Il Quarto carme del servo di Dio Teologia del martirio versus teologia del sacrifiio

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CONCILIUM Anno XLIX Fascicolo 4 (2013)

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El artículo producto de la investigación Fondecyt 1120029, fue publicado en la revista Concilium; éste presenta el cuarto cántico del siervo de Yahvéh como una teología del martirio judía que postula una inversión escatológica en cuanto al estatuto epistemológico del sufrimiento y culpa del pobre ante Dios.

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CONCILIUMAnno XLIX

Fascicolo 4 (2013)

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CONCIL IUMrivista internazionale di teologia

INTERNATIONAL JOURNAL OF THEOLOGYINTERNATIONALE ZEITSCHRIFT FüR THEOLOGIEREVUE INTERNATIONALE DE THÉOLOGIEREVISTA INTERNACIONAL DE TEOLOGÍAREVISTA INTERNACIONAL DE TEOLOGIA

MEĐUNARODNI TEOLOŠKI CASOPIS

Anno XLIX, fascicolo 4 (2013)

L´AMBIVALENZADEL SACRIFICIOLuiz Carlos Susin – Daniel Franklin Pilario

Diego Irarrázaval (edd.)

EDITRICE QUERINIANAvia Ferri, 75 - 25123 BRESCIA

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CÉSAR CARBULLANCA N.Talca (Cile)

Il Quarto carme del servo di Dio

Teologia del martirioversus teologia del sacrificio

I/ I

Che si sia fao ricorso ai carmi del servo di Y nella teo-logia latinoamericana è fuori di dubbio. Autori come IgnacioEllacuría, Jon Sobrino e Carlos Mesters (per non citare che i

più rappresentativi) hanno utilizzato la gura del servo isaianocon l’intento di renderla auale per il popolo latinoamericano.Nonostante i meriti di questi autori, però, si rileva l’assenza diun approccio specicamente scriuristico a questo tema cheaiuti a comprendere la gura del servo di Y nel contesto diuna teologia del martirio, capace di dare un fondamento bibli-co alla loa per la giustizia in America latina.

Occorre precisare che Ellacuría e Sobrino seguono l’esegesieuropea del secolo scorso, secondo la quale, in termini generali,

Cesar Carbullanca N.

Dottore in teologia, è ricercatore e docente di sacra Scrittura presso l’Universidad Católicadel Maule, con sede a Talca (Cile). Il lavoro presentato in queste pagine è una sua ricerca (sov-venzione: Fondecyt n. 1120029).

 Avda. San Miguel 3605, Facultad de Ciencias religiosas i filosóficas, UniversidadCatólica del Maule, Talca, Cile. E-mail : [email protected]

CONCILIUM 49 (2013/4) 118-130

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il ruolo del martirio e la loa per la giustizia del popolo ebrai-co non costituiscono in realtà un precedente valido del senso

che i cristiani hanno dato alla morte di Cristo. La tesi esegeticache viene spesso proposta è che non sussiste alcuna relazionestorica direa fra la tradizione giudaica del martirio e l’inter-pretazione cristiana della morte di Cristo. L’uso di Is 52,13ss.sarebbe una soluzione ermeneutica che “postula” il valore del-la morte violenta di Gesù adempiutasi «secondo le Scriure».Gesù non avrebbe riferito a se stesso il passo di Is 52,13–53,12,ma a stabilire per la prima volta questo nesso sarebbe stata lacomunità cristiana ellenista perché trovò in quel testo il sensodella morte di Cristo. E ancora, l’esegesi europea insiste sull’as-senza pressoché totale di precedenti storici, politici e teologiciriguardo a una morte “martiriale” per la giustizia che avrebbeinuito sul senso da aribuire alla morte del messia cristiano. Ea tal punto che la proclamazione della esaltazione di Cristo e ilsenso della morte di Gesù non hanno un nesso con l’esperienzadel martirio delle viime storiche, se non per l’uso apologeticoche ne ha fao la comunità post-pasquale.

Questo mancato riconoscimento di una prassi in ordine al-la giustizia divina per la quale nel periodo del tardo giudaismovissero e morirono gruppi di ebrei marginali è la causa di unadistorsione teologica che rende insignificante la storia dallaquale nasce la convinzione della esaltazione di Cristo; e trasfor-ma questa confessione di fede in un evento individuale, unicoe astorico. Tuttavia, questa distorsione non spiega l’impattostorico che questi precedenti ebbero sul cristianesimo e, ancorpiù, non spiega il ruolo teologico della lotta per la giustizia

come locus nel quale ebbero origine, in senso sia leerario cheteologico, i racconti della passione e della morte martiriale delFiglio dell’uomo.

Noi riteniamo, al contrario, che sia proprio questa tradizio-ne martiriale di una loa per la giustizia, e delle sue viime,a dare senso alla proclamazione dell’esaltazione di Cristo e aspiegarla. Per questo consideriamo il Quarto carme del servonel contesto di una crisi epocale che la società ebraica del post-esilio si trova a vivere. Il carme rappresenta un paradigma nuo-

vo che esprime una teologia del martirio appartenente a gruppimarginali. La presenza di questa teologia si riconosce dal ri-

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corso al paradigma di Giuseppe venduto dai fratelli e da duecaratteristiche costanti in esso presenti: 1) un rovesciamento

escatologico in cui i soggei dell’éschaton sono le viime; e 2) ilfao che queste viime sono i mediatori della giustizia di Dio.

II/ C I 53

1/ Il contesto

Un primo problema importante è la contestualizzazionestorica e teologica del Quarto carme del servo. Il tema è contro-verso, ma, in accordo con le indagini più aggiornate, si è solitiaribuire i quaro canti del servo di Y alla paternità deldeutero-Isaia, anche se alcuni studiosi ritengono che il Quartocarme appartenga a una redazione posteriore, asserendo inol-tre che corrisponde al cosiddetto trito-Isaia. Pertanto, il suocontesto originario sarebbe l’epoca dell’esilio, o quella imme-

diatamente successiva, e il testo in tal modo aronterebbe – nelcaso che sia stato composto durante la caività babilonese osubito dopo – la sda della svolta epocale che segna il ritornodegli esuli e la ricostruzione del paese. In questo senso, la pro-posta di Paul Hanson relativamente al contesto del trito-Isaia1 costituisce un contributo interessante per la nostra analisi delQuarto carme. L’autore sostiene che gli inizi dell’apocaliicagiudaica, in quanto riessione nata in una determinata epo-ca critica, sono da meere in relazione con un conio sorto

fra una teologia sacerdotale e un’altra teologia dal caratterevisionario-profetico. Noi riteniamo che il linguaggio sacricaleusato nel carme sia un indizio pragmatico in relazione al suocontesto direo. Vale a dire: l’utilizzazione di un “modello” diviima sacricale applicato ad un essere umano rappresente-rebbe precisamente un conio tra due teologie e un supera-mento del modello stesso. Ma, d’altra parte, la sua teologia, e in

1 P. H, The Dawn of Apocalyptic. Historical and Sociological Roots of Jewish Apocalyptic Eschatology , Fortress Press, Philadelphia/PA 1979.

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particolare il rovesciamento escatologico che essa presenta, loavvicina alle formulazioni che incontreremo nell’apocaliica

giudaica del post-esilio. Pertanto è probabile che gli interlocu-tori del Quarto carme siano i sostenitori di una teologia sacer-dotale rappresentata dal codice sacerdotale di Ezechiele, cheincoraggerebbe la ricostruzione del paese in conformità con lateologia sadocita2.

2/ Contesto e relazione del Quarto carme

con Geremia

Al ne di delineare il contesto del Quarto carme di Isaia incentreremo la nostra aenzione sul linguaggio del sacricioespiatorio che esibisce questo cambio. Maria L. Gorgulho haavanzato l’ipotesi che la caività babilonese rappresenti unacesura epocale fondamentale, stando al testo di Ger 30,15. Se-condo questa autrice la gura del servo soerente è il fruodi una riessione sull’’ašam di Lv 5: «Il codice sacerdotale diIsraele prescrive il sacricio di espiazione, l’’ašam , che imponel’immolazione del “capro espiatorio” per il perdono dei peccati(Lv 5,14-16). È probabile che il profeta abbia visto nel servo,un giusto soerente del tempo, la viima per un “sacricio diespiazione”»3.

La tesi di Gorgulho presenta vari aspei interessanti: an-zituo, stabilisce una relazione causale tra il Quarto carme ei testi di Ger 30,15 e Lv 5,14-16; tale relazione risolve di con-seguenza la questione dell’uso della terminologia sacricaleche appare nel Quarto carme. Di fao, già durante il periodopre-esilico i profeti non si stancavano di denunciare l’inutilitàdei sacrici e gli ai di espiazione della morte di viime in-nocenti mediante spargimento del sangue di animali. Questo

2  Ibid., 71s.3 M.L. G, O servo de Yahweh nos escritos do Dêutero-Isaias. Uma contri-

buiÇão à história do tema do ‘justo sofredor’ na literatura sapiencial do oriente antigo ,

I-II, Departamento de teologia - Ponticia Universidade Católica do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro/RJ 1989 (tesi di doorato).

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argomento, già traato in Nm 35,33 e Dt 19,10, sarà riformulatoe acquisterà nuova forza durante il post-esilio. Il principio se-

condo cui «la vita della carne è nel sangue» (Lv 17,11), presentein talune correnti come nel Libro dei giubilei4 , sarà compreso inaccordo con il paradigma mitico-apocaliico di Abele. Secondoaspeo interessante: la tesi di Gorgulho risolve il problema teo-logico nel quale si muove la narrazione del Quarto carme, ossiail caraere vicario della consegna del servo, che gli studiosiunanimemente ritengono essere una novità assoluta. Nel tomoII della sua dissertazione, Gorgulho introduce un’osservazionecontestuale importante: «Il sacricio di espiazione compare so-

lo nei testi del periodo esilico. La coscienza di un peccato com-messo e la necessità di ristabilire l’amicizia con Dio porterannoall’istituzione del sacricio di espiazione mediante riti specia-li»; l’autrice osserva: «Nessuno di questi due sacrici di espia-zione […] è aestato prima dell’esilio. Compaiono in manieraesplicita per la prima volta in Ezechiele , che li menziona insiemediverse volte»5. Se il contesto del Quarto carme è questa frat-tura epocale rappresentata dall’esilio e dalla presentazione diun progeo che si svilupperà nella storia – progeo espresso,

da un lato, da questo giudaismo sacerdotale e, dall’altro, da ungiudaismo profetico che comprese il passaggio da un’epoca adun’altra nei termini di una teologia del martirio –, se è così, al-lora questo canto isaiano rivela un conio ideologico al cuoredel giudaismo post-esilico che spiega il silenzio con il qualequesto testo è passato alla storia della teologia.

Questo rapporto tra il Quarto carme e il libro di Geremia èraorzato dal fao che a Qumran il testo del trito-Isaia – spe-cicamente il brano di Is 61,1 – veniva usato insieme a testi del

profeta Geremia. Riteniamo che questa coincidenza non siacasuale. Durante il periodo post-esilico i testi di Geremia sonotenuti in grande considerazione. In 11QMelch (v. 20) e in 1QH a èpossibile riscontrare che entrambi fanno direo riferimento a Is 61,1s. In 1QH a col. XXIII fr. 1 i versei isaiani sono usati per de-scrivere la funzione del Maestro di giustizia: «un messaggero

4  Spec. Giub 21,14-16: «Non mangiare, dunque, il sangue; poiché il sangue è

vita, non mangiarne aao!».5  G, O servo de Yahweh , cit., II, 199 e 399.

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[…] della tua bontà per annunziare la buona novella ai poverisecondo l’abbondanza delle tue misericordie, […] abbeveran-

doli alla fonte della santità, consolando quanti hanno lo spiritocontrito e sono afflitti, con la gioia eterna»6. Nell’altro testodegli Inni (1QH a) l’autore aerma che Dio gli ha conferito il suoSpirito7. Questo aspeo non è secondario, dal momento che ilprofeta degli ultimi tempi doveva essere portatore dello Spiritodivino. Dall’altro lato, continuando queste citazioni, in 1QH a diversi passi di 1QH a col. X,10-12; 32s. ricordano le confessionidi Geremia, dove si legge: «Mi hai posto come un oggeo divergogna (10) e di irrisione per i traditori, […] (11) fui fao se-

gno alle oese degli empi, oggeo di diamazione sulle labbradei violenti, mentre gli irrisori digrignavano i denti (14). Io so-no diventato oggeo di derisione per i trasgressori»8. È partico-larmente importante notare che gli Inni riportano esaamente– come, molto più tardi, il racconto della passione di Gesù – lacitazione dei Sal 22,2; 42,6 e 699. Con questo dimostriamo che ilparadigma della passio iusti esisteva già a Qumran e che ebbecome modello i testi di Geremia.

III/ M I 53

1/ Il linguaggio di espiazionee il mutamento di paradigma

Il Quarto carme rappresenta un mito fondativo di un’e-

poca e, come altri miti fondativi, anche questo ha un caraereprogrammatico che intende dare senso alla costruzione dellarealtà socio-politica della nazione. Al ne di mostrare il muta-mento di paradigma teologico che il canto isaiano rappresentaè importante esaminare con aenzione le sue caraeristichelinguistiche.

6  [Cf. in it., L. M (ed.), I manoscrii di Qumran , UTET, Torino 1971, 456].7  Cf . col. XX,12; col. IV,26; 4Q427 fr. 2,12.8  Cf . col. X,10-14; 32s. [in it., I manoscrii di Qumran , cit., 366].9  Cf . 1QH a 20,23s.

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La prima caraeristica è l’uso della terminologia sacricaledell’espiazione. L’autore ricorre a un’immagine zoomorfa per

descrivere la consegna del servo di Y, e tale uso non hacessato di disorientare gli studiosi, dato che farebbe pensareche l’autore reintroduca un tipo di culto sacricale per il servo.Non è così: le metafore zoomorfe che troviamo nel v. 7a («comeagnello condoo al macello») o nel v. 7b («come pecora mutadi fronte ai suoi tosatori») appaiono in diversi testi di questoperiodo, come in Zc 10,21: «Vanno vagando come un gregge,sono oppressi, perché senza pastore». Si traa di un’immagi-ne ricorrente per riferirsi al popolo, piuosto che ai suoi capi.

Questo uso implica, secondo l’opinione di Claus Westermann,«una radicale desacralizzazione del sacricio»10. Troviamo l’uso diimmagini zoomorfe per indicare i capi religiosi nel giudaismoapocaliico, che sviluppa una teologia immaginica e “marti-riale”, mentre tale uso è assente nella teologia rabbinica, che èpiù razionalista.

Quindi l’aermazione che l’immagine del capro espiatoriodel Levitico sia stata utilizzata per essere applicata al paradig-ma del “giusto” può essere vericata in Gen 37,31. In questo

testo si aesta esplicitamente che il sangue del capro sostituiscein termini metaforici quello di Giuseppe; tale racconto esprimeuna teologia della “consegna del giusto” a una nazione stranie-ra al ne di salvare il popolo. In accordo con questa prospei-va, il Quarto carme è caraerizzato dall’uso della terminologiadella consegna. Il numero di volte che viene ripetuto il verbo paradídōmi , che interpreta il termine  pānay (“intenzione”: vv.6.12) e .hāphēṣ (“disegno” o “volontà”: v. 10), non è certo pas-sato inosservato all’esegesi biblica. Tale terminologia pone in

evidenza la consonanza della teologia del Quarto carme conquella del racconto di Gen 37,27 nella versione della LXX , cheusa il verbo paradídōmi in relazione alla consegna di Giuseppea una nazione straniera: «Su, vendiamolo agli Ismaeliti» al nedi evitare di violare l’imperativo legale «non spargeremo il suosangue». In Gen 45,4.5.7 si dice: «Io sono Giuseppe […] che voi

10 C. W, Isaiah 40-66. A Commentary , SCM Press, London 1969, 268

[ed. it., Isaia , III: Capp. 40–66 , traduzione e commento di Cl. Westermann, ed. it. acura di F. Montagnini, Paideia, Brescia 1978].

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avete consegnato (apédosthe) per l’Egio […]; non vi crucciateper avermi consegnato quaggiù, perché Dio mi ha mandato

qui prima di voi […] per salvare in voi la vita di molta gente»;nello stesso modo, nel canto isaiano si aerma che è stato Dioa consegnare il servo nelle mani dei peccatori: «Il Signore lo haconsegnato ( parédōken) per i peccati di noi tui» (Is 53,6 [LXX]).

2/ Il paradigma di Giuseppe

È assai probabile che il mito del servo di Y rimandi alparadigma del patriarca Giuseppe, e quindi occorre collegarlo,dal punto di vista sociologico, con i “gli di Giuseppe” (Nm 1,32-34), che stabiliranno più tardi un rapporto con il mito delservo di Dio, a giudicare da testi pre-qumranici come 4Q541 dei quali, nonostante lo stato frammentario, sono leggibili al-cune parti. Nel fr. 2 col. II si legge: «tu prenderai le ferite…»e nel fr. 4 col. II v. 2: «il glio di Giuseppe […] sta sorendoper (4) il tuo sangue […] portò i tuoi dolori». In questo testo

il termine ke

’obh , che signica “soerenze”, “dolori”, si ripetetre volte e compare anche in Is 53,3.4: questo potrebbe indicareche c’è un rapporto leerario tra i due testi. Il frammento riveladei riferimenti trai probabilmente dal testo isaiano e descriveun sommo sacerdote che ha patito dolori. La concezione di un“unto” sacerdotale che sore per il popolo, quindi, non è rarain quest’epoca, e sarebbe in relazione o con la costruzione di unsantuario o con il suo destino segnato dalla violenza. È signi-cativa in questo frammento la menzione di un messia glio di

Giuseppe: “portò i tuoi dolori” o “le tue soerenze”. Come siè già deo, il patriarca Giuseppe (Gen 37–40) rappresenta unodei paradigmi del “giusto” e corrisponde al modello sapienzia-le della rivendicazione del giusto perseguitato.

Nel fr. 9 col. I di 4Q541 (4QApochryphe de Levi b aronit.) sipuò leggere che tra le sue funzioni vi sono quelle di puricaree di istruire il popolo: «egli espierà per tui i gli di questagenerazione» (v. 2) e «la sua parola è come la parola dei cielie il suo insegnamento [è] secondo la volontà di Dio» (v. 3). In

particolar modo il testo aerma che l’“unto” descrio in questiversetti è un giusto perseguitato che richiama alla memoria

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alcuni salmi o il testo di Isaia; così recitano, per esempio, i vv.5-7: «Proferiranno contro di lui molte parole e abbondanza di

menzogne; inventeranno favole contro di lui, e proferirannoogni sorta di infamie contro di lui […]. In quei giorni il popolosi disperderà».

IV/ M D

Abbiamo sostenuto che la contestualizzazione della crisipost-esilica, secondo P. Hanson, collocherebbe il Quarto carmedel servo di Dio in quest’epoca, in ragione dell’interpretazioneteologica di questo testo.

1/ Rovesciamento escatologico e giustizia di Dio

Il Quarto carme inizia con una leura retrospeiva: «Ecco,il mio servo avrà successo, sarà innalzato, onorato, esaltato

grandemente. […] Chi avrebbe creduto al nostro annuncio?»(52,13; 53,1). Questa interpretazione teologica della consegnadel giusto, che abbiamo chiamato rovesciamento escatologico , co-mincia ad apparire nel periodo post-esilico ed è aestata in di-versi testi apocaliici come 1 Enoc 103,3-8, benché non manchiin testi sapienziali [canonici] come le stesso Gen 37,6-9 e comeSap 2–5. In relazione a questa inversione cosmica, lo studio diL. Ruppert – di cui si vale l’esegesi per precisare che non esi-stono precedenti giudaici sul senso della morte voluta da Dio– asserisce che nel testo di 4QpPs 171 vi è una  passio iusti , an-ziché una passio pauperis11. Questa distinzione si rivela tuaviainesaa e contraddioria, dal momento che non considera che,nel periodo in cui nasce l’apocaliica, si viene senz’altro a crea-re una coincidenza fra “povero” e “giusto” in correnti apoca-liiche e anche nel Quarto carme. L’aermazione di Ruppert èinesaa perché l’identicazione del giusto soerente con il po-

11  Cf . L. R, Der Leidende Gerechte. Eine motivgeschichtliche Untersuchung

zum Alten Testament und zwischentestamentlichen Judentum , Echter Verlag katholi-sches Bibelwerk, Stugart 1972.

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vero appare già nel periodo pre-esilico (cf. Am 2,6; Is 32,7; Ger 20,13). Questo sviluppo della riessione teologica sulla pas-

sione e sulla morte secondo un progeo e per volontà di Diofu reso possibile dai mutamenti sociali e teologici prodoisidurante la caività babilonese e nel periodo successivo, all’in-terno del quale bisogna collocare il Quarto carme del servo, inconnessione con una comprensione nuova della “giustizia diDio” (dikaiosýnē tû theû). La valorizzazione della ricchezza e delpotere come segni della benedizione di Dio secondo la teoriapre-esilica della retribuzione viene riformulata drasticamente,in maniera tale che, a partire dal post-esilio, sia la ricchezza che

il potere cominciano a essere visti come un segno di ingiustiziae di malvagità, e sono inoltre ritenuti reti di Belial. Durante ilperiodo del post-esilio la dorina della giustizia si concentrasul “popolo povero e umile”, e i soggei escatologici diventanoi poveri e gli umili, visti come i destinatari delle promesse diDio (cf. Sof 3,12s.; Is 29,18s.; Zc 11,7.11). Questa teologia espri-me un rovesciamento escatologico proprio dell’apocaliica, dellaquale il Quarto carme è uno dei primi antecedenti.

Nel libro delle parabole di Enoc la dorina della predesti-

nazione viene elaborata in relazione al rovesciamento escatologico di giusti e peccatori (questi ultimi identicati con i potenti e iricchi). Così, per esempio, in 1 Enoc 94,8 si dice: «Guai a voi,ricchi, perché avete fao adamento sulla vostra ricchezza»; eancora in 25,4: «Quando […] tuo sarà compiuto per sempre,questo albero sarà dato ai giusti e agli umili»12. Troviamo que-sta medesima prospeiva quando constatiamo che il “giusto”del Quarto carme è descrio come un «uomo dei dolori» (v. 3).Questa visione sarà una costante della leeratura apocaliica,

come si può osservare nei testi di 1 Enoc 38,2 e 47,1; in quest’ul-timo passo si dice che «[in quel giorno] sarà salita la preghieradei giusti e il sangue del giusto sarà salito dalla terra [no] alcospeo del Signore degli spiriti»13: l’espressione rimanda altema del sangue (dei martiri) che intercede davanti a Dio. Diconseguenza sono le viime e il loro rappresentante – il ser-

12  [Cf. in it., L. F (ed.), Libro di Enoc, in P. S (ed.), Apocri dell’An-

tico Testamento I, UTET, Torino 1981, 413-667, qui 641 e 505].13  [Ed. it. cit., 515 e 528].

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vo di Dio, il Giusto o il Figlio dell’uomo – a giudicare tue lenazioni. In questa tradizione, infai, si ritiene che la metafora

del sangue versato dai martiri sia il grido del giusto che saleal cielo; certamente, il sangue versato del giusto rappresentauna sorta di dispositivo della speranza che grida al cielo. Seteniamo presente che in 1 Enoc 51,4 esiste un rapporto causaletra l’intronizzazione del Giusto e la trasformazione dei giusti in«angeli del cielo», se il sangue stesso di questi ultimi è la pre-ghiera che sale al cielo, allora dobbiamo capire che ci troviamodi fronte a un’interpretazione positiva della morte del giustodavanti a Dio, simile a quella annunciata dal canto di Isaia (v.

11); inoltre è importante notare che, insieme ai testi di Geremia ,per questa teologia fu determinante anche l’uso di diversi sal-mi. Il Sal 37 è citato in 1 Enoc 5,6.7.8 (versione ge‘ez) là dove diceche gli elei «erediteranno la terra»; il testo di Enoc vi aggiungeche «agli elei sarà data la sapienza» e «tui loro vivranno»(5,8)14. Questa citazione del Sal 37 verrà ripetuta in altri testi co-me 4QpPs 171, dove pure viene espressa un’interpretazione incui si identica il povero ( ptōchós) come eleo (eklektós) e giusto(díkaios). Questa identicazione rappresenta il rovesciamento

escatologico, da noi indicato, dei destinatari dell’éschaton , ilnucleo dell’escatologia apocaliica che postula un bene para-dossale, presente anche nel Quarto carme del servo: il beneparadossale dell’essere disprezzati (vv. 1-3), dell’essere percos-si, umiliati, schiacciati e abbauti (vv. 4s.) o del morire per [di-segno e volontà di] Dio (vv. 7-11) che caraerizza le metaforeproprie di questi gruppi.

2/ Rovesciamento e giustizia

Uno degli aspei fondamentali del rovesciamento escato-logico che il testo del Quarto carme propone si fonda sul faoche la giustizia di Dio si manifesta in ciò che è stato riutatoe disprezzato. Espressioni come «avrà successo, sarà onorato,esaltato, innalzato grandemente» (52,13), «vedranno un fao

14  [Ed. it. cit., 471].

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7/17/2019 Il Quarto carme del servo di Dio Teologia del martirio versus teologia del sacrifiio

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Il Quarto carme del servo di Dio   129

mai ad essi raccontato» (Is 52,15), «vedrà una discendenza,vivrà a lungo» (53,10), «vedrà la luce e si sazierà della sua

conoscenza», «il giusto mio servo giusticherà molti» (53,11)appaiono paradossalmente come predicati di un soggeo cheha patito e soerto in maniera vicaria. La soerenza del servosi inquadra nella più fondamentale questione teologica dellagiustizia divina che si va articolando a partire dall’esperienzadell’esilio. L’annuncio della esaltazione del servo rispecchiaun cambiamento rivoluzionario quando aerma che proprioquelli che sorono e subiscono la persecuzione sono i media-tori della giustizia di Dio. Non lo sono né i ricchi della terra, né

gli empi (cf . 53,9). È proprio in virtù di questo ministero che ilservo di Y «giusticherà molti» (53,11). A partire da questoperiodo cominciamo a trovare testi apocaliici nei quali le vit-time vengono ad assumere il ruolo di giudici, così come Abelee come il Figlio dell’uomo, e dove, in termini più ampi, sono ipoveri, i perseguitati e i soerenti ad essere innalzati ai cieli. Inquesto senso è di fondamentale importanza ricordare lo streorapporto che c’è fra il testo di Is 52,13–53,12 e quello di Is 61,1s.,perché i patimenti del servo non sono inquadrati in una mistica

della soerenza, né nella predicazione di un Dio sadico, ma inuna visione che presenta la questione della giustizia escatolo-gica di Dio (Is 61,1s.), proclamata a coloro che sono il “servodi Dio” e che aerma che i soggei escatologici sono i poveri, iprostrati, gli schiavi e i prigionieri.

Inoltre bisogna ricordare una questione che di solito sitende a dimenticare: l’anno di grazia di cui si fa menzione inIs 61,2 comincia con il perdono dei peccati. Di conseguenza, leespressioni relative ai peccati vanno lee all’interno delle aese

apocaliiche dell’avvento dell’éschaton15: «Si è caricato delle no-stre soerenze; si è addossato i nostri dolori» (53,6), «il Signorefece ricadere su di lui l’iniquità di noi tui» (53,6), «quandoorirà se stesso in espiazione» (53,10), «mentre egli portava ilpeccato di molti» (53,12) sono in relazione con l’avvento dellagiustizia e con la realizzazione del giubileo e delle promessedivine, come annunciato dal trito-Isaia (Is 65,25).

15  Cf . R. H-K, Violencia sagrada. Paulo e a hermenêutica da Cruz , ÉRealizações Editora, São Paulo/SP 2010, 205.

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130 CÉSAR CARBULLANCA  N.

V/ C

La teologia della liberazione elaborata da I. Ellacuría e da J.Sobrino sostiene che la loa per la giustizia in America latina èdireamente connessa con la fede nella risurrezione dei morti.Certo, come riteniamo di aver dimostrato, per un cristiano laloa per la giustizia in questo mondo è la prospeiva del servodi Dio. Lo abbiamo dimostrato aermando che la teologia delservo di Y costituisce un mito fondativo collocato in unasvolta epocale che postula come chiave per l’edicazione della

società giudaica del post-esilio un rovesciamento escatologicodei destinatari della giustizia divina. Per lo stesso motivo ha ra-gione Sobrino quando aerma che il popolo latinoamericano èil servo di Y nella storia, e che l’edicazione di una societàsenza violenza può auarsi solo sulla base di una teologia nellaquale il martirio, inteso come loa per la pace e la giustizia,rappresenti il criterio salvico centrale e determinante per ilcredente e per la teologia. La sda è proprio questa: fare teolo-gia a partire dalle viime.

(traduzione dallo spagnolo di L AURA  FERRARI)

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