COMUNICAZIONI ORALI - SIO 2017 · determinanti delle performance uditive post impianto cocleare ......

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COMUNICAZIONI ORALI Otologia Indice 1. THE ROLE OF NON-ECHO PLANAR DIFFUSION WEIGHTED MAGNETIC RESONANCE IN THE MANAGEMENT OF THE POST-OPERATIVE CHOLESTEATOMA RECURRENCE 2. ASSOCIAZIONE TRA HLAC*06:02 E COLESTEATOMA 3. DIFFERENZE STATISTICAMENTE SIGNIFICATIVE DEL VALORE DI ADC NEI PAZIENTI CON/SENZA COLESTEATOMA 4. ESPRESSIONE DEI FATTORI ANGIOGENETICI E INFIAMMATORI NEI COLESTEATOMI IN ETÀ PEDIATRICA E ADULTA. 5. LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE NELLE STENOSI TUBARICHE 6. CHIRURGIA DI REVISIONE NELLA STAPEDOTOMIA: I NOSTRI RISULTATI 7. VALUTAZIONE DEL SANGUINAMENTO NELLA CHIRURGIA ENDOSCOPICA DELL’ORECCHIO 8. PROPOSTA DI UN NUOVO SISTEMA DI VIDEO-REGISTRAZIONE PER LA VALUTAZIONE OGGETTIVA DELLA SEVERITÀ DELLA PARALISI FACCIALE UNILATERALE: METODOLOGIA E RISULTATI PRELIMINARI 9. TRANSCANAL SURGERY FOR VESTIBULAR SCHWANNOMAS: A PICTORIAL REVIEW ON RADIOLOGICAL FINDINGS, SURGICAL ANATOMY AND COMPAIRASON TO TRADITIONAL TRANSLABIRINTHINE APPROACH 10. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA IPOACUSIA UNILATERALE ASSOCIATE AD ACUFENE INVALIDANTE 11. ANATOMIA COCLEARE, POSIZIONE DEGLI ELETTRODI E FORZA D’INSERZIONE COME VARIABILI DETERMINANTI DELLE PERFORMANCE UDITIVE POST IMPIANTO COCLEARE 12. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA RIABILITAZIONE DELLA SORDITÀ UNILATERALE CON IPOACUSIA FLUTTUANTE CONTROLATERALE 13. IMPIANTI COCLEARI IN ANESTESIA LOCALE: ESPERIENZA IN DIECI PAZIENTI. 14. IMPIANTO COCLEARE CON PROCEDURA SINGLE-STAGE IN PAZIENTI CON OTITE MEDIA CRONICA 15. LA RIABILITAZIONE UDITIVA NEI CASI AVANZATI DI OTOSCLEROSI: LA PROTESI CODACS 16. I PARAGANGLIOMI TIMPANO GIUGULARI INTRADURALI DI3. UNA PROBLEMATICA DI CLASSIFICAZIONE E …TRATTAMENTO. 17. GUSHER IN CORSO DI STAPEDOTOMIA: NOSTRA ESPERIENZA E MANAGEMENT 18. APPROCCIO CHIRURGICO TRANSCANALARE TRANSPROMONTORIALE ENDOSCOPICO AL CONDOTTO UDITIVO INTERNO SEC. PRESUTTI-MARCHIONI: CASISTICA E RISULTATI 19. TRATTAMENTO ENDOSCOPICO VS TRATTAMENTO MICROSCOPICO NELLA CHIRURGIA DELL’OTOSCLEROSI: SONO I TEMPI OPERATORI E LA CURVA DI APPRENDIMENTO PARAMETRI IMPORTANTI PER SCEGLIERE LA TIPOLOGIA DI APPROCCIO CHIRURGICO 20. RUOLO DELLA CHIRURGIA ENDOSCOPICA NEI TUMORI BENIGNI DELL’ORECCHIO MEDIO 21. L’ENDOSCOPIA COME TECNICA COMPLEMENTARE AL MICROSCOPIO IN OTOCHIRURGIA PER MIGLIORARE L’EFFICACIA E SICUREZZA DELLE PROCEDURE 22. MIRINGOPLASTICA ENDOSCOPICA CON SIS (SOTTOMUCOSA DI INTESTINO SUINO): NOSTRA ESPERIENZA

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COMUNICAZIONI ORALI Otologia

Indice

1. THE ROLE OF NON-ECHO PLANAR DIFFUSION WEIGHTED MAGNETIC RESONANCE IN THE MANAGEMENT OF THE POST-OPERATIVE CHOLESTEATOMA RECURRENCE

2. ASSOCIAZIONE TRA HLAC*06:02 E COLESTEATOMA

3. DIFFERENZE STATISTICAMENTE SIGNIFICATIVE DEL VALORE DI ADC NEI PAZIENTI CON/SENZA COLESTEATOMA

4. ESPRESSIONE DEI FATTORI ANGIOGENETICI E INFIAMMATORI NEI COLESTEATOMI IN ETÀ PEDIATRICA E ADULTA.

5. LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE NELLE STENOSI TUBARICHE

6. CHIRURGIA DI REVISIONE NELLA STAPEDOTOMIA: I NOSTRI RISULTATI

7. VALUTAZIONE DEL SANGUINAMENTO NELLA CHIRURGIA ENDOSCOPICA DELL’ORECCHIO

8. PROPOSTA DI UN NUOVO SISTEMA DI VIDEO-REGISTRAZIONE PER LA VALUTAZIONE OGGETTIVA DELLA SEVERITÀ DELLA PARALISI FACCIALE UNILATERALE: METODOLOGIA E RISULTATI PRELIMINARI

9. TRANSCANAL SURGERY FOR VESTIBULAR SCHWANNOMAS: A PICTORIAL REVIEW ON RADIOLOGICAL FINDINGS, SURGICAL ANATOMY AND COMPAIRASON TO TRADITIONAL TRANSLABIRINTHINE APPROACH

10. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA IPOACUSIA UNILATERALE ASSOCIATE AD ACUFENE INVALIDANTE

11. ANATOMIA COCLEARE, POSIZIONE DEGLI ELETTRODI E FORZA D’INSERZIONE COME VARIABILI DETERMINANTI DELLE PERFORMANCE UDITIVE POST IMPIANTO COCLEARE

12. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA RIABILITAZIONE DELLA SORDITÀ UNILATERALE CON IPOACUSIA FLUTTUANTE CONTROLATERALE

13. IMPIANTI COCLEARI IN ANESTESIA LOCALE: ESPERIENZA IN DIECI PAZIENTI.

14. IMPIANTO COCLEARE CON PROCEDURA SINGLE-STAGE IN PAZIENTI CON OTITE MEDIA CRONICA

15. LA RIABILITAZIONE UDITIVA NEI CASI AVANZATI DI OTOSCLEROSI: LA PROTESI CODACS

16. I PARAGANGLIOMI TIMPANO GIUGULARI INTRADURALI DI3. UNA PROBLEMATICA DI CLASSIFICAZIONE E …TRATTAMENTO.

17. GUSHER IN CORSO DI STAPEDOTOMIA: NOSTRA ESPERIENZA E MANAGEMENT

18. APPROCCIO CHIRURGICO TRANSCANALARE TRANSPROMONTORIALE ENDOSCOPICO AL CONDOTTO UDITIVO INTERNO SEC. PRESUTTI-MARCHIONI: CASISTICA E RISULTATI

19. TRATTAMENTO ENDOSCOPICO VS TRATTAMENTO MICROSCOPICO NELLA CHIRURGIA DELL’OTOSCLEROSI: SONO I TEMPI OPERATORI E LA CURVA DI APPRENDIMENTO PARAMETRI IMPORTANTI PER SCEGLIERE LA TIPOLOGIA DI APPROCCIO CHIRURGICO

20. RUOLO DELLA CHIRURGIA ENDOSCOPICA NEI TUMORI BENIGNI DELL’ORECCHIO MEDIO

21. L’ENDOSCOPIA COME TECNICA COMPLEMENTARE AL MICROSCOPIO IN OTOCHIRURGIA PER MIGLIORARE L’EFFICACIA E SICUREZZA DELLE PROCEDURE

22. MIRINGOPLASTICA ENDOSCOPICA CON SIS (SOTTOMUCOSA DI INTESTINO SUINO): NOSTRA ESPERIENZA

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23. MIRINGOPLASTICA ENDOSCOPICA CON GRASSO: RISULTATI A MEDIO TERMINE SU UN CONSISTENTE NUMERO DI PAZIENTI, DI UNA TECNICA SEMPLICE EFFICACE E DI FACILE APPRENDIMENTO

24. VARIANTI ANATOMICHE DI RETRO ED IPOTIMPANO: UNO STUDIO DI ANATOMIA ENDOSCOPICA

25. URGENZE CHIRURGICHE OTOLOGICHE

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1. THE ROLE OF NON-ECHO PLANAR DIFFUSION WEIGHTED MAGNETIC RESONANCE IN THE MANAGEMENT OF THE POST-OPERATIVE CHOLESTEATOMA RECURRENCE

Nardone Massimiliano Ospedale Papa Giovanni XXIII- Bergamo Giovanni Danesi Razionale: Residual disease in cholesteatoma surgery is 4-20% and 20-35% respectively in CWD and CWU tympanoplasty. Traditionally second-look is requested in post-operative cholesteatoma for detection of residual disease or ossicular chain reconstruction. After surgery high resolution CT and conventional MRI sequences are limited in their ability to distinguish residual or recurrent cholesteatoma. The sensitivity and specificity of non-EPI Diffusion weighted Magnetic Resonance have been respectively reported as 80-100% in detecting cholesteatoma. Aim of the study is to evaluate a a protocol of serial imaging with DW-MRI in detecting new cases of residual cholesteatoma in the perspective of a long term follow-up Materiali e metodi: Study design: randomized perspective study; Patients: 50 (22F, 28M), 44 ys median age; CWD tympanoplasty with mastoid obliteration was performed in all cases; second-look surgery was performed in all patients after first DW-MRI; DW-MRI follow-up was 1 year after surgery (range 8-16 months), 2 years after surgery (range 20-28 months) Risultati: 16% (8/50) overall residual cholesteatoma (mean 4 years follow-up): 12% (6/50) residual cholesteatoma after first control (only 5 detected by DW-MRI), 4% (two new cases) at second DW-MRI. DW-MRI (overall data): 100% specificity and predictive positive value; 87,5% sensitivity and 98% negative predictive value; DW-MRI (after Ist control): 100% specificity and predictive positive value; 73% sensitivity and 93% negative predictive value; P<0,05 sensitivity between the two controls: false negatives related to size of cholesteatoma less than 3 mm Conclusioni: Advantages of DW-MRI over second look surgery (if not requested ossicular chain reconstruction): not invasive, safe and much cheaper; possibility of one stage tympanoplasty; limits of DW-MRI in detecting retraction pocket without Keratin, residual matrix or cholesteatoma less than 2 mm. Serial DW-MRI is advocated in detecting recurrent or residual cholesteatoma in long term follow-up.

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2. ASSOCIAZIONE TRA HLAC*06:02 E COLESTEATOMA

Marinelli Alessia Nesmos University Department; Sapienza University;Rome, Italy Barbara Maurizio Covelli Edoardo Monini Simonetta Botti Elisabetta Costanzo Antonio Bianchi Luca Razionale: L’obiettivo del nostro studio è stato scoprire se esistesse una associazione significativa tra la positività genomica all’allele HLA C*06, già noto come principale marker genetico di suscettibilità per la psoriasi, ed il colesteatoma, al fine di ampliare la visione ancora poco chiara sulla patogenesi molecolare di questa patologia. Materiali e metodi: 40 pazienti affetti da colesteatoma ed operati presso il nostro centro specialistico, sono stati inclusi nello studio. Dopo aver ottenuto l’approvazione del comitato etico e la firma del consenso informato, è stata prelevata da ciascun paziente 1 provetta Vacutainer con K3EDTA di sangue venoso periferico, successivamente conservata a -70°C. Il DNA genomico è stato isolato dal sangue intero utilizzando DNeasyblood and tissue kit. L’allele HLA-C*06 è stato rilevato da 25 ηg di dna genomico, con una Polymerase Chain Reaction standard, utilizzando specifici alleli primers. Risultati: 11 pazienti dei 40 inclusi nello studio, sono risultati positivi per HLA-C*06 (di questi, 1 paziente presentava una condizione di omozigosi per HLA C*06 ed i restanti 10 pazienti una condizione di eterozigosi); 29 pazienti dei 40 inclusi nello studio, mostravano una negatività per l’allele HLA-C*06. Abbiamo quindi evidenziato una significativa associazione tra il colesteatoma e l’allele HLA C*06, risultato positivo nel 27,5 % dei pazienti inclusi nel nostro studio, a fronte di una incidenza nella popolazione sana caucasica del 4-16% e di una assodata significativa associazione con la psoriasi nel 20-50% dei casi, a seconda della popolazione studiata. Conclusioni: Dal nostro studio emerge una significativa associazione tra l’allele HLA C*06 ed il colesteatoma. L’allele HLA C*06 potrebbe assurgere al ruolo di marker genetico di suscettibilità per il colesteatoma, e potrebbe essere associato ad un comportamento clinico più o meno aggressivo del colesteatoma in termini di estensione, entità di erosione delle strutture circostanti, e recidiva del tessuto colesteatomatoso, nei singoli pazienti affetti da tale patologia. Se anche per il colesteatoma, come recentemente scoperto per la psoriasi, HLA C*06 svolgesse il ruolo di molecola presentante un autoantigene scatenando una reazione autoimmunitaria, si aprirebbero le porte per la ricerca di nuovi strumenti terapeutici che potrebbero affiancare l’approccio chirurgico, ad oggi unico caposaldo della terapia per il colesteatoma.

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3. DIFFERENZE STATISTICAMENTE SIGNIFICATIVE DEL VALORE DI ADC NEI PAZIENTI CON/SENZA COLESTEATOMA

Di Lullo Antonella Miriam Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche, Unità Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria, Università di Napoli Federico II, Napoli, Italia Cavaliere Michele - Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche, Unità Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria, Università di Napoli Federico II, Napoli, Italia Cantone Elena - Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche, Unità Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria, Università di Napoli Federico II, Napoli, Italia Elefante Andrea - Dipartimento of Scienze Biomediche Avanzate – Università di Napoli Federico II, Napoli, Italia. Russo Camilla - Dipartimento of Scienze Biomediche Avanzate – Università di Napoli Federico II, Napoli, Italia. Iengo Maurizio - Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche, Unità Operativa Complessa di Otorinolaringoiatria, Università di Napoli Federico II, Napoli, Italia Razionale: La Risonanza Magnetica pesata in diffusione (RM-DWI) è capace di distinguere in maniera qualitativa tra colesteatoma e tessuto di granulazione nei pazienti con otite media cronica. Per ottenere un'analisi quantitativa abbiamo calcolato il coefficiente di diffusione apparente (ADC) identificando un cut-off numerico per differenziare tra loro le due diverse tipologie tissutali. Materiali e metodi: lo studio retrospettivo ha riguardato 100 pazienti sottoposti a Timpanoplastica (TPL) per colesteatoma primario o residuo/recidivante. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a RM-DWI preoperatoria tra Marzo 2012 e Dicembre 2016, con calcolo dei valori ADC. L'analisi statistica è stata effettuata impiegando il software R-version 3.2.5. La presenza di colesteatoma è stata stabilita attraverso reperti intraoperatori confermati istologicamente. Risultati: abbiamo confrontato i reperti chirurgici di 100 pazienti con i valori medi ADC ed analizzata la distribuzione di quest’ultimi per colesteatoma/tessuto di granulazione, evidenziando due gruppi di clusterizzazione. Solo 2 pazienti restano all’esterno dei clusters rappresentando un falso positivo ed un falso negativo. La differenza nel valore medio di ADC tra colesteatoma (0,86 × 10-3mm2/s) e tessuto di granulazione (2.22×10-3mm2/s) tramite il Welch Two Sample t-test ha rilevato una differenza statisticamente significativa di ADC per i pazienti con/senza colesteatoma(p <2.2 × 10-16). Abbiamo impiegato il modello binomiale di regressione logistica al fine di prevedere la probabilità dello stato patologico, mediante il valore ADC. Il potere predittivo di questo modello è stato misurato mediante una curva ROC sulle probabilità stimate e applicando la statistica Youden J sulla curva abbiamo stabilito un valore di probabilità di ~ 0,6 per definire un cut-off (specificità = 1.0 sensibilità = 0.9861111) che è risultato pari al valore ADC=1,71×10-3mm2/s. Conclusioni: il nostro studio evidenzia che è possibile stabilire un preciso cut-off di ADC, capace di identificare preoperatoriamente con elevata significatività statistica la presenza o meno di matrice colesteatomatosa. In tal modo la RM-DWI diviene una tecnica di indagine estremamente utile ed anche molto affidabile in quei casi in cui il colesteatoma non è certamente evidenziabile in otomicroscopia e/o nel follow-up di pazienti già sottoposti a primo tempo chirurgico.

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4. ESPRESSIONE DEI FATTORI ANGIOGENETICI E INFIAMMATORI NEI COLESTEATOMI IN ETÀ PEDIATRICA E ADULTA.

Fetoni Annarita Rolesi R, Paciello F, Sergi B, Paludetti G. Institute of Otolaryngology Institute of Human Physiology, Università Cattolica, School of Medicine, Rome, Italy. RAZIONALE: Il colesteatoma è una nota patologia non cancerosa la cui genesi è legata ad abnormi processi di viraggio metaplastico a carico della mucosa dell'orecchio medio. Malgrado si tratti di una patologia ben caratterizzata da un punto di vista clinico, istologico ed anatomo-chirurgico, per la quale attualmente sono considerate prospettive terapeutiche di tipo esclusivamente chirurgico, gli esatti meccanismi patogenetici attendono una definitiva chiarificazione. In particolare, pochi studi sperimentali hanno finora spiegato l'esatta natura delle complesse variazioni del profilo biochimico-umorale dei tessuti della matrice colesteatomatosa quanto dei fibroblasti perilesionali, e chiarire se essi svolgano importanti ruoli nell'omeostasi biologica di tale patologia, nonché contribuiscano a determinare i differenti comportamenti biologici noti tra i colesteatomi congeniti, e quelli acquisiti, sia in età pediatrica che adulta. I processi di differenziazione, migrazione e proliferazione cheratinocitaria della matrice colesteatomatosa richiedono meccanismi di tipo sia autocrino che paracrino in cui sembrano coinvolti molteplici pathways infiammatori ed angiogenetici. Lo scopo di questo lavoro è quello di individuare se la differente attivazione-espressione dei suddetti pathways possa correlare la diversa espressione clinica di malattia che è generalmente riconosciuta tra i colesteatomi congeniti, i colesteatomi acquisiti in età adulta e quelli acquisiti in età pediatrica. METODI: Abbiamo valutato l'espressione di fattori infiammatori, angiogenici e di proliferazione cellulare quali: VEGF, PDGFr, TGF-beta, IL-1alfa e pSTAT3 utilizzando tecniche di immunofluorescenza e western blotting, analizzando matrici di colestetaoma e campioni di cute della regione retroauricolare prelevati durante gli interventi chirurgici in pazienti adulti ed in età pediatrica. RISULTATI: in tutte le popolazioni studiate, l'espressione dei fattori VEGF, PDGFr, TGF beta, IL-1 alpha e STAT3 è risultata significativamente maggiore nei tessuti colesteatomatosi rispetto ai campioni di cute. Inoltre, le analisi condotte in questo studio hanno mostrato che l'attivazione dei suddetti pathways presenta interessanti differenze quantitative e qualitative tra i colesteatomi congeniti e quelli acquisiti in età pediatrica ed adulta, correlando perfettamente l'invasività locale e le differenti espressioni cliniche di malattia. CONCLUSIONI: l'identificazione di differenti pathways di attivazioni angiogenetiche e proliferative nei tessuti colesteatomatosi interpretate alla luce delle caratteristiche cliniche di malattia, potrebbe configurarsi in futuro come utile strumento a supporto di più articolate strategie terapeutiche e di follow up.

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5. LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE NELLE STENOSI TUBARICHE

Sartarelli Elisabetta La stenosi tubarica è una patologia rara che colpisce l'1% della popolazione. Ma una volta diagnosticata è necessario approfondirne la causa, per non incorrere nell'errore di sottovalutare eventuali patologie più gravi, che nel loro decorso la inducono come effetto secondario, ma che il paziente riferisce invece come primo sintomo.

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6. CHIRURGIA DI REVISIONE NELLA STAPEDOTOMIA: I NOSTRI RISULTATI

Di Fraia L.I. Criscuoli G., Di Mauro G., Palladino R. Presidio Ospedaliero Umberto I Nocera Inferiore - Salerno Razionale: Analisi retrospettiva condotta presso P.O Umberto I Nocera Inferiore (Sa), su 38 pazienti sottoposti ad intervento di revisione di staffa, al fine di stabilire le cause del fallimento e di valutare i risultati funzionali. Materiali e metodi: Il nostro gruppo di studio comprende 38 revisioni chirurgiche (5,58%) provenienti sia dalla Nostra Struttura (73,68%) che da altre Strutture (26,31%), su un totale di 680 stapedotomie, eseguite tra Marzo 2005 e Novembre 2015, di cui 14 maschi e 24 femmine ( F>M), con età compresa tra 36 e 70 anni (età media di 52,2 anni) e con un periodo medio intercorso tra la chirurgia primaria e di revisione di 27 mesi. Un totale di 35 pz (92,10%) sono stati sottoposti ad una singola revisione, 3 pz (7,89%) sono stati sottoposti a 2 interventi di revisione. Le indicazioni alla revisione includevano perdita uditiva trasmissiva di almeno 30 db e sospetto di fistola perilinfatica; il tempo di follow-up post-revisione chirurgica oscillava tra i 12 mesi ed i 9 anni con un follow-up medio di 35 mesi. Risultati: Le principali cause di insuccesso erano aderenze cicatriziali (44,73); dislocamento della protesi (26,31%); erosione dell’incudine (10,52%); protesi corta (5,26%); blocco dell’ incudine (5,26%); blocco dell’ incudine e del martello (2,63%); assenza della protesi (2,63); ipoacusia neurosensoriale (2,63%) e nessun pz con fistola perilinfatica. Per la valutazione audiologica abbiamo seguito le linee guida di “ Committee on Hearing and Equilibrium of the American Academy” considerando i seguenti parametri nelle 38 revisioni: riserva cocleare media post-e range 0-43,01 e chiusura media della riserva cocleare 16,81 sd 12,95 e range -4,75-55,71, inoltre, la riserva cocleare post-intervento entro i 10 db c’era in 32 pz (84,21%), in 4 pz (10,52%) tra 11-20 db ed in 2 pz (5,26%) era compresa tra 21-30 db. La presenza di aderenze cicatriziali è stata la causa più comune da noi rilevata (44,73%) e la seconda causa più frequente il dislocamento della protesi (26,31%). Conclusioni: Sebbene la chirurgia primaria di staffa dia risultati funzionali eccellenti in un’ampia percentuale di casi la perdita uditiva trasmissiva può persistere o può ripresentarsi in un numero ridotto di pazienti. Nella nostra esperienza le revisioni di stapedotomia consentono buoni risultati uditivi nel 70% dei casi con aumentato rischio di peggioramento della soglia per via ossea (ipoacusia neurosensoriale 2,63%).

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7. VALUTAZIONE DEL SANGUINAMENTO NELLA CHIRURGIA ENDOSCOPICA DELL’ORECCHIO

Guarino Pierre Dipartimento Testa-Collo - Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Di Modena Fermi Matteo Anschütz Lukas Bonali Marco Presutti Livio Razionale: Il nostro studio si propone di quantificare il sanguinamento durante le procedure chirurgiche endoscopiche transcanalari dell’orecchio. Materiali e metodi: Studio retrospettivo. I dati preliminari consistono di 36 pazienti sottoposti ad approccio transcanalare endoscopico dell’orecchio. Sono stati visionati interamente i video delle procedure chirurgiche, raccolti i dati anamnestici attraverso la revisione delle cartelle cliniche ed i parametri intraoperatori presenti sulle grafiche anestesiologiche. I dati raccolti sono stati tabularizzati e sottoposti ad analisi statistica descrittiva. La quantificazione del sanguinamento intraoperatorio, è stata effettuata mediante l’indice di Boezaart (0-5). Inoltre sono stati considerati la tecnica anestesiologica ed i presidi per l’emostasi. Tali dati sono stati poi suddivisi in base alla fase pre- e post-sollevamento del flap timpano-meatale. Risultati: Per valori medi di pressione arteriosa pari a 90,69 ± 18,69 mmHg per la sistolica e 54,31 ± 11,65 mmHg per la diastolica, una FC media di 67,56 ± 16,99 abbiamo riscontrato un indice di Boezaart pari a 1 nel 27,8% dei casi, 2 nel 52,8%, 3 nel 13,9% e 4 nel 5,5%. Sono stati iniettati in media 1,49 ± 0,89 ml di Carbocaina/Adrenalina 2% nel CUE, utilizzati 4,08 ± 3,02 cotonini adrenilati, impiegata la pinza bipolare in 5 casi e la monopolare in 3 casi per controllare l’emostasi fino al completamento del flap. Per gli step chirurgici successivi invece sono stati utilizzati in media 2,27 ± 3,03 cotonini adrenilati, 1,02 ± 2,69 cotonini non adrenilati e si è reso necessario l’utilizzo della bipolare in soli 3 casi, mentre la monopolare non è mai stata impiegata. Conclusioni: Negli ultimi anni, grazie al miglioramento delle tecnologie e delle tecniche anestesiologiche, il ruolo dell’endoscopia ha assunto sempre maggior peso nella chirurgia dell’orecchio. Le dimensioni ridotte del campo chirurgico e l’impiego di una sola mano richiedono un adeguato controllo dell’emostasi. I nostri dati preliminari evidenziano come il sanguinamento sia controllabile mediante l’utilizzo di un numero contenuto di presidi. In nessun caso si è resa necessaria una conversione ad approccio microscopico per un miglior controllo dell’emostasi.

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8. PROPOSTA DI UN NUOVO SISTEMA DI VIDEO-REGISTRAZIONE PER LA VALUTAZIONE OGGETTIVA DELLA SEVERITÀ DELLA PARALISI FACCIALE UNILATERALE: METODOLOGIA E RISULTATI PRELIMINARI

Barbara Maurizio Dipartimento NESMOS, Università Sapienza, Roma Monini Simonetta - Dipartimento NESMOS, Università Sapienza, Roma Atturo Francesca - Dipartimento NESMOS, Università Sapienza, Roma Marchelletta Silvia - Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale, Università Sapienza, Roma Marinozzi Franco - Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale, Università Sapienza, Roma Razionale: La prognosi della paralisi periferica unilaterale del nervo facciale, indipendentemente dalla eziologia, è legata soprattutto al grado di severità. La valutazione del grado della paralisi facciale è pertanto molto importante. Il sistema più utilizzato è quello di House-Brackmann (HB), che tuttavia è un metodo soggettivo. Sarebbe di grande utilità avere un metodo oggettivo per la valutazione del grado di paralisi, al fine di monitorare il recupero spontaneo e gli effetti di eventuali terapie mediche, chirurgiche e riabilitative. Gli autori presentano un metodo oggettivo di valutazione del grado di paralisi, basato sulla registrazione attraverso videocamere di uso comune (smartphone, tablet) e un software dedicato. Lo scopo della comunicazione è presentare la metodologia sviluppata insieme ai risultati preliminari. Materiali e metodi: Sono stati inclusi nello studio 50 soggetti, suddivisi in 5 gruppi sulla base del grado di paralisi periferica del facciale, dal I al V grado. I pazienti sono stati sottoposti ad una videoregistrazione durante l'esecuzione di sei movimenti facciali principali. 10 marker circolari di materiale catarifrangenti sono stati posizionati su determinate strutture anatomiche, per permettere al software di estrarre i punti dal background. Le distanze tra inizio e fine del movimento sono state calcolate in entrambi i lati della faccia (lato normale e malato) e le differenze tra i due lati hanno permesso di ottenere degli scores parziali e globali per ogni grado HB. Un range è stato individuato per ogni grado HB dal I al V. Un'analisi statistica è stata effettuata per valutare le differenze tra gli score parziali e globali ottenuti nei gruppi di studio. Risultati: Gli scores relativi alla differenza di distanze sono risultati più alti con l'aumento del grado HB. Per ogni grado HB, sono stati ottenuti degli specifici range di scores parziali e globali, con un'alta significatività statistica tra i differenti gradi. Conclusioni: Il metodo proposto sembra poter superare alcuni dei limiti dei metodi soggettivi di valutazione e classificazione della paralisi del facciale unilaterale. Sono stati ottenuti dei ranges specifici per ogni grado HB. Il metodo proposto è di facile applicazione, e può rappresentare un semplice e valido sistema di valutazione del recupero della mimica facciale, spontaneo o indotto da terapia medica, riabilitativa o chirurgica.

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9. TRANSCANAL SURGERY FOR VESTIBULAR SCHWANNOMAS: A PICTORIAL REVIEW ON RADIOLOGICAL FINDINGS, SURGICAL ANATOMY AND COMPAIRASON TO TRADITIONAL TRANSLABIRINTHINE APPROACH

Alicandri-Ciufelli Matteo Policlinico di Modena Razionale: Traditional approaches for vestibular schwannoma (VS) removal are retrosigmoid, middle cranial fossa and translabirinthine. Translabirinthine (TL) gained popularity among otolaringoslists and neurosurgeon starting from the fifties, since it guarantees a safe dissection of the facial nerve, a complete control of the internal auditory canal (IAC), no necessity of cerebellar or cerebral displacement compared to middle cranial fossa and retrosigmoid respectively Materiali e metodi: Recentely the authors developed techniques to directly access the inner ear through the external auditory canal (EAC), the transcanal transpromontorial approaches (TTA), either choosing a microscopic (Expanded TTA, or ExpTTA) or even an exclusive endoscopic technique (Endoscopic TTA, or EndoTTA). Risultati: Those approaches, passing through the EAC, provided a direct corridor to the IA The advantages compared to tradition translab approach are a direct view of the IAC from lateral to medial, very little or no superficial tissue dissection and very little petrous bone drilling: in summary the could be considered little invasive approaches from an anatomical point of view Conclusioni: The aim of this presentation would be to describe the radiologic outcome and their anatomical correspondence of those emerging approaches, so as to share with the readers the possible radiologic outcome and to differentiate them from classic transpetrous approaches such as TL.

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10. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA IPOACUSIA UNILATERALE ASSOCIATE AD ACUFENE INVALIDANTE

Bernardeschi Daniele APHP - Ospedale Pitié-Salpêtrière - Parigi Razionale: Il trattamento dell’acufene rappresenta un problema reale quando si accompagna ad una ipoacusia omolaterale. E’ stato dimostrato che la terapia della sordità con l’impianto cocleare puo’ ridurre l’acufene nei casi di ipoacusia uni e bilaerale. L’obiettivo principale dello studio é di valutare se il miglioramento dell’acufene sia dovuto principalmente ad una stimolazione elettrica delle vie uditive primarie o all’attivazione di livelli piu’ alti delle vie uditive Materiali e metodi: 20 patienti adulti affetti da ipoacusia unilaterale associata ad acufene invalidante sono stati inclusi in questo studio: I criteri d’inclusione dell’acufene invalidante sono stati scelti in base ad una scala analogica visiva (almeno l’80% di disturb dovuto all’acufene) ed a questionari (almeno un risultato di 58 sul THI score). Pazienti con sindromi depressive severe sono stati esclusi. Dopo l’inclusione, tutti I pazienti sono stati impiantati con un impianto cocleare Oticon Medical/Neurelec Digisonic. Il mese seguente all’attivazione, tutti i pazienti sono stati stimolati con un rumore bianco costante rilasciato attraverso l’entrata ausiliare del processore (I microfoni sono stati disattivati). I successive 12 mesi, I pazienti hanno usufruito della stimolazione convenzionale dall’impianto cocleare. La gravità dell’acufene ed i disturbi dovuti ad esso sono stati valutati nel tempo usando I questionari e le scale visive. Risultati vocali, soprattutto l’integrazione della percezione binaurale, sono stati valutati dopo 6 e 12 mesi la stimolazione convenzionale. Risultati: I risultati preliminari mostarno che la percezione dell’acufene a seguito della stimolazione costante é ridotta, ma questa riduzione é piu’ significativa con l’introduzione della stimolazione convenzionale. I test vocali non sono stati ancora esguiti da un numero sufficente di soggetti per poter trarre conclusioni. Conclusioni: Qesti risultati preliminari suggeriscono che la percezione dell’acufene nell’ipoacusia unilaterale sia ridotta a seguito dell’impianto cocleare, ma che questa riduzione sia correlata all’attivazione dei livelli piu’ alti delle vie uditive con un segnale significativo piuttosto che con la semplice stimolazione elettrica.

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11. ANATOMIA COCLEARE, POSIZIONE DEGLI ELETTRODI E FORZA D’INSERZIONE COME VARIABILI DETERMINANTI DELLE PERFORMANCE UDITIVE POST IMPIANTO COCLEARE

De Seta Daniele Unitè d'Otologie, Implants Auditifs et Chirurgie de la Base du Crane, Hopital Pitiè-Salpétrière, Paris Russo Francesca Yoshie - Unitè d\'Otologie, Implants Auditifs et Chirurgie de la Base du Crane, Hopital Pitiè-Salpétrière, Paris Nguyen Yann - Unitè d\'Otologie, Implants Auditifs et Chirurgie de la Base du Crane, Hopital Pitiè-Salpétrière, Paris Mosnier Isabelle - Unitè d\'Otologie, Implants Auditifs et Chirurgie de la Base du Crane, Hopital Pitiè-Salpétrière, Paris Bernardeschi Daniele - Unitè d\'Otologie, Implants Auditifs et Chirurgie de la Base du Crane, Hopital Pitiè-Salpétrière, Paris Sterkers Olivier - Unitè d\'Otologie, Implants Auditifs et Chirurgie de la Base du Crane, Hopital Pitiè-Salpétrière, Paris Razionale: Molteplici fattori sono stati identificati in grado di influenzare i risultati uditivi dei pazienti impiantati cocleari. Alcuni sono legati alla storia clinica del paziente, come l'eziologia e la durata della deprivazione uditiva, l'età di insorgenza della sordità e il profilo socio-culturale. Recenti studi hanno dimostrato l’importanza della posizione intracocleare degli elettrodi sui risultati uditivi. Inoltre, una chirurgia minimamente invasiva aumenta la possibilità di preservare l'udito residuo rispettando la struttura orecchio interno durante la procedura chirurgica. Infatti, la cocleostomia e l'inserimento del portaelettrodi sono potenzialmente causa di traumatismo meccanico diretto sull’orecchio interno. Due studi sono stati condotti in un gruppo di pazienti impiantati e su ossi temporali al fine di individuare quei fattori che potrebbero migliorare i risultati uditivi post impianto cocleare. Materiali e metodi: In un gruppo di 19 pazienti sottoposti ad impianto cocleare bilaterale simultaneo i parametri anatomici e della posizione intracocleare degli elettrodi sono stati misurati in TC postoperatoria e sono stati correlati alle performance uditive ad 1 e 5 anni postoperatori. In un secondo studio, 12 ossi temporali sono stati impiantati a velocità costante mediante con un insertore motorizzato sviluppato in laboratorio. Durante l'inserimento è stata registrata la forza applicata alle strutture cocleari. Le caratteristiche anatomiche della coclea, la posizione del portaelettrodi e le forze sono state analizzate in funzione del danno istologico riscontrato. Risultati: La distanza elettrodo-modiolo e il numero di elettrodi inseriti nella coclea sono risultati fattori determinanti per assicurare migliori performance postoperatorie ad 1 anno. Nel modello di osso temporale le forze di inserzione degli elettrodi sono risultate correlate al traumatismo istologico delle strutture dell’orecchio interno; il giro basale della coclea rappresenta la regione a rischio di traslocazione di rampa e un picco elevato di forza in questo settore corrisponde alla lesione della membrana basilare o alla traslocazione degli elettrodi. Conclusioni: La misurazione preoperatoria del diametro cocleare può guidare la corretta scelta della lunghezza del portaelettrodi da impiantare consentendo un inserimento completo e migliori risultati uditivi. Nel modello sperimentale, 2 differenti funzioni di curva sono state individuate per le inserzioni traumatiche ed atraumatiche; questi valori, se confermati da ulteriori studi in pazienti, potranno essere utilizzati per il futuro sviluppo di uno strumento di inserzione del portaelettrodo a forza controllata per ridurre il rischio di traumatismo e per fornire le migliori possibilità di riabilitazione dell'udito in pazienti impiantati cocleari.

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12. L’IMPIANTO COCLEARE NELLA RIABILITAZIONE DELLA SORDITÀ UNILATERALE CON IPOACUSIA FLUTTUANTE CONTROLATERALE

Russo Francesca Yoshie Pitié Salpetrière Hospital Paris De Seta Daniele - Pitié Salpetrière Hospital Paris Mosnier Isabelle - Pitié Salpetrière Hospital Paris Sterkers Olivier - Pitié Salpetrière Hospital Paris Bernardeschi Daniele - Pitié Salpetrière Hospital Paris Razionale: Le principali difficoltà nei pazienti affetti da ipoacusia fluttuante sono la ridotta gamma dinamica, la diminuita discriminazione nel rumore e la fluttuazione stessa. Il presente studio valuta l'efficacia e le prestazioni post-operatorie dell’ impianto cocleare nei soggetti presentanti sordità unilaterale e ipoacusia fluttuante controlaterale. Materiali e metodi: Studio retrospettico monocentrico su ventitre individui affetti da sordità severa profonda unilaterale e perdita lieve moderata con fluttuazione della soglia nell'orecchio controlaterale. Risultati: L’eziologia della sordità era malattia di Menière bilaterale (n=14), patologia dell’orecchio interno immuno-mediata (n=5), sconosciuta (n=3), astrocitoma e malatttia di Menière (n=1). Il tempo tra inizio della sordità e impianto cocleare era in media di 17 ± 13 anni. Un chiurgia di preservazione dell’udito é stata realizzata in 8 casi. Le performances uditive sono state testate in campo libero, senza lettura labiale, con liste monosillabiche nel silenzio, frasi nel silenzio e nel rumore (SNR10). Nel preoperatorio dodici pazienti avevano ancora un beneficio della protesi acustica controlaterale, di questi 6 senza beneficio nel rumore. A dodici mesi, l’impianto cocleare ha migliorato le prestazioni in tutti i pazienti, nel silenzio (parole monosillabiche rispettivamente nel postoperatorio e nel preoperatorio: 71% contro 54%; frasi: 91% contro 75%), e in maniera significativa nel rumore (frasi SNR10 rispettivamente nel postoperatorio e nel preoperatorio 76% contro 37% , paired t-test p <0.001). In quattro pazienti persisteva una fluttuazione dell’udito omolaterale con stabilizzazione nei 12 mesi; tre pazienti hanno presentato una diminuzione dell’udito del lato fluttuante e sono stati sottoposti ad impianto cocleare controlaterale. Conclusioni: L'impianto cocleare offre ottime prospettive di ripristinare un alto livello di comunicazione in condizioni di silenzio e di rumore, nel caso di sordità unilaterale con udito controlaterale fluttuante. Le difficoltà esistenti nell’adattamento delle protesi convenzionali e la ridotta qualità della vita dovuta al trattamento medico dell’ipoacusia fluttuante, giustificano l’indicazione all’impinto cocleare il più presto possibile per il lato sordo.

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13. IMPIANTI COCLEARI IN ANESTESIA LOCALE: ESPERIENZA IN DIECI PAZIENTI.

Lusetti Francesca UOC Otorinolaringoiatria e Otoneurochirurgia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Vincenti Vincenzo - UOC Otorinolaringoiatria e Otoneurochirurgia dell\'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Di Lella Filippo - UOC Otorinolaringoiatria e Otoneurochirurgia dell\'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Falcioni Maurizio - UOC Otorinolaringoiatria e Otoneurochirurgia dell\'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Castellana Giuseppe - UOC Otorinolaringoiatria e Otoneurochirurgia dell\'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma Razionale: L’impianto cocleare è ormai il trattamento gold-standard nella riabilitazione della sordità profonda. Normalmente l’intervento viene eseguito in anestesia generale, ma diventano sempre più frequenti i pazienti candidati ad IC che presentano delle comorbilità che controindicano o rendono rischiosa l’anestesia generale. In tali pazienti un’alternativa è rappresentata dall’inserimento dell’impianto in anestesia locale con sedoanalgesia. Scopo del presente lavoro è quello di riportare la nostra esperienza in pazienti impiantati in anestesia locale analizzandone la fattibilità ed i relativi vantaggi e svantaggi. Materiali e metodi: E' stata effettuata un’analisi retrospettiva della documentazione clinica dei pazienti sottoposti ad impianto cocleare in anestesia locale con sedoanalgesia; è stata inoltre effettuata una revisione della letteratura. Risultati: Dal 2010 al 2016 sono stati impiantati con ausilio dell’anestesia locale 10 pazienti, 5 maschi e 5 femmine, con un’età media di 52 anni (range 45-69 aa). In un caso l’intervento è stato effettuato bilateralmente in maniera sequenziale. Tutti gli interventi sono stati portati a termine senza nessuna complicanza. Gli effetti indesiderati segnalati dai pazienti sono stati: una vertigine scatenata dal posizionamento dell’array (1 caso) ed un generico discomfort legato alle vibrazioni indotte dalla fresatura (1 caso). Di tutti i pazienti, uno solo ha affermato che non si sottoporrebbe nuovamente ad impianto cocleare in anestesia locale. Conclusioni: Così come riportato nella letteratura internazionale, l’impianto cocleare può essere eseguito con efficacia e sicurezza anche in anestesia locale con sedoanalgesia. Prerequisiti fondamentali al fine di una buona riuscita dell’intervento sono: un adeguato counseling preoperatorio del paziente ; una buona esperienza sia da parte del chirurgo che da parte dell’anestesista ; un’adeguata organizzazione del setting operatorio. Il principale svantaggio riscontrato è legato all’impossibilità del monitoraggio del nervo facciale.

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14. IMPIANTO COCLEARE CON PROCEDURA SINGLE-STAGE IN PAZIENTI CON OTITE MEDIA CRONICA

Battista Alessia Ospedale San Raffaele Milano Piccioni Lucia Oriella - Ospedale San Raffaele Milano Ferraro Milena - Ospedale San Raffaele Milano Gatti Omar - Ospedale San Raffaele Milano Teggi Roberto Bussi Mario Razionale: L’impianto cocleare rappresenta un metodo sicuro ed efficace per la riabilitazione acustica nelle sordità neurosensoriali di grado severo-profondo. Una delle comorbidità o causa di sordità in questi pazienti è l’otite media cronica (OMC) con o senza colesteatoma. Essa rappresenta una sfida chirurgica in otorinolaringoiatria, a causa del rischio di infezioni intracraniche. Tuttavia, l’impianto cocleare permette un grande vantaggio nei pazienti affetti da OMC, modificando drasticamente la loro qualità di vita. Materiali e metodi: La nostra unità, presso l’Ospedale San Raffaele, vanta una grande esperienza nell’impianto cocleare. Abbiamo analizzato retrospettivamente sette pazienti tra i 34 e i 78 anni di età, con una età media di 61,6 anni. Risultati: I pazienti sono suddivisi per genere in 6 femmine e 1 maschio. Tutti affetti da sordità neurosensoriale di entità severa-profonda, determinata da OMC, definita come infiammazione cronica dell’orecchio medio e della mucosa mastoidea con stato patologico della membrana timpanica (perforazione, adesione, granulazione e/o colesteatoma). I pazienti sono stati arruolati tra Gennaio 2012 e Dicembre 2014. Tutti hanno ricevuto l’impianto cocleare monolateralmente in una procedura single-stage, eseguita da un unico chirurgo. I pazienti sono stati trattati con terapia antibiotica prima della chirurgia al fine di predisporre le migliori condizioni preoperatorie. Conclusioni: I nostri dati rivelano l’assenza di complicanze post operatorie e il successo dell’impianto cocleare, dimostrando la possibilità di trattare i pazienti con procedura single-stage.

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15. LA RIABILITAZIONE UDITIVA NEI CASI AVANZATI DI OTOSCLEROSI: LA PROTESI CODACS

Fiorino Franco UOC ORL Ospedale di Legnago (VR) RAZIONALE: i casi avanzati di otosclerosi sono motivo di disagio per il chirurgo in quanto di difficile tecnica operatoria con consensuale recupero spesso contenuto, e pe il paziente che si vede preclusa una comunicazione sociale, specie se in mancanza di indicazione per IC o scarso risultato con apparecchi acustici tradizionali. MATERIALI E METODI: si analizza l’esperienza iniziale italiana dell’uso della protesi Codacs nella chirurgia dell’otosclerosi, focalizzando le indicazioni, la tecnica chirurgica, le complicanze ed il risultato del follow-up. RISULTATI: la protesi necessita di un training chirurgico specifico e risulta di difficile posizionamento anche per un otochirurgo esperto; i risultati post-operatori sono tuttavia incoraggianti per la resa protesica, anche se in un caso si è reso necessario un reintervento per cicatrici inglobanti l’attuatore tale da determinare un anomalo feedback acustico. CONCLUSIONI: la protesi Codacs è un metodo efficace di recupero funzionale nei casi di otosclerosi avanzata, tuttavia necessita un training chirurgico adeguato e una esperienza prolungata di otochirurgia nella gestione delle complicanze.

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16. I PARAGANGLIOMI TIMPANO GIUGULARI INTRADURALI DI3. UNA PROBLEMATICA DI CLASSIFICAZIONE E …TRATTAMENTO.

Cazzador Diego Unità di Otorinolaringoiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova, Padova Zanoletti Elisabetta - Unità di Otorinolaringoiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova, Padova Mazzoni Antonio - Unità di Otorinolaringoiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova, Padova Martini Alessandro - Unità di Otorinolaringoiatria, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova, Padova Razionale: Il paraganglioma timpano-giugulare (PG) è un tumore benigno. La classificazione di Fisch si basa sull’estensione del tumore. Lo stadio Di3 definisce un PG giudicato inoperabile. L’operabilità o meno risulterebbe una decisione soggettiva del chirurgo. Gli aspetti dei PG Di3 “inoperabili” sono poco studiati in letteratura. La loro trattazione rappresenta l’obiettivo del lavoro. Materiali e metodi: Tra 175 pazienti affetti da PG di tipo C-D, sono state raccolte retrospettivamente 63 classi D, di cui 23 Di2. Tra essi, 7 pazienti stadiati Di3 rappresentano l’oggetto della trattazione. Previo imaging di stadiazione, 4 pazienti sono andati incontro, in singola seduta, a chirurgia parziale sulla sola componente intradurale del PG con approccio petro-occipitale trans-sigmoideo (POTS). L’osservazione programmata del residuo intracranico extradurale ha assunto valore di opzione terapeutica nel trattamento di tali casi. Tre pazienti - precedentemente operati per via infra-temporale di Fisch per rimuovere la porzione extradurale del tumore - sono stati sottoposti ad approccio petro-occipitale (PO) come second stage procedure sulla componente intradurale. Risultati: I 7 pazienti Di3 presentavano età media di 53.2 anni. I 4 casi trattati con approccio POTS (single stage sulla porzione intradurale) non hanno mostrato nuovi deficit postoperatori ai nervi cranici, né deterioramento uditivo. In 1 caso l’exeresi è stata complicata da edema cerebellare e pertanto non radicale. Con follow-up medio di 13.2 anni, 3 pazienti sono deceduti per cause non correlate con la patologia in esame, ma erano liberi da malattia in sede intradurale e in 2 casi presentavano residuo C3 stabile all’osservazione. Un paziente risultava vivo con residuo di malattia. Anche per i 3 casi trattati con approccio PO non si è verificato un peggioramento dello status dei nervi cranici. In 2 casi si è ottenuta una rimozione totale, mentre in 1 caso l’exeresi è stata parziale poiché complicata da emorragia intraoperatoria della carotide interna. Con follow-up medio di 13.6 anni, un paziente è libero da malattia, 2 pazienti hanno PG stabile. Conclusioni: I progressi in campo medico e le conoscenze sulla storia naturale dei PG potrebbero mettere in discussione l’attuale sistema classificativo dei PG, che definisce un criterio di inoperabilità soggettivo. Una chirurgia di resezione intracranica mirata in procedura singola o multipla, con approccio POTS o PO rispettivamente, associata a RT o ad osservazione del residuo tumorale, rappresentano una buona integrazione di trattamento nei PG Di3. Vi è necessità di trovare un consenso nel definire precisamente la classificazione Di3 dei PG, alla luce di un trattamento multimodale. L’integrazione di diverse strategie di trattamento proposta, evidenzia come anche il PG Di3 possa essere affrontato con quadro meno soggettivo.

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17. GUSHER IN CORSO DI STAPEDOTOMIA: NOSTRA ESPERIENZA E MANAGEMENT

Di Mauro G. Criscuoli G., Di Fraia L.I., Palladino R. Presidio Ospedaliero Umberto I Nocera Inferiore – Salerno Il Gusher è un fenomeno molto raro che si verifica nel corso dell’intervento di stapedotomia e consiste nell’ improvvisa e consistente fuoriuscita di perilinfa e liquido cefalorachidiano dalla finestra ovale nell’orecchio medio e nel condotto uditivo esterno al momento della platinotomia. Tale temibile evento, che può comportare anacusia, vertigine e gravi complicanze encefaliche, sembra essere causato da un’anomala pervietà dell'acquedotto cocleare e/o del canale uditivo interno con connessione tra spazi subaracnoidei e spazi perilinfatici. Il Gusher tende a manifestarsi in pazienti affetti dalla Stapes Gusher Sindrome-X linked, forma di ipoacusia genetica X-linked mista, bilaterale, simmetrica e progressiva. In tali pazienti, se sottoposti a chirurgia stapediale, si verifica frequentemente un Gusher perilinfatico, probabilmente dovuto all’abnorme comunicazione tra il condotto uditivo interno e l’orecchio interno. Nella nostra esperienza dal mese di Febbraio 2013 al mese di Ottobre 2017 riportiamo su un totale di 312 interventi di stapedotomia 2 casi di Gusher: F. S. paziente maschio di anni 23, affetto da otosclerosi bilaterale, in corso di platinotomia sinistra durante intervento di stapedotomia in anestesia locale violento Gusher. Si solleva la testa del paziente, si posiziona drenaggio spinale e si attende deliquorazione per procedere a posizionamento sul foro platinare di tessuto connettivo prelevato nel condotto uditivo esterno stabilizzato da Tissucol e Gelfoam. Il giorno seguente all’intervento si evidenzia ipoacusia neurosensoriale pantonale di grado moderato, rientrata completamente al successivo controllo dopo 4 giorni. S.A. paziente femmina di anni 40, affetta da otosclerosi monolaterale sinistra, in corso di platinotomia sinistra durante intervento di stapedotomia in anestesia locale modesto Gusher con vertigine. Si solleva la testa della paziente, si posiziona drenaggio spinale, si somministrano 250 cc di glicerolo al 10% e si attende deliquorazione. Considerato lo stato di agitazione della paziente, in accordo con questa, si converte l’intervento in anestesia generale e si procede, a Gusher arrestato, al posizionamento di pistone in fluoroplastic. Il giorno seguente all’intervento si evidenzia ipoacusia neurosensoriale pantonale di grado lieve, rientrata completamente dopo 4 giorni e con chiusura del gap trasmissivo a 20 giorni dall’intervento. Sebbene la rarità e l’imprevedibilità del verificarsi di tale fenomeno, il suo management, è fortemente condizionato dalla gravità dello stesso e dalla esperienza del chirurgo nel contenere eventuali danni correlati ad esso fino alla possibilità di riuscire a concludere l’ intervento con soddisfacenti risultati funzionali.

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18. APPROCCIO CHIRURGICO TRANSCANALARE TRANSPROMONTORIALE ENDOSCOPICO AL CONDOTTO UDITIVO INTERNO SEC. PRESUTTI-MARCHIONI: CASISTICA E RISULTATI

Presutti Livio Struttura Complessa di Otorinolaringoiatria Policlinico Universitario di Modena Marchioni Daniele - U.O.C. di Otorinolaringoiatria Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona Razionale: Lo scopo di questa comunicazione è descrivere la casistica integrata di Modena e Verona riguardante l’approccio chirurgico transcanalare transpromontoriale endoscopico esclusivo ed allargato micro/endoscopico sec. Presutti-Marchioni per il trattamento di patologie quali piccoli schwannomi vestibolari e meningiomi di coclea e condotto uditivo interno. Materiali e metodi: Descrizione della tecnica chirurgica e revisione retrospettiva della casistica di 43 pazienti sottoposti, presso le due strutture complesse di otorino universitarie di Verona e Modena, a chirurgia del basicranio laterale attraverso la tecnica transpromontoriale endoscopica esclusiva e combinata micro/endoscopica per il trattamento di neoformazioni come schwannomi vestibolari e meningiomi coinvolgenti la regione cocleare e del condotto uditivo interno. Risultati: I pazienti sono stati sottoposti a chirurgia tramite approccio transcanalare transpromontoriale endoscopico esclusivo o combinato allargato micro-endoscopico sec. Presutti-Marchioni. In tutti i casi è stato possibile ottenere una rimozione completa della patologia. Il grado di paralisi del nervo facciale al follow up è stato in oltre il 75% dei casi grado 1. Tra le complicanze, in 2 casi si è verificata otorinoliquorrea postoperatoria ed è stato necessario un reintervento, in 2 casi è stata necessaria una plastica di revisione del condotto uditivo esterno per deiscenze o stenosi. Conclusioni: L’approccio chirurgico sec. Presutti-Marchioni per via transcanalare endoscopica esclusiva o allargata micro/endoscopica si è dimostrato efficace nell’asportazione di schwannomi vestibolari ed altre neoformazioni a livello di coclea e condotto uditivo interno. Questo tipo di tecnica ha mostrato dalla revisione della casistica effettuata la possibilità di ottenere un minor tasso di complicanze, un accesso chirurgico meno invasivo rispetto agli approcci microscopici tradizionali e buoni risultati funzionali sul nervo facciale. Le potenzialità di un uso routinario e multicentrico di questa tecnica dipendono sicuramente da alcuni prerequisiti in possesso dei chirurghi, ovvero la conoscenza delle altre tecniche chirurgiche per l’orecchio interno, l’esperienza nella chirurgia endoscopica dell’orecchio medio e l’esecuzione di molte dissezioni endoscopiche su cadavere per affinare la conoscenza anatomica dal condotto uditivo esterno al condotto uditivo interno.

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19. TRATTAMENTO ENDOSCOPICO VS TRATTAMENTO MICROSCOPICO NELLA CHIRURGIA DELL’OTOSCLEROSI: SONO I TEMPI OPERATORI E LA CURVA DI APPRENDIMENTO PARAMETRI IMPORTANTI PER SCEGLIERE LA TIPOLOGIA DI APPROCCIO CHIRURGICO

Iannella Giannicola Dipartimento Organi Di Senso Università 'Sapienza' Di Roma Angeletti Diletta - Dipartimento Organi Di Senso Università \'Sapienza\' Di Roma Pasquariello Benedetta - Dipartimento Organi Di Senso Università \'Sapienza\' Di Roma Manno Alessandra - Dipartimento Organi Di Senso Università \'Sapienza\' Di Roma Magliulo Giuseppe Razionale: Analizzare i risultati della chirurgia endoscopica dell’otosclerosi confrontando un gruppo di pazienti trattati con stapedotomia endoscopia con un gruppo di pazienti sottoposti alla convenzionale stapedotomia microscopica. Ulteriore scopo dello studio è stato quello di analizzare e confrontare i tempi operatori di ognuno dei due approcci chirurgici e mostrare la curva di apprendimento della chirurgia endoscopica dell’otosclerosi. Materiali e metodi: Quaranta pazienti affetti da otosclerosi e trattati con stapedotomia invertita come descritta da Fisch sono stati arruolati in questo studio retrospettivo presso il Dipartimento Organi di Senso dell’Università degli Studi di Roma ‘Sapienza’. 20 pazienti sono stati trattati con stapedotomia endoscopica e 20 pazienti stapedotomia microscopica. I principali outcomes valutati sono stati: tempo operatorio dell’atto chirurgico, udito preoperatorio e postoperatorio, caratteristiche intraoperatorie, complicanze e vertigine postoperatoria. Risultati: Il gruppo di pazienti sottoposti a stapedotomia endoscopica mostravano una tempo operatorio medio di 45 min. I pazienti sottoposti a chirurgia microscopica riportavano un tempo medio calcolato di 36.5 min. Una differenza statistica riguardo il tempo operatorio medio era presente tra i due gruppi di pazienti (p=0.01). Tuttavia, il tempo operatorio medio delle stapedotomie endoscopiche variava con l’acquisizione di esperienza (curva di apprendimento) da parte del chirurgo operatore. Nessuna differenza statistica tra i tempi operatori medi appariva negli ultimi quattro mesi del periodo analizzato tra chirurgia microscopica e endoscopica (p<0.05). Nessuna differenza statistica nel recupero uditivo postoperatorio era presente tra i due gruppi analizzati. In tre pazienti trattati con approccio endoscopico la rimozione dell’osso nella porzione postero superiore del condotto uditivo esterno non fu necessaria poiché l’endoscopio consentiva una corretta visualizzazione della regione della staffa. Nessun paziente arruolato nello studio riportò una paralisi facciale postoperatoria. Una alterazione transitoria del gusto si verificò in quattro pazienti trattati con approccio endoscopico e cinque pazienti trattati in microscopia. Nessuna differenza statistica era presente nell’incidenza di vertigine postoperatoria tra i due gruppi di pazienti. Conclusioni: I risultati audiologici e le complicanze postoperatorie ottenute con l’approccio endoscopico sono simili ai risultati ottenuti attraverso la chirurgia microscopica convenzionale. I più lunghi tempi operatori iniziali e la curva di apprendimento sono i principali fattori che sembrerebbero scoraggiare molti oto-chirurghi ad effettuare stapedotomie per via endoscopica.

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20. RUOLO DELLA CHIRURGIA ENDOSCOPICA NEI TUMORI BENIGNI DELL’ORECCHIO MEDIO

Ferri Gaetano U.O.C. Orl Policlinico Di Modena Greco Marco Giuseppe - U.O.C. Orl Policlinico Di Modena Razionale: Le neoplasie benigne dell’orecchio medio sono: paragangliomi timpanici (più frequenti), osteomi, carcinoidi, adenomi, emangiomi e neurinomi del nervo facciale. Quando la lesione è limitata alla cassa timpanica può essere eseguito un approccio transcanalare microscopico. In alcuni casi però queste neoformazioni possono invadere sottosedi di difficile accesso come il protimpano, il retrotimpano e l’ipotimpano; in queste situazioni con la tecnica microscopica endocanalare è molto difficile ottenere una adeguata visione chirurgica, per cui è necessario eseguire un approccio combinato o retroauricolare. Nella nostra esperienza l’utilizzo della chirurgia endoscopica esclusiva ,in casi selezionati, consente di evitare approcci invasivi. Lo scopo dello studio è dimostrare come la tecnica endoscopica sia valida sia come approccio esclusivo sia in combinazione alla tecnica microscopica. Materiali e metodi: E’ stato eseguito uno studio retrospettivo su 15 pazienti sottoposti a chirurgia endoscopica esclusiva per neoplasie dell’orecchio medio presso il policlinico di Modena, tra novembre 2011 e novembre 2016. La casistica comprende 12 paragangliomi timpanici, 1 osteoma e 2 carcinoidi. In tutti i casi è stato eseguito un approccio esclusivamente endoscopico. I tumori sono stati asportati tramite l’utilizzo di pinza bipolare con successiva fresatura della componente ossea, sede d’impianto della neoplasia, per ottenere la radicalità dell’exeresi. Al termine della procedura è stata eseguita una ricognizione di tutte le sottosedi dell’orecchio medio con ottiche di diversa angolazione per escludere residui macroscopici di malattia. Risultati: In 9 casi era interessato il protimpano, mentre in 5 casi erano coinvolti il retrotimpano e l’ipotimpano. L’infiltrazione della catena ossiculare è stata osservata in 6 casi. Nessun paziente ha riportato complicanze precoci o tardive a carico del nervo facciale e dell’orecchio interno. La catena ossiculare è stata preservata in tutti i casi, ad eccezione di uno per l’ampia estensione del tumore. Durante il follow-up non si è riscontrata recidiva di malattia in alcun paziente. Conclusioni: In sintesi, l’approccio endoscopico esclusivo transcanalare è indicato nei tumori benigni di piccole dimensioni limitati alla cavità del timpano, senza invasione delle strutture limitrofe. La nostra esperienza ci ha consentito di verificare la validità della tecnica endoscopica in quanto garantisce un accesso poco invasivo, un decorso post-operatorio più breve e la conservazione pressochè totale dell’anatomo-fisiologia dell’orecchio. Nei casi in cui è stato necessario eseguire l’approccio microscopico, l’endoscopia ha assunto un ruolo di metodica complementare durante i vari step chirurgici e, soprattutto, ha permesso di verificare la radicalità al termine della procedura.

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21. L’ENDOSCOPIA COME TECNICA COMPLEMENTARE AL MICROSCOPIO IN OTOCHIRURGIA PER MIGLIORARE L’EFFICACIA E SICUREZZA DELLE PROCEDURE

Amadori Maurizio Direttore Uoc Di Orl Mirano, Aulss 3 Serenissima Frezza Daniele - Direttore Uosd Chirurgia Funzionale Dell\'Orecchio - Ulss N. 2 Marca Trevigiana Razionale: La chirurgia endoscopica in otochirurgia sta sviluppandosi come tecnica alternativa a quella oto-microscopica classica. Bisogna comunque sottolineare che ogni innovazione comporta un training lungo e complesso ; in questo caso, la cosa fondamentale è che il chirurgo opera con una sola mano, se pur con ottimi risultati, per chi la usa come tecnica esclusiva. Coloro che hanno una lunga esperienza con la tecnica tradizionale, riescono comunque a raggiungere ottimi risultati, pur con i limiti legati all’asse ottico di incidenza del microscopio. Gli AA, che vantano una decennale esperienza nella chirurgia oto-microscopica, hanno ritenuto interessante sperimentare tecniche complementari di utilizzo della chirurgia endoscopica in alcune specifiche e ripetibili fasi della procedura chirurgica tradizionale. Materiali e metodi: Negli ultimi 4 anni, gli AA. Hanno sviluppato la tecnica oto-endoscopica in 234 interventi di otochirurgia per OMC colesteatomatosa e di chirurgia di revisione/2° tempo. La procedura consiste nell’adottare le tecniche tradizionali per la mastoidectomia, allestimento del lembo TM e la rimozione iniziale del colesteatoma; si passa quindi all’oto-endoscopia per la visualizzazione dei recessi dell’O.M., il ripristino della sua ventilazione e completare accuratamente la rimozione della patologia; si torna quindi al microscopio per la parte ricostruttiva/funzionale della catena ossiculare e neo MT con un approccio bimanuale che velocizza la fase ricostruttiva. Risultati: Gli AA., oltre a misurare l’efficacia del controllo visivo di tutto l’O.M., con la tecnica endoscopica, hanno verificato l’efficacia e la sicurezza della rimozione dei residui di patologia garantendo una miglior sicurezza delle procedure verso l’integrità delle struttura anatomiche e la riduzione delle recidive, particolarmente insidiosa in età pediatrica. Con tale metodologia si migliora l’efficacia, senza allungare i tempi chirurgici. In relazione alle ristrettezze economiche in sanità con i limiti di accesso alle sedute operatorie (ricordiamo il costo orario che varia dai 2400 ai 4000 €/ora), diventa fondamentale, nell’introdurre nuove procedure, il non dilatare eccessivamente i tempi di sala operatoria e mantenere le competenze e know-how acquisito integrandole con le continue innovazioni. Conclusioni: Gli AA alla luce dell’esperienza acquisita ritengono che la tecnica endoscopica, complementare a quella otomicroscopica, possa risultare di indubbio vantaggio nel controllo della patologia dell’orecchio medio soprattutto colesteatomatosa, migliorando l’accuratezza chirurgica, configurandosi come una chirurgia mininvasiva, che risponde alle aspettative del paziente e ai costi delle procedure.

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22. MIRINGOPLASTICA ENDOSCOPICA CON SIS (SOTTOMUCOSA DI INTESTINO SUINO): NOSTRA ESPERIENZA

Panetti Giuseppe UOC ORL P.O. Ascalesi -ASL NA 1 Panetti Maria - UOC ORL P.O. Ascalesi -ASL NA 1 Razionale: Da diversi anni l’EES (Endoscopic Ear Surgery) è stata introdotta come tecnica operativa nel trattamento delle patologie flogistiche dell’orecchio medio. Uno dei principali vantaggi è rappresentato dalla possibilità di ampliare l’indicazione per il trattamento di tali patologie attraverso un accesso transcanalare, con notevole riduzione dei tempi di guarigione chirurgica. Riportiamo la nostra esperienza con SIS, materiale biologico eterologo, utilizzato per la ricostruzione della membrana timpanica (MT). Tra i vantaggi la possibilità di disporre di un innesto pronto all’uso evitando incisioni esterne per il prelievo di materiale autologo. Materiali e metodi: Abbiamo condotto un’analisi retrospettiva su un campione di casi consecutivi di pazienti adulti trattati chirurgicamente per patologia flogistica dell’Orecchio Medio, in particolare per OMP semplice/colesteatomatosa, Tasche di Retrazione, Perforazioni post-traumatiche nel periodo compreso da Settembre 2014 a Dicembre 2016. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a timpanoplastica/miringoplastica endoscopica per via transcanalare utilizzando il SIS per la ricostruzione. Risultati: Abbiamo riportato i risultati preliminari con un follow-up medio di circa 7 mesi. Tali risultati in termini di sicurezza ed efficacia si sono rivelati comparabili a quelli ottenuti con materiale autologo. Conclusioni: Sebbene i risultati riportati nella nostra esperienza non siano confortati da un follow-up adeguato , possiamo affermare che il SIS al momento rappresenta una valida alternativa per ridurre al minimo i tempi di guarigione chirurgica.

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23. MIRINGOPLASTICA ENDOSCOPICA CON GRASSO: RISULTATI A MEDIO TERMINE SU UN CONSISTENTE NUMERO DI PAZIENTI, DI UNA TECNICA SEMPLICE EFFICACE E DI FACILE APPRENDIMENTO

Mazzone Salvatore Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva della Seconda Università degli studi di Napoli/Reparto di Otorinolaringoiatria di Villa dei Fiori Mugnano di Napoli Manna Giuseppe - Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Preventiva della Seconda Università degli studi di Napoli/Reparto di Otorinolaringoiatria di Villa dei Fiori Mugnano di Napoli Razionale: Obiettivo di questo studio è valutare l’efficacia dell’intervento chirurgico di miringoplastica, effettuato con tecnica endoscopica mediante grasso autologo a medio termine su una consistente numero di pazienti. Materiali e metodi: 192 pazienti con perforazione della membrana timpanica (MT) sono venuti alla nostra osservazione presso il reparto di Audiologia e Foniatria della S.U.N. e il reparto di Otorinolaringoiatria della clinica Villa Dei Fiori di Mugnano di Napoli tra gennaio 2010 e luglio 2016. Tutti i pz hanno effettuato otomicroscopia, endoscopia auricolare ed esame audiometrico tonale nella fase preoperatoria. I pazienti sono stati divisi in 3 gruppi in base alle dimensioni della perforazione: Perforazioni piccole: Dimensioni ≤ a 1 quadrante; b) Perforazioni medie: Dimensioni > di 1 quadrante e ≤ a 2 quadranti; c) Perforazioni grandi: Dimensioni > a 2 quadranti Controlli endoscopici e otomicroscopici sono stati effettuati dopo 7gg, 20gg, 50gg e 90gg e 6 mesi. I controlli audiometrici sono stati effettuati a 3 e 6 mesi. È stato ritenuto successo chirurgico la chiusura completa della perforazione della MT e l’assenza di complicanze (blunting, colesteatomi intratimpanici, medializzazione del neotipano). Risultati: La divisione in sottogruppi in base alle dimensioni ha mostrato: a) Piccole 39 pz 20,3%, b) Medie 115 pz 59,9%, c) Grandi 38 pz 19,8%. Abbiamo osservato un successo globale del 90,1%, 19 pz (9,8%) hanno presentato riperforazione, nessun pz ha presentato altre complicanze. L’esame dei risultati in base ai gruppi ha mostrato Nel gruppo A successo del 94,9%, con riperforazione in 2 pz (5,1%). Nel Gruppo B abbiamo avuto un successo dell’ 88,6%, con riperforazione in 13 pz (11,4%). Nel gruppo C abbiamo avuto un successo dell’ 89,5%, con riperforazione in 4 pz (10,5%). I dati audiometrici hanno dimostrato che 23,9% presentavano un ABG ≥ 30dB e che tale risultato è rimasto invariato nei controlli postchirurgici. Gli altri pazienti con preoperatorio ABG < 30dB hanno avuto una normalizzazione dell’esame audiometrico postchirurgico Conclusioni: L’estrema semplicità chirurgica della miringoplastica endoscopica con grasso permette, in operatori con un minimo di esperienza endoscopica, un accorciamento notevole della learning curve, e di ridurre i tempi dell’intervento chirurgico a non più di venti minuti, il prelievo del grasso dal lobo omolaterale, crea una cicatrice chirurgica estremamente piccola e nascosta dietro il lobo, molto meno evidente di incisioni retroauricolari. la visione endoscopica nella miringoplastica con grasso permette di avere una visione ottimale dei margini della perforazione, pur lavorando sempre per via transmeatale ottenendo ridotta invasività e ottima visibilità, permettendo di intervenire su tutte le perforazioni senza traumi per l’orecchio e per il paziente, anche in casi di condotto stretto o procidenza della parete anteriore. La miringoplastica endoscopica con grasso autologo è una tecnica poco invasiva, efficace e semplice. I risultati chirurgici sono buoni e la tecnica è molto ben tollerata dal paziente. È quindi per noi la tecnica di prima scelta per il trattamento delle perforazioni timpaniche.

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24. VARIANTI ANATOMICHE DI RETRO ED IPOTIMPANO: UNO STUDIO DI ANATOMIA ENDOSCOPICA

Fermi Matteo UOC Otorinolaringoiatria Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Modena Bonali Marco - UOC Otorinolaringoiatria Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Modena Aggazzotti Cavazza Elisa - UOC Otorinolaringoiatria Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Modena Razionale: Il retro e l’ipotimpano sono aree cruciali dell’orecchio medio, spesso coinvolte nella patologia colesteatomatosa e vista la loro posizione ed i rapporti con strutture anatomiche nobili circostanti, sono spesso di difficile gestione per l’otochirurgo. L’endoscopia offre una visione panoramica e la possibilità di osservare “dietro l’angolo” garantendo una valutazione precisa dei dettagli anatomici e dell’estensione della patologia. L’obiettivo di questo studio è quello di descrivere le varianti delle strutture retro ed ipotimpaniche attraverso un approccio endoscopico transcanalare. Materiali e metodi: Studio anatomico descrittivo. Un numero di 125 casse timpaniche (83 dissezioni su cadavere, 42 casi chirurgici) sono state studiate per mezzo di ottiche endoscopiche 3mm rette ed angolate. Le varianti anatomiche sono state documentate fotograficamente e tabularizzate. È stata condotta un’analisi statistica descrittiva. Risultati: Le creste ossee ponticulus, subiculum e finiculus presentano una conformazione ossea completa nella maggior parte dei casi. Il ponticulus è la struttura con la più alta variabilità anatomica risultando nel 38% dei casi a conformazione ridge, nel 35% bridge e nel 27% assente/incompleto. Il seno timpanico presenta una conformazione di tipo A nel 66% dei casi. L’imbocco del canalicolo subcocleare è rilevabile nel 50% dei casi. Il retro ed ipotimpano sono stati classificati in base alla presenza/assenza delle varie creste e seni in una nuova classificazione. Conclusioni: Un’importante variabilità anatomica è stata riscontrata a livello delle strutture ossee del retro ed ipotimpano. L’approccio endoscopico permette un rapido accesso alla cassa del timpano ed una meticolosa esplorazione dei più nascosti recessi della cavità.

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25. URGENZE CHIRURGICHE OTOLOGICHE

De Donato Giuseppe° Gaini M. Lorenzo*, Zanetti Diego^ ° Clinica ORL, Università di Milano Bicocca * Clinica ORL, Università degli Studi di Milano ^ UOC Audiologia, Università degli Studi di Milano Le situazioni cliniche che richiedono un trattamento urgente in campo otologico possono essere ricondotte a: • Paralisi facciale post-traumatica • Oto- o rinoliquorrea tubarica iatrogena o post-traumatica • Complicanze suppurative endocraniche di otiti medie acute e croniche • Meningiti otogene ed ernie meningo-encefaliche • Fistola perilinfatica iatrogena o post-traumatica I Relatori presenteranno diversi casi clinici afferiti presso le rispettive UOC-Universitarie trattandone la clinica, la diagnostica e le scelte terapeutiche, in particolare le soluzioni chirurgiche, con l’ausilio di filmati operatori. La presentazione di casi avverrà in maniera interattiva con la audience, in base a step pre-ordinati (1-sintomatologia d’esordio, 2-diagnostica necessaria, 3- provvedimenti terapeutici immediati, 4-opzioni chirurgiche e timing; 5-risultati) , al fine di giungere a delle linee di approccio condivise.