Malattie temporomandibolari

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Vol. 78 - Quaderno I / 2007 ISSN 0392 - 4203 PUBLISHED QUARTERLY BY MATTIOLI 1885 Atenei parmensis founded 1887 POSTE ITALIANE S.P .A.-SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB PARMA - FINITO DI STAMPARE NEL GENNAIO 2007 ACTA BIO MEDICA Listed in: Index Medicus / Medline, Excerpta Medica / Embase Malattie temporomandibolari Editor: Guido Maria Macaluso Now free on-line www.actabiomedica.it OFFICIAL JOURNAL OF THE SOCIETY OF MEDICINE AND NATURAL SCIENCES OF PARMA QUADERNI DI ODONTOIATRIA

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Vol. 78 - Quaderno I / 2007ISSN 0392 - 4203

PUBLISHED QUARTERLY BY MATTIOLI 1885

A t e n e i p a r m e n s i sf o u n d e d 1 8 8 7

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2007

ACTA BIO MEDICA

Listed in: Index Medicus / Medline, Excerpta Medica / Embase

MalattietemporomandibolariEditor:Guido Maria Macaluso

Cod.66333

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Q U A D E R N I D I O D O N T O I AT R I A

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INDEX

Quaderno I/2007

Introduzione

1 Giovanni Mauro, Edoardo Manfredi, Guido Maria MacalusoMalattie temporomandibolari e dolore orofacciale: dall’ipotesidentale gnatologica al modello medico-biopsicosociale

Articolo originale

3 Edoardo Manfredi, Simone Lumetti, Carlo Galli, Chiara Camorali,Mauro Bonanini, Giovanni MauroLe malattie temporomandibolari

Casi clinici

16 Edoardo Manfredi, Simone LumettiCefalea o malattia temporomandibolare?

18 Giovanni Mauro, Edoardo ManfrediDecadimento di performance masticatoria con cambiamenti diocclusione

Materiale realizzato con supporto scientifico Dompé S.p.A.

Mattioli 1885

spa - via Coduro 1/b43036 Fidenza (Parma)tel 0524/84547fax 0524/84751www.mattioli1885.com

DIREZIONE GENERALE

Direttore GeneralePaolo CioniSegreteria GeneraleManuela Piccinnu

DIREZIONE EDITORIALEDirettore ScientificoFederico CioniEditing staffValeria CeciNatalie CerioliCecilia MuttiAnna Scotti

MARKETING E PUBBLICITÀ

Direttore Marketing e Sviluppo Massimo Enrico RadaelliMarketing ManagerLuca RanzatoSegreteria MarketingMartine BrusiniDirettore DistribuzioneMassimiliano FranzoniResponsabile Area ECMSimone Agnello

EDITOR IN CHIEFMaurizio Vanelli

DEPUTY EDITORCesare Bordi

EDITORIAL BOARDAlberto Bacchi Modena Sergio Bernasconi Corrado Betterle (Padova)Giulio BevilacquaMauro BonaniniAntonio BonatiEmanuele Bosi (Milano)Loris BorghiCarlo BuzioFranco Chiarelli (Chieti)Giorgio CocconiVittorio CoiroDomenico Cucinotta (Bologna)Filippo De Luca (Messina)Guido Fanelli Livio Garattini (Milano)Gian Carlo GazzolaGian Camillo ManzoniAntonio MuttiDario Olivieri Antonio Pezzarossa (Fidenza)Silvia Pizzi Luigi Roncoroni Mario Sianesi Carlo SignorelliGiovanni SonciniMaurizio Tonato (Perugia)Roberto ToniGiorgio Valenti Vincenzo VioliRaffaele VirdisMarco Vitale Pietro Vitali Ivana Zavaroni

ASSOCIATE EDITORSPaolo Bobbio Amos Casti Carlo Chezzi Roberto Delsignore Giovanni Maraini Guglielmo Masotti Almerico Novarini Giacomo Rizzolatti

EDITORIAL OFFICE MANAGERAlessandro CorràSocietà di Medicina e Scienze NaturaliVia Gramsci, 14 ParmaTel. 0521 033027 - Fax 0521 033027E-mail: [email protected]

PUBLISHERMattioli1885 SpA Casa EditriceVia Coduro 1/b43036 Fidenza (Parma)Tel. ++39 0524 84547 Fax ++39 0524 84751E-mail: [email protected]

EXECUTIVE COMMITEE OFTHE SOCIETY OF MEDICINEAND NATURAL SCIENCES OFPARMA

PRESIDENTGiorgio ValentiVICE-PRESIDENTSilvia IaccarinoPAST-PRESIDENTRenato ScandroglioGENERAL SECRETARYAlmerico NovariniTREASURERLuigi RoncoroniMEMBERSGiorgio ZanzucchiGiorgio CocconiAngelo FranzèEnrico CabassiPatrizia Santi

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INDEX

Quaderno I/2007

Introduzione

1 Giovanni Mauro, Edoardo Manfredi, Guido Maria MacalusoMalattie temporomandibolari e dolore orofacciale: dall’ipotesidentale gnatologica al modello medico-biopsicosociale

Articolo originale

3 Edoardo Manfredi, Simone Lumetti, Carlo Galli, Chiara Camorali,Mauro Bonanini, Giovanni MauroLe malattie temporomandibolari

Casi clinici

16 Edoardo Manfredi, Simone LumettiCefalea o malattia temporomandibolare?

18 Giovanni Mauro, Edoardo ManfrediDecadimento di performance masticatoria con cambiamenti diocclusione

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La diagnosi ed il trattamento dei disturbi temporo-mandibolari (TMD) sono stati argomenti controversisin dal loro primo apparire nella letteratura dentale.Molte ipotesi si sono succedute dalle osservazioni di Co-sten negli anni ‘30 e, cinquant’anni prima di Annandale,riguardo alla cosiddetta “sindrome algico disfunzionale”e molte sono le specialità (protesi, ortodonzia, etc) chehanno proposto la propria visione “settoriale” di quelloche è stato sentito da subito come un problema apparte-nente alla sfera odontoiatrica, senza che, sino agli annipiù recenti, questo paradigma venisse mai posto in di-scussione.

Il modello interpretativo dentale, gnatologico deiTMD (disturbi dovuti ad anomalie dell’occlusione perinconguro rapporto fra le arcate e conseguente malposi-zionamento di condilo mandibolare e disco e rispetto al-la fossa glenoide) è stato messo in crisi dall’affermarsi deiconcetti di medicina ed odontoiatria basate sull’eviden-za.

La progressiva consapevolezza del mondo scientifi-co odontoiatrico riguardo a concetti metodologici propridella ricerca biomedica, quali: utilizzo di studi prospetti-ci, randomizzati, controllati, in doppio cieco, su campio-ni di popolazione rappresentativi e adeguati come nu-mero, valutazione degli studi così eseguiti mediante me-ta-analisi correttamente progettate piuttosto che revisio-ni “letterarie”, in una parola tutto quanto va oggi sotto ilnome di medicina ed odontoiatria basata sull’evidenza(EBM, EBD), ha portato ad una profonda revisione deiconcetti riguardanti la relazione fra occlusione e TMD,in effetti scarsamente supportata da una letteratura qua-litativamente adeguata, e quindi ha messo in crisi l’inte-

ro modello interpretativo dentale di tali disturbi, al pun-to che oggi le malattie temporomandibolari sono ormaiconsiderate quali disturbi muscoloscheletrici, quindi“parenti stretti” di disturbi ortopedici e fisiatrici qualilombosciatalgia o cervicalgia, piuttosto che anomalie“della masticazione”.

D’altra parte l’analisi della letteratura scientificaprodotta in discipline quali neurologia, otorinolaringoia-tria, fisiatria, ortopedia, terapia del dolore, ha prodottocome ricaduta, in questo come in molti settori della me-dicina, la progressiva affermazione di un modello inter-pretativo medico e biopsicosociale, “tagliando” quindi ta-li malattie dalla sfera di pertinenza odontoiatrica doveerano relegate quasi alla stregua di curiosità nosografi-che, e “incollandole” in una più corretta griglia diagno-stica differenziale, accanto a tutti i disturbi medici perti-nenti alle varie specialità che sono accomunati dalla pre-senza di dolore orofacciale.

In presenza di un dolore la cui sede riferita cada nelterritorio facciale la diagnostica dovrà quindi seguire ipassi classici della semeiotica medica: occorrerà distin-guere il tipo di dolore, se cutaneo, viscerale, muscolo-scheletrico, neuropatico, infiammatorio; andrà valutatol’andamento nel tempo della sintomatologia algica e seci si trovi in presenza di un quadro acuto o cronico; conappositi test evocativi o anestesie settoriali andrà indaga-ta la sovrapposizione o meno di sede ed origine del do-lore, andrà valutato l’imaging e utilizzati test diagnosticie strumentali validati al fine ultimo di orientare la dia-gnosi fra tutti i vari disturbi che possono causare dolorenel distretto facciale, come nevralgie, sinusiti, disturbitemporomandibolari, odontalgia, etc. (Fig. 1).

Malattie temporomandibolari e dolore orofacciale:dall’ipotesi dentale gnatologica al modello medico-biopsicosocialeGiovanni Mauro, Edoardo Manfredi, Guido Maria MacalusoSezione di Odontostomatologia, Università degli Studi di Parma, Parma

I N T R O D U Z I O N E

ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno di Odontoiatria I: 1-2 © Mattioli 1885

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2 G. Mauro, E. Manfredi, G.M. Macaluso

Andranno inoltre valutati gli aspetti psicologici del-la malattia, senza sostituirsi agli specialisti del settore, manell’ottica di integrare la diagnosi “fisica” del pazientecon i dati derivanti dalla valutazione dell’impatto chequesta ha sulla qualità di vita del paziente, in termini diefficienza sociale, lavorativa ed affettiva. Tali aspetti, as-sieme ad altri non meno importanti quali quelli correla-ti a: ricerca di cure, utilizzo di risorse sanitarie pubblichee private, comparsa di fenomeni quali guadagno secon-dario o comportamento “da malato”, diventano tanto piùimportanti quanto più la patologia è cronicizzata: occor-re infatti ricordare che qualsiasi malattia, particolarmen-te se caratterizzata da dolore cronico, è accompagnata dacorrelati psicologici e viceversa uno stato di malattia puòmanifestarsi in un soggetto che già soffre una condizio-ne di disagio psichico in un circolo di causa ed effettodove ad esempio una sintomatologia fisica può instau-rarsi in un soggetto affetto da ansia e depressione, ma asua volta può essere causa di ansia e depressione. Non sipossono quindi trattare soddisfacentemente gli aspettibiologici di una malattia se non si tengono nella dovutaconsiderazione tali complesse interazioni (Fig. 2).

Nell’ambito dei TMD un’altra recente acquisizionedi cui va tenuto conto riguarda il sovrapporsi, con la cro-nicizzazione della malattia, di aspetti dolorosi diversi eapparentemente lontani dalla iniziale sintomatologiamuscoloscheletrica, fenomeno che rende la sintomatolo-gia svincolata dalla causa iniziale e quindi inefficienti itrattamenti considerati causali o che lo erano effettiva-mente al primo manifestarsi dei sintomi.

Sulla base di tutte queste considerazioni, e nonescludendo neppure l’eventualità di diagnosi multiple,risulta evidente come il trattamento e la gestione dei di-

sturbi dolorosi facciali, inclusi i TMD, debba risultaredalla interazione dei vari specialisti, ognuno per il pro-prio settore di pertinenza ma tutti consapevoli dellacomplessità e polidisciplinarietà dell’approccio. Né inquesto nuovo scenario il ruolo dell’odontoiatra esce smi-nuito: essendo di gran lunga quella dentale la più fre-quente e probabile origine di dolore orofacciale, il denti-sta resta il professionista più adeguato per escludere unatale causa, prima di prendere in esame altre possibilitàdiagnostiche. Inoltre la consolidata esperienza della pro-fessione odontoiatrica in trattamenti cognitivo-compor-tamentali quali ad esempio insegnamento e motivazioneall’igiene orale, rende certamente la professione odon-toiatrica quella più indicata per tale approccio, conside-rato di primaria rilevanza nel trattamento dei TMD.

Occorre dunque che il dentista, il medico di base, ilpediatra, per citare solo le figure “in prima linea” chepossono essere chiamate a confrontarsi con tali patolo-gie, siano a conoscenza del problema “dolore orofaccia-le”, al fine di indirizzare il paziente allo specialista più in-dicato, nonché per aiutarlo ad evitare di intraprendere“false strade” spesso dispendiose, inutili quando nondannose.

Questa monografia, prima di una collana dedicataa temi odontoiatrici di rilevante interesse clinico, si ri-volge dunque a tutti gli operatori sanitari che possonopotenzialmente avere a che fare con un disturbo musco-lo-scheletrico dell’apparato stomatognatico e ha l’inten-to di fornire un “primer” sulle malattie temporomandi-bolari ai non addetti al settore, nell’interesse primario diun gruppo di pazienti colpiti da patologie di confine trale varie discipline e che rischiano di non trovare risposteadeguate ai loro problemi.

non tmd

tmd

miogenie/0

artrogeni

Figura 1. Principali cause di dolore orofacciale

aspetti somatosensoriali(asse I)

aspetti psicosociali(asse II)

dolore acuto dolore cronico

tempo

Figura 2. Modello biopsicosociale di malattia

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Il termine malattie o disturbi temporomandibolari(TMD: temporomandibular disorders) definisce ungruppo di affezioni muscolo-scheletriche che riguarda-no l’articolazione temporo-mandibolare (ATM) e/o imuscoli masticatori con le strutture correlate (legamen-ti, capsula, etc.). Attualmente il termine di ‘sindrome al-gico-disfunzionale’, come altri termini usati in passatoquali “sindrome di Costen”, etc, è infatti da ritenersi ob-soleto, in quanto è ormai possibile considerare i TMDcome un gruppo di entità nosologiche dai criteri dia-gnostici ben definiti; i TMD sono un insieme eteroge-neo di affezioni muscoloscheletriche che si sovrappon-gono per un nucleo centrale di sintomi e che si differen-ziano fra loro per alcune caratteristiche peculiari (1).

Nonostante alcune condizioni cliniche che pre-sentano sintomi compatibili con un TMD riconosca-no una specifica eziologia, ad esempio l’artrite reuma-toide o un trauma diretto a carico delle strutture fac-ciali, i disturbi temporo-mandibolari considerati nelloro insieme non riconoscono un’eziologia comune ouna spiegazione biologica univoca.

Per le altre patologie più rare, come tumori, di-splasie, etc., valgono le usuali classificazioni a baseanatomo-patologica.

Il sintomo più frequentemente riscontrato è il do-lore, localizzato ai muscoli masticatori, all’area preau-ricolare o all’articolazione temporomandibolare. Spes-so il dolore non è di entità severa, presenta un anda-

Le malattie temporomandibolariEdoardo Manfredi, Simone Lumetti, Carlo Galli, Chiara Camorali,Mauro Bonanini, Giovanni MauroSezione di Odontostomatologia, Università degli Studi di Parma, Parma

A R T I C O L O O R I G I N A L E

ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno di Odontoiatria I: 3-15 © Mattioli 1885

Abstract. Temporomandibular Disorders and Orofacial Pain are a controversial topic in dentistry. The recentliterature in this field focuses on a medical approach to the problem, based on orthopedic and neurologicalcriteria. In addition, psychosocial and behavioral aspects are adequately stressed nowadays, mainly for chron-ic diseases. All these points are covered in the RDC (Research Diagnostic Criteria) classification. Therapyshould avoid irreversible means and be as conservative as possible. Chronic patients need a multidisciplinaryapproach.

Key words: Temporomandibular Disorders, Orofacial Pain, diagnostic criteria, classification

Riassunto. Le malattie temporomandibolari e, più in generale, il dolore orofacciale sono da sempre argo-menti controversi. Negli ultimi anni si è venuto ad imporre a livello internazionale un approccio medico alproblema, modellato su criteri fisiatrico-ortopedici e neurologici. Contemporaneamente si è posta l’atten-zione sugli aspetti psicosociali e comportamentali che le malattie temporomandibolari comportano, soprat-tutto se croniche. Questi aspetti sono implementati nella classificazione del 1992 denominata RDC - Re-search Diagnostic Criteria. Parallelamente, la terapia si è andata orientando verso mezzi il più possibile con-servativi e reversibili, con un approccio multidisciplinare nei casi complessi e cronicizzati.

Parole chiave: Malattie temporomandibolari, dolore orofacciale, criteri diagnostici, classificazione

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4 E. Manfredi, S. Lumetti, C. Galli, C. Camorali, M. Bonanini, G. Mauro

mento fluttuante nel tempo ed è aggravato dalla solle-citazione funzionale, come l’atto masticatorio e l’eser-cizio delle altre attività dell’apparato stomatognatico.Riguardo al pattern temporale i pazienti possono esse-re distinti in cronici e acuti, dove per dolore cronico siintende una condizione algica persistente da almenosei mesi (3).

I pazienti affetti da TMD possono anche presen-tare problemi funzionali: movimenti limitati, asimme-trici o irregolari, rumori all’ATM, solitamente descrit-ti come clicks, crepitii o scrosci (1) o, più raramente,‘blocco’ (locking), definito come una limitazione più omeno duratura e marcata dell’apertura della bocca.Meno frequentemente possono presentarsi anche altrisintomi quali cefalea, otalgia, tinnito, ipoacusia e ver-tigini (2).

I disturbi temporo-mandibolari possono presen-tare una componente prevalentemente muscolare (do-lore miofasciale) o articolare (lussazioni discali con osenza riduzione; artralgia, artriti, artrosi).

Classificazione

La standardizzazione di criteri diagnostici per iTMD è stata per molti anni oggetto di ampie discus-sioni nella prolifica letteratura sul dolore orofacciale esulla “questione ATM”.

Nel 1992 è stata proposta una griglia diagnostica(Research Diagnostic Criteria for TMD, RDC,http://rdc-tmdinternational.org/) che oggi è quellaprincipalmente utilizzata a livello internazionale (4).Ispirata alla classificazione del dolore messa a puntodalla International Academy for the Study of Pain(IASP) la classificazione RDC è stata costruita par-tendo dalla revisione delle evidenze disponibili circavalidità e affidabilità dei vari test diagnostici, strumen-tali e non, utilizzati nella diagnosi di TMD.

Una volta stabilito che i golden standards per ladiagnosi di TMD (così come attualmente definiti) so-no anamnesi ed esame obiettivo, la classificazioneRDC identifica subsets di criteri clinici ed anamnesti-ci univoci per la diagnosi delle singole entità nosologi-che (5).

Gli RDC introducono inoltre, accanto alla con-sueta diagnostica fisica denominata nel suo complesso

ASSE I, una valutazione operativa della componentepsico-comportamentale nella patologia in atto: è notoinfatti come essa assuma una notevole importanza nel-la esperienza algica globale del paziente; vengono pre-se in considerazione anche le eventuali disfunzionipsichiche associate o concomitanti che possono in-fluenzare la presentazione sintomatologica, nonchél’approccio terapeutico. Questo aspetto valutativo èdenominato ASSE II (vedi Fig. 2 introduzione).

Gli RDC/TMD, consentono all’esaminatore an-che la possibilità di diagnosi multiple.

Sono stati identificati tre sottogruppi di malattietemporomandibolari: malattie muscolari, lussazionidiscali e un terzo gruppo comprendente artralgia, ar-triti e artrosi (Tabella 1).

Le altre patologie muscolari e articolari meno co-muni ma presenti all’interno della classificazione sonospasmo muscolare, miosite, contrattura, poliartriti etraumi acuti. Ogni paziente, mediante tale classifica-zione, potrà essere ricondotto esclusivamente a unasola patologia per gruppo, ragion per cui il numero didiagnosi possibili varia da zero a cinque (una di ma-lattia muscolare più una dal gruppo 2 e una dal grup-po 3 per ciascuna articolazione), anche se raramente ilnumero di diagnosi supera il numero di tre.

Il gruppo 2 merita un approfondimento: in lette-ratura la lussazione discale è spesso riportata sotto ilnome di Internal Derangement (ID), ed è una condi-zione di frequente riscontro. Nel glossario dei terminiprotesici del 1999 l’Internal Derangement viene defi-nito in termini anatomici come “una deviazione in for-ma o posizione dei tessuti interni alla capsula sinovia-le dell’ATM”, e funzionalmente come “riscontro di in-

Tabella 1. Classificazione RDC/TMD

Gruppo 1: malattie muscolari- dolore miofasciale- dolore miofasciale con apertura limitata

Gruppo 2: lussazioni discali- lussazioni discali con riduzione - lussazioni discali senza riduzione con apertura limitata- lussazioni discali senza riduzione senza apertura limitata

Gruppo 3: artralgia, artriti, artrosi- artralgia- osteoartrite della ATM- osteoartrosi della ATM

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5Le malattie temporomandibolari

terferenze meccaniche nei movimenti fisiologici del-l’articolazione”(6). Il dislocamento del disco articolareavviene più frequentemente anteriormente e medial-mente al condilo (ADD), anche se sono citati in lette-ratura esempi di dislocamento posteriore e laterale deldisco (7-9).

La novità sostanziale è però costituita dalla intro-duzione del concetto di asse II; e cioè della necessità dieffettuare sistematicamente in tutti i pazienti una va-lutazione della componente affettiva e delle conse-guenze a livello psicosociale che la patologia muscolo-scheletrica ha comportato, evidenti sopratutto nel ca-so di dolore cronico. Viene richiesto di analizzare:

- concomitanza di “major events of life” (pensio-ne, matrimonio, divorzio, inizio o termine dellaattività lavorativa, lutto familiare, etc.) nella sto-ria del paziente con l’insorgere della sintomato-logia presentata;

- correlazione (riscontrata da esaminatore e pa-ziente) fra andamento della sintomatologia efattori psicoaffettivi ed emozionali;

- discrepanza tra coinvolgimento affettivo-emo-zionale del paziente nel disturbo riportato eobiettività riscontrata. Dal punto di vista psicolo-gico e comportamentale i TMD cronici non ri-conoscono un profilo preciso, anche se gli indicidi depressione, somatizzazione, ansia e stress so-no tutti aumentati rispetto ai controlli (10), so-prattutto nei pazienti con dolore miogeno rispet-to ai pazienti con problemi articolari (11-13).

Epidemiologia e storia naturale

L’epidemiologia è lo studio di incidenza, distribu-zione e fattori di rischio delle malattie nella popola-zione umana, allo scopo di identificarne le cause e, inultima analisi, di formulare una strategia di prevenzio-ne. L’applicazione di questa disciplina allo studio deldolore orofacciale comporta vari problemi in quanto:

- i TMD non costituiscono una singola malattia,ma un insieme di più patologie differenti;

- non esiste un cut-off ben definito tra soggettisani e soggetti malati;

- non sono a tuttora disponibili esami di labora-torio che permettano di fare diagnosi;

- molti pazienti sintomatici non sono in cerca dicura;

- i golden standards diagnostici consistono in ac-curata anamnesi ed attento esame obbiettivo(14, 15);

- solo recentemente la classificazione dei TMD èstata standardizzata.

Nonostante ciò, in letteratura si possono riscon-trare alcuni punti fermi:

- il sesso femminile è più frequentemente colpitodel sesso maschile da quattro a sei volte (16);

- le donne hanno problemi più severi sia riguardoad Asse I, che ad Asse II (17);

- il picco di prevalenza è tra i 20 e i 40 anni (1);- la prevalenza dei TMD decresce con l’età (18).Secondo le linee guida dell’ American Academy

of Orofacial Pain (2) il 75% della popolazione genera-le ha almeno un segno di TMD, il 33% ha almeno unsintomo e il 5%-7% richiede un trattamento. In un la-voro un po’ meno recente (18) il 30%, di un campionedi 15.000 persone, presenta almeno un sintomo men-tre nel 44%, su un campione di 16.000 persone, è pre-sente almeno un segno. I rumori articolari sono il se-gno più diffuso all’interno della popolazione generale,con una prevalenza che oscilla nelle varie indagini dal30% al 50%. Studi longitudinali condotti su adole-scenti (19) e pazienti (20) indicano come il click dellaATM raramente possa trasformarsi in lussazione nonriducibile, né rappresenta un fattore di rischio per ilsuccessivo sviluppo di osteoartrosi; dunque l’attualeevidenza scientifica suggerisce che il click della ATM,quando rappresenta l’unico segno, non necessita ditrattamento (2). Spesso il numero di soggetti affettinelle indagini sulla popolazione generale è molto piùalto dei pazienti effettivamente in cura in quanto soloil 54,7% dei malati è in cerca di trattamento (21) e inquanto esistono alcuni pazienti che scelgono di noncercare più alcuna forma di terapia perché frustrati daifallimenti di quelle precedenti o per ragioni economi-che. I dati presentati riguardano popolazioni nordeu-ropee o americane.

Alcuni dati italiani sono ricavabili da uno studiocondotto presso l’Università di Napoli, in cui risultache la prevalenza dei pazienti affetti da dolore orofac-ciale di origine muscolo-scheletrica è così divisa:

• dolore miogeno 59%

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6 E. Manfredi, S. Lumetti, C. Galli, C. Camorali, M. Bonanini, G. Mauro

• dolore artrogeno 13%• dolore miogeno + artrogeno 16% • fibromialgia 4%(età media: 31 anni, deviazione standard: 13 an-

ni) (22). Questi dati sono lievemente diversi da quellidella letteratura anglosassone, che stima la percentua-le rappresentata dai dolori di origine muscolare rispet-to a tutti i TMD intorno al 50% (23).

La storia naturale dei disturbi temporomandibo-lari è quella di malattie ad andamento fluttuante e re-mittente, quindi tendenzialmente autolimitanti e aprognosi favorevole o benigna nel corso degli anni(24). Riguardo ai disturbi muscolari e misti la inciden-za va nettamente decrescendo con l’aumentare del-l’età; fa eccezione la sola patologia artrosica, che comein tutti i distretti articolari prevale nelle età più avan-zate.

Eziologia, fattori di rischio

Le cause dei TMD sono ancora non completa-mente stabilite, e probabilmente variabili e differentitra le varie forme. Nella storia dell’indagine scientificaal riguardo, molte interpretazioni si sono succedute,con molte discussioni anche feroci tra i clinici specia-listi del settore. È interessante passare in rassegna al-cune delle ipotesi eziologiche del passato che sono sta-te confutate:

• l’occlusione ha un ruolo eziologico minore (inalcune forme assente) nella patogenesi deiTMD sia artrogeni che miogeni (25, 26), e laterapia occlusale non previene i TMD (27). ITMD non sono un disturbo ‘della masticazio-ne’: non sono state evidenziate scientificamentecondizioni occlusali o scheletriche ‘a rischio’ disviluppo di un TMD;

• non è stato dimostrata l’esistenza di un circolovizioso “dolore che causa iperattività muscolareche a sua volta genera ulteriore dolore “. Anzi, ildolore causa una diminuzione delle performan-ce muscolari del segmento interessato;

• il bruxismo notturno in sé non è un TMD, né èuna causa principale di TMD, ma più probabil-mente un fattore perpetuante con un semplicemeccanismo di sovraccarico(24);

• i trattamenti ortodontici non aumentano l’inci-denza dei disturbi temporo-mandibolari néd’altro canto esistono evidenze disponibili ri-guardo al fatto che un trattamento ortodonticopossieda una influenza protettiva o preventivanei confronti di un successivo sviluppo di TMD(28, 29).

• non c’è evidenza scientifica che procedure den-tali e mediche di routine (apertura prolungatadella bocca dovuta a visite odontoiatriche, intu-bazione endotracheale per anestesia generale)causino TMD significativi, al di là di brevi fe-nomeni acuti di tipo traumatico (24).

Tra le acquisizioni recenti in campo eziopatologi-co, sono importanti alcuni dati sulla neuroplasticità delsistema nervoso centrale che spiegano alcuni eventi ca-ratteristici soprattutto delle forme croniche di dolore.In questi casi vi è infatti una alterazione del sistemanervoso centrale a livello di modulazione del dolore,nonché di elaborazione delle risposte emozionali, fisio-logiche e neuroendocrine a stress fisici ed emotivi (24).Disturbi del sistema centrale regolatore del dolore so-no stati dimostrati in pazienti affetti da disturbi tem-poromandibolari (30, 31). Vari fattori poi contribuisco-no al cronicizzarsi del dolore: depressione, ansia, para-funzioni orali sono elementi considerati importanti nelmantenimento di una condizione di dolore facciale.

Un altro punto su cui molte ricerche sono statecondotte in tempi recenti è il ruolo eziopatologico de-gli ormoni femminili: in una popolazione di pazientiinfatti, le donne possono arrivare ad essere 5-10 voltepiù numerose dei maschi. Infine alcuni studi ipotizza-no un ruolo causale della lassità ligamentosa sistemica(SJL) riscontrandone una associazione statisticamentesignificativa coi TMD (32).

Diagnosi

Setting clinico

La diagnosi di TMD è prevalentemente fondatasu anamnesi ed esame clinico. Nessun esame strumen-tale ha mai dimostrato una reale superiorità a storiaclinica ed esame obiettivo nel distinguere soggetti sa-ni dai malati.

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7Le malattie temporomandibolari

Durante la prima visita è di fondamentale impor-tanza l’approccio psicologico al paziente:

• La prima visita dovrebbe avvenire in un am-biente in cui il paziente si senta a suo agio.

• Tenere a disposizione il tempo necessario perl’esame e impedire ogni interruzione esternadurante lo stesso.

• Non ascoltare il paziente stando in piedi ma daseduto.

• Evitare di monopolizzare la conversazione.Il colloquio inizia raccogliendo i dati anagrafici e

indagando sul motivo principale della visita: si riportala sintomatologia come descritta dal paziente.

Dati anamnestici generali

Vengono raccolti alcuni cenni di anamnesi gene-rale per identificare condizioni patologiche che possa-no ripercuotersi sull’apparato masticatorio: traumi, in-terventi chirurgici recenti, cefalea, fibromialgia, cervi-calgia, disturbi del sonno, assunzione di farmaci, etc.

Dati anamnestici specifici

L’anamnesi specifica dell’apparato craniomandi-bolare deve accertare la presenza di dolore, la modalitàdi insorgenza, sede, carattere, andamento e variazioninella giornata e in quadri temporali più lunghi. Grazieal colloquio si può porre il sospetto di depressione e difattori psicosociali correlati alla disfunzione che mi-gliorano o peggiorano la situazione. Una informazio-

ne più oggettiva sul dolore viene ottenuta chiedendo alpaziente di localizzarne la sede sulla rappresentazionegrafica del corpo umano e del viso, poi di definirnel’intensità su una scala visuale analogica VAS (o in al-ternativa si chiede al paziente di definire numerica-mente l’intensità del dolore ponendo 0 come assenzadi dolore e 10 come il maggiore dolore immaginabile);i pazienti TMD normalmente pongono l’intensità deldolore tra 3 e 5.

Si interroga il paziente circa la coscienza dell’esi-stenza di parafunzioni orali diurne (stringere i denti,digrignare, spingere la lingua contro i denti o il palato,mordersi l’interno delle guance, la lingua, le labbara,mordere pellicine, unghie, matite, forcine, utilizzo dichewing gum, etc), nonché sulla eventuale esistenza diattività bruxistica (serramento e/o digrignamento) du-rante il sonno.

L’anamnesi è una fase fondamentale nel formula-re una prima ipotesi diagnostica, basandosi su qualità,sede e decorso del dolore.

Esame obiettivo

L’esame clinico per valutare i TMD è a tutti glieffetti un esame ortopedico - fisiatrico localizzato a li-vello cranio-cervicale che deve aggiungersi ad un ac-curato esame obiettivo intraorale. L’esame clinico con-ferma il sospetto diagnostico già posto medianteanamnesi col riscontro di segni e sintomi di TMD in8 passaggi:

1. Analisi del movimento mandibolare: i movimen-ti mandibolari attivi sono misurati con un righellomillimetrato facendo riferimento al margine degli in-cisivi superiori ed inferiori cui è stato aggiunto il valo-re dell’overbite nel caso dell’apertura. Sono misurati iseguenti movimenti: apertura, laterotrusione destra esinistra, protrusione e retrusione, sia attivi che passivi(esercitando una pressione manuale). Ogni singolomovimento è ripetuto più volte e si registra la com-parsa di eventuale dolore. Il valore fisiologico dell’a-pertura attiva è tra i 40 e 50 mm, la retrusione tra 0 e2 mm, le laterotrusioni tra 9 e 14 mm (solitamente cir-ca 1/4 della apertura) e la protrusione tra 6 e 9 mm.Sono registrate anche eventuali deviazioni dalla lineamediana nella cinetica mandibolare (Fig. 1).

2. Endfeel: classico parametro semeiologico orto-

Figura 1. Analisi dei movimenti limite e endfeel

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pedico è la stessa manovra utilizzata per ottenere imovimenti passivi di apertura e laterotrusione, maserve qui per valutare elasticità o rigidità della sensa-zione tattile che si riceve al termine di ciascun movi-mento. Non provoca dolore in un soggetto sano ed ènell’ordine dei 2-3 mm; se è rigida (< 4 mm) deponeper un problema articolare, se cedevole (> 4mm) e do-lorosa vi è motivo di sospettare una disfunzione mu-scolare (Fig. 1).

3. Joint play: mobilizzazione forzata dell’ATMcon il capo del paziente ben appoggiato al poggiatestae al corpo dell’esaminatore. L’operatore afferra la man-dibola con pollice sulla superficie dei molari inferiori el’indice e il medio sotto l’angolo mandibolare ed eser-cita dapprima una trazione verso il basso (distrazionedella articolazione: allontanamento dei capi articolarifra loro) poi, traendo la mandibola anteriormente emedialmente, esegue una traslazione della articolazio-ne. Durante l’esecuzione di ambedue le porzioni dellamanovra si mantengono dito indice e medio dell’altramano leggermente appoggiati sul repere cutaneo cor-rispondente alla proiezione del polo laterale dellaATM in esame (1 cm davanti al trago). Questo testnon deve evocare dolore; in caso contrario è sospetta-bile un problema di tipo artrogeno, capsulare o intra-articolare.

4. Auscultazione dell’ATM: si chiede al paziente sepercepisce rumori articolari e da quale lato. Successi-

vamente mediante il fonendoscopio, o ponendo sem-plicemente dito indice e medio sulle ATM, si auscul-ta o si palpa le articolazioni durante i movimenti diapertura, chiusura, laterotrusione e protrusione, segna-lando in cartella la presenza di un click (rumore nettodi breve durata) o di crepitii; nel primo caso sarà pro-babile una discopatia, mentre nel secondo un processoartrosico.

5. Palpazione articolare: le due ATM sono valuta-te mediante palpazione laterale e posteriore. Nella pal-pazione laterale indice e medio sono posizionati sull’a-rea di proiezione del polo laterale della ATM 1 cm an-teriormente al trago. La porzione posteriore dellaATM viene palpata portando i mignoli nel meato acu-stico esterno dx e sin esercitando una leggera pressio-ne in direzione anteriore. A volte questa operazionepuò essere dolorosa anche in assenza di patologia, percui si può optare per una palpazione cutanea della por-zione posteriore dell’ATM.

6. Palpazione muscolare: è effettuata mediante pal-pazione dei muscoli temporale, massetere, sternoclei-domastoideo, della nuca, collo, spalle, sopraioidei, del-l’inserzione tendinea del muscolo temporale sul pro-cesso coronoide e dell’inserzione del muscolo pterigoi-deo mediale all’angolo mandibolare. Se almeno tredelle aree palpate evocano dolore ed almeno una dallastesso lato dove il paziente sente dolore, la diagnosidepone per dolore miofasciale.

Tabella 2. Criteri diagnostici per le malattie muscolari

A. Il paziente riferisce dolore a: mandibola, tempia, faccia, area preauricolare, dentro l’orecchio. In più:

B. Il paziente riporta dolore alla palpazione di tre o più dei venti siti palpati dei quali almeno uno omolaterale a dove il paziente ri-ferisce soggettivamente il dolore.

I siti palpati sono dieci per lato:1) muscolo temporale anteriore2) m. temporale medio3) m. temporale posteriore4) corpo del massetere5) inserzione del massetere6) origine del massetere7) regione posteriore della mandibola8) regione sub-mandibolare9) area pterigoidea laterale

10) tendine del temporale

C. Il paziente presenta sintomi e segni di dolore miofasciale: tensione, limitazione funzionale, dolore spontaneo o evocato con trig-ger points, radiologia della ATM normale, endfeel>5mm doloroso-elastico, manipolabilità mandibolare impossibile o difficile,deflessione.

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9Le malattie temporomandibolari

7. Analisi dei rapporti intermascellari: si valuta lamanipolabilità mandibolare. Si quantifica lo slitta-mento dalla posizione di massima intercuspidazione(ICP) alla posizione di relazione centrica (RCP) chenon dovrebbe essere superiore ai 3 mm.

8. Analisi occlusale diretta: vengono rilevati:• numero di denti• denti ruotati o inclinati• eventuali restauri• classe dentale• contatti in massima intercuspidazione• precontatti, contatti bilancianti, lavoranti, iper-

bilancianti e protrusivi• usure, segni di bruxismo, di parafunzioni, di po-

sizioni abituali multiple delle arcate.Sulla base degli appropriati criteri diagnostici si

procede quindi a classificare il paziente in uno o piùdei seguenti gruppi diagnostici:

- Malattie muscolari (gruppo 1 RDC)- Lussazioni discali (gruppo 2 RDC)- Artralgia, artriti, artrosi (gruppo 3 RDC).

Terapia

La ricerca sul trattamento del dolore e delle di-sfunzioni del sistema masticatorio scarseggia non solodi studi clinici controllati e randomizzati, ma anche di

Tabella 3. Criteri diagnostici per le malattie articolari

- I criteri diagnostici delle lussazioni riducibi-li sono: deviazione, click reciproco, click as-sente in protrusione, mobilità normale, pal-pazione articolare positiva.

- Le lussazioni non riducibili (locking) sonodiagnosticate seguendo i seguenti criteri: late-rodeflessione omolaterale al lato del blocco,apertura ridotta, lateralità controlaterale alblocco ridotta, eventuale dolore omolateralesotto o dentro l’orecchio, click pregresso otrauma anamnestico, assenza di rumori, ac-certamento radiografico del dislocamento po-stero-laterale del condilo bloccato e sua per-manenza nella cavità glenoidea in apertura.

- Le artriti e artrosi dell’ATM si classificano sesono presenti i seguenti segni e sintomi: dolo-ri cronici con frequenti esacerbazioni, crepita-zione, joint play ruvido in traslazione, segniradiografici di artrosi, movimenti limitati.

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più semplici studi a lungo termine con chiari cut-offdiagnostici. Tuttavia nella comunità odontoiatrica vi èla credenza diffusa che una terapia occlusale (molag-gio selettivo, trattamento ortodontico o protesico) sial’unica modalità di intervento su un problema che sicrede puramente “gnatologico”.

Al contrario studi più recenti e maggiormente inlinea coi criteri della Evidence Based Medicine, dimo-strano come il miglior approccio disponibile oggi peril trattamento dei TMD debba essere multidisciplina-re, reversibile, conservativo (16, 24). I punti cardinenel trattamento dei TMD sono:

1) autotrattamento: presa di coscienza ed auto-controllo delle parafunzioni diurne, modifichecomportamentali volte a ridurre il carico del si-

stema stomatognatico durante le sue normalifunzioni (Tabella 4);

2) terapia fisica rappresentata in gran parte daesercizi attivi (orali e corporei) e da rilassa-mento muscolare (training autogeno, rilassa-mento muscolare progressivo secondo Jacob-son, yoga);

3) trattamento farmacologico mirato;4) eventuale placca (splint, bite) occlusale, quasi

sempre prescritta solo per uso notturno al soloscopo di proteggere la dentatura (soprattuttonei pazienti bruxisti) e di modificare il patterndel carico notturno sulle strutture articolari emuscolari durante il sonno.

Un dato estremamente importante è che i pa-

Tabella 4. Autotrattamento domiciliare

1. Riposare i muscoli del viso e della bocca e le articolazioni della mandibola.Il riposo consiste nel:a) Evitare di stringere i denti a vuoto, non stare tesi coi muscoli della faccia.b) Non spingere la lingua contro i denti, imparare a deglutire senza puntare la lingua sui dentic) Non mangiarsi le unghied) Evitare abitudini viziate quali l’uso di chewing gum, caramelle gommose, etce) Evitare di mordersi labbra, guance, evitare di tenere fra i denti penne, matite, forcine, stuzzicadenti,etcf ) Adottare per almeno 15 giorni una dieta a base di cibo soffice, che non sottoponga ad eccessivo sforzo i muscoli e le artico-

lazioni. Evitare dunque cibo croccante e che richieda numerosi atti masticatori. La regola è: cibi morbidi, bocconi piccoli, ma-sticati lentamente.

2. Evitare di aprire la bocca eccessivamente. Ciò protegge le articolazioni e permetterà di non restare bloccati a bocca aperta.- Fare bocconi piccoli- Evitare anestesie generali, quando possibile- Evitare lunghi appuntamenti dal dentista e riposarsi frequentemente durante ogni appuntamento.

3. Applicare freddo (borsa del ghiaccio) per 5–10 minuti nel caso di dolore intenso o trauma recente (meno di 72 ore).

4. Applicare caldo-umido (borsa d’acqua calda avvolta da asciugamano umido) per 20 minuti nel caso di dolore leggero o mode-rato.

5. Usare caldo e ghiaccio per un rapido sollievo dal dolore muscolare. Applicare il caldo (con le modalità suddette) per 5 minuti,poi ghiaccio per altri 5 minuti e ripetere il tutto due volte per un totale di circa 20 minuti.

6. Massaggiare le articolazioni (1 centimetro davanti all’orecchio) e i muscoli delle tempie.

7. Mantenere una buona postura: in piedi: evitare la postura avanzata della testa, evitare di tenere le spalle cadenti in avanti, cer-care di bilanciare il peso del corpo su ambedue i piedi; da seduti: evitare di tenere il mento appoggiato ai polsi, non sedersi sulbordo della sedia, evitare di sporgersi in avanti quando si lavora sul computer o si batte a macchina; al contrario fornirsi di unbuon supporto per la schiena e tenere i piedi appoggiati per terra; in auto: durante la guida non adattare gli specchietti retrovi-sori alla propria postura talvolta rilassata, ma al contrario, usarli come riferimento per mantenere una buona posizione.

8. Non tenere il telefono fra la mandibola e la spalla

9. Posizione durante il sonno: dormire sulla schiena con la curvatura del collo sostenuta, o su di un fianco con un supporto fra ilcollo e le spalle e un appoggio morbido per il viso e la mandibola

10. Esercizi domiciliari a corpo libero tipo stretching leggero a livello cervicale, cingolo scapolare e pelvico a casa per almeno 20-30 minuti tutti i giorni.

11. Training autogeno, Yoga e Meditazione: metodi eccellenti per ridurre lo stress

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11Le malattie temporomandibolari

zienti TMD possono rispondere molto bene ai place-bo; alcuni autori hanno utilizzato sia farmaci, chesplint occlusali, che molaggio placebo ottenendo intutti i casi e senza differenze statisticamente significa-tive alte percentuali di successo (33).

Il trattamento conservativo ottiene percentuali disuccesso tra il 50% e il 90%, per cui è senz’altro il piùindicato da un punto di vista del rapporto costo-bene-ficio, invasività e possibilità di effetti collaterali, nellamaggior parte dei pazienti. Come in tutte le patologiealgiche, è importante agire precocemente su segni esintomi significativi per evitare la cronicizzazione deidisturbi che comporta maggiori problematiche psico-sociali e lo sviluppo di una componente “Asse II” im-portante.

In questo senso può inserirsi un trattamento far-macologico mirato al trattamento dell’episodio acuto.La letteratura sulla terapia farmacologica del dolore incorso di TMD non è molto ricca di studi di adeguataqualità (randomized clinical trials, RCT) e si possonotrovare dati soprattutto riguardo a FANS e a farmacimiorilassanti. I primi trovano il loro punto di efficaciaprovata nei problemi articolari in fase acuta, sommini-strati per via sistemica. Anche l’uso topico sembrapossa migliorare l’efficacia delle terapie fisiche.

Per ciò che riguarda la gestione del paziente or-mai cronicizzato, esistono alcuni studi che dimostre-rebbero la superiorità degli antidepressivi triciclici ri-spetto a placebo e benzodiazepine nel trattamento deldolore da TMD cronico. L’utilizzo della gabapentina èstato proposto quando la componente neuropaticaprevale su quella muscolo-scheletrica (34-36). Questistudi necessitano comunque di conferme.

L’utilità di artroscopia e lavaggio intraarticolare,che peraltro hanno uguale efficacia (37), sono dibattu-te e attualmente sembrano trovare indicazioni limita-te anche per la invasività della procedura (1,24,38).

Note pratiche di trattamento

Sulla base delle evidenze scientifiche oggi dispo-nibili, i trattamenti dal migliore profilo rischio/benefi-cio per i TMD sono:

1. Informazione su natura e decorso della malat-tia, rassicurazione, insegnamento di presa di

coscienza e autocontrollo delle parafunzioni(questo insieme di strategie prende il nome ditrattamento cognitivo-comportamentale)

2) Apprendimento di tecniche per il rilassamen-to muscolare (training formale con fisioterapi-sta o psicologo specializzato in training auto-geno o progressivo)

3) Terapia farmacologica mirata 4) Terapia fisica: caldo, freddo, esercizi orali, at-

tività fisica e/o ginnastica posturale, fisiotera-pia

5) Placca occlusale6) Terapia chirurgica (limitata a pochissime indi-

cazioni)

1. Informazione, rassicurazione, autocontrollo

La semplice conversazione ed informazione sullecaratteristiche della malattia può già sortire un buoneffetto terapeutico. Il paziente apprende che la sua nonè una patologia rara, né minacciosa per la vita (davan-ti alle difficoltà diagnostiche e alla singolarità dellasintomatologia molti pazienti temono di essere affettida una patologia neoplastica misconosciuta!) e cheparte del successo terapeutico è nelle sue mani.

Il paziente deve anche essere reso consapevoledelle proprie parafunzioni diurne (serramento deidenti, digrignamento, mantenere i denti a contatto alungo in posizione eccentrica, tenere oggetti in bocca,uso di chewing gum, mordersi le unghie, suscitarecontinuamente il click articolare eventualmente pre-sente) e venire istruito a cercare eventuali relazioni conelementi stressogeni. Si utilizzeranno quindi inputesterni che si ripresentano più volte nella giornata, co-me stimoli visivi od acustici: ogni stimolo deve indur-re il soggetto all’autosservazione, per cui, se si scopriràcon i denti serrati o in posizioni che generano sovrac-carico, rilasserà volontariamente i muscoli masticatoricontratti. Anche drastiche modificazioni dello stile dimasticazione e della consistenza dei cibi possono esse-re utili: abolire chewing gum e caramelle gommose,evitare cibi duri e collosi, preferire a tempo indetermi-nato (e certamente fino alla scomparsa o alla consi-stente riduzione dei sintomi) cibi morbidi, bocconipiccoli, masticazione lenta e misurata, bilaterale.

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2. Rilassamento muscolare

Il training autogeno, lo yoga e le tecniche di con-trollo della respirazione sono eccellenti metodi per di-minuire lo stress ed aumentare l’efficacia della terapia.

Il biofeedback, utilizzato anche nella cura di ce-falee muscolo-tensive e ipertensione arteriosa, con-sente al paziente di ottenere il controllo cosciente diprocessi fisici e psichici normalmente inconsci. Graziead un’apposita apparecchiatura computerizzata si se-gnala al paziente, tramite stimoli acustici o visivi, ilgrado di tensione della muscolatura orale. Con questeinformazioni il paziente apprende gradualmente adautocontrollarne la contrazione e, mediante un pro-cesso di condizionamento, impara a mantenere lo sta-to “decontratto” anche senza l’utilizzo della apparec-chiatura.

3. Terapia farmacologica

I farmaci vengono quasi esclusivamente utilizzatiper il controllo del dolore e per evitarne la cronicizza-zione. I FANS sono i più frequentemente utilizzati;nel mondo anglosassone anche blandi oppiacei vengo-no utilizzati nei casi di dolore severo.

I FANS (ketoprofene, ketoprofene sale di lisina,ibuprofene ecc.) trovano buona indicazione nel tratta-mento del dolore acuto episodico o comunque noncronicizzato.

I miorilassanti (il cui principale effetto non par-rebbe peraltro essere quello nominale, ma piuttostouna sedazione più o meno intensa) non trovano oggiindicazione in alcuna delle affezioni TMD.

Nei pazienti cronicizzati spesso si deve ricorrere afarmaci solitamente utilizzati nella terapia del doloreneuropatico quali: antidepressivi triciclici, stabilizzato-ri di membrana, anticonvulsivi e agenti simpaticolitici.

L’utilizzo attuale dei triciclici (principalmente l’a-mitriptilina) in un trattamento antalgico prevede do-saggi da raggiungersi in seguito ad una accurata tito-lazione progressiva.

4. Splint

Pur non essendo questa la sede per una estesa trat-tazione delle tecniche costruttive degli splint occlusali

è opportuno sottolineare alcune note riguardo all’uti-lizzo di tali dispositivi. Lo scopo della placca occlusale,per quello che si può desumere dalla letteratura appli-cando criteri evidence-based, non è quello di inseriremodificazioni della posizione dei denti o dei rapporticondilo-fossa bensì quello primario di proteggere ladentatura, nonché di redistribuire, alterando il patterndella parafunzione durante il sonno, il carico a livello distrutture articolari e muscolari (effetto ‘racchetta da ne-ve’). Nessun disegno di placca comunque ha dimostra-to evidenza di superiorità rispetto alle altre. Numerosistudi clinici dimostrano che addirittura placche ‘place-bo’ (senza contatti occlusali) possono essere efficaciquanto placche ‘vere’, e c’è sostanziale accordo sullabuona efficacia clinica di tale approccio terapeutico. Dasconsigliare vivamente l’utilizzo di placche ‘home ma-de’ in materiale termoplastico quali quelle recentemen-te messe in commercio per la potenziale pericolosità seinstabili per un confezionamento impreciso e usate du-rante il sonno; occorre inoltre sottolineare come nessu-na placca diminuisca l’attività bruxistica in modo pre-vedibile e duraturo, ma quand’anche alteri tale manife-stazione lo fa in maniera temporanea.

5. Esercizio fisico

L’applicazione di ghiaccio su una articolazione in-fiammata o di caldo umido su una struttura muscolaredolente è corroborato oltre che dalla esperienza clinica,da una pluriennale letteratura ortopedica. Per quantopochi siano gli studi randomizzati e controllati, si puòaffermare che esercizi in apertura contro resistenza sia-no utili, soprattutto quando il range of motion (ROM,entità di apertura della bocca) sia limitato. La ginnasti-ca posturale e la correzione di una postura avanzatadella testa sembrerebbe avere una qualche efficacia te-rapeutica (40). Una attività aerobica generale (nuoto,ginnastica a corpo libero) è supportata dalle molte me-tanalisi che hanno studiato i rapporti fra esercizio fisi-co e varie condizioni di dolore cronico (41).

6. Terapia chirurgica

Le indicazioni per la chirurgia della ATM sonoestremamente relative; a tale proposito basti ricordarei criteri di inclusione per una chirurgia sulla ATM del-

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13Le malattie temporomandibolari

la Associazione dei Chirurghi Orali e MaxillofaccialiAmericani (1985), che devono tutti essere presenti:

1) Presenza di lussazione discale o di altro pro-blema strutturale documentato con imagingappropriato.

2) Evidenza positiva tale da suggerire che i sinto-mi ed i riscontri obiettivi del paziente sianodovuti ai problemi strutturali riscontrati.

3) Dolore e/o disfunzione di entità tali da costi-tuire una reale disabilità per il paziente.

4) Precedenti trattamenti conservativi falliti.5) Pre trattamento, per quanto possibile, di para-

funzioni, bruxismo, problemi medici e dentaliconcomitanti, e di altri disturbi che possanocontribuire l’esito del trattamento chirurgico.

6) Consenso del paziente al trattamento chirurgi-co dopo adeguata discussione delle potenzialicomplicazioni, degli obbiettivi, delle percen-tuali di successo, del timing, del trattamentopostoperatorio, dei trattamenti alternativi, in-cluso nessun trattamento.

Per poche situazioni selezionate esiste una qual-che evidenza di efficacia di procedure chirurgichesulla ATM, mai comunque sulla base di studiprospettici, randomizzati controllati, ma al più inrelazione a serie di casi o esperienza clinica: que-ste indicazioni sono:a) rari casi di artrite reumatoide esitati in anchi-

losi con impotenza funzionale e grave limita-zione alla alimentazione;

b) grave osteoartrosi con dolore e/o impotenzafunzionale;

c) lussazione discale inveterata e algica non risol-ta con tecniche conservative (39, 42).

Si è quindi visto come l’approccio ai disturbi mu-scolo-scheletrici dell’apparato stomatognatico debbaessere sostanzialmente improntato agli stessi principiortopedico-fisiatrici di altri distretti corporei, limitan-do al massimo le terapie non reversibili, occlusali ochirurgiche. Un caso particolare è il paziente che ne-cessita per altri motivi di una riabilitazione occlusale esoffre di TMD. In questo caso è necessario risolvereprima il problema funzionale e/o doloroso a livellomandibolare e quindi procedere alla riabilitazione. Nelcorso di queste procedure, che richiedono giocoforzaun adattamento del paziente ad una nuova condizione

biomeccanica, è necessario evitare che il dentista foca-lizzi l’attenzione del paziente sull’occlusione: è ormaiampiamente descritto il problema del cosidetto “sensoocclusale positivo”, che può poi condurre a problemidolorosi cronici, per lo più su base muscolare, e a de-terioramento del rapporto dentista-paziente.

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02-manfredi 28-12-2006 14:28 Pagina 14

Page 18: Malattie temporomandibolari

15Le malattie temporomandibolari

1. Le malattie temporo-mandibolari sonoA. Malattie occlusali più frequenti in pazienti non trattati orto-

donticamenteB. Malattie psicosomatiche più frequenti in personalità isteri-

che o nevroticheC. Malattie muscolo-scheletriche nella maggior parte dei casi

fluttuanti e tendenzialmente remittentiD. Malattie ortopediche non ancora definibili come entità no-sografiche

2. I trattamenti irreversibili (molaggio selettivo, protesi, orto-donzia) per curare malattie temporo-mandibolari sonoA. Sconsigliabili in quanto l’evidenza scientifica disponibile

non ne ha mai dimostrato l’effettiva superiorità rispetto aitrattamenti conservativi

B. Sconsigliabili in quanto costosiC. Consigliabili in quanto unico trattamento in grado di stabi-

lizzare il pazienteD. Consigliabili in quanto ottima fonte di reddito in una ge-

stione manageriale della attività professionale

3. L’asse II RDC classificaA. La gravità del doloreB. Lo stato psicologicoC. La disabilità correlata al doloreD. Tutte le precedenti

4. Una dislocazione discale riducibileA. Evolve naturalmente in dislocazione irriducibileB. Regredisce spontaneamenteC. L’andamento non è prevedibileD. Resta stabile se non curata

5. Quale farmaco è più consigliabile nel trattamento di unTMD articolare acuto?A. DiazepamB. AmitriptilinaC. Acido acetilsalicilicoD. Ketoprofene / ketoprofene sale di lisina

6. Nella dislocazione discale riducibile sono presentiA. Rumore articolare riproducibile in posizioni diverse in aper-

tura ed in chiusura, imaging dei tessuti molli di disco dislo-cato a bocca chiusa

B. Deviazione verso il lato sano in protrusiva, diminuita latero-trusione verso il lato colpito, rispetto al lato sano, limitazio-ne dell’apertura

C. CrepitioD. Rumore articolare riproducibile in posizioni diverse in aper-

tura ed in chiusura, imaging dei tessuti molli di disco dislo-cato a bocca aperta

7. Nel dolore miofasciale con limitazione di apertura si riscon-tranoA. Dolore regionale ottuso, penoso, aggravato dalla funzione

mandibolareB. Sensazione di rigidità muscolareC. Diminuita apertura della bocca; end feel elastico (>4mm)D. Tutte le precedenti

Risposte esatte:1-C;2-A;3-D;4-C;5-D;6-A;7-D

Questionario di autovalutazione

02-manfredi 28-12-2006 14:28 Pagina 15

Page 19: Malattie temporomandibolari

Introduzione

La diagnosi di dolore muscolare masticatorio nonè alternativa a quella di cefalea. Spesso una cefalea cro-nica presenta anche quadri di sofferenza muscolarediffusa a livello stomatognatico, probabilmente secon-daria alla cronicizzazione stessa della malattia algica dibase. Una gestione del problema, anche se ovviamentenon curativa per la cefalea, può migliorare lo statocomplessivo del paziente.

Storia clinica

La paziente (25 anni, per il resto in buona salu-te) è stata inviata presso il nostro reparto dal proprioneurologo, il quale le aveva già diagnosticato emicra-nia comune e cefalea tensiva; il dubbio del collega erase la cefalea non fosse, in realtà, collegata all’apparatostomatognatico. La paziente presa in esame ha riferi-to di soffrire di mal di testa regolare da molti anni; già6 anni prima aveva cominciato, sotto consiglio delneurologo che l’aveva in cura allora, una terapia conantidolorifico che non aveva sortito alcun effetto.Quando è giunta alla nostra osservazione era in curada circa 2 mesi con eletriptan 40 mg (agonista selet-tivo dei recettori della serotonina), somministrato adogni attacco di emicrania, che, da quanto riferito, ac-cadeva a cadenza bisettimanale. La terapia prescrittadal neurologo stava dando ottimi risultati per quantoriguarda l’attacco di emicrania, ma la paziente conti-

nuava a lamentare, comunque, dolore gravativo nonparticolarmente intenso (intensità 2/5) in zona tem-porale, bilateralmente, presente quotidianamente, so-pratutto a sera.

Esame obiettivo

Dopo un attento esame degli esami radiologici inpossesso della paziente (ortopantomografia) abbiamoiniziato l’indagine intraorale, che ci ha consentito didiagnosticare il prognatismo e l’open-bite della pa-ziente (Fig. 1). La cinetica mandibolare è apparsa nellanorma (Figg. 2-4) e asintomatica, tranne che nell’a-pertura passiva, risultata dolorosa. La sensazione ter-minale (endfeel) è risultata elastica e cedevole, entram-be le ATM erano dolenti alla palpazione della porzio-ne posteriore e nella destra era presente una lussazio-

Cefalea o malattia temporomandibolare?Edoardo Manfredi, Simone LumettiSezione di Odontostomatologia, Università degli Studi di Parma, Parma

C A S O C L I N I C O

ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno di Odontoiatria I: 16-17 © Mattioli 1885

Key words: Migraine without aura, tension-type headache, temporomandibular disorders

Parole chiave: Emicrania senz’aura, cefalea tensiva, malattie temporomandibolari

Figura 1. Indagine intraorale: prognatismo e open-bite

03-manfredi cefalea 28-12-2006 14:29 Pagina 16

Page 20: Malattie temporomandibolari

ne discale con riduzione, di lieve entità. I muscoli tem-porali durante la palpazione sono apparsi dolenti nelloro fascio anteriore; l’esame palpatorio dei masseteri èrisultato anch’esso dolente bilateralmente sul corpo

del muscolo e nell’inserzione zigomatica. Osservandola paziente durante il colloquio sono poi saltate all’oc-chio due importanti parafunzioni diurne: onicofagia emorsicamento del labbro. Una ulteriore indagineanamnestica ha permesso di evidenziare anche serra-mento diurno.

Diagnosi

La diagnosi finale ha deposto per dolore miofa-sciale senza apertura limitata, localizzato principalmen-te ai muscoli temporali. Per questo motivo al neurologosembrava inizialmente che fosse presente una cefaleatensiva, che in realtà si è poi scoperta essere un doloremuscolare originato dall’apparato stomatognatico.

Terapia

La paziente è stata istruita nell’evitare le para-funzioni diurne e nel non serrare i denti. Le abbiamopoi mostrato come e quando applicare gli impacchicaldo-umidi alle zone dolenti e come eseguire i mas-saggi; questi vanno eseguiti con 1 dito, facendo movi-menti circolari sui muscoli interessati. Quando, poi, sitrovano i punti dolenti (trigger points) il paziente de-ve applicare e mantenere per 1 minuto su di essi unapressione alla soglia del dolore. Già 1 mese dopo l’i-nizio della terapia la paziente ha riferito un migliora-mento della sintomatologia e all’esame obbiettivo imuscoli temporali non erano più dolenti, mentre per-sisteva, diminuito, dolore alla palpazione del corpodei masseteri.

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17Cefalea o malattia temporomandibolare

Figura 2. Cinetica mandibolare: una misurazione

Figura 3. Cinetica mandibolare: altra misurazione

Figura 4. Cinetica mandibolare: altra misurazione

03-manfredi cefalea 28-12-2006 14:29 Pagina 17

Page 21: Malattie temporomandibolari

Introduzione

La diagnosi delle malattie temporomandibolari sibasa su un’accurata valutazione della sintomatologiapassata e presente, così come dei dati clinici rilevatidurante l’esame obbiettivo. Questo processo è il mo-mento più importante del flow-chart diagnostico-te-rapeutico per le condizioni patologiche capaci di darealterazioni delle funzioni stomatognatiche, accompa-gnate o meno dal sintomo dolore, in quanto la dia-gnosi differenziale deve considerare altre malattie cra-nio-facciali “non-temporomandibolari”, alcune dellequali possono avere anche conseguenze fatali.

In passato i dentisti hanno spesso usato un ap-proccio meccanicistico-occlusale alla diagnosi e tera-pia dei TMD, con, a volte, mancate o ritardata dia-gnosi di malattie neoplastice, neurologiche, etc. Il ca-so preso in esame è in questo senso paradigmatico: ilpaziente è stato curato molti mesi per un disturbo oc-clusale, che si è poi rilevato essere un tumore della pa-rotide.

Storia clinica

Un uomo di 75 anni, con protesi totale superioreed inferiore in funzione da molti anni (Fig. 1), nel feb-braio 2005 ha cominciato a lamentarsi con il propriodentista di una perdita della performance masticatoria,di instabilità delle protesi e di un cambiamento occlu-sale. Il dentista curante ha dapprima ribasato le prote-

Decadimento di performance masticatoria con cambiamentidi occlusioneGiovanni Mauro, Edoardo ManfrediSezione di Odontostomatologia, Università degli Studi di Parma, Parma

C A S O C L I N I C O

ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno di Odontoiatria I: 18-19 © Mattioli 1885

Key words: Occlusion, complete denture, parotid neoplasms, temporomandibular disorders

Parole chiave: Occlusione, protesi completa, tumori parotidei, malattie temporomandibolari

Figura 1. Uomo di 75 anni: protesi totale superiore ed inferio-re in funzione da molti anni

Figura 2. Status dopo 2 settimane dalla prima visita

04-mauro 28-12-2006 14:30 Pagina 18

Page 22: Malattie temporomandibolari

19Decadimento di performance masticatoria con cambiamenti di occlusione

si con materiale morbido, per poi passare alla ribasatu-ra rigida con resina acrilica; le discrepanze occlusalisono state rimosse ed il paziente è stato istruito ad evi-tare cibi duri e parafunzioni diurne. Dopo 2 settimaneil paziente ha sviluppato un click all’articolazione sini-stra e una tumefazione dell’area preauricolare sinistrache scompariva alla mattina (Fig. 2). Il range dei mo-vimenti mandibolari appariva nella norma e non erapresente dolore spontaneo od evocato durante la pal-pazione dei muscoli e delle ATM; era presente clickbilaterale durante l’apertura e la chiusura della bocca(il destro presente da molti anni, il sinistro apparso do-po la ribasatura della protesi), che scompariva in pro-trusione. I dati clinici deponevano per una lussazionediscale con riduzione bilaterale. L’occlusione è stata ri-controllata dal dentista curante, che ha deciso di au-mentare la dimensione verticale delle 2 protesi. Du-rante il mese di aprile 2005 il paziente ha evidenziatoun’emiparesi facciale (Figg. 3, 4). A questo punto èstato inviato al nostro reparto per il sospetto di unamalattia temporomandibolare. L’esame obbiettivo haconfermato la lussazione bilaterale con riduzione del-l’ATM e l’asimmetria facciale; nel frattempo il pazien-te è stato sottoposto ad ecografia delle ghiandole sali-vari e del collo che ha rilevato una massa di 2 cm de-scritta come di origine infiammatoria ed alcuni picco-li linfonodi reattivi. Al paziente sono state prescritteulteriori indagini radiologiche (RMN e TAC del col-lo e del cranio). Nel maggio 2005, dopo RMN con e

senza mezzo di contrasto, TAC, ed ecografia ad alta ri-soluzione, eseguite dallo stesso operatore nello stessogiorno, è stata diagnosticata una massa di 4x3 cm di-somogenea che sostituiva quasi completamente lostroma parotideo, accompagnata da aree di necrosi. Ilprolungamento temporale della ghiandola era partico-larmente coinvolto, giustificando così la sintomatolo-gia temporomandibolare. Nessun linfonodo del colloera coinvolto, e nemmeno le strutture encefaliche. L’i-maging era compatibile con un adenoma pleomorfodella parotide, diagnosi confermata poi dall’esameistologico eseguito dopo l’asportazione chirurgica del-la massa tumorale.

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Figura 3. Status dopo 2 mesi dalla prima visita: emiparesi facciale Figura 4. Emiparesi facciale

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Page 23: Malattie temporomandibolari

finito di stampare a Fidenza (Pr)nel mese di gennaio 2007presso Mattioli 1885 spa

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