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Euro 2,50 • Poste Italiane • Sped. in a. p. 45% • art. 2 comma 20/b legge 662/96 • Aut. DCO/DCBA 23/2003 del 23/01/2003 • Tassa riscossa • ANNO X • Edizione bimestrale • Contiene I.P. n.57 MAG-GIU Seguici su 2012 news .com Ricchezza a basso costo ...E da bere cosa le porto? Cucinare con i fiori Bock e Maibock

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ltro che spread, la crisi, oltre che in borsa, incide sulle spese di tutti i giorni costringendo gli Italiani a tagliare: meno cinema, meno viaggi in macchina e soprattutto (ahinoi) meno cene al ristorante. È questo il quadro che emerge da una recente inchiesta de Il Sole 24 Ore.Ma non è certo una novità: tutti sappiamo che la crisi, che da ormai cinque (lunghi) anni colpisce il nostro paese, sta ridisegnando abitudini e stili di vita. Le conferme del resto ci giungono numerose dai lettori di questa rivista che con le loro attività di ristorazione registrano in prima persona, giorno, dopo giorno, le crescenti difficoltà che la congiuntura impone. “I clienti sono sempre più attenti a quello che ordinano, non ec-cedono, si fanno sempre due conti prima con l’impera-tivo di risparmiare”. Questo è quanto accade suppergiù nei locali del Belpaese. Un paese che secondo alcuni è tornato indietro di 30 anni.Ma ci sono dei paradossi. Infatti, se da un lato si cerca

di spendere meno, dall’altro si cerca di guadagnare di più. In tutti i modi. Ecco spiegato il boom dei “Compro Oro”, raddoppiati in Italia negli ultimi due anni, ce ne sono 28mila disseminati in ogni angolo della Penisola. Lo stesso avviene per la diffusione di Gratta e Vinci e lotterie varie, aumentati del 55% rispetto al 2011.La crisi è strana, dunque: punge, ma allo tempo induce a reazioni poco logiche.Ma siamo davvero ridotti così male? Possibile che non abbiamo più chance se non quella di acquistare (e sperare) un biglietto del SuperEnalotto?Su questo punto di vista le scuole di pensiero sono differenti.C’è chi dice che siamo alla frutta, schiavi dei mercati fi-nanziari che ci tengono per il collo finanziando, quando e come dicono loro, il nostro enorme debito pubblico; chi invece asserisce che l’Italia ha ancora enormi poten-zialità. E poco importa se il PIL non cresce e questa crisi ci ha ricondotto indietro di almeno 30 anni. Secondo costoro il benessere (cosa diversa dalla ricchezza) non sta nella crescita a tutti i costi, ma nella capacità di saper valorizzare il meglio di quello che sia ha.E l’Italia fortunatamente, oltre al debito pubblico, ha tanto di assolutamente straordinario: un patrimonio storico e artistico senza eguali, un territorio bello come pochi e poi sole e mare, arte e artigianato, moda e buon gusto e quel giacimento immenso di ricchezza che è rappresentato dall’enogastronomia, unica al mondo per varietà e qualitàMa si può vivere di questo? Qualche economista visio-nario (ma non tanto) pensa proprio di si. Arte, ospitalità, ristorazione sono il nostro petrolio, la nostra ricchezza a basso costo, il nostro passato e il nostro futuro. E allora via: meno politica e più sostanza, meno finanza e più praticità. Basta fare le scelte giuste: fortunatamente siamo ancora in tempo. E poco importa se siamo torniamo indietro di 30 anni quando eravamo più poveri, anche perché un fatto è certo: si stava meglio quando si stava peggio.

Giuseppe ROTOLO

Ricchezza a basso costo editoriale

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Editoriale

IN AGENDA

PRIMO PIANO: ... e da bere che le porto?

Intervista a: Giuseppe Cuzziol. ll buon bere che conquista il cliente

PIZZABOOK: Il parere dei pizzaioli

DAL MONDO: Esportiamo anche bravi pizzaioli

CIRIO, i locali del gusto

InSOLIO FOOD: Mettete i fiori nei vostri tegami

PIZZA CHEF: Giuliano Pediconi e Ivan Signoretti

PICCOLI PIACERI: Piacere freddo

BIRRA D’AUTORE: Bock e Maibock

VINO D’AUTORE: Asprinio di Aversa

NEWS ITALMILL: Multicereale Nucleo

MERCATO & TENDENZE

PUBBLIREDAZIONALE: Molino Spadoni

Quando la Pizza è sinonimo di solidarietà

EVENTI

LA PROVOCAZIONE

Abbonamento e gerenza

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a cura di Marianna Iodice

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Agendain

Torna a Napoli, dal 21 al 23 maggio, il 2° Campionato Mon-diale del Pizzaiulo - 11° Trofeo Caputo. Una gara che vede in campo, presso il centro servizi Vulca-no Buono di Nola, tantissimi pizzaioli provenienti da tutto il mondo che cercheranno di portare a casa il prestigioso titolo.Se due anni fa a vincere fu un giapponese, Akinari Pasquale Makishima, lo scorso anno è stato un napoletano. La sfida per quest’anno è già partita e niente sarà scontato. I visitatori potranno degustare le pizze e ammirare le esibi-zioni dei pizzaiuoli già dal lunedì 21, ma sarà solo mercole-dì 23 maggio, che si potrà conoscere il nome del campione e vincitore dell’11° Trofeo Caputo e degli altri classificati nelle differenti categorie.Il Campionato è organizzato dall’Associazione Pizzaiuoli Napoletani e dal presidente Sergio Miccù, dalla rivista Ri-storazione Italiana Magazine, con la supervisione di Enrico Famà, e da Molino Caputo, in qualità di Golden Sponsor. Il Campionato vedrà confrontarsi gli sfidanti su tutti i tipi di forni e su tutte le specialità riconosciute: Pizza napoletana S.T.G “Trofeo Caputo”, pizza classica, pizza in teglia, pizza al metro/pala, pizza senza glutine. Per le gare acrobatiche: la pizza più larga, la più veloce, lo stile libero/free style sin-golo e le squadre acrobatiche.I numeri dello scorso anno danno l’idea della dimensione della manifestazione: oltre 20mila visitatori, più di 1.000 kg di mozzarella, 1.000 kg di pomodoro e 10.000 kg di farina consumati.Il successo crescente è testimoniato anche dal numero degli iscritti che lo scorso anno ha superato la soglia dei 300, con provenienze da ogni latitudine e un record di adesioni dal Sol Levante.

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a cura di Marianna Iodice

AgendainGirotonno 2012Tutto pronto a Carloforte, nell’iso-la di San Pietro, a sud ovest della Sardegna, per “Il Girotonno”. La manifestazione è giunta alla sua decima edizione ed è una rassegna

enogastronomica internazionale sul tonno di qualità. Dal 31 maggio al 3 giugno prossimi sono in programma una serie di appuntamenti sulle tradizioni culturali, artistiche ed enogastro-nomiche per celebrare l’antica tradizione del tonno. Attesa è la gara gastronomica con ricette a base di tonno: i migliori chef provenienti dai cinque continenti presenteranno i loro piatti ad una giuria composta da esperti giornalisti del settore enogastro-nomico. Altro appuntamento atteso “Officine del gusto”, labo-ratori culinari in cui gli chef sveleranno i segreti delle migliori ricette a base di tonno. Info: www.girotonno.org

Vino in Festa Anche quest’anno, per il sesto anno consecutivo, i comuni del-la Strada del Vino dell’Alto Adige saranno la location di una serie di eventi all’insegna del buon vi-

vere: cantine, ristoranti, castelli e rocche saranno lo scenario per seminari e degustazioni sul vino, senza naturalmente di-menticare il grande spazio dato agli “assaggi” delle specialità gastronomiche locali. Il 1° giugno si terrà Vino e Musica a Cor-taccia: presso la Tenuta Baron Widmann; il 7 giugno, a Ora, c’è Il Lagrein al passo col tempo, serata tutta dedicata a questo pregiato vitigno autoctono; Vino in Festa quest’anno si chiude-rà Il 16 giugno con la Notte delle Cantine, un evento speciale che rende omaggio ai migliori vini del territorio Sud Tirolese. Info: www.suedtiroler-weinstrasse.it/italiano

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a cura di Marianna Iodice

AgendainBBC Good Food Show SummerSi terrà a Birmingham nel National Exhibition Centre (Regno Unito) da mercoledì 13 giugno fino a dome-nica 17 giugno. Il BBC Good Food Show Summer offre una miriade

di idee ed ingredienti per le migliori ricette estive. All’evento partecipano aziende del settore alimentare e i più famosi chef inglesi che si divertiranno a cucinare dal vivo per i visitatori. Durante la kermesse ci saranno diverse gare che animeranno il salone. Info: www.bbcgoodfoodshowsummer.com.

SIAL Brasile È la più grande fiera commercia-le del Sud America dedicata alle aziende alimentari e di bevan-de. Riunirà in un unico luogo

tutti i segmenti di questo mercato, presentando le ultime novità e tendenze del settore.La 4 giorni (25- 28 giugno) vedrà riunirsi buyers da tutto il mon-do. 300 le aziende espositrici e 12.000 i visitatori professionali che visiteranno la fiera organizzata su 10.000 m². Info: www.sialbrazil.com

Fipan 2012 si terrà all’Expo Center Norte di San Paolo (Brasile) dal 19 al 22 luglio.Fipan Fiera Internazionale Bakery è un’iniziativa di Sindipan e Aipan-Sp, il sindacato e l’associazione delle industrie di pa-nificazione e dolciarie, che punta a promuovere tutti i settori del Food Service. Fipan è la vetrina più completa delle ultime tendenze food. Partecipano all’incontro rappresentanti nazio-nali ed internazionali del settore della panificazione, dolciario, bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie. All’interno della fiera grande spazio è dedicato alla pizza, con degustazioni e campionati promossi dalle aziende di settore.

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L’importanza del beverage nella ristorazione

...E da bere che le porto?

primo pianoa cura di Gianni Amodio

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orse vi sarà capitato di vedere uno spot pubblicitario di un noto tè passare per le tv nazionali in quest’ultimo periodo. Perché vi facciamo fare questo sforzo

di memoria? Perché la pubblicità, a parte il prodotto che sponsorizza, mette in scena una situazione tipica di molti ristoranti e pizzerie. Ve la spieghiamo in breve: c’è un cameriere che prende una comanda, ascoltando attenta-mente il cliente, un giovanotto molto spigliato, che per filo e per segno spiega cosa desidera mangiare, sottolineando an-che come vuole certe pietan-ze: “insalata con pomodorini freschi” e “olio extravergine naturalmente”, con piglio da esperto gastronomico. Il ca-meriere poi domanda: “E da bere?”. Cade il silenzio più as-soluto… Il viso del cliente diven-ta un grande punto di domanda, tutti gli altri commensali dagli altri tavoli si girano a guardare la scena imbarazzante, col fiato so-speso. Ora, non immaginiamo certo che qualcuno di voi suggerisca un tè con l’insalata, ma abbiamo preso ad esempio questo spot perché racconta benissimo, in modo simpatico, quello che spesso accade, cioè trovarsi di fronte ad un cliente ferratissimo sul cibo (in Ita-lia siamo tutti buon gustai), ma assoluta-mente maldestro sul beverage. Quando si tratta di abbinare il cibo alla bevanda non tutti noi italiani siamo così bravi, esperti, intenditori. E magari mettiamo in tavola la prima cosa che capita. Qui entra in gioco il ristora-tore che può, anzi deve, suggerire il

miglior abbinamento, educando così il cliente al gusto del buon bere. Un buon vino, una buona birra, ma an-che una buona acqua minerale, esaltano il piatto che si sta mangiando. E avere una carta delle bevande ricca e qualificata è un servizio in più da dare al cliente che, sappiamo, in pizzeria e al ristorante deve avere sempre il piacere di vivere un’esperienza di gusto “diversa” e

“migliore” di quella che avrebbe a casa.

Pizza e…?Sui tavolacci delle primissime pizzerie, quelle delle origini, la pizza napoletana non fu accompagnata dal-la birra, bensì dal vino. Fu così per lunghissimo tempo, fino alla seconda guerra mondiale, quando la bionda spumeggiante iniziò ad essere prodotta

begli stabilimenti italiani e si diffuse, piano piano, tra i

consumi degli italiani. Il pri-mo matrimonio felice che con-

trasse la bionda fu proprio quel-lo con la pizza, tant’è che oggi

non possiamo non immaginare di gustare una margherita senza un

boccale frizzante di birra.Però bisogna sfatare il mito pizza-lager. Sebbene sia l’opzione più dif-fusa, e sia comunque un’opzione buona, non esiste solo questo stile da bere con la pizza. Come rac-conta sulla nostra rivista l’esperto Franco Re, la pizza può acco-gliere molti svariati ingredienti e per essi c’è uno stile ideale da

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abbinare.Dunque è importante imparare a conoscere il ricco mondo delle birre perché esso, come il mondo del vino, propone svariate sfumature di sapore. Alla pizzeria con-sigliamo di puntare sulla carta delle birre perché quali-fica meglio il locale e permette di farsi apprezzare da un cliente che, guidato dal gestore, può scoprire novità inattese.C’è poi il mondo delle birre artigianali, che potremmo paragonare ai fuochi d’artificio: il fenomeno in Italia sta esplodendo in un trionfo di mille sapori differenti. Dare attenzione alle birre in pizzeria, ma anche al risto-rante, proponendo una carta delle birre, significa accon-tentare la domanda crescente di questo prodotto. Una carta delle birre può arrivare a contare anche 400 eti-chette. Ma val la pena informarsi, anche con l’aiuto dei grossisti, e acquisire competenze sul mondo brassicolo:

oggi in Italia vino e birra nel fuori casa si contendono, in un vero testa a testa,lo scettro di bevanda preferita. Re-centi dati Assobirra ci dicono che i nuovi consumatori di birra sono ben 7 milioni.

Il vinoÈ la bevanda della tradizione italiana: da regione a re-gione troviamo tantissimi vitigni superbi, i cui bouquet si sposano con tutti gli ingredienti possibili e immagina-

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bili della nostra cucina.Oggi in un ristorante e in una pizzeria, per migliora-re l’offerta e fare la “differenza” è d’obbligo una buona cantina, ed è consigliabile stilare con cura una buona carta dei vini.La scelta delle etichette può seguire diversi criteri che caratterizzano il locale: si possono prediligere zone ge-ografiche tipiche, oppure una rosa di vini internazionali. La scelta è soggettiva e mira a dare una certa immagine al locale. Il cliente deve avere modo di leggere in modo scorrevole la carta dei vini: è buona norma categoriz-zare i vini secondo una “classifica”, ad esempio “per regione” oppure “per colore” o magari (e questo è un modo molto innovativo di presentare i vini) “per abbi-namento di cibi”.

Il vino al caliceMolti ristoratori però pongono un problema: dati i tem-pi, il vino di qualità risulta “costoso” per molti clienti. Inoltre, le norme sulla sicurezza stradale hanno disin-centivato ulteriormente il consumo di alcol. Che fare per offrire un servizio di pregio senza gravare troppo sullo scontrino?Una soluzione è offrire vino al calice.Secondo Coldiretti, se in Italia c’è da un lato un calo nella quantità di vino bevuto, dall’altro lato c’è una maggiore consapevolezza sulla sua qualità da parte dei consumatori.Nella ristorazione fuori casa il vino non è più visto come bevanda per dissetarsi durante il pasto, al posto dell’ac-qua, ma è un piacere da sorseggiare, da abbinare al pa-sto, in modiche quantità, facendo attenzione alla scelta. Optando per l’offerta del vino al calice è possibile sti-molare il commensale a chiedere vini di alto standard, il che dà buone marginalità di guadagno al gestore, senza però gravare troppo sulle tasche del cliente che diver-samente non potrebbe permettersi un’intera bottiglia di vino di alto rango. Per la conservazione del vino da offrire al calice esistono oggi tecnologie apposite che

risolvono il problema di mantenere tutte le proprietà or-ganolettiche.

L’acquaLa terza bevanda di cui tratteremo (ma in realtà la pri-ma richiesta dai commensali) è l’acqua. Acqua che in pizzeria o al ristorante sarebbe meglio fosse non di rubi-netto, in caraffa, ma acqua minerale in bottiglia. Perché? Per due semplici, ma importanti ragioni. La prima è la qualità che le aziende di imbottigliamento assicurano, senza parlare della specificità che ogni tipo di minerale ha (liscia, effervescente, gasata oppure minerale o oligo-minerale).La seconda ragione è la qualificazione dell’of-ferta. Una bella bottiglia dedicata al canale Horeca crea differenza di servizio rispetto ad una brocca spartana.I nuovi dati Bevitalia confermano che l’Italia è una grande consumatrice, oltre che produttrice di minerale. Quella naturale piace al 20% degli italiani, quella friz-zante al 17%, quella effervescente naturale ad un altro 17%, ai rimanenti piacciono indifferentemente tutte.Ma quello che a noi in-teressa sottolineare è che gli italiani propendono per l’acqua minerale in bottiglia, sia a casa che nel fuori casa, nono-stante le campagne pubblicitarie sull’ac-qua di rubinetto. Per gli italiani una bella e buona bottiglia di acqua è sempre un bel vedere e un buon gustare sulle tavole dei locali. È sino-nimo di sicu-rezza, qualità e gusto.

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Quando si tratta di abbinare il cibo alla bevanda non tutti noi italiani siamo così bravi, esperti, intenditori. Qui entra in gioco il ristoratore che può, anzi deve, suggerire il miglior abbinamento, educando così il cliente al gusto del buon bere.

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Il mercato della ristorazione italiana non è fatto solo di food. Il bere, le bevande, hanno un ruolo sempre più centrale, sia nella soddisfazione del consumatore che nel conto economico del gestore. Ne parliamo con Giuseppe Cuzziol, presidente di Italgrob, la Fe-derazione che raggruppa i grossisti di bevande spe-cializzati nella ristorazione extradomestica.

Quanto, secondo lei, oggi è valuta-to correttamente il ruolo e la valen-za che possono avere le bevande nella ristorazio-ne?«Nel fare questo tipo di valutazio-ne è necessario scomporre il mon-do della ristora-zione. Se parliamo della ristorazione di fascia alta, eb-

bene ritengo che in questo contesto l’attenzione che il valore del “bere” ha nel contesto dell’offerta è sempre stato molto alta. Non per nulla ci sono locali che sono delle vere e proprie cantine, capaci di selezionare e proporre ai loro clienti centinaia di diverse etichette. E non parlo solo di vino, ma anche di specialità brassi-cole, oltre che di specialità liquoristiche. Questi locali hanno ben compreso che la gratificazione e la fide-lizzazione dei propri clienti passa anche attraverso la varietà, la qualità e l’esclusività della propria offerta beverage».

Nella ristorazione di fascia medio bassa invece?«Beh, qui la situazione è un attimino diversa, la mag-gior attenzione è riservata all’offerta food, il “beve-rage” gioca un ruolo di secondo piano. E qui il risto-ratore compie un errore: una selezione di bevande esclusive, non necessariamente costose, ma in linea con quello che è il target di quel determinato locale può fare davvero la differenza sul mercato. Dal can-to nostro, come distributori specializzati di bevande l’impegno continuo è quello di sensibilizzare i nostri clienti verso prodotti dedicati al settore Horeca. Devo dire che, grazie a questo continuo lavoro di promo-zione, l’attenzione verso il beverage nell’offerta risto-rativa sta crescendo sempre di più».

Ma ristoratori, gestori, camerieri sono educati a pro-porre al cliente la giusta bevanda da abbinare, oppu-re lasciano fare al cliente?«Torno al concetto di prima: nella fascia medio-bassa del mercato c’è ancora tanto lavoro da fare, il cliente bisogna assecondarlo, ma anche guidarlo e consigliar-lo. Se nel bere la sua esperienza rimane esclusiva e positiva state pur certi che quel cliente è conquistato».

Parliamo di acqua, prodotto che molte volte viene trattato come una commodity: che differenza fa pro-porre una buona minerale, piuttosto che mettere a tavola acqua in brocca. «Se mi permette la differenza che c’è fra il giorno e la notte. Fra un’acqua minerale servita in bottiglia e acqua di rubinetto seppur filtrata, non c’è partita, e non solo per la gratificazione del cliente, che ovvia-mente gradisce acqua minerale, ma anche perché, servire acqua in brocca è un danno anche per il ri-storatore. Uno studio della Sanpellegrino ha quantifi-

intervista

Il buon bere che conquista i clienti

a cura di Giuseppe Rotolo

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Italgrob, la Federazione Nazionale Grossisti Be-vande, è da vent’anni l’unica associazione di riferi-mento in Italia per il settore della distribuzione dei liquidi alimentari, nel canale Horeca. Italgrob ad oggi associa grossisti che rappresentano in numeri-ca oltre il 60% della distribuzione Horeca italiana, con un giro d’affari complessivo che sfiora il 55% dei traffici globali.Italgrob ha sede a Roma, in via GianLuigi Bonelli e pubblica la rivista GBI. Fra le altre attività da segnalare il portale web de-dicato al mondo delle bevande www.italgrob.it. Organizza l’International Horeca Meeting, evento dedicato a tutti gli operatori della filiera Horeca, Italgrob fa parte di Cegrobb, l’associazione euro-pea di distributori e grossisti bevande.

cato in 6000 € annui, in media, la perdita che ha un ristoratore nel proporre ai propri clienti acqua filtrata in brocca. Un danno d’immagine oltre che economico, quindi».

Qual è il ruolo del distributore nel rapporto con un ristoratore che deve selezionare la sua offerta beverage?«In questo contesto il ruolo del grossista specializzato è fonda-mentale. Con la sua cultura di prodotto, il contenuto di servizio che sa offrire, il grossista beverage garantisce al “bere” il più alto valore aggiunto. Perché il “bere” non è solo un fatto di prodotti di qualità. Tutti sappiamo che intorno al bere s’instaura una so-cialità più immediata, bere insieme riduce le distanze, gustare e apprezzare lo stesso vino, la stessa birra esclusiva ci fa scoprire amici, e a volte complici. In questo modo frequentare un locale pubblico è sicuramente più piacevole e gratificante, dà ai con-sumatori più soddisfazione. E clienti soddisfatti in fondo è quello che tutti vorrebbero».

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Gigi Vurchio Nel mio locale ho una grande vendita di salumi, formaggi locali e carne... nonostante 40 eti-chette di birre speciali ci chiedono molto il vino... sono pochi quelli che dicono quale bevanda vogliono... si affidano molto a noi e in base al loro gusto e a ciò che ordinano consigliamo sempre bene cosa prendere, sia sul vino che sulla birra.

Valerio Valle L’offerta e la qualità delle bevande è sicuramente importante, ma è ancora più importante la conoscenza delle stesse. A mio avviso per consigliare e conquistare la fiducia del cliente biso-gna saper raccontare il prodotto che si propone, bisogna conoscerlo e saperlo accostare. Solo in quel modo le bevande fanno la differenza e contribuiscono al successo del locale. Come si è professionisti nella pizza bisognerebbe esserlo nella sala. Per quanto riguarda la scelta tra vino, birra e bevande gassate, con la pizza sicuramente vince la Coca Cola seguita subito dalla birra, con grande aumento attualmente della vendita delle birre artigianali. Anche se il vino si può accostare bene con la pizza è ancora difficile da proporre come abbinamento, il binomio pizza-birra ormai fortemente radicato è ancora il più forte. Putroppo sono davvero in pochi ad avere un buon livello d’informazione, nonostante siano sempre di più le possibilità offerte da distributori di bevande e associazioni. Di conseguenza è chiaro che chi s’impegna, chi si aggiorna e si informa contribuisce poi al successo del locale. La maggior parte dei gestori si limita ad ampliare la gamma dei prodotti, attraverso la quale sicuramente dà una scelta in più al cliente e da un piccolo valore aggiunto al locale, ma a mio avviso non è sufficiente per distinguersi ed avere successo.

Biagio Saccomandi Nella pizzeria in cui lavoro proponiamo anche portate di pesce e carne, quindi la lista dei vini da abbinare anche alla pizza cotta al forno a legna (anche questa opzione potrebbe essere im-portante così come per la carne o il pesce) è molto vasta e pregiata, vista anche le molteplici va-

PizzabookQuando le bevande fanno la differenza…in meglio.

Cari amici, ecco un breve estratto dalla nostra pagina Facebook su cui abbiamo posto la seguente domanda: “Nei vostri locali si chiede di più vino, birra o bevande gasate? I clienti si fanno consigliare da voi nella scelta della marca? Quanto è importante secondo voi l’offerta della lista di bevande per il successo del vs locale?”. Servire la bevande giusta, infatti, non è un esercizio che tutti prendono in debita e seria considerazione. Errore, perché il beverage, il buon bere, è sicuramente un ottimo biglietto da visita per conquistare i clienti .A dire il vero, neanche i clienti ponderano con estrema attenzione questo particolare aspetto dei loro consumi. Un buon vino della regione si accosta ai piatti tradizionali. Una birra particolare può esaltare alcuni ingredienti di una pizza altrettanto particolare. Una minerale piatta può essere più gradita di una minerale effervescente naturale o viceversa. Una minerale gasata può lavare via dal palato il sapore delle portate precedenti e preparare la bocca a nuovi sapori. Andrebbe anche sottolineata l’importanza dei formati dedicati alla ristorazione. In pizzeria, ad esempio, il cliente può preferire una spina, che a casa non può gustare. O può volere in tavola una elegante bottiglia di acqua di qualità che non trova al supermarket. Accade però che talvolta non si considera quanto il beverage possa qualificare l’offerta e tante volte i clienti (da un parte) e gestori (dall’altra), non sono adeguatamente formati ed informati sulla vastità che il mondo delle bevande propone. Ecco a voi il parere di alcuni amici.

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rietà di vino che offre l’Abruzzo. Ma non solo, da alcuni anni la Birra Artigianale ha cominciato a prendere il volo anche grazie alla presenza, dalle parti nostre, di birrifici artigianali i quali, seppur piccoli, sono molto attivi. Alcuni di loro mandano anche i loro Mastri birrai nei locali per delle degustazioni, poi hanno messo a punto anche delle liste delle birre, segno questo di quanto ormai i clienti vogliono essere informati di quello che a loro viene proposto e di quanto è importante avere la carta delle birre-vino per i ristoranti! Poi a riguardo nel locale in cui lavoro tengo a dire che i camerieri da noi sono molto preparati avendo eseguito corsi da sommelier. Ma secondo me molto fa l’esperienza (che si acquisisce con il tempo) e la conoscenza dei prodotti proposti anche grazie alle partecipazioni a fiere e degustazioni organizzate dalle case vinicole e dai Birrifici! Se non si fa questo e si vuole rimanere nel proprio giardino allora x forza di cose non si cresce!

Attilio RossiMi pare di capire che il cameriere o il gestore riesce ad “indirizzare” il cliente e l’informazione è essenziale. Ma secondo voi oggi i gestori hanno un buon livello di formazione sulle bevande, oppure no? La risposta purtroppo è, no. Però l’esigenza si avverte sempre di più, l’auspicio è che si comprenda quanto prima e appieno che il successo di un locale, oltre alle buone pietan-ze lo fanno anche le giuste bevande.

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Esportiamo anche bravi pizzaioli

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MONDOdala cura di Marianna Iodice

Lo scorso 6 febbraio New York s’è svegliata con un lo-cale di pizza in più che in pochi mesi è diventato po-polarissimo. È la pizzeria “Don Antonio by Starita”. La notizia dell’apertura di questa nuova pizzeria è rimbalzata su tutta la stampa newyorkese, a dimostra-zione dell’impatto che ha avuto sulla città. La pizze-ria nasce dall’incontro del maestro pizzaiolo Antonio Starita di Napoli (della Pizzeria Starita a Materdei) e di Roberto Caporuscio del Keste Pizza e Vino di New

York. In questa pizzeria si gustano pizze tradizionali e nuove ricette, con ingredienti per la maggior par-te importati dall’Italia (come la impareggiabile moz-zarella di bufala). Tra le pizze ci sono la Montanara Starita (Pizza fritta condita con salsa di pomodoro e mozzarella di bufala affumicata) o la Sorrentina (Moz-zarella di Bufala affumicata, limoni a fette e basilico) che hanno deliziato i palati dei newyorkesi che, da subito, hanno eletto la pizzeria locale cult.

Intervistiamo Antonio Starita

sulla pizza a New York

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Antonio, come mai hai deciso di aprire una pizzeria a New York? Da dove nasce questo progetto?«Il nostro progetto nasce per far conoscere agli americani la vera pizza napoletana; tutto questo è nato grazie al grande appoggio di mio nipote Roberto Caporu-scio, grande conoscitore dell’arte culinaria americana. Ho voluto questo progetto anche per dare una secca smentita a tutte quel-le persone che sostengono che la vera pizza napoletana si fa solo a Napoli e per confermare che in-sieme ai prodotti che si esportano bisogna esportare anche dei buo-ni pizzaiuoli».

A New York com’è vissuto il cibo?«Secondo il mio parere anche per gli americani il cibo rappresenta un rito importante perché in questa terra si confrontano diverse tipologie di cucine; per noi ita-liani è una battaglia da vincere, se si vuole esportare i nostri prodotti».

E la pizza?«La pizza per New York è un’alternativa al fast food e noi vogliamo far sì che la nostra tipologia di pizza, la napoletana, prevalga su le altre.Qui, come tutte le cose, la ristorazione è un modo di vivere molto differente dal nostro, con tutte le sue abi-tudini. Noi non ci siamo messi in testa di modificarle, ma assecondarle e cercare di far conoscere anche il nostro modo di lavorare».

Ma quale tipo di cucina va per la maggiore? «Trattandosi di un paese multietnico, è un continuo confrontarsi di cucine, ma certamente quella italiana è una delle maggiori realtà emergenti negli Stati Uniti. Direi però che per aprire un ristorante a New York ci vuole molta competenza ed esperienza, sia sul cibo, sia sul modo di vivere degli americani».

Don Antonio by StaritaOltre alla pizzeria, il nuovo lo-cale newyorkese include anche un servizio completo di bar, con un elenco accurato di selezionatissimi vini italiani, birre, cocktail speciali. Il lo-cale occupa uno spazio di 1.800 metri quadrati ed è sta-to progettato dall’architetto napoletano Roberto Iuliano, che ha organizzato 70 posti a sedere. Il locale unisce l’im-magine di Napoli e New York. Pregiati i materiali usati, tra cui marmo italiano, ardesia e rame che si fondono con mattoni a vista. Un grande lucernario di rame dona una luce naturale alla zona pranzo adiacente al forno a legna, naturalmente a vista, come in tutte le pizzerie napoletane. Il forno è stato realizzato da artigiani italiani con terreno di origine vulcanica e pietra da Napoli, ed è ornato con eleganti tessere di mosaico italiano.Don Antonio da Starita si trova al 309 West Street 50 (tra 8th Avenue e il 9).

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i Locali del Gusto“Positano da Gaspare”

La Ricetta

È un ampio locale in Via Losanna, 11 a Milano, che accoglie cinquantacin-que posti nella sala interna e 30 nel giardino estivo che nelle belle giornate ospita pranzi e cene. Allegro, vivace, con pareti coperte di specchi e pia-strelle colorate, questo ristorante pizzeria, aperto da circa un anno, regala momenti di relax e piacere alla clientela (dal manager alla famiglia) che desidera gustare specialità di mare.A gestire Positano da Gaspare è Gaetano Bello, milanese di nascita, ma ori-ginario della Campania, attivo nella ristorazione da ben 25 anni. Ci raccon-ta che nel suo ristorante pizzeria, oltre alla pizza, anche il resto del menu richiama le tradizioni campane, in particolare le ricette di mare fatte con materie prime freschissime. Anche la cantina è curata con attenzione e offre etichette campane e nazionali. Buonissimi anche i dolci fatti in casa.

I DatteriniUna varietà da intenditori: piccoli,

dolcissimi, dal colore rosso vivo, lavorati appena raccolti. Durante la cottura creano una deliziosa salsa legata dal gusto ricco e appetitoso. Ideali per primi piatti a cottura

breve e secondi piatti di pesce, offrono sempre la massima resa in cucina.

In latta da 1kg

Preparate un soffritto di aglio e olio, con un po’ di Datterini Cirio Alta Cucina. Cuocetevi l’astice,

gli scampi, le vongole, aggiungendo un po’ di vino bianco per sfumare. Bollite le linguine, cucinatele

al dente e scolatele. Aggiungetele al sugo e mantecate per un po’.

Linguine all’astice

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SOLITOin food

Mettete i fiori

nei vostri tegami

a cura di Marianna Iodice

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ettete i fiori nei vostri tegami!”. Parafrasando la celebre frase pacifista degli hippy, è un ap-pello di allegria e fantasia che

facciamo a tutti i pizzaioli, cuochi e chef: volete co-lore e sapori nuovi nella vostra cucina? Cucinate con i fiori! E, badate bene, non stiamo parlando solo dei fiori di zucca, tradizionali nella cucina (diffusissimi nel Lazio). Quando parliamo di fiori parliamo di fiori di rosmarino, lavanda, gelsomino, gerani, garofani, primule. Se ci pensate bene nella cucina italiana ci sono già molti fiori, oltre a quelli di zucca prima men-zionati: i cavolfiori, carciofi, capperi sono anch’es-si fiori. Dunque mangiare un sugo ai garofani o una marmellata di primule non dovrebbe stupire più di tanto. Cucinare i fiori è frequente nella cultura gastronomi-ca orientale. Ad esempio in Cina crisantemi, gigli e fiori di loto fanno parte della cucina locale. Ma, oltre all’uso nelle grappe e nei liquori, anche la tradizione regionale di alcune zone dell’Italia annovera i fiori nella cucina: nella cucina ligure, ad esempio, trovia-mo le violette candite, in quella milanese l’insalata di crisantemi e in quella veneta il riso alla malva. Nonostante ciò, cucinare i fiori a ben vedere è an-cora una pratica poco sperimentata, potremmo dire d’elite. A chi volesse esplorare il mondo della cucina dei fio-ri consigliamo vivamente di seguire i nostri consigli: prima di tutto i fiori andrebbero raccolti in luoghi in cui non c’è inquinamento (gas di scarico delle auto-mobili, smog) o possibili inquinanti come fitofarmaci e antiparassitari. Se siete sicuri di ciò che raccogliete bene, altrimenti è possibile acquistare questi fiori ad uso alimentare presso appositi negozi o serre biolo-giche. La seconda operazione da fare è controllare l’assenza di insetti, dopodiché i fiori vanno lavati met-tendoli in un colino e passandoli velocemente sotto l’acqua fredda e vanno asciugati arrotolandoli dolce-mente in un panno.

Rose, garofani, gerani e primuleNon sono solo belli da vedere, sono anche buoni da gustare e forse non tutti immaginano in quante ricette possono essere utilizzati. Ad esempio con le rose è possibile preparare un ottimo risotto (100 gr. di funghi coltivati e cipolla soffritti in olio, 250 gr. di riso, un bicchiere di vino bianco secco, un po’ di brodo per la cottura. Dopo 10 minuti aggiungere due manciate di petali di rosa canina e terminare la cottura, alla fine della quale aggiungerete erba cipollina, due cucchiai di panna e parmigiano reggiano). I garofani si prestano per cuocere il sugo (un trito di cipolla, sedano e carota, petali di garofano, carne macinata, un po’ di vino bianco, pomodoro, sale). I gerani possono arricchire la ricotta (con olio, sale, pepe, erba cipollina, petali tritati). Le primule sono ottime se cotte e rese una marmellata vellutata (sci-roppo bollito preparato con 800 gr. di zucchero e un bicchiere di acqua, 350 gr. di petali di primule frullate, 2 cucchiai di zucchero, 30 minuti di cottura mescolando bene).

Chiediamo al nostro tutor in cucina, Massimo Meloni, per-ché è ancora così poco fre-quente usare i fiori (eccezion fatta per carciofi, fiori di zuc-ca e capperi…) in cucina?«Beh, il sapore non sempre convince i palati più conser-vatori, poi forse il costo frena l’esplorazione da parte di noi addetti ai lavori, e ci sta anche

una buona dose di diffidenza generale ».

Secondo te ai clienti piacerebbe provare un piatto o una pizza farcita con i fiori che abitualmente pensia-mo non essere commestibili?«Intanto è giusto ricordare che i fiori che troviamo nel nostro paese, soprattutto quelli coltivati sono edibili,

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bisogna stare attenti ai trattamenti chimici semmai. Per poter immaginare l’uso dei fiori farei un para-gone con la rucola, 20 anni fa ha iniziato ad essere presente ovunque, i fiori a crudo sulla pizza, o in un insalata tiepida con dei gamberi e dei cannellini potrebbero fare tendenza, senza esagerare, maga-ri seguendo le stagioni».

Ci suggerisci un paio di ricette con dei fiori a tua scelta?«Con la lavanda preparo una buonissima crême brulèe, o catalana, uso i semi di lavanda lascia-ti nella panna, o mista al latte, in infusione una notte, a seconda dell’intensità dei fiori si dosa la quantità, diciamo 5 g. a litro per dare un’idea.La seconda ricetta, riguarda la pizza, che io da chef metto ai primi posti in assoluto tra i piatti mi-gliori: mi piace molto lo zafferano, con cui condire della panna densa, stupendo il colore sulla pizza, abbinando dall’autunno all’estate: porcini, cavol-fiori, asparagi e peperoni. Con la stessa base di crema allo zafferano mettete gli stessi ingredienti della paejlla valenciana, escluso il riso.

Qual è un fiore il cui gusto a te piace particolar-mente?«La margherita della camomilla, si presta non solo a creme e gelati dolci, ma anche a pesci e carni delicate».

E un fiore che a te piace o piacerebbe usare per decorare un piatto?«Non so voi, ma i fiori sono tutti belli, però se creo un piatto elegante allora uso fiori eleganti come rose, e orchidee, mentre per piatti più “freschi e moderni” fiori più piccoli dai colori vivaci».

Cucinare con i fiori. 200 ricette di cucina creativa Di Lydia Origli, Edit. Xenia“Cucinare con i fiori” è un libro che si rifà alle lontane tradizioni culinarie dell’A-sia: cinesi, giapponesi, coreane, indiane. Perle di cucina vegetariana, ideali per pri-mi, secondi, contorni, perfino per liquori

e dessert: ghiottonerie alla portata di tutti, anche di chi non è un cuoco provetto. Molti dei fiori utilizzati sono comunemente reperibili, altri invece, assieme ad alcuni ingredienti esotici, si possono facilmente trovare nei negozi di prodotti naturali.

Cucinare con erbe e fiori. Profumi, aromi e sapori per portare la fantasia sulla vostra tavola di Cristina Bottari, Food EditoreQuesto libro vi farà scoprire che rose, gelsomini e violette non servono solo per decorare le vostre ricette, ma sono

anche ingredienti profumati e colorati per piatti delicati e ori-ginali. E poi ricette a base di timo, alloro, basilico: le erbe aro-matiche fresche non regalano solo una nota di profumo sulla tavola, ma apportano vitamine e sali minerali. Le ricette sono tutte illustrate con fotografie a pagina intera e sono arricchite da informazioni sui fiori e le erbe.

Cucinare con i fiori. Centouno ricet-te profumateDi Lina Marenghi, Edit. Priuli & Ver-lucca Belli, colorati e profumati, i fiori hanno an-che altre virtù e questo libro intende farle scoprire, spiegando come utilizzarli per in-ventare nuovi modi di cucinare. Centouno

ricette pazientemente manoscritte ed artisticamente illustrate da più di 100 disegni tutti a colori, destinate a chi ama la natura, ma anche a chi desidera armeggiare in cucina per arricchire le proprie doti culinarie.

Letture per approfondire la cucina con i fiori

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Pizza con fiori di zucca

SOLI

TOin

food

ProcedimentoPreparate una base bianca con il mix di formaggi, tagliate la zucchina a julienne e disponetela sulla pizza e infine aggiun-gete delle roselline di alici e infornate. A cottura quasi ultimata aggiungete i fiori di zucca aperti a fiore e completate la cottura.

IngredientiMix di formaggi: ricotta, mascarpone, primosale, taleggio, zucchine, fiori di zucca e alici.

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casillo

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Pizza fiori, gamberi e verdure

ProcedimentoPulire gli asparagi e i fagiolini e cuocerli al vapore, condirli con olio, sale e menta. Stendere il disco di pasta, aggiungere la moz-zarella a pezzi, la Philadelphia e infornare. In uscita aggiungere le verdure, i fiori precedentemente lavati e le mandorle, ultimare con un filo di glassa di aceto balsamico.

IngredientiPhiladelphia, mozzarella, gamberi, asparagi, fagiolini, primule, violette, olio extravergine di oliva, glassa di aceto balsamico, mandorle.

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Questa volta non parleremo di un solo esperto di pizza, bensì di due nomi, entrambi legati alla pizzeria Sp.Accio. Si tratta di Giuliano Pediconi e Ivan Signoretti, il primo consulente Esmach, il secondo, invece, pizzaiolo nel locale di San Patrignano. Giulia-no Pediconi da 23 anni è con le “mani in pasta”: ha iniziato come panettiere, per poi diventare con l’esperienza e la formazione un vero tecnico di farine e lievitazioni, docente ad Ancona presso la Casa del Fornaio. Come ci spiega lui stesso collabora da 5 anni con la pizzeria Sp.Accio dove, in cooperazione con il team

del locale, sviluppa il lievito naturale per pizza, lievito che regala ai prodotti una fragranza unica, che ha valso a questo locale una grande fidelizzazione da parte della clientela. Ivan Signoretti, invece, nasce come cuoco; è di Rimini e dopo altre esperienze lavorative, da quattro anni fa il pizzaiolo a Sp.Accio. Lavorare qui è per lui una passione, perché “solo la passione fa fare tutto al meglio”.

Pomodoro, funghi Pleurotus, speck, indivia, ricotta vaccina.

Preparate una base rossa con un filo di olio e aglio, aggiungete i funghi Pleurotus precedentemente fatti

saltare in padella con vino bianco e prezzemolo, dei rotolini di speck e indivia precedentemente ma-rinata con vino rosso e aceto balsamico di Modena

I.G.P. e infornate. A fine cottura guarnite con la ricotta vaccina e la

riduzione di fondo di cottura dei funghi.

Come spiegano Giuliano e Ivan, allo Sp.Accio (via San Patri-gnano, 66 a Coriano), la pizza non solo ha una lievitazione naturale lunga e accurata, ma tutte le farciture sono fatte con ingredienti specifici, ad esempio i capperi solo esclusivamente di Pantelleria, San Marzano campano, bufala dop. «Vi invitia-mo a venirci a trovare e scoprire la pizza con cornicione alto e morbido, con lievitazione fatta con tre rinnovi della madre e 24 ore di riposo in cassetta. Facciamo impasti con tanti tipi di

farina, classici, crusca, grano spezzato, segale, kamut». Questa pizzeria segue lavorazioni e cura delle materie prime in modo certosino. Per questo è una pizzeria speciale. Ma a renderla ancora più speciale, però, è il fatto di essere non solo un locale, ma un laboratorio di esperienze per alcuni ragazzi ospiti della Comunità di San Patrignano, i quali, anche grazie al lavoro presso questo ristorante pizzeria, hanno raggiunto il loro riscatto nella società.

Giuliano Pediconi e Ivan Signoretti

Pizza Ivan Ingredienti

Procedimento

CHEFpizza

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ProcedimentoPreparate una base bianca con mozzarella olio e aglio. Preparate una sauté con i frutti di mare freschi con olio, aglio e prez-zemolo e adagiateli sulla pizza; completate con spicchi di pomodori-no pachino, olio extravergine di oliva, prezzemolo e infornate.

Ingredienti • Mozzarella

• Sauté di frutti di mare freschi

• Pomodori Pachino

• Prezzemolo

• Olio extravergine

di oliva

• Aglio

Pizza

Pizza Profumo di Mare la ricetta

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Piacere freddoDissetante, gustoso, il sorbetto piace proprio a tutti

PICCOLIpiaceria cura di Gabriella Marchitelli

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ustoso, si scioglie a contatto con il palato caldo e regala il piacere della sua frescura. È il re del fine

pasto o, nelle cerimonie, il perfetto intramezzo fra le portate di pesce e carne, per “lavare” la bocca, ini-ziare a digerire la prima parte del pasto e preparare il commensale al resto del menu. Dalla sala ricevimenti alla pizzeria il sorbetto trova sempre la sua colloca-zione ed è sempre gradito, tanto agli adulti quanto ai piccoli. Il sorbetto, come il gelato, è una “speciali-tà” gastronomica italiana, dalle origini remote. Mol-tissimi confondono sorbetti e granite, ma un esperto gelatiere sa che le due cose sono diverse. Per la pre-cisione esistono quattro specialità differenti a base di “ghiaccio”, i sorbetti, appunto, e poi le granite, le gremolate e le ghiacciate. La granita differisce dal sorbetto per la struttura a grana grossa; la gremolata è una granita che al posto del succo prevede polpa di frutta. La ghiacciata è ghiaccio tritato con sciroppo. Un bravo maestro gelatiere vi insegnerà che il sor-betto è una ricetta che usa il ghiaccio a grana fine,

ed è l’antenato del gelato; è semi-denso, privo di addensanti,

originariamente analco-lico, anche se oggi è

in voga aggiungere una spruzzata di spumante o di uno spirit. La sua prepara-zione è simile a quella del ge-lato alla frutta,

a cambiare è la fase del “raffred-

damento”. È privo

di latte, cosa non da poco per gli intolleranti al lat-tosio, ma alcuni gelatai aggiungono mezzo albume per renderlo più cremoso. Tradizionalmente il sor-betto va servito in un bicchiere, come un flûte, e si beve (quindi se non è fluido e sono presenti cristalli di ghiaccio significa che il sorbetto non è stato fatto a re-gola d’arte). Forse non tutti sanno che oltre ai sorbetti alla frutta, che sono quelli tipici (classico al limone, al mandarino, all’arancia, al pompelmo…) e che ri-calcano le antiche ricette che già si ritrovano nei testi latini, esistono anche sorbetti salati, da inframmezza-re alle portate. Il più conosciuto, fra i sorbetti salati, è quello al pomodoro e basilico: “gli ingredienti classi-ci di una buona pizza - penserete voi - sempre buoni in tutte le possibili varianti che la fantasia culinaria sa partorire”. Vi proponiamo velocemente la ricetta: lavate i pomodori, tagliateli ed eliminate un po’ di semi. Aggiungete il basilico, frullate e passate al se-taccio per eliminare i semi rimasti. Sistemate il com-posto in bicchieri (i migliori sono i flûte) e mettete in freezer per almeno 20 minuti, coprendo con la pel-

G

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licola. Una variante alcolica? Aggiungete un goccio di vodka. Il sorbetto ha ispirato anche grandi nomi della cucina, i quali lo hanno reinventato. Pensiamo a Christophe Felder, ex chef pasticcere del Crillon a Parigi, tra le stelle dell’ultimo Identità Golose, che ha in-ventato il Méli di rughetta e pompelmo rosa, con una vinaigrette alla vaniglia e sorbetto di pompelmo. Un dessert inusuale, con agrumi e verdura. Il sorbetto, ricapitolando, è un pia-cere che ha accompagnato i pasti dell’uomo dalle più grandi civiltà fino ad oggi. Ma come era possibile fare i sorbetti senza le moder-ne macchine per raffreddare gli ingredienti? Si usava la neve, che veniva conservata nelle cantine, piccoli “nevai” artificiali. A Roma la neve veniva portata dal Terminillo o per nave dall’Etna e dal Vesuvio. Nel Medio Evo l’uso di gelati, sorbetti e granite si perse, e la no-stra gastronomia per riappropriarsi di questi leccornie dovette aspettare gli arabi, che rin-trodussero il gusto del freddo portando nella Sicilia gli scherbet (dolce neve) che qui si ar-ricchirono di nuovi sapori.

Sorbetto al limone (dosi per 4 persone)Ingredienti: 200 g zucchero - 0,50 litri d’acqua - 3 limoni - 1 albumeProcedimento:Lavate e sbucciate i limoni privandoli solo della scorza gialla che farete bollire in una casseruola, per 5 min, insieme ad acqua e zucchero. Lasciate raffreddare, filtrate e aggiungete il succo dei limoni spremuti. Montate a neve l’albume e unitelo al suc-co. Mettete in freezer per almeno 3 ore.

Sorbetto alle fragole (dosi per 4 persone)Ingredienti: 300 g fragole - 200 g zucchero - 0,25 litri d’acqua - 1 limone (succo) - 1 albumeProcedimento:Mescolate a fuoco basso, in una casseruola, acqua e zucchero, poi lasciate raffreddare lo sciroppo ottenuto. Frullate le fragole con un po’ di sciroppo di zucchero e succo di limone. Mettete il composto nel freezer. Dopo un’ora circa unite l’albume montato a neve. Rimettete in free-zer per altre due ore.

I sorbetti piu’ amati

Vi consigliaSorbetto al pompelmo rosaIngredienti:1 busta (750g) di Sorbetto al Pompelmo Rosa Fabbri.2,5 lt di acqua. Per un gusto più accentuato aggiungere il succo di un pompelmo rosa.Procedimento:Miscelare gli ingredienti in una caraffa (agitando con una frusta) e versare nella campana del granitore; attivare quindi la macchina.Con una busta si possono ottenere circa 60 sorbetti da 60g (pari circa a 100 ml).

Info: www.fabbri1905.com

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e vie della birra sono infinite. Quando in Italia si parla di doppio malto (non di rado a sproposito) la sua traduzio-ne in tedesco è quasi univoca: ‘Bock’.

Ebbene, nell’idioma germanico Bock significa “capro-ne”. In effetti sulle etichette delle varie birre con que-ste caratteristiche non di rado appare appunto l’effigie di un caprone, che in generale nell’iconografia cat-tolica rappresenta invece la simbologia del Diavolo. Come mai? La risposta è semplice: si tratta di un errore di trascrizione e pertanto di interpretazione. La città di Einbeck in Bassa Sassonia, non lontana dalla sua ca-pitale Hannover, ha una lunga tradizione di birre forti che risale addirittura al 1378. Queste birre venivano trasportate fino alle città della Lega Anseatica, la ri-

sposta tedesca alle nostre Repubbliche Marinare, e di qui in giro per l’Europa dalle loro flotte mercantili. A causa delle estese distanze da percorrere, e di conse-guenza del lungo tempo da trascorrere prima di essere bevute, ecco che le birre erano più forti del normale per conservarsi meglio. La fama della bontà delle birre di Einbeck diventò così vasta che il duca Ludwig X di Baviera, scontento delle prestazioni dei suoi mastri birrai, ne chiamò a Monaco uno di Braunschweig, cit-tadina della Bassa Sassonia non lontana da Einbeck. Correva l’anno 1540. I Monacensi furono deliziati da questa nuova birra, ma storpiarono il nome originale di Einbeck in Ein Bock. In sostanza la “e” diventò una “o” e il nome della cittadina sassone fu scorporato in due parole, che neanche a farlo apposta avevano e

L

a cura di Franco Rerettore Università della Birra

BIRRAd’autore

Bock e Maibockla birra doppio malto

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hanno tuttora il significato di “un caprone”.Con il tempo i Monacensi si dimenticarono del motivo per cui chiamavano così quella birra forte e impararono a far-la loro stessi, modificandola secondo il loro gusto. Oggi la Einbecker Bier esiste ancora ed è prodotta con malto lo-cale, ma con tre tipi diversi di luppolo, tutti provenien-ti dalla Baviera. Il suo gusto però, oltre che sul malto, è più incentrato sul luppolo ri-spetto alle Bock bavaresi, che invece mostrano una predile-zione verso il dolce del malto. In Germania il termine “Bock” ha anche una valenza legale, in quanto è una birra considerata sottotipo di Starkbier, “birra forte”. Le Bock devono avere un grado Plato compreso fra 16 e 18, dopodiché dai 18 gradi in su diventano Doppel-bock. Queste ultime sono la classica birra invernale, scura e molto forte, in genere dai 7,5 gradi in volume in su. Interessante per questo periodo è la variante chiara di circa 6,5 – 7 gradi alcolici (Heller Bock), che viene proposta in primavera per le feste campe-stri spesso legate al Maibaum, una specie di Albero

della Cuccagna, molto po-polare in Baviera, che viene eretto nei vari centri cittadini nel mese di maggio. Le Bock e le Maibock sono contrad-distinte da un gusto morbido e abboccato, pur se il corpo evidenzia una buona struttu-ra. Si accompagnano molto bene a carni di maiale lessate con insalata di patate, anche se molti consigliano anche il maiale in umido con patate al forno. Carni strutturate, ma bianche, che si abbinano con criterio al dolce delle patate e del malto. Considerato che

anche in Italia è invalsa la voga di infornare la pizza con i würstel, detta “alla Viennese” per via del tipo di carne usata, perché non provare a mangiarla ordi-nando una fresca e spumeggiante Bock? Se proprio volete uscire da questo classico, ma garantito schema di accostamento, possiamo proporre una “pizza ai formaggi dolci” in cui, oltre al corpo assertivo, c’è la dolcezza di formaggi poco maturi o affinati, come ad esempio il Caciotta di Vacca, o la Casatella, l’Italico, o perfino il Fior di Latte, insomma formaggi freschi a pasta molle e a breve maturazione.

Tu, professionista della pizza, vuoi far crescere il fatturato del tuo locale e avere un’altra interessante prospettiva professionale? Di-venta Cervoisier, un vero e proprio esperto di birra che conosce in tutti i suoi aspetti la maltata bevanda, la sa servire nel migliore dei modi e sa abbinarla in maniera corretta. L’Università della Birra ti può aiutare a diventare un perfetto Cervoisier e a ottenere un diploma che certifica legalmente la tua preparazione. Abbia-mo altri tipi di corso, anch’essi con valore legale, che possono soddisfare ogni tua esigenza. Chi ci ha seguito diligentemente ha avuto significativi incrementi di fatturato, che in media hanno sfiorato il 30 per cento. Consulta il nostro sito www.universitadellabirra.com e contattaci con una e-mail a [email protected], per telefono allo 0332.458676 Fax 0332.459425 oppure al 348.3730178.

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Monchshof BockbierBirra ambrata doppio malto prodotta con puro malto d’or-zo. Corpo deciso, adatta per gli amanti delle birre forti e ricche di gusto. Birra di pro-duzione tipicamente tedesca, complessa, bassa fermenta-zione.

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EKU 28La sua elevata gradazione è dovuta dalla lunga maturazio-ne, che dura circa nove mesi. È una doppelbock di colore ambrato scuro, che al gusto di malto unisce un aroma frutta-to. La schiuma prodotta dalla EKU 28 è compatta e dotata di una buona persistenza.

Distribuita da Eurosagawww.eurosaga.it

Ettaler CuratorEttaler Curator è una deliziosa dopplebock, eccellente testi-monianza della produzione dei benedettini che ripropon-gono la ricetta originale del 1609. Una schiuma cremosa e sottile racchiude i profumi au-tunnali di noci e pere caramel-late. Il corpo è morbido, ricco e denso.

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Le Bock sono adatte per i sapori intensi. Ottimo l’abbinamento sia con le carni rosse che con pollo o selvaggina. La Bock si accosta bene anche a piatti piccanti o pesce affumicato.

abbiniamole con...

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Asprinio di Aversa

a cura di Eustachio Cazzorlaenogiornalista e sommelier degustatore

VINOd’autore

leggero,briosoAllegro

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lo disse due secoli fa anche lo scrittore Alessandro Dumas «è l’unico vino ca-pace di andar bene con la pizza e gli spaghetti». E allora c’è da crederci. Par-

liamo dell’Asprinio di Aversa, vitigno antico considerato da sempre il vino di Napoli e con la Falanghina il più abbinabile alla Pizza. E poi se ci aggiungi che le viti sal-gono per una decina di metri, maritate a olmi o pioppi altissimi, all’uso degli etruschi, allora sì che l’Asprinio è un vino unico al mondo. Questo tipo di pergola su tutori vivi, già descritta da Plinio il vecchio, è detta “alberata aversana”. E la grande conquista è che da disciplinare di produzione, l’etichetta dell’Asprinio da viti maritate deve portare la dicitura “da vigneti ad alberata” o semplice-mente “alberata”. Il territorio è quello della piana a Nord di Napoli e del casertano, la piana dei 22 Comuni della Dop Aversa (ottenuta nel 1993). Sebbene sia stato diffuso in Lazio, Umbria e Puglia, oggi l’Asprinio è davvero un vino inarrivabile altrove, perché la raccolta dei grappoli qui è solo manuale e affidata, visto il caso, a vendem-miatori “uomini ragno”, che non soffrono di vertigini per salire sugli scalilli (così son dette le scale utilizzate per la vendemmia) che poggiano sull’alberata aversana. Le vigne sono come imponenti barriere verdi, cariche di grappoli da fine settembre fino ai primi di ottobre; la rac-colta, fra equilibrismi incredibili, avviene in tipici panieri detti fescine. Questo vino fu definito il “grande, piccolo vino” da Mario Soldati, un vino “allegro, leggero, brioso” da Luigi Veronelli. È significativa, al riguardo, la testimo-nianza di Sante Lancerio che, ne “I viaggi di Papa Paolo III Farnese” (1549), racconta come “il migliore proveniva da Aversa presso Napoli. Di Asprinii ve n’eran di bianchi e di rossi. Come dice il nome, eran molto crudi e disse-tanti d’estate, e così li usava talvolta Sua Santità”.L’abbondanza della produzione e la difficoltà di conser-varlo fecero dell’Asprinio un vino “estivo”, da vendere sfuso e da bersi solo nell’estate avanzata: volta per volta portato su, secondo il bisogno, dalle grotte scavate nel tufo a profondità variabili dai 10 ai 20 metri e piú.La sua elevata acidità, dell’ordine del 9,15 per mille,

rendeva l’Asprinio adatto alla spumantizzazione, per cui nel passato l’uva asprinia veniva acquistata dai france-si per trasformarla in vino spumante. Un’intuizione che non è sfuggita a Gennaro Martusciello, uno degli eno-logi dell’azienda “Grotta del Sole”, per anni presidente degli enologi campani, che maturò una mezza idea di lavorare l’Asprinio in versione bollicine già nei lontani anni ‘60, durante gli studi di enologia a Conegliano Ve-neto. Nel ’73 le prime prove di spumantizzazione di vari vini, finché l’attenzione non si concentrò sull’autoctono Asprinio d’Aversa, ritenuto un vitigno che ben si prestava al metodo classico con un lungo periodo di affinamen-to sui lieviti, almeno 36 mesi, per smussarne il carattere spigoloso.Per quanto riguarda la storia del vitigno, per lungo tempo si è pensato che fosse un Pinot importato dai francesi a inizio ‘800, ma da qualche anno si sa qualcosa di più sull’origine del vino. Alcuni studiosi hanno avallato l’i-potesi della provenienza ellenica, mentre altri ritengono che tale vitigno fosse preesistente, in virtù del metodo etrusco scelto per coltivarlo. Recenti studi sul DNA, con-dotti dal prof. Attilio Scienza, hanno rivelato uno stretto apparentamento con il Greco di Tufo, altro autoctono di rango campano.La sua acidità affascina i più arditi e contrasta efficace-mente la grassezza della mozzarella, sia cotta che cruda, sulla pizza. Le sue note “dure” rincalzate da una miriade di bollicine che scalpellano continuamente la lingua ben si sposano con la tendenza dolce dell’impasto di base. L’aromaticità fine e agrumata, con l’unicità di una mi-neralità quasi sulfurea (data dai terreni vulcanici dell’a-versano), altro non desidera che il profumo sprigionato da una foglia fresca di basilico. La sua secchezza ama la succulenza, poco pomodoro. È tutto chiaro, l’Asprinio e la regina delle pizze, sua maestà la Margherita, sono una cosa sola.

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Italmill offre una va-sta gamma di prodotti per ogni esigenza in pizzeria, tutti prodotti che assicurano stabilità e ri-sultati perfetti.Tra questi una novità esclusiva è Multicereali Nu-cleo, un prodotto innovativo che è stato creato per soddisfare le esigenze di quei pizzaioli che deside-rano creare un impasto personale unico e differente dagli altri, che contraddistingua la sua pizzeria.Multicereali Nucleo è un mix di ben sette cereali sottovuoto, assolutamente naturali e privi di additivi. I cereali contenuti nella busta sottovuoto sono quelli della tradizione mediterranea, dall’aroma intenso: avena, segale, farro, grano saraceno, orzo, crusca di grano tenero, e germe di grano tenero.Con Multicererali Nucleo ogni pizzaiolo può utiliz-zare la percentuale di prodotto che desidera nel suo impasto. C’è chi vuole solo “sporcare” la farina, ma-gari usando un 3% del prodotto, c’è chi può tagliare la farina con una percentuale maggiore, 20%, 30% o più, per ottenere un impasto più ricco e profuma-to. Insomma, Multicereali Nucleo è stato pensato per dare al pizzaiolo uno “strumento di grande flessibilità”, da usare con la massima creati-vità, seguendo ricette personali.Come ci spiega Tiziano Casillo «Multicereali Nucleo solletica la fantasia dei pizzaioli e per-mette loro di sperimentare nuovi impasti alla ricerca di quello perfetto. Con questo prodotto

non diamo un mix di farina già pronto per l’impasto, ma diamo un “ingrediente” da usare nella quantità voluta. Questo prodotto è stato pensato per un uso versatile. Infatti, può essere adoperato anche per pane e dolci, come biscotti, croissant. La confezione sottovuoto garantisce il mantenimento di tutto il pro-fumo e le caratteristiche organolettiche dei cereali. Usando questo prodotto ogni pizzaiolo, ma anche panettiere e pasticcere, può conferire ai suoi prodot-ti da forno aroma e ricchezza in termini di proprietà salutari, vitamine e fibre. Multicereali Nucleo accon-tenta la domanda crescente di impasti sempre più buoni per il benessere del fisico, una domanda sa-lutista che sta diventando sempre più forte nel mer-cato pizza».

Multicereale Nucleo

news

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&Mercato tendenzeAl suo debutto al CIBUS, 16° Salone Internazionale dell’Alimentazione, (7 - 10 maggio a Par-ma), Gustosia non è passata inosservata aggiudicandosi il prestigioso premio “Dolci & Consumi Awards”, premio dell’eccellenza assegnato dal retail per il Miglior Packaging. Proprio il packa-ging, infatti, costituisce un elemento distintivo di questa innovativa linea per creare dessert di elevata qualità e prelibatezza in tempi brevi e con risultati eccellenti. Ogni confezione della linea GUSTOSÍA riporta in cinque lingue e in maniera chiara e completa, oltre che gli ingre-dienti, anche istruzioni e vignette utili per la preparazione dei prodotti, indicazione dell’assen-za di glutine, numero di porzioni realizzabili, e tante altre notizie.

Volendo usare un termine calcistico, Rene Redzepi, chef del Noma di Copenaghen, è stato pro-tagonista di una tripletta: per tre anni consecutivi si aggiudica gli allori della selezione “World`s 50 Best Restaurants 2012”, guida che stabilisce i 50 migliori ristoranti al mondo. La classifica è sponsorizzata da S. Pellegrino e Acqua Panna ed è oggi una lista rinomata, riferimento per il settore in tutto il pianeta.Durante la serata di premiazione René Redzepi, felice e commosso, ha lasciato il palco alla sua squadra, in particolare al lavapiatti immigrato Ali, che ha tenuto il discorso di ringraziamento.Subito dopo Noma, a prendere il battimani collegiale, troviamo il Celler de Can Roca di Giro-na, secondo classificato, e Mugaritz di San Sebastian terzo classificato.

“Imparare dalla storia per costruire il futuro”: è questa la filosofia dell’azienda: i prodotti Marti-nucci sono il frutto dell’intenso lavoro durato decenni, fondato su tradizionali tecniche artigia-nali che, nel Salento del 1950, costituivano fonte di sopravvivenza per numerosi artigiani. Negli anni ‘80 alla produzione artigianale è stata affiancata la produzione industriale: la coesistenza di tali linee produttive consente di guardare al futuro con occhio innovativo, mantenendo però ben saldi i valori del passato. L’amore per il gusto, inteso come attitudine a soddisfare le esi-genze organolettiche e nutrizionali del cliente, rappresenta l’ingrediente su cui si basa il lavoro dell’azienda. La gamma di dolci proposte è varia, gustosa e copre ogni esigenza: Torte, Torte da forno,Torte di Pasticceria, Tranci, Dolci al cucchiaio, Monoporzioni, Tiramisù, Dalie, Mousse, Gelati. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

È Noma il miglior ristorante del mondo

Il gusto dei dolci come fatti in casa

Premio “Dolci & Consumi Awards” a Gustosia

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Orogel Food Service presenta diverse novità per il canale della ristorazione, prodotti studiati e realizzati dal team Chef nella Cucina Italiana di Orogel.Ad esempio la linea degli aromi si arricchisce di speciali referenze come il Misto Prezzemolo e Aglio, perfetto mix per trifolare verdure, funghi, o come base per il pesce. Il Misto Rosmarino e Aglio, è invece ideale per carne, arrosti e patate. Tra gli aromi troviamo anche il Prezzemolo e il nuovo Peperonci-no piccante a cubetti. L’esclusivo sistema di produzione brevettata da Orogel consente al prodotto di mantenere tutto l’aroma e la peculiare piccantezza del prodotto coltivato in Italia. Tra le novità dell’azienda anche la confezione da 1 chilogrammo di Funghi Trifolati Orogel, con Porcini, Champignon, Pleurotes, Nameko, Pinaroli, tutti miscelati nelle giuste proporzioni e arricchiti con un condimento naturale di aglio, olio e prezzemolo. Gustosa idea è il mix Patate e Carciofi Orogel, nella confezione da chilo. Teneri cuori di carciofo e patate grigliate pronte da saltare in padella in pochi minuti.Infine ricordiamo il Cardo Pastellato, novità assoluta nel panorama dei pastellati. Bastano pochi minuti di cottura in friggitrice o al forno per avere un eccellente contorno o antipasto da leccarsi i baffi.

Azienda giovane, dinamica. È presente su tutto il territorio nazionale con oltre 200 punti di vendita ed assistenza ed è in via di espansione anche in Europa.Dalla sua nascita ad oggi Meking ha fatto passi da gigante nel settore delle attrez-zature professionali per la ristorazione, tanto da essere riconosciuta oggi come sinonimo di qualità, sicurezza e professionalità. Con la sua vasta gamma di pro-dotti è in grado di rispondere nel migliore dei modi alle esigenze di ogni settore della ristorazione: dal ristorante al fast food; dalla pizzerie allo snack; dalla ma-celleria alla salumeria; dal supermercato all’industria; dal bar al catering e dalla comunità al domestico. Nella sua gamma troverete sistemi di cottura, sistemi di lavaggio, di refrigerazione, hotellerie e molto altro ancora. Info: www.meking.it

JustEat Italy, filiale italiana del gigante del take away mondiale, presenta i dati di una recente ricerca sul mercato della ri-storazione in Italia. L’indagine, effettuata su un campione di oltre 5.000 ristoranti tra Roma e Milano, ha preso in esame le varie tipologie di servizi effettuati da questi ultimi. In linea generale dallo studio emerge che, in entrambe le città, più di un ristorante su due offre, oltre ai coperti tradizionali, anche servizio da asporto. Segno questo che il fenomeno del take away si sta imponendo sempre di più come abitudine anche tra la popolazione italiana. Solo il 15% del campione, però, sfrutta le potenzialità della consegna a domicilio. Si stima che nel 2012 il mercato della consegna a domicilio crescerà fino al 25% grazie anche al boom di terminali mobili come smartphone e tablet, assicurando ai ristoratori un aumento medio del giro d’affari del 20-25%.

Orogel Food Service novità 2012

Meking. tutto per la tua pizzeria

Cambia la ristorazione: più consegne a domicilio

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pubbliredazionale

alla grande tradizione molitoria alle più sofisticate tecnologie applicate al mondo della farina: i professioni-sti della pizza sanno che affidandosi

a Molino Spadoni potranno scegliere fra una vasta gamma di referenze che assicurano un prodotto finito di qualità superiore. I prodotti Molino Spadoni sono scelti per la na-turalità degli ingredienti, la lavorabilità, la facilità di utiliz-zo e la capacità di adattarsi a nuove ricette. La gamma propone dei veri e propri “strumenti di lavoro” per il pizzaiolo che viene aiutato così nella preparazione di prodotti da forno ogni volta ottimi.

Sempre in continua evoluzioneDal 1923, da quando cioè Livio Spadoni acquistò il Moli-no di Coccolia, l’azienda è cresciuta costantemente; negli anni ‘80 Molino Spadoni introduce sul mercato una nuo-va gamma di Farine e Miscele speciali che si affermano rapidamente sia nell’utilizzo professionale che domestico grazie ai grandi vantaggi offerti nella preparazione di piz-za, pane e dolci. Nel tempo l’azienda ha allargato il suo mercato, dando vita ad un Gruppo industriale attivo in nu-merosi segmenti del settore alimentare, prodotti da forno,

pasta e prodotti dietetici, preparati per dolci, cioccolato, salumi e formaggi. Tra le realtà del Gruppo va ricordata Officine Gastronomiche Spadoni che ha l’obiettivo di rac-cogliere le eccellenze della salumeria e dell’arte casearia del territorio romagnolo. Come dice Leonardo Spadoni, Amministratore Delegato Gruppo Spadoni «Ritengo che l’eccellenza sia l’obiettivo da perseguire su tutti i prodotti del comparto alimentare, che si tratti di farina, di salumi o di formaggi».

La linea BIOIl Gruppo Spadoni, nel suo ventaglio di interessi, da tempo dedica attenzione al mondo del biologico, un settore in crescita in Italia, che risponde ad una fetta di consumatori consistente, che desidera nella propria dieta prodotti deri-vanti da coltivazioni portate avanti senza l’uso di fitofar-maci o concimi chimici.Infatti, Molino Spadoni è socia di Almaverde Bio e licen-ziataria sia per il settore farine, prodotti da forno, pane e derivati, che per il comparto riso. La possibilità di offrire una proposta così ampia in questo settore è strettamente le-gata alla filiera di produzione biologica creata dal Gruppo Spadoni: gli agricoltori che si legano in Filiera conservano

Il Bio entra in pizzeria con

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i loro cereali biologici attraverso I.S.A. (Italiana Stoccag-gi Agricoli), una Società del Gruppo che utilizza tecni-che innovative per preservare le caratteristiche del grano senza l’utilizzo di trattamenti antiparassitari né di CO2; la produzione delle farine avviene nel Mo-lino del Savio, mulino del Gruppo dedicato esclusivamente alla produzione di farine biologiche, che vanta una capacità produtti-va di 700 q.li di grano al giorno.

Nuovi prodotti Bio per pizzeriaPer quanto riguarda il canale professionale pizza, Molino Spadoni ha presentato recentemente al sa-lone Cibus due gamme:1) la gamma delle farine biologiche Professional da 5 e da 25 Kg che comprenderà anche la versione bio delle PZ3, un must per le pizzerie, uno fra i prodotti più amati e usati dai professionisti.2) la gamma di palline per pizza surgelate. Queste ultime

sono davvero innovative: non parliamo delle tradizionali palline surgelate per pizza, ma di pizze realizzate con lie-vito naturale. Attualmente disponibili nella variante biolo-gica, integrale, al farro, al Kamut®, alla soia, sono una pro-posta dall’alto contenuto di servizio per il pizzaiolo che può differenziare la propria offerta senza essere costretto a preparare più impasti diversi e soddisfare le esigenze del consumatore moderno, sempre più alla ricerca di prodot-ti particolari e altamente digeribili. Basta tenere pronte le palline in freezer e usarle all’occorrenza per una fragrante pizza con lievito naturale. Nella gamma farine biologiche Professional troviamo:• Semolato di grano khorasan Kamut® bio 5 kg• Farina tipo “0” bio 5 Kg• Farina integrale macinata a pietra bio 5 Kg• Farina di grano khorasan Kamut® bio 5 kg• Farina tipo “0” PZ3 bio 5 Kg• Farina tipo “0” Manitoba 5 Kg• Farina di farro macinata a pietra bio 5 Kg• Semolato di grano khorasan Kamut® bio 25 kg• Farina tipo “0” bio 25 Kg• Farina integrale macinata a pietra bio 25 Kg• Farina di grano khorasan Kamut® bio 25 kg• Farina tipo “0” PZ3 bio 25 Kg• Farina tipo “0” Manitoba 25 Kg• Farina di farro macinata a pietra bio 25 Kg

Le Farine della linea classica

In foto: Molino del Savio, interamente dedicato alla produzione di farine biologiche In foto: Stabilimento Molino Spadoni

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l mondo che ruota intorno alla pizza, non ci stancheremo mai di dirlo, è ricco di umanità, un’umanità che nei momenti del bisogno si rile-va in tutta la sua energia e solidarietà.

Ricordate l’evento Pizza e Cuore? I pizzaioli che ade-rirono con la loro instancabile voglia di fare, promuo-vendo il progetto nelle loro pizzerie hanno contribuito a raccogliere, nelle tre edizioni, delle ricche somme devolute interamente ai progetti del Ciai, destinati ai bambini della Colombia, della Cambogia, di Etiopia e del Burkina Faso. Gli esempi di momenti di solidarietà verso i più deboli, portati avanti dai pizzaioli, sono molteplici. Recentemente nel carcere di Pozzuoli è partito un cor-so per le detenute: le allieve impareranno a far pizza

da maestri d’eccezione: Attilio Bachetti, Franco Pepe, Enzo Coccia e Gino Sorbillo. E proprio Gino Sorbillo, ultimamente, è stato al centro dell’affetto di tutto il mondo pizza.La notizia dolorosa dell’incendio della sua pizzeria di Via Tribunali, pezzo di storia partenopea, ha creato grande indignazione e commozione in tutto il mondo dei pizzaioli, ma anche fra politici e cittadini comuni. Tutti si sono stretti attorno a Gino, tutti hanno manife-stato la loro solidarietà in diverse maniere. Alla notizia dell’accaduto (era la notte del 26 aprile) tutti gli amici su Facebook hanno lasciato il proprio contributo sulla bacheca di Gino che ha pubblicato le foto del locale bruciato. Anche la politica ha supportato il noto pizza-iolo, sempre così attivo nel tessuto sociale. In molti hanno aderito all’iniziativa lanciata dal com-missario regionale dei Verdi Ecologisti, Francesco Emi-lio Borrelli, e dal segretario cittadino Vincenzo Peretti, per manifestare pubblicamente sostegno e solidarietà all’imprenditore. Idem il sindaco Luigi De Magistris che ha pubblicamente dato supporto al noto pizzaiolo.Gino, sempre in gamba e pieno di vita, ha risposto all’affetto di chi gli è stato accanto: «Io non mi arren-do». Ed infatti ha già riaperto la pizzeria.Sebbene i danni economici sono stati notevoli, Gino sa di avere il sostegno dei napoletani e dei clienti che vengono da tutto il mondo. Ha rilevato alla stampa che «diversi imprenditori hanno proposto di spostarmi in altre zone della città e anche a Milano, ma noi non abbandoneremo mai Napoli e via dei Tribunali, dove siamo nati e vogliamo continuare a vivere a testa alta».

IQuando la Pizza è sinonimo

di solidarietà

In foto Luigi Morello questore di Napoli con Gino Sorbillo durante la passeggiata della legalità. Foto L. Furia

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eventieventi

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eventieventi

I pizzaioli di Sardegna festeggiano il loro campionato

ltre 50 pizzaioli, provenienti da ogni parte della Sardegna si sono ritrovati a Sestu, (Cagliari) per vi-vere tutti insieme e con grande

partecipazione la settima edizione del campionato di Pizza Terra Sarda “Le Origini” .L’evento, organizzato dall’Accademia della Pizza Sardegna e dal suo Deus ex Machina Daniele Cubeddu, ha avuto luogo il 2 aprile nel locale “Su Stentu” .A far gli onori di casa, Andrea Cau e Stefania Podda, proprietari del locale che si è rivelato una location perfetta per organizzare un evento di tale porta-ta, grazie ai suoi ampi saloni dei quali uno particolarmente affascinante, con le pareti arredate da antichi e rari og-getti della civiltà contadina della Sardegna. Un colpo d’occhio notevole lo offriva inoltre un bellissimo e maestoso caminetto in mattoni.

Il campionatoCome dicevamo l’evento ha visto la partecipazione di numerosi pizzaioli che si sono sfidati a suon di buon gusto nelle diverse specialità. Competizioni molto partecipate che hanno messo in mostra pregevoli ta-lenti oltre che una sfilza di fantasiose e ottime ricette.

A far parte della giuria professionisti del calibro dei maestri pizzaioli Cristian Zaghini e Massimo Bosco, Elia Saba (presidente Unione Cuochi Regione Sardegna), Simona Lauri (presidente nazionale Lady Pizza) e Maria Fedela Meloni, Assessore alle Attività Produtti-ve del Comune di Sestu. Comune che, insieme alla Regione Sardegna e all’IP-SAR di Sestu hanno patrocinato questo 7° campionato Terra Sarda svoltosi per

la prima volta a Cagliari.Al cronista non è sfuggito il particolare entusiasmo, lo spirito di amicizia e partecipazione con il quale i

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pizzaioli sardi hanno vissu-to l’evento: gioia e voglia di esserci sono stati gli ingre-dienti di un evento perfetta-mente riuscito. Fra le parte-

cipazioni speciali da segnalare il gruppo Mascalzioni Italiani, una delle squadre di acrobati (pizza) italiane fra le più applaudite.

I sostenitoriL’evento ha goduto del sostegno di aziende come Marana Forni, Caseificio le 4 More, produttore di ottime mozzarelle oltre che della rinomata gamma casara sarda, formaggio pecorino in primis. Fra le al-tre aziende sponsor da segnalare la SIMEC, industria molitoria che fa capo alla famiglia Cellino.

I vincitoriPizza classica: 1° posto Marco Mulas - 2° posto Gio-vanni Cauli - 3° posto Claudio StaraPizza Veloce : 1° Gianmario Ghiso - 2° S’ghaier Ka-rim - 3° Silvano CapaiPizza Larga: 1° Giuseppe Lapolla - 2° Silvano Capai - 3° Luigi SannaArtistica: 1° Claudio Stara - 2° Silvano Capai - 3° Giu-lia CapaiFree Style: 1° Giuseppe Lapolla - 2° Umberto Loriga3° Massimo Naclerio

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eventieventi

i è tenuta lunedì 2 aprile, a Barletta, in una splendi-da giornata di sole, la gara “My Speciality Pizza”, la

miglior pizza firmata Selezione Casillo. Mentre nel campo da tennis del Circolo Tennis Barletta “Hugo Simmen” gli atleti si esibivano fra pal-leggi e rovesci, poco distanti tantissimi pizzaioli giun-gevano da tutta la Puglia per esibirsi in altro tipo di per-formance, fra impasti, colori, profumi, con l’ambizione di vincere il Trofeo Selezione Casillo nell’ambito del primo Campionato Nazionale di “Pizza in Campo” (il più atteso degli eventi del programma XVI Open Bar-letta - Trofeo Selezione Casillo, connubio fra sport e gastronomia). Valorizzare la pizza di qualità, esaltan-do la genuinità delle materie prime e la freschezza dei

prodotti utilizzati, è stato lo scopo della gara: quando alla qualità dei prodotti si aggiungono professionalità, passione e una buona dose di competizione, il risultato non può che essere il meglio.S’è iniziata la gara puntuali, e da subito s’è in-tuito che oltre alla voglia di vincere i pizzaioli

hanno respirato un clima di allegria e confronto, avver-tito anche dagli amanti della pizza presenti all’evento.Selezione Casillo e Agricola del Sole, main sponsor della XVI edizione del Torneo Open di Barletta, hanno riconfermato la propria presenza in contesti non con-venzionali, con attività di edutainment dirette alla valo-rizzazione dei propri prodotti e del territorio.Il concorso è stato realizzato in partnership con l’A.P.P. (Associazione Pizzaioli Pugliesi): più di 50 partecipanti

S

Gara e solidarietà a “My Speciality Pizza”

Selezione Casillo

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eventieventi

hanno proposto la loro specialità, preparata con farine e semole Selezione Casillo. Tra gli odori propri della buona cucina e il colore degli ingredienti variamente utilizzati, una commissione di giudici esterni ha assag-giato e valutato le pizze realizzate dai partecipanti.Nella categoria Gusto, i vincitori sono stati: Matteo Vil-lani (in foto), della pizzeria “La Civetta” di San Paolo Ci-vitate, che ha proposto “La Gentile”, aggiudicandosi il podio; al secondo posto si è classificato Giovanni Fuc-

ci, pizzeria “Imperia-le” di Andria, con la pizza “Shuan”; infi-ne, Cristian Daniele, pizzeria “Il Mirama-re” di Mola di Bari, con la pizza “Nico-letta”. Nella catego-ria Presentazione, il podio è andato

rispettivamente a: Gaetana Leone, pizzeria “Gli Ante-nati” di Barletta, con la pizza “La Disfida di Barletta”; Umberto Ciavarella, pizzeria “Il Mulino” di Rutigliano, con la pizza “Il Trionfo”; Cristian Daniele, pizzeria “Il Miramare” di Mola di Bari, che doppia il terzo posto con la sua “Nicoletta”. La gara è stata anche occasione per fare solidarietà: la quota di iscrizione al concorso versata dai partecipanti, è stata devoluta a Telethon, la fondazione che finanzia la ricerca sulla distrofia mu-scolare e su altre malattie genetiche. Un gesto che ri-marca l’attenzione dell’azienda e il gran cuore dei piz-zaioli verso temi di grande importanza sociale.

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eventieventieventieventi Pizzaioli in gara sulle pendici

del Monte Kronio

i è concluso bene, con la soddi-sfazione di partecipanti e organiz-zatori, il 5° Campionato di Pizza Mediterranea, organizzato da

APW Sicilia (Acrobati Pizzaioli World) e svoltosi il 3 Aprile nella cornice del Ristorante “Le Gourmet” di Sciacca (Agrigento). La location è stata davvero suggestiva; il locale, in-fatti, si trova sulle pendici dell’affascinante Monte Kronio, incastonato in un paesaggio di rara tranquillità e bellezza, da cui si può am-mirare un incantevole panorama tra la vegetazione, e verso l’orizzonte il mare siciliano.«Grazie di cuore a tutti gli intervenuti e i più sentiti complimenti a tutti, per il livello di qualità alto e la professionalità che avete dimostrato» dice l’organiz-

zatore Alfonso Corona, che nella preparazione e nel-lo svolgimento della gara è stato coadiuvato da Piero Asaro e Giuseppe Di Girolamo. Classica, velocità, larga e free style sono state le categorie in cui i piz-

zaioli intervenuti si sono cimentati.Nicolo Cusumano con la sua piz-

za tartufata ha superato gli al-tri contendenti nella sezione

Classica. Lo seguono Giu-seppe Cuffaro e la miss piz-zaiola Lucia Veronica Ca-sella. Nella gara di velocità

a preparare nel minor tem-po possibile la propria pizza

è stato Davide Contiguaglia, seguito da Alfio Rosario Cavallaro

e Carmelo Sciacca. La pizza più larga è stata quella di Valerio Prestato, seguito anch’egli

da Alfio Rosario Cavallaro e Carmelo Sciacca. Nella Pizza free style primo posto a Giuseppe Cuffaro, se-guono Leonardo Sacco e Giuseppe Conti.

S5o Campionato di Pizza Mediterranea

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l 2° campionato di “Pizza Tipica Regionale”, tenutosi a marzo al ristorante Paradiso di Grottaglie, se ne sono viste delle belle e del-le buone: sono state 500 le pizze

sfornate dagli 80 partecipanti, 200 pizze in gara e 300 offerte durante il pizza party serale. La manifestazione ha attirato concorrenti da tutto il meridione e ha coin-volto un numeroso pubblico.Felice e soddisfatto il presidente dell’Associazione Piz-zaioli Pugliesi Luigi Stamerra aiutato nella organizza-zione da Vito Rossini e Giovanni Giorgio.La gara ha avuto inizio alle ore 10, quando un fiume di pizzaioli s’è accalcato per iscriversi al campionato. Subito dopo le iscrizione la gara ha avuto inizio: ad aiutare in sala anche 20 ragazzi dell’istituto alberghie-ro Mediterraneo di Leporano - Maruggio – Fragagnano.Parallelamente alla gara si è tenuto il convegno su “I valori nutrizionali della pizza legati alle produzioni agroalimentari locali ed all’enogastronomia d’eccellen-za”. Chilometro Zero, biologico e proprietà nutriziona-li della pizza sono state al centro del dibattito. Termi-nato il convegno gli ospiti hanno potuto assaggiare le

specialità offerte da alcuni produttori locali, Produttori Capocollo Martina Franca, Caseificio Contento, Ber-nardi produttori cioccolata, Vini Terre Auree, Pregiata Forneria Lenti. Il Campionato e il convegno sono tappe di un grande percorso intrapreso dall’associazione pre-sieduta da Stamerra, il quale ha annunciato che a breve verrà depositato il marchio di “Pizza Tipica Regionale”, certificazione per quelle pizzerie che daranno garanzia di usare per le loro pizze solo prodotti pugliesi.Ma veniamo alla classifica della gara: tantissime le se-zioni in cui hanno potuto confrontarsi i concorrenti. Nella Pizza Classica e arrivato primo Cristian Daniele Michelangelo, nella sezione Pizza Alternativa 1° Gia-como Diamante. Nella categoria Pizza Tipica Regiona-le podio a Domenico Cascella. La più dolce e buona Pizza Dessert è stata quella di Alessandro Pastoressa. Nella categoria Tecnica di Forno è arrivato primo 1° Roberto Pepe. Per la Tecnica applausi al vincitore Ales-sandro Pastoressa. Nella Pizza Larga oro a Damiano Sergi. La migliore Presentazione è stata quella di Do-menico Piccinini. Nella sezione Critica 1° Tony Lanzel-lotto. Infine battimani a Giuseppe Tinelli per la Senza Glutine.

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Pizza pugliese di qualità al campionato

“Pizza Tipica Regionale”

eventieventieventieventi

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Laprovocazione“Ok, il prezzo è giusto!”

Le solite storie

gni tanto le polemiche sul costo della pizza ritornano. E ritornano più velocemente quando i soldi son pochi e la crisi continua ad

insistere e a persistere. Poi, per quanto riguarda risto-ranti e pizzerie, negli ultimi tempi le polemiche sono ancora più ridondanti perché si calunnia che oltre a far pagare molto le portante, la categoria dei ristoratori e pizzaioli sia un covo di accaniti evasori fiscali. Perico-losi delinquenti che somigliano a quel tizio che esce in televisione, ultimo inquietante soggetto di una lunga sequenza di imma-gini di altrettanto inquietanti insetti della cui esisten-za non avevamo il piacere di sapere. Che faccia truci-da quel tizio! Non potremmo minima-mente immaginare che chi si occupa di ristorazione ab-bia simili conno-tati. Infatti delle migliaia di operatori che abbiamo il piacere di conoscere nessuno somiglia all’insetto uma-no che fanno vedere nello spot anti evasione di cui parliamo.Comunque, lasciamo stare, anche perché alla polemi-ca sui tanto presunti evasori abbiamo già risposto dalle colonne di questa rivista nelle precedenti pubblicazio-ni e non è il caso di andare a rinfocolare la questione.

Speriamo soltanto che questo governo di professoroni, che sino a questo mo-mento non ha saputo far altro che infarcire l’I-talia e gli italiani di tasse e sacrifici, non compia, relativa-mente ai locali della ristorazione, qualche altro misfatto.

A tale proposito ci fa non poca paura l’ideona che circolava qualche tempo fa per scoraggiare i presunti evasori: ovvero quella di apporre sulle vetrine dei locali che sono risultati in regola ai controllo di ricevute, scontrini e conta-bilità, una sorta di adesivo, un marchio che asserisse che quel locale è uno di quelli che paga le tasse.Assolutamente geniale, potremmo dire. Ma allora, tutti coloro che non hanno il bollino, magari perché non sono stati controllati, oppure se controllati colpe-

voli di qualche inadempienza?Che facciamo con costoro? Li marchiamo tutti come evasori?Lasciamo stare anche questa trovatona che non ha bi-sogno di ulteriori commenti e torniamo lì dove siamo partiti: la polemica sul prezzo della pizza. Abbiamo riscontrato diverse considerazioni da parte dei nostri lettori che lamentano il fatto che negli ultimi

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rubrica a cura del Direttore Giuseppe Rotolo

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“Suggerimenti anticrisi”

tempi, complice appunto la crisi, i clienti trovano da ridire sul costo della pizza. Tre, cinque, dieci, quindici e perché no, anche venti euro: in Italia ne trovi di tutti i prezzi e ce n’è per tutti i gusti. Ma grazie a Dio il prezzo della pizza non è un reato: ognuno in funzione del mercato e della piazza in cui opera, dei costi di gestione e delle scelte che compie anche in termini di qualità, si regola come gli pare. La libertà avrà pure i suoi vantaggi. O no?Anche perché, sempre parlando di libertà, il cliente è libero, assolutamente libero, di fare le sue scelte e spendere i suoi soldi lì dove trova più soddisfazione di

gusto e di prezzo.Sul punto abbiamo raccolto e condiviso l’opinione di Giorgio Meriggi da Pavia che ci dice: «Pizza con il prosciutto? Si, ma quale prosciutto? Quando il clien-te obietta sul prezzo bisogna ricordare, parlando per esempio di prosciutto, che ci sono almeno cinque di-verse tipologie, con svariati livelli qualitativi, che vanno dal medio all’eccellente. Quanti clienti sanno quale prosciutto c’è sulla pizza? Una volta selezionati i pro-dotti, dunque, è necessario sapere comunicare effica-cemente il valore, in questo modo il prezzo si giustifica, e diventa giusto».

Sempre a proposito dell’annosa questione della crisi dei consumi, sul fatto che i consumatori sono sempre più attenti ed esigenti e che i locali sono troppi e molti di loro improvvisano parecchio, ci scrive una mail Tonio Barbagallo. Ecco la ricetta suggerita. «Diversificazione e specializzazione: sono queste le cose da fare per tirarsi fuori dalle difficoltà e rilanciare un locale. A cominciare dalla qualità delle materie prime alle quali si deve unire fantasia e tecnica, in questo modo si può rendere specialissimo anche un piatto semplice. Voglio ricordare ai colleghi che un piatto, anche nella sua semplicità, se eccellente, può diventare l’emblema, un vero e proprio esclusivo biglietto da visita della propria attività. Se poi il locale si specializ-za in un particolare settore e magari offre un menù non troppo ampio per evitare sprechi, il successo anche nei costi di gestione è assicurato. I clienti esigenti? Pretendono il meglio senza pagarlo tanto? Secondo me hanno ragione. Anzi clienti del genere sono uno stimolo continuo a far meglio e pongono nella condizione il ristoratore di ricercare e sperimentare qualità e prezzo che non sono certo due fattori inconciliabili. Senza ricorrere a cibi esclusivi, costosi e ricercati anche quando vengono proposti piatti tipici andrebbero sperimentate continuamente cotture o abbinamenti per essere un passo avanti agli altri, per far si che la gente abbia un motivo per andare in quel posto. L’improvvisazione va aborrita, anche perché la crisi porterà a una selezione che secondo il mio punto di vista è assolutamente neces-saria. Ce la farà chi conosce a fondo arte e mestiere, poi se dalle ceneri di tante attività improvvisate potrà risorgere la ristorazione vera, allora la crisi sarà finita per davvero».

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Anno X - n°57/2012

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