124-Ordinamenta Et Consuetudo Maris Trani

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    ORDINAMENTA, ET CONSUETUDO MARIS

    EDITA PER CONSULES CIVITAS TRANI

    Al nome dell'onnipotente Iddio, Amen. Millesimo Sexagesimetertia, prima

    indizione. Questi infrascritti ordinamenti, ragione furono fatti, ordinati,

    promisi, ancora deliberati per li nobili, descritti huomini Messer Angelo de

    Bramo, M. Simone de Brado, Conte Nicola di Roggiero della Città di Trani

    eletti Consoli in arte del mare per li più sufficienti, che si potesse trovare in

    questo golfo Adriatico.

    Propongono, dicono, determinano, e diffiniscono questa infrascritta

    questione dell'arte del mare, la quale è così fatta: che se alcuna nave grande,

    ovvero piccola, desse in terra per fortuna, fosse spartita la poppa dalla

    proda, la marcanzia che sta in essa sia tenuta a emendare la detta nave. Et li

    marinai siano tenuti ad aspettare atto di per scampare li suoi corredi. Et

    qualunque marinaio che si partisse innanzi il detto termine di otto dì della

    detta nave, sia tenuto a pagare di ogni denaro del suo salario, dè tre danari

    dieci.

    Propongono ancora, dicono, e diffiniscono li predetti Consoli, che

    qualunque corredo si perdesse, non sia tenuto d'andare à marea: salv, che li

    detti corredi non fussero guasti, ovvero perduti per campare le persone, la

    mercantia e anche la nave, che se in questo caso fossero li

    detticorredi,siano tenuti di andare à marea.

    Propongono ancora, dicono, e diffiniscono li detti Consoli, che se la

    mercantia della nave fusse rabbata da Corsari, sia tenuta la detta mercantia

    rabbata di andare a marea. Et che se ne campassero di queste mercantie,

    che non fussero rabbate, tutte quelle che campassero siano tenute di

    emendare quella che fosse rabbata. Et che lo salario delli marinai non sia

    tenuto di emendare mercantia veruna.

    Propongono, dicono, e diffiniscono li predetti Consoli,del mare, che se unabarcha scoperta andasse in terra à sfasciarsi, e si sfasciasse, la mercantia

    non sia tenuta a emendare la barcha. Et si la barcha scoperta fusse in pelago

    in fortuna,e e li marinai della detta barcha per questa fortuna gettassero in

    mare la mercantia per meglio scampare la mercantia, così perduta deve

    andare à marea.

    Propongono, dicono, e diffiniscono li predetti Consoli, che se una nave

    grande, ovvero piccola, fusse noleggiata,e carcata si partisse del porto,

    avesse fatta vela, e la detta nave per casotornasse in portose li mercanti

    ridomandassero la robba, e non volessero che la detta nave portasse piùoltra, il patrone della nave deve haver tutto lo nolo convenuto, come se

    l'havesse portata dove che li mercanti avessero voluto.

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    Propongono, dicono, e diffiniscono li predetti Consoli, che qualunque nave

    ò grande ò piccola fusse carcata in porto, e innanzi che la detta nave si

    partisse del porto li mercanti gli domandassero la lor mercantia, il padrone

    della nave gli deve rendere la mercantia, e essa padrone deve havere, e

    ricevere dà mercanti il mezo del nolo convenuto.

    Propongono ancora, dicono, e diffiniscono li detti Consoli, che se la detta

    nave fusse in porto per carcarsi, li mercanti che l'havessero noleggiata, e

    promesso al patrone di dargli la mercantia, non la volessoro poi dare, il

    patrone non gli può domandare altro che il quarto del nolo.

    Propongono ancora, dicono, e difchiarano li sopradetti Consoli, che se un

    patrone di nave andasse in luoghi dinetati, o ancora andasse in porto dove

    non dovesse andare:salvo, che non fusse per fortuna, gabella, e ogni altro

    danno, in questo camino, e altri luoghi dinetati e advenessero, che li marinai

    della detta nave vetassero al patrone, e il patrone non lo volesse fare, siatenuto il patrone à pagare tutto questo danno, e in caso che li marinai, e

    anco il patrone non conoscesse questo fatto, il danno tutto che advenisse

    deve andare à marea.

    Propongono, dicono, determinano e diffiniscono li detti Consoli del mare,

    che veruno patrone possa lasciare nessuno marinaro, altro che non fusse

    per quattro cagioni, e difetti di esso marinaro: prima per biastemare Dio, la

    seconda per esser meschiardo,; la terza per essere ladro; la quarta per

    lussuria. e per queste quattro cose il patrone possa lasciare il marinaio, e

    condurlo in terra ferma, e fare le ragioni loro in terra ferma.

    Propongono, e diffiniscono li predetti Consoli del mare, che se un marinaio

    si partisse con la nave dalla sua terra, e si ammalasse, esso deve havere

    tutta la sua parte.

    Propongono, e diffiniscono i detti Consoli, che se un marinaio si

    conducesse, ove partisse con la nave da casa sua, esso non si può partire,

    ne lasciare l'armaria della detta nave; salvo, che per tre cagioni, e cose: la

    prima è, se esso fusse fatto patrone di un'altra nave; la seconda se fusse

    fatto nocchiero, la terza è, se in quello presente viaggio avesse fatto voto diandare à san Giacomo, al Santo Sepolcro, o à Roma, e per queste tre cose

    ha cagione legittima di partirsi, e dev'essere licenziato senz'altro interesse, ò

    danno refare.

    Propongono ancora, dicono, e diffiniscono, li predetti Consoli del mare, che

    qualunque patrone menasse marinai à parte in nave grande, ovvero piccola,

    e se lo detto marinaio si volesse partire, gli deve lasciare la metà di quello

    che dovesse havere, ovvero della parte sua.

    Propongono, dicono, e dichiarano li detti Consoli del mare, che qualunquepatrone andasse con una fortuna à vela, e la sua vela fignastasse, si suo

    tutto il danno. Ma se esso andasse à vela e dicesse alli marinai, cala mò che

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    io voglio mettere la terza vela, e li mercanti, e li marinai gli dicessero

    questo, che non calasse, ma che tenesse duro, e la detta vela si perdesse; in

    ciò sia tenuta de ire, o andare à marea.

    Propongono ancora, dicono, e diffiniscono li detti Consoli del mare, che se

    la nave fosse sorta, li marinainon devono levare senza licenzia del patrone,ovvero del nocchiero. E più a questo se la garoppa, ovvero il canapo si

    mozasse, questo si deve andare à marea. Anche mosse con lor litigia li

    facesse forza, e perdessero l'ancora, non sia tenuto à emendarsi, ne andare

    à marea.

    Propongono ancora, dicono, e diffiniscono li detti Consoli del mare, che

    qualunque nave facesse vela della sua terra, che non togliamo libertà, che

    non debba calare vie collare, ne tenere sosta, ne mollare sosta senza licentia

    del nocchiero. Et la nave stando in porto, il nocchiero non possa trare la

    nave del porto senza licentia del patrone.

    Proponemo, dicemo, e sententiamo noi Consoli predetti, che qualunque

    patrone che menasse scrivano, esso debba essere giurato del suo comune,

    esser buono, e leale. Et questo detto patrone non possa fare scrivere

    nessuna cosa, che habbia con nessuno mercante, che non sia il mercante

    presente, ovvero altro testimonio. E' l' simil caso, e termine sia con li detti

    marinari, e se altro, ovvero il contrario facesse, e scrivesse, che quello suo

    quaterno, onero libro non sia tenuto a nulla ragione, ne ad essso si debba

    dare fede alcuna. Et se questo scrivano ricevesse mercantia dalli mercanti, e

    gli mancasse, sia tenuto esso scrivano a emendarla: e il dettoquaderno deveessere coperto di carta pecudina.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, li predetti Consoli del mare, che

    qualunque patrone che havesse alcuna mercantia in nave, e gli bisognasse

    scaricare, o in porto, ovvero in spiaggia, come la detta robbaha dato in

    barcha, il detto patrone subito ipso factoè scapolo, e libero della dettarobba,

    e mercantia così discartata e sia tenuta à emendarla essa barcha: salvo che

    non la perdesse per fortuna di mare, ovvero de corsari e in questi doi casi

    non sia tenuta.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, li predetti Consoli del mare,cge

    qualunque mercante, ovvero altro huomo desse mercantiaà qualche suo

    fattore , ovvero ad altra persona, che gli vendess, senza verunotestimoni

    dell'assegna, se si deve credere al detto fattore, e che volesse andare dritto

    all ragione di Signoria, esso habbia dai testimoni dritti, e leali, e à costoro

    debba essere creduto, e data piena fede.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, questi sanj Consoli del mare, che

    qualunque huomo, che trovasse robba in mare che andasse à torno, gli sia

    lecito à torla, e assegnarla alla Corte, e darla per scritto fra 'l terzo di doppoche l'ha trovata, e tolta; e di questa robba così ricoverata ne debbia havere la

    metà trovandosi il patrone di essa. Et questa tal robba debba stare in mano

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    della Corte trenta di continui: e se il capo di trenta dì il patrone non ci

    apparirà, à altra legittima persona per lui, la robba debbia essere di colui

    che l'ha trovata.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, li Consoli antedetti, che qualunque

    persona, che trova robba sott'acqua, debbanodebbiano essere le doi parti diquello che la trova, e il terzo debbia essere del patrone di essa robba di

    robbe che habbia segnale.

    Propongono, ancora, e dichiarano, che qualunque persona trovasse robba

    che avesse segnale, che nessuno la debbia toccare sotto pena di tre volte

    tanto quanto che fusse estimata cotal mercantia che fusse così trovata, o più

    in arbitrio della detta ragione, che si trovasse nella detta terra.

    Propongono, e dichiarano li detti Consoli del mareche qualunque nave

    facesse alcuna marea, si deve cavare fuora il terzo per li corredi:perchè licorredi non sono tenuti d'andare a marea, e non devono essere mandati se

    si perdessero, o cosi cersa vice li corredi nondevono emendare l'altra

    mercantia.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, li detti Consoli del mare, che

    qualunque persona che trovasse oro, argento, ò perle, ò altre cose sottili, e

    di valore, e non l'abbisognasse al patrone, ovveroal nocchiero, ò al

    scrivano, e intervenisse, che di queste cose, e d'altre si devesse fare marea,

    ò per corsari, ò per fortuna del mare, le predette cose, non di devono

    emendare: e se le dette cose si perdessero, devono andare a marea.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, li predetti Consoli del mare, che se

    alcun patrone di nave portasse, robba, ò mercantia non la possa trar fuori

    dalla nave senza licentia del patrone della mercantia. Et se essa la cavasse

    fuora senza licenza, e la mercantia si perdesse, il detto patrone della nave la

    debbia emendare.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, questi sanj Consoli del mare, che se

    alcuno mercante noleggiasse alcunanave grande, ovvero piccola, e non ci

    fusse nominato il patto di scarsare, ne di spacciare la nave. ne per l'una neper l' altra: però noi Consoli sentenziamo, che la nave essendo al carcatoro

    non la deve aspettare si non atto dì di tempo di bonaza e debbia aver pagato

    il suo nolo. Et se li detti mercanti non volessero spacciare lla nave ch la

    nave, che la nave sia à risico delli mercanti; e debbia haver la detta nave di

    salaria quello che termineranno li Consoli che saranno in quelle parti.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, li dettij Consoli del mare, che se un

    patrone avesse carcata la nave di mercantia, e fuse fortuna, e non ci fussero

    li mercanti, che'l detto patrone, se bisognasse, possa gettare fuora con le

    sue mani la detta mercantia. Et nessuna ragione gli possa contra, perchè lofà per scampo della persona della nave, e dell'altre mercantie, e la detta

    robba, e mercantia così gettata deve andare a mareà.

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    Propongono, dicono, e diffiniscono, li detti Consoli del mare, che se la nave

    fusse assalita,e percassa da' corsari, sentenziamo, che'l patrone possa

    accordare il detto corsaro, ò per oro, ò per argento, o per altra robba, e

    patto, per il quale si scampi la nave, e l'altra mercantia non essendo li

    mercanti in nave.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, li detti Consoli del mare, che nessuno

    patrone non possa batter nessun marinaro, ma il marinaro deve scampare, e

    tre à prada dinanzi alla catena del remaggio: e deve dire dalla parte della mia

    signoria a no mi toccare, tre volte. et se il patronepassasse la catena per

    batterla, il marinaro si deve difendere: e se il marinaro eccidesse il patrone

    non sia tenuto al bando.

    Propongono ancora, e diffendono li detti Consoli del mare, che qualunque

    nave ò grande, ò piccola avesse messa mercantia, e se la nave facesse

    acqua alli mercanti, gl'è lecito di non dargli più robba, e il patrone ha libertàd'andare per i suoi fatti per scampare le persone e la nave.

    Propongono, dicono, e diffiniscono, li detti Consoli del mare, che nessuno

    naviglio che sia in mare non debba far patto, ne conventione alcuna, e se

    facesse in mare con mercant, ò con marinari non vogliano e siano di nessun

    valore, ne per essi patti si possa domandare, salva, che non fosse in porto

    in luogo rameggiata in quattro, overo che lo scritto appara da l'una parte e

    dall'altra, ovvero per mano dello scrivano, perchè li testimonj non ponna

    andare la dove vanno le navi.

    Proponemo, e diffinimo noi Consoli del mare, che ciascuno patrone di nave

    habbia libertà di riscuotereuna nave, ò per fortuna di mare, ò per corsari: e

    se bisognasse danari habbia libertà di torli sopra di essa, e della nave sia

    buono guardiano e faccia quello che deve.

    Propongono, dicono, e diffiniscono li detti Consoli del mare, che se

    s'appresentasse che galea alcuna andasse in corso, e la nave avesse robba

    dentro, ò in tutto, ò in parte, e li mercanti rivolessero la lor robba, e

    mercantia, il patrone non sia tenuto à daglierla: salva, che li mercanti non li

    affrancassero la nave.

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