Roma, 13 Febbraio 2008 Dott. Roberto Giacomelli - ERM Italia S.p.A. CDP Italy Report 2008.

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Roma, 13 Febbraio 2008

Dott. Roberto Giacomelli - ERM Italia S.p.A.

CDP Italy Report 2008

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Delivering sustainable solutions in a more competitive world

Chi è ERM?Environmental Resources Management è una società di consulenza internazionale ed indipendente:

oltre 30 anni di attività

oltre 130 uffici in 40 Paesi

oltre 3.000 consulenti esperti in ambiente, sicurezza e sociale

fatturato lordo complessivo delle società del gruppo di circa 500

M$

negli ultimi 4 anni ha lavorato per il 60% delle Imprese presenti nel

Global 500 di Fortune

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ERM in Italia

Attiva dal 1985 Sede a Milano Oltre 100 dipendenti Fatturato di circa 13 M€ Certificata ISO 9001 dal 1999 In fase di certificazione ISO 14064-1

M&A Advisory Services Studi di impatto ambientale Sistemi di gestione ambientale e di salute e sicurezza Responsabilità sociale d’Impresa Gestione del rischio industriale

Caratterizzazione e bonifica di siti contaminati Recupero aree industriali dismesse Supporto a programmi internazionali di sviluppo Energy & Climate Change

I servizi offerti comprendono:

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CDP Italy Report 2008:i risultati dello studio

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Le società coinvolte

Tutti i principali settori dell’economia italiana sono stati interessati

• Il questionario del CDP6 è stato inviato a:

• 40 società italiane presenti nell’indice S&P/MIB

• 8 delle quali appartengono anche al Global 500

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Il tasso di risposta• 18 delle 40 società (45%) hanno

risposto al questionario, di cui:

• 12 (35%) hanno acconsentito alla pubblicazione delle loro risposte sul sito

• 4 (10%) hanno richiesto che le risposte venissero mantenute riservate

• Le restanti 18 non hanno risposto (45%) o hanno declinato la partecipazione (10%)

• Il tasso di risposta del Global 500 è stato del 77%

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Rischi e opportunità

• Alle società è stato chiesto di individuare rischi e opportunità per il proprio business legati ai cambiamenti climatici.

• Le domande sono suddivise in 3 categorie: opportunità e rischi normativi, fisici e generali.

• Il rapporto opportunità/rischio evidenzia come il climate change sia visto dalle società rispondenti più come un’opportunità che come un rischio

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Rischi• La maggior parte delle società valuta i rischi normativi come un possibile

problema per il proprio mercato

• Ad es. molto sentito, soprattutto per settori ad alta intensità di energia, il rischio connesso all’ETS e ai suoi possibili sviluppi futuri

• La percezione delle 3 categorie di rischio è simile e questo può essere dovuto a due fattori:

• Il climate change è visto come un rischio significativo per tutte le dimensioni considerate o

• Manca approfondita conoscenza dei problemi connessi al climate change e, quindi, diversi tipi di rischio sono percepiti allo stesso modo.

• Una percezione del rischio simile è stata constatata per i rischi fisici e generali

• Rischio fisico. Ad es. riduzione nella produzione di energia idroelettrica o rischi diretti o indiretti connessi all’aumento di fenomeni atmosferici estremi

• Rischi generici. Ad es. danni alla reputazione e riduzione del valore delle azioni

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Rischi – confronto con il 2007

• Rispetto al 2007: maggiore percezione dei rischi associati ai cambiamenti climatici

• Rischi normativi: 67% nel 2008 vs 40% nel 2007

• Rischi fisici: 72% nel 2008 vs 25% nel 2007

• Rischi generali: 67% nel 2008 vs 35% nel 2007

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Opportunità

• Le 3 aree di opportunità danno profili simili

• Le cause di questo appiattimento possono essere le stesse già citate riguardo i rischi

Esempi di opportunità• Normative

• Per i produttori e i distributori di energia: il mercato dei titoli di emissione, i Certificati Bianchi e Verdi.

• Nuovi prodotti finanziari e assicurativi

• Fisiche

• Nuovi prodotti finanziari

• Sviluppo di prodotti per soddisfare le nuove esigenze dovute ai cambiamenti

• Generali

• Nuovi prodotti e servizi

• Finanziamento di governi, società e famiglie

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Emissioni GHG

• Le emissioni sono classificate secondo le linee guida del “World Resources Institute and World Business Council for Sustainable Development” in:

• Emissioni di scopo 1: dirette

• Emissioni di scopo 2: indirette energetiche

• Emissioni di scopo 3: altre indirette (la determinazione è facoltativo)

• Il 78% delle società ha già attivato un sistema di monitoraggio delle emissioni scopo 1

• Solo il 67% ha a disposizione dati quantitativi sulle emissioni scopo 2 (dato destinato ad aumentare considerando che il 78% conosce già i dati legati ai costi elettrici)

• Solo il 39% ha qualche forma di monitoraggio delle emissioni scopo 3

• 85% delle società monitorate ha implementato o ha in programma di implementare un sistema di validazione dei dati di emissione da parte di terzi

• I costi energetici pesano mediamente per il 20% sui costi totali delle società con ampie variazioni da caso a caso (da meno dell’1% nel settore finanziario a più del 70% nella generazione elettrica)

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Volumi di emissioni

Circa 213 MtCO2e quasi tutte di scopo 1

• Solo 4 categorie di emissioni di scopo 3 sono state considerate nel questionario:

1. Viaggi degli impiegati;

2. Distribuzione esterna/logistica;

3. Uso/smaltimento dei prodotti e/o servizi;

4. Supply chain.

• Molte aziende hanno risposto solo ad alcune categorie.

• I dati forniti sono diversi in ogni caso e meno accurati rispetto alle emissioni scopo 1 e 2.

• Il valore finale delle emissioni scopo 3 (1.6 MtCO2e) è dovuto principalmente alla distribuzione esterna e logistica (0.9 MtCO2e) e alla supply chain (0.4 MtCO2e).

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Performance

• 50% ha adottato una strategia di riduzione delle emissioni GHG o dei consumi energetici.

• Strategie molto differenziate:

• Alcune considerano un solo gas a effetto serra (ad es. SF6 per Terna);

• Altre hanno comunicato obiettivi di riduzione generali (per es. 10% di riduzione dei GHG per Gruppo Editoriale L’Espresso).

• Le società con strategie di riduzione sono ben distribuite in tutti i settori economici considerati.

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Governance

• 56% delle società che hanno risposto hanno costituito un Board Committee con responsabilità per il climate change, anche se spesso hanno responsabilità relative alla sostenibilità o alla gestione dell’energia o del carbon market piuttosto che solo del climate change.

• 39% ha instituito incentivi interni per stimolare gli impiegati al raggiungimento dei target climate change.

• Comunicazione

• 33% pubblica i dati sull’annual report;

• 39% mediante comunicazioni formali con gli azionisti;

• 83% usa sistemi volontari come la pubblicazione del Corporate Social Responsibility Report.

• 45% dichiara di aver collaborato, collaborare o avere intenzione di collaborare con istituzioni politiche per formulare strategie per contrastare i cambiamenti climatici.

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Considerazioni finali

• Primo rapporto CDP italiano

• Punto di partenza per delineare la situazione delle aziende italiane rispetto al climate change

• Accresciuta percezione dei rischi legati al cambiamento climatico

• Buon livello di disclosure dei dati sulle emissioni

• La pubblicazione on-line dei questionari, con dimensioni di analisi omogenee per le diverse società, rende possibile un dialogo più aperto e trasparente tra aziende, opinione pubblica e investitori.

• Miglioramento generale nella “qualità” e nel livello di dettaglio dei dati forniti: l’esercizio stesso di predisposizione del questionario, oltre a fornire informazioni a pubblico e investitori, può costituire nel tempo un utile strumento di analisi interno per le società rispondenti e determinare un aumento complessivo della consapevolezza e dell’attenzione sul tema. La comparazione intertemporale potrà fornire ulteriori elementi di analisi.