Bonsai suiseki magazine Nº10 Outobro 2009

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10 Bonsai & Suiseki magazine Bonsai&Suiseki magazine Anno I - n.10 Ottobre 2009

Transcript of Bonsai suiseki magazine Nº10 Outobro 2009

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Bonsai & Suisekimagazine

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EBONSAI & SUISEKI MAGAZINE: THE FIRST OPEN-MAGAZINE

We think this self-made journal is destined to be for the elite, a precious icon only for a few. It is not meant to be for many, we are not interested in the number of readers, but in quality as bonsai and suiseki are products of excellence. It is not in competition with any other magazine on the market because owing to its features, it has no competitors, no market, no editors and therefore it is in the condition of being independent of the economic power that regulates every mechanism and affects thought in modern society. This is a magazine whose sole and basic interest lies in the best qualified dissemination of bonsai and suiseki. We will define this journal with the English term “fanzine, which translated into Italian as “rivista amatoriale/amateur magazine“ comes from the contraction of the English words fan and magazine It is linked to do-it-yourself practice also thanks to the possibility of printing color copies at a cost of only a few cents. A fanzine is a real organ of independent press, as an alternative to so-called mainstream publish-ing. This magazine is still growing in terms of content and graphics; it is not static: each issue varies depending on the articles and reports that the Editorial Committee decides to publish. It is the first magazine to offer equal space and dignity to suiseki, with the aim of giving it a greater dissemination. From a structural-organizational point of view, the magazine is directed by IBS Instructor Antonio Ricchiari which cooperates with an Editorial Committee composed of IBS Instructors, Luca Bragazzi, Luciana Queirolo, Antonio Acampora, and Carlo Scafuri who are also in charge of the entire editorial process and of external relations. The magazine is an informative, scientific and technical instrument open to all and this flexibility has given it a work in progress quality that other organs of specific sector media do not possess. So, this magazine has developed various forms of assistance for its readers. The context in which such a collaboration operates implies that the Editorial Committee is committed to develop continuously the “containers” of the topics, that the reader is willing to take part in the magazine, and that the staff is ready to stake the whole ap-proved communication system for it. A non rhetorical place for bonsai and suiseki ,therefore, implies that the reader must be ready to play along with it: it is no longer the plant or the stone to be the aesthetic pole, but the rapport, the way we look at the things will introduce us to the work of art itself, as is hinted in the aphorism by Tzara “poetry will resemble you”. The strength, therefore lies in the initiative that has made the magazine tangible and real, the ways in which its visibility has risen remarkably since issue Number One and especially the play of dis-positions of the range of coverage which we have put in an ordinary context through an extraordinary medium: that is online communication.

Un auto de esta revista se cree que están destinados a ser para la elite, un icono de unos preciosos. Esta revista no pretende ser para muchos, no nos interesa el número de lectores, pero la calidad como el bonsái y suiseki son un producto de excelencia. No es una revista en competencia con las otras del mercado porque por sus peculiaridades no tiene a competidores, no tiene mercado, no tiene a editores y por lo tanto está en las condiciones de manten-erse independiente del poder económico que regula cada mecanismo en la sociedad moderna y que condiciona el pensamiento. Y’ una revista cuyo interés único y esencial es solamente la mejor y calificada difusión del bonsai y el suiseki. Ésta es una revista que definimos con un término angloparlante “fancine.” El término fancine, que po-demos traducir como en italiano “vuelta a ver amatoriale”, deriva de la contracción de las palabras ingleses hin-chas, fanatico/appassionato y magazine, revista. Se derrite con la práctica del doy it yourself, error solo, gracias también a la posibilidad de imprimirla en copias a colores al coste de pocos céntesimos. El fancine es un real órgano de prensa independiente, en alternativa a la asillamada industria editorial mainstream. La revista del punto de vista de contenidos y gráfica está en continua expansión, no es estática, varia cada número en función de los escritos y los servicios que el Comité de Redacción decide publicar. Del punto de vista estructural-organizativo el magazine es dirigido por el Instructor IBS Antonio Ricchiari con el que colabora un Comité de Redacción compuesto por los Instructores IBS Luca Bragazzi, Luciana Queirolo, de Antonio Acampora y de Carlo Scafuri que también se ocupa de toda la fase editorial y de las relaciones externas. El Magazine es un instrumento informativo, científico y técnico abierto a todas las colaboraciones y esta flexibilidad lo lleva a haber adquirido un work en progress que otros órga-nos de prensa sectorial no poseen. Así este magazine ha elaborado varias formas de intervención por sus lectores. El contexto en el que funciona este tipo de colaboración implica el empeño de parte del Comité de Redacción a acrecentar continuamente los “contenedores” de los argumentos, la disposición del lector a intervenir en la revista, la disposición de los colaboradores a poner en juego todo el sistema mismo de la comunicación homologada. Una colocación no retórica, pues, del bonsai y del suiseki implica la disposición de parte del lector de estar al juego: no es la planta o la piedra más a ser el polo estético pero la relación, nuestra mirada por las cosas nos introduce en el funcionamiento de la obra misma, como para aludir al aforismo de Tzara “la poesía os se parecerá”. En fin este maga-zine representa el arquetipo del digital native generation, la generación crecida a “pan e internet”. Una revelación y una promesa: convertirse en la revista leída en otros Países del mundo. La velocidad del web ha hecho el resto.

BONSAI y SUISEKI MAGAZINE: EL PRIMERO OPEN MAGAZINE

Considerati gli ultimi sviluppi che riguardano il nostro magazine, credo sia il caso di aggiornare i nostri lettori perché siano partecipi assieme a noi delle novità ed a quella che è la vita di

una rivista che ritaglia e unisce buona parte dei bonsaisti e dei suisekisti italiani. Dalle ultime rilevazioni sugli ingressi dei lettori ero tentato di togliere la parola “italiani” poiché le statistiche ci dicono che quasi l’11,5% del totale riguarda appassionati di tutto il mondo, con una certa prevalenza per i Paesi di lingua spagnola (ovviamente per affinità linguistiche).Dunque, come va il magazine, qual è il suo stato di salute dopo meno di un anno dalla sua com-parsa sul web, quali i programmi in cantiere? Visto il successo che ha superato ogni previsione più ottimistica, godiamo di ottima salute. La passione palpabile, la correttezza e la professio-nalità ripagano e devo dire che ripagano subito. Il nostro fine ultimo è il raggiungimento di una soddisfazione intima e profonda, una gratificazione concreta per offrire agli appassionati uno strumento didattico, culturale e informativo che li avvicini ancora di più al bonsai ed al suiseki. Chi afferma che il bonsai ed il suiseki sono solamente pratica e manualità dimostra di non avere affatto capito l’essenza di queste due discipline. Dimostra di essere un praticante, anzi un pra-ticone senza cultura e senza passione. E francamente il nostro piccolo mondo non ha bisogno né di questi elementi né di mercanti che cercano profitti o una forma di lucro che va oltre la speculazione. Non abbiamo neanche bisogno di elementi che cercano di sbalordire o strabiliare un pubblico ingenuo come se fossimo nella pista di un circo di periferia.Il nostro approccio attraverso il web significa una modalità nuova di diffusione e di informazione che è il futuro assieme alla carta stampata. E proprio questa è la novità più importante. La novità è un accordo che ho siglato con Susanna Crespi, responsabile editoriale della rivista Bonsai & News. Entrambi non hanno certo bisogno di presentazione essendo la prima alla guida dell’unica rivista italiana del settore. Le due riviste: una su carta stampata e l’altra diffusa on-line, quindi virtuale, negli elementi sono diversi, ma hanno fini identici. Uniti siamo quindi una forza. Lo siamo perché siamo entrambi fortemente motivati, stimolati. Perché siamo “naturali”. Le persone indipendenti come noi non sono perfette, e perciò preferiscono circondarsi di cose uniche e originali che rappresentino la loro complessa identità. La collaborazione fra le due riviste, lo scambio di articoli ed informazioni, le renderà complementari e renderà unica, origi-nale, questa collaborazione che rafforzerà la realtà editoriale italiana già sicuramente prima in Europa. Il target del nostro magazine è quello di uscire in più lingue perché sia più fruibile agli appassionati sparsi nel mondo e anche per questo ci aiuterà la collaborazione del team di Bonsai & News. Il bonsai ed il suiseki italiano, secondi soltanto a quelli giapponesi, hanno molto da dire, hanno una loro dignità che noi difenderemo a tutti i costi, con la nostra libertà di espres-sione, con la nostra indipendenza, da qualsiasi interesse e schieramento, con il piacere di esser apprezzati e di avere un alleato assolutamente all’altezza della migliore tradizione editoriale, con un nome che ha portato alto e senza macchia nel corso di decenni il mito del bonsai e del suiseki: il nome dei Crespi. Abbiamo dimostrato che la passione, la purezza di un sentimento fortemente adrenalinico come la passione supera mari e monti e noi abbiamo la fortuna di avere amici che ci collaborano con passione, con lealtà e con correttezza. Abbiamo perciò le carte in regola per continuare e fare sempre di più e meglio.

EditorialeIl magazine “vola in alto” - Antonio Ricchiari

SOMMARIODirettore: Antonio Ricchiari - [email protected]

Caporedattore: Carlo Scafuri - [email protected]

Art directors: Salvatore De Cicco - [email protected] Carlo Scafuri

Impaginazione: Carlo Scafuri

Comitato di redazione: Antonio Acampora - [email protected] Luca Bragazzi - [email protected] Luciana Queirolo - [email protected] Antonio Ricchiari Carlo Scafuri Sandro Segneri - [email protected] Redazione: Sandra Guerra Giuseppe Monteleone - [email protected] Dario Rubertelli - [email protected] Pietro Strada - [email protected] Marco Tarozzo - [email protected]

Hanno collaborato: Daniele Abbattista - [email protected] Michele Andolfo - [email protected] Sergio Biagi - [email protected] Rocco Cicciarello Daniela Di Perna Gian Luigi Enny - [email protected] Cosimo Fragomena N. Kajiwara - Bonsai&News - [email protected] Elisabetta Ruo - [email protected] Francesco Santini - [email protected] Anna Lisa Somma - [email protected]

In copertina: Antonio Defina Carlo Scafuri Luciana Queirolo

Sito web: http://bonsaiandsuisekimagazine.blogspot.com

Indirizzo e-mail: [email protected]

Bonsai & Suisekimagazine

Anno I - n. 10 - Ottobre 2009in collaborazione con

>> Dal mondo del Bonsai & Suiseki

>> Mostre ed Eventi

>> In libreria

>> Bonsai ’cult’

>> La mia esperienza

>> A lezione di suiseki

>> Dalle pagine di Bonsai&News

06 Il giardino Zen - riflessioni - di G. L. Enny 10 Olivi di Puglia: gli olivi del Gargano di D. Abbattista 17 Inchiostro, misterioso specchio di D. di Perna 22 Le pietre vive di M. e A. Schenonedi L. Queirolo 26 Il giardino di Bruno Beltrame di L. Bragazzi

34 XII Congresso A.I.A.S. di L. Queirolo 40 IX So-Saku Bonsai Award XIV Congresso IBS di D. Rubertelli, C. Scafuri

52 Masahiko Kimura di A. Ricchiari

53 Quando i riconoscimenti sono d’obbligo di A. Ricchiari

56 Una lavorazione alla MedBonsai di C. Fragomena 62 The fairy Queen di R. Cicciarello 70 Juniperus Oxycedrus di S. Biagi

74 Furyu di L. Queirolo 76 La pietra viva: lo spirito della pietra di L. Queirolo

48 Un facile boschetto su lastra di N. Kajiwara

>> Noi... di Bonsai Creativo School 78 The american job: Hurricane, San José Juniper di S. Segneri, D. Abbattista

Il Magazine non ha alcun fine di lucro. Tutto il materiale pubblicato nel Magazine è protetto dai diritti di proprietà intellettuale, in conformità alla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore applicabile (in particolare, alla Convenzione di Berna ed alla L. 633/1941 e successive modifiche). L’accesso al Magazine non consente il diritto di appropriarsi, di riprodurre, di modificare, di distribuire, di ripubblicare, in alcuna forma anche parziale e con qualsiasi strumento, il materiale in esso contenuto, senza l’espressa autorizzazione scritta da parte della Direzione o del terzo titolare dei relativi diritti di sfruttamento e/o di riproduzione. L’eventuale stampa del Magazine è strettamente riservata ad uso personale e ne è vietato ogni utilizzo improprio. Il Magazine non assume alcuna responsabilità in ordine ad eventuali inesattezze, errori ed omissioni nel materiale pubblicato ed in ogni caso si riserva il diritto di intervenire, in ogni momento, apportando correzioni ed eventuali modifiche. Tutte le collaborazioni sono a titolo esclusivamente gratuito ed il Magazine si riserva il diritto di potere utilizzare il materiale concesso. La pubblicazione di articoli sul Magazine presuppone la conoscenza e l’accettazione di questo Disclaimer Legale.

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SOMMARIO>> L’opinione Di...

>> A scuola di estetica

>> L’essenza del mese

>> Non tutti sanno che...

>> Note di coltivazione

>> Tecniche bonsai

>> L’angolo di Oddone

>> Vita da Club

>> Il Giappone visto da vicino

>> Che insetto è

88 Carlo Oddone di A. Ricchiari

91 Il boschetto - I parte di A. Ricchiari

94 Il ficus - II parte di A. Acampora

100 Il pino silvestre di E. Ruo

104 La defogliazione - II parte di L. Bragazzi

106 La scelta del vaso - II parte di A. Acampora

112 L’acero di C. Oddone

120 Gruppo Bonsaisti Medio Valdarno - Sez. “Renzo Santini” di F. Santini

124 Dolcezza e rimpianti di A. L. Somma 125 Mangiare con gli occhi. L’estetica del cibo di A. Ricchiari

129 Danni da stress ambientali - II parte di L. Bragazzi

>> Un bonsai progettato per te 122 Un bonsai progettato per te di M. Andolfo

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Il giardino Zenriflessioni

di Gian Luigi Enny

Chi cura un giardino zen si trova davanti ad una sem-plicità minimalista fatta esclusivamente di pietra e

ghiaia e il compito del curatore è di tracciare solchi con il rastrello o di raccogliere le foglie semplicemente perché questo è nell’ordine delle cose che vanno fatte, accettando di far parte del vuoto entrando nello spirito della pietra. Concetti un po’ strampalati e ottusi che da centinaia d’anni gli o-rientali si dedicano, praticando quello che noi chiamiamo filosofia zen, riu-scendo nella meditazione a portare il loro io alla la scoperta della pace interiore, raggiungendo uno stadio che per la maggior parte di noi orien-tali, troviamo impossibile ed a volte incomprensibile. Personalmente cre-do che, per raggiungere momenti di questa profonda ascesi si debba vive-re per forza di cose in luoghi silen-ziosi, dove il culto e la fede possono impadronirsi di noi portandoci a rag-giungere quel momento culminante chiamato “zen”.

Mi convinco sempre di più che nella nostra longitudine, lontano da un modo di credere, senza una cultura specifica e una guida spiritua-le, ci si cozza irreversibilmente in un mondo a noi sconosciuto. Nonostante i miei inutili sforzi di comprendere i diversi pun-ti interrogativi di questo modo di meditare, mi viene da pensare che, anch’io nel piccolo mondo racchiuso del mio giardino passo momenti di massima ricerca e di concentrazione, standomene seduto a osservare i vari elementi, dai vegetali ai minerali, o ai piccoli animaletti come farfalle, lu-certole o una fila di formichine che vi dimorano e, inevitabilmente “medi-to”. Incomincio a elucubrare sulla conformazione rocciosa creatasi mi-lioni di anni fa, quando all’inizio tutto era un magma liquido e incande-scente mentre si mescola, sospinto da un’enorme pressione di migliaia di tonnellate composta in prevalenza da minerali, assumendo con il tempo e con le varie spinte forme di monti e 1

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di avvallamenti. Continuo a immaginare questo enorme pentolone che con il passare degli anni si raffredda lenta-mente assumendo diverse forme, questo complesso roc-cioso che viene martellato nei secoli da continue piogge e forte venti e come se non bastasse, disgregato da violenti terremoti e calamità naturali di ogni genere, portato poi dalla corrente dell’acqua a centinaia di chilometri, fino quando una persona come me raccoglie la pietra per por-la nel proprio giardino. E ora io me ne sto qui a osservare questa pietra con tutti i suoi anni ricoperta dalla patina del tempo, e cerco di indovinare, quante cose ha visto e se potesse parlare quante cose avrebbe da raccontarmi? Come se non bastasse continuo con la fantasia a immaginare un

albero, alla sua orma, al suo modo di crescere, e soprat-tutto al suo complesso capillare di radici che sprofondan-do nel terreno vanno alla ricerca di nutrimento composto da minerale descritto poc’anzi, che in parte ridotto ora-mai in microscopiche particelle composte in maggioran-za da azoto, fosforo, potassio e altri micro elementi sono diventati un alimento indispensabile alla crescita di tutti i vegetali, che assorbiti dai capillari vengono trasportati con la linfa ascendente fino alle foglie e una volta esposte al sole avviene un fenomeno chiamato fotosintesi dove, in poche parole la pianta riesce a trasformare il minerale inorganico in zuccheri, sostanza organica. Un fenomeno che a pensarci bene ha quasi del miracoloso, non solo ma se pensiamo poi che gli animali che si nutrono dei vegetali

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1. Apposito rastrello per la ghiaia

2. Farfalla di Vanessa su un fiore

3. Ginepro da giardino giappo-nese

4. Magma primordiale

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a loro volta nutriranno altri mam-miferi compreso l’uomo, possia-mo dire che tutti gli esseri viventi si nutrono alla fine di minerali cioè di pietra, praticamente dall’inizio di quest’articolo il cerchio si chi-ude, sembra una storia un po’ romanzata ma che richiede una profonda meditazione, pensate solo sull’incapacità dell’uomo che nonostante la sua conoscenza e la sua tecnologia, non è ancora arrivato a tutto ciò. Vi immagi-nate se l’essere umano riuscisse a trasformare come le piante i minerali in alimento organico, in questo modo praticamente ver-rebbe risolto la fame nel mon-do, essendo il nostro pianeta

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a loro volta nutriranno altri mam-miferi compreso l’uomo, possia-mo dire che tutti gli esseri viventi si nutrono alla fine di minerali cioè di pietra, praticamente dall’inizio di quest’articolo il cerchio si chiu-de, sembra una storia un po’ ro-manzata ma che richiede una profonda meditazione, pensate solo sull’incapacità dell’uomo che nonostante la sua conoscenza e la sua tecnologia, non è ancora arrivato a tutto ciò. Vi immagi-nate se l’essere umano riuscisse a trasformare come le piante i minerali in alimento organico, in questo modo praticamente ver-rebbe risolto la fame nel mon-do, essendo il nostro pianeta

composto in gran parte da roccia. Per concludere, forse non raggiungerò mai la concentrazio-ne del meditare di un monaco buddista, ma questi concetti li ho capiti molto bene, standomene seduto di fronte al mio giardino un mattino di fine estate, mentre un tiepido sole mi accarezzava delicatamente.

5. Complesso roccioso in un giardino Zen6. Tiepido sole di fine estate7. Pino Loricato 7

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Olivi di Puglia: gli olivi del Gargano- Daniele Abbattista -10

Olivi di Puglia: gli olivi del Gargano

di Daniele Abbattista

L’olivo (Olea europea) è il frutto di una selezione millenaria dell’ Olivastro (Olea europaea L. var.oleaster), ed i primi ritrova-menti, delle foglie fossili, risalgono a circa un millennio di anni fa, ma le scoperte in Puglia, a Torre a Mare (Ba) e Fasano, a sud di Brin-disi, risalgono invece al Neolitico (5000 a.C.) . In questa zona infatti a tutt’oggi si possono ammirare gli olivi forse più vecchi di Puglia. Lo storico Erodoto (484-425 a.C.) riteneva che solo ad Atene e in nessun altro posto ci fossero gli ulivi e secondo la mi-tologia greca fu proprio la dea Atena a piantare il primo olivo.

Olivi di Puglia: gli olivi del Gargano- Daniele Abbattista -11

12Olivi di Puglia: gli olivi del Gargano- Daniele Abbattista -

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Per i Greci l’olivo era conside-rato una pianta sacra (simboleggiava la forza, la fede e la pace), tanto che chi la danneggiava o peggio sradicava, era punito con l’esilio, considerazione che un minimo dovrebbe impensierire i rac-coglitori. Le prime coltivazioni di olivo, invece, sono state rinvenute nel sud del Caucaso e, secondo gli storici, via via si estesero alle isole di Rodi, Cipro, Creta e poi in tutto il bacino del Mediterraneo. La Puglia è sempre stata terra di conquiste e nei millenni si sono suc-ceduti fenici, greci, arabi, normanni, spagnoli, francesi. Ogni popolo in modo più o meno pacifico ha contribuito ad apportare alcune sue abitudini e ca-ratteristiche e si ritiene che le prime piantagioni intensive di olivo sul Gar-gano, siano state portate addirittura dai greci. Il clima secco, caldo, assolato e ventoso del Gargano ed il suo ter-reno calcareo unito al microclima ma-rino, hanno determinato un habitat ideale per lo sviluppo dell’olivo, cosa da non trascurare in corso di coltivazio-ne bonsai. L’olivo e l’olivastro amano terreni molto drenanti, detestano l’umidità e scialano in pieno sole e con temperature non troppo rigide.

13Olivi di Puglia: gli olivi del Gargano- Daniele Abbattista -

I venti marini e le condizioni estreme hanno determinato un portamento spesso con-torto e quasi sempre sofferto, con tracce evi-dentissime, in quasi tutti gli esemplari che ho potuto osservare, di fuoco ed avversità atmo-sferiche che lasciano delle tracce per noi bon-saisti (e non solo) estremamente affascinanti.

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La mia famiglia è pugliese e credevo di conoscere bene il promontorio garganico ma non finirò mai di ringraziare il mio caro amico Antonio Conte per avermi fatto scopri-re il Gargano meno turistico, più intimo, direi primordiale. Dalle alte praterie ricche di lecci e roverelle, alle scogliere frastagliate con olivi, pini d’aleppo, rosmarini e ginepri fenici incas-tonati nella roccia, ad impreziosire una terra già baciata dalla generosità divina. Le forme più incredibili, i bunjin natu-rali ed i merletti scavati nel secco che nessun artista del bonsai potrà mai riprodurre. Niente da invidiare agli olivi del barese, che persino il grande maestro Kimura si è recato ad osser-vare. Osservare in natura gli olivi è una fon-te di ispirazione senza fine. Tra le migliaia di olivi che ho avidamente studiato, non ho mai trovato un olivo che assomigliasse a molte delle forme innaturali che vedo spesso in giro per le mostre bonsai. A maggior ragione in queste antiche foreste di olivi da tempo incolti

14Olivi di Puglia: gli olivi del Gargano- Daniele Abbattista -

15Olivi di Puglia: gli olivi del Gargano- Daniele Abbattista -

Il 2007 fu, per l’Italia, un anno disastroso a causa degli incendi boschivi; incendi che furono, dalle note del ministero dell’ambiente, 534 e di questi ben 132 nella sola regione Puglia. Per la Puglia fu disastro ambientale di vaste proporzioni se si considera il numero dei roghi del 2007 rispetto a quelli degli anni precedenti in questa meravigliosa regione: 2003 - 64 roghi, 2004 - 41, 2005 - 29, 2006 - 25, 2007 - 132. Le zone più colpite furono: Peschici e la località di Torre Colimena nel territorio di Manduria (Taranto), l’oasi protetta di Torre Guaceto sulla costa brindisina. La tragedia degli incendi nella sola estate del 2007 costò la vita a dieci persone e portò l’allora ministro dell’ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, chiedere maggior repressione e a denunciare che dal 2000 al 2007 non c’era ancora stata una sola condanna definitiva per i piromani processati.

>> Dal mondo del Bonsai & Suiseki

e quindi liberi di assumere una forma feno-tipicamente naturale e scevra da potature ed addomesticamenti finalizzati ad una mag-gior produttività o facilità nella raccolta. Schema invece non applicabile all’olivastro che tende al contrario a formare forme compatte e cespugliose, più riconducibi-li a molte delle opere bonsai, dichiaratamente “coniferose” che siamo abituati ad ammirare. Con un po’ di timore per l’ira della dea Atena ho portato con me dei magnifici esem-plari di olivo selvatico, che spero un giorno assomiglino a queste meraviglie che Antonio e, credo, Zino Rongo e pochi altri bonsaisti, stanno creando in tanti anni di passione e cura. Veniteci a trovare, la Puglia è meravigliosa.

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Dal mondo del Bonsai & Suiseki <<

InchIostro misterioso specchio Silenzio. Per un momento il tempo sembra fer-marsi. Finché la punta del pennello non tocca il foglio ed il calligrafo inizia a muoversi nello spazio bianco del foglio di carta di riso, si trattiene il respiro. E’ un salto nel vuoto, un tempo sospeso fra la vita e la morte. Un tempo in cui si cela il segreto del mondo, il mistero dell’intuizione creativa. Poi, la danza, o forse la battaglia, inizia.

” Il calligrafo, perfettamente concentrato, esegue, senza sforzo, uno dopo l’altro, dei tratti di pennello. In un attimo tutto è compiuto. Probabilmente quello stesso

carattere è stato eseguito centinaia di volte. Ma, ogni volta, ciò che resterà impresso sulla carta, sarà unico ed irripetibile. Sarà l’espressione di ciò che è, in quel preciso momento, l’unione fra la mente, il corpo e lo spirito del calligrafo. Non saranno ammessi ritocchi o correzioni. Lo shodoka davanti al foglio bianco, come il samurai da-vanti all’avversario, non può esitare, non può tirarsi indietro e ogni volta la “battaglia” sarà per la vita o per la morte. Mi piace ricordare un passo dell’Hagakure “Davanti all’alternativa della vita e della morte è preferibile scegliere la morte”. Per l’artista calligrafo la battaglia co-mincia molto prima dell’esecuzione della sua opera d’arte: si realizza, ogni volta, durante gli anni di paziente esercizio di copiatura dei testi di antichi maestri, cinesi e giapponesi. Ogni volta in cui egli tenta di cogliere lo spirito che si nasconde dietro la scrittura di questo o di quel maestro e di rivelarne l’essenza attraverso la sua esecuzione. Quando realizza la sua opera, lo shodoka compie con decisione un gesto che contiene in sé la sapienza di migliaia di anni e di innumerevoli ripetizioni di quello stesso gesto. Ad un certo punto, quel tratto, quel carattere, quella poesia, eseguita in un determinato momento, arriverà ad es-sere l’espressione della sua personale intui-zione creativa, qualcosa che sarà andato molto oltre il mero esercizio di copiatura.

di Daniela ‘Myoei’ Di Perna

17Inchiostro, misterioso specchio- Daniela ‘Myoei’ Di Perna -

Per indicare l’arte della calligrafia in giapponese si utilizza il termine Shodō. Questa parola è com-posta da due caratteri: sho e dō che significano scrittura e via.

nell’opera d’arte che egli compie. Praticare lo shodō significa, quindi, coltivare il Ki ed attraver-so la pratica perfezionare qualità fisiche e mora-li come il coraggio, l’autostima, la disciplina, la costanza, il disprezzo della morte. Lo shodō è libertà. È una libertà raggiun-ta attraverso anni di pratica ed esercizio. Quando si è completamente dentro l’azione della pratica si raggiunge uno stato di mushin. Utilizzo questo termine, caro allo zen come alle arti marziali, per indicare quella condizione, rara e molto par-ticolare, in cui si realizza un vuoto creativo nello spirito dell’uomo. Si tratta di un momento in cui non si pensa più ed in cui è finalmente possibile agire senza l’intervento del pensiero. È in quel momento che intuizione e azione diventano si-multanee. L’artista calligrafo ha compreso, pensa senza pensare, sa senza sapere, agisce al di là dell’intenzione; senza più dubbio, prenderà in mano il pennello ed eseguirà un’opera d’arte. Praticando costantemente ho capito che affinché ci sia armonia nella pratica della scrit-tura è necessario far lavorare insieme mente e corpo; poiché la relazione del corpo con la mente è estremamente profonda. La mente, lo spirito, controlla il pennello che potremmo dire essere un prolungamento del corpo. Il ritmo dello shodō, percepibile soprattutto nello stile corsivo e semi-corsivo, si riflette nel movimento dinamico del pennello e perché sia fluido è necessario che oltre alla sapienza della tecnica ci sia anche una perfetta conoscenza del proprio corpo, è necessario saper dosare forza e leggerezza. Questa conoscenza non è mai raggiunta una volta per tutte, non si è mai conosciuto se stessi fino in fondo, poiché noi siamo in continuo mutamento. È questo il nostro esercizio, continuare a praticare per continuare a riconoscere noi stessi. Segno nero e spazio bianco nell’opera di shodō dialogano fra loro intrecciando un discorso fatto di sussurri e grida. Un dialogo allo specchio che ha luogo sulla carta di riso, dove a volte il non detto, ovvero lo spazio bianco, è tanto eloquente quanto il detto, lo spazio nero, quello scritto. Dove è possibile, ad esempio nelle entrate o nelle uscite del pennello, riconoscere il frastuono del vento che soffia nell’anima del calligrafo che e-segue una poesia in gyosho o in sosho oppure la potente carica di energia che si nasconde nel raf-finato bisbiglio del pennello nello stile kana. L’artista calligrafo scrive sulla carta un segno che è solo una parte di un gesto che comin-cia dal nulla e va verso il nulla. Circa dieci anni fa, una domenica d’autunno, partecipai ad una lezione di shodō te-nuta dal Maestro Norio Nagayama. Non avevo la

Shodaka: praticante di shodō.

“Il codice segreto del samu-rai, Hagakure” - Yamamoto Tsu-netomo, cap.I, pag. 25; Luni edi-trice, Milano - Trento, 2000.

Ki: Con questo termine si indica la forza, l’energia che è in ogni organismo dell’universo.

Gyosho e Sosho: corsivo e semi-corsivo. Sono due dei cinque stili dello shodō; kana è il termine generico con si indicano i due sillabari giapponesi hiragana e katakana

Zazen: è la pratica della medi-tazione seduta comune a tutte le scuole zen.

sho dō

Si intende, quindi, la via della scrittura o meglio la scrittura come via. Si tratta, infatti, di una via interiore, di una strada, da percorrere fi-sicamente ma anche moralmente; è comprensi-bile come il percorso, ovvero il processo, diventi molto più importante dell’obiettivo raggiunto. In questo senso, la pratica della via è profonda-mente trasformativa per chi la compie. Non si può parlare delle arti giapponesi senza fare riferimento allo Zen che esercita in Giappone un influsso decisivo su tutte le arti, tras-formandole in arti che hanno come fine la ricer-ca di sé ed il perfezionamento interiore di chi le pratica. Attraverso la pratica di un “Dō”, una Via, marziale (aikidō, karate-dō, judō, kendō, kyudō) o artistica (shodō, chadō) può accadere, a chi prati-ca molto profondamente, di arrivare a conoscere intimamente se stesso. In effetti, a nostra insaputa, l’esercizio continuo ci porta molto lontano, oltre il limite che noi stessi ci prefiggiamo di raggiungere. Talvolta, arriviamo perfino ad intraprendere una battaglia spirituale. La pratica diventa così un modo per “combattere” le illusioni dell’ego; quelle illusioni che ci impediscono di mettere a fuoco la nostra reale natura. Come in uno specchio, alle volte non senza dolore, riusciamo a vedere il nostro io più profondo. Si tratta di uno specchio sapiente, nel quale, improvvisamente, possiamo intravedere il segreto dell’universo, un luogo in cui si uniscono tutti gli opposti. Un’opera di shodō riflette noi stessi, come noi non siamo capaci di vederci, potrem-mo definirla lo specchio del Ki. In effetti, la trac-cia d’inchiostro lasciata dal pennello sulla carta, rivela un ritmo che esprime chiaramente lo spiri-to dell’artista calligrafo, il suo Ki. Rispecchia, re-interpretandola, una parte molto profonda che giace nella sua coscienza e che spesso è molto dif-ficile rivelare. La pratica, alimentata attraverso un rigoroso esercizio di ripetizione, diventa un modo per forgiare lo spirito e per rafforzare il Ki; essa genera un graduale cambiamento, quasi inconsa-pevole, della coscienza e della vita in generale. Nello shodō il movimento dinamico del pennello esprime la forza spirituale dell’artista calligrafo, il suo Ki risulta quindi ben visibile

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Le foto sono state tratte dal sito web: www.shodo.it

più vaga idea di cosa trattasse, avevo solo sentito che si in-segnava a scrivere e questo mi era bastato. Passai la lezione seduta a terra a lavorare sul tratto orizzontale e su quello ver-ticale, mi sentii come una bambina al primo giorno di scuo-la. Fu molto faticoso, le caviglie indolenzite, una rigidità ai muscoli del collo che mi portai dietro per diversi giorni. Ma fui profondamente impressionata, qualcosa mi aveva toccato il cuore. Per anni non persi nemmeno una delle lezioni. Attraverso l’insegnamento del Maestro Nagayama ho avuto l’opportunità di incontrare lo Shodō e da dieci anni con-tinuo a percorrere questa Via: frequento le sue lezioni mensili, appuntamenti della durata di una giornata, e spesso i semi-nari intensivi di tre, quattro giorni o anche di una settimana. Ogni volta ho l’impressione di lucidare uno specchio sporco e opaco e di acquisire limpidezza e spontaneità. Quando ho ini-ziato a praticare lo shodō, già da qualche tempo frequentavo un Dojo in cui praticavo lo zazen ed iniziavo allora, attraverso una pratica rigorosa, ad apprendere il significato di concetti come tenacia, non paura e consapevolezza del gesto. Ho sempre amato scrivere a mano ed esercitare la calligrafia, ricopiare poesie o interi passaggi in prosa. In gio-ventù mi incuriosivano le biblioteche antiche e moltissimo il lavoro dei monaci amanuensi. Tuttavia, quando ho iniziato a

praticare lo shodō ho percepito immediatamente quanto fosse raffinata quest’arte, ma soprattutto ho intuito che cela-va qualcosa di sacro, un forte valore religioso. Sento che nella pratica dello shodō si cela un segreto, un mistero e questo la rende ai miei occhi estremamente affascinante. Con gli anni la pratica dello shodō, così come quella dello zazen, sono di-ventate parte inscindibile della mia stessa vita. Un’opera di shodō sul foglio di carta, specchio della nostra stessa forma. Ci dice di noi, una verità chiara, impla-cabile, spesso anche scomoda. È in grado di riflettere le esi-tazioni, la forza, il respiro, del corpo e del cuore, della mente e dello spirito. Quel riflesso d’inchiostro siamo noi, è la nostra gioia e la nostra paura. L’inchiostro, specchio nobile e miste-rioso, è capace di rivelare il nostro lato più oscuro, di penetrare il nostro io più profondo, ci concede la libertà di fare un passo in più, verso l’autoconsapevolezza ma anche verso l’ignoto.C’è un passo di un testo tradizionale dello Zen Soto l’Hokyo Zan Mai, scritto dal Maestro Tozan (807-879), al quale sono particolarmente affezionata, le cui parole mi risuonano spes-so nella mente quando osservo un’opera di shodō. Recita così:

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”Al prezioso specchio la forma guarda il riflesso tu non sei quello ma quello è te.”

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Ki kyo “specchio del ki”

Firma del calligrafo con relativo sigillo

Jokyo “tuo specchio”

Riflesso d’inchiosto

SUISEKI Opere d’Arte della Natura

Beh! Chi scrive articoli o recensioni deve per forza avere la “penna facile”, ingegnarsi con le pa-role, ma... davanti a questa “Mostra delle meraviglie” il serraglio delle emozioni magicamente si è aperto, facendo tutti poeti.

di Luciana Queirolo

“CALVARI (San Colombano Certenoli) Sala Simonetti del Lascito Cuneo”29 agosto - 6 settembre 2009

Ho letto l’articolo di una giornalista (I.M.) e già il titolo era tutto un programma: “Pietre sorprendenti: quando il più umile dei materiali diventa un tesoro da collezione”; ma sfogliare le annotazioni sulle 39 pagine del “registro delle firme” può bastare, per avere una fonte generosa a cui attingere:

- Pietre che... scaldano il cuore -- Animali fantastici, montagne incantate: cose mai viste! -

- L’emozione cancella le parole -- Doni della Natura, meravigliosi sogni in miniatura -

- Educare lo sguardo, esercitare la fantasia, far vivere le pietre -- Pietre piene di magia: altro che sculture moderne! -

- La Natura regala tesori a chi sa vederli -- Quanto sono belle! Quante emozioni!........ -

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Il Secolo XIX ha pubblicato per una intera settimana un tagliando da rita-gliare e compilare: “Date un nome ai Suiseki” e per una settimana ha riproposto le foto di sei pietre di Andrea e Mirella: sei suiseki che potevano essere studiati attentamente e da vicino, perché esposti in Mostra a Calvari (Fig. 1).

Provate anche voi ad indovinare quale interpretazio-ne hanno dato, Mirella ed Andrea, a queste sei pietre e poi confrontate le vostre risposte con il risultato del Concorso: un esercizio interessante, un test affidabile, considerando le risposte pervenute da 268 partecipanti (Fig. 2)! Il Comitato del “Lascito Cuneo” ha usanza di pub-blicare quelli che Renato Lagomarsino ama chiamare “Qua-derni”; ma più che un Opuscolo od un Catalogo delle pietre esposte (almeno nel caso dei suiseki degli Schenone) il Qua-derno è stato concepito come un vero e proprio manuale in-formativo sull’Arte del Suiseki, comprendente: il Significato, la Storia; l’Essenza del Suiseki; la Ricerca e la Preparazione; la Classificazione; l’Esposizione; un po’ di storia degli Unici di Liguria e dei coniugi Schenone; gli aspetti petrografici e geologici; la … “Lettura” dei suiseki. Scrive Lagomarsino: “Per noi occidentali è quasi im-possibile “leggere” i suiseki secondo i canoni filosofico-religiosi degli orientali. Ciò che guida la nostra “lettura” è l’aspetto es-tetico unito alla liberazione della nostra immaginazione. Pos-siamo apprezzare un suiseki per la sua forma armoniosa, per

le linee eleganti, slanciate, sinuose, per le emozioni che la sua bellezza suscita in noi, oppure (e anche) per le fantasie che sol-leva nella nostra mente quando cerchiamo di trovarvi una im-magine nota, quando tentiamo un accostamento con qualche cosa di già visto ma indefinibile. Salvo i casi, non frequenti, in cui la “lettura” è resa facile da una forma conosciuta, l’osservazione di un suiseki genera quasi sempre differenti e suggestive interpretazioni. E’ per questo che molti sono contrari a far conoscere il cosiddetto “nome poetico” assegnato alla pietra da chi l’ha trovata. O-gnuno infatti deve essere libero di farne la propria “lettura”, di mettere a prova la propria capacità di immaginazione. Luciana Queirolo, innamorata dei suiseki, ha voluto proporre, proprio per questo “Quaderno” dedicato alla col-lezione dei coniugi Schenone, quattro esempi di “lettura”. Una “lettura” molto personale, intessuta di poesia, certamente in parte anche fantasiosa ma tale, tuttavia, da far capire che cosa si può provare osservando un suiseki.Al di fuori di questi quattro esempi, le fotografie riprodotte nelle pagine che seguono sono rigorosamente mute, anonime, prive

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del loro “nome poetico”… in questo modo ognuno potrà sbrigliare la pro-pria immaginazione. Ed è questo il bello, il piacevole dei suiseki”.

La zavorra, il peso, ciò che la tiene ancorata al piano di appoggio (sim-bolicamente, la barca che solca il mare) otticamente, è il legno. La forma sinuosa e sottile rende una pietra più leggera di un “nodo” di legno! Palpabile è la levigatez-za della superficie: carezzata dall’acqua per migliaia di anni, ora pare materia malleabile, cedevole al primo soffio di vento.

La vela

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Abbraccio Pellegrino

Gengis Khan

Simbolicamente, fusione di due creature. Come solo una madre con suo figlio. E’ ancora l’età della gioia, della condivisione, del gioco. Per quel piccolo, la madre è ancora l’unico riferimento a cui guardare: per piangere o per gioire, per ricevere amore e sostegno.

Viandante, frate questuante... un uomo che ha molto camminato e che ha molta strada da fare. In pochi tratti, in quella inclinazione, stanchezza, passo pacato e ritmico, sguardo sulla via da percorrere e mente avvolta nella pace appagante di una meta sicura e di una ricompensa non terrena.

Pietra stupefacente in cui non leggo Aggressività o Ferocia, ma Fierezza, Determinazione, Volontà incrollabile, piena Coscienza delle proprie capacità e Fiducia in se stesso.

« ...Io non vengo dal barbaro Nord. Indosso le stesse vesti e mi sfamo dello stesso cibo dei pa-stori e dei mandriani. Facciamo gli stessi sacrifici e ci dividiamo le ricchezze. Guardo alla Nazione come ad un figlio appena nato e mi curo dei miei soldati come se fossero i miei fratelli... »

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Il giardino di>> Dal mondo del Bonsai & Suiseki

Bruno Beltrame

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Bruno BeltrameI

l giardino giapponese che abbiamo il piacere di presentarvi è un raro esempio di eleganza e armonia tra i vari elementi che lo compongono. Sito in Gorizia, vicino Trieste in Friuli Venezia Giulia, questo giardino è la cornice dell’abitazione del Sig. Bru-

no Beltrame. Bruno è il proprietario di questo meraviglioso spazio, ed è già conosciuto in campo bonsaistico per i numerosi riconosci-menti conseguiti dai suoi importanti esemplari bonsai che com-pongono la collezione e di cui approfondiremo meglio in seguito. L’ingresso principale del giardino è già di per se un’opera d’arte: gli ospiti sono accolti in un angolo in cui rocce di diverse di-mensioni e cespugli di azalee a palla di diversa grandezza abbrac-ciano il tronco del vero protagonista: un maestoso pino a cinque aghi dell’altezza di circa 4 metri, che protendendo il primo ramo sul sentiero d’ingresso, offre il suo benvenuto (Fig. 1). Di grande impatto estetico è anche il frangivento in bamboo posto dietro al grande Pino, presente anche in altre zone del giardino è stato pro-gettato e realizzato personalmente dal proprietario che spiega fungere anche da separè tra i vari ambienti (Fig. 2). Un aspetto importantissimo di questo giardino è rappre-sentato dall’acqua: in due distinte zone, infatti, sono presenti la classica fontanella in bamboo con tsukubai con annessa lanterna in pietra ed un fantastico laghetto.

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Ma le vere protagoniste di questo affascinante an-golo di natura sono le carpe Koi che al suo interno ci vivono: tredici esemplari di diverso colore e grandezza, tutte molto imponenti, ma allo stesso tempo calme ed estremamente so-cievoli, infatti, lasciano accarezzarsi senza dar segni di paura. Questi pesci così miti e pacifici, vengono scrupolosamente curati e vengono loro riservate cure quotidiane attente e specifiche (Fig. 6, 7). Il giardino fin qui descritto, potrebbe già bastare per gli appasionati di quest’arte, ma il tutto è la cor-nice alla collezione bonsai.

L’intera collezione è composta da esemplari bon-sai molto noti e vincitori di numerosissimi premi, firmati dai Maestri bonsaisti più rinomati sia italiani, europei, ma anche giapponesi. Tutti gli esemplari sono collocati su piedistalli in acciaio appositamente studiati e costruiti, di modo che potes-sero integrarsi stilisticamente senza mai mostrare invadenza nel contesto. Ogni angolo del giardino custodisce bonsai di grande pregio (Fig. 9, 10, 11, 12, 13, 14), ma per rimanere veramente a bocca aperta, basterà fermarsi dinnanzi alla punta di dia-mante della collezione: l’imponente Pinus Mugus il cui autore è stato Pius Notter. Collocato su un piedistallo, isolato dal resto della collezione, il pino in questione, lascia interdetti quanti lo osservano: le sue dimensioni, la sua struttura ed i suoi particolari lo rendono tra i bonsai più famosi della storia europea (Fig. 15, 16, 17, 18, 19).

Non è facile descrivere le emozioni e i pensieri che attraversano la mente dell’ospite che per la prima volta ha l’opportunità di osservare tutta l’intera collezione… sicura-mente la prima sensazione è di disorientamento: infatti si crede per qualche istante di trovarsi in Giappone, sia per il con-testo, ma soprattutto per il pregio degli esemplari custoditi.

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La collezione così composta, si pone sicuramente al vertice delle più importanti d’Europa, dando lustro anche al panorama bonsaistico italiano. Ogni angolo, ogni aspetto del giar-dino che abbiamo avuto il piacere e l’onore di descrivere e presentarvi denota il buon gusto del suo proprietario, che ringraziamo per aver messo a disposizione la visione di una realtà bonsaistica speciale ed esclusiva.

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XII Congresso A.I.A.S.11-13 Settembre 2009

Centro Esposizioni ‘Conza’ , Lugano (Svizzera)di Luciana Queirolo

Come soci fondatori della Associazione Italiana Amatori Suiseki, decidemmo che la Mostra-Congresso Annuale sarebbe stata “itinerante”: ospitata da club, istituzioni o strutture che

ne facessero richiesta, in grado di sobbarcarsi l’onere dell’organizzazione logistica e presentati e garantiti dai soci. La nostra sede sociale di Castelfranco sarebbe stata la risorsa risolutiva, qualora non vi fossero candidature quanto meno attendibili. Per questo dodicesimo Congresso, inseguen-do due nostri soci ticinesi, ci siamo spinti “Oltralpe”, in Svizzera, splendidamente ospitati dal Bonsai Club Ticino, Amedeo ed Enzo non sono neppure i nostri soci più lon-tani avendo, tra gli iscritti, anche quattro amici spagnoli.

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L’intento di questo nostro vagare ha il du-plice scopo di far conoscere ed apprezzare l’Arte dell’Osservazione delle pietre al maggior numero pos-sibile di visitatori e l’essere di supporto al socio che si sentisse svantaggiato a causa della distanza che lo separa da nuclei più nutriti di appassionati del suiseki. La distanza ha spaventato i soci più… panto-folai, riducendo anche il numero delle pietre in mostra che, comunque sono state più che sufficienti a riempire i tavoli assegnatici: 54 le pietre; alcune consegnate per conto di soci assenti; 17 i soci presenti all’Assemblea Generale, più un paio presenti la domenica. Per il 2010, abbiamo tre candidature: stiamo esaminando ogni possibilità… e chissà che, tra i due litiganti, non sia l’ultima proposta arrivata a goderne! Il Trofeo AIAS 2009 è andato ad una mia pietra medio-piccola, che era stata giudicata come prima classificata nella Categoria delle “Pietre Paesaggio”. A tal proposito, l’assemblea dei soci ha deciso che, dal prossimo anno, l’assegnazione dei premi su-birà una modifica: per prima cosa, verrà selezio-nata la pietra ritenuta migliore, vincitrice del Tro-feo; questa verrà così ritirata dalla competizione per l’assegnazione degli altri premi di Categoria.

Quest’anno, l’Ospite d’Onore e Giudice Unico, sig. Martin Pauli, dalla Svizzera, ci ha donato giornate di insegnamenti costruttivi sul suiseki e sulla tradi-zione culturale giapponese, fugando parecchi dubbi o incertezze. I patrocini di UBI ed IBS, hanno contribuito ad incrementare il numero dei premi, già di per sé nu-trito ( primo, secondo e terzo per ogni categoria in concorso, per un totale di 5 Categorie).

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1 - Centro esposizioni ‘Conza’, Lugano (Svizzera)

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3 - Pietra paesaggio “Struggente nostalgia” - Luciana Queirolo

4 - Pietra paesaggio “Monte Fuji” - Ettore Gardini

5 - Espositori multipli “Il guardiano del parco” - Carlo Laghi

6- Pietra paesaggio “La nuvola di pioggia bagna le mie vette” - Claudio Villa

7 - Espositori multipli “Notturno” - Cesare Fumagalli

8 - Pietra oggetto “Vecchia capanna” - Lorenzo Sonzini

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9 - Pietra oggetto “Da Roma a Compostela” - Mario Ferrari

10 - Biseki “Dune” - Primangelo Pondini

11 - Pietra oggetto “I draghi” - Giuseppe De Vita

12 - Biseki “Dietro il velo” - Giuseppe De Vita

13 - Espositori multipli - Angelo Attinà

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14 - Biseki “Notte stellata” - Elvira Manuti

15 - Pietre da ammirare “Verso il cielo” - Enzo Ferrari

16 - Pietre da ammirare “Drago nero” - Vito Di Venere

17 - Pietre da ammirare “Vecchio albero cavo” - Luciana Queirolo

18 - Pietre da ammirare - Gianni Bonato

16 - Pietra oggetto “Figura umana” - Andrea Schenone

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Trofeo A.I.A.S. 20091° classificato categoria “Pietre paesaggio” “Struggente Nostalgia” di Luciana Queirolo

Categoria “Pietre Paesaggio”1° Classificato: “Struggente nostalgia”(“Yearning nostalgia”) di Luciana Queirolo2° classificato: “Monte Fuji” (“Mt.Fuji”) di Ettore Gardini3° classificato: “La nuvola di pioggia bagna le mie vette” (“Rainy cloud wets my sum-mits”) di Claudio Villa

Categoria “Espositori Multipli”1° Classificato: “Senza nome” di Angelo Attinà2° classificato: “Il guardiano del parco” (“The park’s guard”) di Carlo Laghi3° classificato: “Notturno” (“Nocturn”) di Cesare Fumagalli

Categoria “Pietre Oggetto”1° Classificato: “Vecchia Capanna” (“Old hut”) di Lorenzo Sonzini2° classificato: “I Draghi” (“Dragons”) di Giuseppe De Vita3° classificato: “Da Roma a Compostela” (“From Rome to Compostela”) di Mario Fer-rari

Categoria “Biseki”1° Classificato: “Dietro il velo” (“Behind the veil”) di Giuseppe De Vita2° classificato: “Notte stellata” (“Starry night”) di Elvira Manuti3° classificato: “Dune” (“Dunes”) di Primangelo Pondini

Categoria “Pietre da Ammirare”1° Classificato: “Vecchio albero cavo” (“old hollow tree”) di Luciana Queirolo2° classificato: “Verso il cielo” (“Towards the sky”) di Enzo Ferrari3° classificato: “Drago nero” (“Black Dragon”) di Vito Di Venere

Premio “Targa IBS” Per l’assegnazione della targa IBS, Giudici Angelo Attinà ed Ezio Piovanelli, è stata scelta la “pietra da ammirare” di Gianni Bonato “Senza nome”Per chi non ne fosse a conoscenza, vorrei ricordare che dall’assegnazione del premio IBS, di norma, vengono esclusi i suiseki degli Istruttori IBS.

Premio “Targa UBI” Giudice: Marino Nikpal, alla “Pietra oggetto”, “Figura umana” (“Human shaped stone”) di Andrea Schenone.

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IX So-Saku Bonsai AwardXIV Congresso IBS

di Dario Rubertelli e Carlo Scafuri

Sono le 16, siamo in viaggio da 10 ore. Napoli è distante anni luce da Torino, per la preci-sione dalla Fujisato Company presso Grange di Nole. Siamo stanchissimi ma appena vediamo

l’entrata della Fujisato nuove energie ci pervadono, per fortuna… c’è ancora tanto da fare prima di poter riposare. L’azienda è bellissima, ci accoglie con un’entrata ordinata e con alcuni elementi tipici del giardino giap-ponese che aiutano ad immergersi immediatamente nell’atmosfera dell’evento. Ci sono grossi spazi per cari-care e scaricare e poi per parcheggiare, tutto in mezzo al verde ancora lussureggiante di campi e colline! Il tempo di salutare i presenti e cominciamo a scaricare la pianta di Carlo (Scafuri). L’organizzazione è efficiente, espletate le formalità burocratiche sistemia-mo la pianta nello spazio assegnato… anche la shitakusa trova il suo posto nell’esposizione, tutto deve essere al meglio!

Solo allora cominciamo a guardarci intorno. Gli spazi espositivi sono stati divisi su due livelli. I bonsai de-gli istruttori sono al piano terra, quelle degli altri al primo piano. Fuori c’è un bellissimo giardino che ci aspetta ric-chissimo di materiali interessanti. Non sappiamo da dove partire, ogni tre passi è una festa! Incontriamo tantissime persone, moltissimi sono gli amici del Napoli Bonsai Club FORUM e che final-mente abbiamo il piacere di conoscere dal vivo. Siamo felicissimi, la stanchezza è solo un ricor-do… e siamo solo al venerdì. Ci congediamo nostro mal-grado ed andiamo a riposare, l’indomani apre la IX SO-SAKU BONSAI AWARD! A prima mattina siamo lì. Ci sono ancora moltis-sime persone che scaricano le piante e si affannano a por-tarle nei loro spazi, diamo una mano anche noi, si aiutano tutti! E’ una vera sorpresa percepire chiaramente la feli-cità e la spensieratezza di tutte le persone presenti. Non sembra nemmeno una competizione. Facciamo un giro tra gli esemplari esposti. E’ impressionante il livello della mostra. Stili diversi, mani diverse ma tutte hanno prodotto bonsai che stordiscono la vista. Alcune, come sempre, si distinguono, e si can-didano prepotentemente alla vittoria di uno degli ambiti

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di Dario Rubertelli e Carlo Scafuri

premi in palio. Però tutte trasmettono a chi le osserva, qualcosa che resta dentro. Mi accorgo di parlare a bas-sissima voce come quando siamo al cospetto di qualcosa che merita rispetto. Carlo ed io siamo esterrefatti! Per-sonalmente sono disorientato. All’altissima qualità delle piante, testimonianza di professionalità e competenza, si contrappone un clima spensierato e goliardico da parte delle persone che sembrano partecipare ad una festa! Cominciano anche le demo che vedono impe-gnati istruttori provenienti da diverse scuole. Alcune sono di livello altissimo, le piante prodotte avranno un futuro importante, ne siamo certi. Due istruttori in particolare, Marco Tarozzo e Federico Springolo, mentre lavorano, ri-spondono volentieri alle molte domande del pubblico e si prestano alle foto di rito. Sono presenti moltissimi ragazzi e ragazze, ap-passionati, curiosi o semplici accompagnatori, ma tutti sembrano davvero interessati a quello che vedono. Ve-dere un professionista che lavora una pianta d’altronde non è una cosa, a nostro avviso, che lascia indifferenti. Carlo poi ha la possibilità di conoscere il piccolo Axel, un undicenne tutto pepe dalla preparazione stra-ordinaria che farà sicuramente sentir parlare di se e che impareremo a conoscere meglio nei prossimi numeri del Magazine! Il pomeriggio poi è un condensato di emozioni. Tre ragazzi preparatissimi, Gianfranco Rossi, Alfredo Sa-laccione e Francesco Santini stanno per affrontare l’esame che , superato, li porterà ad assumere la qualifica di istruttori IBS. E’ il momento della prova pratica, hanno dei materiali da lavorare molto belli. Contemporaneamente, nella stessa sala, deve tenersi la “Borsa di studio”. La formula è semplice. Agli iscritti viene asse-gnato, previo sorteggio, un istruttore che farà da Tu-tor durante la lavorazione di una pianta. Al termine della prova verrà scelta la pianta più meritevole e premiata con una cifra da spendere come percorso di formazione

SuiSeki - Percol

Pino mugo - Bruno Beltrame

SuiSeki - Geppino Mauriello

Da SiniStra: Franco Barbagallo, Fabrizio Petruzzello, Rocco Cic-ciarello, Stefano Frisoni

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presso l’istruttore che ha seguito il vincitore. Per una serie di fraintendimenti viene a man-care un partecipante. Io sono nella sala (come suole dirsi al posto giusto nel momento giusto) ed un istruttore mi chiede se voglio partecipare. Sono combattuto. Pochi minuti prima avevo detto a Carlo che il vedere tutte quelle meraviglie aveva fatto crescere in me una voglia impellente di lavorare una pianta… ed ecco a portata di mano questa possibilità. Non ho arnesi, lo dico e prontamente Roberto Raspanti mi offre i suoi; sono stordito, mi offrono di con-correre alla “borsa di studio” ed un istruttore mi offre i suoi attrezzi… mi sono chiesto se fosse tutto vero. Le sor-prese non erano finite. Mancava ancora la cosa più impor-tante: la pianta da lavorare. Pochi minuti dopo la Fujisato Company, nella persona squisita di Massimo Bandera, mi offre una pianta a scelta da lavorare che, naturalmente, finita la giornata, ritornerà ai legittimi proprietari. Non ci sono parole per descrivere queste sen-sazioni, Carlo mi guarda come se da un momento all’altro potessi cominciare a camminare sulle acque. Precedentemente vengo assegnato a Stefano Frisoni come Tutor il quale mi consiglia anche sul materia-le da scegliere. Frisoni è una delle persone che stimo di più per come fa bonsai… l’ho conosciuto poche fa e ades-so è il mio tutor! Con molta pazienza mi da le prime dritte ed il lavoro comincia. Le 4 ore più veloci della mia vita. Il lavoro prosegue frenetico, pulisci li, fila quel ramo, at-tento, il tirante ancoralo li. Stefano è un vulcano, io molto

ginePro Pfitzeriana - Marco Tarozzo SuiSeki - Paolo Buonaiuto iShizuki - Giovanni Genotti

Claudio Percol e Michele Andolfo Progetto a cura del sig. Tacconi Dario Rubertelli

meno ma mi impegno al meglio. Finisco il mio lavoro giusto in tempo… le gambe sono di pietra. Ma quanto sono felice! Mi giro intorno e vedo i lavori dei tre esaminati IBS: spettacolari! Resto a contemplare quelle piante, quando incrocio i volti di altre persone capisco di non es-sere il solo ad esser stato rapito da quei lavori. Peccato solo aver perso la conferenza di Chiara Padrini sui suiseki, ed il video di Carlo Cippolini. Ormai è ora di cena, un cambio veloce e siamo al ristorante dove una sala accoglie i numerosissimi parte-cipanti. Seduti vicino a me ci sono Carlo, Sergio Guerra, Sergio Biagi, e subito dopo Bruno Beltrame, ancora non lo sa ma sarà una serata speciale per lui. Sandro Segneri, come un ospite premuroso, gira attorno i tavoli e scambia una battuta con tutti, tra poco è il momento delle premiazioni! Sandro prende la parola, si alternano a suo fianco esponenti di spicco dell’IBS, del BCI, dell’UBI e dell’AIAS nonché gli organizzatori delle Fu-jisato Company che ringraziano i presenti ed auspicano un periodo di proficua collaborazione in nome dei bonsai e dei suiseki. Ci sono nuove idee da mettere in pratica, e tutti sembrano essere d’accordo. Si passa alle premiazioni vere e proprie, moltissimi sorrisi, facce emozionate, qual-cuno è deluso, magari sperava in qualcosa di più! Il Premio per autori viene assegnato a Bruno Bel-trame, il suo splendido pino mugo ha colpito tutti. Menzioni di merito a Stefano Frisoni, a Rocco

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>> Mostre ed eventi

Cicciarello, e a Luca Bragazzi. I riconsciomenti BCI sono per il bonsai a Rocco Cicciarello, per il suiseki a Geppino Mauriello. La Targa Presidente UBI viene assegnata per il bonsai a Francesco Santini. 1° Trofeo FUJISATO Com-pany viene assegnato per il bonsai a Luca Bragazzi, per il suiseki a Claudio Percol. La Borsa di studio viene assegnata al sig. Tacconi che è stato seguito durante la sua lavorazione da Luca Bragazzi. Arriva il nostro momento. Viene assegnata a Gio-vanni Genotti la prima targa Bonsai&Suiseki Magazine, fortemente voluta dallo staff direttivo della rivista. Vengono presentati i tre neo istruttori IBS che ricevono l’applauso caloroso di tutti i presenti. La cena prosegue fino a tarda ora tra commenti e risate. Carlo ha esordito con una pianta splendida in mezzo a piante di altissimo livello ed ha ricevuto i com-plimenti di moltissimi addetti ai lavori… c’è di che essere davvero soddisfatti! La domenica è un altro concentrato di emozioni! Assistiamo alle due conferenze fissate per la mattinata. La prima è tenuta da Massimo Bandera ed è incentrata

mirto - Rocco Cicciarello

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sull’estetica giapponese. La seconda invece è tenuta da Luca Bragazzi e si focalizza sui concimi fogliari, conferenza che ci chiarisce non pochi dubbi sull’utilizzo di questi prodotti. Non abbiamo nemmeno il tempo per un panino, è ora di recarsi come pellegrini presso uno dei più bei posti da visitare per un bonsaista… il giardino del Professor Genotti. Siamo a Carignano, la giornata è uggiosa ma non piove, l’impatto è d’effetto. Il giardino è strapieno di essenze di tutti i tipi, personalmente vengo colpito dai boschi di picee. Carlo si aggira con aria sognante tra i bancali ma non è l’unico. Marco Tarozzo, Francesco Santini, Federico Springolo, Patrizia Di Giulio e gli altri sono visibilmente colpiti dalla bellezza e dal significato intrinseco che ognuna di quelle piante porta con se. Tantissime foto fatte ma mai abbastanza in un luogo del genere; ce ne andiamo con qualcosa in più dentro, tutti visibilmente appagati.

Federico Springolo, Marco Tarozzo, Luca Bragazzi Gruppo in visita al giardino del M° Giovanni Genotti

Foto di gruppo nell’ingresso del giardino del M° Giovanni Genotti

44IX So-Saku Bonsai Award -- XIV Congresso I.B.S.- Dario rubertelli, Carlo Scafuri -

>> Mostre ed eventi

Pino SilveStre - Roberto Raspanti

Quando torniamo abbiamo il tempo di partecipare alla conferenza sull’estetica di Michele Andolfo e per ammirare il frutto delle altre demo prodotte in nostra assenza… sono splendide. Passiamo le restanti ore chiacchierando tra le piante della Fujisato, scambiandoci sensazioni ed emozioni per quello che abbiamo vissuto in queste due magnifiche giornate. Sono le 18 e la manifestazione è ufficialmente chiusa. Sono tutti indaffarati a sistemare al meglio le piante e le attrez-zature nelle auto, la stanchezza è tanta, la voglia di tornare a casa si sente, due giorni così intensi si fanno sentire. Carlo ed io però partiremo solo l’indomani per cui, sistemate le nostre cose, ci rilassiamo chiacchierando con gli ultimi presenti. E’ il momento giusto per scambiare idee con Sandro Segneri, Massimo Bandera, Bruno Beltrame e Luca Bragazzi… tra i protagonisti assoluti di questa mani-festazione. E’ buio ormai, salutiamo ma non vogliamo ancora salire in macchi-na… fosse per noi rimarremmo li per sempre… al terzo saluto costringo Carlo a montare alla guida… noi c’eravamo e difficil-mente dimenticheremo quei due giorni.

olivo - Carlo Scafuri Pino SilveStre - Oliver Barreau

SuiSeki - Angelo Attinà

SuiSeki - Fujisato company

45IX So-Saku Bonsai Award -- XIV Congresso I.B.S.- Dario rubertelli, Carlo Scafuri -

Dalle p

agine

di

Nobuyuki Kajiwara, docente dell’Università delBonsai di Parabiago (Mi), presenta la creazione diun piccolo bosco su lastra di ceramica

Il concetto di arte bonsai del maestro Kajiwara parte da unprofondo rispetto per la natura e in particolare per il fascino eil miracolo della vita vegetale, senza la quale nulla potrebbeesistere sul nostro pianeta. La tecnica è per lui uno strumentoper raggiungere il miglioramento della salute e delle qualitàestetiche della pianta, senza tuttavia entrare mai in conflittocon le esigenze del suo ciclo vitale.La formazione del maestro Kajiwara è frutto dell’apprendi-stato presso il rinomato vivaio di Terukichi Kato, ma soprat-tutto di una grande esperienza maturata in Europa, che gli haconsentito di sperimentare tecniche più adatte alle condizioniclimatiche caratteristiche di paesi diversi.Il maestro Kajiwara propone in queste pagine la realizzazionedi un piccolo gruppo di alberi (Ginepri e Cotoneaster) imma-ginato in cima ad un’altura, con l’utilizzo di materiale giovane.La composizione a bosco rappresenta uno degli stili più facil-mente accessibili per l’osservatore anche neofita, in quantoimmediatamente associabile ad uno scenario naturale presen-te nei propri ricordi o vicino al proprio ambiente di vita. Per ac-centuare ulteriormente la naturalezza della composizione, ilmaestro decide di utilizzare, al posto del classico vaso, una la-stra in ceramica, che è più facile da reperire e più economicanel prezzo rispetto alla lastra in pietra, ma offre gli stessi van-taggi estetici e di coltivazione: buon drenaggio e crescita ra-mificata delle radici, che quando raggiungono il limite della

terra, non potendo svilupparsi nell’aria, ricrescono dall’inter-no come se fossero state potate.

Come realizzare la composizioneDopo aver preparato la lastra con le retine sui fori di drenaggioe i fili di fissaggio per le piante, occorre innanzitutto creare unargine che possa efficacemente trattenere la terra di coltiva-zione adatta alla crescita delle radici. Si tratta di un impasto diketo (70%) e akadama di granulometria media (30%, per fa-vorire il drenaggio), lavorato con acqua per aumentare la con-sistenza viscosa. Con questo argine la lastra di ceramica ha lecaratteristiche di un vaso, ma la facilità di coltivazione della la-stra. Per la preparazione degli alberi si opera la potatura dellachioma e delle radici, avendo cura di sistemare anche le radicisuperficiali per ottenere un nebari naturale nel tempo. Su di unprimo strato di terra di coltivazione vengono disposti i ceppi diradici dei Ginepri e del Cotognastro, quindi gli alberi vengonoaccuratamente fissati. Il fissaggio degli alberi è sempre un pun-to cruciale della realizzazione, poiché solo in questo modo lenuove radici potranno consolidarsi nella nuova situazione dicrescita, consentendo agli alberi un sano e rapido recupero.La collocazione delle piante, e in particolare la posizione delCotoneaster e della roccia, favorisce l’effetto prospettico, al-largando l’immagine del paesaggio evocato dalla composizio-ne. La terra di coltivazione che avvolge i ceppi radicali viene poicoperta da uno strato dello stesso composto usato per l’argine,che consentirà alla terra di non essere dilavata dall’acqua delleannaffiature. La finale rifinitura della superficie dà l’effetto delsuolo coperto di muschio, con le sue ondulazioni naturali.

diNobuyuki Kajiwara

Un facile boschetto su lastra

Scienza bonsai

1. Le piante che verrannoutilizzate nellacomposizione: dueJuniperus chinensis, altezza18 e 26 cm e unCotoneaster horizontalis,altezza 13 cm. 2. La lastra in grès

e la roccia.

Il materiale utilizzatoper creare la

composizione sulastra di ceramica

• Lastra in grés, dimensioni 43 x 28 cm(75,00�).• Retine per fori di drenaggio (5,00� aconfezione), filo per fissaggio Ø 2mm(5,60� a confezione).• Terra keto, terra fibrosa di consistenzaviscosa, adatta per le composizioni suroccia (6,30� al sacchetto).• Terra akadama (3,00� al sacchetto).• Pomice, che stimola la formazione dicapillari (3,00� al sacchetto).• Una roccia, che accentua lanaturalezza del paesaggio (15,00� ca.).• Due Juniperus chinensis (45,00�)e un Cotoneaster horizontalis(45,00�).• Muschio a fibra corta, raccoltoin natura.

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Un facileboschetto su lastra

di Nobuyuki Kajiwara

Dalle pagine di Bonsai&News <<

49Un facile boschetto su lastra- Nobuyuki Kajiwara -

3. Preparazione del composto per laformazione dell’argine e della coperturadella composizione: prima si mescolanoketo e akadama; poi si impasta con acquaper dare la consistenza viscosa; infine silavora l’impasto in palle pronte all’uso.

10. Si tolgono le radici legnose, anchedalla zona inferiore, che non hannofunzionalità in termini di assorbimento. Infinesi spuntano tutte le radici rimaste esposteall’aria, fino alla zona lasciata intatta: questofavorisce la ramificazione laterale deicapillari, aumentando in manieraesponenziale la capacità di assorbimento.

9. Il trapianto del primo Ginepro: la terra ècompatta, le radici girano lunghe intorno alceppo, sono visibili parecchie radicilegnose. Si districano le radici della zonalaterale, lasciando intatto il cuore più internodel ceppo, che garantirà la continuità difunzionamento delle radici; si accorciano leradici lunghe.

8. I tre alberi dopo la potatura. Anche ilCotoneaster, a destra, è stato alleggeritodei rametti secchi e sfoltito in modo dafavorire il passaggio di luce alle zoneinterne e la formazione di una struttura benproporzionata.

Le fasi della realizzazione

5. All’interno dell’argine si dispone unostrato di terra di coltivazione (akadama70%, pomice 30%, in granulometriamedia).

4. Si prepara la lastra con le retine sui foridi drenaggio e fili sufficienti per il fissaggiodelle tre piante. Quindi con il composto abase di keto si forma l’argine, che deveseguire in modo naturale le curve e laforma della lastra, senza apparire artificiale.

7. Importante è anche impostare la strutturadell’albero nel suo insieme (tronco e ramiprincipali) e di ogni singolo ramo,individuando una linea principale conramificazioni secondarie e terziarie conadeguate proporzioni e conicità. Se con lapotatura si ottiene l’aspetto di un albero innatura non serve avvolgere.

6. Si procede alla potatura dei Ginepri,eliminando le vegetazioni secche, i ramettiche pendono verso il basso e le crescite chefuoriescono dai ciuffetti di vegetazione. Gliobiettivi sono sfoltire la chioma in modo chela luce possa penetrare fino alle zone piùinterne ed equilibrare il volume divegetazione.

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>> Dalle pagine di Bonsai&News

50Un facile boschetto su lastra- Nobuyuki Kajiwara -

16. La composizione ultimata, altezza 32 cm.Dopo il primo intervento di potatura dei gettiforti degli Juniperus chinensis e delCotoneaster (le crescite lunghe chesporgono dai ciuffetti di vegetazione) e laprima concimazione.

12. Anche il secondo Ginepro viene fissatonella posizione prevista. È importante chead ogni ceppo di radici sia lasciato unospazio adeguato per lo sviluppo radicale,evitando che le radici di piante diversecrescano in competizione.

13. La roccia viene posizionata nella partedestra della composizione e dietro aquest’ultima il Cotoneaster. La suaposizione viene studiata in combinazionecon la roccia, in modo da accentuare laprospettiva nel paesaggio evocato.

11. Il primo Ginepro viene fissato con il filonella posizione prevista. Il fissaggio è piùsaldo se si usano due coppie di fili, unanella parte anteriore e una nella parteposteriore del ceppo.

15.Dopo aver inumidito la terra sidistende un composto di keto edakadama, creando delicateondulazioni. Quindi l’interasuperficie viene coperta conmuschio naturale, interrando ibordi in modo che non si stacchiquando si asciuga.La combinazione di muschidiversi, in pezzi più piccoli e più

grandi, crea effetti diluce ed ombra

sulla superficiee rendel’effettod’insiemepiùnaturale.

14. Si completa quindi il riempimento conla terra di coltivazione, avendo cura di nonlasciare sacche d’aria e, infine, si spazzolavia l’eccesso di terra.

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51Un facile boschetto su lastra- Nobuyuki Kajiwara -

Masahiko Kimurail grande tecnico del bonsai contemporaneo

Libro che non può mancare nella biblioteca di ogni bonsaista, pub-blicato dai Crespi, questa edizione, oltre ai capolavori oggetto della parte II della triade che riguarda l’oyakata, propone alcune lavorazioni tratte dall’edizione giapponese della famosa parte I, oramai introva-

bile, pubblicata nell’autunno del 1982 con il titolo Essenza del bonsai contem-poraneo parte I. In quell’occasione Kimura, noto come il mago della chirurgia del bon-sai, fece il suo debutto e da allora nacque un grande mito del mondo bonsai in Giappone. Usando tecniche allora strabilianti che meravigliarono un po’ tutti, il Maestro crea capolavori attraverso trasformazioni impensabili per un comune mortale. Le tecniche proposte nella prima parte sono state sviluppate, comple-tate e definite e hanno perfino introdotto nuovi concetti di disegno. Questo prezioso volume che presentiamo a coloro i quali ancora non lo conoscono, illustra la tecnica e il disegno volti alla realizzazione di un nuovo concetto di bonsai, che sicuramente verrà giudicato rivoluzionario e che ha portato una ventata di aria nuova in questa nostra affascinante arte. Le sequenze fotogra-fiche rendono più interessante ed intrigante la lavorazione e la sorprendente trasformazione di semplici yamadori o piante già impostate in straordinari ca-polavori. Sì, perché a questo estremo livello, si parla solamente di opere d’arte nell’accezione più ampia della parola.Nel libro il Maestro, tra l’altro, dice “Nei miei libri ho cercato di presentare sia materiali e trasformazioni molto difficili che molto semplici, dimostrando che l’innovazione non si scontra con la tradizione. Ma è da oggi che il bonsai cessa di essere un’arte statica e possiamo iniziare a creare bonsai per il XXI secolo, ag-giungendo nuovi esemplari, degni di apparire, assieme alle opere classiche, in es-posizioni e cataloghi. Se la concorrenza incita alla crescita, dobbiamo lottare per aumentare il livello creativo e artistico del bonsai”.

Masahiko KimuraIl grande tecnico del bonsai contemporaneo

Masahiko KimuraEdizioni SNEV€ 30,00 - 175 p.

recensione a cura di Antonio Ricchiari

52Masahiko Kimura -il grande tecnico del bonsai contemporaneo-- Antonio Ricchiari -

Grazie alla collaborazione tra Bonsai&Suiseki magazine e Bonsai&News, il volume su Kimura può essere ordinato direttamente inviando una mail a: [email protected]

oppure tramite fax allo 0331 559410, al prezzo speciale di € 20,00 anzichè € 30,00 che l’Editore Crespi riserva ai nostri lettori

>> In libreria

Quando i riconoscimenti

sono d’obbligo

Targa di riconoscimentoal Maestro

Giovanni Genottiper aver contribuito in maniera determinante

alla diffusione del Bonsai in Italiae per il suo eccezionale livello di preparazione teorico-pratico

che lo qualificano fra i più prestigiosi professionisti

Senza alcun dubbio l’Italia è la nazione più prodi-ga di targhe commemorative, coppe, ricono-scimenti vari, benemerenze e quant’altro ma, tant’è, lo si fa troppo spesso fuori tempo, privan-

do i destinatari così del piacere di gustarsi il giusto com-penso alle proprie fatiche. Oppure non lo si fa, ignorando i benemeriti, per invidia, per quelle ragioni che vengono definite di “op-portunità”, per mancanza di rapporti clientelari etc. O an-cora, spesso è come se ci fosse una specie di falso pudore nel riconoscere pubblicamente i meriti e le fatiche di chi ha dedicato tutta una vita ad una attività. Considerato che il nostro lavoro e la nostra pas-sione sono circoscritti al mondo del bonsai e del suiseki, considerato il fatto che vi sono uomini e donne che hanno titoli e meriti che vanno senz’altro riconosciuti, abbiamo pensato che finalmente è arrivato il momento, dopo quarant’anni di bonsaismo italiano, di cominciare a pen-sare ad ufficializzare questi riconoscimenti. Attenzione però, non sono commemorazioni, sono riconoscimenti a persone che ci hanno dato tutto e che continuano in questo senso.

Non vogliamo avere il primato dell’iniziativa e non vogliamo polemizzare con associazioni ed organiz-zazioni che a vario titolo non se ne sono fatti carico. Tutto lo staff del magazine che dirigo ha pensato di istituire questa targa che, anno dopo anno, selezionerà a proprio giudizio un personaggio che ha operato non importa da quanto tempo, nel bonsai e nel suiseki, contribuendo a dare lustro ed onore in Italia a queste due discipline. Cre-do che essendo il magazine al di fuori di ogni interesse e logica abbia i titoli per potere effettuare una scelta obiet-tiva e disinteressata. Abbiamo scelto quest’anno la manifestazione che ha visto il XVI Congresso Nazionale dell’IBS e con-temporaneamente la So-Saku Bonsai Award, ospiti della Fujisato Co. a Nole in provincia di Torino. Il riconoscimen-to è stato fatto durante la cena di gala che ha fatto da cornice ad altre premiazioni e personalmente è stato un onore assegnare la targa a Giovanni Genotti, di cui non vogliamo fare in questa sede nessun commento che suo-ni come apologia, perché sono abbastanza note attività e meriti di questo idealista che con estrema professionalità e correttezza lavora e dà lustro al nostro bonsai.

di Antonio Ricchiari

Bonsai ’Cult’ <<

53Quando i riconoscimenti sono d’obbligo- Antonio Ricchiari -

Sono, per fortuna, noti e numerose le persone che hanno altrettanti meriti accumulati negli anni attraverso passione, professionalità e correttez-za, lavorando quasi sempre in sordina perché i clamori e le luci delle passe-relle e dei palcoscenici spesso sono fuochi fatui e servono ad alimentare una visibilità che serve unicamente agli interessi ed agli scopi dei singoli. Noi del magazine vogliamo continuare con determinazione su questa strada, dando appuntamento ai lettori sin da ora al 2010 quando, in occasione di altra mani-festazione, avremo un’altra targa da dare. Tutto ciò ha anche una sua logica e ha la certezza che in futuro il bonsai non sia soggetto a padroni di tipo feudale che pagano cifre esorbitanti per l’unicità e la suggestione del feticcio: lo spirito dell’artista bonsaista come traccia che si manifesta nella ferratura o al limite della sua firma. Se l’IBS vorrà associarsi a questa nostra iniziativa noi saremo gratificati dal fatto che questo organo rappresentativo dia univoco riconoscimento e appoggi questa nostra iniziativa.Il rispetto per la personalità, l’umanità e la professionalità di coloro i quali hanno contribuito e contribuiscono a fare grande nello scenario internazio-nale il bonsai ed il suiseki di casa nostra ha così il giusto riconoscimento. Noi lavoriamo anche a futura memoria, ammesso che la memoria abbia un futuro!

>> Bonsai ’cult’

54Quando i riconoscimenti sono d’obbligo- Antonio Ricchiari -

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Come consuetudine, il 31 Ottobre e 1 Novembre in quel di Cerreto Guidi (FI), nella nota sede ac-cademica del Borgo dei Lunardi si terra la rimpatriata di fine anno delle famiglie, studenti e fans della Bonsai Creativo School.

Musica... bistecche e bonsai, e naturalmente tanta tanta allegria!

Ci adopereremo ad intrattenervi con iniziative didattiche di particolare interesse proponendovi demo,conferenze e work shop gratuiti.

Sarà una vera festa del bonsai, degli amici e della famiglia.

Per accogliervi vi proponiamo il pacchetto proposto dall’agriturismo Borgo dei Lunardi, situato tra le colline toscane ed inserito in un percorso turistico unico.

L’inizio delle attività é previsto per il Sabato mattina e termineranno la Domenica pomeriggio.

Per chi fosse interessato vi invitiamo a segnalarci la vostra presenza entro il 20 Ottobre all’indirizzo e-mail: [email protected]

Bonsai Creativo and

friends

Una lavorazionealla Med Bonsai

Il primo step su un ginepro ad aghidi Cosimo Fragomena

Questo mio primo articolo su Bonsai&Suiseki magazine, riguarda la lavorazione fatta su un Juniperus rigida di un nuovo allievo della scuola. Il proprietario della pianta, desi-

deroso di iniziare a vedere la sua pianta trasformarsi, già alla seconda lezione proponeva una prima lavora-zione su questo ginepro ad aghi di provenienza cinese, acquistato qualche mese prima in un famoso vivaio laziale. Il periodo di acclimatamento non mise in luce alcun problema, e il ginepro all’arrivo in laboratorio si mostrava in tutto il suo splendore. La vegetazione vi-gorosa e sana fugava ogni dubbio sulla opportunità di lavorare la pianta. Devo dire che il periodo era assolutamente propizio e il soggetto meritava tutta questa attenzione. Alto circa un metro, largo 80 cm e con un gran secco naturale, era proprio l’ideale per una giornata di lavoro da ricordare. Arrivata nel mio studio, essendo l’inizio di mag-gio, la pianta era in piena fase vegetativa tanto che la nuova vegetazione si era già allungata per oltre 10 cm. Un particolare importante e da mettere bene in eviden-za era rappresentato dal secco naturale e dai jin presenti che imprimevano un carattere già ben definito a tutta la pianta.

>> La mia esperienza

Una lavorazione alla Med Bonsai - Il primo step su un ginepro ad aghi- Cosimo Fragomena -56

Le attività iniziano la mattina presto, attorno alle nove, con la pulizia del tronco e del nebari per poter, suc-cessivamente, definire il fronte migliore (Fig. 2). Terminata la fase di pulizia, si inizia a studiare il ginepro, decidendo come prima cosa quale sarà il fronte definitivo. Fatto ciò (Fig. 3), si procede con la fase di stu-dio che porta alle seguenti considerazioni: il movimento e la struttura della pianta suggeriscono di realizzare un moyogi leggermente inclinato. In proporzione alla di-mensione del tronco l’altezza è eccessiva, per cui uno dei passi riguarderà la riduzione della stessa; scelta la vege-tazione necessaria al disegno si stabilisce il rapporto tra le masse vegetative rimanenti; lo shari già presente sug-gerisce la sua continuazione nella parte apicale, così, an-che per dare un tocco di drammaticità al disegno finale, si opta per la realizzazione di un ten jin. Finite la fase preliminare di studio, si passava alla realizzazione vera e propria. Ci tengo a sottolineare che la lavorazione descritta è riferita al solo primo step. Non era proprio il caso di stressare la pianta con lavora-zioni eccessivamente invadenti data anche la tendenza di questa essenza ad abbandonare con molta facilità i rami sottoposti a stress. Si diceva che una delle considerazioni ha riguardato l’altezza complessiva della pianta finita, in base a tutto quanto già detto, si è deciso di portare l’altezza complessiva a circa 70 cm. Per ottenere questo risultato si elimina quasi completamente la vegetazione apicale avendo cura di risparmiare il ramo che sarà il fu-turo ten-jin (Fig. 5).

Pianta di origine asiatica, presen-ta aghi stretti e lunghi di circa 1,5 cm, molto duri e pungenti con una banda longitudinale più chiara nella parte inferiore; in natura si presenta con molta legna secca sul tronco: dovuta, oltre che alle intemperie a cui è soggetta per l’ambiente ove cresce, anche al fatto che abbandona molto facil-mente la ramificazione debole quando è sottoposta a condizioni di stress. Ciò provoca dei ritiri lin-fatici molto estesi su tutto il tron-co e sui rami.

1. Particolare della legna secca e dei jin

Ginepro ad aghiJuniperus rigida

Una lavorazione alla Med Bonsai - Il primo step su un ginepro ad aghi- Cosimo Fragomena -57

2. La pianta in arrivo al laboratorio;3. Il fronte scelto;4. Particolare dell’impostazione del secon- do ramo

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>> La mia esperienza

58Una lavorazione alla Med Bonsai - Il primo step su un ginepro ad aghi- Cosimo Fragomena -

Come si vede dalla foto n. 5, il movimento del jin apicale conferisce una maggiore dinamicità al di-segno della pianta, altrimenti un po’ troppo statica nel parte di tronco che va dal nebari al primo ramo. La lavorazione delle masse vegetative, come detto in precedenza, è iniziata dal secondo ramo. Essendo questo molto piccolo, c’era la necessità di definire perfettamente le proporzioni tra la vegetazio-ne del primo e del secondo ramo. Si è scelto così, dal momento che il secondo ramo presentava poca ve-getazione, tutta utilizzata, e molto vicina al tronco. Definita forma e dimensione di questo ramo, si è potuto operare con tranquillità nel proporzionare il primo ramo a questo (Fig. 4). Con la legatura dei rimanenti rami si è data la profondità ed il movimento delle masse vegetative, prestando attenzione agli spazi vuoti, per creare di-namismo, il ramo apicale è stato impostato con una curvatura all’apice molto schiacciata, ciò per ricreare quello che si vede sulle piante in natura quando molto vecchie e “vissute”.

5. Particolare della nuova altezza e del ten-jin

6. Altro particolare della legna secca

7. Particolare della vege-tazione sana e vigorosa

59Una lavorazione alla Med Bonsai - Il primo step su un ginepro ad aghi- Cosimo Fragomena -

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>> La mia esperienza

60Una lavorazione alla Med Bonsai - Il primo step su un ginepro ad aghi- Cosimo Fragomena -

Il primo step è terminato, fino al prossimo intervento la pianta verrà curata in maniera da arrivare nel pieno delle forze al prossimo passo durante il quale sarà lavorata la legna secca e verranno maggiormente definiti i pal-chi. Se la pianta risponderà, come mi aspetto, al programma di coltivazione pensato per lei, i prossimi interventi saranno realizzati nell’autunno del prossimo anno. L’unico intervento previsto nel frattempo è il rinvaso in vaso bonsai più piccolo e adeguato al nuovo stile, e ciò avverrà nella primavera 2010.

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8. Fine primo step - fronte -9. Particolare della corteccia pulita

10. Retro

61Una lavorazione alla Med Bonsai - Il primo step su un ginepro ad aghi- Cosimo Fragomena -

The fairy

Queendi Rocco Cicciarello

62The fairy Queen- Rocco Cicciarello -

>> La mia esperienza

63The fairy Queen- Rocco Cicciarello -

La storia di questa Bougainvillea risale al settem-bre del 2004, quando un mio caro amico e collega di lavoro mi chiese la cortesia di aiutarlo ad estir-pare una grossa buganvillea dal suo giardino, in

quanto non riusciva a contenerla per la spropositata vigo-ria e di fatto iniziava a “dargli fastidio”. Animati di buona volontà ci recammo nel giar-dino di casa e quando la vidi iniziai subito a pensare se ne avessi potuto tirare fuori qualcosa... a lui dava fastidio… ma io già ne ero entusiasta anche perché ero agli inizi del-la mia Bonsai-Do e non vedevo l’ora di mettere le mani su un materiale così bello, grosso e possente (Fig. 1, 2, 3)! Dopo quasi quattro anni e mezzo sono riuscito nell’intento di renderla un bonsai apprezzabile grazie agli insegnamenti ricevuti durante il mio percorso didattico/formativo. Con questa essenza ho potuto sperimentare e mettere in gioco tutte le conoscenze tecniche e stilis-tiche che ho appreso durante il mio iter formativo e ne ho seguito completamente l’evoluzione dall’attecchimento all’esposizione in mostra (Fig. 4a, 4b). Infatti, già nel novembre 2004 la pianta aveva ris-posto bene alle prime cure ed aveva emesso un gran nu-mero di nuovi getti da cui, dopo oculato studio e proget-tazione, con la guida del mio maestro Michele Andolfo, sono partito nella costruzione della struttura portante ovvero la creazione della ramificazione primaria. Ho realizzato e seguito una scheda di coltivazione concentrandomi di volta in volta all’ottenimento di ciò che mi serviva, infatti il primo step dopo l’attecchimento è stato la messa in coltivazione in un composto ben areato costituito da pomice, lapillo vulcanico e kanuma a grana medio grossa al fine di ottenere l’ingrossamento dei pri-mari per tutta la stagione vegetativa dal marzo 2005 al ottobre 2005. Nell’aprile 2006 con una potatura aggressiva ri-dussi drasticamente i rami primari e lasciai crescere pertutta la stagione vegetativa riducendo le nuove cacciate solo nel mese di Novembre quando la pianta era ormai in stasi, facilitando così la preparazione delle nuove gemme che nella primavera successiva fecero la loro comparsa (Fig. 5, 6).

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Nel Marzo 2007 decisi di rinvasarla, cam-biando la granulometria del terriccio (Fig. 7), al fine di contenerne la vigoria complessiva e preparare il pane radicale. Decisi inoltre, dopo aver selezionato le nuove gemme che si iniziavano ad intravedere, di ridurre ulteriormente la ramificazione al fine di po-terne meglio gestire la crescita ed il successivo dire-zionamento (Fig. 8). La stagione vegetativa del 2007 mi vide praticamente impegnato a selezionare i rami che sarebbero divenuti i secondari, quindi filati e dire-zionati opportunamente. In questo periodo sfruttai anche alcuni germogli molto vigorosi, come rami di sacrificio, che mi permisero di aumentare ulterior-mente le dimensioni dei primari, e procedetti, nelle restanti zone che dovevano essere mantenute, a continue potature di contenimento fino al Settem-bre del 2007 quando diedi la prima vera imposta-zione che iniziava a far percepire quello che sarebbe stato il risultato finale (Fig. 9, 10).

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>> La mia esperienza

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In questo periodo iniziai anche a ridurre i monconi che all’atto dell’espianto avevo lasciato ed iniziai a lavorarne la legna secca (Fig. 11). Tale lavoro ovviamente provocò dei ritiri di linfa che fecero seccare buona parte del tronco sul fronte tant’è che un giorno in compagnia dell’amico Franco Barbagallo decidemmo di intervenire crean-do una vasta zona di shari proprio sul fronte. Sinceramente non ero tanto felice di questa soluzione anche perché il movimento delle radici sul fronte mi piaceva particolarmente perché conferiva un movimento ed un carattere particolare, ma ne ero praticamente costretto in quanto non avrebbe avuto senso avere una parte di tronco morto che col tempo, l’ingrossamento dei vasi linfatici e magari il distacco delle sottile corteccia sarebbe venuto fuori inesorabilmente come un difetto... Tale intervento sulla legna secca, di contro, ha permesso, scavando abbondantemente il tronco, di creare anche un bel movimento complessivo qua-si avvolgente e che porta lo sguardo direttamente dal nebari alla struttura rameale con una buona ar-monia complessiva (Fig. 12, 13). Nel corso del 2007 seguì l’evolversi della Bouganvillea mettendo continuamente filo su tutti i nuovi germogli, direzionandoli al meglio e cercando di dare movimento e dinamismo al tutto. Iniziai anche a pensare al vaso definitivo che avrebbe accolto questa Bouganvillea e dopo attenta ricerca commissionai questo vaso all’artista inglese John Pitt al quale diedi le indicazioni sul colore e sulla finitura che volevo. Il risultato anche in questo caso fu sorprendente e mi rese particolarmente felice in quanto l’abbinamento pianta vaso era pressocché perfetto (Fig.14).

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>> La mia esperienza

Nel 2008 iniziò la fase di maturazione ovvero lo stato in cui la pianta iniziava ad avere un suo carattere ed una sua maturità ed infatti mi dedicai alla coltivazione elimi-nando quasi del tutto l’azoto ed intervenendo continua-mente con cimature dei nuovi germogli e potature più forti al fine di contenere la vigoria, che in questa essenza è notevole, ed arretrare la ramificazione, selezionando continuamente ciò che serviva al risultato finale. Nei primi giorni di settembre 2008, grazie anche alla clemenza del clima siciliano, procedetti ad una defoglia-zione ed al rinvaso nel nuovo contenitore (Fig. 15, 16, 17).

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e nel successivo Marzo 2009 decisi di esporla alla Mostra Nazionale UBI di Salerno ricevendo, con gran-dissima gioia e soddisfazione sia personale che delle persona a me vicine, la mia prima Menzione di Merito con il mio primo Bonsai es-posto in una Mostra Nazionale.

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>> La mia esperienza

Juniperus Oxycedrus

di Sergio Biagi

Mi sono reso conto, girando per le mostre, che fra le tante varietà di ginepro esposte non sono mai riuscito a poter vedere questa varietà fantastica, lo Juniperus Oxicedrus,

detto anche ginepro di mare o coccolone per le sue gran-di bacche (chiamate anche coccole da cui il nome). Cresce in zone vicine al mare dando vita a ibridazioni, ovvero, soggetti dalla vegetazione diversa l’una dall’altra, alcuni particolarmente fitta altri meno. Si presenta con delle forme molto diverse tra di loro, dall’esemplare eretto, completamente dritto, al cespuglio, alla pianta che striscia lungo il terreno costret-ta dagli eventi atmosferici. Questo del quale vi raccon-to la storia si presentava sotto forma cespugliosa. E’ stato raccolto molti anni fa, alla fine degli anni novanta, era una mattina di marzo nel periodo che si raccolgono gli asparagi tant’è, che dopo raccolto e aver percorso il sentiero che mi portava sulla strada, c’era un signore dal lato opposto con un mazzetto che si apprestava a racco-glierne altri per cui lo posai in terra e mi rilassai, andato via il signore lo caricai a fatica nel baule della macchina e mi avviai verso casa. Penso sempre che le piante crescono molto velo-cemente dal momento della raccolta a quando le andia-mo a caricare in macchina, sembrano sempre più piccole di come le crediamo - poi quando le andiamo a traspor-tare non entrano nel baule. Non ho le foto della pianta dopo la raccolta, quando ancora si presentava sotto forma di un cespu-glio; sono andate perdute, quelle a disposizione sono state

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Juniperus Oxycedrus

scattate durante la fase di educazione durata una decina di anni (Fig. 1, 2, 3). La cosa che salta agli occhi è la grande vitalità dell’albero, i getti vigorosi, sui quali andremo a costruire la vegetazione, la ramificazione ricostruita con i nuovi germogli nati dal tronco ancora in gran parte ricoperto dalla corteccia. I germogli sono stati fatti ingrossare (Fig. 4) ed è cominciato il lavoro di potatura e pinzatura per creare la ramificazione. Nel frattempo è stata data la prima im-postazione, come modello sono stati presi i classici gine-pri ad ago giapponesi (J. rigida), il tronco dà segni dove la corteccia è morta e la vena viva si manifesta e viene portata in evidenza. La linea dell’impostazione a questo punto risulta evidente (Fig. 5), un doppio tronco classico con apice eretto, cominciamo ad intravedere il primo ac-cenno di ramificazione.

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>> La mia esperienza

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Nel 2006 fu presentato fuori concorso alla mostra del Coordina-mento Toscano, guardando le foto che si riferivano a quella manifesta-zione mi accorsi che occorreva im-postare diversamente l’oxy, la pianta risultava statica e il tronco perdeva importanza a discapito della vege-tazione, aveva bisogno di dinami-cità, di compattare la parte aerea e di togliere un ramo nella parte posterio-re che nasceva in maniera infelice. Non sapendo disegnare mi aiuto con il computer e un program-ma di fotoritocco e faccio questo vir-tual (Fig. 10) per capire se stavo per intraprendere la strada giusta, risul-tato molto artigianale ma efficace,

capace di rendere l’idea della futura impostazio-ne; l’angolazione del tronco è sempre uguale ma verrà modificata ruotandolo di alcuni gradi in senso antiorario per dare ancor più tridi-mensionalità ed anche per mettere in maggior evidenza la piccola vena che alimenta, oramai, soltanto il piccolo palco sul fronte. La foto 11, scat-tata nell’autunno del 2007, mostra il ginepro dopo la nuova imposta-

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zione; la rafia che notiamo serve a tenere la vena at-taccata al tronco dato che tendeva a staccarsi. Nel maggio 2008 (Fig. 12), è stato eseguito il rinvaso in un contenitore di qualità (di fattura giap-ponese) più consono alla nuova forma della pianta. In agosto è stata esegui-ta un nuova ed accurata

>> La mia esperienza

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13 - retro 14 - lato sx 15 - lato dx

filatura che ha permesso di posizionare con precisione i palchi fogliari formando dei piccoli triangoli (Fig. 13, 14, 15, 16). Nel maggio del 2009 ho eseguito un’ultima rifinitura in vista della stagione delle mostre (Fig. 18, 19). Il ginepro ha così rag-giunto le seguenti dimensioni: altezza 52 cm, larghezza 60 cm; come tavolo da esposizione, ne ho scelto uno che io stesso realizzai anni fa, uno dei tanti oramai che sono col tempo divenuti di proprietà di molti istruttori italiani e semplici amatori.

16 - fronte

17 - particolare della vena viva

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Quando il suiseki fu introdotto in Giappone dal-la Cina nel 6° e 7° secolo, insieme a Buddismo ed alla calligrafia furono trasmessi molti altri gusti culturali, tra cui l’uso del qin, strumento

musicale a corde. La speciale caratteristica del qin è il yu yin: una fluttuazione tra suono e non-suono, tra tono e “dopo-tono”. Il timbro dello strumento potrebbe essere “sentito”

>> A lezione di suiseki

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Furyudi Luciana Queirolo

Nel 18° e 19° secolo il concetto di furyu fu un’estensione di questo concetto. Furyu, composto dai due caratteri “vento” e “flusso” (“flusso del vento”), può essere interpreta-to come un vento struggente, ma non visto… tangibile ed intangibile (anche riferito ad una “eleganza raf-finata”). Come il vento, furyu punta ad un mondo di bellezza effimera che può essere esperimentata so-lamente nel momento, perchè nell’ istante seguente dissolverà come la nebbia mattutina. Furyu, è riferito ad elegante, classico, onorato dal tempo ed è parte integrante degli aspetti storici delle tradizionali arti marziali giapponesi,includendo in queste caratteristiche rispetto, on-ori, convenienza e umiltà. Furyu è una sot-tile sensibilità, con acuta attenzio-ne nutrita da ciò che sia essenza, a ciò che sia ambiguo e sogget-tivo piuttosto che rumoroso ed evidente a prima vista. Con furyu piuttosto che con wabi, sabi et al. il literati giapponese ha definito maggiormente la sua vita este-tica. Riferito alla manifestazione della pratica moderna del su-iseki...in alcune note di Willi Benz

dopo che il suono udibile si è fermato. Quello è lo “yoin” e per l’ascoltatore allenato, l’apprezzamento del dopo-tono (del silenzio) era il linguaggio critico per il control-lo del livello della sensitività di uno scolaro cinese. Allo stesso modo può essere apprezzata una pietra. La ri-flessione su una pietra montata esteticamente impegna lo spettatore sensibile ad una risposta emotiva che si estende infinitamente sia nel tempo che nello spazio.

75Furyu- Luciana Queirolo -

furyu “ flusso del vento” è considerato un termine cinese con ipertoni giapponesi che ha impregnato l’entusiasta del suiseki del periodo Edo con accresciuta consape-volezza. Ciò per altro ebbe grande rilevanza storica con la passione per il suiseki nei confronti del tè chanoyu, sino alla fine del periodo Edo; rivissuto poi insieme alla reli-gione Nazionale Shinto dall’inizio del 20° secolo.

La pietra viva: lo spirito della pietra

di Luciana Queirolotraendo spunto da una ricerca di Chris Cochrane, “il Folclore, riferi-to alle pietre, ne può aumentare l’apprezzamento”.

>> A lezione di suiseki

La pietra viva: lo spirito della pietra- Luciana Queirolo -76

In questi due dipinti del 1800, di differente autore, viene trattato il tema della pietra in sembianza di capra (Yagi) e del pastore Ko-shohei. La storia che sto per raccontarvi ha origini cinesi a noi lontane, ma la vitalità della pietra attraverso l’impulso della nostra fan-tasia è qualche cosa che sentiamo vicina al nostro cuore.

Koshohei (il cinese Ch’u P’ing), quando ebbe quindici anni, condusse il suo armen-to di capre alle montagne e avendo trovato una nicchia, stette là in meditazione per qua-ranta anni. Suo fratello, Choki che era un prete, fece il voto di trovare il pastore disperso. Una volta, camminando presso la montagna, gli fu detto del recluso da un saggio e così si mise in cammino per trovarlo. Riconobbe il fratello, ma espresse il suo stupore all’assenza di pecore o capre. Koshohei toccò con il suo bastone le pietre bianche di cui il terreno era disseminato e come lui le toccò, loro divennero vive in forma di capre. in questo suri-mono, vediamo Sennin Koshohei dopo che ebbe mutato la pietra sulla quale stava seduto leggendo un libro, in una capra.La posizione della testa della capra ed il modo in cui Koshohei sta tenendo il libro, dà l’impressione che l’animale stia leggendo. Il termine “Sennin” è un nome generico degli Immortali e porta con esso il significato, nell’immaginario dei Taoisti, di una vita spesa fuori dal resto dell’umanità sulle montagne, con animali immortali ed alberi mitici.

Il carattere kanji per capra è la combi-nazione tra “montagna” (carattere per yama) + “pec-ora” (carattere per yoo) = pecora di montagna. La combinazione del carat-tere per la parola “capra” è comunque pronunciata yagi e non yama yoo.

Dal Gakutei di Yashima (1786-1868) shikishiban datato 1820. I dodici animali dello zodiaco (‘Juni-shi’) “Sennin Koshohei e la pietra della capra”

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Un racconto a quattro mani di Sandro Segneri e Daniele Abbattista

>> Noi... di Bonsai Creativo School

AmericAn JobTh

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Hurricane

Da questo numero il magazine si arricchisce di una preziosa e qualificata collaborazione che vede una delle Scuole di Bonsai più importanti, la Bonsai Creativo School con il suo Direttore artistico, Sandro Segneri, pubblicare una lavorazione all’interno della rubrica: Noi… di Bonsai Creativo School. Ogni numero vedrà così la progettazione e la lavora-zione di una pianta eseguita dagli istruttori della Scuola e da Segneri, uno dei pochi veri artisti del bonsai. Sappiamo tutti l’impegno profuso da questo personaggio per la qualifi-cazione del bonsai nel mondo che si identifica con il tredicesimo anno di attività che copre 16 sedi didattiche sparse in Italia e in tutto il mondo. Grazie Sandro per la tua disponibilità.

Antonio Ricchiari

A cavallo del congresso mondiale BCI, 2009 tenuto a New Orleans, Sandro Segneri, dimostratore headliner, ha tenuto una demo

che non era solo tecnica ma in un certo senso filosofica. Il clima del congresso del resto era alquanto mistico, intitolato ai so-pravvissuti del terribile uragano Katrina, che nel 2005 rase praticamente al suolo la ridente città della Lousiana. Tutta la città aveva una gran voglia di ricominciare e di ricostruire il clima sere-no e festaiolo a cui da sempre unisce mu-sica, cucina creola e clima subtropicale.e quale migliore occasione di una conven-tion mondiale, in cui professionisti mon-diali si incontrano in un clima festoso e rilassato, per tenere una letio magistralis che trasformi un comune esemplare da vivaio in un piccolo capolavoro?

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79The American Job: Hurricane- Sandro Segneri, Daniele Abbattista -

Questo l’esemplare di Juniperus chinensis,var. San Jose. Una varietà americana, proveniente da un vivaio ed in vaso bonsai ormai da diversi anni. Forme occulte, le ha definite Sandro, ed una analisi sommaria non aiuta più di tanto a cercare il bonsai che si nas-conde dentro ogni pianta. “In ogni albero, per quanto confuso ed intrigato, vi sono forme che diventano fonte d’ispirazione per ogni autore.”

Cosa fare in questi casi? Il metodo ci da una mano.

“Il primo lavoro é quello di eliminare lo sporco, i residui del secco, incrostazioni, depositi sedimentati nel tempo. Il toccare la pianta, scuoterla, insinuarsi nelle profondità, con mani e strumenti ci fanno scoprire ogni segre-to, ogni linea, forma, lacerazioni, tor-sioni, rotture, resistenze ecc. sarebbe un’elencazione infinita. Allora si pu-lisce... lo sporco non fa bene a niente e non contribuisce ad esaltare il bello delle cose. Facciamo le cose passo passo, vedremo che il grande sarà vi-sibile per mezzo del poco, attraverso la strada del semplice. Essenzializ-zare seguendo schemi semplici e di fa-cile attuazione, perseverando sempre verso un metodo meticoloso. La seconda foto ci fornisce un immagine globale interessante per quanto ancora complessa. Proviamo a sognare senza li-miti, tutto é possibile tutto é fattibile, sopratutto non pensiamo mai ai limiti tecnici... proviamo a disegnare diverse ipotesi di uno schema realizzabile.“ Il punto focale di questo ginepro è indubbiamente la gran quantità di

di rami contorti che si incrociano al di sopra di un tronco conico quanto privo di segni del tempo. Il disegno è ancora sfuggente ma forse diventerà un po’ più chiaro facendo ancora pulizia di tutto il superfluo.

“Proviamo ad analizzarla nel dettaglio. Il tronco non appare di particolare interesse, anzi il suo portamento é abbastanza uniforme, pri-vo di angoli particolari che in qualche modo possano suggerire concetti dinamici. Anche nel groviglio di rami non si osservano i medesimi con-cetti, direi che questa immagine descrive condizioni statiche. Proviamo ad andare più avanti e prendiamo in considerazione la foto 4, l’insieme appare più pulito, alcuni rami sono stati tagliati e l’insieme sembra restituire più energia, soprattutto nella parte aerea. Anche il tronco inizia ad avere i primi segni d’invecchiamento,shari ap-pena accennati, fasci linfatici più evidenti ecc.”

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Nei Ginepri é fondamen-tale creare l’invecchiamento, in questo esemplare coltivato in terra per quindici anni vengono a mancare questi elementi, non vi sono rotture o lacerazioni in-cise dal tempo, dovute esclusiva-mente dal luogo di crescita, non é stato sottoposto alle avversità, al rigore di una natura severa. Non é uno yamadori, tut-to si deve creare, tutto si deve inventare e diventa ottimo ma-teriale da palestra per sollecitare la creatività, stimolare la ricerca delle tecniche da applicare.

Quando mancano riferi-menti evidenti, il metodo pro-gressivo che parte dal basso e pian piano interessa radici, base, tronco e infine rami ci permette di non pensare subito. Ci da il tempo di scoprire pian piano quello che la pianta sembra volerci suggerire da sola, in un progetto creativo che noi crediamo nostro, ma che alla fine si dimostra essere l’unico vero e miglior disegno possibile per quella pianta e solo per lei.

>> Noi... di Bonsai Creativo School

80The American Job: Hurricane- Sandro Segneri, Daniele Abbattista -

1 - Ginepro San José

2, 3 - Particolare dei rami e dei monconi

4 - Pulizia della cortec-cia

5, 6, 7, 8 - Potatura dei rami superflui e creazi-one dei jin

9 - Una prima efficace sgrossatura è stata es-eguita. Ora l’esemplare è pronto per la model-latura

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Sandro Segneri: Artista di bonsai, fotografo, scultore e pittore. Fonda nel 1996 la scuola Bonsai Creativo School, prima scuola italiana dedicata all’esclusiva formazione di istruttori di bonsai a sua carriera dinamica e creativa lo porta a svolgere conferen-ze dimostrazioni e stage in congressi nazionali ed esteri. Artista creativo ed innovativo raccoglie consensi nei più prestigiosi convegni nazionali ed internazionali. Da oltre tredici anni collabora con le testate specializzate del settore, sia europee che americane. Socio fondatore nonché, dal 2008, presidente del Collegio Nazionale Istruttori Bonsai & Suiseki . Nel 2007 fa parte del Comi-tato Organizzatore del BCI-IBS Congress in qualità di responsabile del settore “Mostra e Catalogo” curandone selezione degli esemplari e allestimento. Dimostratore head liner al congresso mondiale del BCI / 2008 a Saint Vincent - Italy dove gli viene assegnato il riconoscimento “Iwasaki Award”.Dimostratore headliner al congresso mondiale BCI / 2009 a New Orleans - USA. Nel 2009 vincitore del prestigioso premio “BCI ARTIST-PHOTOGRAPH-WRITER AWARD”. Collabora nelle attività didattiche di associazioni italiane ed estere in Spagna, Francia, Belgio, Rep. Ceka, Inghilterra, Svizzera, U.S.A. , Canada e Portorico.

IncIdere I segnI del tempo

Le foto che seguono descrivono il lavoro svolto per iniziare ad invecchiare il tronco, quindi i percorsi linfatici. C’é da considerare che questa lavorazione é stata svolta in Giugno, per certi aspetti favorevole alle incisioni del cambium, per altri aspetti più difficol-tosa, soprattutto nella manipolazione dei fasci legnosi che in questo periodo hanno consistenza meno spugnosa, anzi, molto più turgida.

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Il lavoro di pulizia è andato avanti. I rami di chiaro intralcio ad un disegno armonico e d’impatto sono stati eliminati o trasformati in jin. Sono rimasti rami a sufficienza per costruire e progettare un albero che tenga conto della tipici-tà dell’essenza, sfrutti quello che di suo l’albero ha da offrire, e insieme all’invecchiamento arti-ficiale prodotto dalla mano dell’artista, produca un albero che sia la metafora vivente di un vec-chio e sofferto ginepro, sopravvissuto a mille av-versità e nonostante tutto ancora in piena lotta per la sopravvivenza.

“I rami restanti costituiranno la parte aerea prevedendo nella fase finale la riduzione di una delle masse vegetative.”

>> Noi... di Bonsai Creativo School

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“Il lavoro continua, os-serviamo il ginepro da altre an-golazioni per un più approfondita lettura. I rami sono lunghi, cilin-drici e le masse vegetative dis-tanti. In condizioni di questo tipo, la valutazione dei rami utili a costruire una buona struttura per il futuro, sarà rivolta a quei rami le cui caratteristiche propongono un ordine di ramificazione com-plesso e ben suddiviso. L’elemento che si frap-pone tra tronco e vegetazione é la lunghezza dei rami. Obiettivo: comprimere, accostare nei limiti la massa dei rami al tronco. In questi casi é noto a tutti che si dovrà intervenire attuando lavori di preparazioni atti a pro-teggere, quindi comprimere le fi-bre. L’utilizzo di rafia ci consente di attuare questa preparazione. L’applicazione del filo diventerà l’elemento che permette di gui-dare e fissare i movimenti che si attribuiranno. Noteremo in seguito che in alcuni casi é pos-sibile piegare i rami, anche di consistente diametro superando l’utilizzo di questa tecnica. Dopo questa fase vedremo il progetto, un disegno che sarà il modello da perseguire nel dise-gnare la forma della parte ae-rea, gli spazi vuoti e pieni, la ge-stione delle maschere, delle aper-ture che guideranno lo sguardo dell’osservatore.”

last step: l’atto creatIvo - la modellatura

Di seguito le foto relative alla modellatura di Hurri-cane che concludono il primo step di lavoro che dovranno intendersi una prepararione strutturale. Le masse sono compresse, ogni ramo prende la direzione ottimizzan-done l’esposizione, si tracciano gli spazi, vuoti e pieni, quindi ritmo e dinamica.

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10, 11, 12, 13 - Si inci-dono sul legno “i segni del tempo”, ovvero, si creano shari, jin, e tut-to ciò che serve ad in-vecchiare l’esemplare

14, 15 - I rami che subiranno importanti pieghe, vengono rafiati affinché non si rompa-no o crepino

>> Noi... di Bonsai Creativo School

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Le linee si sono semplifi-cate, il disegno diventa più chiaro e penso che ormai siamo pronti per vedere il progetto che c’è alla base di questa trasformazione. Un progetto molto potente, con una pianta molto compressa costru-ita lungo l’asse del tronco prin-cipale, con la vena principale in evidenza tra due ali di legna secca ed un turbine di jin a ricordare le potenti correnti che si diramano dall’occhio del ciclone.

Le lezioni da imparare da un artista come Sandro, e da questa di-mostrazione in particolare, sono di-verse.

a) Il metodo. Quando una pianta si pre-senti di non facile lettura è opportuno mettere in moto quei meccanismi di pulizia e di selezione che liberino la visione dagli intralci. In realtà è buona norma applicarli routinariamente per qualunque tipo di progetto.

b) I materiali. Anche materiali da vivaio, senza storia e apparentemente banali, con la padronanza di tecniche opportune ed un progetto artistico ispirato, possono simulare i segni del tempo e divenire a loro volta materiali affascinanti e ricchi di risorse.

c) Disegno. Un buon progetto comin-cia con un bel disegno e per i più tecno-logici anche con un virtual fatto con un buon programma di photoediting.

d) Le regole. Le regole vanno studiate, digerite e semmai superate. Alcuni al-beri, presentano delle peculiarità che se interpretate secondo i rigidi canoni del bonsai,li renderebbero inadatti ad una interpretazione classica.

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16, 17, 18 - Si filano tutti i rami e le branche in modo minuzi-oso e preciso, per poi passare alla modellatura vera e pro-pria.

19 - Progetto a lungo termine

20 - Lato destro

Il vento di novità portato soprattutto da artisti di rottura come M.Kimura, ha permesso di reinterpretare il bonsai secondo regole dettate più dalla peculiarità della pianta e la sensibilità dell’artista, a comporre un quadro vivente che lavori più sulle emozioni che sull’applicazione pedissequa di regole non sempre utilizzabili senza perdere la straordinaria forma occulta, che è all’interno di ogni albero.

>> Noi... di Bonsai Creativo School

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L’autore ringrazia i coniugi Chase e Solita Rosade per la squisita disponibilità dimo-stata e per aver fornito l’esemplare og-getto di questa lavorazione.

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Carlo oddone“un nome scritto nel bonsai italiano”

Parlare di Carlo Oddone è facile e difficile al contempo poiché, assieme a Gian-franco Giorgi, è il fondatore del Bonsai in Italia. È stato il pri mo esperto che ho conosciuto quando venne a Palermo per tenere una dimostrazione, os pite a casa mia... e sono passati molti anni. Ma tutto ciò fa parte ormai dei miei ricordi degli

inizi. Le primissime ed allora uniche cose che ho letto e riletto furono una pubblicazione di Giorgi e un’altra di Carlo dal titolo “Bonsai, tecniche essen ziali”; in poche righe sintetiz zava il bonsai dicendo: “tutto il resto lo scoprirete anno dopo anno emozionandovi come quando si “succhiano” le car te a poker. Vi capiterà, col bonsai, di essere soddisfatti delle vostre piante ed un altro momento di pensare che sono da buttare. Poi ripartirete con nuovo entusiasmo. È normale. Come nella vita, quando sembra di aver capito tutto, ci si accorge che c’è ancora tan-to da imparare. Il bonsai è una delle cose belle della vita. Leggete, rileggete, e guardate tanto i nostri begli alberi! Trovate degli amici e coltivate bonsai in compagnia. Formate dei gruppi lo-cali per stimolare e confrontare la vostra bravura”. Carlo è stato il primo a fare una scelta ben precisa abbandonando la professio ne di veterinario per dedicarsi completamente al bon-sai. E questa scelta fu fatta in tempi non sospetti, o per lo meno quando sembrava teme-rario dedicarsi a tempo pieno al bonsai. Era vamo appena agli inizi. Adesso Oddone si è un

po’ tirato fuori dal bonsai prati-cato e dalle varie manifestazio-ni. I bonsai di Oddone evocano i paesaggi e gli ambienti natu-rali dell’Italia, con la loro sel-vaggia bellezza; bonsai creati senza quella spesso innaturale leziosità che talvolta li rende artificiosi. Carlo esordisce os-servando che: “E’ curioso come situazioni caratterizzate da scarsi contatti finiscano poi con il creare delle interessanti op-portunità di chiarire il proprio pensiero. A precise domande, precise risposte”. Di Oddone i lettori del magazine stanno cominciando ad apprezzare, attraverso le sue monografie, l’enorme esperienza e com-petenza che egli ha maturato nel corso di questi decenni.

>> L’opinione di...

intervista a cura di Antonio Ricchiari

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In tempi non sospetti eri un fautore dell’associazionismo e della collaborazione. Dopo tanti anni e tanti sforzi si è arrivati all’obiettivo, anche se rimangono tuttora molte perplessità. Sei uno dei pochi ad avere le carte in regola per esprime-re la tua opinione in proposito. Ritengo che club ed asso-ciazioni valgano finché servono. Questa visione utilitaristica è di-mostrata dai fatti. Chi non decide di tentare la via dell’autono mia e far tutto da sè, è por tato ad avvicinare altre persone con gli stessi inte ressi. Dopo però che sono state “assor-bite” tutte le informazioni che il club può mettere a disposizio ne, se nel frattempo non è nata tra i membri una certa amicizia, si manife sta il di-sinteresse e ha luogo la defezione. Molti club si sono formati intor no ad un (talvolta presun to) maestro, se al momento in cui emergono i problemi (esigenza che viene defini ta necessità di perfeziona mento) la competenza del gruppo si rivela insuffi ciente, e non dà tutte le risposte che servono, il gruppo “diventa” inutile. Tanto peg-gio se manca l’at teso riconoscimento della propria acquisita bravura. Pensa che la mancanza di soddisfazione o di fiducia provoca persino la crisi dei partiti...

Come definiresti oggi, dopo tanti anni, questo tanto discusso e definito spirito del bonsai? Considerato che ho sco perto il bonsai cercando in realtà un modo per “costruire” miniature di alberi, sin dai primi passi mi è parso di capire che alla base di tutto c’è uno stato d’animo. Stupore per le meraviglie del mondo vegetale, umiltà di fronte alla “perfezione” (talvolta inesora-bile) con cui la natura si manifesta, spe ranza di entrare nei suoi segreti. L’approccio con questa nuova espe-rienza è stata una scoperta che mi ha riempito di entusiasmo. Se devo essere sincero molti degli aspetti di-ciamo filosofici del bonsai mi hanno lasciato piuttosto indifferente. Cosa

che non è successa a molti di quelli che mi hanno seguito...

Una domanda provocatoria: c’è, tra i giovani, chi conside ra i bon-saisti della prima ora quasi superati o addirittura da mettere un po’ in disparte. Concetto tutto occidentale che esula dal rispetto e dalla con-siderazione di cui gode il sen sei in Oriente, se non altro per l’esperienza e la maturità che gli anni fanno ac-cumulare. Cosa diresti a queste per-sone? Al di là del rispetto orien tale per il sen-sei , quello che sta succe-dendo da noi ha due facce. Non sono i giovani amatori a ritenere superati i personaggi della prima ora, per i quali manifestano stima e consi derazione, sono i “nuovi” maestri rampanti che vor rebbero prenderne il pre stigio e sostituire una loro versione creativa quick and easy a quella classica (ma più lenta ed impegna tiva) del bonsai coltivato. Il tempo, però, è galantuo-mo.

Ho molto ammirato e valuta-to il tuo isolamento o, perlome no, il tirarsi fuori dalla mischia. Penso che nel clima attuale sia la cosa migliore da fare. Vorrei sentire qualcosa a tal proposito. Premetto di essere appas-sionato a mio modo di fare bonsai, che mi dà molto e mi gratifica. Ho un temperamento poco aggressivo e ritengo giusto avere rispetto per le opinioni altrui. Non condivido la strategia diffusa di fare le cose “con-tro gli altri” e penso che ciascuno ab-bia il diritto di comportarsi in base a ciò che gli sembra giusto. Apprezzo il valore della collaborazione, ma non mi sogno di imporre a nessuno le mie idee. Questo preferire di “farmi i fatti miei” mi lascia comunque disponibile a chiunque ritenga che la mia espe-rienza possa essergli utile.

Penso che tu non abbia subito grandi influenze dai mae-stri orientali o meglio, lavori senza

infatuazioni o continue lodi per gli orientali. Penso che la definizione di fautore del bonsai italiano trovi tutti d’accordo. A che livello è il fan-tomatico stile italiano, se così si può definire?

Teniamo sempre presente che la mia intenzione è fare miniature di alberi. La cosa che mi affascina ve-ramente dei nuovi bonsai giapponesi (che ci tengo a distinguere da quelli cinesi) è l’accuratezza dei dettagli e l’effetto di apparente naturalezza che essi possiedono. Dei cinesi assimilato comunque alcune pazienti tecniche. Ciò premesso, sono del pa-rere che si debba distinguere tra un bonsai italiano (cioè fatto in Italia) ed un eventuale “stile” italiano. Se un soggetto è fatto ispirandosi alla natura (quindi credibile) e coltiva-to come si deve, allora esso può di certo piacere ed essere “capito” da chiunque, sia orientale che non. Ciò che non vorrei è che, come mi era sembrato all’inizio, i vari nomi dati al bonsai occidentale servissero essen-zialmente a giustificare dei soggetti troppo “facili”, sia nel disegno che nella coltivazione.

Senza bisogno di leggere i tarocchi, vuoi azzardare delle previ-sioni sul bonsai nostrano? Il danno provocato all’imma-gine del bonsai dall’invasione di soggetti importati e venduti a poco prezzo e di scarsissima qualità ha si-curamente raffreddato l’entusiasmo di quanti pensavano che fare bonsai fosse elitario ed aggiungesse meriti alla loro persona. E’ facile constatare che il numero di nuovi appassionati che si avvicinano ai club per fre-quentare dei corsi si è molto ridotto. Qualora si riesca a mostrare un vero progresso della qualità delle mostre aperte al pubblico, e dare quindi fidu-cia a chi se lo possa permettere, il fu-turo del bonsai (almeno dal punto di vista commerciale) sarà nel collezio-nismo. I giardini delle belle case ita-liane potranno essere impreziositi da

89Carlo Oddone- Antonio Ricchiari -

raccolte di soggetti realizzati qui da noi. Tali collezioni costituiranno una fonte di lavoro per chi saprà occu-parsi professionalmente della loro assistenza e cura, con un importante effetto di mecenatismo per questa nuova arte.

Perché, a parte i tuoi interes-santi articoli, non hai più scritto un libro? Le tue espe rienze penso deb-bano essere divulgate, questo è un patri monio che hai accumulato durante trent’anni di coltiva zione di piante, che arricchi rebbe le cono-scenze di tutti i bonsaisti. I grossi libri sono un gros so impegno, sia per chi scrive che per un editore. Dopo le prime “tecniche essenziali” e nell’attesa di pubbli-care quello che ho allestito nel corso di tutti questi anni, di miei libri ne sono usciti altri due ‘picco li”, oltre al manuale-agen da. Per la verità le idee sono tante, ma qualche volta manca l’entusiasmo necessario per metterle in atto; mi pia cerebbe ad esempio scrive re qualcosa sulle mie espe-rienze di giudizio.

Quale strada sta imboc-

cando il bonsai, con tanti pseudo esperti, pseudo~mostre, pseu do-bonsai, pseudo-commer cianti che inflazionano ogni cosa? Questa una prerogativa delle cose italiane, purtroppo.

E’ probabile che l’opinione sia deformata per l’imprin ting avuto leggendo i primi libri sull’argomento: colti vazione, coerenza e (possi bilmente) buon gusto. Molti sembrano avere dimenticato o fanno fatica ad accettare che il bonsai è un albero, la cui forma e struttura si evolvono solo grazie alla coltivazione: a molti sembra più facile fer marsi ai primi gesti; ma anche l’impostazione più virtuosa non è che l’inizio di quanto dovrà essere fatto in seguito. Probabilmente, passata la prima ondata di entusia smo all’italiana, coloro che avranno tenuto duro si saranno resi conto che il segreto di un bel bonsai è la lunga e competente cura che gli si dedica: anni di consapevoli at-tenzioni. Sai, quel famoso sabi …Al momento certe dimostra zioni-spettacolo sembrano proporre delle ine-sistenti scorciatoie: questo mi fa pensare ad una sorta di esaltazione collet-tiva, e mi viene in mente una storiel la: noi siano gli arancetti...

Non siamo ancora usciti dal l’equivoco che vede il bonsai relegato a semplice hobby: cosa e chi concorre a mante nere questo stato attuale di cose?

Il livello di una certa parte del bonsai attuale, credo.

La Bonsai nostra conversazione ter mina con queste parole. Credo che que-sta sia un’interessante, unica opportunità per leggere il pensiero di uno dei tre-quattro protagonisti che hanno fatto conoscere il bonsai in Italia e quindi testimone come “memoria storica” degli ini-zi. E spero che queste im-pressioni e opinioni che mi sono state riferite da Od-done possa contribuire a chiarire alcuni concetti che, in questo momento, ap-paiono un appannati. Carlo è una persona che oggi è al di fuori della mischia, e pertanto è più attendibile perché conserva maggiore freddezza di giudizio. Il non volersi buttare nel mucchio è una linea che ho sempre condivisa perché spesso il mucchio origina la lite, e non vorrei che il bonsai italia no continui ad offrire spettacoli indeco rosi e inde-centi sulla falsariga di quelli che molto, troppo spesso offrono altri desolanti pa-norami italiani, primo fra tutti il mondo della politica.

90Carlo Oddone- Antonio Ricchiari -

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Realizzare un boschettoLa natura riprodotta in un gruppo di piante I parte

di Antonio Ricchiari

Lo stile a gruppo di piante (o forestina) è spesso sottovalutato perché ritenuta una tecnica molto rapida e di facile realizzazione: è esattamente tutto il con-trario di quel che si pensa. Inoltre questo particolare stile è quello che richiede anche molto senso estetico ed una certa intuizione scenografica. I giapponesi

lo chiamano YOSE-UYE e secondo i puristi dovrebbe essere realizzato con il minor nu-mero possibile di elementi complementari.

91Realizzare un boschetto. La natura riprodotta in un gruppo di piante- Antonio Ricchiari -

Mai come in questo caso è coinvolta la prospet-tiva, il ritmo e l’alternarsi di vuoti e pieni. Il bilanciamento o il prevalere di vuoti o pieni è appunto un elemento pri-mario per dare credibilità ad una simile interpretazione della natura. Il maestro Genotti, con efficace sinteticità e chiarezza, così ne riassume le caratteristiche: “La realiz-zazione di un singolo bonsai è affascinante, ma quella di un bosco, dove ogni albero conquista lo spazio a lui concesso dal vicino, dove accanto al grande albero crescono giovani pianticelle della stessa specie nate dai semi caduti che ne trasmettono la vita, dove giovani e rigogliose pianticelle si sviluppano quasi contemporaneamente sulla radura non più libera, permette veramente al bonsaista di immergersi in un tutt’uno con l’opera che crea e di respirare con essa. Creare i boschi bonsai e conferire ad essi espres-sioni diverse di volta in volta, selvagge, battute dal vento, è stato per me un lavoro fatto di paziente studio, di tecnica e soprattutto di abbandono e desiderio di comunicare con la natura. Nei boschi di Bonsai la prospettiva gioca un ruolo importantissimo, ma non si possono trascurare gli equilibri tra le piante che formano il gruppo: non solo ogni albero è importante, ma il suo tronco è migliorato da quello del vicino e la sua chioma è completata dalle fronde di quello accanto. Un albero brutto può diventare bellissimo nel gruppo mentre un albero bello e bonsaisticamente interessante (se osservato da solo) può diventare una nota stonata nel bosco. Lo sguardo deve penetrare e leggere un microcosmo equili-brato e completo” (G - Genotti - BONSAI, il bosco: la natura in miniatura, De Vecchi Editore, Milano, 1989).

>> A scuola di estetica

92Realizzare un boschetto. La natura riprodotta in un gruppo di piante- Antonio Ricchiari -

93Realizzare un boschetto. La natura riprodotta in un gruppo di piante- Antonio Ricchiari -

- Gli elementi estetici - Per l’impostazione dei soggetti nel vaso si de-vono conoscere e applicare regole precise. Nella compo-sizione si deve selezionare un soggetto che costituirà il punto di interesse primario che, se necessario, possono essere più d’uno. Di solito il punto primario è costituito dall’esemplare più alto e più robusto che è messo in rilie-vo anche dal suo posizionamento all’interno della com-posizione, perché posto ad un livello superiore rispetto agli altri soggetti. Questo albero, che può essere definito leader, può suscitare interesse per la sua collocazione iso-lata rispetto alle altre piante. Saranno gli spazi vuoti ad esaltarne i contorni rendendolo ancora più interessante. Altro elemento importante è la direzione che assumono le piante, giustificata dalla massa visiva de-terminata dal leader o, nel caso in cui la composizione fosse costituita da più gruppi, dalla concentrazione di un gruppo di piante. La prospettiva naturalmente in questo stile fa la parte del leone, poiché da essa dipende l’effetto di visione vicina all’osservatore o lontana: il primo effetto visivo è ottenuto posizionando i soggetti con i tronchi più robusti nella metà anteriore del vassoio mentre gli stessi soggetti disposti nella metà dei contenitore o nella zona posteriore determineranno la seconda condizione. Di solito le piante più esili ricreano l’effetto di una forestina osservata da lunghe distanze e questi soggetti, posizio-nati nella zona posteriore daranno profondità a tutta la composizione. L’effetto di una visione lontana può ancora essere determinato collocando un gruppo di piante più piccole in una zona diversa dal gruppo più importante di alberi, sistemandolo nella zona posteriore dei vassoio; questo gruppo possederà un punto focale anche se di minore in-teresse rispetto ai soggetti principali.

- Gli spazi vuoti - Altro fattore importante, come già detto, è l’utilizzazione degli spazi vuoti e la loro sistemazione, perché se questa distribuzione risulterà errata si avrà uno squilibrio prospettico assieme a tutto l’insieme del-la composizione. E’ importante non dividere gli spazi in prossimità della metà del vaso, altrimenti il gruppo di al-beri apparirà sbilanciato con un andamento che si rive-lerà monotono. E’ essenziale evitare che la veduta d’insieme risulti priva di ritmo, e per questo bisogna posizionare le piante leggermente inclinate verso destra o sinistra, dan-do anche una inclinazione verso l’osservatore o verso il retro. Inoltre nessun albero deve incrociare quello vicino e tutti devono essere visibili. Si può giocare visivamente creando dei dislivelli del terreno o sistemando delle piccole pietre; particolare cura va data alla pianta leader sulla quale inevitabilmente si soffermerà l’occhio dell’osservatore.Da non dimenticare un altro fattore importante: la rami-ficazione delle piante dovrà cominciare alta; al momento dell’impostazione, buona parte dei rami verrà eliminata affinchè sia messa in evidenza la forma di ogni soggetto. Grazie alla collocazione ravvicinata delle piantine, i vuoti rimasti nella chioma di ognuna vengono colmati dai pal-chi delle altre.

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94Il Ficus - II parte- Antonio Acampora -

Il ficusII parte

di Antonio Acampora

Famiglia: MoraceaeGenere: FicusSpecie: circa 800

Annaffiatura e nebulizzazione Un consiglio che vale per tutti i ficus è quello di procedere a regolare pulizia delle foglie irrorando le foglie con il getto della doccia, oppure pulen-do le foglie con un batuffolo di cotone idrofilo imbevuto d’acqua distillata. Questa operazione va eseguita in particolare durante il periodo veg-etativo ed è necessaria perché le piante respirano ed assorbono um-idità per mezzo delle foglie. Ambedue le lamine fogliari devono es-sere mantenute pulite per evitare che gli stomi si ostruiscano. Al contrario delle piante decidue, i cui germogli crescono solo per un certo tempo, nei sempreverdi la nuova vegetazione, resta erbacea più a lungo e continua a crescere anche per 20-45 gg. L’eccesso d’acqua determi-na in buona parte questo sviluppo. Quindi nei soggetti maturi, oltre a dare molta luce, è utile moderare le annaffiature per tutto il tempo che proseg-ue lo sviluppo dei germogli. Le annaffiature saranno copiose nella stagione calda, diradandole in inverno. Il ritmo delle annaffiature deve essere tale che il terriccio non resti mai troppo umido: solo così le foglie divengono piccole e gli internodi corti. Tutti i Ficus d’altronde tollerano meglio periodi asciutti relativamente lunghi, anziché una persistente umidità eccessiva. Sarebbe opportuno potere usare acqua con pH vicino alla neutralità o inferiore, quindi piovana o acqua trattata con un prodotto decalcificante perché l’acqua corrente calcarea o con pH superiore a 7,5 può lasciare depositi calcarei sulle radici, rallentando la crescita.

Substrato Ai Ficus è gradita l’acqua, ma non possono sopportare terreni costante-mente bagnati. Sono alquanto esposti al marciume radicale ed, è bene man-tenere un’alternanza tra terreno quasi asciutto (70%) e terreno bagnato. Si sviluppano ugualmente in ambiente neutro o leggermente acido

95Il Ficus - II parte- Antonio Acampora -

pH 5,5 - 6,5 richiedono un terriccio soffice, permeabile e fertile. Un composto adeguato è costituito da akadama 80%, pomice o lapil-lo vulcanico 10%, terriccio di foglie 10% e con l’aggiunta di un 10% di humus di lombrico.

Rinvaso Il periodo ideale per il rinvaso è poco prima che inizia il periodo vege-tativo, marzo-aprile al sud e maggio al nord. Poiché crescono molto vigorosa-mente due anni è il tempo massimo tra un rinvaso e l’altro. Le radici crescono rapidamente e recuperano facilmente, quindi si possono tranquillamente tagliare senza paura, lasciando solamente 1/3 dell’originale pane di radici. Molti Ficus che si acquistano hanno le radici parzialmente esposte e attorcigliate, al primo rinvaso è necessario “sistemare” il loro andamento. Le radici che non possono essere corrette saranno gradualmente eliminate. I vasi più adatti sono di colore azzurro marino, beige o in gres, evitare quei vasi cinesi decorati, troppo appariscenti.

Potatura dei rami e dei germogli I ficus tropicali appena comperati spesso hanno bisogno di essere semplificati nella loro struttura, lasciando un solo ramo per livello, sceglien-do esattamente le proporzioni, e facendo comparire una certa conicità nella struttura. La struttura del tronco deve rievocare le forme naturali dell’essenza. In condizioni d’elevata umidità dell’aria, tipiche della zona tropico-equatoriale, i rami più vicini al suolo possono produrre delle radici (dette aeree) che scendono verticali ed entrano nel terreno. Essendo in natura una caratteristica degli e-semplari annosi, un’analoga struttura nei bonsai più massicci dà loro un notevole pregio. I F. benjamina e retusa hanno una facile capacità di emettere radici aeree La presenza di radici aeree accresce questa sensazione d’annoso, purché non si sovrappongono esteticamente con il tronco. Il risultato dovrebbe ri-cordare delle liane che pendono dai rami alla ricerca d’umidità nel terreno. E’ sconsigliata la trasformazione dei monconi dei rami in jin, sia per mo-tivi estetici sia costitutivi, il legno del ficus è fibroso e tende a marcire facilmente. Potare i germogli ancora erbacei provoca una risposta poco rile-vante per quanto concerne l’infittimento. Al contrario la riduzione di rami lignificati stimola la comparsa di getti più numerosi all’indietro, cresce la fittezza della ramificazione e di conseguenza contribuisce a ridurre la superficie d’ogni nuova foglia. Quindi quando i germogli hanno svilup-pato 6-7 paia di foglie, vanno accorciati a 2 o al massimo 3 paia di foglie. Mentre la potatura dei rami grossi e delle branche si esegue in inver-no; dal taglio uscirà del lattice che dovrà essere fermato con pasta cicatriz-zante o con spruzzature d’acqua.

Defogliazione Se la pianta è in ottima salute e non è stata rinvasata ed è già strut-turata, in giugno si può defogliare, infoltendo così i rami ed equilibrando gli internodi lunghi, altrimenti si possono tagliare le foglie più grandi al picciolo.

Applicazione del filo I rami, essendo molto flessibili, tollerano forti piegature quindi il filo si può applicare durante tutto l’anno, aspettando che i rametti siano lignificati, avendo cura di proteggere la corteccia con carta crespa. Controllare spesso il filo durante le fasi di sviluppo perché entra facilmente nel legno. Molti preferiscono realizzare la modellatura col filo nello stesso peri-odo della defogliazione, anche perché si può vedere bene tutta la ramificazi-one; ma attenzione: in un solo mese il filo può incidere la corteccia ed il segno rimarrà per molti anni. È meglio avvolgere con spire più larghe se non si ha la possibilità di controllarlo frequentemente.

Concimazione Se usate concimi organici che sono ricchi di fosforo, questi possono anche servire meglio per la comparsa di fiori/frutti. Se coltivati all’interno devono essere concimati ogni 15-20 giorni con concimi liquidi ricchi d’azoto

durante la stagione di crescita, o con concime organico a lenta cessione. Mentre in inverno con concimi più ricchi di fosforo e potassio una volta al mese. All’esterno si concimano ogni 15-20 giorni con concimi liquidi ricchi d’azoto durante la fase vegetativa e da settembre a novembre con fer-tilizzanti liquidi più ricchi di fosforo e potassio, per lignificare meglio i rametti ed interrompendo totalmente in inverno. Alternare concimi liquidi a solidi e non concimare le piante appena rinvasate, quelle in cattivo stato di salute e nei mesi troppo caldi.

Stili bonsai Con queste piante si possono realizzare tutti gli stili, importante è che la forma dei bonsai di Ficus tropicali deve riuscire a raffigurare bene l’aspetto degli alberi spontanei: molto voluminosi e grandi. Interessante è il bonsai con il F. retusa le cui radici aeree si possono utilizzare sulla roccia.

Parassiti e malattie È essenziale una precauzione: alcune varietà, come il Ficus panda, sono molto sensibili ad insetticidi, fungicidi ed altri prodotti chimici. Una dose eccessiva, o un insetticida a base di fosforo, farà ingiallire le foglie con la con-seguente caduta. I parassiti più ricorrenti, tripidi: Frankliniella occidentalis, tripide di dif-ficile individuazione per le abitudini a ritrovarsi all’interno delle gemme, o sul-la pagina inferiore delle foglie, di dimensioni di 1-1,5 mm. Sintomi principali: deformazioni delle foglie, bollosità; nello stadio più avanzato piccole tacche color marroncino.

>> L’essenza del mese

96Il Ficus - II parte- Antonio Acampora -

Echinotrips americanus: attualmente è presente in in maggiore percentuale rispetto a Frankliniella occidentalis. I sintomi sono rappresentati da lievi de-formazioni delle foglie, decolorazione diffusa, rallentamento della crescita, molto simili a quelli provocati da acari. Echinotrips è un tripide di dimensioni maggiori di Frankliniella occ. ; di colore nero, con una sottile linea bianca in corrispondenza dell’attaccatura delle ali, vive generalmente sulla lamina sia superiore che inferiore della foglia. Le larve sono di colore giallo chiarissimo, quasi trasparenti, spesso più frequenti sulla pagina inferiore. I sintomi sono un rallentamento generalizzato della crescita, la presenza di fogliame più chiaro, con strisce di colore verde chiaro “a puntini”. Sono molto simili ai danni cau-sati da acari (vedi in seguito). Alla comparsa di pochi individui di tripide, si consiglia di intervenire alternando due o tre tipi di principi attivi, con prodotti a base di piretroidi. Se si notano ragnatele sulla pagina inferiore con foglie gialle e mac-chiate, è presente il ragnetto rosso o Acaro tetranichide: Tetranichus urticae . Sono visibili ad occhio nudo, si localizzano sulla pagina inferiore delle foglie; uova e forme giovanili sono individuabili grazie all’utilizzo di una semplice lente (uova trasparenti, tondeggianti, sempre poste sulla pagina inferiore). I sintomi sono rappresentati dalla presenza di decolorazioni sulle foglie, a volte puntiformi, rallentamento della crescita. Sono favoriti da condizioni di secchezza dell’ambiente di coltivazione, e presentano in genere un periodo di massima moltiplicazione in estate, anche se la loro presenza è continua, anche se minima, quasi per tutto l’anno. E’ ri-chiesto quindi un monitoraggio continuo e un’attenta e costante osservazione. Lotta: alcuni principi attivi efficaci contro i tripidi sono anche acari-cidi. E’ importante, nel programma di controllo degli acari, alternare più prin-cipi attivi, sia come modalità d’azione che come efficacia sui diversi stadi di sviluppo: adulti, uova, forme giovanili o neanidi. Irrorare ogni 15 giorni fino alla scomparsa degli acari. Le cocciniglie spesso si mimetizzano col colore delle foglie o del tronco, tanto che riesce difficile notarle: gli scudetti sono piccoli (1-2 mm.) e spesso quasi trasparenti. Cocciniglia cotonosa: Pseudococcus longispinus e Planococcus citri, il danno consiste nella presenza di una secrezione biancastra e co-tonosa; adulti e forme giovanili (neanidi) danneggiano la pianta nutren-dosi della linfa e rallentando quindi la vegetazione, fino a bloccarla, in condizioni d’elevata infestazione. Danni secondari, non meno importan-ti, sono rappresentati da una riduzione dell’entità fotosintetica, e dallo sviluppo di fumaggini: funghi che si sviluppano sulla superficie fogliare, nutrendosi dei residui prodotti dagli insetti, sui loro secreti zuccherini, che danneggiano gravemente dal punto di vista estetico e funzionale. Poiché non è consigliabile l’uso dell’olio bianco, è meglio ricorrere a soluzioni saponose (ad esempio un cucchiaio del comune detersivo per stoviglie diluito in mezzo litro d’acqua) pennellato o spruzzato su tutta la ve-getazione. Utile anche l’estratto di tabacco o dell’alcol denaturato applicato con un batuffolo di cotone, che aiuta a “staccare” il parassita. Oppure ba-gnare il substrato con insetticida sistemico ogni 15 giorni fino alla scomparsa. Di fronte alle malattie fungine i ficus dimostrano una buona resisten-za: il pericolo maggiore viene come al solito da un terriccio troppo bagnato. I rischi più alti li corrono a causa dell’antracnosi: macchie gialle che si propa-gano dai margini delle foglie e su di esse si evidenziano puntini neri, si cura spruzzando soluzioni a base d’ossicloruro di rame sulle foglie, o benomyl e il riscaldo: il lembo fogliare presenta tacche decolorate che finiscono per dis-seccare, si previene evitando di nebulizzare in pieno sole e di esporre il bonsai ai raggi diretti del sole, e alle basse temperature.

Fisiopatie Perdita delle foglie: le foglie basali diventano gialle poi cadono e la pianta si defoglia in modo innaturale e dopo poco tempo può anche morire. Le cause possono essere: insufficiente esposizione del bonsai, correnti d’aria o improvvisa caduta della temperatura. Se quest’evento si nota in inverno, la causa è l’annaffiatura troppo abbondante e/o con acqua troppo fredda. È necessario innaffiare meno e mettere la pianta in un luogo con più luce.

97Il Ficus - II parte- Antonio Acampora -

Le specie più diffuse di Ficus adatte a Bonsai sono:

• F. benjamina (ficus beniamina): è un albero con tronco diritto dal porta-mento flessibile ed elegante, foglie persistenti di colore verde brillante con la conformazione oblunga. Ha un tronco dal colore grigio.• F. retusa: assomiglia molto al F. benjamina. E’ una specie che cresce nelle isole Hawaii e nelle regioni fra Filippine, Borneo e Malesia. Ha foglie persis-tenti, allungate e di colore verde brillante. Questa specie emette radici aeree ed è particolarmente vigorosa.• F. formosanum (fico di Formosa): anch’essa è una specie a foglie più ro-tonde, persistenti, ma è una pianta più delicata ed ama stare più alla luce ris-petto alle altre.• F. religiosa: Questa pianta è così chiamata perché è considerata in India un albero sacro. Le foglie cuoriformi ad apice allungato hanno venature di colore avorio e rosaceo.• F. neriifolia: E’ un albero di piccole dimensioni che si distingue per le foglie strette e lanceolate di colore verde lucido. La forma delle foglie somiglia a quella del salice piangente. In pochi anni emette radici aeree.• F. pumila: E’ un albero a foglie piccole che ha uno sviluppo che somiglia ai rampicanti.• F. microcarpa: Ha foglie piccole, in natura costituisce un albero grandissi-mo con una vegetazione molto fitta e lunghe radici aeree. Si origina nell’Asia tropicale.• F. panda: È una varietà di Ficus che produce frutto, ma molto più piccolo del Fico. Ramifica con molta difficoltà• F. nataliensis: Cresce con foglia sottile e larga in punta, compatta, produce facilmente radici aeree. E’ molto vigoroso.

>> L’essenza del mese

98Il Ficus - II parte- Antonio Acampora -

Premio BonsaiGenova 2009

Il concorso è aperto ai club italiani su invito.Fra tutti i partecipanti saranno selezionati trentaesemplari ( bonsai e suiseki ), con un massimo ditre esemplari per ogni club.Ai primi dieci club proprietari degli esemplariprescelti sarà offerta ospitalità per due soci(pernottamento e cena di sabato 17 ottobre ).

La scadenza per l’invio delle schede dipartecipazione è prorogataal 15 giugno 2009.

Il regolamento integrale è visibilesul sito www.bonsaigenova.it

Programma

VENERDì 16 OTTOBRE15,00/17,00CONSEGNA PIANTE E SUISEKI SELEZIONATI DA PARTE DEI CLUB

SABATO 17 OTTOBRE9,00/10,00CONSEGNA PIANTE E SUISEKI SELEZIONATI DA PARTE DEI CLUB9,30/13,00LABORATORIO BONSAI CON EDOARDO ROSSI11,00INAUGURAZIONE MOSTRA BONSAI E SUISEKI E MOSTRA MERCATO15,00/17,30LABORATORIO SHODO A CURA DI BOKUSHIN20,00CENA CON CONSEGNA DEI “PrEmi BONSAiGENOVA 2009”PRESSO LA LOCANDA DEL CIGNO NERO

DOMENICA 18 OTTOBRE9,00APERTURA MOSTRA BONSAI E SUISEKI E MOSTRA MERCATO10,00CONVERSAZIONE SUL’ALESTIMENTO DEL TOKONOMA CONBOKUSHIN, ANDREA SCHENONE, GIORGIO ROSATI11,30CONVERSAZIONE/COMMENTO A CURA DIGIOVANI GENOTTI SU ALCUNE PIANTE ESPOSTE9,30/13,00LABORATORIO BONSAI CON EDOARDO ROSI15,00/18,00DIMOSTRAZIONE DI TECNICA BONSAI A CURA DI EDOARDO ROSSI

Regolamento Laboratori BonsaiI laboratori sono aperti a tutti (una parte di posti è riservata agli iscritti ad ABSG), nel numero massimo di 8 partecipanti ciascuno. Il contributo spese di ciascun laboratorio della durata di tre ore e mezza è di 20 euro. Le prenotazioni si effettuano tramite e-mail all’indirizzo [email protected] e presentandosi direttamente alla reception della mostra a Villa Serra sabato 17 e domenica 18 alle 9,00.Nel caso di richieste eccedenti il numero dei posti disponibili, verrà data la precedenza alle prenotazioni giunte per prime. Nel caso il partecipante non si presenti entro le 10,00, perderà il diritto di effettuare il laboratorio a favore di altre persone presenti nella eventuale “lista di attesa”. Il partecipante dovrà essere provvisto di propria pianta da lavorare, del filo di rame o di alluminio, e di tutta l’attrezzatura necessaria.

Regolamento Laboratorio SHODOIl laboratorio è aperto a tutti (una parte di posti è riservata agli iscritti ad ABSG), nel numero massimo di 15 partecipanti, ed è gratuito. Le prenotazioni si effettuano tramite e-mail all’indirizzo [email protected] e presentandosi direttamente alla reception della mostra a Villa Serra sabato 17 alle 14,30.

Dimostrazione bonsaiLa dimostrazione di tecnica bonsai consiste nell’impostazione o nella rifinitura di una pianta importante coltivata e preparata a tale scopo.

“Pronto soccorso bonsai”Per tutta la durata della manifestazione saranno disponibili soci esperti di ABSG per fornire gratuitamente consigli, pareri ed eventualmente semplici interventi sulle piante di proprietà dei visitatori

Il club Amatori Bonsai e Suiseki Genova opera in Liguria per la diffusione delle arti Bonsai eS-uiseki, organizzando tra l’altro esposizioni, corsi per principi-anti e incontri con istruttori per attività didattica di livello

avanzato. Si riunisce ogni primo e terzo mercoledì del mese alle ore 20,30 nella propria sede.

Il pino silvestredi Elisabetta Ruo

Ottobre, cambiamento di stagione, ci distur-bano le malattie da raffreddamento come la tosse, il raffreddore, il mal di gola.. Quali sono i rimedi migliori? Le essenze usate principal-

mente in aromaterapia sono: pino, timo ed eucalipto. Si usano nel brucia essenze per diffonderli nell’ambiente, ma si possono mettere anche nelle vaschette dei radia-tori, ovviamente quando si accendono. Per noi bonsaisti, ricordo che nei lavori di pin-zatura vengono sprigionate le molecole che ne conten-gono i principi attivi e queste vanno direttamente nella

corteccia olfattiva, senza passare, come avviene per gli per gli altri sensi, da altre strutture intermediarie tipo il talamo. Di conseguenza non si può scegliere cosa respi-rare e non si riesce ad elaborare il messaggio cosciente-mente. Abbiamo quindi un’azione efficace e diretta. Parlare del pino può suscitare tantissimi ricordi: dai pini marittimi, all’aria balsamica e fresca che si respira in montagna, alle pigne dorate di Natale, ai bagnoschiuma al pino silvestre, ma soprattutto per noi i vari bellissimi bonsai famosi e non…

>> Non tutti sanno che...

100Il Pino silvestre- Elisabetta Ruo -

L’ultima lezione da Stefano Frisoni ci ha proposto la lavorazione del suo noto a tutti Pino silvestre (Fig. 1). Questa essenza è nota per la sua bella chioma di un verde vivace; si trova sui monti e si coltiva nei pressi dei sanatori, i cui ricoverati tanto beneficiano dalle resine degli oli essenziali contenuti nel pino (stesse proprietà dell’abete), le sue resine vincono i catarri bronchiali, pol-monari e della vescica. Per le bronchiti e le tossi ostinate si preparano infusi di gemme di pino (30 gr per un litro d’acqua), si beve l’infuso caldo ed addolcito con miele. Il decotto, essendo un buon diuretico, cura la cistite; serve anche per fare gargarismi, per schiarire la voce, a chi è solito parlare molto, giova a chi è effetto da gotta, in-fiammazione intestinale, reumatismi. Utili le irrigazioni fatte col decotto per i disturbi causati da leucorrea,( decotto 40 gr per 1 litro d’acqua). Per uso esterno viene utilizzato per combattere la pso-riasi. È il pino che popola i nostri Appennini. Alto fino a cinquanta metri, da secoli viene usato per le sue enormi virtù medicinali. Dalla distillazione secca del suo legno si ricava il catrame vegetale (catrame di Norvegia). Esso contiene diversi carburi (benzolo, toluolo) e fenoli. Il ca-trame vegetale in capsule è un ottimo antisettico, da secoli usato per le affezioni bronchiali. L’olio essenziale di pino silvestre si ricava dagli aghi con il metodo della distillazione a secco e si ottiene un liquido giallo paglierino che emana un profumo balsami-co che ricorda molto quello della Canfora. Il pino silvestre aiuta principalmente nei disturbi da raffreddamento, quelli a carico della gola, ma anche e soprattutto dei bronchi: in caso di secrezioni bronchiali, riesce a rendere fluida l’area e in tal modo favorisce l’espulsione del muco e di quanto ostruisce i bronchi. A tal fine viene utilizzato con il metodo dell’inalazione -i classici suffumigi- versan-do 10-15 gocce di olio essenziale di pino silvestre nel con-tenitore con l’acqua calda, per poi procedere ad inalare, con la testa coperta possibilmente da un asciugamano. Gli effetti sono maggiori e di più rapida effica-cia se l’operazione viene ripetuta più volte al giorno, al-meno 2. Il vapore, che entra nelle vie respiratorie, unito all’azione dell’olio di pino, produce una piacevole sensa-zione di calore, che stimola l’espettorazione. Oltre a bronchi e raffreddore, è di aiuto per le vie urinarie gravate da problemi infiammatori. Per risolvere le infiammazioni il metodo migliore è quello del bagno in vasca o, se la natura del problema richiede trattamenti frequenti, quello del semicupio. Si tratta di un ‘mezzo ba-gno’ perchè appunto si bagna solo la parte inferiore del corpo, quella interessata dal problema. L’acqua deve es-sere tiepida, le gocce di olio essenziale 18-20 e la durata non inferiore ai 15 minuti. Nel caso in cui l’infiammazione riguardi l’area genitale femminile, si consiglia non tanto il bagno o il semicupio quanto la lavanda vaginale, da effettuare una volta al giorno. Qui l’acqua è fredda (non gelida, ovvia-mente) e le gocce sono 15-20. Infine, le proprietà antiset-tiche e lenitive dell’olio di pino si esprimono favorevol-

Il pino, genere di conifere delle pinacee con 90-100 specie circa distribuite nell’emisfero bo-reale, ha foglie sempreverdi, aghiformi,riunite a fasci, e frutti legnosi conici o piramidali, (stro-bili, coni o pigne). Diffusi in italia sono il pino do-mestico, con forma ad ombrello (pino Pinea) e strobili contenenti i pinoli commestibili, il pino sil-vestre (sylvestris) e il pino nero (nigra) delle aree montane, il pino mugo e il pino cembro. Prenderò in esame solamente le specie più interessanti dal punto di vista terapeutico.

mente sui reumatismi, che neces-sitano di massaggio morbido e deli-cato. Si unisce l’olio essenziale di pino silvestre all’olio di mandorle dolci(olio di base) e per 2-3 volte ogni giorno si procede sull’area do-lorante. L’ideale è fare il massaggio quando si può rimanere distesi per un po’ di tempo oppure prima di an-dare a dormire, in modo che si possa coprire la parte con un panno caldo di cotone o di lana per massimizzare gli effetti dell’olio essenziale, chepenetra nella pelle e la nutre in profondità con i suoi principi attivi.

PINO SILVESTRE (Pinus sylvestris)

Famiglia: pinaceeProvenienza : Europa, Asia occidentaleColore dell’olio: giallo chiaroProfumo: fresco, balsamico.Proprietà: antireumatiche, antisettiche, espet-toranti, balsamiche, stimolanti, cicatrizzanti.Avvertenze: diluire prima dell’uso.

- consiGli pratici -Miscela per reumatismi: diluire 50 gocce di olio essenziale di Pino silvestre in 250 ml di olio di Mandorle dolci. Usare questa miscela due o tre volte al giorno per massaggiare la parte do-lorante.

Per malattie da raffreddamento: in una bacinella di acqua bollente mettere 15 gocce di olio essenziale di Pino silvestre. Coprirsi il capo con un asciugamano e inspirare profonda-mente. Interrompere brevemente di tanto in tanto e continu-are ad inspirare finché l’acqua sprigionerà vapore.

Per l’infiammazione delle vie urinarie: preparare un semicu-pio che copra per intero il bacino, aggiungere 20 gocce di olio essenziale di Pino silvestre e rimanere immersi per almeno un quarto d’ora. Ripetere, una volta al giorno, finché non sarà scomparso il disturbo.

Irrigazioni per la leucorrea: in 300 ml di acqua, bollita e lasciata raffreddare, mettere 15-20 gocce di olio essenziale di Pino silvestre. Con quest’acqua fare una lavanda vaginale. Ripetere quotidianamente, fino alla scomparsa del disturbo.

101Il Pino silvestre- Elisabetta Ruo -

- Fiori di Bach - I fiori di Bach funzionano solo sulle emozioni, non sono in grado di curare nessuna patologia, in quanto agiscono solo a livello di vibrazione cellulare. Nel caso del pino silvestre, PINE, viene prescritto per coloro che pro-vano disperazione o scoraggiamento, in particolar modo hanno sempre un forte senso di colpa su ciò che fanno, convinti che avrebbero potuto fare meglio e si prendono anche le colpe degli altri. Si sentono immeritevoli ed inutili, si scusano di tutto soffrendo di troppo autorimprovero. Il loro senti-mento di colpa e il senso di vergogna non sono neces-sariamente legati ad azioni sbagliate, ma distruggono la possibilità di gioire della vita.

- inFormazioni Generiche - I pini crescono su quasi ogni tipo di terreno. Dopo l’abete rosso ed il faggio, il pino silvestre è al terzo posto come presenza nei boschi austriaci. I popolamenti di pino nero si trovano soprattutto al margine orientale delle Alpi. Si trovano porzioni di fusto prive di rami lunghe fino a 20 m. La sua età massima raggiunge i 600 anni, quella di taglio è compresa tra i 100 e i 160. Da giovane ha una crescita rastremata, che successivamente porta ad una chioma irregolare (in zone esposte al vento chioma a bandiera). Altezza tra 10 e 30 m, massimo 40 m. Il pino silvestre ha nella porzione basale del fusto una corteccia profondamente fessurata e piatta, mentre in quella superiore e fin in età avanzata essa si presenta sottile e rosso volpe. La corteccia del pino nero è da gri-gia a bruno scuro e profondamente scanalata. Entrambe le specie arboree hanno gli aghi raggruppati a coppie e sono torti. Le pigne sono piccole, ovali e brevemente pic-ciolate.

- inFormazioni storico-culturali - Come pianta pioniera il pino silvestre formava insieme alla betulla i primi boschi dopo il periodo gla-ciale; venne però sostituito da querce e faggi. Fu col-tivato dall’uomo per l’elevato contenuto di resina; la distillazione della quale non solo forniva il catrame per im-permeabilizzare botti ed imbarcazioni e l’olio di tremen-tina impiegato come solvente, ma anche la colofonia (o pece greca) utilizzata per impregnare gli archetti dei vio-lini. Le porzioni di fusto molto ricche di resina, spaccate in bastoncini lunghi 20 cm venivano impiegate ancora nel XIX secolo per l’illuminazione. Poiché un pavimento di questo legno ricco di resina non scricchiola, i palchi dei teatri sono fatti generalmente in pino nero. Ippocrate lo utilizzava con successo in versione officinale, per via della sua capacità di curare le malattie respiratorie.Il nome la-tino pinus deriva dal celtico pin ( montagna – roccia) ri-facendosi alla capacità di sopravvivenza di questa specie in questi terreni. In greco pino deriva da “pitus” un amante

del Dio Pan ( divinità di forma caprina) che usava cingersi la testa con un ramo di pino. Ovidio, Virgilio, Orazio e Plinio lo citano nelle loro poesie.

- curiosità - Per gli antichi greci il pino era sacro a Rea e a Dioniso, divinità della natura. In Cina e Giappone il pino rappresenta l’immortalità, probabilmente perché il suo legno è molto forte e le foglie sono sempreverdi. Dalla resina del pino, secondo una credenza ci-nese, penetrata nel terreno, nascerebbe dopo 1000 anni un fungo che dovrebbe conferire l’immortalità a chi se ne nutre. In Giappone il legno di pino si usa per costruire i templi, mentre due alberi di pino della stessa altezza ven-gono posti ai lati della porta di casa il giorno di capodanno ( Oshogastu) per ingraziarsi le divinità. Questa pianta rappresenta inoltre la fecondità e la felicità per cui gli sposi bevono del sakè davanti ad un ramoscello di pino. Infine viene considerato il simbolo de-gli uomini incrollabili, probabilmente per la sua robustez-za e longevità. Diversamente alla corte di Alessandro Magno i buoni maghi lo avevano incluso in una pozione afrodi-siaca, che risultava molto utile e gradita al grande con-quistatore. Veniva usato con altre 12 essenze, lasciato amalgamare per dieci giorni e alla fine bastava aprire l’ampolla ed aspirarne il profumo.

pino mugo: uccide i germi delle vie respiratorie, urinarie e della cistifellea, combatte le infiammazioni, fluidifica il catarro, rende la respirazione più profonda ed è indicato nelle bronchiti. Purifica l’aria in ambienti poco aerati e fu-mosi. E’ indicato per inalazioni, bagni e saune. Dà forza resistenza e coraggio e ci tiene coi piedi per terra. I pini sono anche detti “i polmoni verdi”, perché sono i nostri complementari: infatti inspirano ciò che noi espiriamo. Importante nel caso di olio essenziale non consumarlo per via orale. - Estrazione dell’olio essenziale avviene per distillazione di pini selvatici; - Profumo fresco e resinoso;- Dalla resina del ‘Pino marittimo’ si estrae la trementina. Per fare 1 litro di olio essenziale occorrono 4-8 kg di resina. Il profumo rende la respirazione più profonda e ritmica, molto importante per la nostra salute che dipende da una buona respirazione.

pino cembro: purifica l’ambiente, soprattutto dove si fuma, fluidifica il catarro, allontana gli insetti, rinforza e riequilibra. Indicato per malattie respiratorie, raffreddori, mancanza d’iniziativa, per rinforzare le difese immunita-rie e per i fumatori. Dato che il cembro vive in un habitat difficile, dove può sopravvivere per secoli, ci trasmette la sua forza, il coraggio e il senso di durata, aiutandoci a concentrarci per trovare il nostro punto di equilibrio. Per effetto della sua forte azione depurativa sull’aria e sull’ambiente è una delle essenze più forti e consigliabili

102Il Pino silvestre- Elisabetta Ruo -

>> Non tutti sanno che...

da tenere, anche se sensibile come bonsai, per chi vive in città.- Estrazione : per distillazione di aghi e rametti. Per 1 litro di olio essenziale occorrono da 500 a 1000kg di pianta.- Profumo: fresco, resinoso e leggermente aspro.

- in conclusione - Il pino, anche come bonsai, è proprio un concentrato di benessere!

103Il Pino silvestre- Elisabetta Ruo -

La defogliazione II parte

di Luca Bragazzi

Dopo aver illustrato la defogliazione e i suoi scopi, vediamo ora qualche esempio di ap-plicazione della tecnica su due esemplari ap-partenenti alle specie più delicate menzionate

nella prima parte. Si tratta di due Quercus, Suber e Ilex, differenti tra loro come risposta agli interventi, in quanto la Suber è molto più vigorosa e resistente, ma allo stesso tempo bisognose di attenzioni in pre-operazione. La coltivazione in questi casi assume un’importanza fondamentale, proprio per l’accumulo di sostanze di riserva capaci di far rispondere gli esemplari nel migliore modo possibile, non solo sotto il profilo fi-siologico, ma anche sotto quello estetico. Nella foto 1, è possibile osservare il risultato su Quercus Suber, appena dopo una settimana dall’operazione di eliminazione delle foglie. Questo risultato, è tangibile non solo nelle parti periferiche della ramificazione, ma anche all’interno dei palchi tramite il risveglio di gemme latenti che aumen-tano il volume della ramificazione oltre a farla arretrare. In termini di qualità del risultato, è sorprendente osser-vare come le nuove foglie, abbiano una dimensione più

più piccola della moneta da un centesimo di euro (Fig. 2-3). Un risultato questo al limite delle possibilità fisio-logiche della pianta. Il secondo caso, relativo ad un vecchio ed impo-nente esemplare di Quercus Ilex (Foto introduttiva), ha vis-to l’applicazione della tecnica secondo il metodo parziale, ovvero riducendo la superficie fogliare senza stressare

>> Note di coltivazione

104La defogliazione - II parte- Luca Bragazzi -

ulteriormente l’albero, ottenendo così un risultato sicura-mente più lento, ma molto più sicuro per la salute e vi-gore dell’albero (Foto 5-6-7). Le operazioni di preparazione, consistono princi-palmente nell’applicazione di concimi e ammendanti or-ganici a livello radicale, oltre che di sostanze biostimolan-ti a livello fogliare, a partire già dai due anni antecedenti l’operazione. Rispettare tali tempistiche, è fondamentale per non incorrere in squilibri di vigoria e ritiri di linfa suc-cessivi alla defogliazione.

105La defogliazione - II parte - Luca Bragazzi -

>> Tecniche bonsai

La scelta del vaso

di Antonio Acampora

Aspetto maschile e femminile Ogni pianta può avere un aspetto maschile o femminile: questo è de-terminato dal tipo d’essenza, ricordando che vi possono essere anche forme maschili o femminili in ogni varietà. Generalmente i pini neri sono considerati maschili, mentre i pini pentaphilla hanno più tendenza verso una forma femminile. L’acero giappo-nese ha una forma femminile mentre la varietà tridente tende ad essere più maschile. In genere le conifere sono tendenzialmente maschili, mentre le ca-ducifoglie e le essenze da fiore sono più femminili. I vasi grigi non smaltati, i marroni e quelli più scuri sembrano essere più maschili, mentre quelli colorati, pastello o smaltati possono apparire più femminili. Il rosso, in vasi non smaltati, è adatto ai pini. Le forme dei vasi quadrate o rettangolari hanno limitazioni visive a causa della loro rigidità, mentre i contenitori ovali o rotondi fanno immagi-nare spazi più vasti, come un prato o una pianura che non ha confini. Le forme esagonali od ottagonali sono assimilate a quelle quadrate o rettangolari. Le forme con scanalature sono da considerarsi come i rotondi o gli ovali. Alberi maschili sono collocati in vasi pesanti e profondi senza decora-zioni, i bordi squadrati e piatti. I vasi quadrati o rettangolari sono da conside-rarsi maschili, ma ciò potrebbe variare secondo gli eventuali decori o rifiniture e anche dalla scelta dei piedini. Alberi femminili dovrebbero essere messi in vasi bassi e raffinati con colori sfumati, i lati dei vasi devono essere curvi o ar-rotondati, la forma del contenitore rotondo od ovale. Vasi di forme quadrate, esagonali od ottagonali e non smaltati, ser-vono per piante con personalità, che sembrano vissuti in luoghi impervi.

106La scelta del vaso - II parte- Antonio Acampora -

II parte

L’opposto a questi vasi è rappresentato da vasi rotondi o scanalati. Bonsai in stile eretto formale con un gros-so ramo da una parte, sono alberi che crescono in pianura o nei prati. I contenitori adatti sono rettangolari od ovali, per consentire di mettere in risalto quel grosso ramo.

Un vaso rotondo si adatta ad un albero eretto e slanciato. La smal-tatura lucida è consigliabile per una pianta piuttosto colorata.

Vaso molto formale, i bordi netti si adattano ad un portamento eretto formale della pianta. Questo vaso è relativamente profondo, idoneo per un albero con tronco spesso o una struttura robusta.

Vaso di linea pulita che non distrarrebbe lo sguardo da una delicata pianta in stile formale.

I vasi ovali essendo molto versatili, sono molto impiegati nel bonsai. Lo smalto lucido metterebbe in risalto un albero fiorito o un’essenza a fo-glia caduca con foglie colorate.

Questa forma è un compromesso tra le linee nette del rettangolo e la bas-sa curvatura di un vaso ovale. Ver-satile, adatto a molti stili e specie.

La colorazione di questo contenitore sarebbe perfetta per biancospino, betulla, faggio,e altre specie sempre-verdi di forte impatto visivo.

Vaso simile al precedente, tuttavia i bordi più bassi richiedono un albero di massa e peso minore.

Una forma elegante per un vaso ver-satile, adatto ad una vasta gamma di piante, da una sempreverde a un pino casuale.

Questo stile di vaso si ispira alla forma di un tamburo giapponese. La linea semplice si adatta ad un bon-sai come per esempio,un albero in stile letterati.

Forma classica e formale. Questo stile è caduto un poco in disuso, a causa del gusto per i bonsai in stile casuale.

Vaso rettangolare, addolcito dagli angoli scolpiti e dai bordi ricurvi. Si adatta ad un albero con tronco spes-so e in stile casuale.

107La scelta del vaso - II parte- Antonio Acampora -

Un vaso dalle linee sottili darebbe risalto ad un acero dalle foglie rosse o altri alberi con fiori o foglie vivaci.

I vasi irregolari di solito sono usati per alberi in stile in-clinato, contorto, spazzati dal vento o prostrati. Quan-do sono piccoli possono accogliere piccole piante di com-pagnia.

L’altezza del vaso è rapportata al portamento orizzon-tale o verso il basso della pianta.

Questo vaso basso dalla linea solida sarebbe adatto per un albero in stile “a scopa” o per una zattera.

Questo vaso è idoneo per gruppi o saikei. L’ampia super-ficie crea l’effetto di spazio necessario ad un paesaggio.

La linea ben definita di questo vaso ovale gli conferisce un aspetto formale, mentre la fascia orizzontale in rilie-vo ne riduce la profondità. Il colore si intonerebbe alla corteccia di un ginepro cinese.

Questo vaso ha un aspetto antico, di gusto cinese e sa-rebbe adatto ad un carpino dal tronco spesso, o un biancospino, o un cotogno.

Un vaso dallo stile rigoroso, esige un albero carico d’anni. Sarebbe adatto ad un vecchio pino.

>> Tecniche bonsai

108La scelta del vaso - II parte- Antonio Acampora -

Vaso per cascata con aspetto più morbido del precedente conferitogli dai bordi svasati e dalla sezione esagonale.

In questo vaso di linea essenziale, l’altezza è doppia della larghezza al bordo .

- reGola dei terzi - La scelta del vaso deve riflettere la personale interpretazione artistica, tenendo presente la “regola dei terzi” in relazione alla silhouette generale. L’albero dovrebbe essere i 2/3 del disegno globale, il vaso 1/3. La lunghezza del vaso dovrebbe misurare 2/3 dell’altezza della pianta mentre la profondità della pianta, dal fronte al retro, 2/3 della sua lunghezza. Ricordiamo, però che tutte le regole generali ci sono sempre delle eccezioni. Anche nelle esposizioni si deve rispettare “la regola dei terzi” : albero e vaso devono rappresentare i 2/3 della massa visiva, mentre il tavolino solo 1/3 . L’Albero, vaso e tavolino formano un insieme pari ai 2/3 di tutta l’esposizione. Quando si tratta di scegliere un vaso per cascata si deve trovare il giusto rapporto con la regola dei terzi. Un vaso per lo stile a cascata può avere ogni tipo di for-ma, eccezion fatta per quelli rettangolari oppure ovali.

- aBBinamento tra vaso e Bonsai - Il Bonsai si innalza ad espressione artistica, così che l’osservatore può apprezzare in esso l’interpretazione della bellezza che si ritrova negli alberi o nei paesaggi naturali. Il vaso con il suo colore e la sua forma valorizza sia lo stile sia la specie dell’albero. Quando la pianta e il vaso si fondono diventando una cosa sola, è possibile rag-giungere due obbiettivi: far risaltare la bellezza del bonsai e mantenerlo in buona salute. Si crea un bonsai ap-prezzabile e suggestivo quando si forma un’armonia tra la pianta, la forma, il colore del vaso e la quantità di terra in esso in contenuto. Di conseguenza è molto importante scegliere il vaso che fa risaltare lo stile dell’albero. Un albero posto in un vaso giusto, col passare del tempo acquista il senso di Wabi (implica semplicità accompagnata dalla serena capacità di accontentarsi, in pratica si può ritrovare osservando ad es. una capanna povera abbandonata da un pescatore, su una spiaggia solitaria) e di Sabi (in termini estetici indica la patina del tempo, la grazia unita all’antico). Il rapporto tra le altezze del vaso e dell’albero conferisce equilibrio. L’altezza del vaso è determinata dalla grossezza del tronco dell’albero. Il vaso basso viene usato per esprimere l’ampiezza dello spazio ed è adatto ad un albero dal tronco fine. Ad un al-bero voluminoso, robusto si adatta un vaso alto, mentre quello sottile ed elegante si adatta ad un vaso basso. Infine in una mostra Bonsai, per un albero gio-vane è bene usare un vaso nuovo, mentre un albero vec-chio deve essere rinvasato in uno usato da tempo.

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Il Chokkan, lo stile eretto formale è lo stile di base del bonsai. Esso non deve avere curve e inclinazioni e le radici devono svilupparsi a raggiera in ogni direzione, un vaso che si ar-monizzi, ad es. per un chokkan di pino è un vaso rettangolare alto che da un aspetto imponente. Per Abete, Larice Criptomeria, ecc. dal tronco sottile, si adatta un vaso rettangolare od ovale, basso, che ricorda un’albero cresciuto in pianura. Per le caducifoglie come la zelkova, stanno bene i vasi bassi ovali o rettangolari smaltati.

Per un Moyogi con una sagoma curva e lievemente inclinata, si richiede un vaso che faccia risaltare l’eleganza di questo stile. All’albero dal tronco robusto si abbina un vaso ovale o rettangolare alto.

il Bunjingi che rappresenta la raffi-natezza e la semplicità di un albero dal tronco sottile, suscita sensazioni di pace e serenità. Occorre quindi un vaso senza angoli cioè basso e ro-tondo. Es. vaso a forma di piatto , di tamburo, di fiore di loto, o ovale.

Per un Yose-uye (bosco) si utiliz-zano vasi bassi e spaziosi di forma ovale. Mentre i boschi realizzati con piante dai tronchi sottili, con poca profondità, si scelgono vasi rettangolari bassi.

Ci sono due tipi di Kabudachi (cep-paia) uno in stile chokkan e l’altro in quello moyogi. A questo stile si adat-tano vasi ovali o rettangolari.

Per un Ikadabuchi (zattera) occorre un vaso rettangolare che non sia troppo largo. E’ importante lasciare al rinvaso uno spazio laterale .

Lo stile Kengai (cascata) rappresenta un al-bero cresciuto in una zona difficile per la sopravvivenza della vegetazione, come in una scarpata in una montagna. Il lungo ramo che scende e precipita dal vaso (hane-dashi). Sono adatti vasi quadrati o rotondi ed alti. Si scegli il quadrato o il rotondo a secon-da del livello di drammaticità del Kengai.

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Un evento straordinario nel 2010 porterà gli appassionati di Bonsai e di Pietre a viag-giare attraverso la Cina dal sud al nord, visitando luoghi famosi ed affascinati, colle-zioni e giardini, partecipando a mostre, convegni fino al CONGRESSO BCI che si terrà a Tianjng, la terza città della Cina a circa 100 km a sud di Pechino.

Solo grazie alle relazioni del Presidente del BCI, signor I.C. Su e all’impegno di sua moglie Helen, è possibile realizzare un viaggio così complesso ed interessante, ricco di eventi e sorprese, che offre agli iscritti a questo “VIP TOUR” di essere ricevuti da Associazioni che organizzano mostre ed eventi appositamente per le nostre visite.

Il viaggio di 14 giorni, termina a Tianjin dove si terrà il CONGRESSO BCI 2010 organiz-zato dal Tianjin Baocheng Group.

Città visitate: Guangzhou, Nanjing, Zhenjiang, Yangzhou, Beijing, Tianjin

6 Mostre - Dimostrazioni e conferenze

* Chencun -il mondo dei fiori- : Mostre di Bonsai e di Suiseki - Mercato di pietre - Dimostra-zioni di Bonsai e conferenza di Suiseki;* Mostra di Bonsai del Club de Nanjin;* Esposizione del Museo dei vasi di Yxing e visita a una fabbrica di vasi;* Mostra e Dimostrazione di Bonsai nel museo di Bonsai de Yangzhou;* Centro della Cultura delle Pietre a Pechino - Commenti sulle pietre;* Congresso e Mostra BCI 2010 a Tianjin - Bonsai e Suiseki.

ed ancora

* Crociera sul fiume Qinhuai - Nanjin;* Il Lago sottile dell’Ovest - Yangzhou;* La Città Proibita - Pechino;* Il Palazzo d’estate - Pechino;* La grande Muraglia.

TUTTI I DETTAGLI SU www.padrini.it

Sono in programmazione due extra tour. Il primo si terrà qualche giorno prima in VIETNAM per turismo e vedere collezioni di Bonsai e di Pietre, e il secondo dopo Tianjin a ALASHAN - Inner Mongolia - luogo unico e speciale per gli appassionati di pietre

SONO STATA INCARICATA DAL BCI DI RACCOGLIERE LE ISCRIZIONE PER L’EUROPA Chi è interessato mi avvisi per inserirlo nella mailing list.

Chiara Padrini

B sui suoi pregi sono tutti d’accordoonsai di acerodi Carlo Oddone

Gli Aceri sono un materiale relativamente faci-le da moltiplicare. Basta ricordare di stratifi-carne i semi per qualche settimana in frigorife-ro e seminarli a primavera iniziata. E’ quello il

periodo più raccomandabile, co sì le giovani piantine sono fuori dal rischio di gelate pericolose e il loro sviluppo risul-ta più vigoroso e compatto. Le talee mature radicano bene dopo la fi ne dell’inverno, quelle semilegnose dopo che la pianta ha vegetato abbastanza da es sersi caricata di zucchero, e le

>> L’angolo di Oddone

112Bonsai di Acero: sui suoi pregi sono tutti d’accordo- Carlo Oddone -

verdi in qual siasi momento siano disponibili, se protette e in buone condizioni di luce, temperatura ed umidità. Le margotte preparate al momento op portuno (sempre a pianta carica di zucche ro) vanno sorvegliate perché fanno le radici così in fretta che possono entrare in funzio ne ed assorbire l’umidità disponibile nella palla di substrato e poi seccare, tutto in me no di un mese. Ta-lee e margotte fatte in casa dovrebbe ro essere scelte da piante madri che presen tano caratteristiche particolar-mente prege voli, quali foglie di piccola dimensione e bril-lanti colori autunnali. Chi ha diversi soggetti dovrebbe, anzi, contrassegnare questi migliori per distinguerli al momento opportuno per la moltiplicazione. Gli Aceri, soprattutto il nostrano campestre, ve-getano riccamente per cui è possibile ottenere buoni risultati anche partendo da semplici mozziconi di tronco, che abbiano buone radici alla base ed una forma inte-ressante. Se coltivati inizialmente in piena terra, i rami selezionati e lasciati crescere liberamente raggiungono in una o due stagioni le dimensioni ideali per una imposta-zione armoniosa e corretta del futuro bonsai.

specie e varietà sperimentate Il più comune degli Aceri nostrani è forse il mon-tano (Acer pseudoplatanus). Le sue foglie sono un po’ grandine, ma si riducono in modo passabile nella gene-razione successiva ad una energica potatura estiva o alla defogliazione. Se ne trovano molti ibridi, con qualche differenza nella forma delle foglie, che d’autunno prendono sempre dei colori interessanti: gialle superiormente e dal bianco al violetto alla pagina inferiore vellutata. Il legno è te-nero e va difeso da camole e funghi, che lo guastano facil-

mente, facendo purtroppo morire interi rami o tut to il bonsai. Come tutti gli Aceri sopporta l’eccessiva umidità del terriccio. L’Acero che tra quelli europei si presta alla col-tivazione bonsai è il campestre (A. campestris). E’ molto generoso nel rispondere alle cimature in misura eccellente le dimensioni delle foglie, che nei giovani ger mogli sono bordate da gradevoli sfumature rosa-violacee e pendono flosce in un modo caratteristico; in autunno assumono un bel colore giallo vivo. E’ rustico e di poche pretese: ama un terriccio calcareo. C’è una varietà di Acero saccarino (A. saccarinum “var. laciniatum”) le cui foglie profondamente indentate ed incise talvolta si colorano a metà dell’estate, con varie sfumature del rosso e il “ventre” bianco ar genteo. La cor-teccia è interessante per come si sfalda, ma il comporta-mento bonsai non è dei più entusiasmanti. L’Acero riccio (A. platanoides) si trova nei vivai, a fogliame sia verde che rosso scuro, coltivato per giardini e alberate. Solo il verde è indicato come bonsai ed è grade-vole per il suo colore “fresco” e per la forma delle foglie a 7-9 “punte”. Durante la formazione dev e potere crescere fino ad avere una bella struttura: le successive potature e cimature lo trasformano in un soggetto inte ressante. Dalle ferite geme molta linfa simi le a lattice: non sembra che ciò abbia con seguenze negative, comunque per pru-denza è meglio intervenire prima della spinta o quando questa rallenta. L’Acero minore (A. monspessulanum) è piacevo-lissimo per la forma e le dimensioni delle foglie ma è piut-tosto restio a rispondere al trattamento bonsai: la sua ramificazion e resta rigida e non infittisce facilmente. Gli Aceri palmati giapponesi si presenta no in un gran numero di varietà. Si può escludere senz’altro quello “dis sectum” in quanto ha sempre internodi ec cessivi per un bonsai, inoltre è fragile e il suo fogliame, fin troppo leggero, si arriccia già solo a pronunciare la parola “sole”. Nei diversi tipi, le foglie palmate sono va riabili per il numero delle punte e la profon dità delle incisure, come per il tono del loro verde; riducono però tutte di molto mentre si infittiscono e possono assumere colori au tunnali veramente ragguardevoli. A questo proposito vanno celebrate le varietà “Deshojo”, “Choisio” e “Seigen”, i cui germogli, finché gio-vani, sono di un in credibile rosa o carminio; diventano verdi durante l’estate e tornano rossi d’autunno.C’è un gruppo di Aceri, chiamato “yatsu busa” (a sette ger-mogli), per la densità e la miniatura del fogliame. Sono però delicati e si deve proteggerli dagli eccessi sia di cal-do che di freddo. Poiché si comportano più da arbusti che da alberi, nel potarli o cimarli va tenuto presente che i rami bassi cresco no con maggior vigore di quelli alti. In genere negli Aceri palmati, sui ramet ti che stanno li-gnificando compaiono delle piccole lenticelle chiare facil-mente scam biabili per cocciniglia, che invece sono del tutto fisiologiche. Un altro Acero giapponese molto usato è il tri-dente (A. bargerianum). Le sue radici su perficiali possono

113Bonsai di Acero: sui suoi pregi sono tutti d’accordo- Carlo Oddone -

raggiungere dimensioni ragguarde-voli, ma presenta una notevole va-riabilità nella ricchezza del colore autunna le. Un Acero di cui non conosco il nome, ma mi hanno detto origina-rio dell’isola di Creta, è sempreverde. Il suo fogliame è simile al tri dente, un poco più coriaceo. Dovrebbe es-ser possibile tenerlo in casa durante l’inverno. C’è ancora l’Acero del fiume Amur (A. ginnala), molto gradevole per le sue foglie a tre lobi diseguali, giallo oro d’autunno (finché non piove) e per la sua generosità nel ve-getare. Fa un tronco dalla corteccia interessante e ingrossa rapidamente alla ba se, con buone radici superfi-ciali. Sempre proveniente dall’Oriente, incurio sisce l’Acero di Padre Davide (A. davidiana) poiché il suo legno giovane ha delle belle scre-

ziature, ma è pigro nel reagire alle cima ture. Ha foglie un pò grandi, in compenso d’autunno assumono un bellis-simo colore. Parenti di questi ultimi due (assomigliano molto al Ginnala) sono A. tataricum e A. diabolicum, che hanno un colore autunnale ancora più fiammeggiante.

stili più adatti La struttura degli Aceri in natura è generalmente leggera ed ariosa, e la forma dei loro bonsai dovrebbe rispecchiare tale caratteristica. Lo stile più adatto è per-ciò l’Eretto casuale o comunque una fisionomia asimme-trica, con spazi evidenti fra i rami.

>> L’angolo di Oddone

114Bonsai di Acero: sui suoi pregi sono tutti d’accordo- Carlo Oddone -

Molti Aceri tridente, per mettere in risalto le loro belle radici, vengono coltivati su roccia. Con le varietà che riducono molto il fogliame, se ne può fare anche bonsai di piccola dimensione, altrimenti le medio-grandi sono le più consigliabili.

trapianto, raccolta e suBstrati Gli Aceri nostrani è più facile reperirli in natura che nei vivai. Nonostante sopportino bene una riduzione delle radici, quelli cresciuti spontanei fino ad una certa di-mensione si raccolgono con più successo dopo aver ese-guito una zollatura a pochi centimetri dalla loro base.Qualche mese dopo tale trattamento hanno sicuramente prodotto una quantità di radici vicino al piede e questo, oltre a dare al soggetto una maggiore probabilità di ripresa, lo migliora esteticamente. Quelli giapponesi, molto usati nel giardi naggio, si trovano facilmente in vivaio coltivati in contenitore . Il loro trapianto presenta quindi solo la necessità di districare bene le radici, che ripetuti rinvasi e lunghe permanenze in piccoli spazi durante la col tivazione potrebbero avere fatto crescere in modo disordinato. Sono noti i vantaggi di coltivare in piena terra un bonsai nelle sue fasi iniziali,

ma soprattutto quando si devono far guarire grosse ferite da pota tura questa tecnica è indicata al massimo. Il sub-strato nel vaso va comunque preparato in funzione delle esigenze dell’Acero in questione: neutro o leggermente calcareo per i nostrani, un poco acido per quelli giappone-si. Ovviame nte dev’essere ben dre nante, ma in particolare per i soggetti dalla ancora semplice e povera di vegeta-zione, che impi egando molto tempo ad assorbire l’acqua dal terriccio del vaso soffrirebbero dell’inconveniente di restare inzuppati.

potatura di Formazione: come al solito il primo gesto e’ quello che conta Gli Aceri producono gemme opposte. Poi ché conviene dare alla struttura del bonsai una forma asim-metrica, avere rami secon dari alterni e dare ad ogni parte del sogget to una regolare conicità è indispensa-bile riuscire a gestire il successivo sviluppo dei germo-gli esattamente secondo le proprie intenzioni. Si può eliminare il ramo centrale dopo aver cambiato l’assetto della pianta, in mo do da volgere verso l’alto il ramo che si vuol far crescere maggiormente, e interrompere ad un certo punto lo sviluppo dell’altro ci mandone l’estremità.

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Questa operazione serve in primo luogo quando si sceglie il ra mo da usare come proseguimento del tron-co, ma anche per costruire bene un qualsia si altro ramo di una certa importanza. I mi gliori risultati si ottengono sempre quando si aspetta che le varie parti abbiano pri-ma rag giunto il diametro desiderato. Una buona conicità è la conseguenza più vistosa e pre gevole, ma i cambi di direzione dei vari trat ti daranno alla struttura anche una forma in teressante. Nel frattempo la ramificazione seconda ria, dopo che sarà servita a far ingrossare le sezioni che si progetta di conservare, po trà essere semplificata, lasciando un solo germoglio ad ogni nodo. Anche la forma zione di questi rami laterali, a suo tempo, potrà essere controllata con lo stesso crite rio. E’ essenziale agire in modo da ottenere delle proporzioni armoniose, nello spirito di quel particolare bonsai: in sostanza atten dere sempre, con la necessaria pazienza, che ogni tratto di ramo raggiunga il diame tro adatto prima di accorciare. Altra cosa estremamente importante è il prin-cipio di non accettare dei tratti cilindri ci troppo lunghi in nessun punto della strut tura: per quanto doloroso possa essere il tagliare, sacrificando una ramificazione preesi-stente, merita farlo al fine di creare un bonsai veramente bello.Quando le proporzioni delle varie parti della struttura incominciano ad essere sod disfacenti, può aver inizio la fase di perfe zionamento: dedicare cioè l’attenzione a realizzare una ragionevole ramificazione secondaria e terminale, mentre contempo raneamente le foglie, au-mentando di nu mero, riducono le loro dimensioni.

applicazione del Filo Gli Aceri, per la scarsa consistenza del loro leg-no, sono assai fragili durante i periodi di sviluppo. Per evitare che un ramo si rompa a tradimento mentre lo si manipola, con viene perciò intervenire solo quando la pianta è in riposo e i suoi tessuti, meno tur gidi di linfa, si lasciano piegare e torcere più facilmente. Il momento più adatto è alla fi ne della spinta vegetativa primaverile: in ge nere verso metà giugno. Per prudenza con viene an-che interrompere le innaffiature uno o due giorni prima dell’intervento. Nei soggetti maturi si può eseguire al momento di una cimatura estiva o della defogliazione: l’assenza delle foglie rende il lavoro meno complicato. Non è assoluta-mente consiglia bile tentare l’educazione col filo durante il riposo invernale: alla ripresa primaverile molti rami traumatizzati potrebbero non ri spondere all’appello. Sui rami giovani conviene usare del filo ricoperto di carta per proteggere la loro cor teccia ancora delicata. D’altra parte questi sono i rami che crescono più in fretta,

>> L’angolo di Oddone

116Bonsai di Acero: sui suoi pregi sono tutti d’accordo- Carlo Oddone -

e con la stessa rapidità assumono la forma impo sta: dopo 8-10 giorni può già esser necessa rio togliere il filo per evi-tare danni. Nei momenti in cui il ritmo di crescita è più rapido, i rami hanno un andamento ascendente e spesso

formano col tronco un angolo molto stretto che va cor-retto tempe stivamente, prima che la struttura diventi troppo rigida. Per questo, nei soggetti in for mazione, si devono educare subito, almeno alla buona, i rami che ap-paiono più interes santi, di modo che alla base ingrossino nel la posizione migliore, e poi lasciare che cre scano libe-ramente quanto serve.

cimature e potature speciali Molti Aceri devono essere protetti dal sole estivo e ciò favorisce la formazione di foglie grandi e di interno-di lunghi. Mentre non ha importanza nelle piante in for-mazione, que sta caratteristica è negativa in un soggetto di pregio. Si può però intervenire sulle pian te che lo meri-tano, cimandone i germogli appena spuntate le prime foglioline. Poiché questi tessuti giovani possono crescere solo per pochi giorni, tutto il tempo in cui rimangono fermi per lo shock del trauma viene sottratto a quello di-sponibile, e le loro dimensioni finali sono ridotte. Dopo un certo tempo comunque nuovi germogli spuntano alla base delle foglie rimaste, e anche su questi potrà essere ripetuto un uguale trattamento. Per il resto gli interventi non si discostano dalle tecniche consuete. La defogliazione estiva può servire a fare ripetere una chioma di aspetto sofferto e ad avere un fogliame più bello per la colorazione autunnale.

concimazione ed altri trattamenti Come per tutte le altre essenze, annaffiature e fertilizzazioni devono essere in sintonia con gli scopi da raggiungere nei diversi momenti della coltivazione bonsai, quindi abbondanti nella fase di formazione e più misurate nei soggetti da perfezionare. Soprattutto nei bonsai maturi, regolando bene questi interventi con l’osservazione del comportamento delle piante se ne può veramente gestire l’evoluzione secondo i propri desideri. Ad esempio, conviene limitarli al minimo durante i primi giorni di ogni nuova cacciata, e si noterà che la vegetazio-ne alla base del germoglio (quella che re sterà dopo le ci-mature) è più raccolta. Nel dubbio, si tenga presente che gli Aceri preferiscono un terriccio piuttosto asciutto. Dato che il colore del fogliame in autunno è così important e in que-sti bonsai, se ne può aumentare l’intensità con la sommi-nistrazione di fosforo e potassio in abbondanza da metà esta te in poi. Eliminando contemporaneamente l’azoto si riduce la comparsa di nuovi germogli tardivi e si favorisce l’accumulo di zuccheri (è da loro che viene il colore) nelle foglie vecchie, che saranno più belle.

prevenzione e cura delle malattie Molti parassiti, sia animali, sia fungini sono causa di guai per gli Aceri coltivati come bonsai. Afidi e cocciniglia sono piuttosto frequenti ma si posso no con-trollare facilmen te con buoni insetticidi. I veri nemici di questa essenza sono i funghi, che si sviluppano in molte occasioni, ma sempre favoriti da un eccesso di umidità, nei diversi tessuti della pianta. Le foglie e soprattutto le radici sono i veri punti deboli, dove entra il patogeno per

117Bonsai di Acero: sui suoi pregi sono tutti d’accordo- Carlo Oddone -

diffondersi e dannerggiare. La migliore prevenzione consiste nel non bagnare troppo né troppo spesso e nell’evitare al fogliame le bru-ciature dovute al sole estivo, che sono l’ingresso di molte infezioni. Qualche trattamento con prodotti rameici, o più sofisticati può essere tentato in caso di necessità, ma il parere mirato, caso per caso, di un esperto è consiglia-bile nelle situazioni di una certa gravità. L’integrità delle foglie, soprattutto del cam-pestre e del riccio, deve essere difesa... strenuamente trattandole contro l’oidio in primavera e nell’ultima parte dell’estate, ai primi segni biancastri della malattia. Vi sono in commercio prodotti (anche sistemi ci) molto efficaci e pratici.

>> L’angolo di Oddone

118Bonsai di Acero: sui suoi pregi sono tutti d’accordo- Carlo Oddone -

Le foto sono state utilizzate per gentile concessione di Crespi Editori

venerdi 13 novembre14.00 - 18.00 Allestimento mostra20.30 Cena di benvenuto

sabato 14 novembre9.30 Inaugurazione mostra10.00 - 17.00 Dimostrazione di tecniche bonsaistiche a cura degli studenti della scuola12.30 - 14.00 Pausa pranzo

15.00 Visita al giardino dell’AndolfoBonsai Studio17.30 Chiusura mostra

domenica 15 novembre09.30 Apertura mostra11.00 - 12.30 “Un progetto per voi” soluzioni tecniche e pro-gettuali per il vostro bonsai a cura di Michele Andolfo12.30 - 14.00 Pausa pranzo15.00 Visita al giardino dell’AndolfoBonsai Studio17.30 Chiusura mostra

GRUPPO BONSAISTI MEDIO VALDARNO Sez. “Renzo Santini”

Siamo alla fine degli anni ’80. Quattro amici cominciano a frequentarsi per condividere una passione in comune: il bonsai appunto. Settimanalmente si incontrano per dis-

cutere e confidarsi i segreti appresi in anni di esperienza e, non per ultimo, per il gusto di stare insieme. Nel 1993 viene organizzata, durante una festa paesana, la prima mostra di bonsai. Non si tratta certo di capolavori, ma questo bastò a farsi conoscere ed a at-tirare l’attenzione di alcuni appas-sionati. Da quel momento in poi

il gruppo è cresciuto fino ad arrivare ad un numero sufficiente di appassionati ben saldati da una sin-cera amicizia. Confidando in una raggiunta matu-rità, si pensò che fosse venuto il momento di creare un’associazione vera e propria. E fu così! Purtroppo poco prima della nascita del nuovo progetto venne

a mancare Renzo Santini colui che fin dall’inizio tanto si era impegnato nella ricerca di appassionati e nell’organizzazione del club. L’associazione che dal suo impegno è nata, ha voluto rendere omag-gio alla sua memoria dedicandogli il nome stesso dell’associazione. Nel novembre del 1996 nasce il GRUPPO BONSAISTI MEDIO VALDARNO Sez. Ren-zo Santini. Gli anni a seguire sono stati anni di duro impegno. Sono state organizzate decine di mostre, dei corsi di bonsai nonché incontri settimanali nei quali vengono affrontati varie tematiche inerenti al mondo bonsai. Il club, che non dimentichiamo, non ha scopo di lucro, si è posto l’obiettivo di diffondere il più possibile la cultura bonsai nella nostra zona, e cerca di farlo nelle numerose iniziative che il gruppo stesso ha fatto nel passato e organizza per il futuro. A tale scopo è presente da maggio 1999 anche su in-ternet (www.gbmv.it). In tal modo si vuole offrire un punto di riferimento e di contatto per quanti non ci conoscono o non ci possono frequentare personal-mente. All’ interno del sito è infatti possibile trovare un piccolo manuale di tecnica, nonché tutte le infor-mazioni e attività riguardanti la nostra associazione. Tra le altre nostre attività intraprese possiamo ricor-dare l’organizzazione della mostra regionale toscana di bonsai e suiseki nel 1999 e 2006 in collaborazione con il coordinamento toscano e tutti i club della re-gione. Dalla circa un decennio, allo scopo di innalzare

>> Vita da club

120Gruppo Bonsaisti Medio Valdarno -Sez. “Renzo Santini”- Francesco Santini -

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lo standard qualitativo del gruppo, l’associazione ha deciso di organizzare dei corsi mensili con degli is-truttori bonsai. Negli anni passati questi corsi hanno visto la partecipazione di Carlo Cipollini e di Walter Bondi. Ad entrambi gli istruttori va la nostra stima e i nostri più sentiti ringraziamenti. Negli ultimi anni i corsi sono tenuti dal presidente del club Francesco Santini (istruttore IBS) e Marcelo Michelotti (vin-citore del “nuovo talento italiano 2005”). I corsi te-nuti si rivolgono sia a bonsaisti esperti che neofiti.Nel 2009 la nostra associazione ha finalmente vinto il premio “miglior bonsai” alla mostra re-gionale di Pisa con un bonsai di cipresso.Un grande successo è stato ottenuto, anche per quest’anno, nella Mostra Sociale dove sono stati es-posti circa 100 bonsai. Il pubblico, stimato in qual-che migliaio di visitatori, ha potuto inoltre assis-tere a dimostrazioni tecniche tenute dai nostri soci. Ma l’appuntamento più importante rimane sempre la riunione del club. Quest’ultima resta indubbiamente un costante punto di riferimento per i bonsaisti della nostra zona che possono assistere ad incontri con ar-gomenti diversificati e inerenti soprattutto ai lavori stagionali. Tutte le attività del club sono pubbliche e gratuite. L’appuntamento è presso la nostra sede a Spicchio (comune di Vinci). Il gruppo sta crescendo, ma l’emozione di fare bonsai è sempre la stessa. Da parte nostra cerchiamo di fare il possibile per fare provare anche ad altre persone queste emozioni.

121Gruppo Bonsaisti Medio Valdarno -Sez. “Renzo Santini”- Francesco Santini -

1-Raffaele Lami al lavoro. 2-Marcelo Michelotti. 3-Francesco San-tini, premiazione mostra regionale. 4-Mostra regionale, primo classificato. 5-Foto di gruppo. 6-Panoramica mostra

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>> Un bonsai progettato per te

un BONSAIPROGETTATO per te

122Un bonsai progettato per te- Michele Andolfo -

Altra importante novità per il nostro magazine è la collaborazione dell’amico Mi-chele Andolfo, bonsaista che ha profuso tutta la sua creatività e le sue peculia-rità dello studio approfondito dell’estetica applicata alla pianta, quindi una esteti-ca fatta “sul campo”. Proprio per questo abbiamo creato una sezione “Un bonsai progettato per te” che sarà operativa dal prossimo numero perché aspettiamo che i nostri amici ci inviino la foto della loro pianta da progettare, indicando chiaramente il fronte. Le immagini dell’albero devono avere le seguenti angolazioni: fronte, ret-ro, lato destro e sinistro e ripresa dall’alto. Andolfo penserà a stilare un progetto con la impostazione e le sue possibili varianti. Avere la collaborazione di Michele è un’altro passo avanti che il magazine compie nell’ottica di un bonsai qualificato.

Antonio Ricchiari

123Un bonsai progettato per te- Michele Andolfo -

Dolcezza e rimpianti

Il suono della montagna di Kawabata Yasunari è, a ragione, ritenuto uno dei massimi capolavori della narrativa giapponese del ‘900. Libro appa-rentemente semplice e ingenuo, nasconde in verità dentro di sé numerosi temi e ancora maggiori spunti di riflessione, accompagnandoli da un’acuta,

ma mai invasiva capacità di approfondimento e di introspezione dei perso-naggi, delineati in modo realistico e, al tempo stesso, lirico. La trama, estremamente lineare, può apparire ad un primo sguardo come il nudo racconto dell’invecchiamento ― pacato ma inevitabile ― del pro-tagonista che, giorno dopo giorno, è costretto sempre più a osservare, quasi impotente, il silenzioso spettacolo del disfacimento della sua famiglia e di se stesso. Le piccole amnesie quotidiane, gli improvvisi e malinconici risvegli nel cuore della notte, i comportamenti irresponsabili dei figli non fanno altro che rammentare a Shingo i suoi limiti, sempre più angusti. L’uomo, però, soffre so-prattutto per la forzata e dolorosa rinuncia alla gioventù e alla bellezza, incar-nate dalla lieve Kikuko, la nuora di Shingo, verso la quale egli prova un’intensa ed equivoca tenerezza. Sotto i gesti e le parole, sempre commisurati a un forte senso dell’onore, vi è, in realtà, un sottobosco di rimpianti, di allusioni, di ricordi, che trovano spesso una metafora nel mondo naturale. Esemplare è il caso del bon-sai d’acero, simbolo del primo e, forse unico, grande amore di Shingo, la sorel-la defunta della moglie: la pianta, infatti, ha custodito in sé la grazia sommessa della proprietaria. L’affezione dell’uomo per questo piccolo acero ha permesso a Kawabata di scrivere toccanti pagine sui bonsai, non ritenuti meri elementi decorativi, ma parte viva dell’esistenza. Vogliamo perciò concludere con ques-ta semplice, ma veritiera riflessione: «[...] Quando si viene in possesso di un vaso di bonsai, uno si sente responsabile di non rovinare la forma della pianta, di non farla morire. È una buona medicina per chi è pigro.»

Il suono della montagnaKawabata YasunariBompiani€ 8,00 - 286 p. - 6. ed

recensione a cura di Anna Lisa Somma

>> Il Giappone visto da vicino

124Dolcezza e rimpianti- Anna Lisa Somma -

125Mangiare con gli occhi. L’estetica del cibo- Antonio Ricchiari -

Mangiare con gli occhiL’estetica del cibo

di Antonio Ricchiari

Il Giappone ha conservato nel corso dei secoli una cucina che segue i ritmi della natura. Le tecniche di cottura variano da periodo a periodo e ogni stagione ha le sue preferenze; ogni menù ruota intorno al numero cinque, deve cioè contenere i cinque colori: rosso, verde, giallo, bianco e nero;

avere i cinque sapori: amaro, dolce, salato, acidulo e piccante; comprendere cinque tipologie di cibi: crudi, alla griglia, a vapore, bolliti e fritti. Il rigore nell’osservanza delle regole per l’esecuzione della ricetta è quasi maniacale: dal taglio degli ingredienti alle tecniche di cottura, alla disposizio-ne dei cibi nei piatti, alla scelta delle decorazioni e degli accessori per il servi-zio in tavola. Tutto ciò fa della cucina giapponese una pratica Zen, minimalista come tutte le cose giapponesi, ma nella sua essenza, estremamente raffinata. In una cultura come la giappone se, quello del mangiare resta pur sempre un atto poco edificante. Mangiare non deve es sere una lotta fra i com-mensali e il cibo: niente armi d’offesa da impugnare, solo due bastoncini per afferrare porzioni già ac curatamente preparate in cucina. Non ci si serve mai (in dicherebbe avidità), ma si è sempre serviti dal personale e, li mitatamente, dall’ospite. Anche per questo i giapponesi sono alieni dall’invitare in casa

Il Giappone visto da vicino <<

propria. La padrona di casa, infatti, non siede a tavola con gli invitati, ma attende al pranzo ser vendo e parteci-pando in altro modo. Da preferire il ri-storante per non costringere la propria moglie in una posizio ne che potrebbe essere imbarazzante con estranei e al tempo stesso usufruire di personale addestrato allo scopo di intratte nere i commensali i quali, a loro volta, si tro-veranno più a loro agio. E qui subentra una figura parti-colare d’intrattenitore che risale a parec-chi secoli addietro: la geisha. Proprio perché una cena non deve essere mai un semplice cibarsi, la geisha ha lo sco-po di sti molare la conversazione accom-pagnando, intervallando, spez zando continuamente i momenti del pasto, e anche danzando, cantando e servendo essa stessa i cibi come un gioco. A essa cap tare gli umori dei vari commensali e intervenire con una battu ta oppure offrire un boccone speciale. In questo modo, attenua o stimola la tensione che si può creare.

In queste foto gli higashi ed i nama-gashi, canditi fatti di zucchero, gelatina di miglio, soia, pasta di polvere d’orzo, vengono modellati oppure cotti in una grande varietà di forme. Alcuni simboleg-giano le stagioni, altre sono realistiche e stupefacenti interpretazioni di cibi im-pensabli in questo contesto, come i mol-luschi. La nazione dove impera l’estetica!

>> Il Giappone visto da vicino

126Mangiare con gli occhi. L’estetica del cibo- Antonio Ricchiari -

Come per l’estetica, anche per il sapore la con-servazione delle caratteristiche naturali è predominante. Ogni stagione deve avere i propri cibi non solo sot to il pro-filo della produzione e della conservazione, ma anche sot-to quello dei rapporti cromatici, vi è così corri spondenza tra vivande e colori del periodo dell’anno. Analogo criterio è quello che segue lo sviluppo della degustazione. Per un intimo bisogno di comunione coi ritmi della natura, ogni sta gione ha i suoi piatti particolari sia di colore sia di sa-pore e il palato si affina a specifici gusti, alle loro gamme e sfumature nelle singole stagioni. Fondamentale è la freschezza, a meno che la sua perdita non sia espressamente voluta per esaltare altre caratteristiche del ci bo. Nel Giappone i ristoranti hanno i lo ro acquari coi pesci, crostacei e molluschi, da servire ancora pra ticamente vivi, selezionati e preparati davanti agli occhi del cliente. Il cuoco com pie i suoi gesti essen-ziali e concentrati come se officiasse e il pe sce o la ver-dura sembrano divenire nelle sue mani esseri sacri ficali di un rito ancestrale. La ri tualità dei movimenti del cuoco e dei suoi assistenti, la defe renza con cui tratta il materia-le vegetale e animale, l’e strema cura e precisione in ogni particolare, predispongono l’osservatore ad un rapporto attento e qualificato con essa. La perfezione è il ritorno e per questo motivo il ritorno al cibo crudo (sublime realizzazione) è stato possi-bile all’interno di una cultura ultramillenaria come quella giapponese, la sui raffinatezza ha raggiunto vertici ine-guagliabili e ha portato all’umanità i più alti contributi. I cuochi giapponesi sono diventati maestri nell’arte del pesce crudo solo dopo lunghi anni di apprendistato, du-rante i quali la cartografia della carne a poco a poco si è rivelata ai loro occhi in tutta la sua evidenza. Custodis-cono il talento di sentire al tatto le linee di frattura da seguire per trasformare l’animale offerto in quei sashimi squisiti che gli esperti riescono ad estrarre dalla viscere insipide del pesce. Prima di raggiungere l’eccellenza, però, devono domare quel dono innato ed imparare che l’istinto da solo non basta: occorrono invece destrezza per tagliare, discernimento per individuare il meglio e carattere per respingere le parti mediocri. Talvolta da un pesce enorme ricavano solo un boccone minuscolo, quasi ridicolo. Anche in questo settore conta la perfezione. Un piccolo tocco di pesce fresco, quasi minuscolo: ecco la perfezione nipponica. La cucina è un aggregato di sapori, odori e pro-fumi che si sedimenta in riti ancestrali, nelle pietanze lo-cali, crogioli di una memoria illusoria che ha trasformato il tempo in eternità. La cucina è diventata arte grazie ad una continua elaborazione, alla mescolanza di passato e futuro, crudo e cotto, salato e dolce. A voler penetrare lo spiri to di questa agape non si tratta piú di ingerire quantità di nu trimento atte a sosten-tare, stimolare e fornire pur anche raffi natissime sensazio-ni gustative; ma il cibarsi diviene una sorta di comunione con la natura, attraverso la consumazione, l’as sunzione

non solo della sua materia, ma anche o soprattutto dei suoi messaggi particolari. L’estetica del cibo fa sì che in Giappone questo sia da consumare facendo uso di due organi appositamente formati: la bocca e gli occhi. Di fronte a por tate giappone-si si resta stupiti dalla loro bellezza, dall’accosta mento dei colori, dalla scelta delle forme, dai rapporti compo nitivi, dalla cura con cui ciascuna parte viene tagliata e piega ta senza farle perdere il senso della freschez za e trattandola come un fiore da comporre in un va so secondo le più raf-finate e rigorose regole dell’ikebana. Come fiori diventano infatti le verdure. Quando si solleva il coperchio della ciotola contenente il brodo, appaiono piccole for me colorate: una margheritina ros-sa, un filo d’erba, un fondo ghiaioso. Così l’estetica nip-ponica della cucina ha trasformato una carota, un sottile ritaglio di porro, un grattu giato di caglio di soia. Ogni ver-dura, ogni pesce ha le pro rie regole per essere tagliato, inciso, piegato, secondo criteri che ne devono esaltare la bellezza e trasformare il gusto. E un’ope razione di scul-tura che toglie realtà alla materia del cibo, la spi ritualizza, trasformando il cibo in nutrimento del corpo e dell’anima insieme. I giapponesi non mangiano carne o, meglio, non ne mangia vano. La loro dieta tradizionale è essenzial-mente vegetale e itt ica e anche i volatili non erano mol-to ben visti. La repulsione dei giapponesi per la carne è senza dubbio stata alimentata dalla fede buddhista per cui essa rappresenta un tabù, ma non basta. In realtà è la stessa connotazione geografica del paese ad averne reso quasi impossibile l’uso fin dai primordi. Alcuni dei piatti giap ponesi più noti in Occidente, come il sukiyaki o i vari teriyaki, non sono veri piatti giapponesi come non lo è nemmeno il ten pura, in senso stretto, in quanto elabo-razione locale di una frit tura appresa dai portoghesi nel Cinquecento. La bistecca è diventata una sorta di apo teosi del-la carne bovina, perché quella poca che viene prodot ta, a Kobe, deve essere naturalmente la migliore - o perlome-no la più complicata - del mondo. La bistecca di Kobe

127Mangiare con gli occhi. L’estetica del cibo- Antonio Ricchiari -

provie ne infatti da manzi allevati con birra, di qualità ot-tima e con costanti massaggi che ne rendano fluida la muscolatura. Non si è ancora arrivati a impiegare mas-saggiatori ciechi, ma già così queste bistecche morbide, striate da finissimi filamenti di grasso, dal sapore in-comparabile, che letteralmente si disfano in bocca, sono pro babilmente le più esclusive del mondo. Fugu è un termine relativamente vago e indica i diversi ge neri di pesce palla che si possono usare per farne graziosi lam pioncini, dopo averli opportunamente svuotati, gonfiati e sec cati, oppure per mangiarli. I filetti dei fugu, pescati nei mesi in vernali altrimenti la carne non ha la consistenza adatta, si ta gliano a fettine sottilissime, come carta, e si consumano crudi, intinti in una delicata salsa vegetale e costituiscono il piatto for se il piú preli-bato della cucina giapponese. Ma il vero, l’inarrivabile gourmet non cerca il filet-to di fu gu, ne cerca il fegato. La bile però è un veleno po-tentissimo, la tetradontotocsina, che paralizza i nervi del-la respirazione, uc cidendo per soffocamento progressivo e inarrestabile con una morte terribile e senza scampo. Con buona pace di quanto sostengono gli ap-passionati, il fi letto di fugu non è molto saporito, ma alcuni gourmet conosco no l’arte di renderlo tale, anzi sublime. Le sottilissime fettine vengono disposte sul piat-to a formare una corolla di rosa dai molti petali. Su o-gnuno di essi il cuoco pone, per un cliente no to affidabile, un’infinitesima porzione della velenosissima bi le: essa conferirebbe alla vivanda un gusto ineguagliabile. Gli strumenti usati sono anch’essi un capolavoro d’estetica. La ciotola (hangiri) è di legno, poiché esso as-sorbe il liquido in eccesso e mantiene il calore. Lo stuoino

per il sushi è realizzato in legno di bambù e serve per av-volgere il pesce; tra riso e bambù si applica un foglio di al-ghe seccate e tostate. La scatola per il sushi serve a pres-sare il pesce ed il riso. Il sushi sarà così perfettamente asciutto e avrà la forma desiderata. I coltelli, chiamati hocho, vengono prodotti nelle forme e nelle dimensioni più varie e sono affilatissimi, tanto che è sufficiente e-sercitare una leggera pressione sulla carne per ottenere sottili fettine per il sushi. La padella per i fritti è utilizzata per friggere la tempura (in genere frittura di verdure o di pesce), il becco laterale serve a scolare l’olio, per rendere più leggero il piatto. A pranzo in Giappone studenti, impiegati, viag-giatori si fermano per mangiare il bento, il cestino con un pasto completo con riso, soba, tofu (formag-gio realizzato con il latte di soia) e verdure. Le scatole per il bento spesso sono veri e propri oggetti d’arte.Mi è capitato di fare due assaggi e tra il salmone ed il polpo, in bocca, esplode quella fluidità compatta dove ogni liquido da sorseggiare diventa inutile. L’evocazione dell’avventura di gustare cose crude, con tutta la sua raffi-natezza, ha risvegliato il profumo d’autenticità che ispira lontani ricordi… al di là della presunta banalità dei pesci.

Tutti i vegetali, esotici o comuni, che si vendono nei mer-cati di Tokyo, sono presentati in confezioni esteticamente accurate e molto gradevoli. Sembrano dei doni festosa-mente avvolti più che dei commestibili di ogni giorno. Ven-gono disposti con destrezza su fogli di carta bianca ruvida o in scatole sia di plastica che di legno, raccolti a mazzetti legati con elastici o con nastrini colore porpora, risultando come sempre di gusto, anche se si tratta di verdura fresca.

>> Il Giappone visto da vicino

128Mangiare con gli occhi. L’estetica del cibo- Antonio Ricchiari -

Cosa sono le malattie non parassitarie

Le alterazioni del normale stato di salute delle piante, provocate da agenti non biologici vengono defi-nite Stress Abiotici. Queste malat-

tie, di origine non parassita-ria, vengono provocate da stimoli esterni provenienti da condizioni atmosfe-riche non normali. Come dice la loro definizione, lo stimolo non è provocato da nessun agente pato-geno rientrante nelle categorie comune-mente conosciute.Le cause che provoca-no tali stress, sono:

- Carenze Nutrizionali- Danni da grandine- Inquinanti ambientali (I Parte – B&SM 9)- Condizioni ambientali estreme.

Inquinanti ambientaliI principali inquinanti ambientali, definiti anche atmosferici, sono di tipo antropico; ovvero la loro immissione nell’atmosfera è a causa delle varie attività industriali svolte dall’uomo. La diagnosi di tali stress è di dif-ficile interpretazione per la mancanza di agenti patologici ben definiti. I loro sintomi, spesso simili e confusi con quelli di tipo bio-logico, non consentono una lotta con pro-dotti fitosanitari ben definiti.

Che insetto è? <<

129Danni da stress ambientali o stress abiotici - II parte- Luca Bragazzi -

Danni da stress ambientalio stress abiotici - II parte

Gli ossidi di Azoto e di ZolfoLe pioggie acideIl fenomeno dell’accumulo dei succitati Os-sidi prende il nome di Deposizione Umida, meglio conosciuta come pioggia acida. Tale fenomeno consta nell’abbassamento repen-tino del ph di tutte le precipitazione acquose, siano esse pioggia, neve, rugiada e nebbia. Il valore in questi casi scende oltre i 5,5 fino, nei casi più gravi a 2,0.

Sintomatologia da inquinanti atmosferici Le ClorosiLa BronzaturaL’ArgentaturaL’Allessatura La Necrosi

La prevenzione dei danni da stress abiotici I danni provocati da condizioni ambientali estreme, non hanno purtroppo dei metodi di lotta chimici. Le soluzioni a tali inconvenienti, sono dettati esclusivamente dall’applicazione di sistemi di coltivazione agronomici tali da prevenirli:

EsposizioneIrrigazione

VentilazioneConcimazione

Quest’ultima, è la principale tecnica agro-nomica, capace di fornire gli strumenti più idonei al ripristino e mantenimento del vi-gore vegetale.

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Bonsai Creativo School - Accademia