Numero 12- marzo 2013

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Poste Italiane Spa – spedizione in abb. postale – DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1 comma 2 e 3 NE/TN – taxe perçue Registrazione Tribunale di Trento n. 2/2010 del 18/02/2010 2003 - 2013 Trimestrale dell’associazione Il Gioco degli Specchi ANNO IV NUMERO 1 – MARZO 2013 10 ANNI: una grande festa di incontri

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Il primo numero dell'anno 2013 del nostro periodico

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Trimestrale dell’associazione Il Gioco degli SpecchiANNO IV NUMERO 1 – MARzO 2013

10 aNNI:una grande festa di incontri

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IL GIOCO DEGLI SPECCHIperiodico dell’Associazione “Il Gioco degli Specchi”

Reg. trib. Trento num. 2/2010 del 18/02/2010direttore responsabile Fulvio Gardumidirettore editoriale Mirza Latiful Haque

redazionevia S.Pio X 48, 38122 TRENTO tel 0461.916251 - cell. 340.2412552info@ilgiocodeglispecchi.orgwww.ilgiocodeglispecchi.org

progetto grafico Mugrafik

stampa Litografia Amorth, loc. Crosare 12, 38121 Gardolo (Trento)

con il sostegno diComune di TrentoAssessorato alla Cultura e TurismoProvincia Autonoma di Trento

Foto di copertina"Al Caffè delle lingue" nel giardino della Biblioteca di Trento

EDITORIaLE “Il Gioco degli Specchi”, un festival che compie 10 anni

PRIMO PIaNO Corso di pittura al centro Educazione Adulti

POLITICHE SOCIaLI La Lega Nord e i contributi agli stranieri: le mezze verità sono le peggiori bugie

SOCIETÀ Rapporto annuale Cinformi: battuta d'arresto dell'immigrazione in Trentino

RaCCONTO L'emozione della cittadinanza

aSSOCIaZIONISiminore Onlus: ragazzi italiani e stranieri crescono insieme

CULTURaGiornata Internazionale della Lingua Madre

CULTURa Il canto libero di Grigore Vieru, grande poeta moldavo contemporaneo

FUSIONI Migrazioni di salse e parole

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Editoriale

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di Andrea Petrella*

Centinaia di autori, registi, musicisti, traduttori, editori, artisti ospiti a Trento

Non solo letteratura e cinema, ma anche danza, musica, teatro e cibo

- Nome e cognome?- Io.

- Anno di nascita?- L'anno più giovane:quando si amarono i miei genitori.

- Stato sociale?- Aro e seminoquella collina vicino ai boschi,conosco tutte le doine*.

- Professione?- Mi affatico nella mi-niera delle parole.

- Genitori?- Ho solo la madre.

- Nome della madre?- Madre.

- Che occupazione ha?- Aspetta.

- Sei stato mai giudicato?- Sono stato rinchiuso per qualche anno: in me.

- Hai parenti all'estero?- Sì. Mio padre. Sepoltoin terra straniera. L'anno 1945

di Grigore Vieru

liriche del folclore musicale romeno

vedi l'articolo a pag. 13

Formular/Formulario

"Il Gioco degli Specchi"

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Grazie a questi incontri è stato possibi-le dare un volto alla cultura e rendere evidente che dietro a libri e film ci sono sempre e comunque persone, che die-tro alla parola “immigrazione” si celano complesse, intricate vicende fatte di don-ne e uomini che da millenni esprimono l’insopprimibile desiderio di ricercare una vita più dignitosa o di conoscere cosa c’è al di là del proprio orizzonte. Parallelamente al festival l’associazione ha saputo muoversi su tanti altri fronti, mobilitando risorse e volontari su iniziati-ve come la Luna a Dondolo (giochi e ani-mazione per bambini), il Pan di Via (brevi assaggi di letture “migranti” per i viaggi in treno), il Caffè delle Lingue (incontri e scambi multi-linguistici davanti a un caf-fè) o le Lezioni di Geografia (interventi nelle scuole con mediatori culturali), solo per citarne alcuni. Si tratta di progetti che hanno sempre cercato di valorizzare le tante ricchezze culturali offerte dal con-tinuo mutamento sociale e demografico delle nostre città e dei nostri quartieri. In questo 2013, un po’ per ricordare quanto abbiamo fatto in questi anni di cammino e un po’ per raccogliere le nuove sfide culturali che Trento deve af-frontare, vorremmo rinnovare con nuovi slanci e nuove forze la nostra azione, convinti della inevitabilità di un mondo sempre più interconnesso e sfaccettato.

Presidente dell'associazione Il Gioco degli Specchi

festival dinamico e destinato a lasciare il segno nel panorama delle iniziative culturali della città. Attingendo principal-mente alla letteratura migrante, ovvero alla prosa e alla poesia di scrittrici e scrittori stranieri stabilitisi in Italia, il fe-stival del 2003 riuscì a fare convergere a Trento le penne più affermate e quelle più promettenti di questo fenomeno let-terario ancora poco conosciuto ma che sarebbe esploso di lì a poco, facendosi spazio nel difficile mercato editoriale ita-liano e raccogliendo l’interesse di innu-merevoli lettori. Nel corso di questi dieci anni il festival si è concentrato su tante tematiche, esplo-rando non solo la letteratura, ma anche il cinema, il documentario, la danza, la musica, il teatro e la gastronomia e invi-tando a Trento centinaia di autori, regi-sti, musicisti, traduttori ed editori. L’idea vincente dell’associazione è stata, poi, di coinvolgere in questo pro-cesso le scuole del territorio, nella con-vinzione che i temi dell’intercultura e delle migrazioni debbano essere aparte integrante del bagaglio conoscitivo dei cittadini di domani. Ogni anno un buon numero di scrittori viene invitato nelle scuole trentine concretizzando quel bi-sogno di relazione e comunicazione che gli studenti richiedono in maniera più o meno esplicita.

Fili d'oro, 2010 - Foto di Alessio Coser

Mi sono avvicinato al Gioco degli Spec-chi (allora si chiamava a.t.a.s.Cultura) un po’ meno di dieci anni fa. Da poco arrivato a Trento, guardavo con curiosità la grande varietà di realtà associative che caratterizzavano – e caratterizza-no tuttora – la città. Tra tante possibili-tà scelsi di impegnarmi nel Gioco degli Specchi, dapprima nei suoi corsi gratuiti di italiano per stranieri, perché a mio avviso ben rispecchiava i mutamenti sociali che Trento stava attraversando. Una città al tempo stesso attenta a co-gliere elementi di innovazione ma forse ancora diffidente e timorosa per aprirsi completamente alle ricchezze culturali che i nuovi trentini portavano con sé. Ed è proprio su questo terreno che il Gio-co degli Specchi ha concentrato le sue principali energie ed attenzioni, sfor-zandosi di conoscere e fare conoscere storie, speranze e difficoltà non solo di quanti sono “approdati” in Italia da pae-si lontani e vicini, ma anche degli italiani che hanno compiuto il percorso in sen-so inverso. L’associazione ha da sempre legato il fenomeno dell’immigrazione straniera con quello dell’emigrazione italiana, rendendone espliciti i richiami culturali e le vicende comuni. Questa volontà di comunicare e cono-scere si è concretizzata, esattamente dieci anni fa, nella realizzazione di un

Editoriale

un festivalche compie 10 anni

2003 - 2013

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di Manuel Beozzo

Cinquanta per settanta: prendersi tempo per un autoritratto

Un corso di pittura accanto a quello di italiano al Centro Eda

Partecipanti di ogni età e di ogni parte del mondo

A fine gennaio la mia ragazza, Regina, mi racconta che durante la lezione di italiano al Centro EdA (Educazione de-gli Adulti) di Trento, viene proposto un corso di arte. Non vengono date mol-te altre informazioni: chi è interessato è invitato a presentarsi al Centro EdA, portando con sé un oggetto che rac-conti la cultura del proprio Paese. Re-gina decide di andarci. Sentire il nome dell'insegnante mi è bastato accom-pagnare Regina alla lezione successi-va. Non potevo immaginarmi un posto

migliore dove rivedere, dopo oltre dieci anni, il mio insegnante di storia dell'ar-te del liceo: in una classe, l'ambiente naturale (almeno per me) di Emilio.Luisa Rapanà, “testa” del corso e in-segnante di italiano per stranieri, mi dice che è la prima volta che il Centro propone questo tipo di incontri, ma grazie all'esperienza di Emilio Picone, il “braccio” (artistico), il corso ha suscita-to da subito grande interesse. Un (per)

Iran, Nicaragua, Perù, Romania, So-malia, Turchia, Ucraina e Ungheria. Su ogni banco un pannello di compensato 50x70 cm, matita, gomma e righello. E poi una foto, la propria, nascosta dietro una griglia, che aiuterà a riprodurla, in-grandita, sul pannello.Per non togliere gli artisti dalla con-centrazione, inizio a gironzolare per la classe in cerca del modo più silenzioso per rompere il ghiaccio. È Jhon Alexan-der (Colombia) a risolvermi il problema. Come se avesse letto nei miei pensieri,

è lui a rivolgermi la parola. Mi racconta che è arrivato a Trento quattro mesi fa, per raggiungere sua madre. Il resto della famiglia è rimasta in Sudamerica. Fre-quenta il terzo anno presso l'Istituto Ro-smini, un corso di italiano presso l'EdA; al corso di pittura ci viene per occupare il tempo libero. Si incuriosisce quando gli dico che sono stato diversi anni in Ger-mania e mi chiede come mi sono trova-to, o meglio come ho fatto con la lingua.

corso con una struttura, che non vuole lasciare i partecipanti soli davanti alla tela bianca. Durante la prima lezione, mi racconta Emilio, i partecipanti sono stati fotografati. Un'azione ragionata questa, che vuole togliere la sgrade-vole rima che foto ha con schedatura. Ognuno avrà infatti come soggetto del-la proprio opera se stesso. Sullo sfondo i partecipanti riprodurranno gli oggetti da loro scelti.Nell'aula c'è una bella luce, un'atmosfe-ra serena e un piacevole silenzio. Già

prima delle 14.00 alcuni sono seduti ai banchi in cerca, forse, dell'ispirazio-ne. Altri entrano a lezione già iniziata, o per meglio dire, dopo le due. La le-zione non ha infatti un classico inizio: non suona nessuna campanella e non viene fatto nessun appello. Nella clas-se si va così formando un gruppo molto eterogeneo sia per età che per nazio-nalità: Bolivia, Botswana, Brasile, Cina, Colombia, Ecuador, Etiopia, Germania,

PRIMO PIaNO

Primo Piano

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5Primo Piano

Il primo passo è fatto. Continuando la mia passeggiata silenziosa, incrocio lo sguardo di zobeida (Nicaragua). Lei a Trento ci è arrivata, così interpreto io dal modo in cui mi racconta il suo ar-rivo, per motivi di cuore. Dopo poche parole scambiate con lei, la sua vicina, Asefu (Etiopia), alza gli occhi dal ban-co e ci sorride. Le chiedo qualcosa, ma capisco che ho parlato troppo in fretta. Decidiamo allora di interagire attraver-so il disegnare e così mi trovo con una matita fra le mani. Noto che all'altro lato della classe due ragazze chiacchierano di gusto, rigoro-samente a bassa voce. Mi intrometto nella loro conversazione. A Regiane (Brasile) è sempre piaciuto disegnare, ma in Brasile non ne aveva il tempo. Accanto a lei siede Mirka (Repubblica Ceca). Alle domande che faccio mi ri-spondono praticamente all'unisono. Sono ben informate sulle attività rivolte ai cittadini stranieri. Conoscono Il Gioco degli Specchi e il continuo migrare del-le aule per le lezioni dei corsi di italiano. Qui al corso di arte, trovano molto sti-molante l'idea di combinare l'uso dell'i-

taliano con il disegnare.Olena (Ucraina) aspetta che il maestro dia un'occhiata al suo autoritratto. Ini-ziamo a discorrere. Lei è in Italia da molto tempo, ha un marito italiano e due bambini. Disegnare le piace, le è sempre piaciuto. Il tempo è riuscita fi-nalmente a trovarlo qui al Centro EdA. L'ultimo suo quadro è di qualche anno fa e lo ha regalato al marito. In quell'oc-casione il suocero, pittore per passio-

ne, le aveva dato alcuni utili consigli tecnici. Accanto alla pittura ha un'altra grande passione artistica: la scrittura. Spera un giorno di avere il tempo di poter scrivere un libro, possibilmente in ucraino e in italiano. Dice che però ha difficoltà con la grammatica, un pro-blema che si porta dietro fin da quando era bambina. Olena a casa parla italia-no ma ammette, sorridendo, che alle volte si vergogna, sentendo il “piccolo” (il suo bambino che va all'asilo), che sa più parole di lei. Mentre lo dice percepi-sco un senso di soddisfazione, come di-cesse “lui con la grammatica non avrà problemi”.Vado a vedere come sta andando il di-segno di Regina e con la scusa sbircio anche quello della sua vicina, Cecilia (Perù). Mentre guardo il suo autoritrat-to, appoggia la matita sul banco e mi dice: “Adesso faccio una pausa, se vuoi puoi farmi qualche domanda”. A scuo-la disegnava molto e volentieri. Poi ha smesso: il lavoro, la famiglia, gli impe-gni. Era da molto che non si prendeva il tempo per farlo, anche perché per disegnare ci vuole tempo e pazienza.

A Trento sta molto bene, apprezza le attività culturali che vengono proposte. Ai corsi di italiano ci va volentieri, ma la-sciare libera la mente da congiuntivi e preposizioni lo ritiene altrettanto utile.Emilio è seduto al banco di Dan (Cina) per aggiustare il ritratto. È il momen-to giusto per rubarle qualche minuto. L'anno scorso ha partecipato al corso di ballo che ha organizzato il Centro EdA. Mi racconta del piacere che ave-

va provato ad esibirsi in pubblico. Certo stare sul palco, sotto gli occhi di tutti le aveva messo un po' di agitazione ad-dosso, ma proprio l'essere al centro di un evento pubblico, come lo chiama lei, le aveva dato immensa gioia. Un po' le dispiace che questo anno non proverà la stessa emozione. Dan è molto affa-scinata delle varie forme dell'arte: oltre la danza e il disegno, mi dice che le pia-ce il canto. Qui in Trentino ha scoperto una grande tradizione canora e con il dito indice, mi fa il gesto della penna sul cappello: gli Alpini conquistano il cuore di tutti.Sono le quattro. La lezione, più che concludersi, sfuma lentamente. Pro-prio come non vi è stato un inizio, allo stesso modo non vi è una vera e pro-pria fine. Verso le quattro la classe, gradualmente, si svuota. Emilio e Luisa salutano chi se ne va e continuano ad aiutare chi resta.Una delle ultime persone sedute al banco è una ragazza iraniana. Mi fer-mo dietro di lei a guardare il suo dise-gno. È molto concentrata e al tempo stesso disinvolta. Le faccio i compli-

menti per come disegna. Mi dice che lo fa spesso anche a casa. Anche Emi-lio ha notato la sua ottima mano. Mi distraggo un attimo a parlare con lui e così non faccio in tempo a chiederle il nome. Sta già uscendo dalla stanza. Anche per me è arrivato il momento di lasciare l'aula. Saluto Emilio con la promessa di tornare nell'atelier EdA per vedere le opere ultimate. A presto Emilio, a presto artisti!

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6Politiche sociali

Secondo volantini e manifesti diffusi dalla Lega Nord Tren-tino, uno straniero, sposato e con quattro figli potrebbe arrivare a percepire dalla Provincia Autonoma di Trento, senza lavorare, fino a 3.260 Euro al mese. Con l’aiuto del dott. Gianfranco zoppi, responsabile dell’Agenzia per l’As-sistenza e la Previdenza Integrativa, a cui sono riconduci-bili la maggior parte dei contributi citati dalla Lega Nord Trentino abbiamo voluto analizzare la veridicità di quanto affermato sui volantini e i manifesti.La prima importante considerazione di carattere generale è che qualsiasi famiglia, sia questa italiana, comunitaria o straniera, ha diritto a questi contributi, sempre che ne siano rispettati i criteri di accesso, tra i quali la residenza stabile sul territorio da almeno tre anni (in alcuni casi cinque) e de-terminate condizioni economiche considerate svantaggiate e certificate dal valore Icef. Andiamo ora a vedere da vicino questi contributi. Il primo è il reddito di garanzia: viene erogato come integrazione del reddito, al fine di arrivare a degli importi che consentano a un nucleo familiare il soddisfacimento dei bisogni primari.

Gli aiuti della Provincia alle famiglie più povere, sia trentine che straniere, sono per lo più una tantum

La Lega Nord e i contributi agli stranieri: le mezze verità sono le peggiori bugie

di Veronica Pancheri

Possono usufruirne coloro che risiedono da almeno tre anni in Trentino, siano questi trentini, comunitari o extracomu-nitari, ed è, come abbiamo detto, un’integrazione. Quindi, una “famiglia tipo” di sei componenti, due genitori e quattro figli, il cui reddito mensile è inferiore a 1.333 euro, avrà di-ritto al contributo del reddito di garanzia pari alla differenza tra 1.333 e la media di quanto ha guadagnato negli ultimi due mesi. Solo nel caso in cui il nucleo famigliare non abbia avuto redditi negli ultimi due mesi, riceverà l’intero importo.Vanno poi fatte alcune considerazioni su questa misura: a partire dall’1 settembre 2012 il periodo di erogabilità non è più di sedici mesi su ventiquattro, ma su trentasei. Quin-di, la “famiglia tipo” di sei membri che potrebbe arrivare a prendere 1.333 euro al mese, riceverebbe in realtà 592 euro al mese, se consideriamo l’intero periodo. I dati reali dicono che in media le famiglie ne usufruiscono per 8/12 mesi, cioè il reddito di garanzia sembra essere la misura tampone per coprire quel periodo in cui le persone riman-gono senza lavoro. É inoltre importante segnalare che le persone che usufruiscono di questo servizio hanno deter-minati obblighi in termini di reinserimento lavorativo e sono accompagnati in questo dall’Agenzia Nazionale del Lavoro. L’assegno regionale al nucleo familiare è un contributo erogabile per 12 mesi, rinnovabili fino a quando si abbiano figli minori. Anche in questo caso il contributo varia a secon-da della condizione economica, del tipo di famiglia e dei nu-meri dei figli. Può andare da un minimo di 50 euro al mese ad un massimo di 100 euro nel caso in cui si abbiano figli disabili. Oltre alla valutazione della condizione economica, per poterne avere diritto sono necessari 5 anni di residenza sul territorio.Nella realtà si è visto che gli importi medi erogati, dati dalla somma tra reddito di garanzia ed assegno al nucleo familia-re, sono molto al di sotto della soglia massima raggiungibile.

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La nostra famiglia tipo potrebbe raggiungere i 1.700 euro, ma la media “reale” ci dice che raggiunge i 6/700 euro al mese. Esistono casi estremi in cui si percepisce il massimo della propria categoria, ma si tratta di casi sporadici, circa l’1,7% e sono generalmente casi dove vi sono molti minori e/o soggetti disabili e/o le persone hanno perso il lavoro ed hanno reddito zero. Per quanto riguarda l’assegno per il nucleo familiare di 135 euro mensili (per i residenti nel Comune di Trento), un semplice e comune straniero extracomunitario non ne ha diritto, perché non rientra nei requisiti richiesti.Passando ai contributi una tantum, la prima considerazione da fare è che - come si deduce dalla loro denominazione - si ricevono una volta sola ed è quindi errato sommarli ai con-tributi mensili, perché vanno considerati a parte.In sintesi possiamo dire che dal contributo a sostegno del potere d’acquisto dei nuclei familiari - misura ovviamente mediata dall’indicatore Icef che può arrivare ad un massi-mo di 1000 euro - sono esclusi coloro che ricevono il reddito di garanzia. Inoltre è una misura che è stata proposta dalla Provincia solo per il 2012 e per ora non vi è notizia di una riproposizione per il 2013.Per il contributo a sostegno alle famiglie numerose, che varia a seconda della condizione economica della famiglia, sono necessari tre anni di residenza in Trentino e vengono considerate le famiglie con almeno tre figli a carico. Può andare da un minimo di 100 euro ad un massimo di 420 se i figli sono 5 o più.Va poi sottolineato che tutti i contributi ricevuti vanno di-chiarati ai fini del conteggio del punteggio Icef dell’anno dopo, punteggio che determina se e in quale quantità si ha diritto alle misure di sostegno. In questo senso i contributi ricevuti fanno sì che vengano ridimensionati i contributi che si riceveranno.

7Lettere

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LETTERE di Halyna Taratula

In questi ultimi tredici anni, da quando sono in Italia, solo due volte ho potuto festeggiare il Natale a casa mia, in Ucraina. La seconda é stata quest’anno e solo perché, come anche la prima, la mia mamma si era ammalata e aveva estremo bisogno di me, che sono rimasta l'unica figlia. Sono arrivata a casa a mezzogiorno del 6 gennaio, alla vi-gilia del Natale ortodosso. I miei ragazzi – Andrij e Pavlo – aiutavano la nonna a preparare la “santa cena”, come chiamano da noi la cena di magro alla vigilia della notte misteriosa. Secondo la tradizione dovevano essere dodici piatti a base di grano, pesce, funghi, fagioli, olio di girasole o lino. Mia madre era molto agitata, perché a causa della malattia non poteva darsi da fare come sempre. Si agitava perché secondo lei i ragazzi non erano abbastanza bravi. Era appena mezzogiorno quando sono entrata, ma le più importanti pietanze tradizionali, come la kutia (grano con miele, uvetta e semi di papavero), l'uzvar (una bevanda che si ottiene facendo bollire mele, pere, amarene e prugne di-sidratate) e i crauti con fagioli e funghi erano già pronte. C’era ancora abbastanza tempo fino all'apparire della pri-ma stella, quando si comincia la cena e dopo la calorosa accoglienza dei miei cari e un breve riposino, mi sono pro-posta di aiutare. Insieme abbiamo fatto presto. Guardavo i miei ragazzi sorridenti, la mamma, molto invec-chiata, ma in questo momento felice e calma, che a voce bassa cantava canti natalizi, vecchi e molto belli. A me era sempre piaciuto ascoltare la mamma che cantava. Aveva una voce bella e forte. Tanto, tanto tempo fa dirigeva il coro della nostra scuola, suonava il piano… era bella, con un ca-rattere forte. Guardandola ora così piccola, piena di malanni, mi veniva voglia di piangere. Mi sentivo responsabile per tut-to quello che l'aveva fatta invecchiare, ma purtroppo, non po-tevo farci niente. Quando eravamo già a tavola, ho chiuso gli occhi e cercavo ricordare le lontane cene natalizie, quando noi figlie eravamo piccole, i genitori giovani. La nostra era una grande famiglia: nonna, due zie, cugino (il figlio della sorella maggiore di mio padre, rimasta vedova), mamma, papà ed io con Nadia, la mia sorella più piccola, che ora non c'è più. Forse davvero i familiari hanno un legame non solo di san-gue, perché dopo un istante la mamma disse: “Sai, mi é ve-nuta in mente la nostra vecchia piccola casa, e noi tutti. Papà era così bello e stonato, e voi due piccole giocavate nella pa-glia. Adesso non si mette la paglia sul pavimento per Natale. Peccato”. “Già” - ho risposto. Poi abbiamo cantato: lei piano, in modo meraviglioso, io, come mio padre, stonavo, ed anche i ragazzi, che hanno ereditato da me. La mamma non si ar-rabbiava, non chiedeva di tacere. Era Natale.

Un Natale che mi ha scaldato il cuore

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8Società

di Lucian Berescu

Battuta d'arresto dell'immigrazione in Trentino

a causa della crisi economica e della contrazione dei posti di lavoro

Rapporto Cinformi: gli stranieri sono 50 mila, quasi il 10% della popolazione

Sempre meno nuova immigrazione in Trentino! È questa la tendenza, o meglio, l’inversione di tendenza, che emerge dalla presentazione del Rapporto annuale sull’immigra-zione promosso dal Cinformi (Centro informativo per l’im-migrazione) e presentato nel mese di febbraio presso la Facoltà di Economia di Trento. La popolazione straniera che vive, lavora e studia sul territorio provinciale è poco più di 50.000 unità, cifra che rappresenta circa il 9,5% del totale dei residenti nella Provincia Autonoma di Trento. Il dato di fondo è inequivocabile: poco meno di una su dieci, tra le persone che abitano in provincia di Trento, è ormai di nazionalità non italiana.Dal Rapporto, curato dal professore Maurizio Ambrosini, do-cente di sociologia dei processi migratori presso l’Università di Milano assieme ai ricercatori Paolo Boccagni* e Serena Piovesan, emerge una significativa battuta d’arresto dei flussi migratori verso il territorio trentino. Nel 2011, anno al quale si riferisce il documento, l’incremento dei residenti di nazionalità non italiana è stato di solo 4,3% rispetto al 2010. La spiegazio-ne si trova

SOCIETÀ

nella crisi economica che ha afflitto l'Italia e che ha rag-giunto anche il territorio provinciale nel 2011, e nella con-seguente mancanza di posti di lavoro.Ma cosa ci dicono i dati demografici sulla presenza dei resi-denti di nazionalità non italiana sul territorio provinciale? Le statistiche fotografano una popolazione giovane, con un’età media pari a 31 anni (rispetto ai 42 anni della popolazione complessiva), in maggioranza donne (circa 52%) di prove-nienza da paesi europei in due casi su tre (e in un caso su quattro da paesi UE) e diffusamente insediati nel territorio provinciale (con punte di incidenza superiori all’11% in alcu-ne aree). Un dato che non passa inosservato è il tasso di natalità: doppio rispetto a quello della popolazione italiana. Difatti, nel 2011, sono nati 896 bambini di nazionalità non italiana, un dato che rappresenta quasi il 17% sul totale dei nati sul territorio provinciale. Loro sono i “nuovi trentini”, ha precisato Lia Giovanazzi Beltrami, assessore provinciale alla solidarietà internazionale e alla convivenza, nel suo interven-

to di apertura. L’assessore ha anche sottolineato “il cammino di convivenza in crescita” dimostrato dalla nascita di numerose associazioni, circa 75, for-mate da persone di nazionalità non

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9Società

italiana. Infine rimane pressoché stabile, rispetto al 2010, il numero dei nuovi cittadini italiani (1.100).Il sistema scolastico locale rispecchia, in particolare, la massiccia presenza di giovani nuovi trentini: tra il 2011 e il 2012 sono state registrate quasi 10 mila iscrizioni, un dato che rappresenta l’11,4% del totale degli alunni e un incremento di sei punti percentuali rispetto all’anno scola-stico precedente. Si tratta, in genere, di una popolazione scolastica nata sul territorio italiano ma priva di cittadi-nanza, cioè di immigrati di seconda generazione.

Nella stragrande maggioranza, la presenza degli immigrati in Provincia di Trento proviene dall’Europa centro-orientale con una percentuale che si aggira attorno al 40%. Seguo-no gli immigrati provenienti dall’Unione Europea (27 paesi) 26,5%, dal Maghreb 14,6%, Asia 9,9% e America centro-meridionale 6,3%.Negli ultimi dieci, vi è stato un incremento esponenziale dei flussi migratori provenienti dai Paesi dell’Est Europa. Secon-do i dati statistici raccolti nel Rapporto, i primi gruppi na-zionali dei nuovi trentini sono rappresentati in ordine dalla Romania (9.393 cittadini di origine rumena, pari al 18,5% dei totali residenti di nazionalità non italiana), dall’Albania

(7.122, pari al 14%), dal Marocco (4.886, 9,6%), dalla Ma-cedonia (3.364, 6,6%) dalla Moldova (2.880, 5,7%), dall’U-craina (2.469, 4,9%) e dalla Serbia-Montenegro-Kosovo (2.367, 4,7%). Mettendo a confronto le statistiche attuali con quelle del 2001 emerge un notevole incremento dei pri-mi tre gruppi nazionali presenti nella classifica: in 10 anni la comunità rumena presente sul territorio provinciale è pas-sata da poco più di 900 persone nel 2001 a 9000 persone circa nel 2011, la comunità albanese è cresciuta quasi tre volte (nel 2001 erano 2.700), mentre la comunità maroc-china è pressoché raddoppiata (erano intorno a 2800 nel 2001).Dunque, una su dieci, tra le persone che abitano in provin-cia di Trento, è di nazionalità non italiana. Rispetto a fine anni ’90, la popolazione straniera del 2012 è circa 30 volte più numerosa, almeno in termini di residenti regolari. Tutta-via, dal 2008, anno che segna l’inizio della crisi economica e occupazionale, i tassi di incremento dei residenti stranie-ri, pur positivi, sono più bassi di quelli del decennio prece-dente, e sistematicamente decrescenti. Il dato emerso dal Rapporto, +4,3% nel 2011, rispetto alla precedente annua-lità segna l’incremento relativo più modesto registrato negli ultimi 20 anni. Il segnale della fine del…sogno trentino…

Nuovi trentini - Gruppi nazionalicifre

Nuovi trentini - Gruppi nazionalipercentuali

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10Racconto

RaCCONTO di Gracy Pelacani

Adil, da quando avevano deciso di anda-re a dormire, non aveva smesso un mo-mento di girarsi e rigirarsi nel letto. Era passata quasi un’ora e se fosse anda-to avanti così i loro propositi di arrivare riposati alla cerimonia del giorno dopo sarebbero inevitabilmente sfumati. Sentiva che voleva dirle qualcosa. Dopo quasi trent’anni di matrimonio, Najat po-teva dire di conoscerlo meglio di quanto lui conoscesse se stesso. “Ricordi i nostri primi mesi qui?”, disse piano sapendo che lei era sveglia e lo stava ascoltando, perché dopo quasi trent’anni di matrimonio Adil sapeva che Najat lo conosceva meglio di quanto lui potesse dire di conoscere se stesso.Lei non rispose, sebbene la sua fosse una domanda, quello che Adil le chiede-va non era una risposta, e non solo per-ché già la conosceva, ma anche perché quello era sempre stato il suo modo per chiederle aiuto, per dirle che aveva pau-ra, paura di non farcela. Allora, lei rima-se in silenzio, si voltò dalla sua parte e lo abbracciò appoggiando una mano sul suo petto finché non sentì il respiro di lui rallentare e il corpo cedere alla stan-chezza e al sonno.Il giorno dopo Adil avrebbe pronunciato

L'emozione della cittadinanza

il giuramento per il conferimento della cittadinanza. Quella mattina erano stati in un negozio del centro a comprare la sua prima cravatta in vent’anni. Aveva poi chiesto alla loro vicina di casa di in-segnarle a fare il nodo, desiderava che ogni cosa fosse perfetta.Najat non ci credeva ancora. Se ripen-sava al loro arrivo in quel piccolo paese di provincia rivedeva tutta quella nebbia che non si sapeva da dove arrivasse. Era stata l’unica per anni in paese a in-dossare il velo. Ricordava, di quei primi mesi, le mani di lui sempre ferite per quel maledetto lavoro, e le lunghe cene con chiunque potesse fargli sentire meno la nostal-gia di casa e dare ai bambini il senso della famiglia di cui li avevano privati lasciando il loro paese. Ma più di tutto, ricordava la sensazione che provava nel vedere la delusione di Adil perché non sapeva aiutare i bambini nello svolgi-mento dei compiti per casa. Che ci fosse da correggere il dettato fatto in classe quella mattina o da fare esercizi di let-tura, non c’era nulla che Adil potesse fare per affiancare i propri figli. Il tempo per la scuola, così come le possibilità, non l’aveva mai avuto. Perciò, la prima

Illustrazione di Rosana Liali

cosa che aveva fatto non appena aveva potuto era stata comprare il più grosso vocabolario che c’era in circolazione per poi insegnare ai bambini come usarlo. Era davvero severo con loro per quanto riguardava la scuola, ma Najat sapeva che, in realtà, ciò che davvero voleva era proteggere i suoi figli da tutto quello che lui, invece, aveva dovuto subire.

Il 31 gennaio 2013, in un piccolo pae-se di provincia si sarebbe dovuta svol-gere la cerimonia di conferimento del-la cittadinanza italiana a un cittadino straniero residente in Italia da ventuno anni. Al momento del giuramento il cit-tadino straniero non è stato in grado di leggerlo. Per tale ragione, il sindaco ha rimandato di sei mesi il suddetto confe-rimento.

Najat non sapeva cosa dire per la prima volta da quando lo conosceva. Nessu-no aveva osato pronunciare anche una sola parola durante il viaggio di ritorno in macchina. Arrivati a casa, appena en-trati, lui si era tolto la cravatta e aveva detto: “Esco a prendere un po’ d’aria”. Così, fermo a osservare il fiume che scorreva vicino a casa loro, Adil aveva pensato che, dopotutto, non era tanto grave. Anche se vent’anni dopo e anco-ra una volta quel paese gli aveva ricor-dato tutto quello che non era, rifiutando-lo, l’importante, si diceva, non era che questo paese scegliesse e volesse lui, ma che lui, vent’anni fa, l’avesse voluto e scelto.

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aSSOCIaZIONIdi Lidia Saija

“Si” è la nota affermativa sulla quale questa associazione centra il suo agire; “minore” è il destinatario di questo agire. L’associazione “SI minore onlus”, nata cinque anni fa, si preoccupa, infatti, di accogliere giovani, ragazzi e ragazze, che vivono una situazione di disagio e che necessitano di un accompagnamento a carattere educativo. Al momento l’asso-ciazione svolge la sua attività educativa residenziale in sei gruppi appartamen-to, nei quali vengono ospitate sei – otto persone (attualmente ci sono cinque appartamenti abitati da ragazzi e uno da ragazze). Si tratta spesso di minori stra-nieri non accompagnati, arrivati in Italia senza genitori o altri adulti di riferimento, ma anche di giovani, in gravi difficoltà, allontanati dalle famiglie attraverso un provvedimento del Tribunale per i Minori. “SI minore” dispone poi di un centro aperto denominato GEC (“Giovani – Edu-cazione – Contatto”) che rappresenta un’occasione di sostegno alla composita realtà territoriale del quartiere Oltrefersi-na di Trento. In un ambito nel quale convi-vono ragazzi italiani e stranieri (immigrati e di seconda generazione) rischiano di sedimentarsi incomprensioni ed isola-mento. Il GEC si presenta, invece, come un laboratorio nel quale sperimentare nuove forme di accoglienza e di risposta ai bisogni sociali, consentendo l’intes-sersi di legami sociali positivi, verso una società interculturale. Lo si fa attraverso l’organizzazione di svariate attività, ludi-che, professionalizzanti e artistiche, a

11Associazioni

L’affermazione di sé in una realtà disagiata

“SI minore onlus”: ragazzi italiani e stranieri crescono insieme

partecipazione libera, puntando alla va-lorizzazione dei principi di partecipazione e cittadinanza. Numerosi altri progetti fanno capo all’as-sociazione, ma ciò che importa è sotto-lineare come tutti siano incentrati sul principio pedagogico della centralità della persona, della sua valorizzazione e responsabilizzazione. L’obiettivo edu-cativo è la realizzazione del potenziale umano di ciascun ragazzo, alimentando la capacità di sviluppare un pensiero cri-tico ed autonomo e l’autonomia decisio-nale, con il suo carico di responsabilità, la capacità di interagire con gli altri e di costruire relazioni significative che inte-grino con il tessuto sociale e culturale in cui si è immersi. Tra i tanti ragazzi accolti da “SI minore” ecco la storia di Mohamed. Mohamed, 17 anni, nigeriano, è sbarca-to in Italia un anno fa dalla Libia come “rifugiato”. In Nigeria viveva con il padre, pescatore, la madre, venditrice di frutta, e due fratelli minori. A 12 anni scappa da casa per andare a vivere in una città vi-cina, iniziando a lavorare e lasciando la scuola. Trovato dai genitori, si dà nuova-mente alla fuga arrivando in Algeria con il solo passaporto. Da lì riparte per la Libia, dove può contare sull’aiuto di un amico connazionale. Siamo nel 2010 e dalla fuga dalla famiglia sono passati quasi due anni. Si sposta in diverse città e lavo-ra come elettricista e manovale. Ma ben presto sopraggiunge la guerra ci-vile; Mohamed si trova nella città di Gha-

Laboratori creativiDjing

damis e per due settimane resta chiuso in casa, insieme a molte altre persone: la paura di morire è forte in quei giorni. A quel punto Mohamed vorrebbe rientra-re in Nigeria, ma le frontiere oramai sono chiuse e così si sposta a Tripoli. La città è sotto assedio: si rifugia in una casa per tredici giorni e poi, con altri connazionali, si reca in ambasciata. Aspetta tre giorni per poter rientrare in Nigeria con un ae-reo, ma dopo il quarto viaggio, l’aereo non fa più rientro. La situazione è dram-matica e peggiora sempre più. Mette insieme un po’ di soldi facendo qualche lavoretto giornaliero e con quei pochi soldi racimolati, si imbarca – solo – per l’Italia. E così arriva prima a Lampedusa e poi a Marco di Rovereto. Adesso, dopo queste traumatiche espe-rienze, Mohamed prende fiato e si pren-de il “lusso” di vivere la vita di un normale ragazzo, si concede di andare a scuola, imparare a scrivere e a leggere. Si grati-fica nel vedere che ce la può fare, che le sue capacità sono grandi. Inizia così per la prima volta la sua espe-rienza da adolescente, il perseguimento dei bisogni fondamentali di riconosci-mento, stima e appartenenza. Per lui, l'e-sperienza della diversità è diventata così, contemporaneamente, anche un'espe-rienza di identità e di costruzione di sé. Come lui, tanti altri ragazzi intraprendo-no questo percorso, con l’aiuto, la guida e l’accoglienza di “SI minore”, che ricono-sce questo come suo obiettivo primario.

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1212StorieStorie

CULTURa di Mirza Latiful Haque

Giornata Internazionale della Lingua MadrePromossa dall’Unesco nel 1999 in ricordo della lotta del Bangladesh per il diritto alla propria lingua

Celebrata anche a Trento, Bolzano e Merano

Anche nella nostra regione si è comme-morata la Giornata Internazionale della Lingua Madre: a Trento il 22 febbraio, a Bolzano il 23, a Merano il 24. Il Trentino Alto Adige non manca di spunti in proposi-to, perché anche la storia di questa regio-ne, storia di tre gruppi linguistici, contiene episodi ed eventi legati alla difesa della lingua madre. Cito tra gli altri la “Katakom-benschule”, la cosiddetta “Scuola nelle catacombe”, che in epoca fascista ha visto maestre e maestri di madre lingua tedesca insegnare di nascosto ai bambini la lingua che il regime aveva severamente proibito di parlare. La “Giornata Internazionale della Lingua Madre”, che ricorre il 21 febbraio, è stata istituita dall’Unesco nel 1999, su propo-sta del Bangladesh, come occasione per celebrare ogni anno la lingua come stru-mento di conservazione del patrimonio culturale di ogni popolo. La data del 21 febbraio è stata scelta in ricordo dei tragici fatti del 21 febbraio 1952, quando un gruppo di studenti ben-galesi protestarono nel campus universi-tario di Dhaka contro le autorità pakistane che cercavano di imporre l’urdu, già lin-gua ufficiale del Pakistan, ai 70 milioni di parlanti il bengali del Bangladesh (allora Pakistan orientale). La repressione delle autorità pakistane fu sanguinosa. Gli stu-denti uccisi furono ritenuti dei martiri per la loro causa e ciò fu l’inizio della lotta del Bangladesh per l’indipendenza, che con-

seguì nel 1971. L’importanza della difesa della lingua ma-dre è avvalorata da una serie di dati pre-occupanti: • più del 50% delle 6 mila lingue mon-

diali è in pericolo;• il 96% delle 6 mila lingue mondiali è

parlato dal 4% della popolazione mon-diale;

• il 90% delle lingue mondiali non è rap-presentato in Internet;

• una lingua scompare mediamente ogni 2 settimane;

• l’80% delle lingue africane non ha l’or-tografia;

• la metà di tutte le lingue mondiali risie-de in soli 8 paesi: Papua Nuova Guinea (832), Indonesia (731), Nigeria (515), India (400), Messico (295), Camerun (286) Australia (268) e Brasile (234);

• i contenuti presenti sulla rete Internet sono per il 68% in inglese, seguito dal giapponese (5,9 % ), dal tedesco (5,8 %) e dal cinese (3,9 %).

Ecco perché ogni anno, il 21 febbraio, in Bangladesh e altrove nel mondo dove è presente un gruppo consistente di ban-gladesi, si commemora la Giornata Inter-nazionale della Lingua Madre.E in Italia? A Bari e a Roma sono stati inaugurati dei Monumenti agli Eroi del Bangladesh, che ricordano non solo il Bangladesh o la lingua Bangla, ma sono anche un simbolo di tutte le lingue del mondo, di unità e di pace. Anche a Trento si potrebbe realizzare un monumento alla Lingua Madre se venisse ritenuto utile e significativo per la città e per la provincia, come simbolo di ponte e di solidarietà tra comunità diverse.

Nella stessa linguatutto il mondo piange,

nella stessa linguaride l'Universo.

E solo nella tua linguaaccarezzare puoi il dolore

e trasformar in cantola felicità.

Nella tua linguavivi l'amor materno,

senti il sapor del vinoe gusti un vero pasto.

E nella tua linguapuoi ridere da solo,

solo nella tua linguail pianto puoi placare.

Ma quando tu non puoiné piangere né ridere,

quando cantar non puoie accarezzar non puoi,

davanti alla tua Terradavanti al tuo cielo,

nella materna lingua,viver il silenzio puoi.

di Grigore VieruOrfeo rinasce nell'amoreGraphe.it edizioni, 2010

În limba ta/ nella tua lingua

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13Cultura

CULTURa

Il canto libero di Grigore Vieru, grande poeta moldavo

L’associazione arcobaleno ha presentato il suo libro di poesie tradotte in italiano

Si è battuto perché rumeni e moldavi fossero fratelli

di Veronica Ciubotaru*

Il 15 febbraio a Trento nel caffè letterario Bookique è stata organizzata una sera-ta dedicata all'anniversario della nascita del più grande poeta moldavo: Grigore Vie-ru. Con l’occasione è stato presentato il libro di poesie tradotto in Italiano da Olga Irimciuc, dottore in filologia rumena, docente all’Acca-demia Rumena di Varese. Momenti molto intensi vis-suti e condivisi con i rappre-sentanti dell’Associazione Italia-Moldavia di Varese e Arcobaleno di Trento, con Gianluca de Marco, il Parro-co Ortodosso Ion Grebanosu e tutti i presenti. L’obbiettivo dell'iniziativa era di presentare in versio-ne italiana un poeta molda-vo, che con la sua opera ci rappresenta come popolo, nelle nostre radici storiche e culturali, in valori e difetti. È il nostro portavoce, racconta chi siamo, da dove veniamo, le nostre aspirazioni per il futuro. Quando chiediamo ad un moldavo chi è Grigore Vieru appare nella sua memoria un piccolo uomo, con i ca-pelli al vento, una voce dol-ce che appena si sente, un po’ curvo a causa della sua timidezza, o anche per il peso del suo vissuto o ma-gari per creare uno scudo di difesa al suo tesoro interiore. Chi lo sa?...non lo sapremo mai … resta solo il ricordo del suo modo di essere e di esprimere con semplicità la

voce del popolo, la voce dei bambini, il canto più completo mai esistito del-la mamma, della pace, dell’amore, un patriota modello che ha saputo lottare usando le parole. Un grande poeta dei nostri tempi, un genio contemporaneo della poesia rumena, il successore del grande poeta classico Mihai Eminescu, considerato la prima stella “luciafarul” della poesia rumena.Era e resta il poeta che insegna le let-tere e le parole ai bambini, il piacere di scoprire il suono della lingua madre, la musica cantata, il mondo che gira attor-no all’infanzia.Per il suo popolo è stato come un pro-tettore, un padre che alleggerisce la dif-ficile sorte imposta dai grandi. Scriveva valorizzando la fatica delle persone, col-legando la madre con la Patria, l’infan-zia con la pace, le radici culturali con la casa dove si nasce, paragonando i geni-tori alle icone. Non ci sono persone che non conoscano le sue poesie, che non cantino le sue canzoni, che non abbiano dedicato alle loro mamme i suoi versi, che non abbiano sussurrato parole d’a-more scritte da lui. Si può presentare al mondo con la poe-sia "Formulario" (vedi pag. 2), semplice, quasi banale, ma nella quale racchiude un'epoca, un vissuto di dolore, tristezza, di chiusura in se stesso ma anche verso il mondo.Pubblicata negli anni di piombo perché la censura non è stata in grado di legge-re fra le righe, con grande tatto quelle parole nascondevano quanto esplode-rà sotto gli occhi di tutti negli anni ’90, quando i poeti sono diventati i promotori della lotta per l’identità nazionale, han-no rivendicato la lingua rumena come lingua madre nella Repubblica Moldova e preteso che si riconoscessero fratelli i rumeni e i moldavi sulle due sponde del fiume Prut. Comincia il periodo in cui i

poeti e gli artisti promotori dell’indipen-denza sono coinvolti in incidenti stradali “casuali” perdendo la vita (la famosa coppia di musicisti Doina ed Ion Adlea Teodorovici) o diventando invalidi (Dumi-tro Matcovski, poeta deputato nel Parla-mento del 1990).Sarà un caso?! ma anche Grigore Vieru è morto in un incidente stradale dopo una serata dedicata a Mihai Eminescu nel mese di gennaio del 2009. Quando a un poeta non si può prendere o impedire la parola non resta che im-pedirgli di vivere. Vieru si era preparato anche a questo e ci lascia una serie di poesie dedicate alla morte o a quelli che gliela preparavano, dicendo loro:"Ho due vite ioUna nelle vene scorreL’altra nel canto si adagiaLa prima finirà un giornoÈ l’altra che vivrà nelle canzoni." Ed è cosi, le sue canzoni sono diventate popolari e continuano a risuonare ogni giorno nelle trasmissioni radio e in tv, alcune cantate dai bambini, altre alle feste in famiglia, altre ancora in grandi giorni di feste nazionali, ci accompagna sempre ed ovunque fa parte di noi e noi tutti ci identifichiamo in lui.PACE ALL’ANIMA SUA. E AL MONDO, RISPONDEREBBE LUI.

Grigore VieruOrfeo rinasce nell'amoreFăgăduindu-mă iubiriiGraphe.it edizioni, 2010

Il libro viene presentato anche il 27 marzo alla biblioteca civica di Rovereto, corso Bettini 43, in collaborazione conl'associazione Il Furore dei Libri.

Presidente dell'associazione italo-moldava Arcobaleno

I partecipanti della serata in ricordo di Grigore Vieru

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14Fusioni

Migrazioni di salse e parole

I Francesi in Sicilia tra fascino e inconcludenza dal corteggiare al ciondolareQuando lo svevo Manfredi di Sicilia, ven-ne sconfitto e fu ucciso a Benevento da Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia, nel 1266 la Sicilia venne assegnata dal Papa agli Angioini. La situazione si fece ben presto parti-colarmente critica per la riduzione del-le libertà dei baroni ed una opprimente politica fiscale. La dominazione francese sull’isola, quindi, durò poco: nel 1282 i moti, conosciuti come “Vespri siciliani”, vi posero fine. Seppur breve, il periodo di dominazione francese è stato sufficiente a creare affascinanti fusioni linguistiche,

delle quali si vede ancora traccia nel dia-letto siciliano. Dunnïárisi, in siciliano, sta a significare “indugiare”, “ciondolare”. La sua origine è da ricercare nel termine, nato in Pro-venza, domnejar: “corteggiare le donne”. Se ne trova traccia anche nel linguaggio dei trovatori italiani e dei poeti del dolce stilnovo: donneare, derivato da “donna”, “dama”, sempre con il significato di amo-reggiare, vagheggiare, corteggiare.Ma perché da “corteggiare” il senso si trasforma in “ciondolare”?Immaginiamo uno scenario di vita quo-

tidiana nel quale funzionari, soldati e marinai francesi danno mostra delle loro (leggendarie) capacità seduttive: il loro atteggiamento può ben essere interpre-tato come improduttivo e inconcludente! Appunto, stare in giro ciondolando, non combinando niente.È curioso pensare a come la mescolanza di persone di diverse provenienze e del-le loro lingue faccia sì che delle parole ibride se ne vadano in giro, diffondendo informazioni e consegnandole ai posteri, senza neanche volerlo. Buffo e, a volte, divertente!

Facciamo le lasagne, i cannelloni, altra pasta o verdure al forno e usiamo sempre, con naturalezza, una buona bescia-mella. La regina delle salse bianche, utilizzata moltissimo in Ita-lia, è una salsa originaria della Francia. Se l'è inventata il marchese di Nointel, Louis de Béchamel, nel 1700, e col suo nome è arrivata nei libri di ricette fino a quello di Pel-legrino Artusi alla fine dell'800, dove leggiamo uno strano equivalente italiano, «balsamella»: «Una buona balsamella e un sugo di carne tirato a dovere, sono la base, il segreto principale della cucina fine.»Per la preparazione della besciamella mettete in un pentoli-no il burro, fatelo sciogliere e aggiungete la farina setaccia-ta. Cuocete per qualche minuto, mescolando continuamen-te ed evitando di farle prendere colore o farla attaccare. Avrete così ottenuto quello che i francesi chiamano roux; a questo punto togliete il pentolino dal fuoco e aggiungete al roux il latte caldo mescolando il tutto con un cucchiaio di legno. Rimettete quindi sul fuoco, fate cuocere a fiamma bassa per almeno quindici minuti, il tempo necessario per far addensare la salsa, continuando a mescolare.Qualunque preparazione ne risulta ammorbidita ed esalta-ta, perciò sbizzarritevi e...bon appétit/buon appetito!

La Francia nella cucina italianadalla béchamel alla balsamella

Gerolamo Induno, Corteggiamento, 1879

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COME RICEVERE QUESTA PUBBLICAZIONESe desideri ricevere questa pubblicazione invia un’offerta sul conto della Cassa Rurale di Trento, IT 28 T 08304 01807 00000 7317074. Se condividi le finalità dell’associazione e sei interessato alle sue attività ti proponiamo di diventare socio con diritto a ricevere il giornale. Manda la tua richiesta di adesione ed il tuo indirizzo a [email protected] oppure a IL GIOCO DEGLI SPECCHI, via S.Pio X 48, 38122 TRENTO, tel 0461.916251,cell. 340.2664419. Meglio ancora: passa in sede a trovarci! Lunedì-venerdì, ore 9.00 - 14.00

via S.Pio X 48, 38122 TRENTO tel 0461.916251 - cell. 340.2412552info@ilgiocodeglispecchi.orgwww.ilgiocodeglispecchi.org

I disegni di Nate Powell raccontano un particolare momento storico, visto nei dettagli della vita quotidiana e di protagonisti bambini.È l'infanzia di Mark Long ed il padre, giornalista, si era trasferito in Texas, per lavorare in una televisione locale. A Houston negli anni sessanta fare amicizia con qualcuno ignorando il colore della pelle era pericoloso sia per i bianchi sia per i neri. È però quello che fanno la famiglia di Long e quella di Larry Thomas, un attivista per i diritti umani, nero e non violento. Di lì a poco viene assassinato Martin Luther King, di cui il titolo ricorda una delle frasi: «Alla fine, non ricorderemo le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici».

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DOVREI E��E IL RE�RT� ��IA� DE�A STAZIO�. MI O�UPAVO DEL barrio QUANDO �O A SAN AN�NIO.

MA, AMI�, LA T�ZA �R�SCRIZIO� È

�L� �Ù �STA.�’, STAI

PARLANDO �N ME. QUES� È UN INIZIO.

SAI...�I L’UNI�

BIAN� �N CUI PARLO � QUANDO HO LAS�A� L’E�R��.

NON HO ��ENO MAI P�ME�O A UN BIAN� DI

ENT�RE IN CASA MIA. E LA MA IOR PARTE DEI MIEI VI�NI LA PENSA �SÌ.

ANC� I MIEI VI�NI.

È �SÌ C� FUNZIO�,

NO?

NON DOVREE E��E �SÌ.

NO,PROPRIO NO.

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H! �H!

NON DOVREE.

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LO FA�IA�.

PEN� � �ANO CALMATI AASTANZA � FARMI �LMARE? VIENI. NON

C’È PROB�MA, � �I �N ME.

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