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Sommario Saggi: Antonio Mazzotta Gabriele Veneto e un ritratto dimenticato di Giovanni Bellini 2 Marco Tanzi Il crepuscolo degli eccentrici a Cremona 25 Contributi: Gabriella Cirucci Antichità Greche a Pompei. Tre esempi di reimpiego di antiche opere d’arte greca nelle abitazioni di Pompei 52 Santina Novelli Il ‘Maestro della tomba Fissiraga’: una nuova cronologia e un ‘nuovo’ committente 65 Silvia Colucci Un sepolcro vescovile del Museo Bardini e qualche ipotesi sull’origine di una tipologia funeraria tardo-duecentesca 76 Paola Vitolo Un nuovo contratto di commissione per la scultura funeraria del Trecento napoletano 91 Gianluca Amato Alcuni chiarimenti sull’attività giovanile di Taddeo di Bartolo e il caso del polittico Casassi di Pisa 101 Cecilia Martelli La cappella di Giovanna Tarlati e il ‘San Girolamo penitente’ di Bartolomeo della Gatta nel Duomo di Arezzo 120 Maria Luisa Paganin Una insolita iconografia in un affresco del castello di Voghera: Maria e il Bambino Gesù coperto di piaghe 128 Jana Graul “...fece per suo capriccio, e quasi per sua defensione”: i due bassorilievi in stucco di Daniele da Volterra per la cappella Orsini 141 Felice Mastrangelo Il ritorno di Giuseppe Nicola Nasini a Siena. La ‘Natività della Vergine’ per San Pellegrino alla Sapienza e il suo ritrovato modelletto 157 Federica Rovati Guttuso d’après Morandi. Note al testo 166 Prospettiva Rivista di storia dell’arte antica e moderna Nn. 134-135, Aprile, Luglio 2009 Università degli Studi di Siena Università degli Studi di Napoli ‘Federico II’ Centro Di della Edifimi srl Rivista fondata da Mauro Cristofani e Giovanni Previtali. Redazione scientifica: Fiorella Sricchia Santoro, direttore Francesco Aceto, Benedetta Adembri, Giovanni Agosti, Alessandro Angelini, Alessandro Bagnoli, Roberto Bartalini, Luciano Bellosi, Evelina Borea, Francesco Caglioti, Laura Cavazzini, Lucia Faedo, Aldo Galli, Carlo Gasparri, Adriano Maggiani, Clemente Marconi, Marina Martelli, Anna Maria Mura, Francesco Negri Arnoldi, Vincenzo Saladino, Fausto Zevi. Segretari di redazione: Benedetta Adembri, Alessandro Bagnoli. Consulenti: Paola Barocchi, Sible de Blaauw, Caroline Elam, Michel Gras, Nicolas Penny, Victor M. Schmidt, Carl Brandon Strehlke, Andrew Wallace-Hadrill, Paul Zanker. Redazione: Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti via Roma 56, 53100 Siena, e-mail: [email protected] Direttore responsabile: Ginevra Marchi © Copyright: Centro Di, 1975-1982. Dal 1983, Centro Di della Edifimi srl, Lungarno Serristori 35, 50125 Firenze. ISSN: 0394-0802 Chiuso in redazione: dicembre 2010 Stampa: Alpi Lito, Firenze. Pubblicazione trimestrale. Un numero 26 (Italia e estero). Arretrati 29. Abbonamento annuo, 4 numeri 100 (Italia), 140 (estero). C.c.p. 53003067. Distribuzione, abbonamenti: Centro Di della Edifimi srl via de’ Renai 20r, 50125 Firenze, telefono: 055 2342668, fax: 055 2342667, [email protected] www.centrodi.it Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 2406 del 26.3.75. Iscrizione al Registro Operatori di Comunicazione n. 7257. Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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Sommario

Saggi:

Antonio Mazzotta Gabriele Veneto e un ritratto dimenticatodi Giovanni Bellini 2

Marco Tanzi Il crepuscolo degli eccentrici a Cremona 25

Contributi:

Gabriella Cirucci Antichità Greche a Pompei. Tre esempidi reimpiego di antiche opere d’arte grecanelle abitazioni di Pompei 52

Santina Novelli Il ‘Maestro della tomba Fissiraga’: una nuovacronologia e un ‘nuovo’ committente 65

Silvia Colucci Un sepolcro vescovile del Museo Bardinie qualche ipotesi sull’origine di una tipologiafuneraria tardo-duecentesca 76

Paola Vitolo Un nuovo contratto di commissioneper la scultura funeraria del Trecento napoletano 91

Gianluca Amato Alcuni chiarimenti sull’attività giovaniledi Taddeo di Bartolo e il caso del polittico Casassidi Pisa 101

Cecilia Martelli La cappella di Giovanna Tarlati e il ‘San Girolamopenitente’ di Bartolomeo della Gatta nel Duomodi Arezzo 120

Maria Luisa Paganin Una insolita iconografia in un affrescodel castello di Voghera: Maria e il Bambino Gesùcoperto di piaghe 128

Jana Graul “...fece per suo capriccio, e quasi per suadefensione”: i due bassorilievi in stucco di Danieleda Volterra per la cappella Orsini 141

Felice Mastrangelo Il ritorno di Giuseppe Nicola Nasini a Siena.La ‘Natività della Vergine’ per San Pellegrinoalla Sapienza e il suo ritrovato modelletto 157

Federica Rovati Guttuso d’après Morandi. Note al testo 166

ProspettivaRivista di storia dell’arte antica e moderna

Nn. 134-135, Aprile, Luglio 2009

Università degli Studi di SienaUniversità degli Studi di Napoli ‘Federico II’Centro Di della Edifimi srl

Rivista fondata daMauro Cristofani e Giovanni Previtali.Redazione scientifica:Fiorella Sricchia Santoro, direttoreFrancesco Aceto, Benedetta Adembri,Giovanni Agosti, Alessandro Angelini,Alessandro Bagnoli, Roberto Bartalini,Luciano Bellosi, Evelina Borea, FrancescoCaglioti, Laura Cavazzini, Lucia Faedo,Aldo Galli, Carlo Gasparri, AdrianoMaggiani, Clemente Marconi, MarinaMartelli, Anna Maria Mura, Francesco NegriArnoldi, Vincenzo Saladino, Fausto Zevi.Segretari di redazione:Benedetta Adembri, Alessandro Bagnoli.Consulenti:Paola Barocchi, Sible de Blaauw,Caroline Elam, Michel Gras, Nicolas Penny,Victor M. Schmidt, Carl Brandon Strehlke,Andrew Wallace-Hadrill, Paul Zanker.Redazione:Università degli Studi di Siena,Dipartimento di Archeologiae Storia delle Artivia Roma 56, 53100 Siena,e-mail: [email protected]

Direttore responsabile:Ginevra Marchi

© Copyright: Centro Di, 1975-1982.Dal 1983, Centro Di della Edifimi srl,Lungarno Serristori 35, 50125 Firenze.ISSN: 0394-0802Chiuso in redazione: dicembre 2010Stampa: Alpi Lito, Firenze.

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Un nuovo contrattodi commissioneper la scultura funerariadelTrecento napoletanoPaola Vitolo

tendersi come una ripresa dei medesimimodelli, seppure con una diversa capaci-tà di interpretazione da parte dei vari ar-tefici. Alcuni prodotti, i migliori dell’e-poca, accomunati dal ripetersi di dettaglianche minuti, oltre che di un medesimoschema iconografico nel disegno dellacassa, sono stati già da tempo ricondotti aquella che dovette essere la più importan-te bottega attiva nella seconda metà delTrecento. Un fortunato ritrovamento do-cumentario permette ora di fissare coor-dinate cronologiche più certe per questocorpus di opere, ma soprattutto porta allaluce il nome di un altro scultore: il 6 giu-gno 1352 il “marmorario” Pietro di Gen-naro di Napoli,5 alla presenza del notaioLudovico Sicomario, stipula, con il no-taio Giacomo di Catona, segretario e rap-presentante di Antonio Ruffo, quartoconte di Montalto in Calabria, il contrat-to per un monumento funebre destinatoalla cappella della famiglia dei Ruffo in-titolata a San Lorenzo nella chiesa di SanDomenico Maggiore.6 Del sepolcro nonsi è conservata alcuna traccia, ma propo-niamo qui di identificarlo con quello re-gistrato da vari storici ed eruditi, tra cuiPietro de Stefano, Cesare d’Engenio Ca-racciolo e Scipione Ammirato,7 nel qualenel 1353 furono traslati i corpi di Giorda-no (†1345), capostipite del ramo dei Ruf-fo di Montalto, e di un altro esponentedella famiglia, di nome Carlo, morto nel1315. L’iscrizione era la seguente: “QUIN-QUAGINTA TRIBUS POST CHRISTUM MILLE

TRECENTIS ⁄ HINC COMES INSIGNIS IORDA-NUS MONTIS ET ALTI ⁄ AD COELUM CALABRO

GENITUS DE SANGUINE RUFFO ⁄ QUEM SO-CIAT VIRTUTIS AMANS GENEROSUS ALUM-NUS ⁄ CAROLUS ANTIQUIS TITULIS VESTITUS

AVORUM. ⁄ HIC ANNIS OBIIT QUINDENIS MIL-LE TRECENTIS”. Non si può non tener con-to del fatto che la data riportata nell’i-scrizione (1353) coincide con i tempi diesecuzione del sepolcro indicati dal con-tratto, e che questo prescriveva che sulcoronamento fossero collocate “figurasbeate Virginis Marie cum Filio ac beatiDominici, ex uno latere, representantisunum comitem et sancti Laurenci, ex al-tero, representantis alium comitem”; dalche si deduce che i destinatari del sepol-cro fossero in particolare due, mentre lapresenza sulla lastra frontale, come ve-dremo, anche del committente e di altrisuoi congiunti “esalta la coesione familia-re, ostenta la forza della stirps, soprattut-to se questa ha potuto elevare suoi mem-bri a posizioni di prestigio”.8 Il monu-mento dovette essere smantellato tra ilXVI e il XVII secolo, probabilmente inuno dei numerosi passaggi di patronatodella cappella,9 se in un documento del

1716 addirittura si ipotizza che esso nonfu mai neppure costruito.10 La volontà diAntonio Ruffo di celebrare la sua casatadovette essere legata innanzitutto al fattoche, all’epoca del contratto, essa rappre-sentava un ramo relativamente recente diuna famiglia di antico lignaggio, delle cuifortune era stato principale artefice Pie-tro, primo conte di Catanzaro nel 1252.Alla sua morte avvenuta nel 1302, i feudierano stati divisi tra i tre figli maschi, e lacontea di Montalto toccò al secondogeni-to Giordano, capostipite di una dinastiache si sarebbe estinta già nel Quattrocen-to.11 Antonio, che ereditò dalla madreGiovanna Sanseverino anche i territori diCorigliano, fu a sua volta feudatario po-tente: venne investito dal re Carlo III suocugino12 di numerose altre terre e del gra-do di capitano generale di Principato Ul-tra e viceré dell’intera Calabria.13

Il contratto, che va ad alimentare la nonnumerosa casistica di quelli medievaliper le opere d’arte,14 era noto dalle plateesettecentesche di San Domenico Maggio-re, in cui è assunto come prova dell’anti-chità del patronato della famiglia sullaCappella di San Lorenzo,15 ma nel suo te-sto integrale era finora sconosciuto. È nelsuo genere il più antico e articolato che siconosca per Napoli: neppure per i sepol-cri dei reali angioini si va oltre notizie ri-guardanti l’organizzazione dei lavori, pa-gamenti ed acquisto di materiali.16 Esso,infine, per riallacciarci al problema dacui siamo partiti, rappresenta un sicurotermine ante quem per la datazione di al-tri monumenti della stessa chiesa, alcunidei quali ancora oggi esistenti, che si pre-scrive vengano presi a modello.

Il contratto definisce, secondo preceden-ti accordi intercorsi tra le parti (“ex con-vencione habita inter eos”), la costruzio-ne di un sepolcro (“cantarum unum”)17

per la cui realizzazione si stabilisconocon precisione i dettagli della struttura ela quantità dei materiali, dal momentoche il loro costo è compreso nel compen-so concordato: milleottocento carlinid’argento per il valore complessivo ditrenta once d’oro.18 Si prescrive infattiche il monumento sia “de marmoribusnobilibus” e lo stesso Pietro di Gennarosi impegna a servirsi di “auro et omnibusaliis coloribus et laboribus oportunis”.Minore preoccupazione sembrano desta-re le parti figurative, la cui iconografiaera stata sicuramente decisa sulla base dischizzi e disegni cui però non si fa cenno,mentre valgono come punto di riferimen-to altri sepolcri nella stessa chiesa. Non è

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Napoli rappresenta un caso quasi unicoin Italia per la ricchezza di testimonianzedi scultura funeraria trecentesca presentinelle sue chiese. Nonostante siano inmolti casi privi del baldacchino, in statoframmentario, frutto di accorpamenti emanomissioni (solo i sepolcri dei realiangioini in San Lorenzo Maggiore e inSanta Maria Donnaregina sono relativa-mente ben conservati), i monumenti an-cora oggi visibili in gran numero permet-tono di aprire squarci significativi sulmondo della produzione artistica deltempo, nonché sulle dinamiche socio-po-litiche connesse alla pratica funeraria.L’eredità lasciata dal senese Tino di Ca-maino, a servizio della corte e dei mag-giori dignitari del Regno tra il 1324 e il1336,1 e dai fratelli fiorentini Pacio eGiovanni Bertini, esecutori, tra l’altro,della grandiosa tomba di re Roberto inSanta Chiara,2 non trovò sul posto validicontinuatori. Essa rappresentò in ogni ca-so il punto di riferimento per una vastaproduzione scultorea la cui intensitàcrebbe nel corso della seconda metà delTrecento, nella capitale come nelle pro-vince, di pari passo con l’aumento delladomanda da parte di un’aristocrazia sem-pre più audace nell’appropriarsi di sim-boli e forme di autorappresentazione de-sunti dai modelli reali. Nel cinquantennioche intercorre tra la partenza degli scul-tori toscani (Giovanni è di nuovo a Firen-ze nel 1351, Pacio nel 1357)3 e l’arrivo diAntonio Baboccio agli inizi del Quattro-cento, l’attività di artisti e botteghe, adeccezione del non meglio documentatoAntonio da Napoli, attivo in Calabria in-torno al 1345,4 resta però confinata nel-l’anonimato. A questo si aggiunga chequalsiasi tentativo di realizzarne una sin-tesi critica si scontra inevitabilmente conle difficoltà poste da un materiale che,nel livello qualitativo generalmente nonelevato, si presenta estremamente etero-geneo, ed in cui la percezione di un co-mune ‘ambito’ di appartenenza è da in-

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1. Sepolcro di Cristoforo d’Aquino (†1342) (part. dellacassa). Napoli, San Domenico Maggiore, Cappellad’Aquino.

2. Sepolcro di Niccolò Merloto (†1358).Napoli, Santa Chiara, Cappella Merloto.

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specificato ad esempio quali debbano es-sere le quattro ‘Virtù’ poste a sostegnodella cassa; si prescrive solo che sianocome quelle del monumento dei Sanseve-rino,19 ma di un palmo più grandi (mezzoper le figure, mezzo per il basamento).L’“imaginella habente figuram huma-nam”, prevista come extra, è probabil-mente un attributo della ‘Carità’; le ‘Vir-tù’ devono essere inoltre collocate noncon il capo sotto la cassa, ma appoggiatead una colonnina. La cassa, le cui dimen-sioni si vogliono come quelle del sepol-cro Sanseverino, deve esibire sulle testa-te rispettivamente San Giovanni Battistae San Nicola, mentre sulla lastra frontale,tra i Santi Lorenzo e Domenico (titolaririspettivamente della cappella e dellachiesa), devono comparire sei membridella famiglia: “figura comitis, Iordaniavi domini comitis, Caroli Antonii filiisui, Caroli fratris sui, Cubelle et Catheri-ne”.20 Per il resto della struttura si richie-de di prendere a modello il sepolcro diCristoforo d’Aquino:21 la lastra di coper-tura con il “titulum ipsorum dominorum”a rilievo a lettere d’oro, il gisant, il bal-dacchino, le statue sull’edicola. Il baldac-chino deve contenere nel timpano l’im-magine del Salvatore e a coronamento unangelo con le “arma ecclesiae”; a soste-gno della struttura si prevedono due co-lonne libere, lavorate in un solo pezzo edipinte, e due appoggiate alle pareti concapitelli intagliati, alla maniera sempredel monumento D’Aquino. L’opera deveessere, infine, montata come quella diBartolomeo Brancaccio arcivescovo diTrani (†1341).22

La stipula del contratto formalizza unrapporto di fatto già in corso: per la rea-lizzazione del monumento si prevede unanno a partire dall’appena trascorso pri-mo giugno, per cui è da intendersi che algiorno sei erano stati già evidentementeprocurati i materiali ed avviati i lavori. Ilpagamento è dilazionato mediante un an-ticipo di dieci once, un secondo versa-mento per il mese di agosto ed il saldo alavoro terminato. Non si fa alcuna espli-cita richiesta di autografia del maestro: lapartecipazione della bottega rientravanella prassi del tempo.Il testo si chiude con le consuete clauso-le giuridiche. L’opera dovrà essere com-pletata in tutte le sue parti entro l’annostabilito, senza accampare alcun pretestoper giustificare eventuali ritardi o richie-ste di somme aggiuntive. In caso di man-cata osservanza di quanto stabilito, leparti impegnano se stesse e i loro eredi apagare una penale di venticinque once,da versare per metà alla Curia Regia e perl’altra metà alla parte lesa, dando in ga-

ranzia tutti i loro beni mobili ed immobi-li. Indipendentemente dal pagamento del-la penale, il contratto resta sempre validoe la parte inadempiente dovrà pagare idanni e le spese processuali. Entrambe ri-nunciano, infine, ad avvalersi di qualsia-si cavillo giuridico, norma di legge deldiritto civile e canonico, privilegio o attodi altro genere per mettere in discussionela validità del contratto, ma anzi giuranosul Vangelo di osservare fedelmentequanto pattuito e, a garanzia reciproca,chiedono che siano redatti due esemplaridel relativo istrumento, ambedue sotto-scritti dal giudice e dai testimoni.

La somma versata a Pietro di Gennaro,trenta once d’oro, doveva essere suffi-

ciente a coprire tutte le spese per la rea-lizzazione del sepolcro, dall’acquisto deimateriali al compenso del maestro e del-la bottega. Il contratto offre quindi anchela misura del costo di una costruzione dital genere, notizia preziosa se si pensache, perduta in gran parte la documenta-zione della Cancelleria angioina, sonopoche le testimonianze sui costi delleopere d’arte.23 Quelle relative ai monu-menti funerari, oltre a riguardare solocommittenze reali, quindi costruzioni diparticolare pregio e grandiosità, riporta-no cifre che non possono offrire terminidi paragone, non specificandosene l’esat-ta destinazione. Ad esempio, nel 1343 fu-rono versati a Jacopo Pazzi, in qualità disupervisore dei lavori per la tomba di Ro-

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3. Sepolcro di Maria di Durazzo (†1366). Napoli, SantaChiara, coro.

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come il momento più antico dell’elabora-zione di questo comune schema. A suavolta il maestro dovette derivarlo da unmodello di Pacio Bertini, cui vanno attri-buiti i frammenti trecenteschi riutilizzatinel Quattrocento per il progetto del sar-cofago di Cristoforo Caetani nella catte-drale di San Pietro a Fondi. Si tratta del-le due lastre con coppie di santi e del-l’angelo reggicortina di sinistra, la cuiporzione di marmo si collega a quella diepoca successiva con la Madonna, ilBambino, l’angelo reggicortina di destrae il committente introdotto da Sant’Ono-rato, parte che evidentemente, per la na-turalezza con cui si lega a quella trecen-tesca, riproduce l’impostazione dell’ele-mento sostituito (fig. 4).30 Il maestro diCristoforo d’Aquino reinterpreta questomodello con la variante dei santi a mezzefigure sostituendo all’agile ritmo degliarchi intervallati da peducci di Fondi unsistema di arcate distinte, che conferiscealla lastra anteriore del sarcofago l’aspet-to di un polittico.31 Questo scultore è dun-que il più antico del gruppo, colui chedovette veicolare nella seconda metà delsecolo quanto maturato a contatto con gliartisti toscani. Non a caso è fra tutti quel-lo che conserva più forti reminiscenzedel loro linguaggio, nella cura dei detta-gli (si vedano ad esempio i capelli rav-viati a morbide ciocche ben evidenziateed il nodo del panno tra le mani degli an-geli reggicortina) e nel modo, frutto del-la lezione tinesca, di rendere il panneggiocon delicate gradazioni di spessore delmarmo, di animare le Virtù con un legge-ro hanchement bilanciato dal movimentodella testa in senso opposto, e di conferi-re alle figure un’espressione vagamentesognante, sebbene questo si risolva poi inun tono imbambolato. La sua cultura edintonazione sentimentale lo avvicinano almaestro del sepolcro Brancaccio (sicura-mente in piedi prima del 1352) (figg. 5-7), una personalità distinta cui va ricon-dotto, a distanza di qualche anno, ancheil monumento collettivo dei Caracciolo inSan Lorenzo Maggiore (figg. 8-11). Imodi del maestro del sepolcro d’Aquino,dai volumi larghi definiti in superficie,trovano invece riscontro nella ‘Santa Ca-terina’ del Museo di San Martino e nei ri-lievi del pulpito di San Gennaro extraMoenia (oggi al Museo Civico di Castel-nuovo), della metà degli anni cinquanta.32

Il modello del sepolcro d’Aquino vieneriproposto largamente a Napoli come inprovincia con citazioni puntuali o talvol-ta con il ritorno al modello di Fondi per lascelta delle figure intere (nei già citati se-polcri di Niccolò Merloto e di Maria diDurazzo, ed in quello di Egidio Bevagna

berto d’Angiò, due pagamenti, ciascunodi cento once d’oro:24 si tratta comunquedi un’opera monumentale, sovrabbon-dante di rilievi e che prevedeva inoltre ladecorazione dipinta di alcune porzionidel fondo, il cui costo complessivo dovet-te essere sicuramente consistente, e nonconfrontabile con quello di realizzazionimeno ambiziose.Per il monumento di Maria d’Ungheria inSanta Maria Donnaregina, di dimensioniparagonabili a quello commissionato daAntonio Ruffo, il 31 maggio 1326 furonoinvece versate complessivamente a Tinodi Camaino e all’architetto Gallardo Pri-mario centocinquantaquattro once,25 unasomma circa cinque volte maggiore diquella pagata a Pietro di Gennaro. In que-sto caso, però, l’importazione di marmida Roma26 e la decorazione della struttu-ra architettonica e della cassa con tesseredi mosaico dovettero far lievitare in mo-do significativo il costo finale. A ciò siaggiunga che Tino, essendo da poco arri-vato in città, affidò a Gallardo la soluzio-ne di problemi organizzativi, come l’ac-quisto dei materiali,27 mentre Pietro diGennaro, napoletano, poté probabilmentegestire con meno difficoltà la somma asua disposizione in modo da ottimizzare icosti.

Il contratto che qui si pubblica costitui-sce, come si è accennato, un importantecontributo alla sistemazione in una più ri-gorosa sequenza cronologica di opere perle quali, a causa anche delle attuali con-dizioni materiali e dell’occorrenza deimedesimi schemi iconografici, sono statefinora avanzate diverse proposte di data-zione e di attribuzione. I sepolcri di Cri-stoforo d’Aquino (†1342) nella chiesa diSan Domenico Maggiore (fig. 1), di Nic-colò Merloto (†1358) e di Maria di Du-razzo (†1366) in Santa Chiara (figg. 2-3),e la lastra con ‘Santa Caterina ed un’of-ferente della famiglia Bevagna’ al Museodi San Martino,28 rappresentano un grup-po di opere per le quali la critica ha già datempo abbandonato l’idea della respon-sabilità di un singolo artista, per intrav-vedervi la più complessa realtà di unabottega,29 in cui il ricorrere dello stessoschema nel disegno della cassa (Madon-na e Bambino tra angeli che reggono ilpanno d’onore, e santi ai lati entro arca-telle), accompagnandosi nei vari casi aduna maggiore o minore sapienza dellamodellazione, rivela indubbiamente per-sonalità distinte. Sappiamo ora che il se-polcro di Cristoforo d’Aquino, risultandogià confezionato entro il 1352, si pone

[†1353], nel chiostro di San DomenicoMaggiore) e persino nel recupero delle ar-catelle pensili (nel monumento di Tom-maso Sanseverino [†1358] a MercatoSanseverino, in provincia di Salerno),33

sebbene nella condotta tutti questi scada-no nella maggior parte dei casi in un trat-to inciso, in un tono caricato, e a voltequasi grottesco. Solo uno dei sepolcri ri-condotti tradizionalmente alla ‘bottegadurazzesca’ conserva la struttura origina-ria relativamente intatta, quello di Mariadi Durazzo,34 che senza dubbio interpretail modello ad un livello più elevato: laMadonna si offre allo spettatore con so-lenne ieraticità, le figure, emergendo atratti a tutto tondo, sono costruite con vi-vacità e padronanza del senso spaziale(fig. 12). Mentre negli stessi anni ed inquelli di poco successivi la produzionecontinua ad essere dominata da uno scar-so livello qualitativo (si pensi ad esempioai sepolcri durazzeschi di San LorenzoMaggiore a Napoli35 o a quello della pre-sunta Caterina Filangieri a Montevergi-ne36), il maestro di Maria di Durazzo, purformatosi a Napoli, è tuttavia, allo statoattuale delle conoscenze, una meteora,cui non è possibile ricondurre nessun al-tro lavoro, e la cui qualità sembra nonaver lasciato alcun segno.37

Per il prestigio della committenza e lacontinuità della sua presenza nel corsodel secondo Trecento, questa bottega,seppur anonima, è da considerarsi certa-mente tra le più attive e in vista del tem-po. A contenderle il campo si profila oraquella di Pietro di Gennaro, della quale,all’opposto, la mancanza di riscontri ma-teriali ad una rara e preziosa attestazionedocumentaria rende impossibile rico-struire la fortuna e gli sviluppi, nonchél’intensità e il carattere di eventuali, reci-proci scambi con gli altri artisti attivi inquegli anni.

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Appendice documentaria

Napoli, 6 giugno 1352

Originale in pergamena: Biblioteca della So-cietà Napoletana di Storia Patria, Pergamenedi San Domenico Maggiore, VI/155 (mm 210x 515). Al verso un’annotazione di mano coe-va: “Instrumentum de sepultura facienda incappella Sancti Laurencii”.

Ҡ In nomine domini nostri Iesu Christi. An-no a nativitate ipsius millesimo trecentesimoquinquagesimo secundo, regnantibus serenis-simis dominis domino nostro Lodoico rege etdomina nostra Iohanna regina Dei gracia Ie-rusalem et Sicilie, ducatus Apulie et principa-tus Capue, / Provincie et Forcalquerii et Pedi-montis comite et comitissa, regnorum verodicti regis anno quarto et dicte regine annodecimo, / feliciter amen, die sexto mensis Iu-nii quinte indictionis, Neapoli. Nos IacobusQuaranta ubilibet per provincias Terre Labo-ris et / comitatus Molisii Utriusque Principa-tus et Utriusque Aprucii iudex ad contractusad vitam, Lodoicus Sithimarius de Neapolipuplicus ubilibet / per predictas provinciasTerre Laboris et comitatus Molisii ac Princi-patus Citra Ultraque Serras Montori regiaauctoritate notarius et testes subscripti ad hocspecialiter vo/cati et rogati presenti scriptopuplico notum facimus, testamur quod pre-dicto die in nostri presencia constitutis provi-do viro notario Iacobo de Cathona, per-tin(encie) Calabrie, familiare et secretario vi-ri magnifici Antonii comitis Montisalti, no-mine et pro parte ipsius comitis, ut dixit, exparte una, et magistro Petro / de Iennario deNeapoli marmorario, ex parte altera, predic-tus magister Petrus coram nobis, ex conven-cione habita inter eos, sponte promisit et con-venit per stipula/cionem legitimam et solen-nem ipsi notario Iacobo presenti et recipientinomine quo supra facere et construere in ca-pella dicti comitis sub vucabulo BeatiLa/urencii posita intus in ecclesia Sancti Do-minici de predicta civitate Neapoli OrdinisPredicatorum, ad omnes videlicet expensasdicti magistri Petri cantarum unum / de mar-moribus nobilibus videlicet cum quatuor fi-guris virtutibus sustinentibus dictum canta-rum, altioribus virtutibus que sunt in cantaroillorum / de Sancto Severino posito in cappel-la eorum sita intus in dicta ecclesia SanctiDominici per palmum unum, videlicet pal-mum medium per figuras / et alium palmummedium per basem; que virtutes sint bene la-borate cum auro, coloribus et aliis oportuniscum figuris eo modo prout sunt / dictae virtu-tes illorum de Sancto Severino, extra unaimaginella habente figuram humanam, et quenon teneant caput sub38 dicto cantaro, / setstent recte sicut ille due que sunt in eodemcantaro, ita quod dictum cantarum sit altitudi-nis et longitudinis eo modo sicut est / dictumcantarum illorum de Sancto Severino. Itemquod in facie dicti cantari fiant imagines seufigure octo, videlicet in medio figura comi-tis,39 Iordani avi domini comitis, Caroli Anto-nii filii sui, Caroli fratris sui, Cubelle et Ca-therine, et in uno capite septima figura sancti/ Laurencii et in alio capite octava figurasancti Dominici. Item a testeriis dicti cantarifacere in qualibet testeria figuram unam sanc- [Contributi] 95

4. Sepolcro di Cristoforo Caetani (†1441) (part. dellacassa). Fondi, Cattedrale, Cappella della Croce.

5. Sepolcro di Bartolomeo Brancaccio (†1341). Napoli,San Domenico Maggiore, Cappella Brancaccio.

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tum ipse magister Petrus facere promisit cumauro et omnibus aliis coloribus et laboribusoportunis, videlicet / in membro quolibet dic-ti operis prout singulariter in dictis cantarisconsistit usque scilicet ad annum unum a pri-mo presentis mensis Iunii in antea / numeran-dum pro convento precio inter eos integro etfinali unciarum auri treginta40 in carolenis vi-delicet argenti boni et iusti ponderis sexagin-ta per unciam / computatis. De quibus et inearum extenuacionem ipse magister Petruspresencialiter et manualiter recepit et habuit apredicto notario Iacobo sibi dante, / solvente,numerante et assignante pro causa predicta,uncias decem et reliquas uncias viginti dictusnotarius Iacobus in nostri presencia dare, /solvere et assignare promisit per se vel aliumipsi magistro Petro vel alii pro eodem modosubscripto, videlicet uncias duodecim41 demense augusti / proximo futuro presentis an-ni et, laborato toto predicto opere ac delato addictam cappellam ut assectetur ibidem, reli-quas uncias octo, / ita quod ante dictam solu-cionem sit assectatum de dicto opere tantumquantum est assectatum de opere quondamarchiepiscopi Tranensis / in pace sine dilacio-ne, diminucione, molestia, requisicione etcontrarietate quacumque, omni exceptione et

ti / Nicolai et sancti Iohannis Baptiste. Itemfacere supra dictum cantarum tabulectamunam cum licteris aureis continentibus titu-lum ipsorum dominorum, cum corpore eleva-to, / prout est in cantaro quondam viri magni-fici Christofori de Aquino. Item facere duascolumpnas de uno pecio laboratas et depictaseo modo prout est / in dicto cantaro illorumde Sancto Severino, altioris scilicet quacum-libet ipsarum per palmum unum, ita quidemquod, si dicte columpne de uno pecio haberi /non possent de quo stent sacramento dictimagistri Petri, ipse magister Petrus minimeteneatur nec astringatur. Item facere quandamaliam ta/bulam marmoream laboratam in quasint arma dictorum dominorum eo modoprout est in cantaro dicti Christofori et desu-per dicta tabula facere figuras / beate VirginisMarie cum Filio ac beati Dominici, ex uno la-tere, representantis unum comitem, et sanctiLaurenci, ex altero, representantis alium / co-mitem. Item facere arcum cum figura Salva-toris et angelo desuper ad arma ecclesie proutest per totum in arcu dicti cantari dicti Chri-stofori. Item facere / duas medias columnasmarmoreas nobiles de duobus peciis affixasin pariete cum capitello, laboratas prout eruntalie due / columpne superiores. Quod opus to-

cavillacione remota, ita quod per totum an-num / predictum dictum opus totum sit, utprefertur, integre percompletum. Pro quibusomnibus et singulis per predictas partes co-ram nobis sibi ipsis / ad invicem conventis etpromissis firmiter per eas et quamlibet ipsa-rum actendendis, adimplendis et inviolabiliterobservandis et contra exinde non faciendo /vel veniendo modo quocumque obligaveruntse dicte partes et quemlibet ipsarum coramnobis sibi ipsis ad invicem recipientibus vi-cissim ut supra ac / earum et cuiuscumque ip-sarum heredes, successores et bona omniamobilia et stabilia seseque movencia, habitaet habenda, ubicumque sistencia cuiuscum-que vocabuli / appellacione distincta ad pe-nam unciarum auri viginti quinque, medieta-te videlicet dicte pene Regie et Reginali Cu-rie applicanda, si secus inde fieret, et / reliquamedietate pene eiusdem parti predicta servan-ti et contra quam ventum fuerit persolvenda,me predicto notario tamquam persona puplicapro parte dicte Curie / pro medietate a dictispartibus et qualibet ipsarum ipsisque partibussibi ipsis ad invicem recipientibus vicissim utsupra reliqua medietate stipulantibus / penamipsam; que pena tociens conmictatur, petaturet exigatur cum effectu ac sumarie et de pla-no, in uno iudicio vel diversis a parte contra-veniente / et in pena tradenti predicta et here-dibus suis si et quociens in predictis vel ipso-rum aliquo fuerit quomodolibet contraven-tum, et ea commissa vel non, et / exacta velnon, aut graciose remissa, presens nichilomi-nus instrumentum cum contentis in eo in suosemper valido robore et eficacia42 perseveret /cum refectione et integra restitucione om-nium dampnorum, interesse et expensarum li-tis et extra litem, que fierent propterea quo-quomodo per aliquam partium predictarum, /de quibus ex nunc partes ipse stare volueruntet promiserunt assercioni iuratorie tantumpartis ipsa subeuntis, nulla alia probacione /propterea exquirenda. Quodque in causa con-travencionis predictorum promissorum pereundem magistrum Petrum liceat et licitumsit ipsi notario Iacobo vel / alii, nomine et proparte dicti comitis pro predicta pecunie quan-titate, medietate dicte pene ac dampnis, ex-pensis et interesse forte propterea subeundi /auctoritate propria sine iussu iudicis et decre-to Curie seu pretoris solum presentis instru-menti vigore capere, apprehendere, alienareet vendere vel insolutum / sibi tenere et dareprout elegitur tantum de bonis omnibus qui-buscumque dicti magistri Petri et heredumsuorum mobilibus et stabilibus habitis et ha-bendis / ubicumque sitis, quod ipsi notario Ia-cobo vel dicto comiti de quantitate pecunie,medietate dicte pene ac dampnis, expensis etinteresse predictis / integre satisfiat, nulla de-nunciacione premissa nulloque intervallotemporis expectato nec aliqua iuris vel factisolennitate servata quidem huiusmodi / boniscapiendis, vendendis, alienandis vel insolu-tum tenendis et dandis de iure requiritur. Etrenunciaverunt dicte partes et quelibet / ipsa-rum coram nobis de predictis omnibus et sin-gulis ex certa eorum scientia, voluntarie etexpresse sibi ipsis ad invicem recipientibusvicissim, ut supra dicitur, / predictis omnibuset singulis, ex certa earum scientia, voluntarieet expresse exceptioni doli, mali, vis, metus etin factum presentis non celebrati contractus /et rei predicto modo non geste seu aliter ha-96 [Contributi]

6. Sepolcro di Bartolomeo Brancaccio (†1341) (part.della ‘Fortezza’). Napoli, San Domenico Maggiore,Cappella Brancaccio.

7. Sepolcro di Cristoforo d’Aquino (†1342) (part. della‘Carità’). Napoli, San Domenico Maggiore, Cappellad’Aquino.

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bite quomodo ut superius est expressum pri-vilegio fori beneficio restitucionis integrumcondicioni / indebiti ob causam et sine causa,exceptioni non bone, non electe et non iustiponderis dicte pecunie unciarum decem, ex-ceptioni non habitarum et non secutarum pro-missionum / et convencionum ipsarum, ex-ceptioni hostate dilatorie et moratorie, pre-scriptioni ut ipsas impetrare non debeat necuti quomodolibet impetrate / sub pena predic-ta, usibus et consuetudinibus Regni huius lic-teris, privilegiis, cedulis et rescriptis quibusli-bet in contrarium impetratis vel / impetrandis,et omni alii iuri scripto et non scripto canoni-co et civili iurique dicenti generalem renun-ciacionem non valere et iuri per quod / cave-tur quod predicto iuri renunciari non possit,quibus predicta possent quoquomodo infrin-gi, annullari vel viribus vacuari, certiorate /prius partes ipse, ut dixerunt, de iuribus ipsiset effectibus eorundem. Et iuraverunt dictepartes et quelibet ipsarum coram nobis adsancta / Dei Evangelia corporaliter tacta sibiipsis ad invicem recipientibus vicissim pre-dicta omnia et singula esse vera et ea et ipso-rum quodlibet, que supra / spectant et perti-nent ad easdem, firmiter actendere, adimple-re et inviolabiliter observare, ut superius estexpressum et promissum. Et voluerunt / par-tes ipse de predictis ad earum cautelam posseet debere fieri duo instrumenta puplica eademnarrantia in substancia veritatis. Unde, ad /futuram memoriam et dictarum partium etcuiusque ipsarum et omnium aliorum quorumet cuius inde interest vel poterit interesse cau-telam, factum est exinde / hoc presens pupli-cum instrumentum per manus nostri notariisupradicti signo nostro signatum, subscriptio-ne nostri qui supra iudicis et nostrum sub-scriptorum testium / subscriptionibus robora-tum. Quod scripsi ego Lodoicus Sithimariuspredictus puplicus ut supra, qui predictis om-nibus rogatus interfui et ipsum meo / consue-to signo signavi ac abrasi superius et emenda-vi ubi legitur «figura comitis» et alibi legitur«duodecim», quod accidit oblivione scriptu-re.43

† Ego Iacobus Quaranta qui supra per predic-tas provincias iudex ad vitam subscripsi.† Ego frater Thomas de Sulmona subpriorSancti Dominici fratrum Predicatorum.† Ego notarius Ciccus Scarola de Neapoli te-stis subscripsi.† Ego notarius Nicolaus Cimmina de Neapo-li testis subscripsi.† Ego Iacobus Sithimarius de Neapoli testissubscripsi.† Ego Iohannes de Iudice dictus Aversanus deNeapoli testis subscripsi.”

8. Sepolcro della famiglia Caracciolo (†1348). Napoli,San Lorenzo Maggiore, transetto.

9. Sepolcro di Bartolomeo Brancaccio (†1341) (part.della cassa). Napoli, San Domenico Maggiore, CappellaBrancaccio.

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Prato 1996; L. Enderlein, Die Grablegen des Hau-ses Anjous in Unteritalien. Totenkult und Monu-mente 1266-1343, Worms 1997, passim; T. Mi-chalsky, Memoria und Repräsentation. Die Grab-mäler des Königshauses Anjou in Italien, Göttin-gen 2000, passim; F. Aceto, Una proposta per Ti-no di Camaino a Cava dei Tirreni, in Medien derMacht. Kunst zur Zeit der Anjous in Italien, attidel convegno (Frankfurt am Main, 21-23 novem-bre 1997), a cura di T. Michalsky, Berlin 2001, pp.275-294; G. Kreytenberg, Ein doppelseitigesTriptychon in Marmor von Tino di Camaino ausder Zeit um 1334, ivi, pp. 261-274; F. Aceto, Lasculpture de Charles Ier d’Anjou à la mort de Jean-ne Ire (1266-1382), in L’Europe des Anjou. Aventu-re des princes angevins du XIIIe au XVe siècle, ca-talogo della mostra (Abbaye royale de Fontevraud,15 giugno-16 settembre 2001), Paris 2001, pp. 75-87 (pp. 79-84); G. Chelazzi Dini, Due sculturedella bottega napoletana di Tino di Camaino, inScritti di storia dell’arte in onore di Sylvie Bé-guin, a cura di M. Di Giampaolo, E. Saccomani,M. Gregori, Napoli 2001, pp. 35-45; F. Aceto, Ti-no di Camaino nel Duomo di Napoli, in Il Duomodi Napoli: dal paleocristiano all’età angioina, at-ti della prima giornata di studi su Napoli (Losan-na, 23 novembre 2000), a cura di S. Romano e N.Bock, Napoli 2002, pp. 148-160; F. Baldelli, Tinodi Camaino, Morbio Inferiore 2007, pp. 249-392.2) Per l’attività dei fratelli Bertini a Napoli cfr. É.Bertaux, Magistri Johannes et Pacius de Florentiamarmorarii fratres, in ‘Napoli nobilissima’, IV,1895, pp. 134-138, 147-152; Chelazzi Dini, Pacioe Giovanni Bertini cit.; Enderlein, Die Grablegen

Devo a Rosalba Di Meglio la segnalazione e la tra-scrizione del documento qui pubblicato; con ilprof. Francesco Aceto ho discusso più volte il con-tenuto di questo saggio: ad entrambi un vivo rin-graziamento. Le foto 2, 8, 10 e 12 sono di LucioTerracciano, Dipartimento di Discipline Storiche“Ettore Lepore”, Università degli Studi di Napoli“Federico II”.

1) Per l’attività di Tino di Camaino a Napoli cfr.W.R. Valentiner, Tino di Camaino. A Sienesesculptor of the fourteenth century, Paris 1935, pp.83-143; O. Morisani, Tino di Camaino a Napoli,Napoli 1945; J. Gardner, A princess among prela-tes. A fourteenth-century Neapolitan tomb and so-me northern relations, in ‘Römisches Jahrbuch fürKunstgeschichte’, 23-24, 1988, pp. 29-60; F. Ace-to, Per l’attività di Tino di Camaino a Napoli: letombe di Giovanni di Capua e di Orso Minutolo,in Scritti in ricordo di Giovanni Previtali, ‘Pro-spettiva’, 53-56, 1988-89, pp. 134-142; M. Seidel,Tino di Camaino: le relief de l’ancienne collectionLoeser, ivi, pp. 129-133; Idem, Das gemeisselteBild im Trecento: ein neu entdecktes Meisterwerkvon Tino di Camaino, in ‘Pantheon’, 47, 1989, pp.4-14; F. Aceto, Tino di Camaino a Napoli: unaproposta per il sepolcro di Caterina d’Austria ealtri fatti angioini, in ‘Dialoghi di Storia dell’Ar-te’, 1, 1995, pp. 10-27; G. Chelazzi Dini, Un bas-sorilievo di Tino di Camaino a Galatina, ivi, pp.28-41; Eadem, Pacio e Giovanni Bertini da Firen-ze e la bottega napoletana di Tino di Camaino,

cit., pp. 172-175; Michalsky, Memoria cit., pp.325-341; F. Aceto, Un’opera “ritrovata” di PacioBertini: il sepolcro di Sancia di Maiorca in SantaCroce a Napoli e la questione dell’“usus pauper”,in ‘Prospettiva’, 100, 2000, pp. 27-35; Idem, Lasculpture cit., pp. 84-86 e 292-293 scheda n. 34;Chelazzi Dini, Due sculture cit.; F. Baldelli, Unanuova scultura di Pacio Bertini per il monumentofunebre di Sancia di Maiorca, in ‘Prospettiva’,109, 2003, pp. 58-64; S. D’Ovidio, Pacio Bertinia Napoli: un’ipotesi per l’esordio a San Martino edue gruppi lignei, in ‘Prospettiva’, 113-114, 2004,pp. 48-59.3) Gli scultori risultano iscritti all’Arte dei maestridi pietra e legname di Firenze, Giovanni nel 1351,e Pacio nel 1357; cfr. Archivio di Stato di Firenze,Arte dei maestri di pietra e legname. Codice 1.(1358-1388), cc. 18v e 28v. I documenti sono statipubblicati da Chelazzi Dini, Pacio e GiovanniBertini cit., p. 128.4) Lo scultore lavorò, su commissione del vesco-vo Goffredo Fazzari, al portale della Cattedrale diMileto, di cui ancora nel Settecento era visibilel’iscrizione: “ANNO DOMINI MCCCXLV HOC OPUS FIE-RI FECIT DOMINUS GOTTIFREDUS MILETI EPISCOPUS

PER MAGISTRUM ANTONIUM DE NEAPOLI”. FrancescoNegri Arnoldi (Scultura trecentesca in Calabria:il Maestro di Mileto, in ‘Bollettino d’arte’, serie V,57, 1972, pp. 20-32 [p. 26]; Idem, Scultura tre-centesca in Calabria: apporti esterni e attività lo-cale, ivi, serie VI, 68, 1983, pp. 1-48 [pp. 16 e 46nota 35]), cui spetta il merito di aver recuperato lanotizia da un manoscritto del 1744 (per il qualecfr. ora G. Occhiato e F. Bartulli, Una “Memoria”inedita di Ignazio Piperni sull’antica città di Mi-leto (1744), Vibo Valentia 1984, pp. 87-88), colle-gava allo stesso contesto un’altra iscrizione cheperò più probabilmente è da riconnettersi a qual-che altra opera promossa dal prelato: “ANNO

MCCCXLV HOC REVER. G. MILETI EPISCOPUS POSUIT

MONUMENTUM” (D. Taccone Gallucci, La chiesacattedrale di Mileto. Memoria storica e descritti-va, Reggio Calabria 1888, pp. 83-84 nota 2). Lostesso Negri Arnoldi ha anche ipotizzato che delladecorazione scultorea del portale facesse parteuna ‘Madonna con Bambino’, accompagnata dal-l’iscrizione “AVE MARIA GRATIARUM”, già registra-ta da Alfonso Frangipane nell’Inventario degli og-getti d’arte d’Italia. II. Calabria. Provincie di Ca-tanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, Roma 1933,p. 39, e trafugata nel 1986. Essa doveva formareparte di un gruppo che includeva i Santi GiovanniBattista e Nicola che introducevano il vescovoFazzari (F. Ughelli, Italia sacra, Venezia 1717-22,I, 1717, coll. 956-957). Tuttavia, trattandosi di unrilievo, e per di più di piccole dimensioni (cm 75x 37), lo si può immaginare solo come applicatoall’architrave.

5) Il termine “marmorario” è da intendere nel si-gnificato di “scultore di marmo”. Tale si definisceNicola di Bartolomeo nella lapide che accompa-gna il pulpito della Cattedrale di Ravello (1272),ed in questo modo vengono designati anche i fra-telli Bertini in almeno due documenti relativi allacostruzione del monumento a Roberto d’Angiò:quello del 24 febbraio 1343 (per il quale cfr. H.W.Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters inUnteritalien, Dresden 1860, III, p. 72, e, con qual-che correzione, C. Minieri Riccio, Saggio di codi-ce diplomatico formato sulle antiche scritture del-l’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1878-80, II1,1879, p. 19) e quello del 1346 (C. Minieri Riccio,Notizie storiche tratte da 62 registri angioini, Na-poli 1877, p. 42).

6) Biblioteca della Società Napoletana di StoriaPatria, Pergamene di San Domenico Maggiore,VI/155 (1352, 6 giugno).

7) P. De Stefano, Descrittione dei luoghi sacri del-la città di Napoli, Napoli 1560, p. 119; C. d’En-genio Caracciolo, Napoli sacra, Napoli 1623, p.285; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoleta-98 [Contributi]

10. Sepolcro della famiglia Caracciolo (†1348) (part.della ‘Carità’). Napoli, San Lorenzo Maggiore,transetto.

11. Sepolcro di Bartolomeo Brancaccio (†1341) (part.della ‘Fede’). Napoli, San Domenico Maggiore,Cappella Brancaccio.

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ne, II, Firenze 1651, pp. 347-348.8) G. Vitale, Élite burocratica e famiglia. Dinami-che nobiliari e processi di costruzione statale nel-la Napoli angioino-aragonese, Napoli 2003, p.168.9) L’acquisizione del patronato della Cappella diSan Lorenzo in San Domenico Maggiore risaleprobabilmente a Giordano. Posta nelle immediateadiacenze dell’abside (alla sinistra, stando di spal-le all’ingresso), il luogo più santo della chiesa cheospitava anche il cuore del re nonché patrocinato-re della fondazione, Carlo II d’Angiò, passò nel1515 alla famiglia Carafa dei principi di Stiglianoe nel 1692 ai Cedronio dei marchesi di Rocca d’E-vandro. Questi ne cambiarono l’intitolazione conquella alla Madonna del Rosario, il cui quadro diFedele Fischetti nel corso del Settecento sostituìsull’altare quello di San Lorenzo, opera del fio-rentino Girolamo Macchietti (attivo a Napoli tra il1579 e il 1583), in un primo tempo collocato suuna parete laterale e oggi nella Cappella di SanBartolomeo. Nel 1793 Giovan Battista Cedroniopermutò a sua volta la cappella con quella del-l’Angelo Custode, di patronato della famiglia Ca-rafa principi di Roccella (Archivio di Stato di Na-poli, corporazioni religiose soppresse [=ASN,c.r.s.], 425, p. 77; ivi, 533, Libro di cose notabilida tenersi presente manualmente dai sagrestani,p. 14).10) ASN, c.r.s., 425, p. 12. Il documento fornisceanche la notizia che nel 1385 Giovanna Sanseveri-no, madre del conte Antonio Ruffo, fece testa-mento ed ordinò di essere seppellita in quella stes-sa cappella, ma del suo sepolcro non si ha alcunanotizia.11) L’ultima esponente dei Montalto fu Covella(†1445), nipote di Antonio, potente alleata degliAragonesi e, pare, coinvolta nella congiura contro

Ser Gianni Caracciolo; i suoi beni confluirono inquelli della famiglia del marito, Giovanni AntonioMarzano duca di Sessa.

12) Sua zia Margherita Sanseverino sposò Ludovi-co di Durazzo, e fu madre di Carlo III.

13) Per notizie sulla famiglia Ruffo di Montaltocfr. F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte,forestiere o non comprese nei seggi di Napoli im-parentate colla casa della Marra, Napoli 1641,pp. 315-346; Ammirato, Delle famiglie nobili na-poletane cit., pp. 342-351 (Ammirato indica Anto-nio Ruffo come terzo conte di Montalto perché ineffetti il padre, Carlo, successe nel titolo quandoGiordano era ancora in vita, nel 1341, anno in cuifigura anche come viceré di Principato Ultra, mapremorì al genitore); Istoria della casa dei Ruffo,Napoli 1873; B. Candida Gonzaga, Memorie dellefamiglie nobili delle province meridionali d’Italia,Napoli 1875-82, V, 1879, pp. 167-182; F. Bonazzi,in P. Litta, Famiglie celebri d’Italia. Ruffo di Ca-labria, XVI, Napoli 1903, tavv. I-III. Il contributopiù recente sulla famiglia, incentrato però in mo-do particolare sul ramo dei Montalto di Siponto, èdi S. Pollastri, Les Ruffo di Calabria sous les An-gevins, in ‘Mélanges de l’École Française de Ro-me. Moyen Âge’, 113, 2001, pp. 543-577.

14) Tra i principali studi sui contratti per opered’arte tra Medioevo e Rinascimento si ricordano:G. Milanesi, Documenti per la storia dell’arte se-nese, Siena 1854-56; D.S. Chambers, Patrons andartists in the Italian Renaissance, London 1970;M. Baxandall, Painting and experience in the fif-teenth century Italy: a primer in the social historyof pictorial style, Oxford 1972; H. Glasser, Artist’scontracts of the early Renaissance, New York -London 1977; A. Conti, L’evoluzione dell’artista,in Storia dell’arte italiana, a cura di G. Previtali,II, Torino 1979, pp. 115-237.

15) ASN, c.r.s., 425, p. 12; ivi, 533, p. 14.16) Nel 1333 Roberto I incaricò la moglie Sanciadi far erigere per Carlo I (†1285), Carlo Martello(†1295) e sua moglie Clemenza d’Asburgo(†1293) nel Duomo di Napoli “sepulchra honora-bilia et condecentia regiae dignitati” (M. Camera,Annali delle Due Sicilie dall’origine e fondazionedella monarchia fino a tutto il regno dell’augustosovrano Carlo III di Borbone, Salerno 1841-60, II,1860, p. 384). Il 27 maggio 1324 Carlo di Calabriascrive ai suoi vicari a Roma per procurare i marminecessari ad erigere il monumento funebre per lamoglie Caterina d’Austria (†1323) (Camera, An-nali cit., II, p. 287; Baldelli, Tino di Camaino cit.,p. 42 doc. 51). Gallardo Primario e Tino di Ca-maino ricevono due pagamenti per la somma com-plessiva di 154 once per la costruzione del monu-mento funerario di Maria d’Ungheria (†1323) inSanta Maria Donnaregina (rendiconto degli esecu-tori testamentari della regina del 31 maggio 1326,per il quale cfr. C. Minieri Riccio, Saggio di codi-ce diplomatico formato sulle antiche scritture del-l’Archivio di Stato di Napoli. Supplemento, parteseconda, Napoli 1883, pp. 125-126; Baldelli, Tinodi Camaino cit., pp. 445-446 doc. 62). Per lo stes-so sepolcro si conosce la commendatizia del 21febbraio 1325 di Roberto I ai suoi vicari in Romaper l’acquisto dei marmi (Schulz, Denkmäler cit.,IV, p. 146 doc. CCCLXVIII). Per la tomba di Ro-berto d’Angiò il 20 febbraio 1343 Giovanna I dis-pone un pagamento di cento once d’oro a JacopoPazzi, supervisore dei lavori (C. Minieri Riccio,Studi storici sopra 84 registri angioini, Napoli1876, pp. 62-63); al successivo 24 febbraio è da-tato il documento di allogagione agli scultori Pa-cio e Giovanni di Firenze (transunto in Camera,Annali cit., II, p. 500; la trascrizione è stata pub-blicata per la prima volta da Schulz, Denkmälercit., III, p. 72, e IV, pp. 470-471, con alcune im-

[Contributi] 9912. Sepolcro di Maria di Durazzo (†1366)(part. della cassa). Napoli, Santa Chiara, coro.

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cificarne la collocazione: probabilmente proprioin quegli anni si sentì la necessità di fare spazio al-le numerose lapidi registrate e all’altare barocco,su cui fu posta una tela di Luca Giordano con la‘Madonna, il Bambino e San Tommaso d’Aquino’,trafugata nel 1975.22) Il monumento Brancaccio, privato del baldac-chino, è stato incassato nel muro, cosicché se nesono perse le testate dell’arca, mentre il gisant èstato ribaltato di 90° e appoggiato alla parete. Lacappella (la prima della navata destra) è intitolataa Santa Maria Maddalena ed è di antico patronatodei Brancaccio. Essa ospita altre lastre tombali dimembri della famiglia: Boffolo (†1342) e Tomma-so (†1345), Errico (†1406), Giovannella Monterio(†1400) moglie di Martuccio Brancaccio. L’aspet-to attuale della cappella è frutto degli interventiottocenteschi dell’architetto Federico Travaglino.23) Sul compenso corrisposto ad artisti, ma conun’attenzione particolare allo stipendio dei pittorifamiliari della corte angioina, cfr. P. Vitolo, “Fa-miliaris domesticus et magister noster”. Robertod’Oderisio e l’istituto della “familiaritas” nellaNapoli angioina, in ‘Rassegna Storica Salernita-na’, 45, 2006, pp. 13-34, con bibliografia prece-dente.24) Cfr. nota 16.25) Cfr. nota 16. Il valore delle once non subì nelcorso del Trecento significative oscillazioni, il cherende confrontabili pagamenti emessi anche a di-stanza di alcuni decenni. Cfr. Faraglia, Storia deiprezzi cit.26) I marmi furono fatti arrivare da Roma sia peril sepolcro di Caterina d’Austria che per quello diMaria d’Ungheria: cfr. nota 16 e Gardner, A Prin-cess among Prelates cit., p. 46.27) A lungo si è creduto che Gallardo Primariocollaborasse con Tino di Camaino nella realizza-zione della struttura architettonica del monumen-to funebre di Maria d’Ungheria, e che proprio lasua partecipazione contribuisse a farne un esem-pio di armonia compositiva e proporzione tra leparti. Più probabilmente, invece, Gallardo dovetteessere solo l’appaltatore dei marmi. In propositocfr. Aceto, Tino di Camaino a Napoli: una propo-sta per il sepolcro di Caterina d’Austria cit.28) La lastra (per la quale cfr. R. Middione, Mu-seo Nazionale di San Martino. Le raccolte di scul-tura, Napoli 2001, p. 47 scheda n. 1.26) provienedalla Cappella di San Giorgio della famiglia Be-vagna nella chiesa di San Domenico Maggiore,passata poi alla famiglia Della Marra e da questa,nel 1549, ai Capece, che ne cambiarono l’intitola-zione con quella al Crocifisso (S. Volpicella, De-scrizione storica di alcuni principali edifici dellacittà di Napoli, Napoli 1850, pp. 218 e 292-293note 329 e 330). Dalla cappella proviene anche ilsepolcro di Egidio Bevagna, oggi nel cortile delconvento, in cui nel Seicento D’Engenio, Napolisacra cit., p. 292, attesta l’esistenza di un altro,oggi scomparso, che custodiva le spoglie di due fi-glie di Egidio, Giovanna e Filippa.29) Fu per primo Adolfo Venturi (Storia dell’arteitaliana, Milano 1901-40, IV, 1906, pp. 312-320)ad intuire l’esistenza di un orientamento comuneall’interno del gruppo di monumenti sepolcraliche abbiamo indicato. Egli, vedendovi al lavorouno stesso scultore, lo considerò il punto di riferi-mento per la sua generazione, ed in particolare pergli artisti che realizzarono i sepolcri dei del Balzo,dei Penna e di Agnese e Clemenza d’Angiò (gli ul-timi due oggi attribuiti ad Antonio Baboccio) inSanta Chiara, di Giovanna d’Aquino in San Do-menico Maggiore, di Roberto d’Artois e Marghe-rita di Durazzo in San Lorenzo Maggiore. Fu Al-do De Rinaldis, Santa Chiara, Napoli 1920, pp.160-168, a battezzare l’artista “Maestro Durazze-sco” dal sepolcro di Maria di Durazzo, sorella del-la regina Giovanna I. Già da tempo la critica ha se-gnalato la necessità di assegnare questi marmi amani diverse, ora prospettando tra di essi rapporti

precisioni corrette da Minieri Riccio, Saggio dicodice diplomatico cit., II, p. 19); al 25 luglio ri-sale un altro mandato di pagamento a Jacopo Paz-zi (transunto in Minieri Riccio, Studi storici cit.,pp. 62-63); il 6 ottobre 1345 a Jacopo Pazzi, de-funto, viene sostituito Andrea di Gismundo (trans-unto in Camera, Annali cit., II, p. 500 nota 7, e inMinieri Riccio, Notizie storiche cit., p. 42; il testoè pubblicato da A. Maresca, La tomba di Robertod’Angiò di Napoli, in ‘Archivio storico dell’arte’,I, 1888, pp. 308-309 nota 2). Per i documenti sulsepolcro di Roberto d’Angiò cfr. anche l’Appendi-ce documentaria di Chelazzi Dini, Pacio e Gio-vanni Bertini cit., pp. 127-128.17) Il termine “cantarum”, che indica letteralmen-te la sola cassa sepolcrale, è qui usato sia comeparte per il tutto, sia nel senso di monumento fu-nerario nel suo complesso, in luogo dei più fre-quenti “sepoltura marmorea” o “sepulchrum”. Lotroviamo usato, ad esempio, anche nel contrattostilato nel 1491 tra Jacopo della Pila e GiuliaBrancaccio per la tomba di Tommaso Brancaccionella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli(G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e leindustrie delle provincie napoletane, Napoli 1883-91, III,1885, pp. 15-20).18) Come di consueto il notaio si preoccupa dispecificare l’equivalenza delle trenta once d’oro,essendo l’oncia non una moneta ma un’unità dimisura. Per la monetazione nell’Italia meridionalecfr. N. Faraglia, Storia dei prezzi in Napoli dal1131 al 1860, Napoli 1878, in particolare sui car-lini ed il loro valore pp. 24-31.19) La documentazione tace sull’esistenza dellaCappella Sanseverino e del sepolcro, che moltoprobabilmente, oltre alle menzionate ‘Virtù’, do-veva avere un baldacchino, ed essere quindi di unacerta imponenza.20) Accanto al conte Antonio figurerebbero, quin-di, il suo avo Giordano, suo figlio Carlo Antonio,suo fratello Carlo, e le sue due figlie Covella e Ca-terina. Tuttavia la formulazione del notaio potreb-be far sorgere il dubbio che i due Carli siano inrealtà rispettivamente il figlio e il fratello non diAntonio, ma dell’avo Giordano, che effettivamen-te portavano tale nome. Non sono di aiuto le tavo-le genealogiche, che non specificano per nessunodei personaggi in questione l’occorrenza del se-condo nome Antonio (sulla famiglia Ruffo cfr. leindicazioni bibliografiche alla nota 13). Si tengapresente però che il figlio di Antonio nacque pro-babilmente alcuni anni dopo la stipula del contrat-to, se alla morte del padre nel 1381 era ancora mi-norenne, tant’è che venne affidato alla tutela dellozio Carlo. Se, infine, teniamo per buona l’identifi-cazione del sepolcro con quello, perduto, di cuiportano notizia le fonti (cfr. nota 7), Carlo Anto-nio è da identificarsi necessariamente con il se-condogenito di Giordano, morto nel 1315, mentreCarlo con il fratello di Giordano o del conte Anto-nio.21) Il sepolcro di Cristoforo d’Aquino (†1342) èoggi murato nella parete adiacente alla porta dellasagrestia e ricomposto assieme alla cassa e al gi-sant di quello del nipote Tommaso (†1357), mon-tati al di sotto della cassa di Cristoforo. A Tom-maso spetta anche il baldacchino, che li incorniciaentrambi. Impossibile allo stato dei fatti stabilirel’epoca in cui le tombe furono accorpate; in ognicaso sembra difficile pensare che un baldacchinoaggettante fosse collocato su quella parete,ostruendo così l’accesso alla sagrestia. La cappel-la, di antico patronato dei d’Aquino, era origina-riamente intitolata alla Madonna della Pietà, e lofu almeno fino al 1623, quando fu dedicata a SanTommaso d’Aquino (ASN, c.r.s., 533, p. 10). I se-polcri erano sicuramente in quella cappella nelSeicento, poiché D’Engenio (Napoli sacra cit., pp.279-280) ne riporta le epigrafi, senza tuttavia spe-

di semplice imitazione (S. D’Ambrosio, Di alcunesculture trecentesche napoletane, in ‘Atti dell’Ac-cademia Pontaniana’, I, 1947-1948, pp. 207-215)o di filiazione (De Rinaldis, Santa Chiara cit., adesempio considerava l’autore del sepolcro di Nic-colò Merloto “un marmorario che studiava i modidel maestro durazzesco”), ora iscrivendoli nell’at-tività di una medesima bottega (R. Romano, La“Bottega Durazzesca” e la scultura napoletananei decenni centrali del XIV secolo, in ‘Arte cri-stiana’, XCI, 2003, pp. 18-28).30) Per il sepolcro Caetani a Fondi cfr. E. Sciroc-co, Sculture meridionali tra Tino e i fratelli Berti-ni, tesi di laurea, Università degli Studi di Napoli“Federico II”, a.a. 2003-2004, pp. 141-157.31) Sulla ripresa della struttura dei polittici dipin-ti in scultura cfr. Seidel, Tino di Camaino cit., pp.132-133.32) F. Aceto, Trois bas-reliefs provenant d’un ci-borium: Saint Agrippino avec un donateur, SaintJanvier avec un donateur et Saint Benoît, in L’Eu-rope des Anjou cit., p. 293 scheda n. 35.33) Cfr. N. Bock, Kunst am Hofe der Anjou-Du-razzo. Der Bildhauer Antonio Baboccio (1351- ca.1423), München-Berlin 2001, p. 450 scheda n. 13.34) Ivi, pp. 449-450 scheda n. 12.35) M. Gaglione, Sulla pretesa commissione deimonumenti sepolcrali durazzeschi in Napoli daparte di Margherita d’Angiò-Durazzo nel 1399, in‘Napoli nobilissima’, serie V, III, 2002, pp. 113-134.36) Il sepolcro è stato datato all’ultimo trentenniodel Trecento da F. Aceto, La scultura dall’età ro-manica al primo Rinascimento, in Insediamentiverginiani in Irpinia. Il Goleto, Montevergine, Lo-reto, a cura di V. Pacelli, Cava de’Tirreni 1988, pp.85-116 (p. 110).37) La proposta di Francesco Negri Arnoldi, Scul-tura trecentesca in Calabria: apporti esterni ed at-tività locale cit., di ricostruire un possibile percor-so di questo artista a partire dai sepolcri Sanseve-rino e Sangineto a Mileto sembra fondarsi su ele-menti che per ammissione stessa dello studiosonon sono tratti caratteristici esclusivamente diquesto artista (l’allineamento di naso-bocca-men-to), e su identità iconografiche che a mio parerenon prevedono necessariamente un legame diretto,così come stento a vedere nelle forme dure ed in-cise dei rilievi calabresi le premesse per un esito ditale livello.38) Al di sopra è presente un segno di abbrevia-zione superfluo.39) Figura comitis «su rasura».40) Così il documento.41) «Duodecim» «su rasura».42) Così il documento.43) Segue il «signum tabellionis».

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