MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: BASTANO TRE AGGRESSIONI IN UN ANNO

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STUDIO LEGALE CECATIELLO Via Carducci, 12 -20123 Milano T +39 02 72022862 F +39 02 89016054 E-mail [email protected] C.F. CCTRND70S12F205P P.IVA 06067090966 www.cecatiello.it [email protected] MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: BASTANO TRE AGGRESSIONI IN UN ANNO La Corte di Cassazione con la sentenza n. 1400 del 2015 (Cass. Pen., Sez. VI, 14 gennaio 2015, n. 1400 ) ha stabilito che integra il delitto di maltrattamenti familiari la condotta del marito che sottopone la moglie, nell’arco di un anno, a tre gravi e violente aggressioni fisiche, le quali si aggiungono a una situazione familiare contrassegnata dallo stato di frequente ubriachezza dello stesso, durante il quale egli sottopone la donna a insulti e vessazioni morali. Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione l’imputato è stato condannato in primo grado per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi ex art. 572 c.p. e di lesioni personali ex art. 582, 585, 576, n. 1, 577, comma 2 c.p. commessi ai danni della moglie. All’imputato erano contestati tre specifici episodi di violenza commessi nell’arco di un anno, che si aggiun- gevano alla costante abitudine di costui di insultare la moglie, soprattutto nei momenti in cui egli si trovava in stato di ubriachezza, condizione presente quantomeno ogni fine settimana. Durante il procedimento d’appello la moglie aveva rimesso la querela e reso dichiarazioni in cui indicava i tre episodi di violenza come fatti isolati, intervallati da condizioni di vita normali, pur avendo confermato lo stato di ubriachezza frequente del marito e l’abitudine in tale stato a insultarla. La Corte di Appello ha dichiarato l’improcedibilità per il delitto di lesioni personali e ha confermato la condanna per il delitto di maltrattamenti in famiglia. Il marito presentava ricorso per cassazione lamentando la violazione dell’art. 572 c.p. e il vizio di motivazione per avere ritenuto la sussistenza del delitto in presenza di condotte de- scritte dalla stessa persona offesa come meramente occasionali, nonché la violazione di legge e la mancanza assoluta di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. La Cassazione ha, innanzitutto, ribadito il fermo orientamento giurisprudenziale che individua nel delitto di maltrattamenti in famiglia un reato abituale, caratterizzato dall’imposizione alla vit- tima di un regime di vita oggettivamente vessatorio, connotato da sofferenze fisiche e/o morali. Per la sussistenza del reato non è necessario che tutte le condotte di maltrattamento integrino gli estremi di un reato, se singolarmente considerate; tali condotte possono però configurare, complessivamente considerate, il reato di maltrattamenti quando realizzino un regime di vita avvilente e mortificante, diretto a ledere l’integrità morale della persona offesa (Cass., Sez. VI, 16 novembre 2010, n. 45547, in FI, 2011, II, 138).

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La violenza domestica e i maltrattamenti in famiglia sono un problema serio che va affrontato subito, aspettare è pericoloso... bastano tre aggressioni.

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MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA: BASTANO TRE AGGRESSIONI IN UN ANNO

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 1400 del 2015 (Cass. Pen., Sez. VI, 14 gennaio 2015, n. 1400 ) ha stabilito che integra il delitto di maltrattamenti familiari la condotta del marito che sottopone la moglie, nell’arco di un anno, a tre gravi e violente aggressioni fisiche, le quali si aggiungono a una situazione familiare contrassegnata dallo stato di frequente ubriachezza dello stesso, durante il quale egli sottopone la donna a insulti e vessazioni morali.

Nel caso sottoposto all’esame della Cassazione l’imputato è stato condannato in primo grado per i delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi ex art. 572 c.p. e di lesioni personali ex art. 582, 585, 576, n. 1, 577, comma 2 c.p. commessi ai danni della moglie. All’imputato erano contestati tre specifici episodi di violenza commessi nell’arco di un anno, che si aggiun-gevano alla costante abitudine di costui di insultare la moglie, soprattutto nei momenti in cui egli si trovava in stato di ubriachezza, condizione presente quantomeno ogni fine settimana.

Durante il procedimento d’appello la moglie aveva rimesso la querela e reso dichiarazioni in cui indicava i tre episodi di violenza come fatti isolati, intervallati da condizioni di vita normali, pur avendo confermato lo stato di ubriachezza frequente del marito e l’abitudine in tale stato a insultarla. La Corte di Appello ha dichiarato l’improcedibilità per il delitto di lesioni personali e ha confermato la condanna per il delitto di maltrattamenti in famiglia.

Il marito presentava ricorso per cassazione lamentando la violazione dell’art. 572 c.p. e il vizio di motivazione per avere ritenuto la sussistenza del delitto in presenza di condotte de-scritte dalla stessa persona offesa come meramente occasionali, nonché la violazione di legge e la mancanza assoluta di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

La Cassazione ha, innanzitutto, ribadito il fermo orientamento giurisprudenziale che individua nel delitto di maltrattamenti in famiglia un reato abituale, caratterizzato dall’imposizione alla vit-tima di un regime di vita oggettivamente vessatorio, connotato da sofferenze fisiche e/o morali.Per la sussistenza del reato non è necessario che tutte le condotte di maltrattamento integrino gli estremi di un reato, se singolarmente considerate; tali condotte possono però configurare, complessivamente considerate, il reato di maltrattamenti quando realizzino un regime di vita avvilente e mortificante, diretto a ledere l’integrità morale della persona offesa (Cass., Sez. VI, 16 novembre 2010, n. 45547, in FI, 2011, II, 138).

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Assumono, dunque, rilevanza, ai fini della sussistenza del delitto ex art. 572 c.p., anche i compor-tamenti volgari, irriguardosi e umilianti, caratterizzati da una serie indeterminata di aggressioni verbali ed ingiuriose abitualmente poste in essere dall’imputato nei confronti del coniuge, nonché gli atti di disprezzo e di offesa alla dignità della vittima, che si risolvano in vere e proprie sofferen-ze morali (Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 44700, in C.E.D. Cass., rv. 256962). Il reato è stato, per contro, di recente escluso in un caso in cui la condotta contestata aveva la mera attitudine a portare la persona offesa ad una condizione di “stizza”, che per quanto fastidiosa non provocava alcuna sofferenza morale (Cass., Sez. VI, 11 luglio 2014, n. 34197, in Quotidiano giuridico).Il reato è, infine, integrato anche quando le condotte di maltrattamenti non realizzino l’unico registro comunicativo col familiare, ben potendo essere intervallate da condotte non connota-te da mancanza di rispetto e da aggressività o persino dallo svolgimento di attività familiari, anche gratificanti per la persona offesa (Cass., Sez. VI, 2 aprile 2014, n. 15147, in Quotidiano giuridico).

Fermi tali pacifici principi giurisprudenziali, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, nel caso di specie, il carattere abituale dei maltrattamenti fosse presente non soltanto in considerazione dei tre specifici episodi di violenza commessi dall’imputato ai danni della moglie (rispetto ai quali

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osserva comunque la Corte che “tre gravi e violente aggressioni fisiche al coniuge nel giro di un anno costituiscono una condotta già incompatibile con il concetto di occasionalità”), ma anche in considerazione di una serie di altri elementi, indicativi dello stato di frequente ubriachezza dell’imputato e dei frequenti insulti che egli rivolgeva in tale stato alla moglie, con ciò cagio-nandole una costante e perdurante condizione di sofferenza morale.

Sul piano dell’elemento soggettivo del reato, le censure dell’imputato si erano appuntate sui criteri di individuazione del dolo del delitto e sulla ritenuta mancanza assoluta di motivazione, sul rilievo che, pur risultando l’imputato particolarmente reattivo in condizioni di ubriachez-za, egli non aveva mai intesto sottoporre i familiari ad uno stabile sentimento di umiliazione e sottoposizione. Anche nel respingere tale censura, la Corte di Cassazione richiama l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale pronunciatosi sul dolo del delitto di maltrattamenti verso familiari e conviventi.

Secondo la costante giurisprudenza, infatti, il delitto di maltrattamenti postula un dolo generico, per il quale è necessaria la sola consapevolezza e volontà di sottoporre in modo continuativo il soggetto passivo ad una serie di sofferenza fisiche o morali.Per la sussistenza del dolo di maltrattamenti non è necessaria la rappresentazione e la program-mazione di una pluralità di atti tali da cagionare sofferenze fisiche e morali alla vittima, ma è sufficiente la consapevolezza dell’autore del reato di persistere in un’attività delittuosa, già posta in essere in precedenza, idonea a ledere la personalità della vittima (Cass., Sez. VI, 19 marzo 2014, n. 15146, in C.E.D. Cass., rv. 259677; Cass., Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 15680, in C.E.D. Cass., rv. 252586; Cass., Sez. VI, 22 ottobre 2010, n. 41142, in FI, 2011, II, 78; Cass., Sez. VI, 18 marzo 2008, n. 27048, in CED Cass., rv. 240879).

Avvocato Armando Cecatiello, Milanowww.cecatiello.it