Why Marche N.02 12/2010

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1 ,00 Marche Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, CN/AN www.whymarche.com Contro le vergare Contro LADRI DI FUTURO? Cosa ne pensano gli atenei marchigiani? “...sempre caro mi fù quest’ermo colle...” DUSTIN HOFFMAN Viaggi fuori dai paraggi LA FUGA DI UN GIOVANE CURDO LUNGO LE ROTTE CLANDESTINE un sogno che si realizza ma... In vacanza Pranzo al sacco con A NATALE e CAPODANNO vincere semplicemente! GIOVANNA TRILLINI Il Magazine Made in Marche iPhone WHY MARCHE MAGAZINE N.02 DICEMBRE/GENNAIO 2010/11 MENSILE - ANNO I - € 1,00 n. 02

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Why Marche il Magazine Made in Marche in edicola dal 20 Dicembre 2010

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LADRIDI FUTURO?Cosa ne pensanogli atenei marchigiani?

“...sempre caro mi fùquest’ermo colle...”DUSTIN HOFFMAN

Viaggi fuori dai paraggi

LA FUGA DI UN GIOVANECURDO LUNGO LE ROTTE CLANDESTINE

un sogno che si realizza ma...

In vacanza

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WHY MARCHE MAGAZINEN.02 DICEMBRE/GENNAIO 2010/11MENSILE - ANNO I - € 1,00

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Anche se siamo solo al secondo numero, credo che abbiate capito che noi di Why Marche amiamo la nostra terra. Amiamo cioè le nostre

belle colline marchigiane, ma soprattutto amiamo la Terra. Siamo convinti, da bravi marchigiani, che a volte basta un po’ di buon senso e di sobrietà per contribu-ire a salvaguardare la biodiversità, a risparmiare ener-gia, a ridurre i rifiuti, a ridurre le emissioni di CO2. Noi crediamo che si possa contribuire alla salvaguardia del pianeta tutti i giorni, con dei piccoli gesti quoti-diani. Piccoli gesti e comportamenti virtuosi, che possiamo continuare a mantenere anche durante le festività Natalizie senza che queste perdano di fascino, allegria e serenità. Ecco perciò alcuni eco-consigli. Per cene e cenoni vari scegliere menù tradizionali, con prodot-ti a chilometro zero e di stagione. Meglio il pesce che la carne, ma soprattutto meglio il pesce azzurro del nostro Adriatico. Per quanto riguarda l’albero, ovviamente il consiglio più ecosostenibile è non comprarlo. Difficile. Chi può addobbi quelli che si hanno in giardino, gli altri possono utilizzare i rami di potatura dei nostri boschi ottenendo lo stesso effetto abete. Ci sono anche alberi artificiali realizzati con materiale riciclato, ma se proprio si desidera un abete tradizio-nale, meglio uno prodotto in un vivaio specializzato per i periodi natalizi. Luci a basso consumo o a led. Regali ecosostenibili come prodotti biologici, del com-mercio equo e solidale e comunque che garantiscono il più basso impatto ambientale e sociale possibile...e Buone Feste a tutti!

Buone Feste a impatto zero!Alcuni eco-suggerimenti per essere sempre ecosostenibili, anche durante le feste natalizie. Dai regali, agli addobbi, al menù, senza rinunciare alla magica atmosfera delle festività

Maria Pettinari

3Whymarche.com

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AGORA’6 · La campionessa si racconta

INNOVAZIONE10 · Da San Benedetto al tetto del mondo…ISTITUZIONI12 · Il giorno dell’orgoglio marchigiano13 · Immigrazione: un problema o una ricchezza

TURISMO16 · Dalle gite, ai viaggi … dalle cartine al web18 · I tesori di Ascoli Piceno20 · Alla scoperta di…

ESTERO21 · Marchigiani…si è, a prescindere

UNIVERSITA’23 · Gelmini o non Gelmini…questo è il problema!

FORMAZIONE26 · A scuola da badante28 · Insegnare migliorandosi

BENESSERE E SALUTE30 · Azur Macerata: l’eccellenza della qualità32 · Dimagrire? Rosanna Lambertucci vi dice come e perchéCONSUMATORI34 · Per non trasformare la vacanza in un incubo

Perché le Marche? Ce lo spiega l’Assessore Serenella Moroder

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N° 02 - Dicembre/Gennaio 2010/2011

Direttore Responsabile: Maria Pettinari

[email protected]

REDAZIONE

Caporedattrice:Eleonora Baldi

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Responsabile di redazionePaola Solvi

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Responsabile MarketingRaffaella Scortichini

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Direttore ArtisticoSilvio Pandurini

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Responsabile FotografiaMassimiliano Fabrizi

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EditorRiccardo Maria Barchiesi

Claudia CinciripiniGiampaolo Paticchio

Michela MarconiNoemi Tiburzi

Maila ChiancianiRoberto Ricci

Sara BologniniSara Schiarizza

Fabio CurziOmar Cafini

Hanno collaboratoMarco Bartoli

Ammar HamadnehDajana Petrini

Manila SalvatelliCristiano Scarpa

Marinella MartelliLoredana Baldi

Marco BarbiziPaolo BelvederesiAntonio Lazzarini

Oliver Mariotti

Progetto grafico: www.eraworks.com

www.whymarche.com

Casa Editrice: Theta EdizioniRegistrazione Tribunale di Ancona n° 15/10 del 20 Agosto 2010

Sede Legale: Via Villa Poticcio 2260022 Castelfidardo - Ancona

Tel. 0712115265 Fax 07125047377www.thetaedizioni.it - [email protected]

Stampa: Via Le Brecce - 60025 Loreto (AN)

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Chiuso in redazione il 13 Dicembre 2010

COPYRIGHT THETA EDIZIONI TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI.NESSUNA PARTE DI QUESTO MENSILE PUO’ ESSERE RIPRODOTTA

CON MEZZI GRAFICI, MECCANICI, ELETTRONICI O DIGITALI.OGNI VIOLAZIONE SARA’ PERSEGUITA A NORMA DI LEGGE.

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AMBIENTE E ENERGIA40 · 2010: anno internazionale

della Biodiversità. Ne sappiamo abbastanza?42 · A scuola di biodiversità

FOLKLORE44 · Silenzi di luce

46 · Dalle vergare ad oggi… niente è cambiato! 48 · Mercatini e baratto

ENOGASTRONOMIA49 · Mangiare a Montecosaro? Vi consigliamo dove…e cosa!

IMPRESA50 · Eurolandia…questa sconosciuta

52 · Da grande?Voglio fare l’artigiano!54 · Viaggiare sostenibile si può!

ECONOMIA E FISCALE56 · Il “Patto di famiglia” aiuta le imprese italiane

57 · Il nuovo redditometro: istruzioni per l’uso

INTERNAZIONALIZZAZIONE58 · Biocombustibili:un tesoro per il futuro

HI-TECH61 · L’era dei tablet

64 · Giochiamo con la realtà aumentata

ARTE E CULTURA68 · Ispirati con “Le Muse”

70 · Il museo della Carrozza, lo conosci?72 · Il festival dell’informazione on line

74 · Gino De Dominicis, un marchigiano a Roma

MODA76 · Sposare il Principe William non si può…

copiare il look della sua Kate sì!

LUDICA78 · Giochiamo…ma ci divertiamo?

PERCHE?80 · La speranza nel rimorchio frigo di un camion

SOCIALE66 · Social e relazioni: cosa cambia?

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“Sono Giovanna Trillini, sono nata a Jesi 40 anni fa nel ’70. Sono sposata, ho due bambini – permet-tetemi di intromettermi ed aggiungere: meravigliosi! - . Al momento la mia attività è atleta come corpo forestale dello Stato. Faccio scherma. Cos’altro posso dire? Sono membro di giunta del Coni e penso di avere avuto una certa storia schermistica e in questo mo-mento mi sono rimessa in gioco perché mi piacerebbe raggiungere qualche altro traguardo importante come i Mondiali del prossimo anno che sono a Catania e quindi sono una bellissima cosa e poi vedere quello che potrebbe succedere l’anno successivo.”Leggete tra le righe, non c’è falsa modestia quando dice “penso di avere avuto una certa storia schermistica” e le si illuminano gli occhi quando parla dei traguardi ancora da raggiungere.Ma la prima gara te la ricordi ancora?“La prima gara me la ricordo ancora, l’avevano orga-nizzata qui al Club Scherma Jesi, siamo andati con l’autobus a Terni. Era il Trofeo Sciarretta in memoria di una ragazza che era scomparsa alcuni anni prima. Era una competizione riservata a bambini di quarta e quinta elementare. Mi ricordo ancora il nervosismo e il risultato: avevo fatto terza – sorride ancora – … e m’era piaciuto parecchio!”E quell’emozione la ritrovi ancora quando scendi in pedana dopo tanti anni?“Beh, è un’emozione diversa. Lì non sapevo proprio a cosa andavo incontro, era una novità. Adesso quando salgo in pedana lo so quello che vivrò, so benissimo quelle che sono le situazioni, quelli che sono gli arbitri, gli avversari: c’è molta più esperienza. Lì ero una pivella in tutto e per tutto.”La tua crescita è avvenuta più per merito tuo, della tua personalità e forza o per merito di chi ti ha seguito, di un grande come è stato il Maestro Ezio Triccoli? “Penso che come bambina la crescita sia avvenuta grazie al Maestro Triccoli, perché l’alberello che era Giovanna Trillini aveva bisogno di un sostegno che indicasse la strada giusta da percorrere, sia a livello

umano che schermistico. Poi ad una certa età tante cose cominciano a cambiare ed inizi ad entrare in

campo tu, la tua personalità, diventa una cosa tua di testa: quando tu decidi di finire, hai finito! Se

decidi di rimetterti in discussione, continui. La percentuale è diversa: diventa poco del

maestro e tanto tua, perché capisci che

di E

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ora

Bald

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Vincere... se mplicemente!

Io sono in salotto con la picco-la Claudia; dopo aver giocato con cacciaviti e chiavi inglesi di legno, stiamo disegnando l’albero di Natale, mentre di là sua mamma sta preparando il caffè e chiede se ci voglio lo zucchero o il dolcificante. Sarebbe un normale pome-riggio a casa di amici, se non fosse che la donna in cucina è una pluricampionessa olimpica, una il cui nome è conosciuto in tutto il mondo … una alla quale il caffè lo dovrei fare io! Di la, c’è Giovanna Trillini. La rincontro dopo 15 anni, lei non può certo ricordarsi di me, ma io sì eccome. Io ero una ragazzina che per gioco stava provando la scherma, lei aveva appena vinto le Olimpiadi a Barcellona 1992; quello che mi colpì di lei e che sempre mi rimase in mente fu la sua semplicità: la campio-nessa che stava in palestra con i ragazzi, senza un filo di presunzione, zero atteg-giamenti da diva, una che sorrideva, sempre. Giovanna campionessa lo è non solo per quel che ha ottenuto, ma per come “indossa” quei panni da vincente, quasi come se non lo fosse.

Siamo abituati a pensare che il tratt o distintivo del campione siano i suoi trofei, le sue medaglie, i suoi trionfi. Ma pa rlando con Giovanna Trillini scopriamo che,

certo, anche questo è importante, ma non solo! Ciò che la rende grande è la s ua persona e la capacità di confrontarsi

con il mond o in punta di piedi… esse re semplicemente Giovanna è la sua vera forza

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sei tu che devi dimostrare, sta tutto a te.”La caratteristica che ti è stata più utile a livello caratte-riale e a livello fisico? “Forse caratteriale la testardaggine, perché quando molte persone dicevano “Vabbè ma, dove va?” , io ero sempre lì che rompevo le scatole! E poi, bene o male, i risultati sono arrivati! A livello fisico penso la velocità, anche se a volte con certi avversari potrebbe essere stata un elemento negativo. La scherma è uno sport che richiede doti fisiche, atletiche, tattiche, mentali; da noi non è detto che la gara la vinca sempre la Ferrari, può farlo anche la 500, perché l’insieme di abilità neces-sarie è talmente vasto che a volte, per esempio, essere veloce può non servire, perché devi saperti adeguare alle reazioni dell’altro: se io ho una reazione troppo veloce e l’altro deve ancora iniziare a fare qualcosa, vado a sbattere contro un muro! E’ importante leggere il momento e le caratteristiche dell’avversario: è una partita a scacchi, ogni volta.”E questo saper giocare a scacchi, ti ha aiutato anche nella vita?“Grazie a questa abilità noi atleti abbiamo di certo una marcia in più, riusciamo a capire prima qual è l’obiettivo e come arrivarci; raramente perdiamo tempo. Sappiamo organizzarci. E’ una cosa che ci ha insegnato lo sport, ma che sappiamo portare nella vita di tutti i giorni.”Vivendo questo mondo, ti sembra che l’approccio dei ragazzi oggi sia lo stesso di quando hai iniziato tu o è cambiato?“E’ cambiato tanto, perché la società è molto diversa. Una volta i ragazzi uscivano il pomeriggio con un pallone e tornavano la sera; stavano sempre in giro. Adesso non è così: tra internet, computer, videogiochi, studio … il tempo viene speso in modo diverso. Forse ci sono troppe cose per i ragazzi di oggi; bisognerebbe dargli un po’ più di “appetito”, dargli un po’ più di voglia, renderli più curiosi.”Quindi viene un po’ a mancare il ruolo dello sport come “palestra per la vita” … “Chi sta nello sport non lo vorrebbe far mancare; però capisci che i ragazzi che ti vengono sono un po’ più passivi rispetto a come eravamo noi. Devi inventarti il modo di svegliarli. Spero comunque che questo ruolo non venga a mancare, perché è importante: lo sport ti aiuta a stare bene fisicamente, a crescere come persona, a capire quando sbagli, come risolvere i problemi, come organizzarti …”Quando deciderai di smettere continuerai a fare attività con i giovani? Magari qui a Jesi?“Si, io lo sto già facendo in realtà. Avevo iniziato dedi-

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SI DICE CHEA 40 AnnI ComInCI lA vItA DI unA DonnA.pEr gIovAnnA trIllInIInIzIA unA nuovA SfIDA,l’EnnESImA:

i mondiali di catania

Vincere... se mplicemente!Siamo abituati a pensare che il tratt o distintivo del campione siano i suoi trofei, le sue medaglie, i suoi trionfi. Ma pa rlando con Giovanna Trillini scopriamo che,

certo, anche questo è importante, ma non solo! Ciò che la rende grande è la s ua persona e la capacità di confrontarsi

con il mond o in punta di piedi… esse re semplicemente Giovanna è la sua vera forza

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candogli più tempo, ora che mi sono rimessa in gioco come atleta ho meno tempo a disposizione per seguire i ragazzini più piccoli; ma comunque rimarrò nell’ambiente, mi piace, ci sono cresciuta con la scherma, ci convivo da sempre. Anche all’interno del Corpo Forestale sono responsabile della sezione della scherma. Vorrei continuare su questo doppio binario.”Giovanna come tecnico … com’è?“E che ne so! – ride, quasi come se fosse imbaraz-zata di doversi “giudicare” – La prima cosa che io ho chiesto è stata di lavorare coi bambini; allenare una persona già forte è sicuramente bello, però il bambino ti completa di più: vedere quel visetto che ti guarda e ha fiducia in te, in quello che gli dici … quando ero piccola se il Maestro Triccoli mi avesse detto di fare una qualsiasi cosa, per assurda che fosse, l’avrei fatta.”Nella tua carriera hai girato il mondo; quando sei fuori, porti con te un “pezzetto” di casa tua, delle Marche?“Portarmi dietro una bottiglia di vino non la vedo tanto pratica come cosa, la posso trovare ovun-que! Nella testa porti via casa, porti via l’aria che respiri, la quotidianità. All’estero porti con te sia le Marche che l’Italia. Ti manca la tua zona, il tuo cibo preferito, tutte le cose a cui sei affezionata.”C’è un proverbio famoso che dice “meglio avere un ladro in casa che un marchigiano alla porta”. E’ davvero così o alla fine anche noi marchigiani ci sappiamo fare, abbiamo un qualcosa di speciale, sappiamo coccolare i turisti ed i nostri campioni?“Non è assolutamente così; è un proverbio all’in-terno del quale non rivedo né i marchigiani né me stessa. Quando all’estero si parla delle Marche, tutti lo fanno in modo positivo! Come zone ricercate dai turisti e come terra in cui investire: si mangia bene, si beve bene, si sta bene! Per quanto riguar-da invece l’approccio al “personaggio”, vivere una città come Jesi da un certo punto di vista è vantag-gioso perché fa vivere tranquillamente l’atleta; dall’altro magari non ti da le stesse opportunità di Roma o Milano. Se ci sono serate particolari, inviti particolari, è difficile che parta da Jesi per andare a Roma, fare l’apparizione e tornare a casa; vivendo in grandi città sarebbe stato tutto molto più sem-plice. Però queste sono scelte di vita che si fanno, ed io sono assolutamente contenta della mia!”Per molti sport il vivere in un grande centro è quasi una conditio sine qua non per sfondare; forse il fatto che esistesse già una scuola di grande tradizione a Jesi ti ha tolto l’impaccio di essere etichettata come “provinciale”.“Vivere a Jesi come atleta di scherma è stato im-portante perché la scuola ha sempre avuto grandi campioni; potersi allenare insieme non ha fatto

altro che contribuire a migliorare ancora il livello tecnico sia della palestra che dei singoli atleti. Per questo non avevo bisogno di spostarmi, anzi pro-babilmente se avessi lasciato Jesi avrei ottenuto meno risultati. Poi la scherma è uno sport partico-lare: il rapporto tra atleta e maestro è strettissimo e se cambi non è detto che riesci a riprodurre la stessa alchimia. Noi non siamo di quelli che si allenano tutti nel grande centro federale; siamo abbastanza legati alle nostre palestre. Oltre al rapporto uno a uno col maestro poi è fondamen-tale il confronto con gli altri che si allenano con te. La forza di Jesi è stata proprio questa: avere grandi atleti che giorno dopo giorno si confrontano tra di loro. I più hanno presenti me, Cerioni, la Vezzali, ora la Di Francisca; però prima c’erano la Sparaciari, la Pigliapoco, la Coltorti … è stato un continuo di campioni, perché siamo cresciuti tutti insieme ed il livello è sempre stato altissimo.”Tanti campioni insieme: come si gestisce la competizione?

“Non è semplice. Sta tanto ai ragazzi, ma un ruolo importante lo hanno anche i genitori quando sei piccolo. Ti devono rendere libero, non paragonare con altre persone o altri atleti della tua stessa età, ma anzi creare un rapporto d’amicizia. Mio padre e mia madre ad esempio non sapevano neanche chi fossero gli altri, zero pressioni o confronti. Quando diventi più grande, ovvio, la competizione diventa più pesante; molto dipende comunque da chi hai di fronte, come si impronta la competizione; se è leale o meno fa la differenza … ognuno la gestisce a modo suo! Il maestro deve essere al di sopra, deve dare 100 ad uno e 100 all’altro. Poi sta agli atleti dimostrare.”Come ti prepari prima di una gara?“Io ho un approccio un po’ particolare diciamo. Durante gli allenamenti, anche prima delle olimpiadi, dei mondiali, non ho mai fatto grosse prestazioni, anche tecnicamente parlando. Poi quando arriva l’appuntamento importante però non sgarro, non sbaglio. Al contrario ci sono perso-

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ne che in allenamento vanno fortissimo, poi in gara non riescono. Questo è il bello della scherma perché non è detto che se hai il tempo raggiungi la medaglia; da noi puoi tranquillamente non avere il tempo e arrivare all’oro. E’ una cosa molto personale, che si gestisce con se stessi. E’ una crescita personale; alcuni hanno bisogno di chi li segue sia a livello psicologico che pratico, mentre ci sono quelli che devono essere lasciati liberi. Durante i miei allenamenti tutte le volte, il Com-missario Tecnico era disperato … però alla fine io ero tranquilla. Durante i gironi magari eravamo in quattro che dovevamo poi andare ai mondiali, in tre si piazzavano sempre ai primi posti, io invece finivo sempre ottava, nona o decima. Però poi al mondiale mi ritrovavo davanti!”Dopo tanti anni, tante vittorie … con due bimbi e quindi anche la vita che cambia, cosa ti porta a rimetterti in gioco ancora una volta?“La fame del divertimento che mi da la scherma! E’ una scommessa che ho fatto con me stessa per

vedere se riesco ancora ad essere a certi livelli, a di-mostrare chi è Giovanna Trillini in pedana. E’ ovvio che ora lo faccio con più serenità. Prima quando tornavo da una gara se non era andata bene era un “disastro” ; adesso quando torno a casa anche se non è andata come volevo, dico “vabbè riprovo la prossima” … è pure vero che di tempo sportivo me ne è rimasto poco per cui devo approfittare di queste ultime gare! E’ una nuova scommessa, un qualcosa in più, che molti non avranno capito e magari non saranno d’accordo con la decisione che ho preso però mi piaceva farlo … vediamo se riesco a farlo!”La tua grande passione è il motore trainante … “La passione e il divertimento. Ancora quando tiro ho il sorriso in bocca e questa è la cosa importan-te!”E se tua figlia dovesse dirti “mamma, voglio provare a fare quello che hai fatto tu!” ?“Se me lo chiede lei, perché no. Anche se sarebbe un bel peso per lei, sarebbe la figlia di . Però è una sua scelta e l’appoggerei. L’ importante per me è che faccia sport.”Da sportiva che vive il territorio, secondo te nella tua città e nella nostra regione si fa abba-stanza per portare i giovani allo sport? “Vengo proprio da un convegno in Sicilia dove si parlava di carenza di impianti e strutture sportive. Giustamente è stato messo in evidenza che sono sì importanti i luoghi in cui praticare sport ma soprattutto le persone che ci sono dentro, che devono aiutare a far amare lo sport ai giovani. Per quella che è la mia conoscenza dello sport marchi-giano e soprattutto jesino io vedo che i ragazzi ne praticano molto, però allo stesso tempo c’è sem-pre questo continuo contrasto con la televisione, la playstation … gli impianti a Jesi non mi sembra che manchino, attività sportive ce ne sono tante. Conosco la mia realtà e credo che ci siano tante opportunità da sfruttare per i giovani.”Si è svegliata anche l’altra piccola peste di casa, il biondissimo Giovanni che reclama le attenzioni della mamma di cui è chiaramente innamorato! E’ ora di togliere il disturbo e di riconsegnare la campionessa alla sua famiglia. Non posso che farle il mio in bocca al lupo per la sua avventura e chie-derle, se le andrà, di tornare sulle nostre pagine poi a raccontarci come è andata.Quella che mi lascio alle spalle dopo aver chiuso la porta è una bella sensazione, anzi di più, è un insegnamento: i grandi obiettivi non chiedono presunzione, i grandi traguardi non si raggiun-gono con la superbia. Giovanna ne è l’esempio e seguirlo potrebbe creare altri piccoli campioni che non lo siano solo in pedana, su un campo verde o in palestra … che lo siano un sabato pomeriggio, tra un caffè e due bambini che giocano.

I gusti marchigiani di Giovanna Trillini

Piatto preferito“Da marchigiana dovrei dire i vincesgrassi … però ti dico i cappelletti fatti in casa da

mia madre!” Vino preferito

“Ovviamente il Verdicchio dei Castelli di Jesi e c’aggiungerei anche l’Archezia che è un

vino dolce, un passito marchigiano e pensa, io l’ho conosciuto in Veneto!”

Luogo preferito“Il Conero e le Due Sorelle”

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L’Eusebi PENSIERO

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“Vivo a San Benedetto del Tronto, una periferia, non è una città ricca,

né un città di potere.

È difficile emergere.”

Chi sono le archistar?“Sono personaggi riconosciu-ti in tutto il mondo, hanno fatto una specie di club degli intoccabili, si conferiscono a vicenda premi prestigio-sissimi, finanziati da quelli che per anni sono stati loro clienti e hanno creato una sorta di circolo virtuoso che si autoalimenta.”

“Bisogna dimenticare l’individualismo dell’artist(a)rchitetto che ha contraddistinto l’ultimo decennio.

Oggi quando si progettano le città e gli edifici è il caso di occuparsi del futuro, anche alla luce della crisi economica, del contesto multietnico e dell’incremen-to demografico. Questi devono essere oggi i nostri parametri. L’estetica non deve essere al primo posto, è un valore relativo e poi una società che non ha una grande morale produce un’architettura mediocre. In Francia, Olanda, Inghilterra, invece, l’architettura viene demolita, ricostruita, criticata, trasformata, attaccata e ammirata, e il tutto si svolge sotto lo sguardo attento dei media. Tutto ciò ha comportato notevoli vantaggi per gli architetti della cosiddetta fascia d’élite, vantaggi che vanno da una maggiore esposizione internaziona-le al vero e proprio status di stelle planetarie.”

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L’Eusebi PENSIERO

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Enzo Eusebi fonda nel 2000 NOTHING Studio atelier di architettura‚ planning‚ interiors‚ design‚ graficaAll’attività come progettista ha asso-ciato negli anni un intenso lavoro di approfondimento e riflessione critica sui temi dell’architettura sociale e soste-nibile; tiene conferenze e convegni in numerosi enti e istituzioni nazionali ed internazionaliCon l’ampliamento I.P.S.S.A.R. a San Benedetto del Tronto viene selezio-nato al 1° Festival dell’Architettura di Parma (2004)‚ menzionato sella Sezione Internazionale del Premio Internazio-nale Biennale “Fondazione Barbara Cappochin” (Padova 2005)‚ invitato a partecipare alla XI rassegna Interna-zionale di Architettura alla Biennale di Venezia nella rassegna laterale Città d’Acqua (2005)‚ e selezionato alla mostra “ITALY BUILDS: vent’anni di architettura italiana” organizzata dall’ICE a Canton in Cina (2006); sempre con la stessa opera nel 2008 vince il Premio Inarch Marche.2004 Premio Nazionale Arti visive Teofi-lo Patini (premio alla ricerca)2006 Premio Fondazione “Libero Bizzarri”. 2005 concorso internazionale per la realizzazione del museo di malacologia di Da Lian (China) (menzione). 2006 premio ELLE DECORATION INTER-NATIONAL DESIGN AWARD. 2007 menzione tra le “Migliori Opere Internazionali” del Premio Internazio-nale Biennale “Fondazione Barbara Cappochin”2007 menzione per il concorso ad inviti indetto dal Comune di Roma per il Recupero Urbano della Magliana2007 1° Premio “Top Building Residence China” Ministero dell’Industria Cinese realizzazione KUNLUN Tower a Beijing2008 1° Premio “ INARCH-MARCHE” 2009 Premio “ INARCH-Nazionale” è selezionato con 2 opere alla fase finale.Nel 2010 è relatore a Roma per la Fondazione Valore Italia alla conferenza Q_Cina (Auditorium Ara Pacis) (Roma).Recentemente‚ ha realizzato ha realiz-zato per conto del MIBAC (Ministero dei Beni Culturali) il progetto del Labora-torio che ospita I Bronzi di Riace presso Palazzo Campanella (sede Regionale) a Reggio Calabria; a Malta gli è stato affidato l’incarico del piano urbanistico dell’area di Ta’Qali. È un centro di attività commerciali‚ culturali ed espositive che sorge sotto Mdina accanto all’Ambascia-ta Americana.

Alcuni flash, alcune dichiarazioni, alcune esternazioni per conoscere meglio Enzo Eusebi uno dei più grandi architetti italiani originario di San Benedetto del Tronto. Una figura importante nel panorama internazionale che impareremo a conoscere meglio nel prossimo numero

Nemo est propheta in patria…“In Italia è la politica, più di ogni altro fattore, a dettare il desti-no degli studi di progettazione; io non compaio nel libro paga dei grandi costruttori e non sono neanche iscritto al club di Topolino … In Cina sono stato premiato per le Kunlun Towers. Sono stato definito una variabile random forse perché a Milano, Roma, Firenze, Napoli scorrono gli eletti, i titolati, gli autorizzati (gli imprenditori forse?) che afferrano le occasioni; al di fuori arrancano gli altri, raggiungendo forse i 15 minuti di celebrita’. Questa interpretazione può sembrare esagerata ma ben riflette la logica dello spettacolo che stiamo vivendo in Italia.”

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Era il 3 Luglio del 2005 quando Gian Mario Spacca fresco Presidente della Regione Marche si trovava ad

ascoltare con piacere l’intervento dell’im-prenditore marchigiano Oscar Andreani, emigrato in Argentina, che suggeriva di istituire un giorno nel quale celebrare, ricordare, far conoscere tutto il mondo, nascosto ai più, dei marchigiani all’estero.Era la prima visita ufficiale del Presidente ad una comunità di marchigiani all’este-ro, nella città di Armstrong, Provincia di Santa Fe, in Argentina dove è altissima la concentrazione di marchigiani. Una pro-posta positiva che Spacca raccoglie con entusiasmo.Giorno scelto per questa celebrazione il 10 dicembre data in cui tutti i nostri conterra-nei in qualsiasi parte del mondo festeg-giano la solenne festa della Madonna di Loreto.Passo immediatamente successivo, l’avvio di un percorso legislativo che desse fon-damento istituzionale a questa volontà di celebrare le Marche ratificata come legge regionale n.26 del 1 dicembre 2005.Dal 2005 in poi, si sono succedute anno dopo anno manifestazioni che sono ormai entrate nell’agenda di tutti i marchigiani che vivano qui tra le colline e i dolci pendii regionali o che siano andati a cercare fortuna all’estero; un tributo a quanti siano stati capaci di portare la nostra arte, la nostra cultura, le nostre eccellenze in giro

per il mondo.Principio ispiratore, la volontà di contri-buire in maniera ancora maggiore alla conoscenza e al rafforzamento dell’identi-tà marchigiana.Un evento importante dato che se si con-siderano i numeri dei cittadini marchigiani residenti all’estero il numero della “nostra” popolazione quasi si raddoppia; indivi-dui che hanno mantenuto un rapporto viscerale con la terra di origine alla quale riconoscono caratteristiche importanti.La formula fortunata con la quale anno dopo anno si è organizzata la “Giornata delle Marche” ha permesso di creare un evento che non sia limitato ad un solo giorno, seppure il picco per così dire coin-cida sempre con il 10 dicembre, ma che si componga di iniziative che si spalmano lungo tutto l’arco dell’anno.Tutto questo è tema della Giornata delle Marche, degli interventi che si susseguo-no, dei premi istituiti come ad esempio il Picchio d’oro, riconoscimento dedicato al marchigiano che nell’anno si è distinto per il proprio lavoro in Italia o all’estero. Questa importante onorificenza nell’edi-zione appena conclusasi è stata assegnata all’ingegnere e imprenditore jesino Gen-naro Pieralisi. La decisione è stata presa all’unanimità dalla Commissione consilia-re, composta dai consiglieri regionali Paola Giorgi, Giacomo Bugaro, Rosalba Ortenzi, Maura Malaspina, Giancarlo D’Anna, con la

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A costo di essere autocelebrativi,

di motivi per essere giustamente consapevoli

dell’eccellenza che contraddistingue in molti

settori la nostra Regione ce ne sono molti …

e dal 2005 si è deciso di raccontarli

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L’orgoglio di essere marchigiani

seguente motivazione: “Per aver contri-buito in maniera rilevante allo sviluppo economico del territorio marchigiano e per l’attivo impegno in ambito cultu-rale”.Accanto al Picchio d’oro, altro ricono-scimento di rilievo che viene assegnato è il Premio Speciale del Presidente della Regione Marche. Quest’anno è stato attribuito alla Citta` di Macao “per aver ospitato nella prestigiosa sede del Macao Museum of Art la mostra “P. Matteo Ricci nella Cina dei Ming”, concorrendo in modo determinante alla sua realizzazione e per l’impegno nel sostenere ulteriori iniziative di coope-razione culturale tra le Marche e la Città di Macao, nel filone di un’antica e forte amicizia tra i due popoli”. Il premio - rappresentato da una scultura realizzata dal maestro Valeriano Trubbiani - è stato consegnato all’ambasciatore cinese in Italia, Ding Wei.

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13Whymarche.com

140.457: questo è il numero degli stranieri residenti nelle Marche secondo i dati Istat registrati alla fine del 2009. Conteggio che assume proporzioni ancora maggiori se si considerano i risultati diffusi dal XX Dossier Statistico Immigrazione 2010 Caritas/Migrantes che ricomprende anche altre categorie di im-migrati nel territorio regionale: coloro che non hanno i requisiti per iscriversi come residenti alle anagrafi comunali, chi ha avviato la pratica di iscrizione e coloro che non sono in procinto di fissare la propria dimora anagrafica in Italia, i casi di nuovi rilasci di permesso di soggiorno per lavoro, ricongiungimento familiare e per accettazione della domanda di regolarizzazione. Aggiungendo anche queste persone il conto finale è di 155.200 presenze.Se si rapportano questi dati agli anni precedenti, si vede come nel quinquennio 2002/2009 vi sia stato un aumento degli stranieri residenti del 157%: una percentuale che fa riflettere riguardo alla penetrazione negli ultimi anni di etnie diver-se nel tessuto sociale e produttivo marchigiano.Volendo adoperare una lente di ingrandimento che ci restituisca la situazione provincia per provincia, vediamo come siano state le Province di Ascoli Piceno e Pesaro a trainare questo forte incremento facendo registrare rispettivamen-te un aumento del 169,9% e del 168,7%. Al momento attuale invece la palma di provincia

ospitante il maggior numero di immigrati spetta a Macerata dove l’incidenza percentuale sul totale dei residenti è del 10,5%; a seguire Pesaro Urbino, Ancona e Ascoli Piceno (dati relativi alla Provincia di Fermo non sono ancora disponibili essendo recente l’istituzione dell’Amministrazio-ne stessa) Il rapporto quindi tra cittadini italiani e stranieri si attesta in media nella regione all’8,9 %, quasi due punti in più rispetto a quella nazio-nale che è del 7%, dato che colloca le Marche al 5° posto tra tutte le regioni italiane. Si può allora affermare in base a questi dati che il territorio marchigiano si confermi una nuova “patria” allettante per gli immigrati, siano essi in cerca di lavoro o di istruzione. Che cosa può aver creato questa buona sinergia tra lo straniero e le Marche? E soprattutto, come al momento si sta attuando l’integrazione socio-culturale e dal punto di vista lavorativo? A questo secondo interrogativo cercheremo di dare risposta insieme ad alcuni dei Presidenti delle nostre Province, continuando nella propo-sta di una tavola rotonda attraverso la quale il cittadino marchigiano possa avere una fotogra-fia della propria provincia e della regione tutta su temi che ci sembrano di assoluta rilevanza ed importanza. Vediamo però di chiarire prima altri concetti, anche per offrire ulteriori spunti di riflessione e valutazione.Si può senza dubbio affermare che il tessuto socio-economico marchigiano è dotato di

particolari caratteristiche dal lato economico e produttivo che hanno condizionato, specie fino a qualche anno fa, in maniera positiva la risposta del mercato del lavoro a chi era in cerca di un’occupazione. Terra di manifatture, artigiani ed industriali, ma anche di fiorenti aziende eno-gastronomiche e agricole le Marche si presenta-vano e si presentano tutt’ora come una regione ricca di opportunità, soprattutto per chi vuole intraprendere lavori legati al mondo produttivo. Non è un caso infatti se la nostra Regione si col-loca tra le prime riguardo all’indice di attrattività territoriale, secondo quanto contenuto nel VII rapporto CNEL sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia. Per concludere il quadro generale e poter poi entrare nello specifico con i cinque Presidenti, vediamo quali sono le etnie più numerose, provincia per provincia.Partendo dal nord della regione, a Pesaro Urbino prevale la comunità albanese così come ad Ascoli Piceno, ad Ancona quella rumena, a Macerata vi è una spiccata maggioranza di cittadini dell’ex Jugoslavia. Il dato che accomuna comunque la tipologia di immigrazione nella nostra regione, è il suo essere “familiare” nel senso che sono appunto in maggioranza interi nuclei a decidere di trasferire la propria residenza nelle Marche; da ciò si comprende abbastanza facilmente come tanti siano anche i nuovi nati che infatti incidono per l’11,2% sul totale delle nascite.

Dati alla mano, l’incidenza di stranieri nella nostra regione ci colloca al 5° posto in Italia. Come stiamo vivendo questo processo di cambiamento socio culturale?

ed immigrazione:quale integrazione?

SEMBRA A QUESTO PUNTO QUASI SCONTATO PORSI DEGLI INTERROGATIVI: A QUESTI NUMERI PIUTTOSTO CONSISTENTI CORRISPONDE UNA VERA INTEGRAZIONE SU QUELLI CHE SONO I SETTORI MAGGIORMENTE IMPORTANTI DELLA VITA SOCIALE DELLA REGIONE E CIò L’ISTRUZIONE E IL LAVORO? QUALI SONO LE POLITICHE CHE LE ISTITUZIONI PROVINCIALI STANNO METTENDO IN CAMPO PER MONITORARE LA SITUAZIONE E FAVORIRE UNA VERA E PROFONDA INTEGRAZIONE?

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14 Whymarche.com

Nella provincia di Pesaro e Urbino, dove fino a qualche anno fa non c’era disoccupazione (solo un fisiologico 3%), l’inserimento di immigrati è passato innanzitutto attraverso il lavoro, importante non solo per assi-

curare stabilità economica ma anche per creare rapporti sociali. I nostri “Centri per l’impiego, l’orientamento e la formazione” hanno svolto e svolgono tuttora un ruolo fondamentale, favorendo l’incrocio tra domanda e offerta, informando su corsi rivolti agli stranieri (anche per l’apprendimento della lingua) e su altre opportunità come le “borse per esperienze lavorative” nelle imprese. Insieme alle Comunità montane, abbiamo creato due “Sportelli immigrati” ad Urbania e Osteria Nuova di Montelabbate per assistenza e consulenza anche nel disbrigo

Pur non rappresentando una competenza diretta della Provincia, in quanto de-legate istituzionalmente ai Comuni, Le Politiche Sociali e di solidarietà civile, rappresentano un ambito fondamentale di intervento dell’Amministrazione

provinciale. In questa prospettiva, assumono particolare rilevanza le attività e le progettualità a favore degli immigrati che costituiscono una componente impor-tante della comunità picena. Tra l’altro, in seno al Consiglio Provinciale, è presente il Consigliere aggiunto per gli Immigrati con funzioni di consultazione e di impulso per le problematiche del settore. Dal 2000 opera il Centro Polivalente Provinciale per l’Immigrazione la cui sede è a Porto d’Ascoli. Una struttura che promuove l’integrazione sociale, l’avviamento al la-voro e l’agevolazione al rientro in patria volontario e assistito degli immigrati. Svolge inoltre attività di informazione, orientamento al mondo del lavoro e di promozione dell’interculturalità. La Provincia di Ascoli Piceno ha istituito ed aggiorna annual-

La Provincia di Ancona è fortemen-te impegnata nelle politiche di integrazione con progetti propri

e collaborazioni con la fitta rete sociale del territorio. Di fatto, il crescente nu-mero di migranti presenti nella nostra provincia non produce contraccolpi sul-la tenuta della coesione sociale. Se du-rante i primi mesi della crisi economica in corso sembravano essere proprio loro a subire gli effetti più pesanti, la si-tuazione si è presto normalizzata. Que-sto ci conferma lo sportello del Centro per l’impiego che il nostro ente dedica agli stranieri, per fornire loro informa-zioni sulle iscrizioni, corsi di lingua e cultura, orientamento al lavoro e ai servizi offerti dalla comunità (trasporti, accoglienza, sanità). Non a caso la Pro-vincia di Ancona, è stata recentemente premiata dalla Fondazione Cariverona con il finanziamento del progetto Con-tatto rivolto all’integrazione lavorativa dei soggetti svantaggiati, tra i quali rifugiati e rom. Un successo dovuto alla stretta contiguità della Provincia con le comunità educative, la Caritas, asso-ciazioni come Terza Via o Free Woman. Attraverso la rete sociale interveniamo nell’ampio spettro di questioni relative all’immigrazione: dalle donne vittime di tratta ai minori di seconda genera-zione, dagli adulti in cerca di lavoro ai minori non accompagnati da avviare al tirocinio. Un impegno a tutto campo che raggiunge le politiche abitative, anch’esse interpretate nella chiave dell’integrazione sociale. Lo scorso anno la Provincia ha infatti avviato il primo progetto di autocostruzione della regione. Un progetto ministeriale che il nostro ente ha voluto destinare equamente a cittadini italiani e stranieri per non creare quartieri ghetto e nuove forme di marginalità.”

IntErvEnto DEl prESIDEntEDEllA Provincia di Pesaro e Urbino, matteo ricci

IntErvEnto DEl prESIDEntE DEllA Provincia di ascoli Piceno, Piero celani

IntErvEnto DEl prESIDEntE DEllA Provincia di ancona,PatriZia casaGrande

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15Whymarche.com

Da quando la Provincia di Fermo è nata ci si sta impegnando per riordinare la rete di servizi informativi e di assistenza agli

immigrati e per intensificare l’attività di integra-zione culturale, scolastica e lavorativa.Molti sono i progetti attivati o in via di attiva-zione: nelle scuole (prevalentemente in quelle di base) si è appena concluso il primo anno di sperimentazione del “Quaderno dell’integrazio-ne”; è al suo secondo anno il progetto “Mus-e”, promosso dai Giovani di Confindustria per l’intercultura attraverso l’espressione artistica; si sta costruendo la rete di sostegno linguistico nelle scuole superiori (anche attraversi i CAG ed i Centri per l’Educazione degli adulti); stanno per partire due corsi di lingua italiana; stiamo soste-nendo un corso di lingua albanese; entro dicem-bre uscirà il Bando provinciale per un Corso per Mediatori culturali (finalizzato anche ad istituire l’elenco provinciale dei mediatori specializzati); nei prossimi giorni verranno finanziate per le scuole le attività di mediazione culturale.Altre due attività di rilievo sono: - il Progetto “Il Mondo a Scuola” rivolto ai giovani di classi multietniche di tre Scuole Superiori, ai loro insegnati e familiari;- il Progetto “ProvIntegra”, in rete con 15 Provin-ce italiane, per la formazione linguistica e l’atti-vazione, in collaborazione con le associazioni di categoria, di stage per la formazione al lavoro.Inoltre, la Provincia di Fermo è stata scelta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Regione Marche (assistiti tecnicamente da Italia Lavoro), per sperimentare il Progetto “PON FSE - 2007-2013. Programmazione e Organizzazione dei servizi per il reimpiego degli immigrati” .A ciò va aggiunto un lavoro costante di rap-porto con gli Ambiti Sociali, con le associazioni degli immigrati e con quelle di volontariato, per definire le priorità ed i bisogni; lavoro che troverà, nel 2011, la sua naturale conclusione nell’attivazione della Consulta provinciale per l’Immigrazione.Altre attività in programma sono la costruzione del Centro interculturale polivalente, la realizza-zione del Festival dell’intercultura ed il sostegno alle autonome attività delle scuole, dei Comuni e delle associazioni.

IntErvEnto DEl prESIDEntE DEllA Provincia di Fermo, FabriZio cesetti

mente l’elenco provinciale delle associazioni degli immigrati, l’elenco dei Mediatori Culturali e l’elenco dei Facilitatori Linguistici, tutti albi volti a garantire agli utenti figure di sostegno per favorire l’integrazione. Di particolare significato il progetto “Dall’accoglienza all’integrazione nella scuola”, con cui vengono attribuite agli Ambiti Territoriali Sociali le risorse per lo svolgimento del servizio di mediazione culturale nelle scuole da parte di personale qualificato che segue gli alunni immigrati favorendone l’integrazione ed il buon andamento della vita scolastica. Da segnalare, infine che, grazie al finanziamento della Fondazione CARISAP, la Provincia ha messo a disposizione un servizio di mediazione culturale e linguistica anche in ambito sanitario. Le Zone ASUR di competenza infatti, hanno la possibilità di reperire mediatori specializzati in cultura araba/nord africana, cultura albanese/slava e cultura orientale/cinese per poter fornire un servizio ottimale ad un bacino d’utenza che rappresenta circa l’87% degli immigrati del territorio provinciale.

delle pratiche (permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari, lavoro ecc). E visto che l’integrazione passa anche attraverso la scuola, dove è forte la presenza di alunni stranieri, abbiamo avviato iniziative negli istituti all’interno del proget-to “Lontani da dove?”, con ricerche, gemellaggi e percorsi tra culture diverse. Un grande coinvolgimento delle comunità immigrate ha ottenuto il progetto “Immi-grati cittadini”, di cui siamo capofila, promosso per aiutare a sviluppare un senso di appartenenza attraverso la conoscenza di diritti e doveri e del funzionamento delle istituzioni. In questo contesto, molto apprezzato è stato il workshop sulla figura del “mediatore interculturale”, vero e proprio ponte per creare relazioni e per comprendersi.

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Pranzo al sacco iPhonecon

Da quanto tempo non fai una gita organiz-zata, con una corriera

da cinquanta posti e quelli in fondo che attaccano “azzurr-roo, il pomeriggio è troppo azzurrooooo” e quelli davanti che sonnecchiano compo-sti? Ce l’hai presente, no, una corriera piena di cinquanta persone che vanno al santua-rio del Monte Scarabocchio o agli scavi archeologici della Pietraccia di Fosseto? Bene. Di questi cinquanta, prima o dopo aver prenotato il viaggio, più di trenta hanno cercato di sapere

da Internet dove sarebbero

andati a finire nel fine settima-

na. Perché almeno il 70% delle

persone che fa un viaggio cerca

informazioni attraverso Internet

riguardo alla destinazione della

vacanza, lunga o breve che sia.

Di quei famosi cinquanta (poi

magari cambia qualcosa se

sono un po’ più giovani o un

po’ più vecchi, ma non credere,

cambia di poco) almeno una de-

cina avranno un telefono che li

collega a Internet pure quando

stanno appesi sulla scogliera di

Rivasecca. E una buona trentina

avranno un profilo personale su

Facebook, dove finiranno le foto della gita.Siccome le cose stanno così, percento in più percento in meno, sarebbe il caso che chi si occupa di turismo iniziasse a prendere il fenomeno come un dato di fatto, come una cosa già successa alla quale reagire e non come a un lontano futuro per il quale c’è tutto il tempo di prepararsi.Una delle cose che mi è capi-tato di sentire in passato, con forza, è stata che “il turismo lo fanno gli albergatori”. Probabilmente, ma fino a

Punto di interesse 1

INTERNETPunto di interesse 2FACEBOOK

di F

abio

Cur

zi

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17Whymarche.com

Pranzo al sacco iPhone

un certo punto, è vero per

quegli alberghi che offrono

un’esperienza unica come una

stanza costruita su un albero

o un hotel progettato da un

archistar, con arredamento di

un designer di grido.

Il turismo lo fanno i prodotti

e le destinazioni turistiche: la

messa nella basilica di Loreto,

una passeggiata a Portonovo,

un’escursione sul Vettore, il

biglietto d’ingresso a Palazzo

Ducale, il paesaggio di grano

e vigne delle nostre colline. Gli

albergatori offrono un letto a

persone che vogliono vivere

quest’esperienza. Queste per-sone però mangiano, bevono, acquistano ricordi e regali, comprano il giornale o i sanda-li, lavano la macchina e fanno benzina, vanno in farmacia.L’economia mossa dal com-parto turistico è quanto di più trasversale alla vita del territo-rio, per questo è determinante l’impostazione di una strategia coordinata tra pubblico e privato.C’è un problema però. Mettiamo che i cinquanta buontemponi siano arrivati col torpedone a San Ciriaco e si

stiano godendo la città vecchia

d’Ancona e mettiamo che uno

di quei cinquanta, grazie al suo

modernissimo cellulare, metta

una bella foto su Facebook,

un “mi piace” sulla pagina

di un sito di informazioni

turistiche o arditamente faccia

un check-in su Foursquare: chi

risponde al telefono? Quale

ente si sarà organizzato per

reagire in tempo reale (o in un

tempo ragionevolmente breve)

a un complimento o ad una

critica?

Gli albergatori da tempo

vivono sulla loro pelle questa rivoluzione, con prenotazioni che arrivano via Internet a tutti gli orari del giorno e della notte, anche da persone che stanno in piedi di fronte all’al-bergo e tramite un controllo con il cellulare spuntano uno sconto fortissimo da Internet prima ancora di parlare col receptionist a tre metri. Gli albergatori vivono il problema della reputazione della loro struttura, stroncata o promossa dai commenti sui social net-work più disparati.

Diverse Regioni, Province e Co-muni attraverso vari strumenti e modalità hanno iniziato a ripensare il problema del loro posizionamento su Internet, che non passa evidentemente dal solo sito istituzionale, ma da una riorganizzazione della struttura promozionale e una rilettura delle relazioni che legano il pubblico e il privato.

Un’ ultima cosa, se divento sindaco dell’ufficio informa-zioni dell’APT, il Presidente si offende?

Punto di interesse 3SAN CIRIACO - ANCONA

Punto di interesse 4CHECK-IN su FOURSQUARE

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La Cripta di S ant ’Emidio

“Così ora lungo le sue strade e i suoi vicoli, fra ombra e sole, da San Francesco alle piccole chiese foranee, Santa Maria inter vineas, andavo riconoscendo le tracce

di quella civiltà comunale e feudale, la grazia rustica del romanico, l’energia nitida del gotico e l’armonia castigata dei secoli rinascimentali, affollate su quella pietra calda e spessa che è il travertino.”Queste sono le parole del grande poeta Mario Luzi riguar-do la magnifica città di Ascoli Piceno, usate per dipingerla come una città segnata dal passaggio di svariate culture e scrigno di tesori inestimabili e preziosi.La provincia ascolana si estende lungo la vallata del fiume Tronto, ricoprendo una superficie di oltre 150 km², e acco-glie una popolazione di quasi 60.000 abitanti.Un luogo che sfoggia un imponente centro storico costruito interamente sul travertino, una roccia sedimen-taria calcarea estratta dalle cave del territorio, che vede come protagonista indiscussa la rinascimentale Piazza Del Popolo, attorno alla quale si ergono lo storico Caffè Meletti, la maestosa facciata di Palazzo Dei Capitani, la chiesa di San Francesco, delimitata dalla deliziosa scenografia degli armonici portici.“Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno - afferma il famoso mu-sicista Giovanni Allevi - è una delle più belle piazze d’Italia. Mi piace perché è un salotto a cielo aperto dall’eleganza straordinaria.”Il salotto della città, rappresenta la fiera piazza per gli asco-lani, nella quale quotidianamente si ritrovano residenti e non per sorseggiare aperitivi in compagnia, per passeggia-re lasciandosi avvolgere dalla magia che silenziosa si posa nel centro Piceno, per scambiare due chiacchiere all’ombra di alcune delle più belle strutture architettoniche che le Marche possano offrire – e perché no – anche per assapo-rare l’inconfondibile gusto delle note olive all’ascolana.Come non parlare della Cattedrale di Sant’Emidio, situata in Piazza Arringo - centro della mondanità comunale - ed edificata su di un’antichissima basilica: le origini della cattedrale sono avvolte in un denso alone di mistero, ma si è quasi certi che nel VIII secolo fossero già cominciati i lavori di costruzione.Nel corso dei secoli, quest’ultima fu oggetto di svariati rimaneggiamenti e restauri, che le permisero di ottenere l’indiscussa superiorità su tutte le altre strutture religiose

della città.Accanto alla cattedrale, che cela al suo interno la cripta dedicata anch’essa al Santo Pa-trono, è locato il Battistero di San Giovanni, struttura austera e sacra, di stampo romanico annoverata tra i migliori esempi di arte religiosa italiana, nella quale furono per breve tempo esposti dei tessuti preziosi di recente scoperta.Si tratta dei drappi utilizzati per avvolgere le reliquie di Sant’Emidio risalenti ad un pe-riodo compreso tra il VII e l’VIII secolo; oltre ai preziosi drappi di origine bizantina, è stato

di R

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lo scrigno dei tesoriASCOLI

La festa della quintana di Ascoli che si svolge ogni anno ad Agosto

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- I Piceni devono il loro nome, al Picchio, l’animale da loro venerato?- Piazza dell’Arringo è così chiamata perché venivano tenute le arringhe degli oratori che, durante le pubbliche discettazioni “arringavano” la cittadinanza?- Ascoli Piceno, è in grado di sfoggiare tutte le proprie ricchezze architettoniche in ottimo stato di conservazione, perché fu ritenuta città lazzaretto, fatto che le evitò tutti i bombardamenti e le incursioni della seconda guerra mondiale?- Sopra la balaustra del campanile di San Francesco, è presente un “fallo”, che secondo le credenze popolari si ritiene un dispetto da parte dei manovali, che non essendo stati pagati decisero di erigere questo piccolo dispetto alto circa 1m?

lo SApEvI CHE...

Alla scoperta delle meraviglie di Ascoli Piceno

lo scrigno dei tesoriASCOLI

rinvenuto anche un reliquiario di San Benedetto martire che ha portato alla luce quattro elementi tessili di straordinaria fattura ed in pregevole stato di conservazione. Sempre in Piazza Arringo, nel Palazzo vescovile dell’Arengo, ha sede la Pinacoteca Civica, nella quale è possibile ammirare le opere di Carlo Crivelli, Cola D’Amatrice, Tiziano, Guido Reni e di tanti altri ancora: il tutto ambientato in splendide sale, ammobiliate con poltrone, cassettoni, specchiere che con i preziosi tendaggi e lampadari di Murano rievocano l’atmo-sfera dei palazzi aristocratici.

Al di sopra del ponte di Cecco, che secondo le credenze popolari fu costruito in una notte dal demonio sotto comando di Fran-cesco Stabili - personaggio di spicco dell’epoca medievale, per la sua erudizione – sorge il Forte Malatesta, costruzione militare ad opera di Galeotto I Malatesta, utilizzata precedentemente a scopo difensivo, successivamente divenne un carcere, per poi ospitare oggigiorno l’eclettica e vasta raccolta del collezionista Serafino Fiocchi.Altro elemento estremamente attrattivo della città, sono le ultime 12 torri rimaste: dopo il saccheggio per mano di Federico II di Svevia, Ascoli vide cadere la maggior parte delle sue torri, e attualmente alcune sono adibite a campanili di chiese mentre altre, come il Palazzetto Longobardo costituiscono un carismati-co polo turistico.E come non parlare dello spettacolare Teatro Ventidio Basso, dalla struttura neoclassica, che continua e materializza la mille-naria tradizione culturale cittadina: la sua scena è stata calcata da grandi del calibro di Pietro Mascagni, Clito Moderati, Primo Riccitelli, ma anche da Katia Ricciarelli e tanti altri.Nella prima settimana di agosto, è sicuramente blasfemo per-dersi la Giostra della Quintana, un fantastico spettacolo interpre-tato dai cittadini ascolani che rievoca la storia medioevale della città: non solo, entrano in scena costumi sfarzosi che vogliono sintetizzare quella tradizione, quella storia e quell’indissolubile legame col territorio che rendono Ascoli unica nel suo genere.I cittadini si preparano tutto l’anno in attesa di prendere parte all’evento, che puntualmente non smette di emozionare e di conquistare i cuori di tutti gli spettatori.

La festa della quintana di Ascoli che si svolge ogni anno ad Agosto

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Un’antica diceria racconta che, in tempi ormai lontani, un conta-dino salisse lungo la scalinata (La Piaggia) con un sacco di farina di granturco sulle spalle. Affati-cato, giunto nei pressi del pozzo, appoggiò il sacco sul bordo per riprendere fiato ma questo si scucì e tutta la farina finì nel pozzo, dando la possibilità ai corinaldesi di “servirsi” di polenta per molto tempo a venire. Da pic-chiatelli a geniali il passo è breve: i corinaldesi, per nulla infastiditi dalla fama di “polentari” hanno preso spunto dalla storiella per l’annuale rievocazione storica detta appunto “La Contesa del pozzo della polenta”.

Il pozzo DELLA POLENTA

Quanti di voi per esempio sanno che proprio qui ha avuto i natali la martire Santa Maria Goretti? A lei è dedicato il Santuario locale,

creato dall’unione tra l’ex monastero, che ora ospita la Sala del costume e la Biblioteca comuna-le, e l’antica chiesa medievale di S. Nicolò, dai tratti tipici dell’architettura settecentesca. Passeggiando lungo le navate dell’edificio ecclesiastico non si potrà fare a meno di notare le rifiniture barocche e le molte opere d’arte che catturano lo sguardo tra cui la grande cantoria lignea che racchiude un meraviglioso organo di Callido del 1767.Quando ci si presenta al cospetto di questo piccolo centro, che nel medioevo era collocato al confine tra la marca di Ancona e lo Stato di Urbino, la prima cosa che si nota sono le imponenti mura quattro-centesche erette a protezione e difesa del borgo: 912 metri interamente percorribili tutt’ora che guidano in un intreccio di porte, baluardi, torri di difesa, merli ghibellini a coda di rondine, cam-minamenti di ronda …. se non fosse per i rumori delle automobili che passano accanto, il visitatore potrebbe quasi immergersi nel sapore dell’epoca storica.Chi così tanto deve al passato non può che riporta-re in auge le bellezze lasciate in eredità e renderle declinate al presente. Chi dunque, come il Comune di Corinaldo, ha a disposizione una testimonianza architettonica e culturale di estremo pregio come il Teatro Goldoni, non può esimersi dal renderlo parte attiva della vita cittadina: anche la stagione teatrale 2010/2011 è infatti in grado di proporre in cartello nomi importanti della prosa, della musica e della danza.

CORINALDO

Provincia

di Ancona

Ricordato dai più come teatro di una delle più frequentate e conosciute feste di Halloween delle Marche, il paese di Corinaldo è in grado di regalare a chi si avvicina alla sua conoscenza molte sorprese: artistiche,storiche, naturali, turistiche

>>> www.corinaldo.it

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“Sono nato e cresciuto in Brasile, ma mi sentopiù marchigiano che brasiliano”

“Mi chiamo Alessandro Maria Pagano ed ho 46 anni. Sono nato a San Paolo ed i miei genitori sono Giuseppe Giovanni Pagano e

Caterina Cappelli Pagano, figlia di Leo Cappelli e Piera Passamonti Cappelli, emigrati nei primi anni ‘50 a San Paolo del Brasile. Son venuti da Ascoli Piceno assieme ai tre figli Ca-terina, Maria Cristina e Nazzareno, nel dopo guer-ra a causa delle precarie condizioni che esistevano in Italia in quei tempi. Mio Zio Nazzareno, è rientrato poco tempo dopo in Italia: è stato messo sulla nave da solo ad appena sei

anni e oggi vive ad

Ascoli Piceno dove è notaio. Stando ai

racconti dei miei nonni e di mia mamma, so che non è stato

facile staccarsi dalla Regione, ma l’ accoglien-za del popolo brasiliano è stata importante in quel momento, e il modo di vivere brasiliano è diventato a poco a poco il loro, anche grazie al fatto che già c’erano parecchi italiani a San Paolo. La marchigianitá è qualcosa che rimane dentro, che si vive: io stesso mi sento più marchigiano che brasiliano. Dico a tanta gente che abbiamo 50% di marchigianità e 50% di brasilianitá dentro di noi, e con l´appoggio della Regione Marche conser-viamo i valori , la cultura e l´identità marchigiana. La comunità dei marchigiani qui a San Paolo comprende più o meno cento famiglie, ma a dispetto del numero esiguo siamo molto forti e rispettati dalle altre collettività regionali, che sono in maggior numero.

Io sono chirurgo-dentista e svolgo la mia attività a San Paolo nel mio studio, dove attendo anche molti connazionali che vengono in Brasile per vacanze e visitare parenti.Il mondo del lavoro marchigiano é un modello esemplare e completamente differente dal nostro, anche perchè purtroppo anche se siamo un Paese in via di sviluppo, ancora la povertà e le differen-ze sociali sono numerose. La mia famiglia vive bene, ma ci sono moltissimi connazionali che non hanno avuto la fortuna e le opportunità di tanti altri e vivono in condizioni molto semplici. Oltre all’Associazione di cui faccio parte io, qui a San Pa-olo ce n’è anche un’altra marchigiana e riusciamo a convivere bene e a rapportarci anche con altre Associazioni del Sud America, come i Marchigiani in Argentina,Uruguay e Venezuela; il rapporto è di amicizia e scambi di carattere culturale e sociale. Organizziamo alcuni eventi enogastro-nomici e culturali. Per i giovani, intercambi come l´Educational Tour, un programma turistico cultu-rale per giovani Marchigiani all’ estero che dia loro la possibilità di visitare le bellezze della regione dei loro antenati.Nella prima settimana di Dicembre ci riuniamo sempre per un cenone o pranzo conviviale in omaggio alla Giornata delle Marche; e questo fa ancora più effetto se pensate che San Paolo é una città di circa 20.000.000 di abitanti e i connazionali marchigiani per andare da un Bairro(quartiere) all’ altro camminano per circa 40 Km e secondo il traffico a San Paolo si spende almeno un´ora in macchina.L´appoggio della Regione Marche tramite il suo presidente Gian Maria Spacca e del consiglio dei Marchigiani al Estero nella persona del presidente Berrioni é di notevole importanza per tutelare la marchigianitá al estero.”

a cu

ra d

i El

eono

ra b

aldiQuesto è quello

che ci dice Alessandro Maria Pagano,

dentista a San Paolo del Brasile ma orgoglioso

delle sue origini marchigiane

Marchigiani si rimane, anche se ci si sposta per lavoro in un altro Paese, se la propria vita si trasferisce in una nazione lontanta…quasi all’altro capo del mondo.Why Marche vuole essere testimone delle storie di queste persone, indagare il loro legame con la regione natale e capire come si impara a vivere in un altro Stato, come cambiano le abitudini, i modi di pensare, i modi di organizzare il proprio lavoro tenendo però sempre viva la fiammella della marchigianità. Ecco la storia di Alessandro Maria Pagano, di origini ascolane ed ora residente a San Paolo del Brasile.

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23Whymarche.com

La Giornata mondiale per il diritto allo studio è stata istituita in memo-ria dei nove ragazzi condannati a

morte il 17 novembre del 1939 a Praga, in seguito ad una protesta universitaria du-ramente repressa degli occupanti nazisti.Il 17 Novembre del 2010 sarà invece ricordato in Italia come il giorno della mo-bilitazione contro i pesanti tagli apportati al mondo della cultura e dell’istruzione nazionale. Sono infatti scesi in piazza in più di cento città italiane studenti – sia universitari che delle scuole superiori - , diverse sigle – da Link-coordinamento universitario all’Unione degli universitari, dalla Rete degli studenti medi all’Unione degli studenti - , il Coordinamento nazio-nale dei ricercatori e quello dei professori associati e anche la Flc-Cgil : un’ampia partecipazione che restituisce il senso di quanto la strada intrapresa dal nostro Go-verno sia poco condivisa da chi fa parte del mondo della formazione.La riforma Gelmini attuata all’inizio dell’anno scolastico/accademico in corso ha provocato alcune conseguenze che rischiano di minare la storica fama degli atenei italiani, forieri di talenti e menti brillanti che devono però essere coltivate, indirizzate, interessate; e molto proba-bilmente attuare politiche di risparmio proprio in questo settore non si presenta come la soluzione per far sì che questa fama positiva si protragga.

Dire che “i tagli a scuola e università sono tagli al nostro futuro” rappresenta un’affermazione troppo pesante? O forse è solamente un modo particolarmente colorito per rendere comunque conto di una situazione che si potrebbe definire quanto meno preoccupante?Parlare di riconquista del diritto alla studio significa senza dubbio porsi in una posizione quasi di sfida nei confronti del disegno di Legge Gelmini che sta per proseguire il suo iter in aula; e il timore è ancora più forte a causa della attuale situazione problematica a livello politico: se infatti si dovesse verificare l’eventualità di una crisi di Governo, il lavoro degli atenei rimarrebbe bloccato e si aprireb-bero scenari poco felici per le università italiane.Gli studenti delle università lamentano in modo particolare il taglio ai fondi per le borse di studio; questa misura infatti rischia di impedire a un’ampia fascia di giovani a reddito basso di poter intra-prendere una carriera universitaria e nessun sollievo ha apportato la promessa di un milione di euro che dovrebbero es-sere stanziati in finanziaria per l’istruzione universitaria, anche perché l’impiego di questa risorsa non è ancora confermata. Altro problema avanzato quello dell’in-vestimento in edilizia scolastica dato che sempre meno sono le “case dello studen-te” e in strutture spesso quasi fatiscenti.

A leggere tra le tantissime informazioni che si sono susseguite sia nei quotidiani che on line, le richieste vertono attorno a una ricerca della qualità della didattica e ad un miglioramento dei servizi offerti dagli ate-nei, a un impiego di insegnanti competenti e preparati che non debbano combattere costantemente con la precarietà, a un più libero accesso all’istruzione pubblica.

23Whymarche.com

I tagli apportati dal Ddl Gelmini a tutto il mondo dell’istruzione e della formazione hanno provocato polemiche che non accennano a sedarsi. Che cosa ne pensano gli Atenei marchigiani?

Ladri di futuro?

QUESTO IL QUADRO GENERALE CHE PARLA DI UN MOMENTO NON CERTO FACILE PER IL MONDO DELLA CULTURA E DELL’ISTRUZIONE NOSTRANA;

E LA SITUAZIONE REGIONALE?CERCHIAMO DI APPROFONDIRLA CON I RETTORI DEI NOSTRI ATENEI. A LORO LA PAROLA.

che cosa si vorrebbe ottenere con qUesta Protesta?

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unIvErSItA’ DIcamerino

unIvErSItA’ DIancona

“Certamente questo è un periodo di forte agitazione per il sistema universitario italiano in relazione al disegno di legge Gelmini, principalmente perché credo che intorno ai contenuti di questo DDL ci sia stato e ci sia un deficit d’informazione. Tutto sembra essersi ridotto ad un confronto sul metodo più che nel merito, con il

balletto sulle risorse (ci sono! non ci sono! quante sono?) che ha preso nettamente il sopravvento. Questo può aver determinato nell’opinione pubblica più sensibile al problema (studenti, ricer-catori) la sensazione che fosse in corso un baratto tra il Ministro ed i vertici universitari, con questi ultimi disposti ad accettare una ‘cattiva riforma’ in cambio di un po’ di risorse. Ritengo invece sia importante sottolineare che questa riforma contiene la fine del precariato ‘vero’, quello senza prospettive e senza orizzonti, pur-troppo estremamente diffuso oggi nelle università. Certamente il problema delle risorse è cruciale. Senza risorse, le novità introdot-te dal DDL, sul reclutamento in particolare, diverrebbero di fatto impraticabili per mancanza di coperture. A causa della progres-siva contrazione delle risorse, dal 2000 al 2009 relativamente ai costi e poi dal 2010 in termini assoluti, anche per l’Università di Camerino si sono resi necessari interventi di razionalizzazione della spesa e di realizzazione di economie di scala, quali quelli contenuti nell’accordo con il Ministero dell’Università e della Ricerca, l’Università di Macerata e la Provincia di Macerata, che hanno consentito di prevedere il pareggio di bilancio ancora per l’anno in corso, con un’entrata prevista di oltre 51 milioni di euro, che riesce a fare equilibrio alle previste uscite di pari entità. Qua-lora tuttavia il Governo non dovesse rivedere i tagli già decisi per il 2011 e 2012, anche questi interventi risulteranno insufficienti, malgrado l’accordo di programma, poiché neanche un’entrata stabile, in un contesto di costi in aumento, consente politiche di sviluppo dinamiche come vorremmo; anzi, richiede sacrifici e tagli. Tagli che comunque all’Università di Camerino siamo riusciti fin qui ad evitare almeno sui servizi agli studenti e sul dottorato di ricerca, continuando così ad onorare la nostra missione, quella di essere e rimanere Università.”

“Dopo un violento – quanto infonda-to – attacco alle istituzioni universitarie portato avanti da media interessati solo ad esaltare alcuni aspetti negativi ed ad ignorare il pregevole lavoro svolto dalla maggioranza degli operatori universitari, il martellamento, nel quale si sono distinti anche numerosi professori, sembra aver dato i suoi velenosi frutti con una pseudo-riforma dell’Università gonfia di demago-gia e scarsa di progettualità e di risorse. Il sistema ha subito deformazioni per scelte e pressioni che la politica, centrale

e locale, ha esercitato sul sistema universitario affogandolo di norme e prosciugandolo di risorse finanziarie – già inferiori alla media UE – senza che l’intervento privato, forse più interessato alle società calcistiche che alla ricerca scientifica, compensasse il ritiro della parte pubblica. Purtrop-po la Legge Gelmini si iscrive in una logica perversa portandola al suo acme. Questa paranoia normativa dovrà produrre quasi 200 nuove nor-me attraverso deleghe che produrranno altri strumenti legislativi; suona davvero involontariamente comico l’indirizzo, esplicitato nella medesima legge, di premiare con i finanziamenti i processi di semplificazione.La tesi implicita in tutta la Legge Gelmini è che l’autonomia sarebbe degenerata in autoreferenzialità e quindi bisognerebbe – sostanzialmen-te – tornare all’antico, cioè ad un modello centralistico sotto il controllo formale del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ma di fatto, come si è visto negli ultimi anni, del Ministero dell’Economia e delle Finanze.La considerazione che alcuni Atenei (ma solo alcuni!) hanno usato male l’autonomia e perduto il controllo dei loro conti economici non può indurre a punire l’intero sistema riportandolo indietro verso una centralità ministeriale. Il neo-centralismo ministeriale nel suo disegno di insostenibili standardizzazioni del sistema – in perfetta controtendenza con ciò che avviene nei paesi più sviluppati – non farà emergere, in una sana competizione, le migliori esperienze spingendo ciascun Ateneo ad individuare propri modelli caratteristici legati anche a vocazioni del territorio, ma produrrà ulteriori nefaste tabelle, numeri magici, vincoli e regolette uguali per tutti e magari … eccezioni per qualcuno più uguale degli altri. Il centralismo è un approccio oltretutto deresponsabilizzante perché solletica la nostalgia canaglia per le confortanti circolari ministe-riali al riparo delle quali si può soffocare burocraticamente ogni forma di innovazione e distruggere il valore della diversità, che invece in un clima di virtuosa competizione, esalta le capacità di adattamento ad esigenze nuove che la società urgentemente pone soprattutto agli Atenei, luogo di formazione dei nuovi saperi e delle nuove classi dirigenti. Si persevera nell’errore quando invece, più pragmaticamente, il legislatore dovrebbe definire gli obiettivi, misurare i risultati e di conseguenza distribuire pre-mi ed irrogare sanzioni. Metodologicamente si continua nel mescolare il fine con i mezzi cioè la riforma con le leggi, i cambiamenti necessari con le norme soffocanti: l’Università ha bisogno di meno leggi e più risorse; purtroppo invece lo schema prevede meno fondi e più vincoli normativi.”

Fulvio EspositoIl Contributo del rettore

Marco PacettiIl Contributo del rettore

24 Whymarche.com

www.unicam.it

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unIvErSItA’ DImacerata

unIvErSItA’ DIUrbino

“Non v’è dubbio che il disegno di legge Gelmini sull’Università abbia rappresen-tato, in positivo e in negativo, l’occasione per un ampio dibattito sulla formazione superiore e sul fu-turo dei giovani. Le proteste di questi mesi, anche nelle Marche, segnalano forti, legittime e direi responsabili preoccupazioni per le sorti dell’Univer-sità, soprattutto pubblica, minaccia-ta da tagli lineari e da una forte contra-zione del diritto allo studio, a partire dal 2011, a meno che non ci siano interventi del governo. Lo stanziamento di un miliardo di euro – per la verità non ancora sicuro – mostra chiaramente che gli Atenei non possono resistere ad una politica che negli ultimi anni ha portato l’Italia a spendere lo 0,8 del PIL in Università e ricerca, mentre la media dei paesi OCSE è più del doppio. E’ qui che bisogna intervenire: occorre una politica bipar-tisan che metta al centro, almeno per i prossimi cinque anni, l’investimento nel settore della ricerca e dell’innova-zione. Non bastano però solo maggiori finanziamenti: bisogna anche che le Università si rinnovino nelle forme orga-nizzative, nella cosiddetta governance, nel prendere decisamente la strada della razionalizzazione e del merito. Più fondi, più responsabilità nell’autonomia, più diritto allo studio, più competizione a livello internazionale. Così l’Italia e i suoi giovani potranno tornare a sperare in un futuro meno incerto, allontanando lo spettro (tutt’altro che lontano) del declino.”

“Troppo spesso in Italia sono quelli che hanno poco futuro a condizionare con le proprie decisioni quello di chi ne ha tanto davanti a sé. Eppure i padri della costituente non erano degli adolescenti quando riscattarono il mondo della cul-tura e della civiltà italiana dall’oscuran-tismo del ventennio con brani mirabili per sintesi ed elevazione civile come quello contenuto nell’Art. 3 della Carta : “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e so-ciale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”Rileggerlo oggi induce a tristi consuntivi e a un quadro non rassicurante su ciò che attende le giovani generazioni del nostro paese, quelle che appunto possiedono il futuro ma non ne possono disporre. Si potrebbe dire che questo è il vero patrimonio indisponibile dell’Italia, una sorta di res nullius che in quanto tale è lasciata al proprio ingovernabile destino.La protesta degli studenti dovrebbe già trarre anche soltanto da ciò la sua piena legittimità, ma per quanto inclini a riconoscerlo, non va di-menticato che il ruolo di un Rettore e di un Senato Accademico impone sempre il doveroso rispetto istituzionale verso le norme promulgate dai massimi organi rappresentativi di uno stato democratico.Tuttavia risulta particolarmente difficile conciliare tale ruolo con la constatazione che, pur in tempi di crisi, si neghi la basilare opportunità ai bisognosi meritevoli di avere accesso all’istruzione e al progresso sociale. Un paese che si riduce a ciò nega a se stesso la possibilità di uscire da questa crisi negandosi la possibilità di fruire del contributo dei propri migliori intelletti, costringendoli alla rinuncia o alla fuga.Non è un caso se l’Italia è uno dei paesi che investe meno nella cultura e nell’istruzione e conseguentemente ha una bilancia intellettuale che regala cervelli (e dunque futuro) all’estero senza importarne. L’Università italiana ha le sue colpe dalle quali dovrà emendarsi anche cogliendo dalla Riforma Gelmini quegli elementi che pure offrono l’occa-sione: Urbino ha già introdotto cultura imprenditoriale con l’ingresso di tre esponenti del mondo delle imprese nell’Ateneo senza che questo ne significasse la privatizzazione. E i finanziamenti privati possono essere messi proficuamente a frutto conciliando ricerca pura e applicata instil-lando nel mondo accademico elementi di dinamismo che sostengono e promuovono la libertà intellettuale da sempre patrimonio dell’Accade-mia da tutelare e promuovere. Ritengo insomma un dovere quello di tutelare risolutamente il diritto allo studio e l’autonomia dell’Istruzione cogliendo ogni giorno le oppor-tunità offerte dal quadro normativo.”

Luigi LacchèIl Contributo del rettore

Stefano PivatoIl Contributo del rettore

25Whymarche.com

www.uniurb.it

www.unimc.it

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26 Whymarche.com

L’invecchiamento della popolazione in Italia è il risulta-to di profondi mutamenti demografici avvenuti in un arco di tempo relativamente breve. La popolazione residente nella regione Marche ammonta a 1.536.098

persone (dati 2007) ed è caratterizzata da una quota rilevante di persone anziane: gli ultra sessantaquattrenni sono infatti il 22,6% del totale. Si tratta del quinto valore regionale più elevato, che seppur distante dal 26,7% della Liguria, supera di 1,4 punti percentuali il dato relativo all’Italia centrale e di ben 2,6 punti percentuali il dato nazionale - fonte “Rapporto Nazionale 2009 sulle condizioni e il pensiero degli anziani”. Le Marche sono anche la regione dove si vive più a lungo: il numero di persone con età superiore a 65 anni ammonta a 347.062 unità e il peso della popolazione di 85 anni e più è considerevole, costituendo attualmente l’11,4% della popola-zione con più di 64 anni. Secondo le stime Istat, questi numeri sono destinati a crescere ancora, fino a 354.102 unità nel 2011, superando quota 450.000 nel 2031. Al di là dei dati assoluti, continuerà il trend crescente, già delineatosi negli ultimi anni, del rapporto tra popolazione anziana e popolazione totale: tra circa venticin-

Marche sempre più anziane: circa 19mila gli assistiti.

Un’esigenza e un’opportunità

da cogliere. Come?

Ce lo spiega il progetto

“Bada-bene”

26 Whymarche.com

Cosa si richiede alle “badanti”?Non solo pulizia della casa o cura per l’igiene della persona, ma capacità di orientarsi nel contesto sociale, sanitario e culturale dell’assistito, riconoscere le diverse esigenze, avere competenze nutrizionali, sapersi muo-vere nella rete dei servizi alla persona per garantire il disbrigo di pratiche burocratiche(www.istruzioneforma-zionelavoro.marche.it/Notizie).Ecco il profilo della badante profes-sionista.Da un lato un’occasione per le donne, giovani e adulte, in gran parte stra-niere - 71.759 sono infatti le emigrate residenti nelle Marche al 1 gennaio 2010 provenienti principalmente da Albania, Romania e Marocco - sia in termini di qualificazione lavorativa che di integrazione sociale e dall’altro

lato una risposta alle famiglie che richiedono sempre più capacità.Con la Delibera di giunta (Dgr) 118 dello scorso 2 febbraio 2009 è stato definito il profilo professionale dell’assistente familiare, un operatore che si prenda cura della persona non autosufficiente, anziana o disabile non anziana, fornendo sostegno ai familiari e contribuendo al manteni-mento del benessere psico-fisico della persona.

Chi vorrà acquisire tale qualificazione e il conseguente attestato di profes-sionalità dovrà frequentare corsi per una durata standard di 100 ore; per il rilascio di una semplice certificazione di competenza saranno invece suffi-cienti di 24 ore di corso.

Come diventare badante professionista?

>>> www.unsiclavoro.it

di M

anila

Sal

vate

lli

Page 27: Why Marche N.02 12/2010

il corso badabeneUnsicolf Sportello amico, Enuip e Unsic lavoro presentano nelle Marche come sul territorio nazionale il corso BadaBene della durata di 25h rivolto ad adulti interessati a diventare badanti professionisti. Un corso tenuto da psicologi ed esperti delle normative e sicurezza sul lavoro che ha come obietti-vi incidere sulla diminuizione dell’emarginazione sociale dell’anziano solo e/o non autonomo, favorire un’assistenza adeguata e qualificata all’anziano e/o disabile adulto, garantire affidabilità e professionalità alle famiglie, fornire un database aggiornato che metta in costante rapporto la domanda di lavoro alla richiesta delle famiglie.

Programma del corso:

MODULO ORIENTAMENTO

E BILANCIO DELLE COMPETENZE

MODULO RIGUAR-DANTE LA NORMA-

TIVA A CUI SONO SOGGETTE LE

PRESTAZIONI RESE DALLE BADANTI:

NE VERRANNO CHIARITE COMPE-

TENZE E DIRITTI

MODULO RIGUARDANTE LA SICUREZZA

NELL’AMBIENTE DI LAVORO E LA PREVENZIONE DI INCIDENTI DOMESTICI

MODULO RI-GUARDANTE LE PIù FREQUENTI PATOLOGIE DE-

GLI ANZIANI E LA RELATIVA DIETA A CUI DEVONO

ATTENERSI

MODULO RIGUAR-DANTE LA PSICOLO-GIA DELL’ANZIANO AL FINE DI RAPPOR-

TARSI AL MEGLIO CON IL PROPRIO

ASSISTITO ,NEL RI-SPETTO DELLE SUE ABITUDINI ,OGGET-

TI E AMBIENTE

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que anni l’indice di invecchiamento della regione Marche raggiungerà il 30%. E arriviamo così al nostro punto di interesse: sono 4.542 (in un totale di 126 strutture protette + 28 RSA) gli anziani assistiti presso le strutture residenziali, 6.664 quelli curati a domicilio dai servizi ADI delle Asur sono e ben 12.227 quelli che ricorrono alle “badanti” a domicilio. Benchè la politica regionale e le organiz-zazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil prevedano che tra il 2010 e il 2013 i livelli assistenziali nelle residenze protette vengano ulterior-mente aumentati fino a raggiungere i 100 minuti di assistenza giornaliera per per-sona, resta elevato il bisogno di rivolgersi privatamente alle badanti.Quali i bisogni rilevanti? Il progressivo decremento della popola-zione, legato all’aumento della morta-lità, alla diminuzione della natalità, alla ridistribuzione della popolazione in zone periferiche o nell’hinterland della città, ha reso più vistoso il fenomeno dell’invec-chiamento della popolazione. In una situazione tale, esiste un elevato rischio di solitudine, fragilità e margina-

lizzazione degli anziani al momento delle prime manifestazioni di decadimento cognitivo. Alto è quindi il bisogno di au-mentare gli interventi rivolti alla persona oltre che rafforzare la presenza di spazi aggregativi, stimolanti e socializzanti a carattere semiresidenziale. La crescente sensazione di solitudine è aggravata dal fatto che la maggior parte delle famiglie è costituita da un unico componente e dalla presenza di barriere architettoniche che ostacolano la vita sociale. Nello specifico, le persone che vivono da sole sono circa il 46% della popolazione anziana e si potrebbe im-putare a ciò l’elevato numero di incidenti domestici che nel triennio 2003-2005 si sono avuti nei 27 Paesi della comunità europea: 251.000 decessi a causa di ferite e traumi, dei quali ben 26.500 si sono verificati in Italia. Differenze di genere, imputabili alla mag-giore longevità femminile, si registrano nelle prestazioni di Pronto Soccorso dove gli interventi in aiuto delle donne supe-rano quelli in favore degli uomini nelle classi di età dopo i 50 anni.

[email protected]

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GIUSEPPE CI PARLA CON ENTUSIA-SMO DELLA SUA AVVENTURA, DEI PRIMI PASSI MOSSI NELL’AMBITO

NELLA CREAZIONE DELLA SUA SCUOLA DI LINGUE CHE GIà VEDEVA COME QUAL-COSA DI DIVERSO DA QUELLO PROPOSTO DAL MERCATO

“ Non mi interessava fare concorrenza al ribasso; volevo che si scegliesse la The Victoria Company per la qualità e la diversità dei

servizi offerti. Forse nei primi due anni sono stato abbastanza legato al modo di fare business che vedevo attorno a me, poi ho iniziato a fare viaggi di “studio” all’estero perché l’aggiornamento, la co-noscenza di nuove modalità di fare è fondamenta-le. E ho voluto portare nella mia struttura qui a Jesi tutte le innovazioni che reputavo più interessanti.”E’ stata forse questa spinta al continuo miglio-ramento, che fa parte dello slogan stesso della The Victoria Company, a permettere una crescita davvero fulminea: dalla prima scuola di 60 metri quadrati – con una piccola reception, un ufficio e un’aula – all’apertura già un anno dopo di un’altra sede per iniziare a creare un network, un business che sapesse rispondere alle esigenze del territorio. Ora la aule sono 9 e i servizi offerti sono molteplici e di qualità assolutamente riconosciuta e certifica-ta. Le possibilità offerte dalla The Victoria Company sono talmente tante che “l’utente esterno molto spesso neanche è a conoscenza delle esperienze culturali e linguistiche che siamo in grado di offri-re”, ci confessa Romagnoli.E allora proviamo noi a fare da veicolo alle possibi-lità che la The Victoria Company è in grado di offri-re; perché definirla “scuola di lingua” è quasi ridutti-vo. Forse sarebbe il caso di definirla un’esperienza a 360° in cui alla possibilità di apprendere una lingua straniera si unisce la ricchezza di vivere un’espe-rienza. O, come lo stesso fondatore la definisce, una “scuola – azienda” in cui non si impara sempli-cemente, ma si punta al miglioramento continuo: nella capacità di conversare, nell’apprendere le particolarità di un idioma anche in base all’uso che se ne farà studiando percorsi di apprendimento ad hoc, training che formino manager in grado di operare in differenti settori del mondo del lavoro. La visione di Romagnoli è orientata al dinamismo, alla voglia di creare, alla ricerca di un abbinamento continuo di più saperi non solo linguistici fini a se stessi; un esempio? Alla frequenza in aula di corsi di lingua, si unisce la possibilità di fruire di ore di conversazione ulteriori. E ancora, la possibilità di utilizzare la sala multimediale (p.l.c.) grazie alla piattaforma e-learning che può essere utilizzata sia da soli che con l’insegnante.

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Migliorarsi per migliorare

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Seduta nell’ufficio di Giuseppe Romagnoli, Managing Director e mente fonda-trice della “The Victoria Company”, la prima cosa che penso è come il suo accento fortemente inglese cozzi con il suo nome fortemente marchigiano: un sudafricano a Jesi mi verrebbe da pensare … o forse, a sentirlo parlare, sarebbe più corretto dire uno jesino che per un po’ è stato in Sudafrica.Quello che colpisce, al di la dei contenuti della nostra chiacchierata, è l’amore non solo per il suo lavoro, per la sua creatura, ma anche e soprattutto per la terra marchigiana, per i suoi colori, i suoi odori, le sue immense opportunità che, dice, noi marchigiani molto spesso non cogliamo. E come dargli torto …

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La The Victoria Company non è solo una scuola di lingue…è un’opportunità tutta da scoprire!

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Ma andiamo con ordine, per non perderci tra le molteplici possibilità offerte.

Nei mesi di Giugno e Luglio così, si andrebbe a proporre allo straniero un percorso completo, esperienziale appunto, il tutto supportato anche dalla collaborazione delle famiglie del luogo che potrebbero ospitare gli studenti – a fronte ovvia-mente di un rimborso economico – e delle attività commerciali e ricettive regionali che vedrebbero così aumentare gli introiti delle proprie casse. La The Victoria Company offre così il suo servizio di-dattico; le famiglie marchigiane trasferiscono allo studente usi e costumi e l’eccellenza marchigiana nei vari settori completa l’opera.MA OVVIAMENTE SI LAVORA ANCHE PER LA FORMAZIONE DI CASA NOSTRA!Tra le proposte più interessanti ci sono senza dubbio quelle per i ragazzini dai 7 ai 10 anni. Le formule messe a disposizione prevedono differenti soluzioni. In primo luogo c’è la possibilità di parte-cipare al Summer College nel mese di Giugno, un percorso di lezioni che si svolge all’interno di strut-ture didattiche statali elementari e medie fuori dal territorio jesino. Oppure, per chi vuole sperimen-tare un’esperienza di apprendimento un po’ più completa, si può decidere per il Summer Kids’ Club dove alle lezioni di lingua si aggiunge la parteci-pazione ad attività ulteriori come il teatro, lavori di autostima, ecc… Ma la punta di diamante è senza dubbio il Summer Camp: una full immersion di una settimana in cui i ragazzini soggiornano in un agriturismo o altra struttura della zona e durante la quale vengono tenuti corsi con insegnati di ma-

drelingua inglese, vengono svolte differenti tipologie di lavoro, il tutto a contatto con la natura restituendo così un’esperienza formativa dai contenuti qualitativi elevati. Questi tre step possono anche essere visti come una preparazione alla vera e propria vacanza studio, che è consigliata già a partire dagli 8/9 anni.E LE OPPORTUNITà NON SONO FINITE QUI.Spostandosi sul versante aziendale, la The Victoria Company è in grado di organizzare corsi di formazione in sede, combinando l’insegnamento della lingua all’uso di nuove tecnologie. Oppure, per chi vuole fruire di un insegnamento che riesca a calarsi nello specifico del lavoro che si svolge, c’è la possibilità di effettuare un percorso di Manage-ment training, in cui appunto si “vede” l’applicazione dell’inglese al settore di apparte-nenza professionale.INFINE, IL SERVIZIO MESSO A DISPOSIZIONE PER AZIENDE O ENTI DI TRADU-ZIONE ED INTERPRETARIATO.Un ventaglio di opportunità senza dubbio molto vasto … e c’è da essere sicuri che andrà ad ampliarsi ancora. Che altro aspettarsi da chi come motto ha scelto “Voglia di miglio-rare!” !

Una delle attività su cui maggior-mente si sta puntando, proprio in chiave di offrire un’esperienza com-pleta e di fare qualcosa di “nuovo”, è il progetto “La Vera Italia”. E’ questo un programma di studio per stranieri che decidano di venire nelle Marche – presentando così la nostra regione come polo alternativo alla ormai clas-sica Toscana – per imparare sì l’italia-no, ma anche per conoscere il nostro territorio, le sue ricchezze enogastro-nomiche, culturali, storiche.

[email protected]

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Centralità del paziente e sua soddisfazione: questi gli obiettivi fondamentali di un’azienda sanitaria

Il paziente è al centro degli obiettivi che l’ospe-dale di Macerata, Asur Zona Territoriale 9, si propone di raggiungere. Con una peculiarità

che lo rende “eccellenza”, insieme a poche altre strutture marchigiane, nel panorama delle realtà affini: la certificazione internazionale UNI EN ISO 9001/2008. Quest’ultima permette ad un’azienda di raggiungere, e dimostrare, un buon livello organizzativo attraverso un sistema di gestione della qualità che consente di ottenere i migliori risultati possibili e di tenere sotto controllo le proprie prestazioni in ogni settore, mirando a soddisfare costantemente le aspettative dei clienti, in questo caso, dei pazienti. Così è anche per l’azienda sanitaria maceratese, che si è proposta di diffondere una metodologia di lavoro idonea alla costituzione e alla gestione di un sistema qualità equilibrato e stabile, adeguato alla particolare realtà organizzativa in cui è applicato, al fine di garantire l’appropriatezza e la sicurezza delle prestazioni erogate e l’ottimizzazione delle azioni e delle risorse per una maggiore efficienza dei servizi offerti. Il tutto grazie, in primo luogo, ad un idoneo impianto documentale, appositamente redatto, che ha lo scopo di definire ciò che deve

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“Soprattutto nel settore pubblico - afferma il Dott. Giuliano Centioni, Direttore del Servizio Qualità Marketing e Formazio-ne - , investire in concetti come qualità, sicurezza, formazione e immagine non è semplice. Noi ci abbiamo provato e proprio mettendo insieme queste cose siamo riusciti a predisporre un sistema che, pur col minor investimento economico possibile, consentisse di garantire la soddisfazione degli utenti”.

Macerata: Asurwww.asurzona9.marche.it

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quando la sanità è certificata il “rischio clinico” diminuisce

“E’ evidente - spiega Maria Cristina Medici, responsabile dell’Area Certificazione Qualità della struttura - come la certezza delle modalità di svolgimento della prestazione, garantita grazie al continuo aggiornamento, si trasformi in immediato risvolto positivo anche per i pazienti, soprat-tutto perché consente di limitare le situazioni di rischio clinico”.

Macerata: essere fatto per il raggiungimento degli obiettivi di qualità stabiliti dall’azienda stessa e di uniformare il comportamento degli operatori, in maniera tale da standardizzare le caratteristiche di prestazioni e servizi mantenendoli costanti nel tempo. Di pri-maria importanza il ruolo svolto a riguardo da ma-nuale e piano della qualità, che hanno la finalità di descrivere organizzazione, strategie e obiettivi aziendali; alle procedure e alle istruzioni operative, invece, è assegnato il compito di specificare le modalità di svolgimento di attività e processi e di garantire la standardizzazione di comportamenti riconosciuti come corretti e sicuri per l’offerta di adeguate prestazioni.

“Grazie al Sistema Qualità – spiega la Dott.ssa Medici respon-sabile dell’Area Certificazione Qualità della struttura – siamo in grado di tenere sotto controllo ogni singolo passaggio dei pro-cessi che portano all’erogazione di un servizio medico o sanitario. Ciò consente, in caso di avvenimenti o situazioni che danneggiano o potrebbero danneggiare il paziente, di stabilire immediatamente, e con cer-tezza, le responsabilità e prendere provvedimenti a riguardo”. Del resto, al “Rischio clinico” l’Asur di Ma-cerata ha dedicato uno specifico progetto, neces-saria integrazione del sistema qualità, grazie al qua-le quelli che in gergo sono definiti “eventi avversi” vengono costantemente monitorati: per ogni sin-gola non conformità, per ogni singolo accadimen-

to che si discosti dalle modalità di svolgimento standardizzate, e a seguito di una tempestiva

segnalazione, la segreteria del Co.Ge.Ri. - il Comitato Gestione Rischi - apre un’istrut-toria che non serve solamente alla verifi-ca dell’appropriatezza delle indicazioni dell’atto medico rispetto al caso in og-getto; porta, anche, ad una maggiore tu-tela dei pazienti grazie ad una raccolta di dati che, una volta confluiti in un report

annuale, permetteranno la redazione di una “Mappa del rischio clinico” in

grado di fornire elementi di valu-tazione sufficienti ad intervenire adeguatamente sulle aree cri-tiche e ad avviare un’accurata

politica di prevenzione e di governo dei fattori di rischio. Politica di prevenzione che, all’interno di un sistema qualità così strutturato, si esplica, inevita-bilmente, anche in un percorso di “formazione continua” del personale, leva strategica per favorire e sostenere i processi di innovazione e costante adeguamento ai mutamenti de-terminati dall’evoluzione della domanda sani-taria e delle conoscenze scientifiche e tecno-logiche. Formazione continua, dunque. Ma, ancor più, miglioramento continuo: modalità operative di questo genere e la certificazione di qualità comportano infatti che, una volta raggiunto ogni singolo obiettivo che l’azienda si era posta, se ne fissi un altro, di volta in volta più ambizioso. “C’è – sostiene il Dott. Centioni Direttore del Servizio Qualità Marketing e Forma-zione – una doppia centralità alla base di un’organizzazione siffatta: quella degli utenti, appunto, e quella inerente il coinvolgimento, e la motivazione, dei professionisti sanitari. Ed è evidente come la soddisfazione dei primi dipenda dal modo di lavorare dei secondi: lavorare meglio significa far star meglio i pa-zienti”. Significa, anche, esporli ad un rischio d’errore minore e metterli di fronte al rispetto puntuale dei protocolli assistenziali; significa, infine, renderli protagonisti attivi del sistema qualità offrendo loro la possibilità di esprime-re, tramite appositi questionari, il loro grado di soddisfazione. E proprio questa possibilità, unitamente a quella data periodicamente alle diverse Unità Operative dell’ospedale, funge da prima importantissima verifica al sistema stesso.

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Perché “Decidere di dimagrire è come un viaggio:

si tratta di un cammino verso qualcosa che ci deve ridare fiducia, entusiasmo, carica vitale, voglia di fare”

Il viaggio

Rosanna Lambertucci, giornalista e presentatrice, descrive la sua esperienza personale, facendo

capire che, spesso, dimagrire non deve essere un incubo, ma un percorso mentale che ci porta a un benessere anche fisico. “Durante la perdita di quei 5 chili, che sembravano proprio stabilizzati e inamovibili, senza più riprenderli, ho preso una serie di appunti, gli stessi che poi ho riportato nel mio libro “Il viaggio dimagrante”.” Non si parla solo di dieta, ma entrano in gioco i sentimenti. Quindi c’è un significato più profondo dietro questo progetto letterario.. “C’è stato sicuramente il desiderio di farmi cono-scere più da vicino dalle persone che mi seguono da anni, raccontando anche i vari passaggi che mi hanno portato a scegliere questa professione.”Più volte lei ha dichiarato: “il cibo è un’emo-zione”. Cosa vuole sottolineare con questa affermazione?“Quando mangiamo appaghiamo un desiderio, che è quello di gustare delle cose buone che ci attirano con lo sguardo e sedare un senso di appetito. Quando, però, abbiamo un disordine

emotivo spesso colmiamo questi “vuoti” con il cibo: ecco perchè a volte se ne fa un uso sbaglia-to.” Come è nata la sua passione per la salute, strettamente correlata al concetto di bellez-za?“Lo slogan che ho coniato nel 1980 e che mi caratterizza da sempre, più sani più belli, è nato da una grande intuizione che poi si è rivelata vincente: a volte è più facile raggiungere la salute attraverso la cura del corpo dal punto di vista estetico. Per esempio, è più facile dimagrire perchè non ci si accetta più guardandosi allo specchio, piuttosto che pensare che i chili di troppo possono portare a problemi di salute.” Qual è stato il segreto di tanto successo della trasmissione “Più sani più belli”? “Penso di aver individuato in anticipo un’esigenza che è poi diventata, come vediamo ancora oggi, uno degli obiettivi fondamentali della nostra vita attuale: tenersi bene in salute, curare l’aspetto per mantenerlo più giovane possibile, fare della qualità della vita uno scopo sempre più raggiun-gibile da tutti.”

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Oggi però Più sani più belli è anche un sito internet... “Sì. Il noto programma si è evoluto in un ricco portale (www.piusanipiubelli.it), in un mensile che troverete in edicola da gennaio 2011 e in una web tv che ospiterà le interviste ai grandi esperti del mondo scientifico. I temi sono sempre quelli dedica-ti alla salute, al benessere, alla bellezza, all’equilibrio psicofisico e all’alimentazione. Ma soprattutto grazie al sito e al magazine potrò rispondere alle richieste sui temi che più stanno a cuore ai lettori, attraverso uno scambio diretto con me.” Dietro un problema estetico, come l’obesità, può annidarsi un problema psicologico non completamente risolto?“I disordini alimentari e il peso in eccesso, come l’obesità, possono corrispondere a un profilo psicologico che andrebbe approfondito, ma può nascere anche da abitudini sbagliate fin da bambini. E’ importante controllare l’alimentazione fin da quando si è piccoli.” Lei è una giornalista, conduttrice e anche autrice di alcuni suoi programmi. Una carriera invidiabi-le, ricca di grandi soddisfazioni professionali. Ma c’è qualcosa che le manca o che non è riuscita a realizzare? “Credo di aver fatto tutto ciò che ho desiderato. Certo, i miei obiettivi non sono mai stati molto elevati. Ho sempre preso dalla vita quello che mi si è presentato, non ho seguito vere e proprie strategie. Credo che tutto ciò che ho avuto, e sto avendo tuttora, dalla mia vita professionale, sia frutto di una grande passione che ho saputo incanalare in modo intelligente. Comunque lo confesso: se avessi avuto il coraggio avrei arricchito il mio ruolo cantando e ballando. Due attività che amo moltissimo e che, tra l’altro, mi riescono anche abbastanza bene. Ma essendo una perfezionista, avrei voluto farlo con una vera preparazione che non ho mai avuto tempo di fare.” Perchè le donne hanno sempre seguito i suoi consigli secondo lei? “Probabilmente perchè hanno sempre sentito che sono profondamente chiara, documentata, attenta nel divulgare le notizie. Ho cercato di interpretare gli interrogativi del pubblico e non ho mai sfruttato la mia notorietà veicolando messaggi non corretti o a fini di lucro. Di conseguenza, il pubblico ha avvertito l’autenticità dei miei messaggi e mi ha ritenuta una persona affidabile.”

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Spesso l’intero viaggio o la sistemazione in albergo, non sono esattamente come ci vengono descritti nel contrat-to, o come riportati nelle descrizioni e nelle immagini del

depliant informativo. L’Adiconsum riceve numerosi reclami che denunciano il mancato rispetto di quanto contrattualmente previsto: l’hotel non corrispondente a quanto mostrato da cata-logo o di categoria inferiore, distanza dalla spiaggia o da centri di interesse molto più elevata rispetto a quanto indicato, servizi di qualità inferiore e spesso mancanza di condizioni minime di igiene.

Cosa fare se ci si imbattein una tale situazione? Il consiglio di Adiconsum è di documentare quanto si lamenta con ogni mezzo a disposizione: fotografie, riprese di videocamere, testimonianze verbali, comunicazioni scritte o e-mail e denuncia-re le manchevolezze immediatamente in loco.Fondamentale sapere che ci sono tempi e modalità prestabilite

In vacanza a natale e capodannoUn sogno che si realizza ma…..

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Il vettore aereo tende a risarcire in primo luogo i danni materiali comprovati, quali, ad esempio, il rimborso del prezzo del biglietto non utilizzato, delle spese alimentari sostenute durante l’attesa o di quelle affrontate per raggiungere la desti-nazione finale (bus, taxi, noleggio auto). Quindi è necessario conservare tutta la documentazione comprovante tali spese (scontrini, biglietti ecc, nonché gli scontrini di eventuali acquisti sostenu-ti per indumenti, ecc,..)

www.dirittoedifesa.itwww.adiconsum.it

[email protected]@virgilio.it

Nel periodo delle festività natalizie, molte sono le persone che approfittano di qualche giorno di riposo per concedersi una meritata vacanza al sole dei Tropici, in montagna o in una delle città più famose al mondo, complice anche l’arrivo della tredicesima.Può trattarsi della vera e propria realizzazione di un sogno oppure trasformarsi in incubo!

per sporgere reclamo: entro e non oltre dieci giorni lavorativi dalla data del rientro, mediante raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata al tour operator e all’agenzia di viaggio.Negli ultimi anni la giurisprudenza ha riconosciuto una nozione più ampia di danno: il danno da vacanza rovinata. In sostanza, esso si traduce nella lesione del puro diritto del turista di fruire del viaggio come occasione di piacere, di svago o di relax. Si tratta di un danno di natura non patrimoniale, che riconosce una situazione di disagio, anche psicologico: si pensi ad esempio al valore che normalmente assume una luna di miele, ed al malessere che crea l’impossibilità di goderne pienamente.Normalmente chi decide di fare un viaggio sceglie un pacchetto tu-ristico, definito dal Codice del Consumo come un viaggio organizza-to che abbia una durata non inferiore a 24 ore, che comprenda per lo meno una notte e preveda almeno due tra trasporto, alloggio, servizi turistici .Per sapersi tutelare, ecco alcune utili indicazioni: il contratto di vendita del pacchetto turistico deve essere in forma scritta e il con-sumatore deve averne copia sottoscritta o timbrata dall’organizza-tore o dal venditore. Il contratto deve obbligatoriamente contenere indicazioni dettagliate di tutte le caratteristiche del pacchetto turistico e del viaggio. Anche le informazioni relative a documenti, visti eventualmente necessari e obblighi sanitari debbono essere rilasciate in forma scritta prima della sottoscrizione.Al momento della prenotazione viene sempre richiesto un acconto, che però non può essere superiore al 25% del prezzo totale.Prima della partenza può inoltre accadere che venga comunicato un aumento del prezzo: ciò è possibile solo se previsto in contratto, l’aumento deve essere giustificato dal venditore ( variazioni del

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In vacanza a natale e capodannoUn sogno che si realizza ma…..

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IN CASO DI DANNEG-

GIAMENTO BAGA-GLIO, IL TERMINE PER PRESENTARE

RECLAMO ALLA COM-PAGNIA AEREA È DI 7 GIORNI DALLA DATA

DI RICONSEGNA

IN CASO DI RITAR-DO NELLA CONSE-

GNA DEL BAGA-GLIO, IL TERMINE PER PRESENTARE RECLAMO È DI 21

GIORNI DALLA DATA IN CUI LO

STESSO È STATO RESO DISPONIBILE

IN CASO DI SMAR-RIMENTO DEL

BAGAGLIO, IL TER-MINE PER INVIARE

IL RECLAMO È DI 21 GIORNI DALLA

DATA IN CUI LO STESSO SAREBBE DOVUTO ESSERE

CONSEGNATO

IL BAGAGLIO SI CONSIDERA PERSO SE NON

RICONSEGNATO ENTRO 21 GIORNI

DALLA DATA IN CUI LA CONSEGNA

ERA PREVISTA

IL RECLAMO DEVE ESSERE INVIATO

ALLA COMPAGNIA AEREA ATTRAVERSO

RACCOMANDATA CON RICEVUTA DI

RITORNO

IL TERMINE DI PRESCRIZIONE È

DI DUE ANNI

costo di trasporto, carburante, diritti e tasse) e il rialzo non può in ogni caso essere superiore al 10%; infine, il prezzo non può mai essere aumentato nei venti giorni che precedono la partenza.Se prima della partenza l’organizzatore o il venditore decide di modificare le condizioni contrattuali, deve darne immediato avviso in forma scritta al consumatore, che in questo caso può recedere senza pagamento di penali, comu-nicando la propria decisione entro due giorni lavorativi dal momento in cui riceve notizia delle proposte di modifica.

E se è il consumatore che è costretto ad annullare il viaggio? Se il viaggio viene annullato per motivi di malattia (certificati da documentazione medica) l’intero costo del viaggio viene rimborsato dall’assicurazione ordinaria. In tutti gli altri casi, il consumatore è tenuto al pagamento di una penale che aumenta a seconda dell’avvicinarsi della data di partenza, fino ad arrivare al 100% nelle 48 ore precedenti. Naturalmente le penali previste debbono essere indicate nel contratto.E’ comunque sempre possibile e consigliabile stipulare un’assicurazione aggiuntiva che copra i casi di annullamento del viaggio per cause non imputabili a malattia.Ma disservizi e problemi vengono segnalati all’Adiconsum anche e soprattutto per semplici voli aerei: overbooking, cancellazione del volo, ritardi, perdita o danneggiamento di bagagli. L’Enac, (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), ha riassunto i principali diritti dei consumatori nella Carta dei diritti del passeggero, una guida pratica che deve essere disponibile in tutti gli aeroporti (www.enac.gov.it).In caso di overbooking e cancellazione del volo, i viaggiatori possono scegliere il rimborso del biglietto ed un volo di ritorno verso il punto di partenza iniziale. Il passeggero ha inoltre diritto ad una compensazione pecuniaria compresa tra € 250 e € 600 a seconda della lunghezza della tratta; essa spetta anche in caso di negato imbarco, a meno che il passeggero non sia stato avvertito della cancellazione del volo almeno due settimane prima, o nel caso in cui la can-cellazione del volo sia dipesa da cause di forza maggiore.In caso di ritardo di almeno 5 ore, il passeggero ha diritto al rimborso del biglietto se il volo è divenuto inutile, nonché ad un volo di ritorno al punto di partenza iniziale.

In tutti i casi la compagnia deve garantire l’assi-stenza gratuita mediante pasti e bevande, siste-mazione in albergo e trasporto, due telefonate o messaggi via telex, fax o posta elettronica.Se la compagnia non rispetta tali indicazioni, è possibile inviare reclamo tramite raccomandata con avviso di ricevimento alla compagnia aerea nei 10 giorni successivi, contenente anche la richiesta di risarcimento per il disagio subito. Di estrema importanza conservare tutta la docu-mentazione delle spese sostenute.Nel caso di perdita o danneggiamento del bagaglio, occorre in primo luogo compilare il PIR, ossia l’immediata denuncia in aeroporto sugli appositi moduli reperibili presso l’assisten-za bagagli dell’aeroporto, e quindi presentare reclamo entro i termini prestabiliti.

E se il pacchetto turistico viene acquistato on line? Valgono gli stessi diritti ma: verificare che nel sito sia presente il nome e la sede del tour operator che orga-nizza il viaggio, scaricare il contratto sottoscritto.

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Why Marche è orgoglioso del forte legame con la re-gione e con il territorio che sta cercando di creare e per questo motivo vuole entrare nei meccanismi che guidano la promozione al di fuori dei nostri confini delle meraviglie di cui le Marche sono colme. Una Regione che pur essendo unica nasconde in se tante anime, tante nicchie, tante storie da conoscere e borghi da esplorare; sensazioni, emozioni, attimi che vanno respirati e vissuti … e che vanno anche però comunicati, suggeriti, ricreati nella mente di chi non conosce questo patrimonio e deve essere incuriosito, attratto, magnetizzato in qualche modo.

Le Marche sono una terra meravigliosa, ricca di attrattive per i visitatori che qui trovano città da visitare, monumenti da fotografare, storia da rivivere, profumi

da respirare, gioie per il palato, sce-nari naturali incantevoli.

Il turismo fa quindi parte da sempre del nos-tro DNA, è una ricchezza da condividere ed una risorsa importante da saper tutelare e promuovere.

Di tutto questo vorremo parlare con l’Assessore al Turismo Se-renella Moroder, cercando anche

di scoprire il suo legame con le Marche, i suoi posti prefer-iti, i piatti tipici che più le pi-acciono; insomma capire la sua marchigianità e quella che

vuole esportare fuori dalla nostra Regione.

Cogliendo anche l’occasione per riflettere sui benefici apportati al tu-

rismo nostrano dalla campagna pubblici-taria legata a due “nomi” niente male:

Dustin Hoffman e Giacomo Leopardi, protagonisti de “Le Marche … le scoprirai all’infinito”.

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Da Leopardi ad Allevi … da Hoffman alle Winx … tanti modi per dire Marche!

Fine anno è tempo di bilanci, di capire cosa è andato bene e cosa si dovrebbe migliorare. Insieme all’Assessore Moro-

der parliamo della nostra terra e del lavoro di promozione turistica che sempre di più contraddistingue la nostra regione

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Assessore, prima di passare a cose “pratiche” vorremo capire di più di Lei come marchigiana. Se do-

vesse descrivere questa nostra regione con poche parole, quali userebbe e perché?“Sono arrivata nelle Marche a 17 anni, sono quindi una marchigiana di adozione e, proprio per questo, penso di aver potuto cogliere tutta la bellezza di questa terra più di chi, essendoci nato, è in qualche maniera “abituato” a questi paesaggi. La prima im-pressione che ho avuto è quella di una terra piena di fascino, che riserva infinite sorprese, un luogo da scoprire poco a poco, dove tutto è pieno di armonia e di charme: ed è proprio per questo che, appena assunto l’incarico di assessore, ho voluto coniare il claim “Marche di Charme”; questa parola, oltre ad essere l’anagramma di Marche, riassume in sé tutta l’essenza della regione: una terra che ammalia e incanta, magari in maniera più discreta rispetto alle destinazioni turistiche di grande richiamo, ma non per questo meno coinvolgente e di forte impatto emotivo.”Spostiamoci a tavola: il suo abbinamen-to preferito piatto/vino.“Dal momento che sono una vignaiola delle terre del Conero , non potrei che rispondere Rosso Conero con coniglio in porchetta. Ma, amando i vini e facendo attenzione al giusto abbinamento, non posso tralasciare il Verdicchio, che è il vino italiano più premiato dalle guide di settore (e questo mi piacerebbe fosse ricordato più frequentemente), servito in apertura con un buon piatto di tagliatelle con i “moscioli

di Portonovo”-che sono un presidio slow food- oppure con le ostriche delle coltivazioni di San Benedetto. Un pranzo che si chiami tale non può concludersi senza la Vernaccia di Serrape-trona, che ha ottenuto la D.O.C.G.”Un’ultima domanda emozionale, se dovesse consigliare un luogo da visitare nelle Marche quale sarebbe?“Partirei dai silenzi dei

Monti Sibillini e dalla magia della Grotta della Sibilla per poi percorrere i luoghi pieni di storia e di cultura dei nostri borghi, in ognuno dei quali è possibile meravi-gliarsi per la presenza di uno splendido teatro storico, o dove è possibile scoprire inaspettati capolavori d’arte, di Crivelli, di Lotto e di altri grandi protagonisti della storia dell’arte. Non dimenticherei poi Urbino, Città Patrimonio dell’Unesco, dove ancora si respira l’arte e la cultura della corte del grande Federico da Montefeltro.”Cerchiamo di dare un’immagine fotogra-fica della nostra regione: “chi sono” sono le Marche? Che cosa abbiamo in più? “Il nome stesso delle Marche racchiude in sé la sua natura: è l’unica regione d’Ita-lia che ha un nome al plurale, e quindi contiene una molteplicità di paesaggi, di suggestioni e di diversi modi di intendere il turismo; il minimo comun denominatore delle Marche è costituito dall’autenticità dei luoghi, dalla loro magia e dall’emozione

da essi suscitata.”Che le Marche siano uno scrigno che custodisce magnifici tesori, è noto a tut-ti. Ma per conoscere i tesori, lo scrigno va aperto. Quali sono le politiche che vengono messe in atto per far sì che il turista scelga di aprire il nostro forziere?“Sembrerebbe scontato, ma il modo più efficace per attirare turisti è che noi marchigiani dobbiamo essere per primi consapevoli della bellezza e dell’attrattiva del territorio che ci ospita: viviamo in una regione dove tutto è armonioso, dove la natura è ancora incontaminata, dove il pae-saggio collinare e agrario fanno da sfondo ad uno stile di vita a misura d’uomo, dove i paesi offrono centri storici ricchi di arte e di cultura, dove la costa offre spiagge per tutti i gusti, dove le montagne regalano paesaggi incantati. Forti della consapevo-lezza di vivere in una delle zone più belle d’Italia, si sviluppi in noi l’attitudine all’ac-coglienza verso il visitatore, che non deve essere interpretata solo come il sorriso di benvenuto, ma anche come disponibilità a far scoprire la nostra terra, mostrando e in-curiosendo, in modo da suscitare nei nostri ospiti la voglia di continuare a conoscere la nostra regione, tornando ancora. Oltre a questo, la Regione Marche sta sviluppando un progetto per mettere in rete l’offerta ricettiva del territorio, utilizzando i nuovi canali internet e le reti di telefonia mobile: la nostra regione deve diventare facilmen-te accessibile on line e le informazioni facilmente reperibili, in modo da facilitare il turista e il visitatore.”Che cosa si intende per Brand Marche e quali operazioni di marketing e promo-

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zione hanno contribuito ad esportarlo nel mondo? La creazione di slogan quali “Marche, l’Italia in una regione” oppure “Marche di Charme” e la realizza-zione dello spot “Le Marche … le scoprirai all’infi-nito” fanno parte di un unico filone per affermare ancora di più il brand?“Le Marche hanno sempre puntato a caratterizzare in maniera forte il proprio brand: nel corso degli anni si è lavorato per dare riconoscibilità al nostro territo-rio, spesso non conosciuto dal grande pubblico e di incerta caratterizzazione. Ad esempio il claim “Marche, l’Italia in una regione” è stato molto efficace ed ha ottenuto grandi risultati. Nel corso degli anni, con una evoluzione naturale e al contempo sapientemente concepita, si è arrivati allo spot con Dustin Hoffman, che ha rafforzato la consa-pevolezza dell’unicità del nostro territorio e, attraver-so i versi immortali e universalmente sentiti del nostro Leopardi, si trasmette tutta l’emozione che la nostra regione sa comunicare. Da qui al concetto di “Marche di Charme” il passo è stato breve: nell’anagramma del suo nome le Marche declinano il concetto di fascino e incanto dei luoghi, che suscitano nel viaggiatore intense emozioni di piacere e appagamento.”Sempre di più il turista cerca un’emozione, non gli basta più vedere, toccare, gustare i piaceri della tavola … ha bisogno di un’esperienza. Come avete creato il “marketing esperienziale made in Marche”?“Vivere e visitare le Marche è un’esperienza multisen-soriale, che soddisfa tutte le capacità percettive: è su questo concetto che vogliamo insistere, perché nella nostra regione la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto e il tatto sono tutti ugualmente appagati.”Di questo ha fatto parte anche la realizzazione dell’Inno delle Marche di Allevi…“La realizzazione dell’Inno delle Marche è stata una felicissima intuizione di qualche anno fa del Governa-tore Spacca: è stata un’operazione che ha soddisfatto al contempo due esigenze: da una parte ha rafforzato il senso di appartenenza alla Regione da parte dei cit-tadini, sviluppando quel sano senso di “patriottismo regionale” di cui spesso siamo stati carenti in passato, non riconoscendo l’eccellenza e le virtù della nostra terra; dall’altra ha attribuito alle Marche, affidandosi al genio contemporaneo di Giovanni Allevi, un’emozio-ne musicale classica e nello stesso tempo moderna, sulla scia della nostra eccelsa tradizione musicale che comprende i geni di Pergolesi e Rossini.”Come è migliorata la percezione della nostra regione dopo lo spot “Le Marche … le scoprirai all’infinito”? “Le recenti azioni di comunicazione del brand hanno incrementato di molto la percezione delle Marche come meta turistica riconoscibile e non confondibile con altri luoghi; lo spot con Hoffman ha prodotto sia una grande eco nella stampa nazionale e internazio-

nale, che ha rivolto grande attenzione alla nostra regione, sia un incremento dei flussi turistici, in particolare nordeuropei.” E se le chiedessi: Hoffman VS Winx, chi vince?“Il connubio Hoffman – Leopardi è stato efficacissimo e il confronto con le Winx non si pone, dal momento che entrambe le campagne promozionali sono nate per scopi e per pubblici diversi, risultando complementari l’una con l’altra . Entrambe sono di grande impatto, e si basano su canali di comunicazione diversi: lo spot “Infinito Marche” con Dustin Hoffman ha suscitato grande curiosità verso la nostra regione grazie alla notorietà del testimonial, alle splendidi immagini, alla suggestione dei versi del nostro Leopardi: le Marche sanno toccare le corde più intime e più emozio-

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nali, parlando direttamente all’anima del visitatore. Il video “Land of Magic”, realizzato in occasione dell’Expo Mondiale di Shaghai, è destinato ad un pubblico molto lontano geograficamente e culturalmente dall’Italia, che non conosce le Marche: infatti illustra, attraverso il linguaggio semplice, accatti-vante e immediato delle fatine Winx, tutte le peculiarità della nostra regione. Entrambe le campagne promozionali hanno avuto

grande successo e sono state apprezzate dal pubblico e, soprattutto, hanno generato curiosità verso la nostra regione.” La crisi ha toccato senza dubbio tutti i com-parti economici; come ha reagito il turismo marchigiano alla contrazione dei consumi? Abbiamo saputo come “tenere botta”?“I dati sugli arrivi e le presenze turistici relati-vi ai primi 8 mesi del 2010 sono stati positivi, ed in controtendenza rispetto ai dati nazio-

nali e delle altre regioni. In più, la presenza media del turista nella nostra regione è di gran lunga superiore al dato nazionale. Questi risultati sono stati possibili anche grazie all’impegno dei nostri albergatori; il loro sfor-zo, unito al fatto che nelle strutture ricettive delle Marche c’è sempre un ottimo rapporto prezzo-qualità, ci ha premiati confermandoci come meta turistica fra le più desiderate.” Quali azioni avete in cantiere come Asses-sorato per il futuro per migliorare ancora di più l’appeal della nostra regione? “Il messaggio che si vuole trasmettere attraverso il claim “Marche di Charme” è che visitare e vivere le Marche è un’esperienza emozionale che coinvolge i cinque sensi, per un appagamento completo, sia fisico che emotivo, sicché il soggiorno in terra marchi-giana si trasforma in una vera e propria rige-nerazione del corpo e dell’anima. Su questo puntiamo e vogliamo continuare ad insistere nella strategia regionale, rafforzando il “brand Marche” come destinazione turistica d’eccel-lenza, irripetibile e incomparabile con altre destinazioni, per viaggiatori esigenti – e non certo per questioni di censo - che si aspet-tano il meglio dal loro viaggio e soggiorno. Continueremo quindi in intense campagne promozionali attraverso la stampa, internet, le fiere e promuovendo educational tours da parte dei giornalisti puntando soprattutto sul mercato nord-europeo e nord americano. La Regione Marche sta cercando inoltre di rinno-vare e di prolungare i diritti di immagine su Dustin Hoffman per riprodurre lo spot anche nel futuro, dal momento che è stato molto in-cisivo e rende in maniera ottimale il concetto di partecipare un territorio tramite la poesia e la suggestione dei versi di Leopardi; dall’altro lato il video delle Winx si muove su altri canali di percezione e comunicazione e quindi pos-sono continuare , anzi, devono continuare a convivere e operare in parallelo.”

www.regione.marche.it

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Parliamo diBioVarietà

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Il 2010, proclamato dall’ONU Anno Internazionale della Biodiversità, non è la linea di partenza bensì il giro di boa in cui il mondo, rimasto indietro, tenta la rimonta a Nagoya

Il termine Biodiversità, dall’inglese “biodiversity”, unisce i con-cetti di biologia e diversità. Quest’ultimo, per noi italiani, ritrae un concetto alquanto negativo, ecco perché sarebbe meglio

parlare di bioVarietà. Il vocabolo infatti definisce la variabilità e la molteplicità biologica nella sua complessità sotto ogni livello, dal più ampio di ecosistemi e habitat, al più piccolo di specie e geni. Ciò evidenzia tutte le varietà tra specie animali e vegetali, tra animali e tra individui.

L’ importanza di salvaguardare la biodiversità risiede nella sua ricchezza, perché le varietà e gli adattamenti sono la risorsa principale dello sviluppo e di quel principio ben noto fin dai tempi di Darwin secondo cui “ non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti.” Tutte quelle forme di vita quindi, che non stanno al piè veloce della razza umana si perdono irrimediabil-mente togliendoci risorse. La produttività delle monocolture, per esempio, è un’arma a doppio taglio che ci si ritorce contro impoverendo i nostri piatti e il nostro organismo della molte-plicità di nutrienti di cui necessita. La perdita di biodiversità, dal punto di vista animale, rappresenta uno squilibrio a livello ecosistemico perché preda e predatore, in tutti gli anelli della catena alimentare, sono legati tra loro. I regni vegetali e animali non ci forniscono solo cibo, ma sono d’ispirazione al progresso: essi sono scrigno di sostanze medicinali e ispirazione per la ri-cerca; la ciclicità degli ecosistemi si autobilancia nel riciclo, nella compensazione e purificazione di tutto il pianeta. Non siamo in grado di prevedere quali saranno gli effetti del mutamento degli ecosistemi in conseguenza alla perdita di alcune delle

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sue componenti, poiché gli equilibri interni alle comunità biologiche ci sono spesso sconosciuti e con essi gli effetti diretti e indiretti che potreb-bero avere sull’uomo. Una presa di coscienza dell’importanza di salva-guardare la Biovarietà si è avuta a fine ottobre con la conferenza delle Parti (COP10) che ha varato il piano di azione globale per la biodiver-sità. Finalmente è stato superato lo scoglio del regolamento ABS (Access and Benefit Sharing Protocol), sull’accesso e la condivisione dei be-nefici derivati dalle risorse genetiche che era in stallo da quando la Convenzione è stata firmata 18 anni fa. Questo storico risultato consentirà la condivisione tra nazioni e popoli dell’immenso valore delle risorse genetiche. Il Piano d’azione denominato Aichi Target si sviluppa in 20 obiet-tivi divisi in 5 punti che riguardano la riduzione delle pressioni esercitate sulla biodiversità, la valutazione delle cause della perdita con conseguenti procedimenti di salvaguardia della stessa - sotto tutti i livelli biologici -, il migliora-mento dei benefici forniti dalla biodiversità e il rafforzamento della capacità di sviluppo.Nello specifico la CBD ha sottolineato l’obiettivo di riduzione di almeno metà del tasso di perdita degli habitat naturali, foreste incluse; la prote-zione del 17% degli habitat terrestri e del 10% delle aree marine, costiere e le acque profonde; la conservazione e il recupero del 15% delle aree

Parliamo diBioVarietà “Questa nostra terra, che un tempo

ci sembrava infinitamente grande, dev’essere considerata nella sua piccolezza. Viviamo in un sistema chiuso, dipendenti gli uni dagli altri e dipendenti tutti dalla terra stessa. Tutto ciò che ci divide è infinitamen-te meno importante del pericolo che ci unisce.” Charles Darwin 1809 -1882

Charles Darwin“la parola all’esperto”

RICCHEZZE BIOLOGICHEL’Italia è il paese Europeo con mag-gior ricchezza biologica: 12 delle 39 specie minacciate di mammiferi le appartengono (come il Canis lupus e la Monachus manochus), tutte 29 le specie di uccelli (tra cui l’Oxyura leu-cocephala e la Haliaeetus albicilla), 4 delle 14 specie di rettili (tra le quali la Vipera ursinii e la Chelonia mydas), ma anche 16 specie di anfibi, 64 pesci d’acqua dolce, 174 di molluschi 164 di invertebrati e 53 di piante. Studi recenti affermano che mantenendo l’attuale tenore di sperperamento delle risorse, le specie terresti perse potrebbero arrivare fino ad un quarto di quelle attuali entro il 2050.

www.iucnredlist.org

Wallpaper: Pandora’s World from

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degradate. Percentuali basse che secondo gli scienziati rappresentano solo la metà dei traguardi da raggiungere, ma comun-que “una forte svolta nello scenario della salvaguardia della biodiversità” - sostiene il WWF - “vista l’accettazione di convertire il quadro generale in strategie attuabili e piani d’azione entro 2 anni”. Queste azioni saranno supportate e integrate da dispo-sizioni subnazionali e locali. Il Ministero dell’Ambiente ha predisposto una Strate-gia Nazionale per la Biodiversità articolata intorno alla relazione della stessa con i ser-vizi ecosistemici, i cambiamenti climatici e le politiche economiche. (vedi link)Questo avverrà attraverso tre traguardi: garantire la conservazione della biodiver-sità attraverso la salvaguardia e il ripristino dei servizi ecosistemici, ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici, integrare la conservazione della biodiversità nelle politiche economiche. Conducendo il lavoro attraverso l’analisi di 15 aree ben

definite si potranno illustrate le principali minacce, individuare gli obiettivi specifici e le priorità d’intervento.Il piano generale di conservazione della biodiversità nella Regione Marche prende il nome di Rete Ecologica Marchigiana (REM), (http://webgis.regione.marche.it/website/REM/viewer.htm) ed è lo strumento di indagine del territorio che utilizzerà le analisi integrate per monitora-re e orientarsi nelle migliori scelte verso i “Piani di Gestione” sanciti dalla Direttiva.Con la legge regionale n. 52/74 la nostra Regione si era già dotata di alcune misure preventive per la salvaguardia della flora spontanea, attuata attraverso l’istituzione delle Aree Floristiche Protette.Non mancano, all’integrazione del sistema REM, le Riserve Naturali e i Parchi che in questo anno si sono fatte anfitrioni di numerosi incontri volti alla divulgazione e al dibattito di temi centrali per il nostro territorio.

>>> Strategia Nazionale epr la Biodiversitàwww.whymarche.com/strategianazionale.pdf

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Alla conferenza hanno partecipato inoltre: Bruno Perticcione del Corpo Fo-restale dello Stato, Vincenzo Ferri, Adele Finco e Guido di Pronio dell’Università Politecnica delle Marche e Giuseppe Altieri dell’Istituto superiore Agrario di Todi; Claudio Zabaglia, Dirigente P.F. Tutela degli animali e Rete Ecologica Regionale, Sandro Donati Assessore all’Ambiente e al Paesaggio della Regione Marche e Marcello Maranella Direttore dell’Ente parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Per celebrare il 2010, ma anche per divulgare e sensibilizzare, la nostra Regione ha indetto una serie di appuntamenti: un ciclo di convegni in collaborazione con le Aree Protette delle Regione

Dal 1985 al 1990 la Commissione Europea ha sviluppato il program-ma CORINE, al cui interno è compreso il progetto Corine Land Cover destinato al rilevamento e monitoraggio delle caratteristiche del ter-ritorio, in scala compatibile alle esigenze comunitarie, con particolare attenzione alle necessità di tutela

Valore della Biodiversità e dei suoi servizi ecosistemiciSiamo stati ad Arquata del Tronto, nel

Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, a pochi km dal con-

fine con Umbria, Lazio e Abruzzo. Molti in-terventi hanno arricchito la giornata, tra cui quelli di Riccardo Santolini dell’Università di Urbino e di Giovanni Damiani dell’ARTA Abruzzo. Anna Maria Maggiore del Mini-stero dell’Ambiente ha voluto sottolineare la centralità dei servizi ecosistemici forniti dalla natura per il benessere umano. Dal punto di vista ministeriale gli obiettivi sono tre: massimizzare la salvaguardia e il recu-pero dei servizi ecosistemici per garantire il ruolo chiave entro il 2020; favorire l’adatta-mento ai cambiamenti climatici e integrare la conservazione della biodiversità nelle po-litiche economiche e sociali. Gli strumenti economici e di regolamentazione avranno un ruolo centrale per il raggiungimento di tali obiettivi. Ogni due anni dovrà essere stilato un rapporto periodico che controlli i risultati raggiunti, e per il 2015 è prevista una verifica approfondita. Il Network Nazionale della Biodiversità raccoglierà, a questo scopo, 30 banche dati messe a disposizione dai vari enti, pubblici e privati, con l’obiettivo di catalogare le infi-nite specie presenti in Italia. La sua capacità di arricchirsi e integrarsi costantemente nel tempo garantirà l’obiettivo di farne uno strumento di raccolta e condivisione del nostro patrimonio naturalistico. Il Portale Natural Italia si farà carico invece di tutte le informazioni utili per conoscere il nostro patrimonio faunistico e floristico, supportando i dati raccolti con materiale di e-booking ed e-learning e altri materiali multimediali.Centrali per lo sviluppo del convegno le

indicazioni gestionali adeguate al mante-nimento delle funzionalità ecosistemiche e per il superamento delle incompatibilità tra conservazione e sfruttamento delle risorse. In particolare, il tema si riferisce alla complessa e cruciale funzione svolta dai sistemi naturali in termini di beni e servizi in favore della qualità della vita sul nostro pianeta. Dal punto di vista antropologico i benefici per il genere umano riguardano la produzione di cibo, acqua, aria ed energia e possiedono un intrinseco valore economi-co, che in passato è stato sot-tostimato per l’abitudine a considerare come dovute quelle provvidenze. Per contro oggi l’ultima ricerca disponibile, firmata dal più autorevole degli organi-smi che hanno affrontato que-sto tema il TEEB (The Economics of Ecosystems and Biodiversity Study), ha stimato in 355.000 miliardi di euro il valore degli ecosistemi sulla Terra.Dalla Provincia di Roma Daniel Franco ci ha dato una stima dei beni e dei servizi

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ambientali nella gestione sostenibile del paesaggio attraverso alcuni casi studio e Antonio Di Sabatino, del Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università dell’Aquila, ci ha fornito una stima preliminare del valore economico dei servizi ecosistemici. Visti gli attuali ritmi di crescita del fabbisogno umano lo scenario futuro è caratterizzato da un aumento dei costi della società, ma la domanda è: il capitale riuscirà a coprire i costi della perdita di biodiversità? Sotto questa nuova luce il PIL non è più l’unico indicatore di crescita di un Paese, ma la biodi-versità diventa parte del suo sviluppo e della sua crescita. Ma come si può calcolare il valore di un bene inestimabile? Se ne occupa l’economia ambientale. Se consideriamo l’ambiente come la nostra “casa” ce

ne occuperemo nel tentativo di mantenerlo accogliente e

integro per noi e per le ge-nerazioni future, ma se

lo consideriamo come una risorsa allora non ci occuperemo del domani, ma solo di come sfruttarlo per le nostre immediate necessità. L’econo-

mia dell’ambiente fornisce quindi una

serie di criteri utili, ma

Il progetto TEEB (www.teebweb.org ) ha avviato un piano di informazione e coinvolgimento dei cittadini sul valore della biodiversità e degli ecosistemi (http://bankofnaturalcapital.com/). Sottolineando l’invisibilità della na-tura agli occhi dell’economia e delle politiche nazionali. Qui viene eviden-ziato il ruolo del capitale naturale at-traverso le analisi e le proposte al fine di inserirle nel conto della cultura, della politica e nell’economia della nostra so-cietà. Il TEEB valuta la spesa globale an-nuale per le aree protette presenti oggi nel nostro pianeta (tra i 5 e i 10 miliardi di dollari) evidenziando che le neces-sità finanziarie per le aree protette si aggirano intorno ai 45 miliardi di dol-lari (6,5 per il sistema europeo Natura 2000), nulla a confronto dei 4 o 5 mila miliardi di dollari stimati nella valutazi-one dei benefici.

Valore della Biodiversità e dei suoi servizi ecosistemici

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non sempre risolutivi, per prendere le decisioni più coerenti sotto entrambi gli aspetti. Sono stati usati valori di uso e non uso, considerando che il mercato è sottoposto anche a valutazioni di tipo diretto, indiretto (costi evitati, sostituzione), con-tingente (volontà a pagare con indagine sociale) e di gruppo. Il primo a tentare una valutazione di questo tipo, nel 1997 su Nature, fu un importan-te articolo “The value of the world’s ecosystem services and natural capital” - valutazione del capitale naturale a livello globale - aprì la strada alle successive valutazioni. Delineata una tabella per biomi e sottobiomi in relazione ai valori del servizio, si è identificata una stima del capitale naturale, portando ad una analisi dei contributi di ogni bioma e quindi, alla riconsiderazione degli aspetti delle precedenti valutazioni sulle linee guida del Corine Map. Nel ranking mondiale sul capitale, l’Italia si piazza al 72° posto con una ecovalutazione pari a 15,2 miliardi di dollari l’anno, una cifra ancor più no-tevole se pensiamo che questi calcoli sono stati eseguiti sulla base di un 1% di territorio realmen-te produttivo. Dovrebbe ormai essere chiaro però che non sono solo i campi coltivati a produrre.

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Là in quell’angolo, seduti ad un ta-volo di legno, che aveva più anni di noi due insieme e che era coetaneo

degli svariati arnesi e del pentolame appeso alle pareti di pietra, mi racconta della sua iniziativa. Con una penombra da cantina, l’atmosfera era perfetta. E anche il Martini non era male.Una città “muta in fretta, al par del cuore umano”, diceva Baudelaire, ed io aggiun-gerei che con i palazzi che sbocciano, i centri che ramificano e le strade che marciano in ogni direzione, molto spesso, vediamo, senza accorgercene, molte delle nostre più care tradizioni spegnersi. Ed in questo caso “spegnersi” mi sembra il termine più adatto.Era il XVII secolo quando si celebrò per la prima volta la “Festa della Venuta” o “della Madonna del Tettarello”. Tra i seni del territorio marchigiano, a sera, venivano accesi dei grandi falò, tra l’entusiasmo delle manciate di abitanti che popola-vano i nostri paeselli “ancora giovani”, per illuminare la via al volo d’angeli che, secondo la tradizione, portava la casa di Nazaret della Sacra Famiglia sulle colline di Recanati. Una tradizione che di lì a poco divenne uno dei momenti più attesi e sentiti dell’anno da ogni singolo marchigiano. Uno di quei momenti che ora fanno parte dei “cari bei tempi” di un papà o di un nonno, palcoscenico di quell’aneddoto che non ci siamo mai fatti raccontare. Uno di quei giorni le cui atmosfere, oggi, sono sconosciute a chi rappresenta il futuro della nostra regione.Pierpaolo Ceciliani, come giovane

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E’ in una piccola stanza di un vecchio bar di Jesi che incontro e conosco Pierpaolo Ceciliani

Una tradizione che coinvolge tutta la collettività deve nascere, o in questo caso rinascere, proprio dalla collettività stessa. Questa è la convinzione che sta alla base dell’open source del progetto: dare la possibilità ad ognuno nella regione di contribuire attivamente all’iniziativa. In tempi dif-ficili come quelli che stiamo attraversando, un progetto che incentiva la spontanea iniziativa privata, che stimola l’azione e vuole abbattere l’inerzia che talvolta caratterizza il singolo non rappresenta solo il tentativo di ritrovare tradizioni per-dute, ma ci parla anche di quello sforzo dinamico che serve per far fronte al periodo di crisi che ci sta logorando.

L’open source

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Una marchigiana

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marchigiano e specialista di turismo sostenibile e beni culturali, dall’an-no scorso si è posto la missione di riseminare il germe di un rito popolare che non meritava di essere dimenticato. Ideatore e coordinatore del progetto, ottenuto il patrocina-to dell’Assemblea Legislativa delle Marche, traccia il primo solco nelle varie diocesi della regione, ottenen-do l’appoggio dei Vicari di Jesi e di Loreto. L’orientamento manageriale del progetto è open source e si vuole ottenere una risposta spontanea ed autogestita da chi rappresenta concretamente la regione Marche: noi tutti.Potrei azzardare parlando di una metaforica Maieutica, che vuole portare nuovamente alla luce una tradizione dimenticata, ma che giace in grembo alle nostre radici storiche e folkloristiche.Con una sorta di “strabismo tempo-rale”, ciò che un occhio ricerca nel passato è riadattato alle necessità scorte nel presente dall’altro: nasce quindi l’iniziativa figlia “Silenzi di Luce”. Con adesione spontanea dei sindaci, il 9 Dicembre le nostre città si sono vestite di luci soffuse per un po’, lasciando che i falò illuminassero sovrani la notte.Sposando un tema attuale come quello del risparmio energetico, l’iniziativa permette di vivere, anche solo per poco, l’emozione di scoprire quelle stelle, che l’inquinamento luminoso ci ha rubato, danzare

intermittenti con le brillanti lingue dei fuochi, accesi nelle campagne secondo le disposizioni del Diparti-mento della Protezione Civile delle Marche.In quella che è la vigilia della giornata simbolo dei marchigiani, inoltre, è offerta ai giovani (e non) la possibilità di allestire una propria home gallery con la quale contribui-re alla sensibilizzazione nei confronti dello “Smart Energy Use” (risparmio energetico) e dar sfogo alla propria creatività. Un ritorno al passato, quindi, che offre la possibilità di compiere un primo piccolo gesto per contribuire al futuro di tutti.Ci sarebbe molto da dire ancora, ma il rumore delle legne che si acca-tastano, il vento di Dicembre che sposta le ultime foglie secche ed il crepitio del fuoco fanno molto più rumore. Raccontarveli sarebbe solo il tentativo vano di dipingere in poche righe il canto di una notte intera...Nel frattempo il Martini era finito e c’era una candela spenta al centro del tavolo. Ci siamo salutati, io e Pierpaolo, sicuri che un giorno, gra-zie ad una collettività che desidera essere figlia della propria regione e nutrice del futuro di lei, in Italia (e, con un po’ d’impegno, anche oltre) si potrà forse parlare di quella notte dell’anno in cui i marchigiani, tutti insieme, spengono le proprie città per infiammare la propria Terra del sapore di un’antica tradizione, rinata dalle proprie ceneri.

Fenice lA trADIzIonELa tradizione vuole che nella notte tra il 9 ed il 10 Dicembre 1294, dopo la definitiva cacciata dei crociati in Palestina, la Santa Casa di Nazareth fu trasportata per “ministero angelico” nel territorio marchigiano, dove, presso la Basilica di Loreto, divenne una delle prime mete di pellegrinaggio d’Europa. La “Festa della Madonna del Tettarello” viene festeggiata dal 1617, per iniziativa del frate cappuccino fra Tom-maso d’Ancona, per celebrare la venuta della casa. Le cittadine s’accingevano a raccogliere legname da poter bruciare nella notte del 9 Dicembre, notte che infiammava l’entusiasmo generale e che faceva anche nascere dei motivi di pacifica rivalità tra i paesi vicini, che talvolta si rubavano il legname raccolto per riuscire ad accendere il falò più grande. A sera dal più grande al più piccolo, ci si riuniva per cantare, pregare e vivere un momento di festa collettivo attorno al fuoco, elemento che da sempre affascina l’uomo e assume svariate valenze simboliche. Negli anni ‘60/’70 del secolo scorso, poi, la tradizione andò via via scomparendo, rimanendo tuttavia viva in alcuni dei più piccoli centri dell’entroterra marchigiano.

>>> www.ifuochidellavenuta.it

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Un marchigiano vero dovrebbe sapere che cos’è una vergara e non dovrebbe avere bisogno di googlare per scoprirlo. Tra l’altro gli andrebbe male che salterebbero fuori le foto di una prosperosa attrice messicana e i siti di un giornalista italiano

Le vergare sono le bisnonne, sono le vecchie che tenevano in mano la vita domestica nelle campagne. Le vergare custo-divano le chiavi di casa, tenute insieme da un grande anello.

Erano le sacerdotesse della fami-glia, del fuoco domestico, delle tradizioni fondate sull’esperienza della mezzadria, della morale e della paura del nuovo.

Contro le vergare

Perché le vergare avevano senso nel mondo contadino, quando la vita delle campagne, generazione dopo

generazione, non conosceva differenze. Essere contadino al tempo di Ciriaco d’Ancona o essere contadino al tempo di Rossini, avrebbe cambiato poco del freddo dell’inverno, dei contrasti col pa-drone, dei soprusi dei forti, del modo di coltivare la terra o costruire la porcilaia. Il mondo per secoli si è ripetuto. Quella civiltà delle lucciole d’estate e dei rac-conti intorno al fuoco coi vicinati è finita da un pezzo. E il problema, oggi, non è se sia un bene o un male. Quello era un

problema di Pasolini, non è il mio e non è il nostro.Se scrivo che il mondo sta cambiando dico una cosa vera, ma dico anche una cosa che dicono tutti. E chi legge potreb-be avere due reazioni: chi ne conosce i motivi troverebbe le solite parole, chi non ne è consapevole al contrario avrebbe difficoltà a crederci, perché in giro ci sono le vergare che fanno un gran lavoro.Le vergare di oggi sono soprattutto uomini, invece del fazzoletto in testa portano spesso un completo scuro. Le vergare si oppongono al cambiamen-

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Ti vuoi mettere contro le bisnonne? Sì. Cioè, no, mi voglio mettere contro le vergare di oggi.

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to, perché per continuare a tenere le chiavi di casa hanno bisogno che i figli restino sotto il loro controllo. Che la casa non si svuoti, altrimenti si troveranno a parlare coi fantasmi di un passato che, per loro, non passa. Le vergare sono esperte del mondo, non sono sciocche. Sanno che le vecchie vergare hanno perso potere quando le famiglie sono andate in città, quando alla civiltà contadina si è affiancata la civiltà urbana e industriale. Le loro superstizioni stregonesche sono state sostituite dalla scienza dei medici di campagna prima e dagli ospedali poi. E allora le vergare di oggi non se lo possono permettere, cercano di tenere fuori il cambiamento o pensa-no che alla fine tutto resterà uguale, sperando che il Gattopardo non sia un romanzo, ma una profezia. Alla fine non resterà che scegliersi una parte, una fazione, decidere come si vuole vivere e accettare che questo comporterà uno scontro. Quando le epoche cambiano, i figli e i padri si trovano sulle parti opposte del campo di battaglia.

“Sei pazzo, figlio mio! Andare a metter-si con quella gente! Sono tutti mafiosi e imbroglioni. Un Falconeri dev’essere con noi, per il Re.” Gli occhi ripresero a sorridere. “Per il Re, certo, ma per quale Re?” Il ragazzo ebbe una delle sue crisi di serietà che lo rendevano impen-etrabile e caro. “Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. Mi sono spiegato?”

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo

“Nei primi anni sessanta, a causa dell’in-quinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scom-parire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dun-que non può più avere i bei rimpianti di una volta). Quel “qualcosa” che è acca-duto una decina di anni fa lo chiamerò dunque “scomparsa delle lucciole”.

Pier Paolo PasoliniCorriere della Sera, 1 febbraio 1975

CIRIACO PIZZECOLLI È NATO AD ANCONA ALLA FINE DEL ‘300 ED HA VIAGGIATO PER LA GRECIA FINO A COSTANTINOPOLI

IL SUO INTERESSE ERA APPROFONDIRE LA CONOSCENZA DEL GRECO E DA ARCHEOLOGO CONTRIBUIRE ALLA RISCOPERTA DELLA CIVILTà GRECA E ROMANA

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>>> Per saperne di piùwww.pasolini.net/saggistica_scritticorsari_lucciole.htm

Russell Crowe in una scena del film Un’ottima annata(2006)

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A Macerata, ogni seconda dome-nica del mese (Luglio ed Agosto esclusi), un simile scenario muta

e, sin dal primo mattino, è tutto un fiorire di bancarelle e piccoli banchetti improvvisati da chi non vuole mancare al consueto appuntamento col Baratto-lo, mercatino che da ben quindici anni si svolge nel cuore della città, animan-do i portici e le piazze.Dalle cibarie al modernariato, pas-sando per hobbystica ed artigianato artistico, sono presenti tutte le più classiche tipologie merceologiche , ciascuna con la sua area di riferimento.Piazza della Libertà, la più grande, ospi-ta numerosi stand enogastronomici, un mix di sapori tipici delle varie regioni italiane, con particolare riguardo per le specialità dolci e salate della nostra regione. L’angolo più suggestivo è la Galleria Scipione, gremita di antiquari e colle-zionisti, dei loro spazi allestiti, colmi di oggettistica della più variegata specie, tanto da ricordare, a colpo d’occhio, il gioco di colori di un caleidoscopio: libri usati, vecchi monili di primo Nove-cento, telefoni in bachelite, vinili e cd, bambolotti, pizzi e cappelli sono solo alcuni dei tanti “preziosi”che fanno bella mostra di sé, disordinati di quel disordine che sembra voluto e studiato dallo scaltro commerciante. È così che si stuzzica l’attenzione del passante, invitandolo a fermarsi per guardare, toccare da vicino e non esiste rito più ineluttabile di quello che precede

l’acquisto, col balletto delle mani che indugiano, tentennano, ma che alla fine si lasciano sedurre da ciò che le ha attirate. Alla maniera dei readymade duchampiani, queste “porzioni” del nostro quotidiano, possono generare ancora scintille di sorpresa, trovare altrove un nuovo corso d’uso. Ecco spiegata allora la partecipazione assidua di belle signore di mezza età che, svuotati gli armadi , mettono in vendita abiti, borse, spille e scarpe che sconosciute ragazze rivisiteranno poi in base al proprio gusto, in un corto circuito di epoche e mood stilistici.Lo stesso nome del mercatino, del resto, allude non soltanto all’idea del conservare per tramandare, ma anche all’antica pratica del baratto, al concet-to che un bene possa essere scambiato con qualcosa di più importante per noi al momento della transazione. Uno spirito, questo, che muove non solo gli adulti, ma anche i più piccoli: Il Barat-tolo, infatti, riserva la loggia dell’ INA a bambini e ragazzi che vogliano farne la propria soffitta per l’intero pomeriggio, riversandovi centinaia di giocattoli e tutto quanto possa stuzzicare la loro fantasia di mercanti alle prime armi.Una manifestazione, dunque, che deve il suo successo soprattutto alla sua democratica apertura a chiunque voglia mettere in mostra estro e crea-tività, dietro semplice presentazione, entro il 7 di ogni mese, di un modulo compilato in cui si prenota uno spazio espositivo personalizzato.

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La vita segreta degli oggetti Il Barattolo a Macerata

Centro storicocittadino, domenica mattina: negozi chiusi, vicoli deserti, silenzio imperante, rotto solo da sommessi rumori di tazzine di qualche bar aperto.

Un paesaggio urbano di un qualsiasi giorno festivo, quasi rassicurante per chi ama passeggiare in solitaria

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Passate da Montecosaro? Noi vi consigliamo …

Le “tagliatelle di farro con zucca, prosciutto e salsa di noci”.

E se siete curiosi di sapere la ricetta … ve la diamo!

Per la pasta fresca:100 gr. di farina di farro25 gr. di farina integrale125 gr. di farina bianca3 uova intere4 gr. di salePer il condimento: 300 gr. di zucca giallaUno scalogno100 gr. di prosciutto crudo a dadini100 gr. di noci sgusciateOlio extra vergineUn bicchiere di latte

Procedimento:Tritare lo scalogno e metterlo in una padella con dell’olio extra vergine. Fare appassire a fuoco mod-erato, aggiungere la zucca tagliata a cubetti e cuocere per 10 minuti a fuoco vivo. Aggiungere il prosciutto e togliere dal fuoco quando il prosciutto è ben ro-solato. In un bicchiere mettere il latte e i gherigli di noce; frullare il tutto fino a ridurlo in crema, versarlo poi nella padella insieme al prosciutto e alla zucca, aggiustando di sale. Cuocere le tagliatelle in abbon-dante acqua salata, scolarle e passarle nella padella per amalgamarle con la salsa. Servire con parmigiano a parte per chi lo gradisce. Facoltativa è una grattu-giata di pepe sulle tagliatelle per conferire un gusto più vivace.In abbinamento, un Cabernet Sauvignon “Conte Leopoldo” dell’azienda vinicola “Santa Cassella” di Po-tenza Picena.

Il piattoda gustare?

L’ “Osteria Delle Tre Gioie” si trova in via G. Leopardi, 17, incastonata all’interno

del centro storico; ma non sarà difficile trovarla, vista la giovialità degli abitanti. Il locale era una vecchia osteria, trasformatasi poi in merceria. Torna ad assumere la sua funzione di osteria nel 2000 e dal 2006 la gestione è di Pierapaolo

Picasso, che l’ha chiamata “Osteria Delle Tre Gioie” in onore delle tre figlie, che ogni tanto vanno a dare una mano al padre in qualità di cameriere.Pierpaolo alle sue spalle ha trenta anni di esperienza (è stato il più giovane “Collare Cocorum” d’Italia),ha gestito diversi locali a Civitanova ed ha avuto esperienze

lavorative in tutta Italia.La cucina che propone è la tipica marchigiana, riveduta nell’ottica della leggerezza e della modernità: utilizza esclusivamente materie prime del territorio ( filiera corta) ed abbina ai suoi piatti vini regionali di piccole aziende vinicole. “Credo nella stagionalità dei prodotti, non si possono offrire gli asparagi a

dicembre o le fave a gennaio”, dice spesso Pierpaolo. Il menù proposto varia a seconda delle offerte del mercato e su ordinazione si possono gustare prelibati seppur semplici piatti di pesce (anche se il venerdì è sempre presente il bac-calà caro alla nostra tradizione).Info e PrenotazioniTel. 0733224999

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“ A Montecò se non si matto non te ce vò”: questo è il detto del paese… in effetti, qualche tipo strano a Montecosaro lo si può incontrare! Montecosaro è un comune di seimila abitanti circa della provincia di Macerata. Da poco entrato a far parte dei borghi più belli d’Italia, vanta un centro storico mirabilmente conservato e ristrutturato. Salendo per i vicoletti, si arriva al punto più alto, i giardini del “Cassero”, da dove si può ammirare un panorama che spazia dal Mar Adriatico ai Monti Sibil-lini e l’occhio si perde tra le terre del maceratese e del piceno.Il turismo è perlopiù interessato ai poli calzaturieri, vista la presenza nelle vicinanze di spacci “eccellenti”: Tod’s, Cesare Paciotti, Prada, Docksteps, Alberto Guardiani e molte altre firme.

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La turbolenza nel mercato dei titoli governativi europei si è poi aggravata in seguito al peggiora-

mento della situazione in Irlanda della settimana scorsa. Anche in questo caso le autorità preposte alla salvaguardia degli equilibri economici finanziari della Unione Europea e il Fondo Monetario sono stati chiamati ad intervenire, per consentire al Governo irlandese di avere il tempo necessario per implementare una serie di misure di risanamento dei conti pubblici e di rilancio dell’econo-mia. Come spesso accade in questi casi, i timori di un contagio della crisi alle altre nazioni considerate più a rischio (il Portogallo e la Spagna), hanno portato gli investitori a prendere profitto su tutti i titoli di Eurolandia escludendo, almeno per il momento, quelli considerati più virtuosi, Germania e Francia.Questo comportamento selettivo da parte degli operatori di mercato ha com-portato un ulteriore allargamento degli spreads tra i titoli governativi dei paesi periferici ed il bund tedesco, nonchè degli spreads dei relativi CDS (credit default swap).È evidente, che questo comportamento sott’intende una spaccatura all’interno dell’Europa tra Paesi virtuosi e Paesi non virtuosi, tra economie capaci di resistere e di reagire alla crisi in atto e econo-mie impossibilitate a reagire in quanto strette tra la morsa del debito pubblico e l’impossibilità di incrementare eccessiva-mente la tassazione a causa dei possibili impatti negativi sulla futura crescita economica.Di questa spaccatura non poteva non risentirne l’euro, da sempre barometro della solidità e della crescita in Euro-landia e preciso indicatore del rischio credito degli emittenti.Il suo andamento nell’ultimo semestre è stato a dir poco altalenante. Dopo aver

registrato un minimo relativo a 1.21 contro la divisa statuniten-se in concomitanza con l’acuirsi della crisi Greca, ha registrato un massimo relativo a 1.43 solo poche settimane orsono. Ma è bastato che un altro stato peri-ferico come l’Irlanda mostrasse i primi segnali di crisi per riportar-lo a ripiegare nuovamente contro tutte le divise più importanti, dalla sterlina al franco svizzero, dallo yen al dollaro canadese. Ora la domanda nasce sponta-nea: come fanno i direttori finanziari delle piccole aziende locali, espo-ste al commercio con l’estero, a poter elaborare in modo razio-nale e compiuto dei business plan nell’attuale stato di incertezza e volatilità delle valute?Molte imprese locali sono esposte direttamente al rischio di fluttuazioni dei cambi visto che le loro importa-zioni e/o le esportazioni sono spesso denominate in valuta estera. Così, se i costi di produzione dell’im-presa sono denominati in una valuta estera, un deprezzamento significativo dell’euro rispetto a questa comporta, di fatto, un aumento sensibile dei costi d’impresa. Specularmente, nel caso di ricavi espressi in valuta estera, un deprezzamento significativo di essa rispetto all’euro si riflette direttamente in una contrazione del fatturato con evidenti ripercussioni sulla capacità

dell’azienda di generare cash flow e utili.Da quanto detto, in questo contesto emerge più che mai l’esigenza da parte delle piccole e medie imprese locali di tutelarsi da queste repentine fluttua-zioni dei cambi. Un’idonea pianifica-zione finanziaria diretta a monitorare il rischio di cambio è quanto mai indispensabile se le aziende inten-dono preservare e tutelare i margini aziendali, senza dover affidare a fattori esogeni alla gestione caratteristica gli esiti delle performance annuali.

Il rischio di cambio per le Pmi alla luce della crisi di Eurolandia

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Nell’area di Ancona, sono già presenti alcune realtà quali la ZEYGOS s.r.l. capaci di assistere le aziende nella gestione e monitoraggio dei rischi al fine di consentire loro di focalizzare l’attività sulla gestione del core busi-ness, evitando di incorrere in brutte sorprese legate alla fluttuazione erratica del mercato dei cambi.Con l’ausilio di un professionista indipendente, alcuni interventi pos-sibili per eliminare o ridurre il rischio cambio possono essere: - Bloccare il cambio per transazioni finanziarie che avverranno in futuro;- Assicurarsi dal rischio di una varia-zione sfavorevole del cambio, lascian-do aperta la possibilità di beneficiare di una variazione favorevole del cambio;- Assicurarsi una finestra di variabilità del cambio, per ridurre il costo della copertura dall’andamento sfavore-vole attraverso una rinuncia di parte del profitto in caso di andamento favorevole.Con il supporto di Zeygos, si può at-tuare un monitoraggio periodico del rischio di cambio e prendere decisio-ni idonee riguardo alla sua eventuale copertura, parziale o totale. In termini economici, la gestione del rischio di cambio elaborata da un risk manager può aumentare il valore dell’impresa quando aumentano i flussi di cassa attesi aggiustati per il rischio, ovvero, quando si stabilizzano i margini aziendali, ottenendo così un impor-tante vantaggio competitivo.

Il rischio di cambio per le Pmi alla luce della crisi di Eurolandia

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Lo scenario macroeconomico europeo di quest’ultimo periodo è stato alquanto turbolento. La crisi di Eurolandia è sfociata lo scorso maggio, con l’acuirsi dei problemi di solvibilità della Grecia che hanno costretto il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione europea ad intervenire con un massiccio pac-chetto di aiuti diretto a tamponare, almeno nel breve, le difficoltà della Grecia a rimborsare il proprio debito.

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La disoccupazione è in crescita eppure ci sono

professioni con maggiori opportunità di lavoro.

Falegname, sarta, idraulico, panettiere:

ecco alcuni dei mestieri snobbati dai giovani

Artigiani: le imprese li cercano ma non li trovano

Se i vostri figli vi dicono che da grandi vogliono fare l’elettri-cista o la parrucchiera, non

rattristatevi al pensiero che per loro volevate di più, ma considera-te che così risparmieranno tempo ed energie per trovare un lavoro stabile. Se si sfogliano gli annunci di lavoro, infatti, si comprende che le aziende cercano soprattutto personale con un’alta specializza-zione tecnica o una comprovata esperienza di settore. Parlare di artigiano ai giorni nostri può apparire retrò, se abbiamo in mente le antiche botteghe coi saperi tramandati di padre in figlio. Eppure proprio negli ultimi tempi si stanno rivalutando le conoscen-ze manuali: come scrive il socio-

logo americano Richard Sennett nel suo libro “L’uomo artigiano”, a salvarci dalla crisi non saranno i ta-lenti, ma quelli capaci di produrre oggetti perfetti. Questi sarebbero dotati di un elemento in più rispet-to agli altri: l’orgoglio per il proprio lavoro, forza in grado di risollevare l’economia di un Paese.Quindi, per i giovani in cerca d’occupazione la scelta di appren-dere una professione tecnica può rivelarsi vincente? Per molti versi sì, se consideriamo che in molte imprese artigiane manca un effettivo ricambio generazionale. La scelta va però accompagnata da impegno e passione: occorre un periodo di apprendistato di alcuni anni prima

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A SCuolA DI SArtorIA

Quello della moda e del design è un settore dell’artigianato che richiede molta professionalità e

creatività. Anche se a prima vista sembrerebbe il contrario, ci sono

ancora ragazze che sognano di diventare sarte, stiliste o model-

liste. Al Centro di Formazione Professionale di Monteprandone

ne abbiamo incontrate alcune, che ci hanno elencato i motivi

per cui una giovane si iscrive ad un corso di sartoria: poter creare

abiti su misura con le proprie mani, sviluppare la creatività che

aiuta a realizzarsi e a superare lo stress, socializzare e condivi-dere con altre la stessa passione

e, non da ultimo, apprendere un vero e proprio mestiere. “Si

comincia così, - ci spiega la maes-tra Daniela Giobbi - imparando a realizzare una gonna, una giacca e un pantalone. Poi, se il lavoro

piace, dopo tre o quattro anni di pratica si diventa professioniste”.

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IL LAVORO DELL’EBANISTA

Il Mobilificio Binni, iscritto al registro della Regia Camera di Commercio nel 1885, è una delle più antiche aziende artigiane ancora attive. Nonostante il suo ruolo di prestigio nel settore marchigiano degli arredamenti su mi-sura, l’impresa fa fatica ad attirare le nuove generazioni, poco desiderose di apprendere i segreti dell’intaglio e dell’intarsio. Motivo? “I giovani di oggi snobbano la polvere e non amano sporcarsi”, ci spiega il maestro Paolo Binni. Anche qui, difficile uscire dal mito “giacca e cravatta”.

Imprese artigiane: come superare la crisi

Nelle Marche, regione leader per l’artigianato in Italia (19,7% di valore aggiunto rispetto ad una media nazionale dell’11,9%), qual è la situazione delle piccole imprese? Stando all’indagine di Trend Marche 2009, la crisi non avrebbe risparmiato questo settore, con forti cali del fatturato (in media - 4,4%), soprattutto nel mani-fatturiero (-14,4%). Nel 2010 c’è stato un notevole aumento del ricorso alla cassa integrazione per le aziende artigiane di Ascoli e Fermo, anche se per il secondo se-mestre dell’anno l’Ebam (Ente Bilaterale Artigiano Marche) ha previsto nuovi posti di lavoro e l’incremento dell’attività produttiva, in particolare per i settori meccani-ca e calzaturiero, ma ancor di più per chi investe all’estero.Quest’ultimo fattore sarebbe fondamentale per rilanciare l’artigianato, secondo l’opinione di Stefano Micelli, docente universitario di Economia. A suo avviso le piccole imprese avrebbero bisogno di due parole d’ordine per rispondere alla crisi: innovazione ed internazionalizzazione. Solo sperimentando soluzioni innovative, utilizzando le nuove tecnologie ed ampliando i propri mercati, l’artigianato made in Italy potrebbe valorizzarsi e competere sui mercati globali. Sì quindi a strumenti come il web-marketing e l’e-commerce per promuoversi e vendere i propri prodotti online.

Artigiani: le imprese li cercano ma non li trovano

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di acquisire una certa padronanza nella mansione. Secondo indagini sul mercato del lavoro, i mestieri dimenticati dalle nuove gene-razioni e con maggiori sbocchi profes-sionali sono quelli che si fanno “in piedi”, come l’elettricista, il panettiere, il cuoco, il pasticcere, il falegname, l’idraulico, il sarto, il parrucchiere, l’installatore d’infissi e lo scalpellino (per citarne solo alcuni). A dirlo è il recente Rapporto Confartigia-nato sui cosiddetti “mestieri trascurati”, secondo cui un buon 26,7% del fabbi-sogno occupazionale delle imprese nel 2010 risulta insoddisfatto per la diffi-coltà a reperire personale specializzato, nonostante il tasso di disoccupazione in Italia superi ormai l’8% della popola-zione, raggiungendo quota 27% nella fascia giovanile tra i 15 e i 24 anni. In altri termini, i ragazzi di oggi non vogliono più fare certi lavori (12,4%), o non sono abbastanza preparati per farli (14,3%), pur restando un quarto di loro senza occupazione. Come spiegare questa gap tra doman-

da e offerta di lavoro? In un’intervista di Oscar Giannino al presidente di Confartigianato Giorgio Guerrini su Radio24, emerge l’idea che il problema sia soprattutto culturale, ossia legato al fatto che le famiglie italiane, ormai da decenni, classificano i lavori manuali come “di serie B” rispetto a quelli di tipo impiegatizio o intellettuale. Ma secondo Guerrini la responsabilità sarebbe anche delle istituzioni, che avrebbero snaturato l’apprendistato, principale canale di in-gresso per i giovani nel settore dell’arti-gianato, scolarizzandolo. In altri termini, la formazione fatta fuori dalle aziende non sarebbe in grado di qualificare i gio-vani come quella interna. Al contempo, occorre una regolamentazione più netta affinché l’apprendistato sia davvero for-mativo e non diventi uno strumento di sfruttamento del lavoro giovanile da par-te delle imprese. A tal fine, il 27 ottobre scorso è stato sottoscritto un accordo tra Governo, Regioni e parti sociali, in vista di una riforma dell’apprendistato profes-sionalizzante, che dovrebbe realizzarsi nel 2011.

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E’ una possibilità reale quella offerta dalla WT Motors, azien-da di Monsano nata nel 2005,

che opera all’interno del settore dei veicoli da trasporto leggero, gli atv: quad, scooter, pit-bike e mini gp.Ma, andiamo con ordine.Chi è la WT Motors?Innovazione, ricerca, elevati standard qualitativi … e ancora, alto contenuto tecnologico, prezzi competitivi e design accattivante, il tutto all’insegna dell’ecosostenibi-lità, della personalizzazione e dello studio di ogni più piccolo dettaglio.Una realtà imprenditoriale nata ap-pena 5 anni fa ma che di strada ne ha fatta tanta; e il fatto che il core business dell’azienda siano proprio veicoli leggeri per la mobilità per-sonale rende ancora più calzante la metafora!Forse quando Manuele Vindusca e Michele Braconi hanno iniziato questa avventura, non avevano in mente le grandi soddisfazioni che negli anni si sarebbe tolti, arrivando a conquistare un posto di rilievo non solo nell’immaginario della clientela ma anche e soprattutto tra i competitors. La forza di questo ennesimo gioiello dell’imprenditorialità marchigiana è testimoniata anche dall’amplia-mento del Gruppo che nel 2007 ha creato una holding, la B&V che è costituita da Wt Moto – scooter - , Wt Rent – per il noleggio di atv e scooter – e addirittura da una “sorel-

la” con sede in Cina a Chongquing, la Chongquing Engineering, dove vengono prodotti i modelli di atv e scooter.La Wt Motors ha poi deciso di concentrarsi su un settore in par-ticolare: quello dell’applicazione delle energie alternative ai proprio veicoli, favorendo così valori impor-tanti come il risparmio energetico e il controllo dell’impatto ambientale.E non solo … proponendo anche ai propri clienti un ampio margi-ne di risparmio. Come?Con Zero, il pacchetto del sole per la mobilità sostenibile personale. In pratica, il cliente riesce ad avere il veicolo elettrico e quanto serve per ricaricarlo totalmente a costo zero: l’investimento è infatti interamente sostenuto dagli istituti di credi-to convenzionati col Gruppo Wt Motors, senza bisogno di esborsi o costi aggiuntivi da sostenere. E come è possibile questo, vi starete chiedendo? Lo è perché l’investi-mento nel pacchetto green sarà poi completamente ripagato dagli incentivi statali erogati dal Gse, il Gestore dei Servizi Energetici; in questo modo in 10 anni si sarà rientrati dell’investimento.Ovviamente sarà possibile persona-lizzare l’offerta in base alle proprie esigenze, scegliendo tra tre kit: quello da 2 kW, quello intermedio da 3 e quello da 5 kW, oltre alla tipologia di veicolo che potrà essere una green car, il Katar o uno tra i

Vuoi essere “green”? Zero te lo permette … e risparmi!

Modelli ATV

7 modelli di atv, sia sportivi che utility a partire da 150 cc fino a 700 cc

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L’ eccellenza marchigiana risiede spesso nelle idee, nella progettualità, nella capacità di dare risposte efficaci ed efficienti … come fa WT Motors!

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E se vi dicessimo che c’è la possibilità di avere un veicolo al 100% elettrico, completo di pensilina fotovoltaica e di colonnina per la ricarica, il tutto a costo zero?

Pensereste all’ennesima bufala! E invece no.

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Il “palmares” WT Motors

ottobre 2009: classificata tra i primi posti all’Eco Targa Floriodicembre 2009: riconoscimento Gran Premio di Caracalla all’Eco Roma Gpmaggio 2010: Premio Rotary all’impresa conferito dalla sezione jesina del Club per “le grandi doti di innovazione e dinamismo imprenditoriale”ottobre 2010: partecipazione all’Eco Targa Floria Green Prix 2010

Vuoi essere “green”? Zero te lo permette … e risparmi!

6 modelli di scooter da 50 cc a 250 cc

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il cliente riesce ad avere il veicolo elettrico e quanto serve per ricaricarlo totalmente a costo zero

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due scooter Hollywood o Bilbao.E non è finita qui … zero sono anche le spese da sostenere per il bollo, oltre che per il carburante, i costi di manu-tenzione sono pressoché inesistenti, la spesa per l’assicurazione può ridursi fino al 70% e la previsione di svaluta-zione del veicolo è di molto inferiore alla media, dato che sempre di più si andrà nella direzione di trasporti green.

A questo punto … avete ancora dei dubbi?

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l’amministrazione finanziaria partendo dal consumo di cosid-detti “beni di lusso” divisi in 9 macrocategorie, applicava dei moltiplicatori a tali consumi e, sommando i risultati in preceden-za ottenuti, effettuava una ride-

PER MOLTI ANNI QUESTO STRU-MENTO È STATO UTILIZZATO DALL’AMMINISTRAZIONE FINAN-ZIARIA IN MODO SPORADICO (NON PIù DI 5.000 ACCERTAMENTI ANNUI). LE RAGIONI DI QUESTO SOSTANZIALE FALLIMENTO SONO DA RICONDURRE ALLA SUA SCARSA AFFIDABILITà, IN-COMPLETEZZA E RIGIDITà, DATO CHE È UN AZZARDO DAL PUNTO DI VISTA ECONOMICO DEDURRE IL REDDITO DI UNA PERSONA SULLA BASE DEI BENI POSSEDUTI O DEI CONSUMI EFFET-TUATI.

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QUANDO L’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA AC-CERTA IL REDDITO DI UN CONTRIBUENTE SI BASA SU UNA LOGICA CHE È IN LINEA DI MASSIMA O DI TIPO ANALITICO (COME NEL CASO DEGLI STUDI DI SETTORE) O DI TIPO SINTETICO.

La fonte principale dell’accertamento sintetico in Italia è il cosiddetto redditometro. Questo strumento venne introdotto per la prima volta nel 1983, fu successivamente modificato nel 1992 ed oggi è stato riproposto in una versione totalmente restaurata.

IL VECCHIO REDDITOMETRO SOSTANZIALMENTE FUNZIONAVA IN QUESTA MANIERA:

QUESTO FATTO RISULTA A MIO AVVISO ABBASTANZA GRAVE DATO CHE, MESSA IN QUESTI TERMINI, IL CONFLITTO D’INTERESSE TRA AMMINISTRAZIONE COMUNALE E CON-TRIBUENTE È AL QUANTO PALESE …

Infatti ora la capacità di spesa verrà calcolata sulla base dei seguenti beni: casa, mutui, bollette, auto, scuole private prestigiose, palestre, beauty farm, assicurazioni e contributi ai domestici.Inoltre si terrà conto nella fase di rideterminazione del reddito della composizione del nucleo familiare, quindi alcune spese potranno essere giustificate per via del reddito prodotto dal coniuge o da altri componenti

dello stesso, e della territorialità, neutralizzando i problemi legati al diverso costo della vita tra le diverse regioni del Paese.Insomma sono cambiati gli indicatori ma la sostanza del vecchio accertamento è co-munque rimasta ed ad avviso di chi vi scrive i limiti di que-sto strumento in precedenza elencati saranno risolti soltanto marginalmente.L’ultima cosa da notare è come parteciperanno gli enti locali

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Per queste motivazioni l’art. 22 della cosiddetta “manovra estiva 2010” ha riformato i precedenti canoni presi in considerazione per la rideterminazione del red-dito, i quali ora si baseranno su nuovi parametri.

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Per ovviare a questa sgradevole situazione il nostro legislatore, spro-nato anche da direttive provenienti

dall’Unione Europea, è corso ai ripari, ed ha introdotto, derogando al divieto dei patti successori, l’istituto del Patto di Famiglia, con il quale è possibile per l’imprenditore (o il socio) trasferire in tutto o in parte, l’azien-da (o la propria partecipazione) ad uno o più discendenti.La ratio della norma è chiara: favorire la pro-secuzione dell’attività aziendale per il tem-po successivo alla morte dell’imprenditore, attraverso una preventiva designazione dei soggetti che dovranno a costui subentrare nella gestione.Alla stipulazione di questo contratto, il quale dovrà essere redatto sotto la forma di atto pubblico dinnanzi ad un notaio, parteciperanno l’im-prenditore, il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimati, se la suc-cessione si aprisse al momento della redazione del Patto.I discendenti dell’imprenditore che risultino essere assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni avranno contestualmente l’obbligo di corrispondere agli altri familiari partecipanti al patto un valore pari alla quota di riserva, salvo rinunzia da parte di questi ultimi.L’istituto inoltre contempla la possibili-tà di impugnare tale contratto per vizio del consenso entro il ridotto termine di

prescrizione pari ad un anno e la possibi-lità di scioglimento del vincolo negoziale, mediante diverso contratto o il recesso se espressamente previsto dalle clausole contrattuali. Altro aspetto interessante della vicenda è infine quello tributario.Infatti i trasferimenti di aziende o rami di azienda, di quote sociali e di azioni a favore dei figli e degli altri discendenti, nell’ambito dei patti di famiglia sono esenti dall’impo-sta di donazione e successione. Se l’azienda comprende beni immobili, il trasferimento è esente anche dalle imposte ipotecarie e catastali che dovrebbero gravare su di essi.Questa esenzione, però, si applica solo in presenza di alcune condizioni, espressa-mente indicate dalla legge.Prima di tutto, se si tratta di azioni o quote di srl l’esenzione si applica solo alle parte-cipazioni che consentono al beneficiario di acquisire o integrare il controllo della società attraverso la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria.NESSUNA LIMITAZIONE È INVECE PREVISTA PER LE SOCIETà DI PER-SONE (S.N.C., S.A.S. E SOCIETà SEMPLICI), QUINDI SEMBRA CHE L’ESENZIONE DALLE IMPOSTE SIA CONCESSA ANCHE PER LE PARTE-CIPAZIONI CHE NON CONSENTO-NO AL BENEFICIARIO DI ACQUISI-RE LA MAGGIORANZA.

Inoltre il beneficiario deve impegnarsi espressamente a proseguire nella gestione dell’azienda, o a mantenere il controllo della società, per almeno cinque anni dopo il trasferimento, a pena di decadenza dall’agevolazione. A tal fine il beneficiario deve rendere un’apposita dichiarazione nell’atto con il quale viene stipulato il patto di famiglia. In caso di mancato rispetto dell’impegno assunto, sarà applicata l’impo-sta di donazione nella misura ordinaria (4%), ed eventualmente le imposte ipoteca-rie (2%) e catastali (1%) sugli immobili, oltre alla sanzione amministrativa pari al trenta per cento dell’importo non versato e agli interessi di mora.

Parlare di “Patto di Fami-glia” potrebbe trarre in in-ganno: non si sta citando il famoso patto d’onore o di sangue, ma un istituto in grado di aiutare le piccole e medie imprese nel deli-cato momento del passag-gio generazionale.

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Il passaggio generazionale nelle piccole-medie im-prese italiane è reputato come il maggiore responsabile della loro scarsa durata nel tempo, in quanto da nu-merose indagini statistiche è emerso che soltanto una piccola percentuale di queste riesce a superare il baluardo del secondo passaggio di consegne.Illustrazione: Marco Bartoli

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Biocombustibili. Sviluppo sostenibile e nuove forme di energia

Durante l’ultima decade i biocom-bustibili liquidi si sono guadagnati lo status di fonte energetica dalle

ampie potenzialità. I driver di questo importante successo si individuano nelle politiche energetiche dei Paesi industria-lizzati, nel continuo sviluppo delle tecno-logie, nella riduzione dei costi di produ-zione e nel costante aumento del prezzo del petrolio sui mercati internazionali. I biocombustibili possono enormemente ridurre la dipendenza delle maggiori economie del mondo dalle fonti fossili, e sono uno strumento chiave per ridurre le emissioni di gas serra. Il protocollo di Kyoto, entrato in vigore il 16 febbraio 2005, ha dato una notevole spinta a questa industria emergente specialmen-te nei paesi in via di sviluppo. Dietro le scelte socio economiche di molti governi vi è il desiderio di implementare nuovi mercati per l’agricoltura in alternativa alle

tradizionali commodities alimentari. Il potenziale dei combustibili liquidi è particolarmente elevato nei Paesi tropica-li dove la resa delle coltivazioni è più alta che nei Paesi temperati e sia il costo della terra che quello del lavoro sono inferiori. I biocombustibili sono in competizione sempre maggiore con i combustibili fossili. La riduzione dei costi, la maggiore resa e la loro crescita su larga scala può aiutare i Paesi in via di sviluppo a fornire al mercato delle commodities prodotti sempre più competitivi. Le multinazionali che lavorano nel settore agricolo vedono i biocombustibili come una possibilità di differenziazione dalle coltivazioni tradizionali rivolte alla produzione di generi alimentari. Tali investimenti pos-sono generare significative possibilità di reddito per i Paesi emergenti, ma non è detto che siano automaticamente anche portatori di sviluppo e benessere locale:

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Un’altra frontiera a cui guardare per internazionalizzare, un’opportunità da conoscere per poterla sfruttare

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la sostenibilità è molto importante affin-ché l’opinione pubblica possa valutare positivamente questo nuovo settore. Nell’Unione Europea, ad esempio, i biocombustibili importati da zone extra UE devono sottostare ad una precisa regolamentazione per poter godere degli incentivi previsti. Aspetti da tenere costantemente sotto controllo sono le certificazioni di produzione, l’utilizzo regolamentato della terra, la creazione di nuova occupazione per evitare di indebolire le economie dei Paesi in via di sviluppo. Nelle zone remote, dove la fornitura di combustibili fossili non è realizzabile e comunque sarebbe ecces-sivamente costosa, la produzione locale di biocarburanti può essere un impor-tante asset di sviluppo sostenibile. Al giorno d’oggi possiamo distinguere due classi di biocombustibili.

L’etanolo che viene prodotto dalla fer-mentazione di colture ricche di amidi e zuccheri (barbabietole, canne da zucche-ro, mais e grano) e gli oli vegetali crudi, prodotti dalla spremitura dei semi di colture oleaginose. L’etanolo può essere miscelato fino al 10% con la benzina ed utilizzato nei motori a combustione. Il leader mondiale di produzione di etanolo è il Brasile che ha fortemente sviluppato la conversione della canna da zucchero per limitare le importazioni di petrolio ed adottare un combustibile sostituitivo alle comuni fonti fossili. Altro grande produttore sono gli USA, che ricavano etanolo dal mais. Secondo dati recenti l’etanolo ricopre il 90% della produzione di biocombustibili, mentre gli oli vegetali il restante 10%. I biocombustibili a base di olio posso-no essere oli vegetali puri (PPO: pure plant oil), così come vengono estratti dai semi delle colture, oppure biodiesel che si produce attraverso la transeste-rificazione degli oli. Il biodiesel può essere miscelato con il diesel comune per l’autotrazione. I motori che usano 100% biodiesel o PPO necessitano di alcune modifiche tecniche. Il più grosso consumatore mondiale di biodiesel è la Germania, dove gli agricoltori coltivano piante come la colza per soddisfare la domanda del mercato interno. Tale mer-cato è normato dalle politiche governati-ve e riceve diversi incentivi finanziari. Comparata alla raffinazione degli oli ve-getali, la produzione di biocombustibili può essere molto più decentralizzata. Un produttore locale può estrarre l’olio dalla materia prima e poi trasportarlo per ulteriori lavorazioni. L’estrazione dell’olio dai semi su piccola scala può avvenire at-traverso l’utilizzo di una semplice pressa o di un frantoio, così come si è fatto per molti secoli in ogni parte del mondo.

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La Jatropha è originaria del centro America, ma si è oggi diffusa nelle zone tropicali di tutto il mondo. Il nome Jatropha si riferisce solitamente alla Jatropha Curcas L., appartie-ne alla famiglia delle Euphorbiaceae, svilup-pa un tronco alto fino a sei metri, ed è una specie selvatica che non è mai stata coltiva-ta. La pianta e i semi contengono cianuri e saponine, è quindi tossica e non adatta per l’alimentazione né umana, né animale. Può vivere oltre 50 anni, si adatta bene a condi-zioni semi aride con temperature tra 20 e 28 gradi, con precipitazioni annue da 300 a 1200 mm, cresce a basse altitudini (fino a 500 m), può resistere a leggere gelate e non è sensibile alla durata del giorno. Preferisce suoli ben drenati, con buona ventilazione e non soffre terreni con scarso contenuto di nutrienti. Non ama l’acqua stagnante e le ra-dici trovano difficoltà su terreni duri. La Jatro-pha può essere coltivata per recuperare terre degradate.Essa possiede tutte le caratteristiche per creare uno sviluppo locale promettente. E’ una pianta selvatica, non ha bisogno di cure particolari, terreni di qualità e tanta acqua, ed è conosciuta da parecchio tempo dagli agricoltori di Africa, India e centro America. Prodotto localmente l’olio di Jatropha può alimentare un motore diesel per produrre corrente elettrica da utilizzare per far funzio-nare negozi, scuole e ospedali. Può essere usato direttamente per l’illuminazione, per cucinare o lavorato per fare saponi.Tutto ciò richiede investimenti in attrezzatu-re e formazione, ma può creare occupazione nelle aree rurali e liberarle dal meccanismo del petrolio.

JATROPHABIOCOMBUSTIBILI

I biocombustibili possono creare energia sostenibile nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo, riducendo la dipendenza dalle fonti fossili, stimolando l’imprenditorialità locale, aumentando il reddito degli agri-coltori e migliorando le condizioni di vita. I biocarburanti per produrre risultati signifi-cativi necessitano di politiche mirate sia per l’agricoltura che per l’energia, focalizzando l’attenzione sull’alternanza tra colture food e non food.

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Apple ha re-inventato (come già capi-tato per i lettori mp3 con l’iPod e per i telefoni con l’iPhone) questa tipologia

di prodotto, lanciando sul mercato il suo iPad. Sfruttando la tecnologia, sia a livello hardware che software già affermatasi grazie all’iPhone, si è concentrata nella progettazio-ne di un device intermedio come dimensioni tra uno smartphone ed un notebook. L’iPad coniuga quindi una buona trasportabilità con la possibilità di lavorare in maniera più agevole rispetto allo schermo ridotto di un telefonino.Dall’Aprile 2010, mese in cui è stato lanciato, l’iPad ha raggiunto i 3 milioni di esemplari venduti in circa 80 giorni e ad oggi conta circa 300.000 unità vendute solamente nel nostro Paese. Con l’avvicinarsi delle fe-stività natalizie c’è da scommetterci che sarà uno degli oggetti maggiormente desiderati.La semplicità di utilizzo è sicuramente uno dei suoi fattori di successo che ha spinto molti utenti a preferirlo all’acquisto di un netbook (il suo principale antagonista sul mercato) perché non richiede per utilizzarlo nessuna nozione informatica e inoltre sod-disfa a pieno chi sfrutta il personal computer quasi esclusivamente per navigare in rete e scrivere mail.Ma non scordiamoci del Galaxy Tab di Samsung disponibile da poco più di un mese. Il Samsung,

forse grazie proprio alle sue dimensioni di circa 7”, riesce ad essere più maneggevole dell’Ipad, per non dire tascabile. Le sue dimensioni lo fanno avvicinare più all’idea di uno smartphone evoluto che di un netbook confortevole.Solo nel primo mese il Galaxy ha registrato 600.000 unità vendute; non dimentichiamo-ci che le app disponibili sull’Android Store sono ancora molte meno rispetto a quelle presenti sull’App Store; quando questo numero lieviterà allora l’iPad potrà scontrarsi veramente con un degno rivale.L’arrivo dell’iPad ha comunque rinvigorito il mercato e diversi altri produttori si stanno muovendo per colmare il divario con la Apple ed insidiare il suo primato. Sicuramen-te ciò che vediamo oggi è solo una piccola parte delle possibilità che ci daranno questi nuovi dispositivi. Sono sicuro che cambie-ranno il modo con cui lavoriamo, giochiamo, comunichiamo.Ma mettiamo ora a confronto questi due interessantissimi prodotti, rappresentanti del segmento di mercato denominato “tablet”.

L’idea del tablet non è certo nuova, già 5-6 anni fa il mercato presentava diversi prodotti che permettevano l’utilizzo del PC direttamente toccando lo schermo ma che non avevano incontrato il gusto del pubblico… fino ad ora!

La nuova era dei

Tablet

61Whymarche.comSAMSUNG GALAXY Tab699 Euro - In vendita

ARCHOS INTERNET TAB299 Euro - In vendita

TOSHIBA FOLIO 100499 Euro - In vendita

HANNSPAD399 Euro - In vendita

APPLE iPADda 499 euro - In vendita

HP SLATE 500da 799 Dollari - consegne dal 27 dicembre

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iPadiOS 4.2

la guerra ha inizio.Ap

ple Vs.

L’App Store e la rivoluzione delle AppsOltre ai programmi che troviamo già installati sul di-spositivo (Note, Calendario, Client Email, Browser per la navigazione, etc...) è possibile (creando un account su iTunes) acquistare e scaricare nuove applicazioni direttamente dal nostro iPad in maniera semplice e veloce (ripercorrendo uno dei motivi di successo dell’iPhone). Ogni nuova app avrà un’icona sul nostro schermo e alla semplice pressione con un dito verrà lanciata e mostrata a tutto schermo. Nello store è possibile trovare applicazioni di ogni tipo. L’iPad nasce come alternativa agli eBook reader ma già in dai primi giorni le applicazioni più gettonate risultano essere giochi, riviste interattive, tool di produttività, ecc... insomma una piattaforma quanto mai completa per accogliere gusti ed utilizzi diversi. E’ comodo per lavorare in mobilità e allo stesso tempo una console portatile con un catalogo giochi molto vasto.L’interazione è multi-touch e l’utilizzo è molto sempli-ce ed intuitivo, soprattutto se paragonato all’utilizzo di un comune personal computer. Questa nuovo approccio ha sicuramente esteso l’interesse ad un pubblico più vasto coinvolgendo anche persone che non hanno dimestichezza con il PC o che semplice-mente non hanno la volontà di imparare ad utilizzare un nuovo strumento complicato, se poi il loro utilizzo è limitato a poche e ripetitive azioni. Per tutte queste persone sicuramente l’iPad rappresenta una nuova possibilità.

Good ReaderLettore di pdf e gestione di file di vario tipo con interes-santi funzioni avanzate.

PagesL’editor di testi targato Apple disegnato ad hoc per l’iPad.

KeynoteL’applicazione per fare le presentazioni direttamente dall’iPad

Angry Birds HDUn simpaticissimo gioco per rilassarsi un pò.

PenultimateL’app per prendere appunti (serve una “penna” ad hoc).

FlipboardL’applicazione “non convenzionale” per consultare news, facebook e twitter

La lista della spesa su APP STORE

Se ne è parlato fin troppo della tavoletta magica di Apple lei e’ una pluripremiata e non ha bisogno di presentazioni vediamo di scendere un po più nell’utilizzo reale e per cosa veramente e’ stata concepita

Versione: iPAD 16GB Wi-Fi 3Gprezzo: 599,oo Euro

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la guerra ha inizio.Vs.

Un Tablet smartphonepiù smart che tab!Il Samsung Galaxy Tab è un device che potrebbe esse-re definito “più smart che tab”. Consente di effettuare telefonate, video conversazioni e di inviare e ricevere messaggi SMS e MMS . Il sistema operativo che sorregge il Galaxy Tablet e’ l’ Android, sviluppato e distribuito da Google, nella versione 2.2 chiamata anche Froyo.Passiamo ora a descrivere alcune particolarità “visive” per così dire. Il Samsung monta uno schermo full touchscreen da 7 pollici con risoluzione WSVGA e può essere sempre portato in tasca come uno smartphone,solo un pò più grande.Il display nella parte inferiore ha 4 tasti a sfioramento retroilluminati, mentre lungo tutto il lato troviamo lo slot memoria microSD (che può avere una capacità massima di 32GB), jack audio standard da 3.5 milli-metri mentre; sul lato inferiore, una novità non molto gradita: al posto della classica connessione microUSB, troviamo una nuova porta accessori simile a quella iPad che sostituisce le microUSB. Probabilmente una scelta azzardata che condizionerà un grande numero di possibili acquirenti.Sicuramente il sistema Android lo rende versatile e di facile personalizzazione; già il fatto di poterlo utiliz-zare come memoria di massa e come ottimo player di divx in aggiunta alla possibilità di trasformarlo in router wifi per condividere anche la rete 3g, gli da quel qualcosa in più che all’iPad manca sicuramente in condizioni originali.

In conclusione...

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EE’ lui il primo candidato a togliere il trono all’iPad, il Samsung si presenta compatto, versatile, di facile configurazione e subito in share con il PC ma anche con una nota negativa...il prezzo!

Versione: GALAXYtab 16GB Wi-Fi 3Gprezzo: 699,oo Euro

MISURE E DIMENSIONIPeso: 380 gr. Altezza: 190 mm. Larghezza: 120 mm. Profondità : 12 mm.

DISPLAYDisplay: 600x1024 Principale: 600x1024 a 7,0 pollici TFT LCD touch a 16,7 milioni di colori Touchscreen: touch capacitivo, multi-touch, input Swype

AUTONOMIABatteria: Li-Ion 4000 mAh Standby: n.d. h Conversazione: 25 h

HARDWARE e SOFTWARES.O.: Android OS Versione: 2.2 Froyo, UI TouchWiz Processore: Cortex A8 da 1,0 GHz con PowerVR SGX540 RAM: 512 Mb

CONNETTIVITA’ e RETIWifi: Si (802.11 a/b/g/n), DLNARete: Hsdpa/Gsm (900/1800/1900) Wap: Si (2.0.0) Gprs: Si (Classe 10, 48 kbps) Umts: Si (384 kbps) Imode: No Edge: Si (Classe 10, 237 kbps) Hscsd: No Hsdpa: Si (7,2 Mbps) Wimax: No Lte: No

MEMORIAInterna: 16.384 Mb Esterna: microSD e microSDHC fino a 32 GB

VIDEO E TVVideo: Si Videostreaming: Si Tv Mobile: No Uscita Tv: Si (HDMI)

Non ci sentiamo di dare un verdetto; i due tablet potrebbero risultare molto simili o molto diversi; sicura-mente a parità di modello su caratteristiche tecniche il Galaxy costa un pochino troppo ma c’è anche da dire che come tutti i prodotti che non sono Apple a distanza di pochi mesi inizia un processo di “sconto” al prezzo di lancio; mentre con un iDevice hai la certezza di aver “investito” sul prodotto a lungo termine. Nulla esclude che la scelta di uno o dell’altro debba essere fatta in base a esigenze di ogni singolo indivi-duo e a volte anche se può non sembrare, l’iPad risulta davvero scomodo flash e adattatori apparte.

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ora si fà sul serio!

Ma cosa possiamo fare con Kinect?

Possiamo controllare la da-shboard e tutte le funzioni di

stand by on/off della console e possiamo co-mandare musica, video, foto. Una funzione

stupenda e’ il controllo delle video conferen-ze tramite xbox live, senza dimenticarsi la possibilità di

controllo vocale che sarà disponibile in lingua italiana dalla pri-mavera 2011. E tutto ciò senza aver ancora parlato del Gaming. Pensate di agire con il vostro ambiente, spostare e raccogliere oggetti, nascondervi, salire su un’auto, guidare, sciare, correre etc..etc… : un’esperienza davvero unica.

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Cos’e’ Kinect? Kinect in breve è un accessorio per xbox 360 sensibile ai movimenti del corpo umano. A differenza di altri dispositivi simili commercializzati dai grandi “rivali” Sony e Nintendo, esso rende il giocatore controller della console senza bisogno dell’uso di nessun joypad. Microsoft quindi si classifica come la prima a metterci in condizione di entrare in questa tanto attesa “realtà aumentata” dove con i nostri movimenti e la nostra voce e con l’interazione degli oggetti presenti nell’ambiente, comandiamo e gestiamo interamente la console.Vi ricordate Jonny Mnemonic o Minority Report? Kaneu Reaves e Tom Cruise ci lasciavano a bocca aperta gestendo la loro realtà aumentata con dei semplici movimenti delle mani. Con Kinect ora quella fantascienza e’ realtà. Po-trei addirittura azzardare a dire che la tecnologia Kinect e’ molto di più; i raggi

infrarossi che la periferica invia all’ambiente permettono di realizzare una vera e propria renderizzazione 3D

dell’ambiente in tempo reale, dove le persone vengono scansionate da un chip che si trova all’interno del dispositi-vo che ricerca qualsiasi cosa sembri umana e ne analizza i

movimenti per poi riprodurli sempre in tempo reale.

10 milioni di unità vendute in 10 giorniLe parole di Don Mattrick:“Siamo grati della risposta dei consumatori che ha avuto culmine nella vendita di oltre un milione di unità nei primi dieci giorni di mercato per Kinect per Xbox360. Questo è un grande inizio per il periodo delle vacanze, e continueremo a lavorare coi nostri partner di distribuzione per soddisfare la grande richiesta e il nostro piano di vendere più di 5 milioni di sensori Kinect in tutto il mondo entro la fine dell’anno.”

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ora si fà sul serio!Beh, Microsoft ci prova: fà il grande salto, anticipa tutti e ci fa entrare nel suo nuovo mondo…

benvenuti su KINECT il nuovo “real dimension Microsoft” dove il Joypad sei tu!

Kinect e’ davvero un bel regalo da avere sotto l’albero, sicuramente unirà la famiglia e gli amici in un percorso esperienziale del tutto nuovo, dove passeremo ore ed ore a correre dentro la stanza, nasconderci dietro un divano, guidare con un piatto di porcel-lana tramandato di generazione in generazione o andare in snowboard su un asciugamano e magari sparare da dietro una sedia … ma poi se suonerà la porta e un vostro amico vi guarderà con aria impaurita non sbalorditevi se rimarranno di stucco:

è realtà!

Versione BundleXbox 360 da 4gb + Kinect + Kinect Adventures 299 euro

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L’amiciziaai tempi diFacebook

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Quasi tutti sanno che esiste Fb. Tanti saprebbero spiegarti, al-meno a parole proprie, di cosa

si tratta. E moltissimi invece, membri attivi con un loro profilo, ci sono proprio dentro, alcuni dei quali fino al collo. Poi qualcuno è incuriosito dalle vicende biografiche del suo inventore, altri studiano il potenziale commerciale del fenomeno, altri ancora si concen-trano sulla sua dimensione sociologica e politica. Pochi, anzi pochissimi, si pongono domande più profonde e di più ampio respiro. Il sito ha nel mondo 500 milioni di utenti attivi, gente disposta quotidia-namente a mettere in piazza (virtuale), quella che di solito si definisce come privacy. Miliardi di parole, immagini, collegamenti, informazioni molto per-sonali sono costantemente in circolo, esposte a tutti. Un’agorà immaginaria e tecnologica di proporzioni bibliche, popolata da individui eterogenei e

con obiettivi diversi ma dove, per tutti, farsi un amico è più facile che respirare. Richiede il tempo e l’energia di un click. In Italia sono circa 17 milioni gli abitanti del faccia-libro, globalmente i più numerosi - relativamente alla popolazione - dopo gli statunitensi; e si calcola che il 93% degli italiani sotto i 24 anni (l’età minima ammessa dal sito è di 13 anni) abbiano un profilo Fb. Dati che, pur considerati al lordo dei possibili doppi o falsi profili registrati, sono comunque impressionanti e ci restituiscono un panorama ado-lescenziale e giovanile ancora tutto da esplorare. La maggior parte degli utenti non si chiede nemmeno cosa stia utilizzando e cosa questo possa comportare, in un sistema di comuni-cazione diretta così potente. “Molti ra-gazzi” - dice Andrea Garbin, funzionario di politiche giovanili - “non capiscono perchè dovrebbero proteggere la loro privacy, vivono Fb come la televisione, concedono l’amicizia ai propri genitori;

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Un cambiamento epocale quello apportato dai social networks, che ha cambiato la società, il modo di tessere le relazioni … noi! Capirne di più è un bisogno

Questo massiccio collegarsi di persone in un’unica grande rete, costruita con il mondo persona-le e privato di ognuna di loro, è uno di quei fenomeni totali, fatti cioè tanto imponenti e ricchi di implicazioni, da essere capaci di indurre modificazioni quasi “genetiche” alla società e agli stili di vita sociale. Soprattutto nei modi di vivere le relazioni umane. Addirittura nel comples-so universo dei sentimenti. Capi-tava una volta di sentir dire alla gente: io ho pochi amici, magari buoni. Oggi è più frequente cogliere un: io ho tot amici su Facebook.

L’avvento dei social networks, ad un occhio non superficiale, apre prospettive antropologiche epocali

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i quali poi si sentono più sicuri, perchè credono di poter controllare meglio il proprio figlio sbirciando-ne le foto delle feste con gli amici e scoprendone le nuove love story, invece di comunicare con lui direttamente”.

Come stanno cambiando, dunque, le di-namiche relazionali soprattutto dei più giovani, in questa fase storica segnata da una presenza sempre più pervasiva dei social networks? Quanto questa eventuale metamorfosi dei rapporti incide sulla percezione che si ha di se stessi, della propria identità, dei propri vissuti emotivi, dei sentimenti? Erano queste le domande che si è posto P(r)ASSI GIOVANI, un gruppo di persone ed organizzazioni variamente coinvolte con il mondo degli adole-scenti e dei giovani nel territorio marchigiano. Ed è per iniziare a rispon-dervi che il 26 novembre l’associazione ha orga-nizzato, a Porto Sant’Elpidio (Fm), una riflessione collettiva, una specie di seminario-esperimento, a cui hanno partecipato 40/50 persone in sala, operatori professionali e volontari attivi rispetto ad un “pubblico giovane” e, grazie ai collegamenti streaming video e web radio (curati da Radio TLT di Jesi e dallo stesso WhyMarche), altrettanti giovani e ragazzi dei Centri di Aggregazione e Informagiovani regionali, i quali hanno raccontato il loro punto di vista, con interventi diretti e con diversi post sui vari social networks collegati. In sala, a contribuire alla riflessione, c’erano anche alcuni esperti e testimoni: Paola Nicolini, docente in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione all’Università di Macerata; Carlo Infante, esperto di Performing Media; Riccardo Grassi, in collegamento Skype da Milano, ricerca-tore dello Iard, istituto dedito all’osservazione dei fenomeni legati alla condizione giovanile; Giovanna Trillini, campionessa olimpionica di fioretto e alle-natrice di squadre giovanili.“L’amicizia ai tempi di Facebook”, questo il nome dell’evento, ha così iniziato la sua esplorazione a partire dalle sollecitazioni “postate” all’interno di una discussione aperta qualche settimana prima

Capitava una volta di sentir dire alla gente: io ho pochi amici, magari buoni. Oggi è più frequente cogliere un: io ho tot amici su Facebook

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sullo stesso Facebook, in una pagina omonima. Ha scritto Matteo in un post che riassume un motivo ricorrente in tutta la discussione: se il virtuale non diventa reale, anche gli incon-tri stentano a diventare relazione. Riccardo Grassi dello Iard dice: “Siamo dentro ad un processo di cambiamento della società e del suo funzionamento. Sono i nuo-vi strumenti tecnologici che for-zano lo status quo, ridefiniscono le regole sociali e ci spingono a modificare i nostri modi di agire. E pensare che noi adulti non sappiamo ancora usarli. Mentre i ragazzi sono quelli più in grado di padroneggiarli. Cosa faccia-mo quindi noi? Stiamo dietro ai più giovani? Ma il giovanilismo non ha mai pagato. Bisogna allora lasciare che i ragazzi facciano le loro esperienze e i loro esperimenti e fare in modo che questi diventino ricchezza comune, patrimonio condiviso. In fondo il vero nodo della que-

stione è l’imperativo sociale a coinvolgere le nuove generazioni dentro la società nel suo complesso”. Qualcuno chiede: “non è forse vero che il social network ci disabitua alle relazioni reali, evitan-doci la fatica di gestire le emozioni?”. Per Carlo Infante le tecnologie sono semplici estensioni dell’apparato comunicativo umano, come l’al-fabeto, la penna. E anche per la Nicolini i social networks costituiscono un’espansione della vita quotidiana, in cui è possibile per l’adole-scente “comprendere il proprio sé e le proprie immagini di sé”. Essi non andrebbero demoniz-zati o idolatrati, perchè molto delle relazioni virtuali dipendono dall’identità, più o meno matura ed equilibrata, che un ragazzo possiede al di fuori della rete, nei contesti reali.Un ventenne dice: “Forse su Fb non trovi l’amicizia vera. Ma trovi però qualcuno che ti dice Ciao, come stai? Per alcuni è l’unico luogo dove ottieni un riconoscimento come persona”. Come dire che Fb, al di là dei distinguo, è pur sempre uno spazio, un’occasione di incontro; cose che sono poi carenti nelle politiche reali delle nostre città e nel deserto degli individua-lismi diffusi.

Su Fb almeno ci trovi quasi sempre qualcuno.

L’avvento dei social networks, ad un occhio non superficiale, apre prospettive antropologiche epocali

>>> Per saperne di piùwww.prassigiovani.wordpress.com

“ Come ogni stru- mento, Facebook è utile ma non serve da solo. Deve essere riem-pito ed usato di conte-nuti che vanno trovati fuori, nella vita reale.”

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Andiamo a Teatro!Per molti anni la città di Ancona

è stata una città senza teatro. Presumibilmente per alcuni di

noi questo non rappresenta uno choc. Bisogna tener presente, tuttavia, che il teatro, sin dall’antichità, rappresenta uno dei maggiori centri della cultura di una città. Al teatro, epoca dopo epoca, si lascia in eredità ogni singolo passo compiuto dal nostro pensiero e si fa in

modo che questo possa essere cono-sciuto e reinterpretato da tutti

coloro che seguiranno poi. Il teatro è fatto di uomini e rap-

presenta l’umanità, ma oggi come oggi viene trattato

più come un vecchio, talvolta scomodo,

che è meglio la-sciar da una parte

prima che ci dica qualcosa di delirante

o noioso. Ma torniamo ad Ancona. Dopo il lungo

silenzio durato 60 anni, dal 2002 il Teatro delle Muse è tornato ad essere un punto di riferimento della città: ogni anno tra lirica, musica, prosa arrivano circa 50.000 spettatori senza contare gli eventi fuori dai cartelloni delle stagioni principali.Il Teatro delle Muse è il più grande delle Marche ed è il tredicesimo per capienza tra i teatri italiani che ospitano stagioni liriche. Proprio della Stagione Lirica si occupa in particolare la Fondazione del Teatro delle Muse con la direzione artistica del maestro Alessio Vlad, che propone ogni anno opere prodotte, ospitate e concerti che compongono un cartellone che non ha nulla da invidia-re ai teatri di tutta Europa, potendosi vantare di un pubblico internazionale. Quest’anno la stagione si apre il 21 ed il 23 gennaio 2011 con l’opera “Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Lorenzo da Ponte, un nuovo allestimento prodotto dalla pluriennale collaborazione tra Fondazione Teatro

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delle Muse e Sferisterio Opera Festival di Macerata; la collaborazione per le opere è sempre anche con la FORM- Orchestra Filarmonica Marchigiana e il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” di Anco-na. L’imperdibile Mozart in quest’opera musica il tema dell’adulterio e dell’eros extraconiugale, perdonato alle amate dei due protagonisti dal momento che “così fan tutte” e “è la fede delle femmine come l’araba fenice: che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa!” (Don Alfon-so, personaggio dell’opera). Il cartellone continua il 4 ed il 6 marzo 2011 con il “Don Pasquale” di Gaetano Donizetti, un’opera buffa in tre atti su libretto di Giovanni Ruffini e Gaetano Donizzetti in cui la musica, scritta di getto, si mescola alla comicità e alla tenerezza dei senti-menti. La FORM - Orchestra Filarmonica Marchigiana sarà anche al Teatro delle Muse il 29 aprile 2011 per il concerto per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il 5 febbraio 2011 la mezzosoprano Sonia Ganassi, vincitrice della settima edizione del Premio Internazionale Franco Corelli, si esibirà in un Recital accompagnata dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana. Una stagione ricca che premia tutti

coloro che decideranno di abbonarsi con un sensibile sconto e che suggeri-sce un’idea regalo più che elegante e raffinata per il prossimo Natale.L’operato nell’ambito della formazione della Fondazione, che ha come direttore Velia Papa, si dipana in 4 progetti, due ancora da realizzare, dedicati agli Istituti scolastici dalle scuole materne alle supe-riori, e due invece che vedono protago-nisti delle scene l’uno i detenuti della Casa Circondariale di Montacuto, l’altro i pazienti del Dipartimento di Salute Mentale di Ancona, che presto forme-ranno una vera e propria compagnia.Tra gli eventi da non perdere che la Fondazione organizza in questo 2010, il primo è stato fatto alle ore 18 con la presenza di Stefano Belisari (in arte Elio) con “Elio in Gianburrasca” di Lina Wertmuller (che fu anche la sceneggia-trice e la regista del successo televisivo degli anni ’60), in cui sono stati ripro-posti i momenti salienti del romanzo di Vamba.ll buquet di spettacoli ospitati dal Teatro delle Muse e dal Teatro Sperimaentale non si ferma unicamente alla Lirica. Il Teatro Stabile Pubblico delle Mar-che organizza, infatti, la Stagione di Prosa principale, mentre l’Associazione Amici della Musica “Guido Michelli” si occupa della Stagione Concertistica. Un palcoscenico che si fa ricco di numerosi eventi, convegni, attività culturali e club e che si apre verso la città anche con l’istituzione del Musecaffè e del suo spazio espositivo che ospiterà fino al 22 Dicembre la mostra “Il Mio Teatro” di Orfeo Tamburi in collaborazione con la

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“Gli amicidelle muSE”

la storia

L’Associazione degli Amici delle Muse, con Presidente il Prof. Enrico Paciaroni, nasce con la riapertura del Teatro delle Muse per sostenere la Fondazione ed in particolare la stagione lirica. Il loro operato è di fonda-mentale importanza per i vari contributi di diversa natura: il primo, economico, giunge attraverso il versamento di una quota annua-le, mentre tutto il resto riguarda l’organiz-zazione di eventi che vogliono promuovere il teatro come centro di vita culturale e stimolare l’interesse di possibili nuovi “Amici”. Tutti i membri dell’Associazione hanno diritto a sconti ed agevolazioni sull’acquisto dei biglietti per gli spettacoli e gli eventi in cartellone e non, oltre a numerosi altri privilegi, nonché la possibilità, come Socio Partecipante, di eleggere un rappresentante nel consiglio d’amministrazione. L’Associa-zione è aperta a privati, aziende e ad altre associazioni e si pone come obiettivo di sti-molare la maggiore partecipazione al teatro da parte di tutti i cittadini.

Il Teatro delle Muse venne inaugurato nel 1827 e prende il nome dal bassorilievo del timpano realizzato dallo scultore Giacomo De Maria, rappresentante le nove Muse con Apollo e Palamede, Dio dei porti. Dopo un bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale il teatro venne chiuso per alcuni danni riportati. Per molto si ritardò la ristrut-turazione e la riapertura, fino a che nel 13 Ottobre 2002 si poté festeggiare la rinascita del teatro con un concerto diretto da Riccardo Muti. Tutto ciò che rimane dell’edificio ottocentesco è la facciata neoclassica, mentre l’interno è stato completamente rivoluzio-nato distaccandosi dalla architettura teatrale “ortodossa”, probabilmente per ricercare uno spazio che potesse competere con la modernità. Il progetto volle sottolineare la com-penetrazione dello spazio teatrale con la realtà cittadina esterna presentando una sala che riproduce una piazza, con tanto di luci a forma di lampioni e palchetti costruiti come terrazze. Peculiare è il tagliafuoco realizzato da Valeriano Trubbiani, che per la prima volta trasforma un oggetto con scopi prettamente pragmatici in un’opera d’arte che arricchisce la struttura facendo da eco al vecchio sipario rappresentando il trionfo dell’imperatore Traiano illuminato dal sole, che simboleggia la rinascita del teatro.

Conosciamo meglio la ricchezza del “Le Muse” di Ancona, perché nutrire la propria anima col teatro si può

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Macerata dona ai turisti “un’inaspettata e gradita sorpresa” col suo Museo della Carrozza, inserito nella spettacolare cornice di Palazzo Buonaccorsi: “un piacevolissimo itinerario fra carrozze e saloni magnifici”

In carrozza... virtuale! Legno, cuoio e multimedialità

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Quando arriverete al Palazzo, fer-matevi a osservare il pavimento all’entrata: vi accorgerete con sor-

presa che è di legno di quercia originale del ‘700, sembra quasi pietrificato ed è stato restaurato pezzo per pezzo... un vero spettacolo!Una volta entrati nel bel cortile di questa imponente residenza estiva della fami-glia Buonaccorsi, progettata dall’architet-to Contini su imitazione delle ville della campagna romana, si ha la sensazione di essere in una grande città.Riaperto lo scorso 8 dicembre 2009 dopo lungo e accurato restauro, questo tesoro settecentesco restituito alla città rende

giustamente orgogliosi i maceratesi che, con evidente soddisfazione, accompagnano i propri parenti in visita per le feste o per le vacanze estive in questo “salotto buono”, che ancora odora di nuovo. Nel Palazzo non si incontrano solo turisti ma potreste trovarvi a tu per tu con modelli in posa per servizi fotografici, studenti d’arte impegnati nei propri schizzi, coppie di sposi che si fanno ritrarre sul grande terrazzo che si affaccia sulla dolce campagna circostante o nel ricco salo-ne delle feste che ha reso questo palazzo famoso nel tempo: la bella galleria dell’Eneide, una sala barocca decorata dal pavimento fino al soffitto, assolutamente da non perdere. Il piano nobile che la ospita sarà presto dimora della pregiata colle-zione antica della pinacoteca cittadina. Il secondo

piano, da cui si gode di una vista mozzafiato che va dalla campagna al Monte Conero, fino al mare, ospiterà la sua collezione d’arte mo-derna. Mentre percorrete i corridoi dei piani superiori, prima di scendere per lo scalone, dagli alti finestroni date un’ultima occhiata al cortile inferiore, che si estende sotto alle imponenti statue erculee del padovano Bonazza, e cercate di immaginare il giardino all’italiana che c’era in origine... un giardino che richiamava quello della residenza inver-nale della stessa famiglia, quella deliziosa villa Buonaccorsi che si trova nei pressi di Potenza Picena. Scendete poi al piano semin-terrato del palazzo che ospita un inaspettato quanto interessante Museo della Carrozza,

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In carrozza... virtuale! Legno, cuoio e multimedialità

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nato dalla collezione del conte Pieralberto Con-ti di Civitanova Marche, regalata al comune di Macerata negli anni ‘60 per intervento dei Lions e ampliata, sempre in quegli anni, grazie alle donazioni di altre famiglie nobili della zona.Lungo un percorso che si snoda tra quelle che erano le scuderie e i locali di servizio del palazzo, allestito magistralmente, conoscerete i particolari dell’evoluzione della carrozza e varie curiosità su strade, bagagli e costumi. Nel frat-tempo i vostri figli o nipoti saranno entusiasti di risolvere gli indovinelli del percorso ludico dedicato al pubblico dei più piccoli. Questo sorprendente museo vi delizierà con una felice commistione di moderno e anti-co: l’odore di legno e cuoio delle carrozze si

armonizza magicamente con la multimedialità delle spiegazioni tecniche affidate a pannelli esplicativi, videoproiezioni e schermi interattivi in italiano e inglese. Al termine del percorso, ultima chicca, non per-dete l’occasione di salire in carrozza! Un’instal-lazione multimediale vi ripropone l’esperienza di un viaggio virtuale su questo antico mezzo che parte dall’androne del palazzo e raggiun-ge alcune mete dell’entroterra provinciale: un modo geniale per fare promozione turistica del territorio, divertendo grandi e piccini. Prima di uscire non dimenticate di visitare le sale adiacenti al cortile, dedicate all’allestimento di mostre temporanee dai temi vari e sempre inte-ressanti, ennesimo valore aggiunto a un’offerta

già ricca di per sé. Proprio in questo periodo è in corso una mostra storico-documentaria intitolata al noto padre gesuita maceratese Matteo Ricci, visitabile gratuitamente fino al prossimo 22 gennaio.Da consultare anche il sito web del museo (www.maceratamusei.it) che offre molte informazioni interessanti e in particolare la simpatica ed effica-ce sezione ludico-educativa “Il baule dei giochi”, dedicata alle scuole e alle famiglie e pensata per preparare i bambini alla visita. Visto che in questi giorni ricorre la “Giornata inter-nazionale per i diritti delle persone con disabilità”, fissata dall’ONU il 3 dicembre, sembra utile segna-lare che il museo, pur se ambientato in un palazzo antico, è interamente accessibile.

Archivio fotografico dei Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi - Poto di Renato Gatta

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I premi del QOLL Festival

Un fenomeno in ascesa, una nebulo-sa difficile da quantificare, compo-sta da tanti piccoli microcosmi in

movimento che nascono e si dissolvono velocemente. Sono i giornali locali online, il nuovo volto dell’informazione nel ventune-simo secolo. Specchio di una città o di una provincia, raccontano l’operato di ammi-nistrazioni comunali, segnalano eventi e fatti di cronaca, denunciando, talvolta, situazioni di degrado e malcostume. Molti sopravvivono a fatica, grazie alla passione dei redattori, ai proventi pubblicitari e al legame instauratosi coi lettori; altri, avendo investito in qualità, raggiungono risultati notevoli, con più di dieci mila visitatori

unici al giorno.A questo mondo variegato e per lo più sconosciuto, si è rivolta l’attenzione dell’IPI (Imprese Promozione Italia) che ha dato vita al QOLL Festival, prima rassegna nazionale sui Quotidiani On Line Locali, patrocinata dall’Ordine dei Giornalisti delle Marche. Oltre ad avviare un censi-mento della stampa digitale presente nel Paese (grazie alla collaborazione dell’IIRIS - Istituto Italiano di Ricerca e Informazione Statistica), la manifestazione, svoltasi a San Benedetto del Tronto il 7 ed 8 ottobre scor-si, ha promosso un incontro tra i direttori delle ventuno testate finaliste, provenienti da dodici regioni.

La giuria di esperti, diretta dal presidente dell’Odg Marche Giannetto Rossetti, ha de-cretato come vincitore assoluto di questa prima edizione la testata Agrigentooggi.it, a cui è andato il premio per il “Miglior progetto editoriale”. Del sito sono state apprezzate “la completezza, la fruibilità e la chiarezza espositiva”, mentre le Marche si sono aggiudicate il premio per la “Miglior grafica” grazie al portale sambenedettese Rivieraoggi.it.Ma il QOLL Festival non è stato solo un modo per premiare i giornali che si sono di-stinti nel panorama nazionale, bensì anche un’occasione, per i redattori, di confrontare le proprie esperienze, discutendo sul ruolo

QOLL Festival: un premio all’informazione locale online

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Agrigentooggi.it: Miglior progetto editoriale per “la completezza, la fruibilità e la chiarezza espositiva: il sito ha un’ottima homepa-ge dal design pulito e accogliente; si fa apprezzare anche per la qualità delle immagini. La foto grande delle prime notizie attira subito l’attenzione por-tando lo sguardo dell’utente dove si trova la notizia senza altre distrazioni”

Sienafree.it: Miglior articolo “per un originale servizio su Abbadia San Salvatore (co-mune sul Monte Amiata) esclusa dalla Comunità Montana per 4 km quadrati di territorio a valle (sotto i 600 mt) che sono incolti e disabitati”

Corriereetrusco.it: Migliore homepage “per la distribuzione dei contenuti, per l’equilibrio tra immagini e testo e l’immediata identificazione e riconoscibilità della testata”

Ilcapoluogo.it: Premio speciale “per aver garantito l’informazione nel proprio territorio (L’Aquila) in un momento dramma-tico per l’intera comunità colpita da un devastante terremoto. Oltre alle informazioni di servizio per la popolazione la redazione è diventata un punto di riferimento credibile per gli altri media”

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della stampa online e sul futuro della libertà d’informazione nel nostro Paese. Secondo Matteo Bini, giornalista ed esperto di comu-nicazione sul web, “l’informazione online costituisce il vero baluardo del pluralismo informativo, poiché la presenza di molti operatori garantisce ai lettori una pluralità di punti di vista”. Una linea di pensiero che è stata sposata anche da vari rappresentanti della stampa presenti alla manifestazione, per i quali le testate online costituiscono una sentinella continua nell’operato delle amministrazioni pubbliche. Tuttavia, pur essendo competitivi sul piano editoriale, questi media sono esclusi dai finanziamenti pubblici, una cosa che molti ritengono ingiusta: “Così si crea una concor-renza sleale - ha affermato lo stesso Bini -

rispetto agli altri organi d’informazione che hanno invece accesso ai finanziamenti. Per questo io proporrei ai piccoli editori online di unirsi sul piano politico e sindacale per far valere i loro diritti”. La stampa digitale va anche incontro ad altre problematiche, come i rischi connessi all’assenza di norme della rete, nel cui mare magnum le notizie si rimbalzano facil-mente attraverso i blog e i social network, col pericolo di diffondere dei falsi. Questo aspetto è emerso durante un convegno del festival intitolato “Micro e (è) macro. Fenomenologia dell’informazione online”. La certificazione delle testate online è una prima garanzia per il lettore, sostengono i relatori, per questo occorrono la registrazio-ne in Tribunale e la qualificazione profes-

sionale dei giornalisti. “Chi fa informazione in Internet - ha ricordato il presidente dell’Odg Marche Giannetto Rossetti - deve rispettare le norme etiche della professione. Non cambiano le responsabilità giuridiche e la verifica della notizia, ma cambiano il linguaggio e i tempi: il giornalista online è costretto a lavorare in tempi strettissimi. Servono quindi più formazione e spirito critico per svolgere questo mestiere, oggi divenuto molto complesso”.Per Giannetti il medium online non sosti-tuirà gli altri media, anche se certamente rappresenta il futuro della professione. “Ma c’è ancora molto da fare, - ha ammesso - siamo ancora ad una fase pionieristica”.

QOLL Festival: un premio all’informazione locale online

A San Benedetto del Tronto la prima rassegna nazionale sui giornali telematici.

Vincitore assoluto Agrigentooggi.it.

Miglior grafica al marchigiano Rivieraoggi.it

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Giglionews.it: Miglior banner “per essere riuscito nell’alchimia di avere un elevato numero di banner pur mantenendoli in una posizione discreta che non disturba l’utente dai reali contenuti del giornale”

Targatocn.it: Miglior Nome “per l’originalità e il coraggio di chiamare in que-sto modo un giornale che ispira immediato stupore e simpatia in un lettore di origine piemontese”

Rivieraoggi.it: Miglior grafica “per l’efficacia della testata in reverse, l’utilizzo dei colori e la disposizione del menu. Rivieraoggi propone un template complesso, ma al tempo stesso chiaro che consente l’inserimento di una grande varietà di contenuti estremamente leggibili”

Marsala.it: Premio speciale “per l’impegno gior-nalistico soprattutto nel campo delle inchieste. La redazione si distingue per l’impegno civile e il coraggio in un territorio fortemente condiziona-to dalla criminalità organizzata”

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Si è chiusa lo scorso novembre la retrospettiva che il nuovissimo Museo Nazionale delle Arti del XXI

secolo (MAXXI) di Roma ha dedicato a Gino De Dominicis. La mostra, curata da Achille Bonito Oliva, ha avuto il pregio di far conoscere e apprezzare a un più vasto pubblico la figura e l’opera del singolare artista marchigiano. Nato ad Ancona nel 1947, Gino De Dominicis mosse i primi passi nel mondo dell’arte e realizzò le sue prime esposizioni proprio nella città dorica. Verso la metà degli Anni Sessanta, dopo alcuni viaggi di formazione, si stabilì a Roma, dove proseguì la sua speculazione artistica e visuale fino alla morte prematura nel 1998.De Dominicis rappresenta una delle fi-

gure più eccentriche, controverse e mi-steriose del panorama artistico italiano degli ultimi decenni. Artista fieramente indipendente e poco inquadrabile nei movimenti culturali della seconda metà del Novecento, è stato definito da più parti “genio dell’arte”, ma anche “fuorilegge”, “sedicente artista”, “primula rossa dell’arte”. In vita, aveva delibera-tamente scelto di rimanere ai margini della comunicazione mediatica e si adoperava affinché le sue opere non fossero fagocitate oppure omologate dal sistema dell’arte, circondandone la creazione con un alone di silenzio e di mistero. Per sua scelta non furono mai pubblicati cataloghi o libri sulla sua produzione, rifiutava inoltre la fotogra-fia come documento e come strumento

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La galleria...La galleria Quattrocentometri-quadri di Ancona, in via Magenta n. 15, ha avviato dal giugno scorso una serie di eventi dedicati a Gino De Dominicis. Intitolato Il peso dell’assenza. I testimoni di Gino e curato da Riccardo Lisi, il progetto intende indagare l’attualità e la visionarietà dell’opera dell’artista attraverso varie iniziative: mostre, incontri, conferenze.

Due gli appuntamenti orga-nizzati nel mese di Dicembre:Mercoledì 8 dicembre, alle ore 18.30, presso l’Atelier dell’Arco Amoroso di Ancona, I trucchi del mago, con Carlo Bruscia, Carlo Cecchi ed Eliseo Mattiacci. Oggetto dell’evento è stato il procedimento creativo di De Dominicis con le testimonianze di colui che realizzò insieme all’artista l’opera Calamita Cosmica e di due importanti artisti marchigiani che ne raccolsero tes-timonianze dirette. Domenica 12 dicembre, dalle ore 18.00, Quando torna un amico, con Maurizio Bedeschi, Claudio Buf-farini e Fausto Farinelli, dove sono invece state raccolte testimonianze degli amici dell’artista, quelli con cui fin da ragazzo preferiva passare il tempo libero e svagarsi.

Gino l’immortaleCalamita cosmica nella recente mostra che il MAXXI di Roma ha dedicato a De Dominicis.

Immagini dai video Tentativo di volo e Tentativo di formare dei quadratiinvece di cerchi attorno ad un sasso che cade in acqua (1969-1974)

Disegno (statua invisibile), istallazione del 1979 fotografata da Claudio Abate

Una sala della mostra dedicata a De Dominicis al MOMA di New York (2008).

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di divulgazione delle proprie opere. Tra le tematiche ricorrenti nella sua ricerca artistica primeggia quella dell’immortalità del corpo, legata anche alla convinzione che la creazione artistica può arrestare l’irreversi-bilità del tempo. Ci sono poi i concetti dell’in-visibilità e del raggiungimento di obiettivi inafferrabili e impossibili, come il supera-mento della forza di gravità. Informano la sua opera anche temi quali il rovesciamento prospettico e l’ubiquità, la metamorfosi e l’evoluzione, il sottile confine tra visibile e invisibile, l’ironia, la sospensione tra passato e futuro. Prima tappa importante nella carriera artisti-ca di De Dominicis è la “Lettera sull’immor-talità del corpo” pubblicata nel 1969: “Penso che le cose non esistono. Un bicchiere, un uomo, una gallina, per esempio, non sono veramente un bicchiere, un uomo, una galli-na, sono soltanto la verifica della possibilità di esistenza di un bicchiere, di un uomo, di una gallina. Perché le cose potessero esistere veramente bisognerebbe che fossero eterne, immortali”. Inizia così la sua ricerca visua-le e concettuale affrontata non solo con

strumenti artistici tradizionali, ma anche con performance e istallazioni dai meccanismi talvolta ironici e provocatori. In “Tentativo di formare dei quadrati invece di cerchi attorno ad un sasso che cade in acqua” e “Tentativo di volo”, l’artista tenta più volte di compiere azioni pressoché impossibili. L’arte diventa il campo dove è possibile osare, sfidare i limiti imposti dalle leggi della fisica, quasi per con-trastare in un certo modo l’ineluttabilità della morte.Durante la performance “Zodiaco”, del 1970, l’artista allestisce nella galleria romana “L’Attico” una espo-sizione dei dodici simboli dello zodiaco utilizzando oggetti, animali viventi o morti, e esseri umani. Le provocazioni ironicamente intellettuali proseguono con i solidi geometrici (cubi, piramidi, cilindri ) che vengono “esposti” mostrando solo i loro perimetri, tracciati con vernice bianca sul pavimento. L’osservatore completerà mentalmente i volumi. L’artista si compiacerà di aver non solo suggerito,

ma anche delineato lo spazio attraverso una completa assenza di tridimensionalità.“Mozzarella in carrozza” è forse una delle sue opere più celebri. Una vera mozzarel-la è collocata sul sedile posteriore di una carrozza di fine Ottocento; l’arte nasce da un’ironica tautologia, ma diventa strumento per un’acuta indagine sul rapporto tra parola e immagine.

Sempre nei primi Anni Settanta appaiono alcuni dei suoi lavori più radicali e innovativi come “D’IO”, un’opera immateriale composta soltanto dal suono di una fragorosa risata amplificato, oppure come “Seconda soluzio-ne di immortalità (l’universo è immortale)”, opera presentata alla Biennale di Venezia del

1972, nella quale un giovane “mongoloide” inconsapevole dello scorrere del tempo e del suo destino di morte (e dunque espressione massima dell’immortalità) siede in un angolo della sala di fronte ad un cubo invisibile, a una palla di gomma e ad una pietra. L’istal-lazione provoca uno scandalo e la sala viene

Germano celant (A CurA DI), IDEntIté ItAlIEnnE. l’Art En ItAlIE DEpuIS 1959, CAtAlogo DEllA moStrA (pArIgI, gIugno-SEttEmbrE 1981), pArIgI-fIrEnzE 1981.italo tomassoni, Il CASo gIno DE DomInICIS, In “flASH Art”, n. 144, gIugno 1988.Gabriele GUercio (A CurA DI), gIno DE DomInICIS: rAC-ColtA DI SCrIttI Sull’opErA E l’ArtIStA, torIno, AllE-mAnDI, 2001.italo tomassoni (A CurA DI), AnConA pEr gIno DE Do-mInICIS, AttI DEl SEmInArIo (AnConA, ottobrE 2004), AnConA, mEDIAtECA DEllE mArCHE, 2005.laUra cherUbini, gIno DE DomInICIS. l’oggEtto vIvEntE pErfEtto, In “flASH Art”, n. 270, gIugno-luglIo 2008.italo tomassoni, gIno DE DomInICIS. CAtAlogo rA-gIonAto DEllE opErE, mIlAno, SkIrA, 2010.achille bonito oliva (A CurA DI), gIno DE DomInICIS. l’ImmortAlE, CAtAlogo DEllA moStrA (romA, mAg-gIo-novEmbrE 2010), mIlAno, ElECtA, 2010.

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>>>www.quattrocentometriquadri.eu

La galleria...

Per conoscere meGlio l’arte di Gino de dominicis:chiusa dalle forze dell’ordine. L’artista viene denunciato per aver esposto come opera d’arte un giovane colpito dalla sindrome di Down. Negli Anni Ottanta prevale una tendenza alla realizzazione di opere pittoriche e disegni utilizzando tecniche canoniche, come la tempera e la matita su tavola o su carta. Celebri sono i volti stilizzati, caratterizzati da sorrisi enigmatici, quasi leonardeschi. In molti dipinti De Dominicis delinea figure mitologi-che sumeriche e orientali, come Gilgamesh, re di Uruk che viaggia alla ricerca dell’immorta-lità, e Urvasi, divinità femminile indiana la cui immortalità è legata alla sua bellezza. Nel 1990 in occasione di una mostra anto-logica al Museo d’Arte Contemporanea di Grenoble, espone per la prima volta “Cala-mita Cosmica”, una scultura che è destinata a diventare la sua opera-simbolo. Si tratta di un gigantesco scheletro umano sdraiato al suolo, in rapporto con il cosmo attraverso l’asta-calamita d’oro che tiene in bilico su un dito della mano destra. Il lungo naso, segno ricorrente nelle figure di De Dominicis, allude alla chiaroveggenza.Solitario e istrionico, misterioso e impene-trabile, il marchigiano Gino De Dominicis ha dato molto al mondo dell’arte e delle idee. E la sua arte e le sue idee gli hanno garantito quell’immortalità sulla quale tanto egli aveva teorizzato e lavorato.

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Dopo quasi 10 anni di fidanzamento finalmente il sogno dei due giovani è sul punto di coronarsi: un amore

sbocciato tra una lezione e l’altra nell’uni-versità di St Andrews e che ha rievocato alla memoria quell’idillio al quale tutto il mondo ha partecipato con grande entusiasmo tra il principe Carlo e Lady D.Apprezzatissima risulta essere la futura First Lady, per il suo buongusto nell’abbigliamen-to e per il suo impeccabile bon ton.Lo stile di Kate è senza dubbio naturale, non forzato ed estremamente chic: la sua particolarità consiste nel non eccedere, nonostante sia in grado di farlo, nel propor-re la novità e nel lasciar intendere un amore nascosto verso lo strabiliante mondo della moda.Alla sua attitude nel vestire si deve la recente riscoperta del vintage da parte dei britannici, dal momento che con un’estrema nonchalance è riuscita a rendere moderni capi e colori noti negli anni ’80 dei quali fu una grande esponente la precedente princi-pessa d’Inghilterra, Lady D.“Ha una femminilità che salta all’occhio, la moda diventa un’umile serva al suo cospet-to, e non viceversa.”Queste sono le parole di Hilary Alexander, scrittrice ed esperta di moda del “The Tele-graph” che la classifica come la “New entry più promettente” della lista delle celebrità meglio vestite dell’anno, aggiungendo che

E’ recente la notizia che fa infrangere i sogni di tutte coloro si aspettavano di incontrare ,tra la vie della frenetica Londra, lo scapolo più ambito del regno. Stiamo parlando del principe William e del suo fidanzamento ufficiale con miss Catherine Elizabeth Middleton, meglio nota come Kate.

Si prevede infatti che nell’anno venturo, nonché 30° anniversario delle nozze della First Lady più amata - Lady Diana - e del principe Carlo, il principe William convolerà a nozze con l’elegante Kate Middleton.

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CATHERINE ELIZABETH MIDDLETON INSIEME AL PRINCIPE WILLIAM

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La futura First Lady conquista tutti proponendo un nuovo Style

“Ha una femminilità che salta all’occhio, la moda diventa un’umile serva al suo cospetto, e non viceversa.” Hilary Alexander

“Riesce sempre a stupire tutti, senza essere mai ovvia. Sarà davvero arduo sopportare con eleganza l’incalzante tam tam partito dopo l’annuncio del matrimonio per lei, visto e considerato che su di lei si abbatterà un’incessante tempesta mediatica; ma sono sicura che le sue saranno le nozze più stupe-facenti del regno, dopo ben 30 anni.”Negli ultimi giorni le ragazze londinesi, alla modica cifra di 460 euro, sono corse a comprare l’abito blu zaffiro realizzato dalla stilista brasiliana Daniella Issa Helayel e indossato da Kate: sold out nel giro di 24 ore.Si parla di un abito dotato di una carica di eleganza come pochi, tanto da far scomodare anche il pa-ragone col più sublime degli abiti: il tubino nero firmato Chanel.Si parla già di nuova moda, e alcuni addirittura osano anche sostenere che l’abito sarà uno dei protagonisti del secolo. La versa-tilità del capo risulta essere il suo punto di forza, poiché esalta le curve femminili senza ostentar-

le; adatto ad una giornata so-bria, ma anche ad un evento

very glamour, come magari la prima diretta ufficiale di

un fidanzamento!Addirittura, per le meno

fortunate, è stato indetto un concorso per aggiudicarsi su internet, sul sito www.express.co.uk, uno degli agognati “abiti blu” che richiamano a uno di quelli più adorati da Lady Diana.Accostato al vestito blu è presente un altro capolavoro che apporta ricchezza, in termini di heritage, al brand della Helayel: l’anello di fidanzamento di zaffiro e diamanti.Ebbene sì, proprio quello donato da Carlo d’Inghilterra a Lady D nell’or-mai lontano 1981, che senza dubbio contribuisce ad accrescere l’affettività popolare nei confronti dei neopromes-si sposi.Si stima che il valore dell’anello si aggi-ri attorno al mezzo milione di dollari, e sono già giunti a migliaia di gioiellieri richieste di repliche.Ma per chi non è disposto a spendere tale cifra?Nessun problema, anche qui per i meno fortunati c’è una chance: infatti nelle bancarelle londinesi sono già pre-senti delle copie acquistabili al prezzo di 40 euro, e in Italia i commercianti stanno già provvedendo a lanciarlo sul nostro mercato, e sarà ben presto alla mercé di tutti.Nell’augurare agli sposi i più sentiti auguri di felicità, attenderemo con ansia dalla nostra nuova icona glam altre sorprese.

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Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah, ma stiamo scherzando???

Sono appassionata di giochi in ge-nerale, mi guardo costantemente attorno, sono sempre sulle tracce

di qualche novità e, ad essere sincera, mi diverto con tutto, senza riserve e senza pregiudizi. Ma di fronte a ciò che sta ac-cadendo non si può rimanere indifferenti … dico, ma ci stiamo rendendo conto di che razza di schifezza inizia a circondar-ci? No, non sto parlando di problemi di smaltimento di rifiuti. Sto parlando in-vece del fatto che purtroppo, siccome la gente non sa più divertirsi, automatica-mente ecco che i giochi stessi diventano delle fetecchie cosmiche.La gente vuole farsi manipolare da chi vende certe robacce, e così alla fine ha quello che si merita.Volevo parlare di un sacco di cose di nic-chia, ma non posso, non stavolta, proprio non posso starmene zitta a guardare. In-somma, arrivo al sodo: ho avuto modo di vedere e provare alcune delle uscite tra le più nuove (e pubblicizzate) per le con-solle dell’ultima generazione … titoloni, mica robetta da principianti. Beh, grafica

mozzafiato, senza dubbio, signore colon-ne sonore, ovviamente, trailer e filmati iniziali degni di un colossal di Hollywood, gasamento totale e sublime. Poi … poi giochi e tutto finisce in vacca. Detta nuda e cruda: Il Potere della Forza II dura praticamente il tempo di un sorso di cioccolata calda (senza panna, e per non parlare del “titanico” scontro finale … non dirò niente per non rovinare la sorpresa a qualcuno, ma vi assicuro che è davvero imbarazzante, oltre che ingiustificabile); Fable III è vietato ai minori di 16 anni, ma poi per dialogare (e ottenere missioni) devi tenere premu-to un pulsante (per molti deve essere complicato, a quanto pare) per fare in modo che il tuo personaggio emetta un infinito rutto o rimanga in una posizione idiota mentre l’interlocutore lo guarda ammirato (boh…); Fist of the North Star (Ken il Guerriero, per intenderci) ti vede cimentato nel prendere a calci e pugni un nugolo di cloni rimbambiti (natu-ralmente non volevo dire esattamente “rimbambiti”) nel tentativo di salvare

svariati civili tutti uguali e capaci di muoversi all’unisono, tanto che dopo un paio di minuti intuisci che in verità sei accorso per liberare una squadra di nuoto sincronizzato da un villaggio di neonazisti punk; God of War III si incentra sull’ennesimo sterminio di qualsiasi cosa si muova attorno a Kratos (il prossimo giro a chi toccherà? Al Coatl? A Gozzilla? Ai Puffi? Gargamella ringrazierebbe. O morirebbe di invidia. Un’altra vittima per il nostro eroe!); in Prince of Persia (uno qualsiasi dei quarantatre che hanno pub-blicato negli ultimi anni) inizi subito con mirabolanti acrobazie e combattimenti degni di un circo, poi in cinque minuti ti accorgi che puoi solo saltellare e aggrap-parti, in un susseguirsi lobotomizzante di situazioni in cui magari cambia lo sfondo, ma ciò che fai è sempre identico; in Black Ops si può facilmente notare che la vera novità è che dura anche meno del suo predecessore, mentre la modalità off line cooperativa è… è… bizzarra, sì, bizzarra; insomma, potrei continuare per pagine e pagine. E so anche perfetta-

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BLACK OPSGHOST RECON

STAR WARSIL POTERE DELLA FORZA II

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Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah, ma stiamo scherzando???

VOGLIO GIOCARE!!! CAPITO? G-I-O-C-A-R-E!!! VOGLIO GIOCHI LUNGHI E IMPEGNATIVI

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mente che adesso qualcuno starà storcendo il naso, dicendo tra sé e sé che il bello dei nuovi giochi è quando vai on line, a goderti ciò per cui sono stati davvero programmati: a parte il fatto che non è totalmente vero, non per tutti i giochi per lo meno, ma soprattutto spingere la gente a divertirsi solo on line è quantome-no antidemocratico (e spesso antieconomi-co), senza pensare a quegli smanettoni che passano la vita collegati e che come entri in gioco tu ti annientano insultandoti, senza che tu ti renda conto di esserti già connesso. E non dimentichiamoci delle recensioni: a dare retta a loro tutti i giochi sono capolavori, per lo meno quelli delle case per cui lavorano.Intendiamoci, amo molto i videogiochi e i titoli che ho citato (ripeto, una manciata presa da un lungo elenco) fanno parte di una schiera che adoro sul serio, ma proprio per questo mi sento indignata e ferita come un’amante tradita.Per un istante pretendo di parlare solo a titolo personale: basta con la grafica spinta e i particolari inutili! Voglio giocare!!! Capito? G-I-O-C-A-R-E!!! Voglio giochi lunghi e impegna-tivi, roba che metta alla prova anche la mia

intelligenza e non solo il mio coordinamento psico-motorio (con Bayonetta ho rischiato l’e-pilessia e ho sperimentato vari tipi di crampi, anche se devo ammettere che da quella tizia ho preso diversi spunti per … altri momenti della mia giornata, o nottata …). Mi piacereb-be gasarmi per essere riuscita a fare qualcosa che possa distinguermi da un qualsiasi altro vertebrato su questo pianeta. Vorrei soprat-

tutto riscoprire il gusto di salvare una partita perché è finito il pomeriggio di gioco, mentre adesso come adesso se ho in programma di sperimentare e finire un titolo, devo prender-mi parecchi impegni per il resto del giorno, o rischio seriamente di annoiarmi.Volete delle alternative a questa malinconica deriva commerciale del panorama videoludi-co? Giocate a qualcos’altro! Ma sì, dai, qual-cosa in cui i soggetti con cui hai a che fare sono in carne e ossa! Ma ci pensate? Gente vera, persone viventi e soprattutto presenti! Ma se proprio volete rimanere incollati allo schermo, vi suggerisco così a bruciapelo un titolo che per ora preferisco non commenta-re, perché non voglio influenzarvi: Minecraft. Non aggiungo altro, saprete ridirmi.Detto questo mi e vi faccio una promessa solenne: non sarà una rubrica di recensioni, ma un reportage di esperienze ed esperimen-ti. Niente politica conformista o anti-confor-mista, ma pura ludica senza frontiere, senza pretese, senza filtri.E sul prossimo numero parleremo di Vam-piri e Mannari. Quelli “veri”.Buon divertimento, a prescindere.

KEN IL GUERRIEROFIRST OF THE NORTH STAR

PRINCE OF PERSIALE SABBIE NEL TEMPO

BAYONETTA

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Viaggi fuori dai paraggiLa fuga di un giovane curdo lungo le rotte clandestine,

dall’Iraq fino al porto di AnconaRiapro gli occhi ed è la prima cosa che vedo dell’Italia. La stanza candida e pulita di un ospedale. Non ca-pisco, non so ancora dove mi trovo e soprattutto non ricordo nulla. É come se riemergessi da una lunga apnea, da un sonno profondo nella placenta. La mia testa è uno schermo bianco, come il soffitto.

Giampaolo Paticchio racconta Serush, ragazzo curdo

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È passata qualche ora e l’interprete curdo ai pie-di del letto mi racconta il resto e mi spiega che al porto la polizia mi ha trovato mezzo congelato nel rimorchio-frigo di un camion. E ormai ricordo qua-si tutto fino al momento in cui sono stato chiuso dentro. Sono arrivato in Italia da clandestino. Ero partito circa un mese prima dal Kurdistan Irache-no. Il mio viaggio in fondo non è stato lungo. Anzi. Molti dei ragazzi afghani, pakistani, africani che avrei conosciuto dopo ci hanno messo anche più di un anno prima di approdare in Italia.L’interprete adesso traduce le domande della poli-zia. Le stesse domande che mi faranno in seguito le assistenti sociali, i funzionari del Cir che si oc-cupano dei richiedenti asilo, gli impiegati della questura. Gli agenti vorrebbero informazioni sulla gente che mi ha portato fin qui. Ma io non so dirgli molto; di tutti i trafficanti con cui ho via via avuto a che fare non conoscevo neppure i nomi, mai visti prima. Li ho pagati, e tanto, per arrivare in Inghilterra e invece eccomi qui, in un ospedale italiano, scampato per miracolo a una fine da pesce surgelato.

Mi guardo allo specchio e non mi riconosco, anzi mi faccio spavento. Due occhi rossi e spor-genti come quelli di un rospo, una faccia sca-vata e gialla da fantasma, dodici chili in meno di peso rispetto alla mia partenza. E una sola scarpa.

Quindici mesi dopo il mio primo risveglio italia-no in ospedale, sono davanti alla Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Prote-zione Internazionale, che deciderà se ho diritto oppure no all’asilo politico, di cui ho fatto richie-sta. Le domande dei commissari sono puntuali, non lasciano spazio all’indefinitezza, ai giri di parole, alle contraddizioni.Mi descriva il suo viaggio“Il 15 giugno 2008 ho lasciato, in segreto, la casa della mia famiglia adottiva per andare a Sulaimaniya, nord Iraq, da dove, dopo tre gior-ni, sono partito per la Turchia in aereo, con un passaporto falso.”Da chi si era procurato quel passaporto?“Da uno che lo faceva per lavoro, lo stesso che mi ha accompagnato all’aeroporto il giorno della partenza. Mi disse che al mio arrivo all’ae-roporto di Istanbul ci sarebbe stata una persona ad aspettarmi. E così fu. L’uomo mi portò in una pensione e dopo tre giorni passò a riprendermi. Si ripartiva, e questa volta non ero solo, erava-mo in nove.” Erano curdi anche gli altri?“Solo alcuni, gli altri afghani, bengalesi. Con un furgone siamo stati portati a Edirne, al confine con la Grecia. I trafficanti ci hanno fatti scendere tra i campi e ci hanno indicato un sentiero da seguire. Dritto, senza possibilità d’errore. Oltre-passato il confine, due utilitarie aspettavano l’ennesimo carico. A Salonicco siamo arrivati di notte.”Cosa vi dicevano i trafficanti?“Poche cose essenziali. Per lo più parlavano tra di loro. Così siamo arrivati ad Atene. E alcuni del gruppo sono rimasti là. Ma io avevo paga-to per l’Inghilterra. Così sono stato affidato a un camionista che era diretto a Patrasso. E una volta al porto, con mio grande stupore, siamo filati dritti nella pancia di una nave, io al fianco dell’autista, senza che nessuno mi fermasse.”

L’infermiera parla una lingua che non so dire quale sia; ma è molto paziente e finalmente riesce a far-mi capire che sono in Italia, che questa è Ancona. Che sono rima-sto incosciente per un giorno inte-ro, che ora sto bene e devo stare tranquillo, dormire, mangiare. Mi sistema l’ago della flebo, mi sorri-de, dice altre cose che non afferro, ma il suono mi piace. L’Italia, pen-so, questa è l’Italia. Sembra il para-diso. Dopo che attraversi l’inferno, qualsiasi cosa somiglia al paradiso.

Il mio nome è Serush e, quel giorno, al mio arrivo in Italia avevo 16 anni. Alme-no credo, dal momento che non ho mai conosciuto i miei veri genitori, nè la data, nè il luogo dove sono nato. Non ricordo niente prima dei miei sette anni, età in cui già vivevo con quella che pensavo fosse la mia unica e sola famiglia. Fu a circa undici anni che la mia madrina mi disse: questi non sono i tuoi veri fratelli e loro lo san-no. Mi disse: non potrai contare su di loro dopo la mia morte, non vorranno divide-re con te la loro eredità; dovrai trovare da solo la tua strada. Mi disse: avevi un anno e mezzo, forse due, quando ti abbiamo trovato per strada, a Kirkuk. Mi disse: era-vamo nell’ultima automobile della fila e quando è scattato il verde, tutto solo, vici-no al semaforo, c’eri tu, in lacrime. Così la madrina e suo marito mi avevano preso con sé e mi avevano portato nella loro casa. All’epoca non ero l’unico bam-bino abbandonato, eravamo in tanti nel Kurdistan; tutti smarriti lungo la strada dai loro genitori, come la mia scarpa man-cante, lungo la tragica fuga verso i confini iraniani a cui 2 milioni di curdi, incalzati da Saddam e dal suo esercito, furono costretti. Era da poco finita la Guerra del Golfo del ‘91, quella di Bush padre contro il Rais, e i curdi, che avevano osato ribel-larsi, erano considerati carne da macello.

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Il mio nome è Serush e, quel giorno, al mio

arrivo in Italia avevo 16 anni. Almeno credo...

E come mai è arrivato in Italia chiuso in un fri-go, assiderato e privo di sensi?“Una volta dentro la nave, l’uomo mi ha chie-sto di scendere dalla cabina e di montare nel rimorchio-frigorifero. Io non volevo, avevo la sen-sazione che qualcosa stesse andando storto. Lui ha insistito, non capivo bene la sua lingua, ma ha insistito. Andava fatto così, dovevo fidarmi e non preoccuparmi. Non avevo scelta. Roba di un paio d’ore, mi sembrava di capire. L’ultima cosa che mi ricordo, chiuso in quella cella gelida, è il pensiero ossessivo delle storie che avevo sentito sui traffi-canti d’organi: ti addormentano, ti aprono in due e ti rubano un pezzo. Poi mi sono svegliato due giorni dopo nella stanza dell’ospedale di Anco-na, ancora intero per fortuna.”Quanto ha pagato per il suo viaggio?“Ho pagato13.000 dollari.”Come è riuscito a trovare la somma?“Mi ha aiutato un amico, il mio datore di lavoro, che custodiva i miei soldi e che mi ha spinto a scappare. L’unica persona con cui sono ancora in contatto.”

Perchè è scappato? Cos’è successo?

I motivi che mi hanno spinto alla fuga posso chiuderli in uno soltan-to, la paura. Quella che, a un tratto, ti fa diventa-re un altro, una preda, un clandestino se ne-cessario. Ero in pericolo di vita ed è quanto. È una storia per me ancora troppo difficile da raccontarmi.Qader era un anziano curdo di 80 anni, molto buono e comprensivo con me. Aveva una bot-tega vicino alla fabbrica di infissi dove ho lavo-rato per molto tempo, dagli 11 anni fino alla mia partenza dall’Iraq, dopo che con la famiglia mi ero trasferito da Kirkuk in un’altra città del nord. Qader vendeva la farina. Andavo a sedermi tra i sacchi e lo ascoltavo parlare e parlare. Non c’era bisogno di fargli domande, la sua lingua era un

fiume fluente di storie. Mi svelava le cose, sepa-rando quello che sembra buono o cattivo, da quello che lo è per davvero. Una volta mi disse: Parla con tutti; parla con i bambini perchè co-noscono la bellezza; parla con le donne perchè sanno amare; parla con i matti perchè dicono sempre e solo quello che pensano; parla con i vecchi perchè ogni loro parola è già passata alla prova dei fatti. Dopo quel mio risveglio in Italia, per mesi, qua-si tutte le sere, prima di dormire, ho cercato di imparare a memoria venti parole nuove, chino sul mio dizionario Curdo sorani-Italiano. Ogni sera, nomi, verbi, aggettivi, avverbi. Oggi ho più o meno diciannove anni e riesco a parlare quasi con tutti.

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Nuova ENCICLOPEDIA TRECCANI.

La voce della Cultura Italiana. L’Enciclopedia Treccani è, dalla suaprima edizione nel 1929, l’espressione più alta della cultura italiana e,così come la nostra cultura, si è evoluta e ha cambiato volto. Questa nuo-

vissima Enciclopedia è il traguardo ultimo di un costante mutamento che par-tendo dal passato arriva fino ad oggi.La storia di Treccani è legata a quella del nostro paese ma, soprattutto, è legata aquella delle famiglie che l’hanno scelta e l’hanno tramandata di generazione ingenerazione come un bene prezioso. Sì, ogni opera Treccani ha un valore ecce-zionale e riconosciuto. A renderla assolutamente unica non sono solo il pregiodei materiali e la cura con la quale è stata realizzata, non è solo la ricchezza deicontenuti… è molto di più: un’opera Treccani è un simbolo e possederla signi-fica portare nella propria casa una vera e propria opera d’arte italiana.

Per info:www.nuovatreccani.it/26