Press Italia Regioni 07-08/2007

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Addio “Big Luciano” La sua missione fu quella di diffondere la musica tra la gente R e g i o n i Periodico dapprofondimento culturale/politico N u m ero 7/ 8 - Ann o 2 0 0 7

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Numero 07/08 - Anno 2007

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Addio “Big Luciano”La sua missione

fu quella di diffonderela musica tra la gente

Regioni

Periodico d’approfondimento culturale/politico

Numero 7/8 - Anno 2007

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Press Italia REGIONINumero SETTE - OTTO | anno 2007Supplemento al N. 490 di pressitalia.netRegistrazione Tribunale di Perugia n. 33 del 5 maggio 2006

Direttore EditorialeMauro Piergentili

Direttore ResponsabileAlberto Cappannelli

Progetto GraficoMauro Piergentili

RedazioneGiulio Rosi, Paola Pacifici, Gian Giacomo Bei, Maria Annunzia Selvelli, Arturo Fabra, Matteo Scandolin

Foto Copertina Filippo Ciappi (Creative Commons)

StampaCentro Servizi “Le Colibrì”Gubbio (PG)

L’EDITORIALE di Giulio Rosi

Il dopovacanze è sempre accompagnato da quello strano malessere fatto di tensione e di ansia indefinita. Secondo alcuni sociologi, che per mestiere devono dire la loro anche se nessuno glielo chiede, si tratta di un normale processo di riadattamento esistenziale alla quotidianità. In altre parole “cavatevela da soli, tanto prima o poi passerà”. Ma la realtà, è un’altra. Da qualche tempo, soprattutto in questi ultimi anni, i signori governanti, con una raffinatezza in-tellettuale degna di un elefante, ci hanno abituati ad accettare le devastanti stangate messe in atto mentre eravamo lontani, distratti dal clima, , e frastornati dal sole. Al nostro rientro ci accoglie una pioggia di aumenti, che crollano sul nostro bilancio come l’infame Muro di Berlino. La benzina costa di più, colpa del famigerato ba-rile mica delle vergognose imposte governative; le verdure sono diventate pìù preziose dei gioielli, colpa della grandine; il pane si è trasformato in un bene di lusso e le innumerevoli “case del pane” sono diventate luoghi di culto, dove la povera rosetta fa la figura di Cenerentola; i libri scolastici sono diventati più cari della Bibbia illustrata da Borso d’Este, tasse e balzelli dappertutto. Qualche mugugno, alcune proteste, poi la cinghia si stringe e tutto ritorna “normale”. Nel frattempo - e qui vi consiglio di dare una letta al libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, intitolato “La Casta” - le spese per mantenere la classe politica e le faraoniche architetture istituzionali crescono a dismisura, si restaurano e si affittano interi palazzi nel centro storico, aumenta vertiginosamente la quantità di enti pubblici secondari, pletorici ed inutili, la debordante macchina per la fabbrica dei consensi cresce alla faccia dei contribuenti. Il malessere del dopovacanze? È nausea allo stato puro, signori so-ciologi. Altro che riadattamento esistenziale!

VOLETE PARTECIPARE A FIERE TEMATICHE ED EVENTI

INTERNAZIONALI IN SPAGNA: A MALAGA, TORREMOLINOS, FUENGIROLA

E MARBELLA, SULLA COSTA DEL SOL?

Assessorati al turismo e alla cultura, gruppi folcloristici e proloco, associazioni di artigiani, produttori alimentari, aziende vinicole, pittori,

scultori, agriturismi, bande musicali

Chiamate

l’Associazione Italiani in Spagna allo +34 670.030.227

eMail: [email protected]

Web: www.italianinspagna.org

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TRE | Regioni

“BIG LUCIANO” RICORDATO IN AMERICALA SUA MISSIONE FU QUELLA DI DIFFONDERE LA MUSICA TRA LA GENTE

Luciano Pavarotti aveva cantato l’ultima volta in pubblico in occa-sione della cerimonia inaugurale dei giochi Olimpici invernali di Torino, nel febbraio 2006. Così lo ricorda da Houston il giornalista italo-ame-ricano Ro Pucci. Il grande tenore italiano era nato a Modena il 12 ot-tobre 1935, aveva visto la sua car-riera proiettata in avanti vertigino-samente nel 1963 per effetto del suo successo al Covent Garden, di Lon-dra. Oltre alle caratteristiche fisiche da gigante era dotato di una dizione impeccabile e da un timbro vocale

caldo ed unico che lo faceva ricono-scere subito e che fu senza dubbio uno dei fattori più importanti della sua fama e del suo successo.Nel corso della sua carriera Lucia-no Pavarotti brillò per le sue inter-pretazioni dei grandi compositori italiani come Verdi, Bellini, Pucci-ni, Rossini, e Donizetti. Respinse l’idea che la musica colta dovesse essere confinata all’arena angusta dei templi consacrati alla lirica ed il suo vero, grande merito fu, in ef-fetti, quello di diffondere ovunque la musica tra le gente. Per fare ciò,

partecipo a turne’ molto seguite dai media con concerti che erano pro-posti negli stadi ed in altre strutture non strettamente legate al canto ve-nendo a far parte di quel triunvirato lirico eccezionale che includeva ol-tre a lui i suoi due colleghi e grandi amici personali Placido Domingo e José Carreras. Pavarotti partecipò senza superbia e senza idee precon-cette a concerti con grandi artisti della musica pop come gli U2, Sting ed Elton John e, come conseguenza di questa sua scelta di missionario e di grande divulgatore della lirica fra le masse, si può affermare senza paura d’essere smentiti che divenne forse il tenore italiano più univer-salmente conosciuto ed ammirato. Nonostante fosse di casa negli Stati Uniti, dove era specialmente caro alla comunità italo americana, “Big Luciano”, com’era chiamato con af-fetto, rimase fedele al Belpaese ed in modo particolare a Modena, la sua città natale che oggi e’ colpita dalla scomparsa di uno dei suoi figli più devoti e più grandi.George W. Bush, Presidente degli Stati Uniti ammirava specialmente “la perfezione” della sua voce e “il carisma” delle sue interpretazioni.Placido Domingo, stella spagnola dell’opera ed uno dei “Tre Tenori” giovedì ha tributato il suo onore personale alla bellissima voce del cantante estinto affermando: “Ho ammirato sempre la gloria divina della sua voce – il timbro speciale e riconoscibile tra mille, che spaziava dalla totalità più bassa a quella più acuta dell’estensione vocale tipica dei tenori”. Il regista Franco Zef-firelli, giovedì mattina dopo aver appreso l’annuncio della scompar-sa del cantante ha dichiarato: “Il suo merito più grande fu quello d’accostarsi alla musica nella sua totalità.”ed ha anche aggiunto, “Ci sono stati dei tenori e c’e’ stato Pa-varotti”.

■ Mauro Piergentili

Personaggi

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Regioni | QUATTRO

Personaggi

Al termine della via Flaminia, che uni-sce Roma al mare Adriatico, sorge l’an-tica città di Fano, da sempre fra le mete preferite dai romani per le loro vacanze estive. Il suo nome originale è “Fanum Fortunae” e in epoca romana era un importante centro sacro. In questa ac-cogliente città, famosa anche per il suo carnevale e per la squisita gastronomia marchigiana, risiede e lavora Claudio Pacifici, uno dei più apprezzati attori contemporanei del teatro fanese, tanto dialettale quanto in lingua italiana. Ed è a Fano che lo incontriamo, emozio-nato per il successo, al termine di una rappresentazione che lo vede in veste di primo attore. Quando e come nasce il Claudio Paci-fici attore? Nel periodo 1972/73. Con tre spettacoli di cabaret che riscossero un enorme successo!Sei mesi di repli-che tutte le sere in due cantine-ristoran-ti.Eravamo in quattro e ci chiamavamo “Luccioli e Lanterni”.Come si chiama oggi la tua compa-gnia? Attualmente si chiama “La Bu-gia”, ma prima si chiamava “Fabula” e prima ancora “La Polena”, la compagnia dialettale fanese numero uno per nascita e successi. “La Bugia” funziona ormai da una decina di anni e debbo dirti che francamente ci ha dato molte soddisfa-zioni.Da chi è composta? Flora Giammarioli ne è la regista. Poi abbiamo Carla Fucci, madre di Flora: ha 74 anni ed è un’attri-ce bravissima; Paola Magi, attrice e sce-neggiatrice ed io. Questa è la base fissa, ma ogni volta ruotano nel cast vari atto-ri, individuati e scelti anche a seconda dei personaggi da interpretare. Questa volta è toccato a Simone Orciari, Da-niele Cecconi ed Elisa Pattis, tre validi colleghi ricchi di talento e ben affiatati col resto della compagnia. Paola Magi ed io scriviamo la riduzione dei testi. Fino ad oggi quante rappresentazioni avete totalizzato? Molte, non farmi dire il numero altrimenti mi sento più maturo di quanto non sia, pertanto limitandoci solo alle repliche delle ultime due “pìe-

ces”, di quella attuale - che si intitola “La cena dei cretini” ed è di Francis Ve-ber - ne abbiamo già date otto e dell’ “Anatra all’arancio” a suo tempo ne demmo trentadue.Quale è stata l’opera di maggior suc-cesso di pubblico e di critica? Prevedia-mo che lo sarà senz’altro quest’ultima. In genere si dice sempre così, ma nel mio caso ne sono veramente convinto. Personalmente quale ti piace di più fra quelle già rappresentate? Fino ad oggi con “La Bugia” ho messo in scena solo due opere e fra queste, a livello perso-nale, preferisco senz’altro “L’anatra al-l’arancia”. Un classico pieno di verve che immancabilmente, specie se ben interpretato come modestamente nel nostro caso, diverte sia pubblico che at-tori. Di che cosa tratta “La cena dei creti-ni”? Premetto che si tratta di un pezzo pieno di arguzia e ben articolato. L’ar-gomento è questo: chi trova un cretino più cretino dei cretini se lo porta ad una cena organizzata da alcune amiche per ricevere un premio, ovviamente propor-zionato alla cretinaggine dell’invitato. Quel mercoledì però lei si fa male e non è in grado di portare il cretino che aveva previsto per quella cena. Lui comunque le si pianta in casa combinandole guai

a non finire. Tutto per ingenuità, per la semplice voglia di aiutarla non per catti-veria. Da notare che una delle principali passioni del cretino è quella di costruire i grandi monumenti mondiali, come la Torre Eiffel, utilizzando dei fiammiferi. E di questo, essendo un cretino, parla a sfinimento. Ma d’improvviso la situa-zione si capovolge e le cose si ribaltano: da vittima che era inizialmente, il creti-no si converte in inconsapevole carnefi-ce. A questo punto uno si domanda: “Chi è il vero cretino?”. La morale, anche se implicita ed oggettiva, la lasciamo co-munque decidere al pubblico. Tu hai sempre assunto il ruolo di primo attore: una grande responsabilità, ma anche molta soddisfazione.Che signifi-ca per te essere primo attore? La rispo-sta è compresa nel ruolo stesso: essere sempre un puntino sopra gli altri. Se non lo sei non puoi essere primo attore. Cosa provi quando si apre il sipario? Un gran “cagone”, anche dopo cento re-pliche!!E quando si chiude alla fine dello spet-tacolo? Una enorme soddisfazione, ma anche un senso di svuotamento, come aver riversato sul pubblico i problemi di quel personaggio. E forse anche i tuoi...Da bravo attore ricevi tantissimi ap-plausi, cosa provi in quei momenti?

INCONTRI: L’ATTORE CLAUDIO PACIFICIDAL CARTELLONE DEL TEATRO FANESE “DELLA FORTUNA”

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CINQUE | Regioni

PersonaggiEmozione!!!Tanta emozione.Sei superstizioso? Scrivilo a lettere cu-bitali: NOCosa ti rilassa di più prima dello spet-tacolo? Dieci minuti di vero isolamento, che mi distendono e mi danno la carica necessaria per affrontare il palcoscenico e calarmi completamente nel personag-gio. Nel recitare c’è più fatica o più diver-timento? È un gran misto, difficile dare una definizione. Ovviamente la compo-nente emozionale è fortissima e la scari-ca di adrenalina che ne deriva fa supera-re la inevitabile fatica. Al termine di ogni opera, cosa ti resta del personaggio? Per un pò di giorni continuo a parlare come lui, forse anche a pensare come lui, poi piano piano tutto sfuma....e ritorna normale.Hai mai provato la sensazione che un personaggio da te interpretato in effetti “eri tu”, ma con un nome di un altro? Sí, l’ho provata molti anni fa, recitando “L’Anfitrione” di Plauto. Come si concilia la passione per il tea-tro con gli impegni di lavoro? Studian-do e facendo le prove serali dopo cena. In altri termini, togliendo tempo al ripo-so vero e proprio. Ma l’hai detto tu, si tratta di una passione e quindi ne vale la pena.Come nasce l’idea di un’opera teatrale nuova o già esistente? Si leggono molti copioni e quello che risulta essere più efficace, che ti stimola di più e nel quale si possono ottenere buoni risultati, an-che considerando gli attori che abbiamo a disposizione, ebbene, quello è sicura-mente un testo da rappresentare! Ogni nostra decisione ha seguito questo pro-cedimento e i risultati sono sempre stati eccellenti.Attraverso quali fasi avviene la prepa-razione di uno spettacolo? Si procede per gradi: si comincia con una lettura stando seduti, quindi si effettua uno stu-dio psicologico dei personaggi, necessa-rio per una immedesimazione perfetta con le loro personalità, poi vengono le prove in piedi con copione ed infine le prove definitive senza copione.Quanto tempo intercorre fra le prove e la “prima”? Sui quattro o cinque mesi. Ma questo periodo può variare in rela-zione alla complessità del testo. Una volta avviato il progetto il tempo vola e

in un “attimo” ci troviamo di fronte al pubblico. Ed è per questo “attimo” che vale la pena di “fare l’attore”. O sarebbe meglio dire “di essere attore”. Come è cambiato nel tempo il modo di recitare? Non penso ci siano grandi dif-ferenze con il passato, a parte il fatto che l’insegnamento americano ha cambiato qualcosa, nel senso che è tutto meno re-citato e più parlato. In questo senso pre-valgono il testo e il dialogo sulla mimica e sulla dinamica recitativa.C’è un desiderio che vorresti realizza-re, ma che fin’ora non hai potuto fare? Uno ce n’è di sicuro ed è un testo ancora più impegnativo in italiano di quelli fi-nora interpretati, o magari una rilettura della Divina Commedia in dialetto fa-nese

Quale sono gli attori e le attrici di tea-tro che ami di più? Fra le donne sicura-mente la Melato, fra gli uomini non so, forse LaviaC’è un attore o un ruolo di cinema o di teatro nel quale ti senti identificato? Kevin Spacey americano vedi American BeautyQual’è il tuo autore preferito? Tra i classici, sicuramente Pirandello. Fra gli altri avrei diverse preferenze che non ti dico per non fare torto a nessuno. In realtà in ognuno c’è qualcosa di buono.Per concludere, se te lo chiedessero, fa-resti del cinema? Sì e non ti nascondo che mi piacerebbe molto!!! Per caso... hai già qualche proposta nel cassetto?

■ Giulio Rosi

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Regioni | SEI

Eventi

L’approccio di carattere culturale, non di-sgiunto dagli aspetti diversivi nei confron-ti del patrimonio naturale, architettonico e ambientale, quale elemento trainante di un turismo qualificato con riflessi altamente produttivi per l’economia locale, è una del-le forme di incentivazione svolte dall’as-sociazione Abruzzo Live, un sodalizio che ogni anno pianifica un calendario di eventi ed iniziative che attraggono sul territorio abruzzese un numero sempre più elevato di visitatori. Un impegno che merita qualche approfondimento attraverso l’incontro con la sua presidente Nicoletta Polisena.Allora, dottoressa Polisena, che cos’è Abruzzo Live? L’associazione Abruzzo Live si presta quale organizzatrice di per-corsi culturali-ambientali unendo esperti nelle diverse tematiche di programmazioni secondo le diverse esigenze e specificità, Incontri-Studio di crescita umana a contatto con la natura.È promotrice delle realtà esistenti nel ter-ritorio attraverso le proprie iniziative e attraverso l’omonimo portale www.abruz-zolive.com . Le attività sociali hanno l’operatività nella “Biblioteca F. Di Giampaolo” della Regio-ne Abruzzo.L’associazione è stata costituita con lo sco-po di promuovere la cultura abruzzese in Italia e all’Estero nelle sue peculiarità e sen-

sibilizzare alla valorizzazione del territorio nei suoi aspetti storici, culturali, ambientali quali: arte, artigianato, enogastronomia, tu-rismo e tutto quanto forma il patrimonio del territorio, promuovendo altresì l’incontro e l’interazione tra le diverse culture.Quali servizi offre? Oltre ad essere guida di itinerari culturali, spirituali e ambientali che l’organizzazione confeziona turisticamente durante l’anno sociale per gli abruzzesi , per le altre regioni e per i Paesi esteri, l’associa-zione è promotrice di un proprio progetto culturale-ambientale, a cui tiene moltissi-mo, “Uomo e Natura”, la cui finalità è for-mare l’essere umano all’interazione con la natura ambientale e propria personale. Il progetto ha esordito nel Convegno inter-nazionale itinerante svoltosi nelle quattro province della regione nel giugno 2006 “Uomo e Natura binomio vincente” (veda-si nel portale “le nostre attività) è progetto universalmente valido e poliedrico e ac-compagna tutte le iniziative che perseguo-no un benessere di salute fisica e mentale.La progettazione e la conduzione è a cura della dottoressa Bernadette Ucci, responsa-bile alla Cultura dell’Associazione Abruz-zo Live, giornalista, scrittrice accreditata in Vaticano e impegnata da oltre venti anni nella Formazione Umana.Tale progetto nasce da lunghi e profondi studi sulla rivalorizzazione etico-morale-

spirituale dell’uomo in un eco-psicosistema valido per un percorso di vita qualitativa-mente salutare in supporto al disagio uma-no che impera nel tempo odierno. Il percorso formativo o disciplina formativa di “Interattività tra Uomo e Natura” riper-corre la storia dell’uomo e la sua interazione con l’ambiente naturale sin dalle origini e si propone quale strumento cognitivo e riedu-cativo dei valori basilari della vita umana.L’attuale dissesto ecologico, umano e so-ciale ci ha proiettati su un piano di emer-genza generale. Tutti siamo d’accordo sul fatto che biso-gna correre ai ripari. Come? Con un im-pegno generale sostenuto dalla ricerca e dall’umile e operosa cooperazione.Noi siamo a servizio di tutti coloro che vor-ranno affiancare alle loro attività la nostra disciplina di formazione umana e ambien-tale. Esiste attualmente un impegno educativo distribuito tra le famiglie, le scuole, gli altri Enti e Istituzione addetti all’educazione, ma è assente un’attività di formazione umana strutturata nelle varie ramificazioni dei cicli della vita, dalle scuole primarie alle Univer-sitàGli incontri si sviluppano con studi forma-tivi diretti a formatori e non, sia nel no-stro territorio che in quello internazionale. Inoltre l’associazione accetta inviti anche a livello internazionale per poter meglio diffondere questa attività formativa fonda-mentale.Avete qualche sostegno da parte di istitu-zioni ed enti pubblici? In Italia le associa-zioni vivono per lo più di risorse proprie e private. Le Istituzioni intervengono nelle mega iniziative a carattere sociale - vedasi Green Day - comunque con una partecipa-zione onerosa limitata.Cosa proponete a chi si avvicina a voi per la prima volta? Turisticamente offriamo un’Abruzzo che esprima una sintesi del patrimonio territoriale. L’itinerario turisti-co-culturale principe è dalla costa adriatica ai Parchi. Un percorso che oltre alle vedute panoramiche raccoglie e offre le diverse realtà tipiche quali: artigianato, enogastro-nomia, monumenti storici, musei, luoghi della fede, aziende agricole e paesi natali

ABRUZZO: FORTE, GENTILE E SUGGESTIVOITINERARI CULTURALI, SPIRITUALI ED AMBIENTALI AD USO TURISTICO

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SETTE | Regioni

Eventidegli illustri personaggi della cultura e del-l’arte abruzzese. Per esempio, partendo da Pescara si consiglia l’itinerario della cultu-ra: da D’Annunzio a Ovidio (Sulmona) le radici romane dell’Abruzzo, con soste salu-tari e ricreative nei luoghi più suggestivi e di maggior richiamo turistico.Ma le propo-ste sono molte e diversificate.Quali sono le località più richieste? Sono numerosissime. Se vogliamo monitorare i luoghi più visitati, si può partire dai Parchi, oltre che dal noto litorale, dalle zone mon-tuose, meta anche degli sport invernali, fino a quelle suggestive della Valle dell’Orfento nel Parco Nazionale della Macella, al Par-co Nazionale d’Abruzzo,Molise e Lazio, al Parco Nazionale Monti della Laga e al Parco Nazionale Sirente Velino; poi eremi famosi fra cui S. Celestino V Papa, santuari rupestri e santuari tradizionali, quali quelli del Volto Santo di Manoppello, visitato di recente da Sua Santità Benedetto XVI, San Camillo De Lellis, San Gabriele dell’Addo-lorata ai piedi del Gran Sasso d’Italia; e in-fine ivari Musei archeologici e degli illustri della cultura e dell’arte, quali quelli di Ga-briele D’Annunzio, di Cascella e altri an-cora. Non mancano interessanti visite alla industrie del confetto , del liquore d’erbe, alle aziende vinicole e della pastorizia.Chi sono i normali fruitori dei vostri ser-vizi? Associazioni su scala nazionale che organizzano gite in Abruzzo, scuole e pri-vati che partecipano alle gite tematiche or-ganizzate dall’associazione e agli incontri studio.Quali sono i pregi di una vacanza in Abruzzo? In Abruzzo, partendo dalla costa, è facile raggiungere con brevi spostamenti le località montane estive e invernali; du-rante il percorso si incontrano i vari aspetti della tipicità abruzzese che sono contraddi-stinti come “Oro d’Abruzzo”, assieme alla generosità e alla ospitalità degli abitanti.Quali i prodotti tipici di questa terra? Ce ne sono tanti e basta citarne alcuni più rino-mati, anche se tutti gli altri sono da meno: vini, olio, carni insaccate, porchetta cam-plese dop, arrosticini, formaggi di pecora, mozzarelle, parrozzo D’Amico firmato dal Vate D’Annunzio, pasta De Cecco e Del-verde e tanto di più…Sono molti gli stranieri che visitano que-sta regione? Dalla Costa teramana fino al Chietino, moltissimi turisti provengono da Germania, Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Canada. Certamente non visitano solo le

realtà che offre la costa, si addentrano nel territorio ricco di storia e cultura per delle puntatine ai luoghi del ferro battuto dove operano i maestri di Guardiagrele, alle ce-ramiche dei maestri di Castelli e di Rapino e ai meravigliosi spettacoli che la natura gli offre e li accompagna con panorami emo-zionanti. Di conseguenza numerosi sono i gemellaggi con i paesi europei e degli altri continenti. Sono molti a scegliere l’Abruzzo per ve-nirci a vivere? L’Abruzzo è in continua evoluzione e l’attrattiva di venirci a vivere è tanta. Oggi anche i paeselli abbandonati per l’emigrazione all’estero, sono tornati a vivere con il turismo, gli eventi folkloristi-ci e gastronomici. Ogni paese promuove la propria caratteristica. C’è da dire che dal-l’estero molti hanno acquistato case rurali per le proprie vacanze.Si trovano ancora soluzioni abitative a prezzo ragionevole? Se si dà una sbirciatina sui siti delle Agenzie immobiliari, si potrà constatare quanto l’edilizia è in fermento. I prezzi sono buoni e si trovano anche delle ottime occasioni.Come si vive in Abruzzo, rispetto ai con-tinui aumenti del costo della vita? In rap-porto agli aumenti del costo della vita, c’è da dire che l’Abruzzo si difende ancora. E’ una regione che riesce ad offrire commer-cialmente un prodotto genuino alla portata di tutti. Si riesce a vivere e anche a divertirsi senza spendere molto. L’Abruzzo è para-gonabile ad un cerchio che racchiude in modo ottimale le realtà per il vivere bene!

Quali sono gli avvenimenti culturali e fol-cloristici più importanti in Abruzzo? Sono talmente tanti che non possiamo riassumerli tutti in poche righe. A puro titolo di esempio posso citare la Giostra cavalleresca che si tiene a Sulmona; l’ultima domenica di Lu-glio a Pescara la festa di San Andrea con processione in mare, fuochi d’artificio e sagra del pesce fritto; il 16 Agosto la festa di San Franco a Francavilla al Mare, con fuochi pirotecnici spettacolari per la chiu-sura dell’estate e tanti ancora. Per avere una visione completa basta vedere gli avveni-menti del folklore sul portale www.abruz-zolive.com). Tenga presente che anche nel-la stagione invernale ci sono tante inziative folkloristiche.Sono ancora utili i gemellaggi ai fini del turismo? Certamente. Lo scambio turisti-co-culturale nel gemellaggio è importante per allargare e diffondere le rispettive cultu-re, stimolando la partecipazione dei luoghi gemellati agli eventi organizzati nel nostro territorio. E viceversa. In questo senso sono sempre molto utili e interessanti. Fra i gemellaggi effettuati figurano ad esempio Marsiglia e Pescara, Toronto e Pescara, ma tutte le città sono proponibili.Con quale slogan inviterebbe i nostri letto-ri a visitare l’Abruzzo? Il sorridente Abruz-zo ti aspetta fra mari e monti.

■ Paola Pacifici

Associazione Abruzzo LiveTel/Fax 085 52632 Cell. 329 1574514www.abruzzolive.com

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Regioni | OTTO

Grandi speranze RUBRICA LETTERARIAdi Matteo Scandolin

http://www.grandisperanze.net

L’inserto

«YOU OUGHTA KNOW»,DODICI ANNI DOPO

Nel 1995 usciva JAGGED LITTLE PILL, successo internazionale e du-raturo di Alanis Morissette. La ven-tenne canadese si fece allora una fama di cantantessa (per usare la parola co-niata da Carmen Consoli) incazzata, col mondo intero prima ancora che con qualcuno in particolare.Ascolti JAGGED LITTLE PILL e

l’unica cosa che puoi dire è: cristo, questa è davvero incazzata!La ragazza si era trasferita da poco a Los Angeles, dopo una gavetta in pa-tria che le aveva valso qualche prom-ettente premio come miglior voce es-ordiente e miglior album dance (per il suo ALANIS, pubblicato a diciassette anni). Spolpò la grande metropoli in

ogni modo, contattando tanti compos-itori e suonando con quanta più gente le fosse possibile, finché un giorno non incontrò Glen Ballard. Poco tempo dopo pubblicò il disco e fece il botto con You Oughta Know, una can-zone incazzata dura (ma va?).In questo brano, il mito della canadese pronta a prendere a pugni in faccia chiunque (metaforicamente parlando) è letterale. You Oughta Know divenne famosa come pezzo d’abbandono, in cui una lei alquanto risentita sputa ad-dosso all’ex un paio di sassolini che le erano rimasti nella scarpa. JAG-GED LITTLE PILL è sapientemente miscelato, trovi canzoni più intimiste (come Hands In My Pocket o You Learn) e pezzi più problematici (come appunto You Oughta Know o All I Re-ally Want), che risparmiano ben poco all’ascoltatore.E in quattro minuti di canzone ecco il romanzo di tutta una storia d’amore: una storia d’amore, appunto, finita. Romanzo che esplode catartico nel ritornello: «Sono qui per ricordarti del casino che hai lasciato quando te ne sei andato | Non è bello che ti dimentichi di avermi lasciato qui con una croce sulle spalle da portare».Ché a parlare di abbandoni, di storie che finiscono, di storie che non sono più storie, be’ sono capaci tutti. La bravura è farlo in maniera originale, e che sia vero. «Pensi mai a me men-tre la scopi?» è quanto di più vero si possa trovare in una persona incazza-ta per la fine di una storia d’amore. Le responsabilità, le negazioni, le as-pettative frantumate: quattro minuti e nove secondi di canzone, eppure c’è tutto.Questo cantava Alanis Morissette. Dodici anni dopo, guardati attorno: la sincerità, l’onestà sono merce ancora più rari, rincoglioniti come siamo. Avremmo di nuovo bisogno di una You Oughta Know, di qualcuno che c’inchiodi alle nostre responsabilità mostrandoci (gridandoci) la croce che gli abbiamo lasciato sulle spalle.

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NOVE | Regioni

iCON: STEVE JOBS di Jeffrey Young e William Simon (2007)Wiley, 360 pagine, £ 9.99.

Arrivi alla fine di questa edizione e vorresti leggere di più sull’oggetto tecnologico che pare destinato a rivoluzionare il mercato dei cellulari (oltre che il futuro di Apple). Ma dell’iPhone nessuna traccia, in questa biografia aggiornata agli ultimi mesi del 2006, così come non c’è traccia della decisione di mettere su iTunes il catalogo Emi senza DRM: peccato, sarebbe stato interessante leggere i dietro le quinte di simili avvenimenti. Ma per il resto il libro ti illustra in molti dettagli numerosi avvenimenti accaduti nella Silicon Valley dai primi anni ‘70 ad oggi. Il sottotitolo di questo volume è The Great-est Second Act In The History Of Business. Pare che il diretto interessato non abbia gradito molto, ed effettivamente i due autori non risparmiano di riportare, con tono distaccato e scientifico, alcuni brutti tiri giocati dall’iCeo a concorrenti, ma anche ad amici. Nelle sue 300 e più pagine ti portano nelle stanze dove furono immaginati e creati i primi esemplari della

Apple, ti mostra come fu costruita l’azienda, e descrivono senza mezzi termini Jobs come un ragazzino viziato, arrogante, presuntuoso e collerico: però un uomo che è stato capace di sopravvivere al quasi annientamento di due sogni, e al quale riconoscono l’onore e i meriti di aver fondato due società d’informatica d’alto livello, Apple e NeXT, di aver comprato una futura miniera d’idee, innovazione (e oro), Pixar, nonché di aver condotto la sua prima creatura fuori da un impasse piuttosto grave. La cosa più bella è che il libro si fa leggere come un romanzo, scritto bene e a ritmo serrato: persino le pallosissime beghe della Disney riescono a scorrer via bene. Complimenti vivissimi agli autori.

ALLA GRANDE di Cristiano Cavina (2003)MarcosYMarcos, 207 pagine, €. 13,00.

Alla grande davvero, questo romanzo d’esordio di Cavina. Classe ‘74, nato in provincia di Ravenna (dove ambienta il libro), ha una fantasia viva e scoppiettante, e uno stile sciolto, libero e informale. E ti credo: il romanzo ha per protagonista Bla, un bambino capace d’inventarsene una più del diavolo, nel tentativo (assieme ad alcuni amici) di costruire un som-mergibile. Un sommergibile! A Casola Valsenio! Prendi Cavlin & Hobbes, togli la tigre e mettici una bicicletta, sbattili nella bassa padana e aggiungici uno zio espatriato per scappare alla legge, una madre che fa i miracoli per arrivare alla fine del mese, dei nonni da manuale e un padre Disoccupato (nonché mai conosciuto), e poi amici dagli impossibili nomignoli, nemici da evitare o da combattere, solitamente ragazzi più grandi del paese, mescola bene e aggiungici uno stile frizzante

e lieve. Stile frizzante e lieve però capace di spaccare il cuore quando parla dell’affetto di Bla per la madre, dolcissima, che per campare stira per mezzo paese e deve pagare i danni delle avventure del figlio, mentre tiene a bada i nonni e cerca di non pensare al fratello fuggiasco. E la bassa: l’ultima volta che, personalmente, l’avevo sentita così viva era stato con Guareschi. Un libro “giovane” nella scrittura, nei protagonisti e nell’età dell’autore, che però merita più di molti classici. Assolutamente.

L’inserto

LUCIDA FOLLIA DEGLI OSSIMORIAh, gli ossimori. Accostare due parole che c’entran poco o niente tra loro, spremere fino in fondo quel che si ha e tirar fuori qualcosa che prima non c’era. A quello che ha scoper-to “dolceamaro” dev’esser venuto un infarto: per la novità, la scoperta, mica per altro. Oh sì, forse anche per aver sfiorato la definizione della vita.Quello di cui ti voglio parlare è un ossimoro. Si chiama inutile, e non lo è. Pretende di vo-lare basso, con quel nome da “maddài, non starai guardando proprio me?”, e invece ha così tante cose da dire, talmente tanti cassetti da aprire che, oh, c’è una voglia matta di scar-dinarli tutti assieme e subito, questi cassetti.Meglio dirlo subito: in inutile c’entro anch’io. Peggio: comando la baracca. Oddìo, diciamo: faccio finta. Meglio, sì. Perché qui la gente è grande abbastanza da non farsi comandare.

Così han deciso che andavo bene come “re-sponsabile editoriale” (l’abbiam chiamato così, ‘sto ruolo). Sarà che son grosso, mah. Ho le spalle larghe: così se c’è da prender bot-te mandano avanti me. Sì, sarà quello.Ah, gli ossimori, si diceva. Allora: inutile (ch’è l’opuscolo letterario di cui ti voglio parlare) è un ossimoro. Prima c’era niente: e poi inuti-le. Ch’è un po’ come dire Omero con Ulisse. Dio con la Bibbia. Shakespeare con Amleto. Come dire, la redazione di inutile con inutile. Prima c’erano otto persone: poi c’è inutile.All’inizio non eravamo neanche in otto. Be’, all’inizio non c’era neanche inutile. Questa è la magia dell’ossimoro: pum!, è venuto dopo. Ché abbiam pensato, accipicchia diavoletto, magari siamo buoni anche di fare una rivista. Siamo buoni di leggere. Siamo buoni di suo-nare. Di metter due parole in croce. Uno di

noi è buono anche di far nascere i bambini!, una rivista verrà fuori no, porcomondo? Vo-levamo farla d’ostetricia, poi quello che lo fa per mestiere ha detto “fatemi svagare guagliò, mica posso lavorare tutto il giorno!”, e allora abbiamo ripiegato sulla rivista letteraria. Sì, rivista, ma se facciamo solo 4 paginette!, e allora chiamalo opuscolo e che nessuno più rompa. Eh. Opuscolo letterario. Bon, andata.Sappilo però: inutile doveva essere una rivista d’ostetricia. Ma magari qualcosa è rimasto: se nei nostri pezzi trovi un’idea, prendila e falla tua. Falla crescere. E falla nascere, al di fuori della televisione-mondo, lontano dal li-bro-psicologia-da-sgabuzzino (ché da salotto sarebbe troppo). Facci sapere che nipoti ab-biamo. Fai nascere quest’idea e vanne orgo-glioso, perché Thoreau dice che molti uomini vivono vite di quieta disperazione, e un’idea è già un investimento sul futuro, allora.Basta avere le spalle larghe, e un po’ di voglia, e un po’ di speranza da perdere, per qualche idea in più nel mondo. Oh, detta così sembra importante: e invece è solo inutile.

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Regioni | DIECI

IN LIBRERIA “IL CAMMINO DEL VENTO”L’OPERA PRIMA DI UN GENIALE SCRITTORE MARCHIGIANO

Se è vero che molti autori, per puro spirito di compiacimento nei confronti del lettore, o per arricchire dei conte-nuti aridi e favorire gli aspetti com-merciali, si servono abbondantemente della fantasia per rendere credibili del-le realtà altrimenti inconciliabili con il raziocinio, nel libro di Savini, attraver-so una coraggiosa e alquanto originale inversione dei vecchi meccani-smi narrativi, le due dimensioni - quella della fantasia e quel-la della realtà, - vengono abil-mente alternate, sv incolandos i da qualsiasi ri-ferimento rico-noscibile e dan-do luogo ad una nuova forma di espressione letteraria senza tempo né luogo, che superando i limiti del-l’immaginazione permette di accettare come naturale perfino l’inaccettabile.Questo semplice, ma geniale artificio, ben calibrato, conferisce alla narrazio-ne un ritmo incalzante anche quando la stesura tende ad appiattirsi nelle

inevitabili descrizioni retrospettive, necessarie per attualizzare il presente storico, oppure di carattere squisita-mente culturale.Nonostante le vistose escursioni cro-nologiche e l’intreccio di situazioni volutamente contrastanti - che l’autore propone ripetutamente per realizzare una trama ambigua, ma intessuta su un ordìto di misteriose certezze - un impercettibile filo conduttore, stimo-lando di continuo la curiosità di chi legge, riconduce puntualmente tutte le vicende nell’alveo di un’agilità narra-tiva che, anche quando la struttura del romanzo tende a complicarsi, intervie-ne, giustifica, spiega, chiarisce, riag-gancia l’attenzione ed elimina ogni eventuale rischio di cadute di tono.Più che riassumere ed anticipare gli argomenti, come avviene spesso nelle prefazioni, questa nota ha lo scopo di fornire una nuova chiave di lettura, in grado di ottimizzare l’assorbimento delle innumerevoli sfumature che ca-ratterizzano lo stile letterario di Pier-carlo Maria Savini. Si vuole, quindi, lasciare al lettore il gusto e la soddi-sfazione di scoprire, studiare e fare

propri i lati più suggestivi di un intreccio di vicende indub-biamente inso-lite, che se viste con il semplice aiuto del ragio-namento, oltre-passano i fragi-li confini della concretezza e si perdono nei meandri del-l’inconscio ren-

dendo impossibile ogni raccordo con il pensiero dell’autore. Con queste premesse, che agiscono in senso preparatorio, e non come inva-dente anticipazione di quanto il libro potrà offrire, è facile, e in parte dove-roso, abbandonarsi all’immedesima-zione, anche quando l’autore ci pro-

Come scrive giustamente l’Au-tore, nella sua breve ma efficace introduzione, gli eventi della vita, spiegabili o misteriosi, succedono “indipendentemente da ogni vo-lontà umana” e sembrano collegati tra loro da una sottile ragione che spesso possiamo valutare solo con il passare del tempo.Il destino gioca un ruolo fonda-mentale e “niente capita per caso” come ai protagonisti di questo ro-manzo di Piercarlo Maria Savini......Ecco allora che l’attraversamen-to della vita, il senso dell’esisten-za, la necessità di ascoltare il pro-prio cuore non sono altro che la faccia visibile del dispiegarsi del percorso: la vita e la morte, la feli-cità e il dolore, la consapevolezza che tutto ciò che accade è unito da un filo invisibile, il destino...

Massimo Barilecritico letterario casa editrice Montedit

pone l’improbabile, quando ci impone l’impossibile e quando, con apparente supponenza, afferma l’incredibile. Questo perchè tutti i personaggi, rap-presentati come concreti o virtuali, a seconda delle esigenze di scena, in fondo sono le diverse facce di una stessa realtà esistenziale in cerca della verità, le versioni figurate dell’eterno conflitto fra cosciente e subcosciente, le speculazioni ipotetiche e mai prova-te sulla lotta fra libero arbitrio e desti-no assegnato.In tutto questo complesso quadro psi-cologico, che mette a nudo l’intimità e le debolezze dei protagonisti, l’autore non abbandona mai il senso della di-screzione, che - pur divertendo e ag-ganciando il lettore - gli permette di coinvolgerlo facendo ricadere esclu-sivamente sui personaggi i lati meno accettabili della vita. Ma nello stesso tempo di offrire, senza imporle, valide alternative di pensiero.

■ Giulio Rosi

“Gli avvenimenti inspiegabili acca-dono realmente, perché le cose avven-gono indipendentemente da ogni uma-na volontà. Esiste sempre una precisa ragione, perché essi si manifestano. Niente capita per caso, né esistono le coincidenze. Tutti gli eventi, apparen-temente slegati tra loro, sono uniti da un unico filo conduttore. I personaggi e i fatti di questo libro, puramente im-maginari, sono legati da quel filo.”

Libri

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UNDICI | Regioni

1971: LE “IMPRESSIONI DI SETTEMBRE”LA STORIA “LIRICO - MELODICO - BAROCK” DELLA PFM

Siamo nell’anno del Signore 1971, negli anni del post-Woodstock. Un uomo “liri-co” affronta e prende coscienza della sua realtà “bucolico-esistenziale” con la pro-fondità di un seguace della meditazione, interpretando le variazioni “cromatico-emotive” del colore verde. La campagna è l’humus della vita, nella quale i 4 elementi “presocratici” si rincorrono dall’acqua, vaporizzata in aria, immersa nella terra, in attesa di vivere il fuoco che scalda ed illumina, diradando le nebbie, in un mare di spighe di grano, accarezzate dal vento. All’improvviso, si svela la presenza di un cavallo, novello “Pegaso alato”. Il nobile destriero sta aprendo la strada al “mistico homo faber” su quale direzione scegliere oltre le nebbie della confusa conoscenza degli anni Settanta, sugli svariati dubbi esi-stenziali. il nuovo mondo è al di là delle co-lonne d’Ercole del sapere da esplorare con la consapevolezza di oltrepassare le “porte della percezione” . Siamo di fronte ad un uomo in cerca di se stesso, del nuovo mon-do che l’autunno sta facendo nascere, dopo i fuochi della estate: l’autunno della vita è solo la crescita del novello Ulisse, alla ri-cerca delle nuove frontiere dell’uomo del XXIesimo secolo… (interpretazione del pensiero della Premiata Forneria Mar-coni? ).Nel 1971, ispirata dai King Crimson di Robert Fripp (The 21th schizoid man) e di Greg Lake ( I talk to the wind), la P.F.M. registra quello che diventerà il suo gran-de cavallo di battaglia: “Impressioni di settembre”, una suggestiva ballad con un testo scritto da Mogol (padrone con Lucio Battisti della casa discografica Numero Uno). Non mancano gli spunti progressive (vedi impiego del moog, strumento intro-dotto per la prima volta, in Italia, da poco tempo). Una chitarra acustica semplice e melodica, creano una atmosfera coinvol-gente, ma esistenziale. Il ritornello, inve-ce, è più intenso e incisivo, con l’apporto vivido dell’incredibile arrangiamento del sintetizzatore. La poesia “epica” del mae-stro Mogol disegna lo zenith del pensiero dell’Homo Faber. Trentasei anni dopo, il capolavoro firmato Mussida-Pagani-Mogol resta a tutt’oggi un

“evergreen”, ineliminabile, del rock italiano.“Impressioni di settembre” trascina al suc-cesso Storia di un minuto, primo album della P.F.M., pubblicato nei primi mesi del 1972. Le sette tracce, scritte tutte dal duo Mussida-Pagani, sono costruite su “strut-ture progressive-rock”, con la presenza necessaria di una composizione classica. Il risultato è “progressive baRock”, a vol-te medievale, e che rivisita i Genesis di “Nursery Crime”, con una vena melodica italiche in “salsa mediterranea”. Il succes-so dell’album, comunque, è eccezionale. Il 20 dicembre del 1972, lo stesso Greg Lake assiste alla presentazione dal vivo del disco al PalaEur di Roma, e ne rimane esterrefat-to. A questo punto, la band si trasferisce a Londra e firma un contratto con la Manti-core, la casa discografica di Emerson, Lake & Palmer. All’apice del successo, la P.F.M. riesce a togliersi un’altra soddisfazione quando Pete Sinfield, magico paroliere dei King Crimson, scrive i testi dell’album Photos Of Ghosts, che racchiude pezzi in inglese tratti dai primi due lavori. Anche grazie a questa mossa, la band si affaccia sul mercato internazionale, ottenendo con-siderevoli riconoscimenti di critica e di pubblico. Nella caleidoscopica evoluzione dell’in-finito percorso musicale, la P.F.M. ha sa-puto mettere in uno shaker il “pop italico

“, improvvisazioni di stampo jazzistico e “liriche” di sonorità classicheggiante, con riferimenti a gruppi come i King Crimson, i Genesis, i Jethro Tull, gli Yes, Emerson Lake & Palmer (gruppi dei quali sono stati “spalla” nelle tournee, dal 1969 al 1974): insomma, il vero rock progressivo in salsa mediterranea, con dolcezze melodiche e asprezze lirico-romantiche, che hanno con-tribuito a rendere la sua formula originale rispetto ai modelli di “progressive-rock” d’oltre Manica.P.F.M., ovvero la sigla della rock band per eccellenza degli anni Settanta nella peniso-la italica, insieme con gli Area di Demetrio Stratos, il Banco Mutuo Soccorso, il Perigeo, le Orme, I New Trolls, Il Rovescio della Me-daglia, ovvero gli apostoli dello “Spaghetti Rock”!!!. Negli Ottanta, con la meravigliosa collaborazione con il “poeta-trovatore” Fa-brizio De Andrè, hanno santificato la musica d’autore con la poesia del rock. L’ultimo recente disco è stato accolto bene, sia dai vecchi fan che dal pubblico più gio-vane (anche se c’è chi obbietta che il gene-re tende più al pop che al progressive della P.F.M. vecchio stile). Sono tutti d’accordo su una cosa , sicuramente : la riunione della P.F.M. non è (o perlomeno, non solo) una operazione commerciale, i “ragazzi” han-no ancora molto da dire…

■ Mauro Boschi

Musica

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Regioni | DODICI

INCONTRO CON TULLIO PINELLI HA PRESENZIATO ALLA RETROSPETTIVA DEDICATAGLI A ROMA

Conosciamo bene i nomi dei principali attori e registi del nostro cinema, ma troppo spesso non conosciamo i nomi di altri grandi prota-gonisti della settima arte del nostro Paese. È questo il caso di un grandissimo sceneggiatore come Tullio Pinelli, un ragazzo di novanta-nove anni al quale il Centro Sperimentale di Cinematografia e la Cineteca Nazionale han-no dedicato una retrospettiva ed un incontro, nei mesi scorsi a Roma. All’incontro, al quale noi di Press Italia abbiamo avuto la fortuna di partecipare, ha presenziato lo stesso Pinelli, ac-compagnato dal figlio Carlo Alberto, stimato

documentarista. Tullio Pinelli è nato a Torino nel marzo 1908, e fino al 1942 ha svolto la professione di av-vocato, abbandonata per il suo grande amo-re per il cinema, in particolare a causa del felice incontro con Federico Fellini. Pinelli ha scritto molto con e per Fellini, ma anche per altri registi (Germi, Lattuada, Rossellini, Monicelli, Soldati, etc.), ed è stato anche au-tore di testi per il teatro. La breve rassegna ha permesso di rivedere al-cuni tra i films co-sceneggiati da Pinelli. Ricor-diamoli insieme, brevemente.

”Le miserie del signor Travet” (1946), di Ma-rio Soldati, scritto da Pinelli insieme con Aldo De Benedetti e Carlo Musso, ed interpretato da Carlo Campanini, Vera Carmi, Alberto Sordi e Gianni Agus. A Torino Ignazio Tra-vet, solerte funzionario dell’amministrazione règia, subisce al lavoro l’ostilità del capo, che gli nega ogni possibilità di carriera, mentre a casa è costretto a subire le vessazioni della mo-glie. Quasi una veggenza: sul lavoro si anticipa Fantozzi, mentre a casa si prevede quello che sarà il rapporto uomo-donna di questi ultimi decenni! “Senza pietà” (1948), di Alberto Lattuada, scritto dallo stesso regista insieme con Pinel-li e Fellini, partendo da un’idea di Ettore M. Margadonna. Il film, interpretato da Carla Del Poggio, John Kitzmiller e Giulietta Masina, è ambientato a Livorno, alla fine della guerra. Una ragazza, cerca disperatamente il fratello, aiutata da un soldato americano, ma finisce in un giro di droga e prostituzione. Girato nella pineta di Tombolo, trovo che il film sia ben rappresentato dalle parole di Paolo Mereghet-ti, che lo descrive come “un viaggio infernale compiuto da Lattuada nell’Italia disintegrata dell’immediato dopoguerra. Il regista ritrae un universo livido e senza vie d’uscita”.“In nome della legge” (1949), di Pietro Germi, sceneggiato da Monicelli, Fellini, Pinelli, Man-gone e Germi, con Massimo Girotti, Charles Vanel e Saro Urzì, narra di un giovane pretore, inviato in un paese della Sicilia, che combatte la mafia, ma si scontra con l’omertà della po-polazione. La morte di un ragazzo con il quale ha stretto amicizia lo spinge ad andare avanti. In un colpo solo Germi anticipa il cinema di impegno civile ed il western all’italiana.“La strada” (1954) è uno dei films più noti di Federico Fellini, scritto dallo stesso mae-stro riminese insieme con Tullio Pinelli ed Ennio Flaiano. Interpretato da Giulietta Masina ed Anthony Quinn, il filma narra di Gelsomina, ingenua piccola donna che gira per l’Italia insieme al duro Zampanò, che si esibisce nei paesi con giochi di forza. Gel-somina stringe amicizia con un funambolo, ma Zampanò lo uccide. Oscar per il miglior film straniero nel 1956.Dell’ampia e fortunata collaborazione tra Fellini e Pinelli, la rassegna romana ha ri-proposto anche “Il bidone” (1955), “Le not-

Cinema

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TREDICI | Regioni

ti di Cabiria” (1957) ed il celeberrimo “La dolce vita” (1960).“Amore mio aiutami” (1969), diretto da Al-berto Sordi, è stato scritto dallo stesso Sordi insieme con Rodolfo Sonego e Tullio Pinelli. Sordi e la Vitti danno vita ad una valida com-media amara sul sempre più difficile rapporto di coppia, sul finire degli anni Sessanta, tra nuovi comportamenti e vecchi tabù.“Alfredo Alfredo” (1972), di Pietro Germi, scritto dallo stesso regista con Tullio Pinelli, Piero De Bernardi ed il mio indimenticato maestro Leo Benvenuti, si avvale dell’inter-pretazione di un giovane ed efficace Dustin Hoffman al fianco di Stefania Sandrelli. Il timido impiegato Alfredo s’innamora di una ragazza possessiva. Riesce a sposarla, ma ben presto ne diviene succube. Conosce un’altra ragazza, più comprensiva, ma la libertà resta un sogno. “Amore e ginnastica” (1973), di Luigi Filippo d’Amico, è stato sceneggiato da Suso Cecchi d’Amico, Tullio Pinelli e dallo stesso regista, da un racconto di Edmondo De Amicis. Il film, interpretato da Senta Berger e Lino Ca-policchio, è ambientato a Torino, nel 1892, e narra dell’ex seminarista Simone che s’inna-mora di un’insegnante di ginnastica che vive nel suo palazzo, la quale si dedica anima e corpo all’educazione fisica, senza pensare alla vita privata ed al matrimonio. Pinelli e soci danno vita ad un eccellente ritratto della Tori-no di fine Ottocento.La retrospettiva si è conclusa con “Speriamo che sia femmina” (1986), film diretto da Ma-rio Monicelli, scritto da Pinelli, Benvenuti, De Bernardi, Cecchi d’Amico e Monicelli. Cast internazionale, composto da Liv Ullmann, Catherine Deneuve, Philippe Noiret e Bernard Blier. Il film racconta di una famiglia al femmi-nile che gestisce un’azienda agricola. Morando Morandini ha scritto: “Grande film borghese che arricchisce il povero panorama del cinema italiano degli anni ‘80 per il sapiente impasto di toni drammatici, umoristici e grotteschi, la splendida galleria di ritratti femminili”. Nella rassegna su Pinelli, per la quale è do-veroso ringraziare Luca Pallanch del Centro Sperimentale di Cinematografia, sono stati presentati al pubblico anche un incontro di Tul-lio Pinelli con Tullio Kezich, girato da Franco Giraldi, in cui Pinelli racconta la propria vita e le amicizie con Pavese e con Fellini, e “89 e mezzo - Un incontro con Tullio Pinelli”, girato dal figlio Carlo Alberto, il quale mette in luce il percorso artistico del padre Tullio.

■ Franco Baccarini

Cinema

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Regioni | QUATTORDICI

Estero

Sulla Costa del Sol, la lunga fascia litoranea dell’Andalusia che va da Malaga a Gibilterra, passando per le località turistiche di Torremolinos, Fuengirola, Marbella ed Estepona, esiste una delle più elevate concen-trazioni di italiani. Una delle curio-sità di questa zona è rappresentata dal consenso politico riscosso dal-le due “sindachesse” di Marbella, Angeles Muñoz e di Fuengirola, Esperanza Oña, entrambe giovani e laureate in medicina con un qualifi-cato passato professionale. Donne impegnate con esperienza politica ed elevati incarichi parlamentari nel Partito Popolare. A volerle alla guida della città, secondo un’in-chiesta svolta dal giornale telema-tico “Mondoitaliano”, sono stati anche i residenti italiani censiti nei due comuni. Abbiamo intervistato Esperanza Oña. Per la quinta volta eletta sinda-chessa. I cittadini ti hanno rin-graziato per il tuo lavoro. Per-chè? È indubbio che esiste una buona sintonia fra i cittadini e il nostro progetto, le nostre idee e il

nostro modo di lavorare. I risultati ci confermano che comunichiamo bene con i desideri di questa città e che stiamo lavorando insieme alla gente per raggiungere i migliori obbiettivi.Quale è la tipologia degli stra-nieri? Sostanzialmente si dividono i due categorie. Alla prima appar-tengono gli emigranti che vengono a lavorare per problemi economici, alla seconda i residenti stranieri che vengono per lavorare o per riposa-re, ma con una situazione economi-ca molto più tranquilla. Per andare incontro alle esigenze di entrambi i collettivi abbiamo creato due nuovi assessorati: quello dell’Immigra-zione, per quanto riguarda il primo gruppo e quello di Attenzione al Residente Straniero per il secondo collettivo, costituito per la maggio-ranza da italiani. Cosa ti piace dell’Italia? Tutto, mi piace tutto. Sono stata in Italia diverse volte ed ho notato che è un Paese totalmente turistico e che sa trarre molto vantaggio dal turismo. Tutto in Italia è gradevole, comin-

ciando ovviamente dall’impressio-nante patrimonio culturale e dalla bellezza delle sue città e dei suoi paesi. Per esempio un luogo che mi incantò è Assisi, così piccola e così preziosa, con la sua gente gentile e la sua squisita cucina. Quando iniziasti la carriera? Sono medico, però studiando medi-cina a Siviglia già mi interessavo di politica, e iniziai a collabora-re con il Partito Popolare, perchè sono sempre stata di idee politiche moderate. Non mi piacciono il radi-calismo e gli estremismi.Cosa fai nel tempo libero? Mi pia-ce leggere e viaggiare, il mangia-re è un autentico piacere. Mi piace una pizza o “un huevo frito con pa-tatas y chorizo”, che è un piatto ti-pico spagnolo, o un carpàccio, così come un “guisado con crema”. Quando viaggio amo conoscere i cibi del Paese dove mi trovo. Fra i miei hobbies c’è anche quello mon-tare a cavallo.Qual’è il maggiore difetto dei so-cialisti? Il concetto che hanno della vita pubblica, essi credono che gli appartenga e che solo loro devono gestirla come gli fa comodo. Non credono nell’alternanza politica sulla quale è basata la democrazia. Quanto e perchè è negativa la politica socialista di Chaves per l’Andalusia e per gli imprendi-tori spagnoli e stranieri? Quali conseguenze comporta per l’eco-nomia e il progresso? È tanto più negativa in quanto l’Andalusia è la Comunità Autonoma più popolata, fra le più estese e con maggiori ric-chezze naturali della Spagna. Appa-re chiaro come il Presidente Chaves voglia schiacciare tutte le iniziati-ve imprenditoriali, perseguitandole fino a distruggerle, di conseguenza non può creare impiego, non può creare ricchezza e non può creare progresso. Ecco, in sintesi, quello che sta succedendo in Andalusia.

■ Paola Pacifici

LA SINDACHESSA AMATA DAGLI ITALIANIIN MOLTI COMUNI SPAGNOLI TRIONFA LA POLITICA AL FEMMINILE

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PRESENTATO L’INNO DELLE MARCHECOMPOSTO DA GIOVANNI ALLEVILe Marche, prima regione in Italia, hanno il loro Inno. E’ stato composto da Giovanni Allevi, il noto musicista ascolano e testimonial della Regione. Oggi pomeriggio, è sta-to presentato agli organi d’informazione nella sede istituzionale dal presidente Gian Mario Spacca e dal maestro Allevi. Un’anticipazione alla prima assoluta di sabato 1° settembre, a Loreto, in occasione dell’Agorà dei giovani per la visita del Papa.“L’Inno delle Marche - ha detto il presidente Spacca – ci mette in sintonia con le corde della nostra comunità. Consolida il senso di appartenenza e aiuta a rafforzare la con-sapevolezza di appartenere a una regione unica. Evocherà nel mondo le suggestioni di un territorio che ha raggiunto primati in ogni settore oltre ad aver dato i natali a tanti personaggi illustri”. “Perché - ha aggiunto Spacca - per consolidare il senso di appartenenza non basta una buona amministrazione ma occorre tener conto dei valori di riferimento della comunità. L’opera di Allevi è una bella pagina della nostra storia, per la suggestione del pezzo, composto da un giovane autore che affonda le sue radici nella storia, anche musicale, delle Marche”. Il celebre musicista ha detto di sentirsi onorato per la grande opportunità artistica che gli è stata data e il fatto che sia venuta proprio dalle istituzioni della sua regione è motivo di grande orgoglio. Allevi ha composto l’opera negli Stati Uniti durante il tour per il suo ultimo successo “Joy”, pensando alle sue Marche “con la nostalgia e l’af-fetto di chi deve lasciarle per lavoro o per seguire le proprie passioni e i propri sogni, e immaginandomi per questo accomunato, nella mia avventura, a tutti i marchigiani nel mondo che volessero ricordare, attraverso quelle note, la propria terra d’origine”. “La melodia portante - ha continuato - è più volte ripetuta sempre con maggiore in-tensità, a significare la dolce determinazione del carattere marchigiano, che raggiunge i propri obiettivi senza prevaricazione, ma con convinzione; e accenni ad atmosfere rinascimentali riportano la mente ad antica fierezza. Domina in tutto l’Inno un pathos struggente e nostalgico, unito alla consapevolezza di un futuro limpido e sereno”. L’Inno sarà il passaporto della comunità marchigiana e, d’ora in avanti, veicolerà in note musicali, le celebrazioni e gli eventi della Regione. A partire, naturalmente, dalla Giornata delle Marche, quest’anno dedicata ai giovani e, non a caso, un giovane talento marchigiano è stato scelto per comporre l’Inno della regione. La melodia entrerà a far parte del repertorio delle tante bande musicali disseminate sul territorio marchigiano e non è esclusa l’ipotesi di arrangiare il brano per le corali. L’11 settembre prossimo, a Serra San Quirico, presso l’Abbazia di Sant’Elena, la Regione Marche presenterà l’Inno a tutte le istituzioni, ecclesiastiche, civili e militari, nel corso di un concerto dove il maestro Allevi lo eseguirà con l’accompagnamento dell’Orchestra filarmonica marchigiana.

Notiziario

QUINDICI | Regioni

II^ MARGUTTIANA D’ARTE CITTÀ DI SAN SEVERINO MARCHE (MC)

L’Associazione Artistica Le Nove Muse di Matelica (MC), in concomitanza alla 17° Mostra di Attività Produtti-ve organizzata in collaborazione della Confartigianato Col diretti e con il pa-trocinio del Comune di San Severino Marche, organizza dal 20 al 23 settem-bre la II^ MARGUTTIANA d’ARTE. In Piazza del Popolo a San Severino Mar-che, nelle serate del 20 e 21 settembre e nelle giornate di sabato 22 e domenica 23 settembre, fino alla sera, si terranno le seguenti esposizioni: la marguttia-na d’arte e la tradizionale Mostra delle Attività Produttive ad ingresso gratuito. Le serate saranno allietate da spettacoli organizzati dal Comune e dalle attività commerciali. La Marguttiana d’Arte si svolgerà, come la precedente edizione, sotto il loggiato antistante la Piazza del Popolo. E’ un momento di incontro di pittori e scultori di tutta Italia, che han-no la possibilità di farsi conoscere da migliaia di visitatori. Infatti la mostra delle Attività Produttive da anni richia-ma persone e visitatori da tutta Italia. L’inaugurazione si terrà giorno 20 set-tembre 2007 alle ore 18:00 in cui saran-no presenti le principali autorità della re-gione Marche, radio, giornali e tv locali.

Per ulteriori informazioni:Associazione Artistica “LE NOVE MUSE” - www.lenovemuse.org

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