BLS (volumi previsti di attività e di outcome attesi espressi
quantitativamente, i risultati minimi attesi, il “minimo dovuto”) dichiarati dal progettista. Molti progetti
definiscono obiettivi specifici ed indicatori correlati ma non dichiarano i BLS rendendo così impossibile la
valutazione relativamente alla fattibilità, all’efficacia attesa (soprattutto per quanto riguarda l’impatto sul
fenomeno), e la congruità dei costi esposti.
Tutte le attività progettuali dovranno dimostrare ex-ante una forte congruità delle spese previste con
risultati economicamente vantaggiosi, e cioè meno costosi rispetto a quelli ottenibili con altre forme di
intervento a maggiore od uguale rendimento e generare benefici diretti comprovabili.
Un criterio da valutare deve essere anche la presenza di una reale utilità per l’individuo, giudicata sia
PROJECT MANAGEMENT
248
con criteri oggettivi (valutazione esterna) sia con tecniche di customer satisfaction.
Infine, andrà valutata la coerenza dell’intervento proposto con le politiche, le strategie le priorità e gli
obiettivi dell’ente programmatore e/o finanziatore.
CONCLUSIONI
Il modello qui presentato ha un valore teorico di riferimento e può essere ulteriormente integrato con
sistemi e criteri più complessi. Tuttavia, va colta la centratura portante del modello che è sulla valutazione
della qualità globale del progetto proposto, ben consapevoli che tra il “dichiarato” ed il reale può esistere
una profonda differenza. Non bisogna sottovalutare che molto spesso le attività progettuali sono fonte di
redditi cospicui, privilegi di posizione e di immagine e possono indurre alcune persone e/o organizzazioni ad
utilizzare tali opportunità in modo non congruo. La finalità generale di un progetto deve sempre essere
molto coerente con la programmazione regionale e territoriale producendo reali effetti di utilità individuale
e di impatto sul fenomeno. Tutto questo permettendo contestualmente una trasparente gestione e reale
valutabilità quantitativa dei risultati osservati sia in termini di prestazioni erogate ma soprattutto di esiti
prodotti in termini di salute aggiunta e patologia evitata.
LA VALUTAZIONE EX-ANTE DEI PROGETTI
249
ALLEGATI Scheda 1: Valutazione ex -an te , s tru t tura de l proge tto e condiz ioni di base
N. CRITERIO SCORE
PURO
(0-10)
PESO
(*) SCORE
FINALE
NOTE
1
Intelligibilità generale
Logical Framework
Coerenza interna
Coerenza esterna con riferimenti scientifici
accreditati
2 Conformità alle norme e ai regolamenti
3
Prerequisiti tecnici di base (articolazione del progetto
e completezza formale):
• obiettivi specifici
• indicatori di output
• indicatori di outcome
• presenza di BLR
• criteri di qualità
• target ed ambienti
• metodi
• tempificazione
• piano finanziario
• piano di valutazione
• bibliografia
• partnership
4 Portata e relazione con risorse e competenze
5 Presenza di un piano di diffusione dei risultati
6
Qualificazione del proponente e dello staff::
• qualità dell’organizzazione
• curricula
• pregresse qualificanti esperienze
specifiche
7 Collaborazioni e partnership
8 Risorse e tecnologia presente ed utilizzabile dal
proponente
9 Accreditamenti e certificazioni
10 Definizione del problema da affrontare (dimensione,
grado di modificabilità e riscontri epidemiologici)
11 Management Information System adeguato
12 Rientrare nelle priorità date
SCORE TOTALE
(*) Importanza data al criterio, espressa con una precedente assegnazione da parte dello staff valutatore tramite tecniche di
NGT ed utilizzando un punteggio da 1 a 10.
PROJECT MANAGEMENT
250
Scheda 2: Valutazione ex -an te de l la qual i tà de l l ’ in terven to
N. CRITERIO SCORE PURO
(0-10)
PESO
(*) SCORE FINALE NOTE
1 Sicurezza (Non dannoso)
2 Potenziale Efficacia:
• individuale
• di impatto sul fenomeno
3
Rispetto dei diritti dell’individuo:
• livello di informativa prevista
• tutela della privacy
• libera scelta
4
Orientamento scientifico :
• riferimenti bibliografici a supporto
• metodologie utilizzate
• valutabilità dei risultati
5 Equità e accessibilità
6 Attivazione nel vero interesse dell’individuo e della comunità
7 Lealtà ed onestà nei confronti dell’individuo
8 Rapporto:
• costo/efficacia atteso
• costo/benefici atteso
9
Fattibilità:
• dell’intervento in relazione a:
• raggiungibilità degli obiettivi
• semplicità dei metodi proposti
• durata adeguata
• corretta stima dei costi
• risorse a disposizione
• organizzazione adeguata
• della valutazione proposta
Trasferibilità del modello ad altre U.O.
10 Congruità delle spese previste
11 Appropriatezza e utilità per l’individuo
12 Coerenza con le politiche, le strategie, le priorità e gli obiettivi dell’ente finanziatore/programmatore
SCORE TOTALE
(*) Importanza data al criterio, espressa con una precedente assegnazione da parte dello staff valutatore tramite tecniche di NGT ed
utilizzando un punteggio da 1 a 10.
LA VALUTAZIONE EX-ANTE DEI PROGETTI
251
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PROJECT MANAGEMENT
252
LA VALUTAZIONE EX-POST DEI PROGETTI
253
LA VALUTAZIONE EX-POST DEI PROGETTI
Giovanni Serpelloni 1), Elisabetta Simeoni 2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
2. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
INTRODUZIONE
La valutazione ex-post dei progetti di intervento spesso assume più un significato di atto formale che
sostanziale e questo è dovuto al fatto che risulta difficile poter comprendere esattamente la portata dei
risultati esposti nel rapporto finale non avendo a disposizione dei chiari punti di riferimento e cioè dei
risultati attesi predefiniti nel progetto iniziale.
La valutazione di un progetto concluso deve quindi poter contare, fin dall’inizio della stesura del
progetto stesso, su una struttura progettuale e una gestione del progetto, soprattutto per quanto riguarda le
attività di rilevamento ed elaborazione dati, che consenta poi di poter valutare correttamente i risultati
raggiunti al termine del progetto stesso.
Le attività di valutazione di un progetto di intervento presentano tre momenti fondamentali nel corso
della vita del progetto stesso:
1. la valutazione ex-ante: dove viene verificata l’esistenza di prerequisiti quali l’utilità, l’efficacia,
l’innocuità, la qualità, la fattibilità, la verificabilità e l’economicità, etc.;
2. la valutazione in progress: cioè il controllo di gestione, la verifica dei risultati intermedi per poter
attuare gli opportuni correttivi;
3. la valutazione ex-post e cioè la verifica dei risultati finali.
Il momento più importante di questi tre aspetti della valutazione è certamente la valutazione in
progress che dovrebbe essere “just in time” per attuare un costante ed efficace controllo di gestione, in
PROJECT MANAGEMENT
254
quanto è il momento in cui vi è ancora la possibilità di introdurre correttivi per raggiungere gli obiettivi
prefissati utilizzando la tecnica di compressione della schedulazione, detta “fast tracking”.
La valutazione ex-ante assume, invece, un significato più di selezione finalizzata alla prevenzione degli
sprechi ed all’incentivazione dei progetti di qualità.
La valutazione ex-post assume, quindi, un significato “a consuntivo” che spesso risulta essere un
“chiudere la stalla dopo la fuga dei buoi”.
È utile ricordare le fasi di sviluppo di un progetto al fine di meglio comprendere dove la valutazione in
progress ed ex-post vanno ad inserirsi e quale utilità abbiano effettivamente, tenendo conto che il progetto
è ormai concluso ed i termini temporali sono scaduti.
F ig . 1 : Fasi di sv i luppo di un proget to
DEFINIZIONE
Con in termine “valutazione ex-post” di un progetto di intervento si deve intendere l’insieme delle
attività analitiche ed interpretative volte ad esprimere un giudizio di valore sui risultati raggiunti da un
intervento sulla base di un precedente progetto, comparandoli con i risultati attesi e prefissati (obiettivi
specifici predichiarati). Questo tipo di valutazione è finalizzata quindi a comprendere ed esplicitare anche la
validità e la rappresentatività tecnico scientifica di tali risultati, evidenziando, con giudizi sintetici e pertinenti,
le positività ed i limiti dei risultati raggiunti.
LA VALUTAZIONE EX-POST DEI PROGETTI
255
ASSI DELLA VALUTAZIONE
La valutazione ex-post dei risultati fonda la sua osservazione iniziale su quattro assi di valutazione
contemporanea, tipici del Total Quality Management: i risultati osservati verso quelli attesi (scostamento), i
tempi di realizzazione, i costi/spese sostenute, la qualità delle prestazioni erogate.
F ig . 2 : I qua tt ro a ssi di va lu tazione ex-pos t ne l TQM
CRITER I DI VALUTAZIONE
La valutazione degli aspetti generali dei risultati presentati nel final report basa il proprio giudizio su
quattro criteri principali:
1. Esistenza di coerenza e correlazione tra obiettivi specifici (indicatori-metodi-attività–risultati)
predichiarati nel progetto e quelli successivamente presentati nel rapporto finale.
2. Grado di raggiungimento degli obiettivi predicati.
3. Coerenza e rilevanza economico/finanziaria tra preventivato e speso.
4. Credibilità/affidabilità generale (coerenza interna dei dati) delle informazioni contenute nel
rapporto finale.
PROJECT MANAGEMENT
256
Tab . 1: Cr i ter i e indica tor i
N. CRITERIO INDICATORE
1 Esistenza di coerenza e correlazione (pre-post) e tra obiettivi specifici - indicatori - metodi - attività - risultati Giudizio motivato del valutatore
2 Grado di raggiungimento degli obiettivi predicati % scostamento dai BL
3 Coerenza e rilevanza economico/finanziaria % di scostamento dal costo preventivato
4 Credibilità/affidabilità generale Giudizio motivato del valutatore
Il piano di valutazione ex-post, quindi, deve prendere in considerazione degli aspetti specifici che
diventano punti di valutazione contemporanea e sequenziale è che utilizzano come tecnica il confronto tra
l’atteso e l’osservato, sulla base degli indicatori di output e di outcome preindicati, degli obiettivi valutati
tramite i base line (BL) predichiarati, i tempi di realizzazione, l’impegno finanziario e la qualità degli interventi.
F ig . 3 : Piano di va lutazione ex-po st : a spet ti speci f i c i
FATTIBIL ITÀ DELLA VALUTAZIONE EX-POST
La valutazione dei risultati finali fonda la sua osservazione soprattutto tra lo scostamento rilevabile fra
atteso e l’osservato. Pertanto, tale osservazione può esser fatta se il progetto iniziale e la conduzione delle
attività per realizzare l’intervento erano state precedentemente strutturate con un piano di valutazione che
permetta la valutazione degli obiettivi attesi quantificati e rappresentati tramite specifici indicatori, ma
soprattutto se sono stati precedentemente definiti i BL.
LA VALUTAZIONE EX-POST DEI PROGETTI
257
Al fine di chiarire alcuni aspetti di base ricordiamo che con il termine obiettivi specifici si devono
intendere i risultati specifici attesi derivanti dalle azioni che si intendono intraprendere sulla popolazione
target, mentre con il termine indicatore intendiamo una variabile numerica, validamente rappresentativa del
risultato atteso, della situazione o del fenomeno che si vuole valutare, in grado di fornire informazioni utili
per il decision making. Con il termine base line (BL), si intende invece il valore minimo dell’indicatore a cui
arrivare per considerare l’obiettivo raggiunto (il minimo dovuto).
La fattibilità quindi della valutazione ex-post dipende dalla presenza di:
1. Coerenza nella presentazione dei dati nel rapporto finale con il formato del progetto iniziale.
2. Predefinizione chiara nel progetto dei base line (BL).
La fattibilità della valutazione risente quindi fortemente di questa coerenza che dovrà riguardare anche
le modalità di misura predichiarate e utilizzate. Va quindi ribadito che un progetto con obiettivi specifici
senza BLS non è valutabile nei risultati ex-post.
F ig . 4 : Obiet ti v i speci f i c i , indi cato r i corre lati e st rumenti di v a lutazione
F ig . 5 : Ambi to di va lu tazione e p iano temporale
PROJECT MANAGEMENT
258
VALUTAZIONE DELL’OUTPUT E DELL’OUTCOME
Risulta opportuno chiarire il diverso significato che assumono gli indicatori di output e di outcome.
Un progetto di intervento sulle persone deve poter essere valutato contemporaneamente e
distintamente sulle prestazioni erogate dall’operatore (risultati intermedi) attraverso specifici indicatori di
output e sui risultati finali nei termini di esiti sul cliente (grado di salute aggiunta e grado di patologia evitata)
attraverso specifici indicatori di outcome.
Vi è quindi la necessità di non confondere questi due livelli di valutazione, in quanto gli indicatori di
output riguardano la valutazione dell’efficienza e della capacità produttiva (attraverso il monitoraggio delle
attività e delle azioni concrete svolte dagli operatori), mentre gli indicatori di outcome riguardano la
valutazione dell’efficacia e quindi della reale utilità dell’intervento anche indipendentemente dalle prestazioni
erogate.
Risulta chiaro che un intervento sulla persona non può essere valutato esclusivamente attraverso il
volume prestazionale erogato, ma deve poter essere valutato anche sui reali effetti relativamente al grado di
salute aggiunta e al grado di patologia evitata.
VALUTAZIONE EX-POST DEI TEMPI DI REALIZZAZIONE
La valutazione dei tempi di realizzazione può essere agevolmente fatta se ex-ante è stato definito un
diagramma di Gantt di previsione e successivamente è stato aggiornato ed alimentato dalle informazioni
necessarie per comprendere il reale andamento dei lavori nel tempo.
La comparazione tra i tempi previsti ed i tempi a consuntivo permetterà di comprendere non solo il
rispetto della data di scadenza, ma anche il rispetto delle varie fasi che erano state preventivate per lo
sviluppo del progetto.
F ig . 6 : I l Gantt di prev is ione e consun tivo
LA VALUTAZIONE EX-POST DEI PROGETTI
259
VALUTAZIONE DEL PIANO FINANZIAR IO
La valutazione del piano finanziario dovrà prevedere il confronto fra il preventivato e il consuntivo. A
questo proposito è molto importante che l’articolazione schematica dei costi evidenziata ex-ante sia
coerente con le spese realmente sostenute e rappresentata a consuntivo.
La valutazione degli scostamenti sarà quindi molto agevole potendo valutare anche in maniera
differenziata i costi preventivati e le spese sostenute in maniera differenziata tra l’ente finanziatore e l’ente
gestore.
F ig . 7 : Comparazione co sti preventiva ti e spese sos tenute
L ’ETICA DELLA VALUTAZIONE
L’etica della valutazione è un argomento particolarmente difficile e poco trattato, in quanto le regole di
comportamento non riguardano solo il valutatore ma anche i cosiddetti stakeholders, cioè tutti coloro che
hanno interessi che in qualche modo impattano con il progetto. Gli stakeholders possono essere: gli sponsor,
il committente, il finanziatore, chi ha la competenza istituzionale della programmazione degli interventi, etc..
Altri tipi di stakeholders che possono in qualche modo fare pressioni sul valutatore, possono essere i
politici e gli amministratori locali del luogo in cui il progetto esercita la propria sfera di azione, e che
potrebbero avere un interesse strumentale (finalizzato esclusivamente all’ottenimento o mantenimento di
un consenso elettorale) a promuovere o ostacolare il progetto indipendentemente dai risultati ottenuti o
dall’utilità reale per le persone tossicodipendenti.
I valori, le consuetudini, le regole ed i comportamenti di questi soggetti possono essere molto diversi
ed a volte in conflitto tra loro. Quello che determina la base etica della valutazione sono comunque i valori
PROJECT MANAGEMENT
260
che l’organizzazione committente, nel nostro caso l’organizzazione del sistema socio-sanitario regionale,
riconosce come propri valori da promuovere e tutelare.
Relativamente all’etica dei valutatori, molti riferimenti possono essere trovati nei codici deontologici
professionali (medici, psicologi, assistenti sociali, avvocati, infermieri, etc.) che indirettamente regolamentano
i comportamenti professionali e che possono essere applicati all’ambito della valutazione degli interventi e
dei progetti che propongono attività sulla persona.
Il valutatore può essere sottoposto a possibili “tentazioni” che possono in qualche modo scontrarsi
con un’etica professionale e generale.
La tabella successiva riporta in sintesi tali principali situazioni a cui il valutatore può essere sottoposto e
che è utile comunque conoscere al fine di prevenirle.
Tab . 2: S i tuazioni inadegua te che po ssono r igua rdare i l va lu tato re
N. SITUAZIONE INADEGUATA
1 Compiacere gli interessi dello sponsor o dell’organizzazione che lo ha contrattualizzato, assecondando le
aspettative di valutazione negativa o positiva che sia.
2 Fare un uso improprio del rapporto di valutazione divulgandolo in ambiti diversi da quelli richiesti dal committente.
3 Diffondere informazioni all’esterno dello staff di valutazione relativamente ai giudizi formulati con finalità di “auto-
accreditamento”.
4 Intrattenere rapporti con il valutato al fine di ottenerne privilegi (economici o di altro tipo) in cambio di una
valutazione positiva.
5 Accettare un compito irrealizzabile o per il quale non si è preparati.
6 Accettare istruzioni orali in contrasto con i termini di riferimento formali e scritti (in coerenza dei mandati formali
ed informali).
7 Manipolare le informazioni per coprire “a fin di bene” delle deficienze nel progetto.
8 Non essere oggettivo nelle valutazioni ed utilizzare come criterio per la formulazione del giudizio l’opinione e non
l’evidenza.
9 Valutare il progetto in modo non corretto per favorire giochi di lobby.
10 Formulare giudizi in contrasto con la propria etica professionale e personale.
Da V. Masoni 1997 (Monitoraggio e valutazione dei progetti - Franco Angeli) modificato da G. Serpelloni 2001.
Riportiamo di seguito un brano sugli interessi delle parti progettuali ed interesse pubblico del codice
dell’American Evaluation Association (AEA):
“I valutatori devono mantenere l’equilibrio fra le necessità del cliente e le altre necessità. I valutatori
hanno necessariamente una relazione speciale con il loro cliente, il quale finanzia la spesa della valutazione.
LA VALUTAZIONE EX-POST DEI PROGETTI
261
Questa relazione obbliga i valutatori a fare ogni sforzo per soddisfare i legittimi interessi del cliente ogni
qualvolta ciò sia realizzabile ed appropriato. Tuttavia, la relazione può porre i valutatori in difficili dilemmi
allorché gli interessi dei clienti sono in conflitto con quelli di altri, o avversi ai requisiti di ricerca sistematica,
competenza, onestà, rispetto per le persone. In questi casi, i valutatori dovrebbero identificare
esplicitamente queste contraddizioni e discuterne con il cliente e con le altre parti interessate per risolverli o
per decidere se continuare qualora rimangano irrisolte e, in caso affermativo, stimare quanto esse incidano
sull’esito della valutazione.
I valutatori hanno l’obbligo di tenere conto dell’interesse pubblico.
Ciò è particolarmente importante quando la valutazione è finanziata da fondi pubblici. Ma seri danni
potenziali al bene comune non devono essere ignorati in nessuna valutazione”.
Come anticipato, anche gli stakeholders possono essere coinvolti in questioni di eticità. Il
coinvolgimento degli stakeholders nel processo di valutazione può risultare estremamente importante ed
acquista una rilevanza strategica soprattutto per quanto riguarda le amministrazioni regionali ed aziendali
dove logiche, pressioni politiche e giochi di lobby possono condizionare fortemente lo staff di valutazione se
non addirittura pilotarlo verso giudizi totalmente finalizzati ed asserviti a logiche tutt’altro che trasparenti e di
pubblica utilità.
L’etica quindi riguarda anche lo “sponsor/finanziatore”, il quale spesso si trova in difetto per scarsa
cognizione dei limiti tecnici della valutazione ma, anche per trasgressioni volontarie alle regole dell’etica,
consistenti generalmente in situazioni inadeguate che possono riguardare gli stakeholders.
Tab . 3: S i tuazioni inadegua te che po ssono r igua rdare g l i s takeholders
N. SITUAZIONE INADEGUATA
1 Esigere delle prestazioni realizzabili solo mediante sotterfugi, dichiarazioni non veritiere, o il silenzio su punti
sfavorevoli o non graditi, incoerenti con le aspettative e le politiche dello sponsor.
2 Chiedere rapporti puramente ritualistici, per soddisfare le apparenze o un’obbligazione.
3 “Chiedere l’impossibile” nei termini di riferimento.
4 Censurare le parti scomode dei rapporti, cosicchè dei giudizi addomesticati compaiono sotto il nome del valutatore.
5 Ostacolare di fatto lo svolgimento della valutazione, frazionando dati e notizie o limitando il sostegno allo staff nei
confronti delle interfacce.
6
Utilizzare la valutazione a scopo di “verifica ispettiva” e strumento di pressione negativa nei confronti dei proponenti
i progetti (pubbliche amministrazioni o enti ed organizzazioni del privato sociale accreditato) “non graditi” anche se
tecnicamente preparati.
PROJECT MANAGEMENT
262
Sia il Valutatore che il Committente (stakeholders o altro) devono avere come finalità principali quelle
di perseguire soprattutto l’efficienza nell’uso delle risorse, l’efficacia nel raggiungimento degli obiettivi,
l’economia nelle scelte delle migliori alternative e varianti e la trasparenza delle decisioni. È auspicabile quindi
una crescente consapevolezza dei ruoli propri a ciascuna delle parti interessate e l’astensione da
comportamenti impropri come quelli sopra descritti.
F ig . 8 : Rappor ti tra va lu ta tore e s takeholder s
CONCLUSIONI
La valutazione ex-post, alla luce di quanto qui riportato, assume vari significati ma deve comunque
essere considerata un atto finale di un processo continuo di valutazione, che dovrebbe accompagnare tutta
la durata delle attività.
Il ritorno informativo al proponente il progetto, delle risultanze della valutazione, è da considerarsi
dovuto e necessario in ogni caso. Tale ritorno, però, non potrà essere un semplicistico giudizio, ma dovrà
sempre essere accompagnato, sia esso positivo ma tanto più se negativo, da motivazioni sostenenti tale
valutazione in modo tale da fornire una analisi dei problemi che il proponente il progetto possa utilizzare in
futuro per migliorare la sua performance o continuare ad essere motivato nelle sue attività.
LA VALUTAZIONE EX-POST DEI PROGETTI
263
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PROJECT MANAGEMENT
264
WORK BREAKDOWN STRUCTURE
265
WORK BREAKDOWN STRUCTURE:
LO STRUMENTO CARDINE DELLA GESTIONE
DI UN PROGETTO
Giorgio Beghini
Professore a contratto c/o Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione
Università di Padova
INTRODUZIONE
Questo capitolo ha l’obiettivo di fornire una visione sintetica di uno degli strumenti più importanti utilizzati
nella gestione dei Progetti, la Work Breakdown Structure (WBS).
Il tema della WBS è estremamente ampio e spazia in molteplici campi di applicazione. Purtroppo, quando
si pensa alla pianificazione ed al monitoraggio del Progetto ci si riferisce “naturalmente” al diagramma di
Gantt; in altre parole si associa la gestione del Progetto al suo sviluppo temporale, certamente importante,
ma assolutamente non sufficiente.
Questo tipo di approccio equivale a predisporsi a cucinare un tacchino arrosto pensando ai tempi di
cottura e dimenticando o improvvisando gli ingredienti e le lavorazioni! Quale sarà il risultato finale? Ci
saremo ricordati del sale? Questo è certamente un esempio semplice dal quale però si può apprendere;
dopo tutto cucinare un tacchino arrosto è un piccolo Progetto.
Nei libri di cucina troviamo le ricette normalmente così strutturate: gli ingredienti e la descrizione delle
varie lavorazioni suddivise per ciascuna componente della pietanza - nell’esempio il tacchino ed il ripieno -
senza dimenticare le lavorazioni che serviranno per mettere assieme le varie parti.
Come si può notare, questo tipo di approccio considera il Progetto dal punto di vista dei contenuti, degli
elementi che lo compongono e, successivamente, della tempificazione delle attività. Questa è la base della
metodologia della WBS.
PROJECT MANAGEMENT
266
La WBS è uno strumento organizzativo indispensabile per gestire un Progetto; permette di pianificare e di
monitorare e comunicare l'evoluzione del Progetto. La realizzazione della WBS è legata in modo particolare al
processo di pianificazione di un Progetto ed è lo strumento che partendo dalla definizione dei contenuti1
(scope) consente di costruire il reticolo delle attività fino ad arrivare alla realizzazione della schedulazione e
del conseguente diagramma di Gantt.
Dalla pluriennale esperienza maturata nella gestione dei Progetti, in modo particolare di servizi, si è arrivati
alla conclusione che la WBS è anche un utilissimo strumento di progettazione del Progetto.
LE BASI DELLA METODOLOGIA
La Work Breakdown Structure è stata adottata per la prima volta negli Stati Uniti e, in particolare, dalla
NASA negli anni '60 per gestire il programma Apollo, allo scopo di controllare più efficacemente il Progetto.
La definizione che ne dà il Project Management Institute nella terza edizione della “Guida al Project
Management Body of Knowledge” (PMBOK-2004) è la seguente:
Work Breakdown Structure (WBS) - St ruttura di scomposiz ione del lavoro
Scomposizione gerarchica orientata verso i deliverable del lavoro che deve essere eseguito dal
gruppo di Progetto per realizzare gli obiettivi del Progetto e creare i deliverable richiesti. Organizza
e definisce l'ambito complessivo del Progetto. Ogni livello discendente rappresenta una definizione
sempre più dettagliata del lavoro del Progetto. La WBS viene scomposta in Work Package.
L'orientamento verso i deliverable fa in modo che siano inclusi sia i deliverable interni che quelli
esterni.
Viene riportata anche la definizione di deliverable:
Del i verab le
Qualsiasi prodotto, risultato o capacità di fornire un servizio univoco e verificabile che deve
essere realizzato per portare a termine un processo, una fase o un Progetto.
Dalla definizione, un po’ per addetti ai lavori, si ricava che la WBS è una scomposizione del lavoro del
Progetto che segue la logica dei risultati (deliverable) da realizzare. I concetti che emergono in questa prima
parte sono due: “risultati e scomposizione”.
1 Sebbene il PMBOK traduca il testo inglese “scope” con “ambito”, in questo scritto si è preferito utilizzare la traduzione “contenuto”. La definizione completa della gestione dell’ambito è la seguente: La gestione dell’ambito di progetto comprende i processi necessari ad assicurare che il progetto includa tutto il lavoro richiesto, e soltanto il lavoro richiesto, ai fini del suo completamento con successo.
WORK BREAKDOWN STRUCTURE
267
Il concetto di “risultato” è importante in quanto lega il concetto un po’ astratto di Progetto a degli
“oggetti” tangibili e misurabili. A volte con il termine “risultato” si intende il beneficio che il Progetto, una
volta realizzato, dovrà portare. Per questo, per evitare equivoci si preferisce utilizzare la parola inglese
“deliverable”.
Un semplice esempio potrà essere di aiuto.
Ad un determinato incrocio si verificano molti incidenti, 10 tamponamenti all’anno, quindi
l’Amministrazione Comunale decide di aprire un Progetto con il fine di diminuire il numero di incidenti. Le
motivazioni che spingono l’Amministrazione ad investire delle risorse, in questo caso “diminuire dell’80% gli
incidenti all’incrocio”, viene chiamato Obiettivo o Beneficio del Progetto.
Una volta presa la decisione di sviluppare questo Progetto, si stabilisce che l’obiettivo potrà essere
raggiunto inserendo un semaforo. Il semaforo e la segnaletica saranno i due risultati (deliverable) che il
Progetto dovrà realizzare al fine di soddisfare gli obiettivi. Si potrà dire che il Progetto è stato condotto
“bene” se al termine avremo un semaforo funzionante e con la relativa segnaletica e se il tutto viene
concluso nei tempi, nei costi previsti e con il rispetto delle normative. Mentre si potrà dire che il Progetto
realizzato è quello “giusto” se dopo qualche tempo si rileverà che il numero di incidenti è effettivamente
diminuito del 80% e quindi saranno raggiunti i benefici per cui il Progetto era stato intrapreso.
Questo esempio suggerisce anche che dal momento della formulazione dell’obiettivo alla definizione dei
risultati c’è una fase progettuale: aver capito che serve realizzare il semaforo e la segnaletica. Questo è un
elemento importante perché, come si vedrà successivamente, la WBS è di aiuto nella fase di “progettazione
del progetto”, proprio per questo suo orientamento ai risultati.
La necessità della “scomposizione” si può introdurre con una storiella.
Un giorno ad un signore viene affidato il compito di mangiare un elefante nell’arco di un anno. Questo
signore partendo dal presupposto di avere un anno di tempo a disposizione, metaforicamente colloca il suo
elefante lontano un anno, tanto da vederlo piccolo per effetto della prospettiva e maturando così l’idea di
poterlo mangiare in un sol boccone. Un po’ alla volta il tempo passa e l’elefante si avvicina, tuttavia sempre
per effetto della prospettiva, continua a sembrare piccolo e quel signore rimane con la convinzione che
mangiare l’elefante non sia un problema e che può tranquillamente aspettare, tanto lo si mangerà in un solo
boccone. A questo punto si è dimenticato dell’elefante, il tempo inesorabilmente passa ed un certo giorno,
all’improvviso, l’elefante gli si presenta in tutta la sua corpulenza e lo schiaccia! Ora, come si può mangiare
un intero elefante in un anno? Semplice: mangiandone una bistecca tutti i giorni! Per fare questo bisogna
prendere l’elefante e tagliarlo in parti sempre più piccole fino ad arrivare a ricavarne delle bistecche che
potranno essere mangiate singolarmente.
La logica della scomposizione ha proprio questo obiettivo: organizzare il Progetto in elementi a
complessità sempre minore al fine di poterne governare la complessità. Unendo i due concetti di “risultati”
e “scomposizione” si arriva a percepire che il Progetto dovrà essere scomposto, partendo dai risultati
concreti (deliverable), in elementi con complessità decrescente.
PROJECT MANAGEMENT
268
Questo metodo di lavoro, nonostante sia relativamente recente, basa i suoi principi su concetti filosofici
elaborati da Cartesio nel 1637 nel suo "Discorso sul metodo". Egli già allora aveva rilevato la necessità di
affrontare i problemi scomponendoli e analizzando in dettaglio gli elementi fondamentali che ne sono alla
base. Il discorso sul metodo di Cartesio riporta quattro regole fondamentali, riportate di seguito.
La prima regola è l'evidenza: "non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi esser tale per
evidenza".
Prima di affrontare qualunque problema, del quale non si ha una conoscenza completa, è
necessario effettuare una raccolta delle informazioni che ne permettano un'analisi esaustiva.
La seconda regola è l'analisi: "dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori quante
fosse possibile e necessario per meglio risolverlo".
Una volta definito il problema e raccolte tutte le informazioni che possono essere utili a capirne il
significato, è necessario scomporlo in parti più piccole, sulle quali è possibile avere una conoscenza
più approfondita e dove i fattori di incertezza sono minori e quindi più facilmente gestibili e
risolvibili.
La terza regola è la sintesi: "condurre con ordine i pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici
e più facili a conoscere, per salire a poco a poco sino alla conoscenza dei più complessi".
Dopo aver identificato e risolto tutte le parti che compongono il problema complessivo, occorre
riaggregarle per ottenere la conoscenza del Progetto nella sua globalità.
La quarta regola è il controllo: "far dovunque enumerazioni così complete, revisioni così generali da
essere sicuro di non aver omesso nulla".
Il processo ha termine nel momento in cui si acquisisce la certezza di non avere dimenticato nulla
e ciò si ottiene controllando che tutti i singoli lavori siano stati svolti.
Come si può notare, i concetti che stanno alla base di questa metodologia sono l'applicazione di elementi
logici formalizzati già 350 anni fa.
La complessità di un problema diminuisce scomponendolo in elementi più piccoli e più semplici: se si
orienta la scomposizione della WBS ai risultati che si devono realizzare, si hanno maggiori probabilità di non
dimenticare nulla. Nell'affrontare un Progetto è utile quindi partire dall'oggetto più generale, ossia il Progetto
stesso, ed iniziare a scomporlo cercando di identificare quali siano i sottoelementi che devono essere
realizzati per garantire il raggiungimento dell'obiettivo complessivo.
Proseguendo nell’analisi della definizione di WBS si arriva al tema di WBS che “Organizza e definisce
l'ambito complessivo del Progetto”. Ciò implica un concetto molto semplice: il lavoro (assieme ai risultati
WORK BREAKDOWN STRUCTURE
269
conseguenti), non inserito nella WBS è escluso dal Progetto. In altre parole il Project Manager si impegna a
realizzare tutto e solo ciò che è inserito nella WBS.
Questo non significa che la WBS non possa essere oggetto di revisione al fine di recepire modifiche o
ampliamenti del contenuto, anche se ciò presuppone una nuova autorizzazione e condivisione del Progetto
modificato. La regola fondamentale è quella della “chiarezza”. Per questa ragione, la WBS, dando visibilità e
trasparenza sul contenuto del Progetto, è considerata uno strumento etico.
Ritornando alla definizione di WBS, l’ultimo livello della scomposizione è chiamato Work Package, la cui
definizione data dal PMBOK è:
Work Package
Deliverable o componente di lavoro del Progetto al livello più basso di ogni ramo della WBS. Il
Work Package comprende le attività schedulate e le milestone di schedulazione necessarie per
completare il deliverable del Work Package o il componente di lavoro del Progetto.
L ’APPL ICAZIONE
Stando alla metodologia del Project Management, la WBS è uno strumento dell’area di gestione del
contenuto (scope) utilizzato nei processi di pianificazione e monitoraggio per definire il contenuto di
Progetto e controllarne, in itinere, lo stato di avanzamento e le eventuali modifiche.
L’applicazione della metodologia della WBS è di supporto anche nella fase di progettazione del Progetto
favorendo la razionalizzazione del Progetto2 e la sua condivisione. La WBS è, inoltre. un importante
strumento di comunicazione che deve essere utilizzato, ovviamente con gli opportuni livelli di dettaglio, con
i diversi stakeholder: dalla direzione al committente, dai fornitori al team di Progetto.
Come detto, i concetti fondamentali sono quelli che identificano la WBS come struttura ad albero
orientata ai risultati, per cui, quando si vuole scomporre il Progetto nell'insieme degli elementi che lo
costituiscono, è bene pensare a ciò che si intende realizzare.
Nell’ambito di Progetti di realizzazione di servizi, un semplice metodo per razionalizzare i risultati è quello
di pensare alle azioni:
• che si susseguono in una giornata di utilizzo in condizioni normali,
• che si susseguono in condizioni eccezionali,
• di relazioni interne ed esterne con gli stakeholder.
2 Si noti la similitudine con la metodologia delle mappe mentali.
PROJECT MANAGEMENT
270
Questa semplice modalità è estremamente efficace e permette sia di progettare il servizio che di
identificare i risultati che si dovranno realizzare. Un esempio: se l’obiettivo del Progetto è realizzare una
“Nuova linea di autobus no-stop tra la l’Ospedale e la Stazione ferroviaria” si tratterrà di immaginare il
seguente processo:
• acquistare il biglietto,
• aspettare alla fermata,
• salire sull’autobus,
• percorrere la tratta in autobus,
• scendere dall’autobus.
Condizioni eccezionali potrebbero essere:
• mancanza dell’autobus dovuto ad un guasto,
• salita sull’autobus di un controllore,
• incidente d’auto che ostruisce il percorso.
Relazioni interne ed esterne con gli stakeholder:
• stakeholder esterni del Progetto: tutti i cittadini,
• azioni per gli stakeholder: comunicazione.
Le informazioni, che si possono raccogliere anche in una sessione di brainstorming, sono la base per
definire le componenti del Progetto da realizzare. Questo prova come queste attività vadano oltre la
pianificazione e siano parte di una fase più ampia ed importante quale la “progettazione del servizio”.
Potremo quindi ricavare la seguente bozza di WBS:
Come possiamo notare, la progettazione e la realizzazione di un servizio possono e devono sempre
essere ricondotte a quelli che sono stati definiti i risultati, deliverable, cioè oggetti che dobbiamo realizzare.
WORK BREAKDOWN STRUCTURE
271
Il processo di progettazione e quello di pianificazione non devono iniziare elencando le azioni che si
dovranno eseguire ma bensì gli oggetti che dovremo realizzare da cui successivamente deriveranno le azioni:
le “attività”. Successivamente, per ciascuna attività si definisce una durata, si assegnano le risorse ed i costi, si
definisce la loro sequenza al fine di ottenere la schedulazione del Progetto.
La struttura che ne deriva deve permettere di organizzare, definire e visualizzare il Progetto mettendo in
rilievo quello che sarà il suo contenuto complessivo. Si parte dalla definizione generale di Progetto e si cerca
di scomporre il Progetto negli elementi che lo costituiscono, in parti più facilmente gestibili e di più chiara
definizione. Gli elementi che sono definiti dalla scomposizione devono fornire chiare informazioni
relativamente ai risultati, ai tempi e ai costi del Progetto complessivo e alle responsabilità della gestione di
ogni singolo componente.
A tal fine, risulta particolarmente utile identificare all'interno della WBS due sottoinsiemi principali:
• Il primo sottoinsieme è costituito da tutti gli elementi che è possibile collegare direttamente al
prodotto o servizio che si vuole realizzare con il Progetto. Per esempio, nel Progetto di
realizzazione della nuova linea di autobus questi elementi sono: la realizzazione delle infrastrutture,
il Personale ed il piano di gestione delle emergenze. Tali elementi fanno parte della cosiddetta main
mission del Progetto che rappresenta il risultato principale che si deve ottenere.
• Il secondo sottoinsieme è dato dalle componenti che contribuiscono in maniera indiretta alla
realizzazione del Progetto. Sono elementi di supporto e contengono tutto quello che serve per
realizzare la main mission. Fanno parte di questo elemento attività relative alla gestione del
Progetto, all'assicurazione della qualità, ad eventuali altri elementi di supporto alla realizzazione
della main mission che derivano dalle relazioni con stakeholder interni ed esterni all’organizzazione.
Con questi ulteriori elementi la WBS si completa come segue:
PROJECT MANAGEMENT
272
E’ interessante notare che l’elemento “Comunicazione ai Clienti” pur non facendo parte del risultato
diretto del Progetto (la main mission: Nuova linea) è di fondamentale importanza per il successo del
Progetto stesso e deriva dall’analisi degli stakeholder.
Quelli inseriti nella WBS sono pertanto “tutti e soli” i risultati che si dovranno realizzare. Ciò è importante
per la comunicazione ed il monitoraggio del Progetto in quanto la WBS diventa l’impegno del Project Manager
in termini di risultati da realizzare nei tempi, nei costi e con la qualità definiti. Ciò che non è inserito nella
WBS non fa parte del Progetto, a meno che non si renda necessario ripensare il Progetto e quindi avviare
una nuova fase di progettazione e pianificazione. La WBS rappresenta il “contratto”, per quanto riguarda i
contenuti, tra chi ha chiesto il Progetto ed il Project Manager.
Il processo che si è seguito per arrivare alla WBS completa del Progetto è rappresentato con il seguente
diagramma:
DAI RISULTATI DELLE ATT IVITÀ
Per procedere ulteriormente con la pianificazione del Progetto dopo aver realizzato la WBS si rende
necessario sviluppare ulteriormente gli ultimi livelli, Work Package, con le attività che saranno necessarie per
poterli realizzare.
Nel PMBOK si definisce attività un componente del lavoro eseguito nel corso di un Progetto.
WORK BREAKDOWN STRUCTURE
273
Proseguendo con il Progetto della realizzazione della nuova linea di autobus tra l’Ospedale e la Stazione si
può ipotizzare la seguente scomposizione per i Work Package delle infrastrutture dove gli elementi colorati
in grigio sono le attività:
Quando si definiscono le attività non è necessario pensare alla loro sequenza temporale perchè essa verrà
sviluppata in seguito, nella fase della schedulazione.
E’ da notare che gli elementi della WBS sono dei “nomi” (Automezzi, etc.) mentre le attività dei “verbi”,
cioè le azioni che devono essere eseguite per realizzare i risultati.
Da ciò consegue la modalità di scomposizione secondo gli oggetti (risultati/deliverable) che compongono
il servizio che si deve realizzare e solamente successivamente le azioni necessarie alla realizzazione di tali
oggetti.
Prima si decide “COSA” fare e successivamente “COME” farlo.
Uno dei principali problemi che si presenta nel momento in cui si decide di scomporre un Progetto è
quello di capire quando si è arrivati alla definizione delle attività, cioè quando ci si può fermare nella
scomposizione e quando è opportuno dettagliare ulteriormente. Non esistono a questo riguardo regole
precise: ma dipende da quale livello di dettaglio si vuole spingere il monitoraggio.
È possibile fornire alcune indicazioni che permettono di capire quando si è in presenza di un'attività.
Un'attività deve rispondere a quattro requisiti fondamentali, come di seguito descritto.
PROJECT MANAGEMENT
274
• Deve essere controllabile: deve essere possibile assegnare un'attività ad un unico responsabile, che
ne risponde per tempi, costi e qualità. Se un'attività non ha assegnato un responsabile, nessuno si
preoccuperà di portarla a termine e diversamente, se ha più di un responsabile, diventerà
ingovernabile. Quando ci si trova di fronte ad un'attività che comporta competenze diverse per le
quali è necessario assegnare due responsabili è bene scomporla in due attività distinte.
• Deve essere gestibile: deve avere una durata tipicamente breve. È importante non definire attività
con una durata troppo lunga, dal momento che potrebbe trascorrere troppo tempo prima di
avere evidenza di un eventuale ritardo e questo porterebbe ad accorgersi di anomalie solamente
una volta che queste sono già maturate. Per esempio, se un'attività che dura sei mesi è in ritardo, è
probabile che il ritardo venga evidenziato solamente al sesto mese, ovvero quando la data di fine
prevista sta per scadere ed è quindi tardi per intraprendere le opportune azioni correttive. Per
questo motivo, quando possibile, conviene evitare di definire attività la cui durata supera il mese.
Normalmente una durata ragionevole per un’attività può andare da qualche giorno a qualche
settimana, in funzione delle dimensioni del Progetto. È bene inoltre non definire attività troppo
brevi, perché il Progetto avrebbe un numero elevato di attività e risulterebbe così difficilmente
gestibile.
• Deve essere misurabile: deve generare uno o più output tali da poter essere misurati. È necessario
definire uno o più oggetti che permettano di capire se l'attività è completata. Conviene pertanto
associare alle attività il rilascio di documenti o, in generale, di oggetti fisici per riuscire a capire con
sufficiente chiarezza se l'attività è stata completata. Finché gli oggetti associati non sono stati
completati e quindi resi disponibili, l’attività non può essere considerata completata. In questo
modo il Progetto, scomposto in attività, viene suddiviso in un insieme di risultati intermedi tangibili,
ognuno dei quali ha assegnata una responsabilità.
• Deve essere significativa: devono essere chiari i requisiti di ciò che si vuole ottenere. La descrizione
dell’attività e della sua documentazione devono rendere ben esplicito ciò che l’attività deve
realizzare. Ciò presuppone per esempio una descrizione del tipo “Realizzare la panchina della
fermata della stazione”, piuttosto che la generica attività “Sistemare la fermata”
I BENEFIC I
L'utilizzo di questa metodologia comporta una serie considerevole di benefici. Del resto questi modelli
sono nati per aiutare il Cliente nella gestione dei propri fornitori e, nello stesso tempo, per favorire la
comunicazione delle informazioni di Progetto.
I benefici per chi richiede o sponsorizza il Progetto sono:
• avere la visione complessiva del Progetto,
• comparare differenti proposte di Progetto,
• monitorare il Progetto ed i suoi stati di avanzamento.
WORK BREAKDOWN STRUCTURE
275
Mentre per chi gestisce il Progetto:
• permettere di ricavare dati storici utili per mettere a punto Progetti futuri;
• consentire di identificare i modelli di riferimento: modelli/template di Progetti da utilizzare
nella progettazione e pianificazione di Progetti futuri;
• favorire la comunicazione tra le diverse funzioni organizzative;
• permettere una più precisa illustrazione dei contenuti e dei risultati del Progetto.
È importante comunque precisare che non esiste un modello di WBS ottimo per un Progetto, ma che
questa è frutto dell'organizzazione che la implementa. Ogni azienda sviluppa la WBS basandosi
sull’esperienza e sulla propria organizzazione.
La scomposizione di una WBS non è un processo deterministico, che porta direttamente al risultato,
bensì è un processo ciclico in cui la WBS è il risultato di successivi aggiustamenti che comunque permettono
di definire al meglio il contenuto del Progetto. La WBS è un elemento su cui discutere alle riunioni di
avanzamento del Progetto.
CONCLUSIONI
La metodologia della WBS, come in generale del Project Management, è fondamentalmente basata su
regole di buon senso: per la WBS il principio base è che per realizzare un Progetto conviene suddividerlo in
parti.
Questo processo porterà dei benefici nel capire la reale complessità del Progetto, molte volte
sottostimata, nella progettazione, nella pianificazione, nella comprensione, nella comunicazione e
condivisione del Progetto con i diversi interessati, e, infine, nel monitoraggio.
La WBS è quindi un metodo semplice con innumerevoli benefici.
APPROFONDIMENTI
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Robert K. Wysocki, Robert Beck Jr, David B. Crane. Effective Project Management. Ed. John Wiley & Sons, Inc. Capitolo 8 Identify
Project Activities.
Massimo Baldini, Angela Miola, P. Antonio Neri, Lavorare per progetti. Ed. FrancoAngeli. Capitolo 6.3 La Work Breakdown Structure
(WBS).
PROJECT MANAGEMENT
276
MULTI GANTT SYSTEM
277
MULTI GANTT SYSTEM (MGS) :
LA TEMPIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI
PROGETTO
Giovanni Serpelloni1), Elisabetta Simeoni 2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
2. UPM (Unità di Project Management) – CMP – Centro di Medicina Preventiva - Azienda ULSS 20 Verona
INTRODUZIONE
La tempificazione delle attività in un progetto è un aspetto di fondamentale importanza per la
realizzazione degli obiettivi. Una delle tecniche più utilizzate e relativamente semplici è sicuramente il
diagramma di Gantt che permette di ben sequenziare e visualizzare le varie attività da svolgere all’interno di
un diagramma temporale che utilizza delle barre come rappresentazione della durata delle attività stesse. I
primi tentativi di governare il tempo all’interno dei progetti risalgono al 1917 quando Henry G. Gantt (1861-
1919), in corrispondenza delle prime attività di F.W. Taylor sullo scentific management della produzione, si
occupava delle forniture nell’esercito americano. A Mr. Gantt si deve quindi una delle due rappresentazioni
del tempo (l’altra è il diagramma reticolare di Pert) maggiormente usate a tutt’oggi per la programmazione
nel tempo delle attività di progetto.
Il diagramma di Gantt è uno strumento molto utile per la rappresentazione della tempificazione delle
azioni dove si definisce un elenco delle attività e delle relative durate, visualizzate in un diagramma a barre su
un asse temporale. Il diagramma è utile per definire anche le fasi del progetto e le sequenze operative.
È un utile strumento di comunicazione per tutto il team che deve comprendere in maniera univoca la
tempistica del progetto.
Il diagramma di Pert (Program Evaluation and Review Technique) è meno usato per la sua complessità
ma molto utile per progetti particolarmente articolati e per stabilire le precedenze nelle attività da compiere.
PROJECT MANAGEMENT
278
È un diagramma reticolare in cui vengono visualizzate tutte le attività e le relazioni tra loro. Identifica i
momenti (eventi) in cui ciascuna attività inizia e termina ed è utile per definire il “percorso critico”.
STRUTTURA GENERALE DEL DIAGRAMMA
Il diagramma messo a punto da H. G. Gantt utilizza delle barre di attività proiettate su una scala
temporale (una griglia segmentata di facile lettura) che è in grado quindi di rappresentare la sequenza delle
attività e la loro durata, in maniera molto visibile e fortemente comunicativa a tutti i membri del team. Per
ogni attività è possibile identificare precisamente di che cosa si tratta, leggere immediatamente la data di
inizio e di fine prevista. La durata delle attività è proporzionale alla lunghezza della barra.
Normalmente si utilizzano due barre (o due colori contrastanti per una sola barra): una bianca
indicante la previsione ed una nera indicante il consultivo e cioè il realizzato. Il diagramma di Gantt infatti
viene definito in sede progettuale, prima di entrare in esercizio, e ha come finalità pratica anche quella di far
comprendere ex-ante quali saranno le attività, la loro sequenza e le precedenze, la durata ed il percorso
generale del progetto. Durante le attività di progetto, vengono quindi monitorate le singole attività e il
rispetto delle scadenze, attraverso l’aggiornamento del diagramma con le date reali in cui vengono iniziate e
finite le varie attività. In questo modo si ottiene il confronto tra quanto previsto e quanto realmente
realizzato.
F ig . 1 : S tru t tura generale di un diagramma di Gantt
MULTI GANTT SYSTEM
279
USO ALL’ INTERNO DI UN PROGETTO
All’interno di un progetto di intervento sulla persona, la tempificazione delle attività segue ad una serie
di operazioni preliminari, indispensabili per poter eseguire tale tempificazione, quali la definizione
dell’obiettivo generale, la “declinazione” in obiettivi specifici dove si definiscono precisamente i risultati attesi
agganciando (per ogni obiettivo specifico) uno o più indicatori quantitativi. Un obiettivo specifico dovrebbe
essere sempre correlato ad un problema a cui si vuole dare soluzione (o ad un fattore determinante il
problema stesso) e ad un insieme di attività (intervento) logicamente e conseguentemente interrelate. La
definizione degli obiettivi specifici è una fase molto critica nella stesura di un progetto. Una buona
definizione di questi obiettivi condizionerà l’intero progetto e la possibilità di renderlo realizzabile nel
momento dell’esecutività.
Un obiettivo specifico può essere condizionato da vari fattori, di cui è necessario tenere conto in
modo tale che fra gli intenti e le azioni conseguenti per raggiungere tali risultati attesi vi sia coerenza.
L’operazionalizzazione degli obiettivi, cioè la trasformazione degli intenti in azioni concrete per
realizzarli, passa attraverso l’identificazione delle attività necessarie per raggiungerli. Le diverse attività devono
essere preventivate, nominate, sequenziate (stabilendo le precedenze in modo da rendere fluente e
coerente il loro svolgersi), definitone l’inizio, la durata e la fine.
Nel modello qui presentato, le varie attività vengono identificate ed elencate in una apposita sezione
che permette di ordinarle nella sequenza migliore e di inquadrarle in fasi. La peculiarità del programma è
quella di poter dettagliare le macroattività con uno “zoom” di microattività che consente, per ciascuna
macroattività, di avere un ulteriore dettaglio dando origine quindi al un sistema “multi Gantt”.
F ig . 2 : Operazional izzazione degl i obie tti v i e tempi f i cazione de l le a t ti v i tà
PROJECT MANAGEMENT
280
PLANNING DELLE ATT IVITÀ/AZIONI
La definizione della pianificazione temporale è una fase critica dove è necessario porre molta
attenzione alla programmazione delle sequenze delle azioni, tentando di ricostruire le diverse macrofasi di
sviluppo del progetto. Si procede, quindi, alla definizione della sequenza temporale delle attività/azioni al fine
di raggiungere un risultato, individuando nel dettaglio risorse necessarie, compiti ma soprattutto le scadenze
temporali.
Il Planning delle azioni stabilisce la progressione logica e la cronologia di esecuzione che le
attività/azioni devono avere in relazione alla loro interdipendenza di realizzazione (es. analizzare i problemi
del territorio, eseguire lo studio epidemiologico, formare il gruppo di lavoro, istruire gli operatori, acquisire
le risorse specifiche, concordare le collaborazioni, attivare le azioni e le operazioni specifiche, valutare, etc.).
La definizioni delle attività è un passaggio operativo concreto, necessario per raggiungere un obiettivo
del progetto e rappresenta il lavoro effettivo che verrà eseguito per il progetto.
La descrizione dell’attività però non deve essere troppo ampia (attività di riepilogo) e neppure troppo
dettagliata (singole microazioni), ma evidenziare quella che è ritenuta significativa per il concreto sviluppo del
progetto.
L’aggregazione in fasi delle singole azioni aiuta a meglio esplicitare la sequenza temporale e a dare una
struttura logica più intelligibile al progetto.
In questa sezione sarà indispensabile individuare le “attività critiche” e cioè quelle importanti attività in
grado di condizionare il percorso e la riuscita del progetto (passaggi obbligati).
Andranno anche evidenziate le “attività cardine” e cioè i punti di attività che vengono prefissati con lo
scopo di tenere traccia dello stato di avanzamento del progetto. Questi punti sono utili al controllo dello
stato di avanzamento.
L’aggregazione in fasi è sicuramente un sistema utile per la definizione del piano temporale. Con il
termine “fase” si intende un gruppo di attività correlate ed organizzate in una sequenza logica e temporale.
Le fasi sono quindi aggregazioni di attività, elementi compositi che definiscono in maniera più comprensibile
il piano del progetto, utili alla programmazione di dettaglio che verrà eseguita in fase esecutiva del progetto
dopo la sua approvazione.
Nella definizione delle singole azioni da compiere, sarà necessario porre attenzione al livello di
dettaglio che si vorrà descrivere.
MULTI GANTT SYSTEM
281
F ig . 3 : Aggregazione de l le at ti v i tà in fasi
Un consiglio pratico di cui tenere conto nell’uso del diagramma di Gantt è quello che conviene
sicuramente evitare un frazionamento troppo elevato delle azioni, rappresentando quelle più importanti e
vincolanti per la comprensione delle “cose da fare” e della loro gerarchizzazione temporale (definizione
delle precedenze), rimandando ad un successivo “micro Gantt” le ulteriori specifiche di attività (vedi avanti).
A questo proposito si rimanda alla figura successiva che definisce il modello interpretativo delle attività
e della modalità di identificazione e rappresentazione nel diagramma di Gantt
F ig . 4 : Ragg ruppamento in fa si e scomposiz ione de l le a t ti v i tà
PROJECT MANAGEMENT
282
Nel definire il diagramma di Gantt sarà utile evidenziare anche il “Percorso critico” e cioè l’insieme
delle attività e degli eventi sequenziali che richiedono il tempo più lungo ed in grado di condizionare
criticamente la realizzazione del piano di progetto.
Nel diagramma di Gantt risulta infine indispensabile definire le “Attività Critiche” e le “Attività
Cardine”.
Le prime sono importanti attività in grado di condizionare il percorso e la riuscita del progetto
(passaggi obbligati). Le seconde, sono punti di attività che vengono prefissati con lo scopo di tenere traccia
dello stato di avanzamento del progetto (appuntamenti di valutazione) utili al controllo dello stato di
avanzamento (milestones).
Per definire le azioni e realizzare un buon diagramma di Gantt è necessario seguire una semplice
sequenza logica:
1. Collegare le attività/azioni agli obiettivi specifici.
2. Specificare la durata in giorni per singola azione.
3. Creare la sequenza gerarchica temporale (timetable) delle attività.
4. Specificare le attività che devono essere necessariamente in serie e quelle che possono o devono
essere eseguite in parallelo (contemporaneamente).
5. Identificare le attività da considerare “cardine” nello svolgimento del progetto e da tenere sotto
particolare controllo.
6. Realizzare la rappresentazione grafica, posizionando le barre sulla griglia temporale.
7. Distinguere le azioni finalizzate alla produzione dell’intervento da quelle della valutazione
(milestones) posizionandole in un settore specifico alla base del diagramma per agevolarne la
lettura.
8. Specificare la durata totale del piano.
9. Aggiungere eventuali note a commento e spiegazione delle sequenze sopra riportate.
10. Rappresentare il tutto in un grafico chiaro e ben curato nell’aspetto formale (consigliabile utilizzare
in formato A3).
STRUTTURA GENERALE DEL SISTEMA M.G.S .
Al fine di agevolare il lavoro degli operatori che conducono progetti, si è realizzato uno specifico
software (su base Excel) per creare dei diagrammi di Gantt in modo semplice e intuitivo. Questo articolo
descrive tale applicazione ed i suoi utilizzi principali.
Il sistema realizzato prevede una serie di sezioni:
MULTI GANTT SYSTEM
283
1. scheda di presentazione (anagrafica del progetto): è possibile identificare precisamente il progetto, le
coordinate gestionali e i relativi codici, il referente e alcune note caratteristiche delle attività
generali;
2. tavola delle attività principali (elenco, precedenze – ordine di esecuzione – e note descrittive): vengono
elencate e sequenziate in ordine di precedenza le varie attività da svolgere, con una descrittiva
sintetica esplicativa delle operazioni da eseguire;
3. diagramma temporale delle attività principali (master Gantt): rappresenta le macro attività nel tempo,
rappresentate con delle barre colorate;
4. diagramma temporale delle attività secondarie (micro Gantt): rappresenta, con una specie di zoom, le
attività di dettaglio delle macro attività rappresentate nel master Gantt, con analoga
rappresentazione a barre. Questo consente di trattare il progetto scomponendolo anche in
sottoprogetti annessi e dettaglianti le singole attività inserite nel master Gantt, rappresentabili con
analogo diagramma (microGantt);
5. tavola tempificata delle fasi: rappresenta le attività riunite in fasi in modo tale da poter meglio
gestire le attività riunendoli in macrogruppi omogenei, utili per la comprensione e la
programmazione generale;
6. calendario: un semplice calendario planner in modo da agevolare l’operatore a identificare i periodi
e definire le durate e le date delle singole attività;
7. piano di valutazione: una scheda analoga come struttura al master Gantt, dedicata specificatamente
a riassumere le attività di valutazione del progetto e dei suoi risultati.
LE PARTI DEL SOFTWARE
Presentaz ione (anagraf ic a progetto)
In questa location è possibile identificare precisamente il titolo del progetto, la sigla sintetica, il
responsabile, l’assistente dell’unità di project management, alcune note caratteristiche delle attività generali,
le coordinate gestionali (codici di progetto).
In questa parte si possono inoltre trovare anche le istruzioni per la compilazione corretta del sistema
di tempificazione delle attività sia per quanto riguarda la definizione del Gantt di previsione che di
consuntivo. Inserendo il titolo del progetto nell’apposito spazio esso verrà in seguito riportato
automaticamente in tutte le schede successive.
PROJECT MANAGEMENT
284
F ig . 5 : Pre sentazione de l proge t to
Tavola de l le at tiv i tà pr inc ipa l i (elenco, precedenze, ordine di esecuz ione e note
descr i t t i ve)
In questa location vengono elencate e sequenziate in ordine di precedenza le varie attività da svolgere,
con una descrittiva sintetica (specifiche delle attività) esplicativa delle operazioni da eseguire e delle modalità
generali di lavoro.
In questa sezione si trova inoltre una colonna “ordine di sequenza” che può essere utilizzata per
ordinare le varie attività mettendo un numero dopo averle elencate anche in ordine sparso e utilizzando la
funzione “ordina” per metterle nella giusta sequenza. Esiste inoltre una colonna “fase” dove mettere il
numero corrispondente alla fase in cui si vuole includere la singola attività. Questa operazione permetterà la
compilazione automatica della sezione successiva “Fasi”.
Nella parte inferiore, questa scheda riporta una apposita parte dove poter inserire le attività di
valutazione (V) che vengono evidenziate a parte per la loro valenza strategica.
MULTI GANTT SYSTEM
285
F ig . 6 : Tavo la de l le A tti v i tà
Diagramma temporale de l le a tt iv ità pr inc ipal i (master Gantt)
Questa location rappresenta le macro attività nel tempo. Nella prima colonna vengono
automaticamente riportate le varie attività elencate ed introdotte nella sezione precedente. Nella colonna
“data inizio” dovrà essere inserita la data di inizio delle attività a cui dovrà seguire l’inserimento della
“durata” prevista in giorni. Il sistema calcolerà automaticamente la data di fine, mostrando la barra della
durata prevista. Ogni attività ha due barre sovrapposte: quella di previsione (attività da realizzare) e quella di
consuntivo (attività realizzate) dove dovranno essere riporate la data di inizio reale e la durata osservata
anche al fine di calcolare gli scostamenti tra il tempo atteso da dedicare alle attività e quello realmente
osservato e cioè dedicato. Tale scostamento viene riportato automaticamente nell’ultima colonna di destra
“delta”, espresso in giorni.
Per ogni attività è possibile inserire delle note esplicative nell’apposita casella “note” che appare nel
momento in cui si trasporta il cursore sulle attività.
Cliccando sull’attività, un link vi porterà direttamente al micro Gantt (zoom sulle attività specifiche).
Per ritornare al master Gantt basterà cliccare sulla casella in alto a sinistra “micro Gantt”.
PROJECT MANAGEMENT
286
Alla base deI digramma, il sistema, mentre si inseriscono le varie durate delle singole attività, calcola
automaticamente anche la durata totale prevista del progetto, sulla base delle attività precedentemente
definite, andando a calcolare anche la durata osservata e lo scostamento osservato tra durata totale prevista
e quella realmente osservata. Nella parte inferiore del diagramma vengono evidenziate le attività di
valutazione e nella parte sottostante.
F ig . 7 : Master Gantt
MULTI GANTT SYSTEM
287
Vi è uno spazio note alte che una leggenda con alcuni simboli convenzionali che si possono usare
durante la compilazione del diagramma per indicare eventi o funzioni speciali.
Diagramma temporale de l le a tt iv ità secondar ie (micro Gantt)
Questo diagramma secondario rappresenta le attività di dettaglio delle macro attività con analoga
raffigurazione. Le attività principali possono aver bisogno di un maggior dettaglio per la loro realizzazione e
quindi si può ricorrere, senza appesantire il master Gantt ad un secondo livello di rappresentazione. Questa
tecnica di scomposizione a zoom risulta molto utile anche quando alcune macro attività devono essere
realizzate da gruppi di progetto autonomi che lavorano coordinati con il gruppo principale. Questo
consente di trattare il progetto anche con sottoprogetti annessi rappresentabili con analogo diagramma
(microGantt).
F ig . 8: Micro Gantt - In ques ta scheda è sta ta inser i ta un’ul ter iore co lonna per iden ti f i care i l possibi le
“responsabi le” de l le a tti v i tà , a l par i di un work package
PROJECT MANAGEMENT
288
Tavola tempif ic ata de l le f as i
Questa tavola rappresenta le attività riunite in fasi in modo tale da poter meglio gestire le attività
riunendole in macrogruppi omogenei, utili per la comprensione e la programmazione generale. Nelle
colonne principali vengono riportate le varie fasi (fino ad 8), compilate automaticamente dopo aver inserito
la sequenza delle attività e deciso la loro appartenenza alla fase specifica nella scheda “tavola delle attività
principali”. Vengono inoltre riportate le date di inizio, di fine e le durate attese. La tabella sistema in ordine
cronologico le singole attività, inquadrandole nelle colonne delle singole fasi.
F ig . 9 : Tempi f i cazione de l le fasi
Ca lendar io
È un semplice planner in modo da agevolare l’operatore ad identificare meglio i periodi, definire le
durate e le date delle singole attività. Può essere utilizzato per inserire alcuni promemoria di eventi
importanti e concomitanti con le attività di progetto che è necessario conoscere per meglio programmare le
attività.
MULTI GANTT SYSTEM
289
F ig . 10: Calendario
P IANO DI VALUTAZIONE
Questa scheda è strutturalmente analoga al master Gantt, ma dedicata specificatamente a
riassumere le attività di valutazione del progetto e dei suoi risultati.
Vengono quindi qui riportate le attività cardine che definiscono in dettaglio il piano di valutazione
del progetto in modo da rendere più dettagliato e trasparente il suo processo di controllo dei risultati
anche in itinere e non solo alla fine. Le modalità di compilazione ed utilizzo della scheda sono identiche
a quelle precedenti.
Consegna
materiali
Riunione
operativa
Presentazione
Report
PROJECT MANAGEMENT
290
F ig . 11: Piano di va lu tazione (mi les tone char t )
CONCLUSIONI
Il diagramma di Gantt completo delle schede qui presentate rappresenta un utile strumento operativo
e di comunicazione all’interno del team di progetto. Per agevolare la lettura e la comprensione si consiglia di
utilizzare dei formati di stampa A3. Il semplice software messo a punto permetterà inoltre delle
riprogrammazioni delle attività molto flessibili ed agevoli.
Il controllo del tempo del progetto potrà cosi essere migliore e più preciso, ma soprattutto si potrà
rappresentare anche in sede di presentazione del progetto (per la sua approvazione) una migliore e più
dettagliata sequenza delle attività che daranno una maggior credibilità alle proposte progettuali.
MULTI GANTT SYSTEM
291
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LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
293
Il Project Management nelle organizzazioni ad alto contenuto professionale svolge un ruolo che va
al di là della mera tecnica di pianificazione e monitoraggio della realizzazione di un progetto. Configura in
realtà una modalità organizzativa volta a molteplici scopi, tra i quali i seguenti sono rilevanti ai fini di questo
scritto:
• garantire il coordinamento di professionalità diverse nell’ambito del medesimo intento. Ciò
va inteso non tanto in senso di coordinamento dei diversi, e distinti contributi, ma come
modalità di organizzare l’integrazione dei contributi nella medesima attività multidisciplinare;
• mantenere una tenuta organizzativa in contesti a basso legame formale: si pensi a progetti
che coinvolgono diverse istituzioni (pubbliche, private) operanti in diversi contesti (sistemi
istituzionali, giuridici e sociali). Tale tenuta è tanto più importante quando il progetto riguarda
attività che per loro natura possono essere svolte solo attraverso “reti” distribuite sul
territorio e conseguentemente sono costruite attraverso progetti a dimensione territoriale
estesa;
• favorire l’apprendimento, individuale e organizzativo, con riferimento a soluzioni innovative ai
problemi complessi, caratterizzati dall’elevata dinamicità, tipici delle società attuale.
Il settore sanitario, infatti, manifesta questi tre fabbisogni in modo forte ed evidente. Lavorare per
progetti pertanto assume il carattere di leva fondamentale per l’innovazione e il miglioramento del sistema.
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ: MODELLI DI
APPRENDIMENTO E E-LEARNING
Gianmaria Battaglia
Docente senior Area Public & Health Care Management & Policy
SDA BOCCONI – School of Management – Milano
PROJECT MANAGEMENT
294
A tal fine, pertanto, è opportuno in un manuale di Project Management affiancare alle tecniche di PM in
senso stretto alcune teorie e i correlati strumenti operativi per far diventare il lavorare per progetti un modus
operandi che sia un linguaggio comune delle diverse aziende e istituzioni del settore.
Le aree di approfondimento proposte in questo capitolo attengono, quindi, alle modalità di apprendimento
con riferimento alle competenze e non solo alle conoscenze e all’e-learning come metodologia di
organizzazione della diffusione delle competenze di PM.
Attraverso l’e-learning, infatti, si configura una modalità didattica che proprio per il fatto di:
• favorire il lavoro a distanza,
• consentire attività collaborative in gruppo,
• favorire la riflessività nell’azione operativa,
• utilizzare l’intermediazione comunicativa della tecnologia,
si può considerare una palestra potente per la diffusione del Project Management e quindi rende la
formazione stessa sulle teorie e sui metodi una simulazione operativa dei progetti reali.
A tal fine si propongono quindi due distinti approfondimenti sui modelli di apprendimento e sui format
didattici disponibili per l’e-learning.
L ’APPRENDIMENTO
La formazione degli adulti è una disciplina relativamente recente e nei fatti è dominio di
professionalità diverse. La rilevanza che gli specifici contenuti disciplinari hanno avuto tradizionalmente nello
sviluppo professionale delle persone adulte e la supposta capacità di ciascun individuo di presidiare il proprio
processo di apprendimento, limitano nella maggioranza dei casi l’azione di chi gestisce la formazione ad un
ruolo di mero “enunciatore” di contenuti. La prassi, inoltre, troppo spesso riserva ai già inusuali investimenti
in competenze didattiche il solo compito di rendere più piacevoli le attività formative - generalmente
concentrate in pesanti giornate full time - e a conquistarsi una buona valutazione nei questionari di customer
satisfaction compilati a fine giornata.
In realtà i processi di apprendimento degli adulti sono certamente dominio di ciascun individuo il
quale, in virtù delle proprie esigenze e valutazioni, li indirizza e governa liberamente, ma è altrettanto
evidente che nella società attuale il tema meriti qualche riflessione ulteriore: la complessità e soprattutto la
dinamicità delle situazioni problematiche poste dalla vita lavorativa e personale quotidiana ha messo in crisi i
modelli di formazione basati sulla esistenza di un corpus di conoscenze sufficienti a risolvere i problemi e in
cui il ruolo della formazione risieda nello studio dei meccanismi per trasmettere tale corpus e nella loro
attivazione.
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
295
Il fabbisogno di conoscenze è cresciuto a dismisura per qualunque contesto professionale in funzione di tre
fattori distinti, ma interagenti. Il primo è costituito dall’inevitabile processo di specializzazione indotto dal
crescere del dominio delle diverse discipline scientifiche e sociali. Il secondo, invece, è riconducibile
all’elevata dinamicità dei contesti che la scienza e la società, proprio in virtù delle potenzialità indotte dalla
specializzazione, alimentano costantemente. Il terzo infine è legato alla complessità delle attese della società
nei confronti delle istituzioni: complessità dipendente dalla maturità dei bisogni (più attenti alla qualità che
alla quantità), alla frammentazione degli interessi e delle attese in gioco e alla loro eterogeneità in funzione
della differenziazione delle componenti degli specifici contesti sociali. Tale pressione, in termini di
conoscenze necessarie a svolgere il proprio ruolo nella società o nelle organizzazioni, si manifesta in
fabbisogno di soluzioni ai problemi emergenti che sempre meno si è in grado di anticipare perché nuovi e
dipendenti da dinamiche complesse e talvolta caotiche.
A ben vedere la costante “urgenza di soluzioni” in cui viviamo in realtà nasconde non tanto la
necessità di una maggior quantità di soluzioni a portata di mano quanto la necessità di una miglior
comprensione dei fenomeni in cui siamo immersi. Tale miglior comprensione non può derivare però da un
potenziamento della trasmissione delle nozioni e tecniche accumulate in passato - generalmente inutilizzabili
per come sono formulate in sé - ma, se vogliamo esprimerci in termini poetici, può discendere solo dalla
saggezza della conoscenza, o, in termini più propri, dalle competenze e metacompetenze di ciascuno,
inserito nel suo contesto operativo e sociale.
Negli ultimi decenni, sempre maggior attenzione è stata riservata alle competenze intese come
“capacità degli individui di combinare, in modo autonomo, tacitamente o esplicitamente e in un contesto
particolare, i diversi elementi delle conoscenze e delle abilità che possiedono” [Wikipedia]. L’obiettivo di
sviluppo delle competenze è, a parole, assunto a riferimento dell’azione di tutti i formatori, anche se, ad
essere sinceri, non altrettanto si può dire dell’effettivo orientamento degli strumenti di valutazione
dell’impatto della formazione adottati nella pratica.
A riprova di questa attenzione, anche il concetto di metacompetenza - intesa come capacità, propria ad
ogni individuo, di adattarsi e riadattarsi alle dinamiche evolutive del proprio sistema ambientale e relazionale
di riferimento, costruendo e trasformando continuamente i propri modelli di conoscenza e di azione - ha
assunto un ruolo chiave nella formazione degli adulti, testimoniando la trasformazione sostanziale della
società delle organizzazioni che la costituiscono.
Queste riflessioni hanno un significativo impatto sul pensiero relativo all’apprendimento e alla formazione.
Non possiamo non condividere lo scritto di Varisco (1998) quando rileva che:
[...] il processo di apprendimento non è lineare, ma interattivo, ricorsivo, talvolta caotico; problemi, migliorie e
cambiamenti vengono determinati in contesto, la pianificazione è organica, evolutiva, riflessiva e collaborativa: gli
allievi sono co-protagonisti del processo; gli obiettivi emergono dallo sviluppo dei processi di apprendimento; viene
enfatizzato l’apprendimento in contesti significativi; vengono favoriti: l’insegnamento ancorato a problemi
significativi, la cognizione situata in specifici contesti applicativi, l'apprendistato cognitivo, la flessibilità cognitiva
(approccio multidimensionale alla conoscenza realizzato anche attraverso la tecnologia ipermediale). La
PROJECT MANAGEMENT
296
valutazione formativa (autovalutazione di processo, effettuata dal singolo e dal gruppo oltre che dall'insegnante)
diventa elemento strategico.
In tale quadro si è inserita l’evoluzione di un’altra variabile chiave: la tecnologia. La tecnologia ha avuto,
per quanto riguarda l’interesse di questo scritto, due paralleli ambiti di sviluppo: il primo, apparentemente
più eclatante, è legato all’ipertestualità e alla multimedialità, il secondo meno enfatizzato all’inizio, ma nei fatti
dirompente e soprattutto più pervasivo, è legato alla diffusione degli strumenti digitali di comunicazione.
Di ipermedialità (Nelson, 1965) si è cominciato a riflettere e sperimentare sin dalla seconda metà degli anni
’60 del secolo scorso, ma è solo con la recentissima diffusione capillare di personal computer connessi ad
Internet (sia nei luoghi di lavoro come nelle case private) e dei dispositivi portatili (telefoni, PC palmari,
etc...) capaci di riprodurre contenuti multimediali e connessi in rete, che l’accesso alle informazioni
ipermediali è diventato prassi e la produzione e consultazione dei contenuti è riuscita a diventare realmente
libera e dinamica fino a rivoluzionare il complesso sistema delle relazioni sociali, professionali organizzative e
personali.
Una prima constatazione a riguardo, risiede quindi nel fatto che il sistema delle relazioni sociali è
intermediato in forma significativa dagli strumenti di comunicazione digitale. Il sistema delle relazioni
interpersonali è ormai solidamente fondato su strumenti come email, sms, VOIP, e così via, mentre con lo
sviluppo degli strumenti orientati al networking sociale (blog, forum, podcasting, social tagging, social
bookmarking, social spaces in genere, e così via) la conoscenza individuale si fonde con la conoscenza
collettiva in processi di costruzione e smantellamento in continua evoluzione. Tale evoluzione è rilevante
non solo come evidenza di un’abbattimento delle barriere alla produzione e diffusione della conoscenza
(tralasciando per il momento il digital divide) ma anche con riferimento alla possibilità - data dalla
intermediazione sulle conoscenze operata dai sistemi informativi - di sottoporre le conoscenze stesse ad
analisi, interpretazioni ed elaborazioni, sfruttando le potenzialità dei sistemi informatici: ci riferiamo sia alle
potenzialità dei sistemi informatici dal punto di vista quantitativo (efficienza dei database, etc.) che
qualitativo: si pensi all’analisi semantica, alla clusterizzazione delle informazioni alla georeferenziazione dei
fenomeni, che di fatto aggiungono conoscenza alla conoscenza proprio grazie al fatto di essere intermediati
dai sistemi informativi.
Una seconda, e conseguente, constatazione si riferisce all’esperienza secondo la quale il patrimonio
di conoscenze accessibile con modalità istantanee sia praticamente illimitato. Infatti, i sistemi di ricerca delle
informazioni svolgono processi di ricerca, selezione e valutazione delle stesse con una efficienza ed efficacia
tali che i limiti del processo risiedono solo nella capacità da parte del soggetto di processare i contenuti
selezionati e non più, come in passato, nel processo di ricerca e selezione stesso.
Si può quindi riconoscere un cambio di paradigma nella gestione della conoscenza: la nozione
statica associabile al concetto di “bagaglio”, risultato di un lento processo di raccolta e metabolizzazione, è
affiancata, e talvolta sovrastata, da una concezione più dinamica dove ciò che fa la differenza è la capacità di
rinnovare continuamente le proprie conoscenze sulla base di competenze di meta-apprendimento.
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
297
Si può quindi sostenere che almeno una parte del mondo sia entrata pienamente nell’era digitale.
Senza voler entrare nello studio di questa profonda rivoluzione, né nelle sue analisi psicologiche,
sociologiche o etiche, ai fini di questo scritto non si può non prendere atto di come sia cambiato il modello
di gestire le relazioni organizzative: ciò vale per le grandi organizzazioni ma probabilmente ancor più per le
piccole. Esistono organizzazioni composte da meno di 50 dipendenti altamente qualificati che operano in
una decina di paesi diversi del mondo e che sviluppano prodotti e servizi sofisticati e innovativi attraverso
processi altamente integrati e multidisciplinari e destinati a mercati o contesti sociali (se si tratta di servizi
pubblici) altamente dinamici e differenziati.
Ecco che oggi più che mai l’ambito prioritario di investimento per accrescere le professionalità è inerente
alle competenze per assemblare le conoscenze accessibili (e sempre meno “già possedute”) e interagire in
contesti complessi, multi disciplinari e multiculturali.
La formazione può quindi finalmente ripensare i modelli formativi alla luce del diverso
funzionamento della società e delle organizzazioni, ed in particolare della consapevolezza di operare in una
società digitale. In realtà si è giunti ad una seconda fase dell’uso delle tecnologie dell'informazione e della
comunicazione (TIC o ICT secondo la dizione anglosassone Information and Communication Technology)
nella formazione. Non è più la formazione che introduce le ICT nei processi formativi, ma i processi
formativi si devono azzerare e ricostruire sulla base delle relazioni consentite dalle ICT disponibili ed in uso
nella società. Paradigmi come la formazione a distanza, l’e-learning, ecc. sono superati da un nuovo
paradigma di formazione che li ingloba basandosi sulle modalità relazionali utilizzate nella vita reale (e quindi
largamente basate sulle tecnologie ICT) per consentire il perseguimento di obiettivi formativi coerenti con i
fabbisogni della società digitale. In sintesi: apprendimento nell’era digitale.
A ciò va rilevato come le trasformazioni che fanno convivere nei fatti le attività che generano
apprendimento con il concreto operare professionale rendono sfumati i confini delle iniziative formative
facendole confondere talora con vere e proprie consulenze, talora con iniziative di tutorship se non
coaching individuale. Se da un lato è giusto rispettare le reali dinamiche dei fenomeni legati
all’apprendimento, dall’altro la necessità di mantenere almeno parte della responsabilità della conduzione dei
processi di apprendimento, propria del ruolo del formatore, complica il rapporto tra formatore,
organizzazione committente e professionista che partecipa alle iniziative formative.
Si profila quindi una ridefinizione dello spazio di azione delle attività finalizzate allo sviluppo delle
competenze: la formazione si intende come un continuo processo di stimolo e supporto allo sviluppo delle
competenze nell’ambito di un insieme di specifiche iniziative che devono però essere inquadrate in un unico
disegno progettuale e un unico processo di monitoraggio, valutazione, supporto delle competenze stesse. La
formazione può sempre più assumere il ruolo di interfaccia e simulazione del contesto operativo per
favorire l’apprendimento in contesti realistici ma controllati e quindi favorevoli allo sviluppo dei processi di
apprendimento ed ai correlati e fondamentali processi di meta-apprendimento.
Molti temi sono pertanto di interesse per chi intende progettare o anche solo partecipare a iniziative
formative pensate per professionisti operanti nell’era digitale e in una prospettiva di lifelong learning. Va infatti
PROJECT MANAGEMENT
298
ricordato che il lifelong learning, inteso come processo di continuo aggiornamento e qualificazione personale
professionale, è diventato uno dei capisaldi delle politiche di sviluppo delle società moderne ed è entrato
nelle priorità di investimento dell’Unione Europea e dell’OCSE.
Pertanto, possiamo sin da subito sbarazzarci delle concezioni di e-learning (magari basato
sull’autoapprendimento solitario) come sostituto a basso costo della formazione tradizionale, ma occuparci
di quali siano gli elementi fondanti e le caratteristiche di tali processi formativi.
Le sfide che la formazione in sanità deve affrontare sono:
1. possibilità di svolgere parte delle attività didattiche con la separazione fisica tra docente e discente
e tra discenti (anche per quasi tutta la durata del processo educativo, se lo si desidera);
2. possibilità di svolgere parte delle attività didattiche con asincronia temporale (almeno entro certi
limiti);
3. assunzione di un ruolo fondamentale da parte di un soggetto nella progettazione dei materiali di
lavoro e di studio, e nella progettazione degli strumenti di lavoro (il che distingue le iniziative
formative dal semplice studio privato basato su prodotti editoriali, per quanto multimediali e
orientati al supporto dell’apprendimento);
4. uso di mezzi tecnici per mettere in relazione i soggetti coinvolti nel processo formativo durante
tutto il suo sviluppo;
5. uso di forme e strumenti di:
a. comunicazioni bidirezionali sia verticali (tra docente e discente/i), sia orizzontali (tra
discenti),
b. rappresentazioni della conoscenza alimentate dai docenti e dai discenti in modo
collaborativo (mappe, wiki, e così via);
6. possibilità di creare ambienti virtuali in cui far agire i discenti con caratteristiche flessibili, anche
riproducenti situazioni professionali concrete e specifiche dei contesti lavorativi di riferimento dei
discenti;
7. possibilità di osservare e tracciare i comportamenti assunti in tali ambienti virtuali.
Tali spazi di azione progettuale e operativa richiedono la riscoperta di alcuni contenuti di base della
formazione per una rigenerazione delle iniziative formative in coerenza con le potenzialità e le aspettative
cui ci si confronta.
APPRENDERE E LAVORARE: IL RUOLO DELLA RETE
La formazione degli adulti per molto tempo non ha avuto una specifica disciplina di riferimento,
utilizzando i modelli e le teorie della pedagogia.
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
299
Senza voler esplorare approfonditamente il dibattito in merito si può sin da subito rilevare come
l’applicazione dei modelli pedagogici agli adulti contenga in sé, in realtà, elementi di problematicità: gli adulti
infatti sono individui già maturi, con esperienze consolidate e operanti pienamente nei propri contesti sociali
professionali con responsabilità. Quando decidono di partecipano a programmi formativi sono spinti da un
proprio desiderio di apprendimento legato a specifici problemi che incontrano nella loro vita.
Knowles, che - benché già dal 1800 vi fossero già state riflessioni in proposito - più di altri ha sviluppato e
impostato l’andragogia per come è intesa attualmente (scienza dell’educazione degli adulti) e ne è
considerato il padre rileva come l’adozione di un approccio pedagogico con gli adulti non consideri le
caratteristiche dei processi adottati da questi ultimi e generi tensioni, risentimenti e resistenze
all’apprendimento:
Andragogy assumes that the point at which an individual achieves a self-concept of essential self-direction is
the point at which he psychologically becomes adult. A very critical thing happens when this occurs: the individual
develops a deep psychological need to be perceived by others as being self-directing. Thus, when he finds himself
in a situation in which he is not allowed to be self-directing, he experiences a tension between that situation and
his self-concept. His reaction is bound to be tainted with resentment and resistance. It is my own observation that
those students who have entered a professional school or a job have made a big step toward seeing themselves
as essentially self-directing. They have largely resolved their identity-formation issues; they are identified with an
adult role. Any experience that they perceive as putting them in the position of being treated as children is bound
to interface (sic) with their learning. [Knowles 1978]
Il primo pensiero di Knowles è poi stato messo in discussione, anche dallo stesso autore che più tardi ha
ridefinito il ruolo dell’andragogia con riferimento ai modelli pedagogici:
…andragogy is simply another model of assumptions about adult learners to be used alongside the
pedagogical model of assumptions, thereby providing two alternative models for testing out the assumptions as to
their 'fit' with particular situations. Furthermore, the models are probably most useful when seen not as
dichotomous but rather as two ends of a spectrum, with a realistic assumption (about learners) in a given
situation falling in between the two ends (Knowles, 1980).
Ai fini di questo scritto è comunque utile richiamare gli assunti su cui si fonda la sua interpretazione
dell’andragogia (Knowles, 1990):
• gli adulti necessitano conoscere perché occorra apprendere qualcosa prima di avviare un percorso
di apprendimento;
• autodeterminazione del soggetto: gli adulti devono essere responsabili delle proprie decisioni deve
essere riconosciuta loro la capacità di autogestirsi;
• ruolo dell’esperienza: gli adulti possiedono una varietà di esperienze che rappresentano la risorsa
più importante per l’apprendimento. Tali esperienze, però, sono anche foriere di preconcetti e
illazioni infondate;
• preparazione all’apprendimento: gli adulti sono pronti all’apprendimento in funzione alle attività che
sono chiamati a svolgere nei propri ruoli sociali e professionali;
PROJECT MANAGEMENT
300
• l’orientamento all’apprendimento è rivolto alla performance e all’ottenimento di risultati immediati.
Risulta evidente come le strategie rivolte a generare processi di apprendimento o di acquisizione di nuove
competenze siano fortemente condizionati da tali assunti: in particolare, situazioni in cui il fabbisogno di
apprendimento non nasce da situazioni fisiologiche (riqualificazione professionale causata dall’espulsione dal
proprio contesto lavorativo) oppure su situazioni non percepite dal soggetto (formazione per persone che
si percepiscono adeguate, ecc.).
A complicare il quadro delle riflessioni riguardo al ruolo dell’apprendimento nei contesti sociali e
professionali interviene un altro filone di riflessioni, che possiamo riferire a Donald Schön, che si sintetizza
nel concetto di professionista riflessivo.
Schön suggerisce che la capacità di riflettere nell’azione per attivare un processo di apprendimento continuo
è una caratteristica intrinseca nell’attività di tutti i professionisti. Sostiene inoltre che il modello della
formazione professionale, basato sul trasferimento agli studenti di una razionalità tecnica che poi saranno
chiamati ad applicare una volta entrati nel proprio ruolo professionale, non descriva correttamente come
avvenga nei fatti l’acquisizione delle conoscenze realmente utili nella pratica professionale.
In particolare, nelle società attuali, caratterizzate da una dinamicità continua e rapida, diviene essenziale
coltivare la capacità di riflettere durante l’azione e dopo l’azione, in quanto il professionista deve affrontare
problemi inediti non risolvibili solo in base a repertori tecnici o regole definite. La conoscenza pratica,
precedentemente accumulata, diventa inadeguata:
“…il professionista può far emergere e criticare la propria iniziale comprensione del fenomeno, costruire
una nuova descrizione di quest’ultimo e verificare attraverso un esperimento sul campo. Talvolta egli perviene a
una nuova teoria del fenomeno mediante l’articolazione di una sensazione che egli ha riguardo ad esso…”
“Questo processo trasforma il professionista in un ricercatore operante nel contesto della pratica; la sua
indagine non è limitata ad una decisione sui mezzi dipendente da un preliminare consenso sui fini. Egli non tiene
separati i fini dai mezzi, ma li definisce in modo interattivo, mentre struttura una situazione problematica”
(Schön, 1993).
Tale approccio ci suggerisce quindi che non esiste un insieme di conoscenze che sia indispensabile e
sufficiente a risolvere i problemi della pratica professionale. Pertanto, l’enfasi sui contenuti di molta
formazione non appare totalmente giustificata se si pensa alla rapida obsolescenza che i contenuti trasmessi
hanno ad esempio nella maggior parte delle discipline manageriali (sempre ammesso che la trasmissione
avvenga realmente in termini di competenze attraverso quella formazione).
D’altra parte, se da un lato la riflessione nel corso dell’azione come fonte dell’apprendimento sposta
l’attenzione sulle competenze più che sulle conoscenze, dall’altro lega indissolubilmente l’apprendimento
all’azione pratica e quindi alla concreta attività professionale.
Le conseguenze di tale riflessione sulla progettazione di percorsi di apprendimento è di immediata
comprensione se pensiamo alle modalità di svolgimento della formazione tradizionale che vive della
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
301
rassicurante relazione docente-formando e sul principio di autorità esercitato dal primo nell’ambito di una
relazione verticale di tipo enunciativo di contenuti in cui l’interazione riguarda la richiesta di chiarimenti
seguita normalmente da una riformulazione delle nozioni esposte.
L’adeguamentento delle modalità di svolgimento della formazione all’assunto posto da Schön comporta la
ridefinizione delle attività didattiche verso un modello più simile al laboratorio piuttosto che a una sequenza
di lezioni: il ruolo della tecnologia per realizzare dei “laboratori virtuali” attraverso simulazioni e giochi di
ruolo è stato scoperto ed esplorato già da qualche decennio ed è ormai entrato a pieno titolo nel bagaglio
dei progettisti della formazione.
A completare un pur sommario quadro delle specificità dei processi di apprendimento degli adulti con
riferimento alle competenze professionali non possiamo non fare riferimento anche al pensiero di Etienne
Wenger con riferimento alle comunità di pratica. Wenger definisce le Comunità di Pratica come: “gruppi di
persone tenuti assieme in modo informale da una comune attività e da ciò che hanno appreso a seguito di
tale coinvolgimento” (Wenger, 1998).
Le caratteristiche peculiari delle comunità di pratica, ciò che le distingue dalle altre forme di aggregazione
aziendale come i Gruppi di lavoro, i Team di Progetto e i Network informali, sono, come definite da
Wenger:
• l’impegno in una qualsiasi attività – ovvero la realizzazione di una intrapresa comune, intesa come
tale dai suoi membri e negoziata nei suoi diversi aspetti;
• la forte coesione sociale che le unisce – ovvero l’esistenza di un impegno reciproco tra i membri, i
quali si sentono legati da una comune identità all’interno di una determinata identità sociale;
• la condivisione di una cultura specifica – ovvero la presenza di un repertorio condiviso di risorse
comuni sviluppato nel tempo, ossia linguaggi, stili di azione, sensibilità, modalità ricorrenti di azione
e pensiero.
I membri di una comunità di pratica collaborano guidati da un senso di appartenenza frutto della
condivisione di una determinata cultura, di un linguaggio, di un vocabolario, di un modo di esprimersi, di una
stessa modalità di interpretazione degli eventi che si presentano, quasi fossero un unico “organismo vivente”
che si adatta e si evolve seguendo una logica evoluzionistica. Il risultato è la creazione di nuova conoscenza
attraverso un “apprendimento organico” della comunità di pratica.
Le comunità di pratica generano valore per gli individui e per l’organizzazione in diversi modi:
• identificando, migliorando e prospettando nuove aree di sviluppo e nuove strategie d’impresa;
• contribuendo a risolvere velocemente i problemi (ogni membro conosce a chi chiedere aiuto per
focalizzare un problema e il modo di risolverlo);
• trasferendo rapidamente le best practices attraverso la rappresentazione di un Forum di
condivisione e diffusione all’interno dell’impresa, del gruppo e del settore;
PROJECT MANAGEMENT
302
• sviluppando e migliorando le competenze professionali di ogni lavoratore tramite il modello
“artigianale”, in cui l’apprendista impara dal suo “maestro di mestiere”. Un efficace e duraturo
apprendimento del singolo dipende dalla disponibilità dei colleghi più esperti e dalla loro capacità di
agire come coaches.
Tale impostazione fa riferimento ad un concetto di apprendimento come “apprendimento situato”.
L'apprendimento situato si basa su quattro assunti:
• l'apprendimento è fondato sulle azioni delle situazioni quotidiane;
• la conoscenza è acquisita in modo situato e quindi trasferibile solo in situazioni simili;
• l'apprendimento è il risultato di un processo sociale che comprende modi di pensare, di
percepire, di risolvere i problemi, e interagisce con le conoscenze dichiarative e procedurali;
• l'apprendimento non è separato dal mondo dell'azione ma coesiste in un ambiente sociale
complesso fatto di attori, azioni e situazioni.
La nozione di comunità di pratica e la sua correlata nozione di “apprendimento situato” consentono di
derivare alcune conseguenze pratiche di grande rilevanza per chi si assume la responsabilità dei processi di
apprendimento di altri adulti: l’apprendimento è, infatti, insito nelle relazioni tra persone. Le concezioni
tradizionali si basano sull’assunto che l’apprendimento sia all’interno di ciascun individuo: secondo
l’apprendimento situato, esso è nelle condizioni che avvicinano le persone e organizzano un punto di
contatto tra di loro che consente ad una nozione di assumere rilevanza. Senza il sistema delle rilevanze non
c’è apprendimento e non c’è memoria, e il sistema delle rilevanze è dato dal sistema delle relazioni:
l’apprendimento non appartiene agli individui ma alle diverse conversazioni di cui fanno parte.
Il ruolo dei formatori sarebbe quindi principalmente quello di far sì che i formandi entrino a far parte di
comunità di pratica e partecipino pienamente alla comunità.
CENNI SULLE TEORIE DELL’APPRENDIMENTO
A fronte delle specificità dei processi di apprendimento degli adulti sopra sintetizzate attraverso il
riferimento ad alcuni contributi significativi, è comunque utile richiamare le principali teorie
sull’apprendimento sviluppate dalla pedagogia, in quanto forniscono ulteriori elementi di interesse per il
formatore.
Gli assunti pedagogici che sottostanno alle teorie di progettazione della didattica attraverso le tecnologie
sono infatti essenziali per comprendere come il concetto di formazione si evolva nel tempo congiuntamente
al modo di intendere cosa siano l’apprendimento e l’insegnamento.
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
303
Senza avere pretesa di esaustività si intende presentare una sintetica panoramica dei modelli di
apprendimento e delle principali correnti di pensiero pedagogico del nostro secolo per metterli in relazione
con le tecnologie dell’educazione e con i principi di instructional design delineati in questo libro.
Ciò che maggiormente si vuole mettere in luce in questo paragrafo è che l’efficacia della tecnologia
dell’educazione è funzione sia di quanto questa supporti adeguatamente uno specifico modello didattico sia
dell’appropriatezza del modello ad una certa situazione di apprendimento.
Nessuno dei paradigmi di apprendimento che verranno di seguito descritti è migliore degli altri in termini
assoluti. Ognuno di essi sarà appropriato in relazione ad un certo numero di variabili quali ad esempio la
tipologia dell’utenza (livello di preparazione, esperienza, maturità, skills) o la tipologia dei contenuti o ancora,
l’orientamento del formatore e le sue preferenze didattiche. Ciò che si ritiene indispensabile è che il
formatore che determina l’impianto e le scelte didattiche per qualunque corso di formazione sia
consapevole dei differenti modelli esistenti e di ciò che questi comportano in termini di risultati e
implicazioni didattiche e di apprendimento.
Oggett iv ismo e comportamentismo. E’ un filone di studi sulle tecnologie dell’educazione che
prende avvio negli USA nella seconda metà del secolo scorso con la pubblicazione nel ’54 di un articolo di
Skinner dal titolo “The science of learning and the art of teaching”. Questo lavoro, scritto da uno dei più
significativi autori della corrente di pensiero cosiddetta “Comportamentista”, da origine ad una notevole
serie di studi ed applicazioni nel campo della formazione derivanti dalla psicologia sperimentale.
Presupposto teorico di questo approccio di evidente derivazione psicologica, è che nulla si può dire di ciò
che avviene all’interno della mente dell’individuo e che si può osservare e studiare solo ciò che è esterno
del comportamento umano (per questa ragione viene anche definito “Oggettivismo”).
Se applicato nel campo dell’educazione, il modello prevede che l’apprendimento avvenga attraverso un
processo di stimolo-risposta. L’apprendimento, quindi, si configura come un cambiamento nella disposizione
dei comportamento di un individuo che può essere indirizzato dal docente attraverso una serie di stimoli e
rinforzi selettivi.
Elemento fondamentale di questo modello è la constatazione che esista una realtà oggettiva e che
l’obiettivo dell’apprendimento sia proprio nella comprensione di questa realtà. Conseguenza del processo
dell’apprendere è il cambiamento attitudinale delle persone in relazione al mondo oggettivo che le circonda.
In sintesi gli assunti pedagogici in base ai quali si sviluppa la teoria sono:
• esiste un livello del reale condiviso dagli studenti;
• questa realtà può essere rappresentata e trasferita allo studente;
• l’attitudine della mente è quella di agire come specchio della realtà piuttosto che come
interprete di questa;
• tutti gli studenti hanno essenzialmente gli stessi processi per rappresentare e comprendere la
realtà.
PROJECT MANAGEMENT
304
In termini di insegnamento, il modello oggettivista/comportamentista assume, quindi, che lo scopo
dell’insegnamento sia di trasmettere efficacemente il sapere dall’esperto allo studente. Ove si verifichino
possibili incomprensioni da parte dello studente, queste sono causate da imperfezioni o incompletezze nel
processo di trasferimento della conoscenza. In questo senso, ruolo essenziale dell’insegnante è quello di
strutturare la realtà in rappresentazioni generali e astratte che possono essere passate agli studenti e da
questi richiamate in seguito a stimoli specifici. Il linguaggio, ad esempio, è costituito da parole che
rappresentano astrazioni concettuali della realtà; affinché le persone si capiscano e comunichino
efficientemente deve essere attribuito e condiviso uno stesso significato per ogni parola.
L’insegnante è la fonte del sapere, controlla i materiali e il percorso di apprendimento, e verifica,
attraverso domande o questionari se il trasferimento è effettivamente avvenuto. Dall’altro versante, lo
studente impara al meglio in stato di isolamento e di attività intensiva con la materia oggetto di studio.
Dato quanto sopra esposto è evidente che lo stile di insegnamento più consono a tali presupposti sia
la lezione magistrale poiché per un oggettivista la presentazione delle informazioni è essenziale. Il percorso e
la progressione dell’insegnamento verranno inoltre costruiti in modo modulare che proceda gradualmente e
gerarchicamente da un argomento al successivo.
Questo modello può essere appropriato in alcuni casi o contesti specifici – come ad esempio
l’apprendimento di tipo procedurale – ma altri modelli hanno oltrepassato gli assunti fondanti di questo
paradigma proponendo nuovi modi di intendere l’apprendere e l’insegnare.
I l costrutt iv ismo. Il filone costruttivista invece assume che non esista una realtà oggettiva esterna ed
indipendente dalla mente degli individui. La mente umana non riproduce la realtà esterna ma produce essa
stessa una sua unica originale concezione degli eventi e degli aspetti che analizza e che rielabora. Ognuno
quindi percepisce la realtà in modo differente a seconda delle proprie esperienze pregresse e del bagaglio di
conoscenza individuale.
Una posizione più moderata afferma l’esistenza di un mondo oggettivo esterno all’individuo ma
assume che a partire da questa ognuno costruisca la propria realtà. Col tempo, poi, analizzando differenti
interpretazioni di informazioni o circostanze, lo studente sarà in grado di distaccarsi dal proprio soggettivo
mondo di esperienza individuale per elaborare concetti astratti per rappresentare la realtà.
Il processo di apprendimento è proprio la formazione di concetti astratti che consente al soggetto che
impara di staccarsi dalla propria visione del mondo permettendogli una crescita individuale che supporta il
ragionamento scientifico, il pensiero astratto e l’operativizzazione di questi.
Il tipo di processo didattico che richiede il paradigma di apprendimento costruttivista è centrato sullo
studente assumendo che questi apprende nel modo migliore quando è spinto a sperimentare e scoprire
piuttosto che quando viene istruito attraverso una lezione magistrale. Secondo gli studi di Piaget, uno degli
studiosi più significativi del costruttivismo, il soggetto deve controllare il proprio percorso formativo e deve
sperimentare attraverso la formulazione di ipotesi e previsioni, porre domande e ricercare soluzioni,
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
305
manipolare oggetti, usare l’immaginazione. L’insegnante ha la funzione di essere il mediatore “creativo” del
processo di apprendimento che fornisce strumenti per aiutare gli studenti a costruire le proprie visioni del
mondo.
I critici di questo approccio obbiettano che nella pratica molto spesso il processo di apprendimento si
riduce in realtà nella ricerca di un sapere preordinato che sarebbe insegnato (o trasferito) molto più
efficacemente ed efficientemente dal docente.
I l model lo cooperat ivo . Dal paradigma precedente deriva il modello cooperativo (o collaborativo)
che assume come fondamentali le interazioni che intervengono non già tra studenti e oggetti della realtà, ma
piuttosto tra individui.
Il processo di apprendimento si svolge dunque attraverso l’esercizio, la verifica, il miglioramento e il
consolidamento dei propri modelli mentali attraverso la discussione e la condivisione di informazioni. Gli
assunti pedagogici essenziali del modello possono essere riassunti in quattro punti:
• la conoscenza non solo viene condivisa nel processo di interazione tra individui ma viene
anche creata, e più si condivide più si impara,
• coloro che hanno acquisito precedentemente conoscenza possono partecipare alla
discussione condividendo ciò che sanno con gli altri soggetti coinvolti,
• la partecipazione è essenziale per il processo di apprendimento,
• la partecipazione si sviluppa se ci sono condizioni ottimali che la favoriscono come ad
esempio gruppi di piccole dimensioni.
Un’implicazione interessante di questo modello è che attraverso le interazioni con gli altri componenti
della comunità, lo studente non solo apprende ma acquisisce anche quelle meta abilità sottostanti l’attività di
collaborazione, quali ad esempio la capacità di comunicare e ascoltare.
Il ruolo del docente si trasforma da “lecturer” che eroga e controlla i contenuti in facilitatore dello
scambio di informazioni e del processo di discussione tra studenti. Il feedback sulle attività del gruppo da
parte del docente è di estrema importanza per consolidare e confermare il processo di apprendimento ma
altrettanto critico secondo questo approccio è il feedback che può venire da uno degli studenti che
compone il gruppo (si parla anche di peer to peer tutoring, o tutoraggio tra pari). Infine, è indispensabile che
si stabiliscano regole e strategie didattiche che consentano lo svilupparsi della collaborazione per favorire lo
scambio di informazioni: ad esempio un ambiente di apprendimento che il partecipante possa percepire
come competitivo invece che collaborativo potrebbe spingerlo a trattenere e non a condividere con gli altri
la propria conoscenza.
E’ stato dimostrato che questo tipo di approccio all’apprendimento è superiore ai modelli tradizionali
dove lo studio avviene in modo individualistico nei termini di miglioramento dei risultati personali, nel
PROJECT MANAGEMENT
306
cambiamento delle attitudini sociali ed in generale nell’aumento della motivazione e dello stimolo ad
imparare. In gruppo, infatti, si generano più facilmente idee e procedure diversificate e combinate con
strategie di ragionamento di livello superiore così come soluzioni e risposte più creative e innovative a
quesiti e problemi.
I l cognit i v ismo. Un’ulteriore declinazione del modello costruttivista considera come elemento
centrale i processi cognitivi messi in atto nell’apprendimento. L’apprendere implica appunto elaborazione
cognitiva di tutte le informazioni che riceviamo o raccogliamo tramite l’esperienza, per sviluppare dei modelli
mentali efficaci ed affidabili per risolvere situazioni problematiche. Se gli input didattici non sono colti ed
elaborati dagli studenti, questi non avranno nessun impatto significativo sui loro modelli mentali. Per contro,
la frequenza e l’intensità di ogni studente di elaborare dal punto di vista cognitivo gli input determinano il
ritmo individuale del processo di apprendimento. Gli assunti principali sono:
• gli studenti hanno diverse preferenze e differenti stili di apprendimento;
• i paradigmi di apprendimento che meglio si adattano ai differenti stili individuali nella modalità
di apprendere, saranno i più efficaci. Da questo assunto ne deriva che è necessario pensare
ad un istruzione in termini di flessibilità e di individualizzabilità dei processi e dei percorsi.
Ciò che già sappiamo, il nostro bagaglio di conoscenza pregressa, costituisce un modello mentale che,
attraverso la funzione della memoria, diventa una determinante fondamentale nel modo in cui lo studente
elaborerà le nuove informazioni. In questo caso il supporto didattico da parte di un docente dovrà tener
conto sia dell’entità delle conoscenze sia dello stile cognitivo di apprendimento del soggetto.
La tabella che segue rappresenta una sintesi degli elementi distintivi delle diverse teorie
dell’apprendimento che sono state sopra delineate.
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
307
MODELLO PREMESSE DI BASE
OBIETTIVI
DIDATTIC I ASSUNTI PRINCIPALI
IMPLICAZ IONI PER
L’APPRENDIMENTO
Oggetti v ismo L’apprendimento è un assorbimento acritico di un sapere obiettivo
Trasferire il sapere dal docente allo studente Capacita di richiamare alla memoria la conoscenza
L’insegnante maneggia tutto il sapere necessario. Gli studenti apprendono al meglio in modalità individuale ed intensiva
L’insegnante controlla sia i materiali sia il percorso didattico L’insegnante fornisce stimoli
Costrut tiv i smo L’apprendimento è il processo di costruzione della conoscenza da parte degli individui
Formazione di concetti astretti per rappresentare la realtà Assegnare significati ad eventi o informazioni
Le persone imparano meglio quando scoprono cose da se e quando controllano il proprio percorso didattico
Attività didattiche attive e learner-centered L’insegnante supporta piuttosto che dirigere
Collaborat iv ismo Coopera tiv i smo
L’apprendimento emerge attraverso la condivisione di informazione tra più persone
Promuovere gruppi di comunicazione, di ascolto e partecipazione Promuovere la socializzazione
Il coinvolgimento è fondamentale per il processo di apprendimento Gli studenti possiedono del sapere precedente che in qualche modo condiziona il processo di apprendimento
Il processo di apprendimento è orientato alla comunicazione Il docente come colui che pone domande e conduce la discussione
Cogniti v ismo L’apprendimento è l’elaborazione e il trasferimento di nuova conoscenza nella memoria a lungo termine
Migliorare le abilità cognitive di elaborazione degli studenti Migliorare la capacità di richiamo e ritenzione del sapere
Il livello individuale di conoscenza precedente condiziona la misura dell’intervento e del supporto didattico da parte del docente
Alcuni stimoli possono influenzare l’attenzione dello studente L’insegnante necessita di feedback sull’apprendimento degli studenti
Adattato da Leidner, Jarvenpaa 1995
UNO SCHEMA PER LA DEFINIZ IONE DI FORMAT DIDATTIC I
I filoni di studio e riflessione sin qui sintetizzati forniscono basi di riferimento insostituibili per la
comprensione o la progettazione di qualunque attività con scopi formativi: ciononostante, la numerosità
delle variabili in gioco rende la classificazione e definizione delle iniziative formative difficile, generando
possibili incomprensioni tra i diversi soggetti coinvolti (organizzazione committente la formazione,
partecipanti la formazione, docenti e responsabili delle iniziative) con riferimento ai ruoli reciproci.
Le infinite varianti che le iniziative formative possono assumere rendono difficile un’immediata
comprensione delle caratteristiche principali di ciascuna. Quando si considera la formazione nel suo reale
contesto di domanda, proposta e acquisto occorre quindi che i vari interlocutori, in genere con competenze
non necessariamente molto approfondite in materia, abbiano a riferimento una base comune del prodotto
formativo in discussione.
Il concetto di format può aiutare a organizzare e coordinare le diverse fasi di un processo di richiesta,
offerta, scelta e progettazione operativa di una iniziativa formativa. Così come in altri ambiti (televisivo,
letterario, ecc.) il format aiuta a definire un modello logico cui tutti le istanze di tale modello fanno
PROJECT MANAGEMENT
308
riferimento. Pur non volendo costituire uno schema rigido di seguito si propone quindi uno schema per la
definizione didattica coerente con quanto esposto sopra.
I format proposti hanno l’obiettivo di abbracciare le principali variabili legate alle attività didattiche e
alle tecnologie coinvolte onde fornire una maggior chiarezza dei prodotti formativi in oggetto. I format sono
definiti attraverso una matrice tridimensionale e da una check list descrittiva delle principali caratteristiche
delle componenti del prodotto formativo.
La creazione della matrice tridimensionale rappresentativa dei format didattici è possibile considerando
tre distinte dimensioni:
1. tipologia degli obiettivi didattici prevalenti,
2. rilevanza delle interazioni verticali secondo il principio di autorità del docente,
3. rilevanza delle interazioni orizzontali secondo il principio di collaborazione e confronto.
Il mix di obiettivi didattici è stato graduato nei tre segmenti: conoscere, saper fare, saper
decidere/agire. Secondo la classificazione più cara ai formatori aziendali.
I l mix di obie tt iv i dida ttic i
La seconda dimensione si focalizza sulla rilevanza del ruolo del docente come fonte del sapere e come
autorità di riferimento per le competenze di riferimento. I due estremi possono essere descritti come
“Modello di riferimento” da cui dipende il processo formativo da un lato, e come “Moderatore neutrale”
delle attività dei corsisti dall’altro.
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
309
La dimensione del l ’ i nte raz ione vertica le di un mode l lo didattico
La dimensione del l ' in te raz ione orizzontale d i un mode l lo didat tico
E’ da notare come le due dimensioni siano indipendenti consentendo tutte e quattro le combinazioni:
in particolare la combinazione con debole verticalità e debole orizzontalità si configura come
apprendimento solitario (o comunque con relazioni esterne al contesto formativo di riferimento), mentre la
PROJECT MANAGEMENT
310
combinazione forte-forte si configura ad esempio con attività formative basate sulla realizzazione di progetti
complessi in cui il docente assume il ruolo di project manager e leader forte del gruppo.
Le vari abi l i lega te a l l ' in teraz ione: quel la orizzontale e que l la ve rtica le
La combinazione delle tre dimensioni genera uno “spazio della formazione” in cui è possibile
identificare dodici format. Tra le possibilità se ne possono identificare alcune che identificano dei modelli
relativamente “puri” e quindi utilizzabili a riferimento generale.
Lo “spaz io del la formaz ione” per l ' i ndiv iduazione dei format d idat tic i
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
311
I modelli didattici individuati sono quattro:
1. il modello didattico orientato alla conoscenza: caratterizzato da una forte interazione
verticale formatore-corsista, da una debole interazione orizzontale tra corsisti e da un
obiettivo formativo individuato nel “conoscere”,
2. il modello didattico orientato al metodo: caratterizzato da una forte interazione verticale, da
una debole interazione orizzontale e da un obiettivo formativo individuato nel “saper fare”
3. il modello didattico orientato alle abilità: caratterizzato da una forte interazione verticale, da
una forte interazione orizzontale e dall’obiettivo formativo del “saper fare”,
4. il modello didattico orientato alle competenze: caratterizzato da una debole interazione
verticale, da una forte interazione orizzontale e dall’obiettivo formativo del “saper
agire/decidere”.
I l mode l lo didat tico orientato a l metodo
PROJECT MANAGEMENT
312
I l mode l lo didat tico orientato a l le abi l i tà
I l mode l lo didat tico orientato a l le competenze
LAVORARE PER PROGETTI IN SANITÀ
313
Risulta evidente come tale schematizzazione abbia delle aree di confine sfumate e di fatto anche le
combinazioni limitrofe possano originare efficaci iniziative formative. Si rammenta però che tale
classificazione non ha uno scopo normativo, ma principalmente descrittivo e pertanto desidera fornire un
possibile linguaggio di base dei format che consenta di comprendere e descrivere anche le iniziative che non
rientrano perfettamente nei quattro modelli individuati.
E’ da notare come la variabile tecnologica non faccia parte delle dimensioni del modello: si ribadisce
infatti che le caratteristiche degli strumenti tecnologici utilizzati per erogare corsi di formazione in rete non
possono essere considerate criteri diretti di classificazione dei modelli formativi. In altri termini, l’uso della
rete non è una variabile interpretativa dell’approccio didattico, ma semplicemente un elemento descrittivo di
un’attività didattica.
Ad esempio, si può citare il forum, ovvero l’area adibita alla discussione asincrona in rete: questo
strumento può essere utilizzato in vari modi, a seconda delle necessità didattiche corrispondenti ad un
determinato obiettivo formativo. Il Forum on-line in sé non è direttamente assimilabile ad alcun determinato
modello formativo, in quanto è solo uno strumento flessibile facilmente adattabile ad esigenze diverse di
interazione.
I l mode l lo didat tico orientato a l le conoscenze
Tali format didattici possono essere descritti attraverso le modalità più coerenti di svolgimento. Alcune
modalità e alcuni strumenti potranno dipendere in modo più diretto dal format didattico, mentre altre
PROJECT MANAGEMENT
314
modalità possono essere interpretate diversamente. In tal caso lo schema di lavoro può essere utilizzato
come tabella di comparazione delle iniziative.
I riferimenti dello schema proposto non costituiscono valori prescrittivi, ma costituiscono valori di
riferimento.
Elementi per la classificazione
di un modello didattico Modello orientato alla conoscenza
Modello orientato al metodo
Modello orientato alle abilità
Modello orientato alle competenze
Residenziali in presenza 50% 50% Bilanciamento
attività
On-line a distanza 50% 50%
Formatore Motore del processo di apprendimento
Corsista
Con feed back valutativo oggettivo Strutturate su
contenuti Senza feed back valutativo oggettivo
Con feed back valutativo oggettivo
Natura delle attività
Libere su casi, problemi, progetti Senza feed back
valutativo oggettivo
Chiuso con scadenze
Ritmo
Aperto
Sincrono Lezioni
Sessioni di analisi con docente Riunioni Riunioni
Organizzazione temporale delle interazione mediate dalla tecnologia
Sincronia
Asincrono
Riflessioni confronto con docente
Riflessioni confronto con docente
Discussioni confronti con colleghi
Cooperazione, collaborazione, coordinamento
Asincroni
Forum
Wiki
Tool per Gestione gruppi di lavoro o progetti Forum Strutturati in
ambienti fisici o virtuali
Sincroni
Webseminar
Ricevimento virtuale
Classe virtuale
Ricevimento virtuale Videoconferenze
Videoconferenze
Asincroni Wiki Email, SMS, Wiki, blog
Strumenti di interazione
Liberi
Sincroni Chat, VOIP (Tipo: Messenger, Skype)
Chat, VOIP (Tipo: Messenger, Skype)
Contenuto
Focus dei materiali Metodologia
Materiali di studio Bassa Media Bassa Bassa
Materiali e Media
Rilevanza multimedialità Materiali di lavoro - Media Media Alta
VALUTAZIONE DEL RISCHIO E POSSIBILI STRATEGIE DI PROJECT MANAGEMENT
315
VALUTAZIONE DEL RISCHIO E POSSIBILI
STRATEGIE DI PROJECT MANAGEMENT ∗
Francesco Violi
Docente di Economia e Organizzazione Aziendale
Università degli Studi Federico II - Napoli
INTRODUZIONE
Gli enti pubblici e i privati negli ultimi anni hanno attivato un elevato numero di progetti e tale
numero, negli ultimissimi tempi, si è ulteriormente esaltato come pure si e’ esaltata la loro dimensione.
I settori relativi alle Infrastrutture, ai Trasporti e all’ICT (Information Comunication Technology)
rappresentano quelli più interessati da questa logica di gigantismo che per altro non è casuale ma
risponde a precise esigenze della società contemporanea che riconosce nella facilità del movimento
delle persone, delle merci, dell’energia, dell’informazione e del denaro un elemento centrale e strategico
per il suo sviluppo.
Contemporaneamente sono diventate sempre più sofisticate le metodologie di gestione e
controllo dei progetti accompagnate da una sempre più diffusa capacità di utilizzarle, frutto della
emancipazione culturale e dell’aumento delle componenti tecnologicamente avanzate presenti nei
prodotti a tal fine realizzati.
In realtà i progetti sono sempre esistiti ma solo da pochi anni (dopo la seconda guerra mondiale
in alcune parti del mondo ed intorno agli anni ’60 in Italia) possono essere gestiti con sapere organico
che facilita, anche con applicazioni di tecniche specifiche, la loro esecuzione. Questo sapere è quello
che va sotto il nome di “Project Management” e assomma una serie di conoscenze e di discipline che
consentono di affrontare progetti con uno schema logico e con conoscenze tecnologiche che
aumentano notevolmente il tasso prevedibile di successo. In particolare, poi, in questi anni fenomeni
∗ Computer Business Review Italia, maggio 2006.
PROJECT MANAGEMENT
316
come la globalizzazione, la competitività, l’internazionalità dei progetti e della mano d’opera hanno reso
questo sapere quasi indispensabile anche perchè rappresenta un modo di normalizzare l’iter
processuale di un progetto.
Questo sapere, però, è solo una condizione necessaria e non sufficiente per assicurare il
successo di un progetto: la riprova è che una percentuale significativa di progetti continuano a fallire,
intendendosi per fallimento il non raggiungimento degli obiettivi pianificati nel rispetto del tempo, dei
costi e della qualità prefissati. Sono proprio queste variabili che caratterizzano un progetto,
differenziandolo da un semplice insieme di attività che non hanno una definizione aprioristica della
dimensione economica-temporale.
L’analisi delle motivazioni dei fallimenti dei piani e dei programmi d’impresa è stata nel tempo
affrontata con molta attenzione e scientificità, vista l’importanza del fenomeno e i risultati riportati in
letteratura risentono del momento storico in cui sono stati eseguiti e dell’angolazione da cui sono stati
traguardati.
I L FALLIMENTO DI UN PROGETTO
Nell’area organizzativa, già negli anni sessanta, studiosi di tale materia avevano evidenziato che i
fallimenti dei progetti e, più in generale, della programmazione e controllo di gestione, erano legati a
problemi comportamentali in senso lato. Basta ricordare gli scritti di studiosi come Likert, Seashore,
Argyris, Hughes, Becker, ove è stato evidenziato in modo chiaro che la realizzazione dei progetti non è
solo un fatto tecnico ma è un fatto principalmente sociale in cui fondamentali sono i sistemi di incentivi,
di premi e punizioni ed il comportamento dei vari attori coinvolti, come la Direzione Aziendale, i
Responsabili del sistema di Controllo, gli Operatori e le interazioni fra loro.
Più avanti nel tempo, alla fine degli anni settanta, sono stati esaminati i problemi collegati ai
fallimenti dei piani a lungo termine relazionati alle strategie e nello stesso periodo Abell, Norman,
Porter hanno sottoposto ad analisi i fallimenti legati alla gestione strategica.
Nell’ultimo periodo c’è stato un fiorire di studi che hanno preso in considerazione,
contestualizzandolo, il problema. In particolare, sui progetti pubblici il bellissimo testo “ Megaprojects
and Risk. An Anatomy of Ambition” di Flybjerg, Bruzelius e Rothengatter evidenzia, fra l’altro, che la
spiegazione di tanti fallimenti è legata alla sfera politico-istituzionale ed in particolare a questioni di
potere ed interesse politico. Molti progetti, evidenziano gli autori, sono lanciati disinformando o
maleinformando i Parlamenti, l’opinione pubblica, i mezzi d’informazione anche attraverso
manipolazione dei dati previsionali, in modo che essi appaiono più convenienti sotto molti profili
rispetto alla realtà, per ragione di potere o d’interesse personale.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO E POSSIBILI STRATEGIE DI PROJECT MANAGEMENT
317
LA SITUAZIONE ITALIANA
Riguardo all’Italia si può fare un’analisi aggiuntiva almeno per quanto concerne i progetti pubblici:
ci si riferisce da una parte ad alcune leggi che, sebbene non hanno più validità, hanno avuto un gran
peso in termini di formazione e cultura dominante, e dall’altra agli effetti delle leggi attuali che, pur
avendo permesso di compiere in tal settore passi rilevanti nell’ottica giusta, creano ancora qualche
problema.
Tra le leggi della prima categoria ricordiamo la legge Malagodi che permetteva ai vincitori delle
gare pubbliche di ottenere il 50% dell’importo totale del progetto sotto forma di anticipo, alla firma del
contratto. Ciò ha comportato che talvolta per gli imprenditori l’obiettivo mirato non è stato tanto
quello di effettuare i lavori quanto quello di vincere la gara per venire in possesso dell’anticipo. Avuto
l’anticipo, infatti, qualcuno faceva di tutto per procrastinare l’inizio dei lavori (favorendo anche elementi
di disturbo da parte dei destinatari dei lavori) avendo così la possibilità di utilizzare fondi cospicui per
finanziare altre attività proprie.
Una seconda legge prevedeva, inoltre, la possibilità di iniziare i lavori anche senza una completa
copertura finanziaria, il che obbligava ad un certo momento l’interruzione dei lavori per mancanza di
fondi con una ripresa molto procrastinata nel tempo e talvolta con l’abbandono a causa della modifica
del contesto. Infine, si permetteva addirittura di avviare le gare di appalto anche con alcune lacune
progettuali ovvero con un progetto di massima.
Tutto ciò ha contribuito alla creazione di una mentalità proiettata maggiormente sulla possibilità
di trovare il massimo utile attraverso i risvolti delle varie leggi piuttosto che nella ricerca dell’efficienza e
nel controllo del rispetto dei fondamenti del progetto. In quest’ottica, tutte le metodologie e i saperi
esistenti nulla hanno potuto per evitare i fallimenti dei progetti. Per fortuna il discorso non è
generalizzabile, ma è bastato per creare una “forma mentis” se non opposta, comunque molto critica
rispetto all’applicazione pedissequa e attenta dei dettami del Project Management.
Per quanto riguarda le leggi della seconda categoria, è possibile rilevare che esse permettono
ancora (forse per incompletezza o carenze legislative) un elevato tasso di litigiosità fra lo Stato e i
vincitori delle gare e gli esclusi dalle gare stesse. Inoltre le modifiche in corso d’opera che, seppure
leggittime, talvolta sono invocate e ottenute anche per un malcelato interesse dell’imprenditore e per
realizzare intese oligopolistiche fra gli imprenditori allo scopo di spartirsi il lavoro in modo più
favorevole rispetto ad un regime di libera concorrenza, sono fenomeni che provocano ritardi e costi
aggiuntivi e riducono, di fatto, l’efficienza delle attività del Project Management.
Anche per il settore privato siamo in presenza di fallimenti di progetti e le cause che più
contribuiscono all’incertezza delle previsioni delle due variabili fondamentali, tempo e costi, (H. Herzner
Project Management) sono:
• inizio di un progetto con un budget o una schedulazione inadeguati per il livello di prestazioni
desiderate;
PROJECT MANAGEMENT
318
• il processo di sviluppo globale del progetto favorisce più le prestazioni che i costi e la
schedulazione;
• utilizzo di un disegno complessivo del progetto che si avvicina alle prestazioni massime
ottenibili;
• le principali decisioni sul disegno del progetto sono state prese prima che le relazioni tra i
costi, le prestazioni, la schedulazione e i rischi fossero stati chiariti.
LE POSSIBIL I SOLUZIONI
I rimedi a tali situazioni, ovvero la possibilità di ridurre il numero degli insuccessi, oltre a quelli
che automaticamente discendono dall’analisi effettuata, potrebbero essere, nel caso delle opere
pubbliche, una maggiore trasparenza delle procedure e un coinvolgimento sistematico dei principali
stakeholders, ovvero di quelle persone o quelle strutture organizzative attivamente coinvolte nel
progetto e i cui interessi possono subire conseguenze nell’esecuzione o dal completamento del
progetto (vedi Guida al PMBOK- PMI standard). I project manager che ignorano o non riescono ad
individuare con esattezza gli stakeholders possono mettere in crisi in modo parziale o totale la riuscita
del progetto. Tale impostazione, su cui abbiamo appuntato con decisione la nostra attenzione, è
comunque anche raccomandata dalla maggior parte degli studiosi moderni relativamente alla
conduzione dei progetti e spesso viene ignorata o interpretata in modo estremamente restrittivo per
miope o malposta visione di convenienza. Si potrebbe pensare di estendere molto questo concetto
con la convinzione che, sebbene il sistema sia rischioso, potrebbe innescare un meccanismo quasi di
controllo automatico dell’avanzamento dei progetti. Ciò comporta pure che debbono essere attive sui
progetti di grosse dimensioni competenze non solo tecniche ma anche provenienti da altre discipline
capaci di interloquire e aggiornare sull’andamento dei progetti sopratutto gli stakeholders esterni
secondo una regia altamente professionale e armonica. E’ questa anche una necesità di ricomporre il
sapere, frammentato dalle specializzazioni, sotto una sola bandiera che in questo caso è quella di
realizzare, nel rispetto degli obiettivi indicati, le finalità del progetto. L’integrazione dei saperi è
fondamentale perchè la multidimensionalità dell’uomo comporta la necessità di affrontare i problemi e
di ricercare le relative soluzioni proprio su più dimensioni.
L ’ANALIS I DEI R ISCHI
Un’altra avvertenza fondamentale per tutti i tipi di progetti è quella che riguarda l’analisi dei
rischi. Il progetto, sin dalla prima valutazione, deve contenere un’analisi dei rischi effettuata utilizzando gli
strumenti più idonei e più coerenti con l’importanza del progetto stesso (metodo Montecarlo, analisi
degli scenari, albero delle decisioni, etc.) e deve evidenziare in modo chiaro le sue componenti
principali: la probabilità di occorrenza e l’impatto del rischio.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO E POSSIBILI STRATEGIE DI PROJECT MANAGEMENT
319
L’approccio deve essere tale da ipotizzare le conseguenze di un evento avverso per definire
azioni volte a ridurre o eliminare la probabilità che si realizzi e a delineare vie e strumenti alternativi
capaci di governare le conseguenze economico-finanziarie e di slittamento dei tempi. Bisogna realizzare
una pianificazione attenta, precisa e ben strutturata delle azioni e delle responsabilità da attivare
nell’ipotesi che il rischio identificato passi dallo stato potenziale allo stato attuale, stando attenti a
riportare anche nella definizione del budget le necessità economiche conseguenti. Un’attenzione
particolare bisogna anche avere quando ci si trova di fronte a progetti che hanno un’estensione
temporale significativa come quelli che interessano uno o più lustri. In tal caso siamo in presenza di
megaprogetti che si troveranno inseriti in un ambiente che prevedibilmente col passare degli anni,
presenterà difficoltà sociali, economiche e politiche etc. e quindi le sintassi interpretative attuali
potrebbero risultare inefficienti. L’irruzione dell’eterogenea sequenza di trasformazioni economiche,
socio-culturali e antropologiche di cui negli ultimi anni abbiamo avuto esperienza e conoscenza
provocano interrelazione fra i fenomeni con una crisi pressoché totale degli strumenti di lettura. Infatti,
in un sistema di grande complessità è difficilissimo prevedere le conseguenze delle azioni o più in
generale dei mutamenti di stato di uno degli elementi del sistema sugli altri elementi.
La teoria del rischio e, volendo estendere il discorso, la teoria cibernetica del controllo e
dell’affidabilità, non hanno potenza sufficiente quando siamo in presenza di complessità sistemica
elevata. Si tratta di una incapacità dipendente dalla limitatezza degli strumenti con cui misuriamo la
società. Tali progetti quindi non possono essere disegnati ed eseguiti pensando di trovarsi in un mondo
newtoniano prevedibile e poco variabile ovvero, usando la metafora Popperiana (K. Popper,
Conoscenza Oggettiva), immaginando di essere in presenza di un mondo d’orologi (deterministico,
prevedibile) ma bisogna immaginare di essere in presenza di un mondo di nuvole (irregolare, spesso
imprevedibile). Questo significa che deve essere sviluppata sin dall’inizio, per i progetti di lunga durata,
una capacita, di gestire le incertezze quando si presentano, ovvero una capacità di ritrovare una legge
che regoli il mutamento di un sistema complesso, e questa deve diventare un mezzo di gestione del
sistema. Infatti, i sistemi complessi per un lungo periodo di tempo possono mutare in modo più o
meno graduale (che potremmo dire razionale e prevedibile) ma quando arrivano ad una configurazione
del tutto particolare degli elementi, il sistema diviene enormemente instabile e al primo stimolo si altera
l’equilibrio dando luogo a delle conseguenze del tutto smisurate rispetto alle cause del fenomeno.
Questa legge può essere ritrovata e compresa utilizzando strumenti della matematica che vanno sotto il
nome della “teoria delle catrastrofi” con le sue implicazioni operative.
In definitiva perchè i sistemi ad alta complessità non evolvono linearmente attraverso
cambiamenti di stato graduali ma attraverso una dinamica a sbalzi, (D. Ruelle, Caso e Caos, Bollati
Boringhieri, To 1992) è auspicato che sin dall’inizio si tenga conto di questo fatto e si creino dei
modelli che possano essere utili sia in termini previsionali che operazionali.
PROJECT MANAGEMENT
320
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
321
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
Giovanni Serpelloni 1), Elisabetta Simeoni 2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
2. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
Per presentare una proposta di progetto vengono utilizzate schede più o meno complesse a seconda
del contesto in cui vengono inserite.
Di seguito vengono riportati due form (il primo più semplice, il secondo più complessa) già collaudate
ed utilizzate in ambito socio-sanitario.
Tali modelli potranno essere utilizzati nel corso di sviluppo del progetto per la presentazione periodica
dei risultati conseguiti dal progetto stesso. In tal caso non si parlerà più di proposta di progetto ma di
“progress Report” o SAL (Stato Avanzamento Lavori). Se richiesto dal committente, agganciato a tali
schede, può essere richiesto anche un Abstract (o riassunto generale) da esplicitarsi in una pagina, nel quale
vengono sommariamente descritti i macro obiettivi di progetto.
Una buona scheda di progetto redatta in modo chiaro ed esplicito agevolerà la reportistica (progress
report, final report) di tutto il percorso progettuale.
Risulta opportuno sin qui segnalare che, se il progetto dovesse essere accettato dal committente e
iniziare, quindi, il suo percorso di sviluppo, è fondamentale che il team di progetto raccolga minuziosamente
tutto il materiale che via via il progetto produce. In altre parole, dovranno essere documentate in modo
formale sia, per esempio, le riunioni del gruppo di lavoro (data, elenco presenti, ordine del giorno,
argomenti di discussione, conclusioni), sia i documenti anche non definitivi su cui il team di progetto si
troverà a discutere.
Questi elementi verranno poi inseriti come allegati alle reportistiche intermedie e finali che il progetto
dovrà produrre.
PROJECT MANAGEMENT
322
Scheda di progetto n . 1
PROPOSTA DI PROGETTO
Verona,………….…………..
TITOLO:
Area di intervento
Ente proponente
Ente affidatario
Referente tecnico/scientifico
Referente gestionale
nominativo Compito principale Collaboratori
Firma del responsabile Visto di congruità del U.P.M (Unità di Project Management)
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
323
1 . PREMESSA E PROBLEMA DA AFFRONTARE
PROJECT MANAGEMENT
324
2 OBIETTIVI GENERALI
2 .1 CRITERI DI QUALITÁ ATTESA (genera l i)
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
325
2 .3 .1) OBIETTIVI SPECIFICI
N. OBIETTIVI SPECIFICI DATA
INIZIO
DATA FINE INDICATORI
DI OUTPUT
*
BASE LINE
RESULTS
(BLR)
INDICATORI
DI
OUTCOME
BASE LINE
RESULTS
(BLR)
2 .3 .2) OBIETTIVI SPECIFICI E WORK PACKAGE
N. OBIETTIVI SPECIFICI DATA
INIZIO
DATA FINE ATTIVITA’ NOTE
1.
2.
……
PROJECT MANAGEMENT
326
3) CRITERI DI QUALITÁ (vincol i di rea l iz zaz ione per ogni s ingolo obiett ivo)
N. CRITERI SCORE DI
IMPORTANZA
4) TARGET (destina tari)
PRINCIPALI (TIPOLOGIA, CARATTERISTICHE E NUMEROSITÀ ATTESA)
SECONDARI
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
327
5) TERRITORIO ED AMBIENTI DI INTERVENTO
TIPOLOGIE DI AMBIENTI NOTE DESCRITTIVE SPECIFICHE
6) TERRITORIO E CARATTERISTICHE (ULSS, dis tretto, e tc.)
PROJECT MANAGEMENT
328
7) TEMPIFICAZIONE E TEMPI DI REALIZZAZIONE
N FASE DI ATTIVITÀ TEMPO
1
2
3
4
5
6
N FASE DI ATTIVITÀ TEMPO
1
2
3
4
5
6
N FASE DI ATTIVITÀ TEMPO
1
2
3
4
5
6
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
329
8) DIAGRAMMA DI GANTT di prev isione
FASI N AZIONI TEMPO TEMPO
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
ATTIVITA’ DI VALUTAZIONE
Prima valutazione in progress
Seconda valutazione in progress
Valutazione finale
9) METODOLOGIA
N OBIETTIVO METODOLOGIA ( INDIRIZZI GENERALI)
PROJECT MANAGEMENT
330
10) BIBLIOGRAFIA (MAX 20 VOCI)
11) MODALITÀ PER LA DIFFUSIONE DEI RISULTATI)
12) COLLABORAZIONI scienti f iche ed operative
ORGANIZZAZIONE REFERENTE COMPITO
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
331
13) RISORSE
A. RISORSE INTERNE NECESSARIE (ESCLUSO FINANZIARIE)
PERSONALE (H/T) TIPOLOGIA IMPEGNO QUANTITATIVO
LOGISTICA TIPOLOGIA IMPEGNO QUANTITATIVO
ALTRO TIPOLOGIA IMPEGNO QUANTITATIVO
B. RISORSE FINANZIARIE (RIPARTI INDICATIVI)
CAPITOLI DI SPESA I step I I step I I I step TOT
Beni e servizi
Compensi
Rimborsi
TOTALE
14) ELENCO DEI PRODOTTO TANGIBILI DEL PROGETTO
PRODOTTO DESCRITTIVA
SINTETICA
FORMATO QUANTITÀ OBIETTIVI
SODDISFATTI
PROJECT MANAGEMENT
332
15) CONCLUSIONI ED INDICAZIONI FINALI
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
333
Scheda di progetto n . 2
PROJECT MANAGEMENT
334
Data: ______//______//______
TITOLO DEL PROGETTO
Il titolo deve essere quanto più possibile autoesplicativo e riportare in modo sintetico:
1. l’ambito;
2. il Cdr;
3. l’oggetto;
4. gli obiettivi del progetto.
AMBITO
Soggetto Proponente, Project Mangement (chi assume la
responsabilità del progetto)
CdRDIP di riferimento (indicazione del CdR/ DIP a cui il
soggetto responsabile afferisce)
Referente tecnico/scientifico (indicazione necessaria
anche nel caso in cui il soggetto sia esterno al CdR
proponente)
Referente amministrativo (indicazione eventuale ma
indispensabile in caso di finanziamento esterno finalizzato)
nominativo u.o di appartenenza
Operatori del CdR/ Dip coinvolti (gli stessi segnalati al
capitolo 6)
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
335
1. DEFINIZIONE DEL PROBLEMA A CUI SI VUOLE DARE UNA RISPOSTA
barrare le caselle utili
Definizione di:
! percorsi diagnostici, terapeutici, assistenziali o di prevenzione
! gestione del rischio
! qualità
! audit
! attivazione di nuove attività
! Altro (solo se associato a finanziamenti diretti) -------------------------------------- (specificare)
La definizione del problema, oltre a contenere una esaustiva descrizione dello stesso e degli effetti “negativi”
sulle performance del CdR (o di una parte), deve cercare di esplicitare in modo altrettanto esaustivo:
1. le cause;
2. il suo dimensionamento in termini di frequenza degli eventi negativi segnalati;
3. la rilevanza in termini clinici e/o epidemiologici e/o organizzativi.
4.
PROJECT MANAGEMENT
336
2. DESCRIZIONE DEL PROCESSO TECNICO ASSISTENZIALE
IN CUI SI INSERISCE IL PROBLEMA
Inserire flow chart che espliciti, nel modo più esaustivo possibile: le fasi operative (ossia la la sequenza delle attività di
riferimento) e gli ambiti organizzativi (ossia le U.O. CdR etc.) in cui si svolgono.
N.B. E’ ovviamente possibile sostituire questa pagina con una scheda di flow-chart prodotta con strumenti informatici.
FORM PER LA PROPOSTA DI PROGETTO
337
3. PREMESSE TECNICO SCIENTIFICHE (“ IL RAZIONALE”)
E ALTRE MINACCE ED OPPORTUNITA’ ESTERNE
PROJECT MANAGEMENT
338
4. L ’ INTERVENTO PROPOSTO
Obiettivo generale dell’intervento:
Indicatore/i di risultato (distinguendo quelli specifici del progetto in oggetto da quelli relativi alle attività “prodotte” correlate)
Eventuali Base Line Results:
NB: i Base Line Results dovrebbero esplicitare i vincoli (scientifici, normativi o di altra natura) in cui orientare gli obiettivi specifici del
progetto.
(vincoli di realizzazione per ogni singolo obiettivo)
N° sotto
Obiett ivo
Criter i Font i
NOTA: specificare come sono stati raccolti i dati
FORM PER PROPOSTA
339
5. SCOMPOSIZIONE IN SOTTO OBIETTIV I SPECIF ICI E LEVE DI INTERVENTO
Leve operative oggetto dell’intervento
N° Sotto Obiett iv i Spec if ic i Standard at teso Base Line Resul ts
(BLR)
NOTA: specificare come verranno raccolti i dati e la frequenza di raccolta.
PROJECT MANAGEMENT
340
6. ARTICOLAZIONE IN FASI TEMPORALI E ATTIV ITA’
Inizio previsto: Durata Totale (gg.):
FASE 1
N° Attiv ità previs te Dura ta
1
2
3
4
5
6
FASE 2
N° Attiv ità previs te Dura ta
1
2
3
4
5
6
FASE 3
N° Attiv ità previs te Dura ta
1
2
3
4
5
6
FORM PER PROPOSTA
341
7. GANTT
PROJECT MANAGEMENT
342
Unità Opera tive coinvol te Refe rente inte rno Compi to
NOTE:
Organ izzaz ione este rna Refe rente Compi to
Eventua l i v incol i , impegni e c lausole esi stent i nel le col laboraz ion i :
Eventua l i sponsor izzaz ioni este rne (ente /az ienda, t ipologia e valore del la sponsorizzaz ione):
8 . CONDIZIONI INTERNE (interd ipendenze t ra U.O. az iendal i)
9 . COLLABORAZIONI tecniche/sc ient i f iche esterne
FORM PER PROPOSTA
343
10. “VALORE AGGIUNTO” ATTESO
PROJECT MANAGEMENT
344
11. ELENCO DEI PRODOTTI TANGIBILI DEL PRODOTTO
Prodotto Desc rit t iva
sin tetica
Formato Quantità Proprie tà
12. VALUTAZIONE DELL’ IMPATTO SOCIALE PREVISTO
(definire l’esistenza e il grado dell’impatto sulle amministrazioni locali o sugli altri stakeholders)
FORM PER FINAL REPORT
345
Anche per questo capitolo vale quanto detto in precedenza: molteplici sono i form utilizzati per la
reportistica finale di progetto. L’utilizzo e la scelta della scheda finale devono seguire ed essere conformi alla
scheda compilata in fase di stesura iniziale del progetto. In modo esplicito e chiaro: dovranno essere elencati
in modo minuzioso gli obiettivi raggiunti e le modalità utilizzate per raggiungerli. Eventuali scostamenti
dovranno essere motivati e giustificati. La rendicontazione contabile dovrà essere più o meno dettagliata a
seconda delle richieste del committente (alcuni committenti richiedono l’esposizione per macro voci, per
esempio: personale, segreteria, rimborsi, hardware e software; altri richiedono una dettagliata esposizione
per singole voci e per documento contabile).
In aggiunta al documento di Final Report, saranno inseriti tutti gli allegati di progetto in ordine cronologico,
numerati, ordinati in modo che al nostro committente risulti facile e piacevole la loro consultazione. Per
allegato di progetto intendiamo ogni documento prodotto per la realizzazione del progetto: pubblicazioni,
studi prodotti, DVD, CD rom, verbali delle riunioni, slide show presentati in convegni organizzati nel corso
del progetto, etc.
Di seguito viene riportata una scheda di final report.
FORM PER UN FINAL REPORT (SINTESI)
Giovanni Serpelloni1), Elisabetta Simeoni 2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
2. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria- Azienda ULSS 20 Verona
PROJECT MANAGEMENT
346
F INAL - REPORT
ENTE FINANZIATORE:
TITOLO DEL PROGETTO:
ENTE AFFIDATARIO:
RESPONSABILE DEL PROGETTO:
DATA DI APPROVAZIONE:
DATA DI PRESENTAZIONE DEL FINAL REPORT:
DATA SCADENZA PROGETTO:
OPERATORI COINVOLTI COLLABORATORI ESTERNI
Firma del responsabile del progetto Firma del referente del progetto
_______________________________ _____________________________
FORM PER FINAL REPORT
347
I N D I C E
Progetto PAGINA
Premesse e finalità generali del progetto
Obiettivi ed indicatori
Fasi di azioni
Elenco prodotti tangibili
Modalità operative adottate
Soggetti coinvolti
Spese sino ad oggi sostenute
Allegati
PROJECT MANAGEMENT
348
PREMESSE E FINALITA’ GENERALI DEL PROGETTO
RIFER IMENTE NORMATIVI :
DELIBERA REGIONALE DI APPROVAZIONE DEL PROGETTO:
DELIBERA DI ACQUISIZIONE:
FINALITA’ GENERALI DEL PROGETTO DICHIARATE NELLA PROPOSTA PRESENTATA
FORM PER FINAL REPORT
349
OBIETTIVI ED INDICATORI
TITOLO DEL PROGETTO:
SINTESI DEI RISULTATI DATA DI PRESENTAZIONE
N
OBIETTIVI SPECIFICI
PREDICHIARATI DA
RAGGIUNGERE IN 3 ANNI
(per esempio)
ANNO PREVISTO DI
RAGGIUNGIMENTO
OBIETTIVO
INDICATORI DI
OUTPUT
RISULTATI IN
BASE AGLI
INDICATORI
INDICATORI DI
OUTCOME PREDICHIRATI
RISULTATI IN
BASE AGLI
INDICATORI
PREDICHIARATI
% DI
REALIZZAZIONE NOTE E MOTIVAZIONI
1
2
3
4
3
2
1
3
2
1
3
2
1
3
2
1
PROJECT MANAGEMENT
350
FASI DI AZIONE
N. FASI DI AZIONE PREVISTE % DI REALIZZAZIONE
AL …………………
1
2
3
4
NOTE E SPIEGAZIONI
FORM PER FINAL REPORT
351
ELENCO PRODOTTI TANGIBILI
Prodotti tangibili: relazioni scritte, questionari, software, monografie, pubblicazioni, uscite stampa, videocassette, CD-ROM,
manifesti, depliant, diapositive ecc).
NOTA: tutti i prodotti dovranno essere allegati e trasmessi sia in forma cartacea/materiale sia in forma elettronica.
N Nome del prodotto Descriz ione s intet ica e note N. d i a l legato
1.
2.
PROJECT MANAGEMENT
352
MODALITA’ OPERATIVE ADOTTATE
N. OBIETTIVO METODO SEGUITO
(e se d iverso da quel lo pre-d ichiarato ,
segnalare anche le mot ivaz ioni)
1
2
3
4
5
6
7
FORM PER FINAL REPORT
353
SOGGETTI SINO AD ORA COINVOLTI
DESTINATARI
DELL’ INTERVENTO
N. DI SOGGETTI
COINVOLTI
(data:___________)
N. DI SOGGETTI
DA
COINVOLGERE
TIPOLOGIA DI INTERVENTO (l inee
general i e consideraz ioni su l l ’ ef f icac ia
percepita)
PROJECT MANAGEMENT
354
SPESE SINO AD OGGI SOSTENUTE
Inserire piano finanziario con elenco spese sostenute e, se richiesto, copia di tutte le pezze giustificative.
FORM PER FINAL REPORT
355
S INTESI
FINANZIAMENTO TOTALE
FINANZIAMENTO
ASSEGNATO
% % TOT
FINANZIAMENTO
LIQUIDATO (ad
oggi)
DATA DI
RENDICONTAZIONE
RIFERIMENTI AMMINISTRATIVI
IMPORTO
LIQUIDATO
VOCI DI SPESA
(*) DATA LETTERA (*) PROT. N.
BENI E SERVIZI
TOT. BENI E SERVIZI
PERSONALE ESTERNO
COMPENSI
TOT. COMPENSI
RIMBORSI
TOT. RIMBORSI
ALTRO
TOTALE PERSONALE ESTERNO
TOTALE
(*) Vedi scheda contabile allegata
PROJECT MANAGEMENT
356
ALLEGATI
Inserire tutta la documentazione accessoria al report.
N° NOME DESCRIZIONE
REDDITI DA LAVORO
357
L'ACQUISIZIONE DI PRESTAZIONI DI LAVORO E
D'OPERA NEI PROGETTI FINALIZZATI
Danila Ghirardello
Servizio Economico Finanziario Azienda ULSS 20 Verona
INTRODUZIONE
L'acquisto di prestazioni lavorative assume, nell'ambito della gestione dei progetti finalizzati, una
grande rilevanza, costituendo spesso il nucleo principale delle spese che vengono sostenute per acquisire le
risorse necessarie al raggiungimento dell'obiettivo prefissato.
Nel corso di questi ultimi anni la tradizionale qualificazione giuridica, fiscale e previdenziale del lavoro
subordinato e autonomo ha subito numerose modifiche, che hanno dato origine a nuove forme di
organizzazione del lavoro dipendente e indipendente, utilizzate nel settore privato, secondo esigenze di
flessibilità economica.
Anche nel settore pubblico, si sono affacciate nuove forme di rapporti di lavoro, introdotte dalla
contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico ma è soprattutto nell'area della gestione dei progetti
finalizzati che si è manifestata la necessità di ricorso a contratti di lavoro diversificati non sulla base di
esigenze di mercato, ma di flessibilità legata alla durata temporalmente limitata della attività e al bisogno di
figure professionali particolari, estranee alla tradizionale organizzazione istituzionale delle Aziende.
Il ricorso a contratti di lavoro o di prestazione d'opera diversi da quelli del lavoro subordinato
comporta preliminarmente problemi di natura giuridica, investendo la contrattualizzazione dell'incarico che
viene conferito e, di conseguenza, di natura fiscale, dato che ogni pagamento di prestazione lavorativa o
rimborso spese deve ricevere un particolare trattamento in relazione alle imposte sui redditi, a seconda
dell'inquadramento giuridico di quella particolare attività lavorativa resa che da quel particolare soggetto è
stato effettuato.
PROJECT MANAGEMENT
358
Anche se con vari aggiustamenti (che hanno investito sia talune figure di convenzionati con il SSN come
i medici di guardia medica, i dipendenti per la libera professione intramuraria, sia altri come i titolari di borse
di studio come i lavori socialmente utili) la tradizionale determinazione del trattamento delle varie
prestazioni lavorative prevedeva (tralasciando alcune classificazioni marginali):
• contratti di lavoro subordinato > redditi da lavoro dipendente;
• altre attività produttrici di reddito > redditi assimilati a lavoro (ad elencazione tassativa da parte
dipendente del Testo Unico Imposte sui redditi);
• contratti di prestazione d'opera intellettuale e contratti di collaborazione coordinata e continuata >
redditi di lavoro autonomo;
• contratti di prestazione d'opera > redditi di lavoro autonomo non abituale.
La più rilevante trasformazione è stata subita dai contratti di collaborazione coordinata e continuata
che, attraverso un percorso iniziato nel 1996 (iscrizione alla gestione separata previdenziale INPS, con
contributo fissato all'epoca al 10%), proseguito nel 2000 (iscrizione all'assicurazione obbligatoria INAIL), dal
01.01.2001 sono transitati, ai fini fiscali, nel secondo gruppo di redditi, cioè quelli assimilati a lavoro
dipendente.
È perciò necessario esaminare il contenuto tipico delle prestazioni lavorative o d'opera per poter effettuare
la collocazione in ciascuna delle categorie sopra elencate e, di conseguenza, definirne il diverso trattamento
fiscale, soprattutto impositivo, sia del compenso che di eventuali rimborsi spese.
LAVORO SUBORDINATO - REDDIT I DA LAVORO DIPENDENTE
Anche se non interessa direttamente la gestione di progetti finalizzati, è importante definirne la
caratteristica principale, che è quella della subordinazione (alle dipendenze e sotto la direzione altrui) che
prevede che il lavoratore sia assoggettato al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro.
La subordinazione è la chiave di distinzione fra lavoro dipendente e autonomo; la situazione di dipendenza
prevede l'esistenza logica e giuridica di due soggetti, in posizione ineguale, di cui uno, il lavoratore
subordinato, presta attività con assenza di iniziativa economica, di rilevanza esterna diretta del lavoro
prestato, inserito in sistema nel quale agisce privo di autonomia per quanto riguarda l'apporto di mezzi
propri, e nel quale ogni aspetto della produzione, che non consista nel prestare le proprie energie lavorative,
non lo coinvolge direttamente.
Al contratto di lavoro subordinato si perviene non tanto dall'accertamento della volontà delle parti,
ma dal comportamento tenuto dai contraenti nello svolgimento effettivo del contratto: la giurisprudenza
indica nell’onerosità, nella collaborazione, nella continuità, nella subordinazione, gli elementi tipici del lavoro
subordinato, integrati dai c.d. indici sintomatici: oggetto della prestazione (l'attività messa a disposizione del
datore di lavoro, non il risultato), l'inserzione del lavoratore nella organizzazione produttiva dell'impresa,
REDDITI DA LAVORO
359
incidenza del rischio della attività lavorativa sul datore di lavoro, mentre l'osservanza di un orario di lavoro
non è stata ritenuta decisiva.
REDDIT I ASSIM ILAT I A LAVORO DIPENDENTE
Sono quelli relativi a fattispecie che in assenza di una specifica previsione di legge sarebbero di
incerta qualificazione in quanto privi di almeno uno degli elementi che qualificano le due categorie di redditi,
di lavoro dipendente e autonomo.
Si possono distinguere in tre gruppi:
• i redditi a cui manca in radice un collegamento con una prestazione lavorativa (rendite vitalizie,
assegni periodici alla cui formazione non concorrono n. capitale n. lavoro, tipo gli assegni
conseguenti a separazione o scioglimento del matrimonio);
• i redditi che pur possedendo un nesso con una prestazione lavorativa, non dispongono di un
rapporto di servizio tale da configurare un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente (indennità
e gettoni di presenza, indennità per cariche elettive);
• tutte le altre ipotesi in cui per ragioni perequative è disciplinata una situazione in cui esiste una
prestazione lavorativa, ma la retribuzione discende da elementi diversi dalla effettiva prestazione
lavorativa (borse di studio, etc: sono i redditi a cui sono attribuite le stesse detrazioni dei redditi da
lavoro dipendente in quanto più vicini, concettualmente, al lavoro dipendente).
A quest’ultimo gruppo sono stati ascritti, ma solo per quanto riguarda l’aspetto fiscale, i redditi da
collaborazione coordinata e continuata che, a decorrere dal 1.1.2001, in base all’art. 34 della legge
21.11.2000 n. 342 (collegato fiscale alla legge finanziaria) sono stati qualificati fiscalmente come redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendente. Tale classificazione (fra i redditi assimilati) che incide anche sugli
aspetti previdenziali, non muta la qualificazione giuridica del rapporto che rimane di lavoro autonomo, a
causa della mancanza del vincolo di subordinazione e della presenza del potere di coordinazione che non fa
tuttavia venir meno l’autonomia professionale del collaboratore.
Le c.d. co.co.co si possono distinguere in:
• rapporti di collaborazione tipici quali amministratori di società, collaboratori di giornali, riviste e
partecipanti a collegi e commissioni;
• rapporti di collaborazione non tipizzati individuati sulla base di criteri oggettivi, quali la continuità
nel tempo della prestazione lavorativa, la coordinazione, che si realizza mediante l’inserimento
funzionale del parasubordinato nella organizzazione economica del committente (secondo le
direttive di quest’ultimo, ma senza vincolo di subordinazione), dalla mancanza di mezzi organizzati
da parte del collaboratore, e dalla presenza di retribuzione periodica stabilita.
PROJECT MANAGEMENT
360
L’attuale normativa, per entrambi i tipi di rapporto di collaborazione, esclude che vi possano rientrare
quelle prestazioni che rientrano nei compiti istituzionali (mansioni proprie) del lavoratore dipendente o
nell’oggetto dell’arte e professione esercitata dal contribuente. A proposito di arti e professioni in campo
sanitario, occorre tenere presente che le disposizioni della legge 10 agosto 2000, n. 251 e del Decreto
Ministeriale 29 marzo 2001 hanno individuato numerose professioni nelle aree diagnostica, assistenziale,
della riabilitazione e della prevenzione, il cui esercizio ricade di conseguenza nella fattispecie del lavoro
autonomo e non in quella della collaborazione coordinata e continuativa.
È stato infatti precisato dal Ministero delle Finanze che qualora l’incarico di collaborazione venga
conferito a soggetti che esercitino abitualmente attività di lavoro autonomo (esempio: psicologo), i
compensi percepiti saranno assoggettati alla disciplina prevista per quest’ultimo, se per lo svolgimento delle
prestazioni di collaborazione sono necessarie conoscenze tecnico - giuridiche direttamente collegate alla
attività di lavoro autonomo. Per conoscenze tecnico - giuridiche è stato anche precisato che occorre tenere
conto in via prioritaria di quanto disposto dai singoli ordinamenti professionali.
Per il collaboratore coordinato e continuativo, il cui reddito sia assimilato fiscalmente al lavoro
dipendente, oltre agli adempimenti strettamente inerenti alla stipulazione del contratto (denuncia all’INAIL,
acquisizione della sua iscrizione alla gestione separata INPS) è necessario che venga compilata e sottoscritta
la dichiarazione inerente alle detrazioni di imposta spettanti, sia per lavoro dipendente che per eventuali
carichi di famiglia. La gestione dei versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi contro gli infortuni è
affidata al committente.
Sulle innovazioni introdotte dalla riforma del mercato del lavoro, attuata con il decreto legislativo del 10
settembre 2003 n. 276 (c.d. legge Biagi), che ha introdotto la figura del lavoro a progetto, con la finalità di
regolamentare il reiterato ricorso nel settore privato ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa
che, quindi, vanno ricondotte alla modalità a progetto, occorre tener presente che tale disciplina non si
applica alle pubbliche amministrazioni e al loro personale.
REDDIT I DI LAVORO AUTONOMO ABITUALE
Se il carattere discriminante i redditi di lavoro dipendente è la subordinazione, quello del lavoro
autonomo è la mancanza di essa e l’opposto parametro dell’autonomia.
Rientrano in questo gruppo i redditi derivanti dall’esercizio di arti e professioni per professione abituale,
ancorchè non esclusiva, (1^ comma art. 49 D.P.R. 600/1973) e i redditi derivanti da utilizzazione delle opere
dell’ingegno, brevetti, e altri (2^ comma del predetto articolo).
È richiesto dal 1^ comma dell’articolo citato, che si tratti di professione abituale: quindi sia per dato formale
(iscrizione ad un albo) che di fatto. Perciò abitualità come attitudine, qualità acquistata per educazione, uso,
studio, che coincide con la professionalità, intesa come perizia acquistata sia con lo studio che con la pratica.
Il conferimento di incarico dovrà ovviamente uniformarsi alle caratteristiche civilistiche del contratto di
prestazione d’opera intellettuale, caratterizzato dalla natura professionale, dall’obbligo di eseguire
REDDITI DA LAVORO
361
personalmente la prestazione, da particolari attitudini tecniche del prestatore tenuto spesso alla iscrizione in
albi o elenchi professionali.
Il corrispettivo dovuto al prestatore di lavoro autonomo comprende sia il compenso che eventuali oneri e
spese inerenti l’esecuzione, sui quali vanno applicati l’eventuale percentuale di rivalsa (2% o 4%) per il
contributo previdenziale dovuto dal committente per l’iscrizione alle Casse Previdenziali degli Ordini
Professionali o alla gestione separata dell’INPS, e, sul totale di tali voci, l’imposta sul valore aggiunto, se si
tratta di prestazioni soggette a IVA.
Quanto alla ritenuta d’acconto, attualmente del 20%, occorre precisare che il contributo integrativo del 2%
non costituisce reddito, per cui su di esso non va effettuata ritenuta. Al contrario, il contributo di rivalsa del
4%, per la particolare disciplina da cui è regolato, deve essere assoggettato a ritenuta d’acconto.
Tale tipo di incarichi, come pure quelli di collaborazione coordinata e continuativa, nell’ambito delle
pubbliche amministrazioni hanno trovato disciplina nell’art. 7 commi 6, 6 bis, 6 ter del decreto legislativo 165
del 2001: i presupposti essenziali per il ricorso agli incarichi esterni sono i seguenti: l'oggetto della
prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente
e ad obiettivi e progetti specifici e determinati; l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato
l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; la prestazione deve essere di
natura temporanea e altamente qualificata; devono essere preventivamente determinati durata, luogo,
oggetto e compenso della collaborazione. Inoltre, è previsto che le amministrazioni pubbliche disciplinino e
rendano pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi.
Varie leggi finanziarie sono intervenute sia rafforzando il regime di trasparenza sugli incarichi, attraverso
l’obbligo della pubblicità e dell’adeguata motivazione sui medesimi, sia incidendo sui presupposti che sui
contenuti (Dl. n. 168/2004, L. n. 311/2004, L. n. 266/2005, L.n.244/2007).
REDDIT I DI LAVORO AUTONOMO NON ABITUALE (PRESTAZIONI OCCASIONALI)
L’individuazione di questo tipo di redditi ha sempre posto non pochi problemi, atteso che secondo
talune interpretazioni il concetto di professionalità e abitualità coincidono per cui, per tale posizione
interpretativa, sarebbe impossibile qualificare redditi di lavoro autonomo non abituale quelli prestati da
soggetti iscritti in albi o elenchi professionali.
Dovrebbe trattarsi di un’attività svolta al di fuori sia di una disponibilità regolare, stabile e sistematica, che di
un normale e costante indirizzo, di una attitudine professionale.
La valutazione va effettuata caso per caso e desunta da una serie di elementi fra i quali non rientra tanto
l’entità dei compensi, quanto piuttosto la frequenza e la ripetitività degli atti (sistematicità di
comportamenti), la secondarietà degli atti economici posti in essere, tali che il compenso che ne deriva non
può essere considerato la forma principale di reddito.
È opportuno sia inserita sulle note di addebito o su simili documenti emessi dal prestatore d’opera una nota
in tal senso, mentre è evidente che indicazioni di segno contrario (del tipo: Studio in Via, un logo
professionale) potrebbero indicare lo svolgimento di una attività professionale.
PROJECT MANAGEMENT
362
Se, infatti, non vi è in genere una condivisione di responsabilità da parte del committente circa la
qualificazione come occasionale di una prestazione che tale non sia, il trattare come occasionale un’attività
inquadrabile in collaborazione coordinata potrebbe comportare una responsabilità di violazione di obblighi !
!c!o!n!t!r !i !b !u!t!i !v!i ! !e ! !a!s !s !i !c!u!r !a!t!i !v!i !.!
!Q !u!a!l !o!r !a! !i ! !c!o!m !p !e !n!s !i ! !p !e !r !c!e !p !i !t!i ! come !p !r !e !s !t!a!z!i !o!n!i ! !o!c!c!a!s !i !o!n!a!l !i !,! !c!o!n!f !e !r !i !t!e ! !a!n!c!h!e ! !d !a! !p !i !!ù !c!o!m !m !i !t!t!e !n!t!i !, !s !u!p !e !r !i !n!o !
!n!e !l !l !’a!n!n!o! !s !o!l !a!r !e ! !( !u!t!i !l !i !z!z!a!n!d !o! !i !l ! !c!r !i !t!e !r !i !o! !d !i ! !c!a!s !s !a!) ! !l !a! !s !o!m !m !a! !d !i ! € !5 !.!0 !0 !0 !,!0 !0 !, !s !u!l !l !a! !p !a!r !t!e ! !e !c!c!e !d !e !n!t!e ! !d !e !v!e ! !e !s !s !e !r !e !
!a!p !p !l !i !c!a!t!a! !l !a! !c!o!n!t!r !ibuzione Inps alla gestione separata. Tale situazione, nota solo al prestatore, dovrà risultare
da apposita dichiarazione resa nell’imminenza della corresponsione del compenso, trattandosi di situazione
mutevole anche nel breve periodo.
PMS SYSTEM
363
INTRODUZIONE
La presente guida può essere visualizzata da qualunque file della soluzione ProjectManagementSystem
(PMS).
Per poter consultare i manuali teorico-operativi che costituiscono la base delle conoscenze necessarie
alla comprensione del “project accounting” in ambito sanitario, consultare i TRE files in formato PDF nella
cartella “Documentazione PDF” fornita con il presente software. I files in questione sono nominati in
sequenza logica da un progressivo, e sono:
• Elementi di tecnica.pdf.
• Valutazione ex ante.pdf.
• Valutazione ex post.pdf.
Per ogni argomento contenuto nella guida, esistono eventuali immagini esplicative che possono essere
ingrandite con il tasto “Ingrandisci immagine” collocato sopra la stessa. Il testo della guida è interno al
software PMS, e può essere consultato on-line oppure stampato su supporto cartaceo, o esportato in
formato testo. Possono essere effettuate ricerche all’interno del testo degli argomenti sviluppati, con la
PMS (PROJECT MANAGEMENT SYSTEM)
SOFTWARE PER LA GESTIONE DI UN’UNITÁ DI
PROJECT MANAGEMENT
Giovanni Serpelloni1), Massimo Margiotta2)
1. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria – Azienda ULSS 20 Verona
2. Progetto Ancos del Ministero della Salute e Coordinamento delle Regioni
PROJECT MANAGEMENT
364
limitazione che saranno ricercate parole o numeri solamente nei primi 255 caratteri. Per l’uso di FileMaker e
altre informazioni premere il tasto “Guida FM”.
F ig . 1 : F ines tra Help
REQUISIT I DEL S ISTEMA
I requisiti minimi del sistema per poter accedere a PMS, e per farlo funzionare correttamente sono i
seguenti:
MacOs:
• System 7.1 o superiore
• Almeno 4 MB di ram (consigliati 8)
• Disco fisso
• Stampante laser o a getto di inchiostro formato A4
• Monitor a colori con risoluzione di 832 x 624 pixel
Windows 3.1, 95, 98, 2000, NT:
• Processore Intel compatibile 486/33 o superiore
PMS SYSTEM
365
• Almeno 8 MB di ram
• Disco fisso
• Stampante laser o a getto di inchiostro formato A4
• Monitor a colori con risoluzione di 832 x 768 pixel, migliaia di colori
Informazioni sulla memoria per computer MacOs PowerPC®Per i sistemi Macintosh® PowerPc®, é
consigliabile attivare dal pannello di controllo, nel controllo memoria, la memoria virtuale. Fare click sulla
opzione indicata, dopodiché fare click su “Default” per auto-impostare la memoria in modo ottimale.
INSTALLAZIONE DEL PROGRAMMA ED UT ILIZZO IN RETE
L’installazione del programma é molto semplice: è sufficiente copiare i files della soluzione in una
cartella e fare doppio click sul file principale.
Ecco gli “step” da effettuare passo per passo:
Utenti sia MacOs che Windows:
• Creare una nuova cartella sul disco rigido (es: PMS)
• Inserire i dischetti in dotazione o il CD rom nel computer;
• Fare doppio click sull’icona del dischetto sulla scrivania;
• Copiare tutto il contenuto del dischetto nella nuova cartella da Voi creata;
• Ripetere l’operazione con gli eventuali altri dischetti;
• Fare doppio click sull’icona del file principale (“Menu.fp5): si apriranno tutti i files della soluzione.
Uso in rete di PMS:
È possibile utilizzare la soluzione PMS in rete, sia condividendo i files da un computer, sia attraverso
FileMaker Server.
Per l’utilizzo in rete della soluzione consultare la guida FM, facendo click sul tasto “Guida FM”.
ATTENZIONE!
Il computer su cui sarà installato PMS, nel caso di suo utilizzo in rete, costituirà il “server” di rete, e
pertanto dovrà essere acceso in modo da avviare PMS e i relativi files da condividere PRIMA che gli altri
“client” si colleghino.
Per aprire il software come client da computer esterni collegati in rete, procedere come segue:
PROJECT MANAGEMENT
366
• Avviare PMS dal computer server in modalità multiutente
• Avviare FileMaker Pro 5
• Dal menu “File” scegliere la voce “Apri”
• Dalla finestra di “File-Apri”, fare un click sul pulsante “HOST”
• Nell’elenco dei files selezionare “menu.fp5” e premere “OK” o fare doppio click sul nome
stesso.
• Ora siete nel menu di PMS
Prima di chiudere PMS dal server, occorre che i client si siano disconnessi. Per inviare un avviso ai
client al fine di disconnettersi e chiudere la soluzione, provare a chiudere PMS dal server. FileMaker ci dirà
quanti client sono ancora connessi (con i relativi nomi), e ci chiederà se inviare loro un messaggio di
chiusura o meno.
IMPOSTAZIONI DI BASE DELLA SOLUZIONE: PREFERENZE DEL MENU
Per poter utilizzare correttamente PMS, occorre impostare una serie di dati di base di cui esso si
serve:
• Impostazioni da menu principale: PREFERENZE.
• Scegliere il tasto “Preferenze” dal menu principale.
• La maschera delle preferenze di PMS contiene i seguenti campi da compilare, al fine di
personalizzarlo;
• Logo: eventuale logo in formato immagine (JIF, JPEG, TIFF...) del Ser.D. o dell’ unità operativa;
• Denominazione: denominazione estesa del Ser.D. che apparirà sui report degli indici;
• Indirizzo: indirizzo del Ser.D. che apparirà sui report degli indici;
• Località, Cap, Prov.: località, cap e provincia in cui è ubicato il Ser.D. che apparirà sui report degli
indici;
• Tel, Fax, Web, Email: dati aggiuntivi riportati nei report di PMS.
SOGLIE DEI PIANI DI VALUTAZIONE:
Questa sezione contiene due campi indicanti i limiti superiore e inferiore di affidabilità, sulla base dei
quali PMS definisce l’affidabilità del piano di valutazione riferibile al raggiungimento degli obiettivi di progetto
rispettivamente alta, media o bassa.
Inserendo nel campo “affidabilità alta” un valore come 70%, e “affidabilità bassa” 30%, si vuole definire
che gli obiettivi di progetto raggiunti o meno sono giudicabili:
PMS SYSTEM
367
• altamente affidabili se e in quanto il numero di indicatori effettivamente usati rispetto a quelli
dichiarati inizialmente è superiore o uguale al 70%;
• di affidabilità bassa se e in quanto il numero di indicatori effettivamente usati rispetto a quelli
dichiarati inizialmente è inferiore o uguale al 30%;
• di affidabilità media nei casi tra 30% e 70%.
I L MENU PR INCIPALE: LAVORO
TASTI DI NAVIGAZIONE
Per tornare al Menu, premere il tasto “LAVORO”.
Per aprire la presente guida premere il tasto “HELP”.
Dal menu principale si può accedere ai files del Data Base PMS in modo logico ed intuitivo, ed nelle
finestre di ogni modulo della soluzione, per poi da queste entrare a livello operativo nello specifico di ogni
“argomento”.
Di seguito si illustrano le funzioni dei pulsanti:
Progetti: Permette di accedere alla lista Master Control dei progetti inseriti, o di aggiungere e/o modificare
progetti. Dal file “progetti” si può a sua volta accedere ad un singolo progetto ed alle sue parti (dati generali,
personale a contratto, obiettivi, prodotti, scadenziario amministrativo, gantt, ripartizione & cost control,
scheda finanziaria).
Contatti e nominativi: archivio di BASE (quindi contenente dati che, se variati o eliminati cambiano i dati
presenti sui progetti) contenente dati anagrafici di fornitori, personale a contratto, consulenti, ovvero di tutti
i personaggi o le società che hanno a che fare con la fornitura di beni, servizi o consulenze per ciascun
progetto inserito.
PROJECT MANAGEMENT
368
F ig . 2 : F ines tra lavoro
Per inserire una fattura o un contratto in un progetto, per esempio, occorre prima inserire almeno il
nominativo dello stesso in questo file, e poi richiamarlo nel progetto stesso.
Il file contatti può essere aperto direttamente dalle varie sezioni del file progetti, oltre che dal menu
principale.
Piano dei conti: archivio di base (vedi sopra) contenente i codici conto, i gruppi, i sottogruppi e le specifiche
attraverso cui classificare ogni voce di costo del progetto rientrante nella scheda finanziaria dello stesso.
Resoconti: il pulsante resoconti permette di accedere ad un sottomenu per la reportistica (le stampe) dei
progetti scelti in base a criteri di ricerca, o per singolo progetto.
Richieste: questo pulsante consente l’accesso al sottomenu RICHIESTE per acquisti di progetto, che
permette di generare moduli di richiesta per l’acquisto da sottoporre al vaglio della direzione per autorizzare
la spesa di un determinato progetto.
La sezione richieste, inoltre, permette a chi detiene la password di Master di autorizzare e monitorare
le richieste stesse; a chi detiene la password di Budgeting, di verificare la disponibilità economica riferita alla
richiesta e di caricarla al relativo progetto (se autorizzata dal master); a chi detiene la password di accesso
alle sole richieste di compilare e stampare i relativi moduli cartacei.
Verifica impegni: il tasto con l’icona di verifica impegni permette la ricerca di scadenze presenti nello
scadenziario amministrativo non ancora eseguite (con data esecuzione = vuota) prima della data odierna e
sino a 15 giorni successivi.
PMS SYSTEM
369
I S INGOLI MODULI DELLA SOLUZIONE: I TAST I DELLA BARRA DEI PULSANTI
Ogni modulo di PMS contiene una barra superiore (BARRA DEI PULSANTI) attraverso la quale é
possibile compiere tutte le operazioni necessarie.
La barra dei pulsanti é standardizzata in modo che, da sinistra a destra si abbiano gruppi di funzioni
ben precisi.
Ogni barra contiene più o meno funzioni a seconda delle esigenze.
In generale, le funzioni da sinistra a destra sono raggruppabili nei seguenti temi:
Navigazione: 4 tasti, ove necessario, con frecce interne che indicano, nell’ordine, primo, precedente,
successivo e ultimo record.
Ricerca: Pulsante “Trova”: premere il tasto, selezionare il campo o i campi che si vogliono trovare ed inserirvi
le iniziali o tutto il testo di ricerca, e premere nuovamente “Trova”. Se esistono record che rispondono a
quei criteri, la finestra li visualizzerà tutti (come un filtro di dati), e si potranno visualizzare con i pulsanti di
navigazione. Per rivedere TUTTI I RECORD, e non solo quelli trovati e filtrati, premere il tasto “Tutti”.
Per effettuare altre ricerche compiere nuovamente l’operazione.
Per inserire più criteri di ricerca procedere come segue:
a) premere il tasto “Trova”;
b) inserire i dati in un campo (es: in un campo data inserire “>1/1/2001”);
c) premere “Nuovo” (in questo caso funziona come “nuovo criterio di ricerca” invece che come
“nuovo record”);
d) inserire i dati nello stesso campo per la ricerca multipla (es: in un campo data inserire
“<=31/03/2001”);
e) premere nuovamente “Trova” o il tasto INVIO per effettuare la ricerca.
Per le enormi potenzialità di FileMaker su ricerche multiple, indici, simboli “jolly” per ricercare
particolari dati consultare la Guida di FileMaker richiamando la voce “Trova” o “ricerca”
Record: Pulsanti “Nuovo” (nuovo record)
Ordina: esegue l’ordinamento dei record per i campi selezionati (crescente o decrescente).
L’ordinamento funziona solo sui record selezionati (TROVATI). Per ordinare tutti i record, prima di
premere il tasto “ORDINA”, premere il tasto “TUTTI”.
Menù: in tutte le finestre vi sono i tasti per attivare il menu principale.
Report: permette l’eventuale accesso a un sottomenu per le stampe
Stampa e Chiudi (Exit): ove previsto, vi é l’opzione di stampare i dati della finestra. Chiudi (Exit) é il tasto per
nascondere la finestra del file aperto in primo piano.
PROJECT MANAGEMENT
370
Tasti con icone: per ogni listato di dati (vedi progetti, per esempio) esistono a livello di ogni record tasti
quadrati grigi con icone con raffigurato quanto segue;
Cestino: elimina (eliminare il record master, o, selezionando il record relazionato, a scelta, solo il relazionato)
(nota: il record “master” e quello principale, quello relazionato é un dato che viene visualizzato nel
“portale”, ovvero in quella “tabella” che raggruppa diversi record relazionati);
Maschera: aprire il dettaglio del record selezionato dalla lista (si passa ad un modulo);
Muoversi tra i campi: fare click col mouse nel campo da digitare, o muoverci nell’ordine di immissione
preimpostato tramite il tasto di TABULAZIONE;
Immissione delle date: nei campi data, se digitate solo il giorno, poi un trattino o una barra e il mese,
FileMaker propone automaticamente l’anno di sistema (per esempio 2002).
La logica di funzionamento dei moduli illustrati é uguale per tutti i files contenuti in PMS.
CONTATTI E NOMINATIVI
Il file CONTATTI E NOMINATIVI contiene le anagrafiche riferibili ad ogni voce di spesa o contratto
riferibile ad un progetto.
Il file in oggetto si presenta nei formati “Modulo” o “Dettaglio” (all’apertura) ed “Elenco” o “Lista”.
NUMERAZIONE DEI RECORD
Come per ogni file della soluzione PMS, “Contatti e nominativi” ha un “counter” che indica quanti
record contiene e dove siamo.
Il “counter” riporta la scritta “record x di yyy Totale: zzz”: questa scritta ci dice che siamo al record
numero “x” di un numero di record selezionati o trovati “yyy” su totali record contenuti nel file “zzz”.
PMS SYSTEM
371
F ig . 3 : Con ta tti
CAMPI DEL FILE
Codice anagrafica: contiene i dati relativi al codice del contatto. Il codice è un progressivo numerico
automatico. Non sono permesse libere immissioni di codici e/o modifiche degli stessi.
Denominazione: denominazione o ragione sociale contatto.
Indirizzo, città, cap, provincia [facoltativi]: dati anagrafici relativi al contatto.
Telefono1, fax1, telefono2, fax2, web, e-mail [facoltativi]: dati relativi ai recapiti telefonici o Internet del
contatto.
Codice fiscale, partita Iva [facoltativi]: dati fiscali del contatto.
Banca appoggio, ABI, CAB, C/C [facoltativi]: dati relativi agli estremi di pagamento del contatto.
Note: campo alfanumerico libero per note sul record.
Tasto LISTA: porta dal modulo immissione alla lista dei record.
Tasto con ICONA (maschera): porta dalla lista al modulo (formato scheda immissione) del file. Nel modulo
sarà visualizzato il record selezionato con il mouse dalla lista.
Tasto con ICONA (cestino): elimina record (richiede conferma): È possibile eliminare il record solo dalla lista.
Per eliminarlo anche dal dettaglio, selezionare dal menu di File Maker “Record” la voce “elimina record”.
Per le altre funzioni del menu di File Maker si rinvia alla guida di File Maker accessibile anche dall’Help
on Line con il tasto “Guida FM”.
PROJECT MANAGEMENT
372
P IANO DEI CONTI
F ig . 4 : Piano de i Conti
Il file PIANO DEI CONTI contiene la classificazione delle voci di costo per gruppo, sottogruppo e
specifica. Il file in oggetto si presenta nel formato “Lista”.
NUMERAZIONE DEI RECORD
Come per ogni file della soluzione PMS, “Contatti e nominativi” ha un “counter” che indica quanti
record contiene e dove siamo.
Il “counter” riporta la scritta “record x di yyy Totale: zzz”: questa scritta ci dice che siamo al record
numero “x” di un numero di record selezionati o trovati “yyy” su totali record contenuti nel file “zzz”.
PMS SYSTEM
373
CAMPI DEL FILE
Codice: contiene i dati relativi al codice del conto. Il codice è un progressivo numerico automatico. Non
sono permesse libere immissioni di codici e/o modifiche degli stessi.
Gruppo: è il gruppo di appartenenza del conto, equivalente al raggruppamento per la ripartizione della spesa
e il cost control di progetto. Sono gruppi per esempio i Beni, i Servizi, il Personale, la Segreteria.
Sottogruppo: rappresenta un raggruppamento di grado inferiore al gruppo. Per esempio per il gruppo “Beni”
possono esistere sottogruppi “beni inventariabili” e “beni non inventariabili”. Per ogni sottogruppo occorre
ripetere il gruppo di appartenenza.
Specifica: rappresenta un raggruppamento di grado inferiore al sottogruppo. Per esempio, per il sottogruppo
“Beni inventariabili” potrebbero esistere specifiche quali “> 100 euro” o “< 100 euro”. Per ogni specifica
inserita occorre ripetere sia il sottogruppo che il gruppo di appartenenza.
Tasto con ICONA (cestino): elimina record (richiede conferma). È possibile eliminare il record solo dalla lista.
Per eliminarlo anche dal dettaglio, selezionare dal menu di File Maker “Record” la voce “elimina record”.
Per le altre funzioni del menu di File Maker si rinvia alla guida di File Maker accessibile anche
dall’Help on Line con il tasto “Guida FM”.
PROGETT I. RELAZIONI E DATI GENERALI (STEP 1)
Il file PROGETTI è il fulcro di PMS, e contiene tutti i collegamenti agli altri files della soluzione.
All’interno di Progetti si possono visualizzare dati inseriti, creare nuovi record o modificare gli stessi. Il file in
PROJECT MANAGEMENT
374
oggetto si presenta nel formato “Lista Master Control”, che evidenzia i dati di sintesi generali per progetto
inserito. Facendo click con il mouse sull’etichetta “sintesi dati economico-finanziari”, si passa all’elenco dei
progetti inseriti con - in cima allo stesso - la somma dei dati economico-finanziari salienti per i progetti
selezionati (= trovati). Viceversa, facendo click nuovamente sull’etichetta “sintesi dati generali” si ritorna alla
lista di partenza.
NUMERAZIONE DEI RECORD
Come per ogni file della soluzione PMS, “Contatti e nominativi” ha un “counter” che indica quanti
record contiene e dove siamo. Il “counter” riporta la scritta “record x di yyy Totale: zzz”: questa scritta ci
dice che siamo al record numero “x” di un numero di record selezionati o trovati “yyy” su totali record
contenuti nel file “zzz”.
Per visualizzare un progetto: nei suoi dettagli, fare click con il mouse sul pulsante con l’icona maschera a
sinistra del record interessato.
Per eliminare un progetto: fare click con il mouse sul pulsante con l’icona del cestino (richiede conferma).
Questo tasto eliminerà non solo l’anagrafica progetto, ma tutti i dati collegati allo stesso (scadenze, costi,
obiettivi ecc.). Occorre quindi fare molta attenzione nell’utilizzo del medesimo.
Per creare un nuovo progetto: fare click sul tasto “nuovo”. Si entrerà subito nella finestra di dettaglio del
progetto relativa ai dati generali (step1). In questa finestra, il nuovo progetto avrà già un “ID” assegnato
(progressivo numerico): a questo punto occorre inserire il nome del progetto, la sigla (campi obbligatori), il
gruppo di appartenenza, il sottogruppo, e tutti i dati anagrafici di progetto disponibili. Il gruppo e
sottogruppo serviranno poi nella rendicontazione di più progetti per totale gruppo e sottogruppo (per
esempio progetti con più annualità, o varie edizioni dello stesso progetto). In questo modo avremo la
possibilità di inserire dati dettagliati per ogni progetto per poi vederli consolidati per sottogruppo o gruppo.
In caso il progetto sia univoco, si può omettere di compilare i predetti campi, oppure, come da noi
consigliato, si potrebbe definire gruppo e sottogruppo con la sigla del progetto stesso (purché sia univoca).
Per quanto concerne i dati generali, particolare attenzione va dedicata al finanziamento. L’importo
finanziato INCASSATO può essere ripartito sino a 5 tranches per valore o per percentuale. Premendo il
tasto “calcola”, si può ripartire il valore assegnato di progetto in base a:
• percentuali inserite su ciascuna delle 5 caselle a sinistra dei valori;
• valori assoluti inseriti direttamente nelle caselle delle tranches con calcolo del relativo
peso percentuale.
In corrispondenza all’incassato su assegnato sarà evidenziata una barra sul grafico in basso a destra
della finestra. Idem per quanto concerne i costi (percentuale impegnato su pagamenti effettuati). Per
PMS SYSTEM
375
procedere con gli altri step, premere il tasto azzurro interessato. Per tornare alla lista dei progetti, premere il
tasto “Lista”.
PROGETT I: PERSONALE A CONTRATTO (STEP 2)
Per quanto concerne lo step 2 (personale a contratto), come in ogni step successivo, la maschera di
immissione dei dati di progetto non cambia.
Nella sezione personale a contratto si vedono, in via specifica, tre campi e un portale (una lista
tabellare di dettaglio dei record correlati).
Campo “quota di budget assegnato”: un numero che riguarda il budget assegnato ai soli contratti e non a
tutto il progetto;
Campo “quota di budget impegnato”: è un numero calcolato che corrisponde alla somma algebrica dei costi
impegnati per personale a contratto inseriti nel portale sottostante;
Campo “saldo assegnato - impegnato”: la differenza tra i campi sopra descritti PORTALE personale a
contratto. Per aggiungere un nuovo item al portale, è sufficiente iniziare a inserire un codice anagrafica nella
prima riga libera dello stesso. Sarà visualizzata una lista a tendina con l’elenco dei codici e dei contatti tra cui
scegliere il nominativo. Selezionando con il mouse un nome, o premendo invio in corrispondenza di quello
scelto, apparirà il nominativo nella casella relativa. Inserire quindi funzione, data contratto, protocollo, data
inizio e data fine (facendo attenzione che le date non siano al di fuori della durata del progetto normale o
prorogata). I giorni di durata sono calcolati da PMS. Il valore del costo impegnato, infine, costituirà elemento
per il calcolo della quota di budget impegnata del progetto.
Per visualizzare in dettaglio: il file correlato contenente i record del portale: fare click sul tasto con icona
maschera.
Per eliminare un record dal portale: fare click sul tasto con icona cestino, oppure usare il menu di FileMaker
record>elimina e specificare che il record da eliminare è il correlato (il master è il progetto, nella
fattispecie).
Per inserire importi frazionati: inserire il numero di rate dal dettaglio: premere il tasto con icona maschera e
inserire nel campo RATE il numero dei frazionamenti del compenso. Apparirà l’importo della rata frazionata
sulla destra della lista. A questo punto chiudere il file con il tasto “chiudi”.
PROJECT MANAGEMENT
376
F ig . 5 : Proge t ti
F ig . 6 : Obiet ti v i e prodot ti
PROGETT I: OBIETT IVI E PRODOTTI (STEP 3)
Step 3/a - Obiettivi generali di progetto: inserire nel campo testo la descrizione degli eventuali obiettivi
generali del progetto.
PMS SYSTEM
377
Per inserire i criteri di qualità generici di progetto fare click sul tasto “criteri di qualità”. In caso esistano già,
questi saranno visualizzati, altrimenti sarà richiesto se eventualmente aggiungerne di nuovi. Se si fa click sul
tasto “SI” della finestra di dialogo, si accede al file correlato “criteri”, ove sarà evidenziato in una lista
l’obiettivo e la sigla progetto.
Per inserire un criterio digitare la descrizione dello stesso nella casella relativa, quindi assegnare un
grado di importanza (lista a tendina). Il grado di importanza potrà essere fornito da chi deve raggiungere
l’obiettivo generale. Lo score, invece, viene assegnato dal valutatore: il prodotto tra i due costituisce lo score
ponderato. Per aggiungere nuovi criteri per lo stesso obiettivo digitare NUOVO oppure DUPLICA (per
velocizzare l’immissione dati o data-entry), modificando in quest’ultimo caso ciò che differisce dal record
duplicato. La presente procedura vale anche per i criteri di qualità specifici riferiti a loro volta ad obiettivi
specifici.
F ig . 7 : Proge t to
Step 3/b - Obiettivi specifici e prodotti del progetto: in questa sezione sono inseriti due portali: uno
relativo all’inserimento degli obiettivi specifici del progetto e relativi indicatori e criteri, l’altro relativo ai
prodotti e/o servizi del progetto stesso. Concetti fondamentali sugli obiettivi e relazione tra obiettivi, attività
e fasi. Per quanto riguarda l’aspetto concettuale occorre evidenziare che per ogni progetto esistono: - un
solo obiettivo generale che a sua volta può avere più criteri di qualità generali di progetto - più obiettivi
specifici, ciascuno dei quali può avere più indicatori e più criteri di qualità. Esiste inoltre una stretta relazione
tra ogni obiettivo di progetto, e le attività e conseguenti fasi per “operazionalizzare” lo stesso (ovvero tra
l’obiettivo e la sequenza di azioni per realizzare lo stesso). Pertanto, all’interno di un progetto, l’obiettivo e il
PROJECT MANAGEMENT
378
diagramma gantt delle azioni sono collegati in modo logico e diretto. Nella soluzione PMS la sezione relativa
allo step 3/b (obiettivi specifici e prodotti) e quella relativa allo step 5 (diagramma di Gantt) sono collegate
al singolo progetto da un punto di vista relazionale. Sarà cura dell’Utilizzatore organizzare attività per ogni
fase tali per cui la data di inizio della fase e la data di fine della stessa non siano incompatibili con la data
inizio e fine dell’obiettivo a cui la fase stessa si riferisce.
INSERIMENTO OBIETTIVO SPECIFICO NEL PORTALE
Per inserire un nuovo obiettivo nel portale digitare la descrizione dell’obiettivo stesso nella prima riga
disponibile. Sarà generato automaticamente il record correlato. Per costruire obiettivi nuovi in sequenza
muoversi nel portale con il tasto TAB (→) o con il mouse. Se il numero di obiettivi inseriti è > 3, apparirà
sulla destra del portale una barra di scorrimento per scorrere le righe dello stesso.
Per visualizzare in dettaglio gli obiettivi di progetto, fare click sul pulsante con icona (maschera); per
eliminare un obiettivo, fare click sul pulsante con icona (cestino).
F ig . 8 : Re lazioni tra obie tti v i
PMS SYSTEM
379
Per ogni item inserito nel portale degli obiettivi specifici, la soluzione PMS calcola in automatico
l’affidabilità e la percentuale di realizzazione dello stesso sia dal punto di vista dell’output che dell’outcome.
La percentuale di realizzazione di un obiettivo, però, deve essere valutata in concomitanza alla sua
affidabilità.
PMS a valutazione finale verifica quanti indicatori sono stati utilizzati rispetto a quelli dichiarati. Diverso
è infatti un obiettivo di output raggiunto al 100% su un indicatore soltanto se all’inizio la misura doveva
essere valutata su quattro indicatori.
A consuntivo, nell’esempio, abbiamo un indicatore con realizzazione al 100%, sul solo 25% del
dichiarato.
Quest’ultimo 25% rientra nel calcolo della soglia di affidabilità impostata nel menu principale
(preferenze). Se la soglia minima impostata nel menu principale è pari al 30%, in questo esempio PMS
riporterà sotto OUTPUT per quell’obiettivo una affidabilità bassa (25% < 30%) e una % di realizzazione del
100%. Il valutatore dovrà quindi prendere “con prudenza” questo risultato.
Le stesse considerazioni valgono per l’outcome.
Sotto il portale, sulla destra, abbiamo un riquadro che fornisce la valutazione globale sul progetto, che
è la media dei dati di valutazione di ogni obiettivo specifico inserito.
Per inserire criteri di qualità per ogni obiettivo specifico vale quanto scritto per i criteri riferiti agli obiettivi
generali.
Per inserire indicatori e BLS per ogni obiettivo specifico, fare click sul pulsante posto nella riga del portale in
corrispondenza dell’obiettivo interessato.
Se non esistono indicatori già inseriti, apparirà una finestra che ci chiederà se inserirne uno nuovo o
meno.
Facendo click su “SI”, si apre la finestra degli indicatori per obiettivo specifico.
Nelle colonne Indicatori Output ed Outcome inserire la descrizione del nuovo indicatore inserito.
Per ogni indicatore si possono inserire dati attesi (riga 1), osservati (riga 2), di cui PMS calcolerà il
relativo scostamento (riga 3).
Inserendo la data inizio e la data fine, PMS calcola la durata in giorni.
A destra esistono due colonne che contengono i BLS (Base Line Standard) per indicatore, sia per
output che per outcome.
Il BLS outcome può essere inserito nella relativa casella, mentre quello di output occorre “aprire” la
colonna con un click del mouse sul relativo campo, o sul tasto con la freccia.
Le colonne diventeranno 12. Possiamo inserire dati per dodicesimi, oppure un dato solo in una casella
qualsiasi.
Si può anche inserire il totale del BLS di output nella prima casella (delle 12 verdi) a sinistra e fare click
sul tasto “rip” (riporta) per “spalmare” il totale per dodicesimi.
PROJECT MANAGEMENT
380
Possiamo infine inserire note per l’indicatore, e premere il tasto a destra “inserisci criteri” per aggiungere
direttamente uno o più criteri collegati direttamente.
Per eliminare il record premere il tasto con icona (cestino) in corrispondenza dell’indicatore interessato.
Per aggiungere nuovi indicatori premere “nuovo” o “duplica”, come per la procedura illustrata dei criteri.
Per tornare ai progetti premere “chiudi”.
Per inserire nel portale “prodotti o servizi da realizzare”, procedere come per il portale “obiettivi dichiarati”,
compilando ogni campo interessato. Per visualizzare il file correlato premere il tasto con icona (maschera),
mentre per eliminare il record premere il tasto con icona (cestino) in corrispondenza dell’item interessato.
PROGETT I. SCADENZIARIO AMMINISTRATIVO (STEP 4)
La videata relativa allo step 4 (scadenziario amministrativo) funziona come una mini-agenda di
progetto.
Nella sezione relativa allo scadenziario, in alto a sinistra, sono ripetute le date di scadenza e di proroga
del progetto, per agevolare la loro visualizzazione senza ritornare nei dati generali (step1).
Sulla destra si trova un pulsante con icona “verifica impegni” che svolge le medesime funzioni di quello
riportato sul menu principale, ovvero:
permette la ricerca di scadenze presenti nello scadenziario amministrativo non ancora eseguite (con
data esecuzione = vuota) prima della data odierna e sino a 15 giorni successivi.
Al di sotto di questi due campi rinveniamo un portale con progressivo impegni, descrizione impegno,
data scadenza, data proroga, data realizzazione, referente, note.
Per visualizzare il file correlato e per aprire l’agenda premere il tasto con icona (maschera), mentre per
eliminare il record premere il tasto con icona (cestino) in corrispondenza dell’item interessato.
Inserendo una data di realizzazione appare un pallino arancione, che ci indica che l’impegno è eseguito.
Questo impegno e tutti gli altri già eseguiti non saranno trovati dalla procedura “verifica impegni” sopra
descritta in quanto non sono più da realizzare.
PMS SYSTEM
381
F ig . 9 : S cadenziar io amminis tra ti vo
ACCEDERE ALL’AGENDA- PLANNING SETT IMANALE SCADENZE PROGETTI
Premendo il tasto con icona (maschera) si apre il dettaglio dell’impegno inserito, partendo dal primo
del portale.
Possiamo in questa sede eseguire ricerche di impegni per uno o più progetti in base a criteri di ricerca
specifici, oppure possiamo vedere un prospetto settimanale facendo click con il tasto “Week Plan”, che ci
farà accedere ad una videata divisa per 7 giorni, ove sono riportati 7 portali che fanno vedere al loro interno
per ogni giorno l’elenco degli impegni. Gli impegni contraddistinti da pallino arancione sono eseguiti, gli altri
sono da eseguire.
Per visualizzare un impegno elencato da un portale, fare click con il mouse sullo stesso. Sarà
visualizzata la pagina contenente i dettagli dell’impegno stesso.
Per procedere nella settimana successiva (per numero settimana) fare click sul tasto in posizione
centrale in alto alla finestra con freccia a destra; per la settimana precedente fare click sul tasto con freccia a
sinistra.
PROGETT I. GANTT AZIONI (STEP 5)
Per costruire un diagramma Gantt, premere il pulsante relativo allo step 5 del dettaglio di progetto.
Questa sezione contiene un portale che per ogni riga (item) riporta azioni del Gantt stesso.
PROJECT MANAGEMENT
382
Per aggiungere una azione: sotto la colonna “Fase” del portale fare click con il mouse nel primo
campo vuoto disponibile ed inserire dalla lista a tendina un progressivo di fase (fase 1, 2,.valutazione).
Il diagramma ordinerà le fasi in ordine crescente di fase.
Sotto la colonna “crd” fare click sul relativo campo se l’attività è una attività CARDINE per il progetto.
Rifacendo click si deselezionerà l’opzione.
Inserire data inizio e fine azione, rispettivamente, per i dati preventivi (riga 1 dell’item) e consuntivi
(riga 2 dell’item).
PMS verificherà se la data inizio inserita è all’interno delle date di progetto (data inizio-data fine o data
inizio-data proroga) e calcolerà i giorni di durata tracciando il grafico PREVENTIVO (P).
F ig . 10: Cos truzione de l Diagramma di Gantt
Procedere allo stesso modo per la seconda riga, riferita ai dati consuntivi (C).
Per visualizzare il file correlato premere il tasto con icona (maschera), mentre per eliminare il record
premere il tasto con icona (cestino) in corrispondenza dell’item interessato.
Dal file correlato potrete esportare i record per visualizzarli per esempio su Excel.
A tal proposito, leggere la sezione sulle esportazioni di dati da PMS di questo manuale.
PMS SYSTEM
383
PROGETT I. R IPART IZ IONE & COST CONTROL IMPEGNI E L IQUIDAZIONI - (STEP 6)
Lo step 6 di progetto è articolato in 4 fasi:
• Ripartizione e cost control (6/a).
• Impegni assunti (6/b).
• Inventario ricevimenti (6/c).
• Liquidazioni e saldi (6/d).
F ig . 11: Ripartiz ione & Cos t con tro l : impegni e l iqui dazioni
Ogni fase viene riportata per comodità su diverse finestre.
Lo step 6 rappresenta la parte di vero e proprio project accounting della soluzione PMS.
Per ogni sezione dello step 6, prima dei portali di riferimento, nella parte superiore, si riportano dati
economico-finanziari di sintesi del progetto ovvero:
- finanziamento assegnato (da ENTE FINANZIATORE);
- finanziamento impegnato (somma impegni di spesa del progetto);
- finanziamento liquidato (somma pagamenti delle fatture ricevute);
- finanziamento residuo ancora disponibile (assegnato - pagato).
I campi numerici contengono due decimali dopo la virgola per l’utilizzo dell’Euro nel sistema.
PROJECT MANAGEMENT
384
RIPARTIZIONE E COST CONTROL
In questa sezione abbiamo un portale con duplice funzione: ripartizione preventiva del finanziamento
per i gruppi di conti (= gruppi inseriti nel piano dei conti) e cost-control (saldi per gruppo di conto riferiti a
impegni, liquidazioni, consuntivi, etc.).
Per ripartire i gruppi di spesa a inizio progetto, fare click sul portale sulla prima riga disponibile nella
colonna “gruppo”.
Apparirà una lista a tendina con l’elenco dei gruppi dal piano dei conti.
Se manca il gruppo interessato, fare click sul pulsante CONTI e aggiungere uno o più nuovi conti con
il nuovo gruppo (1° colonna), dopodiché fare click sul tasto chiudi e ripetere l’immissione sul portale del
nuovo gruppo così inserito.
Sotto la colonna “importo assegnato” inserire il valore ripartito. Procedere allo stesso modo fino a
completa ripartizione.
Sotto il portale sarà costantemente evidenziato il residuo da ripartire o l’eventuale sforamento di
ripartizione del finanziamento rispetto all’assegnato.
Le altre colonne a destra sono calcolate da PMS a consuntivo in base alla progressiva alimentazione
dei dati nel corso dell’evolversi del progetto.
IMPEGNI ASSUNTI
Il portale presente in questa sezione viene ripetuto nelle sezioni c (inventario ricevimento) e d
(liquidazioni e saldi), ma con colonne diverse.
Ogni item inserito viene ripetuto nello stesso ordine nelle tre sezioni, con possibilità di inserire dati nei
relativi campi o meno, ma con lo scopo preciso di avere sulla stessa linea tutti i dati rilevanti ai fini del cost-
control di progetto.
PMS SYSTEM
385
F ig . 12: Impegni assun ti
Facendo click sul pulsante con icona (maschera) in corrispondenza di ogni item del portale, sarà
aperto lo stesso dettaglio riportante in una finestra tutti i dati relativi all’item stesso e a tutti quelli inseriti per
quel progetto (ovvero elencati nei portali delle sezioni b/c/d).
Il portale IMPEGNI (6/b) riceve dati in tre modi:
• Immissione diretta dell’item: inserendo codice conto, descrizione voce di spesa, fornitore, etc…
• Importazione da contratti del progetto scelti (1 item per ogni rata) facendo click sul pulsante
“Importa da contratti” e scegliendo quale contratto importare facendo click con il mouse sotto
la colonna “OK”, premendo “Continua”, e completando l’immissione del codice conto (non
presente nella procedura “personale a contratto”). Non occorre inserire importo approvato.
• Importazione da richieste approvate o esportazione dalle richieste approvate ai vari progetti e
integrazione dei dati (codice conto ecc...). Non occorre inserire l’importo approvato.
In ogni caso la descrizione della voce di spesa può già essere stata inserita in altri progetti, e quindi può
già avere un conto assegnato.
Per evitare di ripetere l’assegnazione del conto per voci di spesa già inserite in altri progetti, fare click
sulla freccia blu sul portale in corrispondenza della colonna “descrizione voce di spesa” e verificare se nella
lista delle voci già inserite appare quella interessata. Se non appare, annullare.
Se invece appare, fare click su “incolla”: sarà inserita la descrizione ed il relativo codice conto
corrispondente.
PROJECT MANAGEMENT
386
La valorizzazione dell’importo va inserita nella colonna “da approvare”, mentre quello approvato va
inserito se la direzione ha acconsentito alla spesa.
In caso di ripartizione per voci di conto non coerenti con la ripartizione dei gruppi, sotto il portale
apparirà un avviso di errore in rosso. In tal caso occorrerà verificare nello step 6/a le cause e riassegnare i
codici corretti di conto per ogni impegno di spesa.
Gli item da inserire sono, come unità minima di dettaglio, riferibili ad ogni fattura da ricevere.
INVENTARIO RICEVIMENTI
Il portale della sezione dello step 6/c è lo stesso del 6/b, come già evidenziato.
In questa sezione, scorrendo gli items del portale già inseriti come impegni, occorre aggiornare i dati
relativamente ai ricevimenti e ai protocolli inventario.
Lo stesso si può fare facendo click sul pulsante con icona (maschera) a sinistra delle righe del portale,
accedendo all’intera storia dell’item.
ATTENZIONE! se si elimina con il pulsante con icona (cestino) un item dal portale, si eliminerà anche
il relativo impegno e la relativa fattura inserita (ed eventuale pagamento).
F ig . 13: Inventar io r i cev imenti
PMS SYSTEM
387
F ig . 14: L iqui dazione e sa l di
LIQUIDAZIONI E SALDI
Il portale della sezione dello step 6/d è lo stesso del 6/b, come già evidenziato.
In questa sezione, scorrendo gli items del portale già inseriti come impegni, occorre aggiornare i dati
relativamente alle fatture ricevute e ai pagamenti effettuati.
Lo stesso si può fare facendo click sul pulsante con icona (maschera) a sinistra delle righe del portale
accedendo all’intera storia dell’item.
ATTENZIONE! se si elimina con il pulsante con icona (cestino) un item dal portale, si eliminerà anche
il relativo impegno e i relativi dati di ricevimento e codici inventario.
CONTRACT GENERATOR
Per generare automaticamente contratti per anno di competenza su contrattisti, Project Management
System possiede una procedura automatica (simile ad una autocomposizione) che permette, per ogni
Nominativo inserito, di caricare contratti in base alla disponibilità della voce “PERSONALE” per progetto.
Procedere come segue:
• Dal menu principale, fare click sul tasto “CONTRACT GENERATOR”.
• Apparirà una finestra ove selezionare un nominativo da una lista a tendina. Se non presente, fare
click su “indietro”, inserire un nuovo contatto nella sezione contatti e ripetere i passi.
PROJECT MANAGEMENT
388
F ig . 15: Gene razione con tra tti
Inserire anche l’anno per cui si desiderano cercare i progetti con finanziamenti disponibili.
PMS cercherà progetti con voce DISPONIBILE sotto il gruppo del piano dei conti PERSONALE che
sia maggiore di zero per l’anno richiesto.
A tal proposito si tenga presente che:
• La voce DISPONIBILE per il PERSONALE viene generata nella sezione 6/a (ripartizione e cost
control) richiamando la voce PERSONALE.
• La voce DISPONIBILE viene calcolata sul residuo disponibile in base alla differenza tra assegnato
alla voce personale meno impegnato (ma ancora da approvare) per il personale.
• La voce impegnato per personale sul progetto è data dalla somma degli impegni da approvare
riferiti allo stesso che abbiano un CODICE CONTO il cui gruppo di appartenenza è
“PERSONALE”, per cui in sede di impostazione del piano dei conti, tutte le voci di spesa riferibili
ai contrattisti devono necessariamente avere come gruppo la dicitura testuale “PERSONALE”.
• L’anno di riferimento viene calcolato da PMS come l’anno della data FINE PROGETTO oppure
di DATA PROROGA (qualora presente). Se un progetto inizia in data 1/1/2001 ma finisce in
data 31/12/2002, l’anno di competenza sarà il 2002 E NON il 2001.
L’anno di riferimento del contratto sarà l’anno della data fine contratto.
PMS SYSTEM
389
F ig . 16: Gene razione con tra tti se conda fase
Facendo click sul pulsante “Avanti”, PMS importerà contratti (se presenti) dai progetti trovati. Se non
trova progetti disponibili sarà visualizzato un messaggio di errore.
Nella lista del contrattista sono presenti tante righe quanti sono i progetti su cui creare nuovi contratti.
Se nell’anno precedente vi sono stati anticipi, saranno visualizzati i relativi contratti anticipati.
PMS caricherà come nuovi contratti quelli che avranno valore “IMPEGNATO” maggiore di zero
(esclusi gli anticipati dell’anno precedente).
Per nuovi anticipi fare click sulla casella “Anticipo”, e sarà calcolato l’anno successivo come
competenza del contratto.
Premere “FINE” per generare i nuovi contratti.
Ripetere l’operazione per ogni contrattista.
R ICHIESTE DI ACQUISTO
Per accedere al menu richieste, dal menu principale fare click sul pulsante Richieste.
Apparirà una finestra con tre tasti:
• Modulo richieste (input)
• Lista budgeting (carico a prg).
• Lista master (benestare).
A seconda della password in possesso, l’utilizzatore accede alle diverse sezioni:
• Password Master: accesso a tutte e tre le sezioni.
• Password Budgeting: accesso a Modulo richieste e lista Budgeting.
• Password solo richieste: solo modulo richieste.
PROJECT MANAGEMENT
390
Per aggiungere una nuova richiesta e stamparla fare click sul tasto “modulo richieste (input)” e fare click
su “Nuovo”.
Richiamare il progetto su cui effettuare la richiesta, e compilare tutti i campi della maschera.
In particolare, per quanto concerne la lista a tendina “Preponente”, se sprovvista del nominativo di chi
la inserisce, occorre selezionare “Modifica...” dalla lista stessa, inserire nell’ultima riga il proprio nome (per
andare a capo premere invio), chiuderla con OK e selezionare il nominativo stesso appena inserito.
Dopo aver inserito l’importo in euro, se il valore sfora dalla disponibilità di progetto sarà visualizzato
“NO” dal campo “possibilità di spesa”, altrimenti “SI”.
Se manca il fornitore di riferimento, fare click su contatti ed inserirne uno nuovo, dopodiché
richiamarlo dalla relativa lista a tendina.
Per stampare la richiesta premere “stampa”: dopo aver visualizzato l’anteprima premere “Continua” e
procedere a stampare o meno le pagine selezionate.
Per i modi anteprima e stampa di FileMaker Pro consultare la guida con il tasto “Guida FM” presente
su questo Help on Line.
Per approvare una richiesta (MASTER) fare click sul tasto Lista Master [benestare].
Si evidenzierà una lista delle sole richieste da approvare, se presenti, altrimenti apparirà un messaggio.
Per vedere altre richieste, utilizzare la ricerca o i tasti di ricerca rapida (in rosso).
Per approvare una richiesta premere il tasto “OK si/no” a sinistra dell’item interessato.
Per caricare a progetto una richiesta (BUDGETING) fare click sul tasto Lista Budgeting [benestare].
Si evidenzierà una lista delle sole richieste da approvare da caricare a progetto, altrimenti apparirà un
messaggio.
Per vedere altre richieste, utilizzare la ricerca o i tasti di ricerca rapida (in rosso).
Per caricare ogni richiesta a progetto, premere il tasto “carica su prg”, e procedere alla assegnazione del
codice conto sul portale degli impegni di progetto, dopodiché chiudere la finestra del progetto con il tasto
“chiudi”.
PROGETT I: REPORTING
Facendo click sul tasto “Resoconti” nel menu principale o “Report” all’interno di ogni finestra del file
Progetti di PMS, si accede ad un sottomenu per le stampe relative ai progetti.
In questo menu esiste la possibilità di eseguire stampe su gruppi di progetti ricercati in base ai criteri di
scelta selezionati, oppure su un singolo progetto.
Da questa sezione del programma PMS si può anche generare un file di Word non formattato, per
singolo progetto, che predisponga una relazione sulla fase di valutazione finale del progetto, che potrà poi
PMS SYSTEM
391
essere modificata a piacimento nei contenuti, nei formati ecc..., senza doversi scrivere manualmente i dati
estratti da PMS.
• Navigazione
• Premere il tasto Menu per tornare al menu principale.
• Premere il tasto Progetti per tornare alla lista Master Control dei Progetti
• Premere la scritta azzurra ?HELP per aprire questa guida OnLine
• Come faccio a selezionare gruppi di progetti per le stampe?
• Seguire i passi raffigurati nella finestra:
• 1° scegliere lo stato dei progetti da selezionare (tutti, solo in corso, solo conclusi)
• 2° scegliere, all’interno del gruppo sopra selezionato, se si vogliono stampare: tutti i progetti,
solo un progetto (per sigla), solo per gruppo, per sottogruppo, con responsabile tecnico
specificato, con responsabile gestionale specificato.
Per quanto concerne i report per anno (controllo contratti e Stato avanzamento progetti) occorre
semplicemente digitare l’anno nella casella e fare click sul relativo pulsante.
Per stampare gruppi di progetti sulla base dei criteri di ricerca selezionati, si possono utilizzare i seguenti
tasti:
• “Master control Eco-Fin”: report con dati economico-finanziari di progetto sintetico.
• “Master control grafico”: report con grafici a barre raffiguranti la sintesi delle percentuali
incassate/assegnate e pagate/impegnate.
• “Cost control progetti”: report conto economico di sintesi per gruppo del piano dei conti.
• “Master control Obiettivi”: report di sintesi per obiettivi raggiunti ed affidabilità su più progetti
selezionati.
• “Budget contratti”: report per verificare per anno la ripartizione del personale a contratto.
• “Stato avanzamento progetti”: report di sintesi sui dati essenziali di avanzamento dei progetti.
PROJECT MANAGEMENT
392
F ig . 17: Report proge tti
Quali sono i tasti per effettuare stampe su un solo progetto in analitico?
I resoconti analitici fanno riferimento solo alla SIGLA progetto inserita nei criteri di scelta sotto il
numero 2 (solo il progetto con sigla) e sono i seguenti:
• “Analitico” (solo per sigla): Report dettagliato per step di progetto.
• “Esporta Word” (solo per sigla): esportazione in Word del piano di valutazione del
progetto da modificare su Word.
IMPORTARE I DATI DA F ILES ESTERNI A PMS
È possibile importare i dati in un file esistente di PMS da un altro file o da un’altra applicazione. I
record importati divengono il gruppo individuato.
Quando si esegue l’importazione, è possibile aggiungere nuovi record oppure sostituire o aggiornare i
dati esistenti.
Per aggiungere, sostituire o aggiornare i record:
1. Se si sostituiscono o si aggiornano i dati:
PMS SYSTEM
393
a) Eseguire una copia di backup del file in cui si esegue l’importazione. È opportuno tenere presente
che, con la sostituzione e l’aggiornamento, i dati del file vengono sovrascritti e che questa operazione non
può essere annullata.
b) Vedere Sostituzione di dati durante l’importazione o Aggiornamento dei record con i dati di un
altro file.
2. Se si importano record da un file di PMS, verificare che il gruppo individuato in tale file contenga
solo i record da aggiungere, sostituire o aggiornare.
3. Aprire il file di PMS nel quale si desidera importare i record.
a) Se si sostituiscono dati nel file, verificare che il gruppo individuato contenga solo i record da
modificare. Ordinare i record in modo che i dati del record corretto del file di origine sostituiscano i dati in
ciascun record del file di destinazione.
b) Se si aggiornano record, verificare che il gruppo individuato contenga solo i record da aggiornare. I
record non presenti nel gruppo individuato non verranno aggiornati, anche se i dati del campo di confronto
corrispondono.
4. Nel modo Usa, scegliere menu File > Importa record.
5. Nella finestra di dialogo Apri file, in Tipo file (Windows) o Mostra (Mac OS), scegliere un tipo di file
per limitare la scelta oppure scegliere Tutti i file per visualizzare tutti i file della cartella corrente che è
possibile importare.
6 .Selezionare il nome del file da importare, quindi fare clic su Apri.
7. Se si importa un file di Microsoft Excel contenente più fogli elettronici, viene visualizzata la finestra di
dialogo Seleziona foglio elettronico. Selezionare il foglio di lavoro da importare, quindi fare clic su OK.
8. Se si importa un file di Microsoft Excel, viene visualizzata la finestra di dialogo Opzione per la prima
riga. Stabilire se i dati nella prima riga del file sono nomi di campo o dati.
9. Nella finestra di dialogo Specifica l’ordine di importazione, eseguire le tre operazioni che seguono
prima di fare clic su Importa.
Inoltre, le operazioni seguenti possono essere eseguite in qualsiasi momento prima di fare clic su
Importa:
Per visualizzare i dati nel file da cui si esegue l’importazione (facoltativo): fare clic sulle frecce Scansione
dati per visualizzare i dati in ciascun record.
Per creare, modificare o eliminare un campo nel file in cui si esegue l’importazione (facoltativo): fare clic su
Definisci i campi. Nella finestra di dialogo Definisci i campi, apportare le modifiche, quindi fare clic su Esci. Se
si esegue l’importazione in un file condiviso, i campi possono essere creati solo dall’host. Se un pulsante
appare disattivato, i privilegi di accesso non consentono la definizione dei campi.
10. Nella finestra di dialogo Specifica l’ordine di importazione, scegliere il tipo di importazione da
eseguire.
PROJECT MANAGEMENT
394
Scegliere le seguenti opzioni:
• aggiungi nuovi record: per aggiungere nuovi record alla fine del file in cui si esegue
l’importazione;
• sostituisci i valori nei record selezionati: per sostituire i dati del file con i dati del file di origine, in
ordine a partire dal primo record di ciascun file;
• aggiorna i record che corrispondono ai record selezionati: per aggiungere record del gruppo
individuato del file di origine che non presentano record corrispondenti nel database di
destinazione, selezionare anche Record ancora da aggiungere per aggiornare i dati nel gruppo
individuato di questo file con i dati dei record corrispondenti nel file dal quale si esegue
l’importazione.
11. Nella finestra di dialogo Specifica l’ordine di importazione, allineare ciascun campo nella lista Campi
in con i dati o il campo che si desidera importare o confrontare per l’aggiornamento dell’importazione.
I dati a sinistra non allineati con un campo a destra non verranno importati. I nomi di campo disattivati
visualizzati a destra corrispondono a campi Calcolato, Riassunto o Globale che non accettano dati importati.
Per riordinare contemporaneamente tutti i campi nella lista Campi in: scegliere un’opzione nella lista In
ordine.
Per elencare i campi per:
• nomi corrispondenti, scegliere di nomi corrispondenti. (Se si importa da un formato di file
che memorizza i nomi dei campi, come FileMaker Pro, Microsoft Excel, DBF, DIF o
Merge);
• l’ordine utilizzato l’ultima volta in cui sono stati importati dati con PMS in questo file,
scegliere ultimo;
• l’ordine con cui sono stati creati i campi, scegliere di creazione;
• nome in ordine alfabetico, scegliere alfabetico;
• i tipi di campo, scegliere di tipo di campo;
• un ordine personalizzato (creato trascinando i nomi di campo), scegliere di importazione.
Per spostare un campo in alto o in basso nella lista Campi: spostare il puntatore sopra il nome di un
campo nella lista Campi in. Quando il puntatore assume la forma di una doppia freccia, trascinare il nome
nella nuova posizione.
12. Nella finestra di dialogo Specifica l’ordine di importazione, impostare ciascuna coppia di campi (del
punto precedente) su importa, non importare, oppure confronta i campi per l’aggiornamento
dell’importazione.
PMS SYSTEM
395
Se il simbolo tra i campi di ciascuna coppia non è quello desiderato, fare clic una o due volte finché
non appare quello corretto.
Per importare i dati a sinistra nel campo a destra: il simbolo è una freccia.
Per impedire l’importazione dei dati a sinistra: il simbolo nullo (Ø)
Per specificare i campi di confronto per l’aggiornamento dell’importazione: il simbolo è: una freccia a due
punte.
13. Fare clic su Importa.
14. Se viene visualizzata la finestra di dialogo Opzioni di importazione, selezionare le opzioni, quindi
fare clic su OK.
Questa finestra di dialogo viene visualizzata se il file contiene campi che inseriscono automaticamente i
dati o se si aggiungono record e si importano dati da un file di FileMaker Pro con campi multipli.
Per inserire automaticamente nuovi dati nei campi definiti con le opzioni di immissione automatica:
selezionare Esegui le opzioni proposte durante l’importazione.
Se si seleziona questa opzione e si esegue l’importazione nei campi impostati per l’immissione
automatica del nome dell’autore, dell’ora e della data di modifica o dei valori di riferimento, i dati immessi
automaticamente sovrascrivono i dati del file di origine nei relativi campi.
Per specificare il tipo di importazione dei dati dai campi multipli: eseguire questa operazione:
• selezionare un singolo record per mantenere i campi come campi multipli;
• selezionare in record distinti per importare ciascun valore multiplo in un record distinto.
Se, ad esempio, un record del file di origine contiene valori in tre ripetizioni, vengono
importati tre record identici eccetto che nei valori nei campi multipli. Utilizzare questa
opzione per utilizzare valori singoli nei campi multipli (ad esempio, per ordinarli o
riassumerli).
Per interrompere l’importazione, premere Esc (Windows) o Comando-punto (Mac OS). Per eliminare
in modo permanente i record già importati, scegliere menu Record > Elimina tutti i record.
Note e suggerimenti:
• record importati divengono il gruppo individuato. Dopo l’importazione, controllare i dati
nel gruppo individuato.
• Se si sostituiscono o si aggiornano i record, verificarne la correttezza prima di eliminare la
copia di backup del file.
• I dati importati non vengono convalidati.
(testo rielaborato tratto dalla guida di FileMaker Pro [sezione “Importa record - comando”])
PROJECT MANAGEMENT
396
ESPORTAZIONE DI DATI DA PMS
È possibile esportare dati di PMS in un nuovo file e quindi aprirlo in un’altra applicazione.
Per esportare dati di PMS da utilizzare in un’altra applicazione:
1. Aprire il file di PMS, quindi individuare e ordinare i record che si desidera esportare. Se si desidera
esportare dati relativi a riassunti parziali, includere il campo di separazione nei criteri di ordinamento oppure
eseguire il resoconto per la generazione dei subtotali desiderati.
2. Scegliere menu File > Esporta record.
3. Nella finestra di dialogo visualizzata, digitare un nome e selezionare una posizione per il file.
Importante: se nella stessa posizione è già esistente un file con lo stesso nome, questo verrà sostituito
dal nuovo file.
4. Scegliere un tipo di file nella lista Salva come (Windows) o Tipo (Mac OS), quindi fare clic su Salva.
Utilizzare un formato di file supportato dall’applicazione nella quale si prevede di utilizzare i dati
esportati.
5. Nella finestra di dialogo Ordine dei campi per l’esportazione, specificare la modalità di esportazione
da utilizzare in PMS.
Per includere un campo nell’esportazione: fare doppio clic sul nome del campo per spostarlo nella lista
Sequenza.
Per esportare tutti i campi, fare clic su Sposta tutti.
Per includere un campo correlato nell’esportazione: scegliere una relazione nella lista delle relazioni,
quindi spostare i campi nella lista Sequenza. È possibile includere i campi correlati prima, dopo o tra i campi
del file master.
Per impedire l’esportazione dei dati di un campo: selezionare un campo nella lista Sequenza, quindi fare
clic su Cancella.
Per portare tutti i campi fuori dalla lista, fare clic su Canc tutti.
Per modificare l’ordine di esportazione dei campi: nella lista Sequenza, portare il puntatore a sinistra del
nome del campo affinché assuma l’aspetto di una freccia a due punte, quindi trascinarlo verso l’alto o il
basso.
Per utilizzare un set di caratteri diverso nel file esportato (solo Windows) scegliere un’opzione nella lista
a discesa Carattere.
Per esportare valori del riassunto complessivo o parziale: includere un campo Riassunto nella lista
Sequenza.
Le impostazioni specificate per l’ultima esportazione del file sono memorizzate in PMS.
6. Selezionare un’opzione per la formattazione dei dati esportati:
PMS SYSTEM
397
Fare clic su Nessuna formattazione per esportare i dati esattamente come sono stati digitati nel
campo (ad esempio, esportare 3.7 anche se il campo è formattato per la visualizzazione nel formato
corrente come L. 3.700).
Fare clic su Formattazione corrente per utilizzare la formattazione del campo Numero, Data e Ora
specificata per i campi inclusi nel formato corrente. I simboli e altri valori non numerici vengono esportati
come testo. Ad esempio, esportare L. 3.700 se il campo è formattato per questa visualizzazione nel formato
corrente, anche se il campo contiene in realtà il valore Non è possibile selezionare questa opzione per i
formati SYLK, DBF o DIF.
7. Fare clic su Esporta.
Per utilizzare un file esportato aprire un’applicazione in grado di leggere il formato del file, quindi
aprire il file.
(testo rielaborato tratto dalla guida di FileMaker Pro [sezione “Esporta record - comando”])
LE COPIE DEI LAVORI DI BACKUP E ALTRE CAUTELE
Si consiglia vivamente di effettuare copia di backup dei dati ogni giorno (tutti i files di PMS) e
ogniqualvolta si intendano modificare i suoi “archivi di base”, come i files di anagrafica contatti, piano dei
conti, etc...
Un archivio di base è un file contenente dati utilizzati da altri files. Per esempio, l’archivio di base
“Piano dei conti” è utilizzato da Costi, Progetti, Contratti, etc.
Se si devono modificare i dati da un archivio di base, è consigliabile aggiungere un nuovo record, e
NON eliminare o modificare un record già inserito, perché lo stesso potrebbe essere stato utilizzato nella
immissione di dati in altri files, e potremmo perdere i dati correlati.
Per quanto concerne il backup dei dati, se non si dispone di unità di backup (es: Iomega® Zip®),
occorre copiare ogni suo file in più dischetti (al limite comprimendo i files con apposita utilità di sistema)
Procedere come segue:
Utenti MacOs:
Comprimere i files oppure copiare ogni file su più dischetti sino a capienza (vedere la dimensione del
file selezionando il file e aprendo dal menu “Archivio” della scrivania la voce “Informazioni”).
Utenti Windows:
Comprimere i files con uno Zip, oppure copiarli da gestione risorse su più dischetti.
PROJECT MANAGEMENT
398
PMS WEB
399
PREMESSE
Oggigiorno, grazie alla rete Internet e alle infinite opportunità che essa ci offre, possiamo pensare alla
gestione centralizzata di tutti i progetti del fondo utilizzando un moderno sistema basato su un potente data
base relazionale completamente sviluppato con le nuove tecnologie web.
Il data base stesso può essere allocato all’interno di un sito internet in un computer collegato alla rete
che faccia da Web-server e raccolga, a mezzo di appositi moduli, tutti i dati relativi ai progetti regionali in un
unico archivio centralizzato.
Questo archivio centralizzato potrebbe essere consultato in remoto sia dalle Unità operative che dai
managers regionali per effettuare in modo pressoché automatico o semi-automatico il recepimento delle
proposte di progetto, la loro selezione ed approvazione, il loro controllo economico/finanziario.
L’archivio centralizzato stesso può essere dotato dei più elevati standard di sicurezza dei dati ed
accesso attraverso privilegi differenziati a seconda del livello di password inserita.
PMS WEB: GESTIONE CENTRALIZZATA
DEI PROGETTI DEL FONDO
DALLA PRESENTAZIONE, ALL’APPROVAZIONE,
AL CONTROLLO DEI COSTI A REGIME
Corrado Bettero 1), Giovanni Serpelloni 2), Massimo Margiotta 3)
1. Area Sviluppo Sistemi Gestione/Controllo CiDiTech Verona
2. Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria – Azienda ULSS 20 Verona
3. Progetto Ancos del Ministero della Salute e Coordinamento delle Regioni
PROJECT MANAGEMENT
400
La visualizzazione dei dati aggiornati in tempo reale, quindi, può avvenire senza confini da ogni parte
del mondo attraverso una connessione internet e un browser web.
VANTAGGI DI UN SISTEMA DI PROJECT ACCOUNTING CHE UT ILIZZI LA RETE
INTERNET
I vantaggi di un sistema centralizzato come si prospetta essere PMS.WEB sono facilmente intuibili.
Informazione in tempo reale da qualunque località:
Le informazioni riguardanti tutti i progetti sono disponibili e fruibili in tempo reale a tutti gli “attori” del
processo, dalla creazione, alla approvazione, alla esecuzione e infine alla rendicontazione: l’accesso alle stessa
può avvenire da ogni località.
Tutti gli interessati che siano abilitati all’accesso possono disporre dei dati necessari non appena questi
ultimi vengano resi disponibili (ossia trasferiti) al sistema, in modo univoco, inequivocabile e sicuro.
Riduzione drastica delle tempistiche di approvazione e avvio dei progetti:
La disponibilità a livello centralizzato di tutte le proposte di progetto per una annualità specifica, ne
permette la immediata ed automatica quantificazione, con il raffronto rapido dei progetti e l’assegnazione di
gradi di priorità nella approvazione.
Il sistema stesso può prevedere una serie di appositi “filtri” che classifichino già in via automatica le
proposte di progetto.
Ogni Unità Operativa potrà quindi consultare in remoto una apposita sezione del sistema che riporti
lo stato di approvazione del progetto o dei progetti proposti.
Riduzione dei costi:
Riduzione dei tempi significa anche riduzione dei relativi costi e dei rischi per la perdita di dati cartacei.
Non esistono più “barriere” organizzative e burocratiche per aver accesso alle informazioni dei
progetti. Tutti sanno dove e quando trovare le risposte alle proprie domande riferite al project-accounting.
Controllo dei costi di progetto a “stato di avanzamento”:
Un progetto “a regime” può essere controllato nello stato di avanzamento della sua gestione
amministrativa e negli obiettivi di output/outcome.
Alla conclusione dello stesso o a fine esercizio si può generare un rendiconto automatico dello stesso.
PMS WEB
401
Il rendiconto può essere stampato dalla Unità Operativa o direttamente dai managers regionali.
Una banca dati unica, preziosa e centralizzata
Il sistema, utilizzato da tutte le Unità Operative Regionali, può diventare, nel tempo, una banca dati
non solo della storia dei progetti, ma anche un prezioso archivio che potrebbe divenire utile per:
1) creare un interessante sistema autoreferenziato, che fornisca dati riguardo alla efficienza/efficacia
media regionale per area di intervento di progetto,
2) creare una banca dati centralizzata dei fornitori “certificati” o “accreditati” a livello regionale, che
garantisca a tutte le U.O. trattamenti economici paritetici e maggiore potere contrattuale,
3) creare sinergie nella ricerca e nello sviluppo di nuovi progetti con le altre Unità Operative che si
sono occupate o si occupano di attuare progetti analoghi o affini, garantendo uniformità,
continuità, e visione “aperta” delle problematiche affrontate.
S INTESI ASPETT I TECNIC I DA IMPLEMENTARE PER PMS WEB
pms.Web è un’applicazione progettata interamente in tecnologia Web 2.0.
La tecnologia Web 2.0 si fonda su procedure di creazione di siti web interattivi che superano il
classico paradigma dei siti normali
invio dei dati attesa della risposta visualizzazione del risultato
arrivando invece ad un utilizzo immediato e rapido, come i software da ufficio utilizzati correntemente per la
produttività personale.
L’esempio più eclatante di questa tecnologia sono le applicazioni avanzate di Google liberamente
fruibili da qualsiasi browser web recente (Mozilla Firefox, Internet Explorer 7) come se fossero dei veri e
propri programmi “installati” sul pc dell’utilizzatore, programmi che rispondono subito ai comandi
dell’utilizzatore senza continui caricamenti ed attese.
In questa ottica e con queste tecnologie è stato costruito pms.Web.
I vantaggi sono tutti quelli legati ad un sistema informatico centralizzato e raggiungibile da qualsiasi
punto connesso alla rete Internet, con qualsiasi computer dotato di un navigatore web.
La sicurezza è garantita da un motore di database Microsoft SQL Server, e dall’utilizzo del protocollo
https con criptazione a 256 bit Triple-Des di livello bancario. Gli accessi al sistema sono differenziati a
seconda dei permessi attribuiti al singolo utente, per permettere una fruizione a più livelli dell’applicazione.
Il sistema è in grado di esportare dati in formati standard (XML) per la loro successiva elaborazione
con programmi di terze parti.
PROJECT MANAGEMENT
402
S INTESI ASPETT I ORGANIZZATIVI DA IMPLEMENTARE PER PMS.WEB
Creando apposite procedure standard e utilizzando mezzi già a nostra disposizione potremmo
realizzare in modo concreto il sistema pms.Web in tempi brevissimi, in quanto la gestione dei progetti e le
procedure retrostanti sono già state formalizzate e testate nel manuale Total Quality Management.
Tuttavia, dal punto di vista organizzativo, occorrerà definire:
• un piano dei conti standard comune a tutte le unità operative in modo da avere uniformità di
classificazione delle varie voci di spesa inserite nei progetti;
• un archivio centralizzato delle voci di spesa analitiche standardizzato in modo da aiutare gli
operatori a classificare correttamente le voci stesse (items);
• report con formati standard in base alle elaborazioni fornite dal sistema centralizzato.
F ig . 1 : S chema di PMS WEB
Il sistema pms.Web è stato già in parte realizzato in via sperimentale, e necessita delle opportune
messe a punto e dei relativi test per poter essere implementato.
PMS WEB
403
Le figure che seguono mostrano le maschere di inserimento dei dati di progetto in base ai
“format” standard predisposti in osservanza dei principi di project accounting nel contesto del
Total Quality Management.
Inserimento Dat i general i del l ’anagraf ic a d i progetto
In questa sezione si genera l’anagrafica del progetto. Ogni sert che accede al sito Pms.Web può
vedere e modificare i propri dati, ma non può consultare i progetti inseriti dagli altri sert (a meno di essere
l’amministratore del sistema).
PROJECT MANAGEMENT
404
Premesse e f inal ità general i (problem sett ing)
Si inseriscono, attraverso steps guidati in successione cronologica, i dati relativi alle finalità generali del
progetto.
Obiett iv i general i
In questa videata si indicano in via discorsiva gli obiettivi generali e i criteri di qualità attesa del
progetto.
PMS WEB
405
Obiett iv i spec if ic i
La presente videata permette l’inserimento di più obiettivi specifici in un portale collegato al nuovo
progetto.
Target (des t inata ri)
La presente videata permette l’inserimento di target principali e secondari collegati al progetto, con
relativa tipologia e/o caratteristiche e/o numerosità attesa.
PROJECT MANAGEMENT
406
Terr itor io e ambient i
La presente videata permette l’inserimento di un testo libero per identificare il territorio servito e
relative caratteristiche dello stesso, nonché degli ambienti specifici di intervento in un portale.
Tempi f icaz ione de l le att iv ità di progetto per fa s i e tempi di rea l izzaz ione previst i
La presente videata permette l’inserimento di più fasi cronologiche con relative attività schedulate che
produrranno un apposito diagramma di Gantt.
PMS WEB
407
Diagramma di Gantt
Rappresentazione diagramma di Gantt.
Piano di valutaz ione per fa s i e tempi d i real izzaz ione prev ist i
La presente videata permette l’inserimento di più fasi cronologiche con relative attività di valutazione
schedulate che produrranno un apposito diagramma di Gantt.
PROJECT MANAGEMENT
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Diagramma di Gantt :
Vedi commento precedente.
Metodo logia ut i l izzata per ob iett i vo spec i f ico
In questa maschera si inseriscono le metodologie correlate ad ogni obiettivo specifico generato nella
apposita sezione.
PMS WEB
409
Bibl iogra f ia e moda l ità di f fus ione r isu lt at i
La presente sezione permette l’inserimento di un testo libero per la Bibliografia riferita al progetto e
l’identificazione di una o più modalità di diffusione dei risultati all’interno.
Col l aboraz ione sc ient i f iche ed operat ive
La presente sezione permette l’inserimento dei collaboratori, e relativi compiti, in una tabella collegata
al progetto.
PROJECT MANAGEMENT
410
Risorse messe a di sposiz ione del proponente
La presente sezione permette l’inserimento in una apposita tabella collegata delle risorse umane
messe a disposizione del progetto da parte di chi propone il progetto stesso.
Riparto indica t ivo de l f inanz iamento r ich iesto:
La presente sezione permette l’inserimento per le categorie di costo:
• personale,
• attrezzatura,
• materiali
• ed altro.
Sommare le principali voci di spesa a preventivo al fine di suddividere il finanziamento richiesto in
categorie omogenee.
PMS WEB
411
E lenco prodot t i tang ib i l i de l progetto
La presente sezione permette l’inserimento in una tabella dei prodotti tangibili che nascono dalla
realizzazione del progetto, e relativa quantità e formato.
PROJECT MANAGEMENT
412
Conclusion i ed indicaz ion i f inal i
La presente sezione permette l’inserimento di un testo finale libero riguardante il progetto inserito.
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI
413
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI
GESTIONE DEI PROGETTI
Elisabetta Simeoni 1), Alessandra Gaioni 2)
1. UPM (Unità di Project Management) – Centro di Medicina Preventiva e Comunitaria - Azienda ULSS 20 Verona
2. Consulente Programma Regionale sulle Dipendenze – Azienda ULSS 20 Verona
PREMESSE
Sul mercato, soprattutto in questi ultimi anni, si sono sviluppati una molteplicità di programmi per la
Gestione di Progetti, con l’intento comune di migliorare la produttività. I programmi di seguito elencati non
vogliono essere né una lista completa né un indice dei migliori software esistenti. La rassegna riportata vuole,
piuttosto, costituire solo un esempio di alcuni prodotti esistenti sul mercato e, per alcuni di loro,
evidenziarne alcune caratteristiche a seconda delle necessità e del settore dove questi vengono utilizzati e/o
potrebbero servire. Per chi opera quotidianamente nel mondo del Project Management, l’utilizzo di un
software, che aiuti ad ottimizzare la condivisione ed il flusso di comunicazione, risulta un fattore chiave e
risponde all’esigenza di migliorare la produttività attraverso l’utilizzo efficace delle informazioni.
LA SCELTA DEL SOFTWARE
L’obiettivo principale di un software di Project Management deve essere quello di aiutare il team a
collaborare in modo efficace e ad analizzare le task: in questo modo risulta più semplice gestire progetti di
qualsiasi spessore (dai più semplici ai più complessi), facilitando il flusso di comunicazione e definendo i ruoli
e le responsabilità.
Sul mercato attualmente sono presenti due tipologie di software:
• on-line: accesso tramite nickname e password, in cui si può accedere per aree di competenza e/o
livello;
PROJECT MANAGEMENT
414
• basati su piattaforme browser (ASP – Application Service Provider): in cui tutti gli operatori che
lavorano al progetto possono accedervi oppure tramite applicazione sul singolo computer (Client
Module), ossia l’utilizzo è ristretto alla singola macchina.
Il sistema ASP, oggigiorno considerato il più popolare, può essere gestito dal server dell’azienda di software
con una tassa mensile, oppure direttamente da un server interno all’organizzazione ad un costo mensile per
utente.
Di seguito riportiamo alcuni criteri di base ai quali fare riferimento per la scelta di un software.
Facilità d’uso: il software deve essere di facile utilizzo per tutti e non deve scoraggiare il potenziale utente.
Facilità d’installazione: l’installazione deve essere semplice sia per i software da installare sul singolo
computer, sia via web.
Supporto tecnico: è un fattore fondamentale. Questo può avvenire via e-mail, via contatto telefonico 24 ore
al giorno e sette giorni alla settimana, attraverso training in loco, video e guide chiare e semplici.
Project Management: il software deve avere la capacità di supportare, attraverso l’elaborazione dati, la
gestione dell’intero ciclo, con particolare controllo alle risorse come persone, costi, tempi e strumenti.
Comunicazione: il software deve essere concepito per velocizzare il flusso comunicativo, includendo tutti gli
addetti ai lavori. Deve avere un sistema di centralizzazione delle informazioni in aree accessibili cometa
gestione di e-mail, conferenze telefoniche e video conferenze e tutte le informazioni che passano attraverso
il processo gestionale.
T IPOLOGIE DI APPLICAZIONE DI UN SOFTWARE DI PROJECT MANAGEMENT
Per essere più precisi, di seguito andiamo ad analizzare la differenza di applicazione tra un software in
modalità “Client Module” e “ASP Module”.
Cl ient Module
La prima e sostanziale peculiarità è che il software viene installato su un singolo computer. Laddove è
richiesta un’importante differenziazione tecnica tra i membri del team con una forte personalizzazione, il
sistema offre molti vantaggi; questo, però, potrebbe alla lunga creare problemi di comunicazione, in quanto
la comunicazione risulta più difficile tra membri del team e li costringe ad utilizzare forme parallele di
comunicazione, come, ad esempio, le e-mail. Dal momento che non esiste, quindi, un sistema di
archiviazione centralizzata e di accesso, i collaboratori o consulenti esterni al progetto dipendono
direttamente dalla veicolazione delle informazioni del singolo individuo.
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI
415
ASP Module
ASP (Application Service Provider) prevede che l’accesso al software avvenga via Internet. Il software
viene installato su un server e consente l’accesso da qualsiasi località collegata con una buona linea Internet
e costituisce la piattaforma comune per la condivisione delle attività. Le informazioni di ciascun membro del
team passano attraverso la piattaforma comune e vengono integrate con le altre, creando un sistema
centralizzato in cui tutti i dati convergono.
In questo modo si instaura una collaborazione a 360 gradi tra tutti i membri del team, la direzione
e, in alcuni casi, anche con clienti/consulenti/collaboratori esterni al progetto; tutti possono dare e ricevere
informazioni, accedere al sistema con accessi personalizzati (spettatore o attore), apportare modifiche,
aggiornamenti, dati, etc... Dal punto di vista della veicolazione delle informazioni, in questa modalità è
possibile lavorare on-line in differenti locazioni ed essere aggiornati in tempo reale.
È importante tenere in considerazione un’eventuale rottura del server centrale, che potrebbe
creare notevoli problemi. Tuttavia, un buon sistema di back-up giornaliero è senza dubbio una buona
alternativa a questa evenienza. Inoltre, va precisato che questo sistema, più costoso rispetto al Client
Module, può presentare qualche difficoltà di accesso e collegamento nel caso in cui la connessione ad
Internet non sia abbastanza veloce.
RASSEGNA
• 123 Smooth Projects
Caratteristiche: 123 Smooth Projects è un PMIS (Project Management Information System), web based, valido per qualunque tipologia di azienda e consente di gestire e programmare in modo efficiente le risorse e le attività.
PRODUTTORE SITO
123 Smooth Projects www. smoothprojects.com
PROJECT MANAGEMENT
416
• 3 Olive Solutions – Portfolio Intelligence
Caratteristiche: 3 Olive Solutions è un PMIS (Project Management Information System), web based, valido per le piccole e medie imprese; consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, gestire le risorse umane, il portfolio di progetto, la contabilità gestionale, i report di progetto e la mappatura delle imprecisioni.
• Suite CARDINIS – di CARDINIS Solutions S.p.A., Padova
Caratteristiche: l’obiettivo del software è implementare una soluzione completa per le metodologie PMI, PRINCE2 ed altri approcci strutturati alla gestione progetti e di portfolio; aderenza agli standard; ricche e complete funzionalità; integrabilità. Il modulo di Project Management (che si distingue per essere incentrato più sulla WBS che sul diagramma di Gantt) affronta tra le altre tematiche: la gestione dello scope (creazione/modifica/stampa della WBS) e dei tempi (lo schedulatore supporta sia il Critical Path che il Critical Chain) interattiva, il cost Management, l’EVM (Earned Value Management), il Project Document Management, la gestione degli avanzamenti di progetto e il Resource Management.
PRODUTTORE SITO
3 Olive Solutions, LLC www. 3olivesolutions.com
PRODUTTORE SITO
CARDINIS Solutions S.p.A. www.cardinis.com
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI
417
• Clarizen
Caratteristiche: Clarizen è un PMIS (Project Management Information System), web based, adatto alle piccole medie imprese. Consente di programmare e gestire in modo efficiente le risorse e le attività.
• EPIware
Caratteristiche: Epiware è un software per la gestione del portfolio e documentale multiprogetto, valido per qualsiasi tipologia di azienda.
PRODUTTORE SITO
Clarizen www.clarizen.com
PRODUTTORE SITO
Epiware www. epiware.com
PROJECT MANAGEMENT
418
• FusionDesk
Caratteristiche: FusionDesk è un software per la gestione dello scheduling personale e dei team, valido per le piccole e medie imprese.
• Intellisys Project Enterprise
Caratteristiche: Intellisys è un PMIS (Project Management Information System), web based, valido per qualunque tipologia di azienda e consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, di gestire le risorse umane, lo scheduling personale e dei team, il portfolio di progetto, la contabilità gestionale, i report di progetto.
PRODUTTORE SITO
Virtuoza Sofware, Inc. www. fusiondesk.com
PRODUTTORE SITO
Intellisys Inc. www.webintellisys.com
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI
419
• InventX
Caratteristiche: InventX è un orientato alla gestione del portfolio di progetto.
• Maxwell System Management Suite
Caratteristiche: Maxwell System Management Suite è un PMIS (Project Management Information System), web based, valido per qualunque tipologia di azienda e consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, di gestire le risorse umane, lo scheduling personale e dei team, il portfolio di progetto, la contabilità gestionale, i report di progetto.
PRODUTTORE SITO
Cranes Software International www. inventx.com
PRODUTTORE SITO
Maxwell System www.maxwellmanagementsuite.com
PROJECT MANAGEMENT
420
• Milestones
Caratteristiche: Milestones è un software per la gestione avanzata della schedulazione di progetto.
• MS Project and MS Project Server
Caratteristiche: MS Project e MS Project Server è un PMIS (Project Management Information System), web based, valido per qualunque tipologia di azienda, consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, di gestire le risorse umane, lo scheduling personale e dei team, il portfolio di progetto, il rischio, la contabilità gestionale, i report di progetto.
PRODUTTORE SITO
KIDASA Software www.kidasa.com
PRODUTTORE SITO
Microsoft Corporation http://office.microsoft.com/it-it/project
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI
421
• OPX2
Caratteristiche: OPX2 è un PMIS (Project Management Information System), web based, valido per qualunque tipologia di azienda. Consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, di gestire le risorse umane, lo scheduling personale e dei team, il portfolio di progetto, la contabilità gestionale, i report di progetto. Customizzato per industrie IT, farmaceutiche, Aerospazio e Difesa e R&S.
• Pertmaster
Caratteristiche: Pertmaster è un software per la gestione della schedulazione di progetto e della gestione dei rischi.
PRODUTTORE SITO
Planisware www. planiswere.com
PRODUTTORE SITO
Pertmaster Ltd www.pertmaster.com
PROJECT MANAGEMENT
422
• Primavera P6
Caratteristiche: Primavera P6 è un PMIS (Project Management Information System), web based, valido per qualunque tipologia di azienda impiegato per la gestione della schedulazione ed il portfolio di progetto.
• Project Collaboration Solution
Caratteristiche: Project Collaboration Solution è un PMIS (Project Management Information System), valido per qualunque tipologia di azienda. Consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, di gestire le risorse umane, la contabilità gestionale, i report di progetto. Progettato specificatamente per la metodologia Prince2.
PRODUTTORE SITO
Primavera System, Inc. www.primavera.com
PRODUTTORE SITO
Concerto Support Services www.concertosupport.co.uk
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI
423
• PROJECT in a Box
Caratteristiche: Project Collaboration Solution è un PMIS (Project Management Information System), web based, valido per qualunque tipologia di azienda. Consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, gestire le risorse umane, la contabilità gestionale, i report di progetto. Progettato specificatamente per la metodologia Prince2.
• Project Insight.NET
Caratteristiche: Project Insight.NET è un PMIS (Project Management Information System), totalmente web based, valido per qualunque tipologia di azienda. Consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, la contabilità gestionale e di gestire la fatturazione di progetto.
PRODUTTORE SITO
Prosis Solutions Ltd. www.projectinabox.org.uk
PRODUTTORE SITO
Metafuse, Inc. www.projectisight.com
PROJECT MANAGEMENT
424
• Project.net
Caratteristiche: Project.net è un software PMIS (Project Management Information System), valido per qualunque tipologia di azienda; consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, la contabilità gestionale e di gestire la fatturazione di progetto, le risorse umane, lo scheduling personale e dei team, il portfolio di progetto, i report di progetto e la mappatura delle imprecisioni.
• Project Companion
Caratteristiche: Project Companion è un software PMIS (Project Management Information System), valido per qualunque tipologia di azienda; consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, la contabilità gestionale e di gestire la fatturazione di progetto, le risorse umane, lo scheduling personale e dei team e i report di progetto. Funziona anche con i palmari OS.
PRODUTTORE SITO
Project.net www.project.net
PRODUTTORE SITO
Inmotion Software and Consulting www.inmotion.se
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI
425
• ProWorkflow
Caratteristiche: Project Companion è un software PMIS (Project Management Information System), totalmente web based, valido per qualunque tipologia di azienda; consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, la contabilità gestionale e di gestire la fatturazione di progetto, le risorse umane, lo scheduling personale e dei team e i report di progetto.
• RiskyProject Professional
Caratteristiche: RiskyPoject Professionale è un software per la gestione avanzata dei rischi di progetto da integrare con Primavera, Microsoft Project, Intellisys, valido per qualunque tipologia di azienda.
PRODUTTORE SITO
ProActive Software Ltd www.proworkflow.com
PRODUTTORE SITO
Intaver Insitute, Inc. www.riskyproject.com
PROJECT MANAGEMENT
426
• Spherical Angle
Caratteristiche: Spherical Angle è un software adatto a qualsiasi tipologia di azienda; add-ins per utilizzare il Critical Chain Scheduling and Buffer Management in Microsoft Project.
• Unanet
Caratteristiche: Unanet è un software PMIS (Project Management Information System), adatto per le grandi aziende; consente di programmare in modo efficiente le risorse e le attività, la contabilità gestionale e di gestire il portfolio e la fatturazione di progetto, le risorse umane, lo scheduling personale e dei team e i report di progetto.
PRODUTTORE SITO
Spherical Angle, Inc. www.sphericalangle.com
PRODUTTORE SITO
Unanet technologies www.unanet.com
RASSEGNA DI ALCUNI ESEMPI DI SOFTWARE DI GESTIONE DEI PROGETTI
427
• Knot
Caratteristiche: KNOT opera su intranet o extranet ed è costituito da un’area pubblica dove sono disponibili i contenuti disponibili al pubblico e da un’area riservata, a visibilità differenziata, sia in lettura sia in scrittura, per i diversi livelli di utenti. Le principali sezioni sono: la rappresentazione della WBS, il Gantt e l’editor, con completo set di opzioni di scrittura. Altre funzioni sono il recovery dei processi conclusi e la possibilità di trasformarli in modelli riutilizzabili, la tracciabilità delle risorse, il versioning della documentazione e dei progetti, con la possibilità di confronto immediato di tutte le diverse versioni. Le funzioni di reportistica permettono di compilare immediatamente il “fascicolo di commessa” o parti selezionabili di esso.
CONCLUSIONI
Per la scelta di software le strategie e i metodi sui quali impostare e gestire il progetto vengono senza
dubbio in primo luogo. Subentra, poi, la necessità di avere un software di facile utilizzo che dia l’opportunità
di creare e condividere mappe di lavoro, aiutando ad intuire rapidamente e agevolmente il modo di
organizzare informazioni ed idee e concretizzarle in azioni. In conclusione, possiamo dire che un software di
Project Management, qualsiasi esso sia e qualsiasi siano le sue funzioni specifiche, deve agevolare il lavoro del
team all’interno del progetto, ottimizzando la condivisione ed il flusso di comunicazione, al fine di migliorare
la produttività attraverso l’utilizzo efficace delle informazioni.
B IBLIOGRAFIA
Wikipedia
La guida del Sole 24 ore al Project Management
Project Management in 12 step – Come applicarla in tempo reale per gestire con successo piccoli e grandi progetti, Ed. Hoepli, 2008
PRODUTTORE SITO
Knot System www.knotsystem.com
PROJECT MANAGEMENT
428
GLOSSARIO
429
Att iv it à
Azione sequenziale nel tempo.
Tratto da “Project Management nel Dipartimento delle Dipendenze”, Elisabetta Simeoni, Verona, 2002
BCWS (Budgeted Cost o f Work Scheduled) o Base l ine
Curva del lavoro preventivamente schedulato a costo previsto a budget; anche nota come curva baseline nel piano costi/tempi.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Business (Process) Re-eng ineering
Riprogettazione dei processi aziendali in chiave strategica (ad esempio, riposizionandosi su business diversi etc.).
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
CPM (Crit ic a l Path Method)
Tecnica reticolare deterministica (durate e precedenze tra attività certe), con l’obiettivo di individuare le date (minime e massime) di inzio e di fine delle attività e il “cammino critico”. Se si considera oltre ai tempi anche i costi/budget e le risorse, si parla di CPM costi/budget e risorse.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Cammino c rit ico
Particolare sequenza di attività che collega l’inizio e la fine di un progetto e che ne determina la durata complessiva (ogni ritardo sulle attività del cammino critico determina un ritardo globale del progetto); viene calcolato col metodo CMP.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
GLOSSARIO: ALCUNI PRINCIPALI TERMINI
UTILIZZATI NELLE LOGICHE DI PROJECT
MANAGEMENT
PROJECT MANAGEMENT
430
Cic lo Plan Do Check Act
Questa metodologia, ideata da Walter A. Shewhart prima della seconda guerra mondiale, serve per guidare le diverse fasi degli interventi di miglioramento di qualità. Il ciclo PDCA consiste nel pianificare, fare, controllare e agire.
Tratto da “Project Management nel Dipartimento delle Dipendenze”, Giovanni Serpelloni, Verona, 2002
Compito
Sforzo a breve termine (dai tre ai sei mesi) eseguito da un’organizzazione o da un singolo, che insieme ad altri compiti, può costruire un progetto.
Tratto da “Project Management nel Dipartimento delle Dipendenze”, Elisabetta Simeoni, Verona, 2002
Comunicaz ione
Interna: elemento costitutivo delle organizzazioni complesse, è dato dal trasferimento o dallo scambio di idee, istruzioni, indirizzi, informazioni e dati da una persona, o da un gruppo di persone ad altre persone, o gruppi di persone. Dal punto organizzativo (o della gerarchia), le comunicazioni possono essere distinte in tre categorie: dall'alto verso il basso, dal basso verso l'alto e comunicazioni in senso orizzontale. La qualità delle comunicazioni dipende dalla velocità e dalla precisione. Le principali tecniche di comunicazione interna ad un ente sono: le riunioni periodiche (a intervalli regolari il personale appartenente a servizi diversi è riunito per uno scambio di informazioni, per coordinare le attività, per preparare le decisioni); l’organizzazione a matrice (i dipendenti, oltre alla posizione gerarchica, sono investiti di funzioni nell'ambito di una o più equipe di progetto); la valorizzazione dei suggerimenti innovativi (sistema che incentiva i dipendenti a far presente le loro idee relative ai metodi di lavoro e alle possibilità di miglioramenti).
Esterna: le tecniche hanno come obiettivo la raccolta delle informazioni sull'opinione degli utenti, ed eventualmente, per dare ad essi potere di decisione. Esse sono: il questionario (lista di domande rivolta ad un campione di utenti per conoscere nel dettaglio il loro punto di vista, è la base per i sondaggi di opinione sui servizi pubblici); le audizioni pubbliche (riunioni nelle quali sono ascoltati gli interessati a determinati progetti, servono per avere un idea dell'opinione dei partecipanti attraverso un approccio non sistematico); le procedure di partecipazione (permettono di associare gli interessati al processo decisionale e conseguentemente di dare loro un posto tra i decisori, a questo fine occorre che gli interessati siano organizzati e rappresentati); i referendum (metodo di partecipazione espresso attraverso il voto); gli studi di valutazione (i ricercatori cercano di valutare ex ante i vantaggi o gli svantaggi di determinate operazioni).
Tratto dalla “Guida per Project Manager” www.formez.it - Centro Formazione Studi, Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Diagramma di Gantt
Tipica rappresentazione grafica dell’intero progetto nel quale le attività sono rappresentate da barre orizzontali di lunghezza proporzionale alla loro durata, in riferimento ad una base temporale di riferimento; talvolta possono contenere anche la rappresentazione dei legami logici tra le varie attività.
Tratto da “PMT - Project Management Team”
Diagramma di I sh ikawa
Questo strumento viene utilizzato per individuare le cause di un problema mediante il coinvolgimento di tutti gli operatori direttamente coinvolti e permette di visualizzare, in modo semplice, l’insieme delle cause potenziali di un qualsiasi effetto osservato. La visualizzazione dei dati, in un solo diagramma, aiuta a studiare le relazioni esistenti tra un effetto e le cause presunte raggruppate.
Tratto da “PMT - Project Management Team”
GLOSSARIO
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Diagramma di Pert (Program Eva luat ion & Rewiew Technique)
Tecnica reticolare con durata probabilistica delle attività.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Famigl ia di progett i /prodott i
Progetti simili da un punto di vista tecnico/tecnologico e/o di mercato/clientela; hanno strutture di riferimento e parti comuni.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Gap
Divario, tipicamente inteso nel “service management”, come scostamento tra attese e percezioni del servizio, tra percezioni e contenuti erogati, tra contenuti erogati e specifiche progettuali del servizio stesso.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
GERT (Graphical Eva luat ion & Rewiew Technique)
Tecnica reticolare avente come probabilistiche sia le durate che le precedenze fra le attività.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Gest ione per process i (Process Management o Management-by -Process )
Soluzione organizzativa nata per superare la rigidità e le barriere tra le funzioni/enti aziendali, attraverso i concetti di soddisfazione dei clienti anche interni e le responsabilità (“ownerships”) di processo. Un processo è costituito da attività che vengono svolte grazie a input ricevuti da processi di monte (fornitori) e servono output a processi di valle (clienti).
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Gest ione per progett i
Gestione basata sui progetti e in generale la “progettualità”; per estensione, gestione di progetti.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
ICT
Information & Communication Technologies.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
ISO 9000
Identifica una serie di norme e linee guida internazionali sviluppate dall’ISO, che propongono un sistema di gestione per la qualità, pensato per monitorare i processi aziendali affinché siano indirizzati al miglioramento della efficacia e dell'efficienza della organizzazione oltre che alla soddisfazione del cliente.
Tratto da Wikipedia
Indicatori
Output
• Finalizzati a rappresentare e quantificare le prestazioni erogate (risultati intermedi).
PROJECT MANAGEMENT
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• Utilizzati per la quantificazione e il monitoraggio delle attività e le azioni degli operatori
Esempi: n. di ore lavorate, n. di visite mediche, n. di colloqui psicologici, n. di persone contattate, n. di prelievi eseguiti, n. di vaccinazioni.
Outcome
• Finalizzati all’evidenziazione quantitativa degli esiti prodotti (risultati finali) dalle prestazioni erogate
• In ambito medico: evidenziano il grado di salute aggiunta e/o grado di patologia evitata dopo l’intervento.
• Utilizzati con sistemi in grado di cogliere le variazioni (positive o negative) nel tempo (D t1t2) di variabili valide a rappresentare lo stato di salute del soggetto o il suo grado di rischio.
Esempi: frequenza d’uso delle sostanze, qualità della vita, incidenza di infezioni, grado di integrazione sociale, tempo di sopravvivenza.
Tratto da “Project Management nel Dipartimento delle Dipendenze”, Giovanni Serpelloni, Verona, 2002
Ingegnerizzaz ione (Eng ineering)
Sperimentazione sul campo (in produzione) delle scelte di progetto (relative sia alle caratteristiche del prodotto che alle istruzioni operative per la sua produzione – ingegnerizzazione rispettivamente di prodotto e di processo).
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Innovat ion Management
Gestione delle attività del processo di innovazione/cambiamento (chiamata “Innovation Management” con riferimento al risultato delle attività del “Project Management”, con riferimento al mezzo con cui tali attività vengono svolte, appunto i progetti).
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Innovaz ione
Una nuova idea, metodo o strumento; l’atto di creare un nuovo prodotto o processo (comprende sia l’invenzione sia il lavoro richiesto per tradurre in pratica un’idea o un concetto).
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Lesson learned
Insegnamento proveniente dall’esperienza diretta relativo ad aspetti tecnici, gestionali e procedurali del progetto; le lesson learned dovranno essere compilate, formalizzate e archiviate nell’apposito registro.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
MBO (Management By Object ives)
Gestione per obiettivi (direzionali o globali) comprendente la loro definizione, l’automotivazione manageriale e la promozione dei piani finalizzati al conseguimento di prestazioni, con la leva della leadership manageriale, la conoscenza della motivazione nel proprio gruppo e nelle persone governate, i cicli di top-down e bottom-up, comprese valutazioni di tarde-off (compromesso) tra prestazioni.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Matrice (Organ izzaz ione a)
Struttura organizzativa per progetti che prevede l’intersezione tra le funzioni tecnico-specifiche e i ruoli
GLOSSARIO
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trasversali di gestione del progetto, come il project manager; può essere leggera/debole, se l’autorità è ancora insita nei manager funzionali mentre al project manager spetta un ruolo di solo coordinamento; equilibrata, se l’autorità rimane insita nel manager funzionale, ma il project manager possiede un maggior potere sulle risorse e un controllo del budget di progetto; pesante/forte se l’autorità è assunta dal project manager, mentre ai manager funzionali spetta solo il compito di fornire le risorse ai progetti.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Matrice compit i/ responsab i l i t à
E’ la definizione sintetica e strutturata dei livelli di responsabilità nel progetto e delle gerarchie, con individuazione precisa dell’ente finanziatore, gestore ed esecutore, e dei relativi compiti e ruoli (WHO DOES WHAT) in base ai pacchetti di attività da svolgere.
Nello specifico si tratta di una tabella dove vengono esplicitati, per ciascun pacchetto di attività, i compiti specifici attesi, il responsabile della realizzazione di tali compiti e gli eventuali collaboratori, gli indicatori principali indicatori di risultato intermedio e finale.
Tratto da “Project Management nel Dipartimento delle Dipendenze”, Giovanni Serpelloni, Verona, 2002.
Mi lestones
Data significativa, traguardo in un progetto.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Obiett iv i
Obiett ivo generale
• Lo scopo e le finalità generali dell’intervento.
• Il risultato che ci si propone di ottenere in termini generali.
Obiett iv i spec if ic i (o sotto obiett iv i )
Sono i RISULTATI SPECIFICI ATTESI che devono derivare dalle azioni che si intendono intraprendere sulla popolazione target.
Per essere definito “specifico” (e quindi valido a fini progettuali e realizzativi) l’obiettivo deve possedere 4 caratteristiche principali:
• CHIARO E SINTETICO (comprensibile negli intenti e valutabile nella fattibilità);
• TEMPIFICATO (tempi di realizzazione);
• QUANTIFICATO (nella dimensione di output e nei costi);
• Collegato ad indicatori di VALUTAZIONE DI OUTPUT e OUTCOME.
Tratto da “Project Management nel Dipartimento delle Dipendenze”, Giovanni Serpelloni, Verona, 2002
Operat ions management
Gestione delle attività aziendali di routine, più o meno ripetitive e facenti riferimento a standard, come quelle di produzione, approvvigionamento, vendita e distribuzione, ovvero riconducibili al ciclo dell’ordine (in contrapposizione all’Innovation Management e al Project Management).
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Pian i f icaz ione di un progetto (Project Planning)
Definizione preventiva di un progetto, delle sue fasi e variabili, in contrapposizione alla sua realizzazione
PROJECT MANAGEMENT
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cioè al periodo del controllo-avanzamenti e reporting.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Processo
Insieme di attività sequenziate cronologicamente che partendo da un INPUT permettono di raggiungere un OUTPUT.
Tratto da “Project Management nel Dipartimento delle Dipendenze”, Elisabetta Simeoni, Verona, 2002.
Project Plan
È il documento base che definisce tutti gli aspetti salienti del progetto. Si sviluppa e si arricchisce in modo interattivo durante gli stadi di plausibilità e fattibilità del progetto stesso. Si consiglia di congelare la versione precedente creandone una nuova ad ogni cambio di stadio. Può mutare anche durante lo stadio di realizzazione in base alle varianti.
Tratto da “Project management di successo – Un modo di operare condiviso all’interno delle organizzazioni” di Mario Damiani, Ed. FrancoAngeli, Milano, 2007
Progetto (Project)
Insieme di attività, complesse e interrelate, aventi come fine un obiettivo ben definito, raggiungibile attraverso sforzi sinergici e coordinati, entro un tempo pre-determinato e con un preciso ammontare di risorse umane e finanziarie a disposizione.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Programma (Program)
Gruppo di progetti collegati e gestiti in maniera coordinata al fine di ottenere benefici e controllo non conseguibili se singolarmente gestiti; i programmi possono includere attività collegate al di fuori dello scopo del singolo progetto.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Project Management
Gestione di/per progetto/i. è chiamata anche “Innovation Management”, con riferimento al risultato delle attività, invece che al mezzo, cioè il progetto.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Project Management Of fice (PMO)
È un’unità organizzativa, detta anche Program Management Office, avente come obiettivo la direzione centralizzata e coordinata dei progetti di un’organizzazione. All’interno del PMO esiste un apposito comitato di coordinamento che possiede l’autorità formale per la gestione coordinata dei progetti e dei project manager e decide la priorità nell’esecuzione dei progetti assegnando le risorse, sia tecniche che umane, ai progetti e sotto-progetti.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Project Manager
Responsabile di progetto; in un’organizzazione a matrice può essere “pesante/forte” oppure “leggero/debole”.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
GLOSSARIO
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Risch io
La combinazione delle probabilità di un evento e delle sue conseguenze.
Tratto da “Guida ISO/IEC 73/2001”
Risk management
Le attività coordinate per gestire un’organizzazione con riferimento ai rischi. Tipicamente include la valutazione, il trattamento, l’accettazione e la comunicazione del rischio.
Tratto da “Project Risk Management”, Stefano Damiani, Roma, 2006
Gestione del rischio nei progetti; comprende l’identificazione, la valutazione, le risposte/interventi di riduzione/eliminazione.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Schedul ing
Definizione delle date di inizio e di fine delle attività o di un intero progetto.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Serviz io
Ogni lavoro produttivo che non si concretizza in alcun genere di artefatto materiale e, se legato a un prodotto, modo per accrescere la soddisfazione del cliente.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Sponsor del progetto
Sostenitore del progetto nell’interesse dell’intera azienda, ovvero di uno o più suoi manager. Tipicamente, lo sponsor è un senior manager.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Stakeholders
Persona o struttura organizzativa per la gestione dei progetti nella quale la percentuale di personale dedicato al progetto è molto alta. Lo steering commitee non richiede una modifica organizzativa: il project manager è un puro coordinatore che non ha la responsabilità diretta del progetto, ma è solamente tenuto a gestirne l’avanzamento dal punto di vista dei costi e dei tempi e a fornire su richiesta un’attività di reporting.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Stato Avanzamento Lavor i (SAL)
Documenta la progressione dei lavori in corso d’opera (si consiglia di prevedere scadenze fisse e ravvicinate, ad esempio ogni due settimane).
Tratto da “Project management di successo – Un modo di operare condiviso all’interno delle organizzazioni” di Mario Damiani, Ed. FrancoAngeli, Milano, 2007
Strateg ia
Insieme degli obiettivi e dei mezzi per conseguirli (aziendale, di “business units”, di progettazione, di produzione, commerciale, di prodotto o linea di prodotti, di portafoglio-progetti/prodotti, etc.).
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Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Task force
Gruppo di progetto autonomo dalle funzioni, con risorse da esse completamente distaccate, per progetti particolarmente importanti o speciali (si trova all’estremo opposto del comitato dei promotori o steering comitee).
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Team work ing
Lavorare in gruppo, alla base dell’organizzazione per progetti, data la forte necessità di multidisciplinarietà e integrazione.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Total Qual ity Management
Filosofia di gestione che incoraggia le organizzazioni a operare utilizzando un approccio sistemico e integrato, che miri al controllo dei processi e alla riduzione delle fonti di variabilità per ottenere sempre migliori performance sia interne che di mercato.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
WBS (Work Breakdown St ructure)
Articolazione logico-gerarchica delle attività di un progetto.
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
Work Package
Insieme di attività elementari aventi interazioni ben identificate con altri WP e caratterizzato in modo univoco da input, output, risorse e responsabilità; i WP rappresentano le unità di più basso livello della WBS (vedi).
Tratto da “La guida del Sole 24 ore al Project Management”
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PROJECT MANAGEMENT
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Stampato nel mese di luglio 2008
da Cierre Grafica – Verona
www.cierrenet.it