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SOCIETA’ DI SCIENZE FARMACOLOGICHE APPLICATE SOCIETY FOR APPLIED PHARMACOLOGICAL SCIENCES numero 53 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB PRATO SSFAoggi Notiziario di Medicina Farmaceutica Bimestrale della Società di Scienze Farmacologiche Applicate Fondata nel 1964 Febbraio 2016 Cosa ci porterà il 2016? Il mese di gennaio di ogni nuovo anno porta con sé un coacervo di previsioni, con l’intento – a volte mal celato – di infondere un po’ di ottimismo, e magari di- politiche di grande speranza, anticipazioni economiche di netta ripresa, dati sull’occupazione che dovrebbero rincuorare e dare fiducia soprattutto ai giovani: naturalmente oggi è impossibile affermare se queste anticipazioni si tradurranno in dati reali, oppure saranno la solita fata Morgana, che da molti anni inganna chi le presta fede. Ma, per una volta, proviamo a fare anche noi alcune ipotesi, che riguardino il nostro mondo. Il rapporto AIFA sulle sperimentazioni cliniche (di cui parliamo a pagina 22, e che potete leggere nel sito AIFA) ci dice che lo scorso anno ha visto una ripresa, sep- pur modesta, del numero di studi clinici attivati in Italia. E’ indub- biamente una bella notizia, an- che se si potreb- be fare molto di più. Purtroppo, ho la sensazione che molti centri clinici, anche di grande compe- tenza e prestigio, non diano la dovuta attenzione ed importanza alla sperimentazione clinica. E’ mia esperienza di questi mesi che Comitati Etici periferici, dopo ben 15 anni dall’applicazione della Direttiva Europea, continuano a chiedere modifiche del protocollo (sic!); per non parlare poi della negoziazione sulla convenzione econo- mica dove, a volte per pochi euro, si apre una discussione di settimane. Da ulti- mo, dispiace dire che troppo spesso le previsioni di arruolamento, raccolte duran- te il processo di fattibilità, si dimostrino troppo lontane dal vero. Un sistema, quel- lo della ricerca clinica, che nella sua complessità dimostra di avere ancora molti anelli deboli. AIFA ci dice che il sistema Italia è in ripresa: ci auguriamo che que- sta ripresa si possa consolidare, anche grazie ad una maggiore professionalità da parte di tutti gli attori coinvolti. Ultima considerazione, a proposito del Regola- mento Europeo: i tempi si stanno dilatando, il portale unico non è ancora pronto, né in fase di test. Le previsioni ufficiali da EMA ci dicono che il Regolamento sarà applicato da dicembre 2017: di questo avremo tempo per parlarne nei prossimi numeri. Infine, lasciatemi concludere con qualche aggiornamento sul progetto SMD (Specialist in Medicines Development), al quale il Consiglio della SSFA sta fornendo un importante supporto. Il gruppo di esperti SSFA ha messo a punto alcune procedure, la prima riunione del National Board sarà convocata a breve: altri Paesi stanno seguendo l’esempio italiano. Ecco ad esempio (nella figura) il percorso di formazione messo a punto dai colleghi statunitensi, che hanno attiva- to un corso con l’Università Rutgers sulla Medicina Farmaceutica (con l’impor- tante supporto di Bayer, MSD ed altre aziende), che sarà propedeutico per otte- nere poi il titolo di SMD. I professionisti del farmaco in tutto il mondo credono sempre più nell’ importanza di un programma di formazione che sia armonizzato a livello globale, e certificato da un organismo indipendente! Buon 2016 a voi tutti. Domenico Criscuolo Sommario: Editoriale 1 Dispositivi medici 2 Determina AIFA Fase I 10 Convegno AICRO 12 Risk Based Monitoring 13 Oggi parliamo di…. 14 Il libro di oggi…. 17 Notizie dai master 18 Medicine senza rischi 19 Le due culture 20 Sapientiadi 2015 21 Rapporto AIFA 22 Approvazione FDA 2014 22 BMJ 23 ADR 28 News on Clinical Trials 31 ICPM 2016 32 The Lancet 26 Week end effect 24 AIFA e GCP 5 Congresso BIAS 8 stogliere l’attenzione dai reali problemi ancora irrisolti. Abbiamo letto dichiarazioni IFAPP-RUTGERS- PHARMATRAIN Modular Assessment Based Certificate Cognitive Structured Interview Evaluation of past training Evaluation of past experience CERTIFICATION SMD SPECIALIZATION Vocational Graduates from master courses with PharmaTrain/IFAPP accreditation. Program evaluation for not accredited master courses. Experienced PPs/MDs with no academic master title

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SOCIETA’ DI SCIENZE FARMACOLOGICHE APPLICATE

SOCIETY FOR APPLIED PHARMACOLOGICAL SCIENCES

numero 53

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB PRATO

SSFAoggi Notiziario di Medicina Farmaceutica

Bimestrale della Società di Scienze Farmacologiche Applicate Fondata nel 1964

Febbraio 2016

Cosa ci porterà il 2016?

Il mese di gennaio di ogni nuovo anno porta con sé un coacervo di previsioni, con l’intento – a volte mal celato – di infondere un po’ di ottimismo, e magari di-

politiche di grande speranza, anticipazioni economiche di netta ripresa, dati sull’occupazione che dovrebbero rincuorare e dare fiducia soprattutto ai giovani: naturalmente oggi è impossibile affermare se queste anticipazioni si tradurranno in dati reali, oppure saranno la solita fata Morgana, che da molti anni inganna chi le presta fede. Ma, per una volta, proviamo a fare anche noi alcune ipotesi, che riguardino il nostro mondo. Il rapporto AIFA sulle sperimentazioni cliniche (di cui parliamo a pagina 22, e che potete leggere nel sito AIFA) ci dice che lo scorso

anno ha visto una ripresa, sep-pur modesta, del numero di studi clinici attivati in Italia. E’ indub-biamente una bella notizia, an-che se si potreb-be fare molto di più. Purtroppo, ho la sensazione che molti centri clinici, anche di grande compe-tenza e prestigio,

non diano la dovuta attenzione ed importanza alla sperimentazione clinica. E’ mia esperienza di questi mesi che Comitati Etici periferici, dopo ben 15 anni dall’applicazione della Direttiva Europea, continuano a chiedere modifiche del protocollo (sic!); per non parlare poi della negoziazione sulla convenzione econo-mica dove, a volte per pochi euro, si apre una discussione di settimane. Da ulti-mo, dispiace dire che troppo spesso le previsioni di arruolamento, raccolte duran-te il processo di fattibilità, si dimostrino troppo lontane dal vero. Un sistema, quel-lo della ricerca clinica, che nella sua complessità dimostra di avere ancora molti anelli deboli. AIFA ci dice che il sistema Italia è in ripresa: ci auguriamo che que-sta ripresa si possa consolidare, anche grazie ad una maggiore professionalità da parte di tutti gli attori coinvolti. Ultima considerazione, a proposito del Regola-mento Europeo: i tempi si stanno dilatando, il portale unico non è ancora pronto, né in fase di test. Le previsioni ufficiali da EMA ci dicono che il Regolamento sarà applicato da dicembre 2017: di questo avremo tempo per parlarne nei prossimi numeri. Infine, lasciatemi concludere con qualche aggiornamento sul progetto SMD (Specialist in Medicines Development), al quale il Consiglio della SSFA sta fornendo un importante supporto. Il gruppo di esperti SSFA ha messo a punto alcune procedure, la prima riunione del National Board sarà convocata a breve: altri Paesi stanno seguendo l’esempio italiano. Ecco ad esempio (nella figura) il percorso di formazione messo a punto dai colleghi statunitensi, che hanno attiva-to un corso con l’Università Rutgers sulla Medicina Farmaceutica (con l’impor-tante supporto di Bayer, MSD ed altre aziende), che sarà propedeutico per otte-nere poi il titolo di SMD. I professionisti del farmaco in tutto il mondo credono sempre più nell’ importanza di un programma di formazione che sia armonizzato a livello globale, e certificato da un organismo indipendente! Buon 2016 a voi tutti.

Domenico Criscuolo

Sommario:

Editoriale 1

Dispositivi medici 2

Determina AIFA Fase I 10

Convegno AICRO 12

Risk Based Monitoring 13

Oggi parliamo di…. 14

Il libro di oggi…. 17

Notizie dai master 18

Medicine senza rischi 19

Le due culture 20

Sapientiadi 2015 21

Rapporto AIFA 22

Approvazione FDA 2014 22

BMJ 23

ADR 28

News on Clinical Trials 31

ICPM 2016 32

The Lancet 26

Week end effect 24

AIFA e GCP 5

Congresso BIAS 8

stogliere l’attenzione dai reali problemi ancora irrisolti. Abbiamo letto dichiarazioni

IFAPP-RUTGERS-PHARMATRAIN

Modular Assessment Based Certificate

Cognitive

Structured Interview

Evaluation of past training

Evaluation of past experience

CERTIFICATION

SMD

SPECIALIZATION

Vocational

Graduates from master courses with PharmaTrain/IFAPP accreditation. Program evaluation for not accredited master courses.

Experienced PPs/MDs with no academic master title

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Le indagini cliniche (così sono defini-ti gli studi clinici nel mondo dei Di-spositivi Medici) sono fondamentali per la dimostrazione di conformità e mantenimento dei requisiti essenziali per la marcatura CE di un Dispositi-vo Medico (DM). Le finalità, gli obbli-ghi, le normative e linee guida d’indirizzo per l’esecuzione delle indagini cliniche per l’ottenimento del marchio CE e per il sostegno e ca-ratterizzazione del prodotto nel post-marketing follow-up sono stati i temi trattati nel seminario organizzato dal Gruppo di Lavoro Dispositivi Medici della SSFA dedicato alle indagini cliniche con DM, a cui hanno parte-cipato moltissimi professionisti del mondo farmaceutico, CRO, ospeda-liero. Obiettivo del seminario, mode-rato dalla sottoscritta e da Caterina Gualtieri, era approfondire il ruolo degli studi clinici nello sviluppo e vita di un DM visto da tre degli attori coinvolti: l’Organismo Notificato, il Com i t a to E t i co , l ’ Az i en da /Fabbricante. La dr .ssa Nicolet ta Palese (Dipartimento Healthcare di Bureau Veritas Italia, Milano : Organismo Notificato autorizzato dal Ministero della Salute al rilascio della marcatu-ra CE secondo la Direttiva 93/42/CEE e Organismo di Certificazione Qualità EN/ISO 13485:2012), ha aperto il seminario illustrando il pro-cesso e le regole di marcatura CE dei DM. In funzione della classe di rischio attribuita al DM, le modalità per la marcatura CE sono diverse. Per le classi II, III e impiantabili, è necessario l’intervento dell’Organi-smo Notificato (ON) che ha il compi-to di verificare che i dati presenti nel fascicolo tecnico sul DM e la Dichia-razione di Conformità presentati dal fabbricante (persona fisica o giuridi-ca responsabile della progettazione e della fabbricazione del DM interes-sata ad immettere il DM sul mercato) siano conformi alla regolamentazio-ne in atto in Europa e che il DM sia sicuro ed efficace. Il fascicolo tecni-co che il fabbricante è tenuto a pre-disporre contiene informazioni sul DM, schemi di progettazione, metodi di fabbricazione, relazioni/test di pro-

va, istruzioni d’uso ed etichetta, un’analisi del rischio (EN/ ISO 14971:2012) e la valutazione clinica, cuore del dossier che obbligatoria-mente deve essere sempre presente indipendentemente dalla classe di rischio del DM (All. X della Direttiva 93/42/CEE). Può essere un’analisi critica di tutti i dati clinici ottenuti dal-le indagini cliniche condotte sul DM in esame o pubblicati in letteratura. In quest’ultimo caso devono essere pertinenti al DM stesso riguardo si-curezza, prestazioni, caratteristiche

di progettazione e destinazione d’uso, se è dimostrata l’equivalenza tra il DM in esame e il DM cui si rife-riscono i dati. La valutazione clinica può essere anche una combinazione di entrambe le fonti di dati. Gli esper-ti dell’ON (interni ed esterni di area medica e tecnica) hanno il compito di esaminare la completezza e con-formità del fascicolo tecnico, la clas-sificazione del DM e le regole appli-cate, la destinazione d’uso e, con un “audit on site”, la conformità e con-sistenza del sistema qualità messo in atto dal fabbricante nel sito di pro-duzione. L’ intervento della relatrice si è successivamente focalizzato sull’importanza e criticità della valu-tazione clinica nell’iter di rilascio del marchio CE. Le indagini cliniche hanno il compito di dimostrare che le prestazioni del DM, in condizioni normali di utilizzazione, sono confor-mi a quelle specificate nell’allegato I della Direttiva 93/42/CEE, valutando

se eventuali effetti collaterali possa-no rappresentare un rischio rispetto alle prestazioni assegnate al DM. L’ allegato X della Direttiva 93/42/CEE chiede espressamente che la con-ferma del rispetto dei requisiti relativi alle caratteristiche e alle prestazioni del DM sia effettuata in condizioni normali di utilizzazione del DM e che la valutazione degli effetti collaterali e dell’accettabilità del rapporto beneficio/rischio si basi su dati clini-ci. Chiede inoltre che la valutazione clinica e la relativa documentazione

siano periodicamente ed attivamente aggiornati con dati derivanti dall’uso clinico (follow-up clinico) e dalla sor-veglianza post-vendita. L’allegato X definisce inoltre come le indagini cliniche devono essere svolte e i dati riportati in una relazione scritta (valutazione critica), a firma del me-dico specialista o da persona debita-mente autorizzata. L’insieme delle indagini cliniche andrà a costituire la sezione - valutazione clinica - nel fascicolo tecnico. La relatrice ha concluso il suo intervento illustrando, con alcuni esempi pratici, il lavoro di valutazione svolto dall’ON, le criticità emerse e come sono state risolte. Il seminario è proseguito con la pre-sentazione della dr.ssa Silvia Asaro di ESTAR Toscana, membro esperto di DM del Comitato Etico (CE) di area vasta centro di Firenze con sede presso l’ospedale Careggi e che rappresenta una delle 4 sezioni

(Continua a pagina 3)

Le indagini cliniche nello sviluppo e vita del dispositivo medico Milano, Centro Diagnostico Italiano, 3 dicembre 2015

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in cui è diviso il CE regionale della Toscana. La relatrice ha dapprima illustrato la normativa di riferimento sui DM richiamando i diversi D. Leg. e Circolari del Min. Salute, le norme armonizzate UNI ISO 14155 e 14971, le MEDDEV 2.7. e 2.12 e successivamente ha illustrato la loro esperienza con le indagini cliniche. Nel triennio 2013-2015, su un tota-le di 978 studi complessivamente esaminati, 45 erano indagini cliniche con DM a maggioranza “profit”. Di queste il 57% sperimentali e 24% osservazionali (post-marketing) han-no ottenuto approvazione. Le aree maggiormente interessate da inda-gini sono state la cardiologia e l’oculistica (in linea con le specificità della ricerca dell’ospedale Careggi), seguite da gastroenterologia, pneu-mologia, odontoiatria, neurologia. La maggior parte delle indagini post-marketing sui DM esaminate dal CE erano multicentriche, internazionali, di tipo controllato. Diverse sono sta-te le criticità che il CE ha rilevato. Per gli studi “no profit “ è stata l’as-senza di una dichiarazione sul non uso dei dati a fini industriali o per una nuova indicazione, che garantis-se che studi definiti “no profit” non fossero in realtà studi “profit ma-scherati” effettuati senza pagamento degli oneri al CE e senza copertura assicurativa. Altre criticità hanno riguardato il disegno di studio, la di-mensione campionaria non formaliz-zata sul piano d indagine, l’assenza di metodi statistici per l’analisi dei dati raccolti. Un problema, spesso rilevato, è stato la fornitura dei DM per le indagini cliniche. La relatrice ha ricordato che il promotore di uno studio, in virtù dell’art. 14 del DL 46/1997 emendato dal DL 37/2010, è tenuto a fornire i prodotti oggetto di studio secondo le modalità previste dalla normativa vigente e, in caso di indagini cliniche con DM, a coprire le spese aggiuntive rispetto alla norma-le pratica clinica. I DM che servono per le indagini pre-marchio CE sono ovviamente a carico del promotore ma lo sono anche i DM per le indagi-ni post-marketing se non sono già stati acquistati nel rispetto delle ordi-narie procedure di fornitura di beni. Quest’obbligo ricade sia per gli studi di post-marketing interventistici con DM aventi marchio CE non presenti nelle liste dei DM deliberati dall’A-

zienda Ospedaliera Universitaria, sia per i DM presenti e fruibili in A-zienda ma in numero non adeguato alle necessità della pratica clinica, sia per gli studi di post marketing osservazionali “no profit” con DM non presenti nella programmazione aziendale (quindi non in uso nella pratica clinica) o in numero insuffi-ciente. In sintesi, perché un’indagine “no profit” sia fattibile con il DM in uso presso l’Istituzione, è necessario che esista una delibera dell’Azienda Ospedaliera Universitaria che certifi-chi l’aggiudicazione di una gara e quindi la disponibilità del DM in mo-do adeguato, oppure il DM o i DM in numero eccedente il quantitativo fruibile all’interno dell’istituzione de-vono essere forniti gratuitamente dal fabbricante o promotore, oppure es-sere coperti con fondi di ricerca ad hoc; il tutto oltre al pagamento delle eventuali spese accessorie. Altro a-spetto non regolamentato riguarda la fornitura di “campioni gratuiti” di DM, la loro tracciabilità ed uso in speri-mentazioni definite “invisibili”. La relatrice ha illustrato le problemati-che sulle azioni di dispositivo-vigi-lanza che la non tracciabilità di cam-pioni può portare specie in situazioni di richiamo di lotto e di azioni corret-tive messe in campo a seguito di incidente. Ha illustrato la procedura messa in atto presso l’Azienda O-spedaliero Universitaria Careggi per tracciare tutti i campioni gratuiti dati “in prova”. Attraverso questo sistema hanno potuto tracciare l’esistenza di ben 450 DM impiantabili dati come campioni gratuiti nel periodo 2008-2012. Il seminario è proseguito con due intervenuti più tecnici. Salvatore Bianco (Akros BioScience, Roma), membro del GdL DM, ha parlato delle indagini cliniche pre-marketing, finalizzate all’ottenimento del marchio CE e delle differenze sul quadro normativo e metodologico rispetto alla sperimentazione sul farmaco. Ha sottolineato come le indagini cliniche siano d’obbligo per i DM di classe III e impiantabili attivi e in funzione della classe di rischio anche per i DM di classe IIa, IIb. Ha elencato le principali normative na-zionali che disciplinano le modalità e le procedure per effettuare indagini cliniche con DM, soffermandosi in particolare sulla EN ISO14971 relati-va alla gestione del rischio da appli-

care a tutte le fasi di vita del DM, la ISO 14155-2012 e sue diversità ri-spetto alla ICH-GCP, le MEDDEV 2.7.1-4, le linee guida GHTF (Global Harmonization Task Force). Ha sot-tolineato come la valutazione delle prestazioni, del rischio e degli eventi avversi del DM debbano essere gli obiettivi principali di un’indagine cli-nica per un DM senza marchio CE. Ha ricordato che l’indagine clinica pre-marketing può essere avviata solo dopo aver ottenuto l’autorizza-zione del CE e del Ministero della Salute e il consenso informato del paziente. A seconda delle classi di rischio, l’iter autorizzativo di un’in-dagine clinica pre-marketing segue due strade: per i DM di classe I, IIa e IIB, ottenuta l’approvazione del CE e inviata la notifica al Ministero della Salute, l’indagine può iniziare senza attendere i 60 giorni per la risposta del Ministero della Salute (NB: esiste sempre la possibilità che il Ministero avanzi delle osservazioni o interrom-pa l’indagine); per i DM di classe III, invasivi impiantabili a lungo termine IIa e IIb, bisogna attendere la rispo-sta del Ministero della Salute o lo scadere dei 60 giorni (silenzio /assenso). Da un punto di vista prati-co, l’indagine deve essere svolta secondo procedure di valutazione adeguate al tipo di DM in esame in grado di rilevare le prestazioni e la sicurezza del DM, su un numero adeguato di osservazioni atte a ga-rantire le validità scientifica delle conclusioni, secondo un piano d’indagine (protocollo di studio) che tenga conto dello stato delle cono-scenze scientifiche e tecniche in cui il DM va a collocarsi, , sotto la re-sponsabilità di un medico debita-mente qualificato o di persona in possesso delle qualifiche necessa-rie, in condizione simile a quelle che sarà il normale utilizzo del DM e in centri definiti (DM del 12 /3/2013 e 25/6/2014) e sotto copertura assicu-rativa. I risultati dovranno essere riportati e discussi criticamente in una relazione scritta firmata dallo sperimentatore principale. Il relatore ha concluso evidenziando quanto il mondo dei DM sia eterogeneo e alle volte estremamente complesso e dove operare richiede una cono-scenza dettagliata delle normative e un’approfondita pratica. Il seminario è terminato con l’inter-

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vento del dr. Nicola Giordan, (Clinical Operations - Fidia Farma-ceutici) e membro del GdL DM, che ha parlato delle indagini cliniche post-marketing , definendo come tali le indagini effettuate su un DM aven-te marchio CE, non modificato nella sua struttura, e nelle applicazioni d’uso oggetto di marchio CE. Il rela-tore ha sottolineato come la valuta-zione clinica sia un processo lungo che segue il DM per tutto il suo ciclo di vita, non solo durante la fase di valutazione pre-marketing ma an-che nella fase successiva di com-mercializzazione. Il post-marketing clinical follow-up (PMCF) è fonda-mentale per la conferma delle pre-stazioni, sicurezza e valutazione dei rischi residui del DM. L’aggiorna-mento dei dati clinici sul DM derivan-ti dalle indagini post-marketing e della sorveglianza post vendita sono parte integrante delle attività di post-marketing surveillance (PMS) a cui tutti i fabbricanti sono tenuti ad ot-temperare per il mantenimento del marchio CE, attività verificata dall’ON durante gli audit annuali. Specifiche norme definiscono le atti-vità di PMS e PMCF per i DM (Direttiva 93/42/EEC, Direttiva 90/385/EEC per gli impiantabili, Di-rettiva 98/79/EC per IVD). Anche i sistemi qualità ISO 9001:2000, ISO 13485:2003, ISO 14971 richiedono

al fabbricante di mettere in atto atti-vità post-marketing adeguate per identificare eventuali rischi residui e attuare di conseguenza azioni pre-ventive o correttive appropriate. La ISO 14971 richiede espressamente che il processo di valutazione del rischio duri per tutta la vita del DM. I dati di PMS e PMFC possono prove-nire sia da indagini cliniche post-marketing svolte con il DM marcato CE nelle condizioni d’uso approvate su una più ampia scala di utilizzatori e per un periodo più lungo, sia dall’esame della letteratura scientifi-ca pertinente su DM simili per carat-teristiche tecniche, biologiche, indi-cazioni d’uso, sia dal database del fabbricante/azienda sugli AE, inci-denti, reclami ad esso pervenuti. Il relatore ha terminato il suo interven-to illustrando in dettaglio le finalità e il tipo di indagini cliniche post-marketing. Esse possono essere indagini atte a meglio definire le pre-stazioni e la sicurezza del DM in caso di “new DM”, confermare le prestazioni del DM in una popolazio-ne diversa e più numerosa, racco-gliere dati sulla sicurezza a lungo termine, consentire valutazioni cost-saving o confronti verso altri DM o terapie. Tutte le circostanze in cui deve essere attuato un attento PMCF e gli studi clinici conseguenti sono ben definite nella MEDDEV 2.12/2 rev 8 a cui si rimanda. Quali

adempimenti sono richiesti? Il parere positivo del CE e la notifica on-line dell ’avvio dell ’ indagine post-marketing al Ministero della salute (Decreto Legislativo 507/92 art 7) cui far seguito la notifica di conclusione o interruzione e risultati ottenuti. Ha ricordato che in tutte le indagini post-marketing, le spese ulteriori rispetto alla normale pratica clinica sono a carico del fabbricante. Lo stesso vale per i DM occorrenti se non già acquisiti nel rispetto delle ordinarie procedure d’acquisto e disponibili in modo capiente per tutta la durata dell’indagine.

Lucia Beinat

Gruppo di Lavoro Dispositivi Medici

(Continua da pagina 3)

Le presentazioni autorizzate sono disponibili sul sito

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AIFA E GCP Si è tenuto il 23 novembre scorso a Roma il primo Simposio GCP orga-nizzato dall’Agenzia Italiana del Far-maco, alla quale va riconosciuto il merito di aver radunato gli operatori della ricerca clinica profit e no-profit provenienti da tutta Italia. L’evento ha suscitato grande interesse tra gli operatori del settore, tanto che tutti i posti disponibili in sede di iscrizione sono andati esauriti. I lavori si sono aperti con il saluto del Direttore Ge-nerale di AIFA prof. Luca Pani, che ha sottolineato l’importanza di que-sto evento quale momento di con-fronto e discussione con gli attori (lamentando tuttavia la mancanza della rappresentanza dei pazienti) su temi di grande importanza nell’am-bito della sperimentazione clinica e della registrazione dei medicinali, auspicando che sia il primo di una lunga serie di incontri a cadenza annuale. Il relatore ha ribadito l’im-portanza della qualità della ricerca clinica in un contesto in forte trasfor-mazione nel quale la medicina e la biologia come le abbiamo conosciu-te non esistono più e possono esse-re oggi considerate scienze dell’in-formazione.

La drssa Angela Del Vecchio, Diret-tore dell’ufficio attività ispettive GCP-GVP, ha introdotto i temi trattati dal convegno: partendo dalle GCP con accenni alla loro revisione (Adden-dum R2), le risultanze ispettive, i chiarimenti normativi. Ha inoltre spie-

gato che il simposio vuole essere un momento di confronto e di condivisio-ne degli obiettivi, ovvero di aumenta-re la compliance GCP nelle speri-mentazioni cliniche per avere dati più affidabili e maggiore protezione per i pazienti; è stata ribadita una delle mission dell’AIFA: proteggere la salu-te pubblica attraverso medicinali effi-caci e sicuri. Ha preso poi la parola la drssa Sandra Petraglia, Direttore dell’ufficio sperimentazione clinica nonché coordinatrice dell’area pre-autorizzazioni, per illustrare le nuove prospettive della sperimentazione clinica in vista dell’implementazione del Regolamento UE 536/2014 e del relativo portale. La base legale delle sperimentazioni cliniche in Europa passerà dalla Direttiva 2001/20 al nuovo Regolamento, con l’obiettivo di aumentare l’armonizzazione, l’effi-cienza ed il coordinamento. I lavori sui meccanismi di funzionamento del portale UE e la messa a punto finale dei nuovi processi sono tuttora in corso. Vari gruppi stanno lavorando al progetto con l’elaborazione di linee guida ad hoc: un gruppo di coordina-mento e consultivo della Commissio-ne Europea (Clinical Trials Coordina-tion and Advisory Group, CTAG), il Clinical Trials Facilitation Group (CTFG) principalmente coinvolto nel-la procedura VHP e gruppi di lavoro EMA sul portale e database UE. L’implementazione del nuovo assetto normativo è previsto presumibilmen-te per dicembre 2017. L’Autorità

Competente di ogni stato membro sarà il punto di riferimento nazionale, anche per il comitato etico. L’osservatorio sulla sperimentazione clinica evolverà verosimilmente nel ruolo di piattaforma IT nazionale, funzionale al nuovo processo, ed è probabile che gli altri stati membri dovranno dotarsi di strumenti simili. Ha ripreso poi la parola la dott.ssa Angela Del Vecchio per presentare nel merito il progetto di revisione delle GCP: l’aggiornamento è reso necessario dagli sviluppi tecnologici degli ultimi anni ai fini di avere ap-procci più innovativi nell’ambito del disegno, gestione, conduzione e reporting delle sperimentazioni clini-che e nella gestione della documen-tazione. Alla luce delle novità nei campi del quality management (Quality risk management - Quality-by-design processes), del risk based monitoring e dei dati elettronici, l’obiettivo dichiarato rimane quello del miglioramento della qualità dei dati e della protezione dei soggetti in un contesto di sperimentazioni clini-che multinazionali di grande com-plessità. E’ prevista la pubblicazione del documento finale nel 2017. E’ stato poi presentato l’atto di esecu-zione GCP, ovvero il documento scritto in base all’art 78 comma 7 del Regolamento 536 riguardante le modalità dettagliate delle procedure di ispezione, compresi i requisiti in materia di qualifica e formazione degli ispettori. Il documento è attual-mente alla fase di bozza per consul-tazione, con pubblicazione prevista nel corso del 2016. E’ interessante notare che, sebbene i verbali ispetti-vi verranno resi pubblici secondo principi di confidenzialità (art.81, Regol.536/2014), la sperimentazione clinica sarà, comunque, chiaramente identificata. Per quanto riguarda il Volume 10 di Eudralex, è stato spie-gato che tutte le linee guida saranno aggiornate e sarà scritto una nuova linea guida specifica per le terapie avanzate, sia per la conduzione del-le sperimentazioni sia per i requisiti per ottenere un AIC. Sotto la denominazione di Union Control (art. 79 del regol. 536/2014) la Commissione Europea program-

(Continua a pagina 6) Il prof. Luca Pani (al podio) ed il dr. Salvatore Caruso

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merà una serie di audit di sistema agli stati membri per verificare la corretta e coerente applicazione del-la nuova normativa una volta imple-mentata. Queste verifiche potranno estendersi anche a paesi terzi per verificare se il sistema normativo per le sperimentazioni cliniche extra UE sia basato su standard equivalenti. Questi audit saranno svolti dalla Food and Veterinary Office (FVO), sita in Irlanda, in collaborazione con gli esperti nazionali degli Stati Mem-bri. E’ stato infine presentato il con-cetto di Serious Breaches, descritto nell’art. 79 del Regol. 536/2014: defi-niti come una violazione in grado di avere un impatto significativo sulla sicurezza e sui diritti di un soggetto o sull’affidabilità e sulla robustezza dei dati ottenuti dalla sperimentazio-ne clinica; queste deviazioni vanno comunicate dallo sponsor entro 7 giorni da quando ne viene a cono-scenza. La dott.ssa Angela Del Vec-chio ha poi presentato l’attività dell’Ispettorato GCP-GVP, partendo dall’organigramma della struttura, e descrivendo: l’attività internazionale con parteci-

pazione ad attività ed ispezioni EMA nonché ispezioni dell’OMS ed altre collaborazioni interna-zionali;

l’attività nazionale con circa 50 ispe-zioni l’anno, scelte principalmen-te con il metodo risk-based che permette di concentrare le risor-se dell’Ispettorato sulle aree di maggior rischio per la sicurezza/diritti dei pazienti e per l’affida-bilità dei dati.

Il dr Salvatore Caruso, ispettore se-nior GCP, ha presentato i requisiti per gli studi di Fase I, descrivendo le norme che si sono succedute e stra-tificate dal 1977 ad oggi arrivando alla Determina AIFA n. 809/2015 del 19 giugno 2015 che origina dall’art. 31 del Decreto legislativo 200 del 6 novembre 2007. La recente Determi-na AIFA (in vigore a partire da luglio 2016) sancisce che tutte le strutture che svolgano studi di Fase I devono essere in possesso dei requisiti pre-visti e dettagliati nell’allegato 1 e nelle appendici della determina. Il possesso dei requisiti richiesti è autocertificato dal rappresentante legale della struttura che intende compiere sperimentazioni di Fase I

con comunicazione all’Osservatorio sulla sperimentazione clinica di AIFA almeno 90 giorni prima dell’inizio della sperimentazione. L’Osserva-torio pubblicherà l’elenco delle strut-ture che si autocertificheranno. Le sperimentazioni di Fase I che ver-ranno eseguite all’estero, i cui risul-tati saranno presentati ad AIFA quali parte di un dossier per l’autorizza-zione alla immissione in commercio, dovranno essere condotte in struttu-re, inclusi i laboratori, con requisiti almeno equivalenti a quelli della De-termina AIFA. Il dr Fabrizio Galliccia, ispettore se-nior GCP, ha poi presentato l’argo-mento dei “Dati Elettronici in Ispezio-ne”. I dati elettronici stanno sempre più diffondendosi nelle sperimenta-zioni cliniche. Basti pensare ai cosid-detti e-source (cartella clinica, dati di laboratorio ed esami diagnostici), all’e-CRF, agli e-PRO, ai database, agli IVRS/IWRS, agli e-TMF ed an-che agli e-IC. Sono stati descritti i principali riferimenti normativi inter-nazionali e di seguito le caratteristi-che che devono essere mantenute pur passando al documento elettro-nico: Attributable, Legible, Contem-poraneous, Accurate, Original, Com-plete, Consistent, Enduring, Availa-ble when needed (ALCOA esteso), ovvero il concetto che il dato elettro-nico non deve fornire meno garanzie del cartaceo. Le criticità più spesso evidenziate durante le ispezioni so-no riconducibili agli aspetti di valida-

zione, di audit trail (che non deve essere disattivabile e deve permette-re di consultare il dettaglio delle mo-difiche effettuate), di gestione degli accessi (credenziali di accesso per-sonali per ogni utente), di localizza-zione degli e-source (deve essere definita) e di controllo dei dati (lo sponsor non può avere l’esclusivo controllo dei dati sia originali sia rac-colti tramite l‘e-CRF; i dati generati da fornitori e rilevanti per i pazienti devono essere resi prontamente disponibili allo sperimentatore che deve mantenerne copia). Il dr Sergio Scaccabarozzi del Grup-po di Lavoro Sperimentazione Clini-ca di Farmindustria ha presentato il Risk Based Monitoring (RBM), un approccio al monitoraggio sempre più diffuso anche grazie alle nuove tecnologie e alla disponibilità dei dati in tempo quasi reale. Nel RBM i prin-cipi di gestione del rischio sono ap-plicati al monitoraggio focalizzando le risorse sugli aspetti più importanti ovvero i dati ed i processi critici per quanto riguarda la sicurezza dei pa-zienti e la qualità dei dati. Le risorse sono quindi maggiormente impiega-te su aspetti che danno maggior va-lore aggiunto. Questo implica un’a-nalisi preliminare dello studio in ter-mini di variabili critiche, dei rischi e della strategia di minimizzazione dei rischi identificati, con un’adeguata allocazione delle risorse tra monito-raggio on-site, da remoto e centraliz-

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La dr.ssa Sandra Petraglia e Sergio Scaccabarozzi

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zato. Sono inoltre elaborati degli indicatori del rischio con dei valori soglia che, quando oltrepassati, fan-no scattare dei controlli aggiuntivi. La drssa Maria Letizia Fabrizi, ispet-tore Senior GCP, ha presentato gli esiti delle ispezioni alle CRO e spon-sor oversight sulla base del DM CRO 15/11/2011. Le verifiche ispet-tive effettuate comprendono la verifi-ca della compliance delle CRO al suddetto decreto (conformità delle autocertificazioni) e la verifica del sistema di gestione da parte delle CRO degli studi clinici in accordo alla ICH-GCP (in genere 2 centri sperimentali e la sede della CRO). Durante le ispezioni effettuate le deviazioni più ricorrenti sono state a carico degli aspetti di formazione del personale (mancanza di una pro-grammazione, formazione insuffi-ciente in termini di numero di ore, mancanza di una definizione della percentuale massima di ore da dedi-care al self-training/self-reading, as-senza di un sistema di verifica del self-training), procedure operative standard e loro gestione (SOP in formato word accessibili al persona-le in una cartella condivisa e pertan-to esposte al rischio di cambiamen-ti), assicurazione di qualità e audit (QA non in possesso dei requisiti richiesti; scarsa garanzia di indipen-denza del responsabile QA; non vengono svolti audit o non sono suf-ficienti; mancanza di un piano di au-dit o gli audit previsti vengono effet-tuati solo in parte), selezione dei fornitori (la SOP non descrive un sistema efficace e robusto per ga-rantire la qualità dei fornitori o per mantenere la loro qualifica), gestio-ne dei contratti per quanto riguarda il subappalto. Come descritto dalle ICH-GCP il promotore di una speri-mentazione può delegate una o più attività alle CRO ma resta responsa-bile finale della qualità e dell’integrità dei dati dello studio. Nella revisione alle GCP in via di elaborazione, il concetto è rafforzato con l’aggiunta dell’obbligo di supervisione delle attività delegate. La drssa Paola Di Basilio, ispettore senior GCP, ha presentato “Clinical Study Report e Data Listings: moda-lità di presentazione della documen-tazione per le ispezioni GCP”. In occasione di un ispezione è neces-

sario identificare la documentazione richiesta per preparare l‘ispezione stessa. La documentazione deve quindi essere inviata in formato elet-tronico (cd-rom, DVD o memory stick) dopo aver concordato con gli ispettori i requisiti per i data listing. Sono elencati i criteri generalmente richiesti dagli ispettori e vengono forniti dei riferimenti alle guidance EMA e ad altri documenti. In partico-lare ci si è soffermati sui documenti da inviare agli ispettori relativi all’attività di monitoraggio (modalità di presentazione dei report delle visi-te di monitoraggio e dei risultati del monitoraggio centralizzato, SOP, Monitoring Plan supportato da un razionale) e sul Clinical Study Re-port. Ha poi ripreso la parola il dr Fabrizio Galliccia, per presentare “Finding overview, Q&A e spunti per discussione” in cui è stata fatta una descrizione delle deviazioni più ricor-renti e significative riscontrate duran-te le attività ispettive con i commenti esplicativi ed i riferimenti normativi per ciascun caso. Parte del tempo del simposio è stato riservato alla risposta alle domande poste dai partecipanti, i quali hanno colto l’occasione per affrontare i temi più significativi e ancora incerti, quali ad esempio, l’impianto normativo in vista dell’entrata in vigore del Rego-

lamento 536 e la scelta del CE nel contesto del Regolamento. Ha infine concluso i lavori la dott.ssa Angela Del Vecchio ribadendo l’obiettivo del simposio, ovvero poter affrontare e discutere le criticità nella ricerca cli-nica con tutti gli attori coinvolti e con-dividere l’obiettivo del miglioramento della qualità nelle sperimentazioni cliniche. Le presentazioni del simposio sono disponibili al seguente sito: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/presentazioni-simposio-gcp-aifa

Riccardo Ascone Gruppo GIQAR GCP

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Laureato nel 1995 in Farmacia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ho lavorato per alcuni anni come farmacista in alcune farmacie territoriali. Nel 2003 e 2004 ho svolto prima un corso di perfezionamento poi un Master di secondo livello in Farmacovigilanza presso l’Università degli studi di Mila-no. Dopo uno stage presso MSD Italia, ho iniziato a lavorare in ricerca clinica presso Servier come Regulatory Affairs & Quality Assurance Officer.

La dr.ssa Angela Del Vecchio

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L'Università di Modena ha ospitato il VII congresso annuale del gruppo di lavoro BIAS (Biometristi dell’In-dustria ASsociati) il 22 e 23 ottobre 2015. Per soddisfare le esigenze delle due figure professionali princi-palmente rappresentate nel nostro gruppo di lavoro, il biostatistico e il data manager, quest'anno il con-gresso prevedeva due sessioni se-parate: “Revisioni sistematiche e metanalisi: come sintetizzare le evi-denze” e “Data management tra in-novazione e tradizione: un percorso sul ruolo del data manager in azien-da farmaceutica”. La prima giornata è stata interamen-te dedicata alla metanalisi: dopo un'introduzione condotta da Roberto D'Amico (Università di Modena e Reggio Emilia), che ha supportato il Comitato BIAS nella preparazione dell'evento, Valter Torri (Istituto Ma-rio Negri - Milano) ha illustrato come impostare correttamente una revisio-ne sistematica/metanalisi e come interpretarne i risultati. Questi primi due interventi hanno inquadrato le tematiche del congresso, fornendo spunti che andavano al di là degli aspetti meramente statistici. Revisio-ni sistematiche e metanalisi, infatti, pur sfruttando metodi statistici che si stanno facendo man mano più com-plessi, sono strumenti utili per i clini-

ci e per l'industria farmaceutica in generale. Dopo il pranzo, Vanna Pistotti (Istituto Mario Negri – Mila-no) ha raccontato la storia e descrit-to il funzionamento del database Cochrane di revisioni sistematiche, che accoglie tutte le metanalisi svol-te fin qui da questa organizzazione. Andrea Rossi (Eli Lilly) ha illustrato le linee guida PRISMA, che fornisco-no informazioni su come impostare e riportare i risultati delle metanalisi

per la pubblicazione. Con Luigi San-toro (Istituto Oncologico Europeo) il congresso sulle metanalisi è entrato nel vivo della metodologia statistica. Luigi ha infatti descritto i due modelli principali utilizzati in metanalisi: il modello a effetti fissi ed il modello ad effetti random, facendo capire van-

taggi e svantaggi di entrambi e quando sia più opportuno utilizzare un modello piuttosto che un altro. Michela Cinquini (Istituto Mario Negri – Milano) ha mostrato come le meto-diche utilizzate nella metanalisi pos-sano essere applicate in pratica per rispondere a quesiti specifici. A con-

clusione della prima giornata di congresso, Pantaleo Nacci (GSK) ha illustrato un'esperien-za di pooling dei dati degli studi clinici della sua azienda: un mo-do diverso di interpretare la me-tanalisi che ha suscitato comun-que spunti di riflessione. Come da tradizione, alla fine della pri-ma giornata di congresso si è

svolto il programma sociale, che quest'anno prevedeva la visita all'A-cetaia Paltrinieri, comprensiva di cena sociale. Il proprietario ci ha illustrato storia, tradizioni, aneddoti e segreti (ovviamente non tutti!) relativi alla produzione dell'aceto balsamico tradizionale di Modena, che abbiamo

poi degustato volentieri. La seconda giornata di congresso prevedeva al mattino, contempora-neamente, la seconda parte di con-gresso dedicata alla metanalisi e la prima parte della giornata dedicata al data management. Per quanto riguarda la metanalisi, la seconda giornata è stata di stampo più statistico. Infatti, Cinzia Del Gio-vane (Università di Modena e Reg-gio Emilia), confrontando l'approccio frequentista e l'approccio bayesiano, ha approfondito il tema delle network metanalisi, che permettono di trarre conclusioni sull'efficacia e/o sulla sicurezza dei farmaci anche tramite confronti indiretti. Per concludere, Sara Balduzzi (Università di Mode-na e Reggio Emilia) ha affrontato il problema dei dati mancanti nelle metanalisi. La sessione relativa al data management è stata condotta nella prima parte da Irene Corradino (Clinical Trial Unit - Ente Ospedalie-ro Cantonale Bellinzona), Sonia Colombini (CLIOSS), Enrica Pa-schetto (Exom Group) e Alessandro Cattaneo (PROMEDITEC), che

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VII Congresso BIAS

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hanno organizzato un per-corso per i data manager. Partendo da una ri-flessione sul ruolo del data manager nella ricerca clinica moderna, hanno descritto i fondamenti di questa atti-vità: data management plan, dise-gno della CRF e quindi del database o della CRF elettronica, con relative linee guida per la compilazione e training, data validation plan, codifi-ca dei dati, riconciliazione degli e-venti avversi seri, revisione finale e database lock. Le presentazioni, sapientemente coordinate tra loro, hanno permesso di descrivere in modo semplice ed efficace come dovrebbe lavorare un data manager o una unità di data management di un'industria e/o di una CRO nel con-testo attuale. Sara Pirondi (Gruppo Italiano Data Manager) ha descritto in modo dettagliato il ruolo del coor-dinatore di ricerca clinica, ovvero il data manager dei centri clinici, che in realtà compie una serie di attività che vanno oltre la gestione del dato clinico, proponendosi come punto di riferimento sia per i medici coinvolti negli studi clinici sia per le industrie e le CRO. Per finire, Sara Montanari

(MEDINEOS Observational Rese-arch) ha fornito utili e pratici consigli su come affrontare un audit dal pun-to di vista del data manager. A metà mattina, a sessioni congiunte, si è svolta l'assemblea dei soci BIAS, durante la quale il comitato di coordi-namento uscente ha ricordato le attività svolte nel biennio 2014-2015, tra cui il VI congresso annuale, due seminari BIAS e il corso SAS per data manager. Inoltre, è stato pre-

sentato il Master in Biostatistica A-vanzata che si svolgerà presso l'Uni-versità di Padova durante il prossi-mo anno accademico (2015-2016 – ulteriori dettagli al seguente indiriz-zo: http://www.unipd.it/biostatistica-avanzata-ricerca-clinica). Infine, è stato presentato il nuovo comitato, in realtà rinnovato solo per 2/5, in q u a n t o B e a t r i c e B a r b e t t a (Rottapharm Biotech) Fabio Monta-naro (Latis) e Angelo Tinazzi (Cytel) hanno volentieri accettato di prose-

guire per altri due anni, per dare continuità all'attività svolta finora, mentre Glauco Cappellini (Quintiles) e Stefania Mirandola (Recordati) sono stati sostituiti da Cristina An-selmi (CrosNT) e Marco Costantini (GSK). Quindi, grazie a Stefania e Glau-co per la preziosa colla-borazione in questi due anni e benvenuti e buon

lavoro a Marco e Cristina. Al congresso sono intervenute circa 70 persone, compresi i relatori, ed una ventina di studenti. Riteniamo che la qualità delle relazioni sia stata complessivamente di buon livello e l'interesse elevato: infatti, per en-trambe le sessioni, la partecipazione dei presenti è stata molto attiva e ad ogni relazione è seguita un’animata discussione. Il comitato BIAS ringrazia i relatori, tutti i partecipanti, i due sponsor dell’evento, DDway e Cytel, SISMEC e il Gruppo Italiano data manager per aver dato il loro patrocinio e so-prattutto SSFA per il supporto orga-nizzativo e logistico, prezioso come sempre. Archiviato positivamente il Congresso 2015, il rinnovato comita-to BIAS sta già organizzando il semi-nario di primavera, che si terrà pro-babilmente in marzo presso SAS Institute a Milano, ed il prossimo congresso, che si terrà a Verona a maggio-giugno 2016. Vi terremo costantemente informati riguardo ulteriori dettagli relativi al programma di questi due incontri. Arrivederci al prossimo evento; ci auguriamo di trovarvi numerosi e interessati come sempre.

Fabio Montanaro per il comitato BIAS

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" Si ringrazia per il contributo:"

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Introduzione e obiettivi Nelle prime due parti di questo articolo, pubblicate nei numeri 51 e 52 di “SSFAoggi “ sono stati descritti i pre-cedenti normativi e le attività di informazione e sensibi-lizzazione che AIFA ha condotto prima della Determina ( D) in oggetto ed una sintesi schematica degli obblighi derivanti dall’articolato della D, affinchè i Centri siano legittimati a condurre sperimentazioni ( Clinical Trials: CT ) di Fase 1 . Nel presente articolo verranno trattati alcuni tra i requisiti tecnici estratti dalle seguenti tipologie principali previsti dalla D:

requisiti generali per la parte clinica (in appendice 1);

requisiti per i centri che conducono sperimentazioni a fini non industriali (in aspetti generali dell’allegato);

requisiti generali dei laboratori (in appendice 2); requisiti procedurali specifici per la qualità, dettagliati

in procedure operative standard (in appendice 3) .

In particolare, è obiettivo del presente articolo descrivere in maniera sintetica esclusivamente alcuni aspetti relati-vi all’organizzazione ed al personale che deve garantire la qualità della sperimentazione e l’affidabilità dei dati, riportando soprattutto i requisiti che la D rende obbligato-ri con un semplice rinvio ad altro documento e quindi non elencati nella D stessa. Requisiti generali in tema di qualità di cui al DPR

14/1/1997 (1) La D ( in appendice 1, lettera A) prevede che tali centri siano conformi, nelle parti applicabili, all’atto allegato al DPR 14/1/97 (1), e relative applicazioni normative regio-nali, che stabilisce i requisiti minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e pri-vate. Di tale atto la D elenca i titoli di una serie di para-grafi, tra cui quello relativo ai “requisiti minimi generali”, che riguarda sostanzialmente gli aspetti della qualità obbligatori, in ambito nazionale, per ogni struttura sanita-ria. Tali “requisiti minimi generali” non vengono elencati nuovamente nella D; per i fini del presente articolo si ritiene possa essere utile riportare almeno i seguenti:

l’adozione di un documento in cui siano esplicitati: gli obiettivi, l'organizzazione interna , l'organigram-ma;

la definizione del fabbisogno di personale in termini numerici per ciascuna qualifica, in rapporto alle tipologie delle attività, il possesso dei titoli previ-sti;

un piano di formazione-aggiornamento del personale, con indicazione del responsabile;

un inventario delle apparecchiature in dotazione ed

un piano per la documentata manutenzione; un responsabile ed un piano per la gestione, valuta-

zione almeno annuale e miglioramento della qua-lità, con linee guida e regolamenti interni;

la predisposizione di una raccolta di regolamenti in-terni e linee guida aggiornati per lo svolgimento delle procedure tecniche più rilevanti (si tratta sostanzialmente di SOPs).

. Requisiti per i centri che conducono sperimentazioni

a fini non industriali

La D (in all.1, “aspetti generali”, punto 3) prevede che i centri che conducano CT di Fase I a fini non industriali, oltre a tutti gli altri requisiti elencati nel relativo allegato, si dotino anche di un team per la qualità (Clinical Trial Quality Team/CTQT) che abbia i requisiti e svolga i com-piti descritti in specifico precedente documento AIFA (2); in particolare si tratta delle funzioni in tema di qualità che le GCP attribuiscono allo sponsor e per le quali il promo-tore no profit non ha in genere personale a tal fine dedi-cato ed in possesso di specifica esperienza nel settore. Il QT deve dotarsi di un regolamento interno che specifi-chi: organico, modalità operative e compiti che, come precisato nel documento AIFA (2), sono principalmente quelli di coadiuvare il promotore no profit e gli sperimen-tatori nelle seguenti attività:

prima dell’inizio dello studio, tramite, ad es.: la verifi-ca che il protocollo contenga gli elementi previsti dalle GCP; la predisposizione della domanda di autorizzazione; la predisposizione di coerenti CRF e verifica della loro effettiva applicabilità; la preparazione del piano di monitoraggio;

durante l’esecuzione dello studio: nella gestione di tutti gli aspetti che garantiscono la qualità del CT e l’affidabilità dei dati, compreso il monitoraggio;

alla fine dello studio: per la verifica generale della qualità di tutto lo studio, ad es. nella risoluzione delle azioni di follow up, nella corretta rendicon-tazione dell’IMP, nella completezza ed archivia-zione della documentazione.

Il personale del QT dovrà avere i requisiti descritti nel documento CTQT, in gran parte equivalenti a quelli che erano previsti per i monitor dal DM CRO DM 31 marzo 2008, vigente all’epoca della pubblicazione del documento.

Ai fini della praticabilità di quanto previsto da AIFA, il documento CTQT prevede ampia flessibilità:

per le modalità di istituzione del team: ad es. da par-te della Direzione Generale o Sanitaria o del Responsabile per la Qualità dell’intera struttura.

per le modalità di lavoro del personale: che può es-sere di ruolo o non ; a tempo determinato o in-determinato; a tempo pieno o parziale; purchè con una tipologia di contratto che garantisca

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La DETERMINAZIONE AIFA 19 giugno 2015 inerente i requisiti minimi necessari per le strutture sanitarie che eseguono speri-mentazioni di Fase I (Determina n. 809/2015). Terza parte

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comunque un meccanismo di dipendenza diretta dalla struttura e dalla figura di vertice che lo ha designato;

per tipologia di carichi di lavoro: ad es. il team può essere costituito da una o più unità, dedicato solo al centro di Fase I o a più reparti clinici della stessa struttura, oppure dedicato a diversi ospe-dali che operino in area limitrofa o in discipline affini.

Requisiti specifici di qualità in tutte le tipologie di

centri che conducono CT di Fase I In coerenza con gli obblighi per tutte le strutture sanitarie in tema di requisiti generali per la qualità, derivanti dal DPR 14/1/97 ed in parte schematizzati al punto 2, ed in coerenza con gli obblighi sulla tematica della qualità de-rivanti dalle GCP, la D prevede quanto segue per ga-rantire la qualità dei CT di Fase I:

Un appropriato sistema di assicurazione di qualità (SAQ), conforme ai requisiti già ritenuti validi da AIFA con il D.M. 15 novembre 2011 (art. 3, com-ma 1, lettera b) che prevedono, tra l’altro:

manuale di qualità, documentata attività di un SAQ e tracciabilità di tutte le attività;

presenza di un responsabile QA, in posses-so dei requisiti indicati nel DM;

attuazione di un programma annuale di ag-giornamento di almeno 30 ore in rela-zione alle funzioni del personale dipen-dente e consulente;

la conformità alle GCP di tutte le attività;

Un articolato sistema di SOP scritte, di cui la D ne elenca 77, suddividendole in SOP per gli aspetti generali, per gli aspetti clinici e per gli aspetti di laboratorio; da selezionare per le attività che il Centro effettivamente esegue e da integrare con altre SOP per specificità operative non previste dall’elenco;

Audit indipendenti e conservazione dei rapporti, sul-

la struttura clinica e sul laboratorio, per assicura-re la conformità alle norme vigenti ed alle SOP;

Personale specifico per garantire la qualità dei CT,

secondo la seguente impostazione: nominativi del personale e le relative funzio-

ni descritti in un organigramma; personale formato sulle GCP; un responsabile QA, un monitor, un auditor

ed un responsabile dell’analisi statistica/gestione dei dati ( se applica-bile), in possesso dei requisiti di cui al D.M. sulle CRO del 15/11/2011 ;

il monitor dovrà far parte dell’organigramma del Centro o potrà essere fornito da ciascun promotore;

l’ auditor dovrà eseguire almeno un audit annuale sul SAQ della struttura e su un

CT condotto nell’anno. Si ritiene che tale auditor possa anche essere un consulente reclutato per gli audit pro-grammati e per quelli ritenuti necessari in itinere.

una figura di raccordo tra l’Unità sperimen-tale di Fase I, il promotore, la CRO inte-ressata e le competenti Autorità regola-torie. Si ritiene che tali funzioni siano parte di quelle abitualmente svolte da-gli Study Coordinator e dai Data Manager ;

presenza di documentazione che dimostri quanto sopra.

Conclusioni Quanto descritto, a parere dello scrivente, indica chiara-mente come i dettagliati elementi obbligatori nel settore della qualità elencati nella D ( per un quadro completo si rinvia all’allegato alla stessa D), non introducono nuovi aspetti, come potrebbe apparire. Infatti la D, oltre ad e-stendere ai Centri di Fase I i requisiti a questi applicabili già previsti per le stesse figure professionali delle CRO, costituisce un sussidio pratico con indicazioni per una applicazione specifica e concreta di quanto in maniera generica e teorica è previsto sia dal richiamato DPR ( 1 ), con obblighi nel settore della qualità per tutte le strutture sanitarie, sia dal DM 15/7/97 e dal Regolamen-to UE 536/2014 (Capo VIII), con obblighi di qualità che le GCP ed il Regolamento attribuiscono a tutti i promotori e sperimentatori . Bibliografia

D.P.R. 14 gennaio 1997:Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle pro-vince autonome di Trento e di Bolzano, in mate-ria di requisiti strutturali, tecnologici ed organiz-zativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private (G.U 20 febbraio 1997, n. 42, S.O.)

La qualità nelle sperimentazioni non-profit: progetto AIFA” 2008: (http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/la-qualit%C3%A0-nelle-sperimentazioni-non-profit-progetto-aifa ), e suc-cessivi aggiornamenti

Umberto Filibeck

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CONGRESSO NAZIONALE GIQAR

Parma - 18/20 maggio

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Abbiamo pensato a questo evento subito dopo la cele-brazione del 10° anniversario della fondazione di AICRO del 2014. Il leitmotiv di quest’anno era “Le sfumature della ricerca clinica in Italia”: abbiamo strizzato l’occhio al famoso libro di successo, consci che nessun titolo sarebbe stato più adatto ed in linea con la situazione attuale. Vi confesso che appartenendo alla categoria di chi vede il bicchiere mezzo pieno, abbiamo optato per “sfumature” ed abbiamo scartato “ombre”…Volevamo dimostrare, e, con la presentazione di Sandro Carducci abbiamo la presunzione di esserci riusciti, numeri alla mano, con quell’approccio scientifico e di ricerca che è il nostro lavoro quotidiano, che la ricerca clinica è ancora un’opportunità interessante in Italia: le CRO associate ad AICRO come veicolo di fondi da sole danno un gran-de contributo con gli studi che i nostri sponsor ci affida-no.

Il Regolamento Europeo sta bus-sando alla nostra porta e voglia-mo, ma soprattutto dobbiamo, arrivarci preparati. Abbiamo cer-cato, con gli interventi dei nostri esperti, di rispondere alle se-guenti domande che ci parevano le più urgenti ed importanti: “Cosa” dobbiamo fare per ciò che riguarda la privacy nel rego-lamento europeo? E l’avvocato Roberto Braguti ci ha aiutato a capire. “Chi” prenderà in considerazione le nostre necessità in termini di facile accesso al portale e all’osservatorio? Ed abbiamo avuto uno schietto confronto con la disponibilissima e “coraggiosa” dr.ssa Paola Aita di AIFA. “Quando” riusciremo, come Pae-se che vuole continuare a fare

sperimentazioni e magari aumentarne il numero, ad es-sere competitivi con il resto dell’Europa? “Dove” troveremo risposte e cooperazione, in modo che la passione che ci spinge sia soddisfatta e ci permetta di continuare più forte di sempre? E, in ultimo: “Perché” sembriamo sempre così bravi a renderci la vita difficile? Siamo stati aggiornati da Stefano Marini sullo stato di avanzamento del portale della sperimentazione clinica europeo, che non sarà operativo prima del 2017. Abbia-mo avuto una panoramica della sua architettura e del suo funzionamento, che renderà necessaria la creazione di team dedicati e molto preparati, per rispettare i tempi stretti stabiliti dalla normativa. I centri italiani hanno com-preso come procedere: dare tempi competitivi per aprire i centri sperimentali, trovare i pazienti adatti per essere arruolati, mantenere e tendere ad una sempre maggior qualità dei dati e numero di pazienti. Molti centri hanno sviluppato strutture interne, i Clinical Trial Center, che li rendono capaci di velocizzare ed ottimizzare i processi. Le presentazioni di Carlo Nicora prima, e di Antoinette van Dijk poi, ci hanno dato solo un “assaggio” di come molte strutture si stanno organizzando. Marco Corsi ha alleggerito il rientro dal pranzo con una simpatica presentazione sui vecchi farmaci ed il loro in-sospettato utilizzo… ed il dr. Maurizio D’Incalci ha aperto una finestra sul futuro di quelli nuovi. E permettetemi un ultimo cenno alla tavola rotonda di fine giornata: la ricer-ca nelle età estreme. Le voci della dr.ssa Adriana Ceci e del dr. Filippo Buccella, Presidente di Parent Project On-lus, ci hanno ricordato ancora una volta quanto il nostro contributo, se dato con professionalità e passione, può fare la differenza.

Mariapia Cirenei

CONVEGNO AICRO

Figura 1

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Davanti ad un pubblico di oltre ses-santa persone, si è svolto a Roma il 21 ottobre 2015, nell’ auditorium Ser-vier, un pomeriggio di studio sul “Risk Based Monitoring” (RBM) orga-nizzato dal Gruppo di Lavoro Medici-na Farmaceutica. Obiettivo dell’in-contro era fare il punto sulle cono-scenze e sulle modalità di applicazio-ne del RBM, specialmente nel nostro Paese. Dopo l’introduzione di Marie G. Besse, i moderatori Salvatore Bianco e Luigi Godi hanno dato ini-zio ai lavori. il programma prevede-va un primo intervento della drssa E. Pesenti su definizione e teoria del RBM, seguito dalla relazione della drssa A. della Monica su metodologi-a e campo di applicazione del RBM. Dopo una breve pausa, il pomeriggio è proseguito con l’intervento della drssa Carla Turriziani, che ha espo-sto il punto di vista del Quality Assu-rance, e si è concluso con un caso pratico del CRA presentato dalla drssa F. D’Agostino. Nella prima par-te dell’incontro si è discusso sull’obiettivo della metodologia RBM, tesa ad assicurare un adeguato con-trollo della qualità delle sperimenta-zioni cliniche, concentrando l’at-tenzione sulle aree di maggiore criti-cità, senza perseguire una spasmo-dica ricerca della verifica totale di tutti i dati fonte. A questo proposito la drssa Pesenti ha fatto particolare riferimento a due documenti di gran-de importanza per la comprensione della questione: la FDA guidance sul RBM (www.fda.gov/downloads/Drugs/Guidances/UCM269919) ed il reflection paper on RBM di EMA (www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Scientific_guideline/2011/08/WC500110059). Pur nella diversità i documenti delle due autorità regola-torie sottolineano il principio dell’in-dividuazione e della gestione delle aree critiche di uno studio clinico, evitando azioni di controllo indifferen-ziato, che aumentano il peso orga-nizzativo ed i costi senza un propor-zionato beneficio di qualità. Nella seconda relazione la drssa Della Monica ha sottolineato, tra l’altro, come gli sponsor stiano passando da una valutazione “statica” ed “a priori” delle aree di rischio, effettuata prima dell’inizio dello studio, ad una

valutazione “dinamica”, ossia ad un processo di definizione / ridefinizione delle aree di rischio sulle quali con-centrare l’attività di controllo delle sperimentazioni cliniche, in funzione di “segnali” di criticità che emergono nel corso della sperimentazione stes-sa. In altri termini, la cattura di se-gnali anche deboli di difformità, in aree magari non considerate a ri-schio nell’analisi “a priori”, porta ad una nuova classificazione delle aree di rischio con conseguente aggiusta-mento delle priorità e delle modalità di monitoraggio. In questo processo è cruciale la disponibilità di sistemi informatizzati quali ad esempio gli IWRS (Interactive Web Response System) che permettono ai gestori dello studio di avere sotto controllo la situazione in tempo reale. Nel suo intervento, la drssa Turriziani ha sot-tolineato come i principali riferimenti di qualità quali la linea guida ICH Q9 (http://www.ich.org/fileadmin/Public_Web_Site/ICH_Products/Guidelines/Quality/Q9/Step4/Q9_Guideline.pdf) (Quality Risk Management) e la linea guida ISO 14971 contengano le basi della me-todologia RBM. Le linee guida GCP attualmente in uso per il farmaco ICH E6 R1 non contengono gli aspetti di pianificazione della qualità contenuti nelle più recenti GCP per i Dispositivi Medici ISO 14155, ma tali aspetti saranno contenuti nella nuova ver-sione ICH E6 R2 attualmente in pre-parazione. L’oratrice ha sottolineato poi che la particolarità del reflection paper EMA è un taglio più concen-trato sulla prevenzione che sulle a-zioni correttive delle eventuali non conformità. Una particolare attenzio-ne viene anche data ai “trigger” ossia a quegli eventi che provocano le rea-zioni di controllo quali per esempio una visita al centro sperimentale ove

il piano di gestione prevedeva invece un monitoraggio da remoto. La rela-trice ha concluso sottolineando che solo strutture organizzative di tipo matriciale possono gestire gli scambi di informazione richiesti dalla meto-dologia RBM. Nell’ultima relazione, la drssa D’Agostino ha portato l’esperienza della propria azienda nell’implementare programmi di RBM: ha presentato i cardini dell’operatività di un CRA nel conte-sto di uno studio controllato in RBM. In particolare, è stata sottolineata l’importanza della formazione del centro e dell’interazione con lo stes-so. Il monitoraggio da remoto diventa la modalità standard, mentre il moni-toraggio al centro sperimentale viene effettuato quando esistono segnali che inducono ad approfondire il con-trollo. Nel corso della visita al centro sperimentale il CRA deve avere la capacità di recepire e di valutare i segnali di allerta. L’oratrice ha con-cluso sottolineando l’importanza del-le competenze relazionali del CRA nella gestione di un centro sperimen-tale anche da remoto. Una vivace discussione ha seguito l’insieme del-le relazioni, a dimostrazione dell’in-teresse dei partecipanti. La sensa-zione alla fine del seminario è che l’implementazione della metodologia RBM porti vantaggi di sostenibilità e di controllo di qualità. Un’efficace implementazione richiede tuttavia la disponibilità di competenze specifi-che e di strumenti gestionali appro-priati. Il saluto di Marie G. Besse ha concluso la giornata. Un ringrazia-mento ai colleghi M. G. Besse e L. Godi che mi hanno aiutato nella pre-parazione di questo testo.

Salvatore Bianco

Risk Based Monitoring

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Arbacia punctulata, riccio marino dagli aculei color porpora, vive su fondali rocciosi, o coperti da sub-strati di conchiglie, lungo le coste atlantiche degli Stati Uniti e del Gol-fo del Messico. Sub-sferico, ispido, sta ritto su lunghi, esili, aculei, più corti sulla sua parte inferiore, leg-germente appiattita, dove circonda-no l’apparato orale. Il dermaschele-tro (Ø 3-5 cm) è punteggiato da fori, attraverso i quali si estendono “piedi tubulari” che il riccio usa, insieme agli aculei, per muoversi sul fondo. A. punctulata si nutre soprattutto di alghe, ma non disdegna altri organi-smi che crescono sui fondali che frequenta, servendosi della “lanter-na di Aristotele”, struttura specializ-zata composta da 5 piastre dure che, con movimento sincronizzato, raschiano il cibo dal fondo roccioso. Durante la riproduzione, la femmina rilascia milioni di uova grandi e tra-sparenti, senza guscio o altri rivesti-menti, la cui fertilizzazione è ester-na; i grandi gameti si dividono sin-cronicamente e rapidamente; di-mensioni e quantità ne agevolano osservazione, manipolazione e campionamento. Da oltre un secolo, A. punctulata e altri ricci marini (Paracentrotus lividus, Strongylo-centrotus purpuratus, A. spatulige-ra, Hemicentrotus pulcherrimus, Lytechinus pictus) sono modelli sperimentali in biologia, farmacolo-gia, tossicologia ed ecotossicologia. Gli ambiti di ricerca che li vedono coinvolti sono: fisiologia della ferti-lizzazione, comportamento natato-rio degli spermatozoi, chemotassi, enzimi (ovoperossidasi, si attiva durante la fecondazione, produce H2O2 che genera legami crociati fra tirosine delle proteine della mem-brana ovulare, con formazione di una robusta rete di protezione con-tro l’entrata di spermatozoi sopran-numerari), recettori di superficie e loro ligandi (speract e resact) coin-volti nell’interazione oocita-sper-matozoo, evoluzione dell’RNA nell’embriogenesi, toposomi (strut-ture essenziali per l’adesione, lo sviluppo, l’espressione e l’organiz-zazione delle cellule embrionali) e partenogenesi sperimentale. Otto

Heinrick Warburg (1883-1970) sco-prì che i tassi respiratori delle uova di riccio marino fertilizzate sono 6 volte quelli precedenti la fertilizza-zione (1908). Individuò poi, nella velocità di flusso della glicolisi ana-erobica, la differenza fondamentale tra cellule sane e cellule cancerose: in queste ultime, la glicolisi può es-sere fino a 200 volte quella delle cellule sane (“effetto Warburg”: ele-vato consumo locale di O2 provoca carenza di O2 nelle cellule tumorali, incrementando la glicolisi). Per le sue scoperte Warburg vinse il Pre-mio Nobel per la medicina, con la motivazione: “…per la scoperta del-la natura e del meccanismo d’azio-ne dell’enzima respiratorio” (1931). L’enzima/fermento respiratorio di Warburg, noto come citocromo a3, è una proteina integrale della mem-brana mitocondriale interna e con-tiene un gruppo porfirinico con ioni Fe2+/Fe3+. Pochi anni dopo le sco-perte di Warburg, G.L. Kite (1912) studiò e descrisse la cosidetta “membrana di fertilizzazione” degli oociti di A. punctulata, insieme ad un’analisi critica delle metodologie e dei risultati ottenuti dai ricercatori contemporanei. Queste ricerche so-no state decisive per l’avanzamento degli studi nel campo della fertiliz-zazione degli oociti degli echinoder-mi e propedeutiche a varie linee di ricerca. Negli stessi anni, O. Glaser

studiò gli stadi precoci dello svilup-po dell’oocita fecondato post-fertilizzazione. Gli studi su A. pun-ctulata sono stati decisivi nella com-prensione delle risposte cellulo-mediate del sistema immunitario. All’iniezione in vivo di cellule di Ar-bacia in Asterias amurensis (stella marina) segue un brusco calo del numero degli amebociti circolanti dell’ospite; le cellule di Arbacia, do-po aver aderito agli amebociti di Asterias, sono fagocitate dalle cellu-le di quest’ultima, che si aggregano all’interno della papula e poi, frantu-mate, sono riversate all’esterno. L’interazione tra gli amebociti di Asterias e quelli di Arbacia non è prevenuta né dal trattamento dell’Asterias ospite, né dal pre-trat-tamento in vitro delle cellule di Ar-bacia con N-etil-maleinimide. Al contrario, l’iniezione di cellule di Asterias in un’altra Asterias non suscita aggregazione delle cellule dell’Asterias donatrice e non è se-guita dal calo degli amebociti circo-lanti dell’Asterias ricevente. Gli em-brioni dei ricci marini sono stati de-terminanti nel chiarire i processi della fertilizzazione, della divisione cellulare, della regolazione del ciclo cellulare e dello sviluppo embriona-le: le cicline, (proteine che regolano il ciclo cellulare) sono state identifi-cate per la prima volta nei ricci mari-

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Oggi parliamo di…. Il riccio di mare Arbacia punctulata, modello animale…multiruolo

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ni; il meccanismo della gastrulazione cellulare e la formazione dei tre stra-ti germinali sono stati descritti negli embrioni di A. punctulata. Cambia-menti del Ca2+ intracitoplasmatico agiscono da meccanismi di segnala-zione intracellulare per molte rispo-ste cellulari essenziali/vitali; recettori che mediano questi cambiamenti sono stati identificati analizzando le uova di A. punctulata. Ricerche più recenti con questo riccio hanno con-tribuito a chiarire chemoattrazione e chemotassi degli spermatozoi. Infi-ne, grazie alla sua elevata sen-sibilità ai conta-minanti ambien-tali, A. punctula-ta, da sola o in batteria con sog-getti di altre spe-cie marine (alghe, crostacei, pesci), trova im-piego nella valu-tazione ecotossi-cologica e em-briologica dei sedimenti marini e dei contami-nanti acquatici. L’area dei canali e dei fiordi au-strali del sud del Cile, a causa delle sue caratteristiche geografiche, è sottoposta ad una crescente pres-sione ambientale dovuta allo svilup-po di varie forme di acquacoltura. Sostanze si accumulano nei sedi-menti e servono test ecotossicologici affidabili e robusti per effettuare ana-lisi sul loro potenziale tossicologico. Per fissare una linea base di tossici-tà di medio livello, è stata allestita una batteria di test ecotossicologici. Ventotto campioni di sedimenti mari-ni sono stati raccolti nei canali e nei fiordi studiati durante la crociera CI-MAR-Fiordos 11 (2005). La tossicità dei sedimenti è stata valutata usan-do, come modelli animali, specie endemiche del Pacifico sud-orien-tale: Ampelisca araucana (crosta-ceo), Tisbe longicornis (copepode), A. spatuligera (riccio marino) e Du-naliella tertiolecta (alga verde). Solo le Dunaliella esposte ai sedimenti hanno riportato alterazioni significati-ve della crescita, interpretabili come effetti tossici causati dall’arricchi-

mento nutritivo dell’acqua marina. Concludendo, sebbene si siano veri-ficati cambiamenti locali nei sedi-menti, l’entità della mesoscala delle alterazioni ecotossicologiche è risul-tata bassa, ma tale, tuttavia, da sug-gerire la programmazione di un pia-no di sorveglianza che assicuri il monitoraggio dei cambiamenti che si verificano negli habitat degli ecosi-stemi biologici oceanici, in scale più ampie di tempo e spazio. Numerosi prodotti chimici, naturali e di sintesi, possono interferire con il sistema endocrino e produrre effetti patologi-

ci negli animali di laboratorio, in na-tura e nell’uomo. Definiti interferenti endocrini ambientali (IEA, endocrine disruptors), si trovano in molti pro-dotti di uso quotidiano (bottiglie e contenitori di plastica, film protettivi di cibi inscatolati, detergenti, sostan-ze ignifughe, cibi, giocattoli, cosmeti-ci, pesticidi). L’informazione scientifi-ca sui loro effetti potenzialmente dannosi sulla salute umana è limita-ta; tuttavia si registra un crescente allarme riguardo la loro presenza nell’ambiente, essendo dimostrato che, pur a concentrazioni estrema-mente basse, queste sostanze pro-ducono effetti avversi nelle specie selvatiche e negli animali di labora-torio. I danni che provocano alla sa-lute umana sono difficili da studiare, perchè la popolazione è di solito esposta simultaneamente a moltepli-ci IEA, che possono mimare le fun-zioni del sistema endocrino, accen-dendo, spegnendo, modificando se-gnali ormonali, interferendo con le normali funzioni di tessuti e organi.

Gli effetti avversi di molti IEA sono stati messi in relazione con altera-zioni dello sviluppo, dell’attività ripro-duttiva, dei sistemi nervoso ed im-munitario, sia delle specie in libertà, che in animali da esperimento. Que-ste sostanze possono indurre effetti simili anche sulla salute umana, ri-ducendo la fertilità e aumentando incidenza e/o progressione di alcune patologie, quali obesità, diabete, endometriosi, ed alcune neoplasie. Veicoli degli IEA possono essere il cibo, le bevande, i farmaci, i pesticidi ed i cosmetici. DDT, diossine e bife-

nili policlorurati sono mole-cole molto resistenti: si degradano lentamente nell’ambiente, accumulan-dosi negli ecosistemi e negli organismi con cui vengono in contatto. Gli IEA appartengono a varie classi chimiche dotate di attività ormonali, ed espli-cano i loro effetti, diretti e indiretti, grazie a processi mediati da interazioni re-cettoriali, mimando gli or-moni endogeni e/o iniben-done le normali attività ormonali e metaboliche. Ancora all’inizio degli anni 2000, le conoscenze sugli effetti degli IEA su fisiolo-

gia, riproduzione e sviluppo degli echinodermi scarseggiavano. Una decina di anni fa è stata fatta una ricerca usando embrioni di Stron-gylocentrotus purpuratus e Lytechi-nus anamesus, esposti a due IEA noti, derivati dal fenolo: 4-ottilfenolo (OCT) e bisfenolo A (BPA), a cinque ormoni steroidei, naturali e sintetici, della sfera riproduttiva: 17 -estradiolo (E2), estrone (E1, estroge-no), estriolo (E3, estrogeno), proge-sterone (P4) e 17 -etinilestradiolo (EE2) e a due IEA non estrogenici: tributiltin (TBT, N-etil-maleinimide, biocida molto tossico usato per pre-venire la crescita di organismi marini sulla parte sommersa degli scafi delle navi e o,p-DDD (mitotane, anti-tumorale). Plutei larvali, allo stadio di 96 ore dopo la fertilizzazione, erano i test system usati per definire i rap-porti concentrazione-effetto dei pro-dotti in esame sullo sviluppo embrio-nale. Il rank order delle loro potenze nell’alterare il normale sviluppo em-

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brionale è stato: TBT Lythe-chinus anamesus > OCT > TBT Strongylocentrotus pur-puratus >> E2 > EE2 > DDD >> BPA > P4 > E1 >> E3. L’effetto di TBT è risultato marcato a concentrazioni no-tevolmente più basse di quel-le rilevate in aree contamina-te. Gli embrioni di questi due ricci marini sono stati, gene-ralmente, più sensibili agli IEA estrogenici e al TBT di molte altre larve di invertebrati. Per individuare la specificità della fase di esposizio-ne (periodo dello sviluppo più sensi-bile), sono state studiate: blastula, gastrula e stadi post-gastrula. Lo stadio più sensibile a E2, OCT e TBT è quello di blastula, con minor sensi-bilità complessiva nello stadio di ga-strula, indipendentemente dalle con-centrazioni testate. Modulatori selet-tivi dei recettori estrogenici sono stati aggiunti singolarmente, o in combinazioni con IEA estrogenici, in modo che potessero interferire con potenziali azioni recettore-mediate. Tamoxifene (TAM), agonista parzia-le del recettore dell’estradiolo, ha inibito lo sviluppo a concentrazioni molto basse (0.02 ng/mL) ed ha ri-

dotto la sensibilità degli embrioni all’estradiolo e agli IEA estrogenici. ICI 182,780, antagonista estrogenico caratterizzato da alta affinità per il recettore degli estrogeni, ha inibito lo sviluppo embrionale a concentrazio-ni bassissime (0.03 ng/mL), ma ha aumentato la sensibilità dell’em-brione all’estradiolo ed agli IEA e-strogenici. Estradiolo e IEA estroge-nici inducono tossicità dello sviluppo dei ricci marini attraverso un mecca-nismo sensibile al TAM, ma insensi-bile all’ICI 182,780. Non è stato an-cora chiarito se questo meccanismo coinvolge un recettore nucleare e-strogeno-responsivo, un recettore di membrana funzionalmente collega-to, o non, al recettore nucleare, o un meccanismo di tossicità del tutto

diverso. Tuttavia, la precoce sensibi-lità dell’embrione e la risposta diffe-renziale alla co-incubazione con i modulatori selettivi del recettore e-strogenico sembrano deporre a fa-vore del fatto che più di un meccani-smo di azione sia coinvolto nello sviluppo embrionale dei ricci marini.

Domenico Barone

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Ricordo che nei primi anni ’70, mentre ero ad Ematologia alla Sapienza, partecipai ad uno fra i primi progetti europei di ricerca clinica sulle leucemie acute: ero uno dei pochi a parlare inglese, per cui andai diverse volte nei centri par-tecipanti (Londra, Parigi, Edimburgo,…). Ebbene, trovai sempre in bella mostra la P101, un gioiello dell’elettronica Olivetti, usata per i calcoli statistici: era motivo di orgoglio trovare un prodotto italiano in tutta Europa! Ecco la storia di un successo, purtroppo rimasto figlio unico. DC

Il libro di oggi

Che cosa ha permesso ad un manipolo di ingegne-ri italiani di arrivare, 50 anni fa, al lancio sul merca-to internazionale del primo pc della storia? "La li-bertà di fare, di sperimentare, di esprimere quello che avevamo nel cervello. Un ambiente intellettual-mente vivace e di scambio di conoscenze. E il sen-tirsi pienamente coinvolti. L'oppressione non può portare innovazione". Vi risponderà così l'ingegnere capo Pier Giorgio Perotto che nei primi anni sessanta lavorò con il suo gruppo alla realizzazione della Programma 101: quell'elaboratore elettronico da tavolo che ha segnato la strada di tutta la piccola informatica, e che avrebbe dominato il mercato negli anni se-guenti. Siamo tra il '61 e il '65, e i giovani ingegneri occupano i giorni (e le notti) per capire come realizzare l'intuizione di Roberto Olivetti e di Pier Giorgio Perotto. Biso-gna trasformare una macchina da calcolo meccanica nella sua equivalente elettronica, al minor costo possibile. I due pensano a una macchina programmabile, basata su una nuova versione della memoria magnetostrittiva. Inven-tano un linguaggio informatico semplice con 15 istruzioni e la cartolina magnetica - precorritrice dei floppy disk - su cui scrivere e da cui scaricare le applicazioni. E vincono la sfida. La P101, chiamata da tutti la Perottina, fa la sua entrata in scena nell'ottobre del 1965 al BEMA (Business Equi-pment Manufacturers Association) show di New York: viene esposta inizialmente in un luogo defilato, ma le lunghe

file per provarla convincono gli organizzatori a spostarla tra le attrazioni di punta. Il successo di mercato è immediato: tra i primi acquirenti vi è niente meno che la NASA ed in pochi anni vengono vendute in tutto il mondo circa 44 mila P101 al prezzo di 3.200 dollari l'una. "Fu una vera e propria rivoluzione. Ha fatto vedere al mondo ciò che era possibile, quando il mondo non ne aveva la minima idea. E il futuro, per noi giovani ingegneri, non pote-va che essere sempre migliore”. La storia del laboratorio dove nacque la P101, e le vicende che la resero possibile, sono raccontate in stile incisivo e affa-scinante proprio dal suo inventore, l’ing Pier Giorgio Perotto: un libro che lascia un sapore amaro. Perché l’Olivetti negli anni ’60 aveva realizzato e messo in commercio il primo PC della storia, ma poi non è stata capace – fra opposizioni inter-ne ed anche incapacità manageriali, messe in luce dalla pre-matura scomparsa di Adriano Olivetti - di creare valore sulle potenzialità di questo successo.

Domenico Criscuolo

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Discussioni delle tesi della 2ª edizione del Master in “Farmacoepidemiologia, Farmacovigilanza e

Attività Regolatorie”. Anno accademico 2014/2015

Lunedì 30 novembre 2015, nell’aula Donatelli del Complesso di Sant’Andrea delle Dame presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, si è conclusa la seconda edizione del Master in “Farmacoepidemiologia, Farmacovigilanza e Attività Regolatorie”. Il Master è progettato per fornire competenze teoriche-pratiche in grado di formare professionisti nel campo della farmacologia e della ricerca clinica, della farmacovigilanza, delle attività regolatorie e dell'informazione/comunicazione sulla sicurezza dei farmaci. Il percorso formativo della durata di un anno è stato suddiviso in due fasi, la prima di sei mesi, ripartita in 5 moduli con frequenza settimanale, per un totale di 200 ore di didattica frontale tenute da docenti altamente qualificati, provenienti da istituzioni pubbliche e private (centri universitari, centri regionali di farmacovigilanza, Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, AIFA, Farmindustria) e da diverse realtà aziendali (industrie farmaceutiche nazionali e multinazionali e Contract Research Organizations “CRO”); la seconda, di 800 ore da svolgersi sotto forma di stage presso aziende farmaceutiche o enti che hanno collaborato con la Seconda Università degli Studi di Napoli alla realizzazione di questa iniziativa. Ricerca e sviluppo dei farmaci, farmacologia clinica, farmacovigilanza, farmaco-epidemiologia ed aspetti regolatori dei farmaci hanno rappresentato le principali tematiche delle lezioni. questo l’identikit del Master che ha visto la partecipazione di un gruppo di laureati fortemente motivati, pronti a sperimentare le conoscenze acquisite attraverso progetti ad hoc da realizzare presso aziende e enti. Il Centro di Farmacovigilanza della regione Campania, l’azienda ospedaliera A. Cardarelli, l’ISS, l’agenzia regionale sanitaria - A.R.SAN, Amgen, Novartis, Servier si sono resi, infatti, disponibili ad accogliere gli studenti per un’esperienza formativa, e mettendo a loro disposizione un sostegno economico. La giornata conclusiva ha visto "salire in cattedra" ogni partecipante, per una esaustiva presentazione del lavoro di tesi elaborato durante l'esperienza di stage. Sedici sono gli studenti che hanno partecipato alla seconda edizione del Master, di età e profili differenti: ecco i loro nomi in ordine alfabetico. Federica Annunziata, Ida Vittoria Cimmino, Loreta Pia Ciuffreda, Pasquale D'Antonio, Preziosa Diana, Raffaele Golia, Ivana Imperatore, Carolina Laudisio, Maria Celeste Mangone, Tiziana Chiara Napolitano, Alessandro Russo, Alessandro Tammaro, Luigi Tortora, Assunta Varriale, Nicola Ventimiglia. Alla Commissione valutatrice sono stati presentati progetti di buon valore scientifico, tutti con un unico comune denominatore: attualizzare quanto acquisito nel percorso formativo del Master. Ritornando alla presentazione delle tesi, cui è stato dato ampio risalto con una vivace discussione, è opportuno sottolineare la indubbia attualità della tematiche, tra cui la sicurezza dei farmaci biologici e biosimilari, la sicurezza dei farmaci in età pediatrica, l’importanza del ruolo dei centri regionali di Farmacovigilanza e Farmaco-epidemiologia, le reazioni avverse da antibiotici, da vaccini e, non meno importanti, quelle da prodotti di origine naturale. Di analogo interesse l’evoluzione della Farmacovigilanza in Europa, le differenze di genere nelle sperimentazioni cliniche e l’evoluzione normativa dei Comitati Etici. Il Risk Management Plan, il foglio illustrativo e il Readability test sono stati invece gli argomenti maggiormente trattati da coloro che hanno effettuato il loro stage in azienda. I lavori presentati hanno documentato una buona capacità da parte dei candidati di lavorare in un team di esperti, di raccogliere ed analizzare dati. La valutazione degli elaborati è stata espressa con l’idoneità da parte della commissione esaminatrice, tenendo conto dell’originalità, dell’ appropriatezza, della chiarezza e della completezza della tematiche approfondite. La Commissione esaminatrice ha mostrato grande interesse ed entusiasmo per i risultati ottenuti, complimentandosi con gli studenti per la serietà e la professionalità dimostrata durante il corso, nell'esperienza di stage e nella stesura dei progetti finali. Durante la proclamazione, il Direttore del Master, Prof. Francesco Rossi, ha concluso augurando il suo "in bocca al lupo" a tutti gli studenti, con i migliori auspici di una carriera e di un futuro ricco di soddisfazioni.

Loreta Pia Ciuffreda

NOTIZIE DAI MASTER

Loreta Pia Ciuffreda consegue, presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, la laurea in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche con una tesi in Farmacologia. Nel 2010 frequenta come specializzanda in Farmacologia medica il laboratorio del prof. L. Berrino. Dal 2011 al 2013 ottiene un assegno di ricerca con un progetto in ambito oncologico. Nel 2014 diventa specialista in Farmacologia medica e nel 2015 consegue il master in Farma-covigilanza, Farmacoepidemiologia e Attività regolatorie presso la Seconda Università degli studi di Napoli. Attualmente continua a svolgere attività di ricerca nel laboratorio del prof. L. Berrino.

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Medicine senza rischi Tutto quello che devi sapere prima di assumere un farmaco per non rischiare la salute e vivere più a lungo. Quando, mentre ci scambiavamo gli auguri (era la vigilia di Natale), Domenico Criscuolo mi ha proposto di scrivere la recensione del mio libro ho accettato con entusiasmo perché il libro è stato scritto con l’obiettivo di contribuire ad evitare al maggior numero possibile di persone i danni derivanti da un uso non corretto dei medicinali. L’obiettivo che mi sono proposto sarà però raggiunto in una misura che è direttamente proporzionale al numero di persone che lo leggeranno e quindi il poter scrivere una recensione che sarà letta da colleghi che per lavoro si occu-pano di farmaci costituisce per me un’ottima opportunità. Per più di trenta anni mi sono occupato per ragioni di lavoro di farmaci e quindi sono ben consapevole che i medici-nali sono un’arma formidabile per la cura e la prevenzione di molte malattie, hanno contribuito a prolungare la dura-ta media della vita e hanno risparmiato a centinaia di milioni di persone tanti dolori e sofferenze che senza i medici-nali sarebbero stati inevitabili. “Medicine senza rischi”, pur evidenziando i tanti possibili gravi danni provocati dai farmaci, non è un testo contro i medicinali ma contro l’uso inappropriato dei medicinali che espone a inutili rischi che potrebbero essere facilmente evitati. Come voi già sapete, tutti i medicinali, nessuno escluso, possano provocare reazioni dannose che sono tanto comu-ni da essere addirittura una delle principali cause di morte in molti paesi. Il rischio di tali reazioni è però molto sotto-valutato perché le informazioni che raggiungono il pubblico (e gli operatori sanitari) sono più spesso finalizzate a evidenziare i benefici dei farmaci che a mettere in guardia dai rischi connessi al loro uso. Viceversa sarebbe della più grande utilità che non solo i medici ma anche tutti i cittadini fossero informati su come fare un uso corretto dei medicinali perché in questo modo moltissime reazioni avverse anche gravi potrebbero essere prevenute. Con questo libro ho cercato di contribuire a questa informazione fornendo tutte le informazioni e i consigli che pos-sono essere utili per fare un uso consapevole e appropriato dei farmaci in modo da poterne trarre i massimi benefici riducendo al minimo i rischi per la salute. I genitori, ad esempio, avranno modo di ricordare quali sono le cause più frequenti di reazioni avverse nei bambini e come molte possano essere evitate. Chi ha dei nonni, o dei genitori anziani, potrà verificare se, come troppo spesso accade, stanno assumendo medici-nali potenzialmente pericolosi per loro, che comportano un concreto rischio di reazioni avverse gravi, e fare in modo che il medico curante ne sia informato in modo che possa correggere a terapia. In conclusione, sono profondamente e sinceramente convinto (mi rendo conto che si tratta di una opinione di parte) che questo libro sia il miglior regalo possibile che possiate fare a voi stessi e alle persone alle quali volete bene. Una recensione dovrebbe comprendere anche un esame e una valutazio-ne critici ma nemo iudex in re sua per cui sono certo che mi perdonerete che questa presentazione ne sia priva. Il libro è certamente migliorabile per cui sarò molto grato ai colleghi che avranno la curiosità di leggerlo e che mi faranno pervenire segnalazioni di eventuali errori, osservazioni, critiche e suggerimenti utili per raggiungere meglio lo scopo per cui è stato scritto.

Walter Bianchi Medicine senza rischi Tutto quello che devi sapere prima di assumere un farmaco per non rischiare la salute e vivere più a lungo

Antonio Vallardi editore Milano - € 14,90 ; disponibile anche come ebook € 9,99

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Convegno Biogem “Le Due Culture – La Bellezza”

Si è svolto dal 2 al 6 settembre 2015 presso Biogem - Istituto di Ricerche Genetiche“ Gaetano Salvato-re” (Ariano Irpino, AV) - la VII Edizio-ne dell’ormai tradizionale convegno denominato “Le Due Culture”, nell’ambito del quale conoscenza umanistica e sapere scientifico si sono confrontati con autorevolezza nell’intento esplicito di evidenziare quanto queste due fondamentali componenti del nostro progredire civile non siano in alcun modo anta-goniste, ma anzi si integrino e si po-tenzino vicendevolmente. L’espres-sione “Le due Culture” fu coniata per la prima volta da Charles Percy Snow in una sua conferenza nel 1959 presso l’Università di Cambri-dge. Questa dicotomia aveva allora un carattere più assoluto di quanto non abbia oggi poiché lo scopo che entrambe perseguono, ognuna con le proprie specifiche strategie, è co-munque l’interpretazione della realtà. La manifestazione, aperta dal Presi-dente di Biogem, prof. Ortensio Zec-chino, ha visto, nella costante alter-nanza tra queste due impostazioni, la trattazione, sull’arco dei cinque giorni in cui essa si articolava, di temi quali: La bellezza moderna (Stefano Zecchi, Università degli Studi di Milano); La bellezza dello spirito - Il caso della Rosa Bianca

(Lorenzo Tibaldo, storico e saggi-sta); Bellezza dell'universo o armoni-a del caso? (tavola rotonda coordi-nata da Antonio Ereditato, Direttore del Laboratory for High Energy Physics e dell'Albert Einstein Centre for Fundamental Physics, Università di Berna, ed Eduardo Savarese, ma-gistrato e scrittore); La bellezza dell'ignoto: è utile sapere quello che c'è da sapere del nostro DNA? (Giuseppe Remuzzi, Istituto di Ricer-che Farmacologiche Mario Negri); La bellezza del pensiero scientifico arcaico; dal taoismo all'energetica dei sistemi (Fabrizio Jacoangeli, Uni-versità degli Studi di Tor Vergata); Pace e bellezza (dibattito a due voci tra Cosimo Risi, Ambasciatore d'Ita-lia a Berna, e Yahya Sergio Yahe Pallavicini, Vicepresidente e Imam della Comunità Religiosa Islamica Italiana); La bellezza nell’estetica de “I maestri cantori di Norimberga” di Wagner (Paolo Isotta, Storico della musica); Il senso del bello nella cul-tura metafisica tra Oriente e Occi-dente: Armonia dell’equilibrio nella cultura tradizionale cinese (Paolo Vincenzo Genovese, Tianjin Univer-sity); Mente e bellezza (Ugo Morelli, Università degli Studi di Bergamo); La Bellezza nel suono: armonia, sentimento, virtù (Francesco Libetta, compositore); Il bello, l’interessante,

lo “spetta-coloso”. Peri-

pezie dell’estetica, da De Sanctis a Croce (Emma Giammattei, Universi-tà degli Studi Suor Orsola Beninca-sa); e La bellezza del creato (Antonino Zichichi, Università degli Studi di Bologna). Degni di nota, inoltre, alcuni momen-ti che hanno allietato la manifesta-zione, rispettivamente il concerto del Duo Chaminade (Caterina D’Amore, flauto, e Antonella De Vinco, piano-forte), il concerto del Coro della Cat-tedrale di Ariano Irpino (Ornella De Paola, direttore del coro, e France-sco Maria De Paola, pianoforte), il concerto del maestro Francesco Libetta ed alcune letture da Giovanni Berchet, Paul Gauthier, Paul Marie Verlaine, Paul Éluard, Umberto Sa-ba e Giuseppe Ungaretti (scelte da Paola Villani e recitate Gabriele Fer-rara). Durante il Convegno che ha visto la presenza di circa 80 parteci-panti si è tenuta inoltre la consegna del premio letterario “Maria Antonia Gervasio” alla migliore opera di di-vulgazione scientifica del biennio 2014/2015. Ne è risultato vincitore Vladimiro Bottone con Vicarìa. Infi-ne, il Presidente di Biogem ha chiu-so l’incontro rilevando l’interesse suscitato dalle tematiche trattate e quindi l’attualità di questa serie di incontri e dando ai presenti appunta-mento alla edizione del prossimo anno.

Sergio Caroli

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il prof. Ortensio Zecchino e, seduto, il prof. Antonino Zichichi

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Mercoledì 30 settembre 2015 si so-no svolte le Sapientiadi, una manife-stazione che la Sapienza, su iniziati-va del centro per la medicina e il

management dello sport (MeMaS), ha dedicato alla diffusione della cul-tura nello sport e per lo sport. Lo sport non solo sviluppa la socializza-zione e il benessere fisico e psichi-co, ma è anche un potente mezzo per prevenire un gran numero di patologie e contribuire alla loro cura. Lo sport, però, può essere anche un importante veicolo per la cultura; per questo, la Sapienza ha voluto ripren-dere l'iniziativa delle Sapientiadi svolte una decina di anni fa, in una nuova veste, culturale e sportiva. La precedente edizione era nata per iniziativa di Isabella Moro Raineri e Ruggero Alcanterini, che hanno dato il loro importante apporto per far ri-nascere questa iniziativa. Al mattino, nell'auditorium della Prima Clinica Medica, il Magnifico Rettore prof. Eugenio Gaudio ha inaugurato l'e-vento con un intervento molto ap-prezzato, dimostrando il grande inte-resse dell'Ateneo per questa temati-ca. È intervenuta anche la dr.ssa Ruth Dureghello, nuovo Presidente della comunità ebraica di Roma, a dimostrazione dell’importanza della manifestazione. La mattinata è pro-seguita con letture di ampio interes-se: il prof. Enrico Magliano ha illu-strato "Lo sport nell'arte figurativa", mostrando e commentando splendi-

de opere pittoriche; la dr.ssa Angela Teja ha presentato "Lo sport nella Grande Guerra" con immagini di notevole interesse culturale; il prof.

Roberto Verna ha presentato "Lo sport per il contenimento della spesa sanitaria", un argomento molto senti-to in questo periodo, dimostrando come aumentando l'impegno fisico si possano risparmiare malattie, vite e denaro. La giornata si è poi spo-stata sui campi del CUS Roma a Tor di Quinto per un pomeriggio fantasti-co, al quale hanno partecipato per-sonaggi di valore assoluto: Nino Benvenuti, medaglia d'oro alle Olim-piadi di Roma e membro del comita-to d'onore del MeMaS; Michele Maf-fei, più volte campione olimpico e del mondo di scherma; Felice Pulici, portiere della Lazio dello scudetto 1974; Pino Wilson, capitano di quel-la squadra; Stefano Pantano, tre volte campione del mondo di scher-ma e membro del comitato d'onore del MeMaS; Gianni Di Veroli, calcia-tore della Lazio degli anni ‘60; il pro-fessor Fabrizio Santangelo, capo del gruppo sportivo ‘Fiamme Rosse’ dei Vigili del Fuoco, anche in rappresen-tanza del capo del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ing. Gioacchino Giomi; e il generale Maurizio Stefa-nizzi, comandante del 5° reparto del comando generale dei Carabinieri, anche in rappresentanza del coman-dante generale dell’arma Tullio del Sette. La presenza di personaggi

dello sport è stata impreziosita dalla presenza di Patrizia Nostini, figlia di Renzo, quello che è stato uno dei più grandi atleti italiani, con numero-se medaglie vinte ai campionati del mondo e olimpiadi nella scherma, presidente della polisportiva Lazio per anni; insomma un mito dello sport. La signora Nostini ha voluto essere presente perché il 30 settem-bre ricorrevano dieci anni dalla scomparsa del grande Renzo e lo ha voluto ricordare così, onorando an-che la manifestazione. Le esibizioni sportive hanno visto una partita di pallavolo tra due squadre miste (ragazzi e ragazze) della Lazio palla-volo e del CUS Roma, poi una esibi-zione di scherma con il sapiente commento di Michele Maffei, un'esi-bizione di stuntmen che hanno ese-guito lanci da una ventina di metri con acrobazie, coordinati dallo stunt-man internazionale Claudio Pacifico, ed infine una partita di calcio Lazio - Roma, coordinata dal dr. Ernesto Alicicco, per anni medico della Lazio e della Roma, e da Massimo Pisced-da, ex giocatore della Lazio ed ora allenatore della Nazionale under 20. In panchina anche il dr. Bernardino Petrucci, per anni medico della Lazio e il dr. Stefano Pantano, già campio-ne del mondo di scherma e noto giornalista sportivo. La partita, per la cronaca, è terminata in pareggio. Tutti gli intervenuti sono stati premia-ti con una pergamena ricordo, firma-ta dal direttore del MeMaS, dal Ret-tore e dal Presidente del CUS Ro-ma. La soddisfazione di tutti gli inter-venuti è stata grande, testimoniata dalla richiesta di ripetere l'evento nei prossimi anni, per farlo diventare un appuntamento fisso.

Roberto Verna

Professore ordinario di Patologia Clinica e direttore del centro di ricerca per la medicina e il management dello sport dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza. E' Presidente eletto della World Association of Societies of Pathology and Laboratory Medicine (WASPaLM), della quale è stato membro del consiglio direttivo e direttore dell’area Europa, Medio Oriente, Nord Africa dal 2007 e rappre-senta la WASPaLM presso OMS. Medico chirurgo, specialista in endocrinologia; scienza dell'alimentazione; patologia generale, si occu-pa degli aspetti fisiopatologici delle attività sportive. E’ autore di oltre 150 pubblicazioni su riviste internazionali e di 12 libri. Ha tenuto più di 30 letture ai principali congressi.

Sapientiadi 2015 Sport e prevenzione sanitaria

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Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica AIFA ha pubblicato il 14° rapporto nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei medicinali in Italia. L’edizione 2015 contiene i dati relativi a tutto il 2014, anno in cui è stato pubblicato il Regolamento 536/2014 sulla Sperimentazione Clinica in Europa ed in cui è stato attivato il nuovo Osservatorio sulla Sperimentazione Clinica. La pubblicazione del Regolamento – sottolinea AIFA - ha ulteriormente amplificato il dibattito sul sistema della ricerca in Italia e sull’attrattività dell’Italia quale area geografica su cui investire in ricerca clinica. I dati del 2014 sono quindi il punto di partenza su cui ragionare per valutare fin da ora come lavorare affinché non si perda questa occasione unica di a-deguamento del sistema alle esigenze attuale e, soprattutto dell’immediato futuro. Guardando ai numeri, se i dati relativi al 2013 avevano dimostrato una generale tenuta dell’Italia nel settore delle sperimentazioni cliniche rispetto al resto d’Europa, i dati del 2014 mostrano addirittura una lieve tendenza all’aumento, con una ripresa generale an-che sul totale delle sperimentazioni cliniche rispetto al resto d’Europa, sebbene le oscillazioni siano ridotte e neces-sitino di conferma negli anni successivi per trarre conclusioni più definitive. Anche nel 2014 la maggior parte delle sperimentazioni è stata effettuata su pazienti (nel 96,3% dei casi), dato che supporta fortemente il ruolo delle speri-mentazioni cliniche quali importante speranza di cura per i pazienti italiani. Continua la tendenza all’aumento delle sperimentazioni di fase I e II viste complessivamente, e il dato relativo alle sperimentazioni di fase III è costante, mentre sono in lieve calo le sperimentazioni di fase IV. La somma delle sperimentazioni di fase I e II supera però il dato totale delle sperimentazioni di fase III (46.8% e 43.6 rispettivamente per le sperimentazioni autorizzate): questo dato potrebbe confermare ulteriormente la tendenza di uno spostamento verso sperimentazioni cliniche per farmaci in via di sviluppo e potenzialmente innovativi. Questo dato è anche riflesso dall’alto numero di sperimentazioni non controllate (35.8%), approccio tipico degli studi esploratori di fase I e II. Si è poi registrato un aumento delle speri-mentazioni no profit (più 5% rispetto al 2013). Sono aumentate anche le sperimentazioni monocentriche; va però considerato come di queste il 4% sia internazionale. Un terzo circa delle sperimentazioni è su farmaci biologici/biotecnologici ed il dato delle sperimentazioni con ATIMP (Advanced Therapies) passa dall’1% al 2%. La maggior parte delle sperimentazioni riguarda le neoplasie che da sole assorbono il 38,9% degli studi. Spazio anche alle ma-lattie rare: delle 592 sperimentazioni autorizzate nel 2014 ben 139 (23,5%) riguardano patologie rare.

(il rapporto è liberamente disponibile sul sito AIFA)

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FARMACI APPROVATI DA FDA NEL 2014 Il Centro per la valutazione dei farmaci e della ricerca (CDER) di FDA ha approvato 41 nuove terapie nel 2014, tra cui 11 medicinali biologici. Le approvazioni sono aumentate di oltre il 50% rispetto ai 27 farmaci che avevano ricevu-to una licenza nel 2013 e fino al 30% rispetto alla media degli ultimi 5 anni, che era stata pari a 31,6 farmaci all'an-no. Sono questi i punti salienti dell’attività di immissione in commercio di nuovi medicinali da parte della FDA, secon-do un’analisi di Asher Mullard pubblicata su Nature Reviews Drug Discovery. Secondo Chris Milne, direttore di ricer-ca presso il Tufts Center for the Study of Drug Development di Boston, Massachusetts, si è trattato di un anno fra i più produttivi, in termini quantitativi, della storia di FDA (superato solo dal 1996). “In termini di innovazione tuttavia” segnala Milne “assegnerei al 2014 un punteggio di 2 su 3. Nella lista dei farmaci approvati infatti sono presenti molti casi di agenti che operano sugli stessi obiettivi e nelle stesse indicazioni”. “FDA ha approvato quattro nuovi farmaci per il diabete di tipo 2, per esempio, ma dapagliflozin e empagliflozin erano rispettivamente il secondo e terzo inibi-tore del cotrasportatore di sodio-glucosio 2 (SGLT2),mentre albiglutide e dulaglutide erano rispettivamente il quarto e quinto agonista del recettore GLP-1”. Dal punto di vista commerciale, il 2014 potrebbe, secondo l’analisi di Nature, risultare meno performante anche del 2013, in cui era stato approvato un numero contenuto di nuove molecole. Se-condo la società di consulenza BCG, che prende in considerazione le approvazioni del CBER e le NDA, le 53 ap-provazioni degne di nota del 2014 genereranno 48 miliardi di euro di vendite aggregate, mentre si prevede che le 36 approvazioni del 2013 tocchino i 53 miliardi dollari. 12 (29%) delle nuove approvazioni del CDER sono destinate a diventare dei “blockbuster” entro 5 anni ma solo 3 (7%) di queste riusciranno a rompere la barriera dei 2 miliardi di dollari. Proseguendo nel parallelo con il 2013, quel gruppo di farmaci approvati ne includeva 13 (48%) destinati a diventare blockbuster entro 5 anni, 6 dei quali (22%) si pensava riuscissero a guadagnare oltre 2 miliardi di dollari in vendite annuali. Secondo Mullard i potenziali farmaci di maggior successo approvati nel 2014 costituiscono anche le approvazioni più rilevanti dal punto di vista scientifico. Tra queste pembrolizumab e nivolumab sono le prime immu-noterapie per il cancro che inibiscono le proteine a morte cellulare programmata1 (PD1) e gli oncologi sperano che abbinando questa classe di farmaci ad altre immunoterapie, inibitori della chinasi e chemioterapie, sia possibile cambiare lo scenario della lotta al cancro. La combinazione a dose fissa di ledipasvir e sofosbuvir, nel frattempo, è divenuta la prima terapia orale per il virus dell'epatite C (HCV) genotipo 1. Il prossimo anno, prosegue Mullard, po-trebbe far registrare progressi in fase avanzata su più fronti, tra cui gli inibitori del trasferimento delle proteine degli esteri del colesterolo (CETP), gli inibitori dell’enzima PCSK9 e i virus oncolitici. FDA ha approvato nove (22%) far-maci oncologici lo scorso anno rispetto ai 9 (33%) del 2013 e ai 13 (33%) del 2012. 9 (22%) sono stati i farmaci ap-provati per le malattie infettive, in netto rialzo rispetto ai 3 (11%) del 2013. Oltre ai nuovi farmaci anti HCV e HIV, si aggiungono quattro antibiotici che sono stati approvati con un programma specifico (Qualified Infectious Disease Product – QIPD). Nell’analisi di Mullard un cenno particolare lo meritano i farmaci “orfani”. L’anno appena trascorso, infatti, è stato il migliore fino ad oggi per i trattamenti contro le malattie rare, con 17 (41%) farmaci che hanno ricevu-to la designazione a “orfani”. Basti pensare che FDA aveva approvato 9 (33%) nuove entità molecolari orfane nel 2013, 13 (33%) nel 2012 e 11 (37%) nel 2011. Ogni singola approvazione oncologica nel 2014, ad esempio, ha ri-guardato un farmaco cosiddetto orfano. FDA ha approvato anche 9 farmaci (22%) nel 2014 che avevano ricevuto la designazione di terapia prioritaria (breakthrough).

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Study 329 BMJ 2015;351:h4973 BMJ released the first “RIAT” reanalysis of a previously published randomised trial (doi:10.1136/bmj.h4320). Avid readers will remember that RIAT stands for “restoring invisible and abandoned trials.” As described by its originators in 2013 (doi:10.1136/bmj.f2865), it provides a mechanism for researchers unaffiliated with the original trial to publish unpublished (or to republish misreported) clinical trials when sponsors and original investigators fail to do so. Last year in BMJ Open Tom Treasure and colleagues reported a trial whose data had remained unpublished for 20 years (doi:10.1136/bmjopen-2013-004385). In a narrative article in The BMJ the restorative authors said that the data cast doubt on the now common practice of carcinoembryonic antigen testing and metastasectomy in people with colorec-tal cancer (doi:10.1136/bmj.g2085). We expect many other trials to fall within RIAT’s purview. However, when RIAT was first conceptualised, I and others had one specific trial in mind. Study 329 was a placebo controlled randomised trial of paroxetine and imipramine in adolescents with major depression. As originally reported in 2001, it concluded that paroxetine was “generally well tolerated and effective.” Paroxetine has never been approved for use in children, but as Peter Doshi reports this week (doi:10.1136/bmj.h4629), millions of off-label prescriptions later Study 329 has become infamous. Funded by the manufacturer of paroxetine, SmithKline Beecham, now GSK, it was quickly dubbed by the US Food and Drug Administration a “failed trial,” as neither treatment was found to be better than placebo. We learnt that the paper was drafted not by any of the 22 listed authors but by a writer paid by the manu-facturer. But most alarmingly, reports emerged of serious adverse effects of paroxetine in adolescents, including self harm and suicidal ideation. In 2012 the US Department of Justice, investigating a failure to report safety data and other misconduct by GSK, settled criminal and civil proceedings with a record $3bn fine. Efforts to get the authors, the journal that published the trial , the professional society that publishes the journal, and the authors’ institutions to act or even respond to criticism have failed. Given this history, there was little doubt that the study needed restora-tion. That the original authors chose not to do this came as little surprise. The restorative authors set to work ac-cessing and analysing the clinical study report and patient level data. From this immense task they concluded that there is no advantage of paroxetine or imipramine over placebo. They also uncovered “serious, severe, and suicide related adverse events” that had been overlooked or hidden. The RIAT re-analysis marks a new chapter in the story of Study 329, showing the remarkable power of open data. But it also shows how much our current systems are fail-ing patients and the public. It should not have taken 14 years to get to this point. It shows that we need regulation, and perhaps legislation, to ensure that the results of all clinical trials are made publicly available .

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One promise fulfilled, much still to be done The British Medical Journal Last year, 2015, was the deadline for some pretty big promises. When these were made it must have seemed a long way off. In an article in the Lancet in 2004 I and others set 2015 as the date when there would be, we hoped, “health information for all” (Lancet 2004;364:295-300). More prominently, 2015 was the deadline for the United Na-tions’ millennium development goals. Now, with much achieved but of course still more to do, we are into the post-2015 development agenda. But one important promise for 2015 has been fulfilled. The European Medicines Agency said that it would make publicly available the raw data from clinical trials of all newly approved drugs. And despite legal action from the drug industry the agency has pushed ahead, and the new policy is in place. It will be a little while longer—until mid-2016—before it takes full effect. And the agency can still make restrictions and redactions to protect commercial confidentiality. However, the fact remains that within two years the public and researchers will be able to read, in full, clinical study reports for all newly approved drugs, whether the trials were conducted by the industry or academia. This is an enormous achievement and something to celebrate. The BMJ is doing so by profiling some of the key people who pushed for change and the influential people who listened. There is still, of course, much to be done before we can really trust the evidence base for clinical decisions. As the AllTrials campaign (alltrials.net) continues to emphasise, drugs in current use will not be affected by the European Medicines Agency’s new policy. So although the future of data transparency may prove better than in the past, we have a huge legacy of secrecy to unpick, compounded by poor and commercially conflicted science. The oseltamivir (Tamiflu) saga has taught us a lot about hidden data (thebmj.com/tamiflu). In particular, it has brought the term “clinical study report” into common parlance. Before the work of the Cochrane review group on Tamiflu, these crucial documents were known only to industry and the regulators. The statins saga looks likely to yield similarly interesting insights as The BMJ and others continue to try to bring the clinical trial data for these most commonly prescribed drugs into the public domain for independent scrutiny. And a recent article in The BMJ reminds us that drugs are not the only aspect of clinical care for which the evidence base is inadequate. Stephen Chapman and colleagues report that a fifth of surgical trials are stopped early and that a third remain unpublished nearly five years after completion. As summarised in the editorial by John Ioannidis, too many surgical trials are “unregistered, unfinished, unpublished, unreachable, or simply irrelevant.” Ioannidis gives his prescription for what clinical trials should be: well designed, preregistered, asking questions that matter to patients and the public, informed by systematic review of the evidence, well powered and using the best comparators, designed and conducted by triallists without conflicts of interest, and with the raw data publicly avail-able. I cannot put it better than he does. He writes, “Eventually, randomised controlled trials could be the pride of clinical investigators who collaborate in research that matters, and the best source of information on how to improve health. This is what trials were supposed to be, even if we have almost totally forgotten this over the years.”

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Il “weekend effect” di cui si occupa il BMJ nell’editoriale riportato in basso non è la stanchezza che si prova il lunedì nel ricominciare una settimana lavorativa. Si tratta invece – ben più seriamente – delle gravi conseguenze che cor-rono i pazienti ricoverati di sabato e domenica. I numeri sono davvero impietosi!

What to do about the “weekend effect” BMJ 2015;351:h4840 Does being admitted to hospital at the weekend increase your risk of dying in the next 30 days compared with ad-mission during the week? If so, is your death avoidable, and would a fully operational seven day service prevent it? A new analysis article by Nick Freemantle and colleagues sheds some light on these questions but leaves many more to be answered (doi:10.1136/bmj.h4596). The findings confirm these authors’ previous work published in 2012 (doi:10.1258/jrsm.2012.120009). They find that patients admitted on Saturdays and Sundays have an increased relative risk of death of 10% and 15%, respectively. They also find a smaller increased risk of death for patients admitted on Mondays and Fridays, extending the “weekend effect” to those days. They conclude that around 11 000 more patients die each year within 30 days if they are admitted between Friday and Monday than if they’re admitted on other days of the week. When adjust-ments are made for the fact that patients admitted at weekends are sicker, the increased risk of death within 30 days is less but still present and, in the authors’ words, not ignorable. What these figures actually mean is now hotly debated. The secretary of state for health seized on them before they were published to support his call for more senior consultants to work at weekends. This leap, from a statistical excess of deaths in patients admitted at week-ends to a solution focused on more senior medical staff working at weekends, is just one way in which these data are being abused and the public misled. The weekend effect is real, concludes Helen Crump in her review of the evidence (doi:10.1136/bmj.h4473). Paul Aylin confirms this in his editorial but explains that we are left with a range of possible explanations (doi:10.1136/bmj.h4652). These need to be scrutinised before assumptions and suggestions harden into policy. The evidence is conflicting but seems to point more to the importance of a fully functioning service than to simply needing more sen-ior medical cover. One study found no weekend effect on intensive care units, which have more consistent staffing levels. Another found that the weekend effect was not reduced if stroke specialists did ward rounds seven days a week but was affected by the level of nurse staffing. This link between nurse staffing and overall hospital mortality has been reproduced, says Aylin, in a recent very large European study. Whether the right answer is more senior medical cover or an overall improvement in staffing levels at weekends, the cost is likely to be substantial, as Martin McKee points out, possibly exceeding the cost per quality adjusted life year threshold set by NICE (doi:10.1136/bmj.h4723). Clearly something needs to be done to reduce the risk of death in patients admitted to hospital at week-ends. But using these data to beat up on senior doctors, most of whom already work at weekends, is neither con-structive nor evidence based. We need a dispassionate look at the existing evidence, a focused effort to improve the evidence base, and a collaborative debate about the best response.

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Is there a weekend effect in obstetrics? BMJ 2015;351:h6192 Accumulating evidence points to higher risks at the weekend for mothers and babies Recent research published in The BMJ and elsewhere brings renewed attention to the “weekend effect,” suggesting higher rates of adverse outcomes associated with hospital admissions and procedures performed at weekends than on weekdays.1 2 3 Findings are not uniform among studies and fields of medicine, and persistent questions remain about whether significant findings reflect differences in case mix severity during the weekend or staffing and volume factors that are likely to influence outcomes among the patients at highest risk. The weekend effect is particularly under-studied in obstetrics, with decidedly mixed results from the small number of studies.4 5 6 7 A study by Palmer and colleagues (doi:10.1136/bmj.h5774) helps to fill this evidence gap, presenting a thoughtful analysis of adverse birth outcomes in a retrospective cohort from the United Kingdom.8 This study found that some adverse outcomes were slightly but significantly more common among weekend deliver-ies, most notably perinatal mortality. Although the magnitude was small (an unadjusted absolute increase of 0.9 deaths per 1000 deliveries (0.73% v 0.64%); adjusted odds ratio 1.07, 95% confidence interval 1.02 to 1.13), the gravity of this outcome demands our attention. Despite some notable examples of null findings,4 enough evidence now exists for us to reasonably suspect that out of hours deliveries are at higher risk for adverse outcomes.6 7 8 The evidence for higher risks among night time deliveries is even stronger.9 10 11 12 However, additional well designed studies are needed to determine whether these findings are robust within and across populations. In particular, although Palmer and colleagues controlled for patients’ characteristics in regression models, more work should examine potential differences in case mix between weekend and weekday deliver-ies.13 14 Observational data are often the best available option to study this topic, but every effort should be made to rule out uncontrolled confounding. These authors are to be commended for analyzing multiple quality metrics (for example, puerperal and neonatal infections, birth trauma), and the concordance of several of these findings lends credibility to results. Given ongoing debate about the most appropriate quality metrics,15 16 future studies should

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analyze currently accepted metrics, even as we continue to refine definitions. In particular, calls have been made for researchers to stop using severe perineal lacerations as a quality metric in obstetrics.16 Even in the most rigorous studies, the most likely mechanism underlying the weekend effect is systems factors (for example, staffing, resource availability, hospital policies). Such factors are specific to a healthcare system, and even to a hospital. Therefore, finding evidence of an effect in one population does not guarantee that the association will persist in others or even within a single population over time. This heterogeneity of effect compli-cates research but also offers important opportunities to identify levers with potential to improve outcomes for women and babies. The weekend effect in obstetrics fits within the broad concept of “capacity strain” in healthcare systems—the process by which performance of a clinical unit can deteriorate above a certain threshold of patient volume, complexity (acuity), or both.17 18 Given the decreased levels of staffing and availability of resources that char-acterize most hospitals at the weekend, a lower threshold above which capacity strain threatens patients’ out-comes is likely. Evidence is emerging that other factors related to capacity strain such as busy days, holidays, and doctors’ absence at conferences affect patients’ outcomes, in addition to weekend effects.7 19 20 More research is needed in obstetrics to explore capacity strain: how to define and measure it, which obstetric out-comes are sensitive to it, and when. Most importantly, when a capacity strain effect is found, we must identify effective strategies to safeguard maternal and infant outcomes during such vulnerable times. Factors that may help to mitigate the weekend effect and other forms of capacity strain in obstetric units include specific staffing models, such as the obstetric hospitalist model and other flexible models of care,21 and hospital policies including condition specific protocols. Unfortunately, several recent studies, including this one, have found no association between outcomes and staffing or use of protocols.22 23 Still, we must continue to explore the factors that differentiate obstetric units from one another, analyze how and when adverse outcomes “out of hours” are associated with these factors, and apply the findings to clinical prac-tice and hospital policy. Research from other areas of medicine including surgery and stroke care suggests that better staffing and changes to infrastructure such as electronic patient records can help to overcome the week-end effect.24 25 We must apply such rigorous approaches to tackle the weekend effect in obstetrics. In the end, some women will always deliver at the weekend, during busy days, and at other times of decreased capacity. Weekend delivery is an inevitable part of everyday practice. Solutions will require extra resources, sys-tems thinking, and all our creativity, to determine what explains the apparent protective effect of weekday deliv-ery and how to extend these benefits to women who deliver at the weekend, and their babies.

References Attenello FJ, Wen T, Cen SY, et al. Incidence of “never events” among weekend admissions versus weekday admissions to US

hospitals: national analysis. BMJ2015;350:h1460. Freemantle N, Ray D, McNulty D, et al. Increased mortality associated with weekend hospital admission: a case for expanded seven

day services? BMJ2015;351:h4596. Vest-Hansen B, Riis AH, Sorensen HT, et al. Out-of-hours and weekend admissions to Danish medical departments: admission rates

and 30-day mortality for 20 common medical conditions. BMJ Open2015;5:e006731. Gould JB, Qin C, Marks AR, et al. Neonatal mortality in weekend vs weekday births. JAMA2003;289:2958-62. Luo ZC, Liu S, Wilkins R, et al. Risks of stillbirth and early neonatal death by day of week. CMAJ2004;170:337-41. Pasupathy D, Wood AM, Pell JP, et al. Time of birth and risk of neonatal death at term: retrospective cohort

study.BMJ2010;341:c3498. Snowden JM, Darney BG, Cheng YW, et al. Systems factors in obstetric care: the role of daily obstetric volume. Obstet Gyne-

col2013;122:851-7. Palmer WL, Bottle A, Aylin P. Association between day of delivery and obstetric outcomes: observational

study.BMJ2015;351:h5774. Wu YW, Pham TN, Danielsen B, et al. Nighttime delivery and risk of neonatal encephalopathy. Am J Obstet Gyne-

col2011;204:37.e1-6. De Graaf JP, Ravelli AC, Visser GH, et al. Increased adverse perinatal outcome of hospital delivery at night. Br J Obstet Gynae-

col2010;117:1098-107. Gould JB, Qin C, Chavez G. Time of birth and the risk of neonatal death. Obstet Gynecol2005;106:352-8. Urato AC, Craigo SD, Chelmow D, et al. The association between time of birth and fetal injury resulting in death. Am J Obstet Gy-

necol2006;195:1521-6. Mikulich O, Callaly E, Bennett K, et al. The increased mortality associated with a weekend emergency admission is due to in-

creased illness severity and altered case-mix. Acute Med2011;10:182-7. Concha OP, Gallego B, Hillman K, et al. Do variations in hospital mortality patterns after weekend admission reflect reduced qual-

ity of care or different patient cohorts? A population-based study. BMJ Qual Saf2014;23:215-22. Grobman WA, Bailit JL, Rice MM, et al. Can differences in obstetric outcomes be explained by differences in the care provided?

The MFMU Network APEX Study. Am J Obstet Gynecol2014;211:147.e1-47.e16. Committee Opinion No. 647: limitations of perineal lacerations as an obstetric quality measure. Obstet Gynecol2015;126:e108-11. Halpern SD. ICU capacity strain and the quality and allocation of critical care. Curr Opin Crit Care2011;17:648-57 Kerlin MP, Harhay MO, Vranas KC, et al. Objective factors associated with physicians’ and nurses’ perceptions of intensive care

unit capacity strain. Ann Am Thorac Soc2014;11:167-72. Jena AB, Prasad V, Goldman DP, et al. Mortality and treatment patterns among patients hospitalized with acute cardiovascular con-

ditions during dates of national cardiology meetings. JAMA Intern Med2015;175:237-44

(Continua da pagina 24)

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Anno X numero 53 Pagina 26

Music in hospital The Lancet DOI: http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(15)60640-7

Many of us would agree with Martin Luther's claim that “My heart…has often been solaced and refreshed by music when sick and weary.” If that solace can happen in our private lives, why not in hospitals? Companies have profited from the mood-altering effects of music, but medicine has been much slower to reap the benefits. Hopefully, the ac-cumulating evidence base might change that: in The Lancet, a meta-analysis1 of 72 randomised trials of periopera-tive music, reported by Jenny Hole and colleagues, shows that music was associated with modest reductions in pa-tient-reported postoperative pain and anxiety (standardised mean differences 0·77 [95% CI 0·99 to 0·56] and

0·68 [–0·95 to 0·41], respectively), reduced analgesia use ( 0·37, 0·54 to 0·20), and with increased patient satisfaction (1·09, 0·51–1·68). Because placebo music would be obvious to the patient, masking was not possible (except intraoperatively), but the effect on analgesia needs partly allays concern that music has only a placebo ef-fect—although a placebo effect would seem desirable anyway. Managers might be disappointed that length of stay did not differ significantly, but music is a simple and cheap intervention, which reduces transient discomforts for many patients undergoing surgery. A drug with similar effects might generate substantial marketing. The results of this study are consistent with effects of music in other settings. For example, a systematic review2 of 14 randomised trials in mechanically ventilated patients showed that listening to music reduced anxiety. Importantly, music reduced patients' respiratory rate and systolic blood pressure. Similarly, in people with myocardial infarc-tion,3 music reduced anxiety, heart rate, respiratory rate, and systolic blood pressure, suggesting a physiological relaxation response as one possible mechanism of action. However, how much of the effect is due to this relaxation response, how much is due to cognitive distraction, and how much might be due to another mechanism is unknown. Listening to a few bars of Mozart might make these effects of music obvious, but researchers have studied some of the neurophysiology.4 In his illuminating book, This is your Brain on Music, Daniel Levitin4 describes some remark-able pathways by which the brain processes music, with different pathways for different components such as pitch, timbre, melody, tempo, and rhythm. Our recall of song tempo is within 4% of the original recording, and we can de-tect pitch changes down to a tenth of a semitone. Infants show a preference for consonance over dissonance. How-ever, interestingly, the pleasure we feel from music can be blocked by naloxone.5 Our reactions to music are strong, but complex, adding some complications when used medically. So how should hospitals respond to this combined body of evidence? The low cost and improved patient experience make the question of whether to use music seem obvious, but how to use music is unclear. Piped Mozart or Madonna might soothe some and irritate others. The very high heterogeneity (I2 75–92%) of effects among trials in the accompanying study1 highlights a research opportu-nity—to identify how to maximise the effect—but complicates immediate implementation.6Jenny Hole and col-leagues1 make several useful suggestions: patients should be able to choose the type of music they would like to hear, but music should not interfere with the medical team's communications or impede communication with the pa-tient. Other factors such as timing do not make much difference to outcomes so can be adapted to the individual clinical setting and medical team. But does being able to choose mean that patients bring their own music or choose from a set of genres? Which genres and playlists might be used? One option would be to ask patients to bring their own—Hole and colleagues suggest that patients could be asked to bring their own music in the patient information sheet. Patients who do not arrive with their own music might be offered a choice from standard options (similar to in-flight systems). Although many research questions remain, this should not inhibit implementation of a sensible choice for patients now. For my next surgery, I will bring some Mozart and a copy of this systematic review. References

Hole, J, Hirsch, M, Ball, E, and Meads, C. Music as an aid for postoperative recovery in adults: a systematic re-view and meta-analysis. Lancet. 2015

Bradt, J and Dileo, C. Music interventions for mechanically ventilated patients. Cochrane Database Syst Rev. 2014; 12 (CD006902)

Bradt, J, Dileo, C, and Potvin, N. Music for stress and anxiety reduction in coronary heart disease pa-tients. Cochrane Database Syst Rev. 2013; 12 (CD006577)

Levitin, D. This is your brain on music: the science of a human obsession. Plume (Penguin), New York; 2007 Goldstein, A. Thrills in response to music and other stimuli. Physiol Psychol. 1980; 8: 126–129 Glasziou, PP, Chalmers, I, Green, S, and Michie, S. Intervention synthesis: a missing link between a systematic

review and practical treatment(s). PLoS Med. 2014; 11: e1001690

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Anno X numero 53 Pagina 27

Antimicrobial resistance: the Hydra among us The Lancet Infectious Diseases http://dx.doi.org/10.1016/S1473-3099(15)00363-1

With increasing antimicrobial resistance, there is concern that we might enter an era where we lose the essential contribution of antibiotics in treating bacterial diseases. Thus, to increase awareness of global antibiotic resistance and to encourage best practices among the general public, health workers, and policy makers, WHO has declared World Antibiotic Awareness Week for Nov 16–22, 2015. This initiative follows the endorsement of the Global Action Plan on Antimicrobial Resistance by the World Health Assembly in May, 2015, which calls on all member countries to adopt appropriate strategies within 2 years. The Lancet will publish a series on antimicrobial access and resis-tance to coincide with the Awareness Week. There is a fundamental challenge to any plan to adhere to the call of the World Health Assembly: most low-income and middle-income countries lack national surveillance systems for the prevalence of antimicrobial resistance. Implementation of antimicrobial stewardship plans at a national level is not possible if detailed information on the prevalence of antimicrobial resistance within the borders of a country is not available. Some countries such as India are slowly developing a national surveillance system, but it will take years to gather comprehensive data to develop a global picture of antibiotic resistance that is essential to put in place appropriate measures. But what should be the targets of strategies to fight antimicrobial resistance? The Cen-tre for Disease Dynamics, Economics and Policy recently published The State of the World's Antibiotics, 2015, which highlights how the growth of antimicrobial resistance over the past years has been principally driven by the inappropriate use of antibiotics in two main areas: human use without medical prescription or in the presence of al-ternative measures, and widespread use as growth promoters in animal farming. The indiscriminate use of antibiot-ics without specific medical control is a problem in countries where private citizens are able to purchase antibiotics over the counter without prescription. This situation can result in overuse of these drugs, use at suboptimal doses, and interruption of therapy courses if an early resolution of the symptoms occur, all situations that favour the emer-gence of antimicrobial resistance. Equally problematic as a factor that can promote antibiotic resistance is the use of antimicrobial agents as a substitute for good hygiene standards; this is a particularly sensitive issue in hospitals where the combination of a high density of patients, easy circulation of pathogens, and suboptimal hygiene stan-dards can be explosive for outbreaks of diseases caused by bacteria resistant to antimicrobial treatment. Similarly, the use of antibiotics to promote the growth of farm animals is recognised as a relevant cause for the increase of antimicrobial resistance in recent years: in intensive farming, where animals are often housed in high numbers in limited spaces with poor hygiene conditions, antibiotics are used as prophylactic agents in food and water for the entire life of the animal. The use of antibiotics in low doses in this context does not have a medical justification, but it is a widespread practice to overcome problems linked to overcrowding and poor hygiene. A ban on antibiotics as growth promoters was introduced by the European Union a decade ago and it did not lead to a substantial economic damage for farmers, especially when they already had good hygiene standards. Although few countries have followed this example, the situation could change very soon: in mid-October, California is ex-pected to be the first state in the USA to pass a similar law banning the use of antibiotics for growth promotion in animals. There is hope that the same legislation will be endorsed by other states of the USA, the country with the highest consumption per person of antibiotics in the world, 80% of which are used for animals. Moreover, banning the use of antibiotics as growth promoters in agriculture will be crucial in those developing countries that are the main producers of meat, eggs, and fish, such as China, India, South Africa, and Brazil, where currently there is a lack of control in the use of antibiotics. In these countries, the optimisation of farming conditions (separation of ani-mals in age groups, use of vaccines, high hygiene standards) needs to be promoted in parallel with a more rational use of antibiotics. Globally, rapid action is needed to gather comprehensive information on antimicrobial resistance, optimise hygiene standards in hospitals and farming, limit the use of antibiotics to cases where there is a medical or veterinary prescription, and enhance the awareness of resistance among the general public and the policy makers. Antibiotics are a precious resource that has changed the face of medicine—we cannot afford to lose their effective-ness in the fight against diseases.

For WHO World Antibiotic Awareness Week seehttp://www.who.int/mediacentre/events/2015/world-antibioticawareness-week/event/en/ For The State of the World's Antibiotics, 2015 seehttp://cddep.org/publications/state_worlds_antibiotics_2015

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EXPLORING THE PERSPECTIVES OF POTENTIAL CONSUMERS AND HEALTHCARE PROFESSIONALS ON THE READABILITY OF A PACKAGE INSERT: A CASE STUDY OF AN OVER-THE-COUNTER MEDICINE

Pires CM, Cavaco AM, Eur J Clin Pharmacol 2014; 70:583-588

I foglietti illustrativi sono obbligatori nella maggior parte dei Paesi sviluppati, ma le norme sulla loro leggibilità variano. Per esempio, secondo FDA, non è obbligatorio l'uso di un foglietto all’interno di tutte le confezioni di farmaci, contrariamente a quanto avviene nella UE.

SCOPO Esplorare e confrontare le opinioni di medici, farmacisti e potenziali utilizzatori sulla leggibilità del foglietto illustrativo di un farmaco over-the–counter (OTC). METODI Studio esplorativo basato sulla somministrazione di un questionario a domande semi-aperte. Questo strumento è stato sviluppato secondo le linee guida di leggibilità dell'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e utilizzato per valutare l'accessibilità dei partecipanti al foglietto illustrativo di diclofenac 12,5 mg compresse e la comprensibilità dei dati. Sono stati reclutati 63 partecipanti dalla regione di Lisbona, distinti in tre gruppi: medici (M), farmacisti (F) e potenziali consumatori (C), con un minimo di 20 partecipanti per ciascun gruppo. RISULTATI Quasi tutti (85%) i 20 partecipanti C mostravano un livello di educazione al di sopra del minimo obbligatorio, anche se la maggior parte di essi (95%) riferivano almeno un problema di interpretazione del foglietto, principalmente legati alla comprensione dei termini tecnici. Tra le altre differenze tra i gruppi, i partecipanti F (n=22) riportavano un parere significativamente meno favorevole per quanto riguarda la struttura dei paragrafi del testo. Inoltre i partecipanti F e M (n=21) hanno proposto migliorie tecniche, come l'uso di una tabella per spiegare la posologia, l’aggiunta di precauzioni in caso di insufficienza renale o la raccomandazione di assumere le compresse durante i pasti. CONCLUSIONI Differenze nel modo di utilizzare le compresse diclofenac sono giustificabili, in considerazione della diversa comprensione tra operatori sanitari e potenziali consumatori. Il foglietto illustrativo di diclofenac 12,5 mg deve essere migliorato per un uso più sicuro. Per quanto riguarda la valutazione della leggibilità, il metodo proposto dalle linee guida EMA potrebbe non essere così efficace come previsto. Si raccomandano future ricerche.

A cura di Raimondo Russo

Anno X numero 53 Pagina 28

Contract Research Organization:

�International project management

�Regulatory support & submissions

�Study activation and monitoring

�Data management & statistics

�Medical coding & medical review

�Pharmacovigilance

�Medical writing

12

34

Drug Discovery:

�Hypothesis generating software tool

�Drug repurposing and repositioning

�Pre-screening of any selected project

�Improving of sustainability of

current R&D system

Clinical Supply Services:

�Manufacturing and packaging

�Logistics and distribution

�Return and destruction

�IMPD preparation

�Multilingual labelling and QR codes

Early Clinical Services:

�Two own Pase I research units

�Testing compounds and devices

in healthy volunteers, patients,

children and special populations

�High recruitment potential

�ICH-GCP trained staff

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DANNO EPATICO INDOTTO DA FARMACI: STUDIO CASO-CONTROLLO IN UN CONTESTO OSPEDALIERO DRUG-INDUCED LIVER INJURY: RESULTS FROM THE HOSPITAL-BASED BERLIN CASE–CONTROL SUR-VEILLANCE STUDY Douros A, Bronder E, Andersohn F, et al. Br J Clin Pharmacol 2015; 79:988-99 Questo studio ha identificato un gran numero di composti potenzialmente responsabili di danno epatico indotto da farmaci. Dall'analisi caso-controllo è emerso un aumento del rischio non solo per i farmaci già segnalati come epatotossici, ma anche per farmaci raramente associati a danno epatico, sottolineando la necessità di ulteriori studi sulla sicurezza dopo l'immissione in commercio. OBIETTIVI Il danno epatico indotto da farmaci (drug-induced liver injury, DILI) è spesso responsabile di insufficienza acuta del fegato, ritiro dal commercio del farmaco, alert sui prodotti oppure mancata autorizzazione alla commercia-lizzazione. Pertanto, è stato condotto uno studio caso-controllo per determinare il rischio di epatotossicità per una vasta gamma di farmaci. METODI Il Berlin Case–Control Surveillance Study FAKOS ha incluso tutti i 51 ospedali di Berlino. Tra il 2002 e il 2011 sono stati valutati 198 pazienti con epatite acuta idiopatica, 377 controlli ospedalizzati e 708 controlli ambula-toriali. I casi sono stati validati usando dati anamnestici, clinici, di laboratorio e istologici. L’esposizione al farmaco è stata ottenuta mediante intervista diretta al paziente. La possibile eziologia iatrogena è stata valutata nei singoli pa-zienti, applicando la scala CIOMS (Council for International Organizations of Medical Sciences) aggiornata. I rischi per farmaci sono stati ulteriormente quantificati (odds ratio [OR] con IC 95%) mediante un disegno caso-controllo con analisi di regressione logistica non condizionata. Per l’analisi è stata presa in considerazione l’assunzione del farmaco nei 28 giorni prima della data dell’evento. RISULTATI Lo studio ha confermato il rischio di epatotossicità per un certo numero di farmaci, tra cui fenprocumone (OR 3,3; IC 95% 1,5-6,7), amiodarone (OR 5,5; 1,3-21,2), clozapina (OR 34,6; 2,8-824,9) e flupirtina (OR 40,2; 5,5-856,9). Rischi aumentati sono emersi anche per sostanze con poche segnalazioni riguardanti questo tipo di tossici-tà, come sartani, antipsicotici atipici e biperiden, un farmaco mai segnalato come epatotossico. CONCLUSIONI Lo studio ha identificato un gran numero di farmaci come possibili cause di epatotossicità. Il rischio osservato per le sostanze raramente associate a questo evento evidenzia la necessità di ulteriori studi di safety do-po l'autorizzazione, non limitando quindi il monitoraggio ai farmaci già etichettati come potenzialmente epatotossici.

A cura di Raimondo Russo

Anno X numero 53 Pagina 29

SEGNALAZIONI DI EVENTI AVVERSI DA PARTE DI PAZIENTI E OPERATORI SANITARI E DIFFERENZE NELLE INFORMAZIONI RIPORTATE

ADVERSE DRUG REACTION REPORTS OF PATIENTS AND HEALTHCARE PROFESSIONALS-DIFFERENCES IN REPORTED INFORMATION Rolfes L, van Hunsel F, Wilkes S, et al. Pharmacoepidemiol Drug Saf 2015; 24:152-158

Questo studio mostra le differenze nelle informazioni riportate dai pazienti e dagli operatori sanitari nelle segnalazioni di even-ti avversi.

OBIETTIVO Lo studio si proponeva di esplorare le differenze nelle informazioni contenute nelle segnalazioni di rea-zioni avverse da farmaco (ADR) riportate da parte di pazienti o da professionisti sanitari e di esaminare possibili correlazioni tra gli elementi di queste informazioni. METODI Il presente studio retrospettivo ha confrontato le informazioni riportate in 200 segnalazioni di ADR da parte di pazienti e di operatori sanitari. I report venivano resi anonimi ed erano valutati in base alla presenza o assenza di elementi predefiniti nelle informazioni. Questi elementi potevano essere oggettivi (ad esempio, la data di inizio dell'ADR) o soggettivi (ad esempio, l'impatto o la gravità dell'ADR). È stato utilizzato il test chi quadro di Pearson per rilevare differenze statisticamente significative nelle informazioni riportate. È stata applicata la correzione di Bonfer-roni per aggiustare per confronti multipli. E' stata esplorata la correlazione tra gli elementi delle informazioni utiliz-zando un'analisi categorica delle componenti principali (categorical principal components analysis, CATPCA). RISULTATI Complessivamente, gli operatori sanitari presentavano un punteggio maggiore per la presenza di ele-menti oggettivi, mentre i pazienti per la presenza di elementi soggettivi. Gli elementi che erano riportati più frequen-temente (con differenze statisticamente significative) dai pazienti erano l'impatto dell'ADR e altezza e peso del pa-ziente. Gli operatori sanitari invece riportavano significativamente più spesso la storia medica e la via di sommini-strazione del farmaco. La CATPCA ha mostrato quattro cluster di elementi informativi che presentavano una debole correlazione. CONCLUSIONI Questo studio mostra le differenze tra le informazioni riportate dai pazienti o dagli operatori sanitari nella segnalazione di una ADR. I report dei pazienti sono più concentrati sulle informazioni relative al soggetto inte-ressato e sull'impatto delle ADR, mentre i report degli operatori sanitari forniscono più informazioni correlate all'a-spetto clinico.

A cura di Raimondo Russo

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ESPOSIZIONE A SSRI E INTERVALLO QT NELLA PRATICA CLINICA USE OF SELECTIVE SEROTONIN REUPTAKE INHIBITORS AND THE HEART-RATE CORRECTED QT INTER-VAL IN A REAL-LIFE SETTING: THE POPULATION-BASED ROTTERDAM STUDY Maljuric NM, Noordam R, Aarts N, Niemeijer MN, et al. Br J Clin Pharmacol, pubblicato on line il 13 maggio 2015 Nella popolazione in studio di soggetti anziani, l’intervallo QTc durante l'uso di farmaci antidepressivi della classe SSRI non era diverso da quello registrato durante il non-uso. Nelle analisi in cui sono stati studiati separatamente singoli SSRI, solo l’uso di citalopram era associato con un QTc più lungo nell'analisi trasversale e longitudinale. CONTESTO Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), in particolare citalopram ed escitalo-pram, sono stati correlati al rischio di prolungamento dell'intervallo QTc, anche se gli studi hanno mostrato risultati contraddittori. Ad ogni modo, si raccomanda un dosaggio di citalopram massimo di 20 mg nei pazienti ad alto rischio (ad esempio con età >60 anni). L’obiettivo dell’analisi era di indagare l'associazione tra uso di singoli SSRI e QTc in uno studio di popolazione di soggetti di almeno 55 anni di età. METODI Questo studio, condotto nell’ambito del Prospettic Rotterdam Study (periodo 1991-2012), ha incluso parte-cipanti con 5 elettrocardiogrammi (ECG) al massimo. Sono stati utilizzati modelli lineari misti per confrontare intra-paziente il QTcF (QT corretto secondo Fridericia) misurato durante l'uso di un SSRI con il QTcF misurato durante il non-uso di antidepressivi. Per citalopram, le analisi sono state ulteriormente limitate al dosaggio massimo di 20 mg nei soggetti di età 60 anni. RISULTATI Sono stati inclusi 12.589 partecipanti con un totale di 26.620 ECG, di cui 436 effettuati durante l'uso di SSRI. Il QTcF medio era simile durante l'uso di qualsiasi farmaco della classe SSRI e durante il non utilizzo. Dopo stratificazione per singoli farmaci SSRI, gli ECG registrati durante l'uso di citalopram mostravano un QTcF più lungo rispetto agli ECG registrati durante il non utilizzo (12,8 ms; IC 90% 7,5-18,2). Questo risultato è rimasto simile nell'a-nalisi che ha incluso solo partecipanti di età 60 anni con un dosaggio giornaliero massimo prescritto di 20 mg di citalopram. CONCLUSIONI Anche se non è stato osservato alcun effetto di classe, l’uso di citalopram era associato con un QTcF più lungo, pure dopo aver considerato i limiti raccomandati. Altri SSRI potrebbero non causare un prolunga-mento clinicamente significativo del QTcF.

A cura di Raimondo Russo

Anno X numero 53 Pagina 30

INIBITORI DI POMPA E RISCHIO DI INFARTO MIOCARDICO PROTON PUMP INHIBITOR USAGE AND THE RISK OF MYOCARDIAL INFARCTION IN THE GENERAL POPU-LATION Shah NH, LePendu P, Bauer-Mehren A, et al. PLoSOne 2015; 10:e0124653 L'uso degli inibitori di pompa protonica è associato a un aumentato rischio di infarto miocardico nella popolazione generale. Il rischio, secondo gli autori, è legato alla riduzione causata da tali farmaci della produzione di ossido nitri-co nelle cellule che rivestono l'interno del sistema circolatorio, compreso il cuore. CONTESTO E OBIETTIVO Gli inibitori della pompa protonica (IPP) sono stati associati ad esiti clinici avversi tra gli utilizzatori di clopidogrel dopo una sindrome coronarica acuta. Recenti risultati di studi pre-clinici hanno indicato che questo rischio può estendersi a soggetti senza anamnesi pregressa di malattia cardiovascolare. In questo studio è stato esaminato il rischio potenziale nella popolazione generale attraverso approcci di data-mining. METODI Utilizzando un nuovo approccio per l'estrazione di dati clinici dai database di farmacovigilanza, sono stati interrogati oltre 16 milioni di documenti clinici relativi a 2,9 milioni di individui per verificare se l'uso di IPP era asso-ciato a rischio cardiovascolare nella popolazione generale. RISULTATI Attraverso l’analisi di diverse fonti di dati, è stato rilevato che l’uso di IPP nei pazienti con reflusso ga-stroesofageo (GERD) aveva una associazione aumentata di 1,16 volte (IC 95% 1,09-1,24) con l’infarto del miocar-dio (IM). L'analisi di sopravvivenza in una coorte prospettica ha rilevato un aumento dell’associazione con la mortali-tà cardiovascolare di due volte (HR2,00; 1,07-3,78; p=0,031). I risultati dello studio hanno messo in luce che questa associazione esiste a prescindere dall'uso clopidogrel. È stato anche osservato che gli antagonisti H2, un trattamen-to alternativo per il GERD, non erano associati a un aumento del rischio cardiovascolare; se fossero stati in vigore, tali algoritmi di farmacovigilanza avrebbero potuto evidenziare questo rischio già a partire dal 2000. CONCLUSIONI Coerentemente con i risultati degli studi pre-clinici, che hanno messo in evidenza che gli inibitori di pompa possono influenzare negativamente la funzione vascolare, questo studio di data-mining supporta l’esistenza di un’associazione tra il loro utilizzo e un aumento del rischio di infarto miocardico nella popolazione generale. Que-sti dati forniscono un esempio di come una combinazione di studi sperimentali e approcci di data-mining possa es-sere applicata per dare priorità ai segnali di sicurezza sul farmaco utili per ulteriori studi.

A cura di Raimondo Russo

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Anno X numero 53 Pagina 31

Chronic Pain Lpath, a leader in the discovery and development of lipid-targeted therapeutics, announced that the FDA has requested additional analysis of certain data submitted as part of Lpath's recently submitted IND application for Lpathomab. Lpathomab is an internally discovered, first-in-class antibody targeting Lysophosphatidic Acid, a bioactive lipid that has been charac-terized in the scientific literature as playing a key role in nerve injury and neuropathic pain. Lpath's preclinical studies showed strong in vivo results with Lpathomab in several different pain models, which suggest that LPA may be an attractive target across a variety of chronic pain conditions, including diabetic peripheral neuropathy, post-herpetic neuralgia, chemotherapy-induced neuro-pathic pain and pain associated with lumbosacral radiculopathy. Lpath is compiling a detailed response to the FDA request. The initial review period for the Lpathomab IND application ended, therefore it is standard FDA procedure to place the application on clinical hold. After Lpath submits the requested data, the FDA will review it and determine whether Lpath may proceed with the Phase I clinical trial. Alzheimer’s Disease Biogen announced that the first patient has been enrolled in the Phase III clinical program for its investigational treatment aducanumab. The Phase III program includes two global, placebo-controlled studies named ENGAGE and EMERGE, which are designed to evaluate the efficacy and safety of aducanumab in slowing cognitive impairment and the progression of disability in people with early Alzheimer’s disease (AD). ENGAGE and EMERGE will assess the efficacy and safety of aducanumab in approximately 2,700 people with early AD. The studies are identical in de-sign and eligibility criteria. Each study will be conducted in more than 20 countries in North America, Europe and Asia. Aducanumab is an investigational compound being developed for the treatment of AD. Aducanumab is a hu-man recombinant monoclonal antibody (mAb) derived from a de-identified library of B cells collected from healthy elderly subjects with no signs of cognitive impairment or cognitively impaired elderly subjects with unusually slow cognitive decline using Neurimmune’s technology platform called Reverse Translational Medicine (RTM). Biogen licensed aducanumab from Neurimmune under a collaborative development and license agreement. Aducanumab is thought to target aggregated forms of beta amyloid including soluble oligomers and insoluble fibrils deposited into the amyloid plaque in the brain of AD patients. Based on pre-clinical and interim Phase Ib data, treatment with aducanu-mab has been shown to reduce amyloid plaque levels. Nutra Pharma's RPI-78M Granted Orphan Drug Status by the FDA for the Treatment of Juvenile Multiple Sclerosis Nutra Pharma Corporation announced that they have received Orphan Drug designation from FDA for the company's RPI-78M drug candidate for the treatment of Multiple Sclerosis in children. The designation provides Nutra Pharma with a 7-year period of market exclusivity in the US once the drug is approved. Additional benefits over conventional drug applications include: tax credits for clinical research costs, the ability to apply for grant funding, clinical trial de-sign assistance, plus assistance from FDA in the drug development process and the waiver of Prescription Drug User Fee Act (PDUFA) filing fees which could be in excess of $2.5 million. The granting of Orphan Drug designation allows the company to move forward with their preparation of an Investigative New Drug Application and proposal of clinical trials. FDA grants Orphan Drug designation status to products that treat rare diseases, providing incentives to sponsors developing drugs or biologics. According to FDA, the Orphan Drug program has successfully enabled the development and marketing of more than 400 drugs and biologic products for rare diseases since 1983. Evaluate Ltd., in its 2014 Orphan Drug report, estimated that orphan drug sales will constitute 19% of the total share of pre-scription drug sales by 2020, totalling $176bn. RPI-78M was originally derived from an extract of cobra venom and is an antagonist of the nicotinic acetylcholine receptor. The drug has a low toxicity and has a wide range of applica-tions. Scientific publications have demonstrated that native and modified neurotoxins can protect nerve cells from early cell death. Furthermore, it is expected that RPI-78M may be beneficial in neuromuscular disorders where the activity of nicotinic acetylcholine receptor has been compromised. The proprietary technology is covered by patents describing the application and use of RPI-78M in the treatment of autoimmune and viral diseases.

A cura di Domenico Barone

NEWS ON CLINICAL TRIALS

Page 32: SOCIETA’ DI SCIENZE FARMACOLOGICHE APPLICATE SOCIETY … · protocollo (sic!); per non parlare poi della negoziazione sulla convenzione econo-mica dove, a volte per pochi euro,

SSFA oggi Stampa: MEDIA PRINT, Livorno Registrazione del Tribunale di Milano, N. 319 del 14/05/2007 “Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB PRATO” Numero progressivo 53 Periodicità: bimestrale

Anno X numero 53 Pagina 32

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CONSIGLIO DIRETTIVO Presidente: Marco Romano VVice—presidente: Anna Piccolboni SSegretario: Salvatore Bianco Tesoriere: Luigi Godi Consiglieri: Giuseppe Assogna, Rossana Benetti, Marie-Georges Besse, Sergio Caroli, Domenico Criscuolo, Gianni De Crescenzo, Paolo Primiero. Direttore Responsabile: Domenico Criscuolo CComitato editoriale: Giovanni Abramo, Salvatore Bianco, Sergio Caroli, Domenico Criscuolo, Luciano M. Fuccella, Marco Romano Segreteria editoriale: Sabrina Lucioni SSegreteria Organizzativa: Viale Abruzzi 32—20131 MILANO Tel. 02-29536444 Fax. 02-89058506 E-mail [email protected]

Hanno collaborato a questo numero: Riccardo Ascone - [email protected] Domenico Barone - [email protected] Lucia Beinat - [email protected] Walter Bianchi - [email protected] Salvatore Bianco - [email protected] Sergio Caroli - [email protected] Loreta Pia Ciuffreda - [email protected]

Umberto Filibeck - [email protected] Fabio Montanaro - [email protected] Raimondo Russo - [email protected] Roberto Verna - [email protected]

Domenico Criscuolo - [email protected]

SOCIETÀDI SCIENZEFARMACOLOGICHEAPPLICATESOCIETYFOR APPLIEDPHARMACOLOGICALSCIENCES

FONDA TA NEL 1964

Sperimentazione clinica di Fase I in Italia

ROMA, 30 Marzo 2016

Piazzale Aldo Moro – ROMA Auditorium CNR