02 Professione Golf Club Inverno 2013

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by GOLF&TURISMO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - Lo - Mi - ISSN 1123-4830 - GO.TU. S.u.r.l. Editore INCHIESTA Il nostro posto in Europa MANUTENZIONE Gli interventi invernali INVERNO 2013 NUOVI CAMPI Pramerica Course e Le Saie ECOCOMPATIBILITÀ Un futuro biologico PROPOSTE Dieci idee per sviluppare il golf PERSONAGGI Giuseppe Nava e Achille Ripamonti

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Il nostro posto in EuropaMANUTENZIONE

Gli interventi invernali

INVERNO 2013

NUOVI CAMPIPramerica Course

e Le SaieECOCOMPATIBILITÀ

Un futuro biologicoPROPOSTE

Dieci ideeper sviluppare il golf

PERSONAGGIGiuseppe Nava

e Achille Ripamonti

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PROFESSIONE

GOLF CLUBTrimestrale dedicato agli operatori dei circoli di golf Anno I - numero 2 - novembre 2013 - 8,00 euro

Direttore Responsabile: Fulvio [email protected]

Redazione:[email protected] Ronchi (02 42419313), Federica Rossi (02 42419315), Roberta Vitale (02 42419236)

Comitato tecnico: Arnaldo Cocuzza (Club Managers Association of Europe), Paolo Croce (consulente tecnico), Alessandro De Luca (Tappeti Erbosi Federgolf), Wolfgang Kuenneth (The Leading Golf Course), Mariano Merlano (Area Verde AITG), Fabrizio Pagliettini (Presidente AITG), Franco Piras (European Institute of Golf Course Architects), Nicola Zeduri (consulente tecnico)

Hanno collaborato a questo numero:Gian Maria Bercelli, Stefano Boni, Maurizio Bucarelli, Arnaldo Cocuzza, Lucio Colantuoni, Paolo Croce, Roberto Lanza, James Lovett, Carlo Manca, Paolo Montanari, Filippo Motta, Franco Piras, Roberto Roversi, Andrea Vercelli, Nicola Zeduri, Roberto Zoldan

Grafica e impaginazione: Mario Monza(02 42419221) - [email protected]

Creative Director: Patrizia Chiesa

Editore: Go.Tu. Surl

Presidente: Alessandro Zonca

Vice Presidente: Silvio Conconi

Direttore nuovi progetti editoriali e area Internet: Fulvio Golob

Direzione, redazione, amministrazione:Via Winckelmann, 2 - 20146 MilanoTelefono: 02 42419.1 r.a. - Fax: 02 [email protected]@professionegolfclub.it

Sito web: www.professionegolfclub.it

Abbonamenti:02 424191 - 02 42419217 - [email protected](L’abbonamento alla rivista parte dal primo numero raggiungibile all’atto dell’effettivo pagamento)

Pubblicazione periodica mensile registrata al tribunale di Milano con il numero 255 del 19/7/2013. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1 - DCB Milano.

Concessionaria esclusiva per la pubblicità:Publimaster Surl, Via Winckelmann, 2 - 20146 MilanoTel. 02 42419.1 r.a. - Fax 02 47710278 - [email protected]

Amministratore Delegato: Alessandro Zonca

Responsabile di testata: Alessio Maggini(02 42419249) - [email protected]

Ufficio traffico/commerciale: Nadja Terzolo(02 42419229) - [email protected]

Diritti di riproduzione: è vietata la riproduzione, anche se parziale, e con qualsiasi mezzo, di fotografie, testi e disegni. Testi e foto inviati in redazione non verranno restituiti eccetto dietro esplicita richiesta. L’Editore resta a disposizione degli interessati quando, nonostante le ricerche, non sia stato possibile contattare il detentore di riproduzioni di eventuali fotografie o testi. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca-dati personali di uso redazionale presso la sede di via Winckelmann 2, 20146 Milano. Gli interessati potranno rivolgersi al responsabile del trattamento dei dati - sig.ra Federica Vitale - per esercitare i diritti previsti dal Decreto Legislativo n. 196 del 30 giugno 2003.

Stampa: Grafica Metelliana Spa Via Gaudio Maiori, Zona Ind. - 84013 Cava dei Tirreni (Salerno)

© 2013 Go.Tu. Surl

S O M M A R I OINVERNO 2013

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GOLF CLUB

EDITORIALE - Ma in Italia si gioca a golf?Fulvio Golob 3

AITG - Parola d’ordine: ottimismo e concretezzaPagliettini, Antonangeli, Merlano, Panizzolo 4

NEWS - Notizie dall’Italia e dall’esteroFederica Rossi 12

INCHIESTA - Il nostro posto in EuropaAndrea Ronchi 20

ICS - Soluzioni per il golfCarlo Manca 27

SERIOUS GOLFERS - Gioco lento? No, grazieFilippo Motta 28

PROPOSTE - 10 idee per sviluppare il golfFederica Rossi 30

CIRCOLI ITALIANI - Royal Park raddoppiaFulvio Golob 34

TECNOLOGIA - Una card per tutti gli usiRedazione 37

NUOVI CAMPI- Al cospetto dell’EtnaFranco Piras 38

ASSOCIAZIONI - Professione Club ManagerArnaldo Cocuzza 42

GOLF E DIRITTO - Cosa succede con i golf cart?Lucio Colantuoni 44

GIUSEPPE NAVA - A Carimate con passioneRoberto Zoldan 46

INCHIESTA - Stiamo lavorando per voiRoberto Roversi 50

ACHILLE RIPAMONTI - Il signor L’AlbenzaMaurizio Bucarelli 58

MANUTENZIONE - Macroterme anche a Le FontiAndrea Ronchi 62

ECOCOMPATIBILITÀ - Un futuro biologicoPaolo Croce 64

MANUTENZIONE - Quando il termometro scendeNicola Zeduri 68

NUOVI MATERIALI - Così verde che sembra veraRoberta Vitale 72

VINCENZO SITÀ - 38 anni fra le BetulleRoberto Lanza 76

ENERGIE RINNOVABILI - Il sole sul tettoRedazione 78

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Il titolo è una domanda incontrata all’inizio della mia esperien-za professionale nel golf. Con Internet quasi in fasce, o comun-que svezzato da poco, girando su un sito americano ero incap-pato in un giornalista che trattava l’Italia come una nazione da

terzo mondo in fatto di green e fairway. Doveva intraprendere un viaggio in Europa e passare anche da noi, domandandosi se avreb-be trovato campi alle nostre latitudini. Mi ricordo di avergli scritto con un certo fervore e malcelata rabbia. Certo che avevamo cam-pi da golf, non solo pizza e mandolino. E anche circoli mica male. Quindi giù un bell’elenco con i nomi dei club più prestigiosi, storici, titolati, magari con campi firmati da Trent Jones, Palmer, Nicklaus e soci tanto per farmi capire meglio. Con buona pace dei bravi ar-chitetti di casa nostra. Venne, vide e perse, rispondendomi sorpreso.:“Avevi ragione, in Italia si gioca davvero a golf. Proprio non me lo immaginavo.”Potrebbe sembrarvi una barzelletta, ma non è così . Per peggiorare la situazione, tenete pre-sente che il giornalista in questione era anche un esperto di turismo, con tanto di rubrica di viaggi su carta stampata e on line. Negli anni, però, le cose sono un po’ cambiate, mi sono detto quando ripensavo all’episodio. Non ci sono code davanti ai circoli come a San Siro o all’Olimpico per i biglietti di un derby, ma ab-biamo aperto tanti campi, i golfisti bene o ma-le sono aumentati, si parla molto più di golf.Tutte le volte che ho partecipato a convegni internazionali, il risveglio però è stato mol-to brusco. Per gli stranieri Italia e golf si me-scolano come acqua e olio. All’estero si sa di qualche eccellenza assoluta, ma parliamo di strutture che si contano sulle dita di una ma-no. Puntuale come la fame, la nuova ricerca realizzata per conto dell’IGTM (International Golf Travel Market) ripropone la fatidica do-manda del titolo.Per i golfisti europei la Spagna rimane la destinazione numero uno in tema di viag-gi. E fin qui nessuna sorpresa, perché sole e temperature da maniche corte la vinco-no anche sui favolosi links anglosassoni e irlandesi, che però richiedono il completo antipioggia come primo indumento da in-filare in valigia. Giocatori britannici, tede-schi, scandinavi e francesi hanno risposto

“olè” in quasi il trenta per cento dei casi, ammettendo di aver fatto un viaggio in Spagna negli ultimi 12 mesi.L’indagine, svolta per conto di Reed Exhibition, che organizza giu-sto in Catalogna l’IGTM proprio mentre stiamo andando in macchi-na con questo numero, sottolinea come sia sempre la Costa del Sol a fare la parte del leone, con flussi turistici tre volte superiori a Costa Brava e Canarie. Buone presenze anche in altre zone, come l’emer-gente Costa Daurada, le Baleari e il resto dell’Andalusia.Archiviata la Spagna, arriva il problema vero. I golfisti viaggiato-ri mettono infatti in fila Portogallo (17%), Gran Bretagna e Irlanda (16,1), Turchia (7,5%), Francia (7,1 %) e viaggi a lungo raggio negli Stati Uniti (6,9%). Arriviamo così un totale di 83,1%.

Sì ma l’Italia, dov’è? Rimane purtroppo affoga-ta nella voce “altri” che si dividono il restan-te 16,9 per cento, superata anche dalla Tur-chia (!), che di campi al momento ne ha solo una ventina e che ha “scoperto” il golf in tem-pi molto recenti, diciamo più o meno da una dozzina d’anni. Sì, ma i percorsi, tranne i tre esistenti vicino a Istanbul, sono stati costruiti ad hoc nella stessa zona (Belek, vicino ad An-talya, al centro della costa sud del Paese), cre-ando un vero hub golfistico. Si tratta di campi belli e scenografici, serviti da alberghi di vari livelli, dal superlusso al due/tre stelle, e vicini all’aeroporto di Antalya (poco più di 15 chilo-metri). Un progetto preciso, supportato da una compagnia aerea di grande qualità e in fortissi-ma espansione (Turkish Airlines), che sul piat-to del golf ha messo sette milioni di dollari per il primo Open nazionale, cui ha partecipato - dietro lauto compenso - anche Tiger Woods.Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Visto che, a differenza di altre nazioni più ag-giornate e lungimiranti, per i nostri governi il golf non esiste o forse addirittura è visto con diffidenza, sono i circoli stessi che devono tro-vare la forza di collaborare fra loro per farci conoscere all’estero. Il prossimo anno l’IGTM si svolgerà in Italia, per la pervicace ostinazio-ne di Carlo Borghi e del Comitato Regionale Lombardo, che lo porteranno a Villa Erba, sul lago di Como. Un’occasione da non perdere per non sentirsi chiedere ancora: “Ma in Italia si gioca a golf?”

[email protected]

Ma in Italia si gioca a golf?

E D I T O R I A L EFulvio Golob

La PGA Italiana ha la sua “Hall of Fame”Il Consiglio della PGA Italiana ha deciso di istituire la sua “Hall of Fame”. Lo scopo, ha spiegato il presidente Costantino Rocca, è quello di dare un giusto e meritato riconoscimento a quei giocatori che negli anni, grazie ai loro eccezionali risultati professionali, hanno contribuito allo sviluppo e alla promozione del golf italiano. Dopo attenta valutazione, il Consiglio direttivo della Pga Italiana ha deciso di assegnare questo massimo riconoscimento del golf italiano a:

• Alfonso Angelini• Roberto Bernardini• Aldo Casera• Alberto Croce• Baldovino Dassù• Federica Dassù• Donato Di Ponziano• Carlo Grappasonni• Ugo Grappasonni• Diana Luna• Matteo Manassero• Pietro Manca• Edoardo Molinari• Francesco Molinari• Francesco Pasquali• Costantino Rocca • Franco Rosi

Pur non essendo un professionista, in via eccezionale, quale fondatore e benemerito della Pga Italiana, è stato eletto membro della “Hall of Fame” anche Antonio Roncoroni.

Sembra incredibile, ma non bastano oltre 200 campi da nove buche o più per far considerare il nostro Paese una destinazione per un viaggio con sacca a rimorchio…

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Sono passati ormai otto mesi dall’insediamento del nuovo Direttivo e da quella giorna-ta di grande emozione nella quale ci avete dato fiducia e ci avete chiesto di prosegui-

re un cammino lungo oltre 40 anni. Devo ammettere che “il peso della responsabili-tà” si è sentito eccome: dal giorno succes-sivo ci siamo dovuti mettere al lavoro cer-cando innanzi tutto di “creare un gruppo”, ben sapendo che la base essenziale su cui costruire qualcosa è la fiducia e lo spiri-to di coesione in seno al Consiglio; questo aspetto è senz’altro stato raggiunto con fa-cilità. Ci ha aiutati il confronto leale, la tra-sparenza e l’unità di intenti.

Ognuno di noi ha precise caratteristiche che ho cercato di unire in un unico proget-to che possa avvalersi della professionali-tà del singolo. Sono orgoglioso del clima che si è creato tra di noi, orgoglioso e ot-timista sul futuro perché so che da questa coesione possiamo trovare la forza per ri-spondere alle esigenze della collettività in un momento difficilissimo e delicato; non Vi nascondo la tristezza infinita che mi as-sale leggendo lettere di colleghi in difficol-tà, senza lavoro; o ascoltando la voce di chi fatica a capire cosa succederà doma-ni nel proprio Circolo.Oggi più che mai abbiamo il dovere di pro-vare a fare qualcosa di concreto.Sono certo che la Conferenza di Roma ci darà degli spunti interessanti che però (e questo è un preciso impegno) cerche-

remo di discutere insieme (così come già fatto in diverse riunioni macroregiona-li) tra di noi. Vi do sin d’ora appuntamen-to al prossimo meeting primaverile. Sarà probabilmente un meeting “low cost” per ovvi motivi di bilancio, ma dovrà essere nel contempo “ricco” di scambi di opinio-ni, di confronti e progetti. Inoltre daremo voce proprio a quelle storie di colleghi in difficoltà, cercando di condividere la loro esperienza, ascoltandoli e cercando di da-re loro un appoggio e un aiuto.Mi sembra opportuno per motivi di traspa-renza metterVi al corrente in merito alle energie impiegate per saldare il rapporto con la Federazione Italiana Golf e con la PGAI. Riteniamo fondamentale conso-lidare il ruolo che ci compete in seno al movimento golfistico e possiamo dire con soddisfazione che nella prossima riunio-ne sarà portata all’approvazione del Con-siglio Federale la nomina di un Consiglie-re delegato ad avere rapporti con l’AITG. È un risultato concreto che, insieme ad al-tri piccoli tasselli, ci conforta sul peso e sull’attenzione che la nostra Associazione ha acquisito e potrà avere nel futuro.È stato perfezionato un accordo con lo Studio Legale Martinelli, che riteniamo possa essere di grande aiuto non soltanto per la nostra Professionalità ma per i Cir-coli che rappresentiamo. Questo aspetto di ampliare gli strumenti in nostro posses-so che possano aumentare la credibilità e la stima della nostra categoria tra i Consi-

Parole d’ordine:ottimismo e concretezzaIn un momento così difficile, lo spirito di coesione è un valore che tutti dobbiamo mettere in campo. La Conferenza di fine anno ci darà sicuramente spunti interessanti da discutere, ma nel frattempo abbiamo già cercato di saldare rapporti importanti, come quelli con Federgolf e Pgai

di Fabrizio Pagliettini

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gli Direttivi dei Circoli è un obiettivo pri-mario.Sarà indispensabile parlare di noi come “gruppo” per accrescere il rispetto ver-so il singolo. Per questo motivo abbiamo stretto un accordo con Multigolf e sare-mo partner di un circuito di gare nazio-nali (a costo zero….) che ci consentirà di promuovere la nostra categoria, parlando-ne in premiazione, ottenendo spazio nella club house per i nostri banner e per il ma-teriale divulgativo.Ovviamente non mancheranno le gare in-frasettimanali a noi riservate, momento “storico” di aggregazione, ma ci è sembra-to opportuno entrare nei Circoli nel week end per poter fare comunicazione seria e propositiva a vantaggio di tutta la catego-ria.Vi avevo promesso un contatto diretto tra un meeting e l’altro: a tal proposito prose-guiremo senz’altro le riunioni macrore-gionali. L’esperimento iniziato lo scorso mese ha funzionato benissimo e abbiamo capito essere un modo molto propositivo per confrontarci e discutere le nostre pro-blematiche.Da inizio anno potremo contare su una se-greteria operativa aperta a orari fi ssi e de-fi niti a disposizione degli associati.Ovviamente questi primi mesi ci sono ser-viti anche per entrare in possesso della materia e mettere le basi per lavorare con i nostri sistemi e le nostre priorità; abbia-mo incontrato diffi coltà da addebitare ai passaggi di consegne soprattutto tra i con-sulenti e i professionisti di riferimento che hanno avuto bisogno di un tempo maggio-re del previsto (purtroppo non dipenden-te da noi) per impostare in modo chiaro la parte amministrativa. Ad oggi siamo fi nal-mente entrati nella fase conclusiva e, ap-pena saremo in possesso degli ultimi ele-menti mancanti, potremo consentire alla nostra Tesoreria e ai Revisori di lavorare con tranquillità e continuità.Le newsletter sono sempre state un punto di forza della comunicazione a vantaggio degli associati e degli sponsor. Quest’anno spero che tutti abbiamo gradito la formula innova-tiva inserita nella rivista Professione Golf Club che Vi è stata inviata via posta e la tro-vate online sul nostro sito; ci è parsa un’op-portunità imperdibile di unire il servizio ai

The European Conferenceon Club Management 2013“Let’s Beat the Recession”

Sheraton Golf Parco dè Medici Golf and Resort - Roma

lunedì 18-martedì 19 novembre 2013

Organizzato in collaborazioneAssociazione Italiana Tecnici di Golf (AITG)

eClub Managers Association of Europe (CMAE)

PROGRAMMA CONFERENZA

Lunedì 18 novembre08:0009:30

Apertura Registration DeskApertura Conferenza Fabrizio Pagliettini - Jerry Kilby

09:45 La Direzione del Club in un periodo di crisi

Bill Sanderson

11:15 Coffee Break11:45 Ridurre i costi di manutenzione del

percorso in fase di progettazioneJeremy Pern

13:00 Lunch14:15 Prova macchine14:30 Il Trend del mercato golfistico Mike Leemhuis16:00 La gestione di un Major – US Open ‘11 Mike Leemhuis16:30 Coffee Break17:00 Formazione e Crescita Professionale Dr Jason Koenigsfeld17:45 Termine sessione formazione20:00 Cena di Gala

Martedì 19 novembre09:30 Il Club Manager, una Guida per la

Governance del CircoliGregg Patterson

10:3011:00

Coffee BreakEssere Leader nel Club Gregg Patterson

12:00 Formare il Personale ad un Servizio di Qualità

Helen Bennett

13:00 Lunch14:15 Tavola Rotonda area manageriale Gregg Patterson - Fabrizio Pagliettini14:15 Tavola Rotonda area verde A cura AITG/S.N.G.15:45 Saluto finale Fabrizio Pagliettini - Arnaldo Cocuzza CCM16:00 Chiusura Conferenza

Il suddetto programma è suscettibile di variazioni. Vi preghiamo consultare il nostro sito internet www.tecnicigolf.org per prendere visione delle eventuali

modifiche e di inoltrare all’indirizzo [email protected] le vostre iscrizioni o richieste di informazioni.

Soci ad una forma di promozione della cate-goria su una impaginazione preziosa e cura-ta da professionisti del settore.Vorrei dedicare un saluto affettuoso a Marta Maestroni che per motivi lavorati-vi non può consentirci l’impostazione della Segreteria che vogliamo dare a partire dal 2014. Con professionalità ci ha accompa-gnato alla Conferenza e, prima di abbando-nare il Suo ruolo, dedicherà l’ultimo mese dell’anno per inserire la nuova Segretaria, che avrò il piacere di presentarVi al prossi-mo Meeting; il Suo apporto è stato per l’AI-

TG un valore aggiunto e prezioso.L’ultimo cenno lo dedico al nostro sito; lo abbiamo impostato per essere strumen-to vivo e completo: mi aspetto la Vostra collaborazione per renderlo ancora più importante per tutti noi soprattutto con l’utilizzo del forum che mi piacerebbe di-ventasse un legame ideale tra tutte le se-greterie nazionali. Consapevoli però della forza comunicativa e aggregante dei social network, ci impegneremo affi nché la no-stra pagina su facebook sia periodicamen-te aggiornata.

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Il 5 ottobre scorso è stato firmato l’accordo di collaborazione profes-sionale con lo Studio Legale Asso-ciato Martinelli Rogolino. Chi fra i soci AITG ha già avuto modo di co-noscerlo sicuramente ne avrà ap-

prezzato le capacità professionali, a chi invece questa occasione non l’ha anco-ra avuta (cosa sotto certi punti di vista non del tutto negativa...) possiamo cer-tamente dire che lo studio Martinelli Ro-golino si occupa da oltre un trentennio delle problematiche del diritto sportivo, tributario e del lavoro con particolare ri-ferimento agli Enti non commerciali ar-rivando ad essere oggi il punto di riferi-mento di diverse Federazioni Nazionali e di tantissime Associazioni e Società Sportive, tra le quali anche molti Circo-li di Golf. In un momento come quello di oggi, do-ve alle tradizionali problematiche di ge-stione se ne sono aggiunte di nuove, co-me ad esempio quelle fiscali, avere la possibilità di potersi confrontare con uno Studio professionale qualificato rap-presenta per tutti noi un’opportunità di grande valore. Venendo più al concreto vorrei sintetiz-zare i contenuti dell’accordo. Gli Associati avranno la possibilità di ri-cevere newsletter e circolari di appro-fondimento sulle novità legislative, ma soprattutto di poter usufruire di una atti-vità di sportello svolta mediante risposta a quesiti inviati dai singoli Associati e, ovviamente, aventi come tema la gestio-ne giuridico-fiscale del Club. Vorrei sof-fermarmi solo un attimo su quest’ultimo

aspetto per puntualizzare alcuni elemen-ti di sostanza e altri di carattere più ope-rativo. La caratteristica fondamentale che i quesiti dovranno avere, fatta salvo la maggiore o minore specificità, è quel-la di rappresentare un argomento d’inte-resse generale. I quesiti potranno essere inviati dagli Associati a una e-mail dedi-cata dell’Associazione (che sarà attiva-ta subito dopo il Meeting di novembre) e successivamente inviati allo Studio. Il quesito e la successiva risposta saranno pubblicati nell’area riservata del sito AI-TG e tutti gli Associati ne saranno infor-mati tramite e-mail.

Gli Organi dell’Associazione potranno inoltre contare su una guida e una tu-tela, a loro riservata, nell’applicazione e interpretazione delle norme di legge e dei Regolamenti CONI e FIG. Lo Stu-dio MR infine sarà presente già al pros-simo Meeting primaverile, con uno dei suoi Partner, per un intervento di aggior-namento e confronto sui temi che mag-giormente hanno catalizzato l’attenzione degli Associati. Non è la prima volta che l’AITG si avvale della collaborazione con lo Studio Marti-nelli Rogolino, ma si è voluto modificar-ne l’impostazione con l’augurio che tut-

La professionalità dei Circoli

di Marco Antonangeli

Da inizio ottobre è in vigore un importante accordo fra AITG e lo studio legale bolognese Martinelli Rogolino, che vanta un bagaglio ultratrentennale di esperienze nel diritto sportivo

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Questo primo appunta-mento al S. Anna, al qua-le seguiranno altri nelle diverse macroregioni d’I-talia, ha potuto mettere a confronto Direttori-Se-

gretari e Superintendent-Greenkeeper sulle problematiche che interessano re-almente i loro Circoli. Si è discusso di sicurezza, dell’importanza del giorno di chiusura a salvaguardia della salute dei giocatori, quote dumping, possibili al-

leanze tra Circoli, promozioni concor-date per neofiti e problematiche sulla scontistica di green-fee e golf car. La riunione ha posto le basi per avere una maggior collaborazione tra i club, sempre più indispensabile per la cre-scita del golf in Italia. Si ringraziano i circoli partecipanti: S.Anna, Arenzano, Filanda, San Remo, Cus Genova, Ra-pallo, Colline del Gavi, Margara e Val-curone. Un sentito ringraziamento per l’ospitalità ricevuta dal Direttore del Circolo S. Anna, Marco Lucchesi, e dal Greenkeeper, Bruno Ciarlo.

ti gli Associati possano trovare risposte alle proprie problematiche e la possibili-tà di condividerle con i colleghi ci darà l’opportunità di non disperdere energie e di ottimizzare i nostri tempi sempre più frenetici. I nostri principali interlocutori saranno l’avvocato prof. Guido Martinelli e l’av-vocato Ernesto Russo, di cui in calce ab-biamo inserito una breve presentazione.

GUIDO MARTINELLI: Avvocato presso il foro di Bologna e socio fondatore dello Studio Legale Associato Martinelli Ro-golino. Docente di Legislazione sportiva presso l’Università di Ferrara e la Scuo-la dello Sport del CONI. Svolge attività didattica sulla fiscalità nello sport nei Master sullo sport della Luiss, della Lu-msa, dell’Università di Parma e del So-le 24 ore. È condirettore scientifico della rivista “Associazioni e sport” e autore di numerosi volumi di diritto sportivo, tra i quali “Le associazioni sportive: come ge-stirle” e “L’ordinamento sportivo”.

ERNESTO RUSSO: Avvocato presso il foro di Bologna e partner dello Studio Legale Associato Martinelli Rogolino. Presidente del “Centro Studi Fiscali-tà e Diritto dello Sport”. Docente del-la Scuola della Sport del CONI e Culto-re della materia Legislazione sportiva presso l’Università di Ferrara. Compo-nente del comitato di redazione della ri-vista “Associazioni e sport” e autore di numerose pubblicazioni sulle proble-matiche giuridiche e fiscali delle orga-nizzazioni sportive apparse su quoti-diani e riviste specializzate nonché del volume “L’ordinamento sportivo”.

Riunione macroregionale Liguriae basso Piemonte

di Mariano Merlano

Si è svolta nella bellissima sede del Golf Sant’Anna la prima riunione macroregionale AITG, fortemente voluta da tutto il direttivo e dal Presidente Fabrizio Pagliettini

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GOLF CLUB

Il gruppo dell’AITG all’ingresso della clubhouse del Golf Club St Anna. Nella pagina accanto Guido Martinelli, nella foto in alto Ernesto Russo.

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Nl el primo numero di Pro-fessione GOLF CLUB abbiamo pubblicato un articolo relativo al te-am che, per quattro anni consecutivi, dal 2009 al

2012, ha preparato il campo dell’Open d’Italia al Royal Park I Roveri e diret-to da Giovasnni Baima Picit Questa vol-ta tocca invece ai “cugini” del Circolo Golf Torino La Mandria. Il protagonista di questo articolo è Valerio Remondino, 55enne Superintendent del club torine-se, in cui è entrato nel 1986. Da 1999 è a capo della squadra che lavora sulle 36 buche del circolo, dopo aver sostitui-to Enzo Merlo Pich che aveva raggiunto l’età del pensionamento. Ecco le nostre dieci domande e le sue risposte.

Descrivici un po’ il tuo campo. Mi-sure, essenze, parco arboreo...Il Circolo Golf Torino vanta un esten-sione di circa 130 ettari. Tutto il com-prensorio arboreo è censito e co-stantemente monitorato da una ditta specializzata. Abbiamo dei bellissi-mi filari di farnie di circa 150 anni. Per ciò che riguarda le essenze abbia-mo sui green Declaration Agrostis, nei fairway un mix di Loietto, Agrostis e Poa annua, mentre il rough è costituito di Loietto, Festuca e Poa annua.

Pregi e difetti del tuo lavoro? Ci rac-conti un aneddoto simpatico che lo ri-guarda?Se il tipo di lavoro che ti piace è quello che fai, senz’altro è una grande fortuna. Ma il grosso difetto è che poi, anche per passio-ne, ti impegna molto. Un aneddoto risale alla tappa del Challenge che ha ospitato il mio circolo nel 2006. Come per ogni Open, challenge o campionato che facciamo non può mancare la grigliata di chiusura. Ave-vamo un po’ bevuto e il collega Marco Ai-raudi non riusciva a chiudere la porta della macchina. Non si era accorto che c’era Ma-tz Lanner che dormiva sul sedile posterio-re, che in quell’occasione era referee. Matz Lanner invece partecipò come professioni-sta all’Open d’Italia 1999, battendo il record del campo con uno score di 62.

Cosa pensi dell’A.I.T.G.? Come e quan-to ritieni possa essere utile per la tua professione?Come in tutti i campi professionali, è im-portante far parte di un’associazione di ca-tegoria che tuteli tutti gli operatori del set-tore. Ritengo di fondamentale importanza gli incontri, utili per lo scambio di esperien-ze ed il confronto sulle problematiche che affrontiamo nel quotidiano.

Di quanti uomini è composto il tuo staff manutentivo e quale ritieni sia il numero opportuno?Il mio staff è composto di 12 operai. Sareb-be bello avere due operatori a buca come a

St Andrews, anche se mi accontenterei di averne 18 per 36 buche.

Deleghi particolari lavori a ditte esterne?Utilizziamo la squadra esterna per opere per le quali non abbiamo i mezzi adeguati, ad esempio le potature con cestello, la puli-zia dei bacini idrici, ecc. Oppure interventi come la sistemazione dei danni dei cinghia-li, puliture dei canali...

Come giudichi il tuo parco macchine e come è organizzata la sostituzione dei vecchi macchinari? Annualmente o in base a necessità?Abbiamo a disposizione un ottimo parco macchine e uno dei nostri operai è mecca-nico, per cui si occupa della manutenzione. Sotituiamo le macchine secondo necessità.

Per la gestione dei dati del campo usi un sofware con un personal compu-ter? Al momento non utilizzo sistemi informa-tici per la gestione campo, ma mi sto ade-guando alle nuove tecnologie.

L’acquisto e distribuzione di fertiliz-zanti e fitofarmaci viene eseguita au-tonomamente?Sì, in autonomia.

L’uso dei prodotti fitosanitari viene eseguito in pre o post emergenza?Solo post emergenza.

Come si prepara il campo per l’Open?Dieci domande a Valerio Remondino

di Tiziana Panizzolo

A colloquio con il Course Manager del Circolo Golf Torino La Mandria, che ha ospitato quest’anno la più importante gara italiana e che nel 2014 ripeterà l’esperienza, prima di passare il testimone a Milano e Roma

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Nella foto sopra, il tee della buca 18 del percorso Blu, al Circolo Golf Torino, incorniciato da farnie di grande altezza. Qui sopra, un momento di lavoro nella preparazione dei collar attorno a un bunker.

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Parlando invece dei consumi irri-gui, effettuate sirynge? Quali sono le vostre fonti d’approvvigionamen-to idrico?Sì, effettuiamo i sirynge. Per quanto ri-guarda l’irrigazione, al Circolo Golf Tori-no abbiamo un bacino idrico alimentato da un canale pubblico, che passa all’inter-no della proprietà del nostro club.

Qual è il tuo budget? Lo ritieni ade-guato tutte le operazioni che dovete effettuare durante l’anno?La cifra che abbiamo a disposizione è di circa un milione e 100mila euro. Ritengo che sia sufficiente per le nostre necessità.

Rivelaci un po’ di numeri per gestire la manutenzione del campo in vista vista dell’Open d’Italia.Abbiamo in totale 16 operai impiegati un mese prima dell’Open, 12 appartengono alla nostra squadra e invece quattro so-no esterni. Il team arriva fino a 24 operai durante la settimana dell’evento perché, oltre ai ragazzi della squadra esterna, ci hanno affiancato quattro colleghi volon-tari giunti dalla Scozia e quattro ragazzi, per due ore ogni sera, si sono occupati della sistemazione dei divot. Per quanto riguarda le macchine, questi sono i nu-meri:- 2 triple elicoidali per i pre-rough - 4 quintuple per i fairway - 2 triple rotative per il rough primario

- 2 macchine per i green - 2 macchine per i tee - 2 rulli 2 macchine da bunker - 5 tra gator e kubotaIn campo invece abbiamo avuto: - 10 cm di altezza taglio del fairway - 8 mm di altezza taglio tee e collar - 3,3 mm altezza taglio greenPer l’Open d’Italia Lindt 2013, i costi so-stenuti sono stati di circa 100.000 euro.

La filosofia dell’European Tour per la preparazione di un campo da Open?A marzo il direttore di torneo ha fatto un sopralluogo sul campo, richiedendoci di modellare i fairway eliminando le anse presenti. Ad aprile con Scott Mc Lean, Su-per Intendent dell’European Tour, abbia-mo programmato i tagli. Rispetto alla ma-nutenzione ordinaria che eseguiamo sul percorso, ci hanno consigliato di eseguire due vertidrain in più sulle landing zone.

I punti di forza del Golf Torino?I green duri e veloci come prediligono i giocatori del Tour e le numerose piante che caratterizzano il percorso.

E le sue criticità? I bunker sono di facile allagamento du-rante l’estate, dopo un temporale. Inoltre per l’Open abbiamo ripristinato i 100 dre-naggi del percorso.

AITG - I CONTATTICircolo Golf e Tennis RapalloReferente: Fabrizio PagliettiniVia G. Mameli, 377 - 16035 Rapallo (GE)Tel. 0185-261777 - Fax: 0185-261779

Country Club CastelgandolfoReferente: Riccardo TirottiVia di Santo Spirito, 1300040 Castelgandolfo (Roma)Tel. 06-9312301 - Fax: 06-9312244

Golf Club BolognaReferente: Marco AntonangeliVia Sabattini, 69 - 40050 Monte San Pietro (BO)Tel. 051-969100 - Fax: 051-6720017

Circolo Golf TorinoReferente: Tiziana PanizzoloVia Agnelli, 40 - 10070 Fiano (TO)Tel. 011-9235440 - Fax: 011-9235886

Golf & Country ValcuroneReferente: Mariano MerlanoVia Carona, 1 - 15050 Momperone, Alessandria (AL)Tel. 0131-784514 - Fax: 0131-784001

Circolo Golf MargaraReferente: Maurizio NovellaVia Tenuta Margara - 15043 Fubine (AL)Tel. 0131-778555 - Fax: 0131-778772

Le Robinie Golf ClubReferente: Renato TiraboschiVia per Busto, 9 - 21058 Solbiate Olona (VA) Tel. 0331-329260 - Fax: 0331-620887

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La bagnatura a mano di un green al Circolo Golf Torino, durante la preparazione del campo per l’Open d’Italia.

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12 N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S ➤ ACAYA Fermo il resort in inverno: se ne riparla in aprile

Un duro colpo per il turismo salentino: a Lecce, il Double Tree by Hilton Acaya Golf Resort chiuderà il 24 novembre in vista di un’eventuale riapertura la prossima primavera. A casa tutti i dipendenti, almeno fi no ad aprile. Purtroppo non è bastato ammortizzare l’aspetto attrattivo della grande struttura 4 stelle con la cassa integrazione in deroga e nemmeno ridurre l’orario di apertura e avviare un primo ridimensionamento. A condurre all’attuale e provvisorio epilogo sembra aver concorso un mix di fattori che, nel Salento, non ha concesso spazio a molte altre strutture. Ma, a dispetto di ogni perplessità, è pur vero che sul golf-resort, nella provincia di Lecce, si continua a investire. Componente del consorzio Costa del Salento, la EdilSud spa di Fernando Toma sta, infatti, per aprire una struttura con golf a Melissano, sfruttando le agevolazioni del Piano Turismo. La società sta investendo 3,4 milioni di euro per la ristrutturazione di “Casino Donna Rosa”, che diventerà albergo a 4 stelle con 94 posti letto, 2 sale riunioni da 300 posti e club house a servizio di un campo da golf con 3 buche. Il termine dei lavori è fi ssato a giugno 2014, l’entrata a regime nel 2015. È un investimento che ruota intorno all’attività golfi stica sfruttando le potenzialità del campo da golf esistente e improntato a rappresentare buoni margini di crescita e di sviluppo del mercato turistico in generale. Verranno venduti terreni sui quali costruire villette a schiera e ville singole.

➤ CASTELFALFI IN CRESCITA Preissman e Moroder per 27 buche d’autore

Situato al centro della favolosa Tenuta di Castelfalfi (a Montaione, in provincia di Firenze), antico borgo nel cuore della Toscana che emerge da un letargo decennale grazie ad un attento progetto di ristrutturazione, il golf club è oggi considerato uno più belli di tutta la regione. Il progetto delle 36 buche (delle quali le 18 del Mountain Course e le prime 9 buche del Lake Course sono già giocabili) è stato disegnato e sviluppato dai famosi architetti Rainer Preissman e Wilfried Moroder ed è nato dall’idea di avere un tracciato adatto alle esigenze di tutti i giocatori, qualunque sia il loro handicap, ma pur sempre coinvolgente sia tecnicamente che strategicamente.All’interno del Toscana Resort Castelfalfi sono operativi l’hotel La Tabaccaia con le sue 31 camere ed un design contemporaneo studiato per esaltare l’impronta tradizionale dell’edifi cio, ex manifattura di sigari Toscani, e la trattoria e pizzeria Il Rosmarino, dove si possono gustare specialità locali oltre ai vini e all’olio prodotti nella tenuta. Di prossima apertura anche un altro l’albergo, pronto per accogliere chiunque voglia assaporare e godersi le bellezza naturali e le affascinanti tradizioni di questo luogo fuori dal tempo.

✉ Chiusura a RomaIl 30 settembre 2013 il Golf Club Ar-co di Costantino ha defi nitivamente cessato l’attività. Tutti i dipendenti del circolo romano, situato nell’area nord, sulla via Flaminia, sono stati lasciati a casa e al momento pare non ci siano possibilità per una futura riapertura. La Proprietà ha confermato l’incapa-cità di proseguire l’attività golfi stica a causa di problemi di carattere eco-nomico, ma non ha lasciato trapelare nulla di più.

✉ Problemi a SalernoLe Costiere Persano Golf Resort sta giungendo inesorabilmente alla sua fi ne. Il fallimento dell’Italian Golf De-velopment, la società che ha realiz-zato l’impianto inaugurato nel 2011 a Serre, in provincia di Salerno, con un investimento iniziale di dodici milioni di euro, di cui sei di fondi europei del Pit turismo, ormai incombe come una spada di Damocle. Da undici mesi or-mai, cinque dei quattordici dipendenti sono rimasti senza stipendio, mentre gli altri nove hanno preferito invece incrociare le braccia e protestare at-tivando le organizzazioni sindacali. La situazione si è fatta scabrosa nel mo-mento in cui l’amministratore delega-to della società, Alessandro Schiavo-ne, ha comunicato al sindaco di Serre, Franco Mennella, la decisione di av-viare le procedure per il fallimento. A lottare per il golf club è l’ex sindaco di Serre, Palmiro Cornetta, che nell’im-pianto golfi stico ha sempre creduto: “Bisogna cercare di evitare il fallimen-to - dice - ed è necessario agire subito con un atto di forza. La Regione Cam-pania deve chiedere la rescissione del contratto e la restituzione dei fondi europei, mentre il Comune deve ac-quisire d’autorità l’impianto e gestirlo con un partner esperto. La società è venuta meno ad un preciso obbligo contrattuale: l’impianto avrebbe dovu-to funzionare per dieci anni e prima di cinque anni non era consentito alcun tipo di cessione”.

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13N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S ➤ COMUNI FIORITI Un premio anche ai golf club. E lo vince il Royal Park I Roveri

Il 13 ottobre si è svolta a Savigliano (Cuneo) la premiazione nazionale del circuito “Comuni Fioriti 2013” promosso dall’Associazione Produttori Florovaisti.Quest’anno la premiazione è stata tenuta nella cittadina della provincia Granda perché

il circuito dei Comuni Fioriti, oggi nazionale, nacque dieci anni fa con le prime tre edizioni “sperimentali” proprio in Piemonte; e, non meno importante, perché Savigliano ha avuto il merito di conquistare lo scorso anno la medaglia d’argento

al circuito europeo ‘Entente Florale’. Novità di quest’anno la sezione “Campi da Golf Fioriti”, che ha visto competere, da nord a sud, i green più fl oreali d’Italia in una sfi da all’insegna della passione per lo sport e per la natura. Il vincitore è stato il Royal Park I Roveri, circolo di Fiano Torinese ricco di storia e tradizione nonché percorso che ha ospitato quattro edizioni dell’Open d’Italia. Due premi speciali sono stati invece assegnati al Golf Club di Claviere, in provincia di Torino, e al Golf Club di Garlenda, vicino a Savona.Nel corso della giornata sono stati assegnati altri importanti premi: quello per

la “Provincia più Fiorita” (in base alla percentuale del numero dei comuni iscritti) è andato a Biella; il “Fiore d’Oro” è stato assegnato a Transacqua; altre targhe sono andate a Grado per il ‘rispetto dell’ambiente’; a Trento per i ‘ponti fi oriti’; a Cervia e Transacqua per i molti anni di collaborazione; a Mezzolombardo per il progetto ragazzi dai 17 ai 20 anni per la manutenzione del verde; a Limone Piemonte e Savigliano per l’ospitalità; a Merano per la ‘tutela delle alberature, manutenzione e sfruttamento intelligente delle risorse naturali; alle riviste “Il Mio Giardino” e “Giardini” per la collaborazione.

Il golf club di Cortina d’Ampezzo (Belluno)chiede ai suoi soci di supportare la realizzazione del secondo percorso di 9 buche, anche se le perdite si accumulano. Nei giorni scorsi, infatti, secondo quanto ricostruito da “ilmondo.it”, un’assemblea straordinaria della Cortina srl, proprietaria del campo ampezzano, ha deliberato una ricapitalizzazione da 4,6 a 6,8 milioni di euro, pari a 2,1 milioni di valore nominale con un sovraprezzo di altri 2 milioni. Nel dettaglio, la singola

quota da sottoscrivere sarà di 35.000 euro. Gli azionisti del golf di Cortina sono per lo più volti noti dell’imprenditoria e della fi nanza: Giuliano Adreani (Publitalia 80), Guido Barilla, Roberto Bertazzoni (Smeg), i fratelli De Rigo, Andrea De Vido di Finint, Giuseppe Gazzoni Frascara, Vittorio Grilli (ex ministro dell’Economia) l’editore Carlo Perrone, Paolo Scaroni (ceo Eni) e Maurizio Tamagnini, capo del Fondo Strategico Italiano.

➤ CREMA Riaperto il “Mummy”, bello e storico campo lombardo

Sabato 14 settembre, presso il circolo Golf Crema Resort, si è celebrata la ria-pertura del “Mummy”, lo storico percorso che è stato riportato in vita dopo oltre 20 mesi di lavoro. A fare da padrone di casa, il presidente Fabrizio Gargioni con i partner Carlo Carozza e Cesare Fogliazza, impegnati in un ambizioso progetto di sviluppo del Circolo.Il “Mummy” è un percorso 18 buche che, con i suoi 6.580 metri di lunghezza, è uno dei più estesi su scala Nazionale, oltre che essere particolarmente sugge-stivo dal punto di vista paesaggistico.

➤ CORTINA D’AMPEZZO Aiuti per le seconde nove buche

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➤ SARDEGNA - Cento ettari per 18 bucheIn Sardegna, incuranti degli strali ambientalisti e in controtendenza con alcune visioni rigidamente “ecologiche”, Franco Tegas e Mariano Muggianu, sindaci rispettivamente di Talana e Triei, due comuni nell’entroterra dell’Ogliastra, hanno intenzione di formalizzare un’offerta che, secondo le loro intenzioni, dovrebbe cambiare le sorti dei rispettivi paesi, altrimenti condannati a inesorabile spopolamento. I primi cittadini hanno infatti deciso di mettere sul mercato cento ettari di territorio comunale, cinquanta a testa, da destinare a un campo da golf da 18 buche. “Tutto è ancora da defi nire - afferma Tegas, esponente del Pdl a capo di una lista civica, imprenditore nel ramo supermercati a Tortolì -. Si andrà verso un contratto trentennale, con un canone che ipotizziamo in centomila euro l’anno. Non proprio tanto se si pensa all’area che verrà concessa. L’altro aspetto positivo riguarda l’assunzione di personale: contiamo che, con l’impianto a regime, qui possano trovare occupazione almeno quaranta di persone, una cifra importante per i nostri paesi”. Anche il sindaco di Triei, Mariano Muggianu, direttore didattico, è convinto della bontà del progetto. “Abbiamo inserito la proposta nel piano urbanistico. Crediamo così di poter entrare nei fl ussi turistici che al momento ci tagliano fuori. Quello del golf è un turismo rivolto a una classe medio-alta, ma rispetto a un tempo oggi questo sport è davvero più popolare. Noi facciamo un’offerta, poi sarà l’imprenditore che sposerà l’iniziativa e valuterà i pro e i contro”.

➤ UDINE Continua l’impegno ecologico del circolo friulano, con la certifi cazione GEO

Golf ed eco-sostenibilità, un legame sempre più solido, rafforzatosi ulteriormente con la recente assegnazione della prestigiosa certifi cazione europea GEO per il Golf Club Udine. Il circolo friulano è il secondo impianto golfi stico in Italia (il primo è stato il Golf Club La Pinetina in provincia di Como nel febbraio 2010) a ottenere il massimo riconoscimento in fatto di tutela ambientale dalla GEO (Golf Environment Organisation). Quest’ultima è la nota organizzazione no-profi t e non governativa che si pone l’obiettivo di incentivare la difesa del territorio nel golf, innalzando gli standard ambientali, fornendo soluzioni pratiche e valutando le prestazioni

di chi opera nel settore golfi stico. Già premiato nel 2005 del Certifi cato Nazionale “Impegnati nel Verde”, il Golf Club Udine si è posto nuovamente in evidenza per il suo impegno attivo nella tutela dell’ambiente. “È stata una sfi da affascinante – commenta il presidente del circolo Gabriele Lualdi – portata avanti con scrupolosa attenzione nel rispetto di una tematica così importante. È per noi motivo di grande soddisfazione fi gurare fra i primi circoli in Italia ad aver raggiunto questo obiettivo.” La sensibilità ambientale del bel circolo friulano aveva trovato, come già detto, gratifi cazione con il Certifi cato Nazionale Impegnati nel Verde del 2005. Da quel momento, il greenkeeper Mauro Mantovani e tutto lo staff del circolo

si sono posti il traguardo della certifi cazione europea GEO. Le tecniche di manutenzione e irrigazione del percorso, associate alle modalità di consumo energetico, sono sicuramente i punti di maggior rilievo. Ora, in vista della revisione triennale, il Golf Club Udine dovrà mantenere inalterati gli standard qualitativi e operare anche nuovi interventi, a partire dalla classifi cazione di tutte le piante presenti. La campagna di sensibilizzazione che la Federazione Italiana Golf sta portando avanti insieme a “Impegnati nel verde” = continua a dare ottimi frutti; sono infatti 14 i circoli italiani in attesa della Certifi cazione GEO.

Cambio della guardia al vertice di John Deere. Presente nella fi liale italiana dal 2012 come direttore generale fi nanziario, Marzio Devalle è stato scelto per guidare, dallo scorso primo novembre, John Deere Italiana. Fra gli obiettivi con cui Devalle inizia il suo nuovo incarico al vertice della società c’è quello di confermare una posizione di leadership nel mercato italiano e migliorare il portfolio di prodotti e servizi. Importante a questo riguardo la sua formazione professionale (si è laureato in Economia e Commercio all’Università di Torino) e l’esperienza acquisita, oltre alla conoscenza della rete dei concessionari John Deere. Il predecessore di Devalle, Gaston Trajtenberg, sempre dal primo novembre, ha assunto l’incarico di country manager Argentina di John Deere.

➤ JOHN DEERE Un nuovo AD in Italia

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➤ GOLF WORLD ALLIANCE Un accordo a livello “globale”

Parigi, Milano, Dallas, Amsterdam, Vienna, Madrid, Stoccolma. Queste le sette nazioni che, il 10 settembre 2013, hanno fi rmato l’atto costitutivo della Golf World Alliance©. Una vera innovazione nel mondo dello sport e del tempo libero: è nato il primo programma di affi liazione mondiale. Nei paesaggi ricchi di storia del Latrobe Golf and Country Club (Pennsylvania, USA), proprietà e residenza di Arnold Palmer, alcuni fra i principali operatori golfi stici internazionali hanno messo le basi per percorrere insieme la strada per il futuro, creando la possibilità per i propri associati di giocare negli Stati membri dell’Alleanza, in ogni percorso affi liato, come se fossero a casa propria. Tutto questo a partire da novembre 2013. Le imprese fondatrici sono: Access Global Golf and Travel (USA), Global Green (Spagna), Burgolf (Olanda), International Golf Corporation (Italia), LeClub Golf Sweden (Svezia), NGFGolf (Francia), Reiters (Austria).Giocare in tutto il mondo con i vantaggi riservati a un vero e proprio socio non è mai stato così facile: chi si associa in uno dei percorsi parte della Golf World Alliance© potrà decidere in qualsiasi momento di acquistare un upgrade sull’abbonamento annuale per accedere al programma Golf World Member©. L’upgrade ha un prezzo fi sso uguale in tutto il mondo ed è stabilito in 99 euro (IVA esclusa) per l’Europa e 120 dollari (escluse tasse) per gli Stati Uniti. Inoltre, ciascuno Stato fondatore attiverà uno speciale servizio gratuito di prenotazione tee time per tutti i percorsi affi liati: basterà telefonare all’operatore golfi stico del proprio Paese per prenotare comodamente e gratuitamente il proprio green fee in tutto il mondo.

Il progetto della Phil Mickelson Design per la ristrutturazione del North Course di Torrey Pines a San Diego (California), sembra avere una svolta. Nel disegno di Mickelson si vorrebbero integrare più aree sabbiose e naturali alla tipica zona del vicino Torrey Pines State Park. Il North Course è il percorso più popolare

tra i campi di San Diego e ospita ogni anno 82.000 giri. Il desiderio del campione di golf è di offrire una maggiore giocabilità per i golfi sti medi senza dimenticare l’aspetto paesaggistico del luogo. Particolare attenzione sarà rivolta alla manutenzione del percorso, l’estensione della buca 8 da un

par 4 a un par 5 e l’allungamento della 9 che, in questo modo, diventa un impegnativo par 4. Il nuovo progetto proporrebbe anche la modernizzazione di alcuni bunker e green del percorso, oltre che la volontà di ribaltare il giro regolamentare in modo da avere un fi nale ancora più spettacolare.

✉ GERMANIAIn Germania è iniziato il progetto del Golf Club Amburgo-Oberalsterf ad ope-ra dello studio Krause Golf Design. In un’area di 105 ettari, a circa 25 minuti dall’aeroporto di Amburgo, sorgerà un nuovo percorso a 18 buche che sarà aperto al pubblico nella primavera del 2015.

✉ UNGHERIAIl ricco industriale Gábor Szeles ha pro-messo la costruzione di un campo da golf a Zalacsány in Ungheria. I lavori so-no già iniziati con la trasformazione del castello Batthyány, precedentemente abbandonato, in un hotel con centro be-nessere e 400 ville, oltre che la costruzio-ne del campo da golf progettato dal Ro-bert Trent Jones Jr. Il tutto sarà ultimato entro il 2016. A seguito di questa nuova iniziativa, secondo Szeles l’’Ungheria avrà fi nalmente una crescita esponen-ziale che aspetta da lungo tempo.

✉ INGHILTERRALa presenza di anfi bi rari non ha fer-mato la costruzione del nuovo campo da golf a Durham, nel nord dell’In-ghilterra. Erano circolate alcuni voci che davano sospesi i lavori per il nuo-vo percorso a causa di alcune specie protette nel Regno Unito. Al contra-rio, lo sviluppo del campo sta conti-nuando con la semina dei tee di par-tenza, dei green e dei fairway. Il nuovo golf sarà aperto nel 2014 grazie alla Ramside Estates, società alberghiera a conduzione familiare.

✉ IRLANDANella parte più a ovest dell’Irlanda, nella penisola di Mullet, il Carne Golf Links è la meta perfetta per i golfi sti più avventurosi che vogliono vivere l’esperienza di giocare su un campo attraversato da dune ripide e massicce. Oltre alle 18 buche dell’ir-landese Eddie Hackett, è in opera la realizzazione di altre 9 buche tra le dune e con il progettista scozzese Ally McIntosh.

➤ PHIL MICKELSON La fi rma di “Lefty” sulle novità di Torrey Pines

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➤ IRAN E anche a Teheran si ritorna a parlare di golf...

➤ PREVENZIONE Si è spenta l’era del fuoco: inizia l’era di Firet Energy

Dopo oltre 30 anni, l’Iran avrà un nuovo campo da golf; il progetto è stato affi dato all’architetto

australiano Phil Ryan che ha completato la prima fase di costruzione. Il campo da golf

sorgerà vicino alla città di Parand, a circa 25 chilometri a sud di Teheran e a 15 minuti dall’aeroporto della città. I lavori erano iniziati nei primi mesi del 2012, ma avevano poi avuto uno stallo di più di un anno a causa della situazione economica del Paese. Ora

che i rapporti con il mondo occidentale stanno migliorando, Ryan ha potuto visitare recentemente l’area e controllare lo stato delle prime buche. Le strade e le infrastrutture sono già operative e una club house provvisoria aprirà a metà del prossimo anno.

Firet Energy è il primo sistema estinguente progettato per ambienti chiusi in contesti civili e industriali, completamente automatico e che protegge 24 ore su 24 i quadri elettrici e i server Firet Energy spegne defi nitivamente l’era del fuoco e rivoluziona il mondo dei sistemi di sicurezza antincendio in contesti civili e industriali. Firet Energy è infatti il primo dispositivo estinguente completamente automatico, ideale da installare all’interno di quadri elettrici

e server. Progettato per ambienti chiusi, grazie alla sua robustezza, alla miscela ecologica, alle dimensioni ridotte e alla facilità d’installazione, rappresenta una innovazione nel mercato dei sistemi antincendio. A differenza dei dispositivi tradizionali, Firet Energy estingue il fuoco prima che si sviluppi, in maniera automatica, senza la necessità di un intervento manuale: la protezione dell’integrità e del valore dei beni è garantita

24 ore su 24. Firet Energy è facile da installare: non richiede collegamenti elettrici e personale specializzato. Il sistema brevettato nasce intorno a un rivoluzionario ugello ad alta tenuta, completamente meccanico e senza parti mobili, che agisce come rilevatore d’incendio. L’impiego di un particolare polimero per la sua realizzazione garantisce, al raggiungimento di una temperatura predefi nita, il rilascio automatico e controllato dell’agente estinguente. Firet Energy può essere installato in posizione orizzontale o verticale, con l’ugello rivolto verso il centro dell’area da proteggere.Firet Energy non è un estintore: è il sistema antincendio automatico più piccolo al mondo, ideale per proteggere ambienti e vani piccoli e chiusi. Dalla nautica al residenziale, dagli ambientiindustriali a quelli per la raccolta ecologica, dai quadri elettrici all’automotive, Firet è la protezione naturale sempre attiva, 24 ore su 24.I benefi ci esclusivi dell’innovazione Firet, permettono di soffocare il fuoco prima che si sviluppi, salvaguardando i beni e prevenendo il loro deterioramento. www.fi retitalia.com

✉ URUGUAYLo studio di progettazione di Angel Ca-brera è pronto per inaugurare il suo pri-mo progetto di design nel gennaio 2014. Il vincitore Major è stato ingaggiato da Alejandro Bulgheroni, presidente del Los Tajamares Golf Club, per ristrut-turare parte del percorso a Punta del Este, in Uruguay. I lavori comprendono l’allungamento del campo, che arriverà a 7.000 metri, le modifi che ai fairway, ai bunker e ai green.

✉ GIAPPONETokyo ospiterà le Olimpiadi 2020, avendo battuto la concorrenza di Ma-drid e Istambul. Gli organizzatori han-no confermato che lo storico campo di Kasumigaseki, appena fuori dalla cit-tà, ospiterà la competizione durante i Giochi di fi ne decennio. Sono già parti-te le modifi che al percorso, che vedrà l’integrazione di altre nove buche, per un campo che alla fi ne dei lavori mi-surerà ben 7.308 metri di lunghezza.

✉ COREA DEL SUDLa nazione dell’Estremo Oriente sta per raggiungere un grande traguardo: l’apertura del suo 500esimo campo da golf. In pochi anni il Paese ha vi-sto crescere esponenzialmente il golf passando dai 369 percorsi nel 2009 ai 440 nel 2011, fi no ad arrivare ai 500 l’anno prossimo. L’incremento è dovu-to a un preciso progetto statale. Dato che i giocatori nel 2009 erano già ben quattro milioni, erano costrettti a vola-re all’estero per soddisfare la propria passione, con spese fuori dai confi ni che sfi oravano il miliardo di dollari. Da qui l’incentivo alla costruzione dei campi, per frenare questa uscita “gol-fi stica” di capitali.

✉ ABU DHABISi svolgerà negli Emirati Arabi dal 28 al 30 aprile 2014 la nuova edizione del Golf Business Forum, appuntamento di grandissima rilevanza per tutti gli operatori golfi stici. Sede del convegno il Westin Abu Dhabi Golf Resort & Spa.

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18 N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S - N E W S ➤ GIULIO CAVALSANI Una vita intera dedicata al golf

È scomparso all’età di 97 anni, lasciando un grande contributo al golf italiano. Giu-lio Cavalsani si avvicinò al golf facendo il portabastoni al Golf Club Milano e succes-sivamente iniziò a giocare. Poi la passione per il nostro sport cambiò radicalmen-te la sua vita. Divenne prima giocatore scratch (giocò per 9 anni nella nazionale, chiamato dal suo capitano “Cavallo sicuro” nelle più importanti competizioni in-ternazionali: 34 incontri giocati, 31 vinti, 1 pareggiato e 2 persi). E in seguito grazie all’amore per il golf, dopo aver studiato l’architettura golfi stica in America, coniu-

gando l’abilità di giocatore con l’amore per la natura divenne il primo progettista di campi di golf italiano. Progettò e diresse i lavori del Golf Club Milano (riprogettò il campo, realizzando 9 buche più modifi cando 13 buche esi-stenti e portando il campo al-le attuali 27), di Monticello, di Punta Ala, de le Rovedine (mo-difi cando sei buche delle esi-stenti e realizzando 9 buche in totale), del Lamborghini (pro-gettò il campo). Inoltre negli anni Settanta divenne consu-lente per la manutenzione dei maggiori campi da golf italiani, nei quali realizzò anche nume-rosi restyling. A seguito dei nu-merosi viaggi studio all’estero, nel 1972 fondò l’associazione dei segretari dei campi di golf, al fi ne di riunire i dirigenti re-sponsabili della gestione dei golf per condividere e impa-rare la diffi cile professione.

Divenne presidente dell’associazione e rimase in carica fi no a metà degli anni Ot-tanta. Durante la sua attività all’interno dell’associazione organizzò i primi mee-ting su mantenimento e cura dei tappeti erbosi, invitando tecnici qualifi cati come ad esempio J. B. Beard. Precursore dei tempi realizzò a Punta Ala (1964) il primo impianto d’irrigazione semiautomatico in Europa, importando direttamente questa tecnologia dall’America. Sempre a Punta Ala per la prima volta seminò il tappeto erboso del percorso in macroterme (la qualità Zoysia Japonica). Giudice arbitro internazionale, fu presente a numerosi Open dando il proprio personale contributo. Ha organizzato il Fiat Trophy Open al Golf Club I Roveri, su incarico diretto della famiglia Agnelli.

Per il suo passato sportivo è stato insignito delle seguenti benemerenze:1967 medaglia di bronzo al valore atletico del C.O.N.I.1974 Cavaliere all’ordine di merito della Repubblica Italiana1996 Stella d’argento al merito sportivoRicordato dagli amici come grande sportivo, uomo di rettitudine e correttezza, ha a lasciato il proprio contributo tangibile a tutto il golf italiano. Grazie Giulio.

✉ MONACO DI BAVIERAMercedes-Benz punta sempre più in alto. La casa automobilista già attiva da anni nel settore golfi stico, potreb-be presto entrare in collaborazione con Ez-Go e Textron. Il nuovo proget-to precede una nuova idea di golf cart con lettore multimediale, monitor touch-screen, fari a led e sedili riscal-dabili e raffreddabili. In più ci sarà la possibilità di abbandonare il classici volante a favore di un joystick.Chi continua ancora a pensare che l’hover-craft di Bubba Watson sia qual-cosa di assolutamente speciale?

✉ INDIANella città indiana di Shillong, in una delle aree golfi stiche più consolida-te del Paese, è stato inaugurato un nuovo campo a 18 buche. Il percorso di 6.000 metri e a 1.600 metri di alti-tudine, ha recentemente ricevuto il riconoscimento da parte dell’Unione Indiana Golf.

✉ NUOVA ZELANDALa città neozelandese di Christchurch, devastata da un potente terremoto nel 2011, vedrà la costruzione del Whi-sper Creek, un nuovo progetto golfi -stico che comprenderà un campo a 18 buche, disegnate dall’architetto Guy Hockey, e 157 ettari per un comples-so residenziale. Grazie all’imprendi-tore Thomas Na, la città della Nuova Zelanda potrà in futuro contare su un resort con 141 ville e 113 apparta-menti, una piscina interna riscaldata con idromassaggio e sauna e 41 ettari di parco ecologico con pista ciclabile e cavalli.

✉ MESSICODopo tre false partenze, Tiger Woods dovrebbe fi nalmente fare il suo de-butto come progettista di campi da golf con Diamante, un nuovo percorso all’interno di Cabo San Lucas, in Mes-sico. Si tratta di un resort che già di-spone di un altro bellissimo percorso, il Dunes di David Love III.

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Una splendida veduta aerea di Kingsbarns, meraviglioso percorso scozzese a pochi chilometri da St Andrews. Disegnato da Kyle Phillips (autore anche dei due campi di Verdura, in Sicilia), viene considerato da molti come il più bello realizzato nel XXI secolo.

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21I N C H I E S T AStatistiche e classifi che

Troppo spesso sentiamo volare numeri a caso e raramente la fotografi a del golf all’italiana

esce in maniera corretta durante infi nite discussioni fra addetti ai lavori. In realtà

continuiamo a inseguire con poco successo nazioni che dovremmo tranquillamente

precedere nella mappa del golf continentale. Proviamo a capire perché

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22 I N C H I E S T AStatistiche e classifiche

Inumeri rappresentano uno splendi-do strumento per fotografare il be-nessere di un’impresa ma anche le tendenze di un mercato. Rapporti, percentuali e proporzioni ci pos-sono indicare le direzioni da segui-

re per dirigere la nave verso una rotta sicura o un naufragio certo. Nel primo numero di Professione Golf Club ab-biamo toccato l’argomento golf italia-no proponendovi un’analisi della situa-zione interna, mettendo in evidenza il numero di golfisti, la distribuzione dei percorsi e la potenzialità di crescita del golf del Belpaese. I numeri sono come le ciliege, uno tira l’altro, e così ci sia-mo immersi nel sito dell’EGA analizzan-do e confrontando l’Italia con 43 nazio-ni dell’Eurozona.

I circoli in attivitàIl numero di percorsi (esclusi i campi pra-tica) del nostro Paese (278) ci posiziona al nono posto dietro a Spagna (345) e pri-ma dei Paesi Bassi (229). Guardando la conformazione degli Stati però notiamo come chi viene dopo di noi in classifica è più piccolo o ha un clima che permet-te di giocare pochi mesi all’anno. Oppu-re fa parte di Paesi che hanno convissu-to per 50 anni con la politica comunista, quindi non proprio affine al golf. Inoltre molte nazioni che ci precedono hanno un mix di percorsi pubblici e privati, la Germania ad esempio ha circa 500 club privati e oltre 200 pubblici, spesso a no-ve buche, che permettono a chiunque di giocare (anche a chi non ha mai tirato un colpo!). Se ci limitassimo ad analizzare il dato dei percorsi la soluzione per la cre-scita sarebbe quella di creare nuovi cam-

pi. Invece incrociamo inesorabilmente il dato con quello dei giocatori e la prospet-tiva cambia all’istante.

I giocatori in campoIl numero di praticanti in Italia (inferiore a 100mila e fra questi sappiamo molti sono non giocatori ma frequentatori di club) ci fa scendere al 14° posto. Non solo siamo po-sizionati dietro ma abbiamo anche un gros-so divario da tutti i Paesi industrializzati. Se l’Inghilterra fa storia a sé, possiamo forse prendere come termine di paragone la Ger-mania (635mila). Troppo forte economica-mente? Passiamo allora alla Francia, che di giocatori ne ha circa 423mila. O preferi-te l’Austria con quasi 105mila “carrellanti”, nonostante abbia solo otto milioni di abi-tanti contro i nostri 60? Anche la Spagna, in teoria in crisi come noi, ci surclassa con quasi 314 mila giocatori.

di Andrea Ronchi

Uno dei più importanti percorsi dei Paesi Bassi, il Kennemer G & CC, già sede del KLM Open. L’Olanda è il Paese europeo con il maggior numero di giocatori in media per circolo, quasi 1.700, numero incredibile se raffrontato con i nostri 355.

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Tesserati e non tesseratiIncrociando i dati dei percorsi e quel-lo dei giocatori la situazione diventa an-cora meno esaltante. L’Italia scende al 24° posto con 355 giocatori di media per circolo. Certo, siamo appena dietro Inghilterra (401,7) e Scozia (404) ma il dato in questo caso non è confrontabi-le con il nostro. E qui è indispensabile aprire una bella parentesi. A differenza di noi, in Gran Bretagna i giocatori non sono tutti tes-serati, in quanto non esiste un obbligo tassativo e nemmeno una Federazione golfi stica come la intendiamo noi. Il da-to complessivo uffi ciale del Regno Uni-to si riferisce solo ai giocatori che sono iscritti alle varie associazioni quali EGU (English Golf Union), LGU (Ladies Golf Union), SGU (Scottish Golf Union), GUI (Golfi ng Union of Ireland) e GUW (Golf Union of Wales). In realtà questo milione e passa di praticanti non è che una parte minoritaria di tutto il movi-mento golfi stico, valutabile fra in quasi quattro milioni di praticanti, la maggior parte dei quali non sono iscritti a nessu-na associazione o federazione, dato che porterebbe a triplicare i giocatori medi per circolo. Ci sembra importante sottolinea-re inoltre come proprio la Scozia, che quest’anno ha ospitato l’Open Cham-pionship maschile e femminile, lo Scot-tish Open, il Dunhill Championship e che nel 2014 sarà sede a Gleneagles del-la Ryder Cup, ha pensato di dover in-vestire su comunicazione e promozio-ne per aumentare il numero di golfi sti perché questi straordinari eventi da so-li non sono suffi cienti. La classifi ca del rapporto fra giocatori e campi è guidata dall’Olanda con 1969,5 (sì, avete letto bene…) soci medi per circolo. A noi, che spesso non abbiamo problemi di prenotazione dei tee time, sorge spontanea la domanda su come facciano a giocare tutti. Anche avere così tanti soci può rappresentare un problema, esattamente all’opposto di quanto avviene in Italia. Ma ecco allora che i Paesi Bassi sono corsi ai ripari e, nonostante le dimensioni ridotte (sono

Abitanti medi per ogni campo di golfNazione Campi Giocatori Popolazione Giocatori/Campi

Islanda 65 16.641 323.000 4.969Scozia 560 226.217 5.313.000 9.488Irlanda 416 208.130 4.593.000 11.041Galles 153 51.445 3.063.000 20.020Svezia 436 482.476 9.555.000 21.915Inghilterra 1.867 750.004 53.012.000 28.394Norvegia 177 110.362 5.063.000 28.605Danimarca 188 152.972 5.602.000 29.798Liechtenstein 1 467 36.281 36.281Finlandia 129 144.221 5.421.000 42.023Austria 156 104.736 8.414.000 53.936Paesi Bassi 229 388.493 16.788.000 73.310Svizzera 95 85.758 8.014.000 84.358Lussemburgo 6 3.890 537.000 89.500Repubblica Ceca 96 55.547 10.513.000 109.510Cipro 10 1.464 1.117.000 111.700Germania 719 635.097 80.399.000 111.821Francia 583 422.761 65.350.000 112.093Portogallo 87 14.198 10.487.000 120.540Spagna 345 313.787 46.704.000 135.374Belgio 80 57.074 11.035.000 137.938Slovenia 13 8.762 2.055.000 158.077Estonia 8 2.247 1.286.000 160.750ITALIA 278 98.824 59.685.000 214.694Slovacchia 16 7.516 5.410.000 338.125Malta 1 557 452.000 452.000Lituania 6 500 2.955.000 492.500Ungheria 15 1.419 9.942.000 662.800Bulgaria 7 639 7.364.000 1.052.000Grecia 8 1.830 10.815.000 1.351.875Polonia 27 3.257 38.186.000 1.414.296Macedonia 1 90 2.058.000 2.058.000Kazakistan 8 650 16.967.000 2.120.875Albania 1 64 2.821.000 2.821.000Serbia 2 618 7.186.000 3.593.000Turchia 19 6.248 75.627.000 3.980.368Romania 5 714 20.121.000 4.024.200Israele 2 1.015 8.051.000 4.025.500Russia 17 1.080 143.400.000 8.435.294Azerbaigian 1 40 9.356.000 9.356.000Ucraina 4 547 44.854.000 11.213.500

Uno dei più importanti percorsi dei Paesi Bassi, il Kennemer G & CC, già sede del KLM Open. L’Olanda è il Paese europeo con il maggior numero di giocatori in media per circolo, quasi 1.700, numero incredibile se raffrontato con i nostri 355.

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più piccoli di Piemonte e Lombardia), hanno individuato 70 aree dove potran-no nascere nuovi percorsi.

Libertà di giocoQuanti credono che lo scarso numero di golfisti in Italia sia legato alla crisi sbaglia-no, poiché questa situazione ci accompa-gna da sempre. Quali sono i veri motivi? È perché si pensa sia uno sport caro? Le ra-dici della credenza che il golf sia uno sport elitario affondano nella politica di chiusu-ra e restrizione adottata per decenni dai circoli stessi. Quote azionarie, fondi per-duti, speculazioni edilizie e quote associa-tive molto alte sono gli ingredienti che non hanno permesso ai curiosi di avvicinarsi ai cancelli, spesso chiusi e sorvegliati, dei

golf club. Però anche questa motivazione da sola non basta a spiegare la penuria di giocatori. Anche in Austria, Danimarca e Germania il golf è considerato uno sport costoso, eppure queste nazioni ci surclas-sano. Perché? Il merito va a una reale po-litica di apertura attuata dalle federazioni con il placet dei circoli privati. Parliamo di creazione di campi pubblici ma anche di li-bertà assoluta di gioco, senza tessere ob-bligatorie di qualsiasi genere, e incentiva-zione all’apertura di campi pratica.

L’obiettivo principale: creare nuovi golfistiI circoli hanno troppo spesso paura di perdere soci e tentano di trattenerli con sconti o promozioni, quando non si pro-

va addirittura a conquistare i soci altrui. Questa però non è la soluzione. Bisogna invece inesorabilmente aumentare il nu-mero di giocatori e questo obiettivo da perseguire non può essere demandato al-la sola Federgolf o ai soli club. Ci vuole un lavoro comune in cui qualcuno indi-ca la rotta e tutti gli altri poi remano nel-la stessa direzione. Aprire campi pubblici non è impresa facile, come ha conferma-to lo stesso presidente della Federgolf, Franco Chimenti: “Eravamo già pronti a brindare per l’avviamento di progetti che avevano avuto l’approvazione e i permes-si dalle giunte comunali. Poi cambiano i partiti che guidano i consigli e quelle stes-se autorizzazioni diventano carta strac-cia. Abbiamo riposto lo spumante in fri-

La buca 7 dello Stadium Course al PGA Catalunya di Girona, considerato da molti il più bel campo di Spagna.

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Campi e giocatori: i dati uffi ciali dell’EGA

Questa, come le altre tabelle, è stata realizzata utilizzando i dati uffi ciali EGA (European Golf Association), a cui abbiamo aggiunto ad esempio la rilevazione sulla popolazione (nelle pagine precedenti). È però necessaria una precisazione: qui so-pra si parla solo di giocatori tesserati alle varie federazioni, associazioni o unioni golfi stiche. In realtà nelle quattro nazioni che compongono la Gran Bretagna i giocatori sono stimati in quattro milioni, come del resto in Germania si ritiene che esi-sta più di un milione di praticanti. E questo succede in molti altri stati.

Nazione Campi Giocatori Uomini Donne Junior Totale

Inghilterra 1.867 750.004 584.884 102.337 62.783 53.012.000Germania 719 635.097 362.301 222.191 50.605 80.399.000Svezia 436 482.476 303.223 128.149 51.104 9.555.000Francia 583 422.761 270.304 107.647 44.810 65.350.000Paesi Bassi 229 388.493 245.552 124.505 18.436 16.788.000Spagna 345 313.787 192.645 81.175 39.967 46.704.000Scozia 560 226.217 167.521 34.655 24.041 5.313.000Irlanda 416 208.130 140.018 40.439 27.673 4.593.000Danimarca 188 152.972 98.908 43.966 10.098 5.602.000Finlandia 129 144.221 87.378 39.500 17.343 5.421.000Norvegia 177 110.362 74.844 25.531 9.987 5.063.000Austria 156 104.736 58.117 36.615 10.004 8.414.000ITALIA 278 98.824 64.875 22.612 11.337 59.685.000Svizzera 95 85.758 49.902 28.259 7.597 8.014.000Belgio 80 57.074 33.897 17.516 5.661 11.035.000Repubblica Ceca 96 55.547 33.122 14.841 7.584 10.513.000Galles 153 51.445 40.100 6.300 5.036 3.063.000Islanda 65 16.641 10.329 4.214 2.098 323.000Portogallo 87 14.198 10.363 2.599 1.236 10.487.000Slovenia 13 8.762 5.232 2.320 1.210 2.055.000Slovacchia 16 7.516 4.522 1.819 1.175 5.410.000Turchia 19 6.248 2.295 1.031 2.922 75.627.000Lussemburgo 6 3.890 2.185 1.131 574 537.000Polonia 27 3.257 2.470 549 238 38.186.000Estonia 8 2.247 1.625 403 219 1.286.000Grecia 8 1.830 1.100 230 500 10.815.000Cipro 10 1.464 1.025 322 117 1.117.000Ungheria 15 1.419 880 263 276 9.942.000Russia 17 1.080 709 184 187 143.400.000Israele 2 1.015 824 165 26 8.051.000Romania 5 714 520 91 103 20.121.000Kazakistan 8 650 500 50 100 16.967.000Bulgaria 7 639 543 64 122 7.364.000Serbia 2 618 367 91 160 7.186.000Malta 1 557 406 145 6 452.000Ucraina 4 547 394 46 107 44.854.000Lituania 6 500 300 100 100 2.955.000Liechtenstein 1 467 301 151 15 36.281Macedonia 1 90 65 10 15 2.058.000Albania 1 64 60 2 2 Azerbaigian 1 40 40 - -

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Giocatori medi per campoNazione Campi Giocatori Uomini Donne Junior Giocatori/Campi

Paesi Bassi 229 388.493 245.552 124.505 18.436 1696,5Finlandia 129 144.221 87.378 39.500 17.343 1118,0Svezia 436 482.476 303.223 128.149 51.104 1106,6Spagna 345 313.787 192.645 81.175 39.967 909,5Svizzera 95 85.758 49.902 28.259 7.597 902,7Germania 719 635.097 362.301 222.191 50.605 883,3Danimarca 188 152.972 98.908 43.966 10.098 813,7Francia 583 422.761 270.304 107.647 44.810 725,1Belgio 80 57.074 33.897 17.516 5.661 713,4Slovenia 13 8.762 5.232 2.320 1.210 674,0Austria 156 104.736 58.117 36.615 10.004 671,4Lussemburgo 6 3.890 2.185 1.131 574 648,3Norvegia 177 110.362 74.844 25.531 9.987 623,5Repubblica Ceca 96 55.547 33.122 14.841 7.584 578,6Malta 1 557 406 145 6 557,0Israele 2 1.015 824 165 26 507,5Irlanda 416 208.130 140.018 40.439 27.673 500,3Slovacchia 16 7.516 4.522 1.819 1.175 469,8Liechtenstein 1 467 301 151 15 467,0Scozia* 560 226.217 167.521 34.655 24.041 404,0Inghilterra* 1.867 750.004 584.884 102.337 62.783 401,7Italia 278 98.824 64.875 22.612 11.337 355,5Galles* 153 51.445 40.100 6.300 5.036 336,2Turchia 19 6.248 2.295 1.031 2.922 328,8Serbia 2 618 367 91 160 309,0Estonia 8 2.247 1.625 403 219 280,9Islanda 65 16.641 10.329 4.214 2.098 256,0Grecia 8 1.830 1.100 230 500 228,8Portogallo 87 14.198 10.363 2.599 1.236 163,2Cipro 10 1.464 1.025 322 117 146,4Romania 5 714 520 91 103 142,8Ucraina 4 547 394 46 107 136,8Polonia 27 3.257 2.470 549 238 120,6Ungheria 15 1.419 880 263 276 94,6Bulgaria 7 639 543 64 122 91,3Macedonia 1 90 65 10 15 90,0Lituania 6 500 300 100 100 83,3Kazakistan 8 650 500 50 100 81,3Albania 1 64 60 2 2 64,0Russia 17 1.080 709 184 187 63,5Azerbagian 1 40 40 - - 40,0

go e ricominciato tutto dal principio”. Si sa, in Italia va così. Chi assume una nuo-va carica sembra abbia come primo inca-rico quello di ribaltare tutto ciò che è sta-to fatto da chi lo ha preceduto. I campi pratica però sono più facili e meno costo-si da realizzare. Ad esempio IMG, celebre società mondiale di gestione e comunica-zione in ambito sportivo, ha format già sperimentati per la creazione di struttu-re “chiavi in mano”. Driving range vicini ai centri delle città possono essere ramifi -cazioni dei golf club stessi tenendo impe-gnati maestri e addetti al campo. La Francia, che spesso prendiamo come paragone, ha una gestione in parte diffe-rente dalla nostra. I circoli rivestono un ruolo fondamentale. Sono vere e proprie imprese. Ad esempio, in molti casi, as-sumono maestri che sono a disposizio-ne dello stesso golf club. Questi possono dare i primi rudimenti, spesso gratuita-mente, a quanti vogliono provare, ma an-che accompagnare squadre agonistiche e occuparsi dell’attività giovanile. So-no i circoli a investire nei propri giova-ni incentivandoli e tenendoli legati a sé. È necessario liberarsi dalla paura di per-dere seguito e creare politiche comuni. Anche la Federazione deve fare la pro-pria parte, ad esempio rendendo meno complicato l’accesso ai percorsi (ripar-liamo ad esempio degli esami delle rego-le, simili a tesi di laurea), incentivando l’attività giovanile e coordinando la pro-mozione. Il primo passo potrebbe esse-re riassumere i risultati di ciò che non va e portare proposte ispirate ai Paesi dove i progetti hanno già funzionato. Bisogna fare in fretta perché, a quanto sentiamo nei circoli, gli scogli si avvicinano.

I N C H I E S T AStatistiche e classifi che

*) Dato relativo ai soli giocatori tesserati a un’unione o a un’associazione. I golfi sti in Gran Bretagna, comprendendo anche quelli nordirlandesi, sono in realtà va-lutabili in un numero fra tre e quattro volte superiore, attorno ai quattro milioni.

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Tra i quasi 23.000 finanziamenti con-cessi dall’Istituto per il Credito Spor-tivo in 54 anni di storia per oltre 7 mi-liardi e 200 milioni di euro, al valore

nominale e non attualizzato, gli interventi per il golf mantengono una posizione di rilievo, in particolare nell’ultimo decennio nel corso del quale il golf in Italia ha avuto grande sviluppo. Il Golf Nazionale a Sutri (VT) finanziato alla Federazione Italiana Golf è tra questi.Un rapido cenno sulla natura dell’Istituto per il Credito Sportivo è indispensabile per com-prenderne la capacità operativa. Quale uni-ca banca di diritto pubblico del nostro Pae-se, il Credito Sportivo eroga finanziamenti a condizioni più vantaggiose rispetto agli altri operatori bancari, privilegiando la finalità del miglioramento dell’impiantistica sportiva na-zionale rispetto al profitto.Il principale ambito di operatività del Credi-to Sportivo definito nello statuto come il finan-ziamento della “costruzione, l’ampliamento, l’attrezzatura ed il miglioramento di impian-ti sportivi e/o strumentali all’attività sportiva, ivi compresa l’acquisizione delle relative aree e l’acquisto di immobili da destinare ad attività sportive o strumentali a queste”, si traduce nel mondo del golf nella possibilità di finanziare la costruzione del campo da golf, della club hou-se, del ricovero dei macchinari di manutenzio-ne del campo e di tutte le strutture accessorie del complesso golfistico, compresa una foreste-ria commisurata alla reali esigenze dell’utenza. Sono finanziabili gli interventi di ampliamento, ristrutturazione e completamento sulle struttu-re di campi già esistenti, compresa la sostituzio-ne del tappeto erboso con le macroterme, per la quale sono previste condizioni particolarmente agevolate in considerazione degli effetti positivi di tale intervento sull’utilizzo di risorse idriche ed energetiche. L’ampio ambito operativo con-sente di finanziare anche l’acquisto di macchi-nari agricoli per il campo ed i golf carts.La previsione dell’accesso al credito a “ogni sog-getto pubblico o privato che persegua, anche indirettamente, finalità sportive” consente il ri-corso al Credito Sportivo sia alla Associazione Sportiva Dilettantistica che alla Società Immo-

biliare proprietaria del complesso, secondo la struttura tradizionale dei campi da golf italiano. Ma l’accesso al credito si estende anche a qualsi-asi tipo di società che anche indirettamente per-segue finalità sportive, come quelle ad esempio nel settore alberghiero o nel real estate.Gli interventi possono essere finanziati con mu-tui fino a 25 anni se erogati ad enti locali, e 20 per i soggetti diversi da questi come quelli pri-vati indicati in precedenza, a tasso fisso o tas-so variabile. La previsione di un tasso fisso per finanziamenti fino a 20 anni fa dei mutui del Credito Sportivo uno strumento molto interes-sante proprio per quei circoli che, nella pianifi-cazione degli investimenti, hanno bisogno di ri-ferimenti certi in termini di oneri finanziari nei propri bilanci. Le condizioni dei finanziamenti ICS sono rese ancor più appetibili dalla conces-sione di contributi in conto interessi pari all’1% che abbattono sensibilmente gli interessi e so-no riconosciuti in ragione di una Convenzione in essere con la Federgolf che è costantemente e ininterrottamente rinnovata dal 1988. Nel ca-so della sostituzione del tappeto erboso con ma-croterma, il contributo arriva all’1,20%.Per meglio comprendere il ruolo dell’Istituto per il Credito Sportivo può essere utile fare rife-rimento ad alcuni casi concreti nei quali la ban-ca è intervenuta, senza menzionare i soggetti che hanno contratto mutui ICS, e a come le esi-genze di credito sono state risolte. Il primo caso è quello di un’associazione spor-tiva dilettantistica che ha in comodato il com-plesso golfistico da una S.p.A. Immobiliare. I so-ci dell’associazione sono azionisti della S.p.A. Immobiliare, con un sistema che presenta una pressoché totale coincidenza tra soci della ASD e della S.p.A., replicando una soluzione adotta-ta da molti circoli. L’Associazione, con base so-ciale consolidata e fidelizzata, ha programma-to interventi in più anni per l’adeguamento del campo a standard coerenti con i campi di nuo-va generazione con un aumento della lunghezza richiesto dall’evoluzione dei materiali di gioco. Oltre agli interventi sul campo la Associazione ha pianificato interventi sulla club house e strut-ture accessorie. L’intervento del Credito Spor-tivo si è articolato in sei finanziamenti, per ol-tre 4 milioni di euro, il primo dei quali concesso nel 2003 e l’ultimo nel 2012. Ogni mutuo è sta-

to strutturato coerentemente con le finalità al-le quali è stato destinato. I primi due finanzia-menti, per interventi strutturali sul campo di gioco e sull’impianto di irrigazione, hanno du-rata decennale e sono stati stipulati a tasso fis-so. Il terzo, contratto con ammortamento in ot-to anni per l’acquisto di macchine agricole per la manutenzione del campo di gioco, è stato re-golato ad un tasso variabile che, unitamente al-la durata più corta correlata alla vita media dei macchinari, si riteneva più adatto alla specifica operazione. Il quarto, per interventi di ristruttu-razione della club house e per la sostituzione del tappeto erboso con macroterme, di nuovo a 10 anni ed a tasso variabile. Il quinto e il sesto per ristrutturazione del campo e per l’ampliamen-to del deposito sacche, a 10 anni e a tasso fis-so. Tutti i mutui sono assistiti dal contributo ne-gli interessi dell’1% riconosciuto ai sensi della convenzione in essere con la F.I.G., che ha reso ulteriormente vantaggiosi i tassi per tempo ap-plicati al di sotto di quelli praticati dal resto del settore bancario. Tutti i finanziamenti sono sta-ti garantiti dalla S.p.A. immobiliare proprietaria del complesso. Si è consolidato così un vero e proprio rapporto di partnership tra Associazio-ne Dilettantistica, tipologia di soggetto che diffi-cilmente avrebbe accesso al credito presso il re-sto del settore bancario, e ICS che, operando da oltre 50 anni nel settore dello sport, è in grado di comprenderne le peculiarità che vanno oltre gli aspetti formali e di intervenire con soluzioni adatte ad ogni esigenza. Il secondo caso riguarda un’operazione, richie-sta da un’Associazione Sportiva Dilettantistica, da concludere in tempi brevissimi: l’acquisto di venti golf cart, per una spesa di 120 mila euro. Il mutuo è stato concesso in tempi rapidissimi, a 5 anni, con tasso fisso pari al 3,84.%, al netto del contributo negli interessi concesso ai sen-si della Convenzione con la F.I.G. L’operazione è stata garantita da una fideiussione personale di un membro del Comitato Direttivo e non da una garanzia ipotecaria rilasciata alla S.p.A. im-mobiliare, per accelerare i tempi di erogazione.Sono solo due dei molti esempi concreti di inter-vento di ICS nel golf, e che confermano la capa-cità della banca di intervenire, con il suo know how qualificato, in un settore particolare con so-luzioni personalizzate.

Soluzioni per il golf

I S T I T U T O P E R I L C R E D I T O S P O R T I V OMutui e finanziamenti

di Carlo Manca

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Ho avuto occasione di leggere, trasmes-somi da Fulvio Golob, un interessantis-simo intervento di Greg Nathan, Senior Vice President della National Golf Foun-

dation americana ed ex collaboratore d’importan-ti testate di settore negli States, che analizzava uno dei più grossi problemi che affliggono, in tutto il mondo, lo sport del golf: il gioco lento.Mai come negli ultimi tempi, grazie a quanto si sta tentando di fare nelle gare professionistiche, specie sul PGA Tour ma anche su quello Euro-peo, l’argomento è stato tanto dibattuto. Lascian-do però da parte i problemi dei circuiti professio-nistici, dove entrano in gioco diversi parametri – dai montepremi alle esigenze televisive – l’ana-lisi di Nathan è stata riportata al golf di tutti i gior-ni, quello amatoriale. La premessa, doverosa, è che il termine “lento” – riferito al golf – è ovvia-mente relativo. Tutti i golfisti giocano ad una di-versa velocità che dipende da svariati fattori qua-li l’età, la capacità di gioco, le condizioni di tempo e percorso e, last but not least, la consapevolezza rispetto ad “etichetta” e propria velocità di gioco. Diversi studi, riportati nell’intervento di Greg Na-than, condotti sia da NGF sia da PGA of Ameri-ca, the Golf Course Superintendents Association of America and the Club Managers Association of America, concordano nel definire che il tem-po massimo per terminare un giro di 18 buche sia di 4,30 ore.La media riscontrata dai vari studi si è aggirata sulle quattro ore e quindici minuti con lievi diffe-renze derivanti dai tipi di percorso (pubblico, pri-vato, resort) considerati.Le cause di un maggior incremento dei tempi di gioco, fermo restando che chi gioca alla mattina presto è più veloce di chi gioca negli orari centrali della giornata, sono state identificate in:• Tee di partenza troppo lunghi (57%)• Ricerca di palle perse (56%)• Buche che causano “colli di bottiglia” (41%)• Pause per cibo e bevande (buvette) (37%)• Regole sull’utilizzo sentieri golf cart (33%)• Ostacoli d’acqua (24%)• Livello di gioco e mancanza etichetta (17%) • Fairways stretti (15%)• Bunkers/waste areas (14%)• Colpi ciechi (12%)• Intervalli tee times troppo ravvicinati (9%).Citati anche alcuni casi che, a mio parere e per

riportare il caso al golf italiano, paiono d’impor-tanza primaria:• Esempio dei Professionisti del Tour• Giocatori non pronti a giocare al proprio turno• Troppi swing di pratica• Scrittura dello score prima di lasciare il green.Aggiungete poi rough troppo alti e green troppo veloci, mancanza di orologi sul percorso per ve-rificare i propri tempi di gioco, mancanza di Mar-shal e partenze dei giocatori notoriamente len-ti non in coda alle partenze stesse ed ecco che avrete un’immagine precisa delle cause del gioco lento italiano e non. Dimenticavo una delle cau-se primarie: combattere il gioco lento non è sen-tito come priorità!Moltissime cause, dunque, che portano a chie-dersi se questa battaglia non sia già persa in par-tenza! Abbandoniamo quindi gli studi teorici e portiamoci sui campi del Bel Paese.Il problema del gioco lento è reale. Conosco diverse persone che dichiarano di non potere dedicare 5 ore e più di gioco, oltre ai tempi di trasferimento da e per il percorso, per uno sva-go in un momento storico in cui il proprio tem-po e la propria attenzione devono essere desti-nati ad altre priorità. Considerando poi che, per giocare, si deve partecipare a una gara e che la stessa, immancabilmente, produce altro stress… c’è anche chi non gioca più. Ho poi l’impressione, precisa, che per una forma di quieto vivere e di continuo tentativo di soddisfacimento dei propri soci paganti, i Circoli si siano del tutto dimentica-ti del “pace of play”. Vale forse la pena, quindi, di studiare come migliorare la situazione per rende-re più piacevoli i giri di gara e non e per soddisfa-re, senza stressare, i propri soci. Quella dei tee di partenza diversificati, prevalentemente per cate-gorie anagrafiche, è una possibilità da non perde-re. Ed è una chance reale che il tanto vituperato sistema di handicap EGA ci consente di utilizza-re senza alcun problema: tee diversi equivalgono a rating diversi e, di conseguenza, a diversi han-dicap di gioco. Le classifiche non ne risentono e i giocatori super senior o baby possono divertirsi di più impiegando meno tempo.Pensate che Lorenzo Silva, presidente del Circo-lo Golf Torino, che ha vinto una quantità di tito-li italiani da fare invidia a chiunque, dichiara uffi-cialmente di avere ritrovato il piacere di giocare utilizzando i tee avanzati!

Ovviamente, per fare ciò, la costruzione dei bat-titori deve essere tale da consentire un vero van-taggio: un paio di metri non cambiano assoluta-mente nulla!Gli studi americani puntano l’attenzione sulle ca-ratteristiche dei campi. Colli di bottiglia, ostaco-li d’acqua, bunker e così via. Questo è un punto che ha grande importanza. Ma che andrebbe stu-diato in fase di progettazione. Diventa difficile, pur se non impossibile, studiare modifiche su percor-si già esistenti. È però vero che l’altezza del rough può essere tenuta in modo da risolvere due proble-mi: ricerca delle palle e maggior facilità di gioco.Sulla velocità dei green non mi esprimo perché ri-tengo che sia solo una questione di abitudine (e perché odio i green lenti).I tee time ravvicinati sono una iattura ma è diffi-cile, se non irrealizzabile in caso di molti concor-renti, aumentare il gap tra le partenze all’ottimale 12 minuti. Mancano, in tanti campi, Marshal che aiutino a velocizzare il gioco. Mancano tabelle dei tempi precise. Manca, sembrerebbe, la volontà delle Segreterie di obbligare i giocatori a rimane-re in tempi di gioco ottimali. Certo questo non va-le ovunque… ma quasi! Se poi alla buvette si con-suma un pasto completo, addio!Ma è l’etichetta, tanto semplice quanto impor-tante, che darebbe un impulso prioritario a un miglioramento della situazione. Ma chi insegna più l’Etichetta? Amici Pro, qui – perdonatemi – la colpa è spesso vostra! Datevi da fare e dateci una mano reale a insegnare quelle poche regole di comportamento che trasformano un giocatore qualunque in un giocatore di golf!Tempi di gioco più rapidi, com’è chiaro, consen-tirebbero più giocatori in campo, maggiori entra-te e maggiore soddisfazione dei giocatori. Quindi non si capisce perché non darsi da fare per risol-vere il problema. La Federazione Francese, Paese dove si coniò il famoso detto “joué mal mais joué vite”, qualche anno fa fece una grande campagna contro il gioco lento. E vinse.Noi dobbiamo ancora muoverci e, sempre di più, credo che un incontro/tavola rotonda tra AITG, Direttori/Segretari e Commissioni Sportive/Con-sigli Direttivi dei Circoli debba essere fatto al più presto. Per fissare regole comuni, studiare passi concreti e impostare nuove linee guida. Lo orga-nizziamo, direttore Fulvio Golob, col patrocinio di Professione Golf Club?

Gioco lento? No, grazie!

S E R I O U S G O L F E R SFilippo Motta

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P R O P O S T EAlla ricerca di nuovi giocatori 31

Siamo tutti concordi sul fat-to che il golf italiano stia vi-vendo una profonda crisi che coinvolge i circoli del-lo Stivale. Confrontandoci con diversi siti internet, ri-

viste di settore di varie parti del mondo, abbiamo capito che sviluppare idee crea-tive e innovative potrebbe essere la scin-tilla che possa aiutare il nostro sport. Per questo abbiamo stilato un piccolo deca-logo delle cose che si potrebbero fare, puntando principalmente su iniziative ri-volte ai giovani e alle famiglie. Le idee potrebbero essere davvero tante e forse sarebbe il caso di avere un po’ più di fan-

tasia e di intraprendenza, andando oltre gli schemi fissi. Come diceva Steve Jobs, “Think different”!

1Per incentivare a giocare bisognereb-be introdurre anche nuove modalità

di gare, per renderle più veloci, soprattut-to per i più giovani. Jack Nicklaus ha già sperimentato un’idea del genere facen-do giocare nel suo campo in Florida una competizione di 12 buche, raddoppian-do le dimensioni delle buche e accorcian-do, di conseguenza, il tempo di gioco. Il pensiero della leggenda del golf mondiale non è quello di stravolgere la filosofia del nostro sport, ma di attirare sempre nuo-vi giocatori e far crescere il golf con una modalità più divertente, facile e veloce.

2 Per avere sempre nuovi soci, i circo-li s’inventano ogni tipo di quota age-

volata. Un giocatore dovrebbe iscriversi a un club soprattutto per la bellezza del percorso, per le strutture che offre, dal ristorante al pro shop, dal campo prati-ca all’area riservata alla zona approcci e putting green, alla palestra, alla spa, a... Bisogna cercare quindi di rendere il cir-colo il più attraente possibile puntando su manutenzione ed estetica, ma anche su altri fondamentali servizi accessori.

3 Il golf deve partire dai giovani. Spes-so il padre o la madre smettono di gio-

care perché non sono disposti a dedicare al golf cinque o sei ore (più doccia, spo-stamenti e soste varie al bar o al risto-

di Federica Rossi

10 idee persviluppare

il golfLeggendo qua e là , fra riviste straniere

e internet, abbiamo trovato qualche spunto su cui riflettere e che potrebbe essere

messo in pratica per cercare di arginare la crisi. Puntando su giovani, famiglie, nuove formule di gioco, tee avanzati e...

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rante) senza coinvolgere i propri figli. Sarebbe opportuno trovare grandi age-volazioni per le famiglie con bambini al seguito. A cominciare da un programma che permetta agli juniores di giocare gra-tuitamente 365 giorni all’anno se accom-pagnati da un adulto pagante. In questo modo le famiglie passerebbero più tem-po insieme, aiutando lo sviluppo del golf.

4Il golf è divertimento, passione, è un modo per stare in contatto con la na-

tura e condividere ore con gli amici e la fa-miglia. Spesso però, soprattutto durante le gare, una tranquilla partita si può trasfor-mare in un’Odissea per le troppe ore pas-sate sul percorso, ore che sforano di parec-chio il tempo necessario per svolgere le 18 buche regolamentari. Una soluzione quin-di potrebbe quella di ridurre la lunghezza delle buche con tee di partenza avanza-ti, soprattutto per bambini e giovanissimi, terza categoria e ultraseniores. Così facen-do, diventerebbe più facile prendere il gre-en con un ferro 8 piuttosto che con ferro 5 o addirittura un legno. I golfisti farebbero risultati più bassi, risparmierebbero tempo e si divertirebbero di più.

5Con ogni probabilità, il golf è lo sport più difficile da imparare e mantene-

re con l’allenamento. Però, a causa dei costi che bisogna sostenere, il golfista

tende a giocare sempre meno. L’idea è perciò quella di creare un programma di lavoro dove il 60/70% dell’apprendimen-to sia gratuito o sostenuto con un costo minimo. I circoli dovrebbero trovare un accordo con i professionisti in modo da attivare corsi collettivi con bonus gratui- ti per tutti coloro che volessero miglio-rare il proprio gioco.

6Non lo dicono, ma molte persone sono alla ricerca dell’anima gemel-

la proprio sul campo da golf. L’idea po-trebbe essere creare circuiti di 9 buche che in qualche modo favoriscano questi incontri, con uomini e donne di diverse età. In questo caso il golf non sarebbe l’unica priorità ma aumenterebbe la po-polarità del circolo ospitante.

7Un campo da golf è costruito su un ter-reno che va dai 50 ai 120 ettari, un gran-

de spazio a disposizione su cui organizzare altre attività. Nel campo pratica, ad esem-pio, si potrebbero programmare concer-ti estivi, in grado di attirare anche un vasto pubblico che non hai mai visto un circolo. Alcune riviste americane si chiedono per-ché non organizzare un mercato il sabato mattina nel parcheggio, sfruttare i laghet-ti per un torneo di pesca e ancora creare un piccolo orto botanico per coinvolgere i bambini delle scuole della zona?

8Ormai siamo nell’era digitale e per que-sto è necessario continuare a stare al

passo con i tempi. Esistono già applicazio-ni che forniscono tutte le informazioni sul-la lunghezza del campo nel quale si va a giocare. Ma sono necessarie altre funzio-nalità che permettano di arricchire l’espe-rienza del golfista. Pensiamo se sul nostro smartphone avessimo un’applicazione di ‘e-coaching’ con un professionista che si trova da tutt’altra parte e possa dare sug-gerimenti, consigli sul colpo e analizzare lo swing telematicamente.

9Sempre per aiutare i genitori che hanno la passione del golf, sarebbe

utile che il circolo creasse un’area abi-litata a piccola nursery per i bambini più piccoli, in cui farli giocare sotto lo sguardo vigile di un’educatrice. In que-sto modo, le mamme avrebbero tutto il tempo di giocare, dedicarsi a se stesse e invitare altre amiche al circolo.

10A molte proette piace l’idea di coin-volgere enti di beneficenza nei loro

eventi golfistici. Il circolo potrebbe mette-rebbe a disposizione il suo spazio per l’or-ganizzazione della giornata benefica. Si do-vrebbe quindi collaborare maggiormente con le professioniste per raccogliere fondi e far conoscere il circolo a gente che non ha mai visitato un golf club.

Bernhard Langer con un giovane allievo. Per far crescere il golf è fondamentale coinvolgere bambini e ragazzi.

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Golf Environment Organisation (G.E.O.) è un’organizzazione internazionale no-profi t non governativa impegnata nella promozione del golf sostenibile

riconosciuta dal C.I.O. e dalle maggiori associazioni che operano nel golf (R&A, EGA, PGA, European Tour, Federazioni Nazionali) e che proteggono la natura (WWF internazionale).

Circoli italiani “GEO CERTIFIED”:Golf Club La Pinetina (2010-2013) - Golf Club Udine (2011) - Golf della Montecchia (2013)

Golf Environment Organisation (G.E.O.) è un’organizzazione internazionale no-profi t non governativa impegnata nella promozione del golf sostenibile

riconosciuta dal C.I.O. e dalle maggiori associazioni che operano nel golf (R&A, EGA, PGA, European Tour, Federazioni Nazionali) e che proteggono la natura (WWF internazionale).

Circoli italiani “GEO CERTIFIED”:Golf Club La Pinetina (2010-2013) - Golf Club Udine (2011) - Golf della Montecchia (2013)

GEO E IMPEGNATI NEL VERDE: LO SAPEVATE CHE...

Il Circolo Golf Torino, sede dell’ultimo Open d’Italia, rientra tra i 39 golf club attualmente iscritti alla certifi cazione ambientale GEO. E come ogni circolo iscritto a GEO che si rispetti è molto attento alla gestione e alla valorizzazione del proprio patrimonio ambientale. Basti pensare che tutti gli alberi presenti sul percorso sono stati censiti, valutati e muniti di una targhetta di riconoscimento alla quale corrisponde una specifi ca scheda di manutenzione. Inoltre sul sito web del circolo è possibile consultare una sezione apposita nella quale sono elencate e descritte in maniera dettagliata le principali specie botaniche ed animali rilevabili sul percorso. Centinaia di alberi di pregio tra querce, frassini, betulle che sembra siano lì proprio a ricordarci di come fosse gran parte della Pianura Padana secoli fa, ma anche arbusti, ampie zone incolte e un lago, quello della Risera, di oltre 6 ettari e mezzo di estensione: il tutto concorre a creare un habitat perfetto per numerose specie di rettili, anfi bi, mammiferi, uccelli. Un patrimonio naturalistico di inestimabile valore che merita senz’altro di essere identifi cato in un prossimo futuro con il marchio GEO Certifi ed. Nella foto a sinistra, uno splendido esemplare di Frassino comune tra il green della 6 e il tee della 7 del Percorso Blu.

Stefano Boni

Per informazioni: www.federgolf.it/impiantiedecologia www.golfenvironment.org

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Royal Park raddoppia

Inaugurate le seconde 18 buche del celebre circolo torinese con il percorso Pramerica, disegnato da Hurdzan & Fry

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Royal Park raddoppia

Venerdì 25 ottobre, al Royal Park I Roveri la presi-dente del circolo, Allegra Agnelli, e il direttore, An-gelo Siniscalco, hanno ta-gliato il nastro tricolore

nella cerimonia che ha segnato la defi ni-tiva apertura del secondo percorso di 18 buche. Accanto al celebre e splendido Robert Trent Jones Sr del 1971, teatro di ben quattro edizioni consecutive dell’O-pen d’Italia, è ora pronto per il gioco il campo fi rmato dai due architetti ameri-cani Michael Hurdzan e Dana Fry, che si presenta molto differente dal suo tito-lato compagno. Michael Hurdzan, padre di alcuni dei migliori campi da golf del Nord America, è stato eletto “Architect of the Year” nel 1999 e nel 2001, mentre il designer Dana Fry, è suo partner dal 1997. Il loro studio nel 2010 è stato inca-

ricato di progettare l’Erin Hills Course, che ospiterà lo US Open del 2017.Grande novità quella della denomina-zione “Pramerica Course”, che si deve all’accordo fra il club torinese e Prame-rica Life Spa, compagnia italiana ramo vita del gruppo statunitense Prudential Financial Inc. La tipologia del percorso, molto aperto e con buche di ampio respi-ro, rappresenta un bell’esempio di stile e di design moderno, combinati con il ri-spetto del territorio proverbiale nei pro-getti di Hurdzan & Fry. In questo modo, il Royal Park I Roveri dispone oggi di due grandi espressioni golfi stiche, diverse e complementari, perfette per trascorrere un bel weekend fra fairway e green.Dal punto di vista delle essenze utilizza-te, il Pramerica Course utilizza una mi-scela di Agrostis A1 e A4 sui green. Sem-pre in Agrostis anche tappeto erboso del fairway, nella varietà L93. Per quanto ri-guarda le parti più esterne del percorso,

Il green della buca 10, par 4 del percorso Pramerica, forse

la più bella del nuovo campo aperto al Royal Park I Roveri

di Fulvio Golob

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il primo rough è composto da Poa, Loiet-to e Festuca, mentre il rough vero e pro-prio è interamente in Festuca rubra. For-nitore per le sementi è Federico Tuberga di Tempo Verde, Carmagnola (Torino) Decisamente lungo, il Pramerica Course fa segnare sulla scorecard 6.672 metri dai tee bianchi, 6.165 dai gialli, 5.792 dai neri e 5.411 dai rossi per 72 colpi equamente divisi fra prime e seconde nove. Si comin-cia con un bel par 5 attorno ai 500 metri e si finisce con la buca più difficile, com-plicata dai suoi 400 metri di lunghezza a inizio green: è un par 4 con leggera salita, con la bandiera difesa sulla destra da un gigantesco bunker. In mezzo buche varie e interessanti, fra cui cinque caratterizza-te da ostacoli d’acqua. Le più belle a no-stro avviso sono la 2 e la 10, entrambe par 4, la prima uno scenografico dogleg a si-nistra (lato su cui si trova un esteso lago) e la seconda con green rialzato davanti al quale si trovano un piccolo stagno e un ru-scello. Percorso non facile ma divertente, con gli ostacoli sempre in bella evidenza, il “Pramerica” è senza dubbio un test in-teressante per giocatori di buon livello. I bunker sono complessivamente 74, con la 13 (la più lunga, 550 metri) che si aggiudi-ca il titolo di primatista in quanto a sand trap (dieci).

Nelle foto, dall’alto in basso: Donna Allegra Agnelli, presidente del circolo Royal Park I Roveri, taglia il nastro tricolore inaugurando, insieme al direttore del club Angelo Siniscalco, il nuovo percorso

Pramerica; la buca 3, un par 3 di 210 metri; la grande e accogliente club house del circolo torinese

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A l Royal Park I Roveri di Tori-no - in collaborazione con SKI-DATA, un’azienda austriaca leader nel settore dei sistemi

di ingresso - è stato di recente installa-to l’innovativo Keydetector Gate: un sistema hi-tech che permette ai soci di accedere al Circolo, iscriversi alle gare e usufruire dei servizi con una semplice card, come ad esempio prendere un sec-chio di palline in campo pratica. La pro-cedura avviene tramite l’utilizzo di video touch screen e la facilissima lettura del-la carta per mezzo di uno scanner, per-mettendo di scegliere e selezionare la gara a cui ci si vuole iscrivere e i part-ner con cui si vuole partecipare. L’utiliz-zo della card può essere allargato a qua-lunque tipo di transazione (ad esempio bar e ristorante) o di servizio.Il Royal Park I Roveri è per il momen-

to l’unico circolo in Italia dotato di un sistema tecnologico di questo tipo, che permette di velocizzare le procedure di registrazione e migliorare la rilevazione della partecipazione. Il sistema Keydetector Gate, infatti, ri-sponde all’esigenza del club di docu-mentare le presenze giornaliere e l’utiliz-zo della struttura tramite una rilevazione precisa e discreta. Grazie al controllo non invasivo, i soci accedono con la lo-ro keycard e vengono allo stesso tempo registrati. Ovviamente, il successo di ri-levazione della presenza dei soci dipen-de dall‘effettivo utilizzo della carta. Per ottimizzarne l’impiego, è stata introdot-ta come card esclusiva nel Circolo. In-fatti, la tessera soci del Royal Park è una keycard multiuso che consente non so-lo l‘accesso al campo da golf ma può es-sere utilizzata anche allo Juventus Sta-

dium, in aree sciistiche o sui mezzi di trasporto pubblico.Questo concetto è stato adottato anche nel caso dei Daily Green Fee, dove gli ospiti giornalieri vengono registrati nel-la memoria elettronica del Custom Re-lationship Management (CRM), che ge-stisce i rapporti con la clientela. I “soci per un giorno” ricevono in segreteria una card con la quale si possono muovere li-beramente sul campo.Grazie all’installazione della tecnologia Keydetector Gate, il Royal Park I Roveri si conferma come club all’avanguardia a livello nazionale, non solo dal punto di vi-sta della struttura e dei percorsi di gioco, ma anche per l’eccellenza e per la funzio-nalità dei servizi offerti.

INFO: www.royalparkgolf.it tel. 011 923 5500.

Il sistema Skidata del Royal Park, al momento unico in Italia, è stato studiato per iscriversi alle gare, permettere ai soci di usufruire dei servizi e consentire al circolo controlli rapidi e precisi

Una card per tutti gli usi

T E C N O L O G I ASegreteria e gestione

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Il primo dicembre verrà uffi cialmente inaugurato un nuovo percorso (l’ottavo) in Sicilia. Ce ne parla l’architetto che l’ha realizzato

Al cospetto Al cospetto Al cospetto dell’Etnadell’Etnadell’Etna

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39N U O V I C A M P ILe Saie

Un nuovo Championship Course si aggiunge all’of-ferta golfistica Siciliana. In-fatti il 1° dicembre verrà inaugurato l’ultimo percor-so che ho disegnato, lun-

go la spiaggia, circa 10 chilometri a sud dell’aeroporto di Catania, nel comune di Carlentini in località San Leonardo. Con le sue 18 buche par 72 ed oltre 6.500 me-tri rappresenta l’ottavo percorso realizza-to nell’isola, di cui sei aperti al gioco negli ultimi cinque anni. Un segnale positivo in un settore che sembra essere “al palo” in Italia come nel resto del mondo.Hanno deciso di chiamarlo “Le Saie”, ri-chiamando il nome dei fossi di convo-gliamento delle acque che ancora oggi attraversano la proprietà e le indirizza-no verso l’idrovora che gestisce l’altez-za della falda. Infatti il terreno oggetto dell’intervento, utilizzato precedentemente per culture intensive, era totalmente in piano a meno di un metro sul livello del mare, in pros-simità della foce del fiume San Leonar-do, addossato al suo argine fuori quota. E al di sotto di un cotico argilloso, sabbie e falda quasi affiorante la cui altezza vie-ne mantenuta a livello di sicurezza dall’i-

drovora attraverso il reticolo di saie. Un sito non semplice, caratterizzato non solo dal problema della falda che ha condizio-nato i movimenti terra, la modellazione e le quote di consegna della rete drenan-te, ma anche dalle caratteristiche del sito, una tavola senza un albero o alcun trat-to caratterizzante del paesaggio, bloccato dai vincoli ambientali e dal divieto di im-portare materiale dall’esterno. Spesso in Italia, per innumerevoli motivi, la fase di costruzione non va mai come au-spica il progettista e quando va bene si im-piega… il doppio del previsto. In questa circostanza non è andata così male e la re-alizzazione del percorso tra soste e riprese si è comunque svolta in un arco tempora-le accettabile. A oggi è stato completato il comparto golfistico ma l’hotel da oltre 200 camere e le RTA (Residenze Turistico Al-berghiere) che completano il Resort sono ancora in fase di costruzione e si auspica che vedano la luce entro il 2014.La mancanza di queste infrastrutture non pregiudica né vincola l’attività golfistica che come logistica e organizzazione è au-tonoma dal Resort. Il campo avrà sì una vo-cazione turistica, ma è destinato anche a diventare punto di riferimento di Catania, che unita ai comuni limitrofi raggiunge qua-si un milione di abitanti e ad oggi è priva di un campo da golf nell’area periurbana. Il completamento del progetto è avvenu-

di Franco PirasGolf Course Architect Senior Member EIGCA

Franco Piras, autore di questo articolo, fra Salvatore Leonardi (a sinistra) e Marcus Dickey, rispettivamente superintendent e direttore del campo a 18 buche di Carlentini (SR), a dieci minuti dall’aeroporto di Catania. A sini-stra, una buca davanti all’imponente sagoma dell’Etna.

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40 N U O V I C A M P ILe Saie

to grazie all’entusiasmo e determinazione di un imprenditore catanese, l’ingegnere Orazio Bosco che con la sua società Tec-nis è attivo nel campo delle costruzioni im-mobiliari e delle grandi opere civili e che, subentrato ai precedenti soci, ha consenti-to ai lavori di riprendere dopo fasi di stallo e ha portato a compimento il campo.La realizzazione del percorso è stata af-fidata alla Sicilverde, una società di rife-rimento nella realizzazione di campi da golf che in questi anni ha seguito, in tut-to o in parte, la costruzione dei nuovi per-corsi realizzati in Sicilia. L’ing. Bosco ha inoltre chiamato a dirigere la sua squadra Markus Dickey, un Golf Manager di com-provata competenza, e Salvatore Leonar-di, un “veterano” tra i superintendent ita-liani con 25 anni di trincea sulle spalle. Sono certo che faranno bene e che lascio il “mio” campo in buone mani.Personalmente ho effettuato recente-mente il sopralluogo finale e per la pri-ma volta ho giocato tutte le buche e nella giusta successione. Ebbene, devo con-fessare che è stata un esperienza piace-vole. La vista d’insieme mi ha trasferito una sensazione di armonia con il terri-torio, l’Etna troneggia alle spalle con la

sua imponenza e maestosità ed è spes-so all’orizzonte nei colpi al green, men-tre il rumore della risacca e la brezza di mare riempiono l’aria di rumori e sapori mediterranei. L’aspetto generale è quello di un links. Il campo dispone di fairway ampi in macroterme (Riviera) circondati da ampie aree in fase di rinaturalizzazio-ne dove la vegetazione mediterranea au-toctona cresce rigogliosa e colorata nel corso delle stagioni. Le buche si succe-dono con armonia e varietà: cinque par 5 e altrettanti par 3 evitano la monotonia nel flusso del gioco, i green in agrostis (L93) leggermente sopraelevati rispetto al piano di campagna sono ampi e ondu-lati, protetti da bunker grandi e profon-di. Di quando in quando qualche buca più difficile e qualcun altra più delicata, tutte con problematiche di gioco diver-se ed interessanti, che mantengono sem-pre alta l’attenzione e la concentrazione nel gioco.Il campo dai tee più arretrati è impegnati-vo e ben si adatterà a manifestazioni di li-vello tecnico elevato. I cinque laghi sono stati realizzati scavando a bagno nella fal-da salmastra. Variano in altezza nel corso dell’anno e non sono utilizzabili ai fini ir-

rigui. Per scelta non influenzano il gioco ad eccezione che in due buche ed hanno avuto la funzione prevalente di generare i 300.000 metri cubi di materiale utilizzati per portare le zone di gioco a quote di sicu-rezza, caratterizzare il territorio e riqualifi-care l’ambiente creando un nuovo habitat alla flora mediterranea e alla fauna terri-cola e avicola. Oggi fenicotteri e altri uccelli costieri an-che di passo stanno cominciando a popo-lare il campo, cercando nella ricostituita macchia mediterranea aree di riproduzio-ne e nidificazione. Sono fiducioso che nel giro di pochi anni quello che era un ter-reno soggetto ad agricoltura intensiva di-venterà un’oasi naturalistica.Personalmente mi sono divertito nel gio-carlo. Anche gli amici e compagni di gio-co che mi hanno accompagnato da Mila-no con entusiasmo, in un “tour de force” in giornata per provarlo in anteprima, lo hanno apprezzato e non hanno trovato al-cuna buca brutta o arrangiata in qualche modo. Ma come sempre… “ a mama sua scarafagin parea carin” !! Che altro dire del campo? Certo non starebbe a me parlarne al di là delle con-siderazioni tecniche. Lascio dunque gli aspetti emozionali, estetici e la valutazio-ne della “golfing experience” a chi avrà il piacere di togliersi la curiosità di andare a provarlo.

Qui sopra, una veduta della buca 3 del percorso di Carlentini. A de-stra, Franco Piras fotografato accanto a una delle “saie”, i fossi di con-vogliamento delle acque che hanno dato il nome al campo siciliano.

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Il nostro posto in EuropaMANUTENZIONE

Gli interventi invernali

INVERNO 2013

NUOVI CAMPI

Pramerica Coursee Le Saie

ECOCOMPATIBILITÀ

Un futuro biologicoPROPOSTE

Dieci idee

per sviluppare il golf

PERSONAGGI

Giuseppe Nava

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42 A S S O C I A Z I O N ICMAE e CMAA

ProfessioneClub Manager

Nel settore dei club sporti-vi il ruolo del coordinato-re generale delle attività amministrative, sociali e sportive è ricoperto da una figura la quale, in base all’e-

strazione ed al profilo, viene individuata con titoli che vanno dal tradizionale “club secretary” britannico, al “direttore di club” diffuso in Europa continentale al “general manager” nord americano.In molti casi, soprattutto nel passato, il Se-gretario di un club è anche un socio che a titolo gratuito s’incarica di svolgere le mansioni direttive della struttura.Il club manager moderno è chiamato a ge-stire, in stretta relazione con il consiglio di-rettivo/proprietà, impianti estesi ed a volte complessi, programmare la manutenzio-ne di ettari di campi da golf, oltre a diversi edifici dedicati a molteplici attività. Inoltre organizza servizi sportivi e di tempo libe-ro per soci ed ospiti di club, gestisce il per-sonale dipendente e gli eventuali collabo-ratori esterni, rappresenta il club presso la comunità locale, presso gli organi regionali e nazionali; non per ultimo gestisce in mo-do efficiente e prudente le finanze del club.

La figura del primo Club Manager completo, il nostro precursoreAlcuni anni orsono acquistai la biografia di Old Tom Morris e rimasi colpito da come questo famoso scozzese sia riuscito ad in-fluenzare il gioco del golf sia in Europa che

negli Stati Uniti e per questo ritengo che meriti una citazione per la carriera da ma-nager più che da giocatore.La persona che intraprese il ruolo di co-ordinatore di tutte le attività di un club (e che club!) fu Tom Morris nel lontano 1852 quando, dopo aver iniziato come appren-dista costruttore di palle e bastoni, prese a tenere nota degli handicap dei gentlemen membri di St. Andrews.Non si limitò soltanto a questo, assunse an-che l’oneroso incarico di mantenitore del verde (“keeper of the green”) del percor-so che dettò, da lì a poco, gli standard del gioco del golf.Tom Morris svolse le sue funzioni in mo-do eccellente anche se (questo ci può con-solare) le critiche non mancarono neanche a lui. Si va dal “chi crede di essere quello per giudicare la mia capacità di gioco” (ge-stione handicap), ai primi efficacissimi top dressing di sabbia sui green commenta-ti così: “Cos’è questo, un bunker con una bandiera nel mezzo?!?”Fu così bravo che creò la domanda ed a Prestiwick lo ingaggiarono per svolgere le stesse funzioni e lui fui così bravo da non li-mitarsi a far diventare Prestwick un grande campo, ma organizzò sullo stesso campo le prime edizioni dell’Open Championship. Ovviamente a St. Andrews dopo cinque an-ni (1866) lo vollero indietro perché non ri-uscirono a trovare nessuno che svolgesse tutte le funzioni in modo efficiente quan-to lui e questo ritorno fu basato su un’otti-ma negoziazione di Tom Morris, il quale riu-scì ad ottenere la sua paga raddoppiata (50 sterline annue) e l’assunzione di due aiu-

tanti per la manutenzione del campo.Sapete cos’altro ammiro in Old Tom Mor-ris? Essendo stato un fervente credente aveva il compito di leggere la Bibbia nel-le funzioni domenicali e per questo impe-gno riuscì a convincere i Gentlemen di St. Andrews a non giocare alla domenica! Tut-tora l’Old Course, nonostante la domanda mondiale crei lista d’attesa, alla domenica resta chiuso.

Le attuali esigenzeLa corrente crisi economica sta creando uno spartiacque tra i club che hanno deci-so di fare a meno di una figura di riferimen-to, in grado di dirigere la struttura, e quelli che puntano maggiormente sulle compe-tenze di chi, quotidianamente, in modo professionale affronta le impegnative dina-miche del mercato.In alcuni casi, facendo una serena autocri-tica, i club sono gestiti con metodi ormai non più efficienti ed alcuni direttori di club (come in molte categorie professionali) hanno la loro parte di responsabilità impu-tabile, a mio avviso, alla scarsa predisposi-zione allo studio ed all’aggiornamento.Il continuo processo di formazione, pub-blicizzato dai colleghi americani defini-to “lifelong learning process”, è alla base del successo di ogni categoria professiona-le; apprendere dai libri una materia com-plessa come quella della gestione di club va oltre la desueta impostazione del lavo-ro rivolta alla stesura del calendario even-ti, all’organizzazione di gare ed al controllo del gioco in campo. Misurare le proprie co-noscenze specifiche sulla base di standard

di Arnaldo Cocuzza

Dai tempi di Old Tom Morris, la carica direttiva in un circolo di golf ha ovviamente subìto un’evoluzione. Ma cura dei clienti, gestione dei dipendenti e continuo aggiornamento restano alla base del lavoro

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formativi internazionali consente molto semplicemente di valutare quali sono le aree di competenza nelle quali un mana-ger è preparato e quelle per le quali sono richiesti approfondimenti e pratica. I club sono aziende che, in questo momento di particolare difficoltà, hanno l’esigenza di una guida capace di intercettare le esigen-ze dei clienti, motivare e migliorare le pre-stazioni dei dipendenti. Un buon manager riesce inoltre a ricordare costantemente al proprio Consiglio Direttivo l’indirizzo stra-tegico intrapreso affinché lo stesso Consi-glio non venga attratto da decisioni appa-rentemente allettanti, anche se non in linea con il profilo del club e con la “promessa” fatta ai propri soci in quanto questi ultimi si iscrivono ad una palestra, ad un circolo di scacchi o ad un country club per esigen-ze sportive, ma anche per affinità elettive. Un esempio su tutti è quello che vede alcuni club intraprendere di anno in anno, in base alle esigenze di cassa, iniziative commercia-li per attrarre nuovi soci o abbonati a tarif-fe, a parità di servizi, totalmente diverse tra gli iscritti della medesima categoria. Fuori linea dalla “promessa” associativa.È utile ricordare che il successo di un club è dato dal giusto bilanciamento fra la compo-nente “direttiva”, la componente “sociale” e quella “manageriale”. Credo anche che la migliore descrizione di questo mix sia quella utilizzata dai colleghi americani: Board go-verns, Manager manages, Members enjoy.

Competenze specifiche Il manager di un golf club, country club, ci-ty club o yachting club deve possedere delle conoscenze professionali specifiche ed allo stesso tempo avere alcune doti personali ne-cessarie per lo svolgimento delle funzioni.Associazioni internazionali quali Club Ma-nager of Europe (CMAE) e Club Manager

of America (CMAA) hanno individuato le seguenti competenze “core”:CLUB GOVERNANCE: storia dei club, ti-pologie di club, tipologie di quote associa-tive, regole e statutiFOOD AND BEVERAGE: livello del ser-vizio, gestione del menù, nutrizione e qua-lità ingredienti, infrastruttureACCOUNTING AND FINANCIAL MA-NAGEMENT: contabilità, investimenti, controllo, analisi finanziaria, tasseHUMAN AND PROFESSIONAL RE-SOURCES: gestione dipendenti, stili di management, gestione del tempoLEADERSHIP: stili di leadership, imma-gine professionale, efficacia nelle negozia-zioneINTER-PERSONAL SKILLS: doti comu-nicative, le dinamiche del gruppo, gestione dei conflittiMEMBERSHIP AND MARKETING: pubblicazioni interne, relazioni con i me-dia, acquisizione e ritenzione sociSPORTS AND RECREATION MANA-GEMENT: gestione golf, gestione eventi, gestione campo ed impianti sportFACILITIES MANAGEMENT: manu-tenzioni programmate, assicurazioni e ge-stione rischi, sicurezza ed igieneEXTERNAL AND GOVERNMENTAL INFLUENCES: legislazioni, protezione dati sensibili, norme specifiche club

Quasi in ogni nazione esiste l’associazio-ne nazionale dei Club Manager. Gli scopi di tali associazioni di categoria sono fon-damentalmente due:- fornire agli associati dei momenti di ag-giornamento e percorsi formazione;- creare un network tra gli iscritti; La Vision della CMAE è quello di essere l’organizzazione professionale leader eu-ropea nel club management e nel propor-

re programmi di formazione dai contenu-ti rilevanti, con importanti opportunità di certificazione. I corsi di formazione MDP (Management Development Programmes), realizzati dalla CMAE e forniti in diversi paesi eu-ropei in collaborazione con le Federazio-ni o con le Associazioni di categoria, na-scono dall’esperienza pluridecennale dei BMI americani.Gli MDP sono quattro corsi, attualmen-te tenuti in lingua inglese, da cinque gior-ni: livello base, secondo livello, golf ma-nagement, food & beverage ed ai quattro moduli si può aggiungere quello finale su Strategia & Leadership.Completato questo percorso, se il candi-dato ha i crediti acquisiti per esperienza lavorativa, si può accedere all’esame per la certificazione CCM (Certified Club Ma-nager). La prova si tiene in Europa due volte l’anno, consiste in una giornata in-tera di test sulle dieci competenze sopra elencate al termine delle quali il candi-dato affronta un “case history” fornendo soluzioni oggettive ed economicamen-te sostenibili per la gestione del club de-scritto nel caso specifico.L’esame si supera con il risultato dal 70% in su con un minimo di 50% di risposte giuste in tutte le “core competencies” ed il titolo dura cinque anni, rinnovabile se il manager totalizza almeno 120 credi-ti formativi partecipando a conferenze e corsi di formazione del settore.Negli Stati Uniti circa il 30% dei Club Ma-nager sono certificati CCM e se si re-stringe la statistica nei Country Club più esclusivi e grandi la percentuale supera il 50%. In molti casi il titolo CCM è ritenuto indispensabile per accedere alle selezio-ni per posti di lavoro di General Manager o Chief Operating Officer.

PROFESSIONE GOLFPROFESSIONE

GOLF CLUB

Nella foto, il Consiglio Direttivo CMAE: secondo da sinistra seduto, il presidente Jorgen Kjllgren, e quarto da sinistra in piedi l’autore di questo articolo, Arnaldo Cocuzza, direttore del Golf Club Milano

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Il primo golf cart elettrico fu costruito negli Stati Uniti nel 1932 ma non ebbe una grande diffusione. Negli anni Tren-ta e fino alla metà degli anni Cinquanta i

golf cart erano utilizzati soprattutto da per-sone con disabilità che non erano in grado di fare molta strada a piedi. Solo a partire dalla metà degli anni Cinquanta il cart tro-vò una buona accoglienza tra i golfisti, cosa che facilitò la produzione di diversi modelli. Immaginare, oggi, un campo da golf senza cart sarebbe impossibile. Cerchiamo allora di inquadrare da un punto di vista giuridico l’utilizzo di queste “voiturettes” come ven-gono simpaticamente chiamate in Francia.I golf cart nella maggioranza dei casi sono oggetto di un contratto di noleggio, che è il contratto con il quale una parte (noleg-giatore) si obbliga a far godere ad un altro (noleggiante) una cosa mobile, per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo. Detta fattispecie, seppur molto comune nella quotidianità e diffusissima nella pras-si commerciale, non è contemplata dal Codice Civile come “noleggio”. Il noleggio, così come comunemente lo intendiamo, è disciplinato in realtà dalle norme sulla lo-cazione contenute nell’art 1571 e ss. del Co-dice Civile. Sempre dalla disciplina sulla lo-cazione di beni mobili, vengono tratte poi le obbligazioni in capo alle parti del contratto di noleggio. Si avrà così che il noleggiatore, ai sensi dell’art 1575 cc. dovrà:- Consegnare al noleggiante il bene, oggetto del contratto di noleggio, in buono stato di manutenzione;- Mantenere, anche successivamente, in buono stato il bene noleggiato affinché pos-sa servire all’uso convenuto;

- Garantire un pacifico godimento all’uso del bene.Il noleggiante, ai sensi dell’art 1587 cc. dovrà:- Prendere in consegna la cosa e osservare diligenza nel servirsene;- Restituire al termine del contratto il bene al noleggiatore, nel medesimo stato in cui l’ha ricevuta, salvo il normale dete-rioramento dovuto all’utilizzo dello stesso oggetto;- Pagare il canone nei termini convenuti.Il mancato rispetto delle obbligazioni di cui sopra, darà luogo ad un inadempimento contrattuale. In particolare merita sottolin-eare che dal momento della consegna del bene al noleggiante, questi diviene re-sponsabile dell’eventuale danneggia-mento o deperimento del golf cart, a meno che non possa dimostrare che il dan-neggiamento sia avvenuto per causa a lui non imputabile (caso fortuito o forza mag-giore). Esclusione di responsabilità questa, che tuttavia prevede che il noleggiante sia responsabile in via indiretta anche della perdita e del deterioramento ca-gionato da persone che egli ha ammes-so (seppur in via temporanea) all’uti-lizzo del golf cart.

Diverso è il discorso allorché il golf cart sia utilizzato dai lavoratori addetti al gioco, quali i maestri di golf, caddie-master, segretari, giudici, oppure dai lavorato-ri addetti alla manutenzione del cam-po. In questo caso l’utilizzo dei cart non sarà più regolato dalle norme in materia di contratto di noleggio. E diverso sarà anche il grado di responsabilità dei circoli di golf in relazione alle diverse fattispecie contrat-tuali che possono legare i lavoratori di cui sopra ai circoli stessi. Il tema della responsabilità in relazione all’uso dei cart, infatti, non può più essere sottovalutato dai Circoli. Uno studio amer-icano condotto dal 1990 al 2006 ha rilevato un incremento del 132% dei traumi collegati ad incidenti che vedevano coinvolti i cart. Ma quali norme trovano applicazione in Ita-lia? Certamente gli artt. 2043 e segg. Co-dice civile, i quali regolano i principi gen-erali della responsabilità per fatto illecito, la cosiddetta responsabilità “aquiliana” ma con l’importante esclusione dell’applicabil-ità dell’art. 2054 c.c. contenente la presunzi-one di colpa in capo ai conducenti dei veico-li in misura paritaria, salvo prova contraria. Il campo da golf, infatti, non può es-sere equiparato ad una strada privata adibita o ove sia comunque consentito il traffico di pedoni o veicoli (Cass. Civ. n. 965/1987). Da ciò consegue l’ulteriore im-portante conseguenza della inapplicabilità della normativa in materia di assicurazione obbligatoria dei veicoli (Decr. Lgt. 209/2005, art. 148).Per quanto concerne l’età richiesta per l’uti-lizzo dei golf cart, la maggior parte dei cir-coli si è orientata nel senso di vietarne l’uso ai minori di 18 anni. In realtà si potrebbe limitare detto divieto ai minori di anni 16.

La normativa che riguarda l’utilizzo di vetture, più o meno elettriche, usate sui percorsi di golf non deve certo essere sottovalutata. Ecco tutto quello che è necessario fare per evitare spiacevoli sorprese

Cosa succedecon i golf cart?

G O L F E D I R I T T O L’angolo giuridico

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Lucio Colantuoni

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In questo caso, tuttavia, si dovranno usare particolari attenzioni coinvolgendo i sogget-ti esercenti la potestà parentale sui minori.Premesso quanto sopra, in tema di re-sponsabilità extracontrattuale i Circoli devono prestare particolare attenzione al campo. La maggior parte dei Regolamenti sull’utilizzo dei cart predisposti dai Circoli disciplinano il comportamento che i gioca-tori devono osservare intorno alle aree di partenza.È esperienza comune che spesso la con-citazione del gioco porta a “dimenticare” queste regole perché concentrati sul gioco. È importante, quindi, per i Circo-li curare particolarmente la sicurezza di queste aree, predisponendo ove possibile delle zone di sosta per i cart a fianco dei tee di partenza o creando percorsi obbli-gatori e posizionando cartelli. Lo stes-so discorso vale per le aree intorno ai green. Qui, tuttavia, al fine soprattutto di salvaguardare il manto erboso, è fre-quente l’utilizzo di catenelle o cartelli che impediscono l’avvicinarsi dei cart a queste

aree. Più articolato è, invece, il discorso riguardante i fairways, Laddove, infatti, esistono percorsi obbligatori per i golf cart, è importante che questi percorsi siano studiati in modo da garantire la più completa sicurezza e siano correttamente mantenuti. Il giocatore che non utilizza questi percorsi, e non il Circolo, si esporrà a responsabilità personale per eventuali incidenti che vedano coinvolti dei cart. Laddove, viceversa, non vi sono percor-si obbligatori, i Circoli devono prestare particolare attenzione e predisporre tutte quelle misure volte almeno a ridurre, es-sendo impossibile eliminare, le insidie del percorso. Come catenelle o cartelli per impedire l’accesso a zone particolarmente scoscese, avvisi ben visibili indicanti attra-versamenti di strade, incroci con altre bu-che del percorso, laghetti nascosti e così via. Sul punto, tuttavia, occorre essere chiari: è impossibile prevedere e conseguente-mente predisporre tutte le misure volte ad evitare incidenti in considerazione anche

della guida spesso spericolata dei novelli Schumacher dei fairways! È quindi, basi-lare confrontarsi attentamente con il pro-prio broker assicurativo al fine di far in-serire nei contratti di assicurazione quelle clausole che possano tenere indenni e garantire al meglio i Circoli da eventuali richieste di risarcimento dei danni.I Regolamenti sull’uso dei cart predisposti dai Circoli prevedono spesso il divieto di cercare le palline utilizzando appunto i cart. Attenzione perché questo divieto, da solo, non è sufficiente ad esimere da re-sponsabilità i Circoli. Occorre sempre ac-compagnare questo divieto con le misure e gli accorgimenti sopra descritti.Da ultimo, alcuni circoli permettono ai propri soci di utilizzare cart di loro propri-età. Non viene concluso nessun contratto di noleggio, ma nulla ovviamente cambia in materia di responsabilità extracontrat-tuale di Circoli.

Prof. Avv. Lucio ColantuoniAvv. Paolo Montanari

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47P E R S O N A G G IGiuseppe Nava

Diciamolo subito, fare il direttore di un circolo di golf non è mestiere facile. Bisogna mediare e promuovere, avere buona competenza tecnica di gestione del campo e dell’attività agonistica. Sintonizzare le idee di Presidente, Consiglio, Commissione sportiva. Gestire buoni rapporti

con le istituzioni e la vita federale. Ma soprattutto conoscere i meccanismi che aggregano i soci e favorire lo spirito di ap-partenenza. Far capire a tutti, players e frequentatori, che la vita di un club di golf può diventare un prezioso patrimonio sportivo e umano per tutti, anche per il più umile hcp 36. È il compito di un buon direttore fornito di doti imprenditoriali, gestionali e umane. Simili a quelle del direttore di un grande albergo come il Plaza di New York o La Mamounia di Marra-kesh, molta razionalità e buona conoscenza delle caratteria-lità dei soci che nel nostro Bel Paese sono molte. Sull’altra sponda ci sono i conflitti, la cattiva amministrazione, le lotte tra piccoli clan e vita amara per tutti. Sì, proprio attorno al-le 18 buche del fine settimana dove ci si dovrebbe mettere in-sieme per il tempo libero e le ore liete.Ce lo conferma Giuseppe Nava, detto Beppe, classe 1956, di Barzana di Bergamo, direttore al Golf Club Carimate (Co-mo) dal 1988. Vi arrivò a 31 anni dopo una buona esperien-za all’Albenza di Bergamo, dove cominciò come caddie ma-ster a 17 anni. Nel grande circolo orobico, prima casa anche di Costantino Rocca, si fece le ossa. Affinò le doti di interlo-cutore col difficile mondo del golf facendo il consigliere co-munale. La politica locale gli insegnò a dialogare sempre con tutti. Con fermezza poi si può arrivare alla sintesi e alle de-cisioni. Innamorato del suo lavoro, è al circolo dalle 9 al tra-monto, un’ora d’auto a venire e un’ora ad andare a casa. Bella

carriera e grande stima nel mondo del golf lombardo. In tanti anni, la notte ha sempre dormito nel suo letto di Barzana, no-nostante la lontananza dal luogo di lavoro. Lo hanno aiutato una bella famiglia e una moglie generosa.“In seguito passai alla direzione del circolo”, racconta. Volto disteso, occhi attenti, modi pacati. “Allora ci chiamavamo Se-gretari di golf, come ancora oggi avviene in Inghilterra, dove il Segretario è una figura importante.” Il termine Direttore è arrivato dagli Usa. Là il Club Manager non si occupa della vita sportiva ma segue l’amministrazio-ne e il food and beverage (quindi club house e ristorazione), mentre il golf è seguito dal Segretario Professionista.“Invece in Europa, in Gran Bretagna in particolare, è il Segre-tario che da sempre si prende cura del circolo: è il dirigente più importante dopo il presidente. Col Capitano della squa-dra forma il fulcro del circolo. Seguendo il modello america-no abbiamo introdotto il termine Direttore, mantenendo inal-terate le mansioni del vecchio Segretario”.

Carimate è nella storia del golf italiano. Da 16 anni chiude il bilancio in pareggio. Si è vista crescere nel tempo la qualità nei dettagli e nelle grandi opere con at-tenzione ai costi, contenuti ora anche da un nuovo im-

A Carimate Dopo gli anni di gavetta al circolo de L’Albenza, Nava si è trasferito nel golf brianzolo, fra Como e Milano. Da quel primo incontro sono trascorsi 26 anni, pieni di soddisfazioni e di lavoro, che l’hanno fatto conoscere come uno dei migliori direttori del golf italiano

con passione

di Roberto Zoldan

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Bergamasco di Barzana, Beppe Nava dirige Carimate dal 1988 e da allora, ogni giorno, in auto percorre due ore di strada andando e tornando dal club

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pianto d’irrigazione. Il circolo nacque nel 1962 promos-so, come l’Olgiata, dalla Società Generale Immobiliare romana. Proponeva all’Italia affluente un modello resi-denziale nel verde: castello (Visconti), parco, golf, pisci-na, tennis, equitazione, bocce, giochi per bambini. Par-liamo delle mansioni di un bravo direttore.“Deve gestire l’azienda-circolo delegando ma controllando. Tutto e tutti. Partiamo dal quel bene prezioso che è il campo, la grande pa-lestra di gioco. Ci lavora una squadra di nove giovani esperti, for-mati dalla scuola federale, guidata da un superintendent, Luigi Ci-gnoni. Amano il loro mestiere, sono attenti alle anomalie del verde soprattutto quando richiedono interventi immediati. Le piante furo-no messe da un architetto giapponese, le buche a livelli diversi vo-gliono manutenzioni sempre differenti. Un restyling del campo ha rinnovato i green nel corso degli anni. Bunker più numerosi per un percorso più impegnativo, soprattutto alla 7 con green in sali-ta a più livelli.“I ragazzi della squadra verde sanno fare analisi fitopatologiche, so-no esperti nei diversi tipi di taglio, conoscono le variazioni della sta-gione e del terreno. Per rinnovare un campo di 18 buche tra boschi e collina com’è il nostro, disegnato da Pier Luigi Mancinelli, scom-parso nel 2001, abbiamo pianificato i lavori per cinque-sette anni. Attenti agli imprevisti e alle malattie dell’erba, al censimento bota-nico e fitosanitario del patrimonio boschivo ottenendo la qualifica 14.001/Emas che ha adeguato il campo ai parametri ambientali eu-ropei. Abbiamo integrato aree di bosco e abbiamo sostituito mol-ti alberi come ci era stato richiesto. Il direttore deve andare ogni giorno sul fairway, controllare, gestire anche le piccole emergenze”.

Avete ristrutturato l’immobile della club house dise-gnata da Vico Magistretti, linee moderne e trionfo del bianco, il colore che preferiva. Avete ampliato il ricove-ro carts e sacche, gli impianti della piscina, che d’esta-te è molto frequentata. I campi di tennis sono a posto.“I lavori pianificati negli anni sono stati realizzati dall’immo-biliare proprietaria dell’intero complesso. La svolta inizia nel 1999 con il presidente Sergio Delli Zotti, artefice del progetto restyling, e continua col successore, Pietro Cioffi. Giuseppe Crippa è presidente dal 2006 e ha concluso la fase delle gran-di opere. Carimate si trova al centro di un’area di notevole tra-dizione imprenditoriale. Avevamo a disposizione tante compe-tenze e si è lavorato bene”.

Qui nel 1980 nacque la rivista Parliamo di golf diretta da Renato Blandl. La Fig aveva allora 13 mila tessera-ti e l’Italia 58 campi. Il circolo vanta un bel palmarès. Parliamo dell’attività agonistica.“Il Segretario sportivo Walter Gorla contatta gli sponsor per il calendario, promuove l’attività agonistica in collaborazio-ne con i maestri per incoraggiare i giovani, dialoga con la Commissione sportiva per lo svolgimento delle gare. Giuseppe Roccucci e Luca Boffi sono responsabili dell’attività giovanile. Il direttore deve osservare con discrezione, dare suggerimen-ti, riceverne anche. La vita di circolo può nascondere imprevi-sti e conflitti e chi coordina deve prevenirli. L’agonismo conta: fa arrivare al circolo nuovi soci giovani che, se crescono in di-mensione sportiva, portano con sé poi anche i genitori. Anche

Nella foto qui sopra, la buca 10 di Carimate, titolato golf club comasco che ha superato con soddisfazione i suoi primi 50 anni di attività, essendo stato inaugurato nel 1962. A destra, Giuseppe Nava nel suo ufficio al circolo.

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la sanzione sportiva è importante, applicata con saggezza ne-gli episodi meno gravi ma con rigore per le infrazioni più pe-santi. La condanna degli illeciti fa crescere la lealtà e il rispet-to generale delle regole”.

Ci sono saggi di psicologia aziendale che insegnano i cento metodi per tenere insieme le aggregazioni uma-ne. Ecco gli ingredienti dell’accoglienza secondo Giu-seppe Nava.“È bene ascoltare sempre le socie. Le mogli decidono del tem-po libero di tutta la famiglia. Così come a casa decidono i suoi acquisti, come insegnano i pubblicitari. Poche volte le donne sbagliano. C’è una bella piscina? Vengo anch’io e allora si va tutti al golf. C’è vita sociale? La sera tutti qui a cena anche do-po la gara. La coppia è giovane e ha bambini? Ecco lo spazio protetto per i piccoli. Lui ha strapazzato le coronarie in tan-ti anni di lavoro? Caro, perché non scendi in campo almeno per 9 buche? I non sportivi amano il circolo ma preferisco-no le carte? Ecco i tornei di burraco e di bridge. Il tennis per chi vuole. Il golf rimane la palestra primaria ma tutte le attivi-tà che gli fanno corollario tengono il circolo vivo. Buoni i rap-porti e buoni i conti. Cosa importante, in questi tempi difficili”. E con il variegato mondo dei vostri 640 soci, come si comporta un Protodirettore tra i più stimati?“Attenzione alle esigenze, sempre diverse, dettate da persona-lità, ruolo sociale, buona educazione, atteggiamento che porta a un solo obiettivo vincente. Mettere sempre il socio a proprio agio, risolvere i suoi problemi per quanto è possibile. Molti a volte hanno l’esigenza di partire nella stessa ora di punta. Una volta per far contenti tutti i richiedenti strinsi gli intervalli: ore 9.0, 9.5, 9.10, 9.15… La buona educazione stempera la conge-stione sul tee shot, quelli davanti partono un minuto prima, quelli che seguono un minuto dopo. E tutti si sentono soddi-sfatti a casa propria, aumenta la fidelizzazione”.

La segreteria è protagonista in questo ruolo.“Il socio sa che lì ci sono cortesia e attenzione alle sue esi-genze, spesso oltre il dovuto. E rispetta il personale e le rego-le, senza le quali nessuna aggregazione umana può stare insie-me. Le regole vanno sempre ricordate. Su quest’aspetto sono intransigente”.

Caddie master e spogliatoi meritano qualche parola.“Il deposito sacche e carts vive momenti di punta nei giorni di gara e gli addetti, gente sveglia, Formichella e Lo Frano, cono-scono tutti. Ma per sciogliere gli intoppi i carrelli sono stati nu-merati e ognuno si prende il proprio da solo. Abbiamo messo in garage una flotta di carts per gli ospiti. Negli spogliatoi lavo-rano Attilio Zaninelli e Angela Colombo, al circolo rispettiva-mente da 48 e 29 anni. Soci e ospiti hanno ciascuno l’armadiet-to con chiave e il campo pratica è gestito dai pro”.La ristorazione in un circolo di rango richiede specializzazio-ne. Nava presenta Angelo Ferrari, il gestore che perfezionò il

mestiere servendo la clientela internazionale di Crans Monta-na. Originario di Parma, capitale dell’agroalimentare, lavora in coppia con la moglie Brigitte. Spiega la sua formula: capire i so-ci, conoscerne esigenze e disponibilità al consumo, gusti e abi-tudini a tavola. Un’enciclopedia di tipologie che non è difficile soddisfare. Basta ricordare o intuire, virtù di ogni buon maître. Dai piatti elaborati a quelli della tradizione con spunti stagio-nali lombardi, ingredienti sempre di alta qualità, il cuoco di se-rie A, Paolo Pellegrini, è sulla scena da 21 anni. In cucina c’è anche la signora Ferrari a guardia del buon servizio con perso-nale qualificato e polivalente, pronto sia per la serata inverna-le con pochi ospiti sia per il ricevimento privato con cento per-sone. Non è raro concludere 18 buche a Carimate con la frase: ”Fermiamoci qui a cena, ne vale la pena”. Ci si siede sulle sto-riche sedie laccate rosse di Magistretti prodotte in Inghilterra e commercializzate da Cassina. Sono le sedie che si chiamano proprio Carimate, amate negli anni ’60 dai Beatles e dagli intel-lettuali d’Oltremanica. I rapporti col personale?Nava è sintetico: “Sono come suggeriscono i moderni manua-li di gestione che danno difficili nomi in inglese alle intuizioni del vecchio buon manager. Rapporti umani generosi e corretti. Chiedere il massimo nell’emergenza in cambio di elasticità per le esigenze individuali. Essere solidali nella vita privata. Con-dividere con chi lavora gioie e dolori. Si diventa amici, salvan-do la scala gerarchica che diventa alla fine, se tutto funziona, soltanto uno schema burocratico”.

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Tramonto autunnale sulla buca 14 di Prestwick, il campo scozzese che ha ospitato le prime 11 edizioni dell’Open Championship e 24 in totale, l’ultima delle quali nel 1925.

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“Stiamo “Stiamo “Stiamo lavorando lavorando lavorando

per voi”per voi”per voi”Questa la scritta che dovrebbe comparire in ogni campo durante

il periodo degli interventi invernali. Troppo spesso i soci non sanno o non capiscono che, senza i fondamentali lavori “fuori stagione”, tutto

il resto dell’anno avrebbero condizioni del campo non ottimali. Per saperne di più, abbiamo parlato con Alessandro De Luca, consulente

tecnico della Federgolf e con i responsabili di tre circoli a latitudini differenti: Franciacorta, Olgiata e Verdura

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L’inverno non è il miglior amico dei golfisti. Si gio-ca di meno per via delle poche ore di luce e del maltempo più frequente, ci si deve ricoprire di fa-stidiose maglie e tute impermeabili per difender-si dalle basse temperature e dalla pioggia, i campi, purtroppo, non regalano più le gratificanti distan-

ze estive e anche trovare qualcuno disposto a farci compagnia per una giocata al freddo e a rischio intemperie è sicuramente più complicato. L’arrivo della brutta stagione, però, è anche te-muto da chi si deve occupare della cura e della manutenzione dei percorsi perché l’inverno porta con sé problemi e condizio-ni che possono mettere a repentaglio il buon stato di un campo. In più bisogna intervenire, oltre che per le abituali manutenzio-ni previste per questo periodo, anche per rimediare ai danni che spesso le calure dell’estate hanno provocato su fairway e green. “Non è poca cosa preparare un campo da golf durante il perio-do invernale – spiega il dottor Alessandro De Luca, agronomo e consulente tecnico della Federgolf –. Ci sono tante variabili da prendere in considerazione: il tipo di tracciato, se di montagna, di pianura o collinare, il tipo di gestione, se circolo privato o tu-ristico, la specie di tappeto erboso presente, come è stata l’esta-

te, le caratteristiche costruttive del percorso, come ad esempio l’impianto di irrigazione o il sistema drenante esistente. C’è poi da tenere presente che ogni anno la situazione non è mai la stes-sa. Gli interventi da eseguire, quindi, devono tener conto di di-versi fattori contingenti.” Le operazioni più importanti da pianificare prima dell’inverno cominciano dalla manutenzione dei green realizzati con l’Agro-stis stolonifera. Le elevate esigenze idriche di questa specie du-rante la stagione estiva obbligano a frequenti irrigazioni le qua-li favoriscono lo sviluppo del feltro. Si tratta di un accumulo di sostanza organica morta che si sviluppa appena al disotto del-la copertura erbosa e rende i green molto soffici. Oltre a essere deleterio per la qualità del gioco, il feltro crea condizioni sfavo-revoli alla crescita del tappeto erboso e aumenta la possibilità di attacchi fungini. “Per rimuovere questo strato – dice De Luca – è fondamentale eseguire a fine estate dei verticutting sui green, seguiti da una carotatura e quindi da un top dressing, cioè da un apporto di sabbia. Si tratta certamente di un’operazione fastidiosa per i giocatori che per un breve periodo di due/tre settimane si ritro-vano a giocare su green non in perfetto ordine. È ampiamente dimostrato, però, come questi interventi consentano di miglio-rare la salute del tappeto erboso, di ridurre drasticamente gli

di Roberto Roversi

Qui sopra un links in versione tardo-autunnale, con la neve che fa la sua prima apparizione sul campo

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attacchi fungini e le invasioni delle erbe infestanti. Questo si-gnifica evitare l’impiego di fitofarmaci dannosi, oltre che per il bilancio del circolo, soprattutto per la salute e l’ambiente. Da non trascurare, infine, i benefici effetti della carotatura sul dre-naggio, elemento fondamentale per la giocabilità dei green so-prattutto nel periodo invernale.” Di tutt’altro tipo, invece, il discorso riguardante i fairway. Qui i vari tipi di essenza da tappeto erboso impiegati impongono ap-procci diversi al problema. Nel caso delle macroterme (la ber-muda, tanto per capirci) non ci sono molti lavori da eseguire se non interventi di natura più estetica che di sostanza. Con l’arri-vo dell’inverno, infatti, queste varietà di erba tendono a ingialli-re e per ovviare si ricorre a una trasemina a base di Lolium pe-renne, che per tutta la stagione fredda assicura un bel colore verde ai fairway. La questione cambia, però, nel caso di impie-go di microterme. “I fairway in microterme possono essere costituiti dal classico miscuglio Poa pratensis-Lolium perenne e Festuca ruba o da so-la Agrostis stolonifera – fa notare De Luca –. In entrambi i casi ci possono essere invasioni più o meno accentuate di varie er-be infestanti come la Poa Annua, la gramigna e la Digitaria. Nel periodo estivo, ma anche con l’arrivo dell’autunno, queste erbe disturbano l’omogeneità del manto erboso, favorendo la forma-

zione di chiazze di terreno nudo. È quindi spesso necessario ri-correre a trasemine autunnali. Quando, invece, il manto erboso è costituito dalla sola Agrostis stolonifera, l’essenza usata an-che per i green, è possibile ritrovarci a fare i conti con la presen-za di feltro. Per ovviare a questa situazione diventano, quindi, necessari gli stessi interventi previsti per i green, cioè verticut-ting, carotatura e topdressing con un importante aggravio dei costi. Allo stesso modo dei green omettere questi interventi sui fairway si traduce in un tappeto erboso meno vigoroso e più vulnerabile nei confronti delle avversità.” Ci sono poi certe tipologie di percorso che si trovano alle prese con problemi specifici come nel caso dei campi dove sono pre-senti tanti alberi. La presenza di un buon patrimonio arboreo certamente impreziosisce e rende più gradevole un campo da golf. Tuttavia alberi e tappeto erboso non sempre sono un buon abbinamento. “Gli alberi – dice De Luca - tolgono luce e acqua al tappeto erboso. Inoltre nel periodo invernale perdono le foglie rendendo più complicata la ricerca della pallina e creando pro-blemi di ‘soffocamento’ al manto erboso. Ci sono alcune piante che perdono le foglie in pochi giorni, ma ve ne sono altre che le perdono in tempi molto più lunghi rendendo la loro raccolta an-cora più laboriosa.” Altri problemi collegati alla presenza degli alberi in un campo

La buca 18 dell’East, uno dei due percorsi di Verdura, a Sciacca, in Sicilia. Sullo sfondo, la clubhouse

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da golf sono rappresentati dalla loro gestione che include po-tature autunnali, periodici controlli sul loro stato di salute per garantire la sicurezza di chi è sul campo e infine lo smaltimen-to dei residui vegetali, quali foglie e scarti e di potatura. Altro importantissimo intervento da eseguire prima dell’inverno è il controllo e la pulizia di tutti gli scarichi dei drenaggi. In questo periodo, infatti, la giocabilità di un percorso è condizionata so-prattutto dalla presenza di acqua nel terreno che può essere ra-pidamente eliminata con un efficiente sistema di drenaggio, so-prattutto quando è affiancato da interventi di coltivazione quali carotature, forconature e sabbiature. “Inoltre – sottolinea De Luca – l’inverno è il momento ideale per eseguire quei lavori di miglioramento del campo impossibili da realizzare nel periodo di crescita del tappeto erboso. Questi lavori possono includere, ad esempio, l’ampliamento dei tee di partenza, la costruzione di nuovi drenaggi, la riparazione o l’installazione di irrigatori, la messa a dimora di nuovi alberi o anche lavori di officina mirati a ottimizzare il funzionamento del parco macchine.” Fin qui il parere del tecnico che ha come obiettivo la cura del campo. Ma i golfisti cosa ne pensano di tutti questi “intoppi” che intralciano il loro gioco? “Devono avere un po’ pazienza nell’in-teresse della qualità e della giocabilità del percorso – consiglia l’agronomo della FIG -. Capita spesso che i giocatori si lamen-tino se a fine estate trovano i green, i tee o i fairway carotati,

ma va spiegato loro che questa è un’operazione indispensabi-le per garantire le condizioni ottimali del campo durante il re-sto dell’anno. Un disagio di qualche settimana in cambio di una buona giocabilità in tutte le stagioni è un sacrificio che si può accettare.” Per evitare discussioni e lamentele, in ogni caso, l’approccio mi-gliore sarebbe quello di informare in anticipo i soci sui lavori in programma. Nei confronti dei giocatori esterni, inoltre, sarebbe molto efficace l’applicazione di un green fee scontato nei gior-ni di maggior disagio. Un altro utile accorgimento suggerito da De Luca è anche quello di predisporre il calendario gare in fun-zione del programma dei lavori di manutenzione e non vicever-sa come invece spesso succede. Bisogna sempre ricordare che un percorso mantenuto in modo corretto si traduce in un tap-peto erboso di maggiore qualità e anche più sano, che può esse-re gestito ricorrendo a un impiego minimo o addirittura nullo di fitofarmaci. Una corretta manutenzione invernale, comunque, comporta una certa spesa e, visto il momento attuale, ciò appe-santisce il bilancio di un circolo. Lo si deve valutare, però, come un investimento poiché un campo in ordine e giocabile per mol-ti mesi all’anno produce sicuramente maggiori introiti. Secondo De Luca per far comprendere a tutti le esigenze legate alla cu-ra di un percorso di golf sarebbe importante avvicinare sempre di più i giocatori ai superintendent o greenkeeper. In molti per-

A sinistra, due bellissimi scorci del golf di Franciacorta. Qui sopra, una buca dell’Olgiata e Alessandro De Luca (a destra), in compagnia di Ken Mangum, superintendent dell’Atlanta Athletic Club

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corsi statunitensi, proprio per favorire una maggiore compren-sione delle rispettive esigenze, i tecnici che si occupano della manutenzione del campo vengono incentivati a giocare a golf e ad andare periodicamente sul tracciato con il direttore o con il professionista. “Anche in Italia – dice De Luca - dove al momento sono pochis-simi i superintendent e i greenkeeper che giocano a golf, se ciò avvenisse si potrebbero ottenere i buoni risultati raggiunti in America.” Il suggerimento è sicuramente interessante e i circoli dovrebbero farne tesoro.

Il nostro Giro d’ItaliaCome ha spiegato Alessandro De Luca non è sempre facile in-dividuare la strategia più corretta per definire gli interventi di manutenzione necessari in un campo da golf durante il perio-do invernale. Le variabili in gioco sono tante e diverse tra loro, soprattutto in considerazione della conformazione geografica del nostro paese. Così abbiamo fatto un piccolo “Giro d’Italia” per conoscere più da vicino il lavoro che viene realizzato. Sia-mo partiti dal nord con un circolo che negli ultimi anni ha co-nosciuto un enorme sviluppo, il Golf Club Franciacorta.Costruito poco meno di trent’anni fa a poca distanza dal lago d’Iseo, questo tracciato conta oggi 27 buche. A occuparsi del-la sua cura, sin dalla realizzazione, è Maurizio Zani. “Qui uno

dei problemi che dobbiamo affrontare – dice – è che abbiamo nove buche, quelle nuove e disegnate da Fulvio Bani, semina-te tutte con l’Agrostis sia sui fairway che sui green, e le diciot-to buche del vecchio tracciato nel quale è presente, invece, il classico miscuglio Poa pratensis-Lolium perenne. Questo comporta il dover programmare interventi autunnali diversi. Fortunatamente l’estate appena trascorsa non ha provocato grossi problemi per cui sono state necessarie solo poche tra-semine in alcune aree. Con un calendario gare fittissimo (più di 170 nel 2013) non è facile far convivere la giocabilità del campo con gli interventi di manutenzione. Però con una buo-na organizzazione e un parco macchine molto ampio riuscia-mo a gestire il tutto senza troppi problemi. Durante l’inverno, inoltre, eseguiamo trattamenti specifici per evitare l’insorge-re della Fusarium Nivale, una malattia che colpisce il tappeto erboso con le basse temperature.” Maurizio Zani è anche un buon giocatore di golf e anche lui considera questo elemento importante per svolgere meglio il suo lavoro. Dalla Lombardia ci siamo spostati in uno dei circoli più presti-giosi di Roma e di tutto il golf italiano, il Golf Club Olgiata, che di recente ha realizzato importanti modifiche sul percorso ri-guardanti sia il disegno di alcune buche che la qualità del tap-peto erboso. “Poco più di due anni fa abbiamo cambiato l’er-ba dei fairway passando alla bermuda e questo ha modificato,

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rispetto al passato, il programma di manutenzione del campo nel periodo autunnale – spiega Cesar Florido, segretario del circolo romano –. Tra gli interventi di maggior rilievo abbiamo l’operazione di trasemina con il Loietto perenne che assicu-ra al percorso un gradevole aspetto anche durante il periodo invernale quando la bermuda va in dormienza e diventa gial-la. Oltre ai tradizionali lavori di carotatura dei green, un altro aspetto di particolare rilievo che affrontiamo durante il perio-do autunno-inverno è legato alla presenza sul nostro traccia-to di moltissimi alberi. Ne abbiamo di diverse specie e questo comporta che il problema della perdita delle foglie persiste per alcuni mesi impegnandoci in un lavoro costante per man-tenere pulito il manto erboso sotto le piante. Si tratta di un’o-perazione che richiede tempo e costi non trascurabili. Infine, per quanto possibile, cerchiamo di programmare gli interventi di manutenzione in relazione al calendario gare del circolo per creare il minor disagio possibile ai giocatori.” Per concludere il nostro viaggio ci siamo trasferiti in Sicilia, al Verdura Golf Resort, il magnifico complesso turistico con due campi da golf realizzato alcuni anni fa vicino a Sciacca. A occuparsi delle 36 buche disegnate dall’architetto Kyle Phil-lips è Michele Deiana. “Sui percorsi – dice – abbiamo tre ti-pi di erba diversi: sui tee c’è il Lolium perenne, sui fairway e sul rough c’è la Bermuda, mentre sui green abbiamo la clas-

sica Agrostis. Questa situazione ci impone di realizzare inter-venti differenziati in base alla qualità dell’essenza da trattare e all’analisi chimica e fisica del terreno. Due sono gli aspet-ti fondamentali che caratterizzano la gestione e manutenzio-ne del nostro percorso, vale a dire il clima mite e il vento. Le aree che vengono maggiormente monitorate sono quelle dei tee e dei green, realizzati con microterme e quindi più sensi-bili ad attacchi fungini. Nel periodo invernale dobbiamo pre-stare attenzione all’insorgere della Microdochium nivale, una malattia che si manifesta con il freddo e che interessa soprat-tutto i green. Grazie ai trattamenti preventivi, però, questo problema è sotto controllo. Naturalmente poi, tra settembre e ottobre, vengono svolti i tradizionali lavori di verticutting e di carotatura sui green. Sempre in questo periodo provvedia-mo a eseguire una trasemina del rough primario per consen-tire anche nei mesi invernali l’uso del golf cart.” D’inverno, quindi, superintendent e greenkeeper, assieme ai loro collaboratori, non vanno certo in letargo, ma, al contra-rio, devono lavorare a pieno ritmo per assicurare ai campi una manutenzione che poi a primavera possa assicurare ai golfisti fairway immacolati e green levigati. “Stiamo lavoran-do per voi” sembrano ricordare ai quei giocatori che in una giornata invernale si arrabbiano per un putter sbordato a cau-sa delle imperfezioni dovute alla carotatura del green.

Nella pagina accanto l’accogliente clubhouse dell’Olgiata, a Roma. Qui sopra, la 18 del West al Verdura, inserito in un grande resort turistico che fa parte del gruppo alberghiero presieduto da Sir Rocco Forte.

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59P E R S O N A G G IAchille Ripamonti

“Spesso mi capita di pensare al lungo percor-so fatto per arrivare fin qui e, riflettendo, mi rendo conto che la fortuna, mia e de L’Al-benza, è stata quella di avere sempre trovato sulla strada presidenti giusti, onesti e com-petenti”. Achille Ripamonti, segretario gene-

rale del Circolo di Almenno San Bartolomeo, un’oasi di verde a po-chi chilometri da Bergamo, inizia la chiacchierata rivolgendo un pensiero a chi, negli anni, gli ha permesso di portare avanti un la-voro importante. Il signor Achille (per gli amici) o se preferite “quel signore sedu-to sul cart con la pipa in bocca” (definizione questa usata da chi frequenta saltuariamente il Golf Bergamo), a L’Albenza ha messo piede per la prima volta nel lontano 1958. “Per la precisione era una giornata soleggiata di fine ottobre – dice Ripamonti -, avevo da poco compiuto undici anni e stavo giocando con i miei coeta-nei sui prati de L’Albenza, vicino al torrente Lesina, dove spesso andavo a pescare i gamberi. Fui avvicinato da alcuni signori che mi chiesero di raccogliere le loro palline. Incuriosito doman-dai cosa stessero facendo e così scoprii che esisteva un gioco chiamato golf. La cosa più importante, però, è che quel giorno guadagnai le mie prime cento lire. Vuole sapere se mi regalarono delle palline? No, il golfista è geloso delle sue palline, ma se non ricordo male credo di essermene messa in tasca qualcuna, giusto per avere un ricordo di quella giornata”. L’inverno dopo, nel 1959, su quegli stessi prati iniziarono a costruire le prime nove buche di quello che oggi è chiamato il percorso Giallo de L’Albenza.Nel suo ufficio che si affaccia sul parcheggio situato davanti alla-club house, Achille Ripamonti, nato a Palazzago il 4 luglio 1947, sembra un po’ restio ad aprire il suo libro dei ricordi, ma poi – rotto il ghiaccio - diventa un fiume in piena. Nella sua “stanza dei botto-ni” non ci sono molte testimonianze che ripercorrono i tanti anni di

attività, ma una targa c’è e il “signor Achille” è molto affezionato a quell’ottone ingiallito dal tempo che recita testualmente: “1987-88, premio manutenzione campo”.“A questo riconoscimento, il primo di una lunga serie, sono molto affezionato – dice -. Quando lo guardo penso ai tanti sacrifici fatti, alle inevitabili discussioni, alle delusioni, ma anche alle tante gioie per essere riuscito a far diventare il campo di gioco de L’Albenza uno dei più importanti e belli d’Italia”.

Ritorniamo all’inizio della storia, a quel mese di ottobre del 1958.Dopo quel primo impatto con il mondo del golf, la mia vita un po’ cambiò. Ovviamente continuai ad andare a scuola, ma le ore che trascorrevo ad accompagnare i giocatori sul campo e a raccogliere le palline aumentarono. Al sabato e alla do-menica ero sempre su quei prati verdi, ma non potevo certo considerarmi un vero caddie, anche perché ancora non sapevo nemmeno bene cosa fosse il golf.

Poi cosa accadde per far sì che la vita del giovane Achille Ripamonti cambiasse?Era Pasqua del 1961, ricordo ancora tutto bene. A L’Albenza venne-ro inaugurate le prime nove buche e io iniziai ufficialmente a fare il caddie. Anzi, a 14 anni facevo un po’ il capetto dei caddie, questo grazie ad Aldo Agliati, una persona straordinaria che arrivò da Villa d’Este per dirigere il Circolo e subito mi prese in simpatia. Aldo è morto qualche tempo fa e oggi avrebbe 90 anni: è stato il mio primo maestro e a lui devo tanto”.

Solo a lui?Assolutamente no. Devo molto anche all’allora vice presidente Ce-sare Magnetti che nel 1969 divenne presidente. Lui sì che capiva di golf: oltre a giocare 12 di handicap, aveva anche grandi intuizioni manageriali.

L’Albenza

Da oltre 50 anni, il segretario generale del Circolo di Bergamo è un innamorato del golf. La sua passione per il verde

e la cura dei percorsi lo ha portato a essere un riferimento assoluto per tutti quelli che lavorano nel nostro settore.

Ecco la sua bella storia fra fairway e green

Il signor

di Maurizio Bucarelli

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Fu facile l’inserimento nel mondo del golf a un’età così gio-vare?Facile no, ma avevo tanto entusiasmo e voglia di apprendere. Ero il terz’ultimo di nove fratelli, sei maschi e tre femmine, ed ero l’unico che frequentava il golf. Sapesse quante volte ho dovuto sentire i rimproveri di mia mamma. In ogni caso, vuole sapere una cosa? Facendo il caddie, io guadagnavo come mio fratello maggiore che lavorava in fabbrica.

Così il caddie Ripamonti iniziò la sua ascesa, tanto da diventare, negli anni, uno dei più importanti e conosciu-ti consulenti italiani per i tappeti erbosi legati al golf…Nel 1984 ho fondato la Green Consult la cui attività, oggi, è portata avanti più dal dottor Nicola Zeduri che non da me. Si tratta di una società che si occupa delle diverse fasi che con-corrono alla realizzazione e manutenzione di un campo da golf e non solo. Per noi la costruzione e la manutenzione di un per-corso sono frutto di una progettazione impostata nell’ottica del massimo rispetto dell’ambiente, quindi sulla base di eco compatibilità. Il nostro obbiettivo è esprimersi nel golf con un linguaggio semplice, efficace e tecnicamente interessante, ol-tre che seguire sempre l’eccellenza per dare un valore aggiun-to ai nostri clienti.

Insomma, come si ama dire, la Green Consult opera chia-vi in mano? Esatto. Facciamo lo studio preliminare di fattibilità e un piano fi-nanziario. Poi c’è la progettazione e lo studio tecnico-agronomico: capitolati, costruzione e direzione dei lavori, manutenzione del verde, ma anche addestramento del personale e organizzazione gestionale del Circolo, secondo metodi e criteri che ogni singola realtà è intenzionata a scegliere.

Detta così potremmo definire la Green Consult un’azienda all’avanguardia: ma c’è un valore aggiunto a tutto questo?Il valore aggiunto sono i risultati che abbiamo conseguito negli anni. Se dovessi scrivere qualcosa sul nostro biglietto da visita non avrei difficoltà a parlare di esperienza, efficienza, serietà e affidabi-lità. E vi assicuro che questa non è presunzione.

Ricorda la sua prima esperienza in questo settore?Ho iniziato 35 anni fa collaborando con il Golf Barlassina, poi il lavoro è arrivato a cascata. Nel campo della consulen-za tecnico-agronomica e assistenza alla direzione lavori per ammodernamento dei percorsi, abbiamo lavorato anche con Monticello, Padova, Il Royal Park - I Roveri, Biella, Rapallo, Bogogno, Milano, Villa Condulmer, Castelconturbia, La Pineti-na, Varese, Punta Ala, Le Robinie, Arzaga, Marco Simone, Pog-gio Dei Medici e Golf Cervia… Ma potrei andare avanti perché l’elenco, per mia fortuna, è molto lungo.

Molti dei campi che avete seguito hanno ospitato mani-festazioni importanti.L’Albenza è stata sede dell’Open d’Italia 1996, a Monticello di Open d’Italia ne hanno fatti addirittura quattro (1987, 1988, 1989, 1992) nel periodo in cui abbiamo collaborato. Poi a Is Molas ci sono stati quelli del 2000 e 2001, infine a Tolcinasco abbiamo seguito quelli del 2005 e 2006”.

Nelle foto, due immagini di Bergamo L’Albenza, uno dei migliori circoli di golf italiani e sempre preso come riferimento per il suo eccellente livello di manutenzione, di cui Achille Ripamonti si occupa da decenni.

“Da 35 anni non metto diserbanti sui fairway. E negli ultimi dieci ne avrò usati sì e no 100 litri”

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Una divagazione dal golf: la vostra società opera anche nel mondo del calcio.Esatto, dal 1992-1993 abbiamo effettuato consulenze per lo sta-dio Olimpico di Roma, nel 2009 per il Braglia di Modena e nel 2010 per il Barbera di Palermo. In tempi più recenti anche per il Comunale “Atleti Azzurri d’Italia” di Bergamo. Insomma tante collaborazioni e tanti lavori, ma il fiore all’occhiello rimane il mio primo amore.

Immagino si riferisca a L’Albenza. Sì, L’Albenza. Questo campo resta e resterà sempre tra i ricordi più belli. Qui ci ho messo sudore e tanta passione, raccogliendo grandi risultati. Il Circolo è nato nel 1958 e le 9 buche rosse le ho pratica-mente fatte da solo. Altra grande soddisfazione è stata quella di modificare le 18 buche del percorso, oltre ovviamente alla manu-tenzione e ai vari interventi a cui ho partecipato personalmente.

I campi dove lei ha lavorato, o prestato semplice consu-lenza, sono tra i migliori d’Italia. A questo punto una do-manda sorge spontanea: quali sono le essenze che pre-ferisce?Guardi, le migliori che esistono, purtroppo, si usano poco nel nord Italia: sono le macroterme e, mi creda, rappresentano il futuro. Con questo tipo di essenza serve meno manutenzione, meno acqua, meno trattamenti e di conseguenza una forte ridu-zione dei costi.

Visto che ha toccato l’argomento, ci può dire quanto costa mantenere un campo come quello de L’Albenza? Diciamo 700-750 mila euro all’anno, ovviamente comprendendo anche il personale.

Quali sono stati i casi più difficili che ha affrontato e ri-solto?Fu quasi un azzardo, ma al Golf di Is Molas, in Sardegna, deci-demmo di cambiare essenze, passando, primo Circolo in Italia, dalle microterme alle macroterme. Non c’era molta acqua, ma il grande lavoro sul campo ci ripagò dei tanti sacrifici e i risultati furono subito buoni.

Si parla molto del contenimento dell’irrigazione e dell’irrorazione di anticrittogamici: cosa ne pensa?Ridurre interventi anticrittogamici e diserbanti è stato sempre il mio impegno. Sono oltre 35 anni che non metto diserbanti sui miei fairway. Negli ultimi dieci anni avrò usato sì e no cen-to litri di diserbante, mentre in altri campi cento litri si usano almeno una volta all’anno.

In estate succede spesso di vedere campi rovinati: la sua idea? Quando ci troviamo davanti ad un campo rovinato le cause sono due: troppa acqua e troppa concimazione. Questi sono i due errori che si fanno di frequente.

Spesso i verdi sono i vostri peggiori interlocutori: che tipo di rapporto ha con loro?Personalmente non ho mai avuto problemi. Sarei un bugiar-do se dicessi il contrario. Posso dirle che ho ottimi rapporti anche con la Forestale, da cui ho ricevuto i complimenti per come lavoriamo. E non dimentichiamoci che prima di essere un golf, la zona dell’Albenza, dove oggi ci sono tre percorsi, era un grande bosco. Pensi che sono così in sintonia con la Forestale che una volta mi hanno perfino chiamato per fare una lezione al loro personale.

Vogliamo concludere con una notqa positiva e un ram-marico legati al suo Circolo?Di bello posso dire che il Circolo de L’Albenza è diventato un punto di riferimento importante per il golf grazie anche ad un team vincente: mi riferisco al segretario sportivo Paolo Besa-gno, al segretario amministrativo Paolo Locatelli e a tutto il personale che lavora con grande passione. Grazie a loro, oggi il Golf Bergamo L’Albenza rappresenta un grande risultato a costi ragionevoli. Il rammarico? Da noi è cresciuto e si è af-fermato il grande Costantino Rocca, ma dopo di lui non siamo più riusciti ad arrivare, a livello agonistico, tra i primi circoli d’Italia. Prima di ritirarmi mi piacerebbe molto vedere il nome de L’Albenza in testa alle classifiche non solo dei migliori cam-pi, ma anche in quelle legate ai risultati sportivi”.

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Macroterme anche a Le Fonti

Dopo Olgiata, Nazionale, Mi-glianico e Montecchia an-che il Golf Club Le Fonti di Castel San Pietro Terme, nei pressi di Bologna, ha deciso di avvalersi dell’a-

zienda Hi-Turf Solution per modificare il manto erboso del proprio percorso a 18 buche. Le prime nove del circolo emilia-no sono già state convertite in macroter-me con il sistema brevettato Erbavoglio

Hi Turf, mentre i lavori per le altre nove proseguiranno nel corso dell’estate 2014.Il Golf delle Fonti con l’investimento ef-fettuato rappresenta oggi un punto di riferimento per la Regione Emilia Ro-magna, grazie a un tappeto erboso am-bientalmente sostenibile e frutto della grande versatilità della cultivar utilizza-ta, la Patriot® dell’Oklahoma State Uni-versity, e dell’efficacia del sistema Er-bavoglio Hi Turf. Questa tecnologia è il risultato della collaborazione fra mon-do accademico e l’impresa. Il riferimento

in particolare riguarda l’Università di Pi-sa, che studia da oltre due decenni le mi-gliori varietà macroterme di provenienza americana. “Abbiamo deciso di opera-re questo intervento per rendere il cam-po più ecocompatibile e abbattere i costi di gestione – racconta il presidente del Golf Club Le Fonti, Ivano Serrantoni –. Siamo molto soddisfatti e continueremo con le altre nove buche per le quali i lavo-ri avranno partiranno nei prossimi mesi”.Hi-Turf Solution produce piante in con-tenitori alveolari e utilizza la tecnica Er-

di Andrea Ronchi

Il circolo bolognese ha convertito questa estate nove buche con un nuovo tipo di essenza, la Patriot® messa a punto dalla Oklahoma University. Le altre nove saranno rinnovate nell’estate 2014

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63M A N U T E N Z I O N ENuovi tappeti erbosi

anche a Le Fonti

bavoglio Hi Turf mediante la quale effet-tua il trapianto di singole piantine della varietà prescelta che consente di avere un tappeto erboso maturo e giocabile in 6-8 settimane. I vantaggi rispetto alle tec-niche tradizionali sono la possibilità di lavorare su un terreno non precedente-mente preparato, garanzia di attecchi-mento pari al 100%, tempi di sospensione del gioco ridotti e prezzi competitivi. A tutto questo si aggiunga che una conver-sione in macroterme con il sistema Erba-voglio Hi Turf rappresenta un’operazione che consente di ridurre in modo drasti-co l’uso di acqua, energia, manodopera e fitofarmaci, per rientrare in pochi anni dell’investimento effettuato.Appurato che le macroterme, grazie al-le evoluzioni degli ultimi anni, sono ri-

sultate spesso essenza ideale per i circo-li dello Stivale, il bivio dopo aver deciso di convertire il proprio manto sta nell’uti-lizzare un metodo tradizionale o avvaler-si di differenti tecnologie.“Il grosso vantaggio nell’utilizzare il no-stro sistema sta nella garanzia che per-mette di avere il campo giocabile entro un paio di mesi dall’inizio dei lavori – ci racconta Luca Pacini, titolare di Hi-Turf Solution –. Le nostre culture sono ibri-de, non provengono da semi, e hanno pe-culiarità che quelle da semi non presen-ta no come ad esempio la resistenza al freddo dell’inverno (si arriva a -15 gradi senza morire). Fare una comparazione di costo tra il nostro sistema e quello con il normale utilizzo del seme non è quin-di possibile”.

Nelle foto, alcuni momenti dei lavori sul percorso bolognese

de Le Fonti, eseguiti da Hi-Turf Solution, che aveva già

effettuato conversioni in macroterme all’Olgiata, a Miglianico, al Nazionale

e alla Montecchia.

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Un futuro biologico

Ogni anno, secondo fonti del WWF, in Italia scompaiono 230.000 ettari di verde. Il nostro sport può aiutare a frenare questo

drammatico fenomeno, puntando sulla cosiddetta “opzione zero”, cioè la gestione dei manti erbosi al 100% senza prodotti chimici

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65E C O C O M P A T I B I L I T ÀScenari e prospettive

Era il luglio del 1969, le prime luci dell’alba di una dome-nica che si annunciava soffocante, illuminavano il ra-gazzetto che si apprestava al tee shot della uno delle terze nove da “La Mandria”, come allora veniva chia-mato il Golf Torino. Lo attendeva una gara massacran-te, la Coppa Maratoneta, 54 buche medal in una sola

giornata, e, per inciso, la prima gara di golf della sua vita. Lui non lo sapeva, ma stava per vivere una giornata nel futuro, un assaggio di quello che il golf italiano potrebbe diventare in un arco tempo-rale molto prossimo. Il golf degli anni sessanta, era sicuramente un golf di pionieri, ma non tanto per le palline arcaiche che si usavano (però le B51...) nè per i bastoni primitivi che pretendevano dal gol-fista sempre il colpo perfetto, pena i safari boschivi o le immersio-ni nei corsi d’acqua. Per non parlare poi della assurda regola che prevedeva di giocare la pallina dove si trovava, senza, udite, udite, piazzarla mai, neanche in presenza dei solchi delle ruote artigliate del trattore. Le poche volte che si poteva, la palla veniva droppa-ta dalla spalla ed i golf car li si vedeva solo nei film di 007, quando Bond non poteva essere che Sean Connery e nessun altro. Era un golf pionieristico soprattutto sotto il profilo manutentivo del tappeto, nonostante nel caso citato del Golf Torino il percorso poteva contare su un Greenkeeper come Attilio Filippi, uno dei pri-

mi Periti Agrari d’Italia e che della Mandria conosceva letteralmen-te ogni filo d’erba. Tanto per riassumere per i meno pratici: nessun controllo con diserbanti per le erbe infestanti quali il pabio, limi-tatissimi interventi di controllo per la malattie fungine, rugiada su tutto il tappeto (anche sui greens... e lo Stimpmeter non si sapeva neanche cosa fosse), tagli infrequenti e di non eccelsa qualità visto che l’uso dei macchinari autoportati era molto di là da venire. Il lie della palla una casualità intrinseca del gioco e i rough degni di Li-vingston all’incontro con Stanley. Insomma, parliamoci chiaro, in quelle condizioni di gioco, tra at-trezzatura e condizioni del tappeto erboso, un golfista del terzo mil-lennio non solo avrebbe preteso il rimborso del green fee, ma pro-babilmente, se proprio non fosse riuscito a fare a meno di bastoni e palline, avrebbe trovato nell’hockey su prato l’amore della sua vita.Eppure anche negli anni Sessanta in Italia si disputavano Campio-nati dilettanti, Open di professionisti, Gare di circolo, partite tra amici, si battevano record del campo, si giocava, sembrerà stra-no e forse impossibile per l’ipertecnologico utente dei giorni no-stri, comunque a golf.

Questa premessa è d’obbligo se si vuole cominciare a ragionare senza pregiudizi sul futuro golfistico che ci aspetta, un futuro che, a dispetto di parole di circostanza, non può che essere fortemente in dubbio. Oggi infatti il mondo del golf italiano, e più in generale quello dei tappeti erbosi, soffre di una grave crisi. Azzerate le nuo-ve iniziative, gli impianti esistenti utilizzano sempre minori risorse per la cura e la manutenzione dei loro manti erbosi. In parallelo alla diminuzione di budget, i cambiamenti climatici in atto, (ricordiamo a tutti il fenomeno della tropicalizzazione del Mediterraneo), uniti ad una maggiore attenzione alle problematiche ambientali posta dagli utenti, dalla legislazione ambientale, dai mezzi di comunica-zione nonché ovviamente dalle Organizzazioni che operano a dife-sa dell’ambiente, pongono seri interrogativi sul futuro del tappeto erboso nel nostro paese. Il Che Fare? di Leniniana memoria si ripropone con forza per tutti coloro ancora interessati al fatto che nel nostro paese si possa con-tinuare a giocare a golf. Ma le risposte ad una crisi economica de-vastante, negata per anni, e poi riconosciuta tale solo quando po-teva essere troppo tardi per porvi rimedio, dipendono in minima parte dal movimento golfistico. Certo può essere utile avere le idee chiare, capire quali strade gestionali possano intraprendere i circo-li per ridurre l’impatto di una forte riduzione di incassi. Può esse-re utile ad esempio rendersi conto che non esiste una ricetta che funzioni per tutte le situazioni e che non tutto può essere salvato. Un congruo numero di impianti di golf, già nati privi di potenziali-tà (per ragioni geografiche, bacino di utenza, conformazione del territorio), frutto di iniziative non programmate ed estemporanee, con gravi lacune di progettazione e di costruzione e per lo più ge-stiti al limite dell’amatorialità, non si vede come possano sopravvi-vere senza che avvengano profondi e totali cambiamenti al loro in-terno e senza serie e consistenti perdite economiche. A questi impianti, privi di risorse potenziali, non possiamo certo af-fidare il futuro del nostro golf. Può essere molto cinico e poco soli-dale dirlo, perché questo significa preoccupare ulteriormente non solo golfisti, ma soprattutto posti di lavoro, ma soluzioni immedia-te per tali situazioni non paiono scrutabili all’orizzonte.Per quanto concerne gli “altri” percorsi di golf, quelli frutto di ini-ziative più ragionate e, come tali, più probabilmente in grado di avere numeri per affrontare magari non il domani, ma forse il do-podomani, l’analisi della crisi, oltre alla coscienza della grave situa-zione economica, deve poter implicare la consapevolezza degli er-rori commessi, nonché la necessità di trovare una nuova strada, che, in attesa di un miglioramento dell’economia generale, possa venire incontro alle sempre più pressanti richieste poste dalle stes-se tematiche ambientali. La nuova strada potrebbe infatti essere proprio quella di sposare un serio impegno a favore dell’ambiente con lo sviluppo dei nuovi impianti. A febbraio dell’anno scorso avemmo modo di scrivere (“Quale fu-turo per il golf italiano?” - www.crocegolf.it ) che il golf poteva rap-presentare un’importante, sia pure non l’unica, barriera al partito bipolare del cemento, l’unico realmente bipartisan, che, in attesa di tempi migliori, sta scaldando le ruspe per proporre un nuovo e forse definitivo sacco edilizio nel nostro paese. Scrivemmo che, a fronte della scomparsa di 230.000 ettari l’anno (fonte WWF), a

di Paolo Croce

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Il golf potrebbe rappresentare un’importante, seppure non unica, barriera al partito bipolare del cemento, l’unico realmente bipartisan

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fronte del collasso ambientale che ci attende causa la devastante impermeabilizzazione dei suoli (sotto gli occhi di tutti i disastri e le emergenze sul nostro territorio alla prima goccia d’acqua), il golf può rappresentare un utile strumento atto ad arginare la colata ce-mentizia ulteriormente in arrivo. Questa proposta è sempre più attuale e ancora decisamente prati-cabile. Confidando che non sia troppo tardi, il mondo del golf po-trebbe rendersi conto che il rispetto dell’ambiente e della salute dei golfisti praticanti sarà l’unica via di uscita da una situazione sem-pre più drammatica e difficile. Questa “exit strategy” è al momento condivisa solo da pochi pionieri del golf ambientale. Ciò in quanto interessi personali, ignoranza dei problemi, carenza di informazio-ni, o semplicemente tanta superficialità, costituiscono una compli-cata barriera alla diffusione e alla promozione della cosiddetta “op-zione zero”, cioè la possibilità di condurre una manutenzione del tappeto erboso senza l’apporto di alcun prodotto chimico (siano essi concimi o fitofarmaci) raggiungendo l’obiettivo di una gestio-ne biologica al 100% dei manti erbosi.L’”opzione zero”, unita ad una accurata selezione delle essenze da impiegare, può essere la soluzione definitiva agli ostacoli che sempre più si incontrano al momento di predisporre e pianifica-re nuove iniziative. Tale proposta, ben vista dalle Amministrazio-ni pubbliche e dalle Organizzazioni ambientaliste, e tutto somma-to tacitamente appoggiata da tutti gli utenti del tappeto erboso più sensibili e più attenti alla propria salute e alla difesa e conservazio-ne dell’ambiente, deve comunque far parte di un piano più ampio all’interno del quale la progettazione e la costruzione di un percor-so di golf, o anche di un semplice tappeto erboso, deve essere inte-sa come un completamento ed una integrazione dell’ambiente cir-costante e non come una violenza allo stesso. Il BioGolf del resto è una realtà già in alcuni paesi europei, quali Danimarca (divieto totale di uso di fitofarmaci), Svezia e Norvegia

(forte limitazione nell’uso dei fitofarmaci), Olanda (stop assoluto all’uso dei fitofarmaci entro il 2017, stabilito unilateralmente dal-la stessa federazione golf olandese). In Italia si rimane in attesa del PAN, il Piano di Azione Nazionale, elaborato dal Ministero Agricol-tura e Foreste, per capire quali saranno i limiti che si vorranno im-porre agli agenti chimici sui tappeti erbosi. Entro il 2015 dovrà ar-rivare una risposta ed i relativi provvedimenti in merito. Se però il movimento golfistico non anticiperà i tempi e si preparerà in anti-cipo ad un futuro meno chimicamente invasivo, continuerà, come sempre ha fatto, ad inseguire le problematiche e le soluzioni dell’ul-timo minuto, anzichè elaborare una propria strategia funzionale ed un conseguente piano di intervento. Il BioGolf del resto esisteva già in una qualche forma nel nostro paese, ed è già stato parte integrante del nostro golf appunto ne-gli anni a partire dal secondo dopoguerra. Ma non possiamo di-menticare che il golf biologico si pratica ad Albisola, sul percor-so della Filanda, dal 2005, quando all’apertura del percorso venne imposto l’obbligo di evitare prodotti chimici di sintesi, allo scopo di preservare le sorgenti dell’acquedotto presenti sul percorso.Il BioGolf dunque può essere una proposta vincente per il golf del futuro anche nel nostro paese. Il golf italiano e la Federazione che lo guida dovrebbero fare di questa proposta uno spot promo-zionale, sul quale impostare una convincente campagna per rea-lizzare nuovi impianti a bassi costi di gestione, per avvicinare al tappeto erboso privo di veleni non solo nuovi utenti e appassio-nati, ma anche parte di coloro i quali in tutte le sedi possibili han-no sparato ad alzo zero sullo sport dei ricchi, sulla devastazione del territorio, sugli inquinamenti di falde di suoli e di atmosfera. Sotto il profilo costruttivo il disciplinare del BioGolf è estrema-mente semplice e può essere contenuto in poche righe. In pratica tutti i nuovi campi dovranno rispondere a due tipologie genera-li: Impianti turistici situati - preferibilmente, ma non necessaria-mente - in luoghi geografici ad alta vocazione turistica e Impianti a basso costo di gestione - tendenzialmente, ma non necessaria-mente - collocati in ambiti urbani o comunque aventi un adegua-to bacino di utenza.

Impianti turisticiL’impianto turistico dovrà essere costituito da almeno un percor-so regolamentare a 18 buche con annessa una struttura di sup-porto per garantire una sostenibilità economica. Tale struttura, così come il vero e proprio percorso di gioco, non potrà che es-sere progettata, costruita e gestita secondo i canoni della eco-compatibilità e quindi non potrà che essere “leggera” dal punto di vista dell’impatto:

nessuna seconda casa (impossibilità di variare la destinazione d’uso);

volumetrie di ricezione turistico – alberghiera estremamente contenute, max 200 posti letto, sfruttabili per 12 mesi l’anno; in alternativa (ma da considerarsi opzione preferenziale) ac-cordi per il riutilizzo di strutture già esistenti e sottoutilizzate;

tipologia di offerta che interessi adeguatamente tutte le possi-bilità di spesa dei potenziali utenti (non solo quindi strutture di lusso elevato, ma buona parte aventi 3 o 4 stelle);

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progettazione e costruzione secondo rigidi principi di eco-compatibilità e secondo le linee guida ambientali definite a li-vello europeo e discusse in ambito nazionale con le principali organizzazioni a difesa dell’ambiente;

progettazione, costruzione e gestione della struttura, secondo i più avanzati canoni di risparmio energetico;

realizzazione di tappeti erbosi in essenze macroterme ovun-que possibile (unico reale fattore limitante l’ombreggiamento)

gestione del percorso di gioco secondo il protocollo del Bio-Golf®, che prevede l’impiego di fertilizzanti naturali organici e di prodotti biologici per il controllo di infestanti, insetti e ma-lattie fungine, di prodotti disabituanti biologici e di prodotti re-pellenti biologici.

Giova a questo punto ricordare che strutture di questo tipo, con-trariamente a quanto realizzato sinora, siano le uniche che per-mettano di associare ad evidenti benefici effetti (flusso economi-co costante per 12 mesi l’anno, posti di lavori stabili e non legati alla stagionalità, creazione di un indotto permanente e non limi-tato al mese di agosto, ecc) anche importanti positività ambien-tali che migliorano l’immagine del gioco del golf nel suo com-plesso (percorso di golf = piccole volumetrie = creazione di una economia stanziale) contrastando in modo vincente l’attuale pa-radossale assioma, percorso di golf = colata di cemento.

Impianti a basso costo di gestione Tale tipologia di impianti dovranno invece probabilmente ri-spondere ai seguenti requisiti:

dimensionamento sufficiente alla sola realizzazione del percorso di golf (possibilmente a 18 buche eventualmente a 9 buche);

progettazione e costruzione del percorso di gioco secondo ri-gidi principi di ecocompatibilità e secondo le linee guida am-

bientali definite a livello europeo e discusse in ambito nazio-nale con le principali organizzazioni a difesa dell’ambiente;

gestione del percorso di gioco secondo il protocollo del Bio-Golf, che prevede l’impiego di fertilizzanti naturali organici e di prodotti biologici per il controllo di infestanti, insetti e ma-lattie fungine, di prodotti disabituanti biologici e di prodotti re-pellenti biologici.

realizzazione di tappeti erbosi in essenze macroterme ovun-que possibile (unico reale fattore limitante l’ombreggiamento)

agile e funzionale Club House a supporto con progettazione, costruzione e gestione secondo i più avanzati canoni di rispar-mio energetico;

obbligatorietà di formazione di una scuola di golf aperta a tut-ti (modalità da definire).

Per quanto riguarda la gestione degli impianti esistenti il Bio-Golf deve considerarsi come un sistema integrato in cui av-venga un’esaltazione delle operazioni agronomiche quali le ae-rificazioni (carotature, chiodature, forconature, ecc) unita ad una somministrazione di soli prodotti organici naturali quali fertilizzanti e fitosanitari. Certo questo comporta la necessi-tà di una maggiore preparazione specifica dei tecnici addetti, una maggiore sensibilità da parte degli utenti e tanta pazienza da parte di tutti. In pratica si dovrà essere più bravi e tecnolo-gici di quanto non lo siamo stati finora. Ma, se ci si pensa bene, tutto questo lo si faceva già negli anni 60 e, per chi li ha vissu-ti, non si stava poi così male...Per la cronaca, il ragazzetto delle prime righe vinse la gara, scese di 4 colpi di hcp e si apprestava ad intraprendere una brevissima e poco fortunata mini carriera agonistica. Certo non aveva grandi sogni, nè grandi aspettative, però non pote-va certo immaginare che di lui si sarebbe riparlato solo 43 an-ni più tardi. Ma questa è un’altra storia...

E C O C O M P A T I B I L I T ÀScenari e prospettive

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Vediamo da vicino cosa succede al tappeto erboso con l’arrivo della stagione fredda

Vediamo da vicino cosa succede al tappeto erboso con l’arrivo

Quando il termometro

scende

Tee shot autunnale su una delle più celebri

buche di Carnoustie, la 6, “Hogan’s alley”, uno

splendido e insidioso par 5.

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69M A N U T E N Z I O N EInterventi e precauzioni

La temperatura di un tappeto erboso è strettamente corre-lata alla temperatura del sub-strato e dell’aria.La parte “sotterranea” del-la pianta è generalmente alla

stessa temperatura del substrato nel qua-le è inserita; tutti i Greenkepeer sanno che i greens, costruiti su di un substrato artificiale composto da mix soil (misce-la di sabbia e torba), si raffreddano prima del resto del campo (l’erba spesso ingial-lisce vistosamente al primo freddo); in caso di nevicata i greens si liberano dal-la neve per ultimi.La parte aerea della pianta può invece presentare differenziazioni rispetto al-la temperatura dell’aria anche notevoli, per numerosi fattori: l’intensità luminosa, la presenza o meno di ombra, il grado di umidità, la presenza di vento, etc.La traspirazione della pianta è un efficien-te sistema che consente di lottare contro temperature troppo elevate, rendendo possibile il raggiungimento di temperatu-re all’interno della pianta anche di 6-7 °C inferiori rispetto a quelle registrate nell’a-ria; in quest’ottica va inquadrata l’utilità delle pratiche di syringing (brevi irriga-zioni diurne), grazie alle quali si abbassa sensibilmente la temperatura del tappe-to, pur senza apportare contributo alcu-no al “bilancio idrico della pianta” (l’ac-qua evapora tutta).Al sopraggiungere del freddo le specie microterme entrano in uno stato di “se-mi dormienza”, mentre per le macroter-me (gramigna etc.) la dormienza è totale; in entrambi i casi la respirazione si ridu-ce e la fotosintesi raggiunge livelli minimi.La maggior parte dei disagi sopportati dalla pianta sono conseguenti all’azione dell’alternanza di gelo e disgelo.Le basse temperature favoriscono infatti la formazione di cristalli di ghiaccio intra o extra cellulari: a causa dei cristalli si pro-ducono delle modificazioni meccaniche della struttura protoplasmatica che, sotto l’azione di tensioni, creano necrosi a livel-lo di cellule e tessuti, con lesioni più o me-no gravi; il transito su tappeto erboso ge-lato con carrelli, mezzi da lavoro o anche

semplicemente a piedi può causare lesioni (da lievi imbrunimenti dei tessuti sino ad “ustioni vere e proprie”) che possono per-manere anche diversi mesi.La dormienza invernale (molto marca-ta nelle specie tropicali: Cynodon, Zoy-sia) corrisponde all’arresto della spinta vegetativa ed alla parziale morte dei tes-suti fogliari; alcune cultivar attualmente impiegate (vedi la Riviera, per esempio) mantengono una certa consistenza fo-gliare, tale da garantire limitati carichi di gioco; altre essenze “perdono” quasi del tutto la lamina fogliare; la “diapausa in-vernale” può essere parzialmente evita-ta grazie al ricorso a sostanze di crescita come le gibberelline e/o a fertilizzazione azotate (che peraltro espongono i tappeti erbosi a maggiori danni prodotti da agen-ti patogeni); in alcune aree del Sud Ita-lia, le temperature registrate nell’inverno (non in tutti gli inverni!) sono sufficienti a garantire un livello minimo di attività fi-siologica delle specie macroterme.

Tolleranza alla basse temperatureLe graminacee attivano diversi proces-si morfologici e fisiologici per lottare contro le basse temperature ed acquisi-re una certa tolleranza; tali processi con-feriscono la resistenza massima quando le basse temperature vengono raggiunte con un lento processo, che rende possi-bile un mutamento progressivo.Repentini sbalzi di temperatura e gelate improvvise (vedi le nevicate registrate in alcune regioni del Nord Italia a ottobre!) sono sempre negative per i tappeti erbo-si. In condizioni di arrivo del freddo con gradualità, la taglia delle cellule si ridu-ce e le loro pareti divengono più sottili.Anche i “meccanismi dell’acqua” diven-tano determinanti: l’acqua viene ridistri-buita a livello cellulare, il suo tenore nel citoplasma diminuisce, le proteine pro-toplasmatiche si modificano in modo da rendere il meno suscettibile possibile al gelo l’acqua contenuta nei tessuti (una sorta di azione antigelo).Assistiamo pure a modificazioni a livel-lo biochimico, con accumulo di glucidi all’interno dei vacuoli ed aumento della pressione osmotica.

Azione delle pratiche colturaliLe piante in crescita, laddove hanno già avviato processi di diminuzione delle ri-serve glucidiche e di reidratazione, risul-tano evidentemente meno tolleranti al-le basse temperature; per questi motivi bisogna assolutamente evitare di “spin-gere” troppo il tappeto erboso a fine au-tunno, effettuando apporti eccessivi di azoto, irrigazioni autunnali tardive, tagli troppo spinti in profondità; vanno age-volati gli smaltimenti delle acque in ec-cesso, con drenaggi delle zone superfi-ciali del suolo.La presenza di feltro, che tende ad “in-nalzare” l’apparato radicale delle piante, rende più suscettibili ai danni da gelo i tappeti erbosi.Numerosi fattori sono coinvolti nella tolle-ranza al freddo delle specie e delle varietà: temperatura del suolo, frequenza e dura-ta del gelo, velocità del disgelo, condizioni atmosferiche durante il disgelo, etc.Si può produrre una tabella delle tolle-ranze relative alle basse temperature delle specie da tappeto erboso, sottoli-neando come tale tolleranza risulti mol-to variabile al variare delle cultivar (vedi tabella nella pagina successiva).In caso di condizioni di gelo e disgelo particolarmente avverse al tappeto er-boso, la mortalità può essere immedia-ta e riguardare la totalità delle piante o parte di esse, soprattutto su zone non drenate e/o compattate o in presenza di feltro; in altri casi la situazione di sof-ferenza emerge alla ripresa vegetativa, concretizzandosi con una parziale perdi-ta di tappeto erboso.

Prevenzione dei rischi di mortalitàFATTORI COLTURALI: il fattore principa-le è legato al mantenimento di un basso livello di contenuto in acqua del substra-to; ciò può essere ottenuto grazie al-la scelta di una tessitura grossolana del suolo (sabbia grossa) o agevolando il ru-scellamento delle acque (rete di drenag-gi, movimenti superficiali) e/o eseguendo forature profonde alla fine della stagione autunnale. A livello nutrizionale è di asso-luta importanza dotare il tappeto erboso di un livello di azoto sufficiente a mante-

Dott. Nicola Zeduri agronomo

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70 M A N U T E N Z I O N EInterventi e precauzioni

nere la necessaria attività biologica (pro-pria della specie) evitando di stimolarne la crescita (sono già noti gli effetti dele-teri riconducibili all’eccesso di azoto in relazione alla suscettibilità a molti pato-geni); il potassio deve essere mantenuto a buon livello, per garantire un corretto rapporto N/K. L’azione delle basse tempe-rature viene attenuata grazie all’adozio-ne di altezze di taglio superiori a quelle abitualmente adottate. L’eliminazione del feltro rende meno suscettibili alle gelate gli apparati radicali (in quanto meno su-perficiali). L’eventuale ricorso all’impiego di prodotti brachizzanti, riducendo la cre-scita delle piante, rende possibile il con-ferimento al tappeto erboso di una mag-giore resistenza al freddo (chiaramente il procedimento deve essere valutato nel rapporto benefici/costi).

UTILIZZO DEL TAPPETO ERBOSO: in pe-riodo invernale si presentano facilmen-te due casi:

TERRENO BRINATO: è bene posticipare l’utilizzo del tappeto erboso al momen-to in cui “naturalmente” la brina si scio-glie; in alcuni casi (ma è operazione “de-licata” e presuppone un buon livello di preparazione degli addetti oltre che la disponibilità di un impianto “preciso”; va effettuata comunque con temperatu-ra dell’aria prossima o appena superiore allo zero) si può ricorrere all’azione anti-gelo prodotta da una leggera irrigazione (pratica molto utilizzata a difesa degli al-beri da frutta).

TERRENO COPERTO DA NEVE: va pre-cluso l’utilizzo dell’impianto; è imperati-vo, per evitare la saturazione del terreno in acqua, di procedere all’eliminazione rapida della neve e/o del ghiaccio; in ca-so di “previsione di precipitazione nevo-sa” è consigliata la stesura di teli che ne facilitino la rapida rimozione.Nel caso, ahimè molto più frequente, in cui non si presentano le situazioni so-pra descritte, il manutentore si trova costretto a gestire l’utilizzo del proprio impianto valutando di volta in volta la profondità raggiunta dal gelo nel ter-reno; il momento più delicato è quel-

lo, spesso conseguente a precipitazioni, durante il quale lo strato più superficia-le del suolo è sgelato (e rende il tappeto erboso estremamente fragile) e lo strato più profondo è ancora gelato.Va ricordato come l’alternanza gelo-di-sgelo provochi frequentemente il “sol-levamento” del tappeto erboso, che espone così i propri tessuti radica-li all’azione del disseccamento; tale in-conveniente viene registrato soprattut-to laddove il suolo ha una tessitura fine ed un forte tenore d’acqua; in alcuni ca-si (vedi posa di zolle in autunno, per esempio) è opportuno effettuare rulla-ture precoci all’approssimarsi della sta-gione primaverile.L’impiego preventivo di prodotti anticrit-togamici mirati a contenere lo sviluppo dei comuni patogeni dei tappeti erbosi è buona norma; chiaramente quanto più protratta nel tempo sarà la copertura di neve del tappeto erboso, tanto meno ef-ficaci risulteranno i prodotti impiegati; a nulla vale l’aumento sconsiderato dei dosaggi; fattore aggravante e predispo-nente l’insorgere delle malattie è sempre lo schiacciamento della neve sui tappe-ti erbosi (passaggio di piste da sci, gatti delle nevi, etc.).Pratiche “arcaiche” quali la copertura dei greens con fascine di legna o l’impie-go, più recente, di materiali quali fogli leggeri di tessuto non tessuto fanno re-gistrare esiti discordanti, causati spesso

da una non facile lettura di tutte le varia-bili che entrano in gioco: cultivar impie-gate, nevosità variabile di anno in anno, andamento termico soprattutto nell’ulti-ma parte dell’inverno, dotazione di azo-to a fine autunno, etc.

Riscaldamento del suoloIl riscaldamento del suolo è una pratica sempre più diffusa per i campi da calcio situati nel Nord Europa e gradualmente viene imposta dalle Federazioni Giuoco Calcio alle Squadre Europee che parte-cipano ai Campionati maggiori (a tutela dei giocatori); il riscaldamento assicura una protezione del terreno dal gelo, fa-vorisce il drenaggio, diminuisce i rischi di compattazione, ma, soprattutto, pro-tegge il tappeto erboso dal gelo e dalla neve. Il tappeto erboso riscaldato può mantenere una certa crescita radicale, con evidente vantaggio in termini di “co-lore invernale” e di risposta alle lesioni di gioco; la ripresa vegetativa primaveri-le è molto più vigorosa e precoce.Il riscaldamento del suolo può essere as-sicurato da cavi elettrici, generalmente interrati a profondità variabili tra i 10 e 15 cm (tenere conto delle forature con Verty drain) e distanti tra loro da 15 a 30 cm. o da tubi di plastica entro cui scorre acqua riscaldata; in certi ambienti è da consigliarsi la pratica del riscaldamento continuo in sostituzione dell’impiego in-termittente.

Tolleranza Speciealle basse temperature da tappeto erboso Eccellente Poa trivialis Agrostis stolonifera

Buona Phleum Poa pratensis Agrostis tenuis

Media Poa annua Festuca rubra Festuca arundinacea Zoysia

Mediocre Lolium perenne Cynodon dactylon

Bassa Lolium italicum e multiflorum Paspalum notatum Stenotaphrum secondatum

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Un altro sistema di riscaldamento (e di raffreddamento in estate) è rappresen-tato dal un sistema di canalizzazioni nel terreno (sub air) in grado di assicurare il “pompaggio” di aria calda o fresca a seconda delle esigenze; questo sistema presuppone un imponente sistema di tu-bazioni inserite nel terreno e la presen-za di una “centrale di pompaggio”. Pure in uso, la copertura dei campi con teli, sotto i quali viene insufflata aria calda.In tutti i casi il personale deve essere adeguatamente preparato; va inoltre te-nuto conto della maggiore possibilità di

insorgenza di malattie dei tappeti erbosi.E, infine, i costi relativi ai sistemi di ri-scaldamento del suolo risultano comun-que elevati.Voglio rilevare un’interessante pratica che sta trovando diffusione laddove ven-gono allevati tappeti erbosi di macroter-me “in purezza”: mi riferisco alla pratica del diserbo invernale che, inefficace sul-la macroterma in “letargo”, agisce, sep-pur lentamente, sulle microterme “in-quinanti” (tra cui Poa annua, Lolium, Agrostis, etc.) eliminandole; si evitano così fenomeni di competizione prima-

verile e si rende possibile un più pron-to ed omogeneo “green up” (ripresa del verde) primaverile. In conclusione, un tappeto erboso reagirà tanto meglio al-le basse temperature quanto più corret-tamente è stato scelto nella composizio-ne varietale ed impiantato su di un suolo sano, ben drenato, sul quale vengono condotte con equilibrio le ordinarie pra-tiche di manutenzione; vanno evitate le pratiche atte a stimolare troppo preco-cemente la ripresa vegetativa primave-rile del tappeto erboso, che lo rendono soggetto a gelate tardive.

L’attore Bill Murray (in alto) e il campione sudafricano Charl Schwartzel in tenuta da “basse temperature”.

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La bellissima zona di pratica per gli approcci dell’Amsteldijk Centrum, ad Amstelveen, località nella fascia meridionale della capitale olandese, Amsterdam. L’impianto è stato realizzato con il manto erboso sintetico messo a punto da Southwest Greens.

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N U O V I M A T E R I A L IErba artifi ciale

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Così verdeCosì verdeCosì verdeche sembra verache sembra verache sembra vera

Southwest Greens negli ultimi venti anni ha installato oltre 20.000 putting green e chipping green in un manto erboso sintetico tra

giardini privati, alberghi e circoli di golf. Una moda che ha conquistato tutti, dai professionisti sino alle stelle di Hollywood

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Il sogno di ogni golfista: avere sempre un campo a porta-ta... di bastone. Brilliant8 Southwest Greens® Central Eu-rope ha reso questo sogno realtà realizzando un prodotto assolutamente innovativo che in poco tempo ha conqui-stato davvero tutti, persino i più esigenti in materia, ov-vero i professionisti, un manto erboso sintetico nato da

un progetto originale di Jack Nicklaus e realizzato dalla sua azienda, la Nicklaus Design®.Nel proprio giardino o in terrazza è ora possibile farsi installa-re una superficie erbosa sintetica che non ha nulla da invidiare all’erba vera, sia per le proprietà dinamiche sia per le caratteri-stiche di gioco tipiche dell’erba naturale. Vi basteranno anche solo 30 metri quadri per portare la sensazione di un golf reale dove volete. Brilliant8 ha installato putting green e putting cour-se in case private e in uffici, in alberghi e nei luoghi più dispara-ti. Non esistono limiti all’immaginazione, tanto che un cliente si è fatto addirittura montare un putting green sul tetto di una can-tina per vini, mentre un altro si è fatto costruire mini percorsi da 3 buche complete in un’area di circa 700 metri quadri. In qualsiasi circolo troverete manti sintetici ma Southwest Gre-ens by Brilliant8 Green ha invece poco a che vedere con le tra-dizionali soluzioni. Innanzitutto non ha una durata temporanea, non si usura e ha una serie di vantaggi che lo rendono davvero unico. Non solo evita ogni tipo di lavoro e costo di manutenzio-ne, ma garantisce la qualità dell’erba naturale omologata dalla PGA. Una delle caratteristiche principali di questi speciali green è addirittura la possibilità di regolare la velocità di rotolo della palla, in una fascia misurata dallo Stimpmeter da 9 a 14. Un’al-tra caratteristica essenziale è la possibilità di renderli ondulati a seconda delle singole esigenze. L’effetto è straordinario, perché oltre alla risposta e al rotolo, identico a quelli di un green natu-rale, l’effetto estetico è praticamente lo stesso. Altra qualità da non sottovalutare è come, sia che si giochi sul green da 5 o da 200 metri, la palla reagisca normalmente senza lasciare pitch. Negli ultimi 17 anni sono stati costruiti più di 20.000 putting green e chipping green in erba artificiale firmati Southwest Greens®, la maggioranza in giardini privati e in alberghi. Molti circoli di golf li hanno adottati laddove è maggiore lo stress fisico e dinamico dell’erba tradizionale, ovvero nei campi pratica, con manti esterni che sostituiscono gli antichi tappetini nei campi pratica e nei tee box. Su questo tipo di erba è poi possibile inserire facilmente il tee e soprattutto si può ‘attraversare’ la palla all’impatto esattamente come nel fairway normale, salvando polsi e gomiti da fastidiose infiammazioni.Putting e chipping green, percorsi da uno fino a 18 buche, possi-bilità di inserire ostacoli di sabbia e d’acqua, illuminazione, pra-to riscaldato e addirittura soluzioni per interni. Tutto è possibi-le, basta solo dare spazio alla creatività.

Per informazioni: Roberto Manassero 348 4416020, Lena Caponetti 335 7012232, [email protected] - www.brilliant8.com

di Roberta Vitale

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Nelle foto di queste pagine, alcuni lavo-ri realizzati utilizzando Soutwest Greens, l’erba sintetica di Brillant8. Dall’alto a si-nistra, nel senso delle lancette dell’orolo-gio: la striscia di gioco al driving range del Finca Cortesin, bellissimo circolo spagno-lo; green per colpi dal bunker al GC Leo-poldsdorf vicino a Vienna; il putting green dei Colli Berici, in provincia di Vicenza; il Robinson Club di Maiorca; un green mol-to ondulato; una buca del Jiva Hill, resort francese a poca distanza da Ginevra; il tee della buca 9 (par 3) sul percorso “Brut” di Franciacorta (Brescia).

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Malgrado le evoluzioni che ha avuto il golf ne-gli ultimi anni una delle fi gure centrali nei club rimane quella del cad-die master. Abbiamo in-

contrato Vincenzo Sità, uno dei più noti in Italia, che ha svolto 38 anni di servizio al Golf Club Biella Le Betulle, cavando-sela inoltre egregiamente anche in cam-po tanto da avere nel palmarès due titoli di campione italiano Seniores, un bronzo ai nazionali medal del 1993 e una paio di secondi posti nel campionato a squadre di serie A.Ma prima di diventare “lo sceriffo” (que-sto il soprannome con cui Sità è cono-sciuto), ha dovuto percorrere un lungo percorso iniziato da Antonimina, paesino dell’entroterra calabrese.Siamo all’inizio degli anni ’60, i circoli di golf in Italia sono una ventina e i giocato-ri poco più di mille, ma è soprattutto un’e-poca in cui si emigra al nord con la valigia di cartone in cerca di fortuna e il picco-lo Vincenzo si dirige con la famiglia ver-so il Piemonte. La sorella del padre si è installata a Zubiena, paese nel nord del Piemonte immerso nella Serra, la collina morenica più lunga d’Europa, dove nelle vicinanze è iniziata la costruzione di un

campo da golf e pare ci siano delle buo-ne opportunità lavorative: “Me lo ricordo ancora, fu un viaggio lunghissimo durato almeno ventiquattrore, avevo sette anni e, come credo molti in Italia a quei tem-pi, non sapevo nemmeno cosa volesse di-re la parola golf – racconta Vincenzo -. Andare a fare il caddie fu quasi automa-tico, guadagnavo qualche soldo con cui potevo pagarmi la mensa scolastica. Con il segretario dell’epoca, al club c’era una disciplina quasi militaresca, anche com-prensibile visto che eravamo dei piccoli scavezzacolli. Naturalmente, se ti becca-vano a giocare a golf eri fregato. Solo do-po un po’ di tempo ai caddie veniva con-cesso di giocare qualche volta e in quei casi ci si aggiustava con dei bastoni inta-gliati nel legno”. Ma non era solo Vincenzo a essere gio-vane, anche il campo era ancora in fase di crescita: “Gli alberi erano appena sta-ti piantati e quindi molto più bassi – pro-segue Sità -. Ad esempio ricordo che alla buca 3 (par 4 di 380 metri, hcp 1, dogleg a sinistra, ndr) i migliori come Carlo Grap-pasonni tiravano a tagliare sopra a quel-lo che ora è il fi tto e insuperabile bosco di sinistra”. Adesso a oltre mezzo secolo da quell’av-venturoso viaggio in treno lungo la peniso-la, Sità, 61 anni a novembre, si gode la pen-sione giocando a golf e portando in giro per il mondo tra viaggi e gare il suo eccellente

handicap (-1,2), ricercato e invitato da ami-ci che ne ammirano la facilità di gioco. Inevitabile però farci raccontare qualche curiosità dopo quasi mezzo secolo di at-tività: “Per anni abbiamo gestito il golf in due persone – spiega appena rientra-to dall’Ungheria, dove ha difeso i colori azzurri nei campionati Europei Seniores, e dai Campionati di serie A all’Argentario -. Io e il segretario facevamo e seguiva-

di Roberto Lanza

A colloquio con Vincenzo Sità, vero “monumento” di Biella, circolo dove è arrivato negli anni ’60 dall’entroterra calabrese. Giocatore eccellente (fra l’altro due volte campione italiano Seniores), ci racconta il lungo rapporto che ha avuto con il golf, i campioni e i personaggi che ha incontrato nella sua lunga carriera

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77P E R S O N A G G ICaddie Master

mo tutto. È vero che giocava meno gente però non esistevano neanche i computer e altri supporti tecnologici. Per il resto è un lavoro che è mutato tantissimo: a Biel-la si è passati da cinque caddie negli anni ’70, ai 25/30 degli anni ’90, per poi scende-re drasticamente quasi a zero con l’avven-to dei carrelli elettrici e dei golf cart”.

Quali sono le doti principali di un bravo caddie master?Sicuramente curare l’accoglienza, quindi individuare le persone e riceverle nel mi-glior modo possibile. Poi sono convinto che il caddie master debba saper giocare a golf, il golfista a fine giornata ha voglia di sfogarsi e parlare ed ha piacere di farlo con qualcuno che lo può capire e consigliare». Si riesce a creare un rapporto di ri-spetto reciproco con i soci?Io credo di esserci riuscito perché ho la mia personalità, ma non è facile. Poi pen-so che la stima nei miei confronti venisse anche dal fatto che giocavo bene.

Lei ha un fratello, Giuseppe, apprez-zato e noto maestro. Perché la scelta di fare il caddie master e non prova-re la carriera del pro? Perché era più conveniente e sicuro il me-stiere del caddie master. Passare pro per poi non raggiungere un certo livello non avrebbe avuto senso. Ora ho una pen-

sione e assolutamente non ho rimpian-ti, anche perché per diventare un bravo professionista bisogna iniziare da molto giovane, come è riuscito a fare mio fratel-lo che ha quattro anni meno di me.

Da cosa nasce e chi le ha dato il so-prannome “lo sceriffo”?È stato Marcello Vinzi, perché allora mi oc-cupavo un po’ di tutto e poi ero attento a qualsiasi cosa succedesse nel circolo. Sarà stato un caso, ma l’unico furto di auto si è verificato un giorno che non ero presente.

A Biella negli anni si sono alternati diversi noti maestri, qualche ricordo particolare?Quello di Alfonso Angelini che per me è stato il giocatore italiano più forte di tut-ti i tempi, anche più di Costantino Rocca. Angelini poi non era solo un grande gio-catore e maestro, ma anche una persona eccezionale e di una bontà unica al mon-do. Gli devo moltissimo.

Immagino che un caddie master ven-ga a contatto anche con diversi per-sonaggi famosi? Un sacco di gente. Mi vengono in mente Umberto Agnelli, Walter Mandelli, Pier-Cesare Baretti e poi tanti ex sportivi e cal-ciatori come Marco Van Basten e Rober-to Donadoni, con cui mi è anche capitato di giocare.

E tra i giocatori?

Dalle Betulle sono transitati alcuni dei più forti del mondo come Severiano Bal-lesteros, Tom Aaron, Billy Camper, il mio amico Baldovino Dassù e il belga Flory Van Dock, che era un vero show-man. Per ultimo poi Rory McIlroy. Un giorno durante i campionati Europei del 2006 sono stato mezz’ora a vederlo gio-care al campo pratica, era giovanissimo ma si vedeva già che aveva quel qualco-sa in più.

Diventerà mai il golf uno sport po-polare in Italia? Così come è impostato ora credo pro-prio di no. Inoltre i nostri campi sono costosi con enormi clubhouse che fan-no ulteriormente lievitare i costi di ge-stione.

Dove è cambiato il gioco in questi anni?Soprattutto nelle distanze. Una volta i migliori pro alla buca 1 di Biella faceva-no al massimo 220 metri ed arrivavano al bunker, ora chi la tira piano fa 250 me-tri, gli altri 300. Ai nostri giorni un cam-po come Biella rischia di venire massa-crato dai giocatori dello European Tour.

Il campo più bello d’Italia?Per me se la giocano Biella e Castelcon-turbia. Ed è una gran bella sfida.

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Il sole sul tettoImportante intervento a Sirolo, in provincia di Ancona,

all’interno dell’unico campo a 18 buche esistente nelle Marche. Pannelli fotovoltaici consenteranno al circolo

notevoli risparmi energetici

Un intervento importan-te quello realizzato di recente al Conero Golf Club, il più afferma-to sodalizio delle Mar-che, con le sue belle 18

buche in quel di Sirolo (Ancona). Il consiglio direttivo del circolo ha in-fatti deciso di installare sul tetto del-la clubhouse un impianto fotovoltai-co, messo in funzione agli inizi del mese di giugno.Una scelta strategica quella del golf club marchigiano che, dopo un’anali-

si dei costi sostenuti per le fornitu-re energetiche, ha portato i respon-sabili della gestione a valutare varie opinioni su come diminuire il bilancio di spesa per contenere e ridurre, do-ve fosse possibile, i consumi. La valu-tazione di un impianto fotovoltaico è stato un processo naturale per poter ottenere energia tramite una modali-tà di autoproduzione, prelevandone quindi una quantità minore dalla rete dell’Enel. Altro argomento rilevante per prendere la decisione defi nitiva è stato quello del rispetto ambientale, settore per cui il Conero Golf Club si è sempre dimostrato sensibile. In ag-

giunta agli aspetti tecnologici, la mo-tivazione che ha condotto il circolo a scegliere un impianto Centrosolar è stata determinata dall’estetica dei moduli integrati, che sono risultati un’ottima soluzione anche in rispet-to alla collocazione ambientale della clubhouse.L’analisi effettuata in fase di defi ni-zione del progetto ha stabilito la rea-lizzazione di un impianto da 192 mo-duli S 200P50 Integration Deluxe per una potenza complessiva di 38,400 kW, e da 3 inverter SMA (1 Sunny Tripower 15000 e 2 Sunny Tripower 12000).

dalla Redazione

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79E N E R G I E R I N N O V A B I L IConero Golf Club

Il sole sul tetto

La potenza generata dall’impianto permette di coprire buona parte del fabbisogno energetico che deriva da altri utilizzi, come ad esempio la rica-rica e i servizi relativi ai golf car o alle richieste di energia collegate alle sta-zioni di ricarica dei carrelli elettrici. In aggiunta, naturalmente, anche tut-te le utenze che vengono richieste per il funzionamento del circolo e dell’at-tività sportiva, dal bar al ristorante, dall’illuminazione della clubhouse al-la piscina.Tenendo in considerazione lo stori-co e la tipologia di consumo della so-cietà sportiva ed in base al business

plan elaborato, è stata stimata una produzione di energia in autocon-sumo del 75%, con una riduzione di prelievo dalla rete del 20%. Il rispar-mio ottenuto, unitamente agli incen-tivi del Conto Energia, portano ad un tempo di ritorno sull’investimento di circa sei anni. Il rendimento dell’impianto viene determinato anche dalla qualità dei prodotti utilizzati che, nel caso spe-cifi co, si avvalgono anche della colla-borazione di partner tecnici qualifi -cati come SMA, con cui Centrosolar ha creato sinergie di lavoro.Con l’obiettivo di verifi care la cor-

retta previsione di risparmio energe-tico, l’installazione è completata da un sistema di monitoraggio dell’im-pianto. Nel caso venissero riscontra-ti malfunzionamenti, il sistema, me-diante un data logger, gestisce l’invio di avvisi per allertare i responsabili e, grazie ad uno schermo presente in sede, vengono visualizzati in tempo reale i parametri dell’impianto, otti-mizzando tempi e costi. Una soluzio-ne ideale per attivare un processo di autoconsumo che permette di ridur-re drasticamente i prelievi dalla rete, evitando di pagare gli oneri previsti dai servizi di fornitura.

La potenza generata dall’impianto permette di coprire buona parte del fabbisogno energetico che deriva da altri utilizzi, come ad esempio la rica-rica e i servizi relativi ai golf car o alle richieste di energia collegate alle sta-zioni di ricarica dei carrelli elettrici. In aggiunta, naturalmente, anche tut-te le utenze che vengono richieste per il funzionamento del circolo e dell’at-tività sportiva, dal bar al ristorante, dall’illuminazione della clubhouse al-la piscina.Tenendo in considerazione lo stori-co e la tipologia di consumo della so-cietà sportiva ed in base al business

plan elaborato, è stata stimata una produzione di energia in autocon-sumo del 75%, con una riduzione di prelievo dalla rete del 20%. Il rispar-mio ottenuto, unitamente agli incen-tivi del Conto Energia, portano ad un tempo di ritorno sull’investimento di circa sei anni. Il rendimento dell’impianto viene determinato anche dalla qualità dei prodotti utilizzati che, nel caso spe-cifi co, si avvalgono anche della colla-borazione di partner tecnici qualifi -cati come SMA, con cui Centrosolar ha creato sinergie di lavoro.Con l’obiettivo di verifi care la cor-

retta previsione di risparmio energe-tico, l’installazione è completata da un sistema di monitoraggio dell’im-pianto. Nel caso venissero riscontra-ti malfunzionamenti, il sistema, me-diante un data logger, gestisce l’invio di avvisi per allertare i responsabili e, grazie ad uno schermo presente in sede, vengono visualizzati in tempo reale i parametri dell’impianto, otti-mizzando tempi e costi. Una soluzio-ne ideale per attivare un processo di autoconsumo che permette di ridur-re drasticamente i prelievi dalla rete, evitando di pagare gli oneri previsti dai servizi di fornitura.

La clubhouse del Conero Golf Club prima dell’intervento

per l’installazione dell’impianto fotovoltaico. Nella pagina

seguente, i pannelli già in opera

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L’importanza di un impianto fotovoltaico

E N E R G I E R I N N O V A B I L IConero Golf Club80

“Per un circolo come il nostro, era importante seleziona-re dei partner in grado di garantire affi dabilità e competen-za”. Questo il commento di Roberto Malatini, Direttore del Conero Golf Club riguardo al nuovo impianto fotovoltaico realizzato nel circolo marchigiano. “Abbiamo scelto di af-fi darci a Centrosolar per la tecnologia innovativa, per la ti-pologia di servizi e per la rete di partner esperti e qualifi ca-ti, come lo studio tecnico We Plan di Osimo. È stato anche necessario valutare un impianto che potesse rispettare - in funzione della collocazione ambientale del nostro circo-lo - caratteristiche estetiche, ritrovate nei moduli integrati Centrosolar”. Inaugurato nel 1992, il club si sviluppa all’in-terno del Parco omonimo. Quasi 70 ettari in cui ginestre, corbezzoli, querce, tamerici e ciliegi avvolgono le 18 buche del percorso da campionato (par 71) e le cinque executive.“Il Conero Golf Club rappresenta un esempio concreto dell’utilità di un impianto fotovoltaico. Nel caso specifi co - dice Angelo Bussi, a.d. di Centrosolar Italia - il valore ag-giunto è determinato dall’esigenza primaria dell’azienda e dalla relativa collocazione, che evidenzia un connubio per-fetto tra risparmio energetico e rispetto ambientale.”

Centrosolar Group AG di Monaco è la holding alla quale ap-partiene l’azienda italiana. Con oltre 25 anni di esperien-za, è uno dei principali fornitori di sistemi fotovoltaici (PV) per tetti ed elementi chiave, con prodotti e soluzioni al top sul mercato. Oltre 1.000 i dipendenti e un fatturato annuo di 400 milioni di euro (2010), con la suite di prodotti che inclu-de sistemi solari integrati, moduli, inverter, sistemi di mon-taggio. Per maggiori informazioni: www.centrosolar-group.com, www.centrosolar.it., www.conerogolfclub.it

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