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direttore editoriale Gerardo Manarolo comitato di redazione Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri Bruno Foti Alfredo Raglio Andrea Ricciotti segreteria di redazione Ferruccio Demaestri comitato scientifico Rolando O. Benenzon Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina Michele Biasutti Università di Padova Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna Giovanni Del Puente Sezione di Musicoterapia, Università di Genova Franco Giberti Psichiatra, Psicoanalista, Università di Genova Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia Luisa Lopez Fondazione Mariani, Milano Giandomenico Montinari Psichiatra, Psicoterapeuta, Genova Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Bologna Oskar Schindler Ordinario di Foniatria, Università di Torino Frauke Schwaiblmair Istituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania musica&terapia numero 34 segreteria di redazione Ferruccio Demaestri Corso Don Orione 7 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347 8423620

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direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio BonanomiMassimo BorghesiFerruccio DemaestriBruno FotiAlfredo RaglioAndrea Ricciotti

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. BenenzonUniversità San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Michele BiasuttiUniversità di Padova

Leslie BuntUniversità di Bristol, Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteSezione di Musicoterapia, Università di Genova

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista, Università di Genova

Edith LecourtUniversità Parigi V, Sorbonne, Francia

Luisa LopezFondazione Mariani, Milano

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Pier Luigi PostacchiniPsichiatra, Neuropsichiatra Infantile,Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria, Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile,Università di Monaco, Germania

musica&terapianumero

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Grafica e impaginazioneCosmopolis snc - Torino

Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

Il modello DIR e l’interventosul nucleo sintomatico dell’autismoGiulia Campatelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

Il relazionale e la musica:riflessioni sull’approccio musicoterapiconei disturbi dello spettro autisticoAntonella Guzzoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

Musicoterapia:un supporto nel trattamento dell’ADHD(Attention Deficit Hyperactivity Disorder)Cristina Benefico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

Musicoterapia e Songwriting:un’esperienza di trattamento di pazientiadulti con doppia diagnosiAndrea Golembiewski . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

Suoni, voci e paroledelle persone con demenza.La musicoterapiaal “Rifugio Re Carlo Alberto”Gianni Vizzano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

Aspettative e opinioni di un campionedi pazienti psichiatrici ricoverati rispettoa un’esperienza di musicoterapia recettivaPalmieri G., Ferrazzi G., Pingani L. . . . . . . . . . . . . 46

Recensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

Articoli pubblicatisui numeri precedenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

indice editoriale

Numero 34 - Luglio 2016

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numero

34Il secondo numero del 2016 di “Musica et Terapia”ospita in apertura il contributo di Giulia Campatellidedicato al trattamento dell’autismo infantile. Il suoarticolo ci introduce nel modello DIR (acronimo diDevelopmental, Individual-difference, Relationiship-based model), che presenta diverse interessanti ana-logie con le procedure applicate dalla musicoterapiain tale contesto clinico. Il modello DIR, precisa l’autri-ce, si basa su un‘attenta osservazione del profiloindividuale del bambino includendo i suoi interessispontanei e il suo peculiare modo di interagire conl’ambiente, dove risulta fondamentale il Floortime (iltempo passato sul pavimento) per creare interazionispontanee ed emozionalmente significative.

A seguire l’articolo di Antonella Guzzoni evidenzia ipunti di contatto fra l’approccio musicoterapico e ilmodello DIR-Floortime precisando come il musicote-rapista nell’obiettivo di creare esperienze relazionalied emotive significative raccolga i bisogni del bam-bino, le sue diverse modalità espressive e si sinto-nizzi su di essi per organizzare aspettative di reci-procità, sicurezza e fiducia.

Il contributo di Cristina Benefico tratta un altro qua-dro psicopatologico proprio dell’età evolutiva, l’ADHD(Attention Deficit Hyperactivity Disorder) precisando,anche in riferimento alla bibliografia scientifica sultema, come il trattamento musicoterapico possamigliorare la capacità attentiva, la memoria di lavo-ro, la capacità di pianificare.

Gli articoli successivi riguardano diversi contestiapplicativi.

Andrea Golembiewski introduce una peculiare tec-nica musicoterapica, Il Songwriting; l‘autore descriveuna personale esperienza, gruppale, rivolta a pazien-ti con doppia diagnosi, sottolineando come, a finetrattamento, sia stato possibile osservare una mi-gliore integrazione interpsichica e intrapsichica deidiversi partecipanti.

Gianni Vizzano descrive la sua attività di musicote-rapista, con diverse esemplificazioni cliniche, pressoil “Rifugio Re Carlo Alberto” struttura specializzatanella cura delle demenze e della malattia diAlzheimer che, nel 2014, ha ricevuto a Bruxelles ilpremio europeo EFID Award (European Foundations’Initiative on Dementia).

Palmieri, Ferrazzi e Pingani, a conclusione di que-sto numero di Musica e Terapia, illustrano un’inte-ressante ricerca volta a precisare gli esiti di un trat-tamento di musicoterapia recettiva rivolto a pazien-ti psichiatrici ricoverati presso l’Ospedale Privato“Villa Igea” di Modena.

GERARDO MANAROLO

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DIR/Floortime model is a globaland interdisciplinary approach onindividual’s assessment and caring

and a comprehensive developmental interventiontargeting self-regulation capacities, mental health,sensory processing, motor development andlanguage, mainly known for its application on ASD.The aim of this work is focusing on theDIR/Floortime interventions on core symptoms ofautism diagnosis according to DSM V introducingsome evidence-based literature.

Il modello DIR (acronimo di Developmental, Individual-difference, Relationship-based model), nato negli StatiUniti dal lavoro di Stanley I. Greenspan e SerenaWieder e presentato per la prima volta nel 1979(Greenspan, 1979), racchiude contributi clinici e di ri-cerca relativa allo sviluppo del bambino, di psicologia,psicoanalisi, neuroscienze ed educativi. In Italia, già nel2005 venne inserito nelle Linee Guida della Società ita-liana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza(SINPIA) tra le raccomandazioni tecniche-operative per iservizi di neuropsichiatria dell’età evolutiva.Questo modello complesso e multidimensionale pre-suppone l’intervento globale e integrato su aree qualil’attenzione, la regolazione, la salute mentale, la pro-cessazione sensoriale, lo sviluppo motorio e il linguag-gio (Casenhiser, Binns, McGill, Morderer, Shanker, 2015).Come emergerà chiaramente in conclusione del pre-sente lavoro, il modello presuppone la costituzionedi un’équipe multidisciplinare in cui clinici, terapisti,genitori, insegnanti ed educatori lavorano a strettocontatto per sostenere lo sviluppo del bambino.Obiettivo del presente lavoro è cercare di mostrarecome il modello DIR consideri le diverse aree dellosviluppo funzionale del bambino permettendo di foca-lizzarsi sui processi alla base dei sintomi clinici delladiagnosi stessa di autismo, valutando anche le carat-teristiche dell’ambiente di vita e gli stili interattivi delbambino e dei familiari nel pieno rispetto della com-plessità di un approccio centrato sulla persona.

IL MODELLO DIRE L’INTERVENTO SUL NUCLEOSINTOMATICO DELL’AUTISMO

Giulia Campatelli, Psicologa, Psicoterapeuta,Segretario ass. DIRimè, Ricercatrice in neuropsicologianei disturbi dello spettro autistico, Vienna

LE CAPACITA EMOTIVO-FUNZIONALIDELLO SVILUPPO (D)Il DIR identifica e sequenzia le capacità funzionali edemozionali (la “D” dell’acronimo DIR) su cui si strut-tura l’intero sviluppo (dalla vita relazionale al lin-guaggio e il pensiero) permettendo così un’organiz-zazione degli obiettivi ditrattamento in accordo allanaturale progressione delleacquisizioni nello sviluppotipico dei bambini. Comeriportato anche in lettera-tura scientifica, i bambiniapprendono al meglio quando sperimentano espe-rienze adeguate al livello di sviluppo raggiunto(Bruner, 1991). L’obiettivo è quindi l’attenta valuta-zione del livello di sviluppo del bambino e dellemodalità necessarie al supporto dell’apprendimentoverso capacità maggiori.Ciascuna capacità funge da prerequisito e facilitatoreper quella successiva in una precisa gerarchia ditappe evolutive comuni a tutta la specie umana(Greenspan & Shanker, 2007). Riassumendo questecapacità, vere e proprie pietre miliari evolutive, èpossibile citare in successione l’autoregolazioneemotivo-comportamentale, l’intersoggettività prima-ria e il coinvolgimento sociale, l’attenzione condivi-sa, la comunicazione gestuale reciproca e intenzio-nale, il problem-solving sociale, lo sviluppo del lin-

guaggio e del pensiero simbolico (Greenspan &Wieder, 2007). Ma cosa spinge il bambino versocapacità sempre più complesse? Secondo il modelloDIR, il motore che alimenta la spinta evolutiva nel-l’acquisizione progressiva di livelli di sviluppo sem-pre più elevati è l’affettività. Le basi evolutive dello

sviluppo sono modulatedalle emozioni del bambi-no in interazione con l’am-biente. Superata ormai latradizionale contrapposi-zione tra emozione e intel-ligenza, l’affettività quindi

è il vero motore dello sviluppo che spinge l’essereumano ad acquisire nuove abilità cognitive, linguisti-che, sensoriali, motorie, relazionali (Greenspan,Bivasco, Guani, 1997).Nel codificare l’esperienza quotidiana, il sistema emo-zionale del bambino, insieme al sistema sensoriale(Grosso, Cambiaghi, Renna, Milano, Merlo, Sacco,Sacchetti, 2015), assegna una qualità e un’intensità adogni evento o azione. L’affettività quindi guida lo svi-luppo, organizza il comportamento e offre un signifi-cato all’esperienza (Heron-Delaney, Kenardy, Brown,Jardine, Bogossian, Neuman, de Dassel., Pritchard, 2016).Spostando l’attenzione sul quadro sintomatologicodell’autismo, è semplice notare la coerenza con laconcettualizzazione espressa nel modello DIR.Secondo la più recente edizione del DSM, la V, la

I bambini apprendono almeglio quando sperimentanoesperienze adeguateal livello di sviluppo raggiunto

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prima categoria sintomatologica per la diagnosi diautismo riguarda l’interazione socio-emozionale condeficit persistente nella comunicazione sociale e del-l’interazione sociale (American Psychiatric Association,2013). Vengono valutate quindi le limitazioni nelcoinvolgimento sociale, nell’attenzione congiunta,nell’interpretazione delle situazioni sociali (problemsolving sociale). È possibile quindi vedere come leprime capacità emotivo-funzionali dello svilupposiano parte centrale delnucleo sintomatico dell’au-tismo. Il trattamento DIRdell’autismo presupponeproprio il rafforzamento diquesti livelli di sviluppo intermini di autoregolazione emotivo-comportamenta-le, capacità relazionali e interattive, comunicazionereciproca intenzionale e pensiero creativo indipen-dente. Elemento chiave per la terapia è il supportodell’iniziativa spontanea del bambino allo scopo dimassimizzare la mobilizzazione dell’affettività e l’at-tivazione del suo sistema emozionale. Come confer-mato da dati di letteratura, i bambini apprendono almeglio se coinvolti come partecipanti attivi in primapersona (Yurovsky, Smith, Yu, 2013) e in contesti perloro emozionalmente significativi.Creare opportunità di apprendimento emozionalmen-te significative, calate sul livello di sviluppo al mo-mento raggiunto dal bambino e sul suo profilo indi-viduale, è la caratteristica principale del trattamentosecondo il modello DIR.

IL PROFILO SENSORI-MOTORIOINDIVIDUALE (I)Il modello non ha solo contribuito ad una comprensio-ne più completa dello sviluppo del bambino ma èstato altresì il primo a intuire l’importanza dei mecca-nismi neurobiologici della processazione sensoriale emotoria (la “I” nell’acronimo DIR). Oggi le neuroscien-ze sottolineano come la processazione sensorialemoduli l’organizzazione comportamentale e la stessaattività del cervello (Dunn, Little, Dean, Robertson,Evans, 2016).

Nei disturbi pervasivi dello sviluppo, spesso i genito-ri sono in grado di descrivere caratteristiche sensorialiatipiche dei propri bambini e tali alterazioni della pro-cessazione sensoriale sembrano essere un quadroricorrente nella costellazione sintomatica dell’auti-smo. In aggiunta allo stress per la famiglia e per lapersona stessa che queste alterazioni possono crea-re, i disturbi della processazione sensoriale sono stati

correlati anche con i com-portamenti ristretti e ripeti-tivi, etero e auto-aggressi-vità, deficit di attenzione edisturbi gastrointestinali.Oggi finalmente il DSM-Vriconosce la “sensibilitàinsolita agli stimoli senso-

riali” come uno dei veri e propri criteri diagnostici perl’autismo (American Psychiatric Association, 2013).Ma la complessità dell’impianto teorico del modelloDIR non si limita alla messa a fuoco dell’esistenza didiversi sistemi sensoriali. Invita invece alla loro inte-grazione con le altre dimensioni dello sviluppo, sot-tolineando come la processazione sensori-motoriaabbia un impatto sulle acquisizioni delle capacitàemotivo-funzionali dello sviluppo, e viceversa, cosìcome sui pattern relazionali del bambino e la fami-glia. La “D”, la “I” e la “R” dell’acronimo DIR, quin-di, si integrano tra loro in un modello teorico com-plesso e multidimensionale. Anche qui, la letteraturaoffre conferma sottolineando come evidenze neuro-scientifiche supportino l’interazione tra processazionesensori-motoria, coinvolgimento sociale e cognizione(Cosbey, Johnston, Dunn, 2010). Inoltre la comunitàscientifica esprime ormai consenso nel ritenerenecessaria la considerazione della teoria di integra-zione sensoriale in un quadro multidisciplinare piùampio ed evolutivo per progredire nella comprensio-ne delle basi neurobiologiche dell’autismo e potenzia-re l’identificazione precoce e l’intervento (Schauder,Bennetto, 2016).Come ormai sottolineato dalla ricerca internazionale,la personalizzazione del trattamento è uno dei fatto-ri fondamentali per l’efficacia degli interventi nell’au-tismo (Fava & Strauss, 2014). Nel lavoro terapeutico,

il modello DIR richiede la creazione di un piano alta-mente individualizzato sulle caratteristiche sensorialie motorie del bambino per supportare la regolazioneemotivo-comportamentale, la partecipazione socialee l’organizzazione del comportamento rafforzando losviluppo di abilità prassiche e di pianificazione moto-ria. Nonostante non ci siano ancora spiegazioni uni-voche delle basi neurobiologiche delle alterazionisensoriali nell’autismo, la letteratura mostra consensosulle indicazioni di trattamento proposte: “i miglioritrattamenti conosciuti per i sintomi sensoriali nei di-sturbi dello spettro autistico sono specificatamentepersonalizzati sui bisogni dell’individuo e ciò includela terapia di integrazione sensoriale, la dieta senso-riale e le modifiche all’ambiente di vita” (Hazen,Stornelli, O’Rourke, Koesterer, McDougle, 2014).Nel modello DIR, attività sensori-motorie vengonoregolarmente integrate insieme ad giochi visuo-per-cettivi, attività di problem solving sociale e Floortimein un piano di trattamento globale e condiviso con lafamiglia e la scuola.

LE CARATTERISTICHE DELLA RELAZIONE (R)L’ultima, ma non meno importante, concettualizzazio-ne del modello DIR è il ruolo centrale riconosciutoalla relazione con l’altro (“R”). Raccogliendo i contri-buti della teoria dell’attaccamento, della psicoanalisie della psicologia dello sviluppo, la relazione è la cor-nice entro cui avviene l’apprendimento e l’intero svi-luppo del bambino (Casenhiser, Shanker, Stieben,2013) con acquisizioni più stabili e generalizzate(Solomon, Van Egeren, Mahoney, Quon Huber,Zimmerman., 2014). È nella relazione che avvienel’acquisizione delle capacità emotivo-funzionali e ilbambino impara l’autoregolazione delle proprie pro-cessazioni sensori-motorie. Ma qual è la relazionespontaneamente di riferimento per il bambino? Unalunga tradizione di ricerca si è dedicata allo studiodella relazione tra il genitore e il bambino (Winnicott,1962) fin dalle primissime fasi di vita neonatale; èproprio il rapporto della coppia genitore-bambino e ilricco scambio di interazioni tra loro che accompagna ilbambino all’incontro con il mondo e alle successiveinterazioni sociali complesse (Stern, 1987).

Nell’autismo, la componente relazionale è stata laprima ad esser stata messa a fuoco quale trattoessenziale della diagnosi stessa (Kanner, 1943). Nelmodello DIR la relazione con il genitore è il veicoloper interazioni affettive (e quindi con un’alta spintaemozionale e motivazionale). L’intervento è quindinecessariamente mediato dal genitore in quantosono proprio i genitori le figure ad esser nella posi-zione migliore per cogliere le opportunità di suppor-to del bambino nei diversi momenti della vita quoti-diana. Tale aspetto implica un vero e proprio lavoroparent coaching. Con parent coaching si intende ilprocesso di supporto del coinvolgimento attivo ediretto del genitore nell’intervento stesso in modoche possa vivere in prima persona quelle esperienzeaffettivamente significative e appropriate per far pro-gredire lo sviluppo del bambino. Tale lavoro è spessoun vero e proprio processo di empowerment delgenitore, supportandone il senso di competenza edefficacia e promuovendone la consapevolezza e re-sponsabilizzazione nei confronti del piano di tratta-mento del suo bambino. Ciò che spesso otteniamonel trattamento con il modello DIR sono genitori conun profondo rispetto per il mondo interno dei lorobambini, le loro caratteristiche uniche individuali e illoro stile relazionale.L’attenzione però ai pattern relazionali nel modelloDIR va oltre la famiglia, comprendendo tutti i conte-sti di vita del bambino: le terapie stesse, la scuola,lo sport. Il modello DIR quindi promuove inesorabil-mente la creazione di una squadra multidisciplinaredi figure coinvolte nel piano di trattamento del bam-bino a pieno vantaggio di tutti gli attori coinvolti edella massimizzazione delle risorse disponibili.Citando un abbastanza recente contributo di ricerca:“la collaborazione e l’integrazione multidisciplinarepuò portare ad un sostanziale miglioramento dell’ef-ficacia dell’intervento attraverso piani di trattamentoaltamenti individualizzati basati sulle necessità delbambino e della famiglia” come fortemente espres-so nel modello DIR (Fava & Strauss, 2014).Nonostate la difficoltà di raccolta dei dati di ricerca suun modello cosi’ individualizzato e complesso, sonoormai presenti diverse conferme di efficacia dell’inter-

I bambini apprendono almeglio se coinvolti comepartecipanti attivi in primapersona e in contesti per loroemozionalmente significativi

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vento sull’autismo con il modello DIR: in uno dei prin-cipali studi più recenti (Liao, Hwang, Chen, Lee, Chen& Lin, 2014), i bambini con autismo che hanno ricevu-to l’intervento hanno mostrato miglioramenti sostan-ziali nel funzionamento emozionale, nella comunica-zione e nelle abilità quotidiane; parallelamente, i geni-tori hanno percepito cambiamenti positivi nell’intera-zione con i propri bambini.

Concludendo, il modello DIR si basa su un’attentaosservazione del profilo individuale del bambinoincludendo i suoi interessi spontanei e il suo pecu-liare modo di interagire con l’ambiente con l’obietti-vo di avvicinarci al suo mondo interno e portarlo gra-dualmente verso esperienze sociali di condivisionecon l’altro. Occorre entrare nel mondo d’ogni singolobambino, e di ogni singolo genitore, e creare pianidi trattamento altamente individualizzati che lavora-no sul nucleo stesso dell’autismo: gli aspetti senso-riali, la motivazione sociale e l’attenzione condivisa,la comunicazione e la reciprocità, con il pieno e atti-vo coinvolgimento dei terapisti, della famiglia edella scuola.

“Ho sentito abbastanza. Ora è il mio turno perparlare, in qualsiasi modo venga fuori.Attraverso il tablet, le mie mani o la bocca.Ora è il vostro turno ascoltare. Siete pronti?”Neal Katz, 2013

Bibliografia segue Bibliografia

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grammata. Avevo la sensazione di proiettarmi inun’avventura dove la presenza di un codice scono-sciuto, la notazione musicale, poteva svelarmi comeera fatta la musica.Saper leggere quelle palline nere talvolta raggrup-pate, talvolta solitarie, significava anche poter suo-nare uno strumento musicale. Scelsi il pianoforte. Misembrava uno strumento comodo, con una sedutasgabello confortevole, un amico complice dal suonomaestoso, che pazientemente mi aspettava a casa.Anche il salotto, con il suo ingresso, non sarebbestato più lo stesso.Scoprii ben presto che le palline nere non indicava-no solamente i tasti bianchi o neri da schiacciare conle dita, ma racchiudevano quella magia che si tra-sferisce dal suono pensato, al gesto della mano,all’emozione che stai provando e che vuoi estende-re a chi ti ascolta. Mi sono imbattuta, da grande, inun piccolo libro intitolato “Manuale di musicotera-pia”, scritto da Rolando Omar Benenzon e pubblica-to in Italia da Borla nel 1982. Quel libro segnò unatappa importantissima, insieme agli studi di JulietteAlvin, per la nascita e lo sviluppo di un “nuovomondo” legato alla musica: quello della musicotera-pia. Quelle pagine tradotte dallo spagnolo rappre-sentarono, per la mia formazione, una guida per ini-ziare a percorrere un sentiero ancora poco esplora-to di una professione che stava cercando uno statu-to etico, scientifico e tecnico.

Ho realizzato poi un desiderio chiuso dentro al cuor,parafrasando fiabescamente la canzone “I sogni sondesideri” della Cenerentola disneyana: mettere a dispo-sizione il linguaggio musicale agli esseri viventi piùmusicali in assoluto. Sto parlando di loro: i bambini.Dopo anni passati ad utilizzare la musica comemezzo per cercare di accendere scintille di attenzio-ne, di emozioni, di conoscenza, di padronanza e dicuriosità, sento il dovere di restituire attraverso paro-le immediate e spontanee, uno dei tanti “pensieri”che ho scritto sui quaderni di “brutta copia” accan-to ai diari più “professionali”, come si usava a scuo-la quando io ero bambina. Perché la “brutta” si sa,è molto più entusiasmante della “bella”; le maestredella Scuola Elementare lo sapevano bene e “leg-gevano” i bambini dalla brutta copia. Sulla “bella”noi bambini lasciavamo idee più compiacenti edevote verso l’insegnante, tralasciando quei partico-lari che in realtà ci rendevano unici e speciali. Laverità, rimaneva racchiusa nella “brutta” e le mae-stre di un tempo questo lo sapevano bene.Oggi la “brutta copia”, che è più ricca e vivace, èscomparsa dai banchi di scuola, come se l’errore nonfosse più un qualcosa dal quale partire, migliorarsi edapprendere meglio, ma un fardello inconcepibile cheporta solamente sventura. Ma dove è finito il concet-to “per prove ed errori”? Non è forse attraverso que-sto processo che impariamo a conoscere il mondo? Lametafora dello strumento musicale in questo contesto è

This publication aims to deepenthe common features betweenmusic-therapy and the DIR-Floortime

Model (Greenspan&Weider, 2006) in the treatmentof children with autistic spectrum disorders.These features focus on the importance ofaffective interactions, on relatedness, expressionand emotional processing and communication.The co-created musical experiences in themusic-therapy setting enable to organize meaningfulmoments activating the Joint-Attentional Process.This essay contains a 60-items guide to assessthe musical behaviours in relation to the SixDevelopmental Levels or Milestones, the IndividualDifferences and Relationship with the music-therapist.

AdagioAiutami a camminare.Io in punta di piedi,tu con piede sicuro.Devo appoggiarmi a qualcosa.Rallenta tutto ciò che puoi:il respiro, la musica, i suoniche ti escono dalla bocca.Ferma la luce sul pavimento.Lascia socchiusa la finestra.Tramutami in suoni il rumore della vita.Troppe cose mi attraggono.Troppe parole mi confondono.Cerco contorni nettiritagliati da una forbice perfetta.Cerco un silenzio scherzosoed un tempo senza fretta.

PREMESSASono nata e cresciuta con la musica. Potevano esser-ci giorni avversi, periodi più bui, momenti di mag-giore difficoltà, ma la costante familiare è stata unacolonna sonora variegata, una coperta patchworkcomposta da tanti quadretti colorati tenuti uniti daun’affidabile cucitura.All’età di otto anni ero affascinata dalla possibilità dicomprendere il funzionamento di quelle palline nerecollocate con ordine sul foglio definito carta penta-

IL RELAZIONALEE LA MUSICA:

Antonella Guzzoni, Musicista, Musicoterapista,Formatore, IDR “Casa del Sole” Onlus, Mantova

RIFLESSIONISULL’APPROCCIO MUSICOTERAPICONEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO

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esperienze sonoro-musicali e relazionali significativeche acquisiscono funzioni di orientamento ed antici-pazione, favorendo nel bambino l’iniziativa sponta-nea, la possibilità di scegliere e di dirigere il propriocomportamento verso uno scopo.Le esperienze sonore, che si appoggiano su unabase sensoriale e corporea, rappresentano un“mutuo sostegno” nei primi scambi tra madre ebambino, laddove le “coccole” spesso hanno assun-to la forma di dondolii, contatti, vocalizzi.L’immaturità biologica alla nascita, il malessere ori-ginario che l’accompagna per il distacco brusco edimprovviso, instaurano nell’essere umano, il marchiostrutturale del bisogno di ricerca dell’Altro.Ciò che porterebbe a legarci sarebbe quindi la con-seguenza dell’esperienza di soddisfacimento dellegame che trova risonanza nel corpo. Il “cordonereciso” diviene la base per un accordo, meglioun’accordatura, un reciproco scoprire soluzioni pertrovare (o ritrovare) un’intesa. La musicalità deilegami può essere descritta come la fonte psico-biologica della musica, che origina da quella cheviene definita “intrinsic motivic pulse” (Malloch eTrevarthen, 2009), la pulsazione intrinseca che moti-va il movimento e le azioni finalizzate dell’individuoper mettersi in contatto con l’Altro. Il movimento(gestuale, sonoro ed emozionale) può possedereinnumerevoli profili ritmici e temporali, divenendoper queste caratteristiche intrinseche, un organizza-tore della comunicazione e della companionship(complicità) fra esseri umani.Questa predisposizione al musicale definita daSandra Trehub (2011) “Musical Predispositions inInfancy” dell’essere umano, concorre a pieno titolo atracciare il destino dei legami di attaccamento. Ilsenso di vitalità del musicale, riconoscibile nellaricerca di timing sincronizzati, di profili di variazionedi intensità di altezze e durate dei suoni che si sin-tonizzano vicendevolmente, risponderebbe alla do-manda del perché tutte le culture cantano per i loropiccoli, per calmarli, per farli sorridere, per sentirliborbottare e borbottare con loro, per rilassarsi edivertirsi insieme; in altre parole, per rafforzare il pro-prio legame di appartenenza e nello stesso tempo

ta prossemica, ci racconta come il desiderio di contat-to e vicinanza sia forte, ma debba essere tutelato dauna disposizione nello spazio del proprio corpo cheall’inizio evita il contatto diretto con gli occhi del-l’Altro. Abbiamo compreso, in questi ultimi anni diriabilitazione e terapia sul campo, che l’interventoprecoce, il supporto alle famiglie e la formazione spe-cifica degli operatori possono far migliorare la condi-zione, le competenze, la qualità di vita dei bambiniaffetti da autismo, a patto di conoscerne le caratteri-stiche specifiche (Barale, Ucelli, 2006).

2. LA “PREDISPOSIZIONE” MUSICALEGli studi in ambito clinico, inerenti ai percorsi dimusicoterapia rivolti a bambini con sviluppo atipico,confermano come il mezzo sonoro-musicale possaaiutare e supportare la promozione della dimensio-ne intersoggettiva, anche in presenza di forti com-promissioni, trovando vie di armonizzazione e nuovicanali di comunicazione.Il mondo degli strumenti musicali e degli oggettisonori appaiono al bambino come delle “attrezza-ture” che gli consentono di dirigere l’attenzione sulrisultato sonoro provocato da un gesto. Il bambinocontrolla il gesto sull’oggetto sonoro per metterlo alservizio di un’intenzione produttiva, al fine di rea-lizzare una “forma sonora” esclusiva. Il gesto èdunque, in senso psicologico, un elemento genera-tore e strutturante della forma musicale: una gitta-ta di energia orientata verso una traiettoria tempo-rale fatta della stessa sostanza dell’esperienza emo-zionale interiore. Questa energia rappresenta il fon-damento del pensiero musicale.La musicalità manifesta nelle primissime fasi di svi-luppo dell’intersoggettività si sedimenta e si evol-ve in una sorta di linguaggio sonoro interiore, chenon si sottopone ai meccanismi logici e alle regoledel linguaggio verbale, ma vive e si rivitalizza attra-verso percorsi di tipo non verbale.Ciò che può essere ipotizzabile e deducibile da trat-tamenti musicoterapici a medio-lungo termine rivol-ti all’età dello sviluppo, anche in presenza di quadriclinici in cui lo sviluppo sociale e relazionale risultaperturbato, è un processo di interiorizzazione di

perfetta. La musica nasce da tante prove e da tanti erro-ri, che spesso danno origine a combinazioni straordina-rie che rompono con il passato e osano verso il futuro,creando “il nuovo”. Anche la Musicoterapia ha creato un“nuovo” modo di sentire il musicale, più spontaneo,emotivo ed espressivo.Dedico questi pensieri a tutti i bambini speciali, ealle loro famiglie, che ho conosciuto attraverso lamusica, sperimentando innumerevoli conversazionisonore che a volte sono rimaste nei quaderni infor-mali, quelli che non si portano sui tavoli dei Con-gressi, ma si custodiscono nel cuore.Colgo l’occasione per ringraziare tutti i colleghi con iquali ho avuto il piacere e l’onore di percorrere me-taforicamente un tratto di strada condividendo idee,musiche e pensieri.

1. IL MONDO ACCANTONegli ultimi anni le ricerche approfondite dall’InfantResearch sulle prime fasi di sviluppo del bambino edelle sue relazioni con genitori e caregiver, hannoprodotto un arricchimento dei concetti legati allacondivisione emozionaledell’esperienza, fulcro deiprocessi di crescita.La sintonizzazione e la re-golazione degli stati emo-zionali costituiscono gliaspetti sui quali maggior-mente insiste la ricercapsicologica che verte sull’intersoggettività ed emer-ge in modo più nitido come il lavoro terapeutico coni suoni e la musica contengano nella loro forma,codici affettivi che sono alla base dello sviluppo rela-zionale del bambino. La comunicazione integrataattraverso suoni, movimenti e contatti corporei, rap-presenta la prima modalità che adulto e bambinosperimentano spontaneamente insieme, nell’intimogioco del conoscersi e del riconoscersi. La melodiz-zazione della voce gratifica e incoraggia il bambinounitamente ad una mimica del volto dell’adulto cheesalta le qualità musicali dell’esperienza intersogget-tiva. Il “saper rendere musicale” un contesto, rap-presenta un’occasione unica di esperienza e appren-

dimento della condivisione emotiva, in cui l’emozio-ne appare nella sua funzione di organizzatore dell’e-sperienza (Sroufe, 1995).Uno sviluppo adeguato porta successivamente ilbambino a traslare sugli oggetti i contenuti emozio-nali ed affettivi sperimentati con le figure adulte diriferimento, trasformando il “mondo delle cose” inoccasioni di dialogo e scambio reciproco. Ma cosaaccade quando lo sviluppo del bambino non compa-re in forma armonica, quando presenta zone di altavulnerabilità, soprattutto nella sfera emotiva e sociale?Cosa avviene quando il “senso comune” (il cosiddet-to “buon senso”) delle figure di riferimento affettivo,coglie l’esistenza di un’inabilità adattiva e integrativadel proprio bambino nel dare forma ai comportamen-ti e agli apprendimenti in maniera contestualmentecorretta e intersoggettivamente adeguata?Inizia la ricerca di risposte, il cercare aiuto. Si inne-sca un complesso rapporto con le figure scolastiche,sanitarie e riabilitative. Ciò che si tenta di spiegaredel modo di essere e del fare del proprio bambinonon è facilmente esprimibile. Si può affermare con

certezza che non emergacontatto affettivo? Che nonsiano stabiliti legami di at-taccamento? Che il bambi-no non imiti alcune azioni?Che non cerchi consolazio-ne e coccole?Semmai, ben lungi da un

mondo privo di emozioni, il mondo del proprio bam-bino appare un mondo accanto al nostro che possie-de una sua logica continuamente in bilico fra il trop-po e il troppo poco, in una condizione non modulatae perciò estrema.Conosciamo ancora poco di questo mondo vicino, maspesso cosi lontano e incomprensibile. L’autismo nonè globale né statico. La sua evoluzione mantiene unmargine importante di imprevedibilità. Molte cosepossono cambiare nel corso della vita di questi parti-colari bambini che spesso si avvicinano e si collocanoaccanto a noi. Quante sedute di musicoterapia ho vis-suto con loro che si ponevano spontaneamente accan-to a me, quasi mai di fronte. Anche questa loro scel-

Il “saper rendere musicale”un contesto, rappresentaun’occasione unica diesperienza e apprendimentodella condivisione emotiva

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favorire l’autonomia affettiva, l’individualità e l’aper-tura verso il nuovo. Malloch (1999) ha esaminato lanatura musicale dei contesti proto-convenzionaliintroducendo il concetto di musicalità comunicativa(communicative musicality). L’autore ha evidenziatoche i vocalizzi tra adulto e bambino hanno una tipicae rigorosa struttura musicale, individuata attraversotre parametri: pulsazione (pulse), qualità (quality) enarrazione (narrative).La pulsazione, che costituisce una sorta di unità dellacomunicazione, è l’intervallo che intercorre tra duevocalizzi successivi; la quali-tà è data dal contorno rit-mico e melodico di vocaliz-zi e gesti, ovvero dal profilodeterminato dal susseguirsidella melodia e del ritmo;infine, la narrazione è la“storia musicale” racconta-ta insieme che permette alla coppia di “condividereun senso di simpatia e significato” (Malloch eTrevarthen, 2009).Le caratteristiche delle interazioni musicali o proto-musicali, ci inducono a considerare il musicale comeuno strumento elettivo per migliorare la qualità dellacomunicazione nei bambini con deficit della comuni-cazione e della relazione (Simpson e Keen, 2001).“La musica e la danza, con la loro progressione dallaregolarità e prevedibilità verso la novità e la sorpre-sa e il suo ritorno all’indietro, possono fornire unambiente sicuro e stimolante (save and supportive)”(Malloch e Trevarthen, 2009).La mente è dunque connotata da una sensibilità musi-cale biologicamente determinata per gestire le rela-zioni affettive e sociali. Il neurofisiologo, pianista econcertista Manfred Clynes (1982), in questa direzione,definisce questi stati di scambi emotivamente signifi-cativi con l’espressione essentic forms.Tale espressione è stata coniata da Clynes e pertantosi è preferito non tradurla: secondo John Blacking(1992) può essere interpretata nei termini di formeemozionali di base.L’ipotesi che le essentic forms siano stabili e univer-sali negli individui e nelle culture non confligge

necessariamente con i dati antropologici ed etnomu-sicologici sulla variabilità delle forme culturali e deisistemi musicali.“Riprendersi” la musica nella sua dimensione distruttura profondamente legata ai vissuti affettivi,recuperando gli aspetti di “sostanza” oltre che di“forma”, significa riattivare il recupero di una sensibili-tà terapeutica più ampia. Essentic forms come ninnenanne e filastrocche, ritmi giambici (breve/lunga) o tro-caici (lunga/breve) e le loro combinazioni, contengono“strutture profonde” legate alla vita psichica dell’essere

umano: l’intreccio di questedue dimensioni strettamentecorrelate, crea una sorta di“tessuto intrecciato” chemantiene, modifica e rinnova ilegami fra gli esseri umani.Analizzando le videoregi-strazioni (micro-analisi) di

bambini monitorati in progetti di supervisione, sullascorta delle descrizioni dei “diari di seduta” del mu-sicoterapista, ci si rende conto della centralità di unamemoria sensoriale e l’esistenza, per ogni essereumano anche compromesso dall’esito di una patolo-gia, di un’aspettativa soggettiva prioritaria dell’in-fluenza dell’Altro (caregiver con funzione di sostegnoemotivo) sui propri stati d’animo e sentimenti difondo (Damasio, 1999).I filmati evidenziano molto bene cosa il bambino fada solo (Sé ecologico) e ciò che “recupera” nell’in-terazione con il musicoterapista (Sé intersoggettivo).Ciò che si è visto migliorare, in tutti i casi presi inesame in questi ultimi anni di monitoraggio, nel per-corso terapeutico a medio-lungo termine sono iseguenti indicatori:• Aumento della capacità di adattamento e perma-

nenza nel setting.• Superamento di “momenti critici” legati a difficol-

tà nell’auto e co-regolazione emozionale. Il bam-bino è successivamente in grado di recuperaremodalità più “serene” di “essere con l’Altro”. Ciòche si evidenzia è che il bambino non “resetta”tutti i vissuti positivi, ma superato il momento diuno stato endogeno di disagio, ripristina con il

terapista fiducia e sicurezza in minor tempo, ri-spetto all’inizio del trattamento.

• Aumento dei sorrisi e delle vocalizzazioni positivelegate ad un’azione, evento o stimolo sonoro indi-viduato come piacevole.

• Aumento del contatto e della vicinanza corporea.• Aumento degli agganci dello sguardo legati ad

una situazione sonoro-musicale piacevole.• Miglioramento della capacità di modulare uno

stato di tensione o disagio attraverso il supporto“consolatorio” del musicoterapista.

• Aumento dei tentativi di imitare prassie oro-bucco-facciali, suoni vocali proposti dal musicoterapista,azioni rivolte agli oggetti sonoro-musicali.

• Aumento del coinvolgimento emozionale nel casodi iniziale disinteresse o indifferenza per le propo-ste sonoro-musicali.

• Comparsa di alcuni schemi di aspettativa co-costruiti con il musicoterapista.

In casi caratterizzati dalla presenza di ritardo men-tale di grado medio e di “isole di abilità” quali ot-time capacità intonativevocali, riconoscimento deisuoni e delle note musi-cali, capacità di riprodurreritmi in sequenza, ricono-scimento di brani musicalicon struttura complessa,si è inoltre riscontrato:• Aumento della capacità di innescare procedure

esplorative per far durare maggiormente l’espe-rienza sonora interattiva con il musicoterapista.

• Miglioramento delle capacità comunicative richie-stive e dichiarative.

• Espansione del linguaggio verbale con finalitàcomunicative e rivolto anche a vissuti emozionalicondivisi (“mi piace”, “è bello, ancora...”, “fac-ciamo ancora”).

• Condivisione di emozioni semplici legate all’ascol-to e alla produzione sonoro-musicale.

• Aumento della padronanza e del senso di autoef-ficacia legato alle esperienze sonore con vissutoconsapevole (inizio emozione complessa).

3. MUSICOTERAPIA: LA VISIONE STORICADI UNA TERAPIA AFFETTIVO-RELAZIONALENella relazione musicoterapica vi sono tre elementiche devono essere considerati come vertici di unideale triangolo: da un lato il bambino stesso con lasua organizzazione strutturale, i suoi aspetti sinto-matici e le complicanze connesse alla condizione didisabilità della quale è portatore. In secondo luogova considerato il terapeuta con le sue capacità rela-zionali e con la sua competenza musicale, che deveessere articolata in un rapporto di interazione sono-ro-musicale. Infine va considerata la relazione tera-peutica in quanto tale.È indiscutibile come in questi ultimi anni moltaattenzione sia stata prestata allo sviluppo dellaintersoggettività che dovrebbe, in un’ottica tera-peutica, fondarsi sugli aspetti musicali contestualialla stessa relazione ed ai suoi sviluppi. Dall’altraparte, sul piano strettamente musicale, le maggio-ri difficoltà si incontrano nei tentativi di trascrizio-ne, definizione e condivisione nell’équipe multi-professionale e nelle restituzioni alla famiglia del

materiale musicale cheemerge nel corso delle se-dute di musicoterapia.Occorre, perciò, porre at-tenzione agli aspetti for-mali e dinamici dellamusica, che risultano costi-tutivi dell’aspetto relazio-

nale e indicatori del processo terapeutico in atto,creando strumenti adeguati per progettare, realiz-zare e analizzare l’attività clinica proposta nei diffe-renti contesti (Postacchini, 2015).Negli anni novanta la Musicoterapia si è definitapromuovendo un approccio coerente, fondandoorizzonti teorici generativi di metodologie ade-guate. Indicativamente dal duemila, come musico-terapisti coinvolti in progetti clinici, ci siamo ado-perati per evidenziare obiettivi efficaci ed unametodologia appropriata che fosse allineata allavoro delle équipe multi-professionali. Dal 2010dopo numerose pubblicazioni sul piano nazionaleed internazionale, si sono moltiplicate le occasio-

La mente è connotatada una sensibilità musicalebiologicamente determinataper gestire le relazioniaffettive e sociali

È indiscutibile come in questiultimi anni molta attenzionesia stata prestata allo sviluppodella intersoggettività

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ni di dibattito e approfondimento sul trattamentomusicoterapico, in particolare sul tema delle patolo-gie autistiche dell’età evolutiva. Fausto Petrella, psi-coanalista, già professore ordinario di Psichiatria(Università degli Studi di Pavia), nella presentazionedel libro “Manuale di Musicoterapia. Teoria, Metodoed Applicazioni della Musicoterapia” di GerardoManarolo, pubblicato nel 2006, sottolineava la sfidadi “promuovere simultaneamente un orizzonte diattività ricche di significati ed… attivare un’operativi-tà creativa attorno alla quale mobilitare scambi e gio-chi relazionali non convenzionali… tra i quali la musi-ca occupa un posto privilegiato”. Questa sfida non siè mai arrestata, soprattutto attraverso i contributi ditutti gli operatori “sul campo” e grazie all’ascolto deiluoghi di cura. In questi ultimi anni, infine, il focussull’utilizzo del linguaggio sonoro-musicale si è spo-stato nello spazio e nel tempo della restituzione delpercorso musicoterapico alla famiglia del bambino intrattamento. I recenti studi sui percorsi di arricchimen-to del legame genitoriale hanno messo in evidenza,in ambito riabilitativo-terapeutico, quanto sia fonda-mentale “prendersi cura” di chi “si prende cura”,supportando la sensibilità dei caregivers primari e ren-dendoli il più possibile partecipi e coscienti del per-corso di crescita del proprio bambino. Gli incontri diparenting che tutelano il patrimonio più prezioso di unbambino e cioè la sua famiglia, si pongono la finalitàdi aiutare il genitore a comprendere il più possibile isegnali e i bisogni del bambino e al contempo dipoter rendere più serena la famiglia rispetto allemodalità di interazione e di comunicazione.La visione condivisa di brevi filmati rappresentati-vi del proprio bambino in terapia (tecnica delvideo-feedback) all’interno dell’“involucro protet-to” dell’équipe multi-professionale, consente dicommentare e sottolineare quella comunicazionegioiosa (la social play di cui parla Feldman, 2007)che evidenzia i momenti di piacevolezza e di inve-stimento positivo nella relazione sonora.Obiettivi principali della visione video condivisa:• Far comprendere ai genitori quali esperienze

sonoro-musicali vive il loro bambino;• Riuscire a comunicare in modo efficace con fami-

glie di nazionalità diverse (uscire dall’impasse lin-guistico);

• Avviare (soprattutto per chi è all’ inizio di un per-corso) una condivisione degli obiettivi;

• Incrementare un “sentire positivo”.La video-registrazione, commentata dall’équipemulti-professionale, rappresenta oggi un valido stru-mento di comunicazione, soprattutto per non crearenella famiglia falsi miti, illusioni o aspettative noncoerenti rispetto al percorso di musicoterapia delproprio bambino, integrato nei diversi trattamentiprevisti dal piano riabilitativo individualizzato.La video-registrazione ci consente di:• Imparare ad osservare (chiavi di lettura);• Comprendere il musicale;• Mantenere una documentazione condivisibile

(evoluzione);• Poter fare un intervento di video-feedback (soste-

gno positivo, produrre cambiamenti);• Valutare il modo in cui si elaborano i progetti

(supervisione);• Migliorare le strategie metodologiche ed indivi-

duare indicatori più efficaci per ridefinire gli obiet-tivi di un progetto musicoterapico.

4. SPECIFICITÀ DELL’INTERVENTOMUSICOTERAPICO CHE SI RIVOLGE ALL’ETÀDELLO SVILUPPO: PUNTI DI CONTATTOCON IL MODELLO DIR-FLOORTIMELa semplice presenza della madre o del caregiver nonè sufficiente a produrre cambiamenti significativi nelgioco del bambino. Occorre una iniziale condivisione,un aggancio (pairing). Le capacità del bambino ed isuoi progressi cognitivi, affettivi e sociali sembranoessere influenzati dagli interventi attivi dell’adulto,dalle sue sollecitazioni verbali o dalle sue dimostra-zioni pratiche di gioco con gli oggetti, che nulla tol-gono alla spontaneità espressiva e creativa del bam-bino e alle sue iniziative. La disponibilità materna,intesa come disponibilità a giocare e a mettersi ingioco, comporta modificazioni significative sia delladurata che della qualità del gioco del bambino(Bruner, 1983). La sfida terapeutica che deriva da que-ste considerazioni è che il bambino cresca e si formi

costruendo rappresentazioni di Sé e degli oggettiesterni. L’intreccio e lo scambio sottile che esiste traqueste rappresentazioni, tra le loro idealizzazioni e iloro collassi, costituiscono la trama spazio-temporaledel vivere e del conoscere. Ciascun bambino è un sog-getto che insegna, cioè immette i suoi segni emotivo-affettivi nell’oggetto, nel tentativo continuo di cono-scerlo e riconoscerlo. I processi cognitivi ed affettivisono inscindibili; l’apprendimento non può essereseparato da una attivazione affettiva ed anche unaintensa esperienza affettiva contiene in sé l’attivazio-ne di processi percettivi e cognitivi.Il corpo con la sua unità, i suoi stati, le sue azioni, i suoiricordi e il suo sentire emozionale, è la base della primaorganizzazione della realtà per il bambino. Ed propriodal corpo che scaturisce l’energia dell’espressività voca-le e sonora: esperienza che agisce nella formazionedegli schemi sensoriali e mentali (senti-mentali) di cia-scun essere umano. Molte ricerche si sono concentratenell’investigare il potere del suono sulla persona; sitratta ora di rivendicare il potere della persona sulsuono e della persona su se stessa attraverso il suonoe la relazione con l’Altro (Guzzoni, 2015).In passato si affermava che l’uomo era una sintesi trafilogenesi (ciò che caratterizza l’evoluzione della spe-cie) e ontogenesi (ciò che caratterizza lo sviluppodell’individuo partendo dal suo patrimonio geneti-co). Attualmente si preferisce porre l’accento sull’e-pigenesi, intendendo con tale termine tutta l’orga-nizzazione somatica e comportamentale dell’indivi-duo che si manifesta attraverso una costruzionedipendente sia dal programma genetico di base chedalle informazioni messe a sua disposizione dall’am-biente e dalla relazione con gli altri individui.Postulare alcune entità clinico-evolutive strettamentecollegate con specifiche fasi sensibili costituisce, per ilmusicoterapista che opera quotidianamente attraver-so lo strumento dell’osservazione, un punto di appog-gio insostituibile nel cercare di descrivere e nel resti-tuire un senso condivisibile alla “partitura interiore”di ciascun bambino. Sono delineati a tal fine nellaTabella 4.1 sei punti sensibili (Greenspan, Wieder,2006, li definiscono “pietre miliari”) dell’ordine delvocale e del sonoro-musicale confrontati con il model-

lo DIR (acronimo di Developmental, Individual-diffe-rence, Relationship-based model), una prospettivad’intervento basato sul livello di sviluppo, sulle diffe-renze individuali e sul ruolo centrale che occupa losviluppo dell’intersoggettività da parte del bambino,cioè il modo in cui egli sperimenta se stesso in rap-porto con gli altri all’interno di un’esperienza relazio-nale che organizza gli eventi interpersonali; con l’e-mergere di nuovi comportamenti e capacità essi ven-gono riorganizzati per formare nuove prospettive sog-gettive organizzanti il senso del Sé e dell’Altro.Il modello è di matrice bio-psico-sociale e cerca dicreare nuovi ponti tra neurobiologia, sviluppo deicomportamenti umani, regolazione delle emozioni esviluppo delle potenzialità. La filosofia del modelloDIR di Greenspan e Wieder (2006) è rappresentatada ciò che viene definito dagli autori il Floortime (iltempo passato sul pavimento): una modalità interat-tiva che si pone ad altezza di bambino, a terra, percreare interazioni spontanee ed emozionalmentesignificative. Il tempo, nel setting musicoterapico, sirealizza quasi sempre con queste modalità di usodello spazio, quando si rivolge al bambino per porsi,anche a livello prossemico, nella sua dimensione.Un dato molto importante è comprendere, da partedell’équipe multi-professionale, le differenze dimodulazione sensoriale visibili precocemente neibambini con DSA. I bambini ipersensibili agli stimoliuditivi e tattili si mettono le mani sulle orecchie o siallontanano da chi cerca di far loro il solletico. Altribambini, invece, provano un forte desiderio di sti-molazione sensoriale e desiderano, quindi, piùrumore e più contatto. Tuttavia, alcuni bambini purdesiderando gli stimoli sensoriali, vengono facilmen-te sopraffatti dalla stimolazione ed è quindi difficilemantenere il coinvolgimento. I bambini che, invece,sono iporeattivi agli stimoli tattili e sonori potrebbe-ro isolarsi. Di conseguenza, l’aspetto biologico del-l’autismo si manifesta non tanto in un quadro auti-stico globale quanto, piuttosto, attraverso modalitàindividuali di reazione e comprensione della varietàdi stimoli visivi, uditivi e tattili e di schemi motori eattraverso le differenti modalità di pianificazionedelle azioni (Greenspan e Wieder, 2007).

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Coinvolgimento e relazione (intimità) Inizio musical babbling

a. Vocalizzi diretti all’altro, gioco di sguardi.b. Rimandi vocali dell’adulto attraverso la modalità del

IDS (Infant Directed Speech).c. Comparsa delle play song (canti-gioco) che intrat-

tengono il piccolo quando è sveglio.

a. Bisogno di protezione per sviluppare una “base sicura”.b. Gestione della tensione.

Pietra miliare 2 (2-5mesi) INTERSOGGETTIVITÀ SVILUPPO SONORO

Intenzionalità e comunicazione a due vie Oggetto sonoro condiviso

a. Imitazione per simpatia, differenziazione delle azio-ni motorie, musical babbling imitativo.

b. Piacere per giochi sonori e vocali person-person chepropongono un’alternanza di turni più cadenzata e ilTema con variazioni.

c. Il bambino va alla ricerca di suoni nell’ambiente eprende l’iniziativa attraverso modalità sonore familiari.

a. Emerge l’unicità e l’originalità del bambino.b. Sincronizzazioni ritmico-motorie più efficaci e conquista

dello spazio allargato.

Pietra miliare 3 (5-10 mesi) INTERSOGGETTIVITÀ SVILUPPO SONORO

Problem solving sociale condiviso Iniziativa e perseguimento di uno scopo nei giochisonori e vocali

a. Il bambino procede per prove ed errori.b. Produzione sonora condivisa e spontaneo canterellare.c. Musica e canzoni come strumento di interscambio posi-

tivo (Affiliative Expressions).

a. Uso integrato dei segnali verbali e non verbali.

Pietra miliare 4 (10-18 mesi) INTERSOGGETTIVITÀ SVILUPPO SONORO

Regolazione e interesse per il mondo ProtomusicMondo cullante delle ninne nanne

Tabella 4.1. Sviluppo dell’esperienza intersoggettiva e sonoro-musicale del bambino (0-5 anni)

a. Il neonato manifesta precise inclinazioni e preferenze:si attiva rispetto alle variazioni di intonazione, inten-sità, durata e timbro delle voci che lo contattano.

b. Sono preferiti modelli sonori quali humming (mormorio)e sillabe nonsense.

a. Componente regolatrice delle relazionib. Bisogno di abitudini lineari

Pietra miliare 1 (0-3 mesi) INTERSOGGETTIVITÀ SVILUPPO SONORO

Creazione di simboli: uso di parole e idee Interesse per le Action Song

a. Repertorio vocale che combina melodia, parole emovimenti del corpo come format di scambio emoti-vo con i pari e con l’adulto.

a. Bisogno di individuazione ed autonomia, “contatto adistanza”.

b. Oppositività.c. Bisogno di definire limiti, delle cornici di significato

e delle aspettative.

Pietra miliare 5 (18-36 mesi) INTERSOGGETTIVITÀ SVILUPPO SONORO

Abilità logiche e senso di realtà Interesse per il piano narrativo (storie e racconti)

a. Il significato del testo non solo allieta il bambino, malo rassicura sul piano emotivo.

b. Si rafforza la coordinazione musica/movimenti delcorpo e la capacità di riproduzione di cellule ritmiche.

c. Piacere per il “suonare con”.d. I canti si aprono al mondo del la conoscenza di

oggetti inanimati, della natura, degli animali, deinumeri e delle lettere con particolari rituali legatialle diverse culture.

a. Bisogno di ruoli chiari, coerenza e flessibilità.b. Mondo emotivo autoconsapevole.c. Uso del linguaggio interiore come modalità per ricor-

dare aspettative, regole e proibizioni.d. Aumento del senso di controllo.e. Consapevolezza del mondo reale e del mondo fantastico.

Pietra miliare 6 (3-5 anni) INTERSOGGETTIVITÀ SVILUPPO SONORO

Fonti: adattate da Greenspan, Wieder (2006, pp. 59-63), Barone (2007, pp. 76-77), Dissanayake (2009, pp. 24-25), Guzzoni (2013, pp.2-11) .

Queste caratteristiche creano un diverso modo disentire, una modalità percettiva di un “mondo ac-canto” al nostro. Nella valutazione che precede lapresa in carico del bambino, è importante compiereun’osservazione mirata per considerare le risposteanomale agli stimoli o la ricerca intensa dei medesi-mi. Gli aspetti ritmico-sonori, soprattutto quelli lega-ti alla voce e alla vicinanza corporea, possono aiu-tare il bambino con DSA a “contenere” e co-regola-re i vissuti emozionali.Nel setting musicoterapico, il musicoterapista “rac-coglie” i bisogni del bambino ed i suoi spunti sono-ri, vocali e corporei, si sintonizza su di essi, nel ten-tativo di sollecitare uno stato emotivo positivo intor-no a ciò che si sta facendo, creando un interesse perla persona “collegata” a tale evento piacevole.

Grazie alla particolare duttilità e “primordialità” dellinguaggio sonoro-musicale, vi è la possibilità di or-ganizzare aspettative di reciprocità, sicurezza e fidu-cia. L’azione terapeutica offerta dal poter vivere erivivere momenti di scambio affettivi attraverso lavoce, il corpo, il suono e la musica è mediata dallecosiddette trasformazioni di stato (Stern, 1985), checonsentono al bambino con disturbo autistico diampliare e modulare il livello di auto e co-regola-zione emozionale, promuovendo nuove interiorizza-zioni ed esplorando nuovi canali espressivi e comu-nicativi. Il poter “fare esperienza” di qualcosa con“qualcuno”(questa è l’essenza dell’Attenzione Con-divisa) si collega direttamente al passaggio tra corpoe mente, tra sensorialità e pensiero, tra percezione erappresentazione.

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The purpose of this article is to indicatemusic therapy as an effective treatmentfor preschool and school-age children

with an ADHD (Attention-Deficit HyperactivityDisorder) diagnosis. Most children with ADHD receiveother forms of treatment, with an overwhelmingmajority receiving medication. Music therapy can playan important role in relation to the other forms oftreatment. Through music therapy treatment for ADHDit is possible to address multiple types of goals sincemusic is experienced on multiple levels simultaneously.As ADHD occurrence in preschool and school-agechildren is consistently growing it is likely that musictherapists will increasingly be treating children with adiagnosis of ADHD.Multidisciplinary treatments certainly have theiradvantages: better assessment, more completeevaluation of treatment based on functioning inmultiple areas, better continuity of care.As the multidisciplinary approach is generallyperceived to be the most favorable for treating ADHDin children, music therapists will have to learn betterand better to interact with multidisciplinary teams.

La musicoterapia è uno strumento efficace per raf-forzare l’attenzione e la concentrazione, per ridurrel’iperattività e per sviluppare funzioni e capacitàsociali. In questo senso può essere un importantesupporto nel trattamento dell’ADHD (AttentionDeficit Hyperactivity Disorder) in età prescolare escolare primaria.

Secondo quanto affermato dal NIMH 2012, NationalInstitute of Mental Health di Washington (IstitutoNazionale di Salute Mentale), negli Stati Uniti l’ADHDsi manifesta dal 3 al 5% nei bambini in età presco-lare e scolare primaria.Il CDC (Center for Disease Control and Prevention diAtlanta, USA), uno dei principali componenti operatividel Dipartimento di Salute e Servizi Umani degli StatiUniti, ha pubblicato uno studio dettagliato sulla diffu-sione dell’ADHD negli Stati Uniti, dal titolo “Crescentediffusione del Disturbo di Deficit di Attenzione/Iperat-tività tra i bambini, segnalato dai genitori” (2003-2007).Secondo i dati pubblicati dal CDC, attualmente negliUSA i bambini in cura con psicofarmaci sono undicimilioni e la percentuale di bambini con ADHD chericeve un trattamento farmacologico o psicologico,oppure combinato, è del 32%. Quindi solo un terzodei bambini statunitensi con diagnosi di ADHD haaccesso ad una cura.I ricercatori stanno sviluppando trattamenti multimo-dali selezionando i trattamenti e gli interventi più

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MUSICOTERAPIA:UN SUPPORTONEL TRATTAMENTO DELL’ADHD

Cristina Benefico, Musicista, Musicoterapista,La Spezia

(ATTENTION DEFICIT HYPERACTIVITYDISORDER)

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efficaci e utilizzando nuovi strumenti come l’imagingcerebrale, per capire meglio l’ADHD e trovare modimigliori per prevenirlo e curarlo.“Attualmente” - sempre secondo il NIMH - “i tratta-menti disponibili si concentrano sulla riduzione deisintomi di ADHD e sono finalizzati a migliorare il fun-zionamento della persona. I trattamenti riconosciutidai principali standard di classificazione Internazionaliper la gestione della salute, ICD-10 dell’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS) e DSM V dell’AmericanPsychiatric Association (APA), comprendono farmaci,vari tipi di psicoterapia, istruzione e formazione o unacombinazione di trattamenti e, tra questi, il trattamen-to farmacologico è attual-mente ritenuto il più effica-ce per l’ADHD.Questo tipo di trattamentoviene effettuato principal-mente con farmaci psicosti-molanti, che nel bambino ADHD riducono il comporta-mento impulsivo e stimolano il sistema nervoso cen-trale, aumentando la capacità di attenzione.Alcuni studi dell’Università del Massachussets e delWiscounsin pubblicati su Pediatrics del gennaio2003, hanno mostrato che gli psicostimolanti per iltrattamento dell’ADHD riescono a favorire la concen-trazione permettendo buoni risultati scolastici emigliorando le relazioni nella vita sociale, consento-no inoltre una crescita abbastanza tranquilla e sere-na poiché evitano alcune esperienze negative, comel’uso/abuso di sostanze stupefacenti, cui potrebberoandare incontro ragazzi o adolescenti che avesserosviluppato una scarsa autostima.La terapia farmacologica sembra, quindi, essere unarisorsa terapeutica fondamentale che ha dato, e con-tinua a dare, ottimi risultati nei bambini con ADHD.D’altra parte gli psicostimolanti sono farmaci sinto-matici e non curativi, hanno un effetto temporaneoche dura nel periodo di assunzione e comportanoeffetti collaterali significativi per la salute del bambi-no, per questo nei protocolli sanitari si raccomandache vengano prescritti insieme a trattamenti educa-tivi per poter dare maggiori benefici, oppure quandoquesti ultimi risultino inefficaci. In questo senso ven-

gono normalmente somministrati all’interno di pro-tocolli terapeutici multimodali, per consentire albambino un percorso di cura che agisca anche più inprofondità ed in modo più duraturo e stabile sulledisfunzioni derivanti dall’ADHD.Anche in Italia le Linee Guida per la diagnosi e la tera-pia farmacologica dell’ADHD, approvate all’unanimitàdalla SINPIA il 24/6/2002 (Società Italiana diNeuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), af-fermano che “...la terapia farmacologica, quando ac-curata e rigorosa, costituisce la risorsa più efficace epotente per aiutare i bambini con ADHD. Ne consegueche tale terapia dovrebbe essere disponibile per tutti

i bambini con ADHD neiquali l’intervento psicoedu-cativo risulti solo parzial-mente efficace”.Quest’ultima precisazionesembra affermare che l’in-

tervento psicoeducativo debba venire effettuatoprima di quello farmacologico e che solo in caso diparziale efficacia del primo si arrivi poi ad utilizzareil farmaco. In questo senso il trattamento musicote-rapico, abbinato ad altri interventi quali psicoterapie,terapie comportamentali, neurofeeedback e altri, inun contesto multimodale, potrebbe rappresentareun’opzione importante tra gli interventi di ambitopsicoeducativo, in relazione alla capacità della musi-ca di stimolare la capacità attentiva e la memoria dilavoro, di lavorare sull’ascolto e sulle emozioni edanche in relazione alle sue molteplici potenzialitàrieducative e riabilitative psichiche e motorie.La ricerca in neuromusicologia ha mostrato che lamusica stimola la memoria di attenzione e di lavoro,due aree neuronali associate con le abilità esecuti-ve: “...un numero crescente di studi afferma cheindividui con disturbi cognitivi ricevono benefici dainterventi basati sulla musica come, ad esempio,aumento dell’attenzione, della memoria operativa edella capacità di pianificazione” (Lesiuk, 2010).La musicoterapia inoltre, utilizzando prevalentemen-te una forma di comunicazione non verbale, puòrivelarsi particolarmente adatta ai bambini che nonabbiano ancora acquisito un pieno sviluppo del lin-

guaggio e della scrittura e, anche per questo, in etàprescolare e nei primi anni di scuola potrebbe svol-gere un ruolo significativo all’interno dei trattamen-ti multimodali di carattere preventivo e riabilitativo.Va chiarito in questo senso che la musicoterapia nonè una medicina alternativa, come spesso viene consi-derata, ma complementare: non pretende di sostituir-si alla medicina ufficiale, ma si pone nei suoi confrontiin modo sussidiario.Quando per esempio si parla di musicoterapia inoncologia, non si pensa che questa disciplina possasostituirsi alle cure di tipo tradizionale (chemioterapia,radioterapia ecc.); si ritiene invece che possa, perlo-meno potenzialmente, servire da supporto a tali tera-pie. Sempre restando nel campo oncologico, la musico-terapia viene consigliata in determinati ambiti (peresempio in oncologia pediatrica) al fine di ridurre l’ansiae lo stress, ottenere un mi-glior controllo del dolore, rag-giungere un miglior adatta-mento ai trattamenti tera-peutici, facilitare la riabilita-zione fisioterapica e sup-portare psicologicamentesia il paziente che i suoifamiliari. Proprio in questo senso la musicoterapia vie-ne già spesso utilizzata, ad esempio negli Stati Uniti, inabbinamento a terapie farmacologiche e psicologiche inprogrammi multidisciplinari di trattamento.In Italia, grazie alla legge 170/2010, sono statechiarite le modalità di insegnamento scolastico daadottare e il percorso per redigere un apposito pianodidattico personalizzato per i bambini DSA (DisturbiSpecifici dell’Apprendimento) mentre, per i bambinicon ADHD, è mancata fino a tempi molto recenti unadirettiva che desse indicazioni chiare sia sulla pro-gettazione didattica che sulla gestione dei problemicomportamentali. Tali bambini, infatti, non potendousufruire delle direttive della legge 104/92, in quan-to non rientravano nella categoria delle diverse abi-lità, restavano in una sorta di limbo indefinito, sia intermini di progettazione didattica che di eventualistrategie dispensative e di strumenti compensativi.Il documento pubblicato in data 3 giugno 2010 dal-

l’Istituto Superiore di Sanità e sottoscritto da Airipa,Sinpia, Aidai, Aifa, afferma quanto segue: “Si premet-te che l’ADHD è presente in circa l’1% (fonte IstitutoSuperiore di Sanità) della popolazione infantile, hauna causa neurobiologica e si caratterizza per la pre-senza di sintomi di disattenzione, impulsività e iperat-tività, riconducibili a difficoltà nell’autocontrollo enelle capacità di pianificazione e non attribuibili ad undeficit dell’intelligenza...In considerazione della sempre maggiore e segnalatapresenza nelle scuole di alunni con diagnosi di Disturboda Deficit di Attenzione/Iperattività ADHD (acronimoper l’inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder) sipropongono indicazioni e accorgimenti didattici volti adagevolare il percorso scolastico”.Fa seguito a questo documento la direttiva del MIURdel 27 dicembre 2012 che dà una risposta in tal senso,

estendendo le misure pre-viste dalla Legge 170 peralunni e studenti con di-sturbi specifici di apprendi-mento, a tutti gli alunni conBisogni Educativi Speciali(BES) ed includendo traquesti anche quelli con dia-

gnosi di ADHD, chiarendo che, come i bambini con DSA,anche e allo stesso modo i bambini con ADHD hannodiritto a misure dispensative e compensative, così comead un Piano Didattico Personalizzato.Occorre ancora dare agli insegnanti un sostegno perrispondere in modo adeguato alla direttiva delMinistero, in modo che possano realmente assicura-re anche ai bambini con ADHD ambienti di appren-dimento efficaci e adeguati alla loro situazione eaffinché sappiano come muoversi. Però questo signi-fica entrare in un’ottica totalmente diversa, significadare a questi bambini, la possibilità di essere“incontrati” nei loro bisogni e nelle loro difficoltà.

LA MUSICOTERAPIA NEL TRATTAMENTODELL’ADHD, IN UN CONTESTOMULTIDISCIPLINARE E MULTIMODALEIn Italia attualmente mancano modelli di interventocondivisi ed integrati per la presa in carico dei bam-

...l’intervento psicoeducativodeve venire effettuatoprima di quello farmacologico

La musicoterapia può rivelarsiparticolarmente adatta aibambini che non abbiano ancoraacquisito un pieno sviluppodel linguaggio e della scrittura

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mente maggiore (trenta volte superiore) di aiutare ipropri pari e di cooperare rispetto ai bimbi del grup-po “Non musica” e nella capacità di problem solving(Kirschner e Tomasello, 2010).

• AutocontrolloÈ un elemento costantemente chiamato in causa

nella musica, per esercitarlo e per svilupparlo sia neiconfronti dello strumento che si suona, che richiededi essere suonato in un determinato modo per pro-durre un suono gratificante (ad es. la chitarra), e sianell’interagire con l’altro con cui si suona, per esse-re in una relazione musicale attraverso l’alternarsi(che comporta l’imparare ad aspettare il proprioturno), il rispondersi ed il dialogare.

• Capacità di ascoltoPer il conseguimento di questo obiettivo la terapia

attraverso la musica, praticata in un contesto multi-disciplinare, può avere anche maggiore efficaciarispetto a quella che si avvale esclusivamente dellaparola, soprattutto nei casi in cui il livello verbalenon è, o non è ancora, pienamente sviluppato. Lamusica, infatti, sollecita costantemente l’ascolto intutte le sue fasi.

• Affrontare e esprimere sentimentiAnche in questo ambito la musica è forse uno dei

veicoli più efficaci a disposizione per esplorare i sen-timenti propri e altrui e per esprimersi. Proprio ilfatto che il suono abbia in sé componenti estrema-mente definiti accanto ad una certa costante indefi-nitezza, permette a chi suona di sentirsi più liberonell’esprimersi. Nello stesso tempo però il suono,quando è ben veicolato nella sua chiara percepibili-tà e direzionabilità, riesce a dare corpo e forza inau-diti al proprio ed all’altrui sentire.In questo senso la musica è uno strumento partico-larmente potente per esprimere i propri sentimenti.Tempo, velocità, altezza, intensità, timbro e duratasono elementi che, integrati e strutturati, concorronoa creare melodia, ritmo e armonia e possono costi-tuire l’agente del cambiamento. Si tratta di elemen-ti agevolmente utilizzabili anche da un bimbo le cuifunzioni linguistiche siano ancora poco sviluppate oparzialmente compromesse.

Attraverso questi elementi il bambino può esserecoinvolto globalmente, creando un’apertura che con-sente di poterne modulare i comportamenti, le azio-ni, le interazioni e le relazioni.Un altro valido motivo per cui la musicoterapia rap-presenta un intervento opportuno per trattarel’ADHD nei bambini in età prescolare e scolare pri-maria, risiede nel fatto che essa offre un contestoludico e privilegiato in cui il bambino è posto dasubito, attraverso il gioco musicale, nelle condizioniadeguate per poter instaurare una relazione signifi-cativa con il terapeuta, sentendosi riconosciuto, ri-specchiato ed accettato.Il sentimento di accettazione deriva dall’atteggia-mento imparziale da parte del musicoterapista, ilquale si astiene dall’esprimere giudizi e pregiudizinei confronti del bambino.Un altro importante punto di forza della musicotera-pia risiede nella possibilità di sperimentare sulcampo le problematiche del bambino, testandoattraverso il cantare, suonare e muoversi con lamusica, il suo livello cognitivo ed il coordinamentopsicomotorio, al fine di ampliare la conoscenza deidisagi manifestati e di incrementare a tutti i livelli laconsapevolezza delle condotte disfunzionali. Ed inol-tre consente di intervenire terapeuticamente in en-trambi i campi, cognitivo e psicomotorio.Grazie alla relazione paziente-terapeuta, i bambinicon ADHD hanno la possibilità di riscattare, almenoin parte, le frustrazioni ricevute dalle relazioni con ipari e con gli adulti a causa della propria condottainadeguata, potendo frequentemente sperimentare,mostrare e mettere in campo, capacità e competen-ze che loro stessi non sapevano di avere.Il trattamento musicoterapico individuale, per il bam-bino con ADHD, è quello considerato più efficace daimusicoterapisti che già operano in questo campo.Questo perché il rapporto individuale permette dipoter analizzare, sperimentare, progredire ed acquisi-re competenze, in un contesto che non comportaurgenze esterne, come quelle che potrebbero deriva-re dal confronto con altri bambini o adulti, quantome-no in una fase iniziale.Il bambino ipercinetico o con rilevanti problemi di

bini ADHD: in ambito clinico i modelli sono diventa-ti estremamente modularizzati e talvolta perdono divista l’obiettivo complessivo, che deve essere ilmiglioramento del benessere globale del bambino.In ambito scolastico invece, nonostante le recentinormative abbiano introdotto indicazioni operativespecifiche per questi alunni, si fatica a renderle con-crete e a farle diventare prassi, anche a causa di pro-blematiche legate alla formazione del personale.In generale si sente sempre più la necessità diproporre modelli di intervento integrati e di rete,cioè che tengano in considerazione sia gli aspettineuropsicologici e sia le caratteristiche emotive erelazionali del bambino, e che prevedano una si-nergia tra specialisti, insegnanti e genitori, impre-scindibile ai fini del conseguimento di risultatisoddisfacenti.A questo proposito e per comprendere meglio qualielementi la musicoterapia può mettere a disposizio-ne nel trattamento dell’ADHD dei bambini in età pre-scolare e scolare primaria, può essere interessantepartire dalle indicazioni delle Linee Guida NICE UK(National Institute for Clinical Excellence) riguardoagli obiettivi specifici su cui lavorare per la terapia diquesto disturbo.Il NICE come altri organismi nazionali ed internazio-nali di riferimento per la sanità (ISS, OMS, APA,...)prevede per la cura dell’ADHD terapie farmacologi-che, eventualmente abbinate a terapie psicologichee comportamentali. In relazione a queste ultime, nelcapitolo “Terapie comportamentali e interventi psi-cologici nei bambini e giovani”, viene espressamen-te raccomandato quanto segue:“...proporsi di lavorare su una serie di obiettivi spe-cifici, tra cui- abilità sociali con i coetanei- risoluzione di problemi- autocontrollo- capacità di ascolto- capacità di affrontare e esprimere sentimenti.Utilizzare strategie di apprendimento attive e darericompense per il raggiungimento di elementi chia-ve di apprendimento.”In questo senso la musica, anche rispetto al lin-

guaggio verbale, presenta alcune caratteristiche spe-cifiche che la rendono particolarmente idonea:- la facoltà di modulare il tracciato EEG attraverso

alcuni suoni e toni (Plude, 1995);- la prerogativa di potenziare la memoria e la per-

cezione uditiva per migliorare l’apprendimento(Roskam, 1979; Shehan, 1981; Wolfe & Horn, 1993);

- un notevole impatto sull’attivazione di entrambi gliemisferi celebrali, attraverso il movimento corpo-reo su base musicale (Morton et al., 1990);

- la facilitazione nell’aumentare la consapevolezzacorporea e la coordinazione corporea attraverso l’uti-lizzo del ritmo musicale (Moore e Mathenius, 1987).

Per questi motivi, attraverso l’approccio musicotera-pico, potrebbero essere perseguibili con efficacia iseguenti obiettivi specifici proposti dal NICE:

• Abilità sociali con i coetaneiNella musicoterapia questo aspetto viene osserva-

to e trattato attraverso la musica d’insieme, nellarelazione col gruppo classe o col gruppo terapeutico.

• Risoluzione di problemiL’Universita di West London (Rie Davies e gli acca-

demici dottor Maddie Ohl e Dott.ssa Anne Manyandedel Dipartimento di Psicologia) ha condotto nel set-tembre 2013 uno studio sistematico su 24 bambinee 24 bambini di quattro anni, basato su ricerche giàesistenti, che ha dimostrato non solo gli effetti delfare musica sulla prosocialità, ma anche sulla capa-cità di risoluzione di problemi già nei bambini diquattro anni di età. Lo studio è stato promosso dallaBritish Psychological Society (BPS) e pubblicato dalScienceDaily. La ricerca ha previsto la randomizzazio-ne dei soggetti in due gruppi: il gruppo “Musica” eil gruppo “Non Musica”. I bambini del gruppo“Musica” sono stati impegnati in attività di cantocorale e suono delle percussioni, mentre i bambinidel secondo gruppo sono stati coinvolti nell’ascoltodi una storia. A seguito di queste attività, ai bimbisono stati proposti un gioco sulla cooperazione e unosull’aiuto dell’altro per valutare le capacità prosocialie di problem-solving.Dai risultati è emerso che i bambini del gruppo“Musica” presentavano una probabilità significativa-

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attenzione e concentrazione, quando è sottoposto apressioni dall’ambiente esterno, aumenta l’iperattivi-tà e/o si ritrae, chiudendo i canali ricettivi; comuni-care con lui diventa più difficile. Solo in un momen-to successivo e in base a specifiche indicazioni edesigenze terapeutiche ed ai progressi effettivamenteottenuti, si può pensare di inserire il bambino in ungruppo di altri bambini.Un secondo bisogno tipico di questi bambini, oltre aquello relazionale, consiste nell’essere costantementestimolati e la musicoterapia risulta adeguata anchesotto questo aspetto: essa propone diverse attivitàmultisensoriali in cui vengono coinvolti udito, tatto evista. La musicoterapia consente inoltre, a differenzadi altri trattamenti, di offrire un setting ludico, all’in-terno del quale il bambino ha la percezione di gioca-re con la musica e con il musicoterapista, mentre lavo-ra al raggiungimento di importanti obiettivi.Da ultimo, è noto che i bambini normalmente nonamano molto alcune terapie convenzionali qualilogopedia, psicomotricità, psicoterapia, fisioterapia,ad eccezione di quei casi nei quali il terapista siavvale molto del gioco oppure ha una capacità par-ticolare di attirare la simpatia del bambino.Nella maggior parte dei casi i bambini partecipanoalle sedute perché costretti e, potendo scegliere, nefarebbero volentieri a meno.Non così per la musicoterapia che di solito ha uneffetto contrario: il bambino viene volentieri in tera-pia. Per lui la terapia è un momento di svago, digioco e di partecipazione. Questo anche perché, perun bambino con disturbi che normalmente creanodifficoltà a livello sociale e relazionale, produrremusica è un traguardo bellissimo.Ma oltre alla partecipazione gradita alla seduta vasottolineato soprattutto il valore della musicoterapiaper quanto riguarda la possibilità di far fare al bam-bino in modo ludico tutta una serie di attività parti-colarmente utili e mirate. Alcuni esercizi con valenzeriabilitative possono risultare a volte difficili e noio-si, mentre il lavoro con la musica può risultare moltopiù piacevole quando suscita nel bambino l’interes-se a produrre un suono o una musica o ad esplora-re le potenzialità di uno strumento musicale.

Nel campo della musicoterapia per la prevenzione ela riabilitazione dell’ADHD al momento mancanoancora esperienze significative da poter citare comeriferimento poiché, a livello generale, si stanno muo-vendo i primi passi.Testimonianze di collaborazioni proficue tra musi-coterapisti ed operatori sanitari sono state segnala-te nel campo dell’oncologia pediatrica, tra le curedi supporto somministrate ai piccoli pazienti per lariabilitazione e l’acquisizione di abilità motorie eper supportare psicologicamente il paziente e isuoi familiari, nel campo della logopedia dovel’utilizzo di giochi musicali e di filastrocche can-tate da parte del musicoterapista, in accordo conil logopedista, consente di lavorare positivamen-tre nella riabilitazione della balbuzie e nellariabilitazione degli afasici.In Italia la musicoterapia per la riabilitazione cogniti-va viene già praticata in regime convenzionato pres-so alcune strutture ed è basata su obiettivi chevanno quantificati, codificati e comunicati con moda-lità scientificamente adeguate.In questo senso è estremamente importante che ilmusicoterapista sia preparato ad interagire all’inter-no di un’équipe terapeutica multidisciplinare ed èinoltre fondamentale che l’équipe sia diretta da unmedico specialista in modo che, a partire da unadiagnosi medica, il musicoterapista possa svilupparela massima chiarezza di obiettivi e di precisioneespositiva, per delineare attentamente il problemada trattare ed il percorso terapeutico da seguire.D’altra parte invece, proprio in ragione di tutte lepotenzialità precedentemente esposte, è possibilepensare che la musicoterapia sia utilmente impiega-ta anche come terapia a sé stante, per prevenire ilpeggioramento e per la riabilitazione in alcuneforme di ADHD in età prescolare, nelle forme menogravi o con prevalenza inattentiva e nelle formesenza grave impulsività.

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Throughout the renaissance, classical,romantic and twentieth-century periods,songs have become increasingly

important in order to tell stories, reflect emotionsand enhance worship.We define songwriting in therapy as the process ofcreating, notating and/or recording lyrics and musicby the client or clients and therapist within atherapeutic relationship to address psychosocial,emotional, cognitive and communication needsof the client. (Baker, Wigram 2005)In this article, I report my annual experienceof use of songwriting among other methods(recreation, improvisation and mostly listening) asa music therapist trainee in the treatment of dualdiagnosis, adult patients who suffer from a mentalillness and a comorbid substance abuse problem.

IL SONGWRITING IN MUSICOTERAPIACon songwriting in musicoterapia ci si riferisce allapratica compositiva di canzoni in un contesto clinico,per o con i pazienti. Una prima importante distinzio-ne è infatti necessaria per discernere tra quei branicomposti dal terapista per il paziente (o per il grup-po) per perseguire un certo scopo terapeutico, einvece il lavoro svolto dal terapista per facilitare lapratica compositiva del paziente (o del gruppo).I brani composti in contesti terapeutici sono considera-bili sia in termini di processo che di prodotto: essi testi-moniano i sentimenti e pensieri sperimentati in unacerta fase del trattamento, costituiscono artefatti da con-dividere con altri e forniscono prova di padronanza, crea-tività ed espressione di sé (Baker, Wigram, 2008).Definiamo pertanto il songwriting in musicoterapiacome il processo di creare, scrivere la partitura e/o regi-strare parole e musica da parte del paziente o pazientie del terapista nel contesto di una relazione terapeuticaper affrontare i bisogni psicosociali, emotivi, cognitivi ecomunicativi del paziente (Baker, Wigram 2008).Il ruolo del terapista è quello di facilitatore del proces-so creativo, e permette al paziente di avere gli stru-menti per creare una composizione che sia percepitacome propria e che esprima bisogni, pensieri e senti-menti personali, sotto forma di musica e/o parole.

Le tecniche coinvolteIl processo di songwriting coinvolge numerose tecni-

che (Caneva, 2007) frequentemente adoperate inmusicoterapia, quali:- Il brainstorming;- L’ascolto;- L’improvvisazione vocale e/o strumentale;- La creazione di partiture;- L’esecuzione;- L’uso della voce;- L’uso degli strumenti;- La drammatizzazione di un testo;- La realizzazione di una coreografia;- L’incisione di un disco o videoclip.Inoltre, nel corso del processo creativo, i pazientipossono diversificare i propri ruoli e concentrarsi suuna delle tecniche sopraccitate, per poi cambiareruolo oppure fondersi con il gruppo in momenti diintensa coralità.

La canzone come prodottoUn’altra importante caratteristica del songwriting èche porta alla creazione di uno o più prodotti: una par-titura, un testo, una registrazione audio, un videoclip.“Una canzone di per sé è un prodotto finito e defi-nito. È un’opera e come tale porta tracce del suocreatore e il suo artefice si riconosce in essa, la per-cepisce come propria. L’utente può sperimentare lasensazione di viversi come autore, esecutore con ungrosso ritorno in termini di autostima. È tangibile, sipuò tenere in mano (CD, Audiocassetta, Partitura)

MUSICOTERAPIAE SONGWRITING

Andrea Golembiewski, Musicista, Musicoterapista,Genova

UN’ESPERIENZA DI TRATTAMENTODI PAZIENTI ADULTI CON DOPPIA DIAGNOSI

IL RUOLO DELLA CANZONEStainer e Barrett (1875) definiscono, nel Dictionaryof musical terms, la canzone come come “Un pezzodi musica per voce o voci, accompagnata o non, ol’atto o l’arte del cantare”.Curt Sachs (1969; citato in Baker, Wigram, 2008) hariportato come nelle melodie cantate nell’antichità sidistinguessero due stili, uno da lui definito logogeni-co (linee di ribattuti, gradi congiunti con pochi salti,prevalentemente all’interno di un’ottava, suonibrevi), che poneva maggiore attenzione alle parolee dunque al significato, ed uno patogenico (ampiintervalli, suoni lunghi, melodie “a picco”), piuttostoincentrato sullo scarico di tensioni emotive: entram-bi gli stili sono rilevanti per il lavoro musicoterapico(Baker, Wigram, 2008).Mentre nell’antichità le canzoni erano soprattutto unveicolo per raccontare e tramandare storie, con l’av-vento del Cristianesimo, esse hanno perseguito loscopo di consolidare il culto religioso e diffondereuniformità nel codice liturgico. Grazie ai TrovatoriFrancesi nel XI secolo, la canzone subì un’ulterioreevoluzione ed iniziò ad affrontare il tema dell’amo-re. Le canzoni sono diventate sempre più importantidurante il Rinascimento, il Classicismo, il Romanti-cismo e il Novecento, per le stesse funzioni per lequali sono state originariamente utilizzate: racconta-re storie, riflettere emozioni e rafforzare la religione(Baker, Wigram, 2008).

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[...] La concretezza permette l’archiviazione e la con-servazione nel tempo.” (Caneva, 2007).La canzone può essere esportata al di fuori dellaseduta di musicoterapia, riprodotta e cantata conamici e parenti, oppure eseguita in contesti comerassegne canore.

Obiettivi musicoterapiciGli obiettivi terapeutici perseguibili con il songwri-ting in contesti clinici comprendono:• miglioramento/nuovo sviluppo della comunicazione;• espressione del Sé o esplorazione del Sé;• rivisitazione della propria vita;• affrontare e/o adeguarsi;• esternare questioni dolorose;• miglioramento/nuovo sviluppo di abilità cognitive

(Baker, Wigram, 2008).

Applicazioni clinicheLa letteratura scientifica internazionale abbonda diarticoli che descrivono il metodo del songwriting e irisultati su numerose popolazioni cliniche. C’è chi so-stiene che “la creazione di canzoni è probabilmente latecnica compositiva più comune nella pratica musicote-rapica (internazionale, n.d.r.)odierna.” (Maranto, 1993; ci-tato in Caneva, 2007). La let-teratura musicoterapica ab-bonda di testimonianze clini-che sull'uso della composi-zione di canzoni.La documentazione del va-lore di tale tecnica con bambini ed adolescenti affettida neoplasie, malattie ematiche o sottoposti a tra-pianto del midollo, è considerevole, soprattutto in annirecenti (Abad, 2003; Hadley, 1996; Kennelly, 1999;Ledger, 2001; Robb, 1996; Robb e Ebberts, 2003a,2003b; Slivka e Magill, 1986; Turry, 1999; citati inBaker, Wigram, 2008).Bambini e adolescenti che affrontano malattie cheespongono al pericolo di vita hanno l’opportunità,grazie all’impiego di una serie di interventi di com-posizione di canzoni, di sperimentare le loro capaci-tà, di osservare miglioramenti nell’affrontare gli altri

e di avere interazioni sociali (Abad, 2003; Robb eEbberts, 2003a; Slivka e Magill, 1986; Turry 1999; cita-ti in Baker, Wigram, 2008).La ricerca sul songwriting in musicoterapia riguardaanche adolescenti che presentano difficoltà emotive,e ha rilevato miglioramenti nell’espressione di pen-sieri e sentimenti e aumento dell’autostima (Du-besky, Edgerton, 1990; Goldstein 1990; Lindberg,1995; Robarts, 2003; citati in Baker, Wigram, 2008).In particolare, Robarts (2003; citato in Baker, Wigram,2008) presenta il caso di una ragazza che ha subitouno stupro, mostrando come le canzoni fossero utilialla propria paziente al fine di prendere consapevo-lezza ed esternare aspetti di se stessa, di riconosce-re la tristezza e la solitudine e di sviluppare fiducia.

L’esperienza di tirocinioNel 2015 ho progettato, con la supervisione del Prof.Gerardo Manarolo, un intervento di musicoterapia,che è stato poi realizzato presso la Onlus A.F.E.T.Aquilone 1 con la collaborazione di Roberto Tocci,musicoterapista in formazione e operatore della strut-tura e di Elisa Ruggeri, psicologa tirocinante pressoA.F.E.T. Il progetto di musicoterapia è stato pensato

per un gruppo di pazientiadulti con doppia diagnosiinviati dai referenti dellastruttura sulla base dellaloro presunta idoneità epropensione alle attività la-boratoriali, nello specifico,a mezzo musicale, e si è

sviluppato in un periodo di nove mesi.In supervisione abbiamo ipotizzato un progetto bi-partito, con sedute a cadenza settimanale, che pre-vedesse una prima fase di musicoterapia recettivaed una successiva fase di musicoterapia attiva conattività di songwriting e che culminasse in una regi-strazione-prodotto a conclusione delle attività.

Obiettivi riabilitativi e terapeuticiL’intervento di musicoterapia si prefiggeva di favorirel’apertura di una dimensione terapeutica mirata al recupe-ro da parte del paziente di spazi di autonomia, continuità

di relazione ed esperienza di socializzazione (Raglio, 2002;citato in Francomano et al., 2011). Inoltre, analogamentea quanto suggerito da Francomano et al. in “Un model-lo di musicoterapia nelle psicosi schizofreniche: Possibilitàdi impiego della musicoterapia nella riabilitazione psi-chiatrica”, si ambiva:• a potenziare le abilità cognitive;• ad aprire canali di comunicazione, facilitando l’espres-

sione e la rappresentazione del mondo interiore deisoggetti;

• a favorire la motivazione, la gratificazione e l’auto-stima, valorizzando le parti sane dei partecipanti;

• ad avviare un graduale processo di strutturazionedel sé, aspetto di notevole rilievo nei soggetti psi-cotici che si caratterizzano per la dissociazione, la disor-ganizzazione e la destrutturazione interna. Il soggetto,infatti, tramite la musicoterapia, crea e condivide con-tenuti sonoro-musicali che sono espressione simbolicadei propri contenuti emotivi e dei vissuti interni;

• a permettere ai pazienti di scaricare energie eansia (funzione catartica) tramite l’uso di strumen-ti, della voce e del corpo;

• a promuovere la socializzazione e l’interazione trai vari componenti del gruppo;

• a sollecitare le doti empatiche dei partecipanti,stimolando l’ascolto attivo reciproco;

• a stimolare la capacità di problem solving dei parte-cipanti, e la loro capacità di collaborazione all’inter-no di un gruppo, mantenendo il focus su problemi ditipo creativo-artistico anziché su quelli personali.

SettingIl centro non offriva un servizio di musicoterapia inprecedenza. Abbiamo utilizzato una stanza ampia eluminosa, dove normalmente si svolgono i gruppi disostegno. La stanza dispone di una lavagna magne-tica, di numerosi computer con accesso a internet, edi tavoli e sedie per i partecipanti, oltre che di unimpianto audio, di un videoproiettore e di una lava-gna a fogli mobili.Agli elementi già presenti nel setting si è aggiuntolo strumentario, funzionale allo svolgimento dellamusicoterapia attiva.La durata delle sedute è stata fissata a sessanta minu-

ti. Il setting ha assunto, nella seconda parte del pro-getto, una configurazione stabile, con le sedie dispo-ste in cerchio, una lavagna a fogli mobili a disposizio-ne per scrivere e creare testi e partiture, gli strumen-ti a disposizione su un tavolo e l’impianto audio col-legato a un computer per gli ascolti.

Il gruppoIl gruppo con cui abbiamo lavorato può essere con-siderato un piccolo gruppo, con partecipanti compre-si tra i 5 e i 10 elementi. Mediamente, abbiamoavuto 7 partecipanti a seduta.Il gruppo era misto, a prevalenza maschile, con un’e-tà media di 35 anni. I partecipanti erano accomuna-ti da un quadro clinico di doppia diagnosi, dunque daproblematiche di tipo psichiatrico frammiste a pro-blematiche di dipendenza (prevalentemente, da so-stanze stupefacenti; in alcuni casi, esclusivamente daalcool o da gioco d’azzardo).Il gruppo ha mantenuto le caratteristiche del gruppoaperto a lento ricambio.

Anamnesi sonoro/musicaleNella fase preliminare del progetto, si è svolta, sottoforma di intervista, la raccolta della storia sono-ro/musicale dei pazienti dalla nascita al presente,con l’obiettivo di favorire la condivisione dei vissutirelativi alla musica all’interno del gruppo, e di rac-cogliere informazioni utili per le fasi successive.Abbiamo inoltre svolto, con il gruppo, un brainstormingsulle aspettative e conoscenze, maturate tramite espe-rienze pregresse o attraverso altre fonti di informazio-ne, sul tema: “Che cos’è la musicoterapia?”.

Musicoterapia recettivaDurante la prima fase del progetto, ciascuna sedutaè stata strutturata, dopo una breve accoglienza,intorno ad una sequenza di ascolti: ogni partecipan-te sceglieva liberamente un brano e lo faceva ascol-tare al gruppo, utilizzando YouTube.Ad ogni ascolto seguiva una fase di verbalizzazione,dove vi era la consegna di evitare il giudizio, solleci-tando la comunicazione delle proprie emozioni e sen-sazioni, espresse anche sotto forma di immagini o

La ricerca sul songwritingin musicoterapia [...] ha rilevatomiglioramenti nell’espressionedi pensieri e sentimentie aumento dell’autostima

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sinestesie, lasciando anche spazio agli eventuali colle-gamenti di natura culturale e a narrazioni biografiche.Il paziente che aveva proposto il brano forniva unamotivazione per la scelta, e gli altri partecipanti veni-vano interpellati per restituire un feedback al gruppo.Dalle verbalizzazioni del gruppo, venivano estrattealcune parole chiave, che si riportavano sulla lavagnasotto forma di diagramma.Talvolta, io e gli operatori abbiamo fornito delle con-segne per orientare la sequenza di ascolti, allo scopodi creare varietà e mantenere viva l’attenzione emotivazione dei partecipanti.Nella parte finale della prima fase, nelle sedute diDicembre, ho cercato di introdurre la musicoterapiaattiva orientando i nostri ascolti alla musica concre-ta, che riveste particolare interesse per la musicote-rapia. L’intento era quello di valorizzare l’arte delrumore, e di dare legittimità alle future produzionimusicali del gruppo.Abbiamo ascoltato e visto la performance intitolataWater Walk di John Cage, noto compositore avan-guardista americano, e la performance degli Stompdal titolo Newspapers (2009, Yes/No Productions),in cui i protagonisti utilizzano fogli di giornale percreare uno spettacolo musicale e cabarettistico.Abbiamo poi discusso delle avanguardie musicali chehanno caratterizzato il Novecento musicale, quali futu-rismo e movimento dada.

Musicoterapia attivaNella seconda fase del progetto, iniziata a Gennaio,abbiamo introdotto le attività di produzione sono-ra/musicale. Quest’attività può essere potenzialmen-te gratificante, ma anche frustrante per il gruppo, dalmomento che richiede ai partecipanti di esporsi,assumersi rischi e di confrontarsi con gli altri, con leproprie possibilità ed i propri limiti.Nella scelta dello strumentario, abbiamo adottatoprevalentemente strumenti percussivi, facilmentemanipolabili.

I parametri musicaliNell’attesa che gli strumenti arrivassero, abbiamosvolto un brainstorming su quali potevano essere i

parametri musicali su cui intervenire durante un’ese-cuzione strumentale; il gruppo ha evidenziato quat-tro coppie, polarità di un continuum ideale:- Piano/Forte;- Grave/Acuto;- Denso/Sparso;- Lento/Veloce.La coppia denso/sparso fa riferimento sia alla dura-ta delle note che alla loro quantità in un dato perio-do di tempo.

Esplorazione ed improvvisazionecon lo strumentarioPer questa attività, abbiamo accolto il gruppo nellastanza, con lo strumentario disposto su due tavoli alcentro e delle sedie intorno ad essi, e abbiamo cer-cato di osservare le condotte del gruppo e dei sin-goli senza intervenire attivamente. Questo ha forsespiazzato il gruppo che era stato abituato ad unampio uso del parlato, e che ha dunque iniziato aparlottare. Un paziente ha preso la chitarra, ha cer-cato di suonare qualcosa, e ha iniziato a raccontaredi quando aveva studiato musica.A questo punto, abbiamo introdotto la consegna diesplorare liberamente le possibilità sonore deglistrumenti presenti per 15 minuti. Ad eccezione di unpartecipante, particolarmente restio anche nellarestituzione verbale, tutto il gruppo ha manipolatogli oggetti musicali. Chi aveva conoscenze musicalipregresse cercava di eseguire il proprio repertorio,specialmente sugli strumenti melodici più connotati(metallofono e chitarra).Successivamente, abbiamo chiesto al gruppo unarestituzione verbale tramite la quale è emerso unsentimento comune di frustrazione: in particolare,alcuni membri hanno lamentato di aver ricevuto unaconsegna troppo vaga.In seguito, abbiamo fornito la consegna di comuni-care con gli altri e con il gruppo attraverso gli stru-menti, senza utilizzare il linguaggio parlato; anchequesta attività doveva durare 15 minuti.Due partecipanti, che erano seduti vicini, hannomesso in atto un dialogo sonoro e hanno comunica-to non verbalmente, mostrando complicità attraver-

so sguardi e sorrisi; la maggior parte dei partecipan-ti ha mostrato, invece, una certa chiusura al dialogo,ma tutti hanno esplorato gli strumenti, ad eccezionedi un partecipante che è uscito dalla stanza inmaniera brusca. Anche a questa improvvisazione èseguito un momento di restituzione al gruppo, esono emersi dei vissuti più positivi.

Partiture graficheNelle successive sedute, abbiamo svolto un lavoro dicreazione di un codice di scrittura musicale, attraver-so attività di brainstorming con il gruppo.Partendo dai parametri musicali, precedentementedefiniti, il gruppo ha proposto delle idee di rappre-sentazione grafica originali.Il primo codice di rappresentazione grafica è statocosì definito (Figura 1):• i suoni sarebbero stati rappresentati da cerchi

vuoti, di varia dimensione a seconda dell’intensità;• questi suoni sarebbero stati posizionati al di sopra

o al di sotto di una linea, per definirne approssi-mativamente l’altezza;

• la densità era definita graficamente come rappor-to tra note e spazio orizzontale;

• la velocità era determinata dal direttore dell’ese-cuzione, che con una bacchetta scorreva all’inter-no della partitura, decidendo di fatto la velocitàper gli esecutori.

Nel corso delle sedute, ho illustrato il concetto diloop/ostinato, inteso come ripetizione di una brevefrase sonora/musicale ad libitum.Ho preso spunto da un’idea di rappresentazione gra-fica con le linee proposta da una paziente per creareun codice alternativo al precedente, che ci permet-tesse di scrivere degli arrangiamenti e diversificaredunque i ruoli degli esecutori. Questo codice preve-deva delle linee colorate diverse per ogni strumentoo per sezioni di strumenti. Dove la linea era traccia-ta, bisognava eseguire il proprio loop oppure unassolo improvvisato, dove non era tracciata, inter-rompersi. In figura vediamo rappresentata la compo-sizione di un partecipante, con successive modifichee cancellature. Il brano era composto per una sezio-

ne di strumenti a percussione e tre strumenti melo-dici, tra cui la chitarra che doveva eseguire un asso-lo improvvisato. Notiamo, nella parte alta, ancheun’indicazione di crescendo e decrescendo (Figura 2).

Va sottolineato come, in quest’attività, ciascunpaziente abbia sperimentato ruoli musicali diversi:compositore, direttore, esecutore. Ho riscontrato unnotevole interesse per l’attività da parte del gruppo,e anche io ero gratificato, dal momento che il lavo-ro era sufficientemente sfidante da non creare sta-gnazione, ma non troppo al di sopra delle capacitàdei pazienti. Inoltre, dal momento che la paternitàdel codice apparteneva al gruppo, l’investimentoemotivo nell’attività è stato notevole.

Creazione di videoclip e attribuzione di un titoloLe esecuzioni basate sulle partiture grafiche sonostate registrate, su richiesta dei partecipanti, e suc-cessivamente riascoltate. Abbiamo poi fornito algruppo la consegna di pensare a delle immagini daassociare alle composizioni ascoltate.

Figura 1: Partitura grafica realizzata da un paziente

Figura 2: Partitura grafica

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Son troppo invidiosi e portan delusionePersino nel mio cuore c’è un’aria incandescenteRimugino su tutto e poi non cambia niente

Anche questi due brani sono stati poi cantati adope-rando delle basi musicali.Il lavoro è andato avanti con altri brani, fino a cheun utente ha proposto un brano in lingua inglese:“Father and Son” di Cat Stevens (1970). Il branonarra il tema del complesso rapporto padre/figlio.

Abbiamo provato a creare un nuovo testo in italiano,una traduzione non letterale che fosse più o menocoerente con la metrica del brano. Grazie all’inseri-mento di un nuovo paziente, che disponeva di unapiù che buona padronanza della chitarra e dellavoce, è stato possibile per la prima volta eseguire ilbrano con lo strumentario. Il gruppo si è suddiviso glistrumenti a disposizione, tutti i partecipanti hannocontribuito con il canto e con le percussioni, trainatidal chitarrista/leader. Segue la trascrizione delle duestrofe create dal gruppo:

Non è tempo di cambiareOra lasciati andareTu sei giovane, non è una colpaC’è ancora molto da scoprireInnamorati, sii feliceSe tu vuoi potrai sposartiGuarda me, sono vecchioMa feliceSono stato come teE so quanto è difficileStare calmi, quando troviUna difficoltàMa datti tempo, pensa semprePensa a tutto ciò che hai quiSarai ancora qui domani, ma i tuoi sogni no

Arrangiamento e registrazioneDurante il mese di maggio, abbiamo ragionato insie-me sulla forma canzone, dunque su come si puòstrutturare un brano e come si può diversificare unarrangiamento strumentale.

Partendo dai due versi di “Father & Son” elaborati inprecedenza, abbiamo creato collettivamente unarrangiamento in cui fosse presente un intro stru-mentale, due versi distinti per contrasto (timbrico,dato che gli strumenti erano diversi e le voci si alter-navano; dinamico, dato che l’intensità andava adaumentare nel secondo verso), e un finale strumen-tale (coda). Sono state necessarie alcune prove,abbiamo registrato e riascoltato ogni tentativo, attra-verso un registratore digitale, per pervenire a unaregistrazione definitiva.Gli ultimi incontri sono stati dedicati all’arrangiamen-to e alla registrazione dei brani composti dal gruppo,che abbiamo impresso su un CD, poi restituito algruppo nella seduta conclusiva.

RIFLESSIONI CONCLUSIVELa narrazione diaristica delle sedute ha evidenziatovissuti positivi nel gruppo, e gli obiettivi terapeuticie riabilitativi proposti sembrano essere stati coeren-temente perseguiti; in particolare, ritengo che que-sto intervento, di tipo supportivo-espressivo, abbiafavorito l’integrazione sociale dei pazienti, stimolan-do e sostenendo il processo di strutturazione del Sé.Il musicoterapista, in questa esperienza, ha operatocome facilitatore dell’espressione dei contributi per-sonali e gruppali e offerto la sua competenza musi-cale per strutturarli in una forma (canzone) e in uncodice (partitura), e trasformarli successivamente inun prodotto (CD, videoclip).Limitandoci, per il momento, alle osservazioni com-piute in seduta, al feedback dei partecipanti e allaletteratura esaminata, il songwriting parrebbe esse-re un metodo con buone potenzialità nel trattamen-to musicoterapico di pazienti con doppia diagnosi,che può essere ben integrato con l’improvvisazionee con l’ascolto musicale.

Note

[1] A.F.E.T. Aquilone offre servizi di tipo socio-sani-tario e formativi rivolti a soggetti svantaggiati,e/o affetti da dipendenze patologiche.

Sulla base delle associazioni suggerite dai pazienti,Elisa e Roberto hanno poi creato diversi videoclip, uti-lizzando immagini reperite sul web, con la registra-zione ascoltata in precedenza come colonna sonora.Abbiamo riflettuto dunque insieme su come la musi-ca influenzi l’esperienza della visione di un video, eviceversa su come le immagini orientino l’ascolto.Nella seduta successiva, il gruppo ha attribuito deititoli ai videoclip creati.

SONGWRITINGSiamo approdati all’attività di songwriting circa a metàMarzo, e vi abbiamo dedicato numerosi incontri.La prima attività che ho proposto è stata l’ascolto,analisi e successiva modifica di un brano di FabrizioDe Andrè intitolato “Quello che non ho”, dall’albumFabrizio De Andrè (1981). Per agevolare il processodi creazione di un nuovo testo a partire dall’origina-le, ho presentato al gruppo la tecnica del fill-in-the-blank, citata da Freed (1987) nel suo lavoro con lapopolazione tossicodipendente.Dopo aver trascritto una strofa del brano, abbiamoscelto insieme le parole o frasi che potevano esseresostituite e ciascun paziente ha trovato sostituzionicoerenti con la metrica del brano. È stato interessan-te notare come diversi partecipanti utilizzassero iltesto come contenitore per i propri vissuti, incorpo-randolo di fatto nella propria esperienza. Il brano,con le successive modifiche, ben rappresenta il desi-derio di (re)integrazione sociale del gruppo.

Quello che non ho, è un posto di lavoroQuello che non ho, è una raccomandazioneQuello che non ho, sono i tuoi denariPer vivere sereno, per guadagnarmi il paneQuello che non ho, sono i problemi passatiQuello che non ho, è quel che non mi manca

L’ultima frase è rimasta priva di modifiche, sebbeneil gruppo abbia scherzato sul fatto che ai partecipan-ti, invece, mancassero eccome tutte le cose elenca-te nel testo.Inaspettatamente, in supervisione con Manarolo hoscoperto che Andrea Cavalieri (2013), musicista e

musicoterapista, aveva già pubblicato un lavoro disongwriting a partire dal testo di “Quello che non ho”,nel suo lavoro con una paziente adolescente. Il branoè stato poi cantato con delle basi reperite in rete.Successivamente, ai partecipanti è stato proposto discegliere brani in lingua italiana, che avremmomodificato per creare nuovo materiale testuale.Dopo l’ascolto e l’analisi di ciascun brano proposto,abbiamo ripetuto l’approccio fill-in-the-blank percreare un nuovo testo. Non abbiamo mai trascritto itesti per intero, ma solo in parte, in modo da poterdedicare solamente una seduta a ogni brano, data lanatura aperta del gruppo.Il primo brano, derivato dalla canzone “L’anno cheverrà” di Lucio Dalla (1979), è piuttosto fantasioso,e racconta di una chiromante che predice ai pazien-ti il tanto agognato cambiamento ed una risoluzionedei loro problemi sotto forma di amnistia.

Ma una chiromanteHa detto che il nostro futuroPorterà un cambiamentoE tutti quanti stiamo già aspettandoSarà una gioia immensaE un’amnistia plenariaOgni amore scenderà dalla lunaAnche I soldati faranno ritorno

Il testo successivo è stato creato a partire dal brano“Io non mi sento italiano” di Giorgio Gaber (2003).L’ascolto e l’analisi del testo avevano dato luogo a unlungo dibattito sul malfunzionamento del nostroPaese. Per evitare il luogo comune, ho proposto distravolgere il contenuto politico del testo orientan-dolo verso un tema diverso. Una paziente ha propo-sto di sostituire “signorina” a “presidente”, permet-tendo al gruppo di rileggere il brano in chiave amo-rosa e creare un nuovo testo, che trascrivo:

Mi scusi signorina ma questo nostro amoreChe voi rappresentate mi sembra un po’ sopitoÈ anche troppo triste agli occhi della menteChe è tutto calcolato e non ci cambia nienteSarà che gli amanti per lunga confessione

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Il Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni(TO), struttura specializzata nella cura delle demen-ze e della malattia di Alzheimer, gestita dalla Dia-conia Valdese e convenzionata con l’A.S.L. TO3(Azienda Sanitaria Locale di Collegno e Pinerolo), haricevuto nel 2014 a Bruxelles il premio europeo EFIDAward (European Foundations’ Initiative on Dementia)bandito da un gruppo di fondazioni europee e rivol-to a progetti innovativi che hanno l’obiettivo di mi-gliorare la qualità di vita degli anziani con demen-za. La giuria del premio è composta da due gruppi,uno di esperti professionisti europei del campo euno di malati.Il progetto del Rifugio dal titolo “Noi con Voi - Am-basciatori per l’Alzheimer” è stato l’unico progettoitaliano premiato nella categoria “vivere bene con lademenza nella comunità” e si è distinto per le buo-ne prassi mostrate in quindici anni di lavoro, per ilcoinvolgimento, delle persone con demenza, allavita di comunità e per i diversi modi di sensibilizza-re il pubblico del territorio su questa malattia.Il progetto ha reso le persone con demenza “amba-sciatori” per diffondere un nuovo pensiero sulledemenze. Sensibilizzare, informare la popolazionesul tema dell’Alzheimer e combattere lo stigma checolpisce chi è affetto da demenza e la sua famiglia,gli obiettivi del progetto. Significativi in tal sensosono stati, tra le altre iniziative, gli incontri espe-rienziali (informativi e divulgativi) sulla musicotera-

Bibliografia

■ Baker F. & Wigram T.Songwriting: Methods, Techniques and ClinicalApplications for Music Therapy Clinicians, (2005),Educators and Students, Jessica Kingsley Publishers,trad. it. Antonietta De Vivo, “Songwriting. Metodi, tec-niche e applicazioni cliniche per clinici, educatori e stu-denti di musicoterapia”, ISMEZ, Roma, 2008.

■ Caneva P.A.Songwriting. La composizione di canzoni come strate-gia di intervento musicoterapico, Armando Editore,Roma, 2007.

■ Cavalieri A.Quello che non ho. Rielaborazione di una canzoned’autore in un intervento musicoterapico individuale,Musica&terapia, Quaderni Italiani di Musicoterapia,n. 27, pp. 38-41, Cosmopolis, Torino, 2013.

■ Francomano A., Carlone M.G., Dazzo M.,La Barbera D.Un modello di musicoterapia nelle psicosischizofreniche: Possibilità di impiego della musico-terapia nella riabilitazione psichiatrica, Psichiatria e

The article elaborates on a presentationmade at the Turin conference in 2015“Distant Memories. Music Therapy and

Alzheimer’s Disease”. It describes the analysis of clinicalcases and of film of Music Therapy sessions at theRifugio Re Carlo Alberto, which demonstrate theimportance of the words expressed by the elderly withdementia (traces of life and memory) and the importanceof preparing an appropriate setting (welcoming and freefrom interfering stimuli). The Music Therapy sessionsheld at the Rifugio were included in a randomized,controlled and multicenter research study (coordinatedby Alfredo Raglio), and published in “The Journalof The American Geriatrics Society”. The Rifugio, whichspecializes in the care of patients with Alzheimer’s andother dementias, won the European EFID Award(European Foundations’ Initiative on Dementia) in2014 with the project “Us with You - Ambassadors forAlzheimer’s”. This project was recognised for itsinvolvement of people with dementia in community lifeand for the different ways it raises awareness aboutdementia within the local community. Music Therapyhas been offered to patients at the Rifugio since 2011as part of a range of non-pharmacological therapiesthat contribute to their well being and activeparticipation in community life. Non-pharmacologicaltherapies, much as Music Therapy, are included amongthe international guidelines for creating “DementiaFriendly Communities”.

SUONI, VOCI E PAROLEDELLE PERSONE CON DEMENZA

Gianni Vizzano, Musicoterapista, Torino

LA MUSICOTERAPIAAL “RIFUGIO RE CARLO ALBERTO”

Psicoterapia, Vol. 30, N. 4, pp. 277-299, GiovanniFioriti Editore, Roma, 2011.

■ Freed B.S.Songwriting with the Chemically Dependent, MusicTherapy Perspectives, Vol. 4, No. 1, pp. 13-18, 1987.

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pia programmati al “Caffè Alzheimer” 1 di Pinerolo(TO) che hanno coinvolto malati e caregivers 2 e ilprogetto intergenerazionale “Radici e futuro”. Il pro-getto intergenerazionale ha coinvolto alcuni ospitidel Rifugio in vari momenti di condivisione e cono-scenza con i bambini dell’asilo nido intercomunale diTorre Pellice (TO). L’incontro sonoro-musicale che hocondotto, nell’ambito del percorso “Radici e futuro”,ha evidenziato quanto i bambini siano importantiattivatori per le persone anziane.

Per poter convivere con la demenza è necessariauna comunità accogliente e inclusiva che sappia sup-portare i malati e facilitare l’espressione delle lorocapacità residue. Creare una “comunità amichevolealla demenza” è diventa-ta una priorità operativainternazionale 3 per adat-tare le strutture e i serviziai bisogni delle personecon demenza.Anche i progetti degli altriPaesi Europei che hanno vinto il Premio EFID nel2014 (Scozia, Belgio, Olanda, Inghilterra e Svezia) sisono distinti per il tentativo di dare vita a comunitàche curano, accolgono, comprendono e accompagna-no le persone con demenza, secondo le seguentilinee guida:- migliorare il modo in cui le persone con demenza

e le loro famiglie vivono e fanno parte della lorocomunità locale, creare occasioni di conoscenza ediffondere informazioni sulla demenza (progettiintergenerazionali, servizi, esercizi commerciali eturismo amichevoli con la demenza);

- creare opportunità per le persone con demenzaper diventare soggetti attivi nelle decisioni e nelleazioni che le riguardano (incontri con i politici e gliamministratori locali, piccoli gruppi di discussionecon un facilitatore);

- impiegare terapie non farmacologiche già nellafase inziale della malattia, per riconoscere, sup-portare, mantenere, estendere, mostrare e cele-brare quello che è ancora possibile nelle vite dellepersone con demenza.

LA MUSICOTERAPIAAL RIFUGIO RE CARLO ALBERTODal gennaio 2011 la musicoterapia è uno degli inter-venti non farmacologici proposti agli ospiti delRifugio Re Carlo Alberto. La continuità negli anni hapermesso di rendere l’intervento una risorsa nellevarie fasi della malattia.L’invio al trattamento di musicoterapia è condivisodall’intera équipe: Responsabile di struttura, Diret-tore Sanitario, Psicologo, Responsabile Assistenziale,del Servizio Infermieristico, del Settore Alzheimer(Nuclei Alzheimer e Centro Diurno Alzheimer), e delServizio Animazione (figura di connessione tra l’équi-pe e i consulenti che si occupano di proporre variinterventi non farmacologici). Tutte queste professio-

nalità si coordinano congli operatori per deciderea quali ospiti sia più op-portuno proporre l’inter-vento. I percorsi di musi-coterapia sono rivolti inparticolar modo alle per-

sone con CDR (Clinical Dementia Rating) da 1 a 4 (dademenza lieve a molto grave), anche con la presen-za di gravi disturbi psichici e/o comportamentali(ansia, depressione, apatia, vagabondaggio afinalisti-co). Si è pensato di rivolgere l’intervento agli ospiticon demenza e Alzheimer che hanno più difficoltà adessere coinvolti nelle varie attività (animazione, curestandard), persone con difficoltà comunicative e rela-zionali, con disturbi comportamentali e ritiro sociale.Nel modello musicoterapico di riferimento (ovveroquello psicodinamico-relazionale) viene impiegatal’interazione sonoro-musicale per costruire un pontecomunicativo con la persona affetta da demenza,con lo scopo di riattivare e sviluppare le capacitàespressive e relazionali più profonde e autentiche,che persistono lungo tutta la durata della vita di ogniessere umano.Individuati gli ospiti ai quali proporre l’intervento,svolgo, in qualità di musicoterapista, alcuni colloquipreliminari con i responsabili e con gli operatori perconoscere la persona con cui lavorerò.Altra pratica importante è la lettura della cartella clini-

ca, della diagnosi, del Piano Assistenziale Individualee di un documento chiamato “storia di vita”, redattodall’équipe, che contiene molti elementi utili all’a-namnesi sonoro-musicale, indicazioni su interessi pas-sati e presenti, eventi significativi, elementi distintividel carattere. Svolgo in seguito osservazioni nel conte-sto quotidiano di vita, come ad esempio il salone o icorridoi, dove l’ospite passa la maggior parte della suagiornata, per acquisire elementi utili allo scopo di alle-stire un setting adeguato al paziente fin dalla primaseduta. Durante queste osservazioni della durata dicirca trenta minuti rilevo la postura del paziente, lecaratteristiche e le dimensioni di eventuali ausili (car-rozzina, deambulatore), le modalità espressive sponta-nee (vocalizzi, utilizzo di oggetti o parti del corpo perprodurre suoni, come ad esempio le proprie mani chepercuotono il tavolino della carrozzina), le modalità direlazione con gli altri ospiti e con gli operatori.In questa fase di conoscenza è inoltre necessarioriconoscere le autonomie delle persone con demen-za, in modo tale da permettere loro, anche nel set-ting musicoterapico, di potersi esprimere liberamen-te così come sono capaci, senza sentirsi in errore.Compito del musicoterapista è, attraverso l’osserva-zione e l’ascolto, accorgersi e valorizzare ogni moda-lità espressiva del paziente (anche quelle che ap-paiono impercettibili), ogni autonomia che possiede,nel momento e nei modi in cui essa si manifesta.Altro elemento fondamentale è individuare e soste-nere le competenze del paziente (la competenzaemotiva, la competenza a parlare, comunicare, con-trattare, decidere) (Vigorelli, 2011). Quando la per-sona anziana progressivamente si spegne, senzaun’evidente causa medica, vi sono spesso condizioniambientali non stimolanti e non adeguate relazioniinterpersonali con il conseguente eclissarsi delle pro-prie competenze.

UNO STUDIO MULTICENTRICOSUGLI EFFETTI DELLA MUSICOTERAPIANELLA DEMENZANel 2015 sono stati pubblicati sull’importante Rivista“The American Geriatrics Society” (Raglio, 2015) i ri-sultati dello studio di ricerca multicentrico (rando-

mizzato e controllato) sugli effetti della musicotera-pia attiva (improvvisativa) e sugli ascolti individua-lizzati di musica nelle demenze. All’interno di questoprogetto (coordinato da Alfredo Raglio, promossodalla Fondazione Sospiro di Cremona e patrocinatodal Dipartimento Sanità Pubblica, Neuroscienze,Medicina Sperimentale e Forense dell’Università diPavia), sono state inserite anche le sedute di musi-coterapia che si sono svolte al Rifugio Re CarloAlberto (tra le nove istituzioni italiane coinvolte nellostudio), di cui mi sono occupato nel 2013.Nei gruppi trattati con la musicoterapia si è osserva-to un consistente trend positivo riguardante l’intera-zione tra musicoterapista e paziente. L’interazionesonoro-musicale ha mostrato un miglioramento siada un punto di vista quantitativo, che qualitativo.L’incremento dei comportamenti musicali comunica-tivi (produzioni sonoro-musicali sintoniche e varia-zioni musicali) sono correlati a cambiamenti nelcoinvolgimento emotivo durante le sedute e a unmiglioramento del rapporto empatico tra musicotera-pista e paziente.I gruppi che hanno seguito il trattamento di musico-terapia hanno mostrato una riduzione di alcuni distur-bi, come il delirio e la disinibizione. È inoltre emer-so che il numero di sedute (venti) scelto nella pro-gettazione dello studio è troppo esiguo per lo svi-luppo di una relazione significativa tra il paziente edil musicoterapista, in quanto l’analisi delle sedute dimusicoterapia ha dimostrato che vi è un picco nellesintonizzazioni sonoro-musicali nell’ultima settimanadi trattamento.

SUONI, VOCI E PAROLEDELLE PERSONE CON DEMENZAIn occasione del Convegno “Memorie Lontane. Mu-sicoterapia e Demenza di Alzheimer”, che si è svol-to sabato 24 ottobre 2015 a Torino presso la Sala delDialogo al Sermig - Arsenale della Pace, ho presen-tato una relazione insieme a Marcello Galetti (Re-sponsabile del Rifugio Re Carlo Alberto). Oltre a spie-gare come la struttura si è modificata negli anni persoddisfare i bisogni degli ospiti e per seguire almeglio il decorso della malattia di Alzheimer e delle

Creare una “comunità amichevolealla demenza” è diventata unapriorità operativa internazionale

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altre forme di demenza in ogni fase, ho mostrato edanalizzato alcuni frammenti video tratti dalle sedutedi musicoterapia. Nel mio intervento mi sono propo-sto di far conoscere alcuni ospiti del Rifugio (Am-basciatori per l’Alzheimer) e l’evoluzione nelle sedu-te di musicoterapia, anche attraverso l’ascolto delleparole dei pazienti. Sebbene l’approccio utilizzato siaprevalentemente non verbale, talvolta gli anziani,soprattutto nella fase iniziale della malattia, portanoin seduta anche le loro parole, e queste parole pro-nunciate spontaneamente non vanno ignorate. A voltecostituiscono un elementodifensivo, spesso invecesono frammenti della lorostoria: gli interessi, le pas-sioni, i vissuti; altre volteancora sono legate al con-testo e alle produzioni so-noro-musicali della sedu-ta. Il setting musicoterapico è uno spazio dove acco-gliere anche le verbalizzazioni dei pazienti, tracce divita e di memoria.

«Ogni volta che l’interlocutore non ascolta un anzia-no disorientato che parla, ogni volta che non cercadi capire che cosa lui vuole comunicare, così facen-do contribuisce ad aumentarne il disorientamento. Ilsuo comportamento invece che curare (comporta-mento terapeutico) contribuisce a disorientare (com-portamento patogeno). [...] Quando parliamo desi-deriamo essere ascoltati, essere capiti, produrredegli effetti. Le conseguenze del non essere ascolta-ti e capiti e del constatare che le parole dette nonproducono nessun effetto congruente sono più gravinel caso degli anziani fragili, in particolare quelli condeficit cognitivi. Esperienze ripetute di disinteresse, diinutilità e di incomprensione portano a una reazionedi frustrazione penosa e difficile da sopportare. Lapersona con demenza reagisce in modo automaticocercando di evitare queste esperienze frustranti e lofa rinunciando a parlare, rinunciando alla relazione,isolandosi. [...] Da questo punto di vista l’isolamen-to della persona con demenza è il risultato di unmeccanismo sano del suo apparato psichico, un mec-

canismo con cui cerca di preservarsi da esperienzefrustranti e dolorose [...]. Tutte le parole degli anzia-ni, anche le loro urla, hanno un valore comunicativo;tutti i gesti e i comportamenti degli anziani, anche icosiddetti Disturbi Psicologici e Comportamentaliassociati alla Demenza (BPSD), hanno un valore comu-nicativo» (Vigorelli, 2015).La persona affetta da demenza ha, come ciascuno dinoi, tante identità: di padre, di figlio, di ex lavorato-re, di persona con un certo carattere; la malattia perònon gli consente più di padroneggiare queste identi-

tà molteplici (in un certomomento è padre, subitodopo è figlio e chi gli staaccanto resta disorientatoe contrariato).Compito del terapista èriconoscere ed accoglierele identità molteplici dei

pazienti così come si manifestano e quando si mani-festano (Vigorelli, 2011).

IL SIG. M.: DALLA DIFFICOLTÀDI PERMANENZA NEL SETTING ALLACONDIVISIONE SONORO-MUSICALEIl Sig. M. (ospite del Centro Diurno, malato diAlzheimer), ad esempio, è stato capo ufficio tecnicodi una ditta e maestro di una banda musicale (suo-nava il trombone). La malattia gli ha provocato alte-razioni della memoria, disorientamento temporale espaziale, irritabilità, vagabondaggio afinalistico, ag-gressività verbale.Nelle prime sedute di musicoterapia il paziente hamanifestato difficoltà di permanenza nel setting,verbalizzazioni negative, irritabilità (atteggiamentimolto frequenti anche al di fuori del setting di musi-coterapia e per i quali è stato proposto l’intervento).“Io vado fuori, non sto qui, con la tromba e conquesto”, dice in una delle prime sedute. Il Sig. M.comunica una non accettazione del contesto propo-sto, ma dalle sue parole emergono anche traccedella storia di vita personale (la tromba). Dopo que-sta frase il paziente si alza e cammina nella stanzacon un passo cadenzato che ricorda un po’ quello

delle marce militari. Accompagno con uno strumen-to il ritmo del passo del Sig. M. il quale, pur affer-mando di riconoscere il contesto della stanza dimusicoterapia (“è un posto che conosco”, dice),manifesta difficoltà nel farsi coinvolgere ed aggiun-ge, in dialetto piemontese, “Non ho bisogno nep-pure di nessuna canzone, basta così”. Emerge ancheun altro elemento della personalità del Sig. M.,dovuto alla situazione della sua malattia: il senso diinadeguatezza; aggiunge: “Io sono solo, non ho nes-sun soldo e non posso fare niente”.Cosa è bene che faccia il musicoterapista in questicasi? Ascoltare le parole del paziente senza inter-rompere, senza correggere o fare domande, senzagiudicare o completare le frasi lasciate in sospeso.Rispettando i silenzi, le pause, la lentezza e ricono-scendo le emozioni espresse (Vigorelli, 2015). Sin-tonizzarsi, dunque, anche con le parole dei pazienti.La porta della stanza di musicoterapia è chiusa, maovviamente non a chiave; il musicoterapista dà untempo massimo alle sedute per fornire una cornicetemporale stabile al paziente, ma se lui vuole ter-minare la seduta prima o anche dopo pochi minuti,può liberamente farlo: dobbiamo riconoscere le sueautonomie, le sue competenze e fra queste c’è lacapacità di contrattare (dire la sua e decidere sullecose che lo riguardano), lacapacità di camminare, dimuoversi nello spazio, diuscire dalla stanza di musi-coterapia. Soprattutto per ipazienti che hanno avutoesperienze musicali, il con-testo che proponiamo può essere frainteso e vissutoquasi come una lezione di musica: ho spiegato al Sig.M. fin dalle prime sedute, verbalmente e soprattuttocon il mio atteggiamento, che il contesto della sedu-ta di musicoterapia non richiede una prestazione.

In una seduta successiva il paziente dice: “Ormainon faccio più niente”. Quante volte gli anzianidicono questa frase nelle prime sedute di musicote-rapia! Anche se sono coinvolti nel suonare gli stru-menti è possibile che dicano: “Ah, se mi vedesse

mio figlio!”, oppure “A questa età, chi l’avrebbe maidetto!”. Viene dunque manifestato il senso di inade-guatezza, ma nel caso del Sig. M. emergono ancheverbalizzazioni positive (“è bello”, “va bene”), chenelle sedute di musicoterapia denotano segnali diaccettazione del contesto. Ed emergono soprattuttotermini legati alla musica, che non sono importantiperché siamo in una seduta di musicoterapia (con lapresenza di strumenti musicali), ma perché nel casodi questo signore sono tracce della storia della suavita: “La banda, che sono quelli dei soldati, iltrombone, il basso, la batteria, cercare di metterea posto il bemolle, il tirante, scalante, tutta robache doveva andare avanti alla svelta” (sembrariferirsi alla marcia della banda musicale da para-ta). Le verbalizzazioni positive si rivolgono anche almusicoterapista (ora accettato positivamente dalpaziente e con il quale si sta instaurando un’allean-za terapeutica): “Molto bene, è bravo, si capisceche è uno che si è dato da fare”, aggiunge in dia-letto piemontese.

Con il proseguimento del percorso di musicoterapia,le parole lasciano spazio alla relazione sonoro-musi-cale. Partendo dal ritmo del passo del paziente,rispettando dunque il suo tempo e la sua velocità,

ho proposto gradualmen-te sonorità simili a quelleappartenenti al suo reper-torio musicale, ovvero ibrani e le marce suonatecon la banda del paese. Ilpaziente manifesta un

chiaro atteggiamento di ascolto (elemento che vie-ne osservato durante una seduta di musicoterapia edè considerato un atteggiamento attivo, anche quan-do il paziente non sta suonando uno strumento): ilSig. M., infatti, ascoltando il ritmo che propongo conil timpano, avvicina fin da subito la testa allo stru-mento; non solo, inizia anche a vocalizzare, seguen-do le sonorità proposte (altro elemento che ci parladi un coinvolgimento del paziente). Sulla base rit-mica del timpano, nasce un dialogo sonoro (vocale).Il paziente (che ha problemi di vista, quindi qualche

Con il proseguimentodel percorso di musicoterapia,le parole lasciano spazioalla relazione sonoro-musicale

Esperienze ripetute di disinteresse,di inutilità e di incomprensioneportano a una reazionedi frustrazione penosa e difficileda sopportare

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difficoltà nell’afferrare i battenti), avvicina la manoal timpano. Lascio allora i battenti e suono con lemani lo strumento, insieme al paziente, utilizzandoun’intensità sonora volutamente un po’ alta, perchéil Sig. M. ha anche problemi di udito. Vi è condivi-sione, interazione. Introduco allora alcune variazio-ni (la comunicazione tra le persone, se autentica,è dinamica, non statica): il dialogo diventa in un’an-tifonia, ovvero le due voci si alternano. In seguitointroduco un’altra variazione: aumento la velocità. Ilpaziente mi segue. Le variazioni sonoro-musicalicondivise da musicoterapista e paziente, in unaseduta di musicoterapia, corrispondono alla presen-za di un dinamismo interiore, di un coinvolgimentoemotivo. Ciò avviene quando vi è sintonia sul pianosonoro-musicale e a questa si aggiungono alcunisegnali di accettazione e coinvolgimento: nel casodi questa seduta, l’introduzione e la condivisione divariazioni sonoro-musicali e lo sguardo rivolto almusicoterapista. In altri casi può essere il movi-mento corporeo in sintonia con la produzione sono-ro-musicale, oppure il sorriso.“Canti a quel modo così?” mi dice il paziente al ter-mine dell’interazione sonoro-musicale, ed eseguecon la sua voce una scala ascendente e discenden-te. Le parole hanno lasciato spazio al ritmo, e dalritmo si è passati alla melodia. Il tono della voce delSig. M. è tranquillo, resta seduto a lungo, e per luiche soffre di vagabondaggio afinalistico (il cosiddet-to wandering) è un risultato molto importante.L’intervento di musicoterapia ha ridotto l’atteggia-mento di agitazione e irritabilità (anche al di fuoridel setting).Nelle proposte che facciamo ai nostri pazienti occor-re essere prudenti, avere molta cautela. Nel caso delSig. M., non ho subito proposto esattamente il reper-torio che lui conosceva. Non è stato invitato adascoltare o cantare i brani a lui noti, perché questaproposta avrebbe potuto essere forse gratificante almomento, ma non avrebbe permesso un’evoluzionenel trattamento terapeutico e sarebbe risultata pro-babilmente frustante (più volte il paziente ha mani-festato il suo senso di inadeguatezza per non riusci-re più a suonare le musiche che conosceva).

IL SIG. T.: L’INTERAZIONESONORO-MUSICALE PER RIDURREGLI ATTEGGIAMENTI ANSIOSISappiamo che per facilitare l’orientamento (miglio-rando l’autonomia e l’indipendenza delle personecon demenza) è importante, ad esempio, persona-lizzare i suggerimenti (fotografie personali nellestanze, oggetti ricordo), ma è bene non eccederenegli stimoli. Anche una semplice fotografia puòessere utile o dannosa.Un giorno mi sono recato nel Nucleo Alzheimer delRifugio per invitare il Sig. T. alla seduta di musicote-rapia. Ho trovato una signora che era andata a farglivisita, una sua cara amica. Pensando di fare una cosagradita, gli aveva portato una foto con un cane, ilcane di questa signora, con cui il Sig. T. aveva unottimo rapporto. Il carico emotivo per l’ospite è statotalmente pesante che ha avuto una forte crisi diansia e agitazione: per lui, in quel momento, è comese la foto, il cane reale, la signora, fossero un’unicacosa, un’unica grande emozione che lui non riuscivapiù a gestire.Il Sig. T. è affetto da demenza di Alzheimer e vasco-lare. Sono presenti ansia, vagabondaggio afinalistico,affaccendamento, disinibizione. Questo ospite, findalle prime sedute di musicoterapia, ha utilizzatomoltissimo gli strumenti musicali. Nel setting l’ansiasi è manifestata dopo ogni sua produzione sonoro-musicale. Il Sig. T. mi diceva (con un tono di vocetranquillo): “Bene, basta, ho finito, andiamo?”, perpoi riprendere a suonare. Queste verbalizzazioni coltempo si sono ridotte e tutta l’équipe del Rifugio siè sorpresa moltissimo nel vedere i video delle sedu-te, in cui il paziente riusciva a restare in un contestoper mezz’ora (elemento non consueto nella fasedella malattia in cui si è svolto l’intervento musico-terapico) interagendo positivamente.

IL SETTING MUSICOTERAPICO:UN LUOGO ACCOGLIENTE E PRIVODI STIMOLI INTERFERENTINegli interventi di musicoterapia con le personeaffette da demenza, la stanza utilizzata per le sedu-te ha una fondamentale importanza: è necessario

che sia un luogo accogliente, ma privo di stimoliinterferenti. Per favorire la libera espressività deipazienti, il musicoterapista non fornisce delle “con-segne”, ma è in costante atteggiamento di ascolto edi osservazione dei comportamenti spontanei dellepersone con cui lavora. L’atteggiamento di disponi-bilità, di non direttività e di attesa (garantito solo daun luogo con caratteristiche di neutralità) favorisce lacomparsa di un comportamento attivo nel paziente.Possiamo cogliere in tal senso analogie con l’Ap-proccio Capacitante proposto dal Dott. Pietro Vigorelli(medico, psicoterapeuta) per favorire la conversazio-ne verbale delle persone con demenza:«Il modo più semplice per favorire l’emergere dellaparola da parte delle persone con demenza nonconsiste nella stimolazione o nel fare domande,atteggiamenti che spesso provocano chiusura e op-posizione, ma consiste nel pronunciare poche paro-le con tono pacato, poi tacere e restare in attesa»(Vigorelli, 2015).L’Approccio Capacitante (Vigorelli, 2011) non si oc-cupa di programmi e attività, ma suggerisce di par-tire dall’osservazione e dall’ascolto del paziente percreare una relazione in cui l’ospite sia riconosciutocome il protagonista e ogni attività venga conside-rata dal suo punto di vista. La proposta di Vigorellisi sviluppa sulla base di alcuni approcci: il metodoValidation di Naomi Feil (Feil, 2013) (metodo natonegli anni Sessanta cheaccetta le persone perquello che sono, prendeatto che gli anziani tendo-no ad esprimere libera-mente i loro sentimenti eaiuta gli operatori a com-prendere le ragioni chestanno dietro ai comportamenti degli anziani), l’ap-proccio psicosociale di Tom Kitwood (1997) (model-lo di cura centrato sulla persona), la Gentlecare diMoyra Jones (2005) (approccio protesico che si basasu persone, programmi e ambiente, rimodulati inbase alla definizione accurata dei deficit della perso-na malata) e il Conversazionalismo di Giampiero Lai(1993) (che ha sottolineato l’importanza dell’emer-

gere della parola anche quando essa perde il suovalore comunicativo). Mi è stato molto utile, comemusicoterapista, conoscere il lavoro del Dott.Vigorelli, per acquisire maggiore consapevolezza nel-l’utilizzo del canale verbale con le persone affette dademenza (per invitarle in seduta adeguatamente,orientarle nel setting ed accogliere le loro paroleanche quando diventano meno comprensibili).

«Ho avuto la fortuna di assistere a varie forme didialogo musicale con persone con demenza di gra-do severo. I musicoterapeuti sono esperti di questaforma di dialogo e riescono a interagire felicemen-te con persone che non sono più in grado di comu-nicare con la parola: utilizzano gli strumenti musi-cali, […] ciascuno degli interlocutori suona lo stru-mento così come può, alternando la produzione disuoni con l’ascolto dei suoni prodotti dall’altro, cosìcome avviene con l’alternanza dei turni verbalidurante normali conversazioni» (Vigorelli, 2015).

IL SIG. G.: L’IMPORTANZADELL’INVITO IN SEDUTATalvolta viene dato per scontato che il pazienteaccetti la proposta di partecipare alla seduta di musi-coterapia. Si pensa, inoltre, che siano sempre glioperatori delle strutture ad accompagnare gli ospitinella stanza di musicoterapia. Tale eventualità, so-

prattutto nel caso di sedu-te individuali, è piuttostorara: nella maggior partedei casi è il musicoterapi-sta stesso ad occuparsidell’invito a partecipare edell’accompagnamentodel paziente nel setting.

Anche nel caso in cui l’invito e l’accompagnamentosia fatto da un operatore, è bene che il musicotera-pista si interroghi su come si sia svolto questomomento preliminare. Ovvero: cosa è accaduto pri-ma della seduta? È stato rispettato l’eventuale rifiu-to espresso (verbale o non verbale) dal paziente?Quali parole e gesti sono stati utilizzati per l’invito?Quali parole o gesti è utile che usi il musicoterapi-

Il modo più semplice per favorirel’emergere della parola […]consiste nel pronunciarepoche parole con tono pacato,poi tacere e restare in attesa

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sta? Quale risposta (verbale e non verbale) vieneespressa dal paziente in seguito all’invito di parteci-pare? Cosa avviene (parole, gesti, comportamentidel paziente) durante il percorso verso la stanza dimusicoterapia?Quando mi reco presso il Nucleo ResidenzialeAlzheimer per invitare in seduta il Sig. G., spesso lotrovo seduto in salone con la fronte appoggiata sultavolo e le braccia raccolte intorno alla testa.Grazie alla collaborazione con gli operatori, cerco diindividuare di volta in volta qual è la modalità piùefficace per favorire il coinvolgimento dell’ospite.Non è facile trovare le parole, l’adeguato atteggia-mento e il tono di vocegiusto per comunicarecon esattezza, semplici-tà ed efficacia ciò chestiamo proponendo.Compiendo insieme alui il percorso verso lastanza di musicoterapia,cerco di rallentare il miopasso e camminare alla stessa velocità dell’ospite:questa modulazione, le parole e gli sguardi che ciscambiamo, fanno già parte della seduta, in quantosono parte integrante della relazione.Nella prima parte della seduta il Sig. G. predilige laverbalizzazione: il contesto viene evidentementepercepito dall’ospite come spazio e tempo d’ascolto.L’uomo racconta soddisfatto dei suoi figli, dei lavoriimportanti che svolgono. Aggiunge che non è piùquello di una volta, che non riesce più a suonare,così come non riesce ad usare una matita. “Malgradoquesto mi sembra di aver fatto una vita meraviglio-sa”, mi confida.“Per suonare questi strumenti bisognerebbe esseregiovani e divertirsi”, esclama. “Ormai aspetto che lamusica me la facciano gli altri”, riferendosi ironica-mente al suo funerale.Esprime verbalizzazioni legate al contesto. Quando farisuonare le piastre più acute del metallofono, dice:“Questi mi sembrano suoni lontanissimi”. Dice diessere stupito (sembra riferirsi agli strumenti e al-l’incontro con il musicoterapista), e aggiunge: “Il

mondo è tanto grande, ma in questo momento misembra così piccolo”. Al termine della seduta, inseguito a varie interazioni sonoro-musicali durante lequali mette da parte le parole, l’espressione del visodel Sig. G. è molto sorridente e soddisfatta. Mi dice:“Non so bene cosa ho fatto, ma per me è statomolto importante”.

LA SIG.RA O.: IL CANTOPER SUPERARE LA PAURALa Sig.ra O., ospite con importanti disturbi comporta-mentali (irritabilità, aggressività verbale), in sedutaè stata subito molto chiara nel definire i suoni e gli

strumenti che non gra-diva (“Questo è trop-po”, ”non facciamo lecose stupide”) e quelliche le piacevano (“Que-sta è bella”, “facciamo-lo giusto”).Ciò che l’ha coinvoltamaggiormente sono sta-

ti il suono della chitarra e il canto (segnale di accet-tazione e coinvolgimento). La sua irritabilità, chemanifesta tirando fuori la lingua in un’espressione dicollera, emerge soprattutto nei momenti di passag-gio (ad esempio per spostarsi dalla carrozzina allasedia o viceversa), momenti nei quali la Sig. O. hapaura, si sente insicura. Grazie a ciò che è emersonelle sedute di musicoterapia (l’accompagnamentocon la voce e con il suono della chitarra dei vocaliz-zi spontanei della signora), anche gli operatori oraaccompagnano con il canto la Sig.ra O. in questi deli-cati momenti di passaggio: non fanno “musicotera-pia” ma utilizzano un elemento osservato nellesedute per migliorare la qualità di vita della donna.

IL SIG. S.: LE CANZONIPER ESPRIMERE I PROPRI VISSUTIGrazie agli interventi di musicoterapia al Rifugio sisono riscontrati negli ospiti un miglioramento dellerelazioni interpersonali, una riduzione dei disturbicomportamentali (depressione, ansia) ed una mag-giore propensione ad esprimere i propri vissuti.

Il Sig. S. i propri vissuti li ha comunicati ed espressiattraverso le sue canzoni preferite.L’elemento per “agganciarlo” e iniziare il percorso èstato la sua chitarra, che lui tiene nella sua stanza(piuttosto buia) all’ultimo piano del Rifugio (NucleoMansarda). La seduta, in realtà, inizia un po’ prima dientrare nella stanza di musicoterapia. Quando vado achiamarlo, nel pomeriggio, lo trovo a letto chedorme. Lo sveglio e gli dico che lo aspetto fuoridalla stanza. Lui si prepara, prende la sua chitarra,esce ed insieme scendiamo al piano terra dove èubicata la stanza di musicoterapia, nella qualeentriamo solo dopo un momento che è diventatouna sorta di rituale: il caffè condiviso e, in giardino,la pausa sigaretta dell’ospite.Il Sig. S. porta in seduta le canzoni del suo reper-torio, spesso unisce più canzoni. Può accadere cheinizi suonando e cantando con me “È la pioggiache va” dei Rokes, che prosegua con “Come potetegiudicar” dei Nomadi e che termini (legando tuttequeste canzoni in un’u-nica esecuzione) con“Un ragazzo di strada”dei Corvi: tutte cover dibrani statunitensi pub-blicate in Italia tra il1966 e il 1967.Il Sig. S. talvolta cam-bia alcune parti del testo dei brani che eseguespontaneamente; ad esempio “Se cercate in ognisguardo, dietro un muro di cartone, troverete tantaluce e tanto amore” (“È la pioggia che va”, Rokes),può diventare: “Se vedete noi per strada e vi fer-mate un po’ con noi, vi accorgerete certo che nonabbiamo fatto male mai”. Mi piace pensare chequeste sue parole, improvvisate, sono uno dei modiper combattere lo stigma che può colpire gli anzia-ni fragili che vivono nelle Residenze SanitarieAssistenziali o le persone affette da demenza.

«Una cosa comune nei casi di Alzheimer è che ipazienti perdono la memoria degli eventi e la storiadella propria vita, i propri ricordi. Sembra che nonriescano ad accedervi direttamente. Ma i ricordi per-

sonali sono “racchiusi”, parzialmente, in cose comela musica. Questo è vero, in particolare, per le can-zoni che un malato conosceva, o che aveva impara-to, e specialmente per le canzoni che cantava. E cosìil passato, che non è recuperabile in nessun modo,sembra quasi, diciamo così, “custodito nell’ambradella musica”. Le persone possono riconquistare unsenso d’identità, almeno per un po’» (Oliver Sacks, dalvideo: “I casi di Alzheimer e il potere della musica”).

LA SIG.RA N. E LE CANZONIDI DAVID BOWIEDue anni fa ho seguito, in un piccolo gruppo di trepazienti, la Sig.ra N. (63 anni), malata di Alzheimer.Nelle prime sedute la signora ha gradito accompa-gnare con la propria voce e con il movimento corpo-reo le interazioni sonoro-musicali.In occasione della quarta seduta, appena la Sig.ra N.entra nel setting in cui vi sono gli strumenti musicali,mi dice che non vuole restare, perché a lei non piac-

ciono le musiche chefacciamo: “A me piacela musica moderna,quella metal!”, dice.Avverto immediatamen-te che la donna sta espri-mendo qualcosa di sé,una scelta. Le chiedo se

vuole farmi conoscere una canzone che le piace. Subitola signora si sente coinvolta e risponde: “A me piaccio-no le canzoni di David Bowie!”.Cantiamo insieme “Life On Mars?”, gli occhi della donnasi illuminano: “Bella!”, esclama.Durante il percorso di musicoterapia, nelle varie improv-visazioni, siamo poi passati alla condivisione e al cantodi altre canzoni di Bowie, delle canzoni preferite daglialtri pazienti del gruppo, per poi arrivare alle interazionisonoro-musicali con gli strumenti. In occasione di quel-la quarta seduta, ho avuto la conferma che gli ospitidelle strutture “per anziani”, non sono necessariamen-te persone che amano il liscio, il suono della fisarmoni-ca e il gioco della tombola. Lo scorso anno, al Rifugio,sono arrivate due persone affette da demenza di qua-rantasei e cinquantacinque anni. Questo sollecita tutti

Non è facile trovare le parole,l’adeguato atteggiamento e il tonodi voce giusto per comunicarecon esattezza, semplicità ed efficaciaciò che stiamo proponendo

Nei casi di Alzheimer i pazientiperdono la memoria degli eventie la storia della propria vita... Ma iricordi personali sono “racchiusi”,parzialmente, in cose come la musica

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noi (animatori, musicoterapisti) a rivedere le proprieproposte. La Sig.ra N. è morta lo scorso anno: per leisono state le canzoni di David Bowie ad aprire unimportante canale comunicativo con il mondo esterno...

«È una piccola terribile storia per la ragazza daicapelli grigi, ma sua madre sta gridando “No” e suopadre le ha detto di andare. Ma il suo amico non siè fatto vivo. Ora lei cammina nel suo sogno som-merso, verso il posto con la visuale migliore ed èrapita dallo schermo d’argento» (David Bowie “LifeOn Mars?”, 1971).

Bibliografia

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Note

[1] Il Caffè Alzheimer, nato in Olanda nel 1997 da unprogetto dello psicogeriatra olandese Bère Miesen eora diffuso in varie parti del mondo, si svolge in unlocale pubblico (caffetteria) dove le persone affetteda demenza possono recarsi per due o tre ore ogniquindici giorni o una volta al mese, con i proprifamiliari o caregivers, per scambiare e condividereesperienze sotto la guida di personale specializzato,sorseggiando caffè e tè, con dolci ed altri generi diconforto. L’Arc en ciel - Caffè Alzheimer di Pinerolo(TO) è promosso dal Rifugio Re Carlo Alberto con lapartecipazione di ASL TO3 (www.arcencielcafe.it).

[2] Persone, parenti o badanti, che si prendono cura diun malato o di una persona non in grado di bada-re a se stessa.

[3] Come risulta dalle linee guida della federazioneAlzheimer’s Disease International (ADI), la cui tren-taduesima Conferenza Internazionale si svolgerà aKyoto (Giappone) dal 26 al 29 aprile 2017.

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Receptive group music therapyis a technique widely used in the fieldof psychiatric rehabilitation.

In this study we collected the opinions of 107psychiatric patients admitted to a private psychiatrichospital in Modena, participating weekly in areceptive music therapy group, as part of arehabilitation program structured on the CBT model.Most of the patients, interviewed through aquestionnaire, reported to receive important benefitsfrom the music therapy group in the context ofemotional recognition and management,socialization and introspection.These data encourage us to use this type ofmusic therapy group during the psychiatricrehabilitation process and to try to identify betterfor which types of patients may be more useful.

La musicoterapia recettiva è una tecnica ampliamen-te utilizzata nell’ambito della riabilitazione psichiatri-ca, soprattutto a livello gruppale. In questo studioabbiamo raccolto le opinioni di un campione di 107pazienti psichiatrici ricoverati presso l’Ospedale Pri-vato Villa Igea di Modena, che partecipano settima-nalmente a un gruppo di musicoterapia nell’ambitodi un percorso riabilitativo strutturato sul modellocognitivista. La maggior parte dei pazienti intervista-ti attraverso un apposito questionario ha dichiaratodi ricevere benefici dal gruppo rispetto al riconosci-mento emotivo, alla gestione di emozioni problema-tiche, alla socializzazione e all’introspezione. I datiottenuti ci incoraggiano ad utilizzare questo tipo ditecniche gruppali durante il percorso di ricovero e acercare di capire con ulteriori studi per quali tipolo-gie di pazienti possono essere più utili.

Nella definizione della World Federation of MusicTherapy “la musicoterapia è l’uso della musica e/odegli elementi musicali (suono, ritmo, melodia earmonia) da parte di un musicoterapeuta, con unutente o un gruppo, in un processo atto a facilitaree favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendi-mento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione ealtri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfa-re le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali ecognitive” (World Federation of Music Therapy, 1996).La musica viene attualmente utilizzata in diversi set-

psicoterapica cognitivo costruttivista. Si svolge unavolta a settimana per la durata di 60 minuti circa,coinvolgendo circa 10-15 pazienti. Il ricambio deipartecipanti è abbastanza veloce in quanto il repartoè una residenza a trattamento intensivo con unadurata media del ricovero di 30 giorni e il pazienteriesce a partecipare mediamente a 3-4 gruppi duran-te la degenza. La partecipazione al gruppo vieneconsigliata dall’équipe di medici e psicoterapeuti,come quella agli altri gruppi (skill training, mindfull-ness, rilassamento, gruppi psicoeducativi sull’abusodi alcol e sostanze), che costituiscono un percorsoclinico di trattamento dei disturbi affettivi e dellapersonalità della durata media di quattro settimane,ispirata al modello della Terapia Dialettico Compor-tamentale (Linhean, 2001) e della Acceptance andCommitment Therapy (Harris, 2011).Nel gruppo vengono ascoltate tre o quattro canzoniproposte prevalentemente dai pazienti e durante l’a-scolto viene richiesto ad ogni paziente di compilareun’apposita scheda, ideata dal conduttore (Allegato1), che si ispira alla scheda ABC di Beck (1975), incui sono elencate diverse emozioni e la loro intensi-tà secondo una scala di Likert a cinque modalità dirisposta (per nulla, poco, abbastanza, molto, moltis-simo). La scheda comprende anche uno spazio libe-ro per segnare pensieri, emozioni e immagini. Allafine di ogni brano ogni partecipante legge quelloche ha scritto e ne segue una discussione di gruppo.

ting psichiatrici per la terapia di depressione (Erkkiläet al, 2011), psicosi (Talwar et al., 2007) e in gene-rale nella riabilitazione psichiatrica (Silverman eMarcionetti, 2004; Silverman, 2009), benché da piùparti emerga la necessità di definire in modo più pre-ciso le indicazioni e l’ambito di utilizzo.Presenteremo in questo articolo alcuni dati e alcuneriflessioni relative all’esperienza di musicoterapia re-cettiva che si svolge in una Residenza a TrattamentoIntensivo (RTI) dell’Ospedale Privato Villa Igea di Mo-dena, una struttura privata accreditata che opera in col-laborazione con il Servizio Sanitario Nazionale nellacura della patologia psichiatrica in fase acuta e nellariabilitazione psichiatrica. In particolare ci siamo con-centrati sulle aspettative e sulle opinioni dei pazientirispetto all’esperienza della musicoterapia sperimenta-ta durante la degenza, in considerazione del fatto chenegli ultimi anni il coinvolgimento diretto del pazientestesso nelle scelte terapeutiche e il suo gradimento delprogetto di cura hanno assunto un’importanza sempremaggiore (Charles C. et al., 1999; Joosten et al., 2008).

MATERIALI E METODI

Il gruppoIl gruppo di Musicoterapia, ispirato al modello diPostacchini (1997), ma con modifiche di ispirazionecognitivista, viene tenuto da uno psichiatra conesperienze in musicoterapia e con una formazione

ASPETTATIVE E OPINIONIDI UN CAMPIONEDI PAZIENTI PSICHIATRICI

Palmieri G., MD, PhD, Ospedale Privato Villa Igea, ModenaFerrazzi G., Servizio Tossicodipendenze, Sassuolo (Mo)Pingani L., PhD, Sviluppo Risorse Umane, USL Reggio Emilia

RICOVERATI RISPETTO A UN’ESPERIENZADI MUSICOTERAPIA RECETTIVA

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RisultatiIl campione complessivo è risultato formato da 107pazienti di cui 49 (46%) maschi e 58 (54%) femmi-ne, di età compresa tra i 18 e gli 87 anni, con etàmedia di 45 anni (SD=13,97), affetti da disturbi affet-tivi, della personalità e dipendenza da alcol.Per quanto riguarda la risposta alla domanda n. 1 “Èla prima volta che intraprende un percorso di musi-coterapia?”, l’80,4% (n=86) ha risposto in modoaffermativo e il 19,6% (n=21) in modo negativo.Alla domanda n. 2 che chiedeva “Crede che lamusica potrebbe rappresentare un aiuto all’internodel suo percorso di cure?” il 95,3% (n=102) harisposto in modo affermativo e il 4,7% (n=5) inmodo negativo.Alla domanda n. 3 “Crede che dopo questo percor-so di musicoterapia, una volta a casa, ascolterà lamusica con più attenzione rispetto a quello chesente dentro?” l’87,9% (n=94) ha risposto in modoaffermativo e il 12,1% (n=13) in modo negativo.Le risposte alle domande n. 4-8 con risposta multiplasu scala di Likert sono sintetizzate nella Tabella 1.

Il gruppo ha la finalità di potenziare l’autosservazio-ne, il riconoscimento di stati emotivi e immaginimentali e di affrontare temi significativi per i pazien-ti (come la perdita, la richiesta di aiuto, la dipen-denza) ispirati dall’ascolto delle canzoni, che facilita-no la condivisione di pensieri ed emozioni e creanoun clima più informale rispetto ad altri gruppi.

Questionario di autovalutazioneAbbiamo creato un apposito questionario di autova-lutazione (Allegato 2) costituito da otto domanderelative alla percezione dei benefici percepiti dallafrequentazione del gruppo di musicoterapia e alrapporto della persona con la musica.Tre domande avevano risposta sì/no, mentre le altreavevano cinque risposte possibili, su una scala diLikert (da “per nulla” a “moltissimo”).Il questionario è stato somministrato prima delladimissione a pazienti con disturbi affettivi, dellapersonalità e dipendenza da alcol, che avesserofrequentato almeno tre gruppi di musicoterapiadurante il ricovero.

tà aggreganti e risocializzanti della musica (Ross etal., 2007; Dingle et al., 2008).Colpisce come molti pazienti (oltre l’87%) si aspettinoanche di vivere diversamente l’esperienza di ascoltomusicale anche una volta dimessi, con una maggioreattenzione all’autosservazione e a come la musica possaevocare stati emotivi. Negli ultimi anni la musica ha

letteralmente invaso le no-stre vita, sia grazie alladiffusione di riproduttorimusicali portatili (smart-phone, tablet, computer,autoradio), che grazie al-la sua diffusione in am-

bienti pubblici (aeroporti, centri commerciali, etc.).Sono sempre meno i momenti in cui si ascolta lamusica senza essere impegnati contemporaneamen-te in altre attività. In questo senso il gruppo di ascol-to può avere i caratteri di un’esperienza di attenzio-ne consapevole, in linea con gli esercizi di mindfull-ness proposti in approcci terapeutici come la DialectalBehavioral Therapy (Linehan, 2001) o l’Acceptanceand Commitment Therapy (Harris, 2011).La maggior parte dei partecipanti allo studio (62,2%)ha valutato inoltre la musicoterapia come un aiutonella gestione dell’ansia. Questo risultato è in lineacon diversi studi che mostrano come l’uso dellamusica in ambito ospedaliero sia correntemente uti-lizzata per ridurre il dolore, l’ansia e lo stress(Standley, 1995).La maggior parte dei pazienti ha percepito questametodologia come molto utile (37,4%) o utilissima(30,8%) nel riconoscimento delle emozioni. L’ascoltodi ogni singolo brano, durante i gruppi, è stato segui-to infatti dalla compilazione di un’apposita scheda danoi creata per registrare le diverse emozioni provatedurante l’ascolto. I brani proposti, tratti prevalente-mente da un repertorio di musica d’autore italiana,sono risultati ispiratori di un ricco e variegato reper-torio emotivo in tutti i partecipanti, suscitando emo-zioni come nostalgia, tristezza e rabbia, così comesentimenti di gioia, serenità e rilassamento. Il pro-blema del riconoscimento delle proprie emozioni edei propri vissuti interni risulta di cruciale importan-

DiscussioneDall’analisi dei risultati il primo dato che emerge èche la maggior parte dei pazienti (oltre l’80%) nonaveva mai sperimentato la partecipazione a qualchetipo di attività musicoterapica. Il dato colpisce soprat-tutto considerando che la maggior parte dei pazien-ti ricoverati nel reparto di Villa Igea, dove è statocondotto lo studio, hamediamente una lungastoria psichiatrica allespalle e sono già in ca-rico da anni a servizipsichiatrici pubblici oprivati. Questo confermacome nella nostra realtà locale la musicoterapia trovispazi ancora limitati nonostante abbia un importan-te tradizione culturale, si pensi ad esempio al lavorodel musicoterapeuta Claudio Cavallini (Albano et al.2004). Questo può essere motivato dal fatto che,nonostante diverse evidenze di efficacia per diversidisturbi (Silverman M.J., 2009), il ruolo specificodella musicoterapia in ambito psichiatrico non èancora del tutto chiaro.Il nostro studio ha mostrato come la stragrande mag-gioranza (oltre 95%) dei soggetti partecipanti abbiapercepito l’intervento musicoterapico come estrema-mente utile all’interno del percorso di cura. Questorisultato non ci sorprende particolarmente in quantol’ascolto della musica rappresenta per molte personeun’attività piacevole, che favorisce il benessere sog-gettivo e che rende meno stigmatizzante e temutal’esperienza del ricovero psichiatrico. Rispetto adaltre attività gruppali proposte durante il ricovero,l’atmosfera nel gruppo di musicoterapia è più infor-male ed accogliente e la musica spesso contribuiscea creare un contesto dove parlare di sé e dei proprivissuti. Questo risultato è in linea con altri studi chehanno mostrato come le attività musicoterapichevenivano preferite dai pazienti rispetto ad altre atti-vità riabilitative (Silverman M.J., 2006). In altri con-testi è stato dimostrato come un intervento musico-terapico possa favorire la motivazione al trattamen-to in gruppi di pazienti psichiatrici gravi o che abu-sano di sostanze, probabilmente grazie alle proprie-

Domanda PER NULLA POCO ABBASTANZA MOLTO MOLTISSIMO

4. In che misura credeche la musicoterapia possa 2 10 28 38 29far diminuire l’ansia? (1,9%) (9,3%) (26,2%) (35,5%) (27,1%)

5. In che misura crede chela musicoterapia possa aiutarla 2 4 28 40 33a riconoscere le emozioni? (1,9%) (3,7%) (26,2%) (37,4%) (30,8%)

6. Quanto crede chela musicoterapia possa aiutarla 3 11 39 34 20a gestire le emozioni? (2,8%) (10,3%) (36,4%) (31,8%) (18,7%)

7. Quanto pensa chela musicoterapia possa aiutarla 4 10 32 37 24a socializzare con gli altri pazienti? (3,7%) (9,3%) (29,9%) (34,6%) (22,4%)

8. In che misura crede chela musicoterapia possa aiutarla 1 17 32 29 28a conoscere meglio se stesso/a? (0,9%) (15,9%) (29,9%) (27,1%) (26,2%)

Tabella 1: Risposte al questionario

La maggior parte dei partecipantiallo studio (62,2%) ha valutatoinoltre la musicoterapia comeun aiuto nella gestione dell’ansia

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detto stigma legato alla malattia mentale, tuttorapresente in molti ambiti sociali. Il gruppo di musi-coterapia in questo senso agisce, a nostro avviso,come un catalizzatore ai fini di ottenere questoobiettivo e l’atmosfera resa più informale dallamusica favorisce scambi relazionali e l’interessarsial mondo emotivo dell’altro.Ci ha abbastanza sorpreso il fatto che la maggioranzadei pazienti consideri il gruppo di musicoterapia comeun’occasione per conoscere meglio se stessi, alla stre-gua di una vera e propria esperienza psicoterapica.Durante la degenza, il paziente sostiene colloqui

almeno settimanali conuno psicoterapeuta e par-tecipa a gruppi terapeuti-ci-riabilitativi tenuti dapsicologici e infermieriche hanno l’obiettivo diaumentare il livello di con-

sapevolezza del paziente rispetto ai propri problemi.Evidentemente anche questo tipo di gruppo assumeper la persona un significato psicoeducativo.Il notevole coinvolgimento del paziente in questotipo di attività è dimostrato infine dal fatto che lastragrande maggioranza degli intervistati auspica dicontinuare anche dopo il ricovero autonomamenteun ascolto più attento della musica, come avvenutodurante i gruppi in reparto, con la finalità di conti-nuare quell’allenamento al riconoscimento delleemozioni che a nostro avviso rappresenta il maggio-re beneficio di questa attività riabilitativa.

Lo studio condotto conferma l’alto coinvolgimentodei pazienti nell’attività di musicoterapia recettivaproposta durante il ricovero. È risultato evidente dal-l’analisi dei dati che la maggioranza dei pazienti per-cepisca l’utilità di questo gruppo in particolare per ilriconoscimento delle emozioni e lo stimolo alla so-cializzazione.Questi risultati ci incoraggiano a mantenere questotipo di attività tra quelle proposte durante il ricove-ro. Sarà interessante indagare tramite futuri studi suquali sottogruppi di pazienti questo trattamentootterrà risultati migliori.

za nel paziente psichiatrico grave, in particolare quel-lo affetto da disturbi della personalità, spesso affettodal cosiddetto deficit di mentalizzazione, che si carat-terizza dalla difficoltà di individuare e interpretare glistati interni propri e dell’altro (Semerari, 1999).L’utilizzo della canzone come stimolo emotivo si èrivelato efficace ad “allenare” i soggetti a riconosce-re le emozioni suscitate dall’ascolto dei brani.Poco meno della metà dei partecipanti ritiene, inve-ce, che la musicoterapia possa essere d’aiuto anchea gestire le proprie emozioni. Essendo il campionecostituito da pazienti psichiatrici gravi è necessarioconsiderare i complessistati emotivi che carat-terizzano questi indivi-dui, che possono andaredai gravi stati di ango-scia fino a stati dissocia-tivi. È difficile immagina-re che in questi casi un intervento musicoterapicostrutturato come il nostro possa migliorare le proprieabilità di gestione degli stati emotivi. Per raggiunge-re questi obiettivi i nostri pazienti frequentano grup-pi specifici di Skills Training ispirati al modello dellaDialectal Behavioral Therapy (Linehan, 2001).È comunque da tenere in cosiderazione come permolte persone la musica possa rappresentare unmodulatore degli stati emotivi. Si pensi ad esempioa chi ascolta musica per aumentare la propria moti-vazione in attività sportive, pratica tra l’altro vietataa livello agonistico perché considerata come doping.La maggioranza (57%) dei pazienti ritiene che ilgruppo di musicoterapia favorisca la socializzazione.È noto che disturbi psichiatrici gravi possano com-promettere, almeno temporaneamente, le compe-tenze sociali spingendo il paziente in uno stato diisolamento che può a sua volta peggiorare il qua-dro psichiatrico in un pericoloso circolo vizioso.Il ricovero in sé ha spesso un effetto risocializzantein quanto l’individuo si trova a trascorrere un perio-do di tempo in un ambiente accogliente, dove hal’opportunità di relazionarsi con operatori formatiall’ascolto e altri pazienti con storie simili alla pro-pria. In questo modo si riduce l’effetto del cosid-

Lo studio condotto confermal’alto coinvolgimento dei pazientinell’attività di musicoterapiaricettiva proposta durante il ricovero

Nome

Età

Data

Brano

LIVELLO DI INTENSITÀ

1. Per nulla 2. Poco 3. Abbastanza 4. Molto 5. Moltissimo

Tristezza

Nostalgia

Speranza

Calma

Serenità

Grandiosità

Potenza

Gioia

Pesantezza

Piacere

Leggerezza

Forza

Ansia

Angoscia

Confusione

Estasi

Colpa

Smarrimento

Rabbia

Sensazionifisiche

Immaginie ricordi

Pensieri

Emozioni

Quale voto darebbe a questo brano (da 0-minimo a 10-massimo): ____________

ALLEGATO 1 SCHEDA MUSICOTERAPIA

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ALLEGATO 2 SCHEDA DI AUTOVALUTAZIONE MUSICOTERAPIA

Età Sesso: F M

1. È la prima volta che intraprende un percorso di musicoterapia? SI NO

2. Crede che la musica potrebbe rappresentare un aiutoall’interno del suo percorso di cure? SI NO

3. Crede che dopo questo percorso di musicoterapia, una volta a casa,

ascolterà la musica con più attenzione rispetto a quello che sente dentro? SI NO

4. In che misura crede che la musicoterapia possa far diminuire l’ansia?

Per nulla [1] Poco [2] Abbastanza [3] Molto [4] Moltissimo [5]

5. In che misura crede che la musicoterapia possa aiutarla a riconoscere le emozioni?

Per nulla [1] Poco [2] Abbastanza [3] Molto [4] Moltissimo [5]

6. Quanto crede che la musicoterapia possa aiutarla a gestire le emozioni?

Per nulla [1] Poco [2] Abbastanza [3] Molto [4] Moltissimo [5]

7. Quanto pensa che la musicoterapia possa aiutarla a socializzare con gli altri pazienti?

Per nulla [1] Poco [2] Abbastanza [3] Molto [4] Moltissimo [5]

8. In che misura crede che la musicoterapia possa aiutarla a conoscere meglio se stesso/a?

Per nulla [1] Poco [2] Abbastanza [3] Molto [4] Moltissimo [5]

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IL RESPIRO DELLA MUSICAPaolo TerniBOMPIANI, MILANO, 2011

Sono tante le strade che porta-no all’ascolto! E altrettanti sonoi modi per parlare di musica!La lettura che proponiamo

guarda a essa da un’altra angolazione: quella piùvitale. E si rivolge a quell’accompagnamento sonoroed esistenziale che dà voce alle nostre vite sia dapotenziali esecutori che da ascoltatori distratti o atten-ti quali noi siamo nel trascorrere del nostro tempo.Nella culla delle conoscenze letterarie, musicali edrammaturgiche, Paolo Terni è una figura di granderilievo culturale. Il fatto che uno studioso di tale pro-fondità di pensiero e di grande maestria nella scrit-tura dia alla luce un libro dal titolo così significativo,Il respiro della musica, ci dovrebbe indurre a cata-pultarci nella libreria più vicina per acquistarne unacopia senza esitazioni, a occhi chiusi, quasi come unatto di fede per amore della musica e del suo intrin-seco mistero.Questo non è uno di quei saggi accademici dal taglioanalitico, pronti a sezionare ogni dettaglio struttura-le compositivo di un’opera d’arte. Parliamo di respiroe, coerentemente, l’autore ci guida verso questo tipodi esperienza sonora.È come se ogni opera citata fra le pagine profumatee pergamenate di questo saggio, per altro valorizza-to da un editing e da una cura estetica (copertinainclusa) impeccabili da parte della Bompiani, fossein grado di guidare il lettore anche meno espertoverso un ascolto inusuale, quasi paradossale, unascolto privo di audio.È possibile sentire un suono senza dover ricorrereall’organo di senso che, per dòxa comune, dovreb-

be essere prerogativa imprescindibile della musicastessa? La risposta è sì e letture come questa ce nedanno la conferma. Spesso è stato posto l’accentosul valore denotativo e simbolico della musica, quasifosse impossibile conferirle una funzionalità descrit-tiva. Tuttavia le descrizioni che passano fra le righedel libro di Terni presentano lo stesso scarto feno-menologico che s’interpone tra lo spiegare una cosao il comprenderla nella sua essenza.La musica si apre a un’infinità d’interpretazioni, mal’ascolto vero, distaccato, immediato, estetico, si con-cretizza nell’hic et nunc, nel qui e ora, ed è un attounico e irripetibile, un ascolto tutto d’un fiato che inun’onda sinestesica è in grado di coinvolgere tutto ilnostro corpo e il nostro essere-uomo-suono.Il respiro della musica è un sentire, un percepire eun comprendere senza filtri, senza dover ricorrerealle zone superiori del cervello, ma a quelle piùempatiche, più antiche, quelle che sanno cogliere ilmovimento, quelle che fanno venire la pelle d’oca,quelle che fanno viaggiare attraverso immaginarimai esplorati fin d’ora.La musica come autentica immagine del mondo...ordinato dal molteplice respiro di infinite sequenze,diversamente sovrapposte e su diversi vettori tem-porali, in una fluttuante architettura.Con un’immagine poetica ed efficace, Terni ci ram-menta la vera natura della musica: quella ineffabile,per usare un’espressione di Jankelevitch, dove latemporalità si fa divenire e lo scorrere delle traccesonore insieme ai processi imitativi propri dellacomposizione si estrinsecano attraverso il continuodipanarsi di un filo di scrittura, di un versatile flussonarrativo capace di tessere molteplici sequenze disuoni significanti a misura del nostro ascolto.Ci sono libri che, per lasciare un messaggio signifi-cativo e catturare l’attenzione del lettore habitué, lo

accompagnano a piccoli passi verso un finale esplo-sivo, inaspettato, quasi si dovesse premiare l’attesae la paziente perseveranza antecedenti a quell’apicenarrativo. Ma ci sono letture invece, come “Il respi-ro della musica”, che fin dalle prime pagine sono ingrado di rapirci e di scuoterci fin dalle radici più pro-fonde quasi ogni frase si ramificasse dentro toccan-do il nostro essere dalla punta dei piedi, passandoper il cuore fino a raggiungere le vette più inacces-sibili della nostra coscienza.Riflettendo sui tecnicismi, sulle tipiche espressioniimpiegate spesso dalla musicoterapia, vorrei che,riportando questo breve frammento, si potesseimplementare il concetto benenzoniano di iso perregalare un’immagine capace di arricchirne la defini-zione in senso esteso e percettivo:

“l’ascolto non è solo un confronto plurale, mobile,sfuggente, variabile, abitato dai mille riflessi dell’eco:vi è un inizio, come fosse un concepimento. E’ unasoglia, un passaggio preliminare, delicato, duro esevero... è il nostro riconoscere-fulmineo e assolutoun’identità musicale nel momento stesso del suofarsi, momento, questo, intrigante e misterioso, comeogni nascita...”

Luca Zoccolan

NONNO BACH.LA MUSICA SPIEGATA AI BAMBINI.Ramin BahramiBOMPIANI, MILANO, 2015

È la storia ad annoverare JohannSebastian Bach fra i più geniali einusuali protagonisti dell’arte mu-

sicale. Con le sue opere e il suo originale modo diconcepire la composizione e il comporre ha saputoconsacrare un genere musicale (quello classico) pursconfinando in una varietà di stili e di forme chefanno del sommo artista un vero e proprio cosmo-polita della musica.Uno sguardo troppo superficiale e parziale rischia dietichettare il gesto compositivo bachiano, ricco diquelle geometrie contrappuntistiche fra imitazione emodulazione armonica, in un errato semplicisticobinomio sacro e metafisico che tende a renderciquasi inavvicinabile la figura del Bach uomo.Alla sua figura tanto rigorosa quanto virtuosa è statoinfatti troppo spesso accostato esclusivamente unalone mistico-religioso dal sapore quasi dogmatico,tralasciando la spinta vitale e mondana che muove-va l’animo irrequieto di questo musicista capace digodere di ogni esperienza del suo tempo e di impre-ziosire la sua vita con ben due mogli e dieci dei suoifigli sopravvissuti.Questa distanza viene colmata grazie all’espedienteletterario proposto dal concertista Ramin Bahrami,grande interprete della musica di Bach che, in vestedi scrittore, propone un ruolo inedito per il composi-tore della nona sinfonia. Quale? Quello di nonno. Èuna scelta voluta dall’autore che esprime coerente-mente l’affetto e l’ammirazione per l’artista che èdivenuto compagno dei suoi studi e delle sue rifles-sioni sulla musica, ma soprattutto sulla vita. Perché

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un nonno non è un padre, non ha più nulla da inse-gnare, ha soltanto da raccontare e da trasmettere, èla voce forse scomoda ma sincera di chi ha vissuto,di chi ha visto, di chi ha compreso restando ora untestimone silenzioso, attento e premuroso anche perchi verrà dopo di lui.Le domande, talvolta irriverenti, che il bambinoodierno rivolge a Bach, che si definisce “il nonnodella musica”, fanno da specchio al profondo dialo-go interiore che negli anni si è instaurato fraBahrami e il suo amato compositore.Anche la nota critica dell’autore per bocca di nonnoBach rivolta al mondo moderno, sedotto dagli ecces-si dell’era mediatico-digitale e dai soprusi della vio-lenza, in quest’ottica assume un valore aggiunto epossiamo comprendere quanto lo scrittore di questoilluminante libro, anche per il proprio vissuto di guer-ra e di sofferenza, sia autorizzato a scuoterci dal tor-pore con queste parole:

[…]“è importante trovare qualcuno che ci guidiverso la musica, la pittura,la letteratura. Possonofarlo i nostri genitori, la famiglia… la scuola e gliinsegnanti”[…]

Aggiungerei le arti terapie e la musicoterapia in par-ticolare che, per la sua posizione anticonvenzionalee multidisciplinare, ci offre ogni giorno, anche attra-verso laboratori talvolta sperimentali e inusuali,anche l’opportunità di far scoprire o rivivere lo spiri-to dei grandi compositori come Bach che puoi trova-re nella successione armonica di una canzone deiBeatles come in un assolo di chitarra elettrica deiMetallica dove si può nascondere astutamente unaFuga tipica del mitico Sebastian!

Luca Zoccolan

MUSICOTERAPIAPER L’ATTENZIONE ELA CONSAPEVOLEZZALaura GambaSTREETLIB, 2016

Disponibile su:https://sell.streetlib.com/go/NyiT54eO

Il volume illustra ed esemplifica un modulo diMusicoterapia finalizzato al miglioramento dell’atten-zione e della consapevolezza, utilizzabile in contestiin cui i soggetti coinvolti possano trarre beneficio daun lavoro centrato sull’attenzione, la concentrazionee la crescente consapevolezza rispetto il proprioapproccio all’esperienza dell’ascolto musicale.Il percorso è già stato sperimentato dall’autrice, musi-coterapista professionista in ambito clinico, in più ciclie con buoni risultati con soggetti adulti affetti da diver-se forme di disagio mentale, ma può essere utilizzatoanche in contesti di minore gravità e all’interno di per-corsi formativi, con soggetti motivati a migliorare lapropria capacità di attenzione e ad approfondire laconsapevolezza rispetto la propria modalità di fruiredell’esperienza dell’ascolto musicale.Il testo comprende una parte introduttiva in cui ven-gono illustrate le finalità, le caratteristiche e le spe-cificità del percorso proposto, oltre che gli ambiti diutilizzo. Vengono messi a disposizione materialipronti per l’utilizzo: schede, tabelle per la raccoltadei punteggi, grafici per l’analisi dei risultati, elenchidei brani musicali da proporre in tre moduli di attivi-tà. Vengono fornite tutte le necessarie indicazioniper l’utilizzo del materiale. Nell’ultimo capitolo vienemessa a disposizione una scheda sintetica che puòessere utilizzata per la preparazione di un progettocentrato sull’utilizzo del percorso di ascolto.

Il volume può essere un utile strumento di lavoro permusicoterapisti e può essere fruibile in contesti clinicicon, o senza, la presenza di un medico psichiatra o diuno psicologo; l’attività proposta accompagna il sog-getto nell’osservazione della personale esperienza diascolto e non prevede l’analisi e l’interpretazione deicontenuti emersi mettendoli in relazione con la vicen-da personale, interiore, familiare, immaginaria o realeche sia. Il percorso di ascolto musicale finalizzato almiglioramento dell’attenzione e della consapevolezzanon porta il conduttore a sconfinamenti nella sfera dicompetenza della psicoterapia. Il percorso di ascoltopuò, pertanto, essere proposto a persone che nonsono pronte per affrontare la dimensione emotiva onon desiderano farlo, oppure non dispongono deglistrumenti linguistici ed espressivi.Il contesto in cui viene proposto il percorso può dun-que essere un luogo di cura e riabilitazione, maanche un contesto preventivo ed educativo; i desti-natari possono essere persone adulte e adolescenti,come pure musicoterapisti in formazione.

STRUMENTI PER LA VALUTAZIONEIN MUSICOTERAPIA; NEUROPSICHIATRIA DELL’INFANZIAE DELL’ADOLESCENZA; PSICHIATRIA

Laura GambaSTREETLIB, 2016

Prefazione diPier Luigi Postacchini

Disponibile su:https://sell.streetlib.com/go/NyiT54eO

Per quanto non ancora riconosciuta tra le profes-sioni socio-sanitarie la Musicoterapia è di fatto pre-

sente in ospedali e centri di riabilitazione. Tra leconseguenze del non adeguato e completo ricono-scimento della musicoterapia e dei musicoterapisti,insieme alla mancanza di un profilo professionalecodificato, si riscontra la mancanza di linee guida,di protocolli di intervento, di strumenti di valuta-zione codificati e differenziati in base ai diversiambiti di applicazione.Dopo alcune considerazioni di carattere generale edi metodo relative alla necessità di una valutazio-ne specifica in Musicoterapia, tanto dal punto divista di un primo inquadramento del paziente invista dell’elaborazione del progetto riabilitativo,quanto dal punto di vista della rilevazione degliesiti del trattamento, vengono proposti alcuni stru-menti operativi costruiti, elaborati e rivisti nelcorso di più di venti anni di pratica clinica indivi-duale e di gruppo nel contesto di servizi ospeda-lieri di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adole-scenza e di riabilitazione psichiatrica. Il materialeprevede schede per l’osservazione e la valutazionedistinte tra età evolutiva, adolescenza ed età adul-ta, con legenda ed indicazioni dettagliate per l’as-segnazione dei punteggi, esempi di schede compi-late con riferimenti ai casi clinici.

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Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999Volume VII, Numero 2, Luglio 1999Numero 1, Gennaio 2000Numero 2, Luglio 2000Numero 3, Gennaio 2001Indici completi degli articoli in: www.musicaterapia.it

Numero 4, Luglio 2001Ascolto musicale, ascolto clinico (A. Schön) • Musicote-rapia e tossicodipendenza (P.L. Postacchini) • Il pazientein coma: stimolazione sonoro-musicale o musicoterapia?(G. Scarso, A. Visintin) • Osservazione del malato diAlzheimer e terapia musicale (C. Bonanomi, M.C.Gerosa) • Due storie musicoterapiche (L. Corno) • Ilsuono del silenzio (A. Gibelli) • Il setting in Musicoterapia(M. Borghesi, A. Ricciotti)

Numero 5, Gennaio 2002Riabilitazione Psicosociale e Musicoterapia aspetti intro-duttivi (L. Croce) • Evoluzione del concetto di riabilita-zione in Musicoterapia (P.L. Postacchini) • Prospettiveterapeutiche nell’infanzia: “Dalla disarmonia evolutivaalla neuropsicopatologia (G. Boccardi) • Musicoterapia eritardo mentale (F. Demaestri, G. Manarolo, M. Picozzi, F.Puerari, A. Raglio) • Indicazioni al trattamento e criteri diinclusione (M. Picozzi) • L’assesment in Musicoterapia, ilbilancio psicomusicale e il possibile intervento (G.Manarolo, F. Demaestri) • L’assessment in musicoterapia,osservazione, relazione e il possibile intervento (F.Puerari, A. Raglio) • Tipologie di comportamento sono-ro/musicale in soggetti affetti da ritardo mentale (A.M.Barbagallo, C. Bonanomi) • La musicoterapia per bam-bini con difficoltà emotive (C.S. Lutz Hochreutener)

Numero 6, Luglio 2002Relazione, disagio, musica (M. Spaccazocchi) • Musicoterapiaa scuola (M. Borghesi, E. Strobino) • Musicoterapia e inte-grazione scolastica (E. Albanesi) • Un interventoMusicoterapico in ambito scolastico (S. Melchiorri) •L’animazione musicale (M. Sarcinella) • L’educazione musi-cale come momento di integrazione (S. Minella) • L’im-provvisazione vocale in musicoterapia (A. Grusovin) •L’approccio musicoterapico nel trattamento del ritardo men-tale grave: aspetti teorici e presentazione di un’esperienza(Karin Selva) • Musicoterapista e/o Musicoterapeuta? (M.Borghesi, A. Raglio, F. Suvini)

Numero 7, Gennaio 2003La percezione sonoro/musicale (G. Del Puente, F. Fiscella,S. Valente) • L’ascolto Musicale (G. Manarolo) • La com-posizione musicale a significato universale. Conside-razioni cliniche (G. Scarso, A. Ezzu) • Validità del trainingmusicoterapico in pazienti in stato vegetativo persisten-te: studio su tre casi clinici (C. Laurentaci, G. Megna) •L’approccio musicoterapico con un bambino affetto dagrave epilessia. Il caso di Leonardo (L. Torre) • Co-crearedinamiche e spazi di relazione e comunicazione attraver-so la musicoterapia (M.M. Coppa, F. Santoni, C.M. Vigo) •L’evoluzione musicale in Musicoterapia (B. Foti, I. Ordiner,E. D’Agostini, D. Bertoni) • L’intervento musicoterapiconelle fasi di recupero dopo il coma (R. Meschini)

Numero 8, Luglio 2003Gli Istituti Superiori di Studi Musicali e la formazione inMusicoterapia... paradigma e curriculum musicale... (M.Spaccazocchi) • Dialogo riabilitativo fra la Musicoterapia el’età evolutiva (P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • Musicote-rapia e riabilitazione in età evolutiva (R. Burchi, M.E.D’Ulisse) • Musicoterapia e psicomotricità: un’integrazio-ne possibile (R. Meschini, P. Tombari) • L’intervento dimusicoterapia nella psicosi (R. Messaglia) • Terapia sono-ro-musicale nei pazienti in coma: esemplificazione tra-mite un caso clinico (G. Scarso, A. Ezzu) • Musicoterapiapreventiva e profilassi della gravidanza e del puerperio(F. Pasini, A. Auditore) • Musicoterapia e disturbi comuni-cativo-relazionali in età evolutiva (F. Demaestri)

Numero 9, Gennaio 2004Psicologia della musica e adolescenza (O. Oasi) • Formemusicali e vita mentale in adolescenza (A. Ricciotti) •Musica e Adolescenza (G. Manarolo, M. Peddis) • Unintervento di Musicoterapia con un gruppo di adolescen-ti (L. Metelli, A. Raglio) • L’approccio musicoterapico inambito istituzionale: il trattamento dei disturbi neuropsi-chici dell’adolescenza (F. Demaestri) • Dal rumore alsuono, dalla confusione all’integrazione (R. Busolini, A.Grusovin, M. Paci, F. Amione, G. Marin)

Numero 10, Luglio 2004Espressione dello spazio e del tempo in musicoterapia:sintonizzazioni ed empatia (P.L. Postacchini) • Intratteni-mento, educazione, preghiera, cura... Quante funzioni puòsvolgere il linguaggio musicale? (L. Quattrini) • Musicote-rapia in fase preoperatoria (G. Canepa) • L’improvvisazione

sonoro-musicale come esperienza formativa di gruppo (A.Raglio, M. Santonocito) • Musicoterapia e anziani (A. Vara-gnolo, R. Melis, S. Di Pierro)

Numero 11, Gennaio 2005Aspetti timbrici in musica e in Musicoterapia (P. Ciampi) •Il problema del “significato” in musicoterapia. Alcuneriflessioni critiche sullo statuto epistemologico della disci-plina, sulle opzioni presenti nel panorama attuale e suimodelli di formazione proposti (G. Gaggero) • Il signifi-cato dell’espressività vocale nel trattamento musicotera-pico di bambini con Disturbo Generalizzato dello Sviluppo(DGS) (A. Guzzoni) • L’esportabilità spazio-temporale delcambiamento nella pratica musicoterapica: una pre-ricer-ca (M. Placidi) • L’ascolto come luogo d’incontro: un trat-tamento di musicoterapia recettiva (G. Del Puente, G.Manarolo, S. Venuti) • Armonie e disarmonie nel disagiomotorio: una rassegna di esperienze (B. Foti)

Numero 12, Luglio 2005La supervisione in Musicoterapia (P.L. Postacchini) • Lecompetenze musicali in ambito musicoterapico: una pro-posta (F. Demaestri) • L’armonia del sé: aspetti musicalidello sviluppo del sé (C. Tamagnone) • Interventi musi-coterapici con bambini gravemente ipotonici (W. Fasser,G. V. Ruoso) • Emozioni e musica: percorsi di musicote-rapia contro la dispersione scolastica (M. Santonocito, P.Parentela) • “Il Serpente Arcobaleno” esperienze dimusico-arte-terapia e tossicodipendenza (F. Prestia)

Numero 13, Gennaio 2006La Psicologia della musica: il punto, le prospettive (G.Nuti) • John Cage: caso vs. improvvisazione (C. Lugo) •La composizione in musicoterapia (A.M. Gheltrito) • Mu-sicoterapia preventiva in ambito scolastico: un program-ma sperimentale per lo sviluppo dell’empatia (E.D’Agostino, I. Ordiner, G. Matricardi) • Musicoterapia eRiabilitazione: una esperienza gruppale integrata (FloraInzerillo) • Dal Caos all’armonia (R. Messaglia)

Numero 14, Luglio 2006Il cervello nell’esecuzione e nell’ascolto della Musica (M.Biasutti) • Interazione, relazione e storia: ragionamenti dimusicoterapia e supervisione (F. Albano) • Il suono e lamente: un’esperienza di conduzione di gruppo in psichia-tria (G. D’Erba, R. Quinzi) • La condivisione degli stati dellamente: una possibile lettura dell’interazione musicotera-pica nella grave disabilità (S. Borlengo, G. Manarolo, G.

Marconcini, L. Tamagnone) • Un’esperienza di musicotera-pia presso l’Hospice della azienda istituti ospitalieri diCremona (L. Gamba) • La musica come strategia terapeu-tica nel trattamento delle demenze (A. Raglio)

Numero 15, Gennaio 2007Implicazioni per l’educazione e la riabilitazione della ricer-ca psicologica sull’improvvisazione musicale (M. Biasutti) •Le componenti cerebrali dell’amusia (L.F. Bertolli) •Musicoterapia e stati di coma: un’esperienza diretta, ilcaso di Marco (C. Ceroni) • Forme aperte, forme chiuse:una esperienza di musicoterapia di gruppo nel centrodiurno psichiatrico di Oderzo (TV) (R. Bolelli) • L’inter-vento integrato tra logopedista e musicoterapista neibambini con impianto cocleare (A.M. Beccafichi, G.Giambenedetti)

Numero 16, Luglio 2007Legato/staccato: la problematica della creazione e dellamorte nella musica occidentale del XX° secolo (MichelImberty) • Memorie di gruppo e musicoterapia (EgidioFreddi, Antonella Guzzoni) • Giocando con i suoni: unintervento sul bullismo (E. Prete, A.L. Palermiti, M.G.Bartolo, A. Costabile, R. Marcone) • Esserci, Esprimersi,Interagire tra adolescenti attraverso la musica e gli altrilinguaggi (Francesca Prestia) • Musicoterapia e demenza:un caso clinico (M. Gianotti, A. Raglio) • Musicoterapianelle strutture intermedie: un’esperienza in una comunitàdi riabilitazione (F. Inzerillo) • Le tecniche musicoterapiche(G. Manarolo)

Numero 17, Gennaio 2008La musicoterapia nel contesto delle neuroscienze (P.Postacchini) • La voce delle emozioni: l’espressività voca-le tra svelamento e inganno (G. Manarolo) • Associa-zione Cantascuola: un percorso espressivo musicale scuo-la-sanità-scuola (G. Guiot) • Musicoterapia e prevenzionein pediatria oncologica (M. Macorigh) • La stimolazionesonoro-musicale alla casa dei risvegli Luca de Nigris diBologna (R. Bolelli) • Gruppi di musicoterapia presso ilservizio territoriale di neuropsichiatria dell’infanzia e dellaadolescenza (L. Gamba) • Attività di musicoterapia nellariabilitazione psichiatrica (L. Gamba, A. Mainardi, E. Agrimi)

Numero 18, Luglio 2008Musica e terapia: alcune riflessioni storiche (S.A.E. Leoni) •Musicoterapia e riabilitazione cognitiva nella schizofrenia:uno studio controllato (E. Ceccato, P.A. Caneva, D.

articoli pubblicatiGli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis, Corso Peschiera 320, 10139 Torino - www.edizionicosmopolis.itSul nostro sito www.musicaterapia.it sono disponibili i pdf consultabili e scaricabili, dall’anno 2000 al 2010.Dei numeri successivi è possibile visualizzare il sommario.

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Lamonaca) • Suonare e cantare, tra quotidianità e arte,dalla semiologia alla musicoterapia (R. Bolelli) • Qualemusicoterapia nella scuola primaria? (C. Massola, A.Capelli, K. Selva, F. Bottone, F. Demaestri) • A Volte i pescicantano... Musicoterapia e sordità: un esperienza di lavo-ro con bambini “diversamente” udenti (F. La Placa) •Alice: percorso sonoro tra improvvisazione e composizione(D. Bruna) • Musicoterapia per operatori sanitari (G. D’Erba,R. Quinzi) • Viaggio attraverso la memoria (R. Prencipe)

Numero 19, Gennaio 2009Psicologia della Musica e Musicoterapia: quale dialogo?(R. Caterina) • Neuroscienze e musica (L. Lopez) • “L’abi-to che fa il monaco”: il processo terapeutico riabilitativodi una suora di clausura in Comunità Psichiatrica (G.Cassano, M. Carnovale) • Ambiguità e non ambiguità dellamusica (G. Del Puente, G. Manarolo, S. Guida, F. Pannocchia) •La costruzione di un intervento clinico integrato:Psicofisiologia e Musicoterapia (A.R. Sabbatucci, M.Consonni) • Musicote-rapia nelle Cure Palliative: l’espe-rienza dell’hospice di Cremona (L. Gamba) • Importanzadella ricerca sperimentale in musicoterapia (M. Biasutti)

Numero 20, Luglio 2009Il Canto Sociale della Corale Cavallini di Modena (F. Albano,P. Curci) • Il metodo STAM nella psicosi: il contributo dellaricerca (E. Ceccato, D. Lamonaca, L. Gamba, R. Poli, P.A.Caneva) • La Composizione Facilitata di Canzoni nella riabili-tazione psichiatrica (P.A. Caneva) • L’organiz-zazione tempo-rale in pazienti psichiatrici (G. Giordanella Perilli) • La misu-razione degli esiti nel trattamento musicoterapico (L. Gamba,R. Poli) • Anam-nesi di una cover band a proprio (dis)agio (S.Bolchi, G. D’Erba, R. Quinzi) • Musicoterapia in SPDC (A.Sarcinella) • Quale ricerca in Musicoterapia? (A. Raglio)

Numero 21, Gennaio 2010Musicoterapia. Scientifica o Umana? (P.L. Postacchini, M.Spaccazocchi • Apprendimenti musicali e sistema spec-chio (M. Mazzieri, M. Spaccazocchi) • Musicoterapia ecasi impossibili: le opportunità create da una certamodalità di ascolto musicale (P. Ciampi, A. Cavalieri) •Quando la verità relazionale del vocalico canta intona-ta (R. Gigliotti) • La cultura e la risposta all’ascolto musi-cale. Le immagini come garanti metapsichici (G.DelPuente, G. Manarolo, S. Guida)

Numero 22, Luglio 2010Interpretazione psicoanalitica e interpretazione musicale.

Osservazioni comparate (F. Petrella) • “Anche oggi cisiamo incontrati”. Musica, narrazione, realtà (P. Ciampi) •Riflessioni e possibili orientamenti metodologici per iltrattamento musicoterapico nei disturbi neuropsichicidella adolescenza (F. Demaestri) • La persona al centrodell’ascolto: esperienze di musicoterapia recettiva neltrattamento del paziente psicogeriatrico (M.C. Gerosa,M.A. Puggioni, C. Bonanomi) • L’intervento musicotera-pico in ambito psichiatrico (S. Navone)

Numero 23, Gennaio 2011Intervista ad Augusto Romano • Acquisizione linguisticae musica (E. Freddi) • La balbuzie e la voce del padre (L.Pigozzi) • La musicoterapia presso la Fondazione Sospiro:evoluzione, sviluppi scientifici e riflessioni (A. Raglio) • Lacanzone come strumento terapeutico (P.L. Postacchini) •Musicoterapia: processo, descrizione e analisi del com-portamento non verbale (A. Pitrelli) • Schizoaffettività emusicoterapia l’esperienza della stabilità (S. Neri) • Unconcerto di storie (S. Cornara)

Numero 24, Luglio 2011La ricerca in musicoterapia: dati quantitativi e qualitativi (R.Caterina) • La ricerca in musicoterapia: lineamenti, temati-che e prospettive (M. Biasutti) • Musicoterapia e Danza-terapia nel trattamento dei disturbi dell’equilibrio in pazien-ti con sclerosi multipla: studio su due pazienti (C.Laurentaci, M.R. Lisanti, A. Dasco, G. Guida) • Sviluppo diuna sequenza sonoro/musicale da impiegare come stru-mento d’indagine nella fase di valutazione musicoterapica(G. Manarolo, S. Piattino, C. Lorenzi, F. Pirillo, G. Del Puente)

Numero 25, Gennaio 2012Incontro-intervista con Umberto Petrin (F. Demaestri) •Musicoterapia e scuola a un bivio: quale direzione? (F.Bottone, A. Cappelli) • La fragilità emotiva del musicista.Report di un’indagine empirica preliminare (P.L. Righetti,E. Battistella, M. Semenzin) • Dialisi e rilassamento: un’e-sperienza di ascolto in musicoterapia (F. Ricci) • Ripetizionee variazione: chiave della strutturazione del tempo e delleesperienze emotive (G. De Battistini) • Il musicale in musi-coterapia: analisi di un intervento di gruppo (R. Bolelli)

Numero 26, Luglio 2012Introduzione al tema: la musicoterapia in oncologia (A.Perdichizzi) • Musicoterapia in oncologia: studio quanti-qualitativo in ambito ospedaliero (Alberto Malfatti,Davide Ferrari, Giovanna Ferrandes) • Musicoterapia in

oncologia un caso clinico (Andrea Perdichizzi) • Efficaciadel trattamento musicoterapico in pazienti con esiti diintervento per neoplasia mammaria (C. Laurentaci, W.Cifarelli) • Musica per diminuire il distress e per rafforza-re le strategie di coping (G. Antoniotti) • Musicoterapia inhospice per il malato e i familiari (M. Baroni)

Numero 27, Gennaio 2013Musicoterapia e disturbi dello spettro autistico: osservazionee valutazione dell’attenzione congiunta (A. Guzzoni) • La musi-coterapia presso il Centro Paolo VI di Casalnoceto (Al), unastoria lunga trent’anni (F. Demaestri) • Suoni e silenzi dellagravidanza (A. Auditore, F. Pasini) • “La voce dei colori” (P.Candeletti, M. Gentile, G. Vigliaroni, A. (Mauro) Sarcinella) •Ritmi sospesi (M. Peddis, P. Franza) • “Quello che non ho” (A.Cavalieri) • L’incremento dell’attenzione condivisa attraversol’intervento di musicoterapia in soggetti con disturbo dellospettro autistico (S. Cainelli, S. de Falco, P. Venuti)

Numero 28, Luglio 2013Impromptus sull’improvvisazione: in musica, nel lavoroanalitico (F. Petrella) • Suono e immaginazione: progre-dire attraverso i linguaggi dell’arte (U. Petrin) • L’improv-visazione come formatività interpersonale (A. Sbordoni) •Improvvisazione: appunti a margine (C. Lugo) • L’improv-visazione nella didattica: una ricerca sulle concezioni deidocenti (M. Biasutti) • Aspetti modali nell’improvvisazio-ne musicoterapica (Stefano Navone) • Crediamo ai tuoiocchi: costruire l’improvvisazione con un gruppo di ado-lescenti affetti da disagio neuropsichico (F. Demaestri, P.Filighera, P. Giusto, C. Lo Re)

Numero 29, Gennaio 2014Le competenze musicali per accedere alle scuole di for-mazione in musicoterapia (M. Spaccazocchi) • Improv-visazione in musicoterapia: concatenazioni relazionali edaffettive (P. Ciampi) • T.I.M.E.: Training Interactive MusicalElements una proposta per i D.S.A. (G. Ferrari, A. Nicoletti,L. Xodo) • Musicoterapia e demenze: l’esperienza pressostrutture residenziali e diurne (G. Vizzano) • Suzanne.Elaborazione di un lutto in un gruppo di musicoterapia (A.Cavalieri, Cooperativa Sociale CrescereInsieme ONLUS) •Musicoterapia a scuola (A. Malfatti) • Musicoterapia con ilbambino autistico (S. Bolchi)

Numero 30, Luglio 2014Relazione, musicalità e canto nella comunicazione sono-ro/vocale tra mamma e bambino nella primissima infan-

zia (Elena Sartori) • Il canto della voce. La comunicazio-ne vocale in musicoterapia (A. Grusovin) • Il nucleo alcentro, al centro del nucleo (S. Cornara, M. Colombo, I.Pajoro, I. Santi) • “Il filo sonoro” Musicoterapia preven-tiva in gravidanza e post-nascita (E. Baratelli) • Il per-turbante musicale quando la voce restituisce il sensoalla parola (E. Freddi) • Valutazione di un progetto dimusicoterapia: il punto di vista del personale docente diuna scuola elementare (A. Malfatti) • L’intervento dimusicoterapia nel postparto: il progetto mamme in sol(F. Borgarello)

Numero 31, Gennaio 2015La musica fra narratività, espressività e drammaticità (M.Imberty) • Esternalizzare l’esperienza musicale (M. Spacca-zocchi) • La funzione di induzione senso-motoria dellamusica (C. Cano) • Laetitiae comes, medicina dolorum (R.Damasio) • Processi interiori e forme musicali: appunti diviaggio (S.A.E. Leoni) • Suoni non detti... parole non suo-nate (P. Ciampi) • Un contributo alla validazione italianadello Short Test of Musical Preferences Reviseted (STOMP-R) (L. Urgese)

Numero 32, Luglio 2015Musicoterapia e sintomatologia depressiva (S. Navone) •Musica “Attiva-Mente” (C. Tamagnone, L. Gisoldi, C. Arizio, I.Corsini) • L’intervento di Musicoterapia secondo il modelloBenezon nel coma vegetativo (A. Bianco, B. Mamone, R.Messaglia, O. Perillo, E. Pirlo) • La teoria Sonoro-Vibrazionalee gli Stati Vegetativi (S. De Laurentis) • Musicoterapia e auti-smo (M. Mingione) • Il trattamento musicoterapico singoloe di gruppo nella cura delle demenze (S. Cornara, M.R.Gerosa) • Approccio miusicale globale alla persona affettada demenza (S. Filippi)

Numero 33, Gennaio 2016Emozioni, musica e significato (R. Caterina) • Le ricerche psi-copedagogiche sulle sinestesie in musica (M. Biasutti) •Effetti sulla terapia farmacologica di un trattamento musico-terapico di gruppo (M. Degli Stefani, M. Biasutti, M.Guadagnini) • Musicoterapia e stati vegetativi: una sindromerecente (M. Sarcinella) • La teoria della musicalità intrinsecanell’intervento musicoterapico con pazienti in stato vegeta-tivo (A. Forloni) • Musica e musicoterapia per l’Alzheimer:un’esperienza personale (P. Reani)

articoli pubblicati

Numero 34 - Luglio 2016

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musica&terapia

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L’accettazione dei lavori è subordinataalla revisione critica del comitato di redazione.

Per la stesura della bibliografiaci si dovrà attenere ai seguenti esempi:

a) LIBROCordero G.F., Etologia della comunicazione,Omega edizioni, Torino, 1986.

b) ARTICOLO DI RIVISTACima E., Psicosi secondarie e psicosi reattivenel ritardo mentale, Abilitazione e Riabilitazione,II (1), 1993, pp. 51-64.

c) CAPITOLO DI UN LIBROMoretti G., Cannao M., Stati psicotici nell’infanzia.In M. Groppo, E. Confalonieri (a cura di),L’Autismo in età scolare, Marietti Scuola,Casale M. (Al), 1990, pp. 18-36.

d) ATTI DI CONVEGNINeumayr A., Musica ed humanitas. In A. Willeit(a cura di), Atti del Convegno: Puer,Musica et Medicina, Merano, 1991, pp. 197-205.

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