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MURI D’EUROPA EUROPE’S WALLS. Everywhere in Europe there are walls, growing higher by the day. What we are seeing is Europe’s reverse 1989. Quite apart from the question of how far this actually makes people safer from terrorism, closing Europe’s internal borders risks dismantling the thing most Europeans value most about the European Union. At the moment, all we can say with certainty is that Europe used to be known as the continent where walls come down and is now the one where they are going up again. La costruzione di muri e muraglie a scopo difensivo risale alla notte dei tempi, quando per proteggere il proprio popolo e territorio da possibili invasori gli imperatori facevano innalzare grandi barriere di pietra che arginassero gli eserciti nemici. Per magnificenza, grandezza e età, la muraglia difensiva per antonomasia è la Grande Muraglia Cinese, una gigantesca costruzione in muratura realizzata nel III secolo a.C. sotto il regno di Chin Shih-Huang-Ti con l'obiettivo di proteggere i confini settentrionali del regno dalle tribù mongole e collegare tra loro una serie di fortezze. Tra i muri che hanno segnato la storia antica ricordiamo anche il Vallo di Adriano, una fortificazione in pietra costruita nella prima metà del II secolo d.C. per volere dell'imperatore Adriano con l'obiettivo di difendere il confine settentrionale dell'Impero Romano in Britannia. Lunga 173 chilometri, alta 5 metri e larga 3, la fortificazione si estendeva da Wallsend-on-Tyne, sul mare del Nord vicino a Newcastle, a Bowness on Solway, sul mare d'Irlanda, dividendo di fatto l'isola in due parti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, esistevano solo 5 muri tra i quali c’era il simbolo del “Muro in uscita”: il Muro di Berlino. Considerato l'emblema stesso della cortina di ferro, ossia la linea di confine che durante la Guerra Fredda divideva non solo Berlino e la Germania, ma l'intera Europa tra la zona di influenza sovietica e quella di influenza statunitense, è universalmente riconosciuto come il "Muro della vergogna", immagine indelebile della storia mondiale. Voluto dal regime comunista della Germania dell'Est per arginare l'imponente flusso migratorio che dal 1949 aveva portato oltre 2 milioni di tedeschi dell'est a trasferirsi nella zona occidentale, il muro venne costruito in una sola notte tra il 12 e il 13 agosto 1961. La frontiera di 155 km che divideva in due la città era fortificata da due barriere parallele di cemento armato separate dalla cosiddetta "striscia della morte": larga alcune decine di metri e circondata da filo spinato alimentato con corrente ad alta tensione, nel corso degli anni è stata più volte disseminata di mine antiuomo. Degli oltre 100.000 cittadini residenti a Berlino Est che durante i 28 anni di divisione della città hanno cercato di fuggire, almeno 136 sono morti nel tentativo di superarla. Il 9 novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino: una data entrata nella storia che segnò nel modo più spettacolare la fine del dopoguerra, dando il via alla riunificazione della Germania. Quel che resta oggi del Muro di Berlino - i tratti di cemento armato ricoperti di murales, la Porta di Brandeburgo, il Check Point Charlie e i numerosi luoghi della memoria - è diventato un simbolo indelebile di quegli anni drammatici, richiamando ogni anno migliaia di turisti. Sembra essere passato un secolo da quando l'Europa, giustamente, si vantava di aver contribuito ad abbattere il muro di Berlino nel 1989. Quelli di adesso sono "Muri in entrata" la cui funzione consiste nell'impedire gli arrivi di persone sgradite: i poveri ed i perseguitati politici che fuggono prevalentemente dal Sud del Mondo a causa delle guerre e della miseria. Il mondo globalizzato di oggi ne conta più di 45 per contrastare l’immigrazione e il flusso di persone (Il Sole 24Ore, 27.08.2015). I muri eretti come barriere nel Vecchio Continente, pur non essendo celebri come quello di Berlino, ne ereditano la funzione di divisione politica, etnica e sociale. Migliaia di chilometri di cemento e filo spinato ancora oggi, nell'era della globalizzazione e del digitale, tagliano come un rasoio Stati, territori, famiglie e interi popoli.

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MURI D’EUROPA

EUROPE’S WALLS. Everywhere in Europe there are walls, growing higher by the day. What we are seeing is Europe’s reverse 1989. Quite apart from the question of how far this actuallymakes people safer from terrorism, closing Europe’s internal borders risks dismantling the thingmost Europeans value most about the European Union. At the moment, all we can say withcertainty is that Europe used to be known as the continent where walls come down and is now theone where they are going up again.

La costruzione di muri e muraglie a scopo difensivo risale alla notte dei tempi, quando perproteggere il proprio popolo e territorio da possibili invasori gli imperatori facevano innalzaregrandi barriere di pietra che arginassero gli eserciti nemici. Per magnificenza, grandezza e età, lamuraglia difensiva per antonomasia è la Grande Muraglia Cinese, una gigantesca costruzione inmuratura realizzata nel III secolo a.C. sotto il regno di Chin Shih-Huang-Ti con l'obiettivo diproteggere i confini settentrionali del regno dalle tribù mongole e collegare tra loro una serie difortezze. Tra i muri che hanno segnato la storia antica ricordiamo anche il Vallo di Adriano, unafortificazione in pietra costruita nella prima metà del II secolo d.C. per volere dell'imperatoreAdriano con l'obiettivo di difendere il confine settentrionale dell'Impero Romano in Britannia.Lunga 173 chilometri, alta 5 metri e larga 3, la fortificazione si estendeva da Wallsend-on-Tyne, sulmare del Nord vicino a Newcastle, a Bowness on Solway, sul mare d'Irlanda, dividendo di fattol'isola in due parti.Dopo la Seconda Guerra Mondiale, esistevano solo 5 muri tra i quali c’era il simbolo del “Muro inuscita”: il Muro di Berlino. Considerato l'emblema stesso della cortina di ferro, ossia la linea diconfine che durante la Guerra Fredda divideva non solo Berlino e la Germania, ma l'intera Europatra la zona di influenza sovietica e quella di influenza statunitense, è universalmente riconosciutocome il "Muro della vergogna", immagine indelebile della storia mondiale.Voluto dal regime comunista della Germania dell'Est per arginare l'imponente flusso migratorio chedal 1949 aveva portato oltre 2 milioni di tedeschi dell'est a trasferirsi nella zona occidentale, il murovenne costruito in una sola notte tra il 12 e il 13 agosto 1961.La frontiera di 155 km che divideva in due la città era fortificata da due barriere parallele dicemento armato separate dalla cosiddetta "striscia della morte": larga alcune decine di metri ecircondata da filo spinato alimentato con corrente ad alta tensione, nel corso degli anni è stata piùvolte disseminata di mine antiuomo. Degli oltre 100.000 cittadini residenti a Berlino Est che durantei 28 anni di divisione della città hanno cercato di fuggire, almeno 136 sono morti nel tentativo disuperarla. Il 9 novembre 1989 cadeva il Muro di Berlino: una data entrata nella storia che segnò nelmodo più spettacolare la fine del dopoguerra, dando il via alla riunificazione della Germania. Quel che resta oggi del Muro di Berlino - i tratti di cemento armato ricoperti di murales, la Porta diBrandeburgo, il Check Point Charlie e i numerosi luoghi della memoria - è diventato un simboloindelebile di quegli anni drammatici, richiamando ogni anno migliaia di turisti.Sembra essere passato un secolo da quando l'Europa, giustamente, si vantava di aver contribuito adabbattere il muro di Berlino nel 1989. Quelli di adesso sono "Muri in entrata" la cui funzioneconsiste nell'impedire gli arrivi di persone sgradite: i poveri ed i perseguitati politici che fuggonoprevalentemente dal Sud del Mondo a causa delle guerre e della miseria.Il mondo globalizzato di oggi ne conta più di 45 per contrastare l’immigrazione e il flusso dipersone (Il Sole 24Ore, 27.08.2015). I muri eretti come barriere nel Vecchio Continente, pur nonessendo celebri come quello di Berlino, ne ereditano la funzione di divisione politica, etnica esociale. Migliaia di chilometri di cemento e filo spinato ancora oggi, nell'era della globalizzazione edel digitale, tagliano come un rasoio Stati, territori, famiglie e interi popoli.

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LE BARRIERE DI CEUTA E MELILLA

http://noticias.terra.es/infografias/shared/2014/valla/valla.html)

Il problema dell’immigrazione illegale è un tema che da molti anni caratterizza le relazioni traSpagna e Marocco, soprattutto per quanto riguarda la situazione di Ceuta e Melilla. Per cercare diporre un freno al fenomeno crescente, le due città sono separate dal territorio marocchino tramitedue barriere fisiche e una zona neutrale, il cui obiettivo è di bloccare l’immigrazione illegale e ilcontrabbando commerciale.Nonostante i grandi numeri di immigranti che tentano di entrare a Ceuta e Melilla scavalcando lebarriere tra le due città e il Marocco, la maggior parte dei clandestini sceglie di accedere alle duecittà via mare, arrivando in barca e nuotando fino alle spiagge delle città spagnole. Gli immigrantiprovengono in generale da paesi molto poveri come il Senegal, il Congo, il Mali, il Camerun e laNigeria.

La barriera di Ceuta e, evidenziata in bianco, la zona neutrale (http://www.africa-express.info)

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La barriera di Ceuta è lunga 8 km ed è costituita da una doppia barriera alta 6 metri dal latospagnolo, alla quale si aggiunge una terza barriera di 2 metri dal lato marocchino. La barriera diMelilla, invece, è lunga 12 km ed è costituita da una doppia barriera alta 6 metri, alla quale siaggiunge una terza barriera alta 3 metri.Nel mese di ottobre del 1995, in seguito al superamento della barriera preesistente da parte di alcuniimmigrati, il governo di Ceuta decise di rinnovare il reticolato per rendere la barriera menopermeabile. Nel 1996 lo stesso Governo decise di riparare e rimodernare il reticolato che divideva lacittà dal Marocco, costruendo una doppia barriera di reticolato alta 2,5 metri con un costo di quasi 6milioni di pesetas (circa 36 mila €). Nel 1999, in seguito a vari tentativi di entrata illegale nellacittà, il Governo decise di rinforzare la barriera più esterna, abbattendola e costruendone una piùalta (3,10 metri) in acciaio zincato rinforzata con un reticolato di filo spinato, seguendo il modellodella vicina Melilla.

La barriera di Melilla e, evidenziata in bianco, la zona neutrale (http://www.diariodivic.it/la-citta-spagnola-che-si-chiude-col-filo-spinato-anti-immigrati/)

La costruzione della barriera di Melilla fu iniziata nel 1998; in origine essa era composta da unasola barriera, mentre nel 1998 iniziò il progetto per il rinnovamento e il rafforzamento con lacostruzione di un’altra barriera parallela, entrambe di 3 metri di altezza, alle quali furono aggiuntidei reticolati di filo spinato in cima. A causa delle ondate di immigrati che provarono a saltare lebarriere tra settembre e novembre del 2005 le due barriere furono alzate fino a 6 metri; sempre nel2005 furono incorporati alla barriera delle bobine di filo spinato (la concertina) provvisti di dentiche provocano profondi tagli alle mani e alle gambe. Nel 2006 la barriera più vicina al Marocco fuinclinata di 10° verso il territorio del paese africano, per renderne più difficile la scalata. Nel 2007 Ilgoverno spagnolo, dopo aver ricevuto molte critiche per la concertina, decise di rimuoverla nel2007, quando fu aggiunta una terza barriera di 3 metri di altezza tra le due precedenti composta daun intreccio di cavi di acciaio posti a diverse altezze. Nel 2013, però, il ministero degli internidecise di mettere nuovamente la concertina sulla parte superiore di un terzo della barriera traMelilla e il Marocco, a causa della forte pressione migratoria che subì la città in quell’anno.Il rafforzamento delle barriere di entrambe le città spagnole è avvenuto anche grazie a un parzialefinanziamento da parte dell’UE nell’ambito dei progetti per la lotta contro l’immigrazione illegale.Ai giorni nostri il fenomeno dell’immigrazione illegale è studiato e monitorato dal Frontex: dal

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francese Frontières extérieures. E’ l’agenzia europea per la gestione della cooperazioneinternazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, che ha sede a Varsaviaed è stata fondata nell’ottobre 2004 e attiva da maggio 2005, con l’obiettivo del controllo epattugliamento delle frontiere esterne all’UE aeree, marittime e terrestri, oltre alla conclusione diaccordi con i paesi confinanti per quanto riguarda la riammissione degli immigrati respinti. Il sitoufficiale è: http://frontex.europa.eu.Le frontiere tra le due città e il Marocco sono controllate dal Sistema Integrado de VigilanciaExterior (Sistema Integrato di Vigilanza Esteriore, SIVE), gestito dalla Guardia Civil e utilizzato intutta la Spagna per un maggiore controllo delle frontiere meridionali, delle Isole Canarie e delleIsole Baleari. La base delle barriere è dotata di cavi posti sul terreno che connettono una rete di sensori elettroniciacustici e visivi. È dotata di un'illuminazione ad alta intensità, di un sistema di videocamere divigilanza a circuito chiuso e strumenti per la visione notturna.Negli ultimi dieci anni quasi 28 mila persone sono riuscite a entrare illegalmente a Ceuta e Melilla,nonostante i 140 milioni di € investiti per il rafforzamento delle frontiere con il Marocco:

2005: la notte del 28 agosto 300 immigranti subsahariani tentarono di superare la barriera diMelilla dotati di un centinaio di scale; di questi, un numero non determinato riuscì a entrarenella città e un camerunense morì in territorio marocchino, mentre una decina di uominidella Guardia Civil rimasero feriti nell’assalto. Il 12 settembre un immigrante subsaharianomorì presso l’ospedale di Melilla, mentre il 15 settembre un altro subsahariano, il terzo inpochi giorni, morì sempre nello stesso ospedale. Il 29 settembre, giorno della VII RAN traSpagna e Marocco a Siviglia, circa 700 persone cercarono di attraversare la barriera diCeuta; durante la risposta congiunta dei poliziotti spagnoli e marocchini e della GuardiaCivil furono uccise cinque persone (due morte nella parte spagnola e tre nella partemarocchina) e ferite più di cento. Prima dell’incidente il governo spagnolo aveva deciso diinviare 480 militari alle frontiere delle due città, mentre il Marocco decise di inviare più di1.600 agenti per pattugliare la zona. Il 6 ottobre sei immigranti morirono in un assalto daparte di 400 persone alla frontiera di Melilla a causa del fuoco aperto dalle forze marocchineper impedire l’assalto.

2006: il 3 luglio morirono tre immigranti (due in territorio spagnolo e uno in territoriomarocchino) durante un assalto da parte di un numero non definito di persone (tra lequaranta e le settanta) alla frontiera di Melilla; solo quattro riuscirono a saltare le barrieredella città.

2007: Ceuta non registrava tentativi di superamento della frontiera portati a termine consuccesso dall’assalto di massa del 29 settembre 2005. Il 22 giugno un immigrante che erariuscito a superare la barriera di Ceuta fu arrestato dalla Polizia e trasportato al Centro deEstancia Temporal de Inmigrantes (CETI, Centro di Permanenza Temporanea degliImmigranti).

2008: le piogge torrenziali del 27 ottobre che colpirono per la terza volta Melilla nello stessomese, danneggiarono più di ottanta metri della barriera alla frontiera con il Marocco epermisero a circa 65 persone di tentare di entrare a Melilla. Essi inizialmente furono bloccatidalla Guardia Civil, ma in seguito decisero di tentare un’altra via di accesso: tra questi, circaventisette riuscirono a entrare nella città.

2009: il 1 gennaio un gruppo di immigranti provò ad attraversare con la forza la frontiera diMelilla; tra questi, uno morì raggiunto dagli spari delle forze di sicurezza marocchine. Il 7marzo morì un altro immigrante come conseguenza delle ferite causate dalla concertina dellabarriera di Ceuta mentre tentava di entrare nella città.

2010: a Melilla il 3 luglio morirono 3 persone (due sul lato marocchino e una su quellospagnolo) mentre tentavano di attraversare la frontiera.

2011: a Ceuta il 30 gennaio un uomo originario del Mali tentò di attraversare per la primavolta la frontiera dalla Spagna verso il continente africano, giustificandosi che, bloccato a

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Ceuta da quattro anni, non poteva viaggiare verso la Penisola iberica. L’uomo decise dunquedi ritornare al proprio paese d’origine attraverso il Marocco, ma fu arrestato nel tentativo disuperare la barriera tra la città e il paese africano. Nel 2011 un totale di 63 persone (in ununico assalto) riuscì ad attraversare le barriere delle due città.

2012: il 14 agosto circa 150 persone organizzate in due gruppi provarono a saltare la doppiabarriera della città di Melilla; di queste, trenta riuscirono nell’intento e furono accoltesuccessivamente nel CETI. Tra il 18 e il 19 agosto più di 450 persone provarono a saltare labarriera di Melilla; di queste, circa 60 riuscirono a entrare nella città e furono accolte nelCETI. Il 16 ottobre 2012 un gruppo di 300 immigranti subsahariani riuscì a entrare a Melilladopo aver superato le barriere in pieno giorno. Nel 2012 un totale di 390 persone riuscì adattraversare le barriere delle due città.

2013: la settimana dal 22 al 28 luglio fu protagonista di un’ondata di assalti alla frontiera diMelilla. I primi due ebbero luogo la mattina del 23 luglio da parte di 500 persone divise indue gruppi, delle quali circa 200 riuscirono a entrare nella città; il terzo ebbe luogo lamattina del 24 luglio da parte di circa 200 persone, delle quali solo una decina riuscì apassare; l’ultimo accadde la mattina del 25 luglio: su 125 immigranti, 40 riuscirono a entrarea Melilla, mentre due persone morirono attraversando la barriera (una sul lato spagnolo euna su quello marocchino). Il 6 novembre un gruppo di circa 200 persone riuscì a entrare aMelilla, ma una persona morì durante il tentativo di superamento della barriera dalla partedel territorio marocchino; il 20 novembre circa mille persone cercarono di saltare la barrieradi Melilla, mentre il 17 dicembre altrettante persone assaltarono la stessa frontiera. Il 17dicembre circa mille persone provarono a superare la frontiera che separa Melilla dalMarocco, ma il tentativo fu bloccato dall’intervento della Guardia Civil. Nel 2013 un totaledi 830 persone riuscì ad attraversare le barriere delle due città.

2014: tra gennaio e febbraio circa 4 mila persone provarono a superare la barriera di Melilla;di queste, circa 600 riuscirono a entrare nella città. Il 18 marzo, 500 persone riuscirono adattraversare il perimetro di Melilla e a entrare nella città. Il 28 maggio, 2 mila immigranti,divisi in cinque gruppi, tentarono di attraversare la barriera di Melilla: tra questi 470riuscirono a entrare nella città. Il 18 giugno, 400 subsahariani attraversarono la barriera,mentre nel mese di ottobre la barriera di Melilla fu colpita da numerosi tentativi di salto: il 1ottobre, 200 immigranti tentarono, senza successo, di attraversare la doppia barriera. Lostesso numero di immigranti tentò l’assalto l’8 e il 15 ottobre. Il 16 ottobre altri 200immigrati cercarono di attraversare la barriera per entrare nella città senza successo; il 21ottobre 500 immigrati si avvicinarono al perimetro della frontiera in vari punti, ma furonointercettati dalla polizia marocchina che bloccò il loro tentativo, mentre il 22 ottobre altre400 persone tentarono l’assalto alla barriera di Melilla. Nel 2014 un totale di circa 2.200persone entrarono a Melilla attraverso la barriera: gli ultimi assalti dell’anno furono portati atermine il 30 e il 31 dicembre, quando 156 immigranti riuscirono a entrare nella città. Lapolizia marocchina impedì un totale di 20 mila entrate illegali a Ceuta e Melilla nel 2014, adimostrazione dell’eccellente cooperazione tra i due Paesi in materia di sicurezza.

A partire dal 1 luglio 2015, con l'entrata in vigore della riforma della legge sugli stranieri in Spagna,che introduce la nuova figura giuridica del "rifiuto alla frontiera", i migranti intercettati sullebarriere frontaliere di Ceuta e Melilla potranno essere immediatamente rimandati in territoriomarocchino, senza previa identificazione. Secondo il testo della normativa "gli stranieri intercettatisulla linea frontaliera della demarcazione territoriale di Ceuta e Melilla, mentre tentano di superaregli elementi di contenimento frontaliero per attraversare in maniera irregolare la frontiera, potrannoessere respinti al fine di impedire il loro ingresso illegale in Spagna". La legge specifica che "inogni caso il rifiuto si realizzerà rispettando la normativa internazionale di diritti umani e diprotezione internazionale della quale la Spagna è parte". Una previsione, quest'ultima, che hasuscitato le critiche, fra gli altri, del Consiglio generale degli ordini dell'Avvocatura spagnola,

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secondo il quale un respingimento "a caldo" non può mai adempiere l'ordinamento internazionale,che vieta espressamente l'espulsione di una persona senza previa identificazione medianteassistenza legale di un avvocato. (ANSAmed).

A Melilla, dove tutto cominciò, l’artista italiano Blu ha dipinto una gigantesca bandiera europea: al posto delle 12 stelle, filo spinato.

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LA BARRIERA TRA NEA VYSSA ED EDIRNE

(Stefano Montefiori, da “il Corriere della Sera” del 18/6/2015)

Altro steccato innalzato per difendere le frontiere esterne dell'Unione europea è quello iniziato nel2012 dal governo di Atene che ha deciso di seguire l'esempio di Ceuta e Melilla, per “mantenere lapace sociale”. Si trova tra la città greca Nea Vyssa e la turca Edirne ed è costituito da 12 chilometridi barriere e filo spinato e serve per arrestare il gigantesco afflusso di migranti dal Medio Oriente(soprattutto siriani e iracheni in fuga dalla guerra) provenienti dal fiume Evros, via fluviale diaccesso all'Europa. La Grecia ha speso tre milioni di euro per costruire il muro senza nessun tipo difinanziamento, ma con l'appoggio di Francia e Germania che hanno condiviso la scelta di Atene.(Cesare Balbo - Il Sole 24 Ore)Prima, il vero e proprio "muro" era un po' più a sud, lungo il fiume Evros, che scorre per 180chilometri tra i due paesi. Ogni giorno, ogni notte, sono centinaia le persone che cercavano ecercano di attraversarlo, stipati in quindici o venti su barconi di plastica gonfiabile e lungo le suerive compaiono i canotti bucati e le cataste di vestiti abbandonati che sembrano solo macchie dicolore. Documenti, lettere, zaini: il fiume si porta via pezzi di vita di gente che arriva dall’Afghanistan, dal Bangladesh, dall’ Algeria, dalla Nigeria ... E a volte anche i loro corpi. Quelliannegati. Sono almeno uno o due alla settimana, quelli che si trovano dalla parte greca. La correntedel fiume non sa che farsene delle bandiere e dei confini.

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MURO DI CALAIS

Sorge in Francia al confine tra Belgio e Gran Bretagna ed è stato costruito per evitare che gliimmigrati provenienti dal resto dell’Unione Europea, una volta giunti a Calais, possano raggiungereil porto e dunque le navi per arrivare in Inghilterra. La Gran Bretagna ha infatti concluso nel 2015, con la Francia, un accordo per finanziare, con 15milioni di Euro, una barriera che sta rendendo inaccessibile il porto ai migranti somali, sudanesi,eritrei che intanto stanno accampati nella collina ormai nota come “New Jungle”, che si prepara adiventare il monumento della neo barbarie.Quello di Calais è l'unico muro all'interno dell'Unione Europa pensato per proteggere la GranBretagna - che non fa parte di Schengen - dai flussi migratori in arrivo. Quindi ciò significa chel'Inghilterra ha spostato in avanti il suo confine, il più lontano possibile dalle proprie coste,addirittura in territorio francese. Nel 2002 l’allora ministro dell’Interno Nicolas Sarkozy chiuse ilcentro di Sangatte come se si potesse cancellare l’immigrazione per decreto, ma i migranti somali,sudanesi, eritrei ovviamente non hanno mai smesso di arrivare a Calais per tentare di raggiungerecon ogni mezzo la terra promessa, l’Inghilterra, lanciando sacchi di rifiuti in mezzo alla strada perfare rallentare i camion, e permettere ai compagni di dare l’assalto ai rimorchi.

L’artista britannico Banksy ha pubblicato sul proprio sito le foto di un nuovo murales che ha fattosu un muro della Giungla di Calais, l’enorme baraccopoli dove vivono i migranti che dalla Franciaprovano a raggiungere il Regno Unito. Il disegno raffigura l’ex CEO di Apple Steve Jobs con inmano una sacca e un vecchio computer Apple. Banksy fa riferimento al fatto che il padre biologicodi Jobs era un rifugiato siriano di nome Abdul Fattah Jandali, che arrivò a New York negli anniCinquanta. Il Guardian ha riportato sul suo sito un comunicato di Banksy associato al nuovodisegno. Spiega Banksy: «Spesso siamo portati a credere che gli immigrati prosciughino le risorsedi un certo paese, ma Steve Jobs era figlio di un immigrato siriano. Apple è la società più redditiziaal mondo, paga oltre 7 miliardi di dollari all’anno in tasse ed esiste solo perché gli Stati Uniti hannoaccettato di accogliere un giovane uomo da Homs» Il disegno di Steve Jobs è l’ultimo di una seriedi progetti di Banksy a Calais, dove da anni esistono campi profughi per migranti che sperano diarrivare in qualche modo nel Regno Unito.

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In una strada vicino al porto di Calais ha realizzato un disegno ispirato al famoso dipinto La zatteradella Medusa di Théodore Géricault.

ll dipinto a cui l'opera si ispira rappresenta il naufragio della fregata francese Méduse, avvenuto nel1816 davanti alle coste dell'attuale MauritaniaE poi il senso metaforico di tutta la storia: un capitano inesperto ma presuntuoso, un equipaggioincapace di gestire l’emergenza, un gruppo di disperati tenuti in vita da un feroce istinto disopravvivenza. Una storia attuale, purtroppo. Che ricalca altri naufragi, simbolici e non.Banksy da 2015 sta inviando a Calais pezzi di materiali con cui erano costruite le attrazioni del suoparco divertimenti Dismaland, da usare per costruire rifugi per i migranti.

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MURO DI UNGHERIA

È una barriera alta 4 metri di filo spinato che corre lungo i 175 chilometri della frontiera fraUngheria e Serbia per respingere i migranti in arrivo dai Balcani. Così viene spezzata la cosiddettarotta balcanica possibile via di fuga dei popoli del Medio Oriente nella morsa della guerra. Per lopiù siriani e afghani, giunti via mare dalle coste della Turchia alle isole della Grecia, nelDodecaneso. Il ritorno di un muro riporta l'Ungheria al tempo della divisione dall'Austria: una recinzione di 240chilometri segnava il confine austro-ungherese poi rimossa nel maggio del 1989, prima crepa delprogressivo sgretolamento della Cortina di ferro. E’ stata voluta dal primo ministro, Viktor Orban, che si erge a custode del pregiudizio. L’Europadeve tenere fuori i migranti musulmani, ha detto Orban «per mantenere l’Europa cristiana».Kübekháza, dove termina la barriera di filo spinato voluta da Orbán, è la città magiara che unisce lefrontiere di Ungheria, Serbia e Romania, attraversate negli ultimi anni da oltre 100 mila richiedentiasilo e ospita nientemeno che il punto finale del «muro di Orban». E’l’ultimo pilone della barrieradi 175 chilometri e alle sue spalle, si apre la pianura pannonica con la sua sfacciata indifferenza. Ilmuro finisce in un prato. E come se non bastasse, qualche metro più in là, il monumento che cele-brava il punto d’incontro dei tre paesi è rimasto oltre la ringhiera, dall’altra parte del muro. Geogra-ficamente, l’Unione europea inizia qui. Ma moralmente sembra finire.

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MURO BULGARO TURCO

Ma la storia forse più incredibile è quella della Bulgaria: dopo aver finalmente buttato giù lebarriere di epoca sovietica che servivano per tenere la gente chiusa dentro, il governo di Sofia èpassato a costruirne un’altra, stavolta per tenere la gente chiusa fuori. Allora la barriera eracomposta da due recinzioni distanti 500 metri l’una dall’altra e divise da un fitto campo minato. Pereliminarla ed eliminare una a una tutte le mine occorsero diversi anni di lavoro nei primi anniNovanta. Ora il confine da fortificare e rendere invalicabile è quello con la Turchia. La suaedificazione è stata approvata nel novembre del 2013 per contrastare l'immigrazione dal MedioOriente. Il progetto complessivo arriva a 160 km. Ogni 100 metri ci sarà un soldato di guardia, inmodo tale che ogni guardiano possa sempre vigilare anche sui suoi colleghi. Nel 2014 soloquattromila persone sono riuscite a entrare illegalmente in Bulgaria; l’anno prima erano state 11mila. Le ragioni per cui la Bulgaria ha deciso di investire nuove risorse nel contenimento dei flussimigratori sono diverse. La Bulgaria è uno dei paesi più poveri dell’Unione Europea, e i costi digestione dei centri d’accoglienza e dei campi per i rifugiati pesano molto sul bilancio dello stato:più volte, poi, la Bulgaria è stata accusata di violazioni dei diritti dei rifugiati per averli respinti conla forza e in modo violento anche dopo che avevano attraversato il confine. La scarsa capacità dicontrollo sul confine con la Turchia, inoltre, è una delle ragioni per cui la Bulgaria – che è membrodell’Unione Europea dal 2007 – non è ancora stata ammessa nell’Area Schengen, dove i cittadinieuropei possono viaggiare senza passaporto. Infine, negli ultimi mesi è cresciuta molto lapreoccupazione che tra i rifugiati che arrivano dal Medio Oriente possano mescolarsi estremistiislamisti e jihadisti.

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MURO DI BELFAST

Cosa sarebbe Belfast senza i suoi muri? Barriere di cemento e mattoni, in lamiera, semplicipalizzate o staccionate, con o senza filo di ferro: sono 99 Peace Lines dell'Irlanda del Nord, lebarriere costruite a partire dagli anni Settanta che ancora oggi tengono divise le comunità cattolicheda quelle protestanti. E che nessuno ha intenzione di abbattere. Mentre in altre parti del mondo intere comunità manifestano per eliminare i cosiddetti "muri dellavergogna", a Belfast non solo nessuno pensa di toccare i muri esistenti ritenuti indispensabili dallamaggior parte della popolazione, ma addirittura si continuano ad allungare, alzare e a farne dinuovi, decorati con sempre più grandi e colorati murales. Dagli anni '70, l'apice dei "Troubles" - lafase più accesa dello scontro tra le due comunità – oggi, Belfast Interface Project, associazione cheopera per il riavvicinamento fra cattolici e protestanti, conta 99 strutture permanenti. Le primerisalgono alla fine degli Anni 60, l’ultima al 2009. Quella di Belfast è la più famosa, alta 15 metricorre lungo la trafficata Springfield Road. Nel 2002 è stata rafforzata e sopraelevata dai militaribritannici.Sono numerosi i varchi che di giorno sono regolarmente aperti, ma quando scende la sera i checkpoint tra i due settori vengono chiusi dalla polizia, anche se per quell'ora tutti sono già rientrati nellapropria area di appartenenza. Perchè nessuno ci tiene a rimanere "dall'altra parte".

Opinione confermata da uno studio dell’università dell’Ulster: solo il 14 per cento degli abitanti deiquartieri a rischio è favorevole all’abbattimento dei peace walls. “Il muro deve restare, grazie adesso ci sentiamo più tranquilli, soprattutto durante le parate di luglio” ha dichiarato un abitantecattolico di Duncairn Avenue, dove passa il corteo che festeggia la vittoria, nel lontano 12 luglio1690, del re protestante Guglielmo III d’Orange sul cattolico Giacomo II.

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Ogni anno la celebrazione orangista offre il pretesto per una prova di forza fra le due parti. L’ultimoscontro nelle strade si è scatenato invece, nel dicembre 2012, per la decisione del consigliomunicipale di non esporre più la bandiera dell’Union Jack. Dopo giorni di violente proteste e lancidi molotov, gli unionisti, che non vogliono rinunciare alla bandiera britannica, si sono dovutirassegnare: il vessillo sarà esposto solo in occasioni particolari.

Il conflitto fra cattolici e protestanti, terminato con gli accordi del Venerdì santo e lasmilitarizzazione delle fazioni armate, ha trovato una soluzione definitiva nel maggio 2007 con lanascita del primo governo di coalizione fra i repubblicani del Sinn Fein e gli unionisti del Dup,partito democratico unionista, fondato dal reverendo Ian Paisley. Ma decenni di violenze – chehanno fatto 3.500 morti in una provincia di 1,8 milioni di abitanti – hanno lasciato cicatriciprofonde. “La società nord-irlandese è sempre più segregazionista perché, nonostante gli accordi, icittadini non sentono di vivere in pace e il problema sicurezza è ancora dominante” afferma AdrianGuelke, politologo alla Queen’s University di Belfast. Una ricerca fatta dalla sua università indodici quartieri ha rivelato che il 68 per cento dei ragazzi fra i 18 e i 25 anni non avevano mai avutouna conversazione con i coetanei dell’altra comunità. D’altronde il sistema scolastico prevede soloil 5 per cento di classi miste. Anche i club sportivi sono divisi per appartenenza religiosa e legiovani generazioni vivono in universi separati fino all’ingresso nel mondo del lavoro.

I peace walls offrono protezione, ma confinano in un isolamento da cui pochi hanno la volontà diaffrancarsi. “Soltanto combattendo il fattore paura si arriverà alla distruzione dei muri” dice JohnMcQuillan di Belfast Interface Project. “La povertà gioca un ruolo importante nel persistere delrisentimento e delle barriere psicologiche: in molti quartieri popolari le condizioni di vita non sonomigliorate rispetto a trent’anni fa”. Una nuova via di riconciliazione può forse offrirla il turismo chenegli ultimi anni ha scoperto i “political tours”, le visite guidate dei murales dell’unionista Shankillroad e della repubblicana Falls road. Il periodo buio dei troubles viene rivisitato da frotte divacanzieri (il murales di Bobby Sands, militante dell’Ira morto nel carcere di Maze, è in assoluto ilpiù fotografato) che ascoltano dalla voce dei protagonisti gli episodi della guerra fratricida.

Due associazioni di ex prigionieri politici, l’unionista Epic e la repubblicana Coiste, accompagnanoi gruppi nelle vie di West Belfast, ognuna nella sua zona d’influenza, ognuna offrendo la suaversione degli attentati e degli scontri a fuoco.

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CONCLUSIONI

La storia ci insegna quanto spesso gli uomini abbiano innalzato muri. Muri per difendersi daattacchi bellici, muri per segnare i confini di aree geografiche, muri per impedire la liberacircolazione di merci e persone. Gli esempi sopracitati ci aiutano a comprende quanto questoatteggiamento sia radicato nei popoli.Ma se la necessità di difendersi è un bisogno antico, col passare del tempo, non meno frequentituttavia gli eventi bellici, le barriere sono sorte più che per difendere la città, per allontanare gliuomini. Gli anni più recenti ci mostrano quanto forti siano le discriminazioni sorte tra gli uomini.Discriminazioni politiche, razziali, religiose. Negli ultimi anni la diversità che dovrebbe essere vistacome una ricchezza, è stata vissuta ed è vissuta ancora oggi, come un forte limite. Anche in questosecolo “lo straniero” ,specie se povero e di origini non europee, fa paura.Muri per proteggere e muri per conquistare, barricate di cemento e barriere di filo spinato, iper-tecnologici e di sabbia o bidoni, barriere che crollano e altre in piena costruzione, di carattererazzista, religioso, economico o politico. A tratti così simili e così diversi, i muri moderni eretti per difendere confini, annettere territori,combattere l'immigrazione e il terrorismo fanno una sola cosa: dividono il mondo. Il muro èchiusura, isolamento, cecità, buio. L’Europa è stata vista come il continente che ha abbattuto i murie oggi è il continente che li alza di nuovo.

Se da un lato vediamo che ancora oggi gli uomini innalzano barriere fisiche per impedire che unpopolo viva dignitosamente o per lasciare a ciascuno la libertà di spostarsi nel luogo più opportunoo che meglio gli garantisce diritti fondamentali, dall’altro ci rendiamo conto di quante altre einnumerevoli barriere esistano nelle nostre comunità e sui nostri territori, che non siano fatte dimattoni e rispetto alle quali la difficoltà è maggiore perché non è semplice identificarle ecertamente più complessi sono gli strumenti che occorrono per abbatterle. Si pensi all’indifferenza,all’odio verso l’altro, alla logica individualista che impera nelle comunità, alla incapacità di saperaccogliere l’altro come un nostro caro. Di fronte a queste considerazioni non possiamo piùassumere un atteggiamento di non curanza. Tutto questo riguarda noi e ci riguarda da molto vicino.È per questo che siamo tutti chiamati ad una profonda riflessione. Dovremmo chiederci e chiedere:

quali sono i muri che oggi dividono sempre più le nostre comunità? come possiamo noi abbattere queste barriere che limitano il vero essere dell’uomo? come possiamo essere anche noi, nel nostro piccolo, costruttori di ponti? che impegno possiamo assumerci nei confronti della società, della nostra terra, della nostra

comunità?

E’ facile commuoversi quando vediamo le foto dei bambini morti o in fuga. Ci colpiscono al cuore,ma non riusciamo a fare il passo successivo. Che significa passare dalla commozione all’assunzionedelle proprie responsabilità. Sia come Stati, che come cittadini. A mio avviso la scuola potrebbefare molto. Si potrebbe istituire un’ora settimanale dedicata al resto del mondo. Una finestra perinsegnare a noi giovani la cultura dell’incontro. Perché va bene piangere per una foto, ma è piùimportante imparare a mangiare un piatto di riso con un profugo.

MAICOL MARTIN

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NOTE BIBLIOGRAFICHE E SITI INTERNET CONSULTATI

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