Funboard 145
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Antoine Albeau
Julien Quentel
“ L’ e f f i c i e n z a g e n e r a l a p e r f o r m a n c e ”
Disponibile in :90 Lts - 240x59 cm - 5,6 Kg (+/- 6%) 98 Lts - 235x62 cm - 6,0 Kg (+/- 6%) 105 Lts - 235x65 cm - 6,3 Kg (+/- 6%)
114 Lts - 235x70 cm - 6,32 Kg (+/- 6%)122 Lts - 228x81 cm - 6,7 Kg (+/- 6%) 129 Lts - 228x85 cm - 7,25 Kg (+/- 6%)
PROGRAMMA: Speed slalom
RRD ha sviluppato la gamma di tavole slalom più eccitante e mirata alla pura performance che sia mai stata lanciata sul mercato. Le nuove tavole X-Fire LTD V4 rappresentano un nuovo standard per la disciplina dello slalom grazie all’introduzione della “poppa TT” (Toro Tail), la prossima generazione del design che detterà presto la sua legge sui più importanti campi di regata. Il lavoro di sviluppo completo e meticoloso del team
RRD ha portato alla produzione di 5 nuovi shape che diventeranno il riferimento del mercato nel 2012. Vi basterà dare una semplice occhiata a queste macchine da regata per concordare con noi!
RRD X-Fire 114 V4
ANNO XVIII - NUMERO 145APRILE 2012
DIRETTORE RESPONSABILECristiano Zanni • [email protected]
REDATTORE CAPOFabio Calò • [email protected]
ART DIRECTORGianpaolo Ragno • [email protected]
GRAFICA E DTPCarlo Alfieri • [email protected]
IN REDAZIONEMarco Melloni • [email protected]
FOTOGRAFO SENIORRaffaello Bastiani • [email protected]
INOLTRE HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
testi: Fabio Calò, Ricardo Campello, Valentina Crugnola, Sylvain
Demercastel, Ovidio Ferrari, Raimondo Gasperini, Francisco Goya, Federico
Infantino, Luigi Madeddu, Massimmo Mannucci, Matteo Iachino, Angelo
Pecere, Mattia Pedrani, Jason Polakow, Kevin Pritchard, Axel Reese, Matteo
Righetti, Nils Rosenblad, Michi Schweiger, Nicola Spadea, Barry Spanier,
Keith Teboul, Alessandro Venezia, Klaas Voget. immagini: Robert Almqvist,
Franck Berthuot, John Carter, Claudio Cazzara, Adele Frola, Jimmie Hepp,
Francesca LaCroce, Tracy Kraft-Leboe, Maghi, Monica (X-Ray), Giuseppe
Natalini, Angelo Pecere, Valerio Pedrani, Kevin Pritchard, Axel Reese, Mateo
Righetti, Benjamin Thouard, Dave White, Darrell Wong.
EDITORE E PUBBLICITÀ Johnsons Media srlvia Valparaiso 4 - 20144 Milano - tel +39.02.43990087fax +39.02.48022901 - [email protected] - www.johnsonsmedia.it
AMMINISTRATORE DELEGATOCristiano Zanni • [email protected]
SERVIZI GENERALILuisa Pagano • [email protected]
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ITALIAPress-di Distribuzione Stampa e Multimedia s.r.l.20090 Segrate (MI)
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ESTEROJohnsons International News Italia - via Valparaiso 4 - Milano
SERVIZIO ABBONAMENTI E ARRETRATI ITALIA & ESTEROJohnsons Media - Via Valparaiso, 4 - 20144 Milanotel +39.02.43990087 - fax +39.02.48022901 - [email protected] attivo dal Lunedì al Venerdì dalle 14:00 alle 18:00.
MODALITA’ DI PAGAMENTOBonifico Bancario intestato a Johnsons Media - Via Valparaiso, 4 - 20144 MilanoBanca Intesa - Coordinate Bancarie: IT 67 o 03069 09529 0724 0265 0199CAUSALE: abbonamento FUNBOARD - NOMINATIVO E INDIRIZZO
Funboard è una testata della casa editrice
JOHNSONS MEDIA, che pubblica anche
gli annuari Surfing (surf, windsurf, kite),
Snowb (snowboard)
e le riviste Surf Latino (surf),
Kite Magazine Stance (kite), Entry (snowboard),
4Skiers (sci freestyle), 6:00AM (skateboard),
SupTime (stand up paddle).
Nessuna parte di Funboard può essere riprodotta in alcun modo senza la preventiva
autorizzazione di Johnsons Media. Testi, disegni e immagini non saranno restituiti se non
espressamente richiesti. L’editore è a disposizione degli aventi diritto nei casi in cui,
nonostante le ricerche, non sia stato possibile raggiungere il detentore del diritto di
riproduzione di eventuali testi e immagini. L’editore e gli autori non potranno in alcun caso
essere ritenuti responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati
dall’utilizzo improprio informazioni contenute in questa rivista.
Poste Italiane Spa - Sped. Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. L. 27.02.2004, n.46), art.1, comma 1, DCB Milano.
PREZZO DI UNA COPIA IN ITALIA euro 6,00
ABBONAMENTO ANNUALE ITALIA (8 NUMERI) euro 38,00
PERIODICITÀ mensile: febbraio/marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto/settembre, ottobre/novembre, dicembre/gennaio
ISSN 1124-0261registrazione Tribunale di Milano n.5 del14.01.1995 ROC - Registro Operatori diComunicazione - 1234
STAMPAAlfaprint - via Bellini 24 Busto Arsizio (VA)
>ECCETERA
Cover Story
Francisco Goya rimane uno dei rider più stilosi diMaui ed è dotato di un talento indescrivibile che solovedendolo dal vivo in azione si può comprendere.Passione, concentrazione, determinazione e grinta diun ragazzo argentino che tanto tempo fa decise cheforse avrebbe fatto bene a trasferirsi alle Hawaii…
RIDER Francisco Goya LOCATION Maui Hookipa FOTO Berthuot Visual
Inside
La passione, penso sia la caratteristica principale che ci contraddistingue e che ci fa fare scelte
che molti, al di fuori del nostro sport, faticano a comprendere. Per esempio la scelta di entrare
comunque in acqua con condizioni invernali proibitive, come durante le due settimane
straordinarie di Bora che ha colpito l’Alto Adriatico a fine gennaio, in cui i vari local nonostante
la laguna ghiacciata, l’acqua a 5-6 gradi, la temperatura dell’aria che non arrivava allo 0… e vento
da 3.3 o 3.7 (provate a immaginarvi ora l’effetto wind chill e la temperatura percepita in acqua…),
hanno continuato senza indugi ad uscire, anche quando il grigio del cielo si fondeva in un
tutt’uno con il grigio del mare. Solo con tanta passione è possibile sopportare queste condizioni.
O ancora tutti noi che maciniamo chilometri su chilometri sulle nostre strade e autostrade
(mentre la benzina sta toccando prezzi davvero preoccupanti) per trovare la condizione tanto
sperata durante la settimana lavorativa. Oppure la passione di un ragazzo che per fare windsurf
nel week-end e partire insieme ai suoi amici il venerdì sera ha affrontato per un anno intero un
viaggio allucinante ogni settimana! Capirete meglio di cosa sto parlando leggendo lo spot guide
di pag. 92.
E cosa possiamo dire della passione di Francisco Goya che da decenni dedica la sua vita al
windsurf e ancora oggi tratta come se fosse suo amico di sempre chiunque entri nel suo
negozio/factory? Anche noi siamo stati accolti da Francisco in questo modo e ci ha
accompagnato in un’entusiasmante tour all’interno delle stanze da cui escono gli shape che
fanno da sempre tendenza e sono fonte di ispirazione per tutti noi. Leggerete questo articolo
nelle prossime pagine. Avrei voluto intitolarlo The Factory, per identificare l’attività di Francisco
e Keith Teboul all’interno della Cannery di Haiku. Poi il nostro amico e collaboratore Matteo
(alcune foto dell’articolo sono sue) ci ha consigliato il titolo Ohana, che significa famiglia, nel
senso esteso del termine, che include la relazione stretta, adottiva o intenzionale. Essa enfatizza
l'idea che famiglia e amici sono uniti assieme e che devono cooperare e ricordarsi gli uni degli
altri. Non ci poteva essere titolo più appropriato! Questa parola identifica alla perfezione la
filosofia con cui lavorano nella Factory di Haiku.
E la passione ha sicuramente portato in acqua per la sua ultima session anche Vincent Mellouet,
ci piace ricordarlo mentre surfa down the line un’onda infinita nel nord della Francia.
Buona lettura. Funboard 100% passione pura!
ALOHA
Have fun!
Fabio I-720
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White Reef - Tel 0547.22756 - [email protected] - www.whitereef.it
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RIDER Keith Teboul | LOCATION Haiku, Maui (Hawaii) | FOTO courtesy Quatro/GoyaSommario
16 FUERTEVENTURA WAVE CLASSIC 2012DI Federico InfantinoAnche quest’anno si è svolta una nuova edizione della mitica FWC, l’organizzatore e alcuni riderci raccontano come è andata.
64 OHANA… TUTTI I SEGRETI DELLA FAMIGLIA QUATRO/GOYADI Fabio CalòCi siamo addentrati nelle stanze più segrete della factory di Haiku per documentarvi come nascono dalle sapientimani di Keith Teboul alcuni degli shape più famosi al mondo, il tutto sotto la supervisione di Francisco Goya.
28 NAISH CHOPPERDI Michi SchweigerIl brand manager di Naish Sails ci spiega tutto sulla nuovissima super compatta Chopperdalla sua idealizzazione fino alla messa in produzione.
40 EVOLUZIONE DELLA SPECIEDI Massimo MannucciDa Maui si iniziano a vedere i rider più forti del momento tornare ad utilizzare i single fin.Il Manna ci aiuta a capire i motivi dei vari cambiamenti di set-up delle tavole wave negli ultimi anni.
46 RRD R&D A CAPE TOWNDI R. Ricci, J. SkyeAbbiamo intervistato in esclusiva Roberto Ricci e John Skye mentre sono al lavoro sulle nuove tavolee vele RRD nel quartier generale in Sudafrica.
74 SVEZIADI Klaas VogetIl fortissimo waver tedesco Klaas Voget ci porta a fare una toccata e fuga in uno splendido spot dell’affascinante Svezia.
44 ONDE E CURVEValentina Crugnola ci fa conoscerele Wave Girl:Tatiana Howard e Adele Frola.
84 FAQLa sezione di Funboard dedicata a chi vuole surfare meglio e divertirsi di più.In questo numero:• Approccio tecnico psicofisico al FS• Burner 900• Crash of the month
92 SPOT GUIDEWITSAND SOUTH AFRICA Vi proponiamo un articolo di un nostro affezionato lettore su uno spot sudafricano in una giornata particolare.
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Ecstasy, cibo per la mente!
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RIDER Raimondo Gasperini e Claudio Marzeddu | LOCATION Jericoacoara | FOTO DI Monica XRay Photo
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Ecstasy, cibo per la mente!
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RIDER Federico La Croce | LOCATION Diamond Head - South Swell. Ohau, Hawaii | FOTO Darrell Wong
Fast news
THE NEW HAWAIIFunboard è stato media partner ufficiale di “The Dark
Lines”, l’ultimo film di Sylvain Demercastel con la
partecipazione di Fabrice Beax e altri top rider, dove è
stata raccontata una storia, in parte vera e in parte
pura finzione. Ora sono tornati con un nuovo film, dove
questa volta riveleranno la verità! È il racconto di una
loro scoperta straordinaria, di un posto che potrebbe
essere chiamato “le nuove Hawaii”… Presto saprete
come, dove e quando… saprete la vera storia di una
scoperta storica, che potrebbe cambiare la vostra
percezione di viaggiare per il windsurf! Stay tuned…
www.planetblow.com
BUON COMPLEANNO VASCO RENNA SURF CENTER DI SAFAGA: 1992 - 2012Quest’anno il Centro windsurf di Vasco
Renna a Safaga in Egitto sul Mar Rosso
compie vent’anni. I festeggiamenti per il
ventennale del Centro sono iniziati durante
le vacanze Natalizie e continueranno per
tutto il 2012. Grandi surfate in compagnia,
feste e mega cene (con specialità portate
dagli amici di tutto il mondo) si
moltiplicheranno in questi mesi nel Centro
di Vasco per la festa dei vent’anni. A
festeggiare Safaga all’inizio dell’anno è
arrivato anche un ospite speciale ed
inatteso che è stato per tre giorni la gioia
e il divertimento di grandi e bambini: uno
splendido delfino che ha nuotato, saltato e, si dice, anche surfato davanti alla scuola.
Insieme a lui vento, sole, un mare incantevole, corsi di windsurf e vela personalizzati e planate a stecca hanno
regalato giornate indimenticabili a tutti gli ospiti del Vasco Renna Surf Center che si sono anche sfidati in una
straordinaria e divertentissima windsurf Marathon con sorprendenti premi finali.
L’appuntamento per tutti per continuare la festa con divertentissime scorribande surfistiche è rinnovato per
Pasqua 2012. Safaga senza dubbio offre una vacanza speciale e indimenticabile adatta a ogni età e a ogni livello
surfistico. Coppie, single, famiglie a poche ore di volo possono trovare: vento, caldo, un mare spettacolare,
windsurf, vela, canoa, snorkeling, possibilità di fare escursioni in città o nel deserto, professionalità e simpatia.
Vasco Renna con la collaborazione di Sun and Fun Italia vi può organizzare tutto: volo - soggiorno - affitto e corsi
di windsurf e vela. Non vi resta che unirvi al team di Vasco e volare a Safaga per continuare la festa. Attenzione
si dice che a Pasqua oltre che al delfino sia attesa una gigantesca tartaruga che è una vecchia amica del Vasco
Renna Surf Center di Safaga.
Buon compleanno Safaga! La festa continua…
Per Info: Vasco Renna Professional Surf Center - Parco della Pavese, 9 - 38069 Torbole sl Garda (TN)
- Tel. 0464/505993 - Fax 0464/ 506254 - E-mail: [email protected] - www.vascorenna.com.
Per Info e prenotazioni: Sun and Fun Italia, Anneliese Wanke, Tel. 0365/953204 - 918700
- Fax 0365/953526 - E-mail: [email protected] - www.vacanzewindsurf.it
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SURFSEGNANA, UN NUOVO CENTRO AL CAMPING MAROADIInizia il 15 maggio la 33a stagione al SurfSegnana, anche quest’anno all’insegna dello sport e del divertimento, con tante novità e
proposte per tutti. La news più significativa è l’apertura, il 15 di aprile, di un nuovo centro all’interno dell’attrezzatissimo camping
Maroadi, proprio di fianco alla sede del centro principale SurfSegnana di Torbole sul Lago di Garda. Il SurfSegnana Maroadi disporrà
di 150 tavole Hi Fly e rig ideali per i principianti che potranno facilmente imparare a navigare con il windsurf nello specchio d’acqua
antistante la scuola, accarezzato da una leggera brezza mattutina da Nord che mantiene l’acqua particolarmente piatta, garantendo le
condizioni migliori per l’apprendimento dei neofiti. Il SurfSegnana, riconosciuto a livello internazionale come la migliore e più
attrezzata scuola di windsurf d’Europa, è pronto a ricevere gli appassionati ed i neofiti windsurfisti e velisti di tutte le età, dai 5 anni in
su. La professionalità e la competenza degli istruttori, la disponibilità del miglior materiale presente sul mercato e le soluzioni
didattiche nuove ed estremamente efficaci, concorrono alla realizzazione di una formula vincente che consente ad ognuno di imparare
divertendosi. Oltre 500 nuove tavole Fanatic 2012 e Hifly, equipaggiate con vele North Sails 2012, a noleggio e a disposizione dei
partecipanti ai corsi. Per tutti, anche non surfisti, una superficie di 10.000 mq di prato in riva al lago con a disposizione il bar, la tavola
calda, docce (tutto rinnovato per la stagione 2012), connessione gratuita Wi-Fi e l’ampio parcheggio, a dimostrazione che al
SurfSegnana nulla è lasciato al caso. Importanti accordi con i migliori hotel, residence e campeggi della zona, consentono inoltre di
usufruire di condizioni speciali per week-end (a partire da 169euro per 2 notti con prima colazione, 2 giorni di corso e 3 di noleggio surf e bike) o intere settimane (a partire da 299
euro per 6 notti con prima colazione, 3 giorni di corso e 7 di noleggio surf e bike). La segreteria è sempre a vostra disposizione, per qualsiasi informazione e preventivi su misura:
tel. 0464.505963; fax 0464.505498; e-mail [email protected]; web www.surfsegnana.it
SHAKA NEWS• Si apre la nuova stagione con tante novità a Torbole, il Shaka Windsurf Center si trova nella baia della Conca d’Oro ed è lo spot ideale
sia per i surfisti esperti che per i principianti. La nuova fantastica struttura vi farà passare delle splendide giornate nell’ambiente
migliore possibile. Con poco impegno economico avrete a disposizione tutte le tavole JP e le vele Naish montate da mani esperte.
• Dopo 10 anni si svolgerà di nuovo dal 2 al 6 luglio il camp Young Guns in collaborazione con la Jp. Steven Van Broeckhoven attuale
campione del mondo di freestyle e Andy Champers insegneranno alle giovani promesse tutti i trucchi più radicali. Inoltre i più bravi
avranno la possibilità di partecipare alla Bump&Jump che si terrà il 7 e 8 luglio. Per info e prenotazioni tel 0464 506347 o
• Il negozio più cool del Lago di Garda, Shaka Surf a Torbole, ha riaperto con un sito tutto nuovo www.shaka.it dove troverete un
mercatino con la vendita del materiale a ottimi prezzi. Potrete trovare una vasta gamma di prodotti Naish, JP, HotSails, F2, 99Custom
Boards, Gaastra. Mute e accessori della Quiksilver, Roxy, Mystic, RipCurl, ION e Neil Pryde. Per l’abbigliamento troverete tutte le nuove
collezioni per uomo, donna e bambino: Volcom, Quiksilver, Roxy, DC, Protest, Hurley, RipCurl, 55DSL, Oakley, Vans, Miss Bikini, Burton.
• Rip Curl Store: in posizione centralissima a Torbole ha aperto il primo RIP CURL STORE in Italia, questo grazie alla collaborazione tra Mike di Shaka e Oberalp. L’inaugurazione con
concerto è prevista per il 21 aprile, se passate da Torbole questo negozio molto surf oriented merita una visitina.
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World Events
DAL 17 AL 23 MARZO SI È SVOLTA A FUERTEVENTURA, NEGLI SPOT DEL NORD DELLʼISOLA,LA COMPETIZIONE INTERNAZIONALE AD INVITO FUERTE WAVE CLASSIC ʼ12. AVREI DOVUTOPARTECIPARE COME RIDER A QUESTA GARA MA A MALINCUORE HO DOVUTO DISDIRE PERUN IMPEGNO NON POSTICIPABILE. DOPO UNʼALTERNANZA DI SOSTITUZIONI E DISDETTEVARIE, ALLʼULTIMO MOMENTO CʼERA ANCORA UN POSTO DISPONIBILE E GRAZIE AD UNODEGLI SPONSOR DELLʼEVENTO, MAVERX, È RIUSCITO AD ENTRARE A FAR PARTE DEI RIDERSELEZIONATI, FEDERICO INFANTINO. LA GARA SI È SVOLTA SOLAMENTE IN UN UNICOGIORNO, EFFETTUANDO UN SOLO ROUND DA QUATTRO HEAT, PER MANCANZA DI CONDIZIONI ADATTE NEL RESTO DELPERIODO PREVISTO PER LA COMPETIZIONE. FEDE CI RACCONTA COME È ANDATA.
INTROEra nell’aria da qualche settimana la mia possibile partecipazione al FWC 2012 ma fino a
qualche giorno prima della gara sembrava che tutti i rider avessero già confermato la
loro presenza di conseguenza i posti erano già tutti stati assegnati! 16 atleti convocati
per uno degli eventi più estremi dell’anno!
È giovedì sera quando il direttore Marketing MaverX Claudio Cazzara mi chiama e al volo
mi grida: “Muoviti mettiti in contatto con Orlando (organizzatore dell’evento), un posto è
tuo!”, Dany Bruch per problemi personali non è riuscito a prendere parte all’evento!
Non nascondo che subito ero un po’ indeciso sul fatto di prendere parte all’evento visti i
video e il materiale che hanno disintegrato i rider della scorsa edizione, ma poi gasato
un po’ dagli sponsor e amici in meno di un’ora dalla chiamata ricevuta ero On line
iscritto ufficialmente sul sito web dell’evento!
Il posto libero disponibile però non era destinato solo a me, era in ballo anche con la
new entry del team MaverX Andrea Franchini che per motivi di lavoro, favori personali e
soprattutto amicizia ha lasciato andare me senza tanti fastidi ad un patto: “Spaccare i
culi e surfare anche per lui!”.
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Federico nelle onde di shore break di El Cotillio.© Francesca LaCroce
Amanda Beenen durante ilbeach cleaning del day 6.
© Francesca LaCroce
© Claudio Cazzara
Volo comprato giovedì sera, check del materiale, e venerdì mattina si parte: Bordighera-
Pisa. Volo Rayanar con 3 sacche extra bagaglio per un totale di 90.4 kg (30.4 kg fuori
peso ovvero 600 euro di extra, ma anche stavolta “è andata bene!”).
Venerdì sera atterro a Fuerteventura con Claudio per la mia prima volta, Orlando
Lavandera era già li che ci aspettava insieme a Francisco Garcia atterrato qualche ora
prima. Arrivati allo splendido Hotel “Oasis Papagayo” ci precipitiamo nella hall dove ci
attendevano tutti gli altri rider per il primo skipper’s meeting ufficiale; ci vengono
comunicate brevi info sulla gara e sugli spot, poi la suddivisione in categorie (teste di
serie, local, donne e giovani) per la formazione ad estrazione dei 4 team.
Team 1: Iballa Moreno, Dario Ojeda, Tom Hartmann, Justin Denel
Team 2: Nicole Boronat, Andrew Fawcett, Yannick Anton, Federico Infantino
Team 3: Fanny Aubert, Will Ward, Jules Denel, Jose Romeo
Team 4: Francisco Gracia, Albert Ferroni, Stephane Etienne, Amanda Beenen.
DAY 1Colazione e skipper’s meeting ore 10:00, ci dirigiamo poi immediatamente a Majanicho,
dove troviamo vento leggero e onda sui 2 metri nei set buoni, non abbastanza radicale
però per far partire il contest ufficiale, ma buon pretesto per prendere confidenza con il
posto. Entro con la 4.6mt e il 76lt, vento side off. Questo spot è molto impegnativo e il
giorno prima purtroppo si erano visti un femore rotto e 2 caviglie slogate. Inoltre le
rocce laviche non perdonano e mi lasciano un bel ricordo sotto al piede.
DAY 2Dopo un check degli spot per valutare le condizioni, viene presa una decisione:
Majanicho! 4 heat con 4 atleti per ciascuna, vento side off molto forte e rafficato, onde
sui 3 metri nei set grossi. Sono nella heat numero 4, l’ultima della giornata, ogni heat ha
una durata di 30 minuti con 5 minuti tra una e l’altra, e in 2 ore di attesa le condizioni
possono cambiare completamente! Non c’è molto tempo in quanto i rider che non
prendono parte alla heat in acqua sono chiamati a fare i giudici! Così senza pensarci
troppo monto 3 vele: 3.9 4.3 e 4.6! Arriva il mio turno ed entro in acqua, il vento è forte
ma rafficato, scelgo la 4.3 e il 76lt, e mentre sale la bandiera verde mi trovo già sul
picco. Prendo la mia prima onda, feeling perfetto con il materiale: back side, cut back,
bottom turn e il lip è li che mi chiama. Era la prima onda e non volevo esagerare subito
ma il timing era perfetto quindi perché non provarci: Aerial… il cuore si ferma e… dentro,
poi un altro bottom e cut back tranquillo per concludere l’onda. Torno sul picco il più
velocemente possibile ma sento che qualcosa sta
cambiando, il vento gira in modo strano, e ricordandomi
ciò che mi era stato detto dai local sapevo che non era un
buon segno, a quel punto mi sono detto: “Ok devo
prendere più onde possibili!”. In 10 minuti il vento è
sparito ma eravamo solo a metà heat, pesando poco e
avendo una buona preparazione nel saper far galleggiare
la tavola sono riuscito a prendere ancora 5/6 onde
abbastanza grosse, ma a 5 minuti dalla fine il vento ha
detto basta e quasi tutti gli atleti sono rientrati a nuoto o
con la moto d’acqua, io prendendo le raffichette giuste
sono riuscito in tempo ad arrivare a terra, dove Orlando e
Chris di Continentseven mi aspettavano per darmi la
notizia: “Compliments man, you won!”, e grazie anche alle
buone posizioni ottenute dai miei compagni di squadra
(tutti e 3 finiti al 2° posto nelle loro heat) il mio team è al
comando!
DAY 3Solito check mattutino, ma oggi si cambia spot! Ne avevo
solo sentito parlare e visto qualche video, quel posto con solo sabbia ma con uno shore
break devastante: El Cotillo! Ancora prima di arrivare sullo spot la giornata era già stata
rinominata: The Broken Mast Party! Anche oggi vento super forte ma sempre rafficato,
le condizioni sono veramente radicali e i set non sono costanti, ma quando arrivano
fanno paura: muri d’acqua che si alzano a riva lasciandoti come fondale 3 cm!
L’organizzazione decide a quel punto di non far partire il contest ma di dedicare la
giornata a photo&video shooting per i best wipe out! A fine giornata sono esausto, tutti i
rider in acqua avevano dato il massimo riuscendo a dare spettacolo, soprattutto nei
wipe out!
DAY 4Il vento non manca ma le onde si fanno desiderare, lo staff degli organizzatori si è diviso
per controllare i vari spot della north shore, alla fine l’unica opzione era lo spot di
Agostino. Bandiere issate e parte la prima heat, ma i set di onda sono veramente rari e
lo staff e i giudici decidono di sospendere la competizione nell’attesa di condizioni
migliori. Altra buona occasione per un photoshooting con la maggior parte degli atleti in
acqua. Ho dovuto “sacrificare” l’uscita lasciando riposare le ferite del piede e un callo
esploso nella mano…
17
TESTO DI Federico Infantino | FOTO DI Francesca LaCroce, Eric Bellande / FWC
Iballa Moreno
Dario Ojeda, uno dei top riderinternazionali presenti al FWC’ 12.
18
DAY 5Vento e onde sembrano scomparsi, lo staff però non vuole mollare e ci fa dirigere tutti
sullo spot di Punta Blanca, il più esposto della costa. Ci attende un vento veramente
leggero sui 7\9 nodi e onde da reef sui 2 metri. Justin e io proviamo comunque ad
entrare. Con la 4.9 e il 95lt di Tom Hartmann esco al galleggio per un check delle
condizioni: il vento è veramente troppo poco ma qualche onda si riesce a prendere. Su
una delle onde più grosse della giornata mi trovo davanti alla faccia un bel lip, alzatosi
improvvisamente a causa dell’abbassarsi della marea, decido comunque di entrarci. Il
lip mi spara in avanti ma la vela a causa della mancanza di vento non mi sostiene
mentre cerco di rimanere in piedi sulla schiuma. Il piede mi rimane incastrato nella
strap, regolata sul “piedino” di Tom, e mi gira completamente la gamba. Capisco subito
di averla combinata grossa. Il mio materiale si spiaggia immediatamente sulle rocce,
mentre io sono ancora a 50 metri da riva e non riesco per il dolore ad appoggiare la
gamba. Vengo soccorso da due surfisti che mi caricano su un loro longbord per tornare
vicino alla spiaggia e poi lo staff e Francesca LaCroce mi aiutano ad uscire dall’acqua…
riesco comunque a chiedere a Francesca se aveva fatto la foto… Doccia veloce e poi
subito dal fisioterapista: legamento sinistro posteriore lesionato e stirato! Dal dolore in
acqua pensavo veramente peggio! A questo punto non sono sicuro di poter continuare a
gareggiare ed essendo il nostro team in prima posizione, con anche Yannick out a
causa di un taglio molto profondo sul piede (6 punti interni e 6 esterni), la classifica
poteva essere ribaltata, ma le previsioni per i giorni seguenti non sono delle migliori!
DAY 6Come da previsione il vento è completamente assente. Per la giornata di oggi è prevista
però la pulizia della spiaggia con Ocean Project per la lotta canaria contro le
piattaforme petrolifere davanti all’isola! Armati di guanti,
sacchetti e secchi, tutti noi, fotografi e turisti compresi, ci
siamo dati da fare per “limpiare” un po’ la spiaggia di
Majanicho. Spero che abbiate visto le foto perché se non
si vede non si può credere al petrolio che arriva su queste
isole lasciato dalle navi di passaggio!
Mega barbecue sulla spiaggia e poi SupTime, tutti in
acqua a giocare con le ondine da reef di Majanicho!
DAY 7Final day, svegliato dal vento molto forte alle 10:00 siamo
nella hall dell’hotel per lo skipper’s meeting. Partono i
furgoni per controllare i vari spot mentre noi rimaniamo
in attesa della chiamata, ma niente da fare… l’acqua è
“asfaltata” in tutti gli spot e la competizione è quindi
terminata! Premiazione e interviste e alle 2 del pomeriggio
nel giardino dell’hotel, sono sul gradino più alto del podio
con i miei compagni di team.
Sono veramente soddisfatto di aver potuto prendere parte
a questo evento internazionale ed essere riuscito, grazie naturalmente all’aiuto del
team, a vincere, non poteva andare meglio!
Un’altra grande esperienza!
Ringrazio gli organizzatori, Orlando Lavandera, Claudio Cazzara, Francesca La Croce, tutti
i rider in gara e spero di poter essere presente anche il prossimo anno!
Il Team 2 vincitore: Nicole Boronat, Andrew Fawcett, Yannick Anton, Federico Infantino.© Francesca LaCroce
Yannick Anton
Toys
NEIL PRYDE 3D WAIST PRO HARNESSÈ disponibile nei surfshop il nuovo trapezio di punta di Neil Pryde, il 3D Waist Pro Harness.
Ideale per un utilizzo Wave e Freestyle si caratterizza principalmente per le dimensioni ridotte e
compatte, nonché per la sua leggerezza, quasi da non avvertirne il peso una volta indossato per
un massimo comfort nei movimenti. Un progetto rivolto alla semplicità. Il supporto lombare è
davvero eccellente grazie al NeilPryde's 3-layer 3D Shaping per non affaticare più del dovuto la
schiena. Il suo peso non aumenta una volta in acqua grazie all’utilizzo del PU leather che rende
impermeabile il trapezio, leggero e resistente nel tempo. Bordi rivestiti in morbido EVA per
essere più comodo sulle costole durante la navigazione. 360° Powerstrap per una flessione
limitata e un supporto aggiuntivo. Visitate: www.neilpryde.com
NEIL PRYDE EXTENSIONUn oggetto sicuramente interessante sfornato in questi mesi da Neil
Pryde è la nuove prolunga MXT e UXT in alluminio o carbonio. Il design
di queste prolunghe è rinnovato e ancora più bello, la carrucola per
tirare il caricabasso è stata ulteriormente inclinata, per migliorare la
scorrevolezza della cimetta e aumentare la facilità di trim, e tutti gli
spigoli sono stati smussati per la massima sicurezza dei vostri piedi.
Fino ad ora queste caratteristiche erano solo prerogativa della linea
esclusiva MXT, ora è disponibile anche sulle UXT. Neil Pryde ha lavorato
molto sia sulla resistenza che sulla solidità del prodotto, e una volta
unita la prolunga al suo piedino Neil Pryde, sia il Power-U che il nuovo
Power-M, tutti i pezzi sono bloccati alla perfezione non consentendo il
minimo gioco tra i vari componenti. Tutte le prolunghe vengono fornite
con la costosissima ma resistente cimetta “formulina”.
Da quest’anno è anche disponibile la versione RDM UXT che gli anni
scorsi non esisteva. Invece la versione in carbonio sia RDM che SDM è
solo con il sistema MXT.
Le nuove prolunghe sono più leggere in quanto sono state eliminate
tutti le parti in plastica non necessarie ma lo spessore delle pareti
interne è stato aumentato per una maggiore resistenza. Le nuove
prolunghe supportano bene una trazione di oltre 900 kg di caricabasso,
che è molto di più di quella generata dalla maggioranza delle vele da
Race. Visitate: www.neilpryde.com
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RRD FIRESTORMLa linea Firestorm è l’ultima arrivata della grande famiglia freeride
RRD. Basata sulla linea scoop-rocker delle tavole da Coppa del
Mondo X-Fire, la gamma Firestorm è caratterizzata da un design
dallo spessore ridotto e poppa stretta che permette a queste tavole
di essere altamente competitive, garantendo accelerazioni brucianti
in uscita dalla strambata, pur mantenendo un incredibile comfort
da macchine freeride!
Si tratta degli stessi shape che già nella tecnologia W-Tech sono
stati in grado di vincere i test della rivista francese Planche Mag e
che nell'edizione LTD si presentano ancora più pimpanti e pronte a
dispensare accelerazioni brucianti nel massimo comfort.
Firestorm LTD 111
Misure: 236cm x 68cm
Pinna: MFC 48 RC 2 CNC G-10
Sail range: 6.0-7.5
Firestorm LTD 120
Misure: 238cm x 72cm
Pinna: MFC 48 RC 2 CNC G-10
Sail range: 7.5-8.5
Firestorm LTD 138
Misure: 240cm x 77cm
Pinna: MFC 48 RC 2 CNC G-10
Sail range: 7.5-9.5
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22
Toys
NEIL PRYDE ATLAS VS COMBATI modelli di Neil Pryde dedicati al wave sono 3: la Combat, l’Atlas e la The Fly2.
Tralasciamo per questa volta la The Fly2, la vela a 4 stecche di Kauli Seadi. Vi
ricordo che la versione 2011 era stata sviluppata esclusivamente da Jason
Polakow (ndr: sarebbe meglio scrivere che il sail designer Robert Stroy aveva
ascoltato maggiormente Mr. JP), che aveva preferito avere più potenza spostata
sul braccio posteriore per avere la possibilità di utilizzare metrature più piccole.
La 2012 invece è tornata ad essere la vela ideata e sviluppata secondo le
indicazioni di Kauli Seadi, con un baricentro di spinta più neutrale, per poter
utilizzare anche misure più grandi a parità di vento rispetto alla versione
precedente.
Soffermiamoci ora solo sulle differenze tra gli altri due modelli.
Cosa dice l’azienda della Atlas: Potenza e stabilità con spinta costante,
permettendo di coprire un ampio range di vento e varietà di condizioni. Plana
molto velocemente ed ha la massima potenza che una vela wave possa offrire.
L’Atlas è perfetta per risalire senza il minimo sforzo, passando le onde che
rompono, ed accelerando immediatamente per farti volare nel cielo.
Cosa dice l’azienda della Combat: È la vela wave all-round per eccellenza.
Performa al top in qualsiasi condizione, da enormi schiume onshore a onda
perfetta e formata con vento sideoff. È il perfetto mix tra versatilità e
performance. La Combat è costruita per essere più resistente per tutti quei
rider hardcore che attaccano il lip con aggressività, e che vogliono la
massima longevità dal loro rig. La potenza ed il profilo sono stati leggermente
abbassati in modo che la vela sia ancora più versatile, dando potenza quando
necessaria e permettendo al rider di cazzarla meno di caricabasso. È stato
anche aumentato lo spessore della tramatura nella finestra centrale per
essere ancora più resistente agli strappi.
Quale vela scegliere tra la Combat e la Atlas?
Prima di tutto bisogna ricordare che dopo il recente cambio da parte di Neil
Pryde dell’azienda fornitrice del materiale, tutte le vele della linea 2012 sono
molto più robuste. In generale le vele NP ’12 hanno preso qualche grammo in più,
ma hanno guadagnato molto in resistenza e soprattutto in durabilità dei
materiali. Premesso questo posso affermare che entrambe le vele sono molto
resistenti. La Combat ha un look più “a prova di bomba” rispetto all’Atlas grazie
all’utilizzo del nuovo ed esclusivo Dyneema ClearWeb, che oltre ad essere
qualitativamente superiore al Kevlar (anche come resistenza contro i raggi UV) e
più leggero, permette una visuale attraverso la finestra centrale decisamente
migliore rispetto agli anni precedenti. Caratteristica necessaria durante la
surfata dell’onda. L’Atlas invece presenta un pannello sulla finestra centrale
completamente trasparente, regalando sensazioni ottiche durante la surfata
davvero imparagonabili. Oltre a questi particolari, le due vele sono
sostanzialmente diverse. Se è possibile usare nella maggior parte delle misure
dei due modelli un albero da 370, la lunghezza del boma della Atlas è sempre di
3-5 cm maggiore rispetto a quella della Combat. Inoltre il profilo dell’Atlas è più
profondo e spostato verso la bugna.
Questo significa che in qualunque misura e per qualunque utilizzo (wave,
freestyle, freeride con vento forte) la Atlas risulterà essere sempre un po’ più
fisica rispetto alla Combat, con una pressione maggiore sul braccio posteriore
che potrà generare più spinta all’occorrenza. Possiamo quindi tranquillamente
affermare che l’Atlas è la vela ideale per le condizioni on-shore, dove la potenza in
più ci permetterà di planare prima e di sfruttare le prime rampe per saltare. La
Atlas anche nei buchi di vento, grazie al suo profilo più profondo, rimane stabile e
aiuta a mantenere la planata. Nel waveriding questa vela risulta invece essere
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leggermente più tecnica in quanto la potenza della bugna in eccesso generata va
comunque gestita è può essere di intralcio nella conduzione della surfata
spostando l’attenzione del rider più sul controllo della vela che sulla linea della
surfata. L’Atlas quindi la consiglio a tutti coloro che amano andare veloce e
preferiscono saltare e che generalmente escono in condizioni on-shore. I rider
esperti (e più pesanti) potranno invece sfruttare tutti i vantaggi della vela in
termini di potenza maggiore e di essere anche in grado di gestirla nel waveriding
in condizioni di vento side o side off. Non a caso è la scelta del Campione del
Mondo Wave Philip Koster, il suo stile potente e radicale rappresenta l’assoluta
compatibilità con questa vela. La Combat invece, paragonando la stessa misura
dell’Atlas, necessita di un po’ più vento per il limite minimo, ma ha un maggiore
controllo in soprainvelatura. Questo perché il profilo è più spostato sull’albero e
si ha quindi una minore pressione sulla mano di bugna. Il feeling in acqua della
Combat rispetto all’Atlas è molto più leggero. Per esempio quando passo dalla 4.7
Atlas alla 4.5 Combat mi sembra di ridurre la vela di 0.5 e non solamente di 0.2.
Questo feeling si trasmette immediatamente in rapidità e maneggevolezza della
vela, non risultando mai “scomoda”, sia in navigazione che in surfata. Il profilo
rimane stabile, anche se meno rispetto a quello dell’Atlas, ed è completamente
gestibile da ogni tipo di rider, sia esperto che meno. Durante la surfata quindi il
rider si può esclusivamente concentrare sull’onda dimenticando la vela. La
Combat mantiene comunque un ottimo spunto di planata anche se come scritto
sopra necessita, a parità di misura, di qualche nodo in più. La vela si adatta bene
quindi anche alle nostre condizioni on-shore, preferibilmente nelle misure più
piccole, mentre nel waveriding esalta tutte le sue doti di neutralità. Per tutti
questi motivi la Combat è anche la vela ideale da abbinare alla Firefly per fare
freestyle con vento forte (dalla 4.7 in giù).NEIL PRYDE
COMBATNEIL PRYDE
ATLAS
THE SUPER SAIL PACKAGEIl SUPer Sail Package di Starboard è un rig
leggero e facile ideale per un utilizzo con le
brezze estive abbinandolo ad una tavola da
Wind SUP. Il concetto che sta dietro a questo
prodotto è la volontà di far tornare semplice il
windsurf. I neo windsurfer e stand up paddler
assembleranno il materiale senza difficoltà,
sono richiesti il numero minimo necessario di
passaggi per montare l’attrezzatura e non è
richiesta nessuna conoscenza tecnica. Una
volta in acqua la vela sarà leggera e anche
abbastanza potente. Il SUPer Sail Package è
ideale per tutte quelle tavole da SUP che
hanno la possibilità di poter inserire il piede
d’albero, e per tutte le tavole da windsurf da
vento leggero.
Le misure disponibili sono 6.5 e 5.5.
Il SUPer Sail Package è fornito con un boma
fisso, un albero e una comoda sacca per il
trasporto. Visitate: www.star-board.com
Starboard SUPer Sails:
Misura Boma Albero Peso
5.5 182 425 1.9
6.5 202 460 2.1
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L’ex Campione del Mondo Wave Scott McKercherin azione con la SUPer Sail.
V 111Ricardo
Campello
UK 89Robby
Swift
BRA 253Kauli
Seadi
KA 1111Jason
Polakow
JasonKauli&
68
74
82
92
77
84
92
101
111
74829299106
PH
OTO
S: T
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RA
PH
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HR
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BE
RG
ER
.CO
M
TWINSERQUAD
FREESTYLEWAVE
SINGLETHRUSTER
Oberalp AG/SpA, Via Waltraud Gebert Deeg 4, 39100 Bolzano, Tel. 0039-0471-242874, Email: [email protected], www.oberalp.it
NEIL PRYDE THEFLY2 + MAVERX EVODSAndrea Mariotti ci spiega il motivo della sua scelta per l’albero SDM Evo DS di MaverX in
abbinamento alla Neil Pryde TheFly2.
Ho scelto la TheFly2 perché, di tutta la linea wave della Neil Pryde, è quella più soft e
morbida ma anche la più adatta alla surfata down-the-line. Con un profilo compatto a
quattro stecche, la vela risulta leggerissima nelle mani del rider e fornisce grande
spinta e stabilità, senza esercitare eccessiva pressione sulla mano posteriore,
garantendo un controllo totale durante tutta la surfata. Per queste sue caratteristiche
la TheFly2 è a mio parere la vela ideale per le tavole multi-fin.
Riepilogando le caratteristiche di questa vela sono:
- Pura vela da wave disegnata per essere leggera, stabile e di facile conduzione.
- Super maneggevole, fluida sull'acqua e nelle manovre aeree.
- Perfetta per il new school waveriding, la TheFly2 può facilmente caricare un botton
stretto e depotenziarsi immediatamente per il cambio di direzione nel off the lip.
- Profilo super compatto, leggera e duratura.
- Morbida e facile con un profilo neutro.
Per quanto riguarda il mio utilizzo sulla Thefly2 dell’albero Evo DS “drop shape” di
Maverx e la mia preferenza rispetto agli alberi skinny (come lo Stilo 300), spesso
consigliati dalle aziende, vi spiego in breve che la vela, dopo diverse mie prove e test,
armata con l’Evo DS, risulta avere, rispetto a quanto avviene con l’albero RDM, il profilo
più profondo nella parte bassa della vela ed il punto massimo del profilo molto vicino
all’albero. Questa differenza tra i due alberi nel determinare la forma della vela,
comporta l’avere, in surfata con l’Evo DS, una spinta costante verso il basso del centro
velico, tale da spostare in automatico il baricentro del rider in avanti, aiutandolo così in
facilità a far lavorare bene il rail della tavola nel bottom. Ne consegue una maggiore
velocità della tavola nel bottom e un attacco al lip dell’onda alla massima velocità, per
ritrovarsi più verticali e incisivi rispetto alle vele armate con gli skinny. Con questi alberi
infatti la vela risulta essere uniformemente più piatta, in modo tale da assumere
sempre un profilo neutro, sia nel bottom che nell’attacco al lip, non aiutando il rider,
come invece avviene con gli alberi “drop shape”, ad essere veloce e verticale sulle onde
con più facilità. Quindi usando l’Evo DS è la vela stessa, nell’attacco al lip, a portarti con
potenza sulla cresta dell’onda, gonfiandosi in basso al centro nel momento in qui serve
la massima spinta della vela, per poi depotenziarsi consentendo un veloce rientro
nell’onda. Ritengo che questi fattori siano importantissimi per la surfata new school
perché generano stile e aggressività nelle onde. Se proverete questi alberi con queste
vele avrete delle grandi soddisfazioni.
Andrea Mariotti I- 81, sponsored by: MaverX, JP, Neil Pryde, Fox, Windsurf Millenium
Surf Shop Sassari.
NEIL PRYDE ATLAS + MAVERX STILO 300Fabio Calò spiega il motivo della sua scelta per l’albero RDM Stilo 300 di MaverX in
abbinamento alla Neil Pryde Atlas.
Premesso che su una vela Neil Pryde potete armare sia l’albero RDM che SDM vi spiego
il perché della mia scelta per un albero a sezione ridotta (RDM) in abbinamento alla
Atlas. Per la caratteristica principale di questo modello, ovvero la potenza, utilizzando un
albero SDM avrei tra le mani una vela troppo potente, che tende a spingere sul braccio
posteriore e che a seconda delle capacità del rider farebbe ulteriormente aumentare la
velocità. Questi fattori sono in contrapposizione con uno stile di surfata fluido, la troppa
potenza della vela toglierebbe il focus del rider sulla surfata e sprecherebbe troppe
energie per gestire la vela. Per non rinunciare alla potenza e velocità della Atlas e per
avere una vela comunque gestibile ho scelto quindi di utilizzare un albero RDM, nel caso
specifico lo Stilo 300 di Maverx. Con questo tipo di albero, all’occorrenza il profilo si
appiattisce di più rispetto all’utilizzo di un SDM, dove le stecche rimangono sempre
“profilate” in quanto più vicine all’albero. Con lo Stilo 300 le stecche sono più distanziate
dall’albero, ovvero c’è più tessuto libero di tasca d’albero.
In questo modo la caratteristica potenza della Atlas viene mantenuta più sotto controllo,
specialmente per un utilizzo tra le onde, dove a volte la troppa potenza non è un fattore
positivo. Dal punto di vista tecnico questi due alberi di Maverx, l’Evo DS e lo Stilo 300, si
assomigliano molto, sia come curva che come rigidità. Brevemente: ogni vela è
progettata con differenti curve di tasca d’albero, a cui poi vanno abbinati gli alberi con
certi tipi di curve che meglio rispecchiano i parametri imposti
dalla veleria; se nel caso di albero/vela della stessa marca questo
parametro è maggiormente rispettato, bisogna fare più attenzione
quando si prende un albero di un’altra azienda rispetto alla vela.
Esistono essenzialmente tre tipi di curve: hard top, costant curve e
flex top. Neil Pryde da diversi anni, in particolare sui modelli di cui
stiamo parlando in questo articolo (TheFly2 e Atlas), dichiara di
prediligere alberi più flex top. L’Evo DS e soprattutto lo Stilo 300
sono i due modelli più flex top dell’intera gamma di MaverX.
I dati ufficiali dichiarati da Maverx per questi due alberi nella
misura di 400 sono:
Stilo 300 400 curva 12, imcs 18,7
EVO DS 400 curva 12,5 imcs 19,4
Per curva (o bend curve) si intende la differenza tra la curva del
top e quella del bottom (calcolo della flessione dell’albero sotto un
peso di 30 kg); se questo valore è inferiore a 12 l’albero per
definizione sarà più hard top, per valori superiori a 12 l’albero
sarà più flex top, mentre il valore 12 identifica alberi costant curve.
Fatta questa premessa si può dedurre che i due alberi sono
praticamente uguali, considerando in oltre che viene accettata una
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Neil Pryde TheFly2 4.8 + MaverX Evo DSNeil Pryde Atlas 4.7 + MaverX Stilo 300
tolleranza di +/- 1 in questi valori. La differenza di rigidità però la si dovrebbe sentire
nella maggiore sezione di un SDM, anche se ibrido (drop shape) come l’Evo DS, per due
ragioni principali: sezione maggiore del tubo e minore tasca d’albero libera. Quindi
l’albero SDM blocca la vela nella sua posizione e dà una sensazione (poi effettiva) di
feeling più diretto, quindi a seconda dei casi anche più brusco.
Per tutti questi motivi e per il mio modo di surfare tra le onde, dove spesso unisco
manovre freestyle a salti e surfate, ho scelto di utilizzare l’albero RDM Stilo 300.
Spero che questo articolo vi abbia chiarito un po’ di più le idee su quale albero
abbinare alle diverse tipologie di vele!
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Fabio CalòAndrea Mariotti
TESTO DI Fabio Calò, Andrea Mariotti | FOTO DI Giuseppe Natalini | LOCATION Cape Point, Sudafrica
Toys
DA QUANDO SI SONO VISTE LE PRIME FOTO SUL WEBDI QUESTA NUOVISSIMA SUPER COMPATTA DI CASANAISH LE VOCI SI SONO RINCORSE VELOCEMENTE.SAPEVAMO CHE ERA UNA VELA CON UN CONCETTORIVOLUZIONARIO, CON UNA TIPOLOGIA DIMISURAZIONE PARTICOLARE E CHE DOVREBBEESSERE DEDICATA ESCLUSIVAMENTE AL WAVE,AVENDOLA ANCHE VISTA NELLE MANI DELLO ZIOROBBY. MA A PARTE IL PRESS RELEASE DELLA NAISHTANTE ALTRE INFORMAZIONI NON SONO MAI GIRATE.ABBIAMO QUINDI INTERVISTATO MICHI SCHWEIGER,PRODUCT MANAGER NAISH, E NILS ROSENBLAD, SAILDESIGNER, CHE CI HANNO SPIEGATO ALCUNE COSEINTERESSANTI SU QUESTO NUOVO GIOCATTOLINO.
Puoi spiegarci meglio il concetto che sta alla base dello sviluppo della
Chopper?
Nils: È molto semplice. Abbiamo preso la nostra vela preferita in assoluto (Naish Force),
lasciato intatta la parte che genera circa il 98% della spinta e tagliato la zona superiore
che principalmente arrotondava il bordo d’uscita e gestiva le turbolenze. In poche
parole abbiamo trasformato una vela stabile ed elegante in una macchina da corsa
furibonda che va matta per le curve strettissime e ha potenza ed esplosività in ogni
trick sull’onda. Il risultato finale, piuttosto inaspettato, è che la vela è anche molto più
comoda e gestibile, il sogno di ogni waver.
S, M, L ed XL... a che misure tradizionali
corrispondono?
Nils: La S rimpiazza la 4.2; M la 4.7; L la 5.3; e XL la
5.7. L’aspetto migliore è che il controllo è così
preciso e facile che ti permette di usare una XL
anche in condizioni da L o addirittura M.
Hanno un range di vento davvero eccezionale
e, quindi, tutte le condizioni vengono
coperte da queste 4 misure.
Michi: Quasi tutti i nostri team rider ora
utilizzano un quiver wave composto da
solo 3 misure della Chopper. In spot
consistenti come Maui, dove le
condizioni sono più o meno sempre
di vento side – side off sui 20-25
nodi, alcuni ragazzi caricano una
sola misura in macchina.
Perchè avete deciso di adottare questo strano e innovativo sistema di
misurazione della vela?
Nils: 4.7, per esempio, è una dicitura che funziona solamente se si confrontano vele
simili. La scelta della dimensione effettiva della Chopper da utilizzare potrebbe essere
un po’ difficoltosa inizialmente. Se le condizioni sono da 4.7, allora devi prendere la M.
Potresti anche utilizzarne una più grossa ma sarebbe inutile doversi portare dietro tutto
quel materiale in più senza motivo. Abbiamo quindi cercato di risolvere questo
problema introducendo appunto questo nuovo sistema di misure.
Michi: L’idea principale è di semplificare la scelta ed evitare confusione. Come dice Nils,
ci siamo basati sulle metrature più utilizzate dai rider. I rider sono abituati ad
esprimere la metratura utilizzata in quel modo. Per questa ragione abbiamo deciso di
creare un sistema parallelo, in modo che la gente si abitui a pensare che alla 4.7
corrisponde la M, fino ad arrivare a trascurare completamente la metratura effettiva
della vela utilizzata. Specialmente sapendo che non è l’area della vela a generare spinta
e potenza bensì la portanza che creano i materiali utilizzati.
Potresti dirci come e quando avete pensato alla realizzazione di questo progetto?
E perchè?
Nils: Mark Angulo è venuto da noi nel gennaio 2011 con una vela che era stata mutilata
in un gigantesco wipe-out ad Ho'okipa, e voleva che la riparassimo alla buona per poter
tornare in acqua. Poco dopo averla sistemata in qualche modo, è tornato in acqua ed ha
cominciato a fare manovre spaventose che hanno lasciato tutti increduli in spiaggia. Era
un fenomeno interessante, ma per quanto ne sapevamo, poteva solo essere Mark o la
combinazione col suo materiale secondo il suo stile unico. Abbiamo però continuato a
pensarci ed una volta finiti tutti i progetti verso fine febbraio, abbiamo realizzato un paio
di prototipi. Le prime vele sono arrivate verso marzo 2011, e siamo immediatamente
rimasti shockati da quanto fossero performanti, già dalla prima serie!
Michi: quando Mark è tornato in acqua avevamo pensato che avrebbe funzionato solo
con vento più forte. La vela però dava il meglio anche in condizioni di vento meno forte e
rafficato, e già questa è stata una scoperta degna di nota. Da qui allora abbiamo deciso
di lavorare su svariati prototipi da testare con condizioni diverse. Abbiamo utilizzato un
sacco di diverse versioni e perfino una con solo 3 stecche.
Potete descriverci le varie fasi di ricerca e sviluppo della vela? I rider coinvolti
nello sviluppo ecc…?
Nils: Abbiamo cominciato col realizzare una vela di metratura paragonabile ad una 4.7,
in versione sia a 3 che a 4 stecche. Le abbiamo poi testate attentamente con il nostro
test team composto da Dave Wissink e Michi Schweiger. Nel giro di qualche settimana,
ci siamo resi conto di avere qualcosa di grosso tra le mani e quindi siamo passati a
progettare vele più rifinite ed anche un’altra misura più piccola ed una più grande,
sempre in 3 e 4 stecche. Le vele a 4 stecche hanno velocemente avuto la meglio ed
abbiamo coinvolto anche Mark Angulo e Kai Lenny. Ovviamente ne sono rimasti
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CHOPPERSIZE Small Medium Large X-LargeLUFF 345 352 374 390BOOM 152 157 168 178MAST RDM 370 RDM 370 RDM 370 RDM 370
entusiasti da subito e ci hanno anche dato un feedback molto interessante che abbiamo
poi applicato nella generazione successiva. Il test finale è stato fatto da Mr. Robby in
persona, che appena è tornato a riva ha detto: “Voglio tutto il set!”. We have a winner!
Dopo l’approvazione finale, siamo tornati sui progetti a sistemare gli ultimi dettagli,
modificando leggermente la curva della tasca dell’albero e sperimentando ancora un
po’ a computer con la superficie a disposizione. Una volta finito, la “L” che abbiamo
ottenuto era così spettacolare che abbiamo anche pensato di introdurre una “XL” (circa
5.7). Due soli prototipi dopo, anche quella misura lavorava alla perfezione su un 370 ed
eravamo pronti a rivelare al mondo la nostra scoperta!
Michi: è stato piuttosto interessante. Noi organizziamo le nostre session di test a
tavolino, in modo che ogni rider possa scegliere la misura che preferisce e ovviamente
tutti ne sono rimasti entusiasti. Che sia Robby, Mark Angulo o Dave Wissink sulla Force,
Kai sulla Boxer ed io sulla Session. Continuiamo a confrontarci con gli altri rider che
non stanno utilizzando la nostra stessa vela. La Chopper è stata quella più apprezzata in
generale e sembra quindi incorporare tutti gli aspetti positivi delle varie vele wave, tutti
in un unico design che si adatta perfettamente ai singoli stili di surfata.
La nuova Chopper andrà a rimpiazzare la Boxer? Forse questo potrà creare un
po’ di confusione tra i clienti? O nel 2013 presenterete entrambi i modelli?
Nils: La Boxer è stata la prima prova effettiva di riduzione dell’high aspect ratio delle
vele wave, abbiamo tolto molta superficie dalla penna, aggiungendola nella zona tra la
bugna e la penna. La curva dell’albero è stata accentuata per incrementare la
tensione superficiale, mentre il boma è rimasto il più corto possibile. Questa
combinazione ha prodotto un risultato immediato di leggerezza e reattività senza
precedenti, specialmente sulle misure più piccole. È stato necessario qualche anno
però per rendere la vela l’eccellente all-rounder di oggi (a 4 stecche, con meno
tensione superficiale, ed una curvatura d’albero leggermente modificata, sempre per
utilizzare l’albero più piccolo possibile.) La Boxer, comunque, continua a funzionare
come una vela tradizionale. Quando ci sono condizioni da 4.7, armi la Boxer 4.7. Stessa
cosa per l’intero range dalla 3.6 alla 6.2. È una vela completamente diversa dalla
Chopper. Riassumendo, la Boxer è un’ottima vela che garantisce un’ottima
performance per un ampia categoria di rider, ed è più versatile e disponibile anche in
misure più grosse. La gente poi la ama e la prova tangibile è che molti altri marchi
hanno poi seguito questa stessa strada, introducendo vele simili, quindi, sicuramente
continueremo a produrla.
Michi: La Boxer ha ancora il suo posto. La Chopper è una vela molto specializzata. Non
la consiglio per il solo bump and jump, che è il pane della Boxer. Abbiamo anche
constatato che questa vela si addice maggiormente ai rider di misura media, in quanto
quelli più pesanti tendono a sovraccaricarla.
Quali potrebbero essere gli utilizzi della Chopper (waveriding, jump, freestyle...)?
Michi: è nata come pura vela Wave e sicuramente i suoi punti di forza sono quelli. Le
distinzioni tra Freestyle/Wave e wave sailing però stanno diventando sempre meno
marcate e quindi delle potenzialità si possono sfruttare anche per il Freestyle.
Quali tipi di rider sono più indicati per sfruttare al massimo una Chopper?
Michi: Per ora, la raccomandiamo soprattutto ai rider sotto i 75 kg, ma sono sicuro che
anche i rider più pensati la apprezzerebbero molto. Essendo un nuovo modello e
concetto, con un unico albero molto corto, non vogliamo esagerare elogiandone troppo
le qualità. Ne riparliamo tra 6 mesi!
Che tipologia di tavola è consigliata per la Chopper (single fin, multi fin etc...)?
Michi: abbiamo testato le varie vele con tutti gli assetti di tavole disponibili: single fin,
thruster, Quad… chi più ne ha più ne metta. Abbiamo anche tenuto conto delle varie
differenze di stile dei rider, però non siamo ancora riusciti a trovare una tipologia di
tavole che non vada d’accordo con la Chopper. In questo periodo in cui le tavole con
raggio di curva strettissimo vanno per la maggiore, il timing per la Chopper non
poteva essere migliore, in quanto stringe ulteriormente il raggio. La vela è molto
leggera tra le mani ed è molto manovrabile tra le mani del rider. Il baricentro della
spinta è così vicino al rider che la vela perdona facilmente. La maggior parte dei rider
si ritroveranno a far curve più strette e verticali senza nemmeno rendersi conto, con
qualsiasi tavola sotto i piedi.
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INTERVISTA RACCOLTA DA Fabio Calò | FOTO DI Erik Aeder
Mr. Robby Naish con la sua nuova creatura, la Chopper.
Toys
UN OGGETTO INTERESSANTE DEGLI ULTIMI MESI È IL NUOVO BOMA CARBON DI AL360 DAL DIAMETRO DI 25 MM.ALTRE AZIENDE AVEVANO DI RECENTE MESSO IN COMMERCIO BOMA IN CARBONIO DELLO STESSO DIAMETRO,DOVENDO POI PERÒ RITORNARE SUI PROPRI PASSI PER EVIDENTI PROBLEMI DI AFFIDABILITÀ. LA SFIDA QUINDI DIAL360 ERA IMPEGNATIVA E POSSIAMO ORA DIRE CHE È STATA VINTA GRAZIE AD UN ACCURATO PROCESSO DIRICERCA E SVILUPPO PER RENDERE QUESTO BOMA TOTALMENTE AFFIDABILE.
Dani Bruch, uno dei saltatori più radicali del pianeta, ha collaborato a stretto contatto
con l’azienda di Provaglio d’Iseo di Francesco Cominardi per mettere a punto
l’affidabilità di un boma con un diametro di soli 25 mm. È stato coinvolto in questo
processo anche Valter Scotto che insieme a Dani hanno torturato per bene il boma al
Cabezo (Tenerife) prima del lancio ufficiale. Il boma è disponibile ora in tutti i surf shop.
Ho testato per voi il Carbon Slim e qui sotto potete leggere le mie impressioni. Anche
Raimondo Gasperini sta usando da diverso tempo il nuovo boma Carbon di AL360 e ci
aiuterà a capire meglio le sue caratteristiche e i punti di forza.
IMPRESSIONI DI GUIDAby Fabio CalòPartiamo dal punto più importante per un boma di tale diametro: l’affidabilità. I feedback
di Dani Bruch e di Valter Scotto, che già da un anno maltrattano questo boma a Tenerife
senza romperlo, penso che possano essere un valido motivo di certezza della sicurezza
assoluta del prodotto. La curva ergonomia e la sezione dei tubi ovalizzata, presenti anche
in questo modello, sono una caratteristica di confort e performance dei boma carbon by
AL360. Anche se la curva del Carbon Slim è rimasta invariata rispetto a quella del Carbon
Boom E3, devo ammettere che la sensazione del primo
bordo è decisamente strana, sembra letteralmente di
avere tra le mani una matita, fa quasi impressione. Ma
già dal secondo bordo ti abitui al diametro ed inizi a
comprendere il comfort che ti possono dare questi
25mm di tubi in carbonio di ottima qualità. Gli
avambracci fanno meno fatica, ti stanchi meno ed il
boma non perde nulla in termini di rigidità rispetto al
normale Carbon E3 (diametro 28mm), ti godi in pieno la
surfata, anzi sembra essere addirittura più rigido!
Stringere il boma tra le mani con un diametro così
piccolo ti da una sensazione di controllo del rig ancora
maggiore. Avevo dei dubbi iniziali sul diametro poiché ho
le mani grosse e pensavo di non trovarmi bene, ma
dopo qualche mese che uso questo boma posso
affermare che tutti i miei dubbi sono stati spazzati via
definitivamente. Al nuovo diametro mi sono abituato fin
dalle prime uscite e l’ho particolarmente apprezzato in
questo ultimo periodo nelle fredde uscite invernali
quando è necessario l’utilizzo dei guanti. Il diametro
ridotto permette un minore affaticamento degli
avambracci aumentando il tempo di resistenza in acqua!
IMPRESSIONI DI GUIDAby Raimondo GasperiniAL360 è riuscita a realizzare questo nuovo diametro
usando fibre di carbonio unidirezionale che, oltre a
conferire rigidità e robustezza, hanno consentito una
sostanziale riduzione di peso. La curva ergonomica e la
sezione ovale dei tubi, caratteristica dei boma carbon
AL360, rendono ancora più confortevole l'impugnatura.
A terra vi posso confermare che la leggerezza è davvero
notevole e la sensazione di stringere un boma dal
diametro così piccolo è molto piacevole. I vantaggi sono
molteplici: è ideale per chi ha le mani piccole e quindi
anche per le ragazze che fanno windsurf; ma non solo, con i guanti, durante l'inverno,
non si ha più quella sensazione d’ingombro e dolori agli avambracci.
Slim Carbon monocoque è disponibile solo nelle misure 140-200 o 150-210.
Prova in acqua. Ho messo a dura prova questo boma, testandolo durante i miei
allenamenti invernali in Brasile in condizioni Wave Freestyle e a Capo Verde in Wave,
affrontando le durissime e radicali onde di Punta Preta!
In Freestyle i vantaggi sono notevoli, la cosa più impressionante è la sensazione di
rigidità che il boma conferisce a tutto il rig, inoltre, in manovra non sfugge mai dalle
mani. In wave il controllo del rig è ancora maggiore e, combinato alla leggerezza e
rigidità, aiuta ad essere più reattivi planando prima tra le onde e ad avere più sicurezza
soprattutto negli aerial dove la vela non ti scappa mai dalle mani! Anche in condizioni di
sovrainvelatura, quando la vela diventa incontrollabile, con il boma dal diametro così
ridotto riesci ad afferrarlo meglio e ad avere più forza nelle mani, un maggiore
controllo nei salti ed un minore affaticamento degli avambracci.
Il nuovo Slim 25 offre il top delle performance e segna l’inizio di una nuova generazione
di boma ad altissime prestazioni… Nella scelta di questo prodotto investirete nel
migliorare le vostre prestazioni.
30
TESTO DI Fabio Calò, Raimondo Gasperini | FOTO DI XRay/Tom Reynolds
Raimondo Gasperini a Jeri con ilnuovo boma AL360 Carbon Slim.
Toys
“Da Maui o Cape Town non importa quale onda del globo stiate surfando: con la Steel
avrete sempre la vela giusta per divertirvi durante le vostre session di wave!”.
È così che Gun Sails inizia il paragrafo descrittivo della sua vela wave per eccellenza.
Completamente rinnovata la grafica, come tutto il resto della linea 2012, la Steel
conserva anche per quest’anno la tendenza all’universalità, il suo profilo sviluppato negli
anni dal velaio Renato Morlotti, che la definisce una vela “camaleontica”, mira a coprire
un range di utilizzo molto ampio semplicemente giostrando con le regolazioni.
Tipico dell’azienda tedesca, la manifattura e la costruzione sono di alto livello, tutte le
finestre sono rinforzate da materiale X-Ply e in ogni potenziale area di stress una
copertura in gomma rinforza la zona.
I due anelli di bugna posizionati asimmetricamente permettono di modellare la vela a
seconda delle necessità: regolando la tensione di bugna all’anello superiore la vela
risulterà più potente, scelta preferibile in condizioni side-side on in cui ci si può trovare
ad affrontare vari frangenti o semplicemente per rider che hanno bisogno di una
maggior potenza; viceversa regolando la tensione di bugna all’anello inferiore la vela
risulterà più neutra fornendo i presupposti per una buona surfata dell’onda,
maneggevolezza per i freestyler e un maggior controllo per coloro che a qualsiasi livello
vogliano usare la Steel in un giorno di vento forte.
Il pannello di Dacron posizionato vicino la tasca d’albero e un’intelligente distribuzione
degli altri pannelli contribuiscono a trasmettere al rider sensazioni di comodità e
controllo durante la planata cosicché si possa essere sempre pronti alla successiva
manovra.
Infine per quanto riguarda il caricabasso oltre le misure orientative riportate nei pressi
della carrucola e della bugna la vela presenta tra l’ultima e la penultima stecca in
penna il “Fred”, un ovale grigio posto ad indicare il tono ottimale di sventatura.
TIPSNelle misure da 3.7 m2
a 5.0 m2 ho sempre
scelto la Steel in questi
anni, ho avuto modo di
provarla in molteplici
condizioni: dalle
perturbazioni
tirreniche di Formia
alle raffiche di
Fuertevenura che ti
spazzano via fino al
labile vento di Ho’okipa.
Dal freestyle alle più
svariate condizioni
wave questa vela è in
grado di generare
ottime performance
inoltre per il 2012 ha
acquistato una
maggior morbidezza e
controllo il che rende
qualsiasi movimento o
manovra più fluida, ed
è esattamente quello
che ricerco in una vela
wave!
Nicola Spadea
sponsored by:
Starboard, Gun Sails,
Maverx.
TESTO DI Nicola Spadea | FOTO DI Jimmie Hepp
Nicola Spadea a Hookipa con la nuova Steel.
Slalom Technique
MATTEO IACHINO È UNA GIOVANE PROMESSA DELLO SLALOM ITALIANO, È LIGURE E VIVE ADALBISSOLA, NEL SAVONESE, PATRIA DELLA TRAMONTANA. È DIVERSO TEMPO CHESEGUIAMO CON ATTENZIONE QUESTO RAGAZZO E ABBIAMO NOTATO IN LUI, OLTRE AD UNAFORTE DETERMINAZIONE, UNA SPICCATA PROFESSIONALITÀ NEL DIRE SEMPRE LE COSE INMODO CHIARO E PRECISO, ANDANDO SUBITO AL DUNQUE E NON PERDENDOSI INCHIACCHIERE INUTILI. DALLO SCORSO NUMERO ABBIAMO INIZIATO UNA COLLABORAZIONEREDAZIONALE CON MATTEO SUI MATERIALI E SULLE TECNICHE DELLO SLALOM.
F2 SLALOM SX RACING 2012Su questo numero ci occuperemo
degli F2 Slalom SX Racing 2012.
Iniziamo dicendo che ne esistono 2
versioni con le stesse misure ma di
diversa costruzione: la gamma SX
Racing e quella in versione
Silberpfeil. La differenza sta nel
fatto che la Silberpfeil è più rigida e
leggera della SX normale ma a
parte questo le due linee sono del
tutto identiche. Io vi parlerò delle 3
misure che ho scelto di utilizzare
per la stagione agonistica 2012.
Stiamo parlando del 58, del 69 e
dell'82.
I nomi dei modelli sono dovuti alla
loro larghezza. Ricordiamo che è molto più importante la larghezza rispetto al volume.
Una tavola larga 56 cm con un volume di 230 lt plana molto dopo (sempre che prima o
poi plani) di una larga 80 cm e con un volume di 125 lt.
Tornando a noi, iniziamo dall'82 che sicuramente è la misura che più interessa ai
surfisti che escono d'estate durante le vacanze e che vogliono una tavola performante
con vento medio-leggero. Ho scelto l'82 e non l'85 per avere una tavola controllabile
anche con un vento più forte. La tavola esteticamente sembra un “biscottone”, semplice
nella grafica, con il carbonio a vista, una linea scoop-rocker quasi piatta e una poppa
con degli scavi ben accentuati. Le misure sono 235cm x82cm x135lt. A mio parere è la
più bella della serie. È molto semplice in ogni condizione, dal vento al limite alla
soprainvelatura. Logicamente sto parlando di utilizzarla con vele dalla 7.8 alla 9.5. La
poppa è bella voluminosa e la strap posteriore è leggermente rialzata rispetto al resto
della coperta. Questo ci permette di avere una bel feeling di sicurezza con il piede dietro
che elimina quella fastidiosa sensazione di essere sull'orlo dello spin-out che spesso si
ha con il vento molto leggero. Ottimo inoltre è il fatto che si careni sottovento appena
partiti in planata, il che facilita la velocità nel vento leggero.
La potenza data alla tavola da una poppa come questa ci permette di utilizzare pinne
veramente corte. A Marsala e Calambrone nelle ultime 2 tappe del Italian Slalom Tour
2011 ho utilizzato una pinna lunga 44cm con la 9.5 e il vento leggero senza alcun
problema.
Il naso molto basso non è un problema per le ingavonate in quanto la prua resta
abbastanza alta durante la navigazione. Invece a mio parere la prua così bassa peggiora
un po’ l’entrata in planata. La tavola sembra un po’ attaccata all’acqua finchè non plana,
ha forse bisogno di una paio di pompate in più, poi si libera all'improvviso e accelera
fino alla velocità di punta molto in fretta.
Parliamo ora della misura intermedia, il 69, classica larghezza per una tavola slalom da
110 litri. La lunghezza è sempre 235 cm. È una misura adatta a vele dalla 6.5 alla 8.5.
Logicamente una 7.5 è la misura ideale. A differenza della sorella maggiore è una tavola
sicuramente più tecnica. Già ad una prima occhiata colpisce la poppa stretta. Gli scavi
sotto il tail sono molto ridotti. Si nota come lo shape si stringa in fretta tra le strap
anteriori e la poppa. Questo rende la tavola molto veloce specialmente in acqua piatta e
abbastanza facile in strambata. In andatura, come dicevo, è più tecnica. Per andare
forte necessita di maggiore pressione sul piede posteriore, sulla pinna. Specialmente
con una vela grande come una 8.5 abbiamo
bisogno di spingere molto per far volare bene la
tavola sull'acqua e andare forte. Sicuramente una
tavola ottima per un regatante e un rider avanzato,
ma meno adatta dell'82 per un surfista medio.
Passiamo ora al 58, la misura de ventone. Esteticamente sembra più stretta di quello
che è, e da quasi l'idea di essere un modello da speed. Il tail è di nuovo strettissimo, ma
è meno tecnica del 69, se si è abituati a utilizzare tavole strette. È sicuramente molto
veloce e stranamente, nonostante la poppa molto stretta va forte anche con la 7 metri.
La gamma di vele utilizzabili su di questa tavola va dalla 7 alla 5. Va molto bene sia con il
chop che con l'acqua piatta e il controllo in strambata è buono. Non è facilissimo uscire
forte dalla strambata proprio per la poppa molto fine; per uscire in velocità necessita di
un po’ di allenamento e strambata dopo strambata ci si abitua e si migliora.
Ricordiamo che nello slalom è fondamentale il trim. Per andare bene con una tavola è
importante avere il piede d'albero in una certa posizione a seconda della vela che si sta
utilizzando, non si può prescindere da questo. Altrettanto importante è la posizione delle
strap. Queste due regolazioni sono fondamentali e ognuno senza problemi le può
provare. Non occorre nient'altro che la propria tavola. Se non le provate non saprete
mai coma va davvero la vostra attrezzatura. Inoltre riguardo a queste regolazioni ci
sono particolari oggettivi che vedremo nei prossimi numeri di Funboard, ma tolti questi
rimangono altri mille aspetti soggettivi dovuti alle condizioni in cui usate la tavola, alla
vostra altezza, peso, capacità, e ognuno ha il suo modo di andare quindi provate tutto e
non fidatevi delle regolazioni dei vostri compagni di uscite.
Altro aspetto importantissimo per ogni tavola è la pinna. Per questo non basta la vostra
tavola perchè è necessario dotarsi di una pinna buona per la tavola che si ha; esistono
comunque pinne competitive a ottimi prezzi, o anche pinne usate. Questo per dire che
ciò che ho scritto riguardo al feeling sulla propria tavola è derivato da molti test con
trim differenti e da una condizione in parte anche soggettiva e non è assolutamente
detto che voi alla prima uscita proviate le stesse identiche sensazioni.
32
TESTO DI Matteo Iachino
© fotofiore/canon
Trim
QUANTI DI VOI NON HANNO MAI DATO TROPPO PESOALLE REGOLAZIONI DEL TRIM DELLA VELA, DICENDOSICHE TANTO È SOLO UNA COSA CHE FANNO I “PRO”? EQUANTI DI VOI HANNO PERSO DEL TEMPO PER PROVAREREALMENTE LE DIFFERENZE DEL PROPRIO RIG QUANDOARMATO IN UN MODO PIUTTOSTO CHE IN UN ALTRO?LEGGETE CON ATTENZIONE QUESTO ARTICOLO DI UNOSPECIALISTA DEL TRIM E MAGARI CAMBIERETE IDEA SUALCUNI ACCORGIMENTI, QUESTIONE DI MILLIMETRI!
Paul Elvstrom, la leggenda della vela svedese, ha detto che ci sono 3 fattori
principali da considerare in regata: la velocità dell’imbarcazione, la velocità
dell’imbarcazione e la velocità dell’imbarcazione. Recentemente abbiamo assistito
alla vittoria schiacciante della Oracle nell’America’s Cup, in cui è diventato evidente
quasi immediatamente che la loro imbarcazione fosse molto più veloce di tutte le
altre. Non c’è stato nulla da fare, anche se i favoriti erano gli svizzeri per la loro
capacità di manovrare ed abilità strategica. Non c’era però nessuna manovra che
potesse far loro recuperare tutta l’acqua che bruciava quella barca nera, a meno di
attaccare un secchiello sotto al timone di poppa… ma anche così non sarebbe stato
facile.
Elvstrom è da sempre il maestro nel riuscire ad ottenere il massimo della
performance sia dalla chiglia che dalle vele. Ha gareggiato in parecchie categorie di
barche one design e sembrava aver sempre la meglio, sebbene non competesse
con costanza nella specifica classe. È evidente che con una settimana di
“preparazione” per armare l’attrezzatura correttamente, fosse in grado di vincere a
qualsiasi livello. Com’è possibile?
Nel caso di piccole imbarcazioni o yacht, c’è una combinazione di regolazioni che
influenzano drasticamente sia equilibrio che velocità, ognuno dei quali a sua volta
influenza i centri di resistenza laterale ed il rapporto e le reazioni tra le varie vele.
Perfino una chiglia molto lunga e stabile come quella di una ocean racer di 50 piedi
reagisce in maniera leggermente diversa, ed è proprio compito del buon trimmer
riuscire a captare queste variazioni. È una questione di pochi centimetri su cime di
oltre 20 metri che regolano l’apertura della randa della vela principale! E la
differenza si sente anche con il peso complessivo dell’imbarcazione che è di
svariate tonnellate.
Nel frattempo, i windsurfisti stanno ora cercando di superare i nuovi limiti di
velocità, avendo tra le mani rig di meno di 10 kg, con una vela che ha una superficie
di soli 9m e 5m di albero. A causa delle dimensioni ristrette del materiale, non c’è
da stupirsi che le regolazioni perfette sono molto difficili da raggiungere, in quanto
sono solo questione di qualche millimetro.
Se volessi spiegare e dimostrare l’importanza del fine tuning ad un rider
professionista, gli farei vedere e provare la differenza che pochi millimetri
provocano in una session di test. Utilizzando due rider con caratteristiche fisiche
simili e gli stessi identici rig, li regoliamo singolarmente in modo che i rispettivi
rider siano a loro agio. Gareggiano poi l’uno contro l’altro per stabilire le velocità
relative. Poi, partendo da queste misurazioni e lasciando il primo rig immutato,
andiamo a sistemare il secondo e poi proviamo nuovamente. Non dovrebbe
sorprendervi sapere che i top rider del PWA usano questo procedimento in
continuazione, proprio per imparare sempre più in dettaglio il funzionamento del
loro materiale.
Ipotizziamo che la “regolazione comfort” sia la mediana, possiamo poi cazzare o
lascare la vela e già si noterà una differenza notevole in andatura. Queste
regolazioni, ovviamente, saranno minime. Davvero millimetriche. Così piccole che
bisogna utilizzare un metro per rendersi effettivamente conto delle modifiche
apportate, ed è quindi fondamentale sapere cosa si stia facendo. Ammetto che un
solo millimetro porta differenze impercettibili ma due o tre cominciano già a
funzionare. Un centimetro si dovrebbe sentire ad occhi chiusi. In generale, quando
testiamo nella stanza di carico, alla massima tensione, 4-5 millimetri possono
aggiungere ben 40-50kg di tensione. Un’enormità.
Comincia misurando accuratamente le impostazioni del rig di riferimento, con
34
Barry Spanier allamacchina da cucire.
precisione millimetrica, sia per la bugna che per il caricabasso.
Per le misurazioni, utilizza un punto che rimane nella stessa posizione sul
rig, come per esempio la puleggia del caricabasso, in modo che le
misurazioni siano consistenti ed accurate. Da quel punto, misura fino ad
arrivare alla base dell’albero. Se possibile, utilizza una puleggia a
manovella per cazzare il rig poco a poco, potendone misurare la tensione
mente si cazza e si lascia ogni altra cosa invariata. Con questo sistema
risulta più facile fare modifiche più minute ed accurate. Quando invece
utilizzi le tue braccia ed il tallone del piede dando una cazzata secca,
diventa più complesso fare piccole regolazioni sul rig. Così facendo la
vela si arma, ma regolarla è tutta un’altra storia.
Una vela da race moderna può richiedere una tensione di caricabasso
dai 115 ai 250 kg, a seconda del design e dell’albero utilizzato. Un sistema
normale di caricabasso permette una regolazione del rapporto di
potenza da 4:1 a 6:1. Se viene considerato poi l’attrito che fanno i camber
sull’albero o anche le pulegge, il rapporto potrebbe abbassarsi a 3:1.
Ciò significa che, a seconda del modello specifico di vela, potrebbe
essere necessario dover applicare una tensione diretta dai 35 ai 70 kg, a
seconda dei materiali, del design e della tipologia di vela. Se pensi al tuo
obiettivo, cioè aggiungere un paio di millimetri di tensione alla volta, su
una vela già cazzata, dovrai applicare almeno 40kg di forza per riuscire a
muovere il tutto. La tipica posizione che si assume per armare la vela,
con la schiena inarcata ed il tallone sulla base del piede d’albero ti
permette solo di grugnire mentre cazzi la vela ad occhio e poi rimani
dubbioso a chiederti se possa bastare.
È il sogno di ogni chiropratico. Se invece avete a disposizione un qualche
attrezzo specifico per cazzare la vela, riesci tranquillamente ad applicare
la pressione necessaria per fare piccole regolazioni e continuare a tener
d’occhio i cambiamenti che essi comportano sull’intero rig.
Ora entra in acqua. Confronta equilibrio, velocità e manovrabilità. Poi prova
ad aumentare la tensione di altri 2 o 3 mm, sempre misurando
accuratamente. Ti posso garantire che sentirai la differenza ad ogni singola
modifica. Più tensione verrà applicata, più l’albero fletterà e più la vela
sventerà. Questo è dovuto a due ragioni. Prima di tutto la zona inferiore sarà
più tesa e quindi piatta, lasciando la zona superiore più morbida. La seconda
è che l’albero si piega oltre la curvatura della tasca dell’albero, rilasciando
ulteriore tensione alla penna. È per questo infatti che noi del mestiere
diciamo che la tensione della penna dipende dall’equilibrio tra curvatura
dell’albero in tensione e la curvatura della tasca dell’albero.
Appena la vela comincia ad essere sbilanciata o non più con una reale
potenza, smetti di cazzare il caricabasso e spostati sulla bugna,
cazzandola con lo stesso procedimento utilizzato per il caricabasso.
Continua poi a cazzare finchè ti renderai conto che la vela è troppo
cazzata e scarica ed ora comincia a lavorare nuovamente sul caricabasso,
mollandolo poco a poco, lasciando la bugna al massimo, ed osservando i vari
cambiamenti del rig. Così facendo imparerai a capire ed apprezzare il risultato di
ogni singolo cambiamento su performance ed equilibrio del rig, e una volta che hai
capito e provato le varie combinazioni puoi lavorare per trovare quella perfetta per
te ed il tuo materiale, utilizzando variazioni minime dall’assetto ideale all’assetto
adatto alle condizioni del momento, in modo che il profilo e la tensione della penna
vengano aggiustate in base alle condizioni specifiche.
Dato che la performance del rig dipende quasi esclusivamente da questi due fattori
proposti, dando per scontata la scelta dell’albero giusto per la vela, solo tu puoi
lavorarci e trovare l’assetto e le regolazioni ideali per te. E cambieranno di volta in
volta, a seconda della tavola, delle condizioni, della pinna utilizzata. Bisogna
continuare a sperimentare e fare piccole regolazioni, ma queste renderanno il
materiale più veloce, performante e divertente da utilizzare.
La vela, l’albero ed il boma sono come strumenti musicali. Strimpellare le corde di
un violino produce comunque un suono ma per produrre musica bisogna fare delle
piccole regolazioni e tutto l’insieme suonerà meglio. Il mixaggio finale del pezzo poi
sarà quell’aspetto che farà la differenza e solo così si potrà passare dal far rumore
a fare musica.
Qualche ora passata a testare e studiare le differenze di qualsiasi rig, sia a scopo
ricreativo o competitivo, sia in wave, che in race o freestyle, ti garantirà molte più
ore di divertimento e soddisfazione in cui il tuo rig ti darà il 100%. L’unico modo di
fare ciò è regolare il rig alla perfezione. Armare non è altro che mettere insieme
meccanicamente i pezzi che compongono il rig. Ma regolare è invece l’unico
sistema effettivo per ottenere il massimo dalle condizioni, dai soldi spesi e dal
materiale, permettendoti anche di concentrarti più sulla tua progressione piuttosto
che sui problemi del rig
35
TESTO DI Barry Spanier
Phil McGain al alvoro in acquacon le nuove Maui Sails TR-8
Trim
FAI FATICA A PLANARE? I TUOI AMICI TI PASSANO SEMPRE? SPESSO LA CAUSA PRINCIPALE DI QUESTO È ILPOSIZIONAMENTO ERRATO DEL PIEDE DʼALBERO. KARIN JAGGI (WAVE E RACE), RICARDO CAMPELLO (WAVE), YOUPSCHMIT (FREESTYLE) E ANTOINE ALBEAU (RACE) CI AIUTANO A CAPIRE MEGLIO COME OTTENERE IL MASSIMO DALLANOSTRA ATTREZZATURA CON LA SEMPLICE VARIAZIONE DELLA POSIZIONE DEL PIEDE DʼALBERO.
Ogni rider ha le sue preferenze riguardo ogni singola combinazione di tavole e vele,
e tutte hanno punti di forza e debolezza, ma a volte capita che il rider faccia fatica a
trovare il trim ottimale. Molti windsurfisti infatti, indipendentemente dalla loro
voglia e passione, spesso sbagliano completamente a posizionare il piede d’albero.
La regola generale è quella di posizionarlo a metà del track per il vento leggero e
medio, per poi spostarlo più verso poppa quando il vento aumenta. Trovare la
regolazione ideale è davvero importante perchè un materiale con il giusto assetto
permette una performance migliore in acqua ed anche session più divertenti.
La posizione del piede d’albero è importante per avere una buona postura rispetto
alla tavola. Il punto ideale è quello che permette di stare abbastanza verticale, con
entrambe le gambe in tensione per controllare la tavola mentre vola “liberamente”
sull’acqua, come ci dice la nostra rider di World Cup, Karin Jaggi.
IL POSIZIONAMENTO IDEALE DEL PIEDE DʼALBERODIPENDE DA SVARIATI FATTORI:• Tipo, marchio e misura della vela. Wave o race o freestyle? Dov’è il baricentro della vela?
• Quanto sei alto e quanto pesi?
• Posizionamento delle strap
• Posizionamento del bomba
• Condizioni di vento e acqua
VENTO NORMALECome faccio a capire se il posizionamento non è ottimale?
Un indicatore ideale dell’idoneità del posizionamento del piede d’albero, per me, è
che quando lo metto troppo indietro, non riesco a chiudere completamente la vela
quando sono di poppa.
Se invece lo spingo più avanti di 1-3cm, mi risulta più facile fare quello che in gergo
si chiama “Close the Gap”, cioè chiudere lo spazio che resta all’aria per scappare
tra vela e tavola. Questo per me è il metodo più facile per capire se il piede d’albero
è troppo arretrato!
Se la prua è troppo alta, e la tavola ha troppo poca presa. Non riesci neanche a
piazzare la vela correttamente rispetto alla tavola.
Il caso opposto invece si verifica quando la stecca inferiore sbatte sulla coperta
della tavola. Portandolo verso poppa questo non succederà più e la vela si
allontanerà. La posizione ideale, in generale, è anche quella più comoda per il rider.
Con condizioni di vento molto forte, conviene armare una vela più piccola piuttosto
che spostarlo troppo in avanti!
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Karin Jaggi a Aruba in assetto da vento leggero. © John Carter
Karin Jaggi a Alacati in assetto da vento forte. © John Carter
SOVRAINVELATURASe sei già sovrainvelato su una tavola freeride e con una 6.0, conviene spostare il
piede d’albero in avanti di circa 1-3 cm. La tavola acquisterà maggior controllo e
l’intero rig sarà più gestibile anche con vento forte!
Cosa succede in generale con il piede d’albero in posizione più arretrata?
Solitamente la tavola tende a planare dopo e a far più fatica a risalire. Questo vale
però solamente per un certo range di condizioni. L’eccezione è proprio quando c’è più
onda, in questo caso conviene spostarlo più indietro di 1-2 cm. Così facendo la prua è
più libera e quindi la tavola entra in planata più facilmente. Il posizionamento ideale,
comunque dipende molto anche dallo stile personale. La capacità di risalire viene un
po’ compromessa ma la tavola risulta più libera e planante.
Cosa succede se il piede viene posizionato in avanti?
• La tavola risale più facilmente in quanto la superficie del rail in acqua è più lunga.
• Più veloce con vento da poppa o al traverso solo in caso di condizioni di vento
leggero o medio. Quando il vento aumenta, questa posizione garantisce maggiore
controllo e quindi maggior velocità finale.
• È più facile fare il “Close the Gap”
• Migliora il controllo con vento forte!
WAVE SPECIALQuali variabili intervengono invece se parliamo di wave riding?
Karin Jaggi: “Dipende quasi esclusivamente dal tuo stile di surfata. Con onda grossa
però ci sono due variabili principali:
• Curve allungate, spesso con bottom turn aggressivo con la vela quasi in acqua,
con fisico e vela pesantemente sbilanciati in avanti. La tavola carva esclusivamente
sul rail. Per sviluppare la massima pressione è consigliabile spostare il piede
d’albero più avanti.
• Curve strette, con tavola più piatta e rider più eretto, facendo girare la tavola
soprattutto a poppa e sulle pinne. Il piede d’albero dev’esser più arretrato in modo
da aver la vela più vicina alla tavola. Di solito chi ha questo stile di surfata,
normalmente, ha anche un passo molto largo (distanza tra strap anteriore e
posteriore) e quindi riesce a controllare e a far girare la tavola spostando il peso.
La vela quindi ha meno importanza in questo caso, in quanto essendo così vicino al
rider, è molto neutrale e non influisce tanto sulla planata della tavola.”
BARICENTRO DI SPINTA DELLA VELA E DIMENSIONI DELRIDERIl posizionamento ideale del piede d’albero sulla tavola dipende da svariati fattori. Il
punto di pressione nel baricentro della vela è uno dei fattori più influenti. Sta poi ai
designer delle vele affinare e migliorare sempre più la stabilità della spinta della vela,
da un anno all’altro. Solitamente più il centro di spinta è arretrato, più avanti
bisognerà mettere il piede d’albero, in modo che l’albero sia il più avanzato possibile.
Un altro fattore molto rilevante è la stazza del rider: i più piccoli solitamente utilizzano
il piede d’albero 2-3 cm più indietro rispetto ai rider più pesanti.
Abbiamo fatto un po’ di domande a dei pro di coppa del mondo, che ci hanno dato delle dritte esclusive per voi lettori!
RICARDO CAMPELLOVICE CAMPIONE DEL MONDO WAVE 2011 Tavola fotografata: JP Single Thruster 92
Quali fattori consideri quando posizioni il piede d’albero per fare
waveriding?
Per ottenere un certo equilibrio tra il tuo fisico e il rig è fondamentale piazzare
bene il piede d’albero. Se non lo facessi, rischieresti di impuntare la prua in un
bottom turn. Anche per saltare è molto importante in modo da avere il massimo
controllo.
Cambi la posizione a seconda delle vele e se sì, di quanti centimetri?
Dipende dalle condizioni ma se mi trovo bene, solitamente non la cambio.
Cambi posizione del piede d’albero a seconda dello spot in cui ti trovi (Maui,
Indonesia, Sylt)?
Sicuramente, ci sono un sacco di variabili da considerare, tra cui le condizioni di
vento, chop, onda, la direzione del vento etc…
Ti capita mai di cambiare da una batteria all’altra?
No mai!
-Hai qualche indicazione per i lettori?
Cerca di trovare la posizione più comoda
e anche solo mezzo centimetro fa molta
differenza.
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TESTO DI reemedia
Karin Jaggi a Tenerife. © John Carter
Ricardo Campello posiziona il piede d’albero a130 cm da poppa sul JP Single Thruster 92.
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YOUP SCHMITIL SEDICENNE TALENTO EMERGENTE DEL FREESTYLETavola fotografata: JP Freestyle 88 lt
Quali fattori consideri quando posizioni il piede d’albero?
Per me è tutto strettamente legato alle condizioni specifiche. Ed anche da che
tavola usi. Io utilizzo un freestyle JP che è molto compatta e maneggevole. Guardo
sempre quanto vento ci sia, le onde, il chop, la tavola e vela che uso. Tutti questi
fattori influenzano il posizionamento del piede d’albero.
Cambi la posizione a seconda delle vele e se sì, di quanti centimetri?
Dipende dalla misura della vela che prendo. Se prendo una delle mie vele grosse
come la 5,3 e poi il vento aumenta da 4,9, lo porto più in indietro in modo che la
prua resti più alta fuori dall’acqua e la tavola sia più libera durante i miei trick. In
generale arretro il piede di 1cm per ogni misura di vela più piccola che metto.
Cambi posizione del piede d’albero a seconda dello spot in cui ti trovi
(Bonaire, Fuerte, Sylt)?
Certo che sì, tutti gli spot hanno condizioni d’acqua molto diverse ed è quindi
fondamentale cambiare dall’acqua piatta di Bonaire al vento forte ed acqua
choppata di Fuerte per arrivare alle onde onshore di Sylt.
A Bonaire tendo a posizionare il piede più in avanti, in quanto l’acqua è così piatta
che non ho problemi che la prua sbatta sui chop e la tavola plana prima.
A Fuerte lo arretro un po’ un modo che fenda meglio il chop, e da aver maggior
controllo con vento forte.
A Sylt ci sono stato per la prima volta quest’anno ma non c’è stato vento per 11
giorni e quindi non siamo riusciti a gareggiare. Ho visto video degli anni passati ed
ho notato che questo spot diventa veramente choppato all’inverosimile, con onda
onshore e vento forte. Per queste condizioni, userei il piede d’albero quasi
completamente indietro, e se dovessi usare vele più grosse, allora lo porterei più
avanti verso metà scassa.
Ti capita mai di cambiare da una batteria all’altra?
No, quando sono in gara ho già numerose tavole pronte con assetti su cui ho
lavorato in precedenza, in modo da coprire quasi tutte le possibili condizioni. In
generale comunque, se sento che il mio peso è troppo in avanti, allora sposto il
piede d’albero più indietro e viceversa.
Parlando con altri pro del freestyle è
chiaro che per voi è importantissimo
chiudere i vostri trick al 100%. Se
anche solo qualcosa cambia nelle
condizioni o nelle regolazioni, diventa
tutto molto più complesso. Questa è
una differenza notevole rispetto al
wavesailing (waveriding e saltare).
Sì, è molto importante che il materiale
sia preparato e armato correttamente e
tutte queste piccole regolazioni fanno la
differenza. Se riesci a trovare il trim
perfetto, risulterà molto più facile
chiudere i trick di freestyle.
Hai qualche indicazione per i lettori?
Regolati tutto il materiale in modo che sia comodo e funzionante. Se ti sembra che
il peso sia troppo a prua allora spostalo più indietro, se invece sei troppo a poppa,
fai l’opposto. Tutto questo permette di aver performance migliori e di divertirti di
più in acqua!
Youp Schmit posiziona il piede d’alberoa 126 cm da poppa sul JP Freestyle 88.
39
ANTOINE ALBEAUVICE CAMPIONE DEL MONDO SLALOM 2011Tavola fotografata: RRD X-Fire 114
Quali fattori consideri quando posizioni il piede d’albero quando fai slalom?
Voglio ottenere maggior portanza e che la prua sia più libera, in modo che la tavola
plani prima.
Cambi la posizione a seconda delle vele e se sì, di quanti centimetri?
Solitamente cambio posizione su una tavola solamente se le condizioni d’acqua
cambiano molto, ma comunque mai sopra il centimetro.
Quali problemi possono esserci per un rider intermedio o amatore che
cambiano marca di vele?
Non penso che cambi poi così tanto, l’unico vero problema è che il rider usi il boma
troppo basso, spostando quindi troppo indietro il piede d’albero.
Cambi posizione del piede d’albero a seconda dello spot in cui ti trovi
(Alacati, Fuerte, Sylt)?
Sì, ad Alacati lo uso più arretrato, in quanto l’acqua è piattissima, mentre a Fuerte
lo metto tutto avanti perchè è molto choppato!
Ti capita mai di cambiare da una batteria all’altra?
Normalmente no, a meno che le condizioni di chop cambino radicalmente, anche a
seconda delle maree.
Hai qualche indicazione per i lettori?
In generale è meglio cercare di non metterlo troppo indietro, cerca anche di
mettere il boma un po’ più alto del solito, in modo da poterlo portare un po’ più
avanti, così avrai più stabilità.
© Eric Bellande/RRD
Antoine Albeau posiziona il piede d’alberoa 132 cm da poppa sul RRD X-Fire 114.
Toys
ONCE UPON A TIME… NIENTE DI PIÙ APPROPRIATO POTREBBE APRIRE IL SIPARIO SULLʼARGOMENTO TOP DEIWINDSURFISTI DEL MOMENTO: “HAI VISTO TE LʼAVEVO DETTO CHE SI RITORNAVA AL SINGLE FIN!”. DI SICURO UNO DIQUESTI DELLA VECCHIA GUARDIA, RIMASTO ANCORATO A QUEL FAMOSO PENSIERO DEL “A ME PIACE SINGLE FIN…,TUTTE QUELLE PINNE!… NON NE PARLIAMO NEMMENO”, STARÀ TIRANDO SU LA CRESTA! VEDERE LA MITICA STAR DIHOOKIPA A MAUI, LEVI SIVER, RAIDARE CON IL MONOPINNA AVRÀ CREATO DEGLI SCOMPENSI CEREBRALIDEVASTANTI A CHI, UN POʼ PER VOGLIA E UN POʼ PER MODA, SI ERA DECISO A ENTRARE NEL MONDO DEI QUAD FIN,COME SE NON BASTASSE, ANCHE IL MASTER SHAPER E RIDER KEITH TEBOUL ATTACCA LE ONDE VERTICALI COMEUN PROIETTILE CON UN TRI FINS, LASCIANDO DISEGNI SULLE ONDE CHE FORSE SOLO MICHELANGELO CON ILPENNELLO AVREBBE POTUTO FARE MEGLIO, SIA CHIARO SU TELA… NELLʼACQUA È UNʼALTRA STORIA.
INTROCerchiamo di andare per gradi e di arrivare a tirare le somme con una semplice e
personale premessa. Parlare di ritorno al single fin può sembrare a molti soltanto
un effetto ottico, invece, i nuovi prototipi presenti nell’isola Hawaiiana non sono
altro che l’evoluzione del quad fin, quindi, paragonare il single fin dell’epoca a
quello di oggi è come dire che una macchina con quattro ruote ed un motore di 20
anni fa’ è uguale a quella di ultima generazione… Concorderete con me che non è la
stessa cosa! Detto questo, tutto quello che viene sperimentato ed approvato
nell’isola è la pura e sola evoluzione di un lavoro metodico in costante sinergia tra
top rider e top shaper, con l’immancabile elaborazione di pinne adatte a far si che
il concetto possa avere senso una volta messo in acqua.
L’introduzione di tavole a 5 scasse apre definitivamente la strada alla scelta
personale di acquistare quello che si desidera di più, a seconda del proprio livello
tecnico e del posto in cui raidare. Direi che mai si è arrivati a tanto! Inoltre, questa
grande variabile dà la possibilità a molti di provare il nuovo feeling di un quad per
poi passare su un bel tri fin o, addirittura, di tirare fuori dalla scatola magica la
single che amavi per provarla su quel mostro appena acquistato… such a great
moment!
SINGLE TO TWINZERAnalizziamo questa evoluzione della specie, partendo da un bel Single fin, per me,
targato anno 2008. Premesso che “most part of my windsurfing life”, ho sempre avuto la
sensazione che il monopinna mi si adattasse alla perfezione e, nonostante dei piccoli
periodi di prova con tre pinne, il single si è rivelata la mia tavola preferita.
Giusto il 2008 fu l’anno del declino, dopo avere dato le ultime spadacciate al Cape fino
ad aprile-maggio, al mio arrivo a Maui erano pronte le due bambine twinzer.
Let’ talk about… monopinna, il mio feedback sul riding mi ha fatto capire la ragione per
cui ho sempre scelto il single: la adattabilità a tutte le condizioni di vento e onda e la
straordinaria aderenza all’acqua in tutte le condizioni, aggiungo anche che, l’evoluzione
di pinne sempre più adatte e costruite con il massimo della raffinatezza in materiali e
shaping ha migliorato notevolmente questo stile di tavola fino all’avvento dei primi twin
fins.
Quel monopinna mi ha lasciato ricordi indelebili anche perché avevo trovato due veri
gioielli di pinne. Sono stato folgorato da quel feeling in quanto le prestazioni della tavola
erano aumentate del 30% solo con quelle due spade da samurai; planava prima, la
pinna in ridata era inesistente e per assurdo mi dava un drive devastante, con misure
relativamente basse, 19 o 21 cm, potevo spingere all’infinito, lei c’era sempre, never feel
40
a certain… spin out…Quindi, a mio parere, quel monopinna con
quel trimmaggio aveva raggiunto il limite di espressione… anzi,
mi correggo, la tavola avrebbe potuto rendere ancora di più, il
limite a quel punto ero solo io!
Preso dalla crescente febbre delle due pinne, aderisco
positivamente al fatto che qualunque fosse stato il responso
vero lo avrei valutato solo buttandomi nelle onde, considerando
anche che la sfida con il nuovo mi ha sempre creato una certa
carica di adrenalina. Sinceramente, a quel tempo, parlo di
settembre 2008, l’unico pensiero ricorrente era: “Con questi
nuovi shape si dovrà cambiare il modo di surfare l’onda!”.
Infatti, il mio approccio al twinzer è stato abbastanza
divertente! Ricordo con piacere: prendo le tavole alla Cannery a
Maui da Keith con una voglia dilagante di andarle a provare
subito. Mi scaravento a Hookipa con un modestissimo 2mt di
onda e vento da 4,7… prima onda, bottom vecchio stile con cut
back senza minimo accenno e conseguente facciata nella vela.
C’era sicuramente da rivedere qualcosa!!!
Il twinzer è una tavola molto facile da utilizzare sulle onde, è
questa la sua ragione di esistere, more easy more fun, ma devi
stare sempre sull’onda perché richiede un approccio surfing
style, dove il surfista non si allontana mai molto in bottom
profondi dal face dell’onda. Affrontare questo nuovo modo di
interpretare il riding con il windsurf richiede un certo periodo
di pratica. È stato comunque divertente ed entusiasmante
vedere le onde da un’altra ottica e riuscire a surfare in
maniera decisamente differente da prima. Come la regola
vuole, spesso tutto quello che è nuovo (avendo deciso di
accettarlo) è bello, personalmente lo è stato, it was more fun
than single! Ma la piccola lacuna era dietro l’angolo, bastava
arrivarci…
Durante il primo approccio al twin, ho avuto la fortuna di
capitare in un periodo perfetto per apprendere le sue
potenzialità: settembre a Maui è il periodo in cui il trade wind è costante e le onde non
sono quasi mai così giganti. L’opportunità di vedere i nostri pro preferiti all’opera e di
verificare la loro attitudine nell’interpretare il riding con questa nuova tavola è stato
pazzesco; veloci, aggressivi, verticali… too much! Ho sempre ammirato i pro con un
immenso rispetto ed ho cercato sempre di carpirne i segreti, in questo caso, ho notato
la loro tenacia e frequente attenzione a non scendere molto giù nel bottom, era una
surfata che in gergo tecnico si chiama nel pocket e significa l’attitudine del windsurfer a
ridare il face dell’onda o leggermente più basso, creando un movimento più verticale
possibile in uscita dal bottom con un forte utilizzo delle anche a volte estremizzato al
massimo. Direi, personalmente, che Keith Taboul, shaper e rider di fama internazionale,
si è rivelato ai miei occhi il Master di questa nuova interpretazione del riding. Due sono
le ragioni per cui Keith interpreta alla perfezione questo nuovo stile: la prima è che è un
grandissimo surfista da onda ancora prima di essere un windsurfista e la seconda è
che la nuova era delle due pinne si può attribuire a lui come shaper e disegno di tavola.
Arrivare ad evolvere un concetto così nuovo e così diverso su una generazione radicata
sul single fin ha avuto un effetto bomba su tutta la comunità mondiale windsurfistica.
Keith ha inserito alcuni concetti delle tavole da surf sul windsurf, sia come shape che
come guida della tavola stessa, l’aiuto e la capacità poi di altri talenti a Maui ha fatto sì
che il nuovo progetto avesse un senso positivo… a questo punto il single fin divenne roba
Jurassica.
TWINZER TO QUADNever Give Up. A Maui spingono forte su tutto ed in particolare sulle tendenze future per
dare al windsurf sempre un’impronta innovativa. Pensare che il twin fin fosse qualcosa
di definitivo o di altamente innovativo e che per un lungo periodo di tempo non ci
sarebbe stato niente di nuovo, era un grave errore. Il twin fin ha lanciato un nuovo
modo di esprimersi sulle onde e di interpretare il windsurf nel riding, questo concetto,
così forte e vero, ha però aperto il sipario sulla domanda più contrastante di tutte: “non
ci sono nuovi limiti?”. Infatti, la mia stagione twin, cominciata a Maui nell’inverno 2008, è
finita dopo la bellissima stagione al Cape nei primi mesi del 2009. Le news arrivavano
dall’isola, le foto dilagavano, gli amici ne parlavano a gran voce… era tempo di 4 pinne!
Francamente me lo ricordo molto bene e ne sono rimasto sconvolto! Appena ho visto i
primi prototipi a 4 pinne mi sono messo a ridere, non potevo fare altro! Il mio pensiero
immediatamente è andato a Keith Taboul, “quello lì mi fa paura! Ne sa una più del
diavolo!”. Ragionandoci sopra cercavo di capire quale senso venisse attribuito al quad.
Per fare ciò dovevo partire dal feeling twin, capire quello che mi dava per valutarne i
limiti, cercare di scoprire dove il twin non funzionava, ed è proprio da qui che nasce il
concetto quad.
Mi sono divertito veramente tanto ad utilizzare il 2 pinne sia mure a sinistra che mure a
dritta, ma se considero il mio livello tecnico e la grandezza delle onde, il mio giudizio
twin ha delle variabili che si spostano dal lato superpositivo al negativo. È vero anche
che una tavola che va bene in tutte le condizioni di vento e di mare probabilmente non
esiste! Move forward, è proprio qui il focus point della questione. In generale, il twin mi
ha sempre dato la sensazione di perdere del drive (aderenza), ma se l’onda è piccola o
di media dimensione, il gioco vale la candela perché ti permette di fare degli slide
esagerati nel cut back, cosa che con il single mi sognavo di notte. Di contro, su onde
grandi, nei bottom il twin ha sempre avuto quell’incertezza e leggera vibrazione che,
personalmente, non mi ha mai dato quella fiducia necessaria per spingere sul rail con
tutta la forza possibile, come sul classico single fin dove eri sicuro della stabilità.
Quindi, appena sono arrivato a Maui nell’inverno 2009 c’erano due belle tavole quad che
mi aspettavano. Una volta provate in acqua ho avuto la netta sensazione di maggiore
stabilità; il nuovo concetto di quattro pinne si adattava molto di più al mio stile rispetto
ai twin fin. Utilizzando la stessa tecnica di ridata avevo trovato un feeling speciale e
sorprendente, molto più sicuro sull’onda medio-alta, nonostante un fastidioso episodio
dovuto a quelle lame taglienti sotto la tavola. Mi ero dimenticato che c’erano 4 pinne ed
uscendo dalla spiaggia a Hookipa, stremato dalla session, ho appoggiato la tavola sulla
sabbia e con precisione mi sono tagliato il collo del piede con la pinnetta anteriore! Da
allora mi sono sempre ricordato di avere più pinne sotto la tavola!
41
TESTO DI Massimo Mannucci
42
QUAD TO TRI FINDa quel momento fino alla stagione sudafricana 2011 ho utilizzato 4 tavole custom quad
con differenti shape e performance nell’acqua, tutte estremamente divertenti anche se
molto simili. Grazie a questo ho gradualmente migliorato le mie performance ma senza
un’elevazione importante nello stile, stavo ancora cercando qualcosa di speciale,
qualcosa di preciso, le idee che avevo in testa erano molto chiare sulle mie future
bambine shapate da Keith.
Durante la stagione del Cape 2011 mi arrivano da Maui le news riguardo ad alcuni
prototipi su cui Levi e Keith stavano lavorando, era arrivato il tempo delle 3 pinne!
Generalmente aspetto con trepidazione la mia personale decisione riguardo alle nuove
tavole della stagiona successiva e questa volta era veramente una decisione ardua da
prendere.
Pascal, noto rider e collaboratore full time di Quatro, mi risponde alla domanda: “Che ne
pensi dei nuovi tri fin?”. “Manna, chiedi a Keith, io surfo ancora con il quad, sono solo
dei prototipi e non sono definitivi al 100%, vedi tu!”. Niente di confortante! Chiedo anche
a Pio Marasco, mio guru di pinne ormai da anni: “Manna, aspetta un po’ ci stanno
lavorando sopra, fatti ancora un quad, poi quando sei qui le provi e vedi tu!”. Sound
perfect, ma io sono uno a cui non piace fare prove, adoro prendere le decisioni e
rendermi responsabile di aver scelto bene o male, però parto, comunque, da un
semplice presupposto: il mio shaper preferito mi ha sempre reso felice e mi conosce
alla perfezione, quindi domando a Keith.
Nei giorni a seguire condivido i miei pensieri con Keith e gli espongo i miei più profondi
desideri su come avrei voluto che fossero le mie future tavole, riassumendo: “Keith, mi
piacerebbe che la tavola mi aiutasse da metà bottom in su fino all’approccio sul cut
back, più drive, minore raggio di curva possibile, accelerazione vertiginosa e reattività
imbarazzante!”. La sua risposta fu fantastica: “Ci penso io… ma rifacciamo i quad o ti
faccio i nuovi tri fins?”, specificando anche, onestamente, “io farei quad, il tri fin non è
pronto al 100%!”.
Un giorno, un solo giorno per pensare, poi gli scrivo: “Procedi con il tri fin, mi prendo
tutta la responsabilità, adoro queste sfide e sono convinto che mi farai due gioielli!
Mahalo.”
Arrivo a Maui in anticipo, durante l’estate 2011, proprio per avere il tempo di fare un po’
di feeling prima degli swell invernali. Fortuna volle che alla fine di agosto e per tutto
settembre Hookipa fosse praticamente deserta, tutti i pro in giro per il mondo e pochi
turisti, in più con condizioni a dir poco perfette. Tutti i giorni vento e dei bei metrini
d’onda.
Durante tutta la stagione invernale a Maui i nuovi tri fin mi hanno dato accesso ad un
nuovo mondo del riding che non avevo mai appreso: le curve, quelle vere! Il concetto di
curva nel windsurf sulle onde è piuttosto variopinto! E’ la verticalità su e giù dalle onde!
Entrambe le tavole erano scese di 4 litri, stavo ridando con una 73lt e una 83lt, avendo
comunque una galleggiabilità e confort anche superiore nonostante 4 litri fossero tanti
in meno rispetto ai miei vecchi quad. Tavole con drive esagerato, dove ho utilizzato due
set di pinne custom fatte da MFC; un set con centrale 19 e laterali da 10 e un set con 21
ed 11. Ho fatto molti mix&match tra le tavole e le pinne anteriori e posteriori e, come al
solito, le performance della tavola sono migliorate via via che trovavo l’adattamento
ottimale. Imbarazzante l’accelerazione a fine bottom con reattività e agilità su cut back
al limite della stabilità.
Il tri fin mi ha ridato tutta quella fiducia sulle onde grandi che avevo quasi perso
dall’avvento twin, ora riesco a scendere verticale e risalire dritto sul lip. Mai come
quest’anno il mio puro wave riding, fatto non di giochi da freestyler o aerieal ma di vero
up and down sull’onda, è stato tanto radicale e concettualmente stiloso nella mia vita di
windsurfista. Questo nuovo concetto di tri fin mi piace così tanto che posso chiaramente
dire che è il primo anno della mia vita da rider che ho imparato a fare delle curve serie.
Dove inizia la mia dedizione a questo sport e dove ci sia l’aiuto dei materiali, sempre più
raffinati, francamente non lo so, posso solo dire, in maniera convinta, che il tri fin di
Keith è quanto di meglio abbia mai usato.
CONCLUSIONEQualunque tavola usiate e qualunque sogno abbiate… andate avanti convinti, non esiste
la tavola perfetta, quella sta solo dentro di voi, in base all’esperienza fatta in acqua.
Sfruttate al massimo ogni momento della vostra sessione di windsurf perchè niente e
nessun materiale vi farà più felici che passare una bella giornata con il mare, il sole, il
vento e gli amici.
Forever in LOVE for windsurf.
Manna
Sponsor: Goya Boards, Simmer Sail, Teva, MauiFinCompany,
Maresia, David-Firenze-Italia.
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goGoal FUNPermette riprese a 60/50fps per realizzare video in HD“slow-motion”. Video in qualità Full HD 1080p oppurefoto a 8 MPx con obiettivo grandangolare 170 gradi.Display anteprima per il posizionamento e la ricerca del-l’inquadratura. Telecomando in radiofrequenza utilis-simo per lo “Start e Stop” della registrazione, rendendosemplice girare brevi clip. Con goGoal FUN potrete ri-vedere le vostre performance, la soluzione ideale percondividere video e immagini con gli amici attraversoi più famosi social network (YouTube™, FaceBook™, ecc.)Utilizzabile in altri sport con gli accessori dedicati.
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Nome, nazionalità, residenza?
TATI: Tatiana Howard, americana, vivo a Maui, Hawaii.
ADELE: Adele, italiana, vivo a Bordighera.
Sponsor?
TATI: Neil Pryde Maui, Dakine, Kaenon, Maui Fins Ultra,
Go Pro, Matiko e Maui Nerd.
ADELE: collaboro con North Sails e Fanatic.
Età d’esordio tra le onde?
TATI: 15 anni.
ADELE: 24 anni.
Discipline windsurf praticate?
TATI: Wave, wave, wave!
ADELE: Waveriding.
Competizioni?
TATI: A volte, ma soprattutto eventi Butterfly Effect!
ADELE: Per ora solo delle bellissime free session.
Sito web?
TATI: www.tatianahoward.com, www.betheeffect.com
Il tuo obiettivo nella vita?
TATI: Divertirsi.
ADELE: Godere e sorridere ogni giorno.
Obiettivi nel windsurf?
TATI: Il mio obiettivo è quello di divertirmi sempre
ADELE: Aveve delle forti dosi di adrenalina.
Paure in acqua?
TATI: Nessuna paura.
ADELE: A volte penso molto agli squali.
Paure fuori dall’acqua?
TATI: Ragni e serpenti.
ADELE: I ladri.
Fidanzato windsurfer? Ama anche lui le onde grosse?
TATI: Hmm... sì, no, forse sì!
ADELE: Sì, windsurfer e waverider.
Chi scegliere la destinazione per le vacanze?
TATI: Dove va il Butterfly Effect è chiamato a venire
anche lui.
ADELE: Insieme.
Che lavoro fai oltre a fare windsurf?
TATI: Surf e baby sitter.
ADELE: Maestra di sci nella stagione invernale e
istruttrice di windsurf nella stagione estiva.
Ti alleni in modo particolare per uscire tra le
onde?
TATI: Yoga... allena la mente e il corpo.
ADELE: Yoga, nuoto e trascorrere un sacco di tempo
tra le onde.
Come ti concentri prima di entrare in una
giornata con le onde grosse?
TATI: Non pensandoci, basta andare e vedere cosa
succede, perché molto probabilmente ci sarà da
divertirsi!
CREDO CHE QUESTO ARTICOLO POSSAIN QUALCHE MODO TOGLIERE DUBBI AQUEI RAGAZZI E RAGAZZE, PRINCIPIANTIWAVER, CHE HANNO SEMPRE VISTOMAUI QUALE META PROIBITIVA, LUOGOESCLUSIVO SOLO PER WINDSURFISTIESPERTI. BENE, QUESTA MULTIPLAINTERVISTA, A SEI ABILISSIME ATLETE,TRA CUI LA NOSTRA SEMPRE PIÙ FORTEADELE FROLA, DOVREBBE SERVIRE ASFATARE QUESTO MITO. PUBBLICHIAMOSU QUESTO NUMERO LE PRIME DUEINTERVISTE, LE ALTRE SARANNO SUFUNBOARD DI MAGGIO. QUESTOARTICOLO VORREI DEDICARLO AVINCENT MELLOUET, ATLETA FRANCESE,FORTE WAVER E SOPRATTUTTOAPPASSIONATO DI ONDE E VENTO,RECENTEMENTE SCOMPARSO DURANTEUNʼULTIMA SESSION AL TRAMONTO,NELLA SUA TERRA AL NORD DELLAFRANCIA… TRA LE SUE ONDE…
Tra i navigatori si narra una leggenda… a me piace
credere che sia vera. La leggenda narra che se vi trovate
in mezzo all'oceano, tra mare e cielo, all'ora del tramonto,
se osservate il sole, quando il lembo superiore del sole
scompare, il colore rosso arancione si fonde con il blu del
mare, in quello stesso istante appare un raggio verde, se
esprimete un desiderio, quel desiderio si avverrà.
“Non puoi attraversare il mare semplicemente stando
fermo e fissando le onde. Non indulgere in vani desideri”.
Rabindranath Tagore
44
TATIANA HOWARD
ADELE FROLA
ADELE: Focalizzando la mente su quello che sto
facendo.
Quando, come e dove hai capito che eri pronta
per uscire in windsurf tra le onde?
TATI: Sono sempre uscita tra le onde e poco alla volta
diventavano sempre più grandi fino a non
rappresentare più un ostacolo.
ADELE: Avrei dovuto essere pronta quando sono
andata a Ho’okipa per la prima volta... ma gli altri spot
in cui ero già stata non erano proprio così radicali…!
Il tuo spot, rider e manovra preferita?
TATI: Ho’okipa, tutti i rider di Ho’okipa che surfano
alzando spray enormi!
ADELE: Kanaha, Levi Siver, salti.
Il tuo surftrip perfetto?
TATI: Tutti i giorni qui a Maui è sorprendente per il
windsurf e non hai realmente bisogno di andare
altrove, basta rimanere a casa!
ADELE: Maui e Australia.
Ho’okipa cosa significa per te?
TATI: Il mio migliore amico.
ADELE: Un luogo dove si possono provare emozioni
vere.
Cosa vorresti dire e che consigli daresti ad altre
ragazze per Ho’okipa?
TATI: Per evitare le rocce basta seguire la corrente,
essere veloci nel shore break e godersi le onde!
ADELE: Ogni volta che sono uscita a Ho’okipa mi sono
sentita piccola, un po’ nervosa e spaventata, ma
durante la navigazione ho sempre avuto grandi
soddisfazione e adrenalina.
Consigli Maui solo per i surfisti estremi con
esperienza o anche ai dilettanti?
TATI: Maui è l’ideale per tutti i livelli, di sicuro! Kanaha
è ottimo per il principiante e avanzato. Ho’okipa livello
avanzato, ma è anche buono per i principianti per
guardare!
ADELE: Per tutta la gente che ama il vento e le onde.
10 cose o luoghi che ti piacciono di più in Maui?
TATI: Paia città, Ho’okipa Point, la mia casa in Haiku, le
cascate, le persone, caffè al Colleens, Foods Mana a
Paia, i tramonti sul lato sud, surf a Honolua Bay, l’alba
sull’Haleakala, i tramonti Poli Poli, gli Alisei, lo stile di
vita, i miei amici con cui sono cresciuta, gli arcobaleni,
il mio camion completo di attrezzi per sport acquatici
ed essere in grado di saltare in acqua tutti i giorni!
ADELE: Ibiscus, tramonto, cibo da Mana, tartarughe,
Paia yoga, Big Beach shore-break, cocco, ananas, i
volti sorridenti delle persone e il sushi a Makawao.
Ti piacerebbe vivere a Maui? Dove ti piacerebbe
vivere?
TATI: Amo vivere qui! Non potrei immaginarmi altrove!
ADELE: Potrei vivere lì, ma al momento mi piace
andareci solo per le vacanze. Per ora adoro vivere
metà dell’anno in montagna e l’altra metà in mare.
45
TESTO DI Valentina Crugnola
TATIANA HOWARD ADELE FROLA
Esclusivo
46 I prototipi dei prossimi WaveCult RRD. Queste grafiche
sono esclusivamenteutilizzate per le tavole test e
non sono quelle cheandranno poi in produzione.
FEBBRAIO 2012 – BIG BAY (SUDAFRICA)Incontro Roberto Ricci quasi per caso a Big Bay mentre usciva dal suo nuovo punto
vendita RRD. Era da alcuni giorni che cercavo di contattarlo senza successo e
speravo in un incontro casuale in spiaggia perché volevo organizzare un’intervista
con lui e il suo team per parlare del lavoro che sta facendo in Sudafrica sullo
sviluppo delle tavole della prossima collezione. Ci siamo quindi dati l’appuntamento
per l’indomani direttamente a casa sua.
Al mattino presto, come da accordi, citofono al campanello della casa dove Roberto
con la sua famiglia alloggia nei mesi della loro permanenza sudafricana. La casa è
molto bella, si affaccia direttamente sul mare ed è enorme. Non appena entro inizio
a vedere persone ovunque, i due bambini di Roberto, la moglie, la tata, un po’ di
atleti, alcuni li conosco come Nayra (Alonso) e John (Skye), altri li conosco meno
(quelli del kite), scorgo qualche collaboratore di Roberto ed anche Dave White (ex
caporedattore della rivista Boards), appena arrivato dall’Inghilterra, lo si capisce
immediatamente dal colore ancora bianco pallido della carnagione. Dave è andato a
visitare Roberto, in quanto è appena stato assunto come Sales Manager dal
distributore inglese di RRD. Poi riesco anche a vedere e salutare Roberto che sta
finendo di fare colazione. Mentre gli altri iniziano le loro attività giornaliere,
Roberto ed io ci soffermiamo sulla veranda a parlare del più e del meno, delle
previsioni del vento per la giornata, e poi provo a chiedergli qualche indiscrezione
sul loro nuovo acquisto, il super Antoine Albeau… ma non ottengo le risposte
sperate. È ora di passare alle cose serie e ci dirigiamo verso il garage, Roberto mi
indica quello di destra, quello dedicato al windsurf, quello a sinistra è per il kite! Ci
raggiungono subito anche John Skye che farà parte integrante dell’intervista e Dave
White che scatterà qualche foto.
Roberto, puoi raccontare ai lettori di Funboard qualche cosa sui nuovi Wave Cult
che state sviluppando qui a Cape Town?
Qui in Sudafrica stiamo lavorando attualmente sui Wave Cult che è la nostra linea di
tavole on shore per le condizioni europee in generale. Vogliamo fare una tavola che sia
il punto di riferimento per la tendenza delle tavole wave, sviluppando degli shape molto
facili e accessibili a tutti, che però mantengano la caratteristica innata di RRD che è
quella della sportività e maneggevolezza, allontanandosi da quelle tavole dritte che
vanno solo veloci e che essenzialmente sono solo dei freestyle-wave con sopra
l’etichetta wave. Tavole che girino ma che siano utilizzabili un po’ da tutti, questo anche
perché il livello nel wave si sta alzando, non essendoci un grosso ricambio chi fa wave
ogni anno diventa sempre un po’ più bravo ed abbiamo visto che anche nelle tavole on
shore c’è la richiesta di avere degli outline con scoop che permettano di girare
facilmente. Questa è la grande differenza tra il nuovo programma e quelli degli anni
passati.
Inizialmente avevamo pensato a una nuova linea molto più grande partendo dal 75, 80,
85, 90, 95 e 105 litri. Poi abbiamo visto che il 95 e il 105 avrebbero rappresentato una
grande innovazione nella linea ed abbiamo deciso di aspettare, optando per
un’introduzione graduale, preparando il pubblico a capire che la tavola grande da wave
è una vera tavola da onda per le condizioni europee ed informando le persone
attraverso il marketing e la comunicazione che potrebbero considerare l’85 come tavola
più piccola e il 105 come tavola più grande per una persona con peso medio di 85-90 kg.
Abbiamo quindi deciso per ora di lavorare sui 3 volumi principali, 75, 83 e 92 che sono le
tavole che hanno la stessa volumetria dei Wave Cult che sono in produzione e che
abbiamo sviluppato sostanzialmente solo 8 mesi fa, andando così a concentrarci sul
programma più importante di queste tavole. Dopo di che, il prossimo anno a gennaio o
DA ALCUNI ANNI ROBERTO RICCI È SOLITO PASSARE GLI INVERNI INSUDAFRICA, A CAPE TOWN, DOVE SVILUPPA E TESTA LE TAVOLE E LEVELE RRD DELLA COLLEZIONE SUCCESSIVA INSIEME AL SUO TEAM DIATLETI INTERNAZIONALI. ROBERTO CI HA ACCOLTO NELLA SUA VILLABIANCA IN RIVA AL MARE E CI HA SPIEGATO COME NASCONO ALCUNEDELLE TAVOLE E VELE DELLA SUA RICCHISSIMA COLLEZIONE.
INTERVISTA RACCOLTA DA Fabio Calò | FOTO DI Dave White
47John Skye a Platboom, Sudafrica.
48
febbraio introdurremo eventualmente una linea Cult Light per il pubblico che ha già la
cognizione di comprarsi un 95 o 105 litri wave. Non volevamo un lancio unico dei modelli
dal 75 al 105 anche perché i Wave Cult 75, 83 e 92 verranno introdotti da luglio a
settembre per il classico mercato del wave in autunno e probabilmente i volumi grossi
sarebbero stati snobbati. Presenteremo poi il 95 e 105 ad inizio del prossimo anno in
previsione per l’estate con un wave rinnovato magari con costruzione e tecnologie
differenti e nuovi accessori.
Quindi il 75, 83 e 92 Wave Cult sono le tavole su cui stiamo lavorando in questo momento
e si differenziano da quelle precedenti sostanzialmente per gli outline, molto più
compatti, con una lunghezza massima di 227, 228 e 230 cm, e la caratteristica principale
è che abbiamo allargato molto la tavola nella parte centrale arrivando ad avere
larghezze di 57cm per il 75, 59 cm per l’83 e 61 cm per il 92. Quindi abbiamo allargato
considerevolmente l’83 litri e fatto degli shape moderni sfinando molto i bordi rispetto
alle tavole degli anni passati. Abbassando i bordi abbiamo dovuto allargare le tavole.
Inoltre i deck delle tavole sono molto più piatti, ottenendo quasi una sensazione come
quando sali sopra a un freestyle. La diversità rispetto alle tavole degli altri anni è che il
concetto dell’outline si basa soprattutto sul fatto di avere bordi fini, deck piatto e bordi
paralleli dove abbiamo aumentato molto la larghezza all’altezza della scassa dell’albero
e stretto molto il nose. I bordi paralleli cambiano poi improvvisamente inclinazione a 70
cm da poppa. Questo kink (cambio di direzione evidente) permette di avere la poppa
della classica tavola wave radicale, ma nella zona tra la strap posteriore e quella
anteriore, esattamente quasi a metà, hai la possibilità di scegliere come vuoi condurre
la tavola. Se hai bisogno di condurre la tavola maggiormente con la gamba anteriore e
quindi di appoggiare il rail sull’acqua per carvare spingendo molto, allora puoi utilizzare
lo stile professionale ovvero front foot spingendo con tutta la tua forza. Se invece sei
meno bravo puoi appoggiarti sul piede posteriore utilizzando una tavola molto più
piccola per fare una curva meno marcata e con meno velocità. Alla fine in tutti e due i
casi fai comunque waveriding ma con stili diversi e questo shape dei nuovi Wave Cult
permette di rendere felici sia i rider bravi come John (Skye) e Andrea (Rosati) con una
tavola veloce e efficiente anche quando c’è il vento da mare, sia coloro che fanno meno
windsurf e vanno a divertirsi sulle onde e hanno bisogno di una tavola che giri più sul
piede posteriore e sostanzialmente con meno velocità.
E per quanto riguarda la configurazione delle pinne dei prossimi Wave Cult?
Sicuramente i nuovi Wave Cult avranno la configurazione Quad. Al momento stiamo
lavorando molto con Pio Marasco di Maui Fin Company per cercare di dare al cliente un
set di pinne e di scasse che gli permetta di avere una tavola sempre trimmata al 100%
senza spendere dei soldi in più. Questo significa che secondo noi se hai una tavola wave
Quad questa deve funzionare sia con la configurazione a 4 pinne e sia come Twinzer, per
questo motivo stiamo lavorando su un nuovo tipo di pinne che si chiamano TQ (Twinzer
Quad) con un outline più dritto. Le nuove pinne rispetto a quelle usate sulle tavole
precedenti hanno la stessa superficie ma sviluppata con uno shape più dritto, la tavola
ha così un drive leggermente inferiore, che vuol dire che ha meno tenuta ma più spinta,
quindi più facilità di planata. La pinnetta sostanzialmente ha meno rake. Con questo
profilo, più sottile sul tip e più proiettato in avanti, puoi aumentare la superficie e la
profondità della pinna. Quindi ti permette oggi di usare un Quad con le pinne posteriori
da 17 cm mentre prima dovevi usare delle 15 cm. Il Quad 85 ad esempio può essere
usato con le pinne posteriori da 17 cm e quelle anteriori molto più piccole e quando lo
si vuole utilizzare come Twinzer, basta togliere le pinnette anteriori continuando ad
usare solo le stesse pinnete posteriori evitando l’acquisto di un set Twinzer dedicato.
L’altra grande novità è sul materiale di costruzione delle pinne che non saranno più
fatte in G10, che ha senso di essere utilizzato solo per pinne da 28-29 cm in su, ma in
poliestere. Questo ci permetterà di avere delle pinne con delle ottime performance e più
leggere in quanto il poliestere pesa circa il 30% in meno. La tavola risulterà essere
anche più leggera di qualche grammo (150 gr) grazie all’utilizzo di questo nuovo
materiale per le pinnette.
Le scasse saranno Slot Box per quelle laterali e US per le centrali per il fatto che
vogliamo avere il massimo delle possibilità di trimmaggio e la robustezza necessaria
Andrea Rosati in Goiter a Platboom, Sudafrica.
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con un occhio di riguardo anche al peso. Non usiamo gli Slot Box anche sulle scasse
posteriori perché in questo caso nell’utilizzo Twinzer si perderebbero centimetri utili per
il trimmaggio, essendo le scasse Slot Box più corte rispetto a quelle US.
Su questi prototipi potete vedere anche una quinta scassa, molto più piccola e dietro
alle due centrali, praticamente sulla poppa, con il sistema FCS DFS, per chi volesse
usare con il Twinzer delle pinne ancora più piccole e avere un supporto di 7 cm dietro
per garantire un grip maggiore. Questo sistema viene chiamato Truck in Twinzer (TT). Il
sistema ti permette di avere meno effetto scodata quando vai in Cut Back, è
praticamente un “rinforzino” al Twinzer ma non centra nulla con il Thruster. Quindi puoi
condurre la tavola come un Twinzer rimanendo leggero sul piede posteriore, ma
quando spingi per l’off the lip la terza pinnetta tiene un po’ di più. Questo sistema lo
stiamo solo provando su questi prototipi e non abbiamo ancora deciso nulla se lo
metteremo in produzione sui prossimi Wave Cult di serie. L’unica cosa certa è che i
nuovi Wave Cult saranno dei Quad, poi vedremo se utilizzare anche questo altro sistema.
Un altro punto a favore delle pinne in poliestere è il costo mantenuto, costano meno di
quelle in G10, ed il nostro obiettivo è quello di non aumentare il costo delle tavole, quindi
queste pinnette sono una valida alternativa.
Quale tipo di costruzione avranno i nuovi Wave Cult?
I nuovi Wave Cult saranno solo in costruzione Limited. Questo per i primi modelli 75, 83 e
92 che arriveranno nei negozi i primi di settembre. Poi per la costruzione del 95 e 105
prenderemo una decisione più avanti.
Quanti litri bisogna avere sotto i piedi con questi nuovi Quad?
Abbiamo detto che la tendenza generale dei Quad è quella di avere una tavola con più
litri. Quindi un 85 lt dovrebbe essere la tavola centrale per un ragazzo di 70-75 kg. Per
esempio la tavola centrale di John (Skye) è l’83 litri. Solo 3-4 anni fa la sua tavola
principale era di 10 litri in meno, circa 75, ed usava l’85 solo per condizioni di vento
veramente leggero ed aveva il 70 per Pozo. Ora la tavola che usa di più è l’83 litri, usa
anche molte volte il 92 ottenendo dei risultati grandiosi in termini di divertimento
quando le condizioni non sono al top, mentre per Pozo usa il 75! Il mese scorso per
esempio John si trovava a Maui e ha surfato ogni giorno a Ho’okipa con il 92 litri!
Lo sviluppo degli shape delle nuove tavole da surf influenza anche le tendenze
delle tavole da windsurf?
Roberto Ricci: L’ispirazione più grande in assoluto per lo shaping della tavole da
windsurf è il surf da onda. 3 anni fa c’è stata una vera e propria rivoluzione nel mondo
delle tavole da surf, con l’introduzione di tavole SurfTech iperleggere in PVC. Il mercato e
la popolazione in generale sono presto tornati a preferire la classica costruzione in
Clark Foam, ma questa ventata d’aria fresca aveva innescato un processo inarrestabile,
portando anche nuove idee nel business. Grazie al lavoro di alcuni professionisti
impeccabili quali Rob Machado e Kelly Slater, si è tornati a lavorare più che mai
sull’accessibilità e immediatezza d’utilizzo delle tavole, in qualsiasi spot con qualsiasi
condizione. Fino a qualche anno fa, la maggioranza delle tavole si aggirava attorno ai 17
pollici di larghezza, mentre ora non meno di 19.5. Questo aspetto, in windsurf, significa
un incremento della larghezza di almeno 6cm. È proprio questo aspetto infatti che rende
la tavola accessibile, permettendo al rider di planare più facilmente e di prendere più
onde. La gente vuole entrare in condizioni anche marginali e prendere sempre più onde.
12-15 nodi onshore, onde molli… non si può sempre aspettare che le condizioni siano
perfette.
John Skye: Questo discorso non vale esclusivamente per i rider comuni. Anche i veri top
pro del circuito mondiale di surf ASP utilizzano tutti tavole attorno ai 19 pollici, proprio
per sfruttare al meglio i vantaggi enormi legati all’aumento di larghezza. In condizioni
ottimali funzionano al top, ma anche in condizioni non ottimali.
Da qualche anno passi gli inverni qui a Cape Town testando e sviluppando i
prodotti (windsurf, SUP e kite) che metterai poi in produzione. Quali sono le
caratteristiche che ti hanno fatto scegliere il Sudafrica piuttosto che altri spot?
Le nuove pinne (quelle blu) in poliestere con cuiverranno equipaggiati i prossimi Wave Cult RRD.
Roberto ci spiega i nuovi shape dei Wave Cult.
Il particolare della bugna delle vele 2013.
Roberto e John srotolanoqualche vela test del
range RRD 2013.
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Roberto Ricci: Le diverse discipline del windsurf sono riconducibili singolarmente ad
altri sport. Le tavole wave devono necessariamente seguire le leggi e i trend del surf da
onda, per definizione. Il race e il freestyle avranno anche loro delle leggi da seguire alla
lettera. Fino a quindici anni fa, quando si pensava al wavesailing, ci si limitava a spot
con condizioni idilliache, come Maui o il Sudafrica. Piano piano, si è cominciato anche a
surfare in Europa e nel Mediterraneo, ma, adesso più che mai, è necessario avere le
tavole che ti permettano di surfare nel modo giusto. Penso che la gente e le tavole siano
ancora troppo “Maui Oriented”, cioè riprendono e rivivono troppo l’impostazione
hawaiiana. Bisognerebbe cambiare anche mentalità, accettando, capendo e sfruttando
le condizioni del mondo reale. John è inglese ed ha girato tantissimo, quindi sa di cosa
stiamo parlando.
La visione del waveriding nel Pacifico, con onde perfette e potenti, è ormai obsoleta e
troppo ristretta a pochi fortunati. Ho’okipa è uno spot unico. Ma è anche un unico spot,
ed è troppo restrittivo basare tutti gli shape su un’onda.
Noi infatti preferiamo venire a Cape Town in inverno per fare tutti i nostri test.
Dall’Europa ci si arriva facilmente, il fuso è praticamente identico e c’è un’enorme
varietà di condizioni, proprio nel periodo in cui Maui raramente ne offre. A gennaio e
febbraio a Maui rischi di prendere due mesi di pioggia… Non sto dicendo che Maui non
sia un buon posto per testare le tavole, ma è troppo unico e particolare.
John Skye: L’altro giorno ho testato la 7,2 Freeride e poi sono andato in cielo con la 4.2
a Big Bay. Si passa dalle onde perfette con vento sideoff di Elands o Haakgat alle onde
choppate con vento onshore nucleare di Witsands. Qui si può testare ogni singola tavola
e ogni singola vela. Non parliamo poi delle 12 ore di differenza tra Maui ed Europa…
Roberto ci puoi spiegare che ruolo ha John all’interno di RRD?
Dal momento in cui è entrato a far parte del team 3 anni fa, lo abbiamo subito messo a
capo della sezione di R&D delle vele. Il suo stile e la sua testa sono perfetti per lavorare
al meglio sull’intero concetto di rig, portandolo a nuovi livelli. Durante i primi 2 anni ha
collaborato strettamente con i velai per imparare ogni singolo dettaglio del mestiere e
da quest’anno disegna lui stesso, oltre che a testarle, le vele dell’intero range, dal
freeride al wave. La Four, la Move, la Vogue saranno tutte progettate e realizzate su
parametri decisi dal fortissimo rider inglese. Non abbiamo la pretesa di diventare una
veleria vera e propria, ma vogliamo solo offrire ai clienti RRD un rig sviluppato
appositamente sulle nostre tavole, in modo da poterne esaltare ulteriormente le qualità.
Proprio per questo abbiamo scelto John. Avevamo bisogno di qualcuno che avesse il
windsurf nel cuore, competente, tecnico, e che fosse disponibile a lavorare su ogni
dettaglio per offrire un prodotto finale ottimo, per completare il nostro mercato di
tavole. I dettagli fanno la differenza e il nostro motto è che ogni cosa è fatta a regola
d’arte. Realizziamo ogni dettaglio collaborando strettamente con il nostro produttore in
Cina, in modo da ottenere esattamente quello che vogliamo.
John, cosa ci puoi dire della nuova Move?
La Move è una vela completamente nuova, iniziata da zero lo scorso anno, e che punta
ad essere una vera e propria vela freestyle-wave, da venir abbinata ad una tavola
Freestyle-wave RRD ovviamente. Prima avevamo la Superstyle, che offriva performance
accettabili sia in freestyle che in wave. Con la recente estremizzazione del freestyle però,
i requisiti stanno cominciando ad essere più marcati e separati rispetto a prima, in cui
bastava una vela potente per planare e maneggevole. Quest’anno quindi abbiamo deciso
di realizzare una vela esclusivamente dedicata al freestyle estremo, la Style Pro sui
TwinTips, lasciando alla Move un utilizzo più freestyle e soprattutto wave-freemove. Le
Move e le Style Pro saranno già disponibili a giugno.
Quante stecche avrà la Style Pro?
Abbiamo cominciato realizzando la 4.2 e 4.7 a 4 stecche, mentre la 5.2 a 5 stecche.
Durante i test però abbiamo scoperto che la versione a 4 stecche andava molto meglio
e quindi abbiamo realizzato l’intero set a 4 stecche, le cui misure sono 4.2, 4.7, 5.2 e 5.7.
Così tutte le condizioni sono coperte. Parlando con i vari rider del PWA e provando il loro
John Skye al lavoro.
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materiale, ho scoperto che la new school preferisce vele più piatte, in modo da
agevolare il passaggio in duck sottovento per le ultime manovre estreme. È quindi
necessario realizzare una vela con profilo poco marcato, potenza avanzata e boma
piuttosto corto, ma che generi comunque parecchia potenza. Per il freestyle/wave,
invece è l’opposto. Si cerca di avere una distribuzione più arretrata per controllare la
potenza nei bottom e planare più facilmente.
Come riesci a realizzare una vela con profilo piatto ma che possa generare una
buona potenza?
La soluzione numero uno è l’utilizzo delle 4 stecche. Abbiamo poi ampliato la tasca
dell’albero ed eliminato il profilo troppo marcato. Così facendo, quando si cazza la vela,
la zona anteriore a contatto con la tasca d’albero si riempie, generando potenza nella
parte avanzata della vela, lasciando la bugna piatta e neutra. Nel momento in cui si
passa sottovento alla vela, quindi, diventa completamente piatta e neutra, facilitando
molto il passaggio.
Roberto ha detto prima che sono i dettagli a fare la differenza. Su quali dettagli
state lavorando?
Ci siamo anche concentrati molto sui dettagli. La cucitura della balumina, per esempio,
è stata rinforzata e ripiegata non a vista, in modo che, anche sfregando sulla tavola, non
si indebolisca. Stiamo anche lavorando sul nuovo anello e la nuova puleggia. Abbiamo
anche pensato di fare un rinforzo del piede d’albero stampato in thermoform, in rilievo,
in modo che tutto il rig sembri molto futuristico e pulito. Anche la zona di bugna è stata
rinforzata e resa più efficiente e moderna, rendendo la zona di tessuto più piccola e
utilizzando delle strisce in EVA per evitare che il boma, toccando sulla vela, consumi il
monofilm.
Abbiamo eliminato anche dei rinforzi eccessivi in zone non troppo sollecitate in modo da
alleggerire l’intero rig e renderlo più maneggevole e performante.
Prototipo dopo prototipo si cerca di capire le differenze derivanti da piccoli
cambiamenti, in modo da combinare più aspetti positivi possibili e da ottenere un
prodotto migliore. Non basta pensarli a riva, bisogna testarli in acqua.
John, ci puoi brevemente spiegare la differenza dei vari modelli delle prossime
vele RRD?
Se vuoi fare una burner one hand, prendi la Style Pro. Se invece vuoi fare bump and
jump, surfare e saltare come quando sono a casa mia, allora punti sulla Move. La Vogue
e la Four invece sono le nostre vele wave sideshore.
La Vogue 2013 sarà differente?
In generale la Vogue era un po’ old school, con albero piuttosto lungo e boma molto
corto. Volevo riammodernarla un po’ e quindi ho deciso di ridurre la lunghezza
dell’albero di 10cm, cercando però di mantenere inalterata la lunghezza ridotta del
boma. Il risultato quindi è una vela molto più compatta, maneggevole e super resistente,
grazie all’utilizzo di Xply nella finestra e rinforzi diffusi. Questa vela sarà disponibile
verso agosto, quindi cercherò di lavorarci in modo che abbia anche un po’ più potenza,
che resti comunque gestibile ed avanzata affinché sia leggerissima tra le mani ma ti
permetta allo stesso tempo di spostarti senza problemi. La surfata è molto più basata
sulla tavola che sulla vela, come in surf da onda.
La Four invece?
È una delle nostre vele migliori da vedere, molto pulita ed aggressiva. È la vela che
utilizzo maggiormente e ne sono molto contento. La vela è molto più reattiva e diretta
grazie alle 4 stecche, ma per quest’anno abbiamo cercato di renderla anche un po’ più
polivalente, in modo che possa dare il meglio anche in condizioni non ideali, come Pozo
e Klitmoller. Abbiamo quindi aumentato un po’ il profilo in modo che la potenza resti
avanzata e l’intero rig sia sotto controllo in ogni momento. Penso che sia la scelta
perfetta per le nuove tavole Quad, dove ti serve un po’ più potenza per spostarti sul
picco e spaccare il lip.
People
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JOSH ANGULONumero velico: CV-1
Altezza: 183 cm
Peso: 98 kg (Josh: “95kg per l’anno prossimo!”)
Nato il: 12.12.1974 • Nazionalità: USA
Risultati:
• Campione del mondo Wave 2003 e 2009
• Coppa del mondo Slalom Corea 2011 - 3° posizione
• Slalom World Cup Costa Brava 2011 - 9° posizione
• Slalom World Cup Alacati 2011 - 6° posizione
• Finale World Cup Slalom 2011 - 9° posizione
Josh Angulo è cresciuto tra le onde delle Hawaii. Suo
papà era già il rinomato shaper delle tavole “Angulo”, già
da piccolo. I suoi fratelli maggiori Andy e Mark hanno
cominciato a dimostrare i loro rispettivi talenti già molto
presto e poco dopo Mark è diventato uno dei pro rider
più famosi degli anni 80.
Josh da subito ha quindi avuto lo stesso sogno, e già a 10
anni sapeva che sarebbe diventato un pro windsurfer ed
era l’unica cosa che avrebbe voluto fare. Il suo talento e il
suo stile incomparabile lo hanno fatto brillare per il suo
timing impeccabile e la sua fluidità. I suoi aerial
tweakkati proprio sotto il lip che gli permettevano di
sorvolare le sezioni più insidiose sono stati rinominate
proprio Aerial alla Angulo. Pochi rider possono
contrastarlo in condizioni down-the-line mure a destra.
Tutto questo sembra un sogno, ma Josh ha anche dovuto
lottare con tutti i problemi legati sia alla sport che alla
vita: il risvolto della medaglia del suo talento eccezionale
era un abuso autodistruttivo di droga ed alcol durante gli
anni novanta. Era il Bad Boy del mondo windsurfistico e,
se doveste chiedere ai suoi vecchi sponsor come Gun
Sails o North Sails, sicuramente avrebbero un’infinità di
storie interessanti. Dopo questi episodi bui, Josh ha
trovato la fede in Cristo e nel 2004 si è trasferito a Capo
Verde, dove ha conosciuto Claudia, sua futura moglie. Nel
2009 è riuscito ad ottenere la sua seconda vittoria
mondiale in wave. All’inizio del 2010 ha però deciso di
cambiare radicalmente, passando allo slalom, con il
supporto di Gun Sails e delle loro vele da Slalom,
abbandonando le gare di wave. Josh ora ha 37 anni e vive
con la sua famiglia a Boston/USA, ma continua a
gareggiare in Slalom nel PWA World Cup, gestendo il suo
marchio di tavole da Windsurf e SUP.
INTERVISTACominciamo subito con questa: è vero che tua
moglie è venuta a Sylt solo durante gli ultimi 2 giorni
perchè era assolutamente convinta che saresti
salito sul podio?
Prima di lasciare Maui per Sylt, mi ha rivelato il suo
discorso con Dio e come lui le avesse garantito la mia
vittoria. Ovviamente, ho cercato di confidare nel Signore
quanto più potessi, ma era una situazione piuttosto
difficile anche per un credente come me. A volte faccio
fatica a mantenere la mia fede, specialmente in episodi
come questo. Claudia però era così sicura che ha
programmato di scendere con nostro figlio Noah proprio
in tempo per la chiusura dell’evento e la premiazione.
È stata la vittoria contro Kauli Seadi alla Wave World
Cup a Capo Verde nel 2009 che ti ha dato la spinta
per cambiare?
Avevo già gareggiato in slalom prima di quel momento,
ma è stato nel 2009 che ho deciso di abbandonare il
wave e concentrarmi al 100% sullo slalom.
Affronti le sfide con la stessa voglia ed entusiasmo
di quando facevi wave. Com’è possibile rinunciare
alle onde per qualcuno cresciuto alle Hawaii?
Ho vissuto e viaggiato un po’ dappertutto nel mondo. Ho
imparato molto da molti rider europei, anche gente
comune che per me non fossero eroi dello sport, ma che
ammiravo per la loro dedizione e professionalità. Alle
Hawaii ho imparato a conoscere l’Oceano alla perfezione
e sono così riuscito a concretizzare il mio stile unico. Per
vincere gli eventi però ci vuole anche ben altro, devi
allenare sia il corpo, che soprattutto la mente.
TESTO E FOTO DI reemedia
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PERCHÈ CAMBIARE?TUTTI POTREBBERO VISUALIZZARE JOSH ANGULO IN ACQUA DURANTE UNA GROSSA GIORNATA A JAWS, O
TEAHUPOO O ANCHE A PONTA PRETA, SPECIALMENTE DOPO AVER REALIZZATO IL SUO SOGNO DI OTTENERE BEN 2TITOLI MONDIALI IN WAVE. RICARDO CAMPELLO, INVECE AVREBBE SICURAMENTE POTUTO CONTINUARE A
COMPETERE IN FREESTYLE, PER ACCUMULARE ALTRI TITOLI OLTRE AI 3 MONDIALI VINTI TRA IL 2003 ED IL 2005, CONUNʼENORMITÀ DI MANOVRE ORIGINALI INVENTATE DA LUI.
ENTRAMBI I RIDER QUINDI ERANO AL TOP DELLE LORO RISPETTIVE DISCIPLINE, CHE FOSSE WAVE O FREESTYLE,EPPURE, ENTRAMBI, HANNO DECISO DI CAMBIARE DISCIPLINA. QUESTA MOSSA PERÒ NON È ASSOLUTAMENTE UNA
FORMA DI RESA O RINUNCIARE ALLA PROPRIA CARRIERA PROFESSIONALE, MA IL METTERSI COMPLETAMENTE FUORIDALLA PROPRIA ZONA DI COMFORT.
PERCHÈ? SICURAMENTE NON PER RAGIONI ECONOMICHE. VENGONO IN MENTE DOMANDE SU DOMANDE, TIPO COMEAFFRONTARE UNA SCELTA COSÌ IMPORTANTE, COME HANNO REAGITO I LORO SPONSOR, IL CAMBIO DI DISCIPLINA HA
INFLUENZATO IL LORO ALLENAMENTO E I LORI OBIETTIVI?ABBIAMO QUINDI CHIESTO DIRETTAMENTE A LORO DI SPIEGARCI LE LORO DECISIONI.
Sicuramente quindi le Hawaii, come Capo Verde, mi
hanno aiutato tantissimo in generale, cerco di assimilare
tutte le cose positive che imparo man mano venendo a
contatto con le varie culture, in modo da cercare di
essere la persona migliore che possa essere.
Cosa ti motiva quindi a volare al lasco stringendo
una vela race?
Generalmente spingo seriamente sempre, in quanto in
gara, in allenamento o mentre testo materiale, la
motivazione è sempre quella di superare i propri limiti o
di battere il tuo rivale. La voglia di vincere è la ragione che
porta tutti a spingere. Siamo solamente dei bambinoni
che vogliono vincere al loro gioco che amano tanto.
Quello che quasi nessuno sa: tu utilizzi tavole slalom
con grafica Angulo, che però sono shapate da un
tedesco!
Dieter “Didi” Jocham è l’originale “Horney boy”. È una
leggenda vivente ed è un ragazzo tranquillissimo. È come
una versione tedesca di Ed Angulo, quindi mi è piaciuto
da subito. Sono davvero entusiasta del suo lavoro e mi
sento davvero onorato di poterci collaborare ed è una
risorsa vitale per il nostro team.
Quali sono i tuoi obiettivi realistici per la prossima
stagione slalom di coppa del mondo?
Top 5, forse top 3 o magari addirittura primo!
Se potessi tornare a quando eri più giovane cosa
cambieresti?
Imparerei a organizzarmi meglio e a gestire sia me
stesso che i miei soldi.
Dichiarazione di Jörg Müller (general manager di
Gun Sails) riguardo al suo cambiamento.
“Josh Angulo è un windsurfista puro. La sua carriera
ha avuto alti e bassi, ma ogni volta che ha incassato,
si è rialzato più forte di prima. Ha uno stile
assolutamente unico, la sua dedizione decennale allo
sport ed il suo carisma lo rendono senza dubbio uno
dei pro più eccezionali di tutti i tempi.
Dopo il suo secondo titolo mondiale e il successivo
ritiro in wave, è sempre arrivato nei primi 20 posti in
slalom ed ora ha chiuso nei primi 10 in classifica
finale.”
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Ricardo Campello è cresciuto nel paradiso del freestyle,
El Yaque, dove c’erano temperature caraibiche tutto
l’anno, con vento costante, acqua poco choppata e alcuni
dei migliori pro al mondo come compagni d’uscita.
L’opinione più comune tra i vari pro però è che Ricardo
abbia un talento eccezionale, forse più di chiunque altro
in coppa del mondo. È per questo che è riuscito a
sbaragliare la concorrenza, guadagnando senza fatica 3
titoli mondiali consecutivi dal 2003 al 2005. Era il numero
uno, senza il minimo dubbio. Il rider ventiseienne è
piuttosto tranquillo, e raramente lo si vede scherzare in
compagnia dei suoi amici brasiliani, ma in acqua è una
storia completamente diversa. Quando le condizioni sono
da 5.0 o meno, Ricardo vola. Ha inventato numerosi trick
in freestyle tra cui la Shaka, Pippa e perfino la Chachoo,
dal nulla. Ricardo, la cui mamma ha un ristorante a El
Yaque, è comunque una forza della natura anche con vele
più grosse ma sotto la 5 il suo stile esplosivo e potente fa
la differenza e sprigiona tutta la sua esuberanza e
talento. La sua routine d’allenamento forse è un po’
troppo rilassata, da bravo caraibico, e non ha tutta
questa voglia di lavorare sulle manovre nuove, in
contrasto all’attuale campione del mondo Steven Van
Broeckhoeven, che è sempre il primo in acqua e l’ultimo
fuori, in ogni condizione. Il belga, infatti, fa un vero e
proprio lavoro, allenandosi almeno 6 ore al giorno. Il
talento eccezionale di Ricardo, invece, gli permette di
surfare molto meno, dovendo uscire 2 ore al giorno ed
andare in qualche spot wave ogni tanto. Tenendo conto di
questo, il suo passaggio dal freestyle al wave è ancora
più sbalorditivo, specialmente considerando che vive
ancora ad El Yaque!
Onde a Isla Margherita? Zero. La sua isola non è
assolutamente un buon spot per il wave, anche se c’è
qualche spot a nord dell’isola. Sempre più windsurfisti in
vacanza stanno dirigendosi sullo spot di El Yaque, e da
qualche anno anche molti pro vengono qui ad allenarsi. Il
suo compagno di team, Jason Polakow, non si perde in
chiacchiere e commenta: “Se Ricardo dovesse star qui
per un intero inverno, sarebbe difficile da contrastare…”.
Solo tre anni fa, ha deciso di dedicarsi interamente al
wave, ma all’inizio del 2009 i risultati non erano
assolutamente comparabili a quelli del freestyle e stava
quasi per venir eliminato dal team JP. Nel frattempo, però
il brasiliano ha cambiato passo ed è riuscito poi a
piazzarsi in quinta posizione finale. Continua a fare salti
di livello spaventosi di anno in anno e solamente Philip
Köster è riuscito a fermarlo durante la tappa di World
Cup a Klitmöller, facendogli chiudere la stagione 2011 in
seconda posizione, cioè Vicecampione del mondo Wave.
INTERVISTAQual è stato il punto decisivo che ti ha portato a
concentrarti sul wave al 100%?
Quando ho cominciato ricordo di aver sempre ammirato i
ragazzi del wave, perchè le onde mi trasmettono molta
più adrenalina e quando penso alla mia idea di windsurf,
penso al wave!
È stato difficile per te riuscire a fare sia freestyle
che wave in passato, prima di decidere?
Sì, era dura perchè per concentrarti al 100%, devi essere
deciso e fare una cosa sola. Era dura ma non impossibile!
Alla fine però non mi piaceva più gareggiare in freestyle,
solo surfare e provare i nuovi trick in freesurf.
Dal punto di vista economico è stata una scelta
vantaggiosa o un problema?
Inizialmente avevo meno budget a disposizione dal mio
sponsor, però spendevo anche meno perchè mi dovevo
spostare molto meno rispetto al tour di freestyle!
Oltre ad aver inventato un bel po’ di trick freestyle,
per caso stai lavorando a dei nuovi salti?
Ho sempre un po’ d’idee che mi frullano in testa e ne ho
già chiusi un po’. Vedrete!
El Yaque è dove sei cresciuto e ora ci passi
solamente 6 mesi l’anno. Surfi anche quando sei a
casa?
Se c’è vento e le condizioni sono buone, ovviamente si!
Faccio anche un bel po’ di slalom, per allenarmi per le
gare a livello nazionale!
Quanto spesso hai la possibilità di allenarti in wave?
Come ti prepari per la stagione?
Cerco di surfare più tempo possibile, specialmente
andando a Maui, oppure viaggiando in altri posti come
Cabo Verde e Indonesia (per le riprese del nostro DVD
“Minds wide open”) e cerco di allenarmi quanto più
posso ad ogni uscita.
Torniamo sui salti. I tuoi sponsor JP e Neil Pryde ti
avevano offerto un incentivo di 10.000 Euro se avessi
chiuso il primo Triplo Forward in gara. Quando ce lo
farai vedere?
Bhè ho già provato 3 volte negli ultimi 3 anni e ci sono
anche andato piuttosto vicino. Quest’anno però non mi
sentivo a mio agio ed ho voluto evitare, magari il 2012
sarà l’anno buono!
Per competere in wave devi essere preparato sia
fisicamente che mentalmente. Ti poni degli obiettivi
a inizio stagione?
Certo che si, in ogni sport e disciplina è fondamentale
prepararsi e testare tutto il materiale, in modo da
trovare la combinazione perfetta che ti permetta di dare
il meglio, magari perfino di diventare campione del
mondo!
RICARDO CAMPELLONumero velico: V-111
Altezza: 178 cm • Peso: 82 kg
Nato il: 16.07.1985 • Nazionalità: Brasiliano
Risultati:
• Campione del mondo Freestyle 2003, 2004, 2005
• Vicecampione del mondo Wave 2010
• Wave World Cup Gran Canaria 2010 - 3° posizione
• Wave World Cup Klitmöller 2010 - 3° posizione
• Wave World Cup Gran Canaria 2011 - 4° posizione
• Wave World Cup Tenerife 2011 - 6° posizione
• Wave World Cup Klitmöller 2011 - 2° posizione
• Vicecampione del mondo Wave 2011
Distributore Italiano: Pandora srl - [email protected] - www.severnesails.com
Speed Mania
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GHOST OF SPEED, NON CIPOTREBBE ESSERE TITOLOMIGLIORE PER QUESTO NUOVOFILM SU UNA DISCIPLINA COSÌPARTICOLARE COME LO SPEED.QUESTI CAVALIERI MODERNIDELLA VELOCITÀ APPAIONOALLʼIMPROVVISO IN SPOT CHESONO MOLTO LONTANIDALLʼIMMAGINARIO COMUNEDELLA CLASSICA GIORNATA DIWINDSURF CON SOLE, VENTO EONDE; LE LORO VELE SIINTRAVEDONO PER UN ATTIMOE POI SPARISCONONELLʼOSCURITÀ DELLAPERTURBAZIONE, COME DEIFANTASMI. SOPPORTANO ILFREDDO, IL BRUTTO TEMPO,LʼACQUA MARRONE, SOLO PERLA SETE INSAZIABILE DIPROVARE A SUPERARE IPROPRI LIMITI, RUN DOPO RUN.VELOCITÀ, FANGO E GLORIA…
Nei canali di Amsterdam, la vita continua fino a notte fonda. È da quattro anni che, la
sera, mi rilasso nella cabina di pilotaggio della house-boat dove vivo quando sono in
questa città, per lavoro o per il vento.
Fare windsurf qui è diverso, le condizioni sono ottimali per lo speed: acqua piatta, vento
costante e forte, disponibilità di buona attrezzatura speed in ogni negozio del paese e
soprattutto per l’amicizia. Ci si conosce tutti nelle spiagge e i local sono organizzati in
Speed Team, che si sfidano giornalmente in acqua e registrano le velocità con i piccoli
gps waterproof.
Vedo passare un piccolo rimorchiatore, impegnato a consegnare un’enorme chiatta
piena di sabbia, con i motori a tutta per manovrare ed infilarsi nel piccolo canale
laterale e fa sbandare un po’ la nostra barca, mi culla mentre scarabocchio una
storyboard del film che sto girando qui in Olanda, proprio sullo speedsurfing. Controllo
il vento su windguru nel cellulare e mi perdo nei colori fucsia e blu delle previsioni per
dopodomani. Sorrido, il ghiaccio si è sciolto e, anche se l’acqua è freddissima, sono
sicuro che qualcuno andrà in acqua a breve e potrò iniziare le riprese.
Il film si chiama Ghosts of Speed, i fantasmi della velocità, e racconta di come siano
invisibili i più veloci surfisti d’Olanda, non li vedi mai dalla spiaggia, camminano per
chilometri nel fango quando la marea va giù o surfano fino a banchi di sabbia perfetti,
che garantiscono l’acqua più piatta. Anche nelle spiagge, più belle e facili da
raggiungere, non li vedi mai; surfano le raffiche lontano dalle altre scie, dove l’acqua ha
meno turbolenze e tracciano circuiti invisibili, ripetuti a rotazione uno alla volta, come i
surfisti sulle onde, come gli aerei sulla landing line.
Sono perso tra il blu e il fucsia, complice il bicchiere di un
buon Rhum agricolo. Trenta nodi con raffiche fino a 45/50, da
sudovest. Perfetto! I colori spariscono dal telefono e appare il
viso dell’amico Jan Hendrik che mi chiama per avvisarmi di
un tentativo di record nei prossimi giorni.
Ci siamo, l’adrenalina scorre forte, azione finalmente!
Seguono telefonate varie con Jurjen van der Noord e
decidiamo per lo spot “The Brace”, le condizioni dovrebbero
essere perfette, si combinerà la più bassa marea con il vento
forte, l’acqua sarà piatta, dice.
11:00, la marea è ancora alta e non si può andare da
nessuna parte, così mi dedico a scattare foto per un
timelapse, destinato a raccontare nel film l’abbassarsi della
marea e l’aprirsi della via al mare, come se Mosè fosse lì a
garantirci di surfare. Sono quasi due chilometri da percorrere a piedi, con tavola e vela
alla mano e affondando nel fango fino alle caviglie. All’andata è bello, siamo freschi e,
con trenta nodi di vento alle spalle, loro camminano, lasciando che sia la vela al lasco a
spingere la tavola sul fango mentre io, ahimè, devo percorrere il tragitto con zaino
pesante e macchina foto.
Manca poco a raggiungere l’acqua e li vedo da lontano, raccolti in gruppo a discutere
della marea, dopo aver montato le pinne alle tavole.
Dylan De Jong salta in acqua e prova con cautela il percorso, gli altri guardano curiosi,
il fondale è buono e i 30 cm. vicino al banco di sabbia, sono sufficienti a garantire full
speed in sicurezza. Iniziano le danze con un vento tranquillo sui 25/30 nodi e un chop
cattivo sulla bolina per riconquistare il punto di partenza delle speed session, motivo
per cui, in molti, opteranno per camminare e recuperare così le energie, invece di farsi
tartassare dal mare. Sono felice, è un onore essere qui tra loro, in uno degli spot più
difficili ed esclusivi del paese. Mi rendo anche conto del disagio però; se ti ferisci qui
mentre la marea monta, è impossibile tornare indietro sulle spalle di qualcuno e, per
essere soccorsi dall’elicottero, può volerci un’ora buona. Tempo utile anche all’alta
marea, per farti ritrovare in mezzo alle correnti del Mare del Nord che s’insinua tra le
isole… Non ci penso che è meglio, respingo i pensieri e preparo il 70-200mm per i primi
scatti dalla sabbia. Non è facile fare foto allo speedsurfing, sul piano visuale è uno sport
abbastanza noioso, ho già provato di tutto per variare il tema e mostrare queste
velocità impressionanti in scatti fotografici. Vorrei dell’altro, così sperimento dal vivo le
immagini che ho pianificato di riprendere per il film. Penso alle storyboard, ai due
estremi musicali che mi hanno aiutato a disegnare le linee, Eric Satie e Skrillex, al Rhum
delle serate in barca. Rimango timido sulla sabbia col cannone bianco di Canon e scatto
foto noiose per un’altra mezz’ora.
Aspettando la marea giusta...
TESTO E FOTO DI Angelo Pecere
57
“All’andata è bello, siamo freschi e, con trenta nodi divento alle spalle, loro camminano, lasciando che sia la
vela al lasco a spingere la tavola sul fango...”
58 Sono bellissimi da vedere, perfetti nelle loro posizioni composte. Lo percepisci sul serio
l’equilibrio che li distingue dagli altri, quasi odori l’adrenalina che li spinge a tener
chiusa la vela. Guardali! Maestosi, fieri o spaventati, stanchi e infreddoliti ma felici.
Cambio obiettivo e mi avvicino alla scena fino a bagnarmi, ho l’acqua alle ginocchia e la
muta invernale tiene bene. Il vento è rinforzato, ci sono quaranta nodi adesso e il mare
è bello, zebrato bianco come piace a noi. Grazie al 16 mm riesco a inquadrare l’insieme
e così mi avvicino, inginocchiandomi sul fondale con l’acqua in vita.
Questo è un posto così fuori dal mondo ma, sotto un certo aspetto, così simile al nostro.
Surfisti in pieno lasco col sorriso o con lo sguardo del terrore in viso, altri che,
camminando in acqua, recuperano terreno sulla lingua di terra di questo banco
perfetto. Quando qualcuno arriva in piena velocità, gli altri si abbassano per non
rubargli il vento, schiacciano le vele in acqua assumendo buffe posizioni per appiattirsi
il più possibile. C’è anche chi, senza troppi problemi, estrae dal giubbotto
d’appesantimento cacciavite e varie pinne. “Provo la 19 che la 21 oggi non mi convince”.
Misure da marziani, penso! Jurjen è velocissimo ma anche gli altri non scherzano, si
susseguono i passaggi e a volte si fermano a parlarmi. C’è rispetto, capiscono quanto
sia dura, per me, non essere in acqua con loro e mi consola vederli felici, con un occhio
al vento e l’altro al gps. Ottime velocità oggi a The Brace. Jurjen ha già battuto il suo
record personale ed ora è impegnato ad alzare la media dei 10 secondi. Cinque sessioni
da 10 secondi sono l’obiettivo da raggiungere, farlo al massimo della velocità è la
barriera da infrangere. Manfred Malcorps e Johan Huitema mi sorridono passando,
anche per loro bolle in pentola un PR (personal record). Che bello, è incredibile! La
stagione è iniziata davvero bene e, soddisfatto delle foto, mi dedico a fare qualche
ripresa con la piccola videocamera, a mano libera. Di nuovo Johan: “Angelo, è la prima
volta che supero i 45 nodi, fantastico!”. Hanno già le vele del 2012 e non hanno pietà di
spingerle al massimo, gli sponsor saranno felici. E lo sono anch’io, foto e girato
sembrano buoni. Jurjen fa un altro passaggio, l’acqua fuma ed è così veloce da
scapparmi fuori dall’inquadratura. Al ritorno calcoliamo la media delle sessioni con
l’iPhone, che uso per postare qualche foto e commento “live” su Facebook e Twitter, per
gli amici costretti al lavoro. Tremiamo dal freddo e devo inserire le cifre più volte nei
tasti del piccolo monitor. (47,42 - 47,12 - 46,79 - 46,28 - 46,19). È record! Sia per lo spot,
che per le acque olandesi! Intanto le piccole onde, che hanno già cambiato direzione
segnalandoci l’inversione di marea, si fanno strada verso i due chilometri da percorrere
per tornare alla spiaggia. È roba tosta adesso, ognuno da solo, con la sua sofferenza,
tavola e vela alla mano contro il vento che soffia più forte di prima e, questa volta,
direttamente contro. Approfitto per gli ultimi scatti panoramici mentre, lentamente,
torno verso la sicurezza della spiaggia. Condivido quest’ultimo sforzo con guerrieri
stanchi e senza più forze che, passo dopo passo, tornano a casa.
COMMENTI DEGLI ATLETI: JURJEN VAN DER NOORDStarboard Speed Special 44w 2011, Severne Reflex Slalom III 5,6 2012
Quando abbiamo montato le vele, il vento non sembrava molto forte ma ho avuto fiducia
nelle previsioni, così ho preso la mia nuova Severne ReflexIII 5,6 e la Starboard Speed
Special 44w. Non ho avuto il tempo di regolarla e non ho fatto nessun aggiustamento di
sorta. In totale 10 speedsurfer hanno approfittato della giornata di oggi per registrare
alte velocità. Quando siamo arrivati, lo spot è apparso subito molto buono. Acqua piatta
e un sacco di vento dalla direzione perfetta. Il cuore ha iniziato a battermi forte perché
sapevo che questo sarebbe stato il mio giorno. Ogni session ha solo una piccola finestra
di tempo utile in cui le condizioni sono migliori, ho voluto essere sicuro di approfittare
di queste condizioni, così sono saltato in acqua subito per fare più run possibili. Dopo 10
minuti ho realizzato che la vela necessitava di più tensione al caricabasso per darmi un
po' più di accelerazione. Con un solo centimetro di regolazione ho sentito la vela
perfetta. Sapevo che avremmo potuto fare le nostre run solo per 90 minuti e dopo i
primi 45, la mia velocità è aumentata sempre più. Le condizioni dello spot, la mia
attrezzatura ed io eravamo pronti per la scommessa. Nei successivi 45 minuti tutte le
mie run sono state tra i 45 e i 47 nodi. Sentivo che un personal record e anche un high-
ranking sul sito www.gps-speedsurfing.com erano possibili. Con una bella botta
d'adrenalina, ho fatto le mie run più veloci. E si, ce l'ho fatta, ho raggiunto una velocità
media (ndr 5 run da 10 secondi) di 46,7 nodi e una velocità massima di 48,6 nodi. La più
alta velocità da me raggiunta, la più alta velocità mai raggiunta in acque olandesi e un
5° posto nel ranking mondiale GPS. Anche la media sui 500 metri è stata ottima con una
velocità di 46 nodi. La via del ritorno alla spiaggia è stata orribile ma grazie
all'adrenalina non ho accusato più di tanto!
MANFRED MALCORPSF2 Missile XS 2007 – Ka Sails Race 5,5 2012
Dopo svariate brutte session, questo spot ed io stiamo finalmente diventando amici.
Ho avuto un piccolo miglioramento del mio PB avg, ma con le braccia meno doloranti
potrei spingere un po’ di più.
Incredibile velocità di Jurjen e Johan!
Tutto sommato una bella giornata, con Angelo a scattare foto e video di tutti gli
speedsurfer in pista oggi c’è stata una buona atmosfera!
JOHAN HUITEMAStarboard Speed Special W49 2009 - The Loft Sails Racing Blade 5.6 2012
Un giorno epico a The Brace. A causa di una rottura della macchina, sono arrivato con
un'ora di ritardo allo spot, logicamente seguita da una corsa di 2 km nel fango
scivoloso con tavola e vela alla mano. Nonostante ciò ho rotto il magico limite degli 84
km/h (2 sec max) e anche raggiunto un buon 80,62 sui 10 sec con una media di 76
km/h. I miei obiettivi per il 2012 sono raggiunti. Sono davvero contento e mi da una bella
sensazione sapere che c'è dell'altro che mi aspetta. Congratulazioni a tutti per i PR.
Jurjer era ed è ancora una classe a parte e ha registrato il record dello spot a The
Brace. Doppie congratulazioni! Un brindisi agli dei per questa giornata epica!
Link: Autore: www.angelopecere.com
Gps-Speedsurfing: www.gps-speedsurfing.com
Johan Huitema nel suo rundove supera per la primavolta la barriera dei 45 nodi!
59I guerrieri stanchi e senza più forze che,passo dopo passo, tornano a casa.
Quando qualcuno arriva in piena velocità, gli altri si abbassanoper non rubargli il vento, schiacciano le vele in acquaassumendo buffe posizioni per appiattirsi il più possibile.
Endless Summer
60 Fede Infantino a Ho’okipa.
TESTO DI Federico Infantino | FOTO DI Franck Berthuot, Adele Frola | RIDER Federico Infantino, Andrea Franchini
61
VI PROPONGO ORA IL REPORT DELLA VACANZA DA SOGNO DI UN NOSTRO COLLABORATORE EAMICO: IL LIGURE FEDERICO INFANTINO. LA META È SEMPRE LA SOLITA… MAUI, MA QUESTAVOLTA FEDE CI DÀ QUALCHE UTILE CONSIGLIO IN PIÙ ED APPROFONDIMENTO CHE SOLO CHI HAVISSUTO VERAMENTE LʼISOLA PUÒ CONOSCERE. E SOPRATTUTTO LARGO AI GIOVANI, PERCHÉÈ SEMPRE PIÙ DIFFICILE VEDERE DEGLI UNDER 30 NEI VARI SPOT IN GIRO PER IL MONDO!
Hawaii, Maui, Ho’okipa, il sogno di ogni surfista è di poter
surfare un giorno in quello spot perfetto, con quelle onde
perfette… naturalmente lo è sempre stato anche per me!
Fin da bambino guardavo foto e video di quell’isola, tutto
sembrava così stupendo ma finché non lo vedi con i tuoi
occhi non puoi immaginare la “magia” di quel posto!
All’inizio del 2011 mi ero prefissato due obiettivi per
l’anno in corso, riuscire a realizzare due miei sogni:
partecipare ad una tappa del PWA e surfare ad Ho’okipa
con le leggende!
Tornato da Tenerife, stragasato per il mondiale, volevo
concludere l’anno al top e con un po’ di sacrifici il 12
ottobre 2011 sono riuscito a coronare anche il secondo
sogno salendo su un aereo con destinazione Maui!
QUATRO, GOYADopo un lungo e difficile viaggio, arrivato a destinazione,
mi attendevano all’aeroporto Andrea Franchini e Adele
Frola sbarcati sull’isola una decina di giorni prima di me.
Sballato dal fuso orario e sapendo che l’indomani
sarebbe stata una delle giornate più emozionanti della
mia vita pensavo di non chiudere occhio quella notte, ma
invece stravolto dal viaggio ho tirato dritto fino alle 10 del
mattino seguente ammazzando il fuso!
Arrivato sull’isola senza vele la prima cosa da fare era
passare nella factory più cool di Maui ovvero in ditta
Quatro\Goya ! “Sarà tutto come nei video?”, pensavo
mentre mi avviavo al negozio, ma la risposta fu
immediata: “No, per niente!”, quello non era un video ed
anche se facevo fatica a crederci, mi ci trovavo nel
mezzo!
Entrato sembravo un bimbo a Disneyland, rig montati
appesi, tavole custom ovunque, Francisco Goya che
scendeva le scale, Keith Teboul dietro il vetro nella sua
shaping room, Levi Siver che entra subito dopo di me e
per concludere in bellezza al centro del negozio su quel
famoso calcetto che si vede nei video, delle vele Goya
imballate con sopra scritto un nome… era il mio: Fede
Infantino!
FIRST DAY IN HOʼOKIPAConosciuti e salutati al volo Francisco e Keith, con le mie
nuove Banzai Quad la seconda tappa era Ho’okipa! Tutto
come me lo immaginavo, anzi meglio! Arrivati sulla
spiaggia ci siamo posizionati subito sulla staccionata
sopra la casetta dei bagnini; essendoci stato già anche lo
scorso anno, Andrea ha subito iniziato a spiegarmi un po’
di cose sullo spot: da dove entrare, come funzionava il
canale, ecc… Ma io ero ancora il bimbo a Disneyland,
potete immaginarvi quanto lo stavo ad ascoltare! Mi
trovavo nello spot più bello e famoso al mondo e
Life style di Maui.© Adele Frola
Fede davanti alla famosa e fotografatissimashaping room di Keith Teboul. © Adele Frola
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continuavo ad annuire a tutto quello che Andrea mi
diceva fissando con il cervello spento quel paradiso! Non
sapevo però che più tardi le risate se le sarebbe fatte lui!
Entrato in acqua un po’ troppo gasato sono riuscito a
prendere 5-6 onde poi Ho’okipa mi ha fatto abbassare la
cresta e con il primo mega wipe out ero dritto sugli
scogli con la tavola già aperta a poppa!
Andrea in quei giorni non poteva ancora entrare in acqua
a causa degli 8 punti sulla tibia che si era procurato in
un incontro ravvicinato con le sue nuove pinne custom
MFC durante una bella frullata, quindi tornato da Kahana,
dove la mitica Adele eseguiva spruzzi da coppa del
mondo, mi ha trovato seduto di fianco alla mia tavola che
fissavo le onde e con un sorrisino bastardo ha
esclamato: “Te lo avevo detto!”.
Dal secondo giorno il tempo sembrava volasse. Sveglia,
colazione, un salto in Quatro Goya per scambiare 2
chiacchere e poi dritti ad Ho’okipa per mezzogiorno,
session fino alle 16:30-17:00 dopo di che con il calare del
vento si lasciava spazio ai nostri cugini in surf da onda
per concludere la giornata con una bella grigliata!
HOʼOKIPAChi purtroppo ancora non è riuscito ad andare a Maui si
chiederà se essendo tutto così perfetto sia anche più
facile surfare e provare manovre. Dall’esperienza che ho
avuto in questo viaggio ho capito che come in ogni spot
tutto dipende dalla giornata ed in particolare dalla
direzione dello swell. Il vento è side-off tutti i giorni, anche
se quest’anno siamo riusciti a prendere 2 giornate on
shore. La più grossa difficoltà di questo spot è passare le
onde ad uscire, nella condizione perfetta (fino a 3 mt
d’onda gestibili) abbiamo il canale aperto e la corrente ci
porta fuori anche con la totale assenza di vento, l’unica
pecca è di dover passare attaccato alla scogliera con le
bombe che ti chiudono in faccia, ma prese le misure e un
po’ di confidenza con gli scogli la difficoltà non è così
elevata. Se frulliamo in surfata la prima cosa da fare è
recuperare l’attrezzatura e lasciarci trasportare dalla
corrente che ci porta sempre fuori dalle onde nel canale.
La questione diventa più radicale quando il livello delle
onde supera i 3-4 metri e soprattutto se entra lo swell da
nord/nord ovest, il canale è praticamente sempre chiuso
e passare le onde diventa molto complicato, in quel caso
ci vuole pazienza nell’aspettare la fine della serie e un bel
po’ di fiato. La condizione perfetta secondo i local si ha
quando entra lo swell da Nord, onde dritte da mare con il
canale aperto.
63
TESTIn due mesi di uscite e frullate ho avuto occasione di
provare e testare a fondo molto materiale: in primo
piano le nuove vele Banzai 4 stecche che avendo ritirato
direttamente a Maui non avevo ancora provato nel mio
home spot: una vela stupenda, leggerissima, potente e
iper controllabile, l’unica pecca a parer mio sono le varie
misure (4.9, 4.6, 4.3) perfette per Ho’okipa ma strane per
le nostre condizioni europee, bisogna farci l’abitudine!
Per quello che riguarda le tavole invece devo dire che il
75 Quatro LS, perfetto nelle nostre condizioni europee, è
stato scavalcato dal 76 Quatro KT che nelle onde lisce si è
rivelata una tavola molto più maneggevole e molto meno
cattiva rispetto al modello LS. Un buon feedback positivo
anche per il Goya 72. Adesso arriviamo però al “pezzo
forte” ovvero la tavola Quatro custom dello shaper più
famoso al mondo, Mister Keith Teboul! A prima vista sono
rimasto scioccato: era un 76 litri con un mega scoop
rocker da poppa fino a prua, leggerissima (intorno ai 5
kg), corta e molto larga, 5 scasse con un set di pinne
custom mai visto in commercio, il primo pensiero è stato:
“Domani con questa tavola farò pazzie!”. Ragazzi è stato
tutto l’opposto, provando quella tavola ho capito quanto è
alto il livello di Keith e Levi, la tavola non stava dritta,
voleva sempre girare, una belva indomabile. Dico con
sincerità di avere veramente fatto fatica a surfare!
Parlandone poi con Keith sono arrivato a scoprire che, in
effetti, solo lui e Levi si trovavano bene con quella “belva
rossa”. Penso che Ho’okipa sia uno di quei pochi spot
dove il materiale faccia veramente una grande differenza
partendo dalle pinne, posizioni delle strap, per arrivare
all’albero. Dopo il test di questa tavola però mi sono reso
conto che bisogna anche saperlo controllare il nostro
materiale, quindi non sempre una tavola custom è la
soluzione! Dopo giorni e giorni di test sono stati ottimi
anche i report finali dei MaveX X 1000 e stilo 300, portati
avanti con la new entry del team X Andrea Franchini e gli
altri rider italiani presenti sull’isola come Fabio e Nicola!
Parlando sempre di materiali, una gran bella emozione è
stata quando una mattina alla factory, Jason Diffin (velaio
di Goya) con Francisco riuniti nel loro ufficio mi hanno
chiamato per farmi vedere i prototipi al computer delle
nuove vele 2013 e mi hanno chiesto cosa ne pensavo, beh
credo che Goya stia per sfornare un capolavoro, ma non
posso anticipare niente!
MAUI TIMELa vita a Maui è veramente stupenda anche al di fuori del
windsurf, un paradiso! Quest’anno inoltre l’isola è stata
presa d’assalto dagli italiani, eravamo veramente tanti e
ringrazio tutti per le risate e le mega grigliate! Ho avuto il
piacere di conoscere persone stupende come i grandi
fotografi Sofie e Paul di Amorphia Photography che ogni
sera pubblicavano gli stupendi scatti del giorno, che tra
l’altro ringrazio ancora per avermi immortalato l’aerial
più alto della mia vita (naturalmente soggetto di varie
discussioni sul web!). Un’altra persona stupenda è Josh
Stone! Un grande, l’Aloha man, sempre con il sorriso
nelle onde e a terra, quella leggenda che ti lascia
prendere le onde anche se sono sue e ti gasa a dare il
massimo! Il migliore, grande Josh!
Posso dire di aver vissuto veramente fino in fondo
l’esperienza Maui anche grazie alla Makani Classic, tappa
del campionato americano che, dopo la mia prima tappa
del Pwa, è stata un’esperienza indimenticabile per il fatto
di aver potuto gareggiare con le leggende. Speriamo di
replicare anche quest’anno avendo preso un po’ più di
confidenza con le onde di Ho’okipa!
L’unica pecca di questa avventura è stata non essere
riuscito a vedere Jaws in piena forma, ma solo per pochi
minuti con serie abbastanza piccole e che non
rompevano bene. Altra grande soddisfazione è stata la
nuova collaborazione e sponsorizzazione con Maui Fin
Company del mitico Pio Marasco con il quale spero di
poter lavorare bene e dare il mio contributo per molto!
Infine posso poter dire che è stato il viaggio e
l’esperienza più bella della mia vita, un posto da visitare
non solo per il windsurf (anche se Ho’okipa è sempre
Ho’okipa!). Ringrazio tutte le persone che hanno
condiviso con me questa avventura, tutti gli italiani, Gigi
Madeddu, Matteo Spanu, Cory e Andrea Arte per avermi
sopportato in casa verso la fine della vacanza, tutte le
leggende del nostro sport dai quali ho imparato qualche
cosa, Andrea Franchini per le heat giornaliere che sono
servite a stimolarci e migliorare, e la grande Adele Frola
che anche questa volta mi ha regalato scatti stupendi
anche se riguardando bene il suo video di Maui, io e
Andre ci stiamo iniziando a preoccupare: il suo livello in
acqua sta crescendo molto rapidamente! Grande Ady!
Maui No Ka O!
Andrea Franchini.© Adele Frola
Esclusivo
64
A Maui la vita inizia ogni giorno molto presto, non è raro
svegliarsi all’alba per una poetica surf session per poi
andare a fare colazione ed iniziare la giornata reale.
Anche il giorno del nostro appuntamento ad Haiku con
Francisco Goya, che ci avrebbe accompagnato all’interno
della Cannery, non è stato differente. Verso le 9 del
mattino il mio team ed io siamo pronti a seguire una
delle leggende del nostro sport che ci svelerà in esclusiva
tutti i segreti delle stanze da dove escono gli shape più
famosi e blasonati al mondo.
Francisco Goya ci accoglie nel suo mondo con il consueto
Aloha Spirit e dopo le presentazioni di rito iniziamo la
nostra esplorazione guidati dalle sue spiegazioni e da
quelle di Keith Teboul.
Wow, è l’unica esclamazione possibile quando si
entra nel vostro quartier generale. Ci puoi spiegare
come lavorate in questo paradiso del windsurf?
Francisco: Nel nostro negozio tutti i windsurfer possono
entrare e prendersi una tavola ed il rig che preferiscono
per provarlo gratuitamente. Questo è un ottimo modo per
avere feedback da ogni tipo di rider, che può quindi
essere convinto al 100% del prodotto prima di mettere
mano al portafoglio. Abbiamo a disposizione modelli
2010, 2011 e 2012 da provare, per chiunque entri da noi!
Annessa al negozio c’è anche la shaping room, dove le
nostre tavole prendono letteralmente vita. I pani di
polistirolo vengono shapati col CAD, poi ritoccati a mano
da Keith che li prepara definitivamente per poi mandarli
in produzione. Tavole da windsurf, sup e surf vengono
tutte controllate e laminate. A seconda che il sandwich
sia sul deck o sui rail il numero di tavole lavorate da
Keith in un giorno varia tra le 8 e le 20.
INTERVISTA RACCOLTA DA Fabio Calò | INTRO DI Matteo Righetti | FOTO DI M. Righetti, A. Gabella, courtesy Goya/Quatro
65
Keith Teboul, l’artista degli shape.
66
67
Questo procedimento vale sia per le
tavole realizzate su misura per i clienti
che per le tavole di serie?
Francisco: Esattamente, le tavole vengono shapate qui e dopo essere state testate e
sviluppate a fondo, vengono mandate in produzione da Cobra. Tutte le tavole del team,
dei clienti ed i prototipi da approvare per la produzione vengono quindi realizzate
proprio qui. È qui che succede la magia. Una volta che troviamo lo shape che ci piace
veramente, allora lo mandiamo in produzione e diventa una tavola di serie del nostro
range ufficiale.
Per quanto riguarda gli shape ci sono novità?
Keith: Cerchiamo di realizzare quante più tavole per quanti più rider possibili, in modo
che le possono sfruttare al meglio in tutte le condizioni. Single, twin, thruster e quad.
Non c’è più una tendenza dominante, solo preferenze soggettive a seconda dei gusti e
dello stile.
Quando preferisci usare il Quad o il Thruster o il Twinzer?
Keith: Utilizzo il quad quando è più piccolo, pulito e offshore in modo da poter volare in
down the line con il massimo controllo e presa. Quando invece è più grosso e choppato,
con vento più sideshore preferisco i Thruster. Il Twinzer invece lo uso quando c’è vento
leggero e le onde sono perfettamente pulite.
E che cosa ci puoi dire a proposito della recente tendenza a tornare verso il
Single Fin?
Keith: Io non li uso tanto ma Levi sta surfando solo con quello, perché vuole prendere
quante più onde possibili e così può spostarsi molto più velocemente sul picco,
planando più facilmente e potendosi portare più in profondità sul picco ed avere la
precedenza anche nelle giornate affollate. Grazie ai nuovi shape che abbiamo abbinato a
questo assetto single fin, ora è possibile generare ancora più spinta e velocità nel
bottom turn, provando sensazioni nuove.
Per il mercato ed i clienti la scelta è un po’ problematica. Cosa consigliate?
Francisco: Io la vedo un po’ come il colore della maglietta. Tu la puoi prendere grigia, io
gialla. Abbiamo fatto progressi così grandi negli shape generali che ormai la differenza
degli assetti porta variazioni minime, che possono essere soggettivamente apprezzate o
meno. La scelta quindi è molto meno critica di quello che sembra e molto più personale.
Gli shape funzionano tutti al meglio. Non sono quindi io a doverti dire di scegliere uno
shape specifico, ma sono i tuoi stessi gusti a portarti alla scelta migliore per te.
Noi siamo anche stati i primi a introdurre sia Twin che Quad sul mercato e, grazie a
queste innovazioni, il windsurf in generale è cresciuto molto.
Non siamo solo io e Keith, ma è l’intero mercato ad essere entusiasta degli sviluppi degli
ultimi anni. Potrebbe sembrare una scelta difficile, ma è proprio per questo che diamo
la possibilità di provare tutto il materiale gratuitamente.
Qui a Maui sicuramente si hanno più possibilità di provare le tavole in condizioni
ottimali. Come si fa però nel resto del mondo?
Francisco: I negozi in generale dovrebbero agevolare i clienti a provare il materiale in
quello specifico spot, con le condizioni del luogo, in modo che anche lì ognuno possa
scegliere il materiale a lui più consono. Anche se il negozio dovrà lavorare
maggiormente, la ricompensa finale sarà la fidelizzazione del cliente e la sua completa
soddisfazione. Il tocco personale è fondamentale.
Le dime da cui nasconole tavole Goya e Quatro
e alcune fasidella lavorazione.
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Dai prototipi (FOTO 1), passando per i custom Quatro (FOTO 2), alle tavole di serie Goya (FOTO 3).
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Riassumendo, per scegliere devi entrare in acqua e provare!
Francisco: Sì, noi comunque possiamo ovviamente darti delle dritte, a seconda dei tuoi
gusti e delle tue preferenze ti possiamo consigliare la tavola ideale per le tue esigenze.
Se in più avessi anche la possibilità di provarle direttamente, sarebbe ancora meglio!
Keith: Anche in surf da onda ci sono mode e tendenze, ma sono comunque influenze
positive e fonti d’ispirazione che permettono allo sport di arrivare a nuovi livelli. Io
shapo single fins da 20 anni, e proprio come i rider, voglio provare qualcosa di diverso.
Non è che sia meglio, solamente è una nuova sensazione che ti permette di ampliare ciò
che sai.
Francisco: La scelta dipende moltissimo dallo stile e dall’impostazione del rider. Se è
uno che fa bordi lunghi, preferisce essere sempre planante, in potenza, e magari è più
pesante, o se invece è un rider più leggero che surfa con curve strette su un piccolo
beachbreak. Dipende da quale sia la scintilla soggettiva che accende la passione, che
sia surfare con curve pennellate o saltare e surfare in velocità. Non sono quindi le
condizioni a dettare la scelta della tavola, ma il tuo gusto personale. Non è concepibile
pensare di dover comprare una tavola per coprire ogni singola condizione ed è per
questo che, basandoci sui gusti del cliente, garantiamo un prodotto che vada altrettanto
bene sia al Garda che a Ho’okipa. A seconda delle condizioni specifiche richieste, poi,
decidiamo anche di provare le tavole in location appropriate.
Dove in particolare fate i vostri test?
Francisco: Per le tavole più freeride, bump and jump e freestyle, per esempio, andiamo
dentro al porto di Kahului, dove il vento è più rafficato e l’acqua è molto più choppata e
senza onda, proprio per emulare le condizioni reali che poi potrai surfare in giro per il
mondo. Così facendo possiamo concentrarci maggiormente sul rocker e sulle
performance di planata della tavola.
Per quanto riguarda le tavole wave, invece, principalmente le testiamo a Ho’okipa ma
anche a Kana’ha, Sprecks e nella zona appena fuori dal porto in cui il vento è più
onshore e rafficato. A Ho’okipa, le onde sono così potenti e pulite che la tavola dà
sempre e comunque il massimo della performance. È proprio per questo che scegliamo
innanzitutto di testarle in location meno ottimali, in modo da comprenderne a fondo le
caratteristiche effettive, tra cui anche l’ingresso in planata, la possibilità di risalita ecc.
Una volta che la tavola è performante in generale, a Ho’okipa sicuramente eccellerà. È
un po’ come la ciliegina sulla torta, il marchio d’approvazione, che ti permette di andare
ovunque nel mondo, Pozo, Guincho, ecc.
Francisco, tu ormai sei nel gioco da molti anni. Quali sono per te le differenze
principali tra una tavola con un design di una decina d’anni fa e una moderna?
Francisco: Ai tempi le tavole venivano definite esclusivamente in base alla lunghezza,
passando dai 265 ai 255. Erano molto strette e lunghe, con linee spigolose e dritte. In
andatura erano molto veloci ma più difficili da gestire e far girare, ed erano molto meno
dirette e giocose. Ora invece riesci, a tuo piacimento, a fare curve più lunghe o anche
strettissime sulla spalla. Le tavole ora sono più compatte, morbide e larghe e
fondamentalmente molto più manovrabili e divertenti.
Come shapate una tavola?
Francisco: Prendiamo i pani di polistirolo e, dopo aver fatto le misurazioni opportune,
cominciamo a tagliare gli avanzi con filo metallico, od anche con un taglierino. La
macchina a CNC poi scolpisce il polistirolo secondo il modello computerizzato dello
shape. Una volta finito questo processo, lo shape passa nelle mani esperte di Keith che
fa le sue piccole magie e poi mette giù il sandwich che viene incollato sottovuoto. Il
rocker e le caratteristiche primarie della tavola vengono già realizzate dalla macchina
CNC. Noi, oltre a mandare lo shape a Cobra, mandiamo anche i nostri materiali scelti. In
fabbrica, quindi, le tavole vengono solo assemblate effettivamente ma su modelli di
shape e materiali decisi interamente da noi. Spesso la gente pensa che tutte le tavole in
Cobra siano prodotte allo stesso modo e con materiali della stessa qualità, ma non è
così. La Cobra fa dai kayak, alle sedie, ai pezzi di carrozzeria della Ferrari, quindi si
occupa esclusivamente della realizzazione effettiva secondo le specifiche esatte del
cliente. Ogni singolo prodotto che facciamo realizzare è regolamentato da un contratto
che garantisce anche un controllo della qualità di altissimo livello. A volte capita che
qualcuno dica che non c’è sandwich in una tavola rotta od altre lamentele, ma sono
assolutamente infondate. Noi diciamo cosa fare e loro lo fanno alla lettera.
Un nuovo sistema di fin box, ancora piùleggero e sicuro dello Slot Box.
Per ora disponibile solo sui prototipi.
Altra stanza, altri dipendenti e unanuova fase del processo di produzione
delle tavole Goya e Quatro.
Il nuovo Quatro LS 75 2013in lavorazione.
70
71Per caso la Cobra vi dà anche del feedback sulle vostre specifiche, come per
esempio gli abbinamenti tra design e materiali?
Francisco: Sì, in Cobra hanno un sacco di materiali di riferimento che vengono usati
come benchmark, per esempio per confrontare la resistenza agli impatti diretti, la
longevità ed altri aspetti importanti. In un solo giorno possono testare ogni singolo
materiale sotto svariati aspetti, ma poi la parola finale, comunque, spetta a noi e
soprattutto alla prova pratica. A volte mi capita di pensare di avere trovato la
combinazione perfetta e poi in acqua va tutto storto e si riparte quasi da zero. I prodotti
migliori vengono dalle prove in acqua, non dalla teoria.
Il processo di produzione effettivo, comunque, coincide con quello che facciamo qui
anche noi. I pani di polistirolo vengono tagliati secondo il nostro stampo nella pressa,
ma poi il sandwich e tutti i passaggi successivi sono comunque realizzati a mano. La
tavola non viene stampata in serie come un prefabbricato. La differenza effettiva sta
solo nel diverso costo del lavoro manuale. È tutto fatto a mano. Non è mai fatto
premendo un bottone su un macchinario e voilà!
Anch’io ho provato a lavorarci un po’ direttamente ma loro sono davvero eccezionali, sia
come capacità che come resistenza. Lavorano anche in turni da 18 ore per 20-30 anni!
Sono così specializzati ed esperti che ottengono a mano quasi la stessa precisione che a
computer. Abbiamo un sacco da imparare da loro. Fanno milioni di cuciture sulle vele,
con anni di pratica, e solo dopo molto tempo possono cominciare con le tavole. La
cultura Thai è molto basata sull’arte e sull’esaltazione delle proprie capacità manuali e
loro ne sono la prova vivente.
Torniamo alle tavole. Cosa ci puoi dire della linea di rocker?
Generalmente le tavole wave presentano linee di rocker che hanno un ciclo di vita di 7
generazioni, cioè continue piccole modifiche da un anno all’altro per arrivare al risultato
ottimale. Le linee vengono disegnate e si evolvono assieme ai rider. Levi, Keith, io,
abbiamo tutti dei rocker diversi a seconda del nostro stile.
In generale cerco di non fare shape troppo di nicchia, in modo che sebbene siano
perfettamente performanti restino comunque accessibili.
JASON DIFFIN - GOYA SAILSSubito dopo aver finito la nostra chiacchierata con Francisco
intravediamo in una stanza di fianco all’entrata del negozio
Jason Diffin, velaio per Goya Sails. Entriamo nel suo loft e
iniziamo a fargli qualche domanda a cui Jason non esita a
rispondere con chiarezza e con la sua innata simpatia.
Ciao Jason, ci puoi raccontare la storia dietro le vele Goya?
La storia è molto semplice. Io, assieme al resto del team realizziamo, testiamo, testiamo
e ancora testiamo nei vari spot le vele del range Goya. Si riconduce tutto ad una sola
cosa: stare in acqua più tempo possibile. In questo loft nel negozio sono in grado di
realizzare e modificare qualsiasi prototipo di vela, anche parallelamente con i nostri
ragazzi di fiducia della Global Creations Sports Gear in Cina, vicino ad Hong Kong. Li
conosco ormai da più di 10 anni. Ci sono un sacco di possibilità in termini di scelta di
costruttori, ma loro sono il nostro punto di riferimento e sono proprio come noi.
In ogni momento posso farmi produrre un intero set, anche con la modifica più piccola
e, dopo solo 4 giorni di spedizione, possiamo subito testare la nostra intuizione in
acqua. Il processo di R&D è veramente fluido e preciso così. Quest’azienda produce
anche Simmer, quindi, se sono vele abbastanza comuni le faccio realizzare a loro, se
invece sono idee completamente nuove, realizzo un prototipo personalmente qui a Maui
di modo che posso testarlo immediatamente. Facciamo anche un sacco di test per
modelli Freerace e Flatwater al Gorge e sulla costa dell’Oregon.
Quanti prototipi realizzate in media?
Tantissimi. Prendiamo la Guru per esempio. La prima vera Guru è nata circa 15 anni fa
ed ogni anno ci sono migliorie e piccole modifiche, che puntano a migliorare aspetti
precisi della vela, una alla volta, in modo da ottenere il risultato perfetto. A volte poi
capitano vele completamente diverse come la Banzai.
Ogni vela comunque dev’essere realizzata singolarmente, anche quelle dello stesso set!
Ogni vela va realizzata per quello che sarà il suo target specifico.
Jason Diffin nel suo loft all’interno delnegozio-shaping room di Goya/Quatro.
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Sembra che le vele più piccole siano solamente una versione ridotta della misura più
utilizzata, generalmente 4.7 o 5.0, ma non è così. Se ci dovesse essere qualche problema
poi, i rider e la gente mi inondano di e-mail, in quanto la maggior parte dei windsurfisti
sono molto tecnici e precisi. Se c’è una debolezza, verrà scoperta.
Come nasce una tua vela? Che programma utilizzi?
Innanzitutto parto su un foglio con alcuni miei templates flessibili e trasparenti, in modo
da realizzare curve morbide e pulite che riproducano al millimetro la mia idea della
vela. Una volta realizzato questo primo disegno, il progetto viene importato in AutoCad.
Ci sono circa 100 punti di confronto che sono inconfondibili e definiscono
completamente le caratteristiche di una vela.
Non voglio passare le giornate intere su un computer, quindi ricorro alla buona vecchia
matita, penne, righelli, macchina da cucire… io sono della vecchia scuola, adoro vedere il
mio lavoro creato dalle mie mani.
Collaborate anche con un’azienda per la realizzazione degli alberi? Seguono delle
specifiche imposte da voi per adattarsi alle vostre vele?
La curva principale dell’albero che utilizziamo è sempre la stessa da ormai 10 anni.
Siamo ovviamente noi a richiedere ed imporre che gli alberi rispettino i requisiti imposti
dal design della vela, che si basa soprattutto su alberi RDM. Il nostro top comunque
tende a essere più flessibile, un po’ come i Powerex. Tutti i nostri alberi vengono
prodotti al Gorge da NoLimits e possiamo chiedere qualsiasi specifica vogliamo.
Possiamo stabilirne la curvatura, la flessibilità, la percentuale di carbonio ecc, ecc. Gli
alberi quindi sono ideati per le vele che rendono, comunque, anche con altri alberi con
top più flessibile.
Gli alberi vengono realizzati per tutto il range?
Sì, per tutte le vele wave, freeride, ecc. Noi utilizziamo alberi RDM anche sulle vele
Freeride, perfino sulla nostra misura più grande che è 9m2. Le ho però progettate in
modo che siano comunque utilizzabili anche con alberi SDM.
Gli alberi SDM in generale tendono ad essere più rigidi e più leggeri, ma anche con i
moderni RDM che stiamo realizzando collaborando con NoLimits il rig, anche per misure
dalla 7.5 in su, risulta molto più maneggevole, uniforme e comodo. In generale, quando
si riduce la lunghezza dell’albero bisogna comunque sviluppare superficie, aumentando
la lunghezza del boma o la larghezza della penna. Quando però viene aggiunto del
materiale in penna, così lontano dal corpo, il peso e l’ingombro percepiti sono molto
maggiori e risulta anche molto più difficile da gestire quando aumenta il vento.
La prima vela a 4 stecche che ho realizzato, infatti, aveva un albero più corto e con vento
leggero era eccezionale. Appena il vento aumentava, però, la penna diventava troppo
instabile e ingombrante, spostando troppa pressione sul braccio posteriore. Il prototipo
successivo ha visto un drastico aumento di 12cm della lunghezza dell’albero ed una
riduzione della superficie in penna. La nostra vela Banzai a 4 stecche è almeno 10 cm
più lunga delle altre in commercio. È quasi lunga quanto le nostre 5 stecche.
Così facendo sono riuscito a preservare la potenza a bassi regimi, conferendo anche un
ottimo controllo con vento più forte.
L’intervista è finita e ci apprestiamo ad uscire dalla Cannery per tornare verso Ho’okipa
ed iniziare la nostra giornata di windsurf, il vento e le onde ci stanno chiamando. Prima
di andare via però troviamo appoggiati ad una parete un paio di tavole e qualche vela
ed albero, Francisco sorridente ci dice: “È per voi, provate queste tavole e vele e poi
fatemi sapere cosa ne pensate, buon divertimento!”. Mahalo…
Life Style all’internodella Cannery.
Il team di Francisco Goyache sta dietro alla scrivania.
Winter Sessions
COME MOLTE VOLTE ACCADE IVIAGGI NON IN PROGRAMMA
RISERVANO SPESSO PIACEVOLISORPRESE. RISPETTO A QUALCHEANNO FA ORA ABBIAMO GOOGLE
EARTH E PREVISIONI DETTAGLIATE DIONDA E VENTO CHE RENDONO PIÙ
FACILE ANDARE ALLA SCOPERTA DINUOVI SPOT E KLAAS VOGET HA
INSEGUITO UNA FRESCAPERTURBAZIONE INVERNALE NELNORD EUROPA SCOPRENDO UNOSPOT DAVVERO INTERESSANTE.
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TESTO DI Klaas Voget | FOTO DI Robert Almqvist | RIDER Klaas Voget
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Dopo aver dato uno sguardo veloce a Windguru, un
paio di messaggi e una controllata dello spot su
Google Earth, abbiamo deciso. A volte sembra tutto
così facile e immediato. In una giornata normale avrei
passato molto più tempo a studiare la situazione e a
pianificare meglio, ma quel giorno c’era una sola cosa
da fare, prendere e andare subito in acqua! Le
previsioni per gli spot della zona ristretta tra
Germania e Danimarca non promettevano nulla di
buono. La perturbazione però non era tanto lontana e
già poco a nord di Copenaghen, il vento avrebbe
soffiato per due giorni senza tregua, quindi valeva la
pena fare almeno un tentativo. Mikkel, il mio contatto
danese mi ha mandato un sms sintetico ma
significativo : “Potrebbe esser epico.” Ho ricevuto
quasi lo stesso identico messaggio dal rider svedese
di coppa del mondo, Andreas Olandersson che già
pregustava le condizioni nei sui spot. Ho ricontrollato
le zone costiere interessate dal satellite per capire
esattamente quali spot fossero esposti al meglio e
sono poi incappato in una foto di un surfista vicino ad
un piccolo villaggio svedese sperduto di nome Skäret.
Ero davvero ansioso. Mi sembrava di aver trovato un
tesoro nascosto ed ho immediatamente prenotato il
traghetto per l’indomani all’alba. Dalla foto sembrava
che vento e onde avessero l’inclinazione perfetta e
sarebbero stati due giorni spettacolari.
La traversata in traghetto e il tragitto in macchina
sono passati velocemente e dopo poco più di 5 ore mi
sono ritrovato in una spiaggia deserta in Svezia,
proprio dove Andy O mi aveva dato appuntamento. Le
condizioni poi si sono concretizzate proprio durante il
weekend, quindi la mia fidanzata è stata più che
soddisfatta di unirsi a noi in un piccolo viaggio
spontaneo. Abbiamo preso due traghetti diversi, il
primo dall’isola tedesca di Fehmarn a Rödby in
Danimarca e poi uno più breve da Helsingör a
Helsingborg. Da lì poi abbiamo percorso delle piccole
strade di campagna, passando per villaggi pittoreschi
con scenari mozzafiato. “Oh, questo posto sarebbe
perfetto per i miei allievi che fanno errori di
ortografia... ”, dice la mia ragazza dal sedile del
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passeggero. Effettivamente un po’ di parole svedesi sui
cartelli in parte alla strada sembrano la trascrizione
fonetica di alcune parole tedesche.
Appena siamo arrivati sullo spot, da un primo
sguardo, sembrava che il vento non entrasse come
previsto. C’era poca aria e una sola macchina in tutto
il parcheggio. Il tipo che c’era in macchina si è messo
ad armare velocemente ma noi non capivamo da dove
venisse tutta quell’eccitazione. Abbiamo quindi deciso
di fare un giro nel piccolo paesino vicino di Torekov,
trovando un’ottima e rustica cucina di pesce. Due ore
dopo, tornati al parcheggio, abbiamo fatto davvero
fatica a trovare un solo parcheggio. Ovviamente, i
windsurfisti della zona sono a conoscenza delle
potenzialità dello spot che si trovano proprio sotto
casa e, quando le condizioni si presentano, tutti ne
approfittano. Mi hanno accolto molto calorosamente e
a braccia aperte, però più di qualcuno mi ha chiesto
di non specificare il nome esatto dello spot, in modo
da lasciare la riserva naturale nella tranquillità
originale, senza flotte di camper tedeschi accampati
per settimane.
Bisogna comunque dire che questo spot non è
assolutamente adatto ai waverider alle prime armi. Le
onde rompono molto vicine a riva, e l’entrata è su
rocce estremamente scivolose. Ci sono anche due
roccioni appena sommersi che aspettano proprio in
mezzo al break, quindi bisogna veramente stare
all’occhio. A parte questi piccoli inconvenienti, la
forma dello spot e l’orientamento rispetto allo swell
sono perfetti. Il fondale a tavolato è estremamente
liscio e regolare, e può produrre delle sinistre
perfette. Se in questa zona ci fossero più swell,
sicuramente questo spot sarebbe già rinomato a
livello mondiale. Sfortunatamente, il mare di Kattegat
è piuttosto piccolo, quindi gli swell sono piuttosto rari
e hanno tutti un breve periodo tra set a causa del
fetch ridotto. C’è bisogno che il vento abbia la giusta
intensità e direzione per generare movimento in
questa zona. Le previsioni erano davvero buone, ma
anche dopo pranzo le onde più grosse stentavano
comunque a superare il metro di altezza.
K.V.: “Bisogna comunque dire chequesto spot non è assolutamente
adatto ai waverider alle primearmi. Le onde rompono molto
vicine a riva, e l’entrata è surocce estremamente scivolose.”
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Nel frattempo sono arrivati nel parcheggio anche Andy O e suo fratello,
confermandomi che le onde sarebbero aumentate velocemente, in quanto davano
vento in aumento. Ha armato la sua 4.2, vedendo le prime raffiche nebulizzare,
sospinte a tutta velocità da nuvole nere in lontananza che hanno creato una luce
surreale. Magari poi ho anche sottovalutato la dimensione delle onde guardando
dal parcheggio, che era a qualche centinaio di metri di distanza. Quando poi anch’io
mi sono lasciato andare ed ho capito l’andamento delle cose, dopo 15 minuti ero in
acqua su un’onda di oltre due metri e con un bel lip consistente e ben formato.
Robert Almqvist, fotografo locale da Halmstadt, ha tirato fuori il suo obbiettivo da
300mm per catturare alcuni momenti nella luce dorata che squarciava le
minacciose nuvole nere. Sono rimasto in acqua a surfare fino a sera, assieme ad
altri 25 rider.
Il giorno dopo non sono riuscito a entrare in acqua per l’ora che Robert aveva
proposto, ma quando poi ho piantato il mio rail nel primo bottom turn della
giornata, verso le 7 di mattina, sono rimasto positivamente impressionato dalle
condizioni che Kattegat avesse prodotto durante la nottata. 4 ore spettacolari con la
4.0 e un’altra per finire con la 4.7, rendendo il viaggio davvero un gran successo.
Verso ora di pranzo il vento è calato alla stessa velocità con cui era aumentato il
giorno precedente e ora di sera Kattegat era completamente piatto.
Se non fosse stato per quelle due scodelle da cereali su una bancarella, di cui la
mia ragazza si è innamorata, sarebbe stato un weekend anche davvero economico!
Sembra che abbia sbagliato a fare qualche calcolo col cambio di valuta, perchè
quando ho visto l’estratto conto della carta di credito mi è venuto un colpo. Non
male per una maestra di matematica… Hmm, sembra che qui in Svezia non sia solo
la birra a costare di più…
È possibile visualizzare un piccolo video dell’uscita qui: http://vimeo.com/28220752
Winter Sessions
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Ogni volta che parto per un po’, me ne rendo conto. Nella mia testa continuo a
rivivere dei flash di quando ero a casa. Qualsiasi cosa faccia, ovunque vada, non mi
scorderò mai da dove vengo. Il sapore dell’autunno, e i colori delle ultime session di
ottobre. Il pallido sole invernale che lotta con tutta la sua forza per far passare i
suoi raggi attraverso le minacciose nuvole nere di perturbazione. La foresta che si
tinge d’oro e rosso acceso… Ogni volta che torno nella terra dei miei antenati non
vedo l’ora che arrivi la prossima perturbazione. Sempre fisso su Windguru, come
penso facciano tutti i windsurfer in giro per il mondo! Al momento in cui l’ora X
scocca, ci sarà sempre quel gruppetto di windsurfisti in prima linea, che senza
pensarci due volte prendono un giorno libero al lavoro e fermano qualsiasi altra
attività per andare a surfare dove danno le previsioni migliori… A volte però sei così
fortunato da venirlo a sapere con qualche giorno d’anticipo. Non sai mai cosa
potresti perderti. È sempre meglio passare qualche minuto in più ad aspettare in
riva all’Oceano, ed è proprio così che si è materializzata questa session magica e
completamente inaspettata. Le previsioni davano pioggia e 10 nodi di vento in calo
durante la giornata. Nulla di surfabile insomma. Grazie ai nuovi materiali, però, il
range di condizioni surfabili è aumentato in maniera eccezionale. Qualche anno fa o
c’erano almeno 25 nodi o non era fattibile… e più di qualche volta mi è successo di
TESTO DI Sylvain Demercastel
È GIÀ DA UN BEL POʼ DI TEMPO CHE CONTINUO A GIRARE IN LUNGOE IN LARGO PER I SETTE MARI, CERCANDO LE ONDE PERFETTE. AVOLTE PERÒ È OPPORTUNO RICORDARSI CHE I TESORIPOTREBBERO ESSERE PROPRIO DIETRO LʼANGOLO. SI SENTESEMPRE IL DESIDERIO DI SPINGERSI SEMPRE PIÙ IN LÀ. LA RICERCADELLO SPOT PERFETTO TI PUÒ PERFINO PORTARE DALLA PARTEOPPOSTA DEL GLOBO… MA SE SOLO APRISSI UN POʼ GLI OCCHI, EAVESSI UN POʼ PIÙ DI PAZIENZA, ASPETTANDO E STUDIANDO CHE LECONDIZIONI SI ALLINEINO… LA SESSION EPICA PUOI FARLAPROPRIO SUL TUO HOME SPOT, NEL TUO PAESE. ASSIEME AI TUOIMIGLIORI AMICI E NEL GIRO DI QUALCHE KM DA CASA TUA.
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mettermi alla guida per ore, fiducioso, per poi venir distrutto alla visione di
condizioni opposte a quelle previste. Fortunatamente per noi, però, le previsioni si
sono completamente sbagliate. Il cielo è blu e il vento è costante, forte e dalla
direzione perfetta. Il local per eccellenza, Yann Sorlut, inizia la giornata molto
presto. Le previsioni danno il vento in calo durante il giorno, quindi non c’è tempo
da perdere! Armiamo le vele 2012... Yann me ne ha prestata una che non avevo
ancora ricevuto. E siamo così pronti ad assaporarci al massimo uno di quei primi
giorni d’inverno in cui la Normandia regala tutto quello che può, senza fare il
minimo sforzo. Ci godiamo al massimo le previsioni sbagliate. Già il giorno
precedente siamo riusciti a fare una mini-session di un’ora con vento
perfettamente side-offshore, venuto dal nulla. Ho molti amici in questa zona e sanno
esattamente quando ogni spot potrebbe funzionare e dove sarà meglio.
Invece di calare come da previsione, il vento continua ad aumentare durante il
pomeriggio. Non mi sento più le braccia. Yann è super allenato e può
tranquillamente affrontare session di 5 ore. Senza batter ciglio. Dispensa anche
qualche consiglio importante a chiunque chieda. È un maestro di educazione fisica
ed anche un ottimo sparring partner! Chiunque sia così fortunato da uscirci
insieme ha il privilegio di migliorare molto più velocemente. Pianto il rail in un’altra
onda blu mentre il mio corpo comincia a non rispondere più… devo tornare a riva. Il
parcheggio è pieno di gente entusiasta che condivide la felicità di questa session
inaspettata e spettacolare... chiunque ha la sua piccola versione di questa session.
Gira tutto intorno al windsurf. È proprio lo spirito dello sport che ci ha portato qui e
ci droga delle sensazioni che solo questo nostro sport ci sa dare. Momenti
indimenticabili sia in acqua che fuori.
La Normandia è una zona della Francia davvero eccezionale. Può essere molto
noiosa e piovosa. Gli amanti delle città sicuramente non sarebbero a loro agio in
questa zona. È anche il posto perfetto per le session più estreme, pesanti e spesso
inaspettate. Devi imparare a considerare e convivere con l’estrema escursione
della marea, passando lunghi periodi di attesa e a volte quasi intere stagioni senza
un alito di vento. A volte però capita che tutto si allinea alla perfezione e puoi avere
alcune delle sorprese più eccezionali. Si può controllare la costa dall’alto di
Hatainville. Controllare lo swell a Siouville. Uscire con vento più forte a Sciotot.
Tutta la zona di Cherbourg offre una grande varietà di condizioni di vento e onda.
Bisogna infatti andare in quella zona finchè il vento aumenta. Non c’è nessuna
garanzia. Ma che garanzie si possono avere in generale quando si tratta di
previsioni del tempo? Il giorno famoso che tutti sognavamo ma nessuno si
aspettava si è infatti concretizzato con due giorni d’anticipo rispetto alle previsioni
migliori. Sicuramente la session più eccezionale, memorabile e inaspettata
dell’intero inverno.
So già che ripenserò a questa session quando sarò a spasso dall’altra parte del
mondo. Probabilmente mi aiuterebbe anche ad abbandonare un paradiso tropicale
con meno problemi, eccitato di tornare a casa. L’unica verità però è che è sempre
bello tornare a casa propria, indipendentemente da quanto si abbia girato il
mondo.
Yann Sorlut in Aerial sulle onde di casa.
Distributore Italiano: Pandora srl - [email protected]
Faq Sommario
DI Gigi Madeddu
Il forte local di Sa Barra ci spiega alcune cose fondamentali da sapere per tutti quelli che
stanno pensando di approcciarsi al freestyle e vogliono farlo nel modo giusto, senza perdite di
tempo e in sicurezza.
DIDATTICA PAG. 86
DI Mattia Pedrani
Continuiamo ad alzare il tiro e se imparerete questa combinazione siete pronti per il PWA!
Mattia ci spiega come arrivare a fare una manovra davvero spettacolare e tecnica.
FREESTYLE PAG. 88
DI Jason Polakow
Un wipe out a Jaws non è mai da sottovalutare, a rischio anche della propria vita. Mr. Polakow
è uno specialista di cadute e situazioni estreme e ci racconta una delle sue ultime pazzie.
CRASH OF THE MONTH PAG. 90
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Faq Didattica
Testa e corpo. Poi la tecnica. La disciplina del freestyle si può tradurre in questi tre
elementi, tutti di fondamentale importanza. La ricerca di nuove manovre sempre più
radicali sta portando il windsurf a un livello incredibile. Grazie ad esso le nuove
generazioni di windsurfisti trovano il divertimento nelle acque vicino casa senza il bisogno
di andare a cercare le condizioni epiche. Il livello così alto, tuttavia, fa perdere motivazioni
a molte di quelle persone che si avvicinano ad esso. Per vari motivi faticano a progredire,
decidendo quindi di mollare. Nel corso degli anni però la tecnologia è venuta in aiuto
permettendo alle aziende di produrre materiali super performanti facilitando e
velocizzando l’apprendimento. Grazie ad internet, poi, è possibile vedere video di rider di
qualsiasi livello, potendone studiare i movimenti al rallentatore per carpire i segreti dei
trick che vogliamo imparare. Ormai ognuno di noi ha la possibilità con un pc, un tablet o
uno smartphone di nuova generazione, di visualizzare i video delle singole manovre
creando una sorta di “istruttore virtuale”… Ndr: e di scaricarsi le faq delle vostre manovre
preferite nella sezione dedicata su funboardmag.com
ASPETTO TECNICOIl trim del materiale da freestyle è uno degli elementi fondamentali per progredire.
L’attrezzatura deve calzare a pennello su ognuno di noi per dare la sicurezza necessaria
per provare le manovre. È molto personale, perché ci aiuta a stare più a nostro agio con
il materiale e a far crescere la sintonia con esso con il passare delle uscite. Io stesso se
prendo il mio materiale trimmato da un altro vado sicuramente incontro a delle difficoltà.
Per trovare l’assetto ideale si deve partire da concetti chiari. L’attrezzatura di ultima
generazione ci permette di partire da un trim consigliato dalla casa produttrice,
soprattutto nel caso della vela, e ci indica con precisione le tensioni di bugna e
caricabasso. Io amo le vele montate a “pallone”. Questo perché mi danno più stabilità,
sentendo una pressione costante del boma nelle mani. Per le manovre moderne avere la
balumina troppo negativa non è ideale, mentre per quelle base la tensione dipenderà da
come vi sentirete voi con il vostro materiale in mano. L’idea generale è quella di avere una
vela molle, motivo che ha spinto molte aziende ad orientarsi sul vele a 4 stecche anche
per il freestyle. Il boma va regolato a seconda della propria altezza, in qualsiasi posizione
mette in evidenza dei pro e dei contro. Ogni rider ha la sua teoria. Qui lascio a voi la scelta!
Per quanto riguarda la tavola il discorso è più semplice anche se dipende dalle vostre
caratteristiche fisiche. Un rider di bassa statura utilizzerà un passo tra strap di prua e
strap poppa più stretto, un rider più alto ovviamente avrà un passo più largo. La cosa
fondamentale è sentirsi comodi sulla propria tavola.
Di norma le strap, a prescindere che si usino calzari o meno, vanno tenute larghe sul collo
e strette sui lati. Questo fa sì che in cadute rovinose il piede non faccia mai perno sulla
strap ma possa ruotare all’interno di essa evitando piccoli infortuni. All’inizio vi sentirete
scomodi ma con il passare delle uscite vi abituerete e non potrete più farne a meno.
Il piedino, ad occhio, va messo a due palmi dal tassello interno delle strap di prua,
prendendo come riferimento il perno. In questo modo avrete il rig abbastanza vicino e
sentirete tutto molto più compatto. Per quanto riguarda la pinna c’è l’imbarazzo della
scelta. Ci sono tantissimi produttori che propongono un modello freestyle e ormai le
tavole di serie offrono pinne di qualità. La misura solitamente si aggira intorno ai 18-20
cm, il giusto compromesso tra portanza e slide.
ASPETTO PSICOLOGICOLa mente è l’unica cosa che può impedire l’apprendimento. Ecco perché è importante
tenerla sempre allenata e concentrata su quello che si fa. La paura di una persona di età
media è sicuramente superiore rispetto a quella di un ragazzo. Ma la paura di farsi male
è comune a tutti, chi più chi meno, e dobbiamo superarla. Un approccio corretto ad ogni
tipo di trick è dato sicuramente dalla preparazione a terra. Anni fa le videocassette ci
aiutavano a imparare. Ora tra sequenze nelle riviste, spiegazioni dei rider, video su
internet e persone che le hanno imparate prima di noi, abbiamo un “istruttore virtuale”
sempre al nostro fianco. Prima di lanciarvi in spettacolari cadute, quindi, è ideale studiare
a casa. Usate, se possibile, un po’ del vostro tempo libero per guardare i video. Ogni rider
ha un suo stile. Ogni inquadratura ha un segreto. Ogni fotogramma potrebbe aiutare il
vostro cervello a far scattare la molla e trovare la vostra chiave per arrivare al risultato.
Non fermatevi al primo che trovate, ma guardatene diversi. Personalmente tendo sempre
suddividere le manovre in varie parti.
Il passo della strap: largo sul collo del piede e stretto sui lati.
GIGI MADEDDU, IL FORTE FREESTYLER SARDO LOCAL DI SA BARRA (VEDI SPOT GUIDE SU FUNBOARDN° 144), INIZIA DA QUESTO NUMERO UNA RUBRICA DEDICATA ALLʼAPPRENDIMENTO DELLE PRIMEMANOVRE DEL FREESTYLE, SU COME APPROCCIARSI ALLA DISCIPLINA, COME ARMARE IL MATERIALEE TANTE ALTRE CURIOSITÀ INTERESSANTI. INIZIAMO ORA A CAPIRE COME CI DOBBIAMO PREPARAREALLA NOSTRA USCITA IN FREESTYLE.
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TESTO DI Gigi Madeddu
È un freestyler incallito, quasi maniacale nello studio delle manovre. Sempre tra i primi in Italia in tutte le
competizioni, nel sud della Sardegna è divenuto ormai un guru. Il suo spot, Sa Barra, offre condizioni
perfette per la disciplina più tecnica del windsurf. La sua passione sfrenata per questo sport lo ha
portato ad aprirsi una scuola, il Windsurf Club Sa Barra, per fare del suo sogno la sua vita.
I suoi sponsor sono: North Sails, Fanatic, Gas Fins, Arbeke, Fausat.it e www.windsurf-santantioco.com.
LUIGI MADEDDU – SAR 3
STUDIO:• direzione della manovra rispetto alla direzione del vento
• posizione e movimenti delle mani
• movimento delle gambe
• movimento del busto
Tutto ciò mi porta a guardare i video così tante volte da arrivare ad immedesimarmi nel
rider stesso.
Cercate di imparare le manovre immaginando una lunga scala di fronte a voi. Ogni
manovra è un piccolo gradino. Pretendere di imparare una manovra di qualche gradino
superiore rispetto al vostro può solo portarvi a perdere tempo e ottenere risultati parziali.
Imparate a tenere alta la concentrazione e non mollare mai. Solo con entusiasmo e
tenacia si arriva giorno dopo giorno al risultato sperato. Importante è divertirsi a cadere,
ma nel modo giusto. Guardate i rider più bravi di voi per cercare di carpire i loro segreti.
Chiedete senza vergogna un aiuto ai più bravi. Nei miei allenamenti all’estero i ragazzi che
fanno coppa del mondo come Taty e Tonky Frans, Kiri Thode, Steven Van Broeckoven e
Gollito Estredo mi hanno sempre aiutato rispondendo alle mie domande e dispensando
consigli che ancora oggi mi porto dietro. Cercate di immedesimarvi nei video che avete
studiato in modo da copiare inconsciamente gli stessi movimenti. In questo modo
riuscirete prima a capire i vostri errori. Una volta capito dove state sbagliando cambiate
immediatamente modo di provare la manovra. Sbagliare ripetutamente per mesi nello
stesso modo ci porta inconsciamente a metabolizzare l’errore e quindi a ritenere che
quella sia la giusta strada, ma non otterremo nulla. Quindi, meglio ricominciare da capo.
ASPETTO FISICOMens sana in corpore sano! Il vostro corpo può esservi d’aiuto nell’imparare, ma solo se
sarete fisicamente pronti. Il windsurf stesso è un allenamento. Nei periodi di piatta, però,
ideale sarebbe fare una qualsiasi attività fisica che ci porti a fare fiato e tenere i muscoli
preparati all’uso. Ma soprattutto si prevengono infortuni, che per tutti noi rappresentano
un incubo costante!
Spesso si va in acqua senza la giusta preparazione fisica e il giorno dopo l’uscita si fa
fatica anche solo ad alzarsi dal letto. E in caso di ulteriore vento non si ha la forza per
divertirsi ancora.
Durante l’anno, oltre al windsurf, vado in palestra. Faccio 3 allenamenti settimanali in sala
pesi e 2 giorni li dedico ad un corso di step coreografico e totalbody. I pesi aiutano a
rinforzare i muscoli, lo step a fare fiato e tenere la mente lucida nei momenti di
affaticamento. Quando hai il fiatone, è questione di un attimo perdere la concentrazione
e andare nel pallone. Con lo step devo ricordare la coreografia in modo lucido sottosforzo,
facendo un’attività aerobica. Vi confesso che all’inizio è stato difficile, ma poi ho pensato
che se riesco a fare freestyle, lo step non può essere un ostacolo così insormontabile!
Adesso, passati due anni, ho iniziato a divertirmi non dimenticando mai il motivo che mi
spinge a farlo.
Se andate a fare windsurf, e il vento non dovesse essere ideale, sfruttate quei momenti
per migliorare la vostra tecnica di base. Entrate in acqua e trickettate finché non vi viene
mal di testa a forza di girare attorno al piede d’albero! Anche questo è allenamento, sia
fisico che tecnico. E vi darà sicurezza e sensibilità sulla tavola. Tante manovre si imparano
con il vento leggero prima di metterle in pratica con il vento forte.
RIASSUMENDOPrima cosa fondamentale tenete il cervello sveglio, concentrato e allenato. Studiate più
che potete le move fuori dall’acqua. Trimmate bene il vostro materiale e tenete attivo il
vostro corpo. E cosa fondamentale DIVERTITEVI più che potete!!! Il freestyle potrebbe
essere inteso anche come “passione a cadere”. Trovate gioia nel farlo. Anche nei giorni
più freddi cercate in acqua il vostro sorriso! Il vostro entusiasmo è il motore che vi farà
raggiungere i risultati sperati.
Il piedino va messo a due palmi dal tassello interno delle strap di prua.
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Per le manovre moderne avere la balumina troppo negativa non è ideale.
Faq Freestyle
HOW TO DOLa rotazione dopo il passaggio in duck ricorda molto lo Switchy 900 che avevo spiegato
nel numero scorso, però il passaggio, personalmente è una difficoltà notevole,
specialmente in queste condizioni così avverse e il rinomato chop da motocross a
Malcesine. Sparati al traverso a tutta velocità e appena trovi una zona d’acqua un po’ più
liscia, lasca leggermente per metterti in switch stance e, appena ripreso il controllo,
esegui il passaggio in duck sottovento alla vela. Infila l’albero nel vento con il braccio
anteriore per poi lasciarlo andare e prendere il terminale. Molla poi anche quello
posteriore e tira la bugna della vela verso poppa oltre la tua testa, cercando di proiettarti
in avanti col corpo e ritrovarti in planata piena in switch controvento, preparandoti allo
stacco. Il passaggio in duck è particolarmente critico, in quanto la vela deve restare in
piena potenza, in modo da generare abbastanza spinta e momento non solo per farti
girare la parte aerea della Burner, ma per poterti poi permettere di ristaccare una volta
atterrato. Porta l’albero in avanti col braccio anteriore, mentre spingi con forza sulla
bugna per far letteralmente sollevare la tavola dall’acqua. Appena la tavola comincia a
staccare, spingi sulle gambe e porta l’albero verso poppa con violenza, girando testa e
spalle sottovento come per un Ponch, o in questo caso una normale Burner. È
fondamentale cercare di staccare quasi al traverso pieno, in modo da riatterrare ancora
in potenza e poter staccare nuovamente. Una volta che la vela passa nel vento e la
rotazione aerea sta per finire, cerca di piegare le gambe sia per ammorbidire
l’atterraggio che soprattutto per caricare nuovamente la tavola e farla schizzare nella
seconda rotazione. Tieni il peso il più centrale possibile, atterrando nella stessa identica
posizione in cui avevi cominciato la Burner.
Se hai fatto tutto correttamente, a questo punto, la vela sarà ancora piena e avrai ancora
inerzia sufficiente a staccare nuovamente. Se così non fosse, a meno di non essere
completamente impiantato, puoi comunque innescare la seconda parte della
combinazione facendo andare la tavola in spinout e girando gli altri 360°. Cerca di
spingere sulle gambe per staccare nuovamente into Funnell, male che vada finirai
comunque per scalciare la tavola sottovento, facendola slidare per il passaggio della
bugna nel vento e l’alleggerimento sulla pinna. Infila ora l’albero nel vento, aspettando che
la vela riprenda potenza controvento e ti permetta di ultimare la rotazione slashata o
risaltata di 360°. Stendi le gambe verso poppa e scarica il peso nel boma, continuando a
girare testa e spalle sottovento per completare il trick come una backwind jibe. Burner
540 + 360 o meglio Funnell = Burner 900 o into Funnell.
WELCOME TO COMBO-LAND! DOPO LA PRESENTAZIONE DELLA BURNER SEMPLICE SULLO SCORSO NUMERO, È ORA DI ALZARE LAPOSTA IN GIOCO, RENDENDO IL MIX PIÙ APPETITOSO. IN GENERALE, UNA ROTAZIONE IN PIÙ NON GUASTA MAI, QUINDI SE CHIUDILE BURNER TRANQUILLAMENTE, PUOI PENSARE DI ATTACCARE UN ALTRO 360 ALLA ROTAZIONE DI 540 GRADI, OTTENENDO UNABURNER 900. IDEALMENTE, SAREBBE ANCORA MEGLIO FARE UNA BURNER INTO FUNNELL, CIOÈ RISALTANDO ALLʼATTERRAGGIO ENON SLASHANDO LA SECONDA PARTE DELLA COMBINAZIONE. QUESTA IN SEQUENZA, IN VERITÀ, È UNA BURNER INTO FUNNELL,MA DATO CHE NON SI VEDE TANTO BENE IL SECONDO STACCO, LA DOWNGRADDO SPONTANEAMENTE A BURNER 900.2 REGOLE AUREE: MAI RUBARE I TRICK E CHIAMARE LE COSE COL LORO NOME.
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TESTO DI Mattia Pedrani | FOTO DI Valerio Pedrani | RIDER Mattia Pedrani | LOCATION Malcesine, Lago di Garda
Freestyler e waver dalle indiscusse capacità tecniche, i suoi video lo dimostrano chiaramente. Campione
Italiano Freestyle 2008 e appassionato di Rap, le sue canzoni fanno da colonna sonora ai sui cliccatissimi
video. Trasferitosi al Lago di Garda ormai da alcuni anni è un assiduo frequentatore di Malcesine e del
Pier, anche quando le temperature sarebbero più appropriate ad uscite sulla neve con lo snowboard.
I suoi sponsor sono: Starboard, Simmer Sails, MaverX, AL360, Scorpion Bay, PierWindsurf, Windcatcher,
Circolo Surf Torbole, Residence VerdeBlu.
MATTIA PEDRANI I-00
Io consiglio sempre di andare a palla e convinti per la Burner into Funnell, poi male che
vada si downgradda a Burner 900. In ogni caso è una combinazione FU PAWA!
STEP BY STEPFoto 1-2: Vai a tutta velocità al traverso e passa sottovento alla vela, cercando di farlo con
precisione chirurgica, in modo da mantenere la massima potenza e proiezione necessarie
per completare correttamente il trick.
Foto 3-4: Una volta che impatti il choppino a tutta velocità, stendi le gambe per far
staccare la tavola, cominciando portare l’albero verso poppa e spingendo con forza sulla
bugna col braccio posteriore. Gira testa e spalle verso poppa, ed esplodi nella rotazione
aerea della combo.
Foto 5: Buttati col corpo sopra alla vela, come in un Ponch, e scalcia la poppa sottovento,
cercando di non far toccare la prua della tavola, che potrebbe fermare la rotazione e farti
perdere troppo velocità ed inerzia. Resta sopra al materiale e ritirati la tavola sotto per
prepararti all’atterraggio.
Foto 6-7: Questa fase di atterraggio è molto delicata ed è proprio qui che hai un
centesimo di secondo per decidere se risaltare nuovamente into Funnell o slidare into
900. In generale, io cerco sempre di risaltare into Funnell, così se mi dovesse andar male
il colpo, come in questo caso, avrò comunque abbastanza momento ed inerzia per
innescare la slidata.
Foto 8-9: Porta poi il peso da poppa a prua, appendendoti nel boma e lasciando che la bugna
passi nel vento. Cerca di alleggerire la pinna in modo che la tavola slashi liberamente, dato
che ormai non riesci più a risaltare, allora la rotazione slashata dovrà essere fluida. Spingi
l’albero nel vento e stendi le gambe verso poppa, portando il peso a prua.
Foto 10-12: Resta centrale col peso e controlla la potenza della vela controvento col
braccio posteriore, continuando a girare la testa sottovento nel senso di rotazione e
completa il trick come una Flaka, o una normale backwind jibe.
Stavolta ci sei veramente andato giù pesante!
DRITTE ED ERRORIPer questa manovra è importante trovare le condizioni di acqua giuste, possibilmente con
vento costante e piuttosto forte, in quanto è facile perdere velocità durante il passaggio,
lo stacco e l’atterraggio. Cerca di staccare alto e veloce, in modo da poterti concentrare
sulla seconda parte del trick, fino a risaltare più alto del primo.
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F@#K Crash of the month
JAWS TURNS ON AGAIN: Jaws torna a lavorare ancora una volta prima dell’arrivo
di febbraio. Il 30 gennaio mi trovavo in palestra verso le 10:30 del mattino quando ho
ricevuto la chiamata di Erik Aeder che mi informava che gli avevano detto che c’erano dei
paddle surfer sul line up di Jaws. Lo swel era previsto che arrivasse solo l’indomani
mattina così ho deciso comunque di finire il mio allenamento e dopo vedere cosa sarebbe
successo. Ho chiamato Erik intorno alle 11:00 per chiedergli se aveva qualche nuova
informazione su quello che stavano facendo i paddler. Mi ha risposto dicendomi che
c’erano onde che rompevano sui 15-18 piedi (50 piedi di face…) e che stavano pulendo il
line up. Sono subito entrato in panico e ho guidato più veloce che potevo per tornare a casa
per organizzare il mio materiale e andare poi giù alla spiaggia per prendere il mio jet ski
al rimessaggio. Nell’agitazione del momento ho dimenticato di controllare il pieno di
benzina del jet ski. Avevo 45 minuti di navigazione che mi aspettavano e dopo solo 5 minuti
la benzina stava già per finire. Ho dovuto prendere una decisione veloce su cosa fare, se
tornare in dietro per rifare il pieno, oppure rischiare e proseguire verso Jaws. I set più
grossi stavano iniziando a rompere sul reef così ho deciso di proseguire. Mi sono detto
che se al massimo fossi rimasto senza benzina potevo ancorare il jet ski fuori e ritornare
in spiaggia a nuoto. La fortuna è stata dalla mia parte e sono riuscito ad arrivare sano e
salvo fino a Jaws. C’erano fuori solo 5 paddle surfer. Brawzinho ed io abbiamo avuto due
ore in solitudine di action insieme ai paddler che affollavano il take off. Molti di loro li
conoscevo bene, così eravamo tutti molto rilassati e potevamo droppare l’onda il più
profondo possibile. È stata una delle mie session con le onde più pulite che mi ricordo da
diverso tempo. Le onde erano così lisce che potevi fare dei bottom perfetti. È una delle
sensazioni più belle al mondo poter andare giù da una parte di 50 piedi e poter schiacciare
sui rail con il massimo della tua forza. È come fare snowboard su una meravigliosa parete
di una montagna perfettamente innevata con solo neve fresca da solcare! Uno degli
highlight del giorno è stato un aerial che ho provato. È molto spaventoso posizionarsi così
QUESTO MESE SI AGGIUDICA QUESTA RUBRICA IL PAZZO SCATENATO JASON POLAKOW. CHE SIAFUORI DI TESTA LO ABBIAMO SEMPRE SAPUTO E I SUOI ULTIMI ARTICOLI PUBBLICATI SULLE PAGINE DIFUNBOARD LO DIMOSTRANO CHIARAMENTE. QUESTA VOLTA PERÒ MR. JP SI È SUPERATO, NON TANTOPER IL BELLISSIMO WIPE OUT DELLA SEQUENZA, BENSÌ PER COME HA RISCHIATO DI FINIRE MOLTOMALE PER UN SEMPLICE PROBLEMA TECNICO…
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TESTO DI Jason Polakow | FOTO DI Tracy Kraft-Leboe | RIDER Jason Polakow | LOCATION Jaws, Maui, Hawaii
Un Peter Pan del nostro sport, di origini australiane vive da anni a Maui-Hawaii in una bellissima villa tra
Paia e Spreckelsville. Malato terminale di sport adrenalinici, nel suo DNA c’è il motocross, specialmente i
big air dalla rampa, e il waveriding su onde gigantesche. Attualmente sta portando il livello del big
waveriding dove non si era mai visto, con entrate sempre più profonde e aerial vertiginosi.
Quando lo swell non è adeguato e le piste da cross sono chiuse, passa le sue giornate in palestra e alla
sera si diletta con interminabili downwind con il SUP da Peahi fino davanti a casa sua, tanto per
rimanere in forma! I suoi sponsor sono: JP, Neil Pryde, Oxbow, RedBull.
JASON POLAKOW KA 1111
in profondità specialmente con lo swell da ovest. Devi posizionarti perfettamente per poter
colpire il lip e volare in un grande aerial. Ho provato a entrare nell’inside ma con la
direzione così da ovest e il vento rafficato ho colpito il lip e sono volato in aria troppo in
alto, ho perso il materiale e ci sono atterrato sopra. Posizionarsi bene per un grande aerial
a Jaws per me è una delle cose più spaventose ma che mi da una scarica di adrenalina
indescrivibile. Ho preso altre 5 buone onde prima che il vento cambiasse direzione nel
tardo pomeriggio. Altri windsurfer hanno raggiunto il line up verso le 16:30 ma il vento è
diventato troppo off shore rendendo molto difficile prendere le onde. Con una buona
session di due ore già nelle mani ho deciso di fermarmi intorno alle 17:30 e di affrontare
quindi il mio altro piccolo problema. La poca benzina nel serbatoio del mio jet ski! Ho
iniziato a impacchettare il materiale per tornare prima del tramonto ma l’ancora del jet
ski si era bloccata sul fondale. Ho dovuto così tagliare la cima dell’ancora, la situazione si
è fatta ancora più pericolosa perché a quel punto non avrei avuto modo di ancorare il jet
ski se fossi rimasto senza benzina durante il tragitto del ritorno. Sono tornato indietro
lentamente con il supporto di un altro jet ski fino a Maliko, dopo di che sono rimasto da
solo con ancora 7 miglia da fare nell’oceano. Ho pensato di rientrare a Maliko con lui ma
ancora una volta ho deciso di proseguire. Ho pensato che se fossi riuscito ad arrivare fino
a Mama’s Fish House ero salvo. Ho proseguito lungo la costa e i set erano sempre più
grossi. Ho visto onde da 20 piedi rompere da Turtle Bay fino a quando potevo vedere in
lontananza verso l’aeroporto. Queste ultime miglia sono state molto spaventose e stava
iniziando a diventare buio, non avevo l’ancora e i set erano enormi. Se avessi finito la
benzina probabilmente non sarei riuscito a tornare in spiaggia a nuoto. Con molta fortuna
sono entrato nel reef interno all’altezza di Mama’s Fish House e ho proseguito nel buio fino
a Camp One dove avevo il rimessaggio del jet ski. Ogni giorno imparo qualche cosa e
questa volta ho ricevuto una grande lezione, che posso tornare ancora a Jaws con il
serbatoio vuoto, prossima volta magari potrei fare ancora meglio!
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Spot guide
Passione pura, ecco come definirei questo wave rider piemontese. In qualche
riga, se possibile, vi voglio presentare Alessandro, un ragazzo che solo da
qualche anno ha iniziato a fare windsurf e che in breve tempo ha raggiunto un
livello di tutto rispetto, soprattutto tenendo presente che è un “lavoratore
normale”, ovvero che ha a disposizione per il windsurf solo il week-end e le
ferie. Prima di lasciarvi alle sue parole dove da ogni riga si può intuire la sua
enorme passione verso questo sport vi racconto una breve storia. Qualche anno
fa il buon Alessandro era stato trasferito per lavoro a Bursa in Turchia, in un
posto talmente lontano che ci metteva un giorno intero per tornare a casa,
perché nel weekend era d’obbligo fare windsurf! Quindi Ale partiva da Bursa
venerdì mattina e dopo aver preso nell’ordine, macchina, battello, macchina,
due aerei e il taxi, arrivava alla sera tardi a Torino dove c’erano pronti con la
macchina carica i suoi amici per andare insieme o in Francia o al Lago di Garda.
Due giorni di windsurf, rientro domenica sera e ripartenza per Bursa il lunedì
mattina. Martedì Ale era al lavoro in giacca e cravatta pronto a rifare tutto
questo il venerdì successivo. E così è stato per un anno dove Alessandro ha
surfato quasi ogni weekend. Per fortuna ora è tornato a lavorare a Torino…
“Ahia, è molto più grossa dell’altra. Romperà prima! Al lasco e inizia a pompare:
subito!!!”.
Questo è stato quello che il mio istinto mi ha detto di fare. E l’ho fatto subito. L’ho fatto
senza mai guardarla. Un po’ per paura. Ma soprattutto per rispetto. Ma quel subito, a
causa del pochissimo vento che non mi ha fatto prendere la planata rapidamente, è
durato un’eternità.
Ecco. Ora ci sono. Ho infilato il secondo piede nella strap e sto cercando la massima
velocità.
Ora mi sento più tranquillo e posso finalmente guardarla. È elegante, pulita e veloce.
Pensare che sia solo veloce mi pare riduttivo. Non ho mai visto una tale massa d’acqua
così da vicino avanzare così rapidamente. Lo spessore del lip è impressionante.
L’espressione stessa della potenza. Come direbbero gli inglesi: “massive”. Mi sembra di
essere su una pista da sci, di quelle larghissime e appena fresate, ma anziché in
discesa sono in salita. La bellezza di quest’onda che mi si srotola davanti, mi ha
completamente distratto dalla situazione in cui sono finito.
“Se all’ultimo momento non riesci a passare buttati sopravento e allontana il più
possibile il rig da te”.
Il mio istinto torna a farsi sentire e mi fa ritornare con i piedi per terra… ehm, nelle
strap! Altro che doccia gelata. Sono passato dall’ammirare un’opera d’arte della natura
con il sorriso sulle labbra a guardarla come un nemico della mia attrezzatura, il tutto in
un respiro. Paura. Questa è l’unica sensazione che riesco a distinguere da tutte le altre
dentro di me. Paura di non riuscire a passare l’onda. Paura della frullata. Paura di
spaccare tutto il rig. Paura di nuotare per mezz’ora inseguendo l’attrezzatura nella baia
come avevo visto fare a Marcilio Browne l’anno prima al Capo.
Ho fissato un punto sul lip e ho cercato di essere il più veloce possibile. Meno male che
sono mura a destra. Forse ho qualche probabilità in più di farcela. Mura a destra nel
bordo a uscire in Sudafrica? Che fortuna per Alessio!
Fin dalla mia prima vacanza in Sudafrica nel 2009 ho provato la sensazione di fare un
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TESTO DI Ale Venice | FOTO DI Maghi
altro sport rispetto a quello che fino a quel momento avevo considerato windsurf. Le
onde con la “O” maiuscola, la loro velocità e l’emozione del down-the-line “a fuoco”. Ed è
stato questo che mi ha spinto a tornarci per tre anni consecutivi, cercando di
convincere ogni volta il mio “fratello d’onda” Alessio a fare un’uscita insieme nelle onde
sudafricane.
“Mah, non so, tutta quella strada… se poi non fa condizione… e poi lo sai, surfare destro
avanti non è la mia posizione preferita”. Alla fine si decide a venire anche lui a Cape
Town. Anche se le date non coincidono riusciremo comunque a passare una settimana
insieme. Atterra il primo dell’anno e le previsioni per il giorno dopo danno NW: sono
sempre uscito col SE, ho visto tanti spot diversi… ma è la prima volta che mi capita il
NW! E così, come sempre succede quando le previsioni “chiamano”, ci si sente per
definire quale spot lavorerà meglio. Miki dice Whitsand e, come sempre ho fatto in
Sudafrica, mi affido alla sua decisione. La mattina seguente, mentre percorro la
bellissima e suggestiva strada che da Cape Town porta allo spot scelto, cerco di
immaginare come si presenteranno le condizioni con il vento girato dall’altra parte.
Quando arrivo sono già tutti lì, compreso Alessio, atterrato la notte prima. “Hai fatto
cambiare direzione al vento… maledetto… !”, gli dico ridendo.
Le macchine sono tutte parcheggiate sul ciglio della strada, tantissime, tutte a
strapiombo sulla costa. Proprio sotto di noi un sentiero ripido porta alla spiaggia,
mentre all’altezza del nostro sguardo l’oceano si stende fino all’orizzonte, con onde belle
grosse, a set, ben distinguibili anche al largo. Sulla destra si trova un promontorio, una
lingua di terra che pare messa lì apposta per girarle e distenderle bene. Sulla sinistra
la spiaggia non esiste: solo rocce che pian piano salgono su in verticale. Proprio lì,
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Il Bottom di Ale in un’epica giornata di inizio anno in Sudafrica...mentre gli amici lo tengono sotto stretta sorveglianza.
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sottovento, 200 metri fuori, ci sono le onde più grosse e
pulite che abbia mai visto né tantomeno surfato. Le vele
in acqua sono poche rispetto al numero di windsurfisti
presenti sullo spot. La maggior parte si concentra
sopravento, vicino al promontorio. Che condizioni!!!
Continuo a guardare le onde sottovento, ne sono attratto
e voglio provare ad andare proprio lì. Non so se sarò in
grado di divertirmi in quelle condizioni, o se farò solo una
gran fatica, ma ci voglio ugualmente provare.
Presa la decisione, mi metto ad armare guardando con
molta attenzione a ciò che succede nella wave-zone
sottovento, ma non c’è nessuno che ci surfa e che mi
possa fare da riferimento. Lì le onde non hanno un
canale d’uscita regolare. Ogni tanto qualcuna si spacca
verso la fine e ti permette di uscire. In tutti gli altri casi
bisogna lasciarla prima che rompa altrimenti le schiume
ti portano troppo vicino a riva, dove non c’è neanche un
nodo di vento e si finisce a rocce. Alla fine, anche se per
Alessio è il primo giorno in Sudafrica, ci troviamo in uno
spot nuovo per entrambi e, a differenza mia, con le sue
mure preferite.
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Entriamo in acqua dal lato sopravento, dove sembra
essere più facile e riusciamo a superare i frangenti solo
al secondo tentativo. Facendo i primi bordi cerco di
prendere confidenza con lo spot nella zona sopravento
per capire come lavorano le onde e solo dopo mi avvicino
con cautela alla parte sottovento. Quando faccio il bordo
ad uscire ne approfitto per recuperare energia,
scaricare l’adrenalina per la surfata appena fatta e
riposizionarmi sulla line-up. Per recuperare tutta l’acqua
che si perde surfando devo andare molto fuori, in mare
aperto. Una volta riposizionato non posso sbagliare
strategia: devo scegliere l’onda giusta del set, quella che
non abbia una sorella maggiore dietro pronta a
mangiarmi, controllare chi sta uscendo, valutare anche
gli imprevisti. Una partita a scacchi. Tutto questo per i
pro, come Tilo Eber (G-414) che si è messo a surfare
insieme a noi, è naturale. Per me no. E se a questo
aggiungete la paura che ho di sbagliare (perché in quelle
condizioni significa rompere e finire la giornata), vi
assicuro che la stanchezza diventa una componente non
indifferente. Ci siamo: la sento che cresce sotto di me. In
un attimo sono così in alto come non lo sono mai stato
prima. Capisco che quello è il momento giusto per
partire e mi lancio giù dall’onda. Vado veloce. E l’onda
pure. Un muro d’acqua che avanza dietro di me. Quando
arrivo nella sua pancia e abbasso la vela per fare il
bottom mi ritrovo davanti più di un albero pronto a
rompere. Mi rendo conto dello spessore del lip mentre
sto facendo il cut back e ripiombo giù dall’onda ancora
più veloce. Bellissimo. Questa emozione me la ricorderò
per tutta la vita.
Nel bordo a uscire incontro Alessio e G-414 e realizzo che
ci siamo solo noi nella zona sottovento. Mentre noi di
Torino abbiamo un’espressione a metà tra la gioia e il
timore, Tilo sembra solo divertirsi, come se per lui fosse
tutto “normale”.
A casa, qualche ora più tardi, mentre sto facendo vedere
a Simone le foto dell’uscita, Luca mi chiede: “Immagina il
più grande frullone che tu abbia mai fatto in vita tua,
moltiplicalo per due. Pensi che ne saresti uscito?”. Ci
penso un attimo e gli rispondo sorridendo: “Il rig no di
sicuro!”.
WITSAND – SPOT GUIDE
COME ARRIVARE: Da Cape Town prendere la M5
fino a Muizenberg, poi M4 direzione Sud (Cape Point);
arrivati a Fish Hoek girare a destra sulla Kommetjie
Rd (M65) e seguire le indicazioni per Table Mountain
National Park. Superato Imhoff’s Gift, dopo circa 5km,
si trova lo spot, un attimo prima di Misty Cliffs.
Al rientro invece consiglio la litorale della West Cost, la
M6, molto suggestiva per il panorama e lo skyline su
Hout Bay, teatro di alcuni film. Tappa obbligatoria è
Camps Bay, dall’aperitivo fino a notte fonda.
QUANDO ANDARE: Il periodo migliore è da
metà dicembre a metà marzo, quando il SE soffia bene
e arrivano gli swell. Ogni tanto però regala condizioni
molto belle col NW mure a dritta.
ATTREZZATURA: Wave e dalla 5 in giù.
ONDE: Con il NW entrano a set abbastanza regolari,
quasi sempre close-out su tutta la baia. Sopravento
più piccole ma ancora più pulite e tubanti, sottovento
più grosse. Non c’è un canale di entrata/uscita, per cui
prestare molta attenzione quando si decide di lasciare
l’onda che si sta surfando.
RACCOMANDAZIONI: Con il NW entrare in
acqua dal lato sopravento, per poi scendere
progressivamente sul lato sottovento; qui fare
attenzione a non avvicinarsi troppo a riva e a non
sbagliare. Il vento è bucatissimo e molto debole e si
rischia di finire a rocce.
ACCOMODATION: Per la vostra vacanza a Cape
Town rivolgetevi alla mitica Sheree Brown di
capetownguru.com (e-mail:
[email protected]), vi organizzerà tutto:
macchina, casa (diverse possibilità a seconda del
budget, dalla guest house alla villa sul mare), noleggio
surf e SUP e qualunque altra cosa di cui avrete
bisogno. Fortemente consigliata!
Alessandro in full down the line a Witsands.
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RIDER Ricardo Campello, Robby Swift | LOCATION Maui, Hawaii | FOTO remediaNext Ride
Jump special: 4 specialisti dei salti,
Ricardo Campello, Kauli Seadi, Robby
Swift e Jason Polakow, ci sveleranno
in diverse puntate tutti i trucchi per
imparare più velocemente la vostra
manovra dei sogni.
Una delle più grandi leggende del
nostro sport, Mark Angulo, si
racconta in esclusiva per Funboard:
dagli esordi fino ai giorni nostri
passando per i successi e fallimenti
di una vita dedicata al windsurf.
Diony Gudagnino ci propone un
interessante report da Los Roques,
Venezuela, con onde perfette per il
wave sailing e lagune piattissime
per il freestyle e il cruising.
E come sempre, tanti altri articoli
esclusivi, approfondimenti,
didattica, la rubrica per le ragazze
Onde e Curve, i gossip più hot da
Maui e tanto altro ancora...