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Supplemento gratuito allegato al numero odierno di ItaliaOggi LIBRO D’ORO DEL MARKETING La storia, le strategie e le nuove sfide dei brand protagonisti del primo Milano Marketing Festival 2017 MILANO MARKETING FESTIVAL

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Libro D’oro DeL

marketingLa storia, le strategie e le nuove sfide

dei brand protagonisti del primo Milano Marketing Festival 2017

Milano Marketing Festival

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3Venerdì 12 Maggio 2017

Il Marketing diventa ArteEditoriale

Non poteva che essere il Libro d’oro del Mar-keting dedicato alla storia, alle strategie e alle nuove sfide dei brand che investono sull’eccellenza, a suggellare idealmente il 1° Milano Marketing Festival, l’evento orga-

nizzato da Class Editori, dedicato ai professionisti e agli studiosi del marketing che si è svolto con grande successo a Milano, nello scorso mese di marzo, presso la Fabbrica del Vapore.

La manifestazione, nata in occasione dei 25 anni di ItaliaOggi - l’unica testata a diffusione nazionale che fin dagli esordi in edicola dedica un inserto quotidiano, MarketingOggi, ai temi del marketing, dei media e della pubblicità e la trasmissione tele-visiva Marketing, Media and Money su Class Cnbc (canale 507 di Sky) -, ha trasformato per tre giorni il capoluogo lombardo nella capitale internazio-nale del marketing, grazie agli speech di guru mondiali e di esperti, manager della comunica-zione e docenti della materia, per la prima volta riuniti assieme in una grande manifestazione.

Un’occasione di incontro e approfondimento ol-tre che per i professionisti del settore e i manager

aziendali, per gli studenti dei corsi specialistici dei principali atenei lombardi. In migliaia sono accor-si alla Fabbrica del Vapore, la suggestiva location dell’evento, per seguire i panel degli esperti pronti a svelare le strategie e quei piccoli o grandi segreti utilizzati per entrare nella testa dei consumatori, anticiparne le esigenze ed entusiasmarli al punto di renderli fedeli ai brand.

C’è fame di conoscenza e scambio di esperienze e visioni sulla materia. Il mondo del marketing ha subito nell’ultimo decennio una profonda trasformazione, passando da semplice supporto dell’area vendite a vero e proprio pilastro delle pratiche commerciali. Da tecniche rudimentali, basate spesso sulla fantasia e l’intuizione del singolo imprenditore, si è passati a strategie sempre più sofisticate, rese indispensabili dalla rapida diffusione delle tecnologie digitali e degli smartphone, ora a disposizione della gran parte dei consumatori. La rapidità dell’evoluzione digitale ha reso sempre più complesso fissare i principi su cui le aziende devono puntare per conquistare e mantenere i loro clienti, ancor più in un momento così difficile dal punto di vista economico. Un ruolo sempre più

importante nel successo del marketing e del busi-ness, poi, è svolto dai big data che influenzeranno la vita quotidiana in tutti i modi, come egregia-mente spiegato alla platea del 1° Milano Marketing Festival, dal professor Mario Rasetti, guru mon-diale della materia e presidente di Isi Foundation.

Nulla, insomma, può essere più lasciato al caso. Ma se è vero che il marketing è una materia sem-pre più complessa, quasi una scienza, resta anche un’arte. Marketing is Art è il titolo scelto dal di-rettore artistico del 1° Milano Marketing Festival, l’architetto Italo Rota, ideatore tra i tanti suoi lavori, dell’allestimento del Museo del Novecento, perché «idee e progetti messi a confronto diven-tano anche l’arte del marketing».

Da qui nasce l’idea di questo Libro d’oro dedicato alle tendenze del settore, ma soprattutto a quelle aziende che il marketing lo praticano tutti i giorni raggiungendo livelli d’eccellenza. Quelle aziende che riescono, appunto, a trasformare il marketing in un’opera d’arte, l’arte delle idee.

Sabina Rodi

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4Milano Marketing Festival 25anni

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6MilaNo MarketiNg Festival,la Fabbrica delle idee

7creatività, ecco i 23 Fuoriclasse del MarketiNg

10Prodotti iNNovativi, PackagiNg e coMuNicazioNe Per essere viNceNti

12il clieNte? seMPre Più al ceNtro dell’esPerieNza digitale dei Marchi

14uN Negozio Fisicoa Misura di e-coMMerce

16viaggio Nelle eMozioNi del coNsuMatore

18big data, la Partita aNcora da giocare

20air eNterPrise, la chiave di volta coN vasPedito

22aMPliFoN, la sFida è guidare l’evoluzioNe del settore

24braNca, la ForMula segreta del successo

26carreFour, la creativitàeNtra aNche Nella gdo

28de cecco, dall’abruzzoalla coNquista del MoNdo

30deborah, la bellezza è accessibilee seMPre Più digital

32FujiFilM caMbia il FuturoriPeNsaNdo le sue origiNi

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5Venerdì 12 Maggio 2017

34garNier, la cura di sé Parte dalla Natura

36huMaNtek risveglia l’uoMoche è Nel MaNager viNceNte

38ibM e il MarketiNg 4.0 Più iNNovativi coN WatsoN

40iNtesa sP: dallo sPortello all’agorà, PartNer del caMbiaMeNto

42leoNardo, l’iNNovazioNeNell’aerosPazio e diFesa

44Msc crociere PreNde il largo coN le Navi iNtelligeNti

46ParMalat, dal latte cult al succo Più aMato dagli italiaNi

48Poste italiaNe accelera lo sviluPPo del Paese

50radio italia: 35 aNNi di Musica italiaNatra eveNti, tv e social

52riso scotti, quaNdo il ciboFa riMa coN il beNessere

54saMsuNg, tutto l’orgoglio di uN braNd

56uNicredit, avaNti sul digitalela baNca a Portata di aPP

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6Milano Marketing Festival 25anni

Nel capoluogo lombardo il primo evento dedicato alle strategie e alle sfide di aziende e professionisti

Milano Marketing Festival,la Fabbrica delle idees

ono accorsi in migliaia al 1° Milano Mar-keting Festival: dai professionisti ed esperti del settore alle aziende, fino agli studenti - oltre 5 mila - delle facoltà di marketing dei più prestigiosi atenei lombardi.

L’evento, organizzato da Class Editori in occa-sione del 25esimo anniversario di ItaliaOggi, si è tenuto dal 23 al 25 marzo scorso alla Fabbrica del Vapore di Milano, e ha trasformato per la prima volta il capoluogo lombardo nella capitale inter-nazionale del marketing, grazie anche agli speech di relatori di caratura internazionale. Come il professor Mario Rasetti, il guru mondiale del-la Big data science. O Alessandro Lazzaroni, ceo di Domino’s Pizza Italia, che ha svelato come e perché il colosso Usa abbia deciso di mettersi in gioco nel paese che la pizza l’ha inventata. O, an-cora, il professor Michael R. Salomon, autore del best-seller Consumer Behaviour: Buying, Having and Being, de-finito da Amazon «il libro di riferimento per comprendere i consumatori e le loro esigenze».Al 1° Milano Mar-keting Festival non sono mancate le conference con pro-tagonisti di altissimo livello, tavole roton-de e workshop, che hanno approfondito i temi e le oppor-tunità di maggiore interesse: dall’evolu-zione fisica dei pun-ti vendita al digitale, dalle nuove fasce di pub-blico cui guardare con interesse al lusso online, dal ruolo dei Big data ai fattori che decretano il successo di un prodotto, dal neuromarketing al rilancio dei brand. Nei tre giorni si sono al-ternati anche panel singoli di esperti, tra cui il guru della pubblicità Lorenzo Marini e France-sco Morace, presidente di Future Concept Lab.Protagonista del Festival, realizzato con il patro-cinio del Ministero dello sviluppo economico, di Regione Lombardia e del Comune di Mi-lano, anche la mostra «Marketing is Art», curata

dall’architetto Italo Rota, ideatore, tra l’altro, del Museo del Novecento di Milano, che è stato an-che direttore artistico del Festival. Un omaggio alle campagne e ai prodotti migliori, presentati come vere e proprie opere d’arte, in una sorta di «nuovo e sorprendente museo contemporaneo», come ha spiegato Rota, dove i visitatori hanno potuto immergersi nel meglio del marketing ita-liano. All’apertura della mostra un’installazione di 9 metri, un omaggio a Carosello a 60 anni dalla prima trasmissione e a 40 anni dall’ultima. Ma in tutta l’area della Fabbrica del Vapore si sono

alternate opere-campagne da ammirare fino a giungere all’Agorà: il grande ambiente dove mi-gliaia tra professionisti e studenti hanno avuto la possibilità di incontrarsi e scambiarsi opinioni e idee e progetti, dando vita a quella che è una vera e propria arte del marketing. Infine, a coronamento del 1° Milano Marketing Festival, non potevano mancare gli Awards. Nel corso di una cerimonia alla Fabbrica del Vapo-re sono stati assegnati 23 premi: un riconosci-mento alla capacità di aziende e professionisti di utilizzare il marketing a regola d’arte. I vincitori sono stati selezionati da un Advisory board che si è avvalso del contributo delle più importan-ti personalità del mondo della comunicazione, della pubblicità e del marketing italiani. Eccel-lenze che hanno premiato eccellenze.

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7Venerdì 12 Maggio 2017

Gli Awards asseganti per le categorie Special, Special Marketing, Gold e Professional

Creatività, ecco i 23 fuoriclasse del marketingv

entitré premi che riconoscono la capacità delle aziende e dei professionisti di utiliz-zare il marketing a regola d’arte.Si tratta dei The Value of the Art of Marketing Awards che sono stati asse-

gnati a Milano durante il 1° Milano Marketing Festival, che si è tenuto all’interno della Fabbri-ca del Vapore nel capoluogo lombardo. La ma-nifestazione è stata organizzata da Class Editori in occasione del 25° anniversario di ItaliaOggi e ha animato la struttura di via Procaccini per tre giorni, dal 23 al 25 marzo, con conferenze, workshop e una mostra, «Marketing is Art», curata dall’architetto Italo Rota. Sono stati mi-gliaia gli studenti che insieme ai professionisti si sono avvicendati per seguire gli interventi dei relatori (15 i workshop durante la tre giorni), per addentrarsi all’interno del labirinto realizza-to dall’architetto Rota con le videoinstallazioni che hanno dato rilievo ad alcune delle idee di marketing più affascinanti degli ultimi anni, e per osservare l’installazione di 9 metri con 70 personaggi della storica trasmissione Carosello.Quattro le categorie di Awards: Special, Special Marketing, Gold e Professional.

Special AwardsPer aver attuato con L’Economia del Corriere la prima dimostrazione di come la carta dei quoti-diani può recuperare vitalità usando le tecniche dei magazine è stato premiato Urbano Cairo (am-ministratore delegato RCS MediaGroup), mentre per aver saputo congiungere la TV commerciale al web e all’altro mezzo più popolare, la radio, in coordinamento pubblicitario con Mondadori, ha ricevuto il riconoscimento Mauro Crippa (direttore generale Informazione di Mediaset). A De Cecco (ha ritirato Giovanni Alleonato, direttore Marketing) è stato assegnato lo Special Awards per aver saputo comunicare l’essenza del made in Italy in maniera ironica e piena di buon gusto. A UniCredit Group è stato assegnato, invece (sul palco Silvio Santini, head of group brand management), per aver contribuito a definire lo skyline di Milano creando una location identifica-tiva riconosciuta in tutto il mondo (all’avanguardia del marketing territoriale istituzionale)

Special Marketing AwardsDynamo Camp è stata premiata (categoria Non

Profit; presente Serena Porcari, Amministrato-re delegato di Fondazione Dynamo e vicepresi-dente esecutivo di Associazione Dynamo Camp Onlus) per aver creato una straordinaria com-munity di volontariato per promuovere iniziati-ve a difesa dei ragazzi bisognosi di cure; mentre Carrefour (hanno ritirato, Federica Palermini; responsabile brand&communication and digi-tal innovation; Grégoire Kaufman, direttore commerciale e marketing; Enrico Fantini, re-sponsabile E-Commerce) ha avuto il riconosci-mento (categoria E-Commerce & Retail) per aver saputo comunicare ai propri clienti tramite l’hashtag #OreSpeseBene il concetto che la spe-sa online si traduce in tempo libero da dedica-re ai propri hobby. Nelle sezioni Tecnologia e Consumer Goods il premio è stato assegnato, rispettivamente, a Samsung e a Riso Scotti. Nel primo caso (presente Mario Levratto, direttore marketing e relazioni esterne di Samsung Elec-

tronics Italia), per aver aperto al pubblico le porte della casa veramente digitale: il suo showroom; nel secondo (ha ritirato Dario Scotti, presidente e amministratore Delegato) per aver saputo in-novare un prodotto tipico della cucina italiana, proponendone diverse varianti che rispettano la qualità e la tradizione del brand.Fujifilm (presenti Luana Porfido, corporate communication manager, e Marco Giubelli, sales manager photo imaging) è stata insignita per aver accettato la sfida della rivoluzione digi-tale riportando in auge, con nuove modalità, la fotografia su stampa; Garnier (sul palco Damien Favre, general manager Garnier Maybelline Pro-vost Italy) per aver saputo coniugare in maniera eccellente il marketing e la ricerca scientifica, primeggiando nel packaging e sviluppando im-portanti principi attivi.

Qui sopra e nella pagina accanto, alcuni momenti del Milano Marketing Festival.

(continua a pag. 8)

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8Milano Marketing Festival 25anni

A Radio Italia, il riconoscimento è stato asse-gnato nella sezione Emotional media (presenti Marco Pontini, direttore generale marketing e commerciale e Alessandro Volanti, Responsa-bile Marketing) per aver immediatamente com-preso e straordinariamente diffuso la novità e i valori del 1° Milano Marketing Festival.La campagna multimediale su tutte le principali piattaforme media, capace di consolidare l’aware-ness, generare engagement e sostenere la reputation del brand, è alla base invece del riconoscimento assegnato a Poste Italiane nella sezione multime-dialità (sul palco Cristina Quaglia, responsabile Pubblicità, Below the line e Corporate Identity).Per l’Innovazione e il Budget Piccoli, sono state protagoniste Intesa Sanpaolo (c’era Fabrizio Pa-schina, responsabile Pubblicità e web, direzione relazioni esterne) e Deborah (ha ritirato Malvina Cova, direttore marketing). Ecco le motivazioni: per aver portato la comunicazione di un Istituto di Credito ai livelli dei più contemporanei brand marketing oriented; per essere divenuta un’azienda familiare leader nell’affordable luxury, simbolo del lifestyle e dell’estetica made in Italy, con una sa-piente e strategica capacità di ottimizzare le scelte di pianificazione con i mezzi a loro più affini.

Professional Awards Infine, nella categoria dedicata a chi le campagne le inventa e a chi utilizza il marketing come stru-mento per valorizzare la bontà delle idee, come Agenzia più Creativa è stata premiata Young &

Nelle sezioni Turismo, Finan-za/Assicurazioni e Benessere, hanno ricevuto il premio, ri-spettivamente, MSC Crociere (con Antonio Di Bonito, special events & sponsorship specialist), Banca Generali (c’era Barbara Malagutti, direttrice marketing, banca generali) e Amplifon (in sala Lisa Casasola, team brand advertising and communica-tion). Queste le motivazioni: per aver espresso un universo di tecnologia, servizi, compe-tenze ed esperienza con una frase semplice e diretta, «Non una crociera qualsiasi»; per aver costruito una piattaforma multibrand composta da 3.700 prodotti e una tra le più ampie e complete offerte di soluzioni di investimento e di assistenza nella pianificazione finanziaria della clientela; per aver realiz-zato un retail capillare con l’o-biettivo di essere vicini a una fascia della popolazione biso-gnosa di servizi su misura.

Gold Awards Per le categorie dedicate alla Creatività Video e Stampa, sono state premiate Fratelli Branca (alla Fabbrica del Vapore, Margherita Vaschetto, corporate relations manager) e Leonardo (sul palco Federico Fabretti, executive vice presi-dent external relations communication and insti-tutional affairs). Nel primo caso, la motivazione è relativa a uno spot originalissimo che nasce dall’interpretazione fotografica del noto fotogra-fo Martin Wonnacott: prima uno scatto poi il film. Lo spot mette in scena gli ingredienti che compongono il Fernet Branca: le erbe e le spe-zie; nel secondo è stata riconosciuta la creativita del claim «Disegniamo il futuro del Paese», che esprime l’orientamento all’eccellenza tecnologi-ca ovunque vi sia bisogno di difesa e sicurezza, con un’ambiziosa proiezione al futuro. La nuova campagna sul ballo, che sottolinea l’u-niversalità e la trasversalità del prodotto e il claim «è bello avere tutto», che indica l’offerta unica con un solo operatore e la centralità del cliente sono alla base della scelta di TIM (in sala Paolo Teoducci, responsabile ricerche), nella sezione Market Disruptor. Sorgenia e Ford sono state le protagoniste delle categorie dedicate alle Eccel-lenze Digitali e ai Social Media. Sorgenia (c’era Simone Lo Nostro, direttore Area mercato) per aver implementato una strategia full digital End-to-End per il mercato dell’energia; Ford (ha ritirato Fabrizio Bambina, sales district ma-nager) per aver raggiunto la miglior customer experience nel settore dell’auto.

Rubicam (sul palco Vicky Gitto, presidente e chief creative officer, e Federica Ilaria Forna-ciari, chief digital officer di Y&R Italia), che ha colto velocemente il cambiamento della comu-nicazione verso il mondo digitale proponendo creatività adatte ai nuovi media.

Advisory BoardI 23 Awards consegnati durante il 1° Milano Marke-ting Festival sono stati assegnati alle aziende selezio-nate da un prestigioso Advisory Board, composto da Salvio Vicari (professore università Bocconi e presidente advisory board Milano Marketing Festival), Silvestre Bertolini (regional coo Gfk), Fedele Confalonieri (presidente Mediaset), Mau-rizio Costa (presidente FIEG), Giovanni Fan-tasia (a.d. Nielsen), Andrea Illy (presidente Alta-gamma), Roberto Liscia (presidente Netcomm), Monica Maggioni (presidente Rai), Emanuele Nenna (presidente Assocom), Paolo Panerai (vi-cepresidente e a.d. Class Editori), Marco Pedroni (presidente Gs1 Italy/Indicod-Ecr), Mario Resca (presidente Confimprese), Angelo Sajeva (pre-sidente ClassPi), Lorenzo Sassoli De Bianchi (presidente Upa), Andrea Zappia (a.d. Sky).

Il 1° Milano Marketing Festival è stato realizzato con il patrocinio del Ministero dello sviluppo economico, di Regione Lombardia e del Co-mune di Milano.

di MaRco Livi

Paolo Panerai (Class Editori) e Urbano Cairo (RCS Mediagroup)

Giovanni Alleonato - De Cecco

Mauro Crippa - Mediaset

Silvio Santini - UniCredit Group

(segue da pag. 7)

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9Venerdì 12 Maggio 2017

Luana Porfido e Marco Giubelli - Fujifilm Italia

Damien Favre - Garnier Maybelline Provost Italy Antonio Di Bonito -

MSC CrociereBarbara Malagutti -

Banca Generali Lisa Casasola - Amplifon

Margherita Vaschetto - Fratelli Branca

Federico Fabretti - Leonardo Paolo Teoducci - TIM

Simone Lo Nostro - Sorgenia Fabrizio Bambina - Ford

Marco Pontini e Alessandro Volanti -

Radio ItaliaCristina Quaglia -

Poste ItalianeFabrizio Paschina - Intesa Sanpaolo Malvina Cova - Deborah

Vicky Gitto e Federica Ilaria Fornaciari - Young & Rubicam

Serena Porcari - Dynamo Camp

Federica Palermini, Grégoire Kaufman, Enrico Fantini -

CarrefourMario Levratto - Samsung

Electronics italia Dario Scotti - Riso Scotti

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10Milano Marketing Festival 25anni

Il punto di partenza è una proposta in grado di rispondere alle esigenze non soddisfatte dei consumatori, ma non basta

Prodotti innovativi, packaging e comunicazione per essere vincentii

n un mercato in continua evoluzione creare prodotti innovativi è una strategia vincente. Il punto di partenza è di certo una proposta in grado di rispondere alle esigenze non

soddisfatte dei consumatori. Ma non basta: la confezione, la presentazione nei negozi e la comunicazione sono fattori altrettanto impor-tanti per riuscire a vendere le novità. Senza dimenticare che tutto oggi è più accelerato e che quindi è rischioso far passare troppo tempo dall’ideazione al lancio. Conviene, piuttosto, sfruttare la tecnologia e il digitale per coin-volgere fin da subito i potenziali clienti, per esempio grazie alle indicazioni sui trend che si trovano sui social network e nelle community online. Brand che hanno affrontato questa sfida con successo sono, per esempio, il deodorante francese per la casa Air Wick Pure, la birra russa Gold Mine Zhivoe, il cibo per gatti Whiskas Dry Cat Food e il dentifricio AZ Complete in Italia.Per costruire una proposta vincente, sia che si tratti di un prodotto che introduce un’in-novazione radicale sia che presenti invece un miglioramento incrementale, «fondamentale è essere in linea con le esigenze del merca-to», sostiene Paola Cillo, professore associato di management e innovazione dell’università Bocconi di Milano. «Tenendo presente però che la tecnologia e la digitalizzazione hanno portato importanti trasformazioni. Da un lato c’è un’accelerazione legata al fatto che non ci sono più confini molto definiti tra un mercato e l’altro: l’emergere della sharing economy e in generale la possibilità di accesso al prodot-to velocemente cui le persone sono abituate fanno in modo che i processi decisionali e di consumo siano molto più rapidi», spiega la do-cente. «Le imprese quindi devono essere molto più rapide dall’idea al lancio».Dall’altra parte, oggi è possibile fare test in modo più veloce coinvolgendo il consumatore fin dalla fase di definizione iniziale. «I consu-matori lasciano tracce online attraverso i social

network che rappresentano una fonte rilevante per fare analisi sui trend», continua Cillo. «Per esempio un’impresa americana, Ditto Labs, ha sviluppato un algoritmo che consente di analizzare tantissimi dettagli delle foto pubbli-cate dagli utenti su Instagram e alcune azien-de hanno cominciato a ideare nuovi prodotti osservando queste immagini: è il caso di un produttore di yogurt americano, Chobani, che, vedendo che spesso le persone consumano lo yogurt in macchina mentre vanno al lavoro, ha creato una confezione che entra nei porta be-vande dell’auto; oppure Gatorade si è accorta che molti ragazzi consumavano la bevanda a tavola e ha creato un linea ad hoc per teenager che fosse bilanciata e appropriata per i pasti.

Oppure ci sono marchi che coinvolgono gli utenti attraverso community di interesse per creare il prodotto con i consumatori».Molti prodotti innovativi però non arrivano ad avere successo. «In molti casi anticipano troppo le esigenze del mercato, mentre in altri l’in-successo è legato al fatto che sono prodotti troppo complessi per poter essere compresi. Ecco perché la comunicazione e la preparazio-ne del mercato con anticipo sono importanti, individuando gli influenzatori del mercato», afferma la docente. «Questo è vero per i pro-dotti più complessi, per esempio quelli tec-nologici, dove c’è un investimento più alto e quindi un processo di ricerca di informazioni più approfondito, e quindi ci sono da sfruttare

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11Venerdì 12 Maggio 2017

Dall’alto, la confezione a forma di bicchiere della birra russa Gold Mine Zhivoe, la linea di bevande Finley, FrutoNyanya Na Progulku, purè di frutta e verdure di Efes Rus e il deodorante per la casa Air Wick Pure. Nella pagina accanto, l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia e Paola Cillo, professore associato di management e innovazione dell’università Bocconi di Milano.

I lanci riusciti valgono almeno 7,5 mln di euroIl report di Nielsen ha individuato 11 lanci di maggior successo, ognuno dei quali ha prodotto vendite per almeno 7,5 milioni di euro nel primo anno (5 milioni per i lanci nell’Europa Orientale) e ha mantenuto il 90% di questa performance anche nel secondo anno.Per la categoria food, i vincitori sono Sut Burger, snack fresco dell’azienda turca Eti, FrutoNyanya Na Progulku, purè di frutta e verdure della russa Efes Rus, Zott Sahne Joghurt Mascarpone Duet, della compagnia tedesca Zott, e O’lala Sufle, torta al cioccolato proveniente dalla Turchia. Per quanto riguarda le bevande, oltre alla birra Gold Mine Zhivoe, ci sono la tedesca Melitta, che ha lanciato Mein Café, e Coca-Cola, con l’introduzione sul mercato francese della bevanda Finley. Il pet care è stato rappresentato da Whiskas Dry Cat Food, mentre nella cura della casa vince il deodorante francese Air Wick Pure. Il premio al personal care è andato a due dentifrici, ovvero AZ Complete in Italia e Colgate Défi Zéro Carie in Francia.

per esempio le community di esperti online e i blog». Anche nella visione di Giovanni Fantasia, am-ministratore delegato di Nielsen, che nel re-port «Breakthrough Innovation» ha analizzato 9.900 lanci di nuovi prodotti in Europa, per sviluppare un prodotto innovativo di successo «in primo luogo è fondamentale rispondere a esigenze non soddisfatte dei consumatori con un prodotto che sia utile e gradito, con l’o-biettivo di favorire la crescita della domanda. In secondo luogo, è indispensabile comunicare in maniera chiara e accattivante le caratteri-stiche peculiari del prodotto, in modo che il consumatore ne percepisca il valore. Il valore emerge dalla combinazione di diversi elementi: il packaging, le attività promozionali nel punto vendita e un advertising mirato sono i fattori indispensabili per raggiunge-re volumi di vendita considerevoli. La comunicazione nel punto vendita risulta essere lo strumento più effica-ce, seguito dalla pubblicità sui media. Buona parte del successo, ovviamen-te, dipende dalla reale innovazione introdotta».Si consideri infatti che se nel 2015 in Europa sono stati lanciati 35.585 nuovi prodotti, mediamente ognuno ha generato un fatturato approssima-tivo di 160 mila euro nel primo anno, con una grossa differenza fra i lanci di

Conviene coinvolgere fin da subito i potenziali clienti, grazie alle indicazioni sui

social network e nelle community onlinesuccesso e i rimanenti, visto che il 20%

dei prodotti lanciati genera l’80% del fatturato proveniente dalle vendite di nuovi prodotti.Innovare nel packaging, nella presen-tazione negli store e nella comunica-zione «significa sperimentare, rendersi facilmente riconoscibili agli occhi dei consumatori, tenendo a mente che il 56% scopre i nuovi prodotti diretta-mente nei negozi. Cogliere i bisogni emergenti dei consumatori e innova-re sono le azioni principali che per-mettono a un’azienda di rimanere al centro dell’attenzione in un mercato dei consumi in continua evoluzione.

Questo però non è sufficiente: per garanti-re il successo è necessario anche costruire un racconto attorno al prodotto e coinvolgere i consumatori», prosegue Fantasia. «Conside-rando che il 60% delle decisioni d’acquisto avviene davanti agli scaffali del supermercato, si suggerisce di cambiare frequentemente le confezioni. Dal report emerge infatti che l’ot-timizzazione del packaging genera un incre-mento medio del 5,5% delle vendite rispetto ai prodotti che mantengono la stessa confezione».Tra i casi di successo analizzati da Nielsen c’è per esempio AZ Complete di Procter & Gamble Italia: si tratta di un prodotto due in uno che combina la funzione di collutorio con quella di dentifricio, per il quale il packaging è stato fondamentale perché è stato studiato in modo che il consumatore ne afferrasse im-mediatamente i benefici, grazie a un design che riporta graficamente un dentifricio bianco scintillante e un collutorio che confluiscono vorticosamente nello stesso tubo. Un altro esempio è la prima birra russa premium non pastorizzata, Gold Mine Zhivoe: una tipologia di bevanda che può rimanere per breve tem-po sugli scaffali ma con un gusto più fresco e nuovo. Per sottolineare questo aspetto l’azienda produttrice (Efes Rus) ha ideato una bottiglia a forma di bicchiere riempito di birra fresca, creando in questo modo un’associazione con il gusto refrigerante della birra alla spina.

di iRene GReGuoLi venini

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12Milano Marketing Festival 25anni

Nell’era della connettività le sfide sono la personalizzazione dei contenuti e il dialogo con i consumatori attraverso tutti i punti di contatto

Il cliente? Sempre più al centro dell’esperienza digitale dei marchi

l’era digitale sta rivoluzionando il mar-keting, mettendo il cliente al centro: la tecnologia, il web e i social media creano connessioni tra individui e oggetti, rendono possibile l’accesso a

un’enormità di fonti informative e di potenziali interazioni con i brand e tra le persone, in qua-lunque luogo e momento. Uno scenario, questo, in cui la sfida è proporre un’esperienza coerente in tutti i punti di contatto, con contenuti persona-lizzati in base al comportamento del consumatore e alle community in cui si muove, coinvolgendolo attivamente nelle attività di comunicazione e di creazione dei prodotti e dei contenuti. Casi di marchi che stanno lavorando in questa direzione sono per esempio Ducati, Disney, Plasmon, Fiat, Smart, Burberry e Nikon.«Il cliente ha una molteplicità di alternative cui rivolgersi, la tecnologia offre una possibilità infinita di connessioni con altri consumatori e con oggetti e questo dà all’individuo una libertà che lo mette al centro», spiega Michele Costabile, ordinario di marketing e direttore del centro di ricerca X.ITE - Comportamenti e Tecnologie della Luiss di Roma.

«Per questo il brand da elemento dell’offerta deve diventare elemento dell’esperienza, qualunque sia il canale di interazione, e muoversi in un flusso popolato da miliardi di connessioni fra individui, visto che già oggi sono oltre 4 miliardi le persone connesse mediante almeno un device, e tra oggetti, dato che l’internet delle cose sta connettendo a ritmo esponenziale consumatori e oggetti con una previsione di 50 miliardi di connessioni entro un quadriennio. Occorre quindi inserirsi non nello scambio comunicativo fra impresa e consumatore ma fra consumatori e oggetti connessi».

è finita insomma l’era in cui il brand era il segno da apporre sul prodotto, ma il marchio diventa sempre più qualcosa che deve «qualificare l’espe-rienza che l’impresa offre: quindi un’atmosfera nei punti vendita, la user experience online, la presenza su una o più app, il design del prodotto e così via», sostiene il docente.è un contesto in cui le tecnologie hanno ormai aperto, soprattutto grazie ai social network e ai device mobili, il dialogo tra i consumatori e le marche, con una comunicazione che ormai è a due vie e in cui i clienti possono interagire con

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13Venerdì 12 Maggio 2017

Dall’alto, in senso orario, l’app della startup Viveat, il sito di Nikon che invita gli utenti a condividere le proprie storie con video e immagini riprese con le fotocamere indossabili, l’applicazione omnicanale di Ducati e la campagna di Plasmon nata coinvolgendo i clienti.Nella pagina accanto, Michele Costabile, il portale di Nike che consente la personalizzazione delle scarpe e un’immagine dell’iniziativa Burberry Booth in partnership con Google.

La co-creazione per coinvolgere il pubblicoIl cliente è sempre più al centro anche perché si trova spesso a partecipare alla creazione dei prodotti. La co-creazione è, infatti, una strategia che si sta diffondendo, soprattutto grazie alle possibilità di interazione offerte dal web, per coinvolgere consumatori sempre più attivi e anche per capire le loro esigenze. Un esempio è l’operazione lanciata da McDonald’s l’anno scorso, in collaborazione con FattoreMamma, agenzia di comunicazione che raccoglie un network italiano di mamme blogger, coinvolgendo 300 mamme con l’attivazione di una piattaforma online sulla quale sono state stimolate discussioni, somministrati questionari, distribuiti materiali, con anche appuntamenti fisici e visite presso i fornitori di McDonald’s, per la realizzazione di un prodotto per i bambini e per le loro famiglie. Altri brand che hanno puntato su questa strategia sono Acqua Sant’Anna Vinadio, che ha scelto sei nuovi gusti del suo tè benessere ascoltando l’opinione dei clienti, andando anche in alcuni centri yoga per capire i gusti dei consumatori, Barilla con la piattaforma www.nelmulinochevorrei.it, in cui è possibile suggerire le proprie idee, e Nike, che dà la possibilità di disegnarsi le proprie scarpe online.

i brand attraverso diversi canali, praticamente in ogni momento, e possono, e spesso vogliono, es-sere coinvolti nella creazione dei prodotti, oltre che di contenuti.Ma non solo: la comunicazione diventa sempre più personalizzata grazie alla possibilità di fare, sui mezzi digitali, attività di retargeting, che consente di ricontattare gli utenti transitati per il sito web dell’inserzionista anche al di fuori del dominio dell’impresa, grazie ai cookie, e di behavioural tar-geting, usando le informazioni raccolte dal com-portamento dell’utente (pagine visitate, ricerche fatte e così via) per individuarne gli interessi ed erogare pubblicità su questa base. Tutte modalità, queste, che consentono di ingaggiare il consuma-tore e di seguirlo.Tra i brand che si sono impegnati per costruire un’esperienza coerente intorno al cliente, c’è per esempio Ducati, che ha creato un sistema om-nicanale in cui esiste un’intersezione tra i canali di comunicazione e di distribuzione, attraverso l’integrazione del sito, dell’interfaccia mobile e dei punti vendita. Oppure Disney, che integra tutte le sue linee di offerta, dai parchi al merchan-dising, le app, le piattaforme online, i film e così via, toccando ogni opportunità di interazione tra l’utente e la marca.Sul fronte dei cosiddetti user generated content, quindi dei contenuti generati dagli utenti, c’è Nikon che ha lanciato diverse campagne pun-tando sugli scatti dei consumatori, per esempio invitando gli utenti a condividere le loro storie ed esperienze con video e immagini riprese con le fotocamere indossabili, oltre che con la piat-taforma di comunicazione I am Nikon (www.iamnikon.in), in cui è possibile interagire in una community di appassionati di fotografia. Se la digitalizzazione ha impattato prima il mon-do dei servizi e l’industria dei contenuti, diver-si sono i settori che oggi si stanno muovendo con decisione in questa direzione. Per esempio l’automotive, con auto sempre più connesse e con progetti di e-commerce, come nel caso di Hyundai, Fiat, Smart, Seat e Jaguar Land Rover.Ma anche il mondo del cibo: si stanno facendo progressi nell’ambito delle confezioni intelligenti per il discorso della tracciabilità degli alimenti e per raccontare il marchio, mostrando dove e come viene prodotto quello che arriva in tavola,

Il brand deve qualificare ciò che l’impresa offre: quindi un’atmosfera nei punti vendita, la user experience online,

la presenza su una o più app e il design del prodotto

come nel caso di Viveat, una startup che propone etichette che inquadrate con lo smartphone dan-no accesso a contenuti multimediali sul prodotto, premi e offerte personalizzati rispetto al luogo, all’orario e al prodotto scansionato, oppure in base alle interazioni precedenti e al profilo dell’utente.Un caso di un marchio alimentare che inve-ce ha saputo usare i mezzi digitali, soprattutto i social network, per ascoltare e dialogare con i propri clienti è Plasmon: nel 2015 il brand è

stato attaccato online da alcune mamme, un tipo di pubblico che usa molto la rete per informar-si, preoccupate per la presenza di olio di palma nei biscotti, con una petizione su change.org e una campagna sui social network. In risposta l’a-zienda ha riformulato i biscotti eliminando l’o-lio di palma e ha annunciato l’arrivo del nuovo prodotto attraverso un video a elevato impatto emotivo postato su Facebook, lanciando una pagina www.tiabbiamoascoltato.it e un hashtag #tiabbiamoascoltato su cui le mamme potevano trovare rassicurazione e prenotare gratuitamente, in anteprima, una confezione dei nuovi biscotti. L’operazione, tutta svolta sui media digitali, ha portato a reazioni molto positive.Anche il mondo nel lusso va nella direzione di proporre un’esperienza integrata tra digitale e fisico per mettere il cliente al centro: ne è un esempio Burberry, che ha usato la tecnologia nei punti di vendita, la comunicazione sul web e sui social network con questo obiettivo. Il brand per esempio ha lanciato, in partnership con Google, il progetto «Burberry Booth»: attraverso una tec-nologia in real-time per i video, i clienti hanno avuto la possibilità di essere ripresi e comparire a fianco dei protagonisti della campagna natalizia «Festive» del 2015.

di iRene GReGuoLi venini

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14Milano Marketing Festival 25anni

I brand stanno gettando le basi per crescere ma devono garantire servizi e strategie coerenti, dai prezzi alla gamma offerta

Un negozio fisicoa misura di e-commercea

ncora oggi, nonostante il digitale sia centrale nell’esperienza di marca dei clienti, oltre il 90% degli acquisti, secondo studi Netcomm sull’e-commerce, si perfeziona in luoghi fisi-

ci. E il web non ha fatto che accrescere le aspetta-tive nei confronti di un negozio; chi varca la soglia si chiede spesso se troverà i prodotti visti online, se sarà mantenuto il livello di storytelling cui un brand lo ha abituato sul web e soprattutto si aspet-ta un’assistenza qualificata essendosi informato a volte più dello staff su prodotti e tendenze. Stando ai dati Human Highway 2017, il 92,2% di chi compra porta infatti con sé il proprio smartpho-ne e lo consulta (il 6,5%) per fare foto, pagare o documentarsi.A detta degli esperti non esiste «un» modello di negozio fisico a misura di e-commerce ma l’ideale, in un’epoca in cui anche le notizie del mattino sono servite senza richiesta sul telefonino, è un contenitore in cui tanti marchi stanno provando a trovare la loro formula segreta, dove convivono emozioni e prodotto, notifiche push e modelli distributivi innovativi. «Il consumatore si aspetta un’esperienza fluida e coerente, per questo è fondamentale che il brand dia un’idea di sé univoca, indipendentemente dal canale», spiega Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio innovazione digitale nel retail del Politecnico di Milano. Il censimento sull’om-nicanalità eseguito dal polo universitario milanese mostra ancora grosse differenze per settori mer-ceologici: informatica e abbigliamento guidano la classifica delle aziende presenti sia con store tradizionali sia digitali, seguiti dall’editoria e più indietro dal food. Sull’omnicanalità hanno inve-stito l’88% delle prime 300 imprese italiane per fatturato. Se si va a guardare i singoli touch point online, si scopre però che solo il 55% del campione ha un cana-le e-commerce per mobile. «I brand stanno gettando le basi per crescere», sottolinea Pontiggia, «ma le attivazio-ne di canali devono garantire servizi e strategie coerenti, dai prezzi alla gamma offerta, e qui i marchi sono spesso in-dietro nei processi di integrazione».Una delle caratteristiche più richieste nell’era di-gitale, non importa la tipologia distributiva o

di marca, è in primo luogo la velocità. Lo sanno bene le catene di fast fashion che ante litteram hanno eliminato tanti limiti dei negozi tradizionali, dalla prova vestiti alle politiche di resa, da subito omnicanali: in pratica si compra online e si rende in negozio, una strategia poi adottata anche da griffe di lusso come Zegna, o il caso di Chanel che persino nelle passerelle (e nella sua campagna stampa) ha fatto convivere modelle-robot e tailleur tipici della maison. Ma anche la personalizzazione prende piede (vedere box a fianco): il web rende tutti più creativi e in grado di costruire il pro-prio prodotto allo stesso modo in cui si riempie un carrello. Lo hanno capito anche le cristallerie

francesi Saint-Louis dove con l’iPad si pos-sono costruire 270 mila combinazioni di

un classico lampadario della linea Royal.Intanto i software dei colossi informatici stanno riportando a galla come novità dei negozi fisici ciò che tradizional-mente era fornito dalle marche, ma che la memoria commerciale dei

millennials ignora. I camerini digitali, da Ralph Lauren a New York (firmati

Oak Labs) a Ovs Milano (con Google Enterprise),

sono ormai un classico degli store interattivi: in que-

sto modo si allunga l’esperienza di prova fisica e il tempo di permanenza (che secondo una regola mai scritta porta a un acquisto certo). Informano anche sulle rimanenze delle taglie, come una tra-dizionale commessa fa in boutique. Che dire poi degli abiti confezionati in base alla personalità dei clienti? Ivyrevel, la fashion house digitale di H&M, ha annunciato a febbraio 2017 che assieme a Google produrrà vestiti in base al Dna. Il Data dress (generato col Coded couture project) è facile da concepire: una app monitora l’attività personale lungo una settimana e progetta l’abito per le occasioni giuste rendendo digitale una pratica sartoriale vecchia di secoli.Ma si fanno strada nei negozi anche le pratiche di clienteling: altro non sono che commessi 4.0 che annotano (su iPad) tutto quanto riguardi un cliente e mettono a disposizione del marchio (e dell’ambiente digitale) notizie fondamentali di ciò che avviene nell’ultimo e preziosissimo mi-glio dell’e-commerce: ovvero il luogo fisico cui sempre più spesso riporta.«I brand hanno compreso l’importanza di inte-grare i diversi canali in un’esperienza di acquisto più ampia per l’utente, ed è per questo che mol-te insegne del mondo fisico stanno apportando tecnologia ai loro punti vendita, stravolgendo i modi di interazione personale e rendendo l’ac-quisto sempre più personalizzato», dice Roberto

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15Venerdì 12 Maggio 2017

A sinistra, un’immagine del camerino digitale introdotto da Ralph Lauren. Sotto, nel box, Wendy Liebmann, ceo e fondatrice della società Wsl che si occupa di strategie retail.Nella pagina accanto, il robot di Chanel nella campagna-primavera estate 2017 firmata Karl Lagerfeld. In basso, Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico italiano.

La sfida è trasformare i luoghi fisici in un mix di esperienza ed emozione per i

consumatori

Liebmann (Wsl): il punto vendita deve diventare una scatola magica

«Il negozio fisico deve trasformarsi in una scatola magica per completare l’esperienza digitale». Wendy Liebmann, ceo e fondatrice della società Wsl che si occupa di strategie retail, parla dal suo ufficio di New York, città da cui negli ultimi anni sono partiti format innovativi per molti marchi, da ultimo il fitness center di Nike o il marchio locale di occhiali Warby Parker, un tempo solo acquistabile online e oggi protagonista di un’espansione globale. Domanda. Signora Liebmann quale è la sua visione, chi è davvero riuscito a garantire un’esperienza circolare, dal fisico all’online?Risposta. Direi che sono pochi i retailer e solo alcuni brand noti, mentre la maggior parte dei negozi sta ancora cercando di capire come è possibile creare un rapporto con il cliente a 360 gradi. Andando per settori, sicuramente quello della bellezza ha fatto da apripista, ma poi anche l’eyewear, i department store Nordstrom e persino Starbucks per il caffè.D. Che cosa vuol dire cambiare per un negozio?R. In sintesi, creare una forte esperienza, quella che

in Wsl definiamo una «magic box», una scatola magica in grado di competere con l’online. Se penso alla bellezza, Sephora ha introdotto un nuovo format a San Francisco con beauty bar, ovvero postazioni dove i clienti possono imparare e poi accedere a tutti i consigli sui trucchi online, visto che ogni corner è dotato di porte Usb, iPad e wifi. C’è anche lo Skincare Studio, dove l’acquirente scorre tramite touch screen i prodotti e può stampare istantaneamente la ricetta

perfetta, richiedendo campioni gratuiti.D. C’è qualche rivenditore nato online che ha

seguito il percorso inverso?R. Sì, Warby Parker, specializzato nell’e-commerce di

occhiali premium. Ha aperto negozi fisici in cui provare i modelli e ordinare accessori coordinati. Ai clienti viene offerto un controllo della vista per studiare le linee più adatte, in più ogni punto vendita ha un look diverso. Per esempio, a Boston è stata simulata una biblioteca di occhiali, il che rende l’esperienza unica e affatto scontata.

D. Fin qui abbiamo parlato di luoghi. Come stanno evolvendo invece i prodotti in questa fase di trasformazione?

R. La personalizzazione, oltre alla prova del prodotto, è il trend dominante: penso a Nike e Adidas che hanno inaugurato negozi ad alta

concentrazione hi-tech (simili a centri fitness, ndr). Si possono provare i prodotti e ordinarli su misura, scegliendo colori e materiali e questo riguarda sia le calzature sia i vestiti.

D. Il cliente è il futuro designer?R. Chi fa shopping vuole l’opportunità di creare

qualcosa di veramente unico. Nella bellezza un marchio come Mink offre la possibilità, usando la stampante 3D, di concepire ombretti del colore degli occhi e Lip Lab fa lo stesso per i rossetti personalizzabili. Ma c’è un altro trend che sta impattando in maniera importante sul commercio.

D. Ovvero?R. La prossimità. Oggi crescono i prodotti e i servizi

che sono offerti direttamente a casa o sul luogo di lavoro. Come nel food fa Blu Apron portando tutti gli ingredienti per farsi un pasto nell’immediato. O Casper, rivenditore online di materassi che si provano e possono essere facilmente rimandati al mittente. C’è anche Capsule.com, un nuovo servizio per i medicinali porta a porta, o la messa in piega a casa con Glam Squad.

D. L’anno scorso dicevate che il 90% degli acquisti si fa ancora in store. Vale sempre questo dato?

R. In generale sì. Ma è in calo. La catena di moda Nordstrom ha annunciato che il 20% del suo fatturato è online.

di Francesca sottilaro

Liscia, presidente di Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico italiano. «La multicanalità è un fenomeno sempre più permeante, a supporto del processo di interazione tra il consumatore e l’azienda».In America, dove sono state soprattutto le startup a dettare le novità nei format retail (come il ven-

ditore di pantaloni Bonobos, un e-tailer diventato vetrina dove si prova in negozio e si ordina online, o l’ottico Warby Parker, prima itinerante con un camioncino poi con luoghi fisici), la «richiesta di novità» che il consumatore vuole si scontra con la «resa a metro quadrato», incubo di ogni manager. Soprattutto il comparto della bellezza è riuscito

a massimizzare esperienza e ricavi e la sfida è tra-sformare i luoghi fisici in un mix di esperienza ed emozione per i consumatori. Da questa idea è partito anche il Diesel Planet, nuovo format del marchio italiano lanciato a New York e replicato per lo store di Piazza San Babila a Milano. La digital experience è unita alle emozioni della normale vita quotidiana: il brand ha concepito il negozio come un appartamento, dove i clienti si spostano tra un foyer, un soggiorno e una cantina, ciascuna stanza con un’atmosfera diversa in cui fare shopping.

di FRanceSca SottiLaRo

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16Milano Marketing Festival 25anni

Dalla lettura del movimento degli occhi alla misurazione dell’attività celebrale, le tecniche per capire il cliente

Viaggio nelle emozioni del consumatore

le scelte dei consumatori non avvengo-no solo a livello consapevole, anzi spes-so a spingere una persona a comprare un prodotto sono le emozioni più che i ragionamenti, anche perché molte vol-

te non si hanno le competenze per prendere una decisione del tutto razionale. A indagare il mondo delle reazioni emotive degli individui c’è il neuromarketing, un approccio scientifico che, con una serie di tecniche come la lettura del movimento degli occhi e dell’espressione del viso o la misurazione dell’attività celebrale e di altri segnali come il battito cardiaco, rivela cosa suscita uno spot pubblicitario, un sito, la forma e il colore di una confezione, l’immagi-ne di un brand e dove si focalizza l’attenzione in un negozio.La ricerca scientifica, infatti, ha dimostrato che le persone non sono consapevoli di come alcune azioni intraprese quotidianamente av-vengano in modo automatico e incontrolla-to: le emozioni sono in grado di influenzare i comportamenti senza che gli individui se ne rendano conto. Il processo decisionale quin-di, lungi dall’essere guidato da processi logici e razionali, è spesso determinato da elementi strettamente legati agli aspetti emotivi. Ecco perché a integrazione dei sondaggi e delle ri-cerche di mercato classiche il neuromarketing ha permesso di sviluppare un diverso modo di studiare il consumatore, non più focalizzato sulla sua rappresentazione razionale e logica, ma basato su una più complessa rappresenta-zione in cui trova spazio anche la dimensione emotiva. Utilizzando questo approccio, infatti,

è possibile studiare il livello di attenzione, il coinvolgimento, lo stress cognitivo e la possi-bile memorizzazione di una comunicazione o di un brand in maniera diretta e senza l’inter-mediazione della razionalizzazione.«I consumatori raramente sono realmente competenti su ciò che acquistano», spiega Vin-cenzo Russo, direttore del Centro di ricerca di neuromarketing «Behavior and Brain Lab» dell’Università Iulm, «quindi avviano un per-corso periferico e non razionale, servendosi di elementi che li colpiscono emotivamente come il packaging e il prezzo».Per esempio, per quanto riguarda il prezzo, è stato fatto un esperimento che ha rivelato che lo stesso vino è più apprezzato a livello di gusto se venduto a un prezzo più alto: presentando lo

stesso prodotto a 5 dollari e a 45 dollari, con una risonanza magnetica ci si è accorti che l’area orbitale frontale, che ha a che fare con la piacevolezza del gusto, si attiva maggiormente con il vino più costoso, che quindi viene real-mente percepito come più buono.Un discorso simile vale per il packaging. «Ci sono parole e frasi che attivano determinate aree del cervello», continua Russo. «Per esem-pio scrivere sulla confezione che un prodotto è clinicamente testato, anche se tutti lo sono, è rassicurante. Tutto ciò può essere usato anche nel racconto che si fa di qualcosa, usando pa-role che attivano aree del cervello collegate per esempio alle sensazioni tattili: se diciamo che una cantante ha una voce vellutata funziona di più che dire che ha una voce gradevole».

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17Venerdì 12 Maggio 2017

Non bastano sondaggi e ricerche di mercato: occorre studiare anche le reazioni inconsapevoli di fronte a un prodotto o a una pubblicità

li: basandosi sulla registrazione di parametri psicofisiologici e neuro-psicofisiologici questi strumenti, che possono anche essere usati in combinazione, offrono una rappresentazione più veritiera e affidabile che non è mediata dai processi di razionalizzazione che intervengono durante le indagini tradizionali. Uno strumento è l’eye-tracker, una tecnologia

Sembrerebbe quindi che per studiare i con-sumatori non sia possibile solo chiedere cosa piace e cosa non piace di una comunicazione, di un prodotto o di una confezione, ma anche capire le reazioni inconsapevoli ed emozionali. In quest’ottica il neuromarketing ha messo a punto una serie di tecniche di misurazione psicofisiologiche, neurologiche e non verba-

Nella pagina accanto,un eye tracker. A sinistra, uno strumentoper effettuare l’Eeg.

capace di monitorare e registrare il movimen-to degli occhi, restituendo un tracciamento oculare che determina con precisione l’intero percorso effettuato dall’occhio durante la vista di qualsiasi stimolo visivo e le aree su cui si è focalizzata maggiormente l’attenzione visiva. Poi c’è l’Eeg, l’elettroencefalografia, che ri-leva i segnali elettrici del cervello attraverso elettrodi posizionati sullo scalpo e presenta oscillazioni a diverse frequenze associabili a diversi stati attentivi e cognitivi legati ai pro-cessi decisionali. Questa tecnica consente di misurare cosa succede in termini emozionali, a livello di coinvolgimento e di valenza positiva o negativa.Ci sono anche una serie di segnali psicofisio-logici che possono essere studiati per avere informazioni preziose: il battito cardiaco, che fornisce una misura dell’attivazione del sistema nervoso autonomo associato agli stati emotivi, e la variazione nel ritmo respiratorio, che è collegata alle emozioni di paura, rabbia, gioia e tristezza; altri segnali sono la conduttanza cutanea che, variando in presenza o assenza di sudore, è in grado di confermare o meno l’esistenza di una reazione emotiva, e il livello di contrazione dei muscoli delle spalle o del volto (tramite l’elettromiografia), che aiuta a individuare la valenza dell’emozione.Un’altra tecnologia usata nell’ambito del neu-romarketing è poi il face reader: si tratta di uno strumento sofisticato e di un software in grado di riconoscere le emozioni provate da un soggetto mediante l’identificazione di una serie di espressioni del viso non controllabili dalla persona. è utile per valutare l’efficacia di spot e degli stimoli visivi nel determinare certe emozioni.

di iRene GReGuoLi venini

Le applicazioni dell’eye-tracking nella comunicazione

L’eye-tracking individua i punti esatti dove si focalizza lo sguardo, ne misura il tempo effettivo di permanenza, e indica se e quanto gli elementi visivi chiave della comunicazione sono stati notati e osservati. Questo strumento può aiutare a capire se gli aspetti che si vogliono sottolineare sulle confezioni sono quelli effettivamente guardati dal cliente, oppure nel caso di una comunicazione pubblicitaria è possibile individuare le aree maggiormente osservate e quelle invece meno guardate, oppure effettuare specifiche analisi circa la facilità di uso o la comprensione della realizzazione grafica di siti e portali per ottimizzarne la struttura. Con questa tecnica è possibile analizzare per esempio il percorso visivo che un consumatore fa durante la navigazione su un sito indicando i passaggi critici o il grado di facilità di uso del sito, misurare ciò che il cliente vede e migliorare l’impatto emozionale del design di un prodotto o di una pubblicità.

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18Milano Marketing Festival 25anni

Nei prossimi 5 anni le aziende dovranno dotarsi di nuove competenze per estrarrevalore dalle informazioni dei clienti

Big data, la partita ancora da giocare

Gaia Rubera, professore associato dell’Università Bocconi che insegna tra l’altro advanced

marketing strategy e social media marketing

Per spiegare a cosa possano servire i big data nel marketing si può ricorrere a un esempio: una partita a carte. La prima mossa di chi vuole vincere sarà di osservare le carte che gli avversari

mettono sul tavolo di volta in volta. Mano dopo mano, si memorizzano le carte gioca-te e si ipotizza quali possano essere ancora nel mazzo e nelle mani degli altri giocatori. A questo si aggiunge poi l’osservazione del comportamento degli avversari, le mosse che fanno in risposta a quelle degli altri, alla si-tuazione nella partita. Poi ci si concentra sulla conversazione, sull’espressione facciale, sulle bevande che si consumano. Questo per tutti i giocatori, per quelli che si aggiungono al

tavolo e quelli che escono, per tutte le mani e tutte le partite. L’osservatore-giocatore che abbia una memoria eccezionale e doti di ana-lisi eccelse comprenderà l’ambiente in cui si trova, il comportamento degli avversari come gruppo così come dei singoli. E potrà anche arrivare a prevederne le mosse, seppure non in maniera infallibile, e così a vincere.Ecco a cosa servono i big data nel marketing: a vincere. Perché «big» è riduttivo. Non si tratta soltanto di volumi di dati, in crescita continua, ma ci sono anche altre due dimen-sioni: la velocità e la varietà. Informazioni che arrivano velocemente permettono di muoversi in tempo reale, mentre la varietà (le espressioni dei giocatori, i loro discorsi, le

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19Venerdì 12 Maggio 2017

La business analytics varrà 196 mld nel 2020La spesa in big data and business analytics, ovvero nelle soluzioni che consentono di analizzare e utilizzare i dati nelle aziende, raggiungerà i 150,8 miliardi di dollari nel 2017 (140,6 miliardi di euro) secondo la società di ricerca Idc, con un incremento del 12,4% sull’anno scorso. La crescita continuerà anche nei prossimi anni, con un tasso medio dell’11,9% fino al 2020, quando la spesa totale sarà di 210 miliardi di dollari (195,8 miliardi di euro).I settori che faranno i maggiori investimenti sono quello bancario, manifatturiero, pubblico e quello dei servizi professionali. «I servizi finanziari - banche, assicurazioni, investimenti – sono una grande promessa in quanto a investimenti futuri su big data e business analytics. Questa tecnologia può essere applicata in alcuni ambiti essenziali come la rilevazione delle frodi, la gestione dei rischi, e per migliorare e ottimizzare il percorso del cliente», ha detto Jessica Goepfert, program director Customer Insights and analysis di Idc. «Al di fuori di servizi finanziari, diverse altre industrie presentano opportunità interessanti. Nelle telecomunicazioni, per esempio, big data analytics è usata per contribuire a mantenere e acquisire nuovi clienti, nonché per la pianificazione della capacità della rete. Nell’industria dei media, colpita da una massiccia crisi in questi ultimi anni, i big data sono in grado di aiutare le imprese a monitorare le abitudini dei loro lettori, le preferenze. I vendor, a loro volta, possono personalizzare i loro messaggi».

cose che bevono...) restituisce una ricchezza di analisi che va oltre la quantità.Si pensi ora a quanto le tre dimensioni, le tre V citate prima, aumentino a dismisura grazie all’online, alla registrazione in rete di tutto ciò che facciamo. Perché oggi qualsiasi aspetto della nostra vita si può trasformare in un dato: dalla spesa al supermercato fino alle funzioni vitali grazie a braccialetti come il Fitbit.«Le aziende hanno iniziato a investire in big data per il marketing», commenta Gaia Rubera, professore associato dell’Universi-tà Bocconi che insegna tra l’altro advanced marketing strategy e social media marketing. «Ma le potenzialità sono ancora inesplorate. Non si tratta soltanto di ottenere i dati, ma anche di analizzarli, e per questo nei prossimi cinque anni le aziende dovranno dotarsi di nuove competenze. Perché alla fine bisogna estrarre valore dai dati e qui serve anche uno

Non si tratta soltanto di volumi

di dati, ma ci sono anche altre

due dimensioni: la velocità e la varietà

sforzo creativo per progettare nuovi servizi e prodotti, creando valore per i clienti».Spesso le aziende sono depositarie al proprio interno di dati sui clienti che non sfruttano appieno, altre volte potrebbero facilmente ri-volgersi ai social network dai quali si possono trarre dati gratuitamente. Twitter in questo offre molte più opportunità di Facebook perché sono accessibili i tweet di tutti gli iscritti mentre sul social di Mark Zuckerberg si accede gratis solo alle pagine pubbliche (o a quelle degli amici). Rubera r icorda l’esempio di una campa-gna di qualche tempo fa di Klm, che aveva distribuito regali ai propri clienti all’arrivo al gate dell’aeroporto di Amsterdam. Erano regali personalizzati: cose che i passeggeri avrebbero potuto usare nel loro viaggio o una volta tornati a casa o prodotti che pia-cevano loro, scelti grazie alle informazioni dei passeggeri raccolte sui social, un’inizia-

tiva in grado realmente di dare loro valore e di coinvolgerli. L’esperimento generò una tale quantità di post sul web che il ritorno fu ben maggiore dell’investimento nei regali personalizzati. Si tratta di un semplice esem-pio che mostra come il cliente oggi si possa conoscere personalmente, senza fermarsi in superficie a colpire un target generico.I dati, come detto, possono provenire dalle fonti più disparate. E se il sito Internet nor-malmente mantiene traccia del passaggio dei consumatori, oggi anche i negozi fisici pos-sono farlo. Grazie alla tecnologia basata sui beacon, messaggi diretti ai dispositivi mobile con bluetooth attivo e app dedicate, non solo è possibile inviare offerte e informazioni ai consumatori che si trovano in negozio, ma anche tracciarne la visita tra gli scaffali, ren-dersi conto di quali siano le aree più battute. «La sfida», continua Rubera, «è come riuscire a raccogliere dati dalla propria base clienti. Il dato è una risorsa, bisogna studiare come ampliarla e come utilizzarla».I dati, addirittura, possono poi diventare essi stessi servizio da offrire sul mercato. Come ha fatto Dhl, il gigante della logistica, che usa i dati interni sui trasporti per capire quale sia lo stato dell’economia delle singole zone di un paese e poi rivendere queste informazioni alle imprese per le loro analisi di mercato. Sono dati che Dhl ha già, spacchettati e im-pacchettati per vendere un nuovo servizio.Con la velocità dei big data diventano anche più semplici le attività del marketing tradi-zionale: monitorare il successo di un prodot-to, di una campagna, verificare se il prezzo sia stato fissato adeguatamente. Questo ormai accade in tempo reale, mentre in passato biso-gnava aspettare i report trimestrali. Già è un grosso passo avanti, ma non ci si ferma qui, perché il marketing sta diventando predittivo, capace di predire il trend prima che si verifi-chi. Accade nel mondo dei vini, con il wine analitycs per capire quali tipi di vino possano incontrare il gusto dei consumatori, accade nel mondo musicale o in quelle delle serie tv Usa. Esempio di utilizzo di predictive mar-keting è quello di Amazon, che analizza gli acquisti passati degli utenti per proporne di futuri e questa attività è riuscita a generare il 30% dei ricavi del gigante dell’e-commerce.

di andRea Secchi

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20Milano Marketing Festival 25anni

Logistica e servizi dedicati a startup e pmi per essere competitivi nel mondo delle spedizioni e dell’e-commerce

Air Enterprise, la chiave di volta con Vaspedito

Antonio Corvaglia, fondatore e presidente di Air Enterprise, di cui è socio al 50% con Luigi Chiurazzi, amministratore delegato.

la puntualità, non solo nelle consegne. Soprat-tutto puntualità nell’intuire come reagire ai cambiamenti del mercato delle spedizioni e della logistica, da oltre 30 anni. è questo il segreto di Air Enterprise, azienda operante

nel settore dei trasporti espressi, air cargo, via mare e della logistica integrata. Che oggi si arricchisce con Vaspedito, la nuova divisione dedicata alla lo-gistica e al trasporto per le attività di commercio elettronico, pensata in particolare per le piccole e medie imprese e le startup. I tempi di consegna? Al massimo 24 ore, esattamente come i top player.«Vaspedito non è solo una nuova divisione dell’a-zienda, è un grimaldello che servirà a rimescolare la nostra piattaforma di servizi», spiega Antonio Corvaglia, fondatore e presidente della società che oggi fattura più di 7 milioni di euro e impiega una settantina di dipendenti. «Vogliamo trasmet-tere un’immagine rinnovata anche nei colori e nel layout che rispecchi pienamente la nostra pro-fessionalità e le nostre competenze». E aumentare ulteriormente il fatturato: «Nel 2018 contiamo di superare i 10 milioni di euro, in parte grazie a una serie di recenti acquisizioni», aggiunge il presidente, che è anche socio al 50% di Air Enterprise con l’amico d’infanzia Luigi Chiurazzi, amministratore delegato. Anche in questo settore, sono le persone a fare la differenza e infatti l’esperienza dei commerciali di lungo corso, quelli che consumano le scarpe bussando ad ogni porta, resta determinante per il successo dell’azienda con base nel Milanese. Tut-tavia, i canali per contattare i clienti e l’immagine con cui presentarsi devono essere costantemente adeguati alle richieste e alle esigenze del mercato.

ne. Non solo: agendo come partner strategico per i propri clienti e concentrando in un unico hub le attività di una vasta rete di venditori, Vaspedito offrirà opportunità di promozione e pubblicità, attraverso operazioni di co-marketing a mezzo stampa, web e mobile promotion.Per arrivare a questa complessità operativa, Air Enterprise è stata assemblata pezzo per pezzo, aggiungendo di volta in volta una tipologia di servizi che avrebbe fatto la differenza, fino a co-stituire il sistema che oggi permette all’azienda di competere con i principali player delle spedizio-ni, grazie ai rapporti consolidati e di partnership con alcuni tra i maggiori operatori del trasporto espresso internazionale. Attualmente, Air Enter-prise si avvale infatti di oltre 110 unità operative indirette collegate, che coprono l’intero territorio nazionale, consentendo di dare risposte efficienti e

Da qui la scelta di puntare sul sito di Vaspedito, che offrirà ai clienti una piattaforma digitale mobile per gestire facilmente le spedizioni e tutte le attività connesse, attraverso il proprio smartphone, oppure un computer connesso a Internet. è però la logistica integrata a rappresentare il cuore del progetto, vale a dire il pacchetto di servizi di alta qualità che contraddistingue l’alta specializzazione di Air Enterprise. Con Vaspedito, infatti, l’azienda offrirà questi servizi gratuitamente in promozione, per aiutare le startup e le imprese che decidono di aprirsi all’e-commerce a competere ad armi pari con i big player del settore: i clienti, grazie alla lo-gistica presso i magazzini di Air Enterprise, saranno in grado di effettuare consegne entro 24 ore, senza costi aggiuntivi, in fase di startup. A completare l’offerta, servizi gestionali e amministrativi, quali etichettatura, packaging, bollettazione e fatturazio-

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21Venerdì 12 Maggio 2017

L’esperienza delle persone è

determinante per il successo. Ma i

canali per comunicare devono rispondere alle

richieste del mercato

tempestive alle esigenze specifiche dei clienti che operano nelle realtà locali.Dopo aver fatto esperienza da dipendente in diver-se aziende del settore, nel 1985 Corvaglia decide di aprire Air Enterprise, specializzandosi in par-ticolare nel ramo aereo e marittimo. In meno di dieci anni deve confrontarsi con la crisi del settore e la reazione dei grandi colossi delle spedizioni che cercavano di presidiare il mercato «con prezzi stracciati e rendendo la competizione sempre più dura», ricorda il manager.La risposta è il servizio espresso nazionale di Air Enterprise: «Non richiedeva grandi investimenti, ma esperienza per consegnare buste, pacchi e pic-cola corrispondenza in modo sempre più persona-lizzato, a seconda del cliente. Si tratta di un settore in cui, una volta entrati, siamo stati obbligati a cre-scere aumentando i volumi. è come se ci fossimo trasformati da una boutique delle spedizioni a un grande magazzino», sintetizza Corvaglia.Già alla fine degli anni 90 è la velocità del servizio di Air Enterprise a fare la differenza, unita ai servizi di logistica introdotti in quegli stessi anni, in tempo per cogliere le opportunità del nascente mercato delle spedizioni legato all’e-commerce. Parallela-mente, negli anni successivi Corvaglia riporta Air Enterprise ad operare con più intensità nel campo delle spedizioni internazionali, «il primo amore» del presidente.Quest’anno, invece, è di nuovo la logistica a tornare protagonista, attraverso Vaspedito: «Ci pensavamo ormai da un paio di anni, vogliamo offrire un ser-vizio diverso alle aziende medie e piccole, oltre che alle startup, su cui scommettiamo».Il futuro del settore «è sempre più indirizzato alla specializzazione nelle consegne», riflette Corva-glia, che fra i suoi clienti annovera molte aziende del made in Italy attive nei campi della moda, del food e della tecnologia. «Probabilmente Amazon sarà sempre in vantaggio per aver immaginato pro-getti che inizialmente potevano sembrare campati in aria, ma che in realtà sta mettendo in pratica, come le consegne nel giro di poche ore. A noi, i grandissimi numeri non interessano, anche per le difficoltà legate ai trasporti internazionali, ma grazie al progresso tecnologico, che permetterà di ridurre progressivamente i costi derivanti dalla manodo-pera sarà possibile offrire prezzi più convenienti alla nostra utenza».

di aLeSSio odini

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22Milano Marketing Festival 25anni

L’azienda italiana mette il cliente al centro Obiettivo: promettergli un’esperienza unica E mantenere la promessa ogni giorno

Amplifon, la sfida è guidare l’evoluzione del settore

riuscire a fare tornare milioni di famiglie a vivere in armonia, godendosi la vita al 100%. E intercettare i bisogni del futuro per guidare l’evoluzione del settore. «è una delle nostre sfide più affascinanti»,

racconta Alessandro Bonacina, group chief mar-keting officer di Amplifon, marchio leader nelle soluzioni acustiche fondato a Milano nel 1950 e dal 2001 quotato a Piazza Affari. Un’azienda multinazionale italiana presente in 22 paesi in tutti e cinque i continenti, con una struttura retail da circa 10 mila negozi, e per la quale il marketing rappresenta una leva fondamentale.«I consumatori stanno diventando sempre più eterogenei», osserva Bonacina. «Si stima che la crescita del mercato retail delle soluzioni acusti-che a livello globale nei prossimi 3-5 anni sarà di circa il 4% annuo, guidata principalmente dal cambiamento demografico. Altri fattori socio-economici di lungo termine, quali i baby boo-mer che compiono 65 anni e più e il crescente inquinamento acustico, stanno aumentando il numero di persone che potrebbero beneficiare delle soluzioni per l’udito, principalmente nel Nord America e in Europa, di gran lunga i mer-cati più importanti. Pensi quanto è affascinante sapere che sta a noi guidare questa evoluzione nei prossimi anni!». Per centrare questo obiettivo Amplifon punta, in particolare, sulla marketing excellence, l’ec-cellenza e l’avanguardia negli strumenti e nelle

strategie di marketing: brand (vedere box nella pagina accanto), esperienza del consumatore, crm avanzato e trasformazione digitale. Tra i pilastri della strategia di Amplifon c’è l’advanced customer relationship management. «I consumatori oggi sono sottoposti a una mole di messaggi che non riescono più a gestire e a valorizzare», sottolinea Bonacina. «Diventa per-tanto sempre più importante l’ottimizzazione della relazione con i clienti, che necessariamente passa attraverso la rilevanza e la percezione di non invasività. Per raggiungere questo scopo un fattore chiave è la personalizzazione, e solo lavorando su insights, segmentazione e perso-nalizzazione si può raggiungere questo scopo. Viviamo in un periodo favoloso in cui gli stru-menti per eccellere in queste dimensioni sono tutti a disposizione: programmatic advertising, big data, analytics, piattaforme di crm, e potrei

andare avanti ancora. Sta a noi saperli scegliere e valorizzare. In Amplifon stiamo vivendo una vera e propria rivoluzione di tutti i sistemi di analisi e relazione con il cliente proprio per andare in questa direzione».Una rivoluzione che non può non prescindere dal digital marketing. «In Amplifon dire mar-keting digitale potrebbe essere limitante, consi-derato il percorso che abbiamo cominciato nel 2016. Parlo di una vera propria trasformazione digitale. Per questo riteniamo che non debba esistere un marketing digitale, ma solo un mar-keting: vogliamo guardare il digitale non come un “silos” organizzativo, ma come un insieme di tecnologie e possibilità in costante evoluzione per interagire con (e servire) i consumatori».Tutto questo avendo come faro il consumatore e la sua esperienza. «Vogliamo offrire un’espe-rienza uditiva che permetta di ascoltare, sentire

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23Venerdì 12 Maggio 2017

A lato, una soluzione acustica di ultima generazione. Sotto, Alessandro Bonacina, group chief marketing officer della multinazionale italiana quotata in Borsa. Nella pagina a fianco, un soggetto della campagna d’affissione firmata dal marchio.

Un brand che si fa sentire«Per noi è fondamentale avere un brand globalmente riconosciuto, ammirato e differenziante.Un’ambizione verso cui abbiamo fatto alcuni passi importanti», racconta il group chief marketing officer di Amplifon, Alessandro Bonacina.Nel 2016 è stata lanciata la nuova identità di brand per rafforzare ulteriormente la relazione con i clienti. «Hear, feel, live sintetizza la nuova identità del brand Amplifon e sottolinea l’impegno di restituire alle persone la gioia del sentire bene per godere di una vita piena, sorprendendole con una esperienza uditiva al di là delle loro aspettative, grazie a un mix ideale di esperienza, tecnologia e un’attenzione costante al cliente. Questo lancio», spiega Bonacina, «è frutto di un lungo percorso di ridefinizione del posizionamento di marca, effettuato con l’aiuto di Landor, leader del settore, volto a cambiare l’approccio alla categoria rispondendo a un mercato in evoluzione che accoglie nuove generazioni di consumatori con esigenze molto diverse rispetto a quelle precedenti». Una scelta coraggiosa, che sposta il focus dal problema uditivo al beneficio della soluzione. «L’oggetto principale della trasformazione», continua Bonacina, «non è stato solo il marchio ma l’identificazione di un linguaggio di marca articolato e multi-canale, composto non solo da attributi visivi ma anche da elementi sonori e comportamentali, che permettono di mettere in scena un’esperienza sinestetica che unisce i media tradizionali e quelli digitali senza soluzione di continuità. È stato inoltre definito un nuovo ruolo per la “A” di Amplifon, che ora assume la funzione di elemento generatore: contiene in un solo punto tutta l’identità ed è allo stesso tempo un elemento riconoscibile ma in costante mutamento, in tutti gli ambiti di applicazione del brand. Il sistema di identità si compone inoltre di un sound logo che ha il compito di manifestare la presenza di Amplifon anche attraverso il senso dell’udito, come è ovvio che sia per una marca che vuole restituire tutte le emozioni del suono».

e vivere tutte le emozioni dei suoni. Su questo punto stiamo cominciando ad accelerare, stia-mo ragionando in termini organizzativi e di sistematizzazione della cultura dell’esperienza dei consumatori».«Quello che personalmente mi affascina di più», conclude Bonacina, «è poter disegnare l’evolu-zione del nostro comparto. Non a tutti capita di lavorare avendo l’ambizione e le risorse per dare forma al proprio settore. Avendo a disposizione un budget in costante crescita, per lavorare sulla marca, sulla customer experience, sul digitale e sul crm, tenendo sempre a mente che a bud-get crescenti corrispondono obiettivi crescenti. Aggiungo - non meno importante - il fatto di potersi svegliare ogni mattina e sapere che il proprio lavoro fa bene e rende felici migliaia di famiglie in tutti i continenti. Non a tutti capita di avere una leva motivazionale di tale portata».

di eLena GaLLi

Si stima che la crescita del mercato

retail delle soluzioni acustiche a livello

globale nei prossimi 3-5 anni sarà di

circa il 4% annuo

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24Milano Marketing Festival 25anni

Innovare nel rispetto della tradizione: questo il leitmotiv dell’azienda fondata 172 anni fa e guidata da sempre dall’omonima famiglia

Branca, la formula segreta del successo

la ricetta del suo prodotto più celebre, il Fernet-Branca, è segreta, come quelle della Coca-Cola e della Nutella. La ricetta di una storia lunga 172 anni si può invece riassu-mere in un motto latino: novare serbando.

Ovvero innovare senza mai allontanarsi dai va-lori che dal 1845 accompagnano la crescita della Fratelli Branca Distillerie. Un’azienda guidata da sempre dalla famiglia Branca, ormai giunta alla quinta generazione, con la sesta già in azienda. E che continua la produzione nella città in cui è nata, quella Milano che ospita, a pochi passi dal centro, una delle ultime fabbriche ancora attive nel capoluogo lombardo: 23 mila metri sui quali campeggia la storica ciminiera, un simbolo del passato che nel 2015 è diventata, grazie al lavoro di alcuni street artist, il murale più alto d’Italia. Anche questo è un esempio del connubio fra tradizione e innovazione che caratterizza un’impresa consolidatasi intorno ai prodotti sto-rici (Fernet-Branca, Brancamenta, Stravecchio Branca), ma che nel contempo ha ampliato il proprio portafoglio con una politica di acquisi-zioni, extension line, partnership, nuovi mercati e con l’ingresso nel settore dei vini. Oggi i ricavi (circa 370 milioni di euro) di Branca, presente in 160 paesi del mondo, sono per l’80% realizzati all’estero. Con l’Argentina in testa. E non è un caso, visto che il Fernet-Branca è il super alcolico più bevuto nel grande paese su-damericano, tanto che vicino a Buenos Aires la famiglia Branca ha costruito l’unico impianto produttivo oggi in funzione fuori dall’Italia.Accanto ai prodotti storici, fanno capo a Fratel-li Branca anche Caffè Borghetti, Grappa Can-

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25Venerdì 12 Maggio 2017

Oggi i ricavi di Branca

sono per l’80% realizzati all’estero, Argentina in testa:

qui il Fernet è il superalcolico

più bevuto

e la specialità Passoa, il whisky Bruichladdich, il gin The Botanist e Metaxa. Sono inoltre distri-buiti da F.lli Branca la Tequila Sierra del gruppo tedesco Borco, lo Champagne Tsarine di Cha-noine Frères e il liquore Southern Comfort del

gruppo Sazerac. Oggi il gruppo compete in Italia e all’estero con pr imar ie mul-tinazionali e un prodotto come Fernet-Branca è il quarto spirit a più veloce tasso

dolini, Antica Formula, Punt e Mes, Carpano Classico, Bianco e Dry, Sambuca Borghetti, il distillato premium Magnamater, la vodka Ser-nova, Grappa Sensèa e i vini Chianti Classici Villa Branca, spumante Bellarco. Non solo. Dal 2009 l’azienda di-stribuisce in Italia anche i brand del gruppo francese Rémy-Cointreau: i cognac Rémy Martin e Louis XIII, Cointreau, il rum Mount Gay

Qui accanto, l’imbottigliamento del Fernet-Branca nello stabilimento milanese. Nella pagina a fianco, la ruota con le spezie provenienti da quattro continenti e una veduta d’insieme della fabbrica, dominata dalla ciminiera, il murale più alto d’Italia

di crescita al mondo e il primo brand italia-no nella classifica Shanken’s Impact Databank (2009-2014). «Da tempo», spiegano in azienda, «stiamo la-vorando sulla gamma Carpano, che proprio nel 2016 ha celebrato i suoi 230 anni. Car-pano recentemente ha preso parte al percorso che ha portato alla creazione dell’Istituto del Vermouth di Torino. Sul nuovo sito di Carpa-no www.carpano.com, rinnovato in occasione dell’anniversario, c’è una sezione dedicata alle cocktail suggestion, con tante idee per l’aperi-tivo suggerite dai migliori bartender Carpano». Proprio ai bartender (coloro che nei bar si occu-pano della preparazione dei cocktail) e alle nuove tendenze Branca dedica da sempre un’attenzio-ne speciale. «I nostri prodotti stanno registrando un trend in continua crescita in Italia e all’estero anche grazie alla richiesta da parte dei migliori barman nazionali e internazionali. Una grande opportunità per stabilire al meglio il contatto con il consumatore in un’ottica di innovazione è infatti la possibilità di personalizzare le modalità di consumo del prodotto, ampliandole al massi-mo. Un esempio di queste nuove tendenze sono le drink list che reinterpretano i prodotti della gamma Branca, sottolineandone la versatilità di consumo. Le drink list, studiate ad hoc, vengono proposte nei locali in una serie di rassegne o serate dedicate al pubblico con i migliori bartender, che Branca considera un patrimonio da coltivare». E poi c’è Brancamenta, «un marchio su cui stiamo lavorando e su cui ci sono grandi novità in arrivo. Per l’estate sono previste nuove iniziative legate al brand e nuovi buzz nel mondo digital, il cui tema centrale sarà sempre la bevuta ghiacciata, di cui Brancamenta è icona».Infine è sempre aperta la caccia alle nuove opportunità. «Prodotti con un buon rapporto qualità/prezzo ma premium. Con l’obiettivo di diversificare rispetto al business degli amari». Novare serbando, appunto.

di eLena GaLLi

Fernet-Branca, lo spot che cattura il momento perfetto

Una nuova campagna, nata dalla collaborazione con il fotografo Martin Wonnacott, e un nuovo sito per il prodotto storico dell’azienda, il Fernet-Branca, ritornato dopo tanti anni anche in radio con uno spot.«L’ispirazione iniziale è stata un’esplosione di erbe (sono 27 quelle contenute nell’amaro, ndr) all’interno della bottiglia», spiega Wonnacott. «Lo scatto cattura l’istante dell’esplosione degli ingredienti. Non ha necessitato di editing o effetti speciali: abbiamo utilizzato i veri ingredienti che compongono Fernet-Branca e grazie a un computer abbiamo potuto sincronizzare il tutto e cogliere così il momento perfetto». Il momento in cui il prodotto sembra diventare vivo e si materializza in una goccia, l’essenza dello spirito del brand. Anche il sito corporate è stato completamente rinnovato e pensato come un vero e proprio racconto del mondo Branca: dalla gamma dei prodotti alle tappe principali della lunga storia

dell’azienda, dalle news più recenti alle pubblicità storiche dei prodotti di punta. Una sezione è dedicata all’Arte del comunicare, che ha inizio dalle prime campagne ottocentesche (il primo annuncio risale al 1865).

Un’arte che vede nel Museo Collezione Branca la propria espressione tangibile. Nato per iniziativa della famiglia Branca, che ha voluto raccogliere e conservare oggetti e documenti, oltre che dotare l’azienda di un luogo per le attività culturali, il museo è allestito nel sito industriale milanese e occupa oltre 10 mila mq. Alambicchi, macine, spezie provenienti da quattro continenti, uno straordinario archivio di manifesti pubblicitari realizzati dai maggiori artisti dall’Ottocento a oggi accompagnano il visitatore in un percorso che culmina nelle cantine con le botti di rovere di Slavonia per la maturazione di Fernet-Branca e per l’invecchiamento di Stravecchio Branca e con la grande botte madre di Stravecchio Branca, dalla capacità di oltre 83 mila litri.

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26Milano Marketing Festival 25anni

L’insegna scommette sull’innovazione dei format: dai supermercati aperti 24 ore su 24 a quelli con un’area di ristoro

Carrefour, la creativitàentra anche nella gdo

Per Carrefour innovare nel mondo della grande distribuzione organizzata si-gnifica proporre format diversificati per intercettare diverse esigenze della clientela, anche a seconda del contesto

in cui si trovano i negozi: per esempio su-permercati aperti 24 ore su 24, oppure punti vendita dove oltre a fare la spesa è possibile consumare un pranzo veloce o un aperiti-vo, o in cui vengono offerti servizi come la possibilità di contattare un idraulico o un elettricista. Oltre a ciò, nella strategia dell’in-segna nella Penisola, sono centrali la valoriz-zazione della qualità dei prodotti di filiera italiana e un approccio multicanale grazie all’e-commerce. «Creatività, focus sul cliente, coinvolgimen-to delle nostre persone, nuove relazioni con i fornitori ma soprattutto un irrefrenabile impulso a innovare attraverso nuovi layout commerciali, nuovi format e nuovi linguaggi sono alcuni degli elementi strategici alla base della crescita di Carrefour Italia negli ultimi anni», spiega Grégoire Kaufman, direttore commerciale e marketing di Carrefour Italia. «Un altro elemento distintivo che ci viene riconosciuto dai nostri partner commerciali è la profonda cultura alla relazione con loro che va al di là della discussione commerciale, con il fine preciso di costruire un reciproco e mutevole vantaggio. Una relazione vincente con i propri partner non può che portare a una relazione vincente con i propri clienti».Un ulteriore obiettivo è valorizzare sempre più la qualità dei prodotti di filiera italiana, «garantendo in questo modo un’offerta di

eccellenza per i nostri clienti», continua il direttore marketing. «Un percorso per il quale Carrefour si impegna quotidianamente e che ha già dato degli importanti frutti come la partnership stretta un anno fa con Regione Piemonte per la creazione del marchio Pie-munto, grazie al quale vengono valorizzati nel punto vendita i prodotti lattiero-caseari rea-lizzati esclusivamente con latte piemontese». Uno degli aspetti fondamentali nella strategia rimane la diversificazione e l’innovazione dei format per intercettare le esigenze dei clienti. Carrefour Italia è stato il primo player della grande distribuzione che ha sperimentato in Italia la formula di apertura 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per alcuni dei suoi punti vendita, utilizzata in oltre 100 negozi. Un altro format è il market Urbano che offre servizi come la possibilità di contattare professionisti dedi-cati alla manutenzione della casa: attraverso la blue box, una specifica postazione posizio-nata all’ingresso del punto vendita, è infatti possibile richiedere l’assistenza per esempio di un idraulico, un fabbro, un elettricista, un tapparellista, fino al tecnico della caldaia. A fine 2016 è stato aperto a Milano, inoltre, il primo Carrefour Express Urban Life che non è solo un supermercato di prossimità ma

anche un’area ristoro per la colazione o la pausa pranzo, da consumare subito o portare a casa o in ufficio, un lounge bar per prendere l’aperitivo anche a base di una delle oltre 200 etichette di birre artigianali italiane e internazionali, e uno spazio coworking dove poter lavorare. Carrefour Express ha inoltre inaugurato il primo negozio Eat&Shop, un nuovo modello che vuole rappresentare il su-permercato di prossimità dedicato agli amanti del fresco, del buono e del genuino, andando incontro soprattutto all’esigenza di soluzioni per il pasto differenti e veloci ma con un’at-tenzione particolare alla qualità dell’offerta nella shopping experience. Oltre a questi, già da un paio d’anni, è stato lanciato Gourmet, il format dedicato ai «food lover», che punta sui prodotti di eccellenza.«Pensiamo che i nostri oltre mille negozi debbano essere altrettanti laboratori finaliz-zati a portare nuovo valore al cliente. Questo tenendo conto anche del fatto che la tipo-logia di consumi in Italia è profondamente mutata e non ha niente a che vedere con quella degli altri paesi europei», osserva il direttore marketing. «L’Italia, infatti, è un pa-ese in cui si possono sperimentare soluzioni del tutto innovative. In meno di due anni

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27Venerdì 12 Maggio 2017

Da sinistra, in senso orario, il format Urban Life, il market Urbano, un’immagine di un negozio Gourmet e il Carrefourgoncino per la consegna della spesa. Nella pagina accanto, Grégoire Kaufman, direttore commerciale e marketing di Carrefour Italia.

Con l’e-commerce spazio alla multicanalitàUna delle sfide più importanti per il futuro è quella dell’e-commerce. «Oggi facciamo e-commerce con un sistema all’avanguardia e completamente rinnovato attraverso circa 250 punti vendita in oltre 176 comuni in tutta Italia. Ogni retailer è diverso e il mercato è differenziato localmente, di questo occorre tenere conto», sottolinea Kaufman.Il servizio consente ai clienti di ritirare il proprio ordine presso il punto vendita più vicino oppure di farselo consegnare a casa. Uno dei punti di forza è l’integrazione dei contenuti online con l’e-commerce che permette, per esempio, di aggiungere facilmente al carrello tutti gli ingredienti della ricetta che l’utente sta consultando nella sezione «magazine» di carrefour.it. Il servizio mette a disposizione online oltre 20 mila prodotti, ma offre anche la possibilità di ordinare per esempio il sushi preparato fresco direttamente in punto vendita e, a Milano e Roma, il gelato di Grom.«La crescita costante dell’interesse per gli acquisti online in ambito food trova riscontro nella nostra offerta e-commerce che deve essere vista come parte di un approccio omnicanale rivolto al consumatore», spiega il direttore marketing. «L’e-commerce costituisce un pilastro della strategia digitale assieme al mobile, al digital marketing e social, all’esperienza nel negozio e alle iniziative di loyalty».

Un importante obiettivo è valorizzare sempre più la qualità dei prodotti di filiera italiana, garantendo un’offerta di eccellenza

abbiamo lanciato diversi nuovi formati grazie alla messa a punto di un piano operativo mi-rato e basato sulla clusterizzazione dei diversi formati distributivi. Questa scelta è per assi-curare, da un lato, un assortimento standard a livello nazionale, ma, dall’altro, per definire, per ciascun format Carrefour, un ruolo spe-cifico tradotto anche in un assortimento ad

hoc. Così, in quartieri urbani ad alto potere d’acquisto ecco il Gourmet, formula che si pone importanti obiettivi di valorizzazione del chilometro zero. In zone più popolari, in-vece, ci vuole un format di attrazione, basato sul binomio qualità-convenienza, mentre nei convenience a forte flusso, presenti in stazioni e aeroporti, bisogna soddisfare una clientela

diversa ogni giorno». Per quanto riguarda la comunicazione, l’inse-gna punta sul «branded content e lo storytel-ling, per creare un legame forte con l’utente basato sull’affinità tra i valori della marca e quelli dei consumatori, di cui il marchio si fa promotore e dove l’elemento di advertising si amalgama in maniera armoniosa e ingag-giante con quello narrativo», osserva il mana-ger. «La strategia di comunicazione prevede l’integrazione di tutti i punti di contatto a disposizione per raggiungere il consumato-re, e necessita di una particolare attenzione alla declinazione del messaggio su ciascuno in maniera coerente e in considerazione di ciascun codice comunicativo che proprio il mezzo richiede». Ma prendere strade innovative comporta sempre la necessità di dover affrontare nuove sfide. «Per questo è indispensabile tenere in giusta considerazione la coerenza di una vi-sione strategica ben specifica, per non cadere in sperimentalismi randomici. Inoltre biso-gna tenere conto del fatto che molte nuove formule hanno bisogno di tempo per ben radicarsi ed essere apprezzate dal cliente e in questo un ruolo importante è giocato proprio dal tipo di partnership con i nostri fornitori», sostiene Kaufman. «Per esempio, parlare di lo-calismi con una multinazionale non è sempre facile, ma è altrettanto importante rendersi conto che sono logiche che funzionano per certi formati e in talune aree geografiche».

di iRene GReGuoLi venini

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28Milano Marketing Festival 25anni

Dal 1886 il gruppo di Fara San Martino unisce tradizione e metodi all’avanguardia Perché anche la pasta può essere un prodotto innovativo

De Cecco, dall’Abruzzoalla conquista del mondo

è probabilmente l’azienda abruzzese più conosciuta al mondo. Il suo nome è da sempre sinonimo di pasta di qualità. Da Fara San Martino (Chieti), piccolo centro alle pendici della Majella, De Cecco, in

131 anni di vita, ha conquistato i mercati in-ternazionali. E, da sempre vocata all’export, è diventata il terzo produttore di pasta al mondo. Un prodotto la cui ricetta (segreta, come quella della Coca-Cola) è immutata da quasi un secolo e mezzo ma che al tempo stesso può diventare anche un prodotto innovativo.«Quello della pasta è un mercato maturo», osser-va Giovanni Alleonato, direttore marketing del gruppo, «e la pasta De Cecco, con l’unicità del suo metodo di produzione, che non è industria-le se non nelle dimensioni ma utilizza processi che rispettano l’antica arte pastaia (essiccazione lenta; semola a grana grossa; impasto con acqua fredda; trafile di bronzo), è un prodotto effet-tivamente innovativo. Per esempio, ritroviamo l’originalità nella pasta integrale: grazie al nostro mulino riusciamo a ottenere naturalmente una semola integrale solo togliendo lo strato più esterno del chicco e utilizzando così tutta la crusca, invece di aggiungerla in seguito».Fondato nel 1886 dal mastro pastaio Filippo Giovanni De Cecco, il gruppo oggi conta due grandi stabilimenti produttivi. Quello storico di Fara San Martino e quello di Ortona, inaugu-rato nel 1997. Con un migliaio di dipendenti e un fatturato a fine 2016 di 438 milioni di euro. E, soprattutto, con oltre 2,3 milioni di quintali di prodotti, venduti in quasi 120 paesi.L’innovazione è da sempre nel Dna dell’azienda, citata nel 1935 dall’Enciclopedia Treccani, che

alla voce «pasta» riconosce al Cavalier Filippo Giovanni De Cecco il merito di aver messo a punto l’impianto di essiccazione artificiale ad aria calda, un sistema di canali e condutture nelle quali veniva iniettata l’aria calda e all’in-terno veniva fatta passare la pasta. Un impianto fondamentale per De Cecco, visto che Fara San Martino non poteva godere dell’essiccazione naturale dei pastifici del Sud. Da subito la pa-sta De Cecco ottiene medaglie e diplomi nelle esposizioni italiane e straniere.La crescita del gruppo ha avuto un’accelera-zione a metà degli anni 80, quando al timone arriva Filippo Antonio De Cecco, segnando uno spartiacque tra passato e futuro della famiglia e dell’azienda. Filippo Antonio è stato capace di guidare De Cecco verso nuovi mercati, nuove tecnologie e nuovi prodotti - dall’olio ai sughi pronti fino al bakery (i prodotti da forno «I

Grani», eletti Prodotto dell’Anno 2014 per l’in-novazione) - e nuove impegnative scommesse. Culminate nel 2011 nell’acquisizione del grup-po pastaio russo Pmk, con impianti a Mosca, Smolensk e San Pietroburgo.Altro concetto chiave per l’azienda abruzzese è l’internazionalizzazione. La dinastia De Cecco da più di un secolo esporta la «pasta della Fara» in tutto il mondo: fin dal 1904 negli Stati Uniti. A partire dal 1914 in Argentina. E poi via via nel resto del mondo. «Gli indimenticabili maccheroni De Cecco» erano apprezzati anche da Gabriele D’Annun-zio. Mentre la leggenda racconta che Frank Si-natra negli anni 60 avesse fatto un’offerta per comprare l’azienda. Ma l’offerta fu ritenuta troppo bassa dalla famiglia, che gentilmente la rispedì al mittente.De Cecco è stata celebrata anche da un franco-

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29Venerdì 12 Maggio 2017

Sopra, un impianto per l’essiccazione della pasta all’interno di uno stabilimento produttivo di De Cecco. Sotto, un’immagine della sede dell’azienda a Fara San Martino, alle pendici della Majella.Nella pagina accanto, sotto il titolo, il Cavalier Filippo Giovanni De Cecco, fondatore del gruppo. Al centro, le Rotelle, una delle tipologie di pasta corta realizzate dal marchio abruzzese.

La ricetta? Un mix di qualità e tecnologiaIl segreto di una buona pasta è la pasta. Un claim di una semplicità quasi disarmante. Ma, come spesso accade, sono le idee più semplici quelle che si rivelano le migliori. Una cucina, uno script semplice ma efficace in cui la recitazione è in primo piano. Il protagonista, alle prese, nella sua cucina, con la preparazione di un buon piatto di pasta, sembra sempre sul punto di svelare segreti da grande chef, ma alla fine ammette che l’unico segreto sta nella qualità della pasta. «Il claim delle nostra campagna dice una verità. Il segreto di una buona pasta è per il 50% la qualità della materia prima e per il restante 50% la tecnologia di produzione, elementi che spesso vengono, erroneamente, messi in secondo piano», spiega Giovanni Alleonato, direttore marketing di De Cecco. «Al di là della semplicità del messaggio, dietro c’è un concetto pieno di significati, che affonda nella tradizione del nostro Paese». Ma la sfida futura del marketing quale sarà? «Forse negli anni di crisi è l’aspetto finanziario a finire di più sotto la lente d’ingrandimento», osserva Alleonato. «In realtà la sfida del marketing sarà quella di carpire, dalla giungla di informazioni che ci arrivano sul consumatore, quelle giuste per ottenere una strategia vincente». E i social? «Sarà tutto lì, tutte le informazioni saranno lì: sul web e sui suoi mezzi (mobile in primis)». Il segreto della buona pasta, però, resterà sempre lo stesso.

bollo di Poste Italiane, emesso lo scorso anno in occasione dei 130 anni del Pastificio.«La nostra vera forza», sottolinea Alleonato, «è il metodo De Cecco: dalla selezione del gra-no all’acqua, dalla trafilatura ruvida al bronzo all’essiccazione lenta a bassa temperatura. Abbia-mo certificato sette parametri qualitativi, unica azienda al mondo. Quando arrivai in De Cecco, capii che questo patrimonio era la unique sel-ling proposition». L’azienda ha voluto puntare fortemente su questo: nel 1999 ha ottenuto la certificazione Kosher (che indica l’idoneità dei prodotti alle regole alimentari della religione ebraica), nel 2003 le certificazioni Iso9001 e Haccp, nel 2004 la certificazione di prodotto Pc Food, nel 2005 la Ifs, la Brc e la Certificazione Etica SA8000, nel 2011 la Epd e nel 2015 la cer-tificazione Halal (che garantisce la conformità dei prodotti alla dottrina islamica e risponde alle esigenze dei consumatori di fede musulmana).«Visti i risultati», conclude Alleonato, «credo che De Cecco abbia fatto bene».

di eLena GaLLi

Si narra che Frank Sinatra negli anni

60 avesse fatto un’offerta per

comprare l’azienda Offerta che fu

gentilmente rispedita al mittente

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30Milano Marketing Festival 25anni

Deborah Milano, storica azienda familiare giunta alla quarta generazione, punta sui nuovi canali per conquistare sempre più millennials

La bellezza è accessibilee sempre più digital

la bellezza? è sempre più digital. Lo sa bene Deborah Milano, storico brand cosmetico che da oltre 110 anni ha come obiettivo quello di «rendere la bellezza un piacere accessibile a tutte».

A cominciare dalle millennials. Proprio per costruire una relazione nuova e sempre più vicina a questa generazione di consu-matrici, l’azienda milanese ha creato poco più di un anno fa un’area spe-cifica dedicata al digital marketing.«Quello del beauty è uno dei settori sui quali la rivoluzione digitale ha avuto l’impatto più importante», spiega Malvina Cova, direttore marketing del gruppo. «Il di-gital va sfruttato come un ca-nale per entrare in relazione con la consumatrice finale. Oggi quello che vogliono i consumatori sono esperienze con la marca basate sulla fidu-cia e la rete è il luogo dove essi cercano informazioni per poter consolidare questa fiducia. Ogni brand cerca quindi, attraverso un racconto di prodotto con il coin-volgimento di blogger o con la produzione di video tutorial o, ancora, attraverso contest con i consumatori, di diffondere online contenuti che possano replicare la dinamica tipica dell’esperienza in store, con l’aggiunta del fattore passaparola allargato».Dai canali social alla blogosfera, l’obiettivo di Deborah Milano è dunque quello di sfruttare al meglio le potenzialità dei diversi canali: la possibilità di misurare e analizzare ogni azione, di conoscere la propria consumatrice, di osservare come si comporta e, non ultimo, la grande opportunità di instaurare con lei una relazione concreta e continuativa, basata sulla fiducia.«L’obiettivo finale», sottolinea Malvina Cova,

«r imane quello di comprendere in modo più accurato le esigenze delle consumatrici, che si fanno sponta-neamente preziose testimonial, ol-tre che prime critiche, dei nostri prodotti e di offrire loro il miglior servizio possibile».I canali social stanno cambian-do velocemente il modo di fare impresa, a partire dal fatto che il cliente, per fare i suoi acquisti, non sceglie più necessariamente di entrare in negozio e comun-

que si informa online prima di effettuare un acquisto. Dal consumatore, che fino a ieri era osservato e studiato per così dire da lontano, si pos-

sono ottenere riscontri diretti, fino ad arrivare a conoscerne

abitudini e comportamen-ti. Una novità dirompen-te per la gestione della

s trateg ia aziendale, perché, ascoltando le singole esigenze, è possibile proporre un prodotto che sia coerente con quel-

le precise necessità. Ma quali sono questi canali? A quelli più tra-dizionali, come il sito

web, si affiancano i canali social e quelli di customer care. Poi c’è l’universo della blogosfera, nel quale le aziende coltivano quo-tidianamente il rapporto con blogger e Youtuber: un’attività che consente non solo di pre-sentare le caratteristiche dei pro-dotti, ma soprattutto di mostrare la performance cosmetica, che è uno degli aspetti fondamenta-li nel settore bellezza. Infine, le partnership con i più importanti trend-watcher mondiali e semi-nari sociologici e think tank di richiamo internazionale. «Grazie a un team di coolhunter e trend watcher, il cui talent eccezio-nale coglie con largo anticipo i desideri dei consumatori, Debo-rah Group è sempre al passo con i tempi», sottolinea il direttore marketing.Deborah Milano, tuttavia, non è soltanto digital. è un’azienda fa-miliare giunta ormai alla quarta generazione, con oltre un secolo di know-how nella cosmetica e un reparto di ricerca e sviluppo unico e integrato, che a formule esclusive e test di performance affianca il mo-nitoraggio e il controllo dell’intero processo produttivo. «L’intera catena

Oltre un secolo di know-how nella cosmeticaDeborah Milano è il brand numero uno nel mercato italiano nel canale drug + food (no blister, fonte IRI, 12 mesi dicembre 2016). L’azienda fu fondata nel 1903 come Bonetti Frères. Nel 1905 la società si era già fatta conoscere grazie alla crema Diadermina, un prodotto che raggiunse rapidamente il successo internazionale. Tra le testimonial delle campagne pubblicitarie Diadermina, dive come Bette Davis, Olivia de Havilland, Anna Magnani. Nel 1962, Giampiero Bonetti, l’attuale presidente, lancia Deborah, marchio di make-up venduto a prezzi accessibili. Negli anni 70 Deborah comincia a collaborare con stilisti come Krizia, Versace e Fiorucci. Nel 1982 viene lanciato il marchio Debby, la prima linea dedicata a un target di giovanissime. Nel corso degli anni Deborah Group ha acquisito un numero selezionato di brand tra cui, nel 1994, lo storico marchio di make-up francese Rouge Basier.

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31Venerdì 12 Maggio 2017

Il digital va sfruttato come un canale per entrare

in relazione con la consumatrice finale

Qui sopra, la veduta dell’entrata della sede; di fianco il rossetto Milano Red. Nella pagina accanto, Malvina Cova, direttore marketing di Deborah Milano e il mascara Dream Look, lanciato nel 2016 dall’azienda familiare giunta ormai alla quarta generazione.

produttiva, dal design alla fabbricazione, è sottoposta a rigorosi controlli di qualità da parte del reparto di r icerca e sviluppo di Deborah Group», spiega Malvina Cova. E poi c’è il design. A partire dal 2000, Debo-rah Milano (che rende omaggio nel brand al proprio genius loci, il capoluogo lombardo) va oltre la bellezza e si addentra nel campo del design. Il brand si rivolge a famosi desi-gner italiani per creare packaging unici ed ergonomici.

di eLena GaLLi

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32Milano Marketing Festival 25anni

Idee e tecnologie condivise per dare nuova linfa al business Così il brand passa dalla pellicola alla medicina rigenerativa

Fujifilm cambia il futuroripensando le sue origini

cambiare pelle senza dimenticare le proprie origini, spostare il business verso nuove frontiere come l’he-althcare, la medicina rigenerativa, la farmaceutica, o la diagnostica. Senza

snaturare il proprio marchio. Fujifilm ha da poco festeggiato 80 anni di vita, eppure ha il dinamismo di una startup. L’industria fo-tografica è «il passato» del brand giappone-se, che da questo ambito genera ormai solo poco più del 10% del proprio fatturato. Il presente è invece un ventaglio di diversifica-zioni accomunate dalla costante ricerca, che

di conoscere le proprie origini e saperle va-lorizzare. Molto dipende dall’incontro con nuove idee, per dare vita a forme di business prima impensabili.A questo risponde l’Open Innovation Hub di Fujifilm, un luogo in cui le tecnologie fon-damentali della multinazionale giapponese si rivelano per incontrare partner di business, istituti di ricerca e università. Qui, è possibile discutere di tecnologie innovative e trovare insieme le possibili soluzioni alle sfide tec-nologiche, che devono poi tradursi in nuovi business. Una modalità nuova e affascinante

permette di impiegare in modi innovativi tecnologie uniche e proprietarie che Fuji-film padroneggia da sempre. «Il collagene, per esempio, fondamentale nella medicina rigenerativa, noi lo produciamo. Una vol-ta era impiegato per realizzare la pellicola fotografica», dice Luana Porfido, corporate communication manager di Fujifilm Italia. E ancora, l’idea stessa di pellicola può essere riutilizzata in contesti apparentemente lon-tanissimi da quello della fotografia, come le membrane usate nel trattamento dei liquidi, o nella separazione dei gas. Possibile, a patto

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33Venerdì 12 Maggio 2017

Sopra, Luana Porfido, corporate communication manager di Fujifilm Italia. Sotto, la sede dell’Open Innovation Hub dell’azienda a Tilburg, in Olanda. Nella pagina accanto, la fotocamera istantanea Instax Mini 70.

La diversificazione non compromette il marchio: poco oltre il 10% dei ricavi viene ancora dal mondo della fotografia

Da sfruttare con Instaxper co-creare senza barriere. Attualmente gli Open Innovation Hub di Fujifilm sono tre: a Tokyo, in California e a Tilburg, in Olanda, dove hanno sede il centro di produzione e ricerca e sviluppo europei. Quello del Vecchio continente è l’hub più recente, inaugurato nel marzo del 2016, e i mercati ivi rappresentati includono healthcare, energia e ambiente, in-dustria e soluzioni, tutti settori in cui Fujifilm è leader nell’innovazione tecnologica. Sono altresì attivi due «satelliti» a Bedford, in Gran Bretagna, e a Barcellona.«Siamo un’azienda che guarda avanti, che vuole evolversi», ribadisce Porfido. Innova-re è la chiave per restare competitivi, un concetto che caratterizza anche il pay off di Fujifilm, «value from innovation». Chi non l’ha fatto, ad esempio player storici, leader di mercato, come Kodak, non è più riuscito a trovare spazio in un presente caratterizzato dalla dimensione digitale e da tutti i cam-biamenti che ha introdotto nella vita delle persone. «Digitale di cui Fujifilm è stata il motore nello sviluppo su scala mondiale», ricorda la manager, «Fujifilm ha infatti lan-ciato, ad esempio, il primo sistema di radio-grafia computerizzata, il sistema FCR, negli anni 80. Fu un cambiamento epocale».

La rivoluzione delle macchine fotografiche e degli smartphone, della condivisione su internet e i social network, ha cambiato in meno di 20 anni il panorama e il concetto stesso di fotografia. A cui però adesso si torna a guardare con una certa nostalgia, alla ricer-ca di una qualità che il digitale non riesce a replicare, in termini di emozioni. Non è un caso isolato: i dischi in vinile stanno viven-do una seconda giovinezza negli stessi anni in cui è possibile acquistare singole canzoni online in formato digitale e riprodurle pra-ticamente ovunque. E lo stesso si può dire delle foto istantanee, che si possono scattare e guardare immediatamente, toccare, mostra-re e… fotografare, per condividerle sui social network come Instagram.In questa dinamica Fujifilm si è inserita con il brand Instax, linea di fotocamere istanta-nee, più che una fotocamera, «uno strumen-to ideale per raccontare la propria storia, un racconto per immagini», dice Porfido. Il marchio si rivolge soprattutto alle nuove ge-nerazioni, che difficilmente hanno avuto fra le mani una fotografia istantanea e di cui ne ignorano l’esperienza, il tipo di fruizione. Il prodotto, «che nasce dalla storia stessa della fotografia», è stato testato dagli influencer, fotografi professionisti, o artisti che hanno un seguito e rappresentano un canale de-terminante per comunicare le novità. Sfrut-tando poi le dinamiche dei social network, è possibile dare vita a una community di appassionati del brand Instax e delle foto istantanee, portando notorietà a Fujifilm.Ma come si diceva prima, non si vive di sola fotografia e ricordi: l’azienda ha iniziato a esplorare «mercati più che mai nuovi per noi, sia nel business to business che ulti-mamente nel business to consumer (Instax, appunto, è rivolta al largo consumo, nda)», spiega la manager di Fujifilm. Parallelamente, è cambiato anche il modo di comunicare: «Per esempio, nell’ambito del medical infor-matics (l’informatica applicata alla medicina, ndr) ci rivolgiamo agli attori della comunità healthcare proponendo le nostre tecnologie, ma parliamo contemporaneamente ai loro utenti, cioè i pazienti, raccontando loro i benefici che le nostre soluzioni tecnologiche possono portare al processo di cura».Il futuro di Fujifilm? Con queste premesse le soluzioni sono infinite. Quel che conta è l’approccio alle nuove occasioni di busi-ness che emergeranno dal dialogo scienziati, aziende e cittadini.

di aLeSSio odini

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34Milano Marketing Festival 25anni

Attenzione agli ingredienti nelle formulazioni e rispetto dell’ambiente sono i trend che guidano la strategia del brand

Garnier, la cura di sé parte dalla natura

da sempre Garnier sostiene un’idea di bellezza genuinamente ispirata alla na-tura, con un’attenzione all’ambiente e alla persona in tutte le sue espressioni, proponendo prodotti sostenibili e ac-

cessibili. Proprio la naturalità e la sostenibilità sono trend che, assieme al digitale, stanno tra-sformando profondamente il comportamen-to e le scelte dei consumatori e che guidano la strategia e la comunicazione del brand del Gruppo L’Oréal.«Al centro di tutta la nostra strategia di marca c’è la grandissima attenzione al consumatore. Quando vogliamo lanciare un prodotto o rin-novare la comunicazione su una gamma già esi-stente, analizziamo a fondo quali sono i desideri e le aspettative del target a cui ci rivolgiamo e, nel contempo, i touch point digitali e non, attraverso i quali raggiungerlo», spiega Da-mien Favre, direttore di marca Garnier. «Per esempio negli ultimi dieci anni c’è stato un profondo cambiamento culturale nella dieta mediatica delle persone, con uno spostamento della fascia di pubblico più giovane verso i mezzi digitali e questo ci ha fatto riconsiderare tutto il marketing mix».Il digitale, nella visione del manager, «ha portato a una grande trasforma-zione della società: ognuno di noi cerca informazioni in tempo reale e si pone domande sulla veridicità del-le informazioni che riceve; i social network, inoltre, ci fanno ripensare il modo in cui comunichiamo con

i nostri amici e con la famiglia», continua Favre. «Il secondo grande trend è legato al tema della natura-lità ed è presente in tantissimi mercati. C’è sempre una mag-giore attenzione alla sostenibilità e all’im-piego di ingredienti naturali o di origine naturale. Da qui il no-stro impegno a pro-durre con un impatto minore e la decisione di scegliere sempre di più materie prime di origine naturale. Per esempio nello skinca-re, tutta la gamma di detergenza classica si avvale ora di formule con il 96% di ingre-dienti di origine na-turale e, proprio per essere trasparenti al massimo, spieghiamo anche perché rimane un 4% di elementi non naturali, ovvero per ga-rantire la sensorialità e la buona conservazione

della formula».Nello specifico, sul fronte dell’ambiente, Garnier ha un ruolo attivo nel program-ma «Sharing Beauty with All», l’impegno del Gruppo L’Oréal verso la sostenibilità per il 2020: si tratta di migliorare le pratiche lungo tutta la catena del valore, dalla ricer-ca alla produzione, dal marketing alla comu-nicazione, condivi-dendo la propria cre-scita con le comunità in cui l’azienda opera. Un caso di eccellenza è rappresentato dallo stabilimento di Setti-mo Torinese (in cui si producono la gamma Fructis e Ultra Dolce di Garnier per l’’Eu-ropa): è uno stabili-

mento tra i più importanti al mondo tra i 42 del gruppo e da luglio del 2016 è a emissioni zero. Un traguardo, questo, raggiunto grazie all’utilizzo di fonti rinnovabili combinate, ov-

vero un sistema di teleriscaldamento (e tele-raffrescamento) presente sul territorio del comune di Settimo Torinese, un impian-to con 14 mila pannelli fotovoltaici, una

centrale energetica a biomassa dedicata a L’Oréal e biogas per la generazione del vapore tecnologico necessario ai processi produttivi. Altrettanto im-portante è la tematica del packaging, attraverso l’adozione della plastica ri-ciclabile e riciclata per la fabbricazio-ne dei flaconi dei prodotti immessi sul mercato. Un esempio su questo fronte è Fructis, che quest’anno ha rinnovato la propria gamma rendendo i flaconi al 100% riciclabili e fatti con il 25% di plastica riciclata, con anche un nuovo design (affidato al designer francese di

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35Venerdì 12 Maggio 2017

«Lo spostamento della fascia di pubblico più giovane verso i mezzi digitali ci ha fatto riconsiderare tutto il marketing mix»

attraverso l’uso di ingredienti di origine na-turale. Ultra Dolce rappresenta tutti i valori più profondi del brand in questo senso: sono ricette d’amore e di bellezza per la pelle e i capelli. Sono prodotti semplici, molto senso-riali e moderni: su questo concept abbiamo infatti sviluppato ulteriormente il mondo di Ultra Dolce negli ultimi due anni, estenden-dolo anche al corpo, con il latte corpo e il bagnodoccia», osserva Favre. «La seconda gran-de marca che stiamo trasformando è Fructis, con formule arricchite con superfrutti, come l’amla e il cocco, che concorrono a nutrire i capelli. Il brand, anche se trasversale, si rivolge principalmente a un pubblico millennial, con

fama internazionale Christophe Pillet). Infine c’è la formulazione dei prodotti, caratteriz-zata dalla presenza sempre più elevata di in-gredienti di origine naturale e con formule il più possibile biodegradabili. Altro elemento fondamentale è la fonte dell’ingrediente, che implica l’approvvigionamento con metodi sostenibili e provenienti da fonti rinnovabili: per esempio l’olio d’argan e il burro di karité dei prodotti di Garnier sono tutti ottenuti in modo sostenibile, attraverso la collaborazione con produttori e agricoltori locali che colti-vano in modo responsabile.«Lo sviluppo di Garnier è guidato dall’idea di promuovere una bellezza sana e naturale,

Nella pagina a fianco, Damien Favre, direttore di marca Garnier, e tre latti detergenti della gamma Naturali 96%. Sotto, il bagnodoccia, il balsamo e lo shampoo Ultra Dolce e lo shampoo Fructis con il nuovo packaging.

una comunicazione che punta sul mondo digi-tale». Alla base delle formulazioni Fructis, che quest’anno sono state rinnovate, c’è una com-binazione di ingredienti specifici e di concen-trato di attivi di frutti fortificanti; ogni attivo è stato attentamente selezionato: ci sono canna da zucchero, estratto di tè verde, vitamina B3 e B6, assieme a succo di mela e acido citrico, e il concentrato di attivi è stato arricchito di un derivato di proteina del limone per un’azione rinforzante per i capelli.

di iRene GReGuoLi venini

L’impegno per promuovere il riciclo fin dalle scuole elementari

Garnier promuove un progetto di corporate social responsibility a favore della formazione dei bambini delle scuole primarie sul tema della raccolta differenziata e del riciclo degli imballaggi in collaborazione con Carrefour Italia, con il Moige e con il supporto e il patrocinio dell’Istituto Italiano Imballaggio. Il progetto si articola nel corso del triennio 2017-2019, periodo durante il quale verranno coinvolti 500 plessi scolastici: nel primo anno 200 scuole, 150 nel secondo e altre 150 nel terzo. Grazie al contributo del Moige, Movimento italiano genitori, con il coinvolgimento diretto del corpo docenti delle scuole, verranno formati 150 mila bambini. I contenuti delle dispense per gli insegnanti e per gli alunni sono a cura dell’Istituto Italiano Imballaggio, mentre nel mese di marzo 2017 nei punti vendita della rete Carrefour, per ogni prodotto acquistato, Garnier ha devoluto 50 centesimi al Moige a sostegno dell’attività di formazione nelle scuole.

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36Milano Marketing Festival 25anni

Il pensiero guida l’impresa, non i risultati trimestrali. Ferrero e Residori insegnano ai professionisti come usarlo

Humantek risveglia l’uomoche è nel manager vincente

Prima la concentrazione, fondamentale nel compiere scelte determinanti nella strategia aziendale come nelle vendite. Poi la consapevolezza del proprio ruolo, delle proprie capacità e delle paure che

impediscono di concentrarsi e agire al mo-mento giusto. Humantek non ha l’ingrediente segreto per guarire i manager indecisi, ma sa lavorare sulle persone, offrendo loro un metodo per imparare a gestire ruoli e responsabilità. Fondata nel 2008 da Walter Ferrero e Marta Residori, la società è specializzata in executive coaching, formazione umana e strategia d’im-presa. Fra i suoi clienti figurano alcune delle

più importanti aziende a livello internazionale.è soprattutto nei grandi momenti di cambia-mento che le imprese vogliono conoscersi più profondamente, definire mercato e assetto, e pertanto si rifugiano spesso in rilevazioni este-nuanti che, pur dando uno spaccato più ogget-tivo della realtà, frenano il pensiero generativo.Humantek (www.humantek.it), grazie al con-tinuo studio delle dinamiche umane e alla profonda esperienza nelle organizzazioni, supporta le imprese dapprima nella formula-zione del pensiero strategico, fondamento di ogni creazione e successivamente nella pro-gettazione di piani di change management e

di sviluppo manageriale.Tuttavia, ciò che la rende all’avanguardia è aver saputo tradurre una vasta gamma di conoscenze e filosofie antiche «in un metodo per generare dei cambiamenti nelle persone», spiega Re-sidori, amministratore delegato della società. «Ci basiamo su un sistema formativo che va a lavorare sulla persona e sul ruolo con metodo e tecniche che servono a risvegliare le abilità necessarie. Più che sul software, interveniamo sull’hardware di una persona, cioè sui mecca-nismi all’origine dei comportamenti». D’altra parte, la stessa scelta del nome Humantek allude a una tecnologia umana, ovvero alla conoscenza

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37Venerdì 12 Maggio 2017

Da sinistra, Walter Ferrero e Marta Residori, fondatori e amministratori delegati di Humantek. La società è specializzata in executive coaching, formazione umana e strategia d’impresa. Tra i suoi clienti figurano alcune delle più importanti aziende a livello internazionale.

Il pensiero strategico è strettamente legato al marketing: mai come in questo ambito occorre un metodo per progettare il futuro

e alla messa in opera di strumenti atti alla for-mazione dell’uomo e per l’uomo.Un sistema che si rivolge a imprenditori, ma-nager, professionisti e venditori che devono raggiungere obiettivi sempre più sfidanti. In questo, Humantek insegna a gestire la con-centrazione, il tempo, le emozioni, il corpo, oltre alle tecniche di vendita e alla capacità di influenzare, ma anche a parlare in pubblico, a rendersi memorabili nonché a motivare i pro-pri collaboratori.In ogni percorso, tarato sull’individuo e sul-le sue specificità sia che si tratti del coaching

base, o avanzato, si lavora simultaneamente su due binari: il ruolo e il sé, esplorando i quattro pilastri portanti sui quali si poggia il lavoro di potenziamento di Humantek: strategia del sé, strategia relazionale, strategia del risultato, stra-tegia del guidare gli altri.Per mettere a punto il proprio metodo, che può essere visto come una traduzione in termini contemporanei delle procedure di addestra-mento che hanno formato sovrani, condot-tieri, filosofi e che contengono una profonda conoscenza dell’essere umano, Ferrero e Re-sidori hanno compiuto a loro volta un lungo percorso di formazione personale, che spazia dalle filosofie antiche alle religioni, allo yoga e

alla meditazione, passando per la psicologia e il pensiero rinascimentale, oltre ad aver vissuto dall’interno le dinamiche aziendali, rivestendo vari incarichi dirigenziali. Un insieme di cono-scenze che oggi serve soprattutto alle imprese, il cui destino spesso dipende dalla capacità dei propri dirigenti di affrontare l’innovazione e il cambiamento. Il pensiero strategico è strettamente collegato anche al marketing, perché mai come in que-sto ambito occorre «un metodo per pensare al futuro e fare comparazioni nel presente», dice Residori. Non a caso, «ai nostri focus group

partecipano tutte le figure chiave dell’azienda», perché grazie a questo genere di confronto in-terno è possibile esplorare le opportunità stra-tegiche attraverso un percorso guidato da un consulente esperto in strategie e facilitazione. Partendo dal know how aziendale, il docente Humantek facilita il comitato direttivo a supe-rare i propri schemi mentali ordinari, facilitan-do l’accesso al pensiero generativo.Essere nella condizione migliore per decidere è importante, soprattutto nei momenti peggiori. «Abbiamo avuto un incremento di attività nella crisi, perché le aziende non potevano più fare previsioni come prima», racconta Residori. «La previsione statistica e puntuale è una proiezione

che aiuta, ma se il mercato è troppo veloce non c’è tempo per farne». Lavorare sul pensiero, per tornare a immaginare il futuro, è dunque il cuo-re del percorso. L’insieme di conoscenze offerte da Humantek aiuta così a «disegnare i nuovi scenari, focalizzare il pensiero su vere e proprie mete e non solo su obiettivi a breve termine».Le consulenze della società di Ferrero e Re-sidori sono ricercate anche nel mondo dello sport e in quello medicale, ma è chiaro che l’ambito dell’impresa resta preponderante. «Il nostro interesse è focalizzato sulla persona, e l’ambito lavorativo è una delle sue espressioni fondamentali», sottolinea Residori. «Se lavo-riamo su chi dirige, ciò faciliterà la crescita e l’espressione degli altri».Walter Ferrero, amministratore delegato di Humantek, ribadisce l’importanza dell’ap-prendimento: «Migliorarsi significa maturare la propria condizione umana, collegando le straordinarie potenzialità della mente a quello che ordinariamente viene definito “cuore” un insieme di sensibilità, attenzione, disponibilità e apertura nella vita. Migliorarsi è un dovere. Siamo una scintilla d’intelligenza, un bagliore di coscienza in grado di realizzare la verità del-le cose. Il minimo che possiamo fare è quello di lasciare il mondo migliore di come l’ab-biamo trovato. E per far questo non servono grandi gesti, basta trasformare l’unica cosa su cui abbiamo davvero potere: noi stessi. è un lavoro contagioso, che può aiutare anche gli altri a crescere e a vivere la propria esistenza con pienezza, equilibrio e piacere».

di aLeSSio odini

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38Milano Marketing Festival 25anni

È partita 105 anni fa producendo bilance Oggi il suo fiore all’occhiello è il cognitive computing: prezioso alleato delle aziende

Ibm e il marketing 4.0 Più innovativi con Watson

intelligenza aumentata e analytics. Cogni-tive computing e big data.Sono i nuovi strumenti che la tecnologia mette a disposizione di chi si occupa di marketing. Strumenti potenti, che possono

trasformarsi in alleati insostituibili per brand e aziende. A patto però di saperli utilizzare al meglio. Pioniere in queste nuove tecnologie applicate al marketing è Ibm. «Social, mobile, analytics, cloud continuano a cambiare il modo in cui i consumatori e le imprese interagiscono tra loro», osserva Luca Altieri, direttore marketing, comunicazione e citizenship di Ibm Italia. «E sono elementi che favoriscono livelli di connessione mai visti pri-ma. Basti pensare che attualmente nel mondo si contano 13 miliardi di device (qualsiasi tipo di connessione, anche il frigorifero che parla, ndr) connessi. Che fra tre anni diventeranno 30 miliardi. E poi ci sono i dati. Un’esplosione di dati, fra strutturati e non (foto, musica, video). Si calcola che ogni 60 secondi vengano scam-biati 8 mila tweet e 772 foto su Instagram e vengano effettuate 60 mila ricerche su Google e 70 mila visualizzazioni di video su YouTube».Un enorme e prezioso patrimonio di informa-zioni, disponibile e pronto per essere analizzato, compreso e utilizzato. E con enormi potenzia-lità di sviluppo. Diventa quindi fondamentale elaborare e trarre informazioni utili da questa miriade di dati. E qui entra in gioco il cogniti-ve computing, ovvero l’intelligenza aumentata: non artificiale, si badi bene, perché il suo scopo è quello di aiutare gli uomini, non di sostituirli.

E soprattutto può essere interrogato. «Watson», spiega Altieri, «analizza dati, formula ipotesi e opzioni e apprende come una spugna. Come il cervello di un bambino», spiega Altieri. «E soprattutto parla».Nel marketing le tecnologie di cognitive com-

Come fa Watson. Un sistema cognitivo, dotato di grande potenza computazionale e di avan-zati software di analisi, in grado di analizzare ogni secondo 500 GB, equivalenti a un milione di libri. Un sistema che capisce, apprende in modo simile agli umani, ma è molto più veloce.

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39Venerdì 12 Maggio 2017

In questa pagina, Casa Watson al Fuorisalone di Milano. Nella casetta in vetro trasparente, i visitatori hanno potuto sperimentare soluzioni e app di intelligenza aumentata.Nella pagina accanto, Luca Altieri, direttore marketing, comunicazione e citizenship di Ibm Italia.

Centocinque anni di tecnologiaDalla bilancia al cloud. Dai pc al cognitive computing. In 105 anni di storia (90 in Italia) Ibm ha cambiato pelle tante volte, spaziando tra ambiti e settori completamente diversi, ma avendo sempre come punto fermo l’innovazione.«Ibm, che quest’anno in Italia compie 90 anni, è un’azienda che non è mai rimasta ancorata a uno specifico prodotto o soluzione, ma che si è evoluta e ha cambiato pelle, supportando sia il cliente nel suo business sia l’ecosistema di riferimento», afferma il direttore marketing, comunicazione e citizenship Luca Altieri. «E soprattutto sostenendo l’uomo nelle sue decisioni». Come? A livello globale Ibm investe 6 miliardi di dollari (oltre 5,6 miliardi di euro) all’anno in ricerca, attraverso l’attività di 13 centri globali, con migliaia tra scienziati e ingegneri. E dal 1993 anni guida ininterrottamente la classifica delle società con il maggior numero di brevetti nel mondo: in 23 anni hanno sup erato la cifra di 81.500. Inoltre cinque dipendenti Ibm hanno ricevuto il premio Nobel. Un percorso di rinnovamento continuo che prosegue anche oggi.

puting sono in grado di analizzare i flussi social e di anticipare bisogni e desideri dei consuma-tori, di preannunciare tendenze, permettendo di impostare campagne innovative e persona-lizzate. Watson per esempio viene già utilizzato da aziende della moda, della sanità, del retail. Ma può essere impiegato in qualsiasi settore. Nel 2005 Ibm ha abbandonato il core business dei pc, per passare ai servizi e, oggi, ai sistemi cognitivi, appunto. «Sono nate nuove figure professionali», aggiunge Altieri, «come il di-gital leader del marketing, che si occupa dei social e che ha anche il ruolo di diffondere il “verbo” dell’azienda tra tutti i dipendenti per fare in modo che, quando vi sono news o eventi, i contenuti e i messaggi vengano diffusi all’esterno attraverso i diversi canali e raggiun-gano il maggior numero possibile di clienti».

Watson è un sistema cognitivo

che capisce e apprende in modo simile agli umani,

ma è molto più veloce. E soprattutto

può essere interrogato

Sì, perché uno degli obiettivi del gruppo è che il brand Ibm diventi più pop, nel senso di popolare. Cioè conosciuto e riconosciuto dalla gente. E cosa c’è di più pop di un evento come il Festival di Sanremo? In occasione dell’ul-tima kermesse della canzone italiana, Watson ha analizzato tutto quanto accadeva sui social media (Twitter, Facebook, siti di notizie, video e blog…): qualcosa come 290 mila documenti nei cinque giorni della manifestazione. E ha monitorato il battito della rete, portando alla luce il sentiment dei telespettatori su artisti e canzoni in gara. Ibm ha anche deciso di scendere in strada, let-teralmente. Watson è infatti stato protagonista anche al Fuorisalone 2017 di Milano, con il ViewBox, una casetta in vetro trasparente, dove i visitatori hanno potuto sperimentare alcune

soluzioni e app di intelligenza aumentata, come ad esempio la bici per allenare il corpo e la mente (utilizzata con successo dalla Nazionale Usa di ciclismo) e il virtual shop. «Indossan-do un apposito caschetto i visitatori avevano la possibilità di provare una soluzione di realtà virtuale applicata in un supermercato. La app guidava nella ricerca dei prodotti desiderati. Per esempio, se il visitatore segnalava l’intenzione di preparare una torta, Watson si trasformava in un assistente intelligente in grado di guidarlo nel reparto dove trovare i prodotti necessari». Il ViewBox è stato visitato in cinque giorni da circa 650 persone registrate. E non finisce qui. Sempre a Milano, uno degli ex caselli dazia-ri dell’Arco della Pace ospita per dieci giorni Casa Watson, un temporary shop Ibm aperto al pubblico per convegni, conferenze e percorsi alla scoperta di nuove soluzioni tecnologiche.«L’obiettivo dell’intelligenza cognitiva», sotto-linea ancora Altieri, «è aumentare le capacità umane, aiutare l’uomo a prendere decisioni migliori in ogni campo. Tenendo presente un principio fondamentale: l’uomo rimane sem-pre al centro di ogni processo e decisione. è la tecnologia a essere al servizio degli esseri umani per consentire loro di vivere sempre meglio e più a lungo. Anche nel marketing ormai non si parla più di B2B, né tantomeno di B2C. Questa è l’era dell’E2E: everyone to everyone. La centralità del cliente è sempre più forte. E il ruolo del marketing è quello di sup-portare l’azienda nel processo di cambiamento, facendo in modo che essa resti però saldamente ancorata ai propri valori fondamentali».

di eLena GaLLi

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40Milano Marketing Festival 25anni

A marzo il gruppo bancario Intesa Sanpaolo ha riunito nel suo grattacielo le eccellenze italiane per cercare di immaginare cosa accadrà nei prossimi anni

Dallo sportello all’agorà, partner del cambiamento

dallo sportello all’agorà. Dalla filiale alla piattaforma di incontro. La banca diventa il luogo - non solo virtuale - per confrontarsi e condividere i nuovi modelli di crescita, innovazione e com-

petitività del made in Italy. «Sharing Italy», appunto. è proprio così che Intesa Sanpaolo ha voluto chiamare la due giorni ospitata a fine marzo 2017 negli spazi del suo gratta-cielo torinese. Un’agorà verticale, progettata dall’archistar Renzo Piano, dalla quale poter allargare lo sguardo in ogni direzione e in grado di offrire un punto di vista «alto» sulla contemporaneità. L’idea di Sharing Italy, racconta Vittorio Melo-ni, direttore relazioni esterne di Intesa Sanpao-lo, «nasce dalla constatazione che il potenziale competitivo delle aziende italiane, nonostante la difficile crisi che abbiamo alle spalle, resta elevato. Molte imprese hanno saputo raffor-zarsi e startup geniali si sono affacciate sulla scena. A partire da questi casi abbiamo voluto leggere i grandi cambiamenti epocali che stan-no caratterizzando questo momento di forte accelerazione delle dinamiche economiche e coglierne le opportunità. Abbiamo voluto ri-unire attorno a un tavolo persone e imprese che potessero davvero aiutarci a immaginare cosa accadrà nei prossimi anni: una pluralità di sguardi per una visione a tutto tondo, alta e visionaria, sul futuro del business». Durante la due giorni, dunque, imprenditori, pensatori, ricercatori e ospiti internazionali si sono riuniti per trovare soluzioni concrete per sviluppare il futuro economico e imprendito-

Il grattacielo torinese di Intesa Sanpaolo, progettato dall’architetto Renzo Piano, ha ospitato a fine marzo l’evento «Sharing Italy».Nella pagina accanto, due immagini della campagna per il lancio di MutuoUp.

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41Venerdì 12 Maggio 2017

Spese non preventivate? Ci pensa il mutuo anche dopo la stipula

L’innovazione investe anche uno dei prodotti bancari più tradizionali, come il mutuo. Dallo scorso ottobre è disponibile nelle filiali del gruppo Intesa Sanpaolo MutuoUp, una soluzione che permette di ottenere fino al 10% in più del valore del mutuo entro 12 mesi dalla stipula e dopo il pagamento della prima rata. Una somma aggiuntiva da utilizzare per far fronte alle eventuali esigenze che dovessero emergere dopo la stipula del mutuo: spese impreviste, non preventivate oppure derivanti da nuovi progetti.La richiesta è facoltativa e può essere erogato anche un importo inferiore rispetto a quanto previsto nel contratto di mutuo. Il cliente ha quindi la massima flessibilità nell’utilizzo dell’ulteriore somma.«Per le potenzialità e le caratteristiche del MutuoUp, l’offerta è consigliabile a tutti i clienti che devono acquistare un immobile, anche non prima casa, e vogliono scegliere tra un tasso fisso e un tasso variabile», spiegano in Intesa Sp. Per richiedere l’erogazione della quota aggiuntiva non serve l’intervento del notaio ma basta recarsi presso la propria filiale. In massimo 24 ore dalla richiesta la somma sarà disponibile sul conto corrente, pronta per essere utilizzata per le proprie spese.

La maggior parte delle imprese ha una conoscenza del tutto superficiale

dell’Industria 4.0 e non ne coglie i benefici

riale dell’Italia. Circa 150 imprese, innovatori, creativi si sono alternati in tavoli di lavoro, lectio magistralis, dibattiti plenari, confron-ti in piccoli gruppi, testimonianze e anche performance intorno a sei parole chiave: esplorare, sperimentare, capire, comunicare, cercare e valorizzare. Parole che sono altret-tante azioni possibili, se non indispensabili, per fare impresa e competere in un contesto globale caratterizzato da cambiamenti molto veloci. Partendo da un dato certo: la forza e la competitività del made in Italy. Un brand tra i più noti al mondo che - ricorda Intesa San-paolo - nel 2015 valeva 414 miliardi di euro, mentre le imprese italiane hanno dato un

contributo all’export europeo dell’11,1%, di cui 397 miliardi di euro riferiti ai soli prodotti manifatturieri. Una forza insita nell’economia del Paese ma che deve essere capitalizzata e trovare nuovi stimoli. «Secondo un’indagine Ipsos, ancora inedita», spiegano in Intesa Sp, «la maggioranza delle imprese intervistate sente il cambiamento ed

è consapevole che per migliorare deve investi-re in formazione professionale e innovazione. Tuttavia, la maggior parte ha una conoscenza del tutto superficiale dell’industria 4.0 e non ne coglie i benefici, solo una su quattro ha fatto investimenti nel digitale e solo una su cinque ha cambiato in maniera significativa il suo modo di operare».Di fronte a sfide ancora in parte sconosciute, come quella del digitale, le imprese italiane devono, oggi più che mai, risfoderare dinami-smo e capacità di competere e ritrovare uno sguardo internazionale.

«Il futuro avanza veloce», osserva Stefano Bar-rese, responsabile della divisione Banca dei ter-ritori del gruppo Intesa Sp. «Il nostro impegno si sta già concretizzando lungo le nuove dire-zioni della crescita: il processo di digitalizzazio-ne, la transizione all’industria 4.0, il maggiore coinvolgimento delle donne nei ruoli chiave, la formazione per i giovani che apra le porte ai nuovi mestieri, condizioni più favorevoli al decollo di iniziative imprenditoriali, ambienti ricettivi per i talenti, anche esteri, nuove idee per il welfare delle persone. Nei primi nove mesi del 2016, il Gruppo Intesa Sanpaolo in Italia ha erogato complessivamente 34 miliardi di nuovo credito. Inoltre, attraverso il Program-ma Filiere, ha concretizzato 330 contratti con aziende capofila e coinvolto oltre 15 mila for-nitori per un giro d’affari di oltre 55 miliardi di euro». La banca che fa la banca.

di andRea bRenta

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42Milano Marketing Festival 25anni

Ispirandosi al genio italiano del Rinascimento l’azienda ha cambiato nome focalizzandosi sul core business 

Leonardo, l’innovazionenell’aerospazio e difesa

un rafforzamento nel core business dei settori ad alta tecnologia dell’aerospa-zio, difesa e sicurezza, un aumento della competitività sui mercati internazio-nali, per esempio quello statunitense,

oltre all’impegno in progetti legati a droni, cybersecurity ed elettronica: sono queste al-cune delle direttrici strategiche più importanti che stanno dando forma al nuovo corso di Leonardo, con l’obiettivo di proporre soluzioni concrete per soddisfare le esigenze dei propri clienti e partner.A segnalare il processo di trasformazione dell’a-zienda, c’è innanzitutto un importante cambio di nome: dopo 68 anni di storia infatti Finmec-canica, da aprile scorso, si chiama Leonardo, con una scelta che vuole sottolineare la cen-tralità dell’innovazione nel proprio sviluppo,

una holding che assorbe le attività delle società controllate (AgustaWestland, Alenia Aermac-chi, Selex Es, Oto Melara e Wass) e diventa società operativa articolata in sette divisioni corrispondenti ai segmenti di business, ovvero elicotteri, velivoli, aerostrutture, sistemi avioni-ci e spaziali, elettronica per la difesa terrestre e navale, sistemi di difesa, sistemi per la sicurezza e le informazioni. Il tutto mantenendo il presi-dio sulle partecipate e le joint venture che non sono rientrate nel processo di riorganizzazio-ne divisionale, ovvero Drs Technology, attiva nella fornitura di prodotti, servizi e supporto integrato a forze militari, agenzie di intelligen-ce e aziende della difesa, Telespazio e Thales Alenia Space, le due joint venture costituite con Thales nell’ambito della «Space Alliance», rispettivamente per i servizi satellitari e per

riferendosi al genio italiano che ha lasciato un patrimonio inestimabile di studi scientifici, di intuizioni anticipatrici e di sperimentazioni tec-nologiche. Un percorso, quello verso il cambio di denominazione, che è stato affiancato dalla ristrutturazione di specifici segmenti aziendali e dalla dismissione delle attività dei settori «non core»: il che ha dato vita a un nuovo modello organizzativo e operativo studiato per integrare competenze, tecnologie e prodotti di imprese diverse operanti nell’aerospazio, nella difesa e nella sicurezza, e renderle competitive a livello globale, focalizzando obiettivi e priorità di in-vestimento in modo da anticipare le soluzioni richieste dalle sfide future.In questo percorso il 2016 è stato impor-tantissimo: all’inizio dell’anno Finmeccanica si trasforma ufficialmente in One Company,

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43Venerdì 12 Maggio 2017

Per il futuro si punta ad aumentare la competitività nei mercati internazionali,

per esempio quello statunitense

economici positivi, con un portafoglio totale di 34,798 miliardi di euro e un risultato net-to ordinario di 545 milioni di euro (più che raddoppiato rispetto ai 253 milioni del 2015), con Ebit, Ebita ed Ebitda in crescita rispetti-vamente dell’11, 4 e 2%, e una performance commerciale che ha visto nuovi ordini per 20 miliardi di euro.E ora si punta all’espansione della presenza negli Stati Uniti, con possibili ulteriori acqui-sizioni nel campo dell’elettronica che potreb-bero interessare anche l’Europa. Il gruppo oggi ha già propri asset produttivi in quattro mercati principali (Italia, Regno Unito, Polonia e Stati Uniti), nei quali dispone di una solida base in-dustriale e commerciale. Oltre a ciò ha stabilito una presenza significativa anche in Francia e Germania e collaborazioni nei principali mer-cati del mondo ad alto potenziale. In totale Leonardo è presente in oltre 15 paesi con 218 siti (38% in Italia e 62% all’estero), dei quali 97 sono stabilimenti produttivi (50 in Italia e 47 all’estero). Si punterà anche su strumenti nuovi che in-cludono una scuola rivolta ai piloti della nostra Aeronautica ma anche stranieri, per addestrar-li all’utilizzo delle nuove tecnologie proposte dall’azienda. Per quanto riguarda, invece, il comparto relativo all’ala rotante, è importante la recente acquisizione del pieno controllo di Sistemi Dinamici e il programma relativo al nuovo elicottero leggero a pilotaggio remoto SD-150 Hero, ampliando così il portafoglio di elicotteri senza pilota che include il più grande SW-4 Solo.

di iRene GReGuoLi venini

Un premio per i migliori progetti high techProprio perché l’innovazione è una leva fondamentale del modo di fare impresa di Leonardo, l’azienda da 10 anni ha istituito un premio (Premio Innovazione Leonardo) dedicato ai dipendenti del gruppo e da due anni anche a studenti, neolaureati e dottorandi per i migliori progetti high tech. Per l’edizione del 2016 sono stati presentati quasi 700 progetti dalle risorse dell’azienda e pervenuti da tutti i siti di Leonardo in Italia, nel Regno Unito e nel resto del mondo, e sono stati circa 5 mila i contatti generati sulla piattaforma online dedicata al Premio per i Giovani, i cui vincitori hanno avuto la possibilità di usufruire di stage formativi nell’azienda, oltre a ricevere riconoscimenti economici. Tra i progetti proposti nel 2016 dai laureati e dottorandi delle facoltà scientifiche ci sono per esempio una tastiera per pc in grado di autoalimentarsi reimpiegando l’energia generata nella pressione dei tasti e robot antropomorfi capaci di eseguire le finiture di precisione nell’ultima fase di produzione dei rotori degli elicotteri. Tra quelli dei dipendenti c’è un innovativo sistema a infrarosso per unità navali che garantisce la sorveglianza continua sui 360 gradi intorno alla nave.

la manifattura di satelliti e infrastrutture or-bitanti, Atr, costituita con Airbus Group per la realizzazione di velivoli regionali, e Mbda, costituita con Bae Systems e Airbus Group per i sistemi missilistici.Ad aprile 2016 poi c’è la firma del contratto per la fornitura di 28 Eurofighter Typhoon al Kuwait, e a giugno arriva il contratto con il Qatar per la realizzazione di 7 navi destinate alla Qatar Emiri Naval Forces.Leonardo, che occupa un ruolo da protagoni-sta nel mercato spaziale attraverso la divisione

sistemi avionici e spaziali e le due joint venture Telespazio e Thales Alenia Space, contribuisce con la sua tecnologia alle missioni spaziali in-ternazionali che nel 2016 hanno conquistato le prime pagine dei giornali, da ExoMars a JUNO e Rosetta, da Copernicus a Galileo. Allo scorso ottobre risale l’annuncio dell’in-tenzione di incrementare la partecipazione in Avio dal 14% a una quota superiore del 25% del capitale sociale, assumendo così il ruolo di riferimento industriale per la società spaziale. Attraverso lo sviluppo del business di Avio e acquisendo maggior peso nell’aziona-riato, Leonardo potrà rafforzare la propria po-sizione nel business dello spazio, consolidando il proprio ruolo nel segmento dei lanciatori anche per piccoli satelliti.In tutto ciò il 2016 si è chiuso con risultati

Da sinistra, in senso orario, l’elicottero AW189 Bristow, il radar Captor E Eurofighter e la trivella del programma spaziale ExoMars prodotti da Leonardo. Nella pagina accanto, il nuovo addestratore Aermacchi M-345.

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44Milano Marketing Festival 25anni

Si amplia la flotta per conquistare nuovi clienti. A bordo tecnologia e partnership eccellenti nell’intrattenimento, nella ristorazione e nel benessere

Msc Crociere prende il largo con le navi intelligenti

crescere per Msc Crociere significa al-largare l’offerta, grazie a nuove navi più grandi e di ultima generazione, ma an-che conquistare nuovi passeggeri propo-nendo un’esperienza di alto livello dal

punto di vista dell’intrattenimento, del benes-sere e della ristorazione, grazie a partnership di eccellenza. Il successo nel futuro però dipende anche dal riuscire a essere innovativi dal punto di vista tecnologico: ecco perché la compagnia sta lanciando un programma digitale che, con punti di connettività, schermi e braccialetti in-terattivi, metterà l’ospite sempre più al centro dell’esperienza a bordo della nave. Il tutto è sostenuto da attività di marketing e comuni-cazione che uniscono ai mezzi più tradizionali, come il catalogo, tecnologie avanzate come la realtà virtuale, passando anche per attività sul territorio. «Lavoriamo in un mercato caratterizzato dalla spinta dell’offerta», spiega Andrea Guanci, di-rettore marketing di Msc Crociere. «Il nostro bacino di utenza è quello dei viaggiatori or-ganizzati: in Italia si tratta di circa 18 milioni di persone. La strategia di sviluppo principe è quindi aumentare l’offerta, aumentando le navi».La compagnia ha infatti avviato negli ultimi anni un piano industriale del valore complessivo di 9 miliardi di euro che porterà, tra il 2017 e il 2026, a 11 nuove navi di ultima generazione, che si aggiungeranno alle 12 già in attività. «Si tratta di navi di dimensioni più grandi di quelle attuali: quindi raddoppieremo la flotta arrivando a 23 navi e triplicheremo la capacità di offerta a livello di cabine», continua Guanci. «Sosterremo

questo sviluppo con attività di marketing, rivol-gendoci ad altri mercati oltre quello europeo e anche a target di clienti diversi e complementari rispetto a quelli attuali. Siamo la compagnia con il maggior numero di navi nel Mediterraneo e ora abbiamo un piano di sviluppo importante nell’area caraibica. Abbiamo anche navi in Cina e negli Emirati Arabi ed espanderemo la pre-senza in tutti i mari».La crescita però non è solo legata alla quantità ma anche alla qualità, ovvero al tipo navi che si costruiscono. «Da questo punto di vista, la grande sfida è riuscire a prevedere le tendenze del futuro perché costruire una nave richiede degli anni», osserva il manager.In quest’ottica la compagnia punta a presentar-si come specialista non solo nella navigazione ma anche nel mondo dell’intrattenimento e del tempo libero. «Per farlo ci siamo associati ai migliori: per esempio, per l’intrattenimento abbiamo fatto un accordo con Cirque du Soleil, che ha ideato degli spettacoli appositamente per

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45Venerdì 12 Maggio 2017

A sinistra e in basso, un dettaglio e una cabina della Msc Magnifica. Nella pagina accanto, la Msc Magnifica e Andrea Guanci, direttore marketing di Msc Crociere.

Anche i temporary store per raccontare l’esperienza di viaggio

Per la comunicazione, la compagnia punta anche molto sulle attività sul territorio. In quest’ottica ha lanciato il primo temporary store nel mondo delle crociere, con il progetto Grandi Stazioni. Il negozio temporaneo, che è stato aperto in alcune stazioni ferroviarie (Bologna, Milano e Roma) per periodi di tempo limitati, è un punto fisico dove si può trovare merchandising Msc e dove è possibile avere informazioni sulle crociere grazie anche a dei totem interattivi che consentono di dialogare con un consulente, fare un preventivo che può essere stampato e portato in agenzia per perfezionare l’acquisto.Un’altra iniziativa è Msc Mirror (presentato ai visitatori della Bit), sviluppato assieme ad Axed Group, che offre un’esperienza di realtà aumentata, consentendo di scattarsi una foto a bordo della Msc Meraviglia, in uno degli sfondi proposti che ricostruiscono in 3D gli ambienti delle nave (in particolare il ponte piscine, la promenade interna e l’interno della grande hall), indossando la divisa del comandante. Il dispositivo è basato sulla tecnologia di riconoscimento del movimento con cui è possibile scegliere la posa preferita da assumere; una volta scattata la foto il sistema la invia in automatico all’indirizzo e-mail del protagonista dello scatto che può condividerla con gli amici attraverso i canali social.

Realtà virtuale con il catalogo

interattivo e attività sul territorio: così

si mette l’ospite al centro della comunicazione

interattivo legato alle nostre navi», racconta il direttore marketing. «Poi abbiamo comincia-to a proporre, dall’anno scorso, il catalogo in realtà virtuale, distribuito in 9 mila agenzie in Italia: gli utenti hanno la possibilità di ritirarlo e, dopo aver montato il visore di cartone fornito assieme al catalogo e aver scaricato l’app MSC

360VR, possono avere un’esperienza virtuale inquadrando le pagine. In questo modo abbia-mo trasformato il nostro strumento tradizionale di promozione in uno strumento interattivo, unendo la tecnologia alla carta».Il nuovo catalogo, infatti, offre la possibilità di vivere tour virtuali a bordo delle navi e di passeggiare nei luoghi toccati dalle crociere. La novità è che ora, oltre ai tour virtuali, attraverso la realtà aumentata si possono anche visualizzare da vicino i modellini delle navi (anche di quelle non ancora varate) in 3D come se fossero ap-poggiati sul catalogo. «è anche uno strumento di lavoro per le agenzie di viaggio, che possono così mostrare al cliente la nave in cui passerà le vacanze. Le crociere sono acquistabili in tutte le modalità, dal telefono a internet, ma le agenzie di viaggio rappresentano il canale principale: noi vendiamo un prodotto complesso e l’utente ha bisogno di approfondimento e di consulenza».

di iRene GReGuoLi venini

le nostre navi, oppure abbiamo fatto accordi con Chicco e Lego per allestire salette dedi-cate ai bambini. Per quanto riguarda il cibo, Carlo Cracco ha ideato dei menù per le nostre navi e abbiamo un ristorante Eataly, tra le altre cose. Nell’area del benessere come partner c’è Technogym, con cui abbiamo ideato un’espe-rienza di wellness che si può vivere durante la crociera».Oltre a ciò, Msc ha lanciato un programma di innovazione digitale, chiamato Msc for Me, che debutta sulla nuova nave Meraviglia, dotata di 16 mila punti di connettività, 700 punti di accesso digitali, 358 schermi informativi e interattivi, con 2.244 cabine dotate di tecnologia rfid/nfc. Il programma verrà poi implementato anche su Msc Seaside, che sarà battezzata a novembre di quest’anno, e sulle altre navi. «Il progetto ren-de la nave intelligente sfruttando la tecnologia, in modo che l’esperienza degli ospiti sia il più comoda e facile possibile», sottolinea Guanci. Ciò si realizza attraverso diversi accorgimenti hi-tech: per esempio bracciali interattivi che connet-tono i passeggeri ai servizi della nave fornendo consigli e informazioni geolocalizzate attraverso

3.050 trasmettitori bluetooth, consentendo, tra le altre cose, ai genitori di localizzare i propri bimbi e di orientarsi sulla nave e nelle varie attività possibili. Ci saranno anche schermi che permet-tono agli ospiti di essere riconosciuti attraverso il braccialetto e di avere tutte le informazioni, ma anche gallerie fotografiche immersive per visualizzare in anteprima le escursioni attraverso la realtà virtuale. La tecnologia consentirà, inoltre, di prenotare facilmente servizi a bordo, ristoranti, escursioni e così via. La sfida è però anche riuscire a raccontare tutto questo. «Per farlo occorre avere l’attenzione del-le persone, perciò cerchiamo di proporre attività innovative. Da due anni lavoriamo con la realtà virtuale: siccome non possiamo invitare tutti a bordo delle navi, che è il modo migliore di catturare l’attenzione delle persone, abbiamo pensato di portare la nave dai potenziali clien-ti. Abbiamo quindi portato i sistemi di realtà virtuale nelle agenzie di viaggio con pacchetti per fare piccoli eventi e abbiamo anche lanciato un progetto, chiamato Nave in città, con un tour itinerante in tutta Italia per proporre un’e-sperienza di realtà virtuale assieme a un gioco

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46Milano Marketing Festival 25anni

La storia di Parmalat è costellata da prodotti di successo che hanno cambiato il mercato. Il segreto? Intercettare i bisogni del consumatore

Dal latte cult al succo più amato dagli italiani

il continuo ascolto dei nuovi bisogni del consumatore e la conseguente offerta di prodotti in grado di intercettarli e soddisfarli al meglio. Sono questi, per

Parmalat, gli ingredien-ti per una efficace stra-tegia di marketing, che, secondo il gruppo, deve «avere come fine ultimo la massimizzazione del valore per il consuma-tore, amplificando il no-stro Dna fatto di inno-vazione e alta qualità».Un esempio concreto?

i nostri prodotti e che la gente apprezza e r iconosce. La nostra storia è costellata da lanci di prodotti che hanno cambiato il mercato, aprendo la strada a nuove cate-gorie merceologiche. Su tutti, oltre al latte senza lattosio Zymil, la panna da cucina Chef, il primo yogurt probiotico Kyr e il gusto Santàl Ace, il più amato in Italia tra le referenze succhi e ideato da Parmalat nel 1990». Chi si occupa di marketing oggi si trova però di fronte a sfide inedite e complesse. A essere mutate sono le persone, con le pro-prie esigenze, e il contesto di mercato nel quale vivono e si relazionano con le azien-de. Questi elementi sono stati trasformati

Il latte ad alta digeribilità Zymil, nato nel 1968 come un prodotto «di nicchia» de-dicato agli intolleranti al lattosio e «oggi bevuto da oltre 10 milioni di famiglie ita-

liane e declinato in una vasta gamma di prodot-ti come yogurt e panna,

pensati per r ispondere alla voglia di leggerezza senza rinunciare al gu-sto». Dunque l’innovazione è da sempre parte del Dna di Parmalat. «Un fil rouge», spiegano in azienda, «che lega tutti

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47Venerdì 12 Maggio 2017

In alto, la gamma di prodotti dello storico marchio Chef. Sotto, Santàl

Ace, il più amato in Italia tra le referenze succhi. Nell’altra pagina in

alto, la linea di prodotti ad alta digeribilità senza lattosio Zymil. In

basso, lo yogurt probiotico Kyr.

Un gruppo da 6,5 miliardi di euro di ricaviIl gruppo Parmalat è uno dei leader mondiali nella produzione e distribuzione di alimenti per il benessere quotidiano: il latte, i suoi derivati (yogurt, condimenti a base di panna, dessert e formaggi) e le bevande a base di frutta, che nel 2016 hanno generato ricavi per circa 6,5 miliardi di euro. Lavorano in Parmalat circa 26 mila persone tra Europa, le Americhe, Africa e Australia. Il gruppo ha una presenza diretta in 23 paesi e conta 92 siti produttivi. Parmalat spa, la capogruppo, è quotata alla Borsa di Milano e in Italia conta circa 1.900 dipendenti. L’azienda è presente anche a livello internazionale con brand globali come Parmalat per il latte e lo yogurt e Santàl per i succhi e le bevande a base di frutta. In Italia i marchi principali - oltre a Parmalat e a Santàl - sono Zymil, la linea di prodotti ad alta digeribilità senza lattosio, e Chef, con un’expertise gastronomica riconosciuta nel mercato della panna e della besciamella.

profondamente dal web, dalle nuove tecnologie e dai social network.«Le aziende devono evolversi assie-me ai propri consumatori, oggi non più soggetti passivi ma in grado di influenzare la relazione con la mar-ca», spiegano in Parmalat. «Solo così i brand potranno rispondere al me-glio ai tanti cambiamenti che carat-terizzano i nostri giorni. Riteniamo fondamentale utilizzare tutti i nuovi canali e strumenti di contatto per stabilire una relazione solida, vera e di valore con chi ogni giorno ci porta sulle proprie tavole». E i social network? «Sono per noi una leva fondamentale nella rela-zione con il consumatore poiché ci

Le aziende devono evolversi assieme ai propri clienti, oggi non più soggetti passivi ma in grado di influenzare la relazione con la marca

permettono di interfacciarci in maniera costante e mirata con il pubblico attuale e, soprattutto, potenziale. Attraverso i nostri profili social possiamo ascol-tare le necessità delle persone e ottenere feedback immediati sui nostri prodotti, creando con gli utenti un dialogo prezioso e costruttivo fatto di scambi, proposte e sugger imenti che accogliamo sempre con grande interesse. Sulla pagina Facebook del marchio Chef, ad esempio, i consumatori possono trovare ogni giorno tantissime ricette, curiosità e spunti per liberare la propria creatività in cucina».

Un esempio di campagna digital e social di successo è «Cosa cucino oggi» di Chef, una campagna che «va oltre un contenu-to “di servizio” per puntare su un aspetto “ispirazionale”, aiutando i consumatori a dare più creatività ai propri piatti attraverso un contatto continuo e ad alto livello di engagement».E poi c’è l’e-commerce, che «sta indub-biamente cambiando il comportamento d’acquisto del consumatore moderno. Da qui ai prossimi cinque anni lo scenario sarà totalmente diverso da quello attuale. Per questo in Parmalat guardiamo all’e-com-merce con grande attenzione, monitoran-do gli sviluppi e le potenzialità di questo grande strumento. Oggi siamo presenti sul-la piattaforma Amazon e non escludiamo in futuro di essere presenti su altri canali».In Parmalat ogni strategia viene sviluppata internamente dalle varie divisioni di volta in volta coinvolte. «Per la declinazione delle attività, invece, ci affidiamo a un network consolidato di professionisti di primo livel-lo che ci affiancano con passione e compe-tenza per ottenere risultati sempre migliori. I nostri investimenti in marketing e pubbli-cità continuano a crescere negli anni con uno share of voice superiore alle quote di mercato. Oltre alla spesa in comunicazione, investiamo anche nel rafforzamento della relazione con il consumatore e in attività di loyalty a livello locale».

di eLena GaLLi

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48Milano Marketing Festival 25anni

L’obiettivo è accompagnare i cittadini,le imprese e la pubblica amministrazioneverso la trasformazione digitale

Poste Italiane accelera lo sviluppo del Paese

Poste Italiane è la più grande infrastrut-tura in Italia che opera nella corri-spondenza, nella logistica, nei servizi finanziari e assicurativi. Ma è anche una realtà che si è evoluta mettendo al cen-

tro l’impegno per l’innovazione con l’obiettivo di accompagnare i cittadini, le imprese e la pubblica amministrazione verso l’era digitale, grazie a un approccio multicanale che sfrutta tutti i punti di contatto, dall’ufficio postale alle app, per consentire l’accesso a servizi semplici e trasparenti.L’impegno per l’innovazione significa per l’a-zienda innanzitutto mettere in atto una serie di iniziative che hanno l’obiettivo di favorire i processi di trasformazione digitale nella società italiana valorizzando al tempo stesso i suoi asset tradizionali, vale a dire i servizi finanziari, di pagamento e assicurativi (offerti attraverso il BancoPosta) e legati alla logistica. Per farlo, è stato adottato un modello di business ca-ratterizzato da un sistema integrato e ibrido che sfrutta contemporaneamente la capillarità di Poste Italiane, i canali tradizionali e quel-li digitali: il contatto con il cittadino avviene infatti con l’ufficio postale, i portalettere, il call center, gli Atm Postamat, il web, le app e il mondo social. In tutto ciò Poste Italiane è il primo emittente di carte di pagamento nella Penisola, agen-do anche come propulsore nella diffusione e nell’uso degli strumenti di pagamento elet-tronici, come dimostrano i numeri da questo punto di vista: 24 milioni di carte Bancopo-sta, di cui 17 milioni di carte Postepay che includono gli oltre 3,8 milioni di Postepay Evolution, la prepagata dotata di Iban, e una quota di mercato del 25% nei pagamenti legati all’e-commerce.

Nell’ambito dei servizi per la digitalizzazione, una grande importanza è rivestita dalle app lanciate dall’azienda, utilizzabili da smartphone e tablet, che permettono a un numero sem-pre maggiore di persone di effettuare in modo semplice molte operazioni postali e finanzia-rie in mobilità: per esempio l’app Ufficio Po-stale è rivolta ai cittadini interessati ai servizi offerti dall’ufficio postale, come l’invio della corrispondenza e il pagamento dei bollettini, mentre le app BancoPosta e Postepay sono dedicate ai titolari di conto corrente postale e di carta Postepay. Particolarmente innovativa è proprio l’app Postepay, in cui sono state in-serite funzionalità che attingono alle tecnolo-gie dei social network e a soluzioni avanzate per la sicurezza. Quest’app consente infatti di visualizzare da smartphone e tablet il saldo e i movimenti della carta, disporre bonifici e

postagiro, ricaricare altre carte Postepay o sim telefoniche, e anche trasferire denaro in tempo reale a tutti i contatti presenti nella rubrica telefonica; quest’ultima opzione è stata pensata in una logica di community per lo scambio di piccole somme come accade, per esempio, in caso di regali tra amici o per dividere il costo della cena o dell’happy hour. Tramite l’app è anche possibile autorizzare le opera-zioni svolte sul web sui siti di Poste e su altri convenzionati con Masterpass. Già da tempo Poste Italiane, inoltre, ha un servizio di iden-tità digitale, chiamato PosteID, che può essere utilizzata dai clienti, oltre che per accedere ai servizi dell’azienda, anche per quelli online della pubblica amministrazione.L’obiettivo è accelerare lo sviluppo di tutte queste iniziative, anche attraverso la collabo-razione con startup.

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49Venerdì 12 Maggio 2017

Nella pagina accanto, l’interno di un ufficio postale di Poste Italiane. A fianco, l’app rivolta ai cittadini interessati ai servizi offerti, come l’invio della corrispondenza e il pagamento dei bollettini. Tra le tappe più importanti dell’evoluzione digitale dell’azienda, la disponibilità del wi-fi in oltre 3.200 uffici postali.

A fianco delle startup con Talent Garden Poste ItalianeNell’ottica di supportare le startup, nel 2016 è stato aperto a Roma il Talent Garden Poste Italiane: si tratta di uno spazio che ospita ricercatori, startup, talenti del digitale, mettendo a disposizione gli strumenti necessari per trasformare le loro idee in realtà, ma anche progettare, realizzare e sperimentare soluzioni innovative da applicare al business di Poste Italiane. La struttura, in cui operano 100 addetti di 35 startup, rientra nella collaborazione tra Poste Italiane e Digital Magics, business incubator italiano.Talent Garden è una piattaforma globale che offre spazi, formazione ed eventi come strumenti di lavoro a quanti intendano sviluppare idee e progetti innovativi nel digitale: quello realizzato nel centro di Roma, in una delle sedi storiche di Poste Italiane, è il quindicesimo campus dell’innovazione istituito in Europa.

Tra le tappe più importanti dell’evoluzione digitale di Poste Italiane c’è anche il processo di rinnovamento e di digitalizzazione degli uffici postali, proseguito nel 2016 attraverso l’introduzione della connettività wi-fi su oltre 3.200 uffici postali dall’inizio del progetto e l’installazione del sistema «nuovo gestore at-tese» già presente in oltre 1.700 uffici, grazie a cui il tempo medio di attesa ha registrato una riduzione rispetto all’anno precedente del 27%.Un’altra direzione verso cui l’azienda sta inve-stendo è la creazione di uffici postali multiet-nici, oggi 23, attivi in diverse città italiane, in aree a maggiore densità di immigrati stranieri, per esempio a Roma, Milano, Sesto San Gio-vanni, Torino, Padova, Verona, Napoli, Caserta, Firenze, Empoli, Prato, Bari, Foggia, Modena, Reggio Emilia, Palermo, Ragusa, Mazara del

Si punta sulla multicanalità

attraverso l’ufficio postale,

i portalettere, il call center,

gli Atm Postamat, il web, le app e il mondo social

Vallo, Vittoria, e Genova.In questi uffici ci sono addetti che parlano diverse lingue, come arabo, cinese, filippino, romeno, bengali, spagnolo, francese e inglese, in modo che i cittadini stranieri di recente immigrazione possano comunicare nella loro lingua e trovare sia i servizi postali sia servizi importanti per l’integrazione, come lo Spor-tello Amico, al quale gli stranieri presentano le domande di richiesta e di rinnovo del per-messo di soggiorno, MoneyGram, per il tra-sferimento di denaro verso i paesi di origine, e le spedizioni all’estero.Sono stati anche creati uffici dedicati a singole etnie molto radicate in alcune aree: si pensi a quello di Prato, con operatori di sportello e consulenti madrelingua cinese e con tutto il materiale informativo e l’allestimento sia in cinese sia in italiano.

C’è poi l’impegno per promuovere l’inclusione sociale e la digitalizzazione: è partito recente-mente dalla Toscana il progetto Poste c’è, ri-volto agli over 65, grazie a cui il portalettere fornisce alle persone anziane le competenze necessarie all’uso dei dispositivi digitali con cui possono rimanere connessi con la propria famiglia. L’iniziativa prevede che i portalettere consegnino un iPad a ciascuno dei partecipanti (che possono scegliere un familiare cui dare un altro dispositivo Apple), e gli insegnino a usar-lo, verificando poi periodicamente i progressi, informandosi anche sulle condizioni generali delle persone per comunicarle successivamente ai parenti tramite l’app. In passato è anche stato realizzato il progetto Nonni in Rete, per inse-gnare l’uso di internet alle persone più anziane.

di iRene GReGuoLi venini

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50Milano Marketing Festival 25anni

Radio Italia: dalle origini alla televisione, al sito e all’etichetta discografica, fino a diventare un gruppo editoriale in grado di raggiungere il pubblico con ogni mezzo

35 anni di musica italianatra eventi, tv e social

di strada Radio Italia ne ha fatta parec-chia: partita all’inizio degli agli anni 80 da un appartamento a Milano ha saputo conquistare il pubblico, per poi affianca-re la tv, il sito, un’etichetta discografica,

diventando insomma un vero gruppo editoriale in grado di raggiungere gli ascoltatori con ogni mezzo. E l’evoluzione continua, mantenendo però sempre al centro la musica italiana: nell’era digitale significa anche consentire agli ascol-tatori di rimanere in contatto con la radio su tutte le piattaforme, comprese le app e i social. Senza dimenticare gli eventi, uno dei pilastri della strategia su cui si continua a investire in maniera importante e costante, e la comunica-zione del brand che passa attraverso il legame con lo sport, tramite partnership e sponsorizza-zioni, e con l’ambito teatrale e culturale, grazie alla presenza a spettacoli e ad alcuni tour di grandi artisti italiani.«Quest’anno compiamo 35 anni e possiamo sicuramente dire che quell’idea di mio padre, Mario Volanti, di fondare una radio di sola mu-sica italiana, che nel 1982 in un periodo storico in cui l’esterofilia dilagava sembrava decisamen-te rischiosa, si è rivelata vincente», dice Ales-sandro Volanti, responsabile marketing e figlio dell’editore. «Di strada ne abbiamo fatta tanta. Siamo partiti con pochi mezzi da un apparta-mento in via San Gregorio a Milano, abbiamo subito conquistato il pubblico e rivoluzionato il mercato radiofonico, abbiamo poi affiancato alla radio una tv, Radio Italia Tv, prima e unica televisione musicale italiana in alta definizione, abbiamo creato il sito radioitalia.it, completa-mente dedicato alla musica italiana ma anche

a tutto il mondo Radio Italia, e abbiamo fon-dato un’etichetta discografica, Solomusicaita-liana, che oggi edita le compilation italiane di maggior successo».Oltre a ciò è stato messo in piedi un compar-to social «che è leader tra le radio in Italia e abbiamo sviluppato alla grande l’area eventi, diventando l’unica radio a investire continua-tivamente e in maniera importante in questo ambito», prosegue Volanti. «Siamo di-ventati in sostanza un vero e proprio gruppo editoriale capace di raggiun-gere il suo pubblico attraverso ogni mezzo, ma capace anche di guarda-re sempre alle sfide del presente e del futuro senza mai dimenticare il passato».In tutto ciò, le opportunità nell’era digitale si ampliano, con ascoltatori sempre più esigenti che vo-gliono avere la possibilità di sentire la radio usan-do diverse piattaforme. «Guardare al futuro è obbligatorio, osserva-re i cambiamenti del mercato e dei biso-gni dell’ascoltatore è una nostra prio-rità», continua Vo-lanti. «La sfida per noi sarà sempre quella di saper accogliere le no-vità, prevederle e farle nostre man-tenendo sempre però il contatto con la nostra tra-dizione, con la musica italiana. La radio nell’era di-gitale è diventata davvero per tutti: oggi la puoi ascoltare anche attraverso la tv, il sito, ma anche in piena mobilità tramite le app. Puoi entrare nel mondo della tua radio preferita

attraverso i social, comunicare in tempo reale, condividere. L’ascoltatore è attento ed esigen-te: interpretare i desideri del nostro pubblico, adattare e curare i contenuti ed essere presenti su ogni tipo di piattaforma è per noi fonda-mentale».Il 2017 si è aperto nel segno delle nuove alle-anze, con la scelta delle nuove concessionarie di pubblicità e con l’annuncio degli accordi di

concessione con A. Manzoni & C. (Grup-po Editoriale L’Espresso) per la radio e il web, e con Viacom advertising & brand solutions, la concessionaria di Viacom Italia, per il canale tv. «Con Manzoni condividiamo un percor-so di valorizzazione del potenziale della nostra emittente radiofonica e altrettanto facciamo con Grup-po Viacom per Radio Italia Tv»,

racconta Marco Pontini, direttore generale marketing e com-mercia le. «Con entrambe le realtà abbiamo attiva-to e attiveremo importanti colla-borazioni. Attra-verso Manzoni abbiamo la possi-bilità di collabo-rare con le testate del gruppo e i più importanti siti di i n f o r m a z i on e italiani; è recente inoltre l’annun-cio dell’accordo con iLMeteo.it, realtà autorevole e leader nell’am-bito delle previsio-

ni meteorologiche. Grazie all’accordo con Viacom, Radio

Italia diventerà la ra-dio ufficiale degli Mtv Awards 2017 e dell’e-vento Nickelodeon Sli-me Fest. è inoltre attiva

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51Venerdì 12 Maggio 2017

Sopra, un momento del concerto in Piazza del Duomo a Milano organizzato da Radio Italia

nel 2016 e il responsabile marketing Alessandro Volanti. Nella pagina accanto, Marco Pontini, direttore generale marketing e commerciale

del gruppo radiofonico fondato 35 anni fa da Mario Volanti.

Sport, cultura e tour per comunicareOltre che attraverso i suoi mezzi e le alleanze con partner come Manzoni, Gruppo Viacom, Discovery Italia e Sky Italia, Radio Italia porta avanti una strategia di comunicazione che mette al centro le collaborazioni musicali, teatrali e sportive, che hanno una grande importanza per trasmettere il brand. «Radio Italia è stata la prima radio commerciale a sostenere il binomio musica e sport e a legarsi a doppio filo all’eccellenza sportiva italiana e internazionale», sottolinea Volanti. «Vanta partnership ufficiali con Figc, Inter, Lega Volley Femminile, Nba e accordi di sponsorizzazione con Lazio, Fiorentina, Genoa, Sampdoria, Palermo, Cagliari. Siamo stati la prima radio a presidiare l’ambito teatrale e culturale e oggi siamo la radio ufficiale di spettacoli come Grease, Sister Act e di alcuni dei tour dei più grandi artisti italiani, come Vasco Rossi, Tiziano Ferro e Giorgia».

La radio nell’era digitale è davvero per tutti: si può ascoltare anche attraverso la tv, il web e in mobilità tramite le app

una partnership con tutti i brand del Gruppo Viacom».L’inizio del 2017 ha visto inoltre siglare l’alle-anza tra Radio Italia e Discovery Italia attraver-so la quale sono stati assegnati i diritti esclusivi per la messa in onda della nuova stagione di Radioitalialive e dell’evento Radioitalialive – Il Concerto, che sarà trasmesso in diretta contem-

poranea su Real Time, ottavo canale nazionale per share e fiore all’occhiello del gruppo, e su Canale Nove, la rete generalista del gruppo. Gli eventi sono sempre stati fondamentali nella strategia, con importanti appuntamenti sul ter-ritorio, sia nazionale che internazionale. «Radio Italia resta ad oggi l’unica radio che investe in maniera importante su eventi on field», sotto-

linea Pontini. «La nostra storia recente ci ha visti organizzatori di quello che, dal 2012, è premiato al BEA – Best Event Award, come il miglior evento musicale gratuito mai organiz-zato da una radio: RadioItaliaLive – Il Con-certo. Uno spettacolo unico con i più grandi nomi della musica italiana che quest’anno por-teremo anche a Palermo. Appuntamenti come questo sono centrali per noi: ci permettono di incontrate davvero i nostri ascoltatori e rap-presentano una grande opportunità per i nostri clienti e partner».

di iRene GReGuoLi venini

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52Milano Marketing Festival 25anni

Benefici, gusto e versatilità di una materiaprima priva di glutine sono le qualitàper cavalcare il trend del mangiar sano

Riso Scotti, quando il cibofa rima con il benessere

il cibo non è solo fonte di nutrimento ma anche di benessere, perché mangiare bene migliora la qualità della vita: è questa la filo-sofia tutta italiana con cui Riso Scotti si sta sviluppando, a partire da un prodotto, il riso,

che per sua natura è versatile, sano e gustoso. Una visione, questa, che l’impresa sta esportando an-che all’estero, dove l’attenzione alla qualità made in Italy, soprattutto per quan-to riguarda gli alimenti, è molto alta. La strategia dell’azienda, infatti, si focalizza sui benefici del riso, che oltre a essere pro-posto nelle varietà tipiche per fare il risotto, come l’Ar-borio e il Carnaroli, viene declinato in una gamma di prodotti fatti con questo ingrediente che vanno dal latte all’olio, dalla pasta alle gallette, puntando sul filone salutistico del senza glutine e del senza lattosio. Tutto ciò ha consentito al marchio pavese di raggiungere nel 2016 un fat-turato di 208 milioni di euro, in crescita del 14% rispetto al 2015, con un 40% dovuto all’export. «L’azienda è antica ed è stata sempre caratteriz-zata da un’evoluzione e una crescita continue, e negli ultimi 10 anni ha avuto un’accelerazione», spiega Dario Scotti, presidente e amministratore delegato di Riso Scotti, le cui origini risalgono, con Pietro Scotti, al 1860, in un mulino nella campagna pavese, per diventare poi da riseria a capogruppo di un team di aziende specializza-te nella coltivazione, ricerca e sperimentazione, lavorazione e trasformazione del riso. «L’impresa si è trovata in mercati in crescita, come quello del gluten free e del senza lattosio, oltre al fatto che c’è una domanda crescente nel mondo di cibo italiano, e ciò ci ha consentito di avere uno

sviluppo costante. Anche il futuro sarà orientato verso l’ambito salutistico e i mercati esteri, lavo-

rando con un ade-guamento continuo alle opportunità

e ai cambia-menti che si

esprime-ranno in questi fi-

loni che sono in evoluzione continua».Il focus dell’azienda è infatti spontaneamente orientato al gluten free, lavorando una materia prima che è naturalmente priva di glutine, ma si è posta anche molta attenzione all’integrale. L’utilizzo di moderne tecnologie ha consentito di declinare il riso in nuovi segmenti di mer-cato, realizzando prodotti che utilizzano il riso come ingrediente e capaci di accompagnare il consumatore in tutto l’arco della giornata, fin

La comunicazione? Deve seguire i nuovi trend di consumo«La nostra strategia di marketing è applicare la materia prima, il riso, su diverse categorie merceologiche, in modo da portare il valore di benessere del riso a diversi alimenti, reinterpretandoli», osserva Gianluca Pesce, direttore commerciale e marketing dell’azienda, che alla comunicazione dedica il 3% del fatturato. «Nelle nostre campagne di comunicazione abbiamo sempre dato valore al riso come componente di benessere. Lavoriamo su due aree: la prima è essere sempre di più gli specialisti del riso, anche perché ci sono nuove modalità di consumo che non sono solo quelle tradizionali del risotto, perché il riso ha assunto il ruolo di companatico, con la tendenza del piatto unico completo. L’altro filone è quello degli alimenti fatti con il riso, quindi una nuova modalità di interpretare prodotti tradizionali».Un’altra tendenza, per quanto riguarda le nuove proposte del marchio, è costituita «dalla crescente contaminazione dei consumi», dice Pesce. «Oggi in una logica di benessere, il riso si è andato a sovrapporre con altri elementi nel consumo: oltre al riso integrale, c’è il mondo delle miscele di riso e cereali e legumi. In questa direzione abbiamo lanciato la linea Fantasie di farro, in cui il farro è mischiato per esempio con semi e quinoa rossa. Un’altra novità è relativa all’insalata di riso: in passato era un piatto solo estivo mentre oggi è anche invernale, quindi proponiamo nuove interpretazioni del riso per insalata, come riso integrale e riso rosso o basmati e riso rosso».

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53Venerdì 12 Maggio 2017

Da sinistra, Dario Scotti, presidente e amministratore delegato di Riso Scotti, Gianluca Pesce, direttore commerciale e marketing, e un’immagine della riseria del bianco. Sotto, uno scatto relativo alle origini dell’azienda e, in fondo alla pagina, alcuni prodotti del marchio. Nella pagina a fianco, il polo industriale di Riso Scotti a Bivio Vela, alle porte di Pavia.

dalla prima colazione. «Per quanto riguarda il senza glutine è tutto quel mondo delle gallette di riso e sostitutivi del pane che possono essere fatti con il riso e non con il grano, con il van-taggio di non avere il glutine, di essere leggeri e senza ogm. Poi ci sono il latte di soia e quello di riso, che sono sostitutivi del latte vaccino, che ha avuto un calo nei consumi, ma simili come gusto», sottolinea Scotti.Il polo industriale di Riso Scotti si trova a Bivio Vela, alle porte di Pavia: si tratta di un unico, grande polo tecnologico all’avanguardia, la cui innovazione risiede nel processo con cui viene affrontato un lavoro di matrice tradizionale, ca-ratterizzato dal controllo totale di filiera, ottenu-to concentrando all’interno dello stabilimento

tutte le fasi del processo, dall’estrazione della ma-teria prima al confezionamento, per consentire di monitorare costantemente il ciclo.L’altro filone di sviluppo coinvolge l’export. «Oggi bisogna esportare l’italian food in maniera intelligente, quindi quelle varietà tipiche italiane per fare il risotto, come l’Arborio, il Carnaroli e il Vialone Nano, che crescono bene nei no-stri terreni e nel nostro microclima», continua l’amministratore delegato. «La domanda di cibo italiano riguarda anche i prodotti pronti, come i risi secchi o già precotti e conditi, e anche alcuni prodotti della diversificazione come il latte di riso fatto in Italia con riso italiano. Esportiamo il riso in 85 paesi, abbiamo cominciato da una decina d’anni. Alcuni mercati rispondono bene,

soprattutto quelli dove c’è italianità nel paese, come la Germania, gli Stati Uniti, il Canada e la Croazia. All’export è dovuto circa il 40% del fatturato del gruppo, mentre solo 10 anni fa era il 3%, il che significa che lo sviluppo dell’azienda sta avvenendo all’estero».Un passaggio importante nel processo di in-ternazionalizzazione del marchio è anche stato l’impegno nell’Europa dell’Est, dove (in Ro-mania) è stato avviato nel 2005 un innovativo progetto agro-industriale (il «Progetto Danu-bio»); poi, nel 2013 Riso Scotti ha dato il via a una joint venture italo-spagnola con Ebro Foods, multinazionale alimentare iberica operante nel settore del riso, pasta e sughi, che può conta-re su 60 marchi in 25 paesi tra Europa, Nord America, Asia e Africa, per penetrare i mercati internazionali.Un’altra strada che l’azienda sta sperimentando è la ristorazione, aprendo due anni fa un primo locale dedicato al riso in un centro commercia-le ad Assago, cui è seguito a Milano (in corso Magenta) un bistrot con un format di nuova concezione chiamato So’Riso, nato dalla visione di Valentina Scotti (la primogenita dell’a.d. che oggi guida la filiera romena). Al centro della pro-posta, che punta sul benessere, ci sono i cereali antichi senza glutine, declinati dalla colazione all’aperitivo, dal pranzo alla cena, con l’obietti-vo di divulgare la cultura del senza glutine e le peculiarità dei cereali. Il gruppo è anche attivo sul fronte della solidarie-tà: come ultimo atto legato alla partecipazione ad Expo Milano 2015, grazie al sostegno dell’Am-basciata italiana ad Addis Abeba, ha trasferito dall’Italia in Etiopia 175 mila porzioni di riso. Nel 2016, invece, Dario Scotti, accompagnato dal top management dell’impresa, è stato prota-gonista di un viaggio on the road fino all’India, patria del riso basmati, ai confini del Kashmir, nel piccolo villaggio di Choglamsar, dove la spedizione ha devoluto materiale scolastico e riso necessari per un anno di fabbisogno agli alunni della scuola Lingshed Area Development Foundation, fondata dal Lama Changchub.

di iRene GReGuoLi venini

Per esportare all’estero si punta

sulle varietà tipiche italiane, che crescono

bene nel nostro microclima, e sui

prodotti pronti

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54Milano Marketing Festival 25anni

Il gruppo sudcoreano ha da poco festeggiato i 25 anni in Italia. Con un impatto sull’economia nazionale che vale 1,3 mld di euro: lo 0,08% del pil

Samsung, tutto l’orgoglio di un brand

ha da poco festeggiato i 25 anni in Italia. Una presenza, quella di Samsung, che ha avuto anche un impatto sull’economia nazionale, stimato dall’Università Bocconi in 1,3 miliardi di euro, cifra che equiva-

le allo 0,08% del pil italiano. E, dal 2011, «è il brand numero uno di elettronica di consumo sia per notorietà sia come marchio preferito dagli italiani», sottolinea Francesco Cordani, head of Marketing communication della filiale italiana. «Infatti, un consumatore su due dichiara di pre-ferire Samsung». Un risultato che si deve «sicuramente all’inno-vazione di prodotto in design e tecnologia, ma anche a un’ottima strategia di marketing», spiega Cordani, «che in una prima fase ha puntato a mas-simizzare l’esposizione del marchio e la notorietà, per poi focalizzarsi, all’inizio del 2000, sulle pas-sioni dei consumatori per guidare la preferenza sul

brand. Negli ultimi anni, poi, abbiamo ulterior-mente rafforzato la nostra base clienti attraverso un percorso di storytelling emozionale orientato a rafforzare l’orgoglio di marca».Per Samsung, continua Cordani, «la sfida di mar-keting è ora quella non solo di rappresentare la scelta smart, la preferita per i nostri consumatori, ma di diventare un marchio di cui essere orgo-gliosi. Tutti i nostri progetti, e il nostro impegno, hanno il denominatore comune di accelerare scoperte e possibilità: non a caso il nostro brand ideal esprime l’idea di come i nostri prodotti per-mettano al consumatore di fare di più e meglio».Una filosofia che si traduce nei nuovi prodot-ti in lancio, come il Family Hub, il frigorifero che «cambia la tua idea di frigorifero». Il display touch-screen con sistema operativo Android può trasformarsi per esempio in una lavagna interat-tiva, su cui condividere note, appuntamenti, foto,

appunti; si possono tenere sotto controllo gli ali-menti presenti al suo interno, grazie a tre fotoca-mere interne; fornisce ricette e consigli di cucina, attraverso testi e video visualizzabili direttamente dal display; riproduce musica in streaming tramite un sistema di casse audio integrato, ma, soprat-tutto, tramite un’applicazione, può essere utiliz-zato per ordinare la spesa e farsela consegnare a casa. Oppure la Addwash, la «lavatrice con l’oblò nell’oblò», che, proprio grazie al doppio oblò, per-mette di aggiungere in pochi istanti capi e de-tergenti, in qualsiasi momento del lavaggio. Con la app Smart Home è inoltre possibile gestire la lavatrice anche a distanza e controllarne le varie fasi dal proprio smartphone.«Stiamo per lanciare», racconta Cordani, «il no-stro nuovo TV Qled con la tecnologia Quantum Dot che offre un livello di luminosità ottimale e un’esperienza di visione sbalorditiva in grado di riprodurre il 100% del volume colore. Per non parlare del nuovo smartphone Galaxy, sicuramen-te il prodotto più innovativo di sempre in termini di tecnologia e design. E senza dimenticare gli incredibili monitor curvi molto apprezzati dai gamer».«Oggi più che mai», conclude Cordani, «la sfida del marketing è quella di arrivare al consumatore con un messaggio che sia rilevante e credibile. Per questo fondamentale per noi è partire dalla comprensione del consumatore».Un obiettivo che richiede, oltre a un approfondito lavoro di analisi, anche un notevole sforzo creativo.

di eLena GaLLi

Oggi più che mai la sfida del marketing è quella di arrivare al consumatore con

un messaggio che sia rilevante e credibile

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55Venerdì 12 Maggio 2017

Sopra, lo Smart Windshield, il parabrezza intelligente per scooter e il frigorifero Family Hub con il display touch-screen che può trasformarsi per esempio in una lavagna interattiva. Sotto, i protagonisti di Maestros Academy, il progetto per esaltare l’importanza del made in Italy attraverso la tecnologia. Nella pagina accanto, Il nuovo TV Qled con la tecnologia Quantum Dot che offre un livello di luminosità ottimale

e un’esperienza di visione in grado di riprodurre il 100% del volume colore.

Tra le attività di marketing di maggiore successo di Samsung c’è Maestros Academy, la piattaforma per «esaltare l’importanza del made in Italy attraverso la tecnologia». Maestros Academy racconta le storie di alcuni artigiani che hanno imparato il mestiere dal padre e che oggi, grazie all’innovazione, sono riusciti a far proseguire ed espandere il business della loro azienda. Maestros Academy vuole essere un modo per lanciare il potenziale dei giovani italiani, avvicinandoli - grazie alle tecnologie Samsung più avanzate - a quelle tradizioni che

hanno reso grande l’Italia e il suo made in Italy in tutto il mondo. Ma l’impegno di Samsung si estende anche alle attività di responsabilità sociale d’impresa, come OFF4aday, per combattere il fenomeno del cyber bullismo, e alle iniziative legate allo sport, in cui il gruppo è attivo non solo nel calcio (Juventus) ma anche nella Lega Serie A del Volley femminile, di cui è sponsor ufficiale.A livello locale sono poi da segnalare concept innovativi che ampliano il raggio di azione dei

prodotti Samsung. L’ultimo sviluppato, presentato a Eicma (Esposizione internazionale del ciclo e motociclo) 2016, è stato lo Smart Windshield, il parabrezza intelligente per scooter che permette di visualizzare in tutta sicurezza le informazioni ricevute sul proprio smartphone direttamente su un visore posto davanti al parabrezza, mantenendo sempre il controllo del veicolo. Per finire il Samsung District a Milano: un luogo dove il consumatore può non solo provare, ma anche vivere i prodotti del brand.

Un’accademia digitale per valorizzare il made in Italy

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56Milano Marketing Festival 25anni

L’istituto di credito investe in maniera massiccia in nuovi prodotti e servizi Il 39% dei clienti utilizza il sito online

UniCredit, avanti sul digitaleLa banca a portata di app

il settore bancario si muove in un conte-sto contraddistinto sempre più per vola-tilità, liquidità abbondante, tassi di inte-resse ai minimi storici e bassa domanda di credito. Uno scenario complesso, in

cui occorre diversificare il più possibile le forme di ricavo e puntare sull’innovazione costante, attraverso continui investimenti nello sviluppo di nuovi prodotti/servizi. «Si parte dal presupposto che un accesso “monocanale” penalizzi la redditività della banca», dichiara Remo Taricani, responsabile retail sales and marketing Italia di UniCre-dit. «Rafforzando la relazione con i clienti attraverso i canali online e mobile c’è da attendersi un miglioramento della profitta-bilità, così come una crescita dei livelli di soddisfazione». Per fare ciò diventa sempre più necessario fornire servizi ad alto valore aggiunto e, al tempo stesso, garantire un’elevata integra-zione con tutti i canali remoti (online, mo-bile, contact center e atm) investendo sia nell’educazione finanziaria della clientela sia nella formazione della propria forza lavoro. «Deve essere il cliente a scegliere come e quando entrare in banca», aggiunge Taricani. «A oggi sono circa 3 mila le filiali retail in Italia, 2,9 milioni gli utilizzatori attivi del nostro sito online (39% della clientela) e 1,3 milioni gli utilizzatori attivi della nostra app mobile (18% su totale clientela). Serviamo i clienti sul territorio con oltre 6.400 atm e abbiamo un contact center al 100% ita-liano strutturato su sette poli territoriali, uno per ognuna delle nostre macroregioni

commerciali, con 680 persone a supporto dei clienti».Innovazione significa anche reinterpretare prodotti bancari tradizionali e già diffusi in Italia. «Ne è un esempio lo scoperto di conto corrente per i consumatori», continua il ma-nager. «UniCredit ha recentemente deciso di rinnovare lo scoperto conto sin qui offerto per renderlo ancora più flessibile e multi-canale e ha così lanciato Scoperto Facile, grazie al quale il cliente ha ora la possibilità di gestire facilmente nel tempo il prodotto, personalizzando il plafond di credito nei li-miti dei massimali previsti, in aumento o in diminuzione, secondo le proprie esigenze». Con Scoperto Facile è ora possibile gestire l’importo dell’accordato in maniera como-da e flessibile, come ad esempio tramite il mobile banking o il call center della banca.

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57Venerdì 12 Maggio 2017

Sopra, un’immagine della campagna pubblicitaria per il lancio di Scoperto Facile.A destra, gli utenti Alipay possono pagare gli acquisti di beni e servizi effettuati in Italia con la stessa

app che utilizzano in Cina. Nella pagina accanto, la UniCredit Tower a Milano e Remo Taricani, responsabile retail sales and marketing Italia del gruppo bancario.

Lo scoperto di conto diventa «facile»Sulla base dei dati Istat relativi al 2016, si riscontra che lo scorso anno, seppur con un indice di fiducia altalenante, gli italiani hanno dato luogo a una, seppur lieve, ripresa dei consumi. In particolare, lo scoperto di conto corrente raccoglie un significativo incremento in termine di ricerche su internet, cresciute del 14% nel 2016 rispetto all’anno precedente, segno di un rinnovato interesse del consumatore italiano per un prodotto che, seppur con motivazioni diverse, attrae target tra loro differenti, dal mass market agli affluent, dal profilo giovane a quello adulto. UniCredit ha recentemente lanciato una campagna per Scoperto Facile e Prestito Dynamic, per la quale ha scelto le principali tv nazionali, satellitari e digitali; la stampa quotidiana nazionale e periodica; i siti web di informazione, delle emittenti televisive e profilati per la clientela interessata, i motori di ricerca e i principali social network; il punto vendita, con poster, locandine digitali e dépliant.Nella nuova campagna - che continua la strategia del Come - i protagonisti degli spot UniCredit, Giulio ed Elena, sono alle prese con i loro bambini e il desiderio di andare a trovare i nonni che vivono lontani. Grazie alla possibilità di gestione flessibile delle proprie spese familiari con lo scoperto di conto riusciranno a concedersi un piacevole fuori programma. In contemporanea con la campagna pubblicitaria UniCredit ha attivato iniziative commerciali ad hoc sui canali digitali (banca via Internet, mail, call center, atm) con messaggi profilati sul prodotto in campagna.

Per la prima volta in Italia, grazie all’accordo con UniCredit, gli utenti Alipay, e in particolare i sempre più numerosi visitatori

cinesi, saranno in grado di pagare gli acquisti con la stessa app Alipay che utilizzano in Cina

spiega il responsabile retail sales and mar-keting Italia, «si tratta di un’offerta dedicata alle imprese “clienti” di UniCredit con un duplice obiettivo: da una parte, promuovere in esse, sotto le più diverse forme, il welfare aziendale; dall’altra, divenire la banca di ri-ferimento per i loro dipendenti». Da ultimo, l’innovazione coinvolge anche il mondo del sistema di pagamenti. «La gran-de novità che ci apprestiamo a lanciare in Italia è ApplePay», spiega Taricani. «Si tratta della innovativa modalità che permetterà ai nostr i clienti di pagare con le proprie carte UniCredit in modo veloce e sicuro, semplicemente con un tocco sul proprio smartphone o dispositivo Apple». Infine è diventato operativo l’accordo tra UniCredit e Alipay, la più grande piattafor-ma di pagamento online e mobile al mon-do, appartenente ad Ant Financial Service Group, società affiliata del colosso cinese Alibaba Group. «Per la prima volta in Italia», conclude Taricani, «grazie all’accordo con UniCredit, gli utenti Alipay, e in particolare i sempre più numerosi visitatori cinesi del nostro Paese, saranno in grado di pagare gli acquisti di beni e servizi con la stessa app Alipay che utilizzano in Cina. Questo tra-mite l’abilitazione dei Pos degli esercenti clienti di UniCredit alla lettura del barcode generato dall’app Alipay».

di MaRco Livi

Una banca che innova deve anche avere la costante capacità di interpretare il contesto sociale ed economico nella sua evoluzione. Il welfare aziendale, ad esempio, sta emer-gendo sempre più come una delle principali innovazioni del nostro sistema di sicurezza sociale. Le iniziative dei datori di lavoro volte a incrementare il benessere personale e familiare dei lavoratori sono in costante aumento non solo grazie alle novità intro-dotte dalla legge di Stabilità 2016 (regime

fiscale di favore per i premi di produttività e di risultato) ma anche per la sensibilità di molte aziende disposte a farsi carico, con ri-sorse proprie, di alcuni bisogni dei lavoratori che la legge ritiene meritevoli di tutela. Ai dipendenti, quindi, vengono offerti benefit sotto forma di beni e servizi. La sempre più diffusa esigenza di aziende e lavoratori di incontrarsi su questa materia ha spinto Uni-Credit a ideare un’apposita gamma di pro-dotti e servizi. «Si chiama Benefit&Welfare»,

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