ITALY AND THE EU: POLITICAL AND ECONOMIC TRENDS … · dell’Ispi che ci hanno concesso i locali...

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1 ITALY AND THE EU: POLITICAL AND ECONOMIC TRENDS TOWARDS RUSSIA, EAST EUROPE COUNTRIES AND THE BALKANS giugno-settembre 2008 IPALMO NORD OVEST 2008

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ITALY AND THE EU: POLITICAL AND ECONOMIC TRENDS TOWARDS RUSSIA, EAST

EUROPE COUNTRIES AND THE BALKANS

giugno-settembre 2008

IPALMO NORD OVEST 2008

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Il progetto Italy and the Eu: political and economic trends towards Russia, East Europe countries and the Balkans è stato sostenuto dalla Compagnia di San Paolo Con l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica Italiana Con il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri Con il patrocinio della Città di Torino Con il patrocinio dell’Unione Industriale di Torino Con il patrocinio della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Torino Comitato Scientifico di Ipalmo Nord Ovest: Giampaolo Calchi Novati , Guidobono Cavalchini Garofoli, Antonio Mosconi Coordinamento Scientifico: Giorgio Mondino, Direttore Ipalmo Nord Ovest Hanno collaborato al progetto: Raffaele Fantetti, Cristina Luciani, Giada La Marca, Maria Elisa Mele e Giulia Mazzega Coordinamento Segretariato di Presidenza Ipalmo: Annamaria Sideri Relazione con i Mezzi di Comunicazione: Luigi Piccitto Realizzazione e stampa: Multimedia Design and Production ITC- ILO BIT-Torino IPALMO NORD OVEST Via Cernaia, 30 – 10122 Torino Tel 011 19780823 – fax 011 19780493 www.ipalmonordovest.eu – e-mail: [email protected]

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RINGRAZIAMENTI

Ipalmo Nord Ovest a conclusione del progetto desidera ringraziare tutti coloro che hanno contribuito allo svolgimento dell’iniziativa.

In primo luogo la Compagnia di San Paolo per il generoso sostegno che ha permesso la realizzazione dell’evento, il suo Presidente, il Segretario generale Dott. Piero Gastaldo e gli uffici competenti del settore Ricerca.

Siamo altresì grati a tutti gli ospiti intervenuti al convegno a titolo di esperti o in rappresentanza di istituzioni ed imprese ed alle istituzioni che ci hanno accordato il loro massimo riconoscimento a testimonianza della fiducia che ripongono nelle nostre attività:

- la Presidenza della Repubblica che ci ha concesso l’Alto

Patronato - il Ministero degli Affari Esteri, la Città di Torino - la Camera di Commercio di Torino - l’Unione Industriale di Torino

che ci hanno conferito il loro patrocinio

- l’ing. Enrico Salza, Presidente del Consiglio di Gestione di Intesa Sanpaolo per averci cortesemente concesso la sala dei congressi della Banca per lo svolgimento del convegno di Torino

- l’ing. Gianfranco Carbonato, Presidente dell’Unione Industriale di Torino

- il dott. Guido Bolatto, Segretario generale della Camera di Commercio di Torino.

L’obiettivo di coinvolgere personalità di altissimo profilo non

sarebbe stato così efficacemente raggiunto se non ci fossimo avvalsi dei canali diplomatici: in primo luogo della disponibilità di S.E. l’Ambasciatore Italiano a Mosca Vittorio Surdo e di S.E. Alexey Meshkov Ambasciatore russo a Roma che è stato presente ai nostri lavori insieme all’Ambasciatore italiano in Serbia Alessandro Merola.

Un grazie è dovuto anche al dott. Giovanni Roggero Fossati ed al

prof. Paolo Magri rispettivamente Amministratore Delegato e Direttore dell’Ispi che ci hanno concesso i locali di Palazzo Clerici a Milano per la conferenza stampa di presentazione del progetto, tenutasi a giugno.

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Analogamente siamo debitori alla Presidenza della Regione Liguria che ci ha messo a disposizione la sala per la presentazione degli atti conclusivi della ricerca e del convegno ed al dott. Franco Aprile Presidente di Liguria International per la sua partecipazione all’evento.

Un ringraziamento infine al dott Dario Arrigotti, Direttore

aggiunto del Centro Internazionale di Formazione dell’OIL-ILO di Torino, al dott. Andrea Bairati, Assessore della Regione Piemonte – Università, Ricerca ed Internazionalizzazione, all’ing. Alessandro Barberis, Presidente della Camera di Commercio di Torino, al dott. Giuseppe Cuccurese di Intesa Sanpaolo, al dott. Giuseppe Gherzi, Direttore dell’Unione Industriale di Torino, a Monica Mailander della Mailander Communication, all’Ambasciatore italiano in Slovacchia, Antonino Provenzano, a Russkij Mir che attraverso la signora Zoia Sourovtseva ha provveduto ai lavori di traduzione ed alla responsabile degli interpreti Laura Chiadò Cutin per tutto quanto hanno fatto per la buona riuscita del nostro progetto.

Gianni De Michelis Presidente di Ipalmo

Parlamentare Europeo, già Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana

Giorgio Mondino Direttore Ipalmo Nord Ovest

già membro della Commissione Esteri e Difesa della Camera dei Deputati

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SOMMARIO

Presentazione

-Giorgio Mondino, Direttore Ipalmo Nord Ovest , già membro della Commissione Esteri e Difesa della Camera dei Deputati

Saluti di benvenuto

-Michele Dell'Utri, Assessore Relazioni Internazionali della Città di Torino

Introduzione ai lavori

-Gianni De Michelis, Presidente di Ipalmo, Parlamentare Europeo, già Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana -Alexey Meshkov, Ambasciatore della Federazione Russa in Italia -Francesca Sforza, Responsabile della Redazione Esteri de La Stampa

Geopolitica

Il quadro generale -Giampaolo Calchi Novati, Università di Pavia, già Direttore di Ipalmo

Problemi strategici e militari nella Regione. Lo scudo spaziale americano in Polonia e nella Repubblica Ceka: minaccia alla sicurezza o sistema di protezione condiviso?

-Luigi Guidobono Cavalchini Garofoli, Ambasciatore, Presidente di UniCredit Private Banking -Carlo Jean, Presidente Centro Studi di Geopolitica Economica, Docente di Studi Strategici Luiss-Guido Carli

Il futuro dei Balcani e la questione del Kossovo -Ivan Vejvoda, Direttore esecutivo del Balkan Trust for Democracy

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Le relazioni Unione Europea-Russia: tra criticità e nuove prospettive

-Paolo Magri, Direttore dell'Ispi Sicurezza Energetica

Il quadro generale -Pietro Marcenaro, Membro della Commissione Esteri del Senato

Condizioni di produzione e sicurezza negli approvvigionamenti e nella distribuzione dell’energia russa

-Yuri Aleksandrovich Lipatov, Presidente della Commissione Energia della Duma della Federazione Russa -Massimiliano Marches, Vice Presidente Eni Gas & Power Division

Installazione di centrali nucleari di ultima generazione in Slovacchia, Bulgaria e Romania

-Jan Galoci, Consigliere Economico dell’Ambasciata della Repubblica Slovacca in Italia -Igino Maria Chellini, Responsabile Settore Tecnico Area Nucleare Enel

Industria, scambi commeciali e logistica

Il quadro generale -Rosario Alessandrello, Presidente della Fondazione Italia-Russia e della Camera di Commercio Italo-Russa

Rapporti industriali e scambi commerciali -Guido Bolatto, Segretario Generale della Camera di Commercio di Torino -Jean Durand, Amministratore delegato Iveco Financial Services East Europe & Middle East -Giuseppe Maresca, Direzione Sviluppo Programmi Finmeccanica -Agostino Conte, Relazioni Istituzionali Duferco Italia Holding -Vito Gamberale, Amministratore Delegato Fondo italiano per le infrastrutture - F2i SGR

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Economia e Finanza

Il quadro generale -Alfonso Iozzo, Presidente della Cassa Depositi e Prestiti e Antonio Mosconi, Movimento Federalista Europeo, economista

Libero scambio o protezionismo finanziario? -Andrea Comba, Docente di Diritto Internazionale all’Università di Torino

Sistema a più monete di riserva ed inserimento del rublo quale moneta convertibile

-Antonio Mosconi, Movimento Federalista Europeo, economista

Prospettive di sviluppo degli Istituti di credito italiani in Russia - Antonio Fallico, Presidente di Zao Banca Intesa - gruppo Intesa Sanpaolo -Anna Marra, Banca d’Italia - Servizio Studi e Relazioni Internazionali

Documentazione e ricerca

Foro di dialogo fra le società civili di Italia e Russia a cura di Luisa Todini, Vice Presidente di FIEC con delega alle reti TEN

Scheda Russia - Stato delle relazioni economiche bilaterali Conference documentation paper

a cura di Raffaele Fantetti, Consulente del Ministero dello Sviluppo Economico

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PRESENTAZIONE

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GIORGIO MONDINO Direttore di Ipalmo Nord Ovest, già membro della Commissione Esteri e

Difesa della Camera dei Deputati

“Italy and the Eu: political and economic trends towards Russia,East Europe contries and the Balkans” è un’ iniziativa promossa da Ipalmo Nord Ovest, che ha aperto quest’anno la sua sede a Torino per consolidare il radicamento di Ipalmo sul territorio di quest’area forte del Paese.

Ipalmo , uno dei maggiori istituti di politica estera italiani, è stato fondato nel 1971 con l’obbiettivo di analizzare i rapporti fra paesi avanzati ad economia di mercato e paesi del terzo mondo.

L’emergere impetuoso a partire fine del XX secolo di macro aree ad altissimo sviluppo demografico, economico e politico, quali Cina, India e Brasile o di potenze che si riaffacciano sulla scena mondiale quali la Russia ha reso necessario che l’Istituto si ritagliasse il proprio ruolo in uno scenario più ampio in relazione ai mutati equilibri politici in un mondo che si sta evolvendo in senso multipolare.

Al di sotto del processo di globalizzazione fondato sul libero scambio e sul libero movimento dei capitali consolidatosi a partire dagli anni ’90 e contrassegnato dalla supremazia di un’unica potenza egemone e della sua moneta, si è delineato un nuovo modello di globalizzazione policentrico imperniato su nuovi protagonisti.

Tale fenomeno si caratterizza per il sorgere all’interno delle singole macro regioni mondiali di “Stati guida”che manifestano insieme ad un rafforzato potere attrattivo sulle periferie anche una spiccata tendenza all’introversione ed al protezionismo percepibile sul piano non solo politico ed economico, ma anche su quello religioso, culturale e demografico.

Questo vale per l’Europa come per la Russia ,l’Asia Orientale e l’America.

L’opinione pubblica nel suo insieme va modificando i suoi orientamenti in Europa dove è in atto una profonda crisi dei movimenti progressisti storicamente orientati in favore di politiche di apertura verso il mondo e dove anche i movimenti giovanili di contestazione hanno sostituito gli obbiettivi di lotta contro la fame nel mondo con quelli della difesa autoctona dei prodotti agricoli locali “a chilometro zero” mentre nei governanti prevalgono sempre maggiori preoccupazioni per la tenuta

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dell’economia minacciata dal crescente costo delle materie prime strettamente legate alle oscillazioni del dollaro.

Lo stesso fenomeno avviene negli Stati Uniti spaventati dalla crisi finanziaria, dove il mondo del lavoro e quello dell’industria invocano dal governo misure protezionistiche.

Anche in Cina l’orgoglio per i successi dell’economia coesiste con emergenti preoccupazioni per il deprezzamento del dollaro che determina enormi perdite che colpiscono i livelli di esportazione ed il valore degli investimenti esteri del paese, e dove si manifestano impulsi di colonizzazione su regioni appartenenti a contesti storici diversi (Tibet).

Cosi come in India in cui la crisi mondiale sta minacciando i livelli occupazionali in importanti regioni del paese nel comparto del lavoro importato dall’Occidente (settori manifatturieri, telecomunicazioni, sanità), mentre l’induismo tende pericolosamente a sovrapporsi alla democrazia ed il paese a cedere a tentazioni di supremazia sulle periferie (Kashmir).

Più sfumata appare la situazione nell’America meridionale nella quale non si è ancora delineata la presenza di un forte soggetto politico che possa fungere da polo di attrazione regionale (che potrebbe identificarsi nel Brasile): qui il fenomeno dell’introversione e dell’isolamento rimane limitato a singoli paesi che attraverso la gestione nazionale delle risorse energetiche stanno disegnando nel continente sudamericano un mosaico di realtà che alzano ponti levatoi per contrastare l’egemonia sul continente degli Stati Uniti come contemplato dalla quasi bicentenaria dottrina Monroe.

Per la Russia non si tratta della nascita, ma della rinascita in veste diversa di una potenza che si estende sul territorio più vasto del mondo. Vladimir Putin, Presidente della Federazione dal 2000, è riuscito a regolare il conflitto in Cecenia e rimane in coppia con Medvedev alla guida di un paese che da allora si è costantemente sviluppato con un tasso annuo del 7%. Ha sottratto agli “oligarchi” il controllo dell’economia aumentato le riserve valutarie, circostanza che ha permesso alla Russia di sopravvivere alla crisi finanziaria mondiale attualmente in atto che l’ha costretta ad immettere sul mercato 2000 miliardi di rubli pari ad 80 miliardi di dollari ed a reggere un esodo di capitali per un periodo di un mese di circa 30 miliardi di dollari. Questa condizione di relativa sicurezza è stata ottenuta attraverso un più stringente governo dell’economia ed un rallentamento del processo democratico nel paese che se da un lato ha rafforzato la coesione politica interna, dall’altro ha favorito in politica estera l’adozione di un atteggiamento decisionista nel

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difendere le periferie delle aree di influenza territoriale come è avvenuto in Caucaso e che si è tradotto in un aumento del 27% delle spese per la sicurezza e la difesa.

L’attuale crisi dell’economia mondiale ha ulteriormente favorito anche in Russia politiche tendenti all’introversione ed all’autosufficienza al pari di quanto messo in atto dagli altri nuovi grandi soggetti della politica mondiale. Tale atteggiamento è da interpretare come argine in difesa dei disastri prodotti dal dirompente processo di globalizzazione finanziaria che a partire dagli Stati Uniti sta provocando un effetto domino a livello planetario.

Le perdite delle banche d’affari americane rischiano di trasmettersi in tutto il mondo attraverso i vasi comunicanti dei mercati finanziari gravando in modo più che proporzionale sui paesi che sono maggiormente ancorati al sistema internazionale.

Si è aperta una situazione di crisi che investe non solo il funzionamento del sistema dell’economia e della finanza internazionale cosi come regolato nel1944 a Bretton Woods, il quale corre il rischio di essere travolto insieme alle istituzioni che ne garantiscono il funzionamento, ma che riguarda anche il complesso degli equilibri internazionali. Quindi dell’intero sistema della“governance mondiale” a partire dall’Organizzazione Mondiale del Commercio che sta scontando un previsto fallimento del “Doha Round”, delle organizzazioni per la sicurezza collettiva come la Nato, delle stesse Nazioni Unite soprattutto in riferimento alla composizione del Consiglio di sicurezza. La frantumazione dell’universalismo normativo sorto dopo la seconda guerra mondiale sta aprendo varchi alla creazione di nuovi rapporti bilaterali fra i nuovi grandi protagonisti comparsi sulla scena mondiale.

In questo contesto ed alla luce del conflitto in atto su scala planetaria fra economia speculativa ed economia reale si inseriscono i rapporti politici ed economici fra i paesi dell’ U.e e la Federazione Russa entrambe interessate alla stabilizzazione delle reciproche relazioni: l’Unione europea che intende salvaguardare l’ingente livello delle esportazioni ed i suoi investimenti verso Est, la Russia che ha l’esigenza di garantire la continuità delle esportazioni dei prodotti energetici verso il vecchio continente, assicurandosi nel contempo la tecnologia necessaria per lo sfruttamento e la ricerca di nuovi bacini.

L’Italia ed il Nord Ovest del nostro Paese sono particolarmente coinvolti nei rapporti fra le due aree: infatti, com’ è sottolineato nella nostra ricerca, dal 2003 ad oggi l’export italiano in Russia si è sviluppato con un tasso di incremento annuo medio del 25% ripagando in misura sempre maggiore le importazioni di gas e petrolio.

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Questo volume contiene la pubblicazione della ricerca ed i contributi di illustri relatori italiani, russi, serbi e slovacchi ai lavori del Convegno che si è tenuto a Torino sui rapporti fra Italia e Ue e la parte Est del nostro continente con particolare riferimento sia ai Balcani, sia anche e soprattutto alla Russia . Si tratta di aree che coinvolgono entrambe le direttrici storicamente prioritarie nella politica estera del nostro Paese e divenute oggi per l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea ancora più attuali: quella orientale che partendo dai Balcani raggiunge la Russia e quella mediterranea che attraverso il Bosforo raggiunge sempre la Russia attraverso il Mar Nero.

Il progetto“Italy and the Eu: political and economic trends towards Russia,East Europe contries and the Balkans” ha coinvolto tre grandi città del Nord Ovest del nostro Paese: Milano dove

l’avvenimento è stato annunciato al pubblico attraverso una conferenza stampa; Torino dove ha avuto luogo il Convegno incentrato sui quattro grandi temi “geopolitica, sicurezza energetica, economia e comunicazioni, finanza e questioni monetarie”; Genova dov’ é stato presentato il volume contenente gli esiti dell’iniziativa.

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SALUTI DI BENVENUTO

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MICHELE DELL’UTRI Assessore Relazioni Internazionali Città di Torino

La Città di Torino è particolarmente lieta di ospitare questo importante convegno dell’Ipalmo, che rappresenta un importante momento annuale di riflessione ad alto livello su tematiche internazionali di rilevante interesse.

L’attenzione che l’Ipalmo pone oggi sulle politiche economiche della Russia e dei paesi dell’EST è di particolare importanza, dal momento che sono paesi con un trend ed una volontà di forte crescita economica e commerciale. Ieri è stato diffuso dalla Camera di Commercio il dato sulla percentuali di circolazione in Italia dei TIR che provengono dall’estero ed è risultato che i mezzi pesanti provenienti dall’est Europa sono raddoppiati in un anno. Questo è chiara testimonianza del forte aumento di scambi commerciali fra Italia e Paesi dell’Est .

A livello locale torinese, i legami sono abbondanti e attivi da molto tempo. Nell’ambito del privato le grandi imprese, ad esempio Fiat, hanno avuto contatti commerciali e produttivi con aziende locali, che hanno creato forti intrecci di virtuosa crescita economica. Come istituzione cittadina, vi sono dei rapporti con la città russa di Volvograd , che sono la conseguenza della presenza Fiat, che si sono sviluppati negli anni con scambi istituzionali e culturali. Con la Romania si sono stretti accordi fra Università con la città di Bacau. Come Settore Cooperazione Internazionale del Comune abbiamo attualmente iniziative in Bosnia , finalizzate allo sviluppo dell’imprenditorialità nell’ambito turistico e con l’Albania, sullo scambio di buone prassi amministrative.

Grazie nuovamente quindi all’Ipalmo per questa conferenza che ci conferirà strumenti e conoscenze più approfondite, con partner economici sempre più importanti.

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INTRODUZIONE AI LAVORI

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GIANNI DE MICHELIS

Presidente di Ipalmo, Parlamentare Europeo, già Ministro degli Affari Esteri della Repubblica Italiana,

Il convengo Italy and the EU: political and economic trends towards Russia, East Europe countries and the Balkans è dedicato ad un tema importante, quello dei rapport con la Russia e l’Europa Orientale, che dovranno essere uno degli assi principali su cui continuare il nostro lavoro nel prossimo futuro.

Vorrei sviluppare, a questo punto, qualche sintetica considerazione riguardo a come questo impegno potrà caratterizzarsi, basandomi in particolare su alcuni spunti di profilo generale che saranno offerti da una serie di importanti interventi da parte di rappresentanti russi, serbi, slovacchi ed italiani.

Non c’è il minimo dubbio rispetto al fatto che ci troviamo di fronte ad una situazione di profondo cambiamento delle regole del gioco, economico-finanziarie ma anche politiche, che governano il mondo globalizzato e che, nel prossimo futuro, inevitabilmente, i principali soggetti che operano in questa realtà dovranno affrontare l’indifferibile tema di come fissare queste nuove regole di gioco.

Sono argomenti destinati a diventare di particolare attualità per la semplice ragione che, dovendo fare i conti con le grandi questioni della politica, dal passaggio oggettivamente epocale delle elezioni americane, dopo 8 anni di presidenza Bush, ad una situazione nuova che attualmente nessuno è in grado di pronosticare: sarà inevitabile, l’anno prossimo, che Europa, Stati Uniti, Cina, India e Russia si misurino con una serie di questioni di nodale importanza.

Si è parlato nei giorni scorsi della necessità di rispondere alla fragilità dell’attuale sistema monetario con una nuova Bretton Woods.

E’ un’idea interessante, che assume un rilievo particolare nel rapporto tra l’Europa e la Russia.

Il caso vuole che l’anno prossimo, a luglio, il principale incontro dedicato a questi temi, il G8, si svolgerà in Italia.

Ebbene, credo sia importante che nel nostro Paese si incominci ad avviare una discussione al riguardo sulle possibili alternative che

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abbiamo di fronte. Il governo, per fortuna, mostra di avere la giusta sensibilità per questi problemi, a differenza, purtroppo, dei mass media. Ieri, il Corriere Economia ha pubblicato la notizia che nelle misure per la finanza pubblica è stata prevista la costituzione di un comitato strategico istituzionale presso la Presidenza del Consiglio, con la partecipazione di rappresentanti del Ministero dell’Economia, degli Esteri, del settore produttivo, per preparare il Paese a questi appuntamenti.

Questo per dire che appare assolutamente necessario che a discutere seriamente di queste cose non siano solo gli addetti ai lavori, ma l’opinione pubblica, informata e consapevole di quanto sta accadendo e delle conseguenze che, a seconda delle scelte compiute, potranno scaturire.

E qui, di fronte a questa esigenza, il problema del rapporto con la Russia è decisivo. Dobbiamo sforzarci, però, di coglierne le diverse sfumature.

Quando continuiamo a parlare dell’importanza del rapporto con la Russia per il tema dell’energia diciamo solo una parte della verità. Tale rapporto, infatti, non è riconducibile solo al problema energetico. La Russia è consapevole che l’argomento principale con cui si deciderà il suo posto nel futuro del mondo dipenderà molto dalle delicatissime questioni relative alle regole del gioco e agli equilibri politici conseguenti che esse determineranno.

E’ evidente che l’egemonia sull’ordine mondiale di un solo paese, gli Stati Uniti, è fallito. E di questo si dovrà tener conto. Questa consapevolezza è molto maggiore a Mosca che a Roma o a Bruxelles o a Washington.

Abbiamo sentito un intervento molto puntuale di un autorevole rappresentante del Ministero degli Esteri della Federazione Russa sulla questione del Kossovo, che qualcuno forse non ha capito fino in fondo.

Il fatto che oggi la Russia sul tema del Kossovo si richiami alle necessità di rigettare rigorosamente le regole della legittimità internazionale significa esattamente questo: sapere con che regole si gioca e che quelle regole vanno osservate. E che, conseguentemente, non è possibile per nessuno cambiarle durante la partita e mettersi in una posizione favorevole. Questo è un punto molto delicato.

Le regole internazionali sono frutto di negoziati che cambiano nel tempo, però capisco il punto di vista russo secondo il quale quando si determinano delle regole esse devono essere osservate e nessuno può modificarle a piacimento. Questo significa che, per esempio, nel riassetto dell’Europa non si possono applicare certe regole in alcuni casi e regole

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completamente diverse, che corrispondono agli interessi dei più forti, in altri.

Tutto questo va tenuto nella giusta considerazione anche e soprattutto dal nostro Paese, il cui Presidente del Consiglio, per il rapporto forte e diretto che ha stabilito con la personalità più importante del sistema di potere russo, oggi Primo Ministro, ma interlocutore decisivo della Federazione Russa, si trova nella condizione straordinariamente favorevole di poter svolgere un ruolo centrale nei rapporti tra l’Unione Europea e la Russia.

Deve essere chiaro, ripeto ancora una volta, che non è il rapporto rispetto al gas e al petrolio, ma la definizione delle nuove regole del gioco, l’elemento decisivo su cui la Russia vuole misurarsi; ed è evidente che un rapporto preliminare tra Unione Europea e la Russia risulterà molto importante se non, addirittura, decisivo a questo scopo.

Non dobbiamo mai perdere di vista il diritto che la classe dirigente della Federazione Russa rivendica nel dover negoziare le regole del gioco e nel non consentire che la sicurezza dell’Europa e del mondo siano affidati agli Stati Uniti e alla Nato.

Così come non dobbiamo dimenticare che se, certamente, la Russia è importante per le risorse naturali che possiede, è importante anche per una seconda ragione, che probabilmente conta ancora di più: il suo capitale umano.

La Russia, infati, ha un capitale umano formato, il che è l’unico dato positivo del fallimento dell’epoca comunista; un elemento grazie al quale la Russia è in condizioni di porsi all’avanguardia rispetto al salto tecnologico che rappresenta la cifra principale della nuova fase che stiamo vivendo.

Dobbiamo poi prestare molta attenzione quando parliamo di energia. La Russia, è vero, si occupa di gas, petrolio; ma è molto impegnata anche nel settore dell’ energia atomica.

Due mesi fa è stato annunciato il trattato bilaterale con gli Stati Uniti sulla questione dell’energia atomica che, se verrà attuato, costituirà non solo l’asse centrale della revisione del trattato di non proliferazione, ma anche dell’equilibrio di potere nel mondo.

Tutto questo è successo nella totale disattenzione della stampa, sia quella di casa che europea. Voglio dire che se da un lato c’è Gazprom, non si può ignorare l’importante decisione presa a febbraio-marzo dell’anno scorso, che ha portato alla creazione di un’unica società attraverso cui si riuniscono i diversi soggetti russi impegnati nel campo dell’energia atomica e che sarà la ‘Gazprom’ del settore nucleare.

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Queste considerazioni sono utili per richiamare l’attenzione del nostro Paese su alcune questioni essenziali, strategicamente centrali, per la delicata partita che abbiamo di fronte. Con cui il mondo, l’Europa, saranno chiamati a misurarsi. E non esiste una partita che l’Europa possa giocare in contrapposizione o in assenza di un rapporto con la Russia.

Appare evidente, perciò, l’utilità di un forte rapporto tra queste due realtà: un rapporto che trovi alimento in nome di una storia comune, di una cultura comune, di basi religiose fortemente comuni in grado di favorire l’intesa, il passo che non siamo stati capaci di fare nel 1989. Che non è quello di far entrare la Russia nella comunità Europea per ragioni meramente geografiche, ma di estendere la logica dell’integrazione al di là dei confini dell’integrazione medesima.

L’Europa ha creato un sistema di coesioni interne, sapendo rendere compatibili realtà diverse politicamente, economicamente, socialmente. E’ anche vero, però, che se le coesioni interne non vengono bilanciate anche da una coesione esterna, c’è il rischio di una contrapposizione e che l’Europa venga concepita come una fortezza. Inevitabilmente, chi è tenuto fuori diventa assediante e la storia ci insegna che le fortezze non hanno quasi mai retto agli assedi.

Non è questo, dunque, il nostro interesse e per questa ragione il nostro rapporto con la Russia diventa probabilmente uno dei fattori decisivi per definire l’identità dell’Europa.

Il tema del rapporto con la Russia può essere declinato in vari modi, ma per quello che riguarda l’Europa, c’è un’alternativa di fondo rispetto alla quale questo stesso tema diventa decisivo per il suo futuro: è la scelta (da me spesso evocata in questi anni) tra un’ipotesi baltica, un’ Europa, cioè, che si riorganizzi verso nord est, distante dal disordine e dai pericoli che vengono dalla sponda sud; o, viceversa, un’ Europa caratterizzata da una forte dimensione mediterranea.

E’ ovvio che un approccio sbagliato o, comunque, limitato del rapporto con la Russia rischia di portare verso la prima opzione, ipotesi che non conviene assolutamente all’Italia, perché la condannerebbe ad avere un ruolo periferico.

Ma, paradossalmente, la Russia è ancora più importante per la seconda opzione , quella di un’Europa a forte dimensione mediterranea, che non ha nessuna possibilità di esistere senza risolvere positivamente il problema dei Balcani occidentali, del Mar Nero, del Caucaso, del Mar Baltico fino all’Asia Centrale.

L’idea, perciò, che l’Europa, o una parte dell’Europa, con gli americani possa sviluppare una linea comune in contrapposizione con Mosca è totalmente destabilizzante.

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E essenziale, al contrario, un buon rapporto con la Russia. Probabilmente, andando in questa direzione, troveremo anche una

chiave per recuperare la marginalità in cui si trova il nostro Paese e dalla quale è sempre più difficile uscire.

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ALEXEY MESHKOV Ambasciatore della Federazione Russa in Italia

Sono lieto di salutare i partecipanti della Conferenza così altamente

rappresentativa. Sono convinto che un tale “assalto intellettuale” che dovremo affrontare in questi due giorni sarà molto utile per rendersi conto della situazione attuale in Europa e soprattutto per la ricerca delle strade atte a costruire il modello della sicurezza europea effettivamente globale. Dieci anni fa, quando noi in Russia abbiamo sollevato la questione che il mondo moderno si trovava in una fase transitoria del proprio sviluppo, quella bipolare, andando verso il sistema nuovo dell’organizzazione del mondo non ancora formato, sarò sincero - siamo stati derisi. Dicevano che il mondo nuovo – unipolare - fu già costruito, con l’unico centro del potere, capace di gestire tutti i processi inclusi quelli europei. E come il risultato – una miriade degli errori negli affari internazionali, una rapida crescita della conflittualità e, infine, l’ignorare i principi del diritto internazionale. Oggi, penso, che sia chiara a tutti l’erroneità di quella linea e noi ci ritroviamo di nuovo al bivio.

La Russia ripropone - spezziamo questo circolo vizioso delle azioni unilaterali e le reazioni alle medesime. E’ arrivato il tempo per prendere semplicemente una pausa e guardare bene attorno per capire dove siamo arrivati e come possiamo uscire sulla strada costruttiva per superare i problemi europei e quelli mondiali. E bisogna fare questo analisi in modo veloce e senza preconcetti.

Da parte nostra, siamo convinti che il mondo nuovo e giusto possa essere costruito esclusivamente a condizione della supremazia del diritto rispettando l’ordinamento giuridico internazionale da parte di tutti gli stati e, soprattutto, dalle grandi potenze mondiali. Soltanto in questo modo potremo assicurare la governabilità dello sviluppo mondiale. E’ assolutamente evidente che attualmente la forma più ottimale dell’organizzazione del mondo consiste nel sistema internazionale policentrico con l’appoggio all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Soltanto unendo gli sforzi la comunità mondiale sarà in grado di resistere alle sfide e alle minacce cui l’elenco, purtroppo, non si accorcia ma al contrario si arricchisce con nuovi problemi, come quello della sicurezza alimentare globale.

Che rapporto ha tutto questo con i temi dell’attuale Conferenza e con il destino dell’Europa? Sono convinto che ci sia un rapporto diretto.

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Nei millenni il nostro continente si trovava al centro dello sviluppo della civiltà e gli eventi accaduti nella sua terra hanno sempre influenzato direttamente il destino del mondo intero. Anche oggi lo spazio euroatlantico è diventato una specie di poligono per la ricerca del modello ottimale della collaborazione panregionale.

Per quanto riguarda la Russia, noi siamo convinti nell’assenza dell’alternativa all’unità dello spazio euroatlantico: da Vancouver a Vladivostok. Nello stesso tempo questa unità dovrà essere globale sia nel campo della sicurezza e della cultura e nel futuro – nel campo dell’economia. E’ arrivata l’ora di finire con la vecchia mentalità di “blocco” e fare un passo nuovo dal punto di vista di qualità: creare un tale sistema di sicurezza e di collaborazione europea che avrebbe tenuto conto degli interessi sacrosanti di tutti gli stati della regione euroatlantica, avrebbe creato delle condizioni favorevoli per lo sviluppo socio-economico e nello stesso tempo avrebbe garantito in modo efficace la loro sicurezza.

La realizzazione dell’iniziativa del Presidente della Russia Medvedev D.A. relativa allo sviluppo e alla firma dell’Accordo sulla sicurezza europea giuridicamente vincolante potrebbe diventare un passo decisivo in questa direzione. Le organizzazioni operanti nello spazio euroatlantico potrebbero diventare le parti del medesimo. Sarebbe un patto regionale che si basa sui principi dello Statuto dell’ONU e che chiarisca definitivamente il significato del fattore di forza nei rapporti reciproci nella comunità euroatlantica. Complessivamente sarebbero risolte le questioni relative all’integrità della sicurezza e i problemi del controllo sugli armamenti in Europa. L’inizio della preparazione di un tale Accordo potrebbe partire da un summit generale europeo. Nello stesso tempo il summit, libero dalla vecchia mentalità di “blocco” e di gruppo, ove ogni stato europeo avrebbe partecipato nella sua veste nazionale.

In una parola, soltanto dopo aver risolto i problemi della sicurezza euroatlantica, potremo uscire sulla strada di diminuzione delle spese militari, senza cui non potremo trovare delle risorse per una risposta efficace alle sfide generali come la crescita dell’economia mondiale, l’assicurazione dello sviluppo stabile, l’eliminazione dell’immigrazione clandestina, la povertà globale e il cambiamento del clima.

In un discorso di saluto è molto difficile affrontare tutti gli argomenti di cui parleremo oggi. Tuttavia, vorrei toccarne uno – la sicurezza energetica.

Vorrei focalizzare la vostra attenzione sulla cooperazione russa-italiana nel campo energetico che potrebbe diventare un modello per il sistema generale europeo. Perché in questa collaborazione sono presenti praticamente tutti gli elementi necessari:

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- scambio degli attivi; - accesso ai upstream e downstream; - sviluppo delle strade alternative per la fornitura delle risorse

energetiche; - partecipazione alla generazione elettrica; - lavori comuni nel campo delle fonti alternative dell’energia; - cooperazione nei paesi terzi ecc. E tutto questo non ha un carattere esclusivo, anzi inclusivo e

trasparente, consone alle iniziative della Commissione Europea e degli altri nostri partners in Europa. Particolarmente, siamo pronti a prendere in considerazione la possibilità di creare dei consorzi internazionali che sarebbero diventati degli operatori dei condotti di transito con la partecipazione delle società della Russia, UE e degli stati di transito.

Il settore energetico è solo uno degli esempi lampanti della cooperazione russa-italiana su larga scala del carattere autenticamente confidenziale e di partnership.

Sono sicuro che l’attuale Conferenza permetterà di avvicinare ancora di più i nostri approcci alla risoluzione dei compiti più attuali che hanno davanti a sé la Russia e l’Italia, l’Europa moderna e il mondo intero in generale.

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FRANCESCA SFORZA Responsabile della Redazione Esteri della Stampa

Le difficoltà di trasmettere e raccontare le problematiche

riguardanti la Russia del presente sono legate a strettissimo filo con quelle del passato, nel senso che spesso si incorre nell’errore di tradurre le vicende di oggi con categorie interpretative che non hanno più una reale presa sullo svolgersi degli eventi. La Federazione Russa, per intenderci, non è più l’Unione Sovietica – anche se molti aspetti formali resistono ancora oggi malgrado l’assenza di un’impostazione comunista degli apparati – ed è venuto il momento di rendersene conto per evitare che i rapporti commerciali, politici e di trasmissione dei fatti possano essere rovinati dai fraintendimenti.

Una forte responsabilità è naturalmente dei mezzi di comunicazione, che spesso non sono in grado di fornire autentici report di servizio e finiscono per assecondare i pregiudizi del lettore, senza avventurarsi nella ricerca di strumenti nuovi che possano aiutare la formulazione di un giudizio nuovo. Questo avviene per una serie di motivi, in parte legati al funzionamento interno dell’editoria – costretta a competere con vecchi problemi strutturali e con l’impatto delle nuove tecnologie – in parte dovuti però all’assenza di una vera classe di interessi che abbia l’esigenza di informarsi realmente sullo stato economico e geopolitica della federazione Russa. Se non c’è richiesta – come recita un vecchio adagio dell’economia classica – anche l’offerta si indebolisce.

Rispetto ad altri paesi europei – penso ad esempio alla Germania – l’Italia si muove all’estero in modo prevalentemente orientato sulle esigenze della piccola e media impresa. Fatta eccezione per alcuni grandi gruppi – Eni o Banca Intesa, per citare esempi particolarmente significativi, che hanno tuttavia i loro analisti specializzati – la presenza degli italiani in Russia è composta soprattutto da esponenti del mondo commerciale, e questo determina un impatto (e un interesse) molto più incentrato sul dettaglio che non sulla comprensione dei meccanismi macroeconomici di quel Paese. La differenza fra un imprenditore tedesco che investe in infrastrutture come le ferrovie o la siderurgia e un italiano che apre negozi per marchi di abbigliamento è che il primo risulta necessariamente più interessato del secondo a conoscere i meccanismi che regolano il diritto del lavoro, la trasparenza, i rapporti tra aziende. E gli organi di informazione del suo paese saranno inevitabilmente chiamati a rispondere a quelle esigenze di comprensione che una classe produttiva

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manifesta nel caso in cui decida di intervenire in modo attivo nell’economia di un paese straniero.

In altre parole, l’arretratezza economica e culturale delle élites italiane – o comunque il carattere peculiare della loro attività economica all’estero - si riflette anche nell’informazione che viene prodotta, la quale per questa ragione si trova a dover assolvere a un compito più educativo che non informativo. In questo senso le iniziative di Ipalmo, e nello specifico gli interlocutori che sono stati chiamati ad intervenire nel corso di questa serie di incontri dedicati ai rapporti tra Russia e Unione Europea, segnano un percorso in controtendenza che va praticato con tenacia, in modo da creare un travaso di informazioni dagli analisti ed esperti di settore agli attori economici impegnati sul campo. Al fine di creare un’alleanza più forte tra informazione e realtà economiche, che renda il nostro Paese autenticamente competitivo rispetto agli altri stati membri dell’Unione.

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GEOPOLITICA

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IL QUADRO GENERALE

GIAMPAOLO CALCHI NOVATI, Università di Pavia, già Direttore di Ipalmo

Parlando di geopolitica, un termine e una disciplina verso cui è

lecito conservare un po’ di diffidenza per i fantasmi che rievocano, si deve partire dalle novità che caratterizzano il sistema internazionale. Oggi i rapporti fra gli Stati e le nazioni non si misurano più con le formule classiche del balance of power. L’equilibrio, quando c’è, è fluido. È basato su fattori liquidi. La competizione non avviene fra entità fisse con un preciso campo di appartenenza o influenza identificabile e collocato in una delle masse continentali. Su scala globale non c’è nulla che possa ricordare la Roma dell’antichità, il concerto europeo dell’Ottocento o l’ordine bipolare costituito dopo la Seconda guerra mondiale. I sistemi stabilizzati si articolano in relazioni verticali e osservano rigorosamente il principio gerarchico. Nelle circostanze di maggiore flessibilità del sistema post-bipolare gli Stati interagiscono fra loro ma anche con enti sovra o sub-nazionali. Per la prima volta in modo così esplicito dopo la pace di Westphalia del 1648, lo Stato non è più il protagonista legittimo e assoluto della politica internazionale. I poteri pubblici devono fare i conti con poteri privati di varia natura: religiosa, culturale, localistica, economico-finanziaria, criminale, ecc. Nel 2003 il “New York Times” fece scalpore quando promosse l’opinione pubblica a seconda potenza mondiale, la sola in grado di contenere lo strapotere dell’America uscita vittoriosa dalla guerra fredda e intanto di impedire, si pensava, l’attacco all’Iraq. Molte prerogative che convenzionalmente erano appannaggio esclusivo degli Stati sono gestite da corpi non-statali. Anche la difesa è ripartita fra gli eserciti, quasi tutti professionali, e le agenzie di contractors, i mercenari dell’era post-moderna, che svolgono una serie di funzioni collaterali. Può darsi che il superamento dei blocchi e delle loro regole favorisca col tempo più democrazia nelle relazioni internazionali. Per il momento, il vecchio coesiste con il nuovo e molti indizi sono tutt’altro che promettenti. Sviluppi recenti che non è il caso di approfondire in questa sede stanno mettendo a repentaglio le stesse

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conquiste di libertà, cittadinanza e partecipazione negli Stati a democrazia più avanzata.

Per come è stato concepito, questo Convegno colloca la ricerca e il dibattito al crocevia fra tre dimensioni: quella bilaterale, quella regionale e quella internazionale. L’Italia come membro dell’Unione europea ripensa i suoi rapporti con la Russia in uno scenario che comprende l’Europa centro-orientale, i Balcani e la grande regione euro-asiatica senza perdere di vista le istituzioni globali. Le relazioni fra Italia e Russia hanno un alto contenuto transfrontaliero. Lo dimostrano bene i temi che sono stati prescelti: l’energia, l’investimento di capitali, il travaso di tecnologia.

Soprattutto dopo la fine della confrontazione Est-Ovest, nel sistema internazionale si è affermata, non senza contrasti, la preminenza delle organizzazioni internazionali formalizzate e di una moltitudine di infrastrutture trasversali non istituzionali, reti, corporazioni, gruppi di pressione, interessi che fluttuano fuori da prescrizioni o giurisdizioni predeterminate. Nessun rapporto bilaterale può prescinderne. La ratio che ispira l’azione di queste organizzazioni così diverse fra di loro dovrebbe essere il coordinamento. La globalizzazione ha l’ambizione di stabilire una governance che copra il mondo intero e tutti gli ambiti della società invadendo anche gli interstizi della privatezza.

Le organizzazioni regionali, soprattutto in Europa, che in questi anni è assurta a modello imitato e forse non imitabile, sono in buona salute e stanno espandendo con passo spedito il loro raggio d’azione sia in senso geografico che funzionale. Se mai, devono risolvere problemi delicati per combinare meglio estensione ed efficacia. È il caso anche dell’Unione europea dopo l’ultimo massiccio allargamento verso Est e parzialmente verso il Mediterraneo. Lo sviluppo territoriale significa sovrapposizione fra le varie organizzazioni. Molti Stati partecipano a più organizzazioni e questo instaura una rete a incroci multipli. Inconvenienti derivano dalla diversa impostazione e vocazione delle diverse organizzazioni. Ci sono organizzazioni eminentemente economiche che partecipano in pieno alle logiche della globalizzazione e organizzazioni di tipo militare che riproducono schemi, divisioni e schieramenti della guerra fredda. L’Unione europea ha obiettivi diversi dal Patto atlantico: anche per questo l’espansione pressoché concomitante dell’Ue e della Nato nell’Europa centro-orientale ha prodotto effetti discordanti e si trova di fronte a scelte cruciali e pericolose che riguardano direttamente la Russia.

Nelle polemiche che hanno accompagnato la guerra in Iraq è apparso chiaramente che il dosaggio fra l’unipolarismo e il

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multipolarismo o, più realisticamente, il multilateralismo è il punto dolente del rapporto fra le due sponde dell’Atlantico. L’Europa – o per meglio dire la “vecchia Europa” che coincide con il nocciolo duro della Comunità originaria – è stata accusata dal pensiero neo-con in auge a Washington di fare troppo affidamento sul soft power e di essere poco propensa a ricorrere se del caso alla forza per dirimere le contese internazionali. Alla base c’è una diversa valutazione da parte di Europa e Stati Uniti degli strumenti della diplomazia multilaterale. Il Convegno può essere una buona occasione per verificare la posizione della Russia su questo aspetto e le possibilità di convergenze fra Europea e Russia a tutela della pace e della coesistenza.

Rimosso il blocco rappresentato dai veti incrociati dei due poli della guerra fredda, le Nazioni Unite sembravano destinate a un forte recupero. Le risorse dell’Onu sono state utilizzate, sia pure con una forzatura rispetto alla sua tradizionale “neutralità”, in alcune delle guerre legalitarie o umanitarie che si sono combattute negli anni Novanta: nel Golfo per respingere l’invasione irachena del Kuwait, nell’operazione in Somalia e altrove. Non sempre i risultati sono stati fortunati, condivisi e super partes. Non sempre gli Stati o i movimenti coinvolti si sono sentiti rappresentati e protetti nei loro diritti o nelle loro aspettative. Il peggio, però, doveva venire con la guerra americana contro l’Iraq iniziata nel 2003 scavalcando il Consiglio di sicurezza e aggirando l’Aiea. L’Onu non si è mai completamente ripresa dallo “strappo” compiuto da Bush con la complicità del governo britannico. La trasgressione fu tanto più destabilizzante perché erano state avviate procedure idonee nelle sedi deputate dando l’impressione che l’Onu fosse il quadro di riferimento accettato da tutti. Il terribile attentato contro il quartier generale dell’Onu a Baghdad con la morte sul campo del rappresentate personale del segretario generale fu una specie di epitaffio. Il triste addio di Kofi Annan quando lasciò il Palazzo di Vetro è una testimonianza della consapevolezza che una grande opportunità era andata perduta. Nel frattempo tutti gli sforzi per riformare l’Organizzazione, a cominciare dalla composizione del Consiglio di sicurezza per rilanciarne la rappresentatività, sono miseramente falliti.

L’Italia, l’Europa e la Russia sono parte, insieme agli Stati Uniti, del G7 o G8. Questo tipo di incontri era stato concepito a 5 e poi a 6 per discutere informalmente le questioni monetarie: “una conversazione fra amici intorno al caminetto”, secondo Giscard, che prese l’iniziativa nel 1975. Con il tempo il gruppo si è proposto come una specie di super-governo. È un segno dei tempi che nel 2006 il G8 sia approdato per la prima volta in Russia. Ora il G8 sta perdendo di mordente e di credito per

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la prorompente ascesa di nuove potenze in Asia e nel resto del mondo non-europeo. Tutti si chiedono come avverrà l’inevitabile collegamento fra questo club dei Grandi di un tempo passato e i gruppi a composizione variabile che rappresentano il Terzo mondo e le potenze intermedie (si va dal G3 con India, Brasile e Sud Africa al G20 con un numero più vasto di paesi in via di sviluppo e, a cavallo fra Centro e Periferia, al cosiddetto Bric con Brasile, Russia, India e Cina).

È probabile che l’età d’oro delle organizzazioni internazionali sia già finita. Lo dimostrerebbe il declino inarrestabile del Wto, l’organizzazione mondiale per il commercio, che è stata per qualche anno il fiore all’occhiello della globalizzazione, tanto da diventare, insieme proprio alle riunioni del G8, il bersaglio preferito della contestazione. Gli accordi bilaterali o regionali stanno erodendo la sua sfera di competenza. Rivelatrici sono, in altri settori della politica mondiale, le peripezie del protocollo di Kyoto sull’ambiente, largamente e impunemente disatteso, o l’imbarazzo della Corte penale di giustizia, che nelle intenzioni avrebbe dovuto garantire un trattamento imparziale delle più grossolane violazioni dei diritti dei popoli ma che di fatto è impotente davanti agli abusi commessi dalle grandi potenze o dai loro proxies. Le gerarchie restano e la lotta per la democrazia internazionale è appena incominciata. Molti degli organismi informali che agiscono nel mondo o nell’etere hanno una paternità ben precisa. Le organizzazioni multinazionali e internazionali, anche quelle che operano alla luce del sole come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e persino la Banca europea di Francoforte, soffrono di un deficit democratico e discriminano i paesi deboli. I confini continuano ad avere una grande rilevanza, magari per sconvolgerli o per negarli: lo status quo non è più inteso e difeso da tutti allo stesso modo. La Periferia si distingue anche e soprattutto perché i confini degli Stati periferici possono essere messi in discussione e modificati dalle potenze del Centro. Le basi militari completano sulla terra i sistemi d’arma del futuro che gravitano piuttosto nello spazio. Il riarmo, dopo la pausa seguita alla svolta del 1989-90, sta rimettendosi in moto. Per quanto svariati siano i modi d’essere delle relazioni internazionali, la guerra ha riguadagnato la scena come e più che durante la guerra fredda. Il rischio di iper-militarizzazione che segnò a suo tempo la crisi fatale del sistema sovietico ha contagiato gli Stati Uniti e le Nazioni Unite, con effetti negativi per la loro immagine ma anche per la riuscita delle loro politiche, e potrebbe tornare di attualità in Russia man mano che Mosca risale la china. Finora la Cina si contiene, la sua politica estera è ispirata al basso profilo, ma l’impronta di Pechino, alla ricerca di fonti d’energia, di terra arabile e di mercati, è sempre più evidente qua e

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là per il mondo (in Africa per esempio, dove invece la Russia è del tutto assente).

I contraccolpi del riassetto in corso, tutt’altro che coerente e univoco, interferiscono con la sicurezza degli attori. La geopolitica della globalizzazione prevede l’assimilazione di sempre nuovi soggetti confidando nell’omogeneità degli istituti della liberal-democrazia e nella forza d’attrazione del mercato. L’esperienza prova che questa inclusione non è indolore. Le guerre che si sono combattute in questi 15-20 anni sono localizzate tutte nella fascia di passaggio fra Est e Ovest e fra Sud e Nord. Le potenze del Centro riservano per sé il privilegio di decidere il grado di violenza che è ammissibile nelle relazioni internazionali. A Gheddafi – in questo soprattutto la Libia si distinse dalla politica dei piccoli paesi del Terzo mondo – non si perdonava di praticare una politica estera che contemplava l’uso selettivo della forza per raggiungere determinati obiettivi. Gli Stati Uniti compilano la “lista nera” dei paesi e dei regimi che a loro insindacabile giudizio si pongono fuori della legalità internazionale e che secondo alcuni “perderebbero” per ciò stesso la sovranità. La Nato, una filiazione diretta della guerra fredda che è sopravvissuta alla fine della guerra fredda, si arroga il diritto di svolgere funzioni di polizia internazionale anche “fuori area”. La Russia, erede dell’Urss, si è reinsediata saldamente nel sistema senza svolgere più nessuna funzione pregiudizialmente antagonistica, aspira al rango di grande potenza se non di superpotenza ma non ha mantenuto la stessa parità o semi-parità di cui godeva l’Unione Sovietica ai tempi dell’“equilibro del terrore”. La sua posizione nei grandi affari del mondo sconta, nel confronto con l’Occidente, gli effetti del basso grado di istituzionalizzazione della sua politica estera. I rapporti vigenti fra la Russia e l’Europa e la stessa Nato sono stati istituiti nel periodo di massima debolezza della Russia. Anche il suo rango nel G8 assomiglia più a quello di un invitato che a un membro a pieno titolo. Non è detto che la Russia di Putin, rinforzata dalla messa al passo degli oligarchi e dal boom dei prezzi di petrolio e gas, sia disposta a subire anche in futuro i limiti che nella percezione dell’Occidente dovrebbero arginare la sua influenza fuori del perimetro ristretto in cui si è rinchiusa o è stata costretta a rinchiudersi dopo la dissoluzione del “campo socialista” e poi della stessa Urss.

Il sistema delle relazioni internazionali è alle prese con scadenze non più procrastinabili e a vere e proprie emergenze. Il tema forse più spinoso è l’allargamento della Nato, giunto in prossimità dei confini della Russia. L’adesione di Ucraina e Georgia, voluta con insistenza dagli Usa, è stata bloccata dall’opposizione di Germania e Francia ma non è escluso

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che venga riproposta sfidando Mosca. Gli Stati Uniti stanno allestendo in Europa uno scudo spaziale, formalmente in funzione dei missili iraniani ma interpretato da tutti come una mossa anti-russa. Washington lo ha negoziato direttamente con Polonia e Repubblica ceca, punte di diamante insieme agli Stati baltici della Nuova Europa, tagliando fuori molti paesi europei anche nella fase di consultazione. Sui rifornimenti energetici, Europa e Stati Uniti non hanno vedute e interessi perfettamente convergenti come si deduce dai percorsi delle pipe-lines fra i pozzi dell’Asia entrale e il Mediterraneo in cui sono rispettivamente impegnati. Anche qui il riferimento alla Russia è d’obbligo sia per i siti dei giacimenti che per i territori da attraversare. Nei Balcani la divergenza fra le parti è esplicita. Le riserve nutrite e in qualche caso manifestate da Mosca a proposito delle vicende della ex-Jugoslavia così come sono state gestite da Usa, Nato e Unione europea, fino alla rottura o mezza rottura del Kosovo, sono un campanello d’allarme per la collaborazione in Europa. Per finire, le possibilità dell’Europa e della Russia di influire sulla crisi mediorientale sono scarse in presenza del rapporto privilegiato fra Stati Uniti e Israele. Eppure le minacce di guerra che ruotano attorno alla vertenza israelo-palestinese, per le sue connessioni da una parte con il terrorismo e dall’altra con la proliferazione, interpellano direttamente i nostri paesi, che sono comunque membri almeno nominali del cosiddetto Quartetto.

L’Italia ha tutto da guadagnare da un processo di integrazione senza conflitto. Il bacino del Mediterraneo, sia nella sezione balcanica che nella sezione arabo-africana, costituisce un’area essenziale per la sua sicurezza nazionale. Fra resistenze, critiche e riserve mentali, l’Italia ha partecipato e partecipa a molte guerre, anche in teatri remoti come l’Afghanistan, per convinzione o per convenienza. A tratti ha fatto suoi – con maggiore o minore partecipazione, a seconda della natura dei governi in carica, non sempre in accordo con i principi che si suole attribuire rispettivamente alla destra e alla sinistra – i dissensi affiorati in Europa per la strategia d’attacco dell’amministrazione americana e a tratti non si è trovata in sintonia con i principali Stati europei che tendono a relegarla in una posizione di seconda fila. Il dilemma della politica estera italiana è sempre lo stesso: da sola, l’Italia non ha la statura per svolgere una politica estera efficace ma, per motivi diversi, il quadro europeo e il quadro atlantico non valorizzano appieno tutte le sue esigenze. Che cosa ci si può attendere dalla carta russa? Il Convegno analizzerà se una maggiore interazione con la Russia possa rivelarsi una risorsa per l’Italia e per l’Europa. L’Ue potrebbe procedere all’aggiustamento definitivo

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delle sue politiche, l’ulteriore allargamento e le relazioni esterne, con più coscienza di causa.

Per il resto, molto o tutto dipende da chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti e dalle priorità della sua agenda. I vari governi dell’Europa e la Russia hanno di sicuro i loro candidati del cuore ma sono troppe le variabili per fare previsioni sulle ricadute che ci potranno essere per gli argomenti oggetto di questo Convegno. La nuova amministrazione dovrà fare i conti con i lasciti degli otto anni passati da George W. Bush alla Casa Bianca. I rimedi per i due disastri principali – politica economica e politica estera – potrebbero non essere compatibili fra di loro e imporranno delle scelte alternative.

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PROBLEMI STRATEGICI E MILITARI NELLA REGIONE. LO SCUDO SPAZIALE AMERICANO IN POLONIA E

NELLA REPUBBLICA CEKA: MINACCIA ALLA SICUREZZA O SISTEMA DI PROTEZIONE CONDIVISO?

LUIGI GUIDOBONO CAVALCHINI GAROFOLI Ambasciatore, Presidente di Unicredit Private Banking

Il progetto americano di una difesa antimissilistica in funzione anti-iraniana collocata nella Repubblica Ceca ( per quanto riguarda l’installazione di radar) e in Polonia ( per quanto riguarda lo “schieramento” di dieci missili “intercettori”) ha suscitato un po’ dappertutto e non soltanto sul Vecchio Continente perplessità, critiche e domande di chiarimento.

Come c’era da aspettarselo, le reazioni di contrarietà sono arrivate dalla Russia. Mosca non crede che lo spiegamento del sistema di difesa antimissile in territori una volta sotto il controllo dell’Unione Sovietica abbia una funzione soltanto anti-iraniana:ritiene, invece, che tale spiegamento minacci la sicurezza della Russia e teme che scateni una nuova corsa agli armamenti. Di qui la proposta alternativa di fornire siti nella Russia meridionale e in Afghanistan.

Ricordo che lo scorso 14 giugno i ministri della difesa dell'Alleanza atlantica hanno dato il loro avvallo al progetto di scudo anti-missile americano in Europa accettando, allo stesso tempo, l'offerta di cooperazione di Mosca. I colloqui del Segretario di Stato e del Segretario alla Difesa americani con i loro omologhi russi, svoltisi a Mosca nell’ottobre e nel marzo scorsi, si sono collocati in questa prospettiva.

Certamente, il tema che abbiamo davanti a noi ha implicazioni non soltanto sul piano della difesa da un eventuale attacco missilistico contro gli Stati Uniti ed i suoi alleati da parte di un rogue state: esso va affrontato tenendo presenti i grandi equilibri geostrategici mondiali e, in particolare, quella “sindrome dell’accerchiamento” che sembra sempre più influenzare la dirigenza russa.

Sotto questo aspetto, mi sembrano indicative le dichiarazioni rilasciate da Ehud Barak il 20 giugno scorso al quotidiano Le Monde. Secondo il Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri israeliano, la

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minaccia iraniana non costituisce una priorità assoluta per il Cremlino, più preoccupato, invece, di ricondurre la politica degli Stati Uniti alle sue “dimensioni naturali. A questo proposito, Barak sottolinea che un efficace sistema di protezione da “Stati canaglia” non può prescindere dal coinvolgimento in esso, oltre che della Russia, della Cina e dell’India.

Per cercare di cogliere tutte le implicazioni dei negoziati iniziati da Washington con Praga e con Varsavia nel gennaio 2007 mi sembra che occorra ricordare le motivazioni di fondo che hanno guidato la politica di sicurezza e di difesa degli Stati Uniti a partire dall’epoca della “guerra fredda”: motivazioni che, pur in presenza di cambiamenti epocali, si riassumono nella triplice esigenza di non sottrarre ad un giudizio di valore i rapporti con gli altri Stati, di garantire la “sicurezza assoluta” del territorio americano e di quello degli alleati e di raggiungere “frontiere tecnologiche” assolutamente all’avanguardia. Sotto questo aspetto, va considerata la Strategic Defense Iniziative (SDI) voluta da Ronald Reagan durante gli anni ottanta ed intesa a proteggere, attraverso l’installazione di uno scudo spaziale composto da stazioni orbitali e da laser, il territorio degli Stati Uniti da un massiccio attacco di ICBM sovietici. Come sappiamo, la complessità di questo programma, noto come “guerre stellari”, ne determinò l’abbandono, anche se talune sue tecnologie vennero in seguito sviluppate per i sistemi ABM attualmente operativi in Alaska e in California.

La fine della “guerra fredda” ha fatto venire meno la minaccia sovietica ed ha indirizzato Washington, soprattutto dopo l’11 settembre, verso l’approntamento di un “limited ground-based nationwide antimissile system”, volto ad intercettare, per mezzo di missili dotati di ogive cinetiche non nucleari, un numero limitato di ICBM nucleari. In questo contesto si colloca l’iniziativa di completare il sistema di difesa antimissilistico - che già si avvale di basi situate nel Regno Unito e in Groenlandia – installando basi in Europa centrale per intercettare missili di lunga portata lanciati dal Medio Oriente e dall’Africa settentrionale e, segnatamente, dall’Iran.

Come ho già osservato, sarebbe difficile comprendere la reazione contraria di Mosca prescindendo dalla presa in considerazione dell’insieme dei rapporti tra Occidente e Russia. Come spiegare questo atteggiamento soprattutto se si tiene presente che la diplomazia russa ha dato prova in altre occasioni – e penso in particolare alla denuncia da parte del presidente Bush nel dicembre del 2001, all’indomani, dunque, dell’attacco alle Twin Towers, del Trattato ABM - di moderazione?

Allo spirito pragmatico che ha animato talvolta le autorità russe fa riferimento la testimonianza di Jack Matlock, ambasciatore americano

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a Mosca dal 1987 al 1991, secondo il quale, dopo la caduta del muro di Berlino ed a seguito della riunificazione della Germania, gli Stati Uniti si sarebbero impegnati a non estendere la NATO agli Stati dell’Est europeo.

Ora, la prospettiva che Kiev e Tiblisi entrino nella NATO preoccupa fortemente le autorità di Mosca, al di là delle controargomentazioni attinenti , da un lato, all’atteggiamento ostile della maggioranza della popolazione ucraina e, dall’altro, al carattere non propriamente democratico del regime instauratosi in Georgia. Ma proprio le resistenze degli alleati europei, pure disponibili a seguire gli Stati Uniti sul cammino che dovrà portare al completamento del sistema di difesa antimissile, hanno fatto sì che a Bucarest sia slittato ad un momento ulteriore l’inizio del processo che dovrebbe portare all’integrazione nella NATO dei due Paesi in questione.

Anche la questione del riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo ha irritato Mosca, che vede nell’atteggiamento di Washington e dei principali Stati dell’Unione Europea una minaccia per gli equilibri, già così precari, dei Balcani occidentali e dell’area caucasica.

Vorrei concludere con una breve considerazione che prendo in prestito da Robert Mac Namara. Nel rievocare uno dei momenti più pericolosi del periodo della “guerra fredda” – quello cioè dei missili sovietici a Cuba – l’allora Segretario alla Difesa americano ricordava che il superamento di quella crisi era stato dovuto non soltanto allo sforzo di comprendere il punto di vista della controparte ma anche e soprattutto alla capacità di mettersi nei panni di quest’ultima, ciò che Mac Namara identificava con il verbo “ to empathize”.

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CARLO JEAN Presidente Centro Studi di Geopolitica Economica, Docente di Studi

Strategici Luiss-Guido Carli

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

Il mio intervento riguarderà essenzialmente lo schieramento in Polonia e in Repubblica Ceca di componenti del sistema della BMD americana (dieci intercettori terrestri – GDI – Ground Based Interceptor - mid course ed un radar di acquisizione obiettivi – X Band, rispettivamente). Premetterò l’esame dell’argomento con talune considerazioni di natura geopolitica sui rapporti fra l’Occidente e la Russia e, di natura strategica, sul significato e le differenti forme assunte dalla dissuasione nel dopo guerra fredda e nella cosiddetta “seconda era nucleare”. Esse consentono – a parer mio - di meglio inquadrare quanto dirò sul sistema antimissili.

ASPETTI GEOPOLITICI

Il collasso del Patto di Varsavia aveva determinato le condizioni per creare la cd. “casa comune europea”, basata sull’europeizzazione della Russia. Tale possibilità, che avrebbe pacificato e integrato l’intero continente, è scomparsa per varie cause. Innanzitutto, per l’implosione dell’URSS. Essa non fu voluta dall’Occidente. Anzi, il presidente USA Bush sr. si recò a Kiev, nel giugno 1991, per scongiurare gli ucraini di rinunciare alla secessione. Era il periodo in cui a Washington prevaleva la politica del Russia first e il progetto di fondare il nuovo ordine mondiale su quella specie di “duopolio imperiale” russo-americano, che tanto bene aveva funzionato nella guerra del Golfo del 1990-91. In secondo luogo, per il fatto che l’Occidente – inebriato dalla “vittoria” - non ha tenuto in debito conto le sensibilità, il patriottismo e l’orgoglio nazionale russi. Ha infatti adottato una serie di iniziative, che avrebbero potuto essere effettuate con maggiore cautela e anche lungimiranza, senza provocare tra i russi il sospetto che volesse distruggere il loro paese, approfittando della sua debolezza e del caotico periodo che conobbe negli anni novanta. Ricordo talune iniziative occidentali che si sono tradotte in umiliazioni per Mosca. Gli allargamenti dell’UE e della NATO; il bombardamento e poi il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo; la penetrazione nel

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Caucaso, estesa al Caspio e all’Asia Centrale; l’adozione di una geopolitica dei gasdotti ed oleodotti tendente a sottrarre i flussi di petrolio e di gas dal transito attraverso il territorio della Federazione; il sostegno all’aumento dell’influenza cinese in Asia Centrale e nelle regioni del Pacifico, la quale rappresenta un pericolo mortale per Mosca; il sostegno alle “rivoluzioni colorate” in Georgia, Ucraina e Kirghizstan; le proteste per la progressiva ri-centralizzazione del potere politico al Cremlino; il ritiro americano dal protocollo ABM; le difficoltà per il rinnovo dello START 1, con un nuovo trattato giuridicamente vincolante; la proposta di attivazione del MAP con l’Ucraina e la Georgia, in vista della loro entrata nella NATO; e, ultimamente, il progettato schieramento di componenti del sistema antimissili USA in Europa Centrale e la Eastern Strategic Partnership, approvata il 20 giugno scorso dal Consiglio Europeo, che ha tra l’altro lo scopo di avvicinare all’Europa e di democratizzare Bielorussia, Ucraina e le tre Repubbliche caucasiche.

Beninteso, vi sono stati da parte dell’Occidente anche atti costruttivi nei confronti di Mosca: il Consiglio NATO-Russia, l’entrata della Russia nel G-8, la Global Partnership, la cooperazione in campo nucleare, in particolare con il programma From Megatons to Megawatts; il recente accordo russo-americano per le centrali di quarta generazione, e così via. Ma nell’immaginario collettivo russo, ha prevalso la teoria del sospetto. I “torti” sono stati risentiti come umiliazioni e considerati tentativi di distruggere la Russia. Essi sono stati alimentati anche dalla propaganda della Chiesa Ortodossa, che si sente sotto pressione per il dinamico proselitismo di missioni e sette evangeliche e anche cattoliche. Evidentemente i torti non sono stati da una parte sola. Talune accuse di Mosca all’Occidente per le sue attività aggressive sono state decisamente “sopra le righe”. I rifornimenti di gas sono stati utilizzati come strumento di pressione, provocando in Europa la ricerca di una sicurezza energetica nei confronti di Mosca, che rischia di compromettere la futura collaborazione con l’immensa Federazione russa. Aumenta così il pericolo che essa cada progressivamente nell’orbita cinese, a mano a mano che il declino demografico che conosce farà pienamente sentire i suoi disastrosi effetti.

Tra le tre correnti dominanti nella geopolitica russa dopo Pietro il Grande – europeismo, panslavismo ortodosso e nazional-patriottico, ed eurasismo imperiale – la prima, cioè quella europeista - prevalente negli anni novanta, soprattutto nel circolo dei “sanpietroburghesi” - ha perduto influenza rispetto alla seconda. Le capacità politiche del presidente Putin e gli elevati prezzi mondiali del petrolio e del gas hanno consentito alla Russia di riprendersi, di eliminare il rischio di un’ulteriore

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frammentazione e di farle recuperare il rango di grande potenza, se non globale almeno regionale, se non militare almeno energetica oltre che nucleare, dato l’enorme arsenale ereditato dall’URSS (si valuta che la Russia disponga ancora di 5200 testate operative, di cui 3000 strategiche e 700 per la difesa aerea ed antimissili; nonché di 8800 in riserva o in attesa di smantellamento). Pur disponibile ad appoggiare USA e NATO in Afghanistan e contro il terrorismo, la criminalità e la proliferazione nucleare – aspetti per i quali esiste una quasi completa convergenza di interessi ed anche di politiche con l’Occidente - la Russia ha ricominciato a svolgere una politica estera attiva, a difendere e promuovere i propri interessi nazionali e, in particolare, a riprendere influenza nel suo “estero vicino”. Ha ricominciato anche a “mostrare i muscoli”, dall’intervento di Putin alla Werkunde 2007 alla ripresa dei voli dei bombardieri strategici, all’invio di una Squadra Navale in Mediterraneo, al programma di rafforzamento delle Forze Armate.

Per parte del contenzioso esistente (CFE, rinnovo START, INF, ecc.) è stata individuata una road map nella riunione fra i presidenti Bush e Putin a Sochi, sul Mar Nero, il 5-6 aprile scorso, dopo il Summit NATO di Bucarest. Ma la tensione con l’Occidente permane non solo per il Kosovo, per il ventilato nuovo allargamento della NATO, per i rifornimenti energetici e, soprattutto, per il progettato schieramento di componenti della BMD USA in Europa centrale.

DISSUASIONE NUCLEARE E DIFESE ANTIMISSILI

Durante la guerra fredda la stabilità strategica era garantita dalla pure deterrence - o deterrence by punishment - basata sulla reciproca capacità di distruzione (MAD) che possedevano USA ed URSS, anche dopo aver incassato un attacco di sorpresa controforze. Il sistema fu consolidato negli anni settanta dal SALT 1, che fissava un “tetto” di vettori strategici e prevedeva la limitazione - prima a 200 schierati in due basi, e poi a 100 su una sola base - di sistemi antimissili, la cui diffusione avrebbe – almeno teoricamente - potuto destabilizzare la MAD. La logica del SALT 1 – per la parte che riguardava la limitazione del numero delle armi offensive - fu annullata dallo sviluppo della “mirvizzazione”, che moltiplicò il numero delle testate, aumentando la possibilità di un first strike controforze disarmante. Malgrado ciò, la dissuasione rimase sostanzialmente stabile, anche nel teatro operativo europeo, dove agli SS 20 sovietici la NATO rispose con lo schieramento degli euromissili cruise e Pershing-2. Impedendo le difese del proprio territorio, la stabilità della

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MAD era allora fondata sul mantenimento delle proprie vulnerabilità. Popolazione e territorio venivano praticamente dati in ostaggio all’avversario. Il sistema era evidentemente pericoloso non per nulla si chiamava “equilibrio del terrore”. Inoltre, sotto il profilo della logica strategica, era del tutto irrazionale. Si trattava infatti di far distruggere quanto si intendeva difendere. La logica sottesa era simile ad una scommessa di tipo pascaliano. Infatti, la credibilità della dissuasione era fondata sulla scommessa sulla razionalità del Cremlino - di non rischiare di subire una risposta nucleare USA sul territorio sovietico a seguito di un attacco limitato convenzionale in Europa - e sull’irrazionalità dell’Occidente: quella di fare veramente ricorso alle armi nucleari in caso di necessità. Il sistema comunque ha funzionato, forse anche per il comune interesse di Washington e di Mosca sia di evitare un conflitto nucleare, sia di mantenere l’ordine di Yalta.

Con la fine della guerra fredda e l’implosione dell’URSS, la MAD non poteva più costituire la base della stabilità strategica. La proliferazione nucleare è stata contenuta, ma esiste il rischio che Rogue States, messi con le spalle al muro, si dotino di missili con testata nucleare o biologica. Un altro timore è che il tecno-terrorismo “parateologico” venga in possesso di armi di distruzione di massa. In realtà, è molto più logico che vengano impiegate testate montate su cruise o mini-testate, oppure da parte dei terroristi, Improvised Nuclear Devices facilmente costruibili una volta che siano riusciti a procurarsi qualche decina di kg: di uranio arricchito militarmente.

La logica della MAD ha però continuato a costituire la base delle dottrine strategiche e degli accordi sulla riduzione delle armi nucleari – i quali sono stati sempre basati sul mantenimento della parità fra USA e Russia. E’ poi da notare che molti ICBM – ereditati dalla guerra fredda - non possono per ragioni tecniche diminuire il loro grado di prontezza operativa, studiata per il cd. launch on warning. L’importanza delle armi nucleari diminuì per l’Occidente, ormai in possesso di una pressoché assoluta superiorità convenzionale. Aumentò invece per la Russia, data la profonda crisi delle sue forze convenzionali e la loro impossibilità di difendere l’immenso territorio del paese. Mutò anche il ruolo delle armi nucleari. Soprattutto in USA, esse si trasformarono da armi solo di dissuasione – quindi di non-guerra – in armi operative nelle loro nuove versioni miniaturizzate e specializzate – ad esempio per la distruzione di bunker corazzati, posti a grandi profondità – anche per la riduzione dei danni collaterali e delle ricadute radioattive. La Russia, dal canto suo, ha adottato una strategia analoga a quella della “risposta flessibile” NATO, valida dagli anni sessanta alla fine del confronto bipolare.

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Mutò invece la logica che aveva ispirato il Protocollo ABM sulla drastica limitazione delle difese antimissili. Tale mutamento è stato possibile anche per il progresso tecnologico. Le testate attaccanti possono essere distrutte per impatto diretto, senza cioè ricorrere a scoppi nucleari antimissili, tecnica tuttora utilizzata dalla Russia, che ha concentrato le sue difese antimissili a difesa di Mosca. Invece di mantenere la vulnerabilità del proprio territorio per non erodere la MAD, si cercò di proteggerlo contro le nuove minacce. Il processo iniziò con la SDI (Strategic Defense Initiative) di Reagan, annunciata nel 1983. Il programma era di natura più politica che tecnico-militare. Mirava a innescare un corsa al riarmo fra gli USA e l’URSS, proprio nel settore tecnologico dove i primi possedevano una netta superiorità. Lo dimostra il fatto che la SDI fu annunciata prima ancora che fossero stati effettuati studi sia sulle sue conseguenze strategiche che sulla sua fattibilità tecnologica. Successivamente, il programma cambiò di nome, ma non di natura. Con Bush sr. divenne GPALS (Global Protection Against Limited Strikes). e, con Clinton, NMD (National Missile Defense). Negli anni novanta fu iniziata la costruzione di due basi in Alaska e in California, dotate complessivamente di una ventina di intercettori terrestri mid corse, con radar di acquisizione obiettivi su piattaforma marittima nel Pacifico e di allarme su satelliti radar e infrarossi.

La nuova denominazione adottata sotto la presidenza di Bush jr. è di BMD (Ballistic Missile Defense), distinto da quello precedente per il fatto che prevede di estendere la difesa antimissili agli alleati europei e asiatici degli USA, costruendo in particolare una terza base di intercettori terrestri in Europa, contro la minaccia missilistica proveniente dall’Iran. Nel contempo, negli USA – ma anche in Giappone, in Israele e in Russia – sono stati sviluppati sistemi antimissili denominati “di teatro” (TMD), destinati non solo alla protezione delle forze di intervento all’estero, ma anche alla difesa terminale contro missili diretti contro il proprio territorio.. In Russia, i sistemi sono focalizzati alla difesa di Mosca e comprendono sistemi (A 135, SA-10 e SA-21) molti dei quali a testata nucleare (si valuta che la difesa aerea della Russia disponga complessivamente di 700 testate nucleari a terra e su nave). Il Giappone dispone di sistemi mid course a bordo di incrociatori Aegis, e per la difesa terminale già di batterie Patriot PAK-3, mentre sta sviluppando con gli USA il THAAD (Theatre High Altitude Air Defense). Per inciso, i sistemi mid course Aegis a bordo di navi dovrebbero completare quelli terrestri schierati in Centro Europa per la protezione dei territori meridionali della NATO. Negli USA proseguono poi ricerche e sviluppi per lo schieramento di sistemi antimissili nello spazio extra-atmosferico,

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fatto che comporterà la denuncia del trattato sulla smilitarizzazione dello spazio. Essi sono ritenuti indispensabili per la difesa dei satelliti americani, da cui dipende gran parte della potenza militare USA e che sono messi in pericolo dallo sviluppo di armi antisatelliti, in particolare da parte della Cina.

Dal loro inizio al tempo di Reagan, i programmi delle difese strategiche antimissili sono stati finanziati complessivamente con 110 miliardi di dollari. Per darvi un’idea, il terzo sito di intercettazione in Polonia e in Repubblica Ceca dovrebbe costare 6 miliardi di dollari. Finanziamenti molto più consistenti sono stati dedicati allo sviluppo e approvvigionamento di sistemi TBMD. L'Italia collabora con la Francia nello sviluppo della famiglia degli Aster – sia terrestri che navali - e con gli USA e la Germania nel programma MEADS. La priorità della TMD è destinata a permanere anche in futuro sia per motivi di bilancio sia perché si è in attesa di sapere quale sarà l’effettiva configurazione del sistema antimissili strategico che schiereranno gli USA. Inoltre, sull’efficacia dei sistemi mid course sono stati sollevati molti dubbi. I radar da cui dipendono non sono in condizioni di distinguere fra le testate ed le misure di inganno. Gli studi sulle testate antimissili ad effetto multiplo non hanno sinora dato risultati soddisfacenti, anche se il capo della Missile Defense Agency statunitense ha affermato al Congresso che si prevede che vengano messe a punto per il 2015. Sui 13 lanci sperimentali effettuati, ben 7 sono falliti. I sistemi a tre stadi – in pratica sono il secondo e terzo stadio sono quelli degli ICBM Minutemen, schierati in California ed Alaska – e quelli Pegasus a due stadi, di previsto schieramento in Europa, possono essere efficaci solo contro missili alquanto rudimentali, quali i Taepodong2 nord-coreani e gli Shabab 3 iraniani, che utilizzano le tecnologie dello Scud, che sono sostanzialmente quelle della V2 tedesca.

Molto acceso è il dibattito fra gli esperti strategici americani sulle finalità ultime della BMD e sull’opportunità di puntare su un sistema tanto inaffidabile come i GBI di mid course contro i missili attaccanti. L’ipotesi che viene fatta al riguardo è che tale priorità non derivi dalla capacità antimissili, ma da quelle antisatelliti che ha il sistema. I programmi americani puntano al dominio dello spazio, completando quello dei due oceani che proteggono gli USA dal resto del mondo e consentono loro di essere quello che in termini geopolitici viene definito Hearthland, cioè “cuore della terra”. Il fatto è essenziale. Determina anche le possibilità di collaborazione internazionale in settori tecnologici tanto avanzati e tanto importanti per le ricadute che hanno sulle produzioni commerciali. Gli USA non trasferiscono tali tecnologie

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neppure ai loro alleati europei. Mi sembra strano che siano disponibili a metterle a disposizione di altri paesi, in particolare della Russia, nonostante tutte le promesse usuali nella public diplomacy. CONFIGURAZIONE E STRUTTURA DELLA BMD

Gli intercettori mid-course già schierati in Alaska, per proteggere il territorio statunitense da missili nord-coreani, e di previsto schieramento in Polonia, per proteggerlo da quelli lanciati dall’Iran, rappresentano una prima realizzazione, per ora di tipo del tutto artigianale, del programma NMD. Il sistema che sembra emergere dalle notizie non classificate disponibili dovrà comprendere vari “strati” o layers, in modo da ottimizzarne l’effetto. Ad esempio, un sistema comprendente tre strati, ciascuno con la probabilità dell’80% di abbattere un missile attaccante, ha la probabilità del 99,2% di distruggerlo. Se si tiene conto dell’entità dei danni causati su una città da un ordigno nucleare, si può concludere che una difesa antimissili del territorio non solo è politicamente doverosa, ma anche conveniente economicamente, nonostante i suoi elevatissimi costi, valutabili a diverse centinaia di miliardi di dollari.

Un primo strato del sistema che stanno mettendo a punto gli USA sarà costituito da laser a bordo di aerei o da mini-missili superveloci sistemati su nave. Essi dovrebbero colpire i missili avversari nella fase di lancio o boost phase, allorquando sono lenti ed emettono un’enorme quantità di raggi infrarossi. Il secondo strato è quello di mid-course, rappresentato dai Pegasus di previsto schieramento in Polonia e dagli Standard III, schierati a bordo dei cacciatorpediniere e degli incrociatori tipo Aegis, acquisiti anche dal Giappone e in corso di approvvigionamento forse dell’Australia. Lo strato terminale della NMD dovrebbe essere costituito dai sistemi impiegati per la TMD, quali il THAAD (Theatre High Altitude Air Defense) o il Patriot PAK 3. Operativi sono già i sistemi a due strati giapponese ed israeliano, basati rispettivamente sulla combinazione Aegis – PAK-3 e su quella Arrow – PAK-3. Continuano gli studi e le ricerche tecnologiche per completare il sistema NMD con sistemi sia laser che balistici sistemati nello spazio a bordo di satelliti. Nello spazio sono già schierati i satelliti di allarme e di tracciamento delle traiettorie dei missili avversari. Per lo schieramento degli intercettori in Polonia, è previsto l’invio nello spazio di due nuovi satelliti (di tipo SBIRS – Space Based Infrared System).

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I sistemi spaziali e quelli di mid course, oltre ad essere componenti della NMD, assolverebbero anche un’altra funzione considerata vitale dagli USA: quella di proteggere dalle armi antisatelliti o ASAT i satelliti di telecomunicazioni, di ricognizione, di allarme antimissili, di posizionamento terrestre, ecc. da cui dipende gran parte della potenza militare USA. Gli intercettori antimissili sono strutturalmente anche armi antisatellite. Uno Standard III ha distrutto nel Pacifico un satellite da ricognizione americano – il NRO-193 - uscito fuori controllo. E’ molto meno complicato distruggere un satellite che una testata di missile.

Come accennato, molti esperti sono persuasi che il principale obiettivo che gli USA perseguono con la BMD sia proprio l’estensione allo spazio extra-atmosferico del dominio – praticamente completo - che esercitano sui due oceani con la loro poderosa Marina. La Navy è strutturata secondo le teorie geopolitiche formulate a fine XIX secolo dall’ammiraglio Mahan, ascoltato consigliere del presidente Theodore Roosevelt. Egli aveva trasformato la “dottrina Monroe” da difensiva in offensiva, con la guerra di Cuba e con la conquista delle Hawaii e delle Filippine, per la protezione a distanza del vitale Canale di Panama. Il Canale rappresentava – e rappresenta tuttora – l’area strategicamente più importante per gli USA. Consente infatti il traffico marittimo – più economico di quello terrestre - e la manovra della flotta fra le coste orientali atlantiche e quelle occidentali sul Pacifico. La “difesa emisferica” così realizzata era stata poi estesa al rimland europeo ed asiatico dopo la seconda guerra mondiale ed oggi anche a quello dell’Asia meridionale, con gli interventi nel Golfo, l’accordo strategico con l’India e il grandioso programma di stabilizzazione del “Grande Medio Oriente”, che si sta avvalendo della divisione dell’Islam e della contrapposizione fra sunniti e sciiti. LA POSIZIONE DELL’EUROPA

All’annuncio dello schieramento di componenti della BMD in Polonia e Repubblica Ceca gli alleati europei degli USA reagirono con proteste, perplessità e dubbi, sia di metodo che di sostanza. Di metodo, per l’approccio rigorosamente bilaterale seguito da Washington per accordarsi con la Polonia e la Repubblica Ceca, benché il programma interessasse l’intera NATO ed i rapporti dell’Occidente con la Russia. Di sostanza, perché lo schieramento previsto dagli USA “copriva” solo una parte dei territori europei dell’Alleanza. Si sarebbe così determinata una

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differenza di vulnerabilità far i vari paesi e una diminuzione della coesione dell’Alleanza.

Dopo varie tergiversazioni, gli europei hanno però deciso nel Summit NATO di Bucarest dell’aprile scorso di sostenere l’iniziativa americana, chiedendo che essa venisse estesa a tutta l’Europa, e definita nei dettagli dalla NATO. La questione sarà esaminata nelle prossime riunioni del Consiglio Atlantico.

Più complesse sono divenute le trattative degli USA con la Polonia, soprattutto dopo le elezioni che hanno portato al potere i centristi del presidente Donald Tusk. La Polonia ha insistito sul fatto che sarebbe divenuta più vulnerabile ad una reazione russa ed ha chiesto compensazioni, consistenti in aiuti militari per un importo complessivo di ben 20 miliardi di dollari. Nonostante le forti pressioni USA, Varsavia ha mantenuto le sue richieste, talchè il Pentagono sta pensando a soluzioni alternative. Esse consisterebbero nella sistemazione degli intercettori in Lituania oppure nella sostituzione dello schieramento terrestre con missili a bordo di navi dislocate nel Baltico. Le trattative proseguono. E’ probabile che vengano concluse solo allorquando vi sarà il nuovo presidente americano. John McCain è favorevole alla prosecuzione del programma; anzi sembra orientato ad accelerarlo. Anche Barack Obama è favorevole, ma potrebbe rallentarlo, sia per la diminuzione della minaccia di proliferazione missilistica e nucleare in Corea del Nord e in Iran, sia perché potrebbe usare la BMD come moneta di scambio con il nuovo presidente russo Medvedev.

Il dibattito europeo è consistito almeno in parte in un esercizio di teologia e di psicopatologia politica, in cui hanno dominato sospetti, timori, invidie ed accuse reciproche, con una logica molto simile a quella seguita nella guerra fredda per dibattere sulla SDI reaganiana. Per inciso, come sempre accade, il rischio, a cui si è accennato, non presenta solo un pericolo ma anche un'opportunità. L'Europa della difesa e la sua base industriale possono infatti trovare nella BMD/TMD un'occasione per consolidarsi intorno a un grande programma concreto, che riguardi l’estensione della copertura antimissili all’intera Europa. La nostra industria degli armamenti potrebbe infatti avvantaggiarsi di importanti spin-off tecnologici, validi anche per le produzioni civili ad alta tecnologia. Ciò richiede un approccio cauto e pragmatico, senza farsi troppe illusioni ma anche senza cedere alle lusinghe dell’«antiamericanismo primario» o illudersi che l’Amministrazione che succederà a quella Bush attenderà una specie di autorizzazione europea per continuare nel progetto.

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In altri termini, occorre concentrarsi sulle opportunità che la BMD offre alla NATO e all’Europa. A mio avviso, ciò permetterà anche di contenere i rischi immaginari o reali che l'iniziativa americana potrebbe comportare per la stabilità del quadro geopolitico determinato dalla fine della Guerra Fredda. Sarebbe invece inutile – e controproducente! - limitarsi a puntare il dito contro l’«arroganza dell’iperpotenza, l’erosione della dissuasione, la fine del regime dell’Arms Control e altre simili amenità. Occorre rendersi conto che il mondo si è trasformato e, con esso, le esigenze della sicurezza. Anziché lamentarsi, gli europei dovrebbero moltiplicare gli sforzi per costruire una vera Europa politico-strategica, superando al più presto lo spartiacque tra un’Unione intergovernativa e un attore geopolitico globale o almeno regionale allargato, che ha l’ambizione di essere ma che non è. Dopo l’esito negativo del referendum irlandese sul “mini-trattato” di Lisbona, occorre accantonare le illusioni di un’Europa federale ed imboccare con decisione quella del ”nucleo duro” ovvero del “concerto” delle maggiori potenze europee. Beninteso, l’attuale “triumvirato” fra Francia, Germania e Regno Unito, non rappresenta al riguardo una formula soddisfacente. Occorre che venga allargato all’Italia, che occupa una posizione geopolitica essenziale nell’intera periferia meridionale e sud-orientale dell’Europa – cioè nella regione da cui provengono le principali minacce che l’Europa potrebbe dovere affrontare da sola - oppure anche alla Spagna e alla Polonia. Quest’ultima costituisce l’elemento centrale della Partnership Strategica Orientale, estesa all’Ucraina e al Caucaso, che rappresenta – almeno implicitamente – una risposta tedesca all’iniziativa dell’Unione Mediterranea, proposta dal Presidente Sarkozy, peraltro già ridimensionata a seguito delle proteste del Cancelliere tedesco Merkel. In tale contesto, l’attuale politica estera italiana trova qualche difficoltà di adattamento. Ad esempio, mi sembra alquanto indebita – se non bizzarra – l’insistenza di entrare a far parte del “gruppo 5+1” – i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania, che lo considera un’anticamera per poter divenire anch’essa membro permanente – che tratta del nucleare iraniano. Il peso politico, strategico, economico e demografico dell’Italia si è notevolmente indebolito dagli anni novanta, allorquando avevamo condotto con successo un’azione di blocco del cosiddetto quick fix del Consiglio di Sicurezza, di cui sarebbero entrati a far parte Germania e Giappone. Diversi Stati emergenti stanno acquisendo un peso internazionale maggiore di quello italiano. Comunque, se il nostro MAE temesse che una rinuncia al “5+1” sarebbe considerata un indebolimento del rango internazionale dell’Italia, potrebbe semplicemente proporre di

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ridenominare il gruppo “3+3”, cioè l’EU-3, più USA, Russia e Cina. Può sembrare una battuta di dubbio gusto. A me sembra che non lo sia.

L’Europa continuerà ad avere necessità degli USA. della loro leadership e del loro sostegno. Sulle sue capacità di iniziative e di interventi autonomi è lecito nutrire scetticismo. Positivo rimane invece il mutamento della posizione francese – che segue quella tedesca – nei riguardi degli USA e della NATO. Anche dopo la scomparsa della minaccia sovietica, l’UE non è in condizioni di gestire le emergenze da sola. Lo si è visto nei Balcani. Continua – come si è detto - ad aver bisogno degli USA. Poiché non ce ne sono altri sul “mercato”, deve prendersi quelli che vi trova. Per poter divenire un responsible stakeholder del nuovo ordine mondiale – o almeno per essere presa sul serio e poter tutelare i propri interessi – l’Europa deve però re-imparare a ragionare strategicamente. La questione della BMD – che sarà dibattuta prossimamente al Consiglio Atlantico - le fornisce un’eccellente occasione per farlo. Per prima cosa, è necessario esaminare i pro e i contro del progetto, dal punto di vista italiano ed europeo, nonché le motivazioni profonde che inducono gli USA a dedicarvi tanti sforzi e risorse. PREOCCUPAZIONI E CONTROPROPOSTE RUSSE

Dopo l’annuncio del ritiro USA dal Protocollo ABM – a cui il

Cremlino aveva reagito con molta calma, oggi rimproveratagli dalla Cina - fu firmato a Mosca il Trattato SORT. Esso non solo limitava a 1700-2200 il numero delle testate nucleari strategiche americane e russe, ma prevedeva anche una collaborazione nel campo delle difese antimissili. Per attivarla fu deciso di costituire il gruppo 2+2, con i ministri degli esteri e della difesa americani e russi. Fu però subito evidente che gli americani erano indisponibili ad una completa collaborazione per le difese missilistiche strategiche e che volevano limitarla a quelle contro i TBM.

Quando fu annunciata l’intenzione USA di schierare elementi della loro BMD in Europa Centrale, Putin offrì agli USA – nell’ottobre 2007 - di utilizzare congiuntamente il complesso radar di Qabala o Gabal in Azerbaijan. Tale offerta fu rifiutata per il fatto che tale radar è di allarme early warning, non di acquisizione obiettivi, come quello di previsto schieramento nella Repubblica Ceca. Parimenti rifiutata fu l’offerta russa di schierare i dieci intercettori previsti per la Polonia nel Caucaso del Nord. Tale rifiuto fu motivato con ragioni tecniche: uno

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schieramento tanto prossimo all’Iran avrebbe concesso solo da 50 a 100 secondi per lanciare il missile intercettore, rispetto ai 200-250 consentiti dalla base polacca. Gli Usa considerarono la proposta interessante, ma solo integrativa e non sostitutiva del radar da schierarsi nella Repubblica Ceca. I russi fecero proposte molto più articolate, proponendo la costruzione e gestione congiunta di altri radar e postazioni terrestri di intercettori da Krasnoyarsk all’Amur, nonché l’utilizzo di un poligono in Kazakstan e la costituzione di un centro integrato di scambio dati a Mosca ed a Bruxelles.

Nonostante vari incontri del gruppo 2+2 non è stato possibile raggiungere un accordo di compromesso. L’unica concessione a cui sarebbero disponibili gli USA è di attivare gli schieramenti in Polonia e Repubblica Ceca allo sviluppo da parte iraniana di missili in grado di colpire il territorio USA. Anche nell’incontro di Sochi fra Bush e Putin l’argomento è stato accantonato, dopo aver posto in rilievo le differenze esistenti fra gli USA, che non vogliono spartire con nessuno la loro avanzatissima tecnologia antimissili – basti considerare le difficoltà che ha dovuto superare la Germania per ottenere talune delle tecnologie più avanzata del PAK-3 – e la Russia che ritiene un’umiliazione e anche una minaccia per il proprio deterrente, lo schieramento in Europa centrale di un radar, che potrebbe acquisire missili lanciati dalla Siberia Occidentale, e di intercettori capaci di distruggere i missili fino ad una distanza di 2500 km. dalle loro basi di lancio, cioè praticamente sino agli Urali. I russi ritengono che la minaccia iraniana sia grandemente sovrastimata e che rappresenti solo una scusa per iniziare lo schieramento di difese antimissili che comprometterebbero l’efficacia del loro deterrente. Non ritengono infatti valide le garanzie americane che i 10 intercettori iniziali non verranno aumentati di numero. Taluni responsabili russi hanno fatto dichiarazioni minacciose contro la Polonia e la Repubblica Ceca, per aver aderito al progetto americano. Il responsabile delle forze strategiche – generale Nikolai Solovtsov – ha affermato che la Russia avrebbe puntato missili strategici contro le due basi. Tali dichiarazioni hanno però irrigidito le posizioni sia americane sia della NATO. Hanno però contribuito a rafforzare la volontà polacca di ricevere adeguate compensazioni per la maggiore vulnerabilità della Polonia. In sostanza, tutti aspettano di veder chi sarà il nuovo presidente degli USA e che fine farà la BMD.

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IL FUTURO DEI BALCANI E LA QUESTIONE DEL KOSSOVO

IVAN VEJVODA Direttore esecutivo del Balkan Trust for Democracy

INTRODUCTION: THE MOVEMENT OF THE WESTERN BALKANS TOWARDS EUROATLANTIC INTEGRATION

The region has made significant strides over the past eight years

toward Euroatlantic integration: Croatia and Macedonia are candidate countries for membership in the European Union (EU), Albania and Montenegro have signed Stabilization and Association Agreements (SAA) with the EU, Serbia and Bosnia and Herzegovina have initialed SAAs with the EU. All the countries of the region are members of NATO’s Partnership for Peace Program (PfP). I believe it was an extremely prudent and judicious move to give PfP membership to Bosnia and Herzegovina, Montenegro and Serbia at the NATO Riga Summit in November 2006. NATO’s summit in Bucharest in April will most likely see invitations for NATO membership for Albania, Croatia, and Macedonia. Becoming part of Europe’s post-World War II peace project the European Community / Union is probably the single most important goal for the entire region. Becoming part of the collective security framework that is NATO for additional countries in the region will mean acquiring guarantees for further stability and peace. In fact after the EU accession of Romania and Bulgaria to member ship of the EU just over a year ago, the Western Balkans have become somewhat of an inner courtyard of both the EU and NATO, being completely surrounded by member states.

The region has also moved ahead very significantly in terms of regional cooperation in many fields, most notably in establishing a common zone of free trade- CEFTA. There is an understanding that the Western Balkans which have a joint population of approximately 20 million people, must endeavor jointly to find their rightful place in the European and eventually global economy. Joining a European Union of close to half a billion people that is one of the strongest economic players

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in the world is of the essence. The integration dynamic is thus being pursued by the different countries at varying speeds and intensity. This positive dynamic has encountered and is encountering a number of obstacles that other transition countries have seen. All the countries of the Western Balkans have significant unfinished business to accomplish.

The region of the Balkans have moved far beyond where we were eight years ago, and yet confronted by many of the outstanding challenges.

Why is this the case? Principally because this part of Europe underwent a unique dynamic after the fall of the Berlin Wall in 1989 different to other post-communist countries. Something happened in Europe that should not have happened: the violent breakdown of a European country, former Yugoslavia. This conflict lasted through the last decade of the 20th century and ended with the birth of six new countries, and now the unilateral self-proclamation of a seventh one has created a set of difficult challenges for the transatlantic community.

It is essential that this remaining part of a more narrowly defined European continent become as soon as possible, following the prescribed rules and conditions, each country on its own merits, a member of the European Union and of the Euroatlantic community. This will ensure the pillars of a lasting stability and peace.

EUROPE

I believe that we have to state the obvious at the outset. It is the word Europe, the concept of an emphatically political peace project after a century of European killing fields that defines the framework in which we are discussing today’s topic. The Balkans’ moment of truth is Europe and the European Union.

We unfortunately only need to look at the latest developments in the Middle East, or the current events in the aftermath of the recent Armenian elections (the tragic death of several individuals), to see that in comparison, notwithstanding all of the huge difficulties, the Balkans have their anchor in a much more stabilizing environment. The behavior, erratic at times, of all Balkan actors is being tempered by both the terrible consequences of the war torn 1990s and by the concrete prospect of becoming part of that vast however complicated, family of the European Union.

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The desire to become part of a success story which ultimately, through thick and thin, with all of its imperfections, nonetheless brings greater certainty and security, overrides other more irrational temptations.

SERBIA

Serbia is in many ways the key to the region’s stability, security and prosperity. All other countries are also fundamental to the process of stabilization and the creation of conditions for a lasting peace. But Serbia by its sheer size and geographical position is crucial to this process. It is the peaceful, electoral victory over Milosevic and his regime in 2000 that opened the road for the Balkans to fully embark on the Euroatlantic integration project. Serbia has reconfirmed at every subsequent election it democratic, European choice for the future. The victory of President Boris Tadic in the second round of the Presidential election on February 3, 2008 was once again proof of this. His slogan of “Together to Europe” won the day. 2.3.million voters delivered a clear message to the political elite that there was no alternative to Serbia’s future. The resounding victory of the prodemocratic, proEuropean coalition led by President Tadic in the May 11 parliamentary elections was the clearest possible signal that Serbian voters and Serbian society said that they wish a stable, democratic, Eureopan future. Serbia’s road to Europe will now continue with full determination and commitment.

The strong showing of the opposition candidate from the Serbian Radical Party (SRS) bore at least a twofold message. It was in my view principally a strong voice of discontent from the part of Serbian society that had lost out in the preceding years of the transition process, citizens who had lost their jobs and who do not see a secure and certain livelihood for themselves in the coming years. The prospect of EU integration seems far flung for them. It was thus a vote of stern warning to the current and past democratic coalitions that have been in power since 2000 that they must begin delivering more jobs and a better standard of living, that they must show greater commitment to the public good. There is also a portion of that SRS vote that is not content with the way things have preceded with Kosovo’s future status and the conditionality of the Hague Tribunal. In the election campaign the SRS candidate made an attempt to show a more moderate face of the nationalist party that it still is. In this overall context one needs to understand that Serbia is in its eighth year of transition. One has to hark back to 1997/98 to compare Serbia to where, for example, Poland or Hungary was. Yes, Serbia is a laggard and should

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be moving much faster. I am convinced, as I was with the victory over Milosevic’s regime, and of the victory of Boris Tadic in the recent presidential election, that Serbia will find it in itself to continue its reform process and path to EU integration. The current state of play in Serbia may not convince observers of this. The incumbent coalition government in Serbia, composed of the Democratic Party (DS) of President Tadic, of the Democratic Party of Serbia (DSS) of Prime Minister Vojislav Kostunica, and of G17+ Party of Minister Mladjan Dinkic – is in a state of crisis and discussion. The unilateral declaration of independence by Kosovo and Metohija on February 17, 2008 has put an immense strain on the coalition. The Government voted in May 2007, after the January 2007 elections, on a five priority program: defending the integrity of Serbia including Kosovo, EU integration, the fight against corruption, creation of jobs, and cooperation with the International Criminal Tribunal for Former Yugoslavia (ICTY). The majority of the government is composed of the DS and G17+ who are staunchly pro-European while at the same time defending Serbia’s claims to territorial integrity and sovereignty and insist on the immediate resumption of the EU integration process. The Prime Minister and his party are holding a position that Serbia can only continue on its EU path by asking that Kosovo be an integral part of Serbia on that path. On March 2, President Boris Tadic reiterated the key point that Serbia should not and will not in any case isolate, self-isolate itself, because it would only do detriment to itself. He recalled that Serbia has 60% of its trade with the EU while only 5% with Russia and that Serbia must look to its well understood self-interest. The Deputy Prime Minister Bozidar Djelic just yesterday announced that the government will pursue implementation of the SAA while waiting to sign it. Minister Mladjan Dinkic has taken a strong line in invoking the need for realism and Serbia’s economic and investment priorities. All these statements can be summarized in the following way: Serbia must not waste any more time in its democratic and economic reforms and its road to the EU.

The debate has been out in the open, ongoing and very clear. After Kosovo’s unilateral declaration of independence on February 17, a decision that both the Government and Parliament of Serbia have declared null and void, this debate testifies to the vibrancy of the Serbian public sphere: politicians, business people, journalist’s, and civil society actors are all involved.

The most regretful events of February 21, 2008 when violence occurred in Belgrade brought a sense of déjà vu and a throw back to the 1990s with attempts at identifying “traitors” to the national cause and singling out particular civic leaders and media (B92) who are accused by

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nationalists of not towing the nationalist line. The response of strong public opinion was very important. Business leaders and investors have insisted for the greater part (the American Chamber of Commerce in Serbia for example) that nothing changes in their view as far as continuing business is concerned, provided basic conditions don’t change and that Serbia resumes its road to EU integration without delay. Other facts though indicate that even this two-week interruption, lull in Serbia’s EU intentions, have sent worrisome signals: the Belgrade stock exchange has lost percentage points, a certain number of potential investment arrangements have been put on hold and there is with some economic actors a wait and see attitude. What does all this signify? First is that Serbia is locked into a framework of relationships of mutual dependency, economic foremost, and it will only do detriment to itself if it decides to stay outside them. Reality presses strongly at the governmental door. Geopolitically the EU is without alternative, and the so-called Russian alternative is a non-starter in spite of certain nationalist voices who believe that Serbia can relinquish the EU road, maintain certain commercial relations with the EU, and choose other allies (Russia, China, India). Russia is clearly, for other European countries, an important partner in energy. Just as Germany, Austria or Bulgaria have signed significant arrangements on gas in particular, so has Serbia recently signed a deal on the South Stream gas pipeline. There are also many questions raised by governmentactors on the probity of the contract to sell the Serbian oil company NIS. This is still ongoing. Local elections are slated for May 11, 2008, and I believe that the Serbian governmental coalition will hold until then in spite of the severe turbulence it is going through – all coalition partners are saying that they are doing everything to maintain the coalition, although all have drawn their red lines. We will be wiser to the fact whether we will have early parliamentary elections as some analysts think in September or by years end, by the time of the local elections. The main question is when (in days or weeks or months) does Serbia resume its EU road, take advantage of the French EU Presidency beginning on July 1, because France is committed to helping Serbia gain formal candidacy for membership of the EU by the end of the year, and also finalize an agreement on full visa liberalization for travel to Europe.

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KOSOVO

1. This was and will remain an enormous challenge. It comes at the

tail end (as many surmised it would at the beginning of the breakdown of former Yugoslavia in 1991) of a series of wars and interventions. As the region and its individual countries have slowly found their foothold in the post-conflict and Euroatlantic integration dynamic, so have all stakeholders awaited the moment of the Kosovo decision. Now it has come.

A unilateral (or coordinated) declaration of independence (that some European analysts have called more of a declaration of dependence) that was celebrated by the Albanians of Kosovo and with anxiety experienced by the non-Albanian population in Kosovo. Serbia rejected, as it had announced this declaration and declared it illegal, and as one that tramples international law and the Helsinki Accords, and said that it would not recognize the independence of Kosovo. There is much uneasiness and wariness on the part of a number of states even within the EU with this move that has not been “covered” by the UN. To date 20 EU member states have recognized Kosovo as well as about 23 other non-EU states, including the US. Although all EU member states including Spain, Romania, and Slovakia have endorsed the EU mission, EULEX and will send their personnel to be part of it. One might say it is still early days, but judging by commentaries in major daily press in the U.S. and Europe there seem to be many more questions than answers. Also the fact that the (EULEX) has been sent to overview and supervise judicial, police and customs affairs, but without UN, or UN Secretary General’s (UNSG) endorsement begs many a query. In fact the exchange between Pieter Feith, the EULEX mission leader, and the spokesperson of the UNSG reveals the state of international legal confusion at the moment.

I wrote in July 2004: When domestic actors are incapable of solving a contentious

issue and require a third party to mediate then all parties become stakeholders. The crucial stakeholders are the domestic ones and unless they arrive at a solution based on compromise through negotiations then no solution will be found, or only half measures will be achieved. The lack of a solution in Cyprus because one of the key communities was not on board the agreement is an example of this, again all things being equal. In Kosovo as in other similar/dissimilar seemingly “intractable” conflict or post-conflict situations (Northern Ireland, Kashmir, Sri Lanka, Basque country, Israel-Palestine, etc.) the solution is in bringing the

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voices of moderation, pragmatism and realism forward while blunting the arguments and basis of grievance of the extremists wherever they may be. The engaging of the dialogue is essential – in this case between Albanians and Serbs. This long and arduous dialogue had just begun, but was interrupted. It should be resumed, reengaged and broadened. Negotiations that were engaged two years ago, and then continued under the auspices of the troika (US, EU, Russia) bore no results. This is the result and the reality we have today, however satisfactory this outcome for some, principally for the Albanians in Kosovo, and unsatisfactory to others, principally Serbia.

I mentioned above the fundamental importance of the overall European framework of these developments. All actors agreed to not engage in violence. The key interlocutors from the Belgrade and Pristina side signed off on such a pledge during the troika talks. The Serbian side many times over said and kept its promise that the army would not be engaged, nor used in any way whatever the outcome. Moreover, the intensity of the contacts between the Serbian Ministry of Defense, the Minister, and the Serbian military with NATO and KFOR commanders has been crucial to the relatively stable and peaceful turn of events during this whole very precarious process. There is a clearly defined political desire to maintain as fully as possible the conditions of stability and peace established over the last four years, i.e. since the most regrettable events of March 17-18 2004, when another 4000 Serbs were cleansed from Kosovo, churches burned and Serbian property destroyed. This is a major wake-up call about how badly things could go if unattended to, and all parties interests catered to. Since 2004 the level and intensity of communications between international and domestic actors have proven to have had a positive effect. The EU perspective opened for the whole region at the EU Thessaloniki Summit in June 2003 holds firm and has been reiterated and helps maintain clarity of purpose. Also, one the greatest fears were that we all might witness another exodus of the remaining Serbs from Kosovo once a unilateral declaration of independence occurred. This has fortunately not happened, again thanks to all involved including the Serbian government that in the final days of the run up to the declaration went to the Serbian enclaves and spent time with the people to reassure them that their security would be respected and enforced. We have overall seen, again fortunately, little degree if no violence. All of these are important achievements that must not be underestimated or forgotten because they speak to the deeper and more substantive intentions of the actors.

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2. There is another reality in Kosovo, which is that the Northern

municipalities where Serbs are the dominant population are not under the control of authorities in Pristina, but under UNMIK. Overall in the North in Kosovska Mitrovica events have been relatively peaceful, except again for the very regrettable, but isolated events, of the burning of the two customs posts in Jarinje and Barnjak, on the administrative border with Serbia proper.

A majority of Serbs living in Kosovo live south of the Ibar river in bigger or smaller enclaves and have decided to stay. The EULEX mission is beginning to install itself while UN Security Council Resolution 1244 and UNMIK remain in office under the UN SRSG Joachim Ruecker. This maintenance of UNMIK is I believe at this moment extremely important because it allows for normal communications between all the parties present and especially in the North. The Serbian government and its Ministry for Kosovo and Metohija have pledged to Serbs that they will help them in their daily lives. It is crucial that the ongoing contacts between the UN, UNMIK and the Serbian authorities are intense and constant, just as those between the military, for the sake of maintaining the peace. What will happen eventually with the North--remain part of Serbia reintegrate into Kosovo (which it has not been for all of these years) or have some lasting in-between status – is very hard to predict with certainty at this moment. As is well known even the negotiators of the troika at certain moments spoke of partition as a possible solution if the parties directly between themselves agreed to it. Both Belgrade and Pristina have officially rejected this as a possibility. But the reality on the ground is that the North is separate from the Center and South of Kosovo.

What will this reality lead too? At this stage it most important that in the lives of people living there nothing changes for the worse, that their sense of certainty and security be progressively enhanced. The overall movement of the Balkans toward the EU will or should overtime temper some of the outstanding tensions and unresolved issues. Timothy Garton Ash in a recent article wrote: “Indeed, if things go well in Europe's south-east and badly in its north-west, Belgium and Kosovo may yet converge: the Balkanization of Belgium meets the Belgianisation of the Balkans.” In other words the coming and strengthening EU framework can help continue to diffuse tensions and maintain them in a political setting.

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3. The Albanian leadership will very soon be confronted with the

dire reality of the (non) economy of Kosovo. It is the least-developed region with the lowest income in Europe, even more so than Moldova. It has the highest un-employment and the most youthful population. The pressure on the labor market is enormous. Remittances are one of the most important income resources.

Kosovo is plagued, as other countries in the region, with problems of corruption, trafficking, drugs and arms smuggling and often with elements of collusion between political parties and their own private security services. Some analysts are talking of a potential failed state and a very long term responsibility that the EU is taking over – in fact the creation of a long-term EU protectorate. The lack of success of the UNMIK mission in creating full security and managing infrastructure (electricity has been a dismal failure), and the failure of the “Standards before Status” policy are stark warnings to those who follow.

Whatever the reality that will develop and whatever the legal wrapping that will be found, a huge investment in all areas will be required for the region at large, all of its states and Kosovo in its new form to begin seeing the contours and the effects of the European peace and prosperity project. The stabilization of the Balkans is conversely also a test for the EU’s security strategy. In Kosovo much needs to be done on strengthening civil society as a countervailing force to that of the political actors. The need for advocacy and watchdog activities will be paramount.

Investing in good governance, the rule of law, and human rights in all of its dimensions must go hand-in-hand with serious efforts of investment into infrastructure.

The fight against corruption and for greater transparency is the precondition for the creation of an investment climate conducive to new investments creating jobs. All this requires focus, resources and time. The role of bilateral and multilateral donors as well as international financial institutions is essential to the success of the region as a whole. Were it possible to invest in region- wide infrastructure projects the result would potentially be more effective – alongside in-country projects.

One word on the endeavors of the Balkan Trust for Democracy (BTD), which is a project of the German Marshall Fund of the United States in a public-private partnership with USAID, and the C.S. Mott foundation (Flint. Michigan). This ten-year project launched in 2003 is active in all of the Western Balkans as well as in Romania, Bulgaria and Moldova. It has been joined over the past four years by European donors, including the Greek, Dutch, Swedish and Danish governments that have

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made significant contributions; and also private European foundations, including the Compagnia di San Paolo (Turin, Italy); Robert Bosch Foundation (Stuttgart, Germany); Tipping Point Foundation (Sofia, Bulgaria) Thus BTD is now a truly transatlantic effort at democratic institution and capacity building for governance and civil society projects in the Balkans. It has been met with great enthusiasm and expectations. As certain donors prepare to scale down and leave, others such as the Balkan Trust are contributing to the long-term effort of democratic consolidation and empowering the citizens of the region.

THE REGION

All countries of the region are approaching the question of recognition of Kosovo’s independence with great circumspection, wishing to contribute to stability by their cautious approach and waiting for a significant number of principally EU member states to recognize before they do, if they do. Bosnia and Herzegovina is particularly exposed to the turbulence of the Kosovo decision. The Parliament of Republika Srpska, an entity of Bosnia and Herzegovina, has made a decision on a possible referendum if its status in BiH were threatened to change.

Very briefly, I believe that at this point in time the Dayton Accords and the resulting constitution of BiH stand firm and there is no immediate danger of seeing Bosnia and Herzegovina disintegrate. If the entities of Bosnia and Herzegovina are respected then it will continue peacefully into the future with all the challenges that it has.

The region, as I mentioned earlier, is part of a regatta moving toward EU integration. Macedonia, a candidate member, will hopefully get a date in 2009 so as to start the long negotiation process for entry into the EU. Macedonia and Greece additionally must find it in themselves to overcome the 16-year-old dispute over the name of the country – because this will additionally stabilize the region.

The invitation for NATO membership to Albania , Croatia, and Macedonia will help give additional guarantees for security, stability and peace. The 50th anniversary of the existence of the EU last year speaks to the fact despite many obstacles it has managed to incorporate 27 members, constituting nearly one half billion people. The EU has the potential to historically diffuse the powder keg of Europe and possibly bring the region, in a positive virtuous circle effort, into or close to membership by 2014.

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CITIZENS AND DEMOCRACY

Citizens in one part of the Balkans have experienced extreme hardships since the early 1990s while other post-communist countries rushed to secure their long lost place in Europe. It will be 20 years since the fall of communism and yet the Balkan region is still not completely secure from backsliding.

The citizens of the Balkans-wherever they may find themselves-do not wish to see a repeat of wars, sanctions, hyperinflation, or bombing, and they do not wish to feel fear, uncertainty and insecurity. Through the democratic process, citizens now have legitimate democratic leaders. They wish their leaders to be responsible and in the words of Isaiah Berlin do what responsible governments do: “avoid the extremes of suffering.” The immediate and mid-term future is about consolidating these initial democratic foundations, further strengthening the sense of certainty and security about tomorrow through the creation of jobs and incrementally improving living standards. These are again historical crossroads for a part of the Balkans, yet because some lessons have been learned and Europe is the framework, we could be very cautious in saying that the glass is still half full and needs continuous filling.

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LE RELAZIONI UNIONE EUROPEA - RUSSIA: TRA CRITICITÀ E NUOVE PROSPETTIVE

PAOLO MAGRI Direttore dell’ISPI

DALLA A-SIMMETRICITÀ DEL PASSATO ALLA RICERCA DI NUOVI EQUILIBRI

Con la fine della guerra fredda anche le relazioni fra Unione

Europea (UE)1 e Unione Sovietica tendono a mitigarsi ma soprattutto vengono condotte dalle parti in maniera diretta senza la mediazione degli Stati Uniti. Nella seconda metà degli anni Ottanta inizia anche a circolare l’idea, per la verità vaga, di dar vita nel lungo periodo ad una “casa comune europea”. L’allora presidente Mikhail Gorbachev presentò per la prima volta le implicazioni – superamento delle divisioni, smantellamento degli arsenali militari, cooperazione per la comune risoluzione delle questioni - della “casa comune europea” durante una visita in Cecoslovacchia nell’aprile del 19872. La proposizione di un tale modello di coesistenza collaborativa sembrò un modo da parte sovietica di scongiurare l’imminente implosione del sistema dei paesi satelliti e di tenere fuori dalla definizione di pan-Europa gli Stati Uniti, soprattutto in termini di sicurezza. La “casa comune europea” continuò ad essere una metafora senza possibilità di trovare attuazione in concreto come progetto politico. Grazie a quelle che T. G. Ash definì le refolution (combinazione di “reform” e “revolution”) 3 i paesi dell’Europa centrale ed orientale si liberarono dal controllo sovietico mentre la NATO continuò a sopravvivere ed anzi ad ampliare le proprie funzioni per mantenere la sicurezza della nuova Europa. Inoltre la prospettiva di membership

1 Ci riferiamo ad Unione Europea (UE) anche per i periodi precedenti al 1993 quando entrò effettivamente in vigore il Trattato sulla UE. 2 Per un approfondimento, M. Svec, “The Prague Spring: 20 Years Later”, Foreign Affairs, 66, 1988, pp. 980-1001. 3 T.G. Ash, We the People, London, Granta Books, 1990, p. 5.

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offerta dalla UE ai paesi dell’Europa centrale, a partire dai primi anni Novanta, e l’adesione già nel 1999 di Polonia, Repubblica ceca, Ungheria alla NATO vanificò irrimediabilmente il progetto di una “casa comune europea” e suscitò profondo risentimento e frustrazione a Mosca.

Fu evidente che fra UE e Russia non ci poteva essere alcun progetto comune sulla riorganizzazione dello spazio post-sovietico. L’obiettivo primario della UE, che si faceva finalmente carico delle proprie responsabilità verso quella che Milan Kundera aveva definito polemicamente l’“Europa rapita”4, era quello di giungere alla unificazione europea tramite l’allargamento, ossia l’estensione del proprio sistema politico ed istituzionale all’altra Europa.

Le relazioni fra la Russia e l’UE si dipanarono allora secondo lo schema tipico degli accordi che normalmente l’UE stabilisce con i paesi terzi. Nel 1993, quando iniziarono i negoziati per l’Accordo di partenariato e cooperazione (Apc) – l’accordo fu poi firmato dal presidente Boris Yeltsin il 24 giugno 1994 e fu seguito da un processo di ratifica che si protrasse per ben tre anni – la Russia si trovava in una profonda crisi economica e la UE le offrì sostegno economico, anche come strumento di incentivazione alla democratizzazione e al progressivo adeguamento all’acquis communautaire5. L’UE replicava con la Russia l’approccio utilizzato negli accordi di associazione che erano stati appena conclusi con i paesi dell’Europa centrale ed orientale (1993). L’Apc stipulato con la Russia prevede infatti un progressivo adeguamento alla legislazione europea nella prospettiva di giungere alla creazione di un’area di libero scambio. L’accordo prevede anche un dialogo politico regolare attraverso forme di co-operazione e consultazione bilaterali. Successivamente, la Russia accettò di estendere nel 2004 tale Trattato ai dieci nuovi stati membri dell’UE. Fu stabilito che l’Apc avesse durata decennale (fino al dicembre 2007) con la clausola che potesse essere rinnovato di anno in anno automaticamente a meno che le parti non decidessero di recedere.

Le circostanze in cui Russia ed UE conclusero il trattato sono radicalmente mutate: da una parte l’UE ha acquisito, anche in forza dell’allargamento del 2004, un ruolo regionale di primo piano e ha spostato sempre più ad est i propri interessi, dall’altra la Russia, grazie a

4 M. Kundera, “The Tragedy of Central Europe”, The New York Review of Books, 12 aprile 1984, pp.33-38. 5 Sulle relazioni UE-Russia si veda S. Giusti,”Aspettando il 2008: l’Unione europea e la Russia”, ISPI Policy Brief, n. 48, 2007, http://www.ispionline.it/it/documents/pb_48_2007.pdf.

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una crescita economica sostenuta (fra il 1998 e il 2007 l’economia russa è cresciuta ad una media annuale del 7%) e all’uso strategico delle risorse energetiche, è tornata ad essere una grande potenza in grado di poter influenzare gli equilibri internazionali e di contenere o porre comunque resistenza all’unipolarismo americano. Il ritorno della ‘grande Russia’ fa presumere un ritorno anche al multipolarismo dopo la lunga fase bipolare e la breve parentesi unipolare che hanno caratterizzato il sistema internazionale a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Essendo mutati i rapporti di forza, diverse sono anche le reciproche percezioni, aspettative e strategie d’azione. L’UE deve necessariamente mantenere buone relazioni con la Russia per la sua forte dipendenza energetica. La Russia teme invece, oltre alla perdita di influenza sulle ex-repubbliche sovietiche, una sorta di accerchiamento ed isolamento dovuto al progressivo e parallelo - seppur non sincronizzato - avanzare sia dell’UE che della NATO nella sua zona tradizionale di influenza. Per Putin è stata dunque una vittoria politica considerevole la rinuncia da parte della NATO, in occasione del summit di Bucarest (2-4 aprile 2008), a includere, almeno nel breve periodo, Ucraina e Georgia nel Membership Action Plan (MAP).

Ad un approccio europeo plasmato sullo schema degli accordi di cooperazione (con strumenti giuridici vincolanti) si contrappone, da parte russa, un modello più paritetico come già avviene in ambito NATO (con l’istituzione del Nato-Russia Permanent Joint Council) e nelle relazioni Russia-USA (basate su un riconoscimento reciproco tuttavia senza che siano stati messi a punto degli strumenti giuridici vincolanti), un modello che non consente alla UE di esercitare alcuna forma di condizionalità sulla Russia. La Russia d’altra parte non ha mai mostrato l’intenzione di aderire alla UE né di essere inclusa nella nuova strategia di integrazione, la Politica Europea di Vicinato (PEV), destinata da Bruxelles ai paesi che per ora sono esclusi dalla prospettiva della membership6. Inoltre, dopo aver ottenuto l’assenso da parte di Washington (novembre 2006) per l’ammissione all’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), Mosca ha meno necessità, anche diplomaticamente, dei favori di Bruxelles.

Per comprendere l’approccio che la Russia segue nelle relazioni con la UE non si può poi prescindere dalla concezione generale della

6 `Sulla PEV si veda, S. Giusti, “Dall’allargamento alla Politica Europea di Vicinato” in S. Giusti, A. Locatelli (a cura di), L’Europa sicura – Le politiche di sicurezza dell’Unione Europea, Milano, Egea, 2008, pp. 207-224.

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politica estera sviluppata recentemente dal paese. Come ha affermato lo stesso ministro degli esteri, Sergey Lavrov, nel relazionarsi con l’esterno, la Russia utilizza una forma di “cooperazione multivettoriale” e si ispira alla network diplomacy, ossia ad una diplomazia realista e pragmatica costruita su alleanze volatili a geometria variabile secondo interessi contingenti ed obiettivi specifici7. Dal punto di vista della Russia, la preferenza per il bilateralismo in ambito europeo non si giustifica solo con l’intento di trarre maggiori vantaggi rispetto ad un negoziato multilaterale ma anche perché sul piano bilaterale è meno rischioso essere criticati per il rispetto della democrazia e dei diritti umani. Tuttavia, l’opzione bilaterale non è rigida ma praticata nella misura in cui sia funzionale alla realizzazione degli interessi nazionali russi. Putin si è sforzato anche di veicolare l’immagine di una Russia moderna, aperta, recettiva alle sfide della globalizzazione (come il riferimento frequente ai BRIC – Brasile, Russia, India e Cina - dimostra soprattutto per la loro potenziale capacità di costituire un potente blocco economico) e mostrato disponibile a partecipare alle organizzazioni internazionali, in particolare, quelle a carattere economico come l’Omc o l’OCSE. Inoltre, rientra nella strategia russa di controllo e influenza del ‘vicinato’ la progressiva istituzionalizzazione, tramite la creazione di varie organizzazioni di natura sia economica che di difesa (la Comunità degli stati indipendenti, la Comunità economica eurasiatica, l’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, la Cooperazione economica del Mar Nero), dello spazio post-sovietico. La partecipazione all’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai è utilizzata invece dalla Russia per accrescere il proprio ruolo in Asia e ampliare il ventaglio dei propri interlocutori8.

UN NUOVO DIFFICILE RAPPORTO Questa differenza di aspettative e obiettivi si è manifestata in maniera chiara nei tre ultimi summit UE-Russia (Helsinki, 24 novembre 2006; Samara, 18 maggio 2007; Mafra, 26 ottobre 2007) in cui le parti non

7 S. Lavrov, “Munich: World Politics at the Crossroads”, Moskovskiye Novosti, 23 marzo 2007, http://www.russianembassy.org.

8 Su questo si veda O. Antonenko, “The EU should not ignore the Shangai Co-operation Organisation”, Policy Brief – CER, maggio 2007, http://www.cer.org.uk/pdf/policybrief_sco_web_11may07.pdf.

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hanno raggiunto alcun accordo sulla rinegoziazione dell’Apc9. La UE avrebbe voluto che la nuova versione dell’Apc incorporasse alcuni principi fondamentali sul mercato energetico previsti dall’Energy Charter Treaty (notoriamente, apertura delle pipelines per il trasporto di gas e petrolio, mutuo accesso ai mercati dell’energia, tutela degli investimenti)10. Mosca si è opposta a queste misure che – di fatto - porrebbero fine al monopolio di Gazprom che sfrutta la propria posizione per acquistare gas a basso costo da altri paesi e rivenderlo a prezzi molto più alti in Europa. La strategia di Gazprom è al contrario quella di acquisire ulteriori pipelines all’estero per controllare, oltre alla produzione, anche la distribuzione del gas come è avvenuto con Beltransgaz in Bielorussia (che ha dovuto cedere a Gazprom il 50% del controllo della rete di distribuzione del paese attraverso cui vengono rifornite anche Germania, Polonia, e Lituania) o in Serbia, con l’acquisizione del controllo della NIS (il monopolio di stato del gas e del petrolio) dove Gazprom ha ottenuto anche l’assenso a far passare sul territorio serbo una parte del gasdotto South Stream.

Ufficialmente la mancata conclusione di un nuovo Apc è stata imputata all’intransigenza della Polonia che chiedeva che la Russia rimuovesse il veto imposto da due anni alle sue esportazioni di carne per motivazioni igienico-sanitarie11. La Polonia ha cercato attraverso i summit UE-Russia di porre al centro dell’attenzione degli altri stati membri dell’Unione i propri interessi arrivando addirittura a porre il veto sul rinnovo dell’Apc. La posizione polacca non è irragionevole ma utilitarista e concreta e in sintonia con i processi decisionali tipici della politica estera europea in cui prevale la regola dell’intergovernativismo. Il cambio di governo in Polonia (ottobre 2007) ha contribuito ad un ammorbidimento delle relazioni fra Bruxelles e Mosca, ma non ha

9 Su i summit UE-Russia si veda http://ec.europa.eu/external_relations/russia/intro/summit.htm 10 L’Energy Charter Treaty (http://www.encharter.org/), firmato nel 1994 da 51 paesi compresa la Russia che però non ha poi ratificato, punta a regolare il commercio e gli investimenti nel settore energetico. 11 Sulla questione del rinnovo dell’Apc e sulle possibili soluzioni si veda il paper di Aaron Matta, “The Future of the EU-Russia Partnership Agreement”, ottobre 2007, http://www.eu-russiacentre.org/assets/files/FutureEU-RussiaPCAbyAaronMatta.pdf. Per un approfondimento sui contenuti dell’Apc si veda invece lo studio “The Elephant and the Bear Try again – Options for a New Agreement between the EU and Russia”, Centre for European Policy Studies, Bruxelles, 2006, http://www.ceps.be.

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costituito una svolta. Inoltre, sul fronte russo sia la vittoria del partito di Putin alle elezioni per la Duma (dicembre 2007) che il successo raccolto dal suo ‘protetto’ Medvedev alle presidenziali (marzo 2008) non hanno indotto la Russia ad un atteggiamento meno assertivo e più cooperativo con la UE, come molti si sarebbero attesi. Permangono infatti sullo sfondo i motivi di tensione preesistenti – questioni energetiche, penetrazione del cosiddetto Occidente nella zona di influenza tipicamente sovietico/russa, pretese di ingerenza negli affari interni del paese – ai quali si sono aggiunti di recente i contrasti nati in seguito al riconoscimento del Kosovo sia da parte statunitense che europea.

Il punto cruciale di conflitto fra Mosca e Bruxelles, come abbiamo già sottolineato, riguarda i temi dell’energia. Da una parte la Russia non intende rinunciare all’utilizzo delle proprie risorse né in forma di straordinaria rendita economica né come efficace strumento per esercitare la propria influenza. Dall’altra la UE vorrebbe limitare la propria dipendenza dalla Russia attraverso un negoziato strutturato e comprensivo, una posizione indebolita però dall’azione di molti degli Stati membri che si rifiutano di seguire questa ‘disciplina europea’ e continuano a stipulare con Mosca accordi bilaterali perseguendo in tal modo i loro esclusivi interessi nazionali. Di recente (gennaio 2007), la Commissione ha proposto un pacchetto di misure per riformare il mercato energetico europeo che richiede la separazione societaria per la generazione e la distribuzione. Una clausola vieta il controllo di reti di distribuzione e trasmissione europee a società estere che non seguano le stesse regole e il cui paese non abbia raggiunto un accordo con la Commissione. La clausola è ormai conosciuta come “clausola Gazprom” perché è subito apparso evidente che prendeva di mira il desiderio di Gazprom di entrare nella distribuzione in Europa. Nel summit di Mafra ci si è accordati soltanto sull’istituzione di un meccanismo di segnalazione tempestiva di possibili problemi nella domanda o nella fornitura di energia dalla Russia all’UE.

A giugno Gazprom e l’italiana Eni hanno, per esempio, raggiunto un accordo per la costruzione di un nuovo gasdotto sotto il Mar Nero, ‘South Stream’. Il progetto è in competizione con un’analoga iniziativa promossa dalla Commissione europea e gestita da un consorzio di società UE – chiamata ‘Nabucco’ – che punta a fornire l’Europa sudorientale attraverso la Turchia. I piani della UE prevedevano il raggiungimento di un’intesa con gli stati dell’Asia centrale perché accettassero la proposta di far passare un nuovo gasdotto a sud del Mar Caspio, in modo da creare un canale di transito alternativo alla Russia per le forniture dal Caucaso e dal Golfo Persico. Tuttavia, il Cremlino ha tatticamente formalizzato a

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dicembre un accordo con Kazakistan e Turkmenistan per la costruzione di un gasdotto che attraversi il territorio russo. L’UE non è perciò sinora riuscita ad esercitare alcuna influenza sulle politiche energetiche russe ed il motivo principale di tale fallimento è proprio la sua divisione interna.

Un’altra questione critica è la crescente penetrazione dell’Occidente nell’area di influenza post-sovietica attraverso strumenti a varia intensità da quelli soft, come l’offerta di membership/partecipazione alla PEV offerte dalla UE insieme al sostegno alle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’12, fino a quelli più hard utilizzati dagli Stati Uniti, come la proposta di installare un radar e dieci missili intercettori rispettivamente nella Repubblica Ceca e in Polonia. La creazione del cosiddetto scudo antimissile rientra nel più ampio programma americano di difesa anti-missilistica che almeno formalmente dovrebbe essere diretto contro gli “stati canaglia” – Iran e Corea del Nord. La Russia ritiene che tale progetto possa invece destabilizzare l’equilibrio militare in Europa costituendo quindi una minaccia per la sua sicurezza nazionale. Il presidente Putin ha proposto in alternativa allo scudo anti-missile una cooperazione attraverso l’uso del radar in Gabala, Azerbaijan, (in prossimità del confine con Iran) che la Russia ha in leasing fino al 2012, nonché l’istituzione di centri di segnalazione e scambio di dati sulla difesa missilistica con sede a Bruxelles e Mosca. Gli Stati Uniti hanno rifiutato l’offerta perché hanno giudicato il livello tecnologico del radar di Gabala troppo obsoleto e hanno continuato a negoziare con Repubblica ceca e Polonia. La questione è stata tuttavia “istituzionalizzata” e portata sotto l’ombrello NATO in occasione del summit dell’Alleanza a Bucarest. Progressi sono stati compiuti anche fra Washington e Mosca nel cosiddetto vertice dell’addio svoltosi fra Bush e Putin a Soci (5 aprile 2008) in cui il presidente russo ha affermato che la valutazione russa sullo scudo spaziale americano in Europa è rimasta “negativa”, ma che nella soluzione di questo problema si sono registrati “cambiamenti positivi”. E nella dichiarazione congiunta i due leader hanno affermato: “Ambedue le parti hanno espresso il loro interesse a creare un sistema per

12 I vicini orientali della Pev subiscono l’influenza russa, oltre che per la loro dipendenza energetica, per il peso economico che le multinazionali russe stanno acquisendo rapidamente nell’area. In Ucraina, per esempio, l’industria petrolifera è nelle mani di quattro società russe mentre la compagnia privata russa Mts controlla almeno il 90% del mercato della telefonia mobile e detiene posizioni di primo piano anche in Kazakhstan, Uzbekistan e Bielorussia. In Armenia, Rusal ha ristrutturato, con un investimento di circa 100 milioni di dollari, la ormai decadente Armental per la produzione dell’alluminio ed introdotto nuovi standard per la protezione ambientale e dei lavoratori.

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reagire a potenziali minacce missilistiche, al quale la Russia, gli Stati Uniti e l’Europa partecipino come partner su basi di parità”.

Delicata anche la questione sui diritti umani e le critiche mosse al processo di democratizzazione in Russia, culminate nelle presidenziali con la rinuncia da parte dell’OSCE a monitorare le elezioni. Mosca difende il concetto di “democrazia sovrana”, basato sul rispetto delle specificità politiche nazionali e sul rifiuto dell’ingerenza esterna. E sebbene l’UE e la Russia abbiano convenuto di creare un’istituzione bilaterale per i diritti fondamentali in linea con gli standard europei, la Russia rimarrà incline a preservare le proprie specificità nazionali. L’enfasi sul termine sovranità si riferisce proprio al principio di non interferenza nella vita dello stato da parte di terzi ma soprattutto da parte dell’Occidente come, secondo i russi, è avvenuto in Ucraina o Georgia. Si afferma, per esempio, che l’Ucraina non dovrebbe rinunciare alla propria indipendenza per sottoporsi alla burocrazia europea. Il concetto di democrazia è inoltre relativizzato in quanto si sostiene che non esiste una definizione assoluta di democrazia, che deve essere declinata in maniera diversa a seconda delle situazioni nazionali. Come ha affermato il ministro della Difesa Ivanov, “se c’è una democrazia occidentale ci può essere anche una democrazia orientale”. La peculiarità della “democrazia orientale” offrirebbe anche a Mosca l’opportunità di esportare il suo modello di democrazia ai paesi ex-satelliti in quanto più adatto di quello occidentale, sia per motivi culturali che storici.

Nonostante gli ottimi rapporti intrattenuti da alcuni stati membri con Mosca, l’UE si allinea nel suo insieme sulle posizioni della comunità internazionale (si veda per esempio il recente rapporto di Amnesty International, Freedom limited. The right to freedom of expression in the Russian Federation che denuncia le gravi limitazioni nella libertà di espressione, riunione e associazione come parte della strategia del governo per arginare l’influenza occidentale)13 che evidenzia e critica la involuzione politica in atto in Russia (accentramento del potere, nomina da parte di Putin dei governatori regionali, accresciuto controllo sulla stampa e sui media, lacune gravi nelle procedure elettorali).

Con il 2008 un altro motivo di serio scontro fra UE e Russia è stato il riconoscimento da parte di alcuni stati membri (Francia, Gran Bretagna,

13http://www.amnesty.org/en/library/asset/EUR46/008/2008/435b9804-dfab-11dc-9aa6-8db94730801c/eur4600820008eng.html

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Germania, Italia in primis) dell’indipendenza del Kosovo. La Russia si è sempre opposta a questa soluzione temendo che potesse costituire un precedente internazionale con implicazioni anche per gli “stati-non stati” del Caucaso meridionale. Prima della dichiarazione di indipendenza del Kosovo, Mosca aveva esplicitamente affermato che un simile precedente avrebbe potuto indurla a riconoscere Abkhazia e Ossetia meridionale. Queste due entità, del resto, avevano già più volte avanzato tale richiesta a Mosca, mostrandosi anche favorevoli a entrare a far parte della Federazione. La Russia è costituta da una pluralità di soggetti, molti di carattere etno-territoriale; alcuni di questi – Cecenia - nutrono in varia misura ambizioni secessioniste; da questo punto di vista, si capisce l’opposizione di Mosca verso precedenti suscettibili di riaprire la questione delle frontiere internazionalmente riconosciute14. La disputa sul Kosovo è servita ai russi per rinsaldare i legami con Belgrado e recuperare un certo grado di influenza in quell’area. La Serbia infatti potrebbe svolgere un ruolo significativo nelle strategie di politica energetica della Russia, che coltiva l’idea di farne uno snodo per la distribuzione del gas in Europa e aumentare così la dipendenza dei paesi europei dalle sue forniture di gas e petrolio. LA DEBOLEZZA EUROPEA In tutte queste situazioni di frizione, la UE appare particolarmente debole per la frammentazione e divisione interna mentre la Russia esprime una certa assertività proprio in forza del fatto che l’UE non si presenta come un attore unico e compatto. Anche in ambito NATO, per esempio, i membri della UE hanno recentemente avuto un atteggiamento contrastante rispetto alla inclusione di Ucraina e della Georgia nel MAP: al pieno sostegno di Polonia si è contrapposto il veto di Francia e Germania che non intendevano creare una pericolosa frattura con la Russia e destabilizzare gli equilibri di sicurezza in Europa. La Russia nei confronti dei paesi membri della UE mette con agilità in atto una politica divisoria cercando di intrattenere buoni rapporti – spesso cementati da relazioni personali particolari – con alcuni di essi (come Germania, Italia, Ungheria) a discapito di altri. La più grande fonte di potere e influenza

14 A. Ferrari, “Il Kosovo indipendente: paralleli caucasici?”, ISPI Policy Brief, n. 78, marzo 2008, http://www.ispionline.it/it/documents/PB_78_2008.pdf.

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che la UE potrebbe esercitare nei confronti della Russia è invece proprio la coesione. Su questo si innesta l’approccio russo che fa della network diplomacy un valore di politica estera e trova, con l’UE, un facile terreno di gioco. Le divisioni fra gli stati membri UE vanno ben al di là dell’ormai classica distinzione fra vecchi e nuovi membri confermando quanto nella politica estera europea gli interessi nazionali ed i rapporti bilaterali pesino ancora molto e quanto anche la loro stessa volubilità ostacoli il raggiungimento di posizioni comuni. Leonard e Popescu hanno identificato cinque differenti approcci che accomunano sia i vecchi che i nuovi membri: 1) “Cavalli di Troia’’ (Cipro e Grecia) che spesso difendono gli interessi russi nella UE e sono propensi a porre il veto a posizioni comuni europee; 2) “Partner strategici” (Francia, Germania, Italia e Spagna) che intrattengono relazioni speciali con Mosca; 3) “Pragmatici amichevoli” (Austria, Belgio, Bulgaria, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovacchia e Slovenia) che mantengono buone relazioni con Mosca e tendono ad anteporre i loro interessi economici a obiettivi politici comuni; 4) “Pragmatici freddi” (Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Irlanda, Lettonia, Olanda, Romania, Svezia, Regno Unito) che pur perseguendo i loro interessi economici hanno meno timore a palesare le loro critiche nei confronti di Mosca; 5) “Nuovi combattenti” (Lituania e Polonia) che mantengono un atteggiamento ostile nei confronti di Mosca e usano il loro veto per bloccare i negoziati UE-Russia15. Gli ex satelliti sovietici temono infatti il ritorno di istinti revanscisti in Russia ma, soprattutto la memoria storica, ancora fresca, gioca un ruolo essenziale nella percezione delle minacce16. Il risultato è che tali paesi sono indotti a ricercare accordi di sicurezza con Washington mentre nutrono ancora profonda sfiducia nelle capacità di difesa e di

15 M. Leonard, N. Popescu, “A Power Audit of EU-Russia Relations”, European Council on Foreign Relations, London, novembre 2007, www. ecfr.eu. Anche lo studio “The Bilateral Relations of EU member States with Russia”, EU-Russia Centre, Bruxelles, ottobre 2007, http://www.eu-russiacentre.org/home.asp?id=107 mette in evidenza le diverse posizioni degli stati membri dell’UE nelle loro relazioni con la Russia e soprattutto la mancanza di una “disciplina europea” nelle scelte energetiche da essi compiute.

16 Tensioni si erano create fra Russia ed Estonia con scontri nel centro di Tallinn fra minoranze russe ed estoni in seguito alla decisione del paese baltico di rimuovere un memoriale in onore dei caduti sovietici della Seconda guerra mondiale (aprile 2007). Ciò avrebbe addirittura provocato da parte del Cremlino un attacco cibernetico ai siti web di istituzioni, partiti, banche e media estoni.

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intervento dei paesi europei come le crisi più acute europee (guerra in Yugoslavia, Kosovo) del resto dimostrano. POSSIBILI DISTENSIONI? E’ difficile pensare che le aree di criticità sino ad ora evidenziate nelle relazioni UE-Russia possano trovare soluzioni nel breve periodo. Se tuttavia sul piano della high politics le posizioni rimangono distanti, la UE potrebbe ricostruire il rapporto con la Russia proprio partendo dalle questioni meno politicizzate secondo il tradizionale approccio funzionalista all’integrazione. Certo questo approccio denota l’intrinseca debolezza europea ed è particolarmente ‘accomodante’ per la Russia, ma al momento appare l’unico realisticamente perseguibile.

Le relazioni economiche fra i due attori tendono ad una sempre maggiore integrazione. Il commercio UE-Russia è più che raddoppiato negli ultimi sei anni ed è arrivato a 213 miliardi di euro nel 200617. Il 60% delle esportazioni russe sono con l’UE, con un surplus di 60 miliardi di euro nel 2006. Il 44% delle importazioni di gas dell’UE provengono dalla Russia (il 25% del consumo totale) che è anche il più grande fornitore di petrolio coprendo il 30% delle importazioni totali (27% del consumo totale). Queste quote di mercato sono destinate a salire dato il declino delle riserve del mare del Nord. Secondo previsioni della Commissione, la UE importerà più del 70% del suo fabbisogno energetico dalla Russia entro il 203018. La Russia, rispetto alla UE, ha il vantaggio di poter diversificare la destinazione delle proprie esportazioni in considerazione del fabbisogno crescente, per esempio, della Cina con cui Mosca intrattiene buoni rapporti. Fra gli obiettivi della Russia c’è proprio quello di incrementare la quantità di petrolio e gas venduta all’Asia passando dall’attuale 3% al 30% entro il 2020.

Fra la Commissione europea e il governo russo sono già attivi quaranta gruppi di dialogo bilaterale su temi specifici. Questa cooperazione settoriale induce a una graduale “europeizzazione”, intesa come progressiva familiarizzazione con istituzioni, persone e pratiche. La

17 Per i dati sui singoli paesi si veda “Russia third partner of the EU-27”, Eurostat, STAT/07/145, 25 ottobre 2007. 18 A. Pielbags, EU and Russian Energy Strategies, Mosca, 30 ottobre 2006, Speech/06/653, http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=SPEECH/ 06/653&format=HTML&aged=0 &lan guage=EN&guiLanguage= en.

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reciproca conoscenza può aiutare anche a dissipare sospetti e paure aprendo nuove possibilità di dialogo su altri fronti. Se la Russia è insofferente rispetto a schemi negoziali e contrattuali rigidi, e non aspira a un approfondimento “formalizzato” e “regolarizzato” delle relazioni con la UE, sembra allora auspicabile percorrere proprio la via della flessibilità e della frammentazione delle tematiche.

Il programma delle cosiddette road maps per la creazione di quattro spazi comuni (economia, libertà, sicurezza e giustizia; cooperazione nella sicurezza esterna; ricerca, istruzione e cultura), su cui nel 2005 era stato raggiunto un accordo fra le parti, potrebbe offrire l’opportunità per approfondire la collaborazione. Anche se pochi sono i progetti concreti previsti, sono state incluse misure per facilitare il commercio e gli investimenti e aiutare la Russia a convergere su norme regolatorie e standard dell’UE. La convergenza potrebbe applicarsi, per esempio, al settore delle telecomunicazioni, a quello automobilistico e dei farmaceutici e agli appalti pubblici; mentre, sempre muovendo dalla esperienza europea, potrebbe essere avviato un dialogo sui diritti della proprietà intellettuale; sull’armonizzazione della legislazione sulla concorrenza, ecc.19. Rispetto alle road maps la Russia non ha posto resistenza a patto che si attuino appunto attraverso la convergenza, il dialogo, l’armonizzazione e la best practice. Al contrario la Russia è parsa incline a questa “europeizzazione” nella misura in cui faciliti il passaggio del paese alla modernizzazione. Anche dal punto di vista dei singoli membri dell’UE, un’intesa sulle tematiche toccate dalle road maps non dovrebbe generare controversie eccessive. Finora, la tradizionale mancanza di compattezza nella politica estera e di sicurezza comune, insieme alla incapacità di visione e di previsione politica, hanno impedito alla UE di giungere a una strategia convincente nei confronti della Russia. Tenendo conto del delicato nodo diritti umani e della democrazia, la ripresa del dialogo su temi neutrali pare l’approccio più appropriato anche di fronte alla forte legittimazione di cui gode la diarchia Putin-Medvedev. La “socializzazione” è uno strumento soft e flessibile che lascia la possibilità di “trasformarsi” nei tempi e nei modi più consoni a ciascun paese, senza forzature o imposizioni. A tal proposito potremmo citare alcuni esempi positivi come l’adozione della politica della protezione dei consumatori frutto di un progetto finanziato

19 Sui quattro spazi e sul progetto di uno spazio economico comune si veda K. BARYSCH, Is the Common Economic Space Doomed?, «CER Paper», novembre 2006, http://www.cer.org.uk/pdf/ baysch_russia_centre_nov06.pdf.

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dall’UE che ha permesso a esperti provenienti dai paesi dell’Europa occidentale e orientale di incontrarsi e discutere in un ambiente non politicizzato. Per l’adozione della legge federale per la protezione della concorrenza è stato invece spontaneamente seguito il modello predominante nell’UE. Ancora, all’interno del Consiglio Permanente del partenariato le parti si sono impegnate a migliorare l’efficienza energetica e a promuovere il risparmio energetico anche attraverso il confronto della legislazione e dei regolamenti sul tema.

E’ inoltre opportuno che l’opera di “socializzazione” portata avanti dalla UE avvenga in armonia ed intesa con altre organizzazioni internazionali – come l’Omc e l’OCSE20 di cui la Russia potrebbe a breve diventare parte e che richiedono un consistente adeguamento legislativo. L’UE dovrebbe anche valorizzare maggiormente il ruolo di altre organizzazioni di cui la Russia è parte come per esempio l’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai che potrebbe anzi consentire a Bruxelles non solo di acquisire influenza su nuove aree geostrategiche ma anche ampliare il ventaglio di questioni su cui cooperare con Mosca.

La via della “socializzazione” e della convergenza verso modelli legislativi in settori chiave e strategici dell’economia appare ancor più quella adeguata in questo momento di tensioni regionali ed internazionali, in considerazione poi della sensibilità verso queste tematiche del nuovo presidente russo Dmitrij Medvedev. Durante la sua campagna elettorale, il neo-presidente ha infatti più volte denunciato il “nihilismo giuridico” che domina nel suo paese. Il commissario europeo Benita Ferrero-Waldner ha proprio posto l’enfasi sul “cambio di stile” che Medvedev ha introdotto con l’attenzione posta sullo stato di diritto21.

La modernizzazione della Russia secondo Medvedev passa anche attraverso una maggiore cultura giuridica, legalità e rispetto delle leggi. Come affermato dallo stesso Medvedev la democrazia non richiede ulteriori connotazioni: si deve basare sui principi dell’economia di mercato, della supremazia del diritto mentre il governo deve rispondere ai propri cittadini22. Un approccio che si basi sul rispetto dello stato di diritto potrebbe avere un riscontro positivo anche presso l’opinione

20 Molto intensa è per esempio la cooperazione fra OCSE e Russia in tema di investimenti stranieri e in vista dell’adesione del paese all’organizzazione è stata concordata fra le parti una roadmap, C(2007)103FINAL, 3 dicembre 2007. 21 “The European Union and Russia – future prospects”, Salzburg Global Seminar – Russia: The 2020 Perspective, Salzburg, 6 aprile 2008, Speech/08/175. 22 Davos, 27 gennaio 2007, http://www.medvedev2008.ru/english_2007_01_27_.htm.

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pubblica russa sempre meno tollerante verso la corruzione e l’esercizio arbitrario del potere da parte dello stato. Ma c’è ancora molto da fare, anche a livello di percezione di opinione pubblica dal momento che secondo un sondaggio del Levada-Center il 71% dei russi non si considera europeo e circa il 50% considera la UE come una potenziale minaccia per la Russia e la sua indipendenza finanziaria e industriale23.

EU and Russia–a brief comparison, 2005

Russia EU27*****

Population (millions) 143 491

Total fertility rate * 1.29 1.52

Life expectancy at birth, male

58.9 75.8

Life expectancy at birth, female

72.4 81.9

GDP in PPS** per inhabitant (EU25 = 100)

39 100

GDP at constant market prices (index: 1995 = 100)

145.8 125.3

Passenger cars per 1000 inhabitants***

159 463

Internet access Household****, %

14 51

Research and development expenditure, in % of GDP

1.07 1.84

23 Http://www.levada.ru/eng/eurussia.html.

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*Total fertility rate is the mean number of children that would be born alive to a woman during her childbearing years under the presumption of the current fertility rates. ** Purchasing Power Standard (PPS) is an artificial reference currency that eliminates price level differences between countries. Thus one PPS buys the same volume of goods and services in all countries. This unit allows meaningful volume comparisons of economic indicators across countries. *** 2004 data **** 2006 data ***** Data for life expectancy, GDP in PPS per inhabitant, passenger cars and internet access refer to EU25

Fonte: “Russia third partner of the EU-27”, Eurostat, STAT/07/145, 25 ottobre 2007, http://epp.eurostat.ec.europa.eu/pls/portal/docs/PAGE/PGP_PRD_CAT_PREREL/PGE_CAT_PREREL_YEAR_2007/PGE_CAT_PREREL_YEAR_2007_MONTH_10/6-25102007-EN-BP.PDF.

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SICUREZZA ENERGETICA

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IL QUADRO GENERALE

PIETRO MARCENARO, Membro della Commissione Esteri del Senato

Non è una novità che il controllo delle risorse energetiche costituisca uno dei principali moventi del grande gioco della geopolitica. Può forse meravigliare che in un mondo e in una economia così segnata dai flussi immateriali delle informazioni svolgano ancora una parte così rilevante strutture pesanti come l’industria estrattiva, gli oleodotti, i gasdotti.

Eppure così incontestabilmente è, e forse addirittura più ancora oggi di ieri.

Dire che la questione energetica è al centro delle relazioni tra Russia e Europa, tra Russia e Italia è dire una banalità.

Sarà questo il tema principale dei negoziati tra Russia e Unione Europea che stanno finalmente per iniziare per il rinnovo dell’accordo di partenariato scaduto alla fine del 2006.

La strada delle relazioni e degli accordi bilaterali tra Italia e Russia e quella di un negoziato tra la Russia e l’Europa nel suo insieme non sono teoricamente alternative, anche se – e non è l’ultimo dei segni della inconsistenza politica dell’Unione Europea - fino ad oggi nessun seria azione di raccordo tra questi due piani è stato compiuto.

Presentando questo panel vorrei semplicemente ricordare due aspetti del problema, che non necessariamente faranno parte delle relazioni e degli interventi che ascolteremo, ma che fanno un po’ da sfondo alla nostra discussione.

Il primo è che in un mondo nel quale la crescita dell’incertezza costituisce uno degli aspetti più significativi, in una economia nella quale, mentre crescono le variabili che dovrebbero essere conosciute e controllate, si accorcia lo spazio temporale nel quale è sensato fare delle previsioni, il valore della sicurezza – anche in termini strettamente economici –si è rapidamente moltiplicato.

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Si può dire che la sicurezza è oggi quotata a prezzi di mercato ed è disponibile solo per chi è disposto a pagarla.

La moneta nella quale questo pagamento può avvenire può anche essere almeno in parte una moneta politica, che può avere corso e valore quando si riconosca che è difficile – e lo sarà sempre di più - distinguere tra sicurezza energetica e sicurezza tout court.

Qualcuno può davvero pensare che, nel medio e lungo periodo, la sicurezza energetica della quale l’Europa e l’Italia hanno assoluta necessità possa essere assicurata al di fuori di un contesto nel quale la Federazione Russa sia coinvolta nella costruzione di un comune sistema di difesa e di sicurezza e di istituzioni internazionali che ne siano garanti? L’Europa può impegnarsi in questa direzione.

La questione è particolarmente rilevante – e questo è il secondo aspetto che voglio mettere in rilievo – quando una potenza energetica è al tempo stesso una importante potenza politica.

Chi, dopo la fine dell’Unione Sovietica all’inizio degli anni novanta, ha pensato e operato come se anche l’esistenza e il peso politico della Russia fossero stati contemporaneamente cancellati, ha commesso un errore di valutazione. Voglio dire che non è realistico immaginare di poter raggiungere l’obbiettivo della sicurezza energetica se non si riconosce il peso politico della Russia nel quadro di un nuovo e, come si dice adesso, “efficace” multilateralismo.

A mio parere questa è anche l’unica via per contrastare quelle entrate a gamba tesa che in tema di rifornimenti energetici abbiamo visto operare negli scorsi mesi da parte della Russia e che costituiscono una via impropria per affermare un ruolo che deve trovare altrimenti il proprio riconoscimento.

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CONDIZIONI DI PRODUZIONE E SICUREZZA NEGLI APPROVIGIONAMENTI E NELLA DISTRIBUZIONE

DELL’ENERGIA RUSSA

YURI ALEKSANDROVICH LIPATOV Presidente della Commissione Energia della Dumad della Federazione

Russa

La cooperazione della Russia e dell’Unione Europea nel settore energetico si basa sul riconoscimento del carattere oggettivo del nostro partnership e sulla necessità della sua futura intensificazione. Come l’esempio eclatante di questo fatto – lo sviluppo dell’infrastruttura e la costruzione dei nuovi condotti. Il gasdotto South Stream diventerà uno dei più grandi progetti del periodo della presidenza Medvedev.

In questi progetti comuni non si può non riconoscere l’importanza cruciale dell’Italia. Dopo aver esaminato la storia dei rapporti russo-italiani nel campo energetico si può dire che sono stati basati e continuano a basarsi sulle forte iniziative delle forti personalità. Lo stesso principio vale anche per le altre branche.

Ad oggi l’Italia è uno dei partners commerciali più importanti della Russia, con il 4 posto per il volume d’affari che l’anno scorso ammontava a 36 miliardi di dollari.

Il campo delle alte tecnologie è una delle più importanti direzioni della cooperazione. Questo riguarda i settori come esplorazione dello spazio, telecomunicazioni, creazione dei sistemi di comando e di navigazione, aeronautica, navalmeccanica. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati dall’incremento molto importante dell’afflusso degli investimenti russi nell’economia italiana.

Continua a svilupparsi in modo attivo la collaborazione nel campo energetico-combustibile. L’ENI e il GASPROM sono partners principali in questo settore. Il Blue Stream è stato avviato, dopo sarà il South Stream ad essere avviato.

L’energia elettrica diventa un altro settore prioritario. Il consorzio ENEL è uno dei partner più importanti della società “ЕЭС della Russia”. Nel 2006 l’ENEL ha acquistato il 49,5 percento delle azioni della società Russenergosbit. Fu il primo affare nella vendita degli attivi russi agli investitori stranieri nel campo della vendita dell’energia elettrica. Nel

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2007 l’ENEL ha entrato come azionista nella Quinta società generante all’ingrosso.

Attualmente la grande importanza viene attribuita alle questioni della collaborazione finanziaria nonché alla creazione in Russia dei distretti industriali secondo il modello italiano, come il distretto di Trento, presentato poco tempo fa a Mosca.

L’esperienza dello sviluppo dell’energia rinnovabile e dei nuovi tipi di combustibile rappresenta per noi un grande interesse. Di tutto questo abbiamo parlato nell’incontro con il consigliere dell’ENEL Alessandro Rizzo durante la sua visita al nostro Comitato ad aprile del corrente anno.

Parlando del carattere dei rapporti tra la Russia e l’Italia e in generale con l’Unione Europea nel campo energetico non è possibile di non notare la loro buona dinamica e loro grande potenziale. Per approfondirli e sviluppare ulteriormente bisogna tener conto delle condizioni principali che determinano il contesto generale dei rapporti russo-europei nel settore energetico.

In questa relazione è necessario soffermarsi sui seguenti quesiti: - aspettative reciproche e la comprensione del fatto come si

rapportano le idee sulla sicurezza energetica nazionale ed internazionale; - possibilità di allargamento del dialogo e il trasferimento del suo

esito sul piano pratico; - supporto giuridico al livello internazionale e nazionale; - carattere dei cambiamenti che avvengono nel settore energetico

mondiale e loro rapporto con la cerchia più ampia dei problemi. La caratteristica principale che distingue la tappa corrente, senza

alcun dubbio, è la crescente dipendenza reciproca dei paesi-produttori e dei paesi-consumatori delle risorse energetiche.

Malgrado la crescita percepita della percentuale delle fonti energetiche rinnovabili nel bilancio energetico dell’UE, l’energia tradizionale e, prima di tutto, l’energia a carburi conserverà la sua importanza nel periodo a medio termine.

Oggi, grazie all’importazione del petrolio, del carbone e del gas, viene assicurata quasi la metà dei bisogni nell’energia dell’UE. Se questa tendenza sarà mantenuta fino al 2030, quando la domanda delle risorse energetiche aumenterà di 1,5 volta, l’indice sopraindicato potrebbe arrivare fino al 70% e per gli idrocarburi supererà il 90 %.

E in questo volume generale la percentuale delle forniture del petrolio e del gas dalla Russia che al momento attuale soddisfa un quarto dei bisogni dell’UE, anche nel futuro rimarrà considerevole.

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Ciò significa che bisogna elaborare una corretta comprensione strategica delle possibilità e della realtà della sicurezza energetica globale nonché definire, al suo interno, il posto e il ruolo della Russia.

Attualmente il Comitato dell’energia, su l’incarico del partito ”Russia Unita” svolge l’attività per la preparazione del documento speciale relativo ai problemi della sicurezza energetica della Russia. In questa relazione vengono consultati i ministeri interessati, vari enti scientifici dell’Accademia delle Scienze della Russia e gli esperti indipendenti.

Sul piano internazionale, il meccanismo principale nel garantire la sicurezza energetica globale consiste nel dialogo energetico a 360 gradi. Il sorgere dei nuovi palcoscenici per la discussione rappresenta, sicuramente, un evento positivo.

Da questo punto di vista bisogna valutare anche il nostro forum molto rappresentativo. E’ una magnifica possibilità per discutere gli accessi alla cooperazione bilaterale e multilaterale, per arrivare alle soluzioni concrete tenendo conto della peculiarità di ciascuna direzione.

Già durante la preparazione al summit di G8 a San Pietroburgo fu definito che la comprensione moderna della sicurezza energetica include tre momenti cruciali: la sicurezza della domanda, la sicurezza dell’offerta e la sicurezza del transito.

La Russia ha sempre adempiuto ai suoi obblighi nelle forniture delle risorse energetiche sui mercati mondiali. Pertanto in questa situazione il rischio potrebbe essere legato non all’azione o alla mancata azione della parte russa ma all’insufficienza delle garanzie reciproche a lungo termine.

Ecco uno degli esempi – la questione relativa alla diversificazione delle direzioni delle importazioni e delle esportazioni delle risorse energetiche. I processi di globalizzazione sopraindicati rafforzano la tendenza verso la multidirezionalità delle forniture. Possiamo considerare questi passi come una “fuga dal partner”? Ovviamente, è una domanda ritorica.

In pratica necessitano le misure reali per rafforzare la fiducia reciproca delle parti.

Vorrei riportare qui le parole del Presidente della Russia Medvedev sul fatto che la Russia sempre pronta a collaborare con l’Unione Europea per creare un meccanismo dell’avviso anticipato nel settore energetico con la partecipazione dei paesi di transito nonché prendere in considerazione la possibilità di creazione dei consorzi internazionali che sarebbero diventati degli operatori dei condotti di

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transito con la partecipazione delle società della Russia, dell’UE e dei paesi di transito.

Conoscendo bene le proprie possibilità relative alle giacenze e alle capacità industriali, la Russia è interessata ad avere le direzioni e le possibilità materiali per effettuare le forniture del petrolio e del gas ai nostri partners. Pertanto la responsabilità sulla sicurezza del transito rappresenta l’oggetto della nostra comune attenzione.

Non sono da meno le garanzie legislative per la Russia in questo campo.

La maggior parte del gas russo arriva ai consumatori dell’UE attraverso il territorio dei paesi terzi e nello stesso tempo 2/3 del volume - attraverso i territori di tre e più stati. Per questa ragione è necessario il regolamento giuridico del transito delle risorse energetiche e, in particolar modo, l’attenzione verso l’Accordo relativo al Trattato energetico e alle trattative attorno al medesimo.

Per valutare lo stato attuale del suddetto problema è molto importante conoscere gli scopi e il contenuto dei periodi pregressi visto che le trattative sono già in corso da più di 17 anni.

Il Trattato energetico è un documento politematico che ha avuto la sua nascita dal momento dell’evidente inizio della trasformazione delle economie dell’Unione Sovietica e dei paesi dell’Europa dell’Est. Nel corso dell’avanzamento delle riforme cambiava l’idea della parte russa relativa ai problemi e ai rischi legati all’adesione al suddetto Trattato.

La tappa iniziale era il periodo della ricerca dei nuovi accenti nella diplomazia energetica ancora dell’Unione Sovietica. La base concettuale di tutto ciò fu la proposta sulla creazione della Comunità Europea Energetica e l’elaborazione del Trattato Energetico Europeo che fu presentato a giugno del 1990 all’Assemblea del Consiglio Europeo.

La seconda tappa era l’allargamento del dialogo relativo alla grande sfera delle direzioni di sicuro successo. In quel periodo dominava l’idea sulla possibilità di prendere in prestito la base giuridica straniera per la realizzazione dei progetti comuni nel settore energetico. Tuttavia durante la formazione dei nuovi organismi di stato e del mercato, la crescita della cultura più matura nell’amministrazione e nel regolamento della Russia cambiava anche l’atteggiamento nei confronti di prendere in prestito un’esperienze esterna.

Su questa base, alla fine degli anni 90, iniziò la terza tappa dei lavori relativi al Trattato Energetico che si è tradotta nel restringimento graduale del campo della discussione e il passaggio all’esame delle questioni concreti. Si è formato un ampio elenco delle domande e delle

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preoccupazioni della parte russa e si è scoperto anche che l’elenco delle complicazioni attese è molto più voluminoso.

L’epicentro di questi problemi erano le trattative sul transito dei portatori energetici. Fino ad oggi, ai vari livelli, è possibile vedere gli esempi del fatto come intendono in modo diverso il transito dei portatori energetici e il suo futuro in Europa. Non sono state tolte le preoccupazioni espresse dalla parte russa, particolarmente in relazione ai diritti di accesso alle potenze di transito, all’organizzazione dell’integrazione economica regionale, ai meccanismi di creazione delle tariffe.

Non si vede l’avanzamento desiderato in relazione ai problemi del commercio dei materiali atomici che sono stati tolti, nel 1994, dall’azione del regime del Trattato Energetico mediante l’Accordo sulla cooperazione e partnership tra la Russia-UE.

Guardando indietro, possiamo vedere la distanza che divide lo stato attuale della collaborazione dalla situazione di quindici anni fa. Assieme al settore energetico le domande sulla necessità di collaborare reciprocamente vengono estese gradualmente anche sugli altri settori dell’economia incluso quello delle alte tecnologie. Usando la metafora sulla casa europea comune si può dire che negli ultimi quindici anni sono cambiate non soltanto le fondamenta o le strutture portanti ma anche l’architettura stessa è diventata più audace.

I paesi europei e l’Unione Europea in generale sono i nostri partners principali nel dialogo energetico.

Gli esiti dei dialogo in corso sicuramente saranno rispecchiati anche nella nuova redazione della Strategia energetica della Russia la cui preparazione dovrà essere ultimata verso l’inizio dell’anno nuovo.

Nelle recenti molteplici conferenze sia in Russia che all’estero è stato sottolineato tante volte che il settore energetico mondiale è entrato nell’epoca dei cambiamenti. Senza alcun dubbio, è così, visto che sono apparsi i nuovi fattori come:

- nuova tappa della globalizzazione, - aumento della domanda per le risorse energetiche da parte delle

economie in sviluppo, - preoccupazione dei problemi relativi al cambiamento del clima, - problema del passaggio all’energia ecologicamente pulita ecc. Tuttavia, bisogna riconoscere che ogni decennio dopo la Seconda

Guerra mondiale fu marcato dai cambiamenti epocali nel sistema dei rapporti energetici mondiali. La nazionalizzazione delle concessioni e delle società petroliferi, la nascita dell’OPEC, dell’Agenzia Energetica

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Internazionale, lo sviluppo del commercio borsistico del petrolio, l’ingresso degli idrocarburi sovietici sui mercati mondiali, le crisi dei prezzi, l’utilizzo dei super computer, le fusioni e gli assorbimenti – ecco l’elenco non completo degli eventi accaduti.

Su questo sfondo il decennio attuale non appare tanto particolare. Nello stesso tempo è necessario prendere in considerazione due

circostanze: Prima – tutte le iniziative nuove nel campo energetico sono state

dettate dalle considerazioni politiche ed economiche nazionali od internazionali del carattere generale.

Seconda – il superamento delle situazioni critiche era anche legato alla conclusione degli accordi relativi alle questioni estranei al settore energetico.

Per avanzare verso la nuova tappa di collaborazione comune è di grande importanza la comprensione degli approcci delle parti ai problemi da esaminare, vale a dire, su tutto l’ordine del giorno. Senza tutto questo il dialogo energetico non potrà spostarsi oltre alle tappe iniziali della diplomazia energetica.

Dopo il summit di G8 del 2006, a San Pietroburgo, fu proposto il modello di costruzione dei rapporti nel settore energetico sulla base degli obblighi reciproci dei paesi industrialmente sviluppati. Per la Russia, la possibilità di approfondire la cooperazione economica e tecnologica rappresenta un fattore principale. Le condizioni di tale cooperazione definiranno, in grande misura, la politica energetica della Russia nei confronti dei paesi esteri. Gli sforzi della parte russa sono indirizzati alla formazione delle condizioni uniche del partnership energetico con paesi interessati e alla creazione dei meccanismi efficaci dell’approvazione delle azioni nel campo della politica energetica.

Negli ultimi tempi i volumi degli investimenti reciproci nel settore energetico sono aumentati in modo considerevole:

- da parte dell’UE si tratta di 55-58 miliardi di dollari; - da parte della Russia - di 7-8 miliardi. Complessivamente, il rapporto tra gli investimenti europei

nell’economia russa e viceversa è 10:1, a favore dell’UE. La partecipazione delle imprese europei nel settore energetico

russo diventa sempre più importante. La Russia, a sua volta, vorrebbe essere presente nel campo di distribuzione delle risorse energetiche fornite.

La creazione delle barriere politiche sulla strada degli investimenti e l’applicazione dei doppi standard in questo campo non è efficace e contraddice agli scopi di sicuro successo.

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Gli investimenti reciproci permettono di abbassare il rischio di incertezza, aumentano la responsabilità per l’utilizzo efficace delle risorse energetiche, creano una base sicura della cooperazione a lungo termine.

I principi di diversificazione, di condivisione dei rischi e dello scambio degli attivi sono alla base di vari progetti, come North Stream e South Stream, Burgas-Alessandropulos, Gasdotto del Caspio ed altri.

Per garantire la sicurezza energetica, effettivamente realistica e globale, tutti i paesi sono tenuti a condividere sia dei profitti che dei rischi.

Nello stesso tempo i principi fondamentali per i rapporti reciproci tra le parti devono essere: l’apertura, la trasparenza e le pari opportunità.

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MASSIMILIANO MARCHES Vice Presidente Eni Gas & Power Division

La sicurezza degli approvvigionamenti energetici ha guadagnato

negli ultimi due o tre anni una rilevanza e una attenzione senza precedenti, in special modo per quanto riguarda il gas.

Oggi l’approvvigionamento di gas non è più solo una questione economica o industriale, è il tema principale per la sicurezza in Italia ed in Europa.

Siccome dire gas significa dire Russia, vorrei trattare la questione della sicurezza degli approvvigionamenti da questo fondamentale fornitore focalizzandomi su 3 punti:

1) Perché il gas è diventato una questione così cruciale per la nostra sicurezza e perché l’Europa necessita urgentemente di raddoppiare le proprie infrastrutture:

2) Perché la Russia è un pilastro fondamentale per la nostra sicurezza energetica ed anche un buon partner per l’Europa;

3) Per ultimo, cosa occorre fare per rafforzare il dialogo con la Russia sulle questioni energetiche.

Perché il gas è divenuto una questione cruciale per l’Europa? Nel corso degli ultimi due decenni, gli europei hanno scelto di

usare il gas per soddisfare il proprio fabbisogno energetico ovunque possibile, vale a dire per la produzione di elettricità, per gli usi civili e per quelli industriali.

L’effetto combinato di tutte queste scelte ha prodotto il raddoppio del consumo di gas in Europa negli ultimi 25 anni; allo stesso tempo il consumo di carbone e di olio è diminuito del 20%. Oggi il gas rappresenta circa un quarto di tutto il fabbisogno energetico in Europa.

Naturalmente non vi è nulla di sbagliato nell’utilizzare grandi quantitativi di gas.

L’Europa ha però scelto di seguire questa strada senza possedere al proprio interno le risorse necessarie: l’Unione Europea conta infatti per circa il 20% del consumo di gas mondiale mentre rappresenta solo l’8% della produzione di gas e appena l’1% delle riserve totali.

Inoltre la decisione di puntare sul gas non è facilmente reversibile; infatti le centrali elettriche alimentate a gas non possono bruciare il carbone e gli impianti di riscaldamento domestici a gas non possono funzionare alimentandosi a olio.

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Chiaramente, la decisione di impiegare il gas ha delle notevoli implicazioni politiche.

Qualcuno potrebbe chiedere: chi ha preso questa decisione? La risposta più semplice è che nessuno l’ha presa. Non è stata una decisione presa collettivamente a Bruxelles o in

un’altra capitale europea. E’ scaturita dal risultato aggregato di migliaia di decisioni

d’investimento prese dai singoli investitori e consumatori per i quali il gas rappresentava l’opzione meno costosa, più pulita e più pratica.

Il risultato di tutto ciò è che l’Europa oggi importa il 60% del gas che essa consuma e tale percentuale è destinata a crescere.

Diamo un’occhiata ai numeri: In Eni, noi predisponiamo differenti scenari per prevedere il

bilancio di domanda e offerta in Europa al 2020. Il 2020 nella nostra industria significa domani.

Prevediamo un caso base in cui la domanda di gas cresce ad un tasso inferiore al 2% per anno.

Nel caso base assumiamo che gli impianti nucleari esistenti continuino ad operare mentre alcuni nuovi impianti verranno costruiti, e stimiamo che le fonti di energia rinnovabile accrescano la loro quota nel mix energetico e che l’efficienza continui ad aumentare.

Nel caso base assumiamo inoltre che la maggior parte dei contratti di importazione di gas vengano estesi alla fine della loro durata contrattuale che in alcuni casi è inferiore ai 10 anni.

Questo è un grosso punto di domanda dal momento che il consumo interno dei Paesi produttori sta crescendo a ritmi vertiginosi, con l’effetto scontato di ridurre i volumi disponibili per l’esportazione e di diminuire la durata media delle riserve.

Tale crescita della domanda, accoppiata al declino della produzione europea di gas, sta a significare che le importazioni europee dovranno necessariamente raddoppiare dagli attuali 300 miliardi di metri cubi a circa 600 miliardi di metri cubi nel 2020. Eurogas. CERA e altri esperti prevedono cifre molto simili a queste.

In poche parole, nei prossimi 10 anni, abbiamo bisogno di realizzare una capacità d’importazione pari almeno a quella che abbiamo realizzato in Europa negli ultimi 50 anni!

E’ un compito molto arduo. In pratica, tale deficit infrastrutturale può essere coperto con 40

nuove “catene” di GNL – impianto di liquefazione, navi metaniere e impianti di rigassificazione.

Oppure con più di 15 nuovi gasdotti.

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Idealmente dovremmo realizzare una combinazione equilibrata dei due tipi di trasporto, gasdotto e GNL.

In base al mix di gasdotti e GNL che effettivamente si realizzerà, l’investimento richiesto potrà essere compreso fra i 200 e i 400 miliardi di euro nei prossimi 10 anni.

La recente levitazione dei costi nell’industria energetica, guidata da prezzi dell’olio record, ha però colpito più duramente i progetti GNL.

La scarsità di manodopera, di acciaio e di navi ha infatti accresciuto i costi di realizzazione di un’intera catena di GNL per un importo variabile tra il 30 e il 50% in pochissimi anni.

I gasdotti sono inoltre molto più a buon mercato ed efficienti nella loro gestione: il gas dev’essere semplicemente spinto attraverso il tubo anziché essere congelato, liquefatto, trasportato via nave e quindi rigassificato.

Infine, in un mercato del gas globalizzato in cui vi è scarsità sia reale sia percepita, l’Europa ha l’opportunità unica, rispetto al nordAmerica o all’Asia, di connettersi direttamente via gasdotto alle più vaste riserve del mondo in Russia e nel Medio Oriente.

L’Europa ha tre principali opzioni di forniture gas via pipeline: Kazakhstan e Paesi dell’ex Unione Sovietica, Medio Oriente e Russia. Questo è positivo per l’Europa.

Progetti come il Nabucco, IGI e TAP sono già in via di realizzazione per portare il gas del Caspio attraverso la Turchia.

Per quanto riguarda il Medio Oriente, la costruzione di un gasdotto attraverso l’Iran e possibilmente l’Iraq rappresenta un progetto complesso dal punto di vista geo-politico.

Pertanto, tenendo conto dei tempi tecnici di realizzazione di tali progetti, nel breve termine l’Europa deve guardare ancora alla Russia.

E qui arriviamo al secondo punto: La Russia ha le riserve di gas più vaste nel mondo, ma ancora più

importante la Russia è stata per molti decenni un partner affidabile nei confronti delle esigenze energetiche europee.

Alla fine di quest’anno l’Eni celebrerà il cinquantesimo anniversario di relazioni con la Russia ed in particolare, per le forniture di gas, l’anno prossimo si celebreranno i trentacinque anni di importazioni e, guardando nei nostri archivi, non sembra vi sia stata una sola interruzione significativa nella fornitura di olio e gas, perfino durante la guerra fredda. Sono sicuro che molte altre compagnie europee potrebbero dire lo stesso.

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La disponibilità della Russia a sviluppare nuovi progetti strategici come il Nord Stream con E.On, Basf/Wintershall e Gasunie e il South Stream con Eni si rivela utile per le necessità energetiche europee.

Tali gasdotti insieme copriranno tra il 10 e il 20% dei 300 miliardi di metri cubi di importazioni addizionali di cui l’Europa ha bisogno, a seconda della loro capacità finale e della percentuale di nuovo gas rispetto a quello rimpiazzato che trasporteranno. Chiaramente ciò non è abbastanza di per sé, poiché rimangono ancora 250 miliardi di metri cubi da coprire e molti altri progetti sono necessari.

Altro aspetto chiave della partnership strategica tra Europa e Russia è la volontà di Gazprom di estendere i suoi impegni di approvvigionamento esistenti. Nel corso degli ultimi due anni Eni, GdF, E.On, OMV e altre compagnie hanno prolungato i rispettivi contratti di approvvigionamento fino a dopo il 2030. Tali estensioni non dovrebbero essere liquidate come normale amministrazione.

Alla base di tali rinnovi vi è stato infatti un significativo lavoro di valutazione del potenziale di produzione futura di Gazprom e della sua capacità di impegnare volumi per il futuro. Altri fornitori di gas non sono ancora in una posizione tale da poter valutare il proprio potenziale e la propria abilità di impegnare anche per il futuro a favore dell’Europa gli stessi volumi che vengono attualmente approvvigionati.

Dal momento in cui Gazprom ha reso evidente che dispone di un solido piano per sostenere la sua attuale produzione, ciascuna compagnia ha negoziato indipendentemente quelli che sembrano essere degli accordi bilanciati e giusti con Gazprom per prolungare i contratti esistenti.

Ciò mi porta all’ultimo punto: alcuni sostengono che le compagnie europee non dovrebbero

negoziare con Gazprom su base unilaterale e che l’Europa dovrebbe parlare con la Russia (e con gli altri fornitori) con un’unica voce.

Certamente, se l’Unione Europea desidera essere coinvolta collettivamente e attivamente nei negoziati con i suoi fornitori essa deve dotarsi degli appropriati strumenti legislativi a partire dall’assunto che il gas sia sempre l’argomento numero uno nell’agenda dei governi dei Paesi esportatori di gas.

Ciò appare naturale dal momento che il gas ha un impatto significativo sulle loro economie e sulle loro politiche nazionali ed estere.

La Russia non fa eccezione. Il recente attivismo del Cremlino relativamente al Nord Stream e al South Stream, con un diverse visite di Stato dedicate e 5 accordi intergovernativi nel corso degli ultimi mesi solo per il South Stream è di per se’ la testimonianza più evidente

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dell’importanza che le nuove esportazioni hanno per la Russia stessa, come e più che per l’Europa.

Data l’urgente richiesta di nuovo gas da parte dell’Europa e i benefici in termini di sicurezza globale delle forniture e di maggior concorrenza che ciascuna nuova infrastruttura può portare al nostro mercato, il decisionismo e l’assertività dei russi nel realizzarle non possono che essere visti in maniera positiva.

Dunque, al fine di raggiungere accordi efficienti, ogni entità pubblica o privata che voglia fare affari con Gazprom e con il Cremlino dev’essere pronta a prendere decisioni veloci e disporre di poteri sufficienti per poterli concludere in maniera effettiva.

Fino a che una tale entità non esisterà e sarà capace di condurre negoziati con successo, l’attuale modello in cui le compagnie europee e i governi trattano direttamente con Gazprom sembra essere il migliore ed in realtà si è dimostrato essere il modello di successo per l’Europa nel corso degli ultimi 40 anni.

Questa considerazione mi conduce a un’ultima ulteriore osservazione: come giustamente contemplato nel titolo di questo panel, non possiamo parlare di sicurezza degli approvvigionamenti senza menzionare il tema della produzione.

Come abbiamo visto è fondamentale che gli attuali flussi di gas dalla Russia vengano innanzitutto mantenuti e possibilmente sostanzialmente incrementati; abbiamo però anche visto che l’industria del gas è oggi posta di fronte agli stessi problemi di incremento costi, aumento della domanda interna ai Paesi produttori e crescente complessità di accesso a nuovi bacini minerari che colpiscono l’industria energetica mondiale.

Il modello di avanzata cooperazione “a tutto campo” che è ormai prevalente per Eni e per altre Società internazionali nei rapporti con la Russia e con altri grandi produttori penso sia realmente la miglior soluzione anche per “irrobustire” la sicurezza degli approvvigionamenti partendo dai Paesi di origine.

L’entità degli investimenti esteri, unita al know-how sia scientifico sia progettuale e finanziario che le nostre Società possono portare in joint ventures innovative nei Paesi produttori sono un patrimonio prezioso, in grado sia di venire incontro ai nuovi bisogni energetici in loco, sia, al contempo, di dischiudere nuove risorse per l’export verso l’Europa.

La Russia è un ottimo esempio di questo nuovo corso, che va ben oltre il precedente rapporto tra fornitore e importatore di gas che ha caratterizzato l’industria del gas fino al recente passato; in Russia infatti

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vediamo all’opera tutte le potenzialita’ e ovviamente anche tutte le criticità, che si sviluppano quando un mercato così importante si apre agli investimenti esterni.

Notevoli potenzialità si aprono per le Società europee per poter agire dall’interno stesso dei Paesi produttori, comprendendone il funzionamento e contribuendo direttamente, come soggetti indipendenti, alla crescita della produzione di gas e olio, in sé fondamentale per irrobustire la sicurezza delle esportazioni.

Se la Russia e l’Europa, a partire dagli incontri al vertice di questi giorni, sapranno stabilire un quadro nuovo e stabile di relazioni commerciali che aggiorni l’ormai scaduto Partnership e Cooperation Agreement di 10 anni fa, nel quale le istanze di tutti i soggetti coinvolti convergano verso nuove forme di collaborazione e scambio, anche il futuro dei nostri approvvigionamenti energetici ne trarrà immenso beneficio.

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INSTALLAZIONE DI CENTRALI NUCLEARI DI ULTIMA GENERAZIONE IN SLOVACCHIA, BULGARIA E

ROMANIA

JAN GALOCI Consigliere Economico dell’Ambasciata della Repubblica Slovacca in

Italia

Con il mio intervento intendo fornirvi informazioni sulla situazione sul mercato energetico e sicurezza energetica in Slovacchia, sulle sue attuali tendenze e aspettazioni per il futuro.

Quando parliamo del mercato energetico in Slovacchia, la prima cosa che dobbiamo sottolineare, é lo stretto collegamento con il mercato italiano. E questo nonostante il fatto, che la base del nostro mercato é fatta dall’energia nucleare, la quale (come bene sappiamo) non é sfruttata in Italia da piú di 21 anni.

Tutto é cominciato solo recentemente, nell´anno 2006.L´entrata dell’investimento (863 mil. di euro o 66 %) della societá ENEL nella Centrale elettrica slovacca Slovenské elektrárne in aprile 2006 ha cambiato, in forte misura, la struttura degli investimenti italiani nella Slovacchia. Mentre alla fine del 2005 oltre il 82 % degli investimenti italiani nella Slovacchia erano orientati esclusivamente nel settore bancario (la VUB Banca, acquisita dal Gruppo Banca Intesa (96,5%). Il gruppo italiano UniCredito (UniCredit Bank) detiene una quota del 77,2% nell’UniBanka). Secondo i dati ufficiali riportati dalla Banca Centrale Slovacca, NBS, al 31 dicembre 2006 gli investimenti italiani rappresentavano il 12,3 % del totale nel Paese (2,26 miliardi di USD, di cui 1,34 miliardi di USD nel settore imprenditoriale e 921,5 mil. USD nel settore bancario), ponendosi al quarto posto, dopo l´Olanda, la Germania e l´Austria.

Siamo sicuri che la decisione della societá ENEL di investire in Slovacchia è stata basata su una analisi dettagliata. É una parte importante di quest’analisi era anche la situazione macroeconomica. L´economia slovacca attualmente cresce ad un ritmo tra i più alti nell’Unione europea. Il tasso della crescita del PIL nell’anno 2007 ha raggiunto il 9,3 %, la produzione industriale é stata del 15,3 % piú alta

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rispetto l’anno precedente. Il tasso di inflazione nell’anno 2007 ha raggiunto il 3,4 % con la disoccupazione del 11,4 %. Le previsioni sullo sviluppo dell’economia slovacca per l´anno 2008 sono abbastanza favorevoli e contano sulla continuità della crescita del PIL (8,9-9,0 %) e della produzione industriale (15,0 %) con l´abbassamento del tasso della disoccupazione. Parte integrante sarà anche il rispetto dei criteri di base di Maastricht – deficit del bilancio al livello del 3 % del PIL (2007: 2,2 %) e del debito pubblico piú basso del 60% del PIL (2007: 29,4 % del PIL). La Slovacchia si é prefissa un traguardo ambizioso – introdurre l´euro dal 1 gennaio 2009.

IL MERCATO ELETTRO-ENERGETICO SLOVACCO

La Slovacchia ha una capacità elettrica installata complessiva pari a circa 8.200 MW (8.157 MW nel 2006) con una produzione totale di 31 miliardi di KWh (31 TWh), di cui circa 2 esportati nei paesi vicini 1.603 GWh nel 2006). Consumo totale nell´anno 2006 era 29.624 GWh. Nei prossimi anni si prevede che il mercato elettrico slovacco crescerà più velocemente rispetto a quello dei paesi confinanti, in considerazione dell’elevata crescita economica attesa (maggiore del 4% annuo).Nella generazione dell´elettricitá il produttore principale è Slovenské Elektràrne (SE), che detiene una capacità installata di 5.997 MW (questo rappresenta circa 73% della potenza complessiva del paese) é una generazione pari a 18,135 TWh/anno. Slovenské Elektràrne dispone di cinque reattori nucleari (con reattori VVER 440/PWR) da 440 MW ciascuna per un totale di 2.200 MW. (reattore “EBO V1” è la proprietà della societá JAVYS). Questi costituiscono il 38% della potenza totale istallata ed hanno contribuito per il 60,9% alla produzione di elettricità del paese nel 2006.

L´esperienza operativa dei reattori di tecnologia russa utilizzati da Slovenske elektrarne è molto positiva sia in termini ambientali, sia di sicurezza. Nel´anno 2006, la societá ENEL ha commissionato a un consorzio di società di ingegneria, specializzate nella progettazione ed analisi di sicurezza degli impianti nucleari, la revisione e l'aggiornamento del progetto delle due unità di Mochovce di Slovenske Elektrarne, proprio per apportare tutti i miglioramenti impiantistici che derivano dal recente sviluppo tecnologico in modo da incrementarne ulteriormente il livello di sicurezza.

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L´ENEL ha deciso di investire 1,9 miliardi di euro per il completamento di due reattori nucleari di Mochovce per una potenza di 880 MW (i reattori sono del tipo VVER 440/213). Secondo agenzie internazione IAEA è WENRA la centrale di Mochovce è stata considerata assolutamente in linea con gli standard applicati in occidente per la costruzione di impianti di questo tipo. In questo momento dobbiamo sottolineare che la Slovacchia è un paese a lunga tradizione nucleare e il nostro obiettivo principale, insieme con la societá ENEL, sempre sarà la sicurezza e l´efficienza massimale dell´impianto nucleare. I sistemi di sicurezza che saranno introdotti da ENEL renderanno l´impianto del tutto comparabile a un impianto nucleare di terza generazione.

Se non si riuscirá a prolungare la vita dei blocchi nucleari della centrale elettrica V2 a Jaslovske Bohunice, la Slovacchia costruirà sicuramente una nuova centrale nucleare (probabilmente a Kecerovce – una città nell´est del paese). Sul luogo della costruzione deve decidere il governo slovacco entro la fine del 2008. L´anno 2025, quando finirà la vita della V2, sarà per la Slovacchia decisivo nel settore della elettroenergetica. A Kecerovce potrebbe essere costruita la centrale nucleare con la potenza di 1000 – 1200 Megawatt per 3,5 miliardi di Euro. In questa regione sarà peró necessario risolvere il problema che riguarda la quantità necessaria d’acqua.

La Repubblica Slovacca in questo periodo registra tanti soggetti interessati per la costruzione delle fonti energetiche nucleari in Slovacchia. Secondo il Ministro dell’Economia, Sig. Ľubomír Jahňatek, la Slovacchia peró non può diventare un territorio, dove si costruiranno fonti energetiche delle quali la potenza sarà esportata fuori del Paese e a noi rimarrà solamente un´ambiente inquinato ed i profitti destinati a finire altrove.

Lo sviluppo dell´energia nucleare continua ad essere un fattore importantissimo per l´economia slovacca è anche per l´economia mondiale è probabilmente anche per l´economia italiana.

L'amministratore delegato dell'Enel Fulvio Conti ha detto all'ANSA dal Forum economico internazionale di San Pietroburgo (7 giugno 2008): "Pensiamo sia anche parte della soluzione ai problemi italiani tornare nel nostro paese a questo settore energetico". Secondo Conti l´ENEL si trova al centro dell'innovazione tecnologica nel campo del nucleare: "Come Enel abbiamo recuperato moltissimo in tecnologie, grazie alla cooperazione non solo con Rosatom, ma anche con la Francia, con le tecnologie americane in Spagna, progetti a cui abbiamo attivamente partecipato“.

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Gli scopi e le priorità della politica energetica e sicurezza energetica della Repubblica Slovacca per il periodo fino all´anno 2020 e le prospettive fino al 2030.

Gli obiettivi della politica energetica della Repubblica Slovacca a lungo termine:

-garantire una produzione dell´energia sulla base del principio dell’efficienza economica,

-garantire una fornitura sicura ed affidabile di tutte le forme d’energia,

-ridurre la parte del consumo interno lordo all’interno del PIL – riduzione dell´ esigenza energetica.

Per il raggiungimento degli scopi della politica energetica

vengono stabilite queste priorità di base: -sostituire le vecchie centrali di produzione dell’energia in

liquidazione con le fonti nuove, -prendere i provvedimenti per il risparmio dell’energia elettrica e

per l´aumento dell’efficienza energetica sulla parte del consumo, -ridurre la dipendenza delle forniture dell’energia dalle zone a

rischio, -sfruttare le fonti primarie nazionali dell’energia, -aumentare l´ uso della produzione combinata: luce – caldo, -uso del nucleare, -garantire la sicurezza della gestione delle centrali nucleari, -completare il sistema e la rete per garantire la sicurezza e

affidabilità del transfer, trasporto e della distribuzione dell’energia elettrica e del gas,

-realizzazione delle nuove condutture di collegamento con lo scopo di migliorare la connessione con il mercato interno dell’Unione Europea nonché il mercato dei paesi terzi,

-favorire l´uso dei carburanti alternativi nel settore dei trasporti. La Repubblica Slovacca si procura quasi il 90 % delle fonti

primarie dell’energia attraverso gli acquisti fuori del territorio del mercato interno dell’ UE. L’unica fonte interna d’energia é il carbone lignite, perché la propria estrazione di gas e greggio é di poca importanza. Per questo motivo cresce sempre di piú l’importanza delle fonti d’energia rinnovabili (biomasse, acqua, energia geotermale, energia solare e del vento).

Sulla base delle analisi si presume che con le prospettive a lungo termine (fino all’anno 2030) il ruolo piú importante nel soddisfare le

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richieste del consumo comporteranno l´uso maggiore del nucleare, del gas e delle fonti rinnovabili.

Carbone: Il carbone lignite nazionale rappresenta in questo momento quasi il 79 % del consumo del carbone lignite necessario per la produzione di luce e caldo. Ha un ruolo importante nel garantire la sicurezza della fornitura dell’energia elettrica. Per quanto riguarda l’ estrazione del carbone si presume il caso graduale e le prospettive a lungo termine non è possibile considerare l’ estrazione del carbone come sufficiente per coprire il fabbisogno della produzione di luce e di caldo. Il carbone nazionale rimane comunque un’unica fonte di energia rinnovabile necessaria per garantire l’ affidabilità del sistema.

Gas: Il consumo annuale di gas è circa 7 Mld. di m3 di cui l’estrazione nazionale rappresenta solamente il 3%. Il resto del gas viene importato dalla Russia. Nel futuro si presume un aumento graduale del consumo di gas soprattutto come conseguenza dell’aumento del fabbi-sogno nell’industria e nella produzione dell’energia elettrica e termica. L’uso di gas è opportuno anche da punto di vista ecologico.

Petrolio: la Repubblica Slovacca importa ogni anno 5,5 Milioni di tonnellate di petrolio. Questa quantità è garantita sulla base di un accordo di lunga durata con la Federazione Russa. Dalla quantità importata di petrolio si utilizzano 3,2 Mil. di tonnellate per uso interno. L’estrazione nazionale partecipa al consumo con il 2 %.

Il nucleare: Momentaneamente piú del 60 % dell’energia elettrica si produce nelle centrali nucleari. Il rifornimento del combustibile nucleare e’ garantito tramite accordi di lungo termine con la Federazione russa. In relazione alla chiusura della centrale nucleare V1 a Jaslovske Bohunice diminuiranno le forniture del combustibile nucleare fino al momento dell’eventuale inizio del funzionamento dei nuovi reattori nucleari.

Le fonti rinnovabili: In questo periodo dalle fonti rinnovabili vengono prodotti circa 5,2 TWh dell’energia elettrica soprattutto sfruttando il potenziale idroenergetico di grandi centrali idroelettriche. Questo rappresenta circa il 16% del consumo nazionale. Il potenziale complessivo da sfruttare delle fonti rinnovabili offre la possibilità di aumentare la loro partecipazione alla produzione complessiva di energia elettrica fino al 19% nell’anno 2010, fino al 24% nell’anno 2020 e fino al 27 % nell’anno 2030.

La più interessante fonte rinnovabile per la produzione dell’energia termica sono le biomasse, dove il potenziale complessivo annuo sfruttabile da punto di vista energetico rappresenta circa 75,6 PJ.

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Le biomasse sono anche una possibile fonte rinnovabile per la produzione dell’energia elettrica.

Nonostante tutto ciò, la fonte più usata continuerà a rimanere l’uso del potenziale idroelettrico. Per quanto riguarda le altre fonti rinnovabili (energia del vento (eolico), energia geotermica, energia solare) il loro uso sarà solamente la fonte complementare per i ragioni di sicurezza ed affidabilità delle forniture dell’energia elettrica e termica.

Il fattore importante rimane anche la questione del prezzo dell’energia proveniente dalle fonti rinnovabili. L’alternativa più praticabile della sostituzione del petrolio è rappresentata dai biocarburanti.

LO SVILUPPO DEL CONSUMO DELL’ENERGIA ELETTRICA

La crescita dell’economia è stata realizzata anche grazie alla

diminuzione delle esigenze energetiche. Di questa dinamica parla anche l’indicatore del consumo complessivo dell’energia elettrica, la quale è aumentata nell’anno 2004 rispetto all’anno 1995 del 6.5 % e durante lo stesso periodo il PIL è cresciuto nell’ambito dei prezzi del 1995 del 35,7%. Dalla presunta produzione complessiva dell’energia elettrica è evidente che gradualmente dal 2007 fino al 2010 la produzione dell’energia stessa non sarà piú capace di soddisfare il consumo presunto.

Dopo la chiusura della centrale nucleare JE V1, nonostante i provvedimenti destinati all’aumento della potenza delle capienze esistenti, non sarà possibile aumentare la produzione senza la realizzazione di nuova capacità produttiva per coprire il consumo presunto dell’energia anche in funzione dell’applicazione di tutti i provvedimenti per la diminuzione del consumo complessivo dell’energia stessa. A causa della chiusura della centrale JE V1 sarà necessario risolvere un deficit transitorio fra il consumo e la produzione dell’energia elettrica. Questo problema è possibile risolverlo tramite l’acquisto dell’energia elettrica sul mercato interno dell’UE oppure sui terzi mercati, tramite l’applicazione dei provvedimenti puntati verso la riduzione del consumo dell’energia elettrica e con l’adottare i provvedimenti per l’aumento del rendimento degli impianti di produzione esistenti.

Si presume che nel 2015 dopo la realizzazione della centrale nucleare di Mochovce EMO 3 e 4 e dopo la realizzazione degli impianti nuovi per le fonti rinnovabili ci sarà in Slovacchia esubero di produzione

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dell’energia elettrica. Questo terminerà dopo l’anno 2020 in conseguenza del blocco JE V2 dopo che la sua vita produttiva sarà esaurita.

Garanzia nel produrre energia elettrica necessaria per coprire la richiesta:

Il raggiungimento di uno degli obiettivi principali della politica energetica, che è garantire la produzione della quantità d’energia che soddisferà la richiesta sul principio dell’efficienza economica, sarà possibile solamente con le fonti di produzione soddisfacenti.

La realizzazione di quest’obiettivo principale della politica energetica sarà possibile attraverso:

-Aumento della potenza degli impianti di produzione dell´ energia esistenti,

-costruzione dei nuovi impianti di produzione. L´aumento della potenza degli impianti di produzione gia

esistenti richiedere l´adozione dei provvedimenti mirati verso queste fonti gia esistenti:

-la centrale nucleare a Jaslovske Bohunice V2 -la centrale nucleare a Mochovce 1 e 2 -la centrale termica a Novaky -la centrale termica a Vojany Le decisioni sui provvedimenti mirati alla realizzazione dei nuovi

impianti di produzione usciranno dal presupposto su quali compiti avranno nel futuro le fonti individuali d´energia nel soddisfare il consumo. La prospettiva maggiore hanno questi tipi degli impianti:

1. la centrale nucleare – la conclusione della costruzione

dell´EMO 3 e 4 (Mochovce), 2. la centrale idroelettrica – la costruzione della centrale

idroelettrica sul fiume di Ipel, eventualmente sull’altro fiume, 3. le centrali che usano le fonti rinnovabili – per esempio

biomasse, la fonte solare, e del vento (eolico), 4. le centrali con la produzione dell’´energia combinata luce –

caldo, 5. la centrale termica.

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DIMINUZIONE DELL’ESIGENZA ENERGETICA

La diminuzione dell´esigenza energetica é uno dei pilastri piú importanti dello sviluppo costante. Lo sviluppo costante deve garantire i bisogni attuali dei cittadini senza porre i limiti alle prossime generazioni nel soddisfare i loro bisogni. Per il raggiungimento dello sviluppo costantemente mantenuto é necessario:

-cambiare le tecnologie di produzione sulla parte della produzione e sulla parte del consumo,

-modificare i procedimenti ed abitudini sulla parte della produzione e sulla parte del consumo.

Nell’interesse di garantire lo sviluppo della Repubblica Slovacca é necessario far diventare la parte dello sviluppo costantemente mantenuto anche le soluzioni energetiche costantemente mantenute e le tecnologie che sfruttano le proprie fonti raggiungibili dell’energia.

Influenzare la quantità del consumo dell’energia elettrica con lo scopo di diminuire il consumo interno lordo é possibile raggiungere sopratutto con la priorità degli investimenti con i quali sarà garantita l´efficienza energetica maggiore ai provvedimenti per gli investimenti mirati verso l´aumento della capienza produttiva oppure i provvedimenti per l´interruzione della fornitura dell’energia elettrica nei casi in cui sono da preferire gli investimenti attraverso le soluzioni economicamente piú efficienti con l´attenzione anche alla sostenibilità ambientale.

La diminuzione dell´esigenza energetica nel lungo periodo porterà con se anche la diminuzione dell’influenza negativa sull’ambiente, sopratutto attraverso la diminuzione delle emissioni dei gas responsabili dell’effetto serra. Cosi si arriva all’ adempimento degli impegni del protocollo di Kyoto.

L’AUMENTO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA

Una delle possibilità della diminuzione dell´esigenza energetica é l´aumento dell´efficienza energetica. L´efficienza energetica è un settore preponderante rispetto a tutti gli altri settori dell’economia, cosi come i provvedimenti per garantire il risparmio dell’energia sulla parte della produzione e sulla parte del consumo. L´aumento dell’efficienza energetica é il risultato di tante decisioni da parte della pubblica amministrazione e quella dello Stato, del terzo settore, dei consumatori, nonché i produttori degli elettrodomestici, sulla parte della produzione e questo sopratutto attraverso l´uso delle nuove tecnologie, i provvedimenti

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di risparmio durante il transfer, il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica.

L´aumento dell’efficienza energetica si presenterà alla fine come un risparmio complessivo dell’energia.

Con l´aumentare dell’efficienza energetica si raggiunge la diminuzione del consumo dalle fonti primarie dell’energia, che si rileverà con la diminuzione della dipendenza dall’importazione, l´impatto meno forte sull’ambiente e con la diminuzione dell’influenza del prezzo di energia sul consumatore.

I provvedimenti per l´aumento dell’efficienza energetica saranno

questi: -la campagna informativa finalizzata all´allargamento dei consigli

sul consumo dell’energia, -la creazione di uno spazio per servizi energetici confortevoli e

efficienti, -la stabilizzazione degli standard dell’efficienza energetica degli

elettrodomestici, -il sostegno dello sviluppo e della produzione degli impianti e

delle tecnologie innovative con l´alta efficienza energetica. PIANO DI EFFICIENZA ENERGETICA DELLA REPUBBLICA SLOVACCA

L´obiettivo principale del piano di efficienza energetica della

Repubblica Slovacca che é stato elaborato dal Ministero dell’´Economia della Repubblica Slovacca, é il raggiungimento della diminuzione graduale del fabbisogno energetico al livello della media degli stati membri dell’Unione Europea (UE-15). Contemporaneamente l´obiettivo è anche la creazione delle condizioni per il comportamento virtuoso da punto di vista energetico adottato dai cittadini e dagli operatori di mercato, il sostegno delle soluzioni energetiche con un mantenimento duraturo e l´inserimento delle tecnologie energetiche efficienti in tutti i settori dell’economia nazionale. Il livello del fabbisogno energetico é attualmente nella Repubblica Slovacca ancora notevolmente piú alto in rispetto agli altri paesi sviluppati dell’´Unione Europea (UE-15). Per il raggiungimento di questo traguardo é necessario creare un´ambiente favorevole, che garantirà un notevole miglioramento dell’´efficienza energetica.

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Le condizioni caratteristiche di quest’ambiente sono secondo il Piano le seguenti:

-motivazione dei soggetti singoli per la realizzazione dei provvedimenti di risparmio e per un comportamento virtuoso dal punto di vista energetico,

-responsabilitá chiara per gli obiettivi richiesti e i risultati raggiunti,

-ambiente economico e leggi opportune. Il Piano di efficienza energetica della Repubblica Slovacca

analizza la potenzialità dei provvedimenti economicamente motivanti per il risparmio dell’energia. Si concentra su 5 settori:

-industria e edilizia -case e abitazioni -terzo settore – servizi -trasporti -agricoltura Il Piano accenna delle barriere durante l´applicazione dei

principi di efficienza energetica. Per esempio in Slovacchia mancano gli impulsi motivanti (che motiva) per il comportamento efficiente nell’ambito di risparmio energetico. Insufficienti sono anche le informazioni sulle nuove tecnologie di risparmio.

Sulla base del Piano d’efficienza energetica, non è piú possibile vedere questa problematica come una problematica strettamente legata al settore dell’energie, ma come una problematica che interferisce praticamente sui tutti i settori della vita di una societá. Con la delibera di questo documento è stato creato un´insieme di soluzioni che insieme ai piani dettagliatamente elaborati e la legislativa nuova stabiliranno le condizioni dello sviluppo energetico della Slovacchia nell’interesse di un´efficiente diminuzione della dipendenza energetica.

La preparazione e la realizzazione dei provvedimenti nell’ambito dell’´efficienza energetica risultano dagli impegni internazionali della Repubblica Slovacca e dall’implementazione delle prescrizioni legislativi della UE. Se i provvedimenti e le efficienti prescrizioni legislative non saranno adottati nel senso degli impegni assunti, questo avrà conseguenze negative sotto forma di spese continuamente in aumento nel settore pubblico e anche privato e nelle sanzioni da parte dell´UE. Per questo è indispensabile dedicare a questa problematica la necessaria attenzione.

Il Ministero dell’Economia della Repubblica Slovacca ha preparato il nuovo programma operativo dedicato alla competizione e la

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crescita economica ( OP KaHr) per il periodo dal 2007 al 2013. L´obiettivo di questo programma è conservare ed ulteriormente sviluppare le potenzialità della produzione industriale, del settore energetico, delle fonti rinnovabili, dell’innovazione industriale, della ricerca applicata, del turismo e degli alcuni servizi scelti. Questo dovrebbe contribuire ad un´ulteriore aumento della capacità economica della Slovacchia e contemporaneamente favorire la diminuzione delle differenze dell’efficienza economica nelle diverse regioni

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IGINO MARIA CHELLINI Responsabile Settore Tecnico Area Nucleare Enel

Cosa ci spinge oggi a parlare di un ritorno del nucleare? Abbiamo citato la dipendenza dal gas, la necessità di diversificare le fonti energetiche. In questo ambito è evidente che il nucleare ha un suo ruolo. Per dare un’idea della situazione in particolare in Italia la generazione di energia elettrica è assicurata per il 60% da gas e per un ulteriore 10% da olio.

Un altro elemento è quello dell’impatto del costo dei combustibili sul costo della generazione: l’andamento dei prezzi dei combustibili influenza notevolmente il costo di generazione da fonti fossili, mentre nel caso del nucleare l’uranio incide per circa il 3-4% sul costo complessivo di generazione.

Da un confronto dei costi di generazione su base di dati 2006 emerge che il kWh prodotto da nucleare costa circa il 60% rispetto a quello prodotto da gas. Con le quotazioni attuali dei combustibili il confronto sarebbe ancor più favorevole al nucleare (40-50%).

In Europa i vari Paesi hanno scelto strade diverse: alcuni hanno puntato sul nucleare, alcuni lo hanno escluso, altri infine hanno avviato un programma nucleare per poi abbandonarlo. L’impatto delle diverse strategie si può sintetizzare confrontando il costo medio di approvvigionamento per una piccola/media industria italiana e francese. Il costo per l’industria italiana è circa doppio rispetto a quello della omologa azienda francese.

Altro tema molto importante quello delle emissioni di anidride carbonica. L’Europa si è data traguardi ambiziosi, lo sviluppo di nuova capacità priva di emissioni come quella nucleare sarà indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi previsti al 2020.

Ma cosa è cambiato nell’industria nucleare negli ultimi 20 anni? Sicuramente una maggiore coscienza e condivisione delle

esperienze operative dei vari impianti. Tutti gli operatori di impianti nucleari si sono associati in WANO, l’associazione mondiale degli operatori nucleari, e si scambiano quotidianamente esperienze sulla gestione dei propri impianti.

A questa istituzione si affiancano l’IAEA, l’agenzia internazionale per l’energia atomica, e WENRA, l’associazione dei enti

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regolatori Europei. La prima in particolare con ruolo di sorveglianza sugli impianti nucleari.

La tecnologia si è sviluppata negli anni, oggi parliamo di impianti di terza generazione, con probabilità di incidente molto ridotte rispetto al passato, gli impianti sono dotati di sistemi atti a garantirne l’integrità anche a seguito di incidenti gravi.

In questo periodo abbiamo inoltre sperimentato la chiusura del ciclo di vita dell’impianto nucleare, avendo completato in America e in Europa il decommissioning di impianti e il ripristino delle condizioni “green field”. Ci sono oggi esperienze operative e certezze sui costi di queste operazioni.

Anche al problema della gestione rifiuti si è trovata soluzione: esiste l’esempio della Finlandia che si è da tempo dotata di depositi di stoccaggio dei rifiuti e sta realizzando un deposito per lo stoccaggio definitivo del combustibile usato. Anche in questo caso esistono soluzioni progettuali e costi certi.

Ultimo elemento, la liberalizzazione mercato elettrico: venti anni fa erano gli enti elettrici nazionali a investire nel nucleare sostenendone le spese per poi ribaltarle sugli utenti finali.

Oggi questo non è più possibile. Le utilities investiranno nel nucleare se questo dimostrerà la propria competitività. I rischi industriali dello sviluppo rimangono a carico dell’investitore.

Ma vediamo cosa sta succedendo nell’Est Europeo: i mercati si sono aperti una serie di privatizzazioni ha visto l’ingresso di partner occidentali ed ENEL in particolare ha acquisito il 66% di Slovenske Elektrarne, la utility slovacca, segnando il rientro del gruppo ENEL nel club dei gestori di capacità nucleare con quattro impianti in esercizio e due in costruzione.

Secondo passo importante per ENEL: l’accordo con Rosatom del 2007 per lo sviluppo di capacità nucleare in Russa e nei paesi dell’Europa centro-orientale. Fa parte dell’accordo anche la collaborazione nella gestione degli impianti.

L’accordo assume particolare valore dato che il programma russo di sviluppo di capacità nucleare è il più ambizioso a livello europeo: 26 nuove unità da realizzare entro il 2030 con capitali russi e con capitali esteri. ENEL, in virtù dell’accordo firmato, è ben posizionata per partecipare a tale piano di sviluppo.

Inoltre ricordiamo che Enel, attraverso Endesa, partecipa alla gestione di centrali nucleari con tecnologia americana e in Francia, con Edf, alla costruzione della centrale di terza generazione avanzata EPR di Flamaville.

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Concludo con un breve cenno al progetto di completamento di due unità da 720MW a Cernavoda in Romania. La tecnologia è canadese, la costruzione era stata avviata negli anni Ottanta e interrotta per mancanza di fondi. In questo progetto ENEL è presente con una quota del 15%, per rafforzare la propria presenza nel Paese nel settore della generazione oltre che nella distribuzione. In questo modo ENEL avrà conoscenze ed esperienza in tutte e quattro le grandi tecnologie nucleari del mondo: americana, francese, russa e canadese.

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INDUSTRIA, SCAMBI COMMERCIALI E LOGISTICA

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IL QUADRO GENERALE

ROSARIO ALESSANDRELLO, Presidente Fondazione Italia-Russia e Camera di Commercio Italo-Russa

La sfida della Federazione Russa in Europa e nel mondo è stata lanciata durante il secondo mandato del Presidente Vladimir Putin e rilanciata con la Presidenza Dimitry Medvedev e il premierato di Putin maggio 2008.

Già nella storia passata questo si era verificato: Montesquieu (1716 – 1755) e Voltaire avevano scritto, non è più la Francia al centro dell’Europa ma la Germania perché dietro di essa, ci sono quelle “enormità” che sono la Svezia di Carlo XII e la Russia di Pietro il Grande.

La Russia di recente ha elaborato un “Programma di sviluppo economico”, in base al quale per il 2020 il Paese dovrà essere tra le cinque più grandi e ricche economie del mondo. In base all’indicatore di parità di acquisto il PIL procapite salirà dagli attuali 12.000 $ USA nell’anno a 30.000 $ USA, raggiungendo i livelli medi dei Paesi europei come Francia e Gran Bretagna.

La Russia nella sua storia è caduta molte volte; ma molte volte si è risollevata e oggi è un paese di grandissime opportunità, per l’Europa in particolare. Saranno proprio i legami con l’Europa, prima che con altri attori internazionali, ad influenzare in maniera decisiva le possibilità di crescita dell’economia di questo grande Paese.

I profondi legami e la complementarietà della cultura e dell’economia russa con quelle europee hanno radici profonde e antiche.

Ma esiste un altro concetto da cui non si può prescindere per capire i russi: è quello dell’ “anima russa”, secondo cui il popolo russo slavo e varego è capace di enorme sopportazione, rassegnazione e indulgenza, ma al contempo può esplodere da un momento all’altro in un impeto ‘rivoluzionario’ (il paragone ricorrente è quello con l’orso: tranquillo, serafico, indolente, finché non perde la pazienza). Ed ancora: l’anima russa è pensatrice, sognatrice, filosofa, religiosa, superstiziosa, poco avvezza a preoccuparsi di questioni pratiche (Ilja Ilich Oblomov, il

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personaggio dello scrittore Ivan A. Goncharov, è proprio l’incarnazione dell’ozio come diritto e principio naturale); mentre ai popoli di origine caucasica è riconosciuta l’attitudine al commercio e agli affari.

E questo paragone ci porta dritti a parlare di economia. Anche qui con un paradosso. Sono passati quasi dieci anni dal 17 agosto del 1998. Quel giorno la Russia dovette dichiarare default, rivelando al mondo che non era in grado di ripagare prestiti in scadenza per 40 miliardi di dollari. Il Paese sembrò, allora, non avere la forza di reagire.

Il 2007 ha segnato il nono anno consecutivo di crescita facendo registrare tassi di crescita superiori sia alle previsioni ufficiali russe sia alle aspettative delle maggiori istituzioni finanziarie internazionali, toccando livelli raggiunti fino ad oggi solo dalla Cina.

La situazione è cominciata a cambiare a favore della Russia negli ultimi anni, quando i prezzi del petrolio sono aumentati di quattro volte. L’export dei prodotti energetici (petrolio e gas), ha permesso alle autorità governative di consolidare le basi economiche e finanziarie del Paese.

Il debito estero della Russia è sceso dal 57% del PIL nel 2000 al 4,5% del 2007. L’inflazione galoppante degli anni ’90 è attualmente sotto controllo e nel 1° trimestre il cambio del rublo si è stabilizzato rivalutandosi sull’euro dell’1,50% e sul $ USA del 4,5%.

Il 75% delle imprese statali, nel frattempo, sono state completamente o parzialmente privatizzate.

Il miglioramento delle condizioni di vita ha favorito l’affermarsi di una nuova borghesia, con tutte le conseguenze commerciali che questo fenomeno comporta. La Russia è ancora un Paese ricco di contraddizioni, passato in pochi anni dalla pianificazione centralizzata ai meccanismi di mercato e con una economia in rapida e costante espansione ma è anche ricco di paradossi perché se il patrimonio nazionale venisse distribuito, ogni cittadino russo possiederebbe: 12 ettari di terra coltivabile, 6 ettari di foresta, oltre 2 tonnellate di petrolio, gas, oro, diamanti, nichel, rame, uranio e diversi minerali rari. Da tanta ricchezza detto cittadino russo ci ricava mediamente solo 1.000 $ USA al mese; inoltre il 50% circa dei redditi monetari è percepito da meno del 20% della popolazione. Da ciò la necessità del “Programma di sviluppo economico” per il 2020.

Lo sviluppo accelerato dei settori altamente tecnologici (in primo luogo di quelli legati alle nanotecnologie e del settore aerospaziale), dovrà permettere ai produttori russi di conquistare le posizioni dominanti nei 4/6 settori dell’hi-tech, mentre la quota di mercato dei produttori russi salirà al 10%.

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Altri settori che il governo russo ha scelto come prioritari sono l’energia nucleare, la costruzione di aerei, navi, veicoli spaziali e la produzione di software.

Un ruolo particolare nello sviluppo dei settori altamente tecnologici, è stato attribuito dalle autorità centrali ai tecnoparchi che saranno costituiti in tutto il Paese. Lo sviluppo di un sistema di tecnoparchi e di Zone Economiche Speciali dovrà permettere alla Russia di diventare nei prossimi anni uno dei centri mondiali per lo sviluppo delle tecnologie ad alto tasso innovativo. Oltre a Mosca e San Pietroburgo, le aree dove le imprese di hi-tech fanno registrare i migliori risultati di crescita comprendono gli Oblast di Niznij Novgorod, Sverdlovsk, Samara, Novozibirsk, Celjabiusk, il Kraj di Perm e la Repubblica del Tatarstan.

Inoltre, al fine di ridurre la preoccupante dipendenza dell’economia russa dall’export di petrolio e gas naturale è necessario promuovere una maggiore diversificazione dell’economia. Il governo intende sostenere e favorire lo sviluppo della piccola e media impresa. Attualmente, tassi rilevanti di crescita in questo settore sono registrati soprattutto a Mosca e a San Pietroburgo, dove le piccole e medie imprese, attive soprattutto nei settori delle tecnologie avanzate e del commercio, hanno preso il posto delle grandi imprese che tendono invece a spostarsi verso le regioni limitrofe. Molto promettente inoltre è la crescita della domanda al consumo in alcune regioni dotate di grandi centri industriali.

Sebbene, infatti, la grande maggioranza degli investitori stranieri sia concentrata a Mosca (e in misura molto minore a San Pietroburgo), appare sempre più evidente che le migliori opportunità di vendita e di collaborazione, sia commerciali sia industriale, si sviluppano oramai in via prevalente nella grande periferia di questo sterminato Paese.

Oggi la Russia fornisce il 100% del gas consumato in Finlandia, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Estonia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Bosnia, Macedonia e Croazia. Fornisce anche gas per l’80% dei consumi in Austria, nella Repubblica Ceca, in Polonia, in Grecia, in Turchia, per il 40% in Germania (cifra destinata a salire al 60% a seguito del gasdotto nord-europeo), e per circa il 30% in Francia e Italia.

Detto questo, la questione della sicurezza energetica dell’U.E. e la sua dipendenza dalle forniture di idrocarburi dalla Russia passa non solo sulla base di contratti a lungo termine ma anche sugli investimenti per aumentare la capacità estrattiva, di produzione, di trasporto e di stoccaggio; cioè da una interdipendenza di sviluppo economico fra Russia e Unione Europea.

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Una suddivisione del business concordata con le imprese russe, fra estrazione, produzione, trasporto e vendita del gas nel mercato dell’U.E., può dare maggiore flessibilità ed economia dei costi a tutto il sistema con convenienze economiche per tutti.

La collaborazione Italia-Russia, con i recenti accordi tra le imprese energetiche italiane (ENI ed Enel) e quelle russe (Gazprom e RAO), che prevedono reciproci investimenti, conferma che il nostro paese non è più solo un acquirente di materie prime energetiche, ma partecipa alla ricerca, all’estrazione e alla produzione di gas ed energia elettrica in Russia.

La collaborazione di partnership può essere quindi rafforzata anche nell’ambito della sicurezza energetica, dello sviluppo di nuove tecnologie per il risparmio energetico, dello studio di nuove fonti rinnovabili, ecc.

I rapporti tra l’Italia e la Russia stanno vivendo una stagione di straordinario dinamismo e caratterizzata da una costante evoluzione delle interazioni in ogni settore: da quello politico ed economico a quello culturale, sociale ed anche interreligioso. Partendo da queste premesse paiono ovvi i risultati brillanti ottenuti nell’ultimo biennio nell’interscambio commerciale fra i due Paesi.

Secondo i dati ISTAT, a dicembre ’07, le importazioni italiane dalla Federazione Russa sono aumentate del 5,6% (per una cifra totale di 14.354 milioni di Euro), mentre le esportazioni sono cresciute del 25,4%, raggiungendo la cifra di 9.579 milioni di Euro. Nei primi quattro mesi del 2008, l’interscambio commerciale è ammontato a 8.810 milioni di Euro.

Gli imprenditori italiani che decidono di operare sul mercato russo devono essere pronti a muoversi in una realtà che, per numerosi motivi di ordine storico, economico e culturale, è fondamentalmente diversa da quella italiana e occidentale in genere.

Avvicinarsi al mercato russo richiede pertanto una buona dose di serietà e di preparazione: non è pensabile di intraprendere un’esperienza commerciale o produttiva in Russia senza essere a conoscenza dei meccanismi legali, delle procedure burocratiche e degli usi commerciali in vigore, nonché dei modelli comportamentali dei consumatori.

Il mercato non è più come negli anni ’90 subito dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, una specie di terra di conquista dove era facile realizzare profitti senza troppi sforzi e in assenza di una strategia ben precisa. Oggi sul mercato sono presenti molti concorrenti, sia locali che stranieri, dotati di strutture aziendali organiche ed efficienti già collaudate.

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Dal punto di vista formale, non è possibile prepararsi sul mercato senza tenere conto delle norme che lo regolano: è assolutamente necessario accreditarsi, possedere una forma giuridica definita e comprendere che oramai il sistema fiscale russo è divenuto molto rigido e strutturato; anche nei rapporti con i partner locali e con i clienti finali o nella realizzazione di una partnership con aziende locali è sempre indispensabile tutelare i propri interessi con una posizione chiara di fronte alle autorità russe.

Dal punto di vista commerciale gli operatori locali e i consumatori finali hanno sviluppato un elevato grado di competenza e preparazione e sono in condizione di riconoscere molto bene la reale qualità dei prodotti proposti: non basta più un “made in Italy”, oggigiorno si verificano anche materiali, accessori e qualità della realizzazione; comunque il prodotto italiano gode di una ottima aspettativa e ciò può tradursi in una nuova situazione di relativo vantaggio rispetto alla concorrenza locale ed estera.

Il panorama nel quale si opera è in continua e rapida evoluzione quindi bisogna esser sempre ben informati per diminuire la percentuale di rischio e poter cogliere per tempo le nuove opportunità che si vengono a creare, come l’apertura di nuovi sbocchi di mercato a livello periferico.

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RAPPORTI INDUSTRIALI E SCAMBI COMMERCIALI

GUIDO BOLATTO Segretario Generale della Camera di Commercio di Torino

Stime di crescita del PIL tra il 5 e il 10%, numerosi settori in espansione, forte domanda interna, sono i motivi che ci portano ad interessarci di mercati come quelli dell'Est Europa e ai Balcani. Le prospettive di sviluppo dell'Europa orientale sono sostenute da una forte domanda interna: i salari stanno aumentando e, di conseguenza, anche gli standard di vita e i consumi, perché il reddito disponibile viene speso. C'è forte richiesta di beni di consumo. I rapporti con i Paesi dell'area balcanica rappresentano, in aggiunta, un obiettivo "naturale” dell'Italia: per tradizione politica, posizione geografica e affinità culturali.

Con queste aree i rapporti commerciali del nostro Paese, del Piemonte e di Torino sono avviati da tempo e stanno progressivamente aumentando.

DATI ITALIA

Nel 2007 l’Italia ha esportato verso l’Europa orientale e balcanica merci per quasi 48 milioni di euro con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. Anche le importazioni sono aumentate: dell’8,5% (45 milioni di euro).

Le esportazioni italiane verso quest’area nel 2007 rappresentano il 13% del totale delle esportazioni nazionali: per l’8% sono dirette verso i Paesi di recente ingresso nell’Unione Europea (Ue 27), il resto è diretta verso i Paesi Balcanici e gli altri Paesi dell’Europa orientale.

-La Russia assorbe il 2,7% dell’export italiano -la Polonia il 2,4% -la Romania l’1,5% - la Repubblica Ceca l’1,1%. In particolare, le esportazioni verso la Russia nel 2007 hanno

manifestato un incremento di oltre il 25% rispetto all’anno precedente, ma anche verso la Polonia registriamo una crescita di quasi il 22%.

Questa tendenza è confermata anche nei primi tre mesi del 2008: le vendite italiane nei Paesi dell’Europa orientale che fanno parte della

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Ue27 sono incrementate del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; ancora maggiore appare la crescita registrata per i Paesi balcanici e negli altri Paesi dell’Europa orientale: quasi il 20%. La Russia manifesta una crescita ancora superiore: oltre il 21%.

Per quanto riguarda le importazioni nel 2007: il 6,7% proviene dai Paesi dell’Europa orientale facenti parte della Ue27 e il 5,6% dai Paesi balcanici e dagli altri Paesi dell’Europa orientale.

Le importazioni sono cresciute maggiormente per i Paesi dell’est all’interno dell’Ue a 27 (+11%) contro il +5% di quelli balcanici e degli altri Paesi dell’Europa orientale. Acquistiamo soprattutto:

-in Russia (4%) -Polonia (2%) - in Repubblica Ceca, Ungheria e Romania (1%). Gli incrementi maggiori nelle importazioni si registrano dalla

Russia (5,6%), ma soprattutto dalla Polonia (14%). Con i Paesi dell’Europa orientale all’interno dell’UE i prodotti

oggetto di scambi commerciali sono: -macchine e apparecchi meccanici (21% delle esportazioni) -macchine elettriche e apparecchiature elettroniche (quasi il 14%

delle importazioni) i prodotti in metallo (15% dell’export nazionale e 12% dell’import)

-i mezzi di trasporto (il 12% dell’export e il 25% dell’import) -i prodotti tessili e dell’abbigliamento (il 9% dell’export e il 10%

dell’import). Verso i Paesi dell’Europa balcanica e il resto dell’Europa

Orientale esportiamo macchine e apparecchi meccanici (27%), prodotti tessili e dell’abbigliamento (15%) e prodotti in metallo (10%), mentre per oltre il 51% importiamo prodotti energetici.

DATI PIEMONTE

Il Piemonte nel 2007 ha esportato verso l’Europa orientale e balcanica merci per 5 milioni di euro con un incremento di quasi il 22% rispetto all’anno precedente. Le importazioni sono invece aumentate del 19% (4,7 milioni di euro) e la bilancia commerciale è risultata pari a +322mila euro: un valore doppio rispetto a quello registrato lo scorso anno.

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Le esportazioni piemontesi verso l’Europa orientale e balcanica nel 2007 rappresentano quasi il 14% del totale regionale: per il 10% sono dirette verso i Paesi di recente ingresso nell’Unione Europea (Ue 27). I Paesi balcanici e i restanti Paesi dell’Europa orientale, pur assorbendo una percentuale bassa delle esportazioni piemontesi (il 3%), hanno evidenziato nel 2007 un incremento degli acquisti di prodotti dal Piemonte pari al 41%.

Vendiamo soprattutto in Polonia (5%), Russia (2%), Romania e Repubblica Ceca (1%). In particolare, le esportazioni verso la Russia nel 2007 sono aumentate di quasi il 52% rispetto all’anno precedente e del 24% in Polonia. Sono aumentata anche le vendite in Romania (18%) e Repubblica Ceca (13%).

Le esportazioni piemontesi sono in crescita anche nel primo trimestre 2008: sia nei Paesi dell’est Ue27 (+16% rispetto allo stesso periodo del 2006) sia nei Paesi balcanici e altri Paesi dell’Europa orientale (+12%). Polonia e Romania hanno realizzato le variazioni più consistenti (+26%). La Russia evidenzia una crescita del 9%.

Oltre il 15% delle importazioni piemontesi proviene dai Paesi dell’Europa orientale facenti parte della Ue27 e solamente l’1% dai Balcani e altri Paesi dell’Europa orientale. Il Piemonte acquista soprattutto in Polonia (10%), ma aumentano anche le importazioni dall’Ungheria e dalla Repubblica Ceca. Nel primo trimestre 2008 salgono anche le importazioni dai Paesi balcanici e dagli altri paesi dell’Europa orientale (+4%).

Quali sono i prodotti che vendiamo? In tutta l’area esportiamo soprattutto:

-mezzi di trasporto (29% delle esportazioni totali verso i Paesi dell’est Ue27 e 22% delle esportazioni totali verso Balcani e altri paesi europei orientali)

-macchine e apparecchi meccanici (19% vs Paesi dell’est Ue27 e 27% vs Balcani e altri paesi europei orientali)

ma ci sono anche: -prodotti in metallo (10%) e macchine elettriche ed elettroniche

(9,6%) che vanno verso i paesi dell’Ue27 -prodotti alimentari e bevande diretti nei Balcani e resto

dell’Europa Orientale (12%). Le importazioni nel 2007 hanno riguardato i mezzi di trasporto per il 60% del totale degli acquisti dai paesi dell’Europa orientale nell’Ue27, mentre dai Paesi balcanici e dal resto dell’Europa orientale le importazioni riguardano soprattutto i prodotti in metallo: il 55% del totale delle importazioni in Piemonte.

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I DESK E ALTRE ATTIVITÀ

La Camera di commercio di Torino è sempre stata, ed è tuttora, attiva nello sviluppo dei rapporti con i paesi dell’Est Europa.

La maggior parte dei nostri desk all’estero, 7 su 11, si trovano proprio in quest’area. Si tratta di veri e propri uffici in loco, realizzati anche grazie alla collaborazione con gli uffici ICE e con le Camere di commercio locali o le Camere di commercio italiane all’estero. Attraverso di essi aiutiamo le imprese piemontesi nella:

- ricerca di partner commerciali e produttivi - raccolta di informazioni su finanziamenti e agevolazioni locali

per gli investitori - organizzazione di missioni d’affari. Abbiamo desk in Bulgaria, Romania, Polonia, Repubblica Ceca,

Ungheria. E ancora: uno a Riga, in Lettonia, e uno a Mosca. L´operatività di questi desk è assicurata grazie alla collaborazione con il Centro Estero per l'Internazionalizzazione del Piemonte.

Da gennaio 2005 al gennaio di quest’anno abbiamo risposto a quasi 1.500 quesiti di aziende piemontesi interessate ad investire o a trovare nuovi sbocchi commerciali in questi Paesi. La Romania e la Polonia attirano in particolare l’attenzione delle nostre imprese, anche se devo dire che non tutti i desk sono stati aperti nello stesso momento: Turchia e Russia, per esempio sono i più giovani, aperti rispettivamente nel maggio e nel giugno 2006, ma stanno già dando buoni risultati (59 quesiti ciascuno).

Nell’area dei Balcani è, inoltre, attiva un’antenna Piemonte in Bosnia: le Antenne Piemonte si propongono di favorire e rafforzare la presenza delle istituzioni e delle imprese piemontesi su alcuni mercati mondiali emergenti.

La Russia è uno dei Paesi target del progetto camerale From Concept to car, che promuove l’eccellenza automotive piemontese a livello internazionale. Nel maggio scorso abbiamo ospitato a Torino il maggiore costruttore russo di veicoli industriali, KAMAZ, che ha confermato l’interesse a valutare il potenziale di offerta disponibile sul territorio per la costruzione di nuova famiglia di veicoli.

A Russia, Est Europa e Balcani rivolgiamo grande attenzione, anche attraverso focus e convegni:

Sull’Albania nell’aprile scorso è stata organizzata una giornata di approfondimento e solo una quindicina di giorni fa abbiamo realizzato, insieme al Centro Estero, un focus sui fondi strutturali europei in Romania e sulle opportunità fornite dal Paese nei settori ambiente, edilizia e infrastrutture.

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Ci sono poi le missioni di imprese: a fine settembre con il Centro Estero è prevista, ad esempio, una missione in Serbia, un mercato di sicuro interesse per le aziende italiane. Nel 2007 il PIL serbo è aumentato infatti di oltre il 7%, confermando un trend di crescita che dura ormai da 8 anni. L'Italia è al secondo posto fra i paesi fornitori della Serbia. Obiettivo della missione è potenziare la cooperazione fra le imprese italiane e serbe, in settori ritenuti strategici (arredo, agroindustria, edilizia, ICT, infrastrutture e alberghiero).

ASSISTENZA DESK 2005 – 2008

PAESE N° QUESITI

Gennaio 2005 - gennaio 2007

N° QUESITI

Gennaio 2007 -gennaio 2008

N° QUESITI

TOTALE

Periodo

ROMANIA 215 61 276

POLONIA 164 74 238

REP. CECA 136 39 175

LETTONIA 122 19 141

UNGHERIA 119 48 167

BULGARIA24

93 41 134

24 Desk attivo da giugno 2005

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INDIA 64 24 88

BRASILE 49 27 76

MAROCCO25 45 15 60

TURCHIA26 31 28 59

RUSSIA27 24 35 59

TOTALE 1062 411 1473

25 Desk attivo da marzo 2005 26 Desk attivo da maggio 2006 27 Desk attivo da giugno 2006

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IVECO

JEAN DURAND Amministratore delegato Iveco Financial Services East Europe & Middle

East Iveco Capital has been founded over 20 years ago. It is running

its operations in 16 countries with 25 legal entities. It is managing a portfolio of 55,000 customers with an exposure over EUR 25 billion.

Operations in emerging Eastern Europe started 10 years ago. The operations are run through 12 legal entities acting in 10 different countries, with an exposure of EUR 1 billion. Operations are growing fast in this dynamic region and non-withstanding the higher level of risk faced in the region, these operations provide a higher return on equity than average (ROE>25%)

1. START UP PHASE

1.1. A high commercial potential Iveco very rapidly realised the high commercial potential

represented by the Russian and Eastern European markets. This potential was both perceived as high in terms of volumes but also in terms of margin. For a truck producer it was important to take early positions on these markets.

It quickly appeared that the lack of developed financial market posed strong obstacles to the development of sales in the region. It required the organisation to develop its own local solution.

1.2. A risky environment

The risk for considered to be higher than expected for a traditional financial company. Some of the main risks can be:

-Economic risks -Political risks -Legal framework not always stable or clear -Custom and logistic issues to be managed -Shortage of experienced people -Absence of organised credit bureau -Absence of clear financial statements from lessees

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-Local mindset is not always based on the concept of paying on time

-Concentration risk

Summary The main parameters are thus the following:

-Commercial margins are usually high -The greatest majority of sales needs financing -Risk profile is higher than usually accepted In the start up phase, the level of risk encountered in those

markets was considered too high to allow the financial companies to cover alone unexpected country risk.

1.4. Mitigating the risk in the start up phase

-The motivation of starting a financial activity finding its origination more in commercial motivations rather than on pure financial considerations, it has led to the building up of a sort of “trade finance” model.

A commercial contribution was therefore paid by the producer on its sales to the financial company in order to support the development of its activities in the more risky markets. This contribution allowed the financial company to register heavy provision and develop its activities in more and more countries.

-The newly created financial companies naturally also requested

traditional types of guarantees from dealers and lessees: – promissory notes, – bank guarantees, – personal guarantees, – corporate guarantees, – Pledges. -It also implemented “non-standard” types of guarantees: – All vehicles must be directly insured by Iveco Capital – Lessees must ask every 3 months for a new authorisation to

drive the trucks. – Dealers are rendered financially responsible for defaults – Leasing contracts are signed in front of a public notary – Complete integration with S&M and the dealer network

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-Emphasis is put on risk management aspects, not necessarily on optimising immediate financial profits:

– Financial conditions are improved in case of higher down payment

– Financial conditions are improved in case of shorter tenor

2. MARKET CONDITIONS IMPROVE

2.1. Markets develop and opportunity grow The economy of these markets progressively improves and more

new commercial and financial players arrive. While apparently this should lead essentially to more opportunities financial companies, it also involves new risks for the already established financial companies.

The approach of new comers is often firstly driven by market share objectives, with an appreciation of the risk different than in Iveco Capital.

-Iveco Capital’s mission evolves as it becomes only one of the possible solutions offered by the market.

-The business model presented by new players is significantly different from the model introduced by Iveco Capital in the start up phase:

-Lower margins are requested -Lower level of guarantees requested

2.2. Change of business model Opportunities overall grow even faster than before but the model

put in place is not anymore in phase with the markets. One of the main challenges is to make the business model evolve in order to remain a competitive support to the sales.

The company should move from a “trade finance” type of business model to a pure financial logic.

The main difficulties are to manage: – New mindset (we must become commercial) – Past transactions which have a high pricing compared to new

conditions offered on the markets: clients do not accept this discrepancy and start permanent re-negotiation.

– Relation with partners who do not want to be anymore financially responsible for the risks.

– Modify financial terms but in the meantime maintain all other guarantee schemes.

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– Competent staff must be kept inside the organisation.

2.3. Romania and Bulgaria: a success story Operations started up from a cross-border financing scheme set

up in 1996. The local know-how was taken from local dealers who were actively managing the instrument.

The current market exposure is now over 400 mEUR, almost exclusively on domestic basis, but it took one year to successfully move from “trade finance” model to pure financial company model.

3. MAIN LESSONS LEARNED

-Success is only through: -Complete integration with all parties, but leaving only the right

level of power to the commercial partners. -Implementation of high level of guarantees. -Importance of starting up slowly and to learn to know and trust

your partners -Too fast growths have lead to some failures -Country risk can be very costly: importance of assessing well the

economic and political outlook of new countries. -It is difficult and costly to move from one business model to

another. This change has to be anticipated in the organisation at an early stage.

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FINMECCANICA

GIUSEPPE MARESCA Direzione Sviluppo Programmi Finmeccanica

Il gruppo Finmeccanica è ormai un leader internazionale nel

campo dell’ Aerospazio e Difesa e con 70.000 dipendenti ed un fatturato annuo pari a 13 miliardi e mezzo di Euro.

Finmeccanica è il primo gruppo industriale nel campo della Difesa in Italia ed il secondo In Gran Bretagna, ove conta circa 10.000 dipendenti.

Tale è il livello di integrazione di Finmeccanica nel tessuto industriale britannico da permetterci di considerare la Gran Bretagna come un mercato domestico, il nostro gruppo ha assunto quindi un carattere bi-nazionale trovandosi ad operare su due mercati domestici: l’Italia e la Gran Bretagna.

I mercati domestici conservano ancora oggi una grande importanza ma la maggior parte del fatturato (il 60%) del gruppo viene ormai realizzato al di fuori di essi. Finmeccanica è ormai una realtà proiettata sul mercato mondiale in competizione con i grandi gruppi industriali Americani ed Europei.

Finmeccanica sta penetrando anche gli USA, radicandosi sia commercialmente (C27J e US101) che industrialmente. Su questa filosofia si basa l’ultimo investimento di Finmeccanica in U.S. con la recente decisione sulla DRS.

Per un gruppo a carattere internazionale la vera arena commerciale e tecnologica sia della Difesa che nel civile, oltre al sud est asiatico, è quindi l’area emergente dell’ Europa dell’Est e della Russia.

Le capacità tecnologiche di Finmeccanica, permettono al Gruppo di proporsi sul mercato russo come partner di riferimento strategico per il paese. La Russia non rappresenta solo uno sbocco commerciale ma una importante controparte per collaborazioni strutturate.

In particolare, due accordi di rilevanza strategica stipulati nel corso del 2007 legheranno per il futuro gli interessi di Finmeccanica e dell’industria russa non solo sui rispettivi mercati domestici ma anche nel resto del mondo laddove le produzioni congiunte incontreranno i favori

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del mercato. Si tratta, in campo aeronautico, del programma per il Superjet 100, il nuovo velivolo da trasporto regionale realizzato da Alenia Aeronautica e Sukhoi e che rappresenta il più importante programma di collaborazione tra Russia ed Europa nel campo dell’alta tecnologia. L’accordo prevede che l’azienda del Gruppo Finmeccanica detenga una partecipazione azionaria (25% più un’azione) in SCAC la società che progetta e produce il velivolo; inoltre le controparti hanno costituito una joint venture per la personalizzazione, il marketing, la vendita e l’assistenza post-vendita del Superjet 100 sui mercati occidentali. La consegna del primo velivolo ad Aeroflot è prevista nel primo trimestre 2009; tra le compagnie aeree acquirenti anche l’italiana ItAli Airlines.

Nel settore trasporti, a seguito degli accordi definiti tra i vertici di Finmeccanica e Ferrovie Russe, sono scaturiti una serie di progetti di cooperazione per la produzione congiunta di elettrotreni, di apparati e di sistemi di segnalamento, di sottostazioni elettriche (SSE), di telecomunicazioni, di Safety & Security, di telerilevamento satellitare e servizi on board. Finmeccanica ha poi in corso di definizione, congiuntamente a Ferrovie Russe e Bombardier, un progetto di cooperazione per la realizzazione del sistema di trasporto ferroviario a Sochi, la città russa dove si terranno i Giochi Olimpici Invernali nel 2014. Finmeccanica è interessata anche al progetto Security/Safety della città.

Rilevante è stata anche la sottoscrizione di un MoU tra Finmeccanica, Ferrovie Russe e Ferrovie Italiane con il quale si esprime l’intenzione di partecipare congiuntamente alla realizzazione di progetti di trasporto ferroviario sui mercati esteri, in particolare riferiti all’alta velocità. Il primo atto di questa cooperazione riguarda l’Arabia Saudita con il progetto Alta Velocità Jedda-Mecca-Medina del valore stimato in circa $ 6 mld. L’aggiudicazione dell’importante commessa è prevista entro la prima metà del 2009.

Nell’elicotteristica, AgustaWestland, che ha già fornito velivoli AW119 Ke, AW109 Power, Grand e AW139 a diversi clienti russi, ha sottoscritto lo scorso 19 maggio un accordo di collaborazione su larga scala e di lungo periodo con l’azienda locale Oboronprom. Tale accordo, oltre a prevedere l’acquisizione da parte russa di elicotteri AgustaWestland per un controvalore di 450 milioni di euro entro il 2012, comporterà la commercializzazione in Russia e nelle repubbliche dell’ex Unione Sovietica di macchine AgustaWestland, la realizzazione di centri di manutenzione per elicotteri AgustaWestland in Russia e, in futuro, anche la produzione congiunta di velivoli sia per il mercato russo che per quello internazionale.

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Per quel che concerne la difesa, inoltre, Finmeccanica ha firmato un protocollo d’intesa con ROSOBORONEXPORT (l’agenzia russa per l’ import-export di materiali e sistemi di difesa) per la promozione di attività di cooperazione industriale. Ancora, SELEX Communications ha costituito con Tetraprom la joint venture ARTETRA per rispondere al requisito TETRARUS che prevede la copertura di tutto il territorio russo con sistemi radio-mobili professionali a standard TETRA, mentre SELEX Sistemi Integrati ha in corso contatti per la ristrutturazione di sistemi ATC forniti alla Russia da aziende del Gruppo Finmeccanica sin dagli anni settanta.

Elsag Datamat, poi, ha in corso la realizzazione “chiavi in mano” di un centro automatizzato di smistamento postale per la regione di Mosca, nonché contratti per la fornitura di vari centri di posta ibrida. In campo spaziale, invece, Thales Alenia Space ha una storica e proficua collaborazione con RSCC e Khrunichev nell’ambito dei satelliti per telecomunicazioni.

Infine, Ansaldo Energia ha recentemente ottenuto delle commesse per la fornitura di turbine a gas per la generazione di energia elettrica ed è inoltre interessata, attraverso Ansaldo Nucleare, ai programmi di decommissioning di impianti nucleari russi.

Inoltre, Ansaldo Energia, sta valutando l’opportunità di costituire con un’azienda del Gruppo di Alexei Mordashov, una joint venture per sfruttare le opportunità del mercato dell’energia russo dove si assiste ad una fase di impetuosa crescita delle capacità di power generation e, nell’ambito delle liberalizzazioni in corso, vi sono interessanti opportunità di business.

La joint venture si propone quale fornitore sia di EPC che di Service e, all’interno della filiera completa, potrebbe rappresentare un importante cliente anche per le macchine di Ansaldo Energia stessa.

L’est Europa rappresenta uno sbocco naturale per Finmeccanica. Nel settore Difesa, i paesi dell’Est Europa con l’entrata nella Nato, o nel Partenariato per la Pace, stanno rammodernando le proprie Forza Armate secondo gli standard dell’Alleanza; la volontà di emergere e di migliorare la loro posizione tra gli Alleati li porta ad essere sempre più protagonisti nelle operazioni fuori area a guida USA, NATO, EC e ONU.

Di conseguenza gli equipaggiamenti di un tempo legati al blocco sovietico ed alla manovra sul campo europeo devono essere sostituiti da equipaggiamenti ‘expeditionary’ adatti a missioni all’estero.

Si tratta di uno scenario sempre più simile a quello dell’Italia, con la sostanziale differenza che in tali paesi manca una industria della difesa tecnologicamente avanzata.

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Un elemento fondamentale per l’evoluzione di questo mercato è il venire meno della struttura militare ed industriale del Patto di Varsavia. Il crollo della Unione Sovietica e quindi del polo di riferimento politico ed industriale per gli paesi dell’est Europa ha creato un vuoto che l’industria europea vuole a riempire, in concorrenza con il rinato gigante industriale russo ben alimentato dalla recente impennata del prezzo delle risorse energetiche.

Un importante canale di commerciale per Finmeccanica è stata, e continua ad essere, la NATO. L’Alleanza ha infatti rinnovato tutta la rete della difesa area polacca, ungherese e ceca con i nostri prodotti.

Il gruppo ha ottenuto i maggiori successi nel trasporto aero-tattico, elemento indispensabile per supportare le operazioni fuori area e le missioni internazionali in particolar modo. Il C27-J Spartan di Alexia Aeronautica dopo l’Italia e la Grecia è stato acquisito dalle Aeronautiche della Bulgaria, Lituania, Romania ed è considerato con interesse dalla Slovacchia, Slovenia e Rep. Ceca.

Ma lo Spartan è solo uno dei successi di Finmeccanica, i nostri sistemi di comunicazione per forze campali sono operativi in Bulgaria e Romania, navi polacche e rumene sono equipaggiate con i nostri sistemi ed i nostri armamenti e cosi via.

Oltre alla qualità del prodotto, al prezzo e al supporto del sistema Italia, un altro importante esiste un altro motivo del successo del gruppo sui mercati dell’Europa orientale: la nostra disponibilità alla cooperazione industriale.

Infatti, mentre le compensazioni industriali rappresentano un elemento imprescindibile del mercato della difesa Finmeccanica e l’industria italiana si distinguono per la propria disponibilità al trasferimento di tecnologia e per la capacità di aiutare le industrie locali a crescere.

Al di fuori dei mercati militari vorrei ricordare il settore dei sistemi per il controllo del traffico aero, in cui siamo Market Leader sin dai tempi dell’Unione Sovietica. I nostri radar assicurano il traffico aereo in Bulgaria, Romania, Russia, Estonia, Lettonia, Polonia, Croazia, Slovenia, Slovacchia, Ungheria, e ancora altri paesi. Il futuro offre spunti estremamente interessanti per gruppo Finmeccanica nell’Europa dell’est. Anzitutto l’apertura di uffici esteri per migliorare i

rapporti con le strutture locali (ad oggi è aperto solo un ufficio a Bucarest) ma soprattutto lo sviluppo di programmi di cooperazione con le

industrie locali quali il trasferimento di tecnologie non strategiche per riduzioni di costi e coproduzioni a fronte di programmi9internazionali.

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DUFERCO HOLDING ITALIA

AGOSTINO CONTE Relazioni Istituzionali Duferco Italia Holding

Perché la Duferco va in Russia e con quale visione ed analisi di

quanto stava accadendo e sarebbe potuto accadere? La Duferco è erede in qualche modo del grande radicamento

della siderurgia italiana in Russia , meglio nell’URSS. La Finsider aveva stretto rapporti con gruppi analoghi sovietici e

nel tempo, persino molte tecnologie furono scambiate. Non solo: la Finsider , con la costruzione del grande tubificio di

Taranto predispose lo stabilimento più grande e moderno per lavorare alla realizzazione della grande rete di gasdotti con la quale ENI portava gas in Italia.Siamo agli inizi degli anni 60.

Poi la Finsider cominciò a fare trading di acciaio russo, cominciò ad aprire il mercato mondiale ai gruppi sovietici.

Bene, Duferco è erede di questa storia e di questa vicenda. Duferco è una società di trading che negli anni 90 cura il

“commercio siderurgico” della Finsider . Quando le aziende di Stato vengono liquidate, la Duferco è già la

prima trading company privata del mondo, con una presenza imponente negli ex – Paesi comunisti.

La svolta della Duferco avviene proprio a seguito del crollo del “sistema di pianificazione centrale” dei Paesi dell’est .

La Duferco si ritrova senza i suoi interlocutori ,da cui acquistare i prodotti che forniva grazie alla sua rete nel mondo occidentale.

La Duferco dovette allora decidere una radicale svolta. Passare da pura società di trading a società di produzione di

acciaio . Fu naturale allora guardare alla Russia ed al suo gigantesco

patrimonio industriale. La scelta cadde su uno stabilimento posto negli Urali ad

Ekaterinburg, la Viz Stahl, specializzato nella produzione di acciai speciali.

La storia di questa vicenda è così riassumibile :

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Sul piano industriale : lo stabilimento ha avuto bisogno di un piano possente di investimenti , ma li ha completamente ripagati.Si è passati da una produzione di 1000 tonnellate mese ad una di 12000.

I mercati di sbocco che , prima della privatizzazione erano solo quelli domestici, sono diventati per il 90%, quelli internazionali. Ed i più sofisticati, quelli americani e nord- europei.

Prima conclusione : questo non sarebbe potuto avvenire se non ci fosse stato alla base uno zoccolo duro di conoscenze , pratiche tecniche, di professionalità di assoluto valore.

E passiamo al piano istituzionale : la privatizzazione è stato un processo tortuoso, ad esempio

l’acquisto dei famosi “vouchers” distribuiti per le maestranze. E ci sono stati notevoli strascichi giudiziari: personaggi che

dicevano di essere proprietari e rivendicavano quote della “proprietà” , si sono però spesso affacciati alla porta della nostra società.

Nel complesso però, il processo ha marciato e noi stessi abbiamo assistito,anche sulla nostra pelle talora, al consolidarsi di una prassi giudiziaria e di un diritto commerciale abbastanza in linea con quelli nostri.

In ogni caso ogni volta le autorità hanno mostrato sensibilità e volontà di avanzare.

E sul piano strategico , di lunga portata per così dire , cosa insegna questa vicenda?

L’Europa occidentale – ed a maggior ragione l’Italia - non ha purtroppo riserve strategiche di materie prime.

Nel caso siderurgico non ha ferro, carbone e non ha gas ed elettricità a prezzi “accettabili”.

La Russia è ricca di tutto ciò, invece. Allora si tratta di comprendere su che basi fosse ed è possibile

lavorare assieme. Non ci sono dubbi ,a mio parere e questo impegna solo me, che la

strategia dell’occidente in generale per una lunga fase sia consistita solo nel convincere i russi ad accettare tutte le nostre priorità.

Non ci sono dubbi che in certe fasi questa strategia abbia assunto l’aspetto di un tentativo di “colonizzazione” di quella realtà, quasi che non ci fossero legittimi interessi di questo grande Paese a rimanere “padrone” di assets strategici.

Quasi che per la Russia non valesse quanto vale per tutti i nostri paesi: non è immaginabile sovranità nazionale se tutti gli assets finiscono nelle mani “straniere”.

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Aprirsi sì, ma c’è un limite invalicabile, oltre il quale un paese non ha più le leve fondamentali del suo destino nelle sue mani.

Non capiremmo a mio parere, il fenomeno Putin, se non riandassimo alla situazione che si stava producendo nella Russia nel primo decennio post-comunista:una situazione di collasso istituzionale e sociale

La Duferco aveva chiaro questo , aveva cioè chiaro che prima o poi “qualcosa” sarebbe accaduto a mutare ancora il quadro generale.

E si è preparata a ciò ed ha operato in coerenza. E che cosa è mutato? Che la Russia , i suoi “homines novi”,

hanno ripreso in mano i beni essenziali. Sono così sorti – per tornare al nostro settore- grandi complessi

industriali perfettamente verticalizzati capaci di fatturati formidabili e di profitti eccezionali.

Questo perché nell’epoca delle “rarità” delle materie prime , chi le possiede ha una leva formidabile.

Su questa tendenza , la Duferco si è inserita, scegliendo, come era nel suo DNA, la cooperazione.

Costituendo una joint-venture con un grande gruppo russo e valorizzando i suoi “mestieri” : una conoscenza per ora ineguagliabile dei mercati internazionali;una capacità di vestire finanziariamente e commercialmente complessissime operazioni;una conoscenza importante delle necessità e delle tendenze dei mercati industriali dell’occidente storico;una capacità di governare e guidare grandi turn-round industriali.

Quanto abbiamo deciso ci soddisfa perfettamente e ci permette di dire, seppur sommessamente,che non c’è futuro senza una grande cooperazione Russia –Italia, Russia-Europa.

E che è veramente strano parlare di una Turchia europea e considerare la Russia un paese asiatico.

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FONDO ITALIANO PER LE INFRASTRUTTURE - F2I SGR

VITO GAMBERALE Amministratore Delegato di F2i SGR

IL GAP INFRASTRUTTURALE DELLO STATO ITALIANO

L’Italia sta vivendo una situazione di gap infrastrutturale rilevante rispetto ai principali Paesi europei, che è particolarmente evidente per alcuni asset strategici quali le autostrade, i porti marittimi, gli aeroporti e gli impianti per la produzione di energie rinnovabili.

Gli aspetti critici del sistema infrastrutturale italiano risiedono in particolare:

- nell’obsolescenza delle infrastrutture e nella necessità della loro manutenzione e del loro ammodernamento;

- nella mancanza di offerta di servizi avanzati e, talvolta, anche di quelli più basilari;

- nella scarsa efficienza dei vari asset ancora di proprietà pubblica (ferrovie, trasporto aereo, alcune utilities);

- nel fatto che i fondi pubblici risultano spesso non sufficienti per garantire le esigenze di sviluppo.

Il gap infrastrutturale italiano è anche figlio di una diffusa “logica del non fare”, che permea la vita politica e sociale del nostro Paese.

Allo scopo di superare tale gap è necessario, da parte delle Istituzioni competenti, creare le condizioni di chiarezza e speditezza autorizzativa e favorire l’ingresso nel settore di capitale privato con competenze specifiche e con un impegno a dare esecuzione agli investimenti.

Stanti le caratteristiche strutturali del settore (che richiede ingenti capitali ed offre remunerazioni interessanti ma in tempi medio-lunghi), è evidente che il partner ideale dello Stato sia un soggetto privato che faccia dell’investimento nelle infrastrutture il proprio core business, con un commitment di lungo periodo. Infatti i fondi di private equity generalisti, che pure investono nel capitale delle aziende in ottica di creazione di valore e, a volte, di riassetto del perimetro azionario, sono, per loro natura, investitori di breve periodo.

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IL FONDO ITALIANO PER LE INFRASTRUTTURE – F2I

È per rispondere a queste esigenze che nel gennaio 2007 viene costituita F2i SGR, che dà vita al primo fondo chiuso italiano dedicato agli investimenti nelle infrastrutture. L’iniziativa nasce da un progetto condiviso dal sottoscritto, Ing. Vito Gamberale, manager con una lunga esperienza al vertice di importanti aziende italiane (quali Atlantia, Telecom Italia/TIM ed il Gruppo ENI) e da primarie istituzioni (Cassa Depositi e Prestiti), istituti di credito (Unicredit e Intesa Sanpaolo), banche d’affari internazionali (Lehman Brothers e Merrill Lynch), fondazioni bancarie e casse di previdenza.

F2i è il primo Infrastructure Country Fund al mondo e ha l’obiettivo di affermarsi come investitore di riferimento in Italia nel settore degli investimenti infrastrutturali, nella convinzione che ciò possa assicurare al Paese uno sviluppo di lungo termine.

Il Fondo, dopo aver chiuso la prima fase di raccolta a circa 1,6 miliardi di Euro, si prefigge di raggiungere i 2 miliardi: l’attività di fund raising è stata completata per oltre l’80% in meno del 50% del tempo a disposizione.

LINEE-GUIDA DI INVESTIMENTO DEL FONDO

Il Fondo ha il suo target geografico di riferimento nell’Italia, mercato nel quale detiene i maggiori vantaggi competitivi, ma ha anche la possibilità di investire in altri Paesi europei e in USA, nell’ambito di operazioni che mantengano comunque il focus principale sull’Italia.

F2i concentra il proprio operato per la costituzione di un portafoglio diversificato tra la gestione e lo sviluppo di infrastrutture esistenti (i cd. progetti brownfield) e la creazione di nuove infrastrutture (i cd. progetti greenfield), mediante il ricorso a:

- acquisizioni da enti pubblici, operatori industriali o finanziari; - partecipazioni a bandi di gara (privatizzazioni); - schemi di partenariato pubblico/privato. L’obiettivo è quello di acquisire partecipazioni di medio-lungo

periodo e tali da garantire influenza nella governance, stabilità all’assetto azionario delle società partecipate e cashflow impegnato per lo sviluppo delle infrastrutture e per un equo dividendo agli investitori.

Ai sensi del regolamento del Fondo, le categorie di infrastrutture in cui F2i può investire includono:

- Infrastrutture di trasporto di persone e merci (porti, aeroporti, ferrovie, autostrade, ecc.)

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- Reti di trasporto e di distribuzione di elettricità, gas e acqua, depositi di stoccaggio del gas

- Reti di telecomunicazione e media - Impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e

tradizionali - Sanità ed altri servizi pubblici locali ed infrastrutture sociali - Attività correlate alle suddette categorie A sei mesi dal primo closing F2i ha già approvato 2 progetti di

investimento (nel settore eolico e fotovoltaico) e altri 6 sono in via di approvazione (nei settori dello stoccaggio gas, dei porti turistici, della logistica e delle energie rinnovabili). La pipeline comprende oltre 20 progetti in esame nei vari settori di interesse.

INVESTIMENTI ALL’ESTERO

Come già sottolineato, il Fondo attuale è focalizzato sull’Italia e non prevede la possibilità di sostenere investimenti concentrati esclusivamente sull’Estero.

Non è escluso, tuttavia, che in una seconda fase possa essere lanciato un nuovo fondo per investimenti in infrastrutture in Europa (European Crossborder Infrastructure Fund), che potrebbe avere come focus i Paesi dell’Europa Orientale.

Infatti il settore delle infrastrutture presenta ampi margini di crescita nei Paesi dell’Europa dell’Est, sia per esigenze interne (strade, ferrovie, aeroporti, centrali elettriche, ecc.) sia per la realizzazione di reti di interconnessione con i Paesi occidentali (“corridoi” intermodali, reti di trasmissione dell’energia, ecc.).

Elemento fondamentale per il successo di un fondo del genere è il coinvolgimento dei principali soggetti finanziari ed istituzionali dei singoli Paesi interessati, ripetendo l’esperienza del fondo attuale.

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ECONOMIA E FINANZA

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IL QUADRO GENERALE

ALFONSO IOZZO Presidente della Cassa Depositi e Prestiti

ANTONIO MOSCONI

Movimento Federalista Europeo, economista

La fondazione di un sistema finanziario globale cooperativoed una nuova Bretton woods solo elementi per affrontare la crisi del ruolo internazionale del dollaro. Tale crisi è progressiva ed irreversibile. Sul piano strettamente finanziario essa si manifesta col livello insostenibile del debito estero americano, col suo appesantimento anno dopo anno per effetto del deficit delle partite correnti, a sua volta crescente e quasi insensibile alle svalutazioni del dollaro fin qui decretate dai mercati finanziari. Sul piano politico essa si manifesta con l’incapacità degli Stati Uniti di fornire quei beni pubblici mondiali che costituiscono la contropartita dell’egemonia.

La globalizzazione dell’economia mondiale, resa possibile dal modo di produzione scientifico e dalla fine della guerra fredda, richiede la fornitura sulla stessa scala di beni pubblici (come la sicurezza, la legalità, l’equità, la sostenibilità ambientale) che non possono più essere forniti da una potenza egemone ed in assenza dei quali il mercato è incapace di autogoverno. Gli Stati Uniti, dopo la fine della guerra fredda, hanno tentato di assicurare unilateralmente il governo dell’economia mondiale, fondandolo su Wall Street e sul Pentagono, dimenticando così l’esperienza storica di insostenibilità degli imperi al crescere dei costi della difesa in rapporto ai vantaggi del dominio. Questo tentativo è fallito. Se esso fosse riuscito la sovrastruttura politica corrispondente al modo di produzione scientifico sarebbe stata quella imperiale. Ma non è questo il caso. Si sviluppa, al contrario, in tutto il mondo, la richiesta di una gestione multilaterale, condivisa e democratica dell’economia globalizzata. Una richiesta che deve essere soddisfatta con urgenza se si vogliono arrestare le forze di disgregazione che minacciano di riportare

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indietro la storia: al protezionismo, ai macro e micro nazionalismi ed alla guerra.

La crisi era inscritta nel codice genetico del sistema monetario internazionale creato dalla Conferenza di Bretton Woods: avendo al suo centro il dollaro (cioè la moneta di uno dei partecipanti al gioco e non una moneta neutrale) il sistema avrebbe determinato situazioni di scarsa liquidità internazionale (dollar shortage) in caso di bilancia dei pagamenti americana attiva e d’inflazione mondiale (dollar inflation) nel caso opposto, secondo il famoso “dilemma di Triffin”. Nei primi anni del dopoguerra si verificò la scarsità di dollari, in seguito l’inflazione. Il mondo è diventato multipolare con l’emergere della forza economica dell’Europa e del Giappone prima, dei paesi emergenti poi, della Cina oggi e dell’India prossimamente. La centralità del dollaro è venuta meno con la creazione dell’euro e col disancoramento dello yuan e di altre valute, come il peso argentino, dalla valuta americana. Se si vuole evitare un rovinoso crollo del dollaro ed assicurare la stabilità dei cambi come fondamento della globalizzazione e dello sviluppo, è necessario ripartire da Bretton Woods, correggerne i vizi, mettere al centro del sistema un paniere mondiale ed affidarne la gestione ad istituzioni veramente multilaterali.

BRETTON WOODS

Keynes, all’inizio del 1942, quando le sorti della guerra già volgevano a favore degli Alleati, compì un tentativo disperato di salvaguardare un ruolo per la Gran Bretagna, al fianco degli Stati Uniti, nell’assetto che il sistema monetario internazionale avrebbe assunto nel dopoguerra. A tal fine egli propose la costruzione di un’unione valutaria internazionale basata su una moneta, il bancor, avente un contenuto fisso, ma non immutabile, in termini di oro e accettata da tutti i membri a saldo dei debiti internazionali, allo scopo di stimolare l’espansione del commercio e lo sviluppo economico mondiale. La proposta, che aveva lo scopo di internazionalizzare la creazione di liquidità per non lasciarla interamente nelle mani degli Stati Uniti, fu fatta propria dal governo inglese nel 1943 ed ispirò la Conferenza di Bretton Woods del 1944, nel corso della quale prevalse tuttavia il piano predisposto da White, consigliere del ministro del tesoro americano. Il piano White rifletteva i rapporti di forza risultanti dagli esiti, militare ed economico, del conflitto, imponendo il riconoscimento degli Stati Uniti come nuova potenza egemone. L’enorme indebitamento accumulato dalla Gran Bretagna nei confronti degli Stati Uniti per sostenere lo sforzo bellico (accordo Lend

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and Lease) non consentiva alla delegazione guidata da Keynes di ottenere soddisfazioni che non fossero di facciata. Gli Accordi di Bretton Woods, ratificati a Washington nel 1945, impedirono così di internazionalizzare la creazione di liquidità. Essi, in sostanza, individuarono i principi regolatori del nuovo assetto nelle parità fisse tra monete, modificabili solo di comune accordo di fronte a squilibri fondamentali, e nella multilateralizzazione dei saldi valutari. La libertà dei singoli Stati di sostenere la domanda interna attraverso vari strumenti, fra i quali l’estensione del welfare state, venne posta al riparo dal rischio di “fuga dei capitali” attraverso un complesso e rigoroso sistema di controlli burocratici dei movimenti di capitale “speculativi” (in pratica tutti, tranne gli investimenti diretti all’estero). La creazione di liquidità internazionale venne affidata, di fatto, agli Stati Uniti, i soli a detenere consistenti riserve auree dopo la guerra, sulla base d’una promessa di convertibilità del dollaro in oro al prezzo immutabile di 35 dollari per oncia di oro fino (gold exchange standard). Vennero infine istituiti il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (la Banca mondiale), le funzioni dei quali non rispecchiavano quelle previste per le istituzioni proposte da Keynes: il Fondo di stabilizzazione delle Nazioni Unite e la Banca per la Ricostruzione e lo Sviluppo, nonostante il maquillage terminologico utilizzato per nascondere il rigetto del disegno britannico. Il sistema, inoltre, includeva soltanto le valute convertibili, emesse da pochi Paesi avanzati dell’Occidente. Esso non comprendeva i Paesi del blocco sovietico, né il resto del mondo. Fu, comunque, per l’ultima volta, un sistema monetario internazionale fondato, almeno formalmente, da una conferenza internazionale, ovvero su basi multilaterali, ed assicurò con successo la fase della ricostruzione e dello sviluppo post-bellico. Il sistema attuale risulta, invece, da successive decisioni unilaterali.

LA CRISI DI BRETTON WOODS

L’assetto di Bretton Woods, dopo aver garantito gli anni d’oro della prosperità post-bellica, almeno per i Paesi che ne facevano parte, entrò progressivamente in crisi negli anni Sessanta, quando l’eccessiva creazione di dollari, conseguente anche al finanziamento della guerra in Viet Nam, rese incredibile la promessa di convertibilità del dollaro in oro. Nel 1968, mentre giungeva a compimento l’unione doganale europea e si decideva di avviare la politica agricola comune, fu istituito il doppio mercato dell’oro, cioè gli Stati Uniti limitarono la convertibilità del dollaro a 35 dollari l’oncia alle sole banche centrali detentrici di riserve

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ufficiali in dollari. Lo stesso anno Triffin evidenziò come un Paese non possa creare liquidità internazionale se non accumulando debiti verso l’estero per sostenere un deficit della propria bilancia dei pagamenti, destinato all’acquisizione di beni, di servizi e d’investimenti all’estero nonché al sostegno militare dei possessi ed al mantenimento delle influenze/complicità nei Paesi liberati/occupati. Egli denunciò questo sistema come lo “scandalo monetario internazionale”28. Nel 1971 gli Stati Uniti dichiararono l’inconvertibilità del dollaro, ufficializzando così il passaggio dal regime di gold exchange standard a quello di dollar standard. I tassi di cambio furono lasciati fluttuare secondo le “libere forze del mercato” (floating rates), come auspicato dalla scuola monetarista di Milton Friedman. I maggiori economisti, in verità prevalentemente americani, abbandonarono la vulgata dei cambi fissi per la stabilità e lo sviluppo ed iniziarono a predicare che la variazione dei rapporti di cambio avrebbe impedito la formazione di squilibri importanti e persistenti delle bilance dei pagamenti. Il nuovo ordine mondiale sarebbe stato assicurato dalla “mano invisibile” del mercato. Ben presto, però, si dovette constatare come il mercato non fosse poi così libero come essi proclamavano e si cominciò a parlare di dirty floating. Il deficit della bilancia dei pagamenti americana era allora determinato dai movimenti di capitale, cioè da investimenti degli Stati Uniti nel resto del Mondo, ma a partire dal 1982 il deficit americano cambiò natura: la bilancia di parte corrente divenne passiva e il deficit venne finanziato attirando il risparmio del resto del Mondo non più per essere reinvestito all’estero ma per finanziare la domanda interna. Da quasi un quarto di secolo questa è la situazione strutturale degli Stati Uniti, col risultato di una crescita spaventosa del loro indebitamento con l’estero.

L’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA EUROPEA

L’inizio della fase estrema di dollarizzazione dell’economia mondiale e l’avvio del primo tentativo, quello europeo, di sottrarsi ad un simile destino, furono contestuali. Nel 1969, all’Aja, il vertice dei capi di stato e di governo della Cee decise di avviare l’unione economica e monetaria europea, che si sarebbe realizzata completamente, dopo un

28 Robert Triffin, Our International Monetary System:Yesterday, Today and Tomorrow, New York 1968 (Random House).

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lungo e travagliato percorso, con l’entrata in circolazione dell’euro il 1° gennaio del 200229.

Ai fini dell’argomentazione qui svolta è rilevante ricordare come la creazione dell’euro sia stata preceduta da una fase di ancoramento delle monete europee ad un paniere dalle stesse costituito, mentre in precedenza ciascuna valuta era ancorata al dollaro, col risultato che la volatilità dei cambi fra le monete europee (cross-rates) poteva risultare superiore a quella riscontrabile fra ciascuna di esse e il dollaro. L’Unione economica e monetaria, preceduta e preparata dal Sistema monetario europeo, ha preservato l’acquis communautaire, che sarebbe stato distrutto in regime di cambi di ciascuna valuta europea liberamente fluttuanti rispetto al dollaro; ha affiancato al Parlamento una seconda istituzione federale, la Bce, nella costituzione materiale dell’Europa; ha modificato le aspettative di molti Paesi non membri dell’Uem, che già costituiscono una vasta area dell’euro, e di altri Paesi che guardano ad essa con speranza; ha consentito di avviare un programma di diversificazione delle riserve ufficiali e dei mezzi di pagamento da parte di Paesi come la Russia, la Cina, i Paesi arabi produttori di petrolio; ha fornito l’esempio per altre integrazioni regionali. Il valore delle emissioni di obbligazioni internazionali denominate in euro ha già superato quello dei bonds in dollari. Per contro, coerentemente col fatto che l’Unione europea non ha ancora realizzato una comune politica estera e di sicurezza, la determinazione del valore esterno dell’euro è stata di fatto abbandonata ai mercati finanziari, pur essendo previsto dal Trattato di Maastricht che la politica del cambio sia competenza dei Ministri dell’economia e delle finanze (Ecofin, dunque, e non Bce). Poiché il grado di apertura degli scambi30 della zona euro non supera il 15% e questa percentuale si riduce quanto più si allarga l’area dei paesi che accettano l’euro, anche in pagamento di forniture di petrolio, gas e materie prime, il problema potrebbe sembrare di scarsa rilevanza. Un problema sorge, invece, perché il processo di globalizzazione, finora non governato, ha fatto lievitare il volume delle transazioni finanziarie

29 Per una storia del percorso che dal Piano Werner condusse alla creazione dell’euro segnaliamo due opere per tutte: Tommaso Padoa-Schioppa, La lunga via per l’euro, Bologna 2004 (il Mulino) Matt Marshall, The Bank, London 1999 (Random House). 30 Il grado di apertura degli scambi risulta dal rapporto fra la somma delle importazioni e delle esportazioni di beni e servizi dell’area considerata all’esterno della stessa (in questo caso i dodici Paesi aderenti all’Uem) ed il suo pil.

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internazionali fino a rappresentare oltre sessanta volte quello delle esportazioni mondiali ed i rapporti di cambio fra le monete risultano conseguentemente determinati dalle aspettative dei mercati finanziari piuttosto che dai fondamentali delle diverse economie. Tali aspettative sono distorte dagli Stati Uniti al fine di consentire loro di finanziare l’enorme deficit della bilancia dei pagamenti attirando il risparmio che si forma negli altri Paesi.

IL DISANCORAMENTO DELLO YUAN DAL DOLLARO

La decisione delle Autorità cinesi di disancorare lo yuan dal dollaro, al quale era legato da un rapporto di cambio fisso, per riferirne invece il valore ad un paniere di valute, non si limita, come pretendono alcune interpretazioni riduttive, a consentire una modesta rivalutazione dello yuan. All’annuncio della decisione alcune banche americane ed alcuni economisti ipotizzarono che il peso del dollaro nel paniere sarebbe rimasto superiore al 50%. Ma ben presto le Autorità cinesi hanno reso nota la sua composizione (fra le monete più pesanti: dollaro, euro, yen e won coreano; tra quelle meno importanti: sterlina, dollaro australiano, dollaro canadese, dollaro di Singapore, rublo russo, ringgit malese e bath thailandese). Sebbene il peso di ciascuna valuta nella composizione del paniere non sia stato comunicato, il governatore della Banca del popolo ha spiegato che essa dipende dall’interscambio commerciale. Gli analisti di JP Morgan ne hanno tratto la conclusione che i pesi dovrebbero essere: 23% per lo yen, 21% per il dollaro, 15% per l’euro, 8% per il won31; un terzo circa del paniere sarebbe ripartito fra le altre valute. Una conferma dovrebbe aversi da una graduale riduzione del peso del dollaro nella composizione delle riserve valutarie cinesi, dalla prosecuzione di un movimento di rivalutazione dello yuan nei confronti del dollaro ed in prospettiva dal raggiungimento della convertibilità dello yuan. La nuova politica del cambio adottata dalla Cina, come già la creazione dell’euro, riflette la crisi del ruolo internazionale del dollaro.

31 Riccardo Sorrentino, Avanza la liberalizzazione dello yuan, Il Sole-24 Ore dell’11 agosto 2005.

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PER UNA NUOVA BRETTON WOODS

La graduale affermazione di panieri, come l’ecu, antesignano dell’euro; l’ancoraggio a panieri da parte di valute fondamentali per la stabilità mondiale, come lo yuan; il parallelo fallimento di altri tentativi di ancoraggio alla sola valuta della potenza egemone; tutti questi fenomeni indicano la strada già imboccata, quella della multilateralizzazione, per adeguare il sistema monetario internazionale ad un’economia in corso di globalizzazione, multipolare ed interdipendente.

Il filo conduttore intellettuale per una “nuova Bretton Woods” è quello che unisce il bancor di Keynes, gli special drawing rights di Triffin/Ossola, l’unificazione monetaria europea e la critica serrata di Stiglitz32 delle catastrofi provocate dalla rigida applicazione del Consensus di Washington in situazioni come quelle del Sud-est asiatico, della Russia, dell’Argentina (dove la dollarizzazione del peso è finita con un grave default del Paese e danni ai risparmiatori di tutto il mondo). Occorre però tenere anche conto del fatto che siamo di fronte, per molti versi, ad una situazione inedita, sia per il peso straordinario dei problemi causati dalla gestione unilaterale dell’economia globale, sia per la complessità e l’intreccio delle sfide per un futuro pacifico e sostenibile. Una “nuova Bretton Woods” dovrebbe pertanto proporsi di risolvere insieme i due ordini di problemi: 1°) consolidare/smaltire/utilizzare l’immenso debito estero degli Stati Uniti e di altri Paesi debitori ed introdurre una disciplina che impedisca il ripetersi di squilibri fondamentali, permanenti e cumulativi come quello costituito dal deficit annuale della bilancia americana di parte corrente, finanziato col risparmio del resto del mondo; 2°) garantire il finanziamento della fornitura dei beni pubblici necessari al funzionamento di un’economia globalizzata, per riportare sotto controllo la “società globale del rischio”33. Perciò, nell’utilizzare idee, concetti, architetture e strumenti dei quali è ricco il filone di pensiero Keynes-Triffin-Stiglitz, e nel riferirci all’esperienza europea che si dispiega dal 1969 fino alla creazione dell’euro ed al suo funzionamento stabile e prezioso, dovremo

32 Joseph E. Stiglitz, Globalization and Its Discontents, 2002. Tr. It.: La globalizzazione e i suoi oppositori, Torino 2002 (Einaudi). 33 Ulrich Beck, La società cosmopolita. Prospettive dell’epoca postnazionale, Bologna 2003 (il Mulino). Secondo Beck entriamo in un mondo di rischio incontrollabile (una contraddizione in termini), costituito dalle incertezze e dai pericoli innaturali, creati dall’uomo. La prospettiva che noi adottiamo sconta la possibilità (il dovere) di un controllo dei rischi globali.

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avere in mente una visione globale, sistemica e non solo meccanica, ecologica e non solo economica, assicurativa e non solo bancaria.

Questa volta il problema non può essere risolto col passaggio del testimone da una potenza egemone ad un’altra. Si tratta di sostituire un sistema ordinato ad un ordine disordinato, un sistema multilaterale (un sistema di sistemi) ad un ordine unilaterale, un sistema cooperativo ad un ordine egemonico, un sistema globale ad un ordine circoscritto, un sistema equo ad un ordine iniquo.

UN PANIERE MONETARIO MONDIALE

Occorre ora muovere verso uno standard monetario mondiale: non un gold standard né un gold-exchange standard, non un dollar standard e neanche un euro standard, ma semplicemente un world standard. L’obiettivo è la creazione di una moneta mondiale, ma si può iniziare con un’unità di conto riferita ad un paniere di monete, una world currency unit (wcu)34. Il peso delle diverse monete nel paniere dovrebbe essere stabilito negli Accordi in funzione d’una valutazione di ciascuna basata su fondamentali economici che includano anche valori oggi non conteggiati come economici, quali lo sviluppo umano, la sostenibilità ecologica, la concentrazione/diffusione dei patrimoni e dei redditi, la composizione demografica della popolazione e le sue tendenze. Poiché la misura di questi valori è oggi ancora rozza e può dar adito a discussioni, si dovrebbe prevedere una procedura di revisione degli Accordi per la modifica dei pesi. In futuro, quando si disporrà di misurazioni affidabili e condivise, le revisioni potrebbero diventare automatiche. La wcu non ha bisogno di ancoraggi. Essa esprime un potenziale produttivo socialmente ed ecologicamente compatibile ed una promessa di pagamento in termini di beni e servizi che costituiscono la ricchezza mondiale ridefinita come sopra indicato.

Tutte le monete dovrebbero avere la possibilità di aderire al sistema. Fra le monete aderenti alcune già rappresentano sistemi monetari regionali ed anche aree più vaste (dollaro, euro, yen, yuan, rublo) altre dovrebbero essere incoraggiate a formare raggruppamenti regionali, all’interno dei quali regolare la maggior parte delle transazioni e delle questioni. In ogni caso il valore di ogni moneta, che sia già essa

34 Si può ipotizzare un’evoluzione dagli Sdrs alla Wcu simile a quella avvenuta dall’unità di conto europea all’ecu.

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espressione di un sistema oppure semplice valuta nazionale, verrebbe definito in termini di wcu negli Accordi iniziali.

I mercati disporrebbero così di un potente indicatore per definire i rapporti di cambio fra le diverse monete, col risultato probabile d’una sostanziale riduzione della loro volatilità. Inoltre alcune merci particolarmente importanti a livello del mercato mondiale, come ad esempio il barile di petrolio, potrebbero essere quotate in wcu con un effetto di stabilizzazione dei prezzi, ricondotti a rappresentare il rapporto fra la domanda e l’offerta della merce depurato dall’effetto di aspettative concernenti i mercati valutari, risultato che non si otterrebbe sostituendo la quotazione in dollari con qualsiasi altra moneta. Il passo dalla quotazione in wcu al pagamento in wcu potrebbe essere veloce poiché corrisponderebbe, nel modo più efficace e più equo, all’esigenza insoddisfatta di diversificazione dei portafogli. Infine l’associazione dell’unità di misura mondiale del valore col valore dell’energia non rinnovabile eserciterebbe una funzione pedagogica universale.

Il funzionamento del clearing multilaterale, la concessione di scoperti nei conti numerari in relazione a squilibri temporanei (esclusi cioè i sostegni di lungo periodo destinati ai paesi poveri e ad altri progetti, affidati alla Banca mondiale), la sterilizzazione di attacchi speculativi ad una moneta, ecc. dovrebbero essere regolati dagli Accordi ed utilizzare strumenti già ben collaudati quali le clearing unions, i diritti speciali di prelievo, i fondi di cooperazione e di stabilizzazione monetaria, adattati però ai nuovi obiettivi di sviluppo armonico e resi coerenti coi pesi riconosciuti ad ogni economia/sistema.

CONSOLIDAMENTO DEL DEBITO ESTERO AMERICANO E DIRITTO DI SIGNORAGGIO MONDIALE

Ogni Banca centrale aderente al sistema, detentrice di riserve ufficiali denominate in valute emesse da altre Banche centrali, dovrebbe poterne chiedere la conversione totale o parziale in wcu. Al momento dell’assegnazione di wcu si dovrebbe prelevare un aggio la cui aliquota sarebbe stabilita negli Accordi e potrebbe essere modificata con revisione degli stessi. Sarebbe un vero e proprio diritto di signoraggio mondiale, trasparente tanto nel prelievo quanto nelle destinazioni del gettito: per dotare l’Onu di risorse proprie, per finanziare il funzionamento del sistema, per capitalizzare le istituzioni correlate, come la Banca mondiale, le quali potrebbero poi ricorrere al mercato, entro leverage-ratios prefissati, per moltiplicare i mezzi finanziari necessari al conseguimento dei fini loro assegnati. Si può osservare che, a differenza

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della Tobin Tax, questo aggio si applicherebbe solo a transazioni che avvengono tra Banche centrali, senza “disturbare” il mercato dei capitali. Esso consisterebbe di fatto in un premio d’assicurazione, costerebbe al mondo assai meno del diritto di signoraggio di cui oggi godono gli Stati Uniti e consentirebbe di finanziare un sistema assai più efficace ed efficiente di fornitura di beni pubblici e di gestione dei rischi a livello globale.

LA RIFORMA DELLE ISTITUZIONI ECONOMICHE MONDIALI

Si verrebbe così a configurare una vera e propria Organizzazione mondiale dei sistemi monetari (World Monetary Systems’ Organization ) operante come sistema di sistemi per le monete regionali e come sistema di supplenza per le monete non ancora partecipanti a sistemi regionali.

La sovrintendenza della nuova Organizzazione dovrebbe essere affidata al Fondo Monetario Internazionale, da riconoscere quale vero e proprio Consiglio dei ministri dell’economia dell’Onu (paragonabile all’Ecofin per l’Ue), come già proposto da Jacques Delors. La gestione della nuova Organizzazione dovrebbe essere invece affidata alla Banca dei regolamenti internazionali (anche per quanto riguarda la riscossione dell’aggio di conversione che la Bri verserà poi al Fmi per la ripartizione fra i destinatari finali).

Naturalmente il Fmi dovrebbe essere riformato per rappresentare quanto più democraticamente possibile le grandi aree monetarie regionali. Esso dovrebbe essere governato, secondo un intento cooperativo, da maggioranze qualificate risultanti dal peso dei partecipanti e dovrebbe presentare relazioni annuali all’Assemblea generale dell’Onu, nel contesto di un più generale rafforzamento democratico delle stesse Nazioni Unite35.

L’architettura istituzionale dovrebbe essere completata con la riforma di un’altra istituzione già esistente, la Banca mondiale, e con la creazione di due nuovi organismi: un Istituto per la gestione del rischio

35 Fra i numerosi progetti di riforma delle Nazioni Unite noi ci riferiamo a quello federalista proposto da Lucio Levi in Crisi dello Stato e governo del mondo, Torino 2005 (G. Giappichelli Editore), Cap. 9 – L’unificazione del mondo come progetto e come processo, pp.295-335.

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ed una Commissione di controllo. La Banca Mondiale avrebbe come collocazione istituzionale quella di Agenzia specializzata del Fmi (e per suo tramite dell’Onu) per il finanziamento di progetti diretti a favorire la sicurezza, lo sviluppo umano e la sostenibilità ambientale e sociale dell’economia globalizzata. La Banca diventerebbe così il principale sostegno finanziario per lo sviluppo umano e potrebbe meritare il cambiamento della propria denominazione in Human Development Bank. Il Fmi dovrebbe inoltre istituire una nuova Agenzia (World Risk Management Institute) per la valutazione e la gestione dei rischi globali 36, come quelli economici, le crisi finanziarie e le minaccie fisiche e sociali globali, che i singoli Stati pretendono inutilmente di affrontare con logiche sovraniste. Per il controllo dei mercati e dei loro controllori, infine, dovrebbe essere istituita una Authority mondiale (World Financial Control Commission).

36 Per la descrizione di possibili approcci innovativi alla gestione di questi rischi, affidata ai mercati finanziari col sostegno degli stati nazionali, si veda Robert J. Shiller, The New Financial Order, Princeton, New Jersey, 2003. Tr. It.: Il nuovo ordine finanziario. Il rischio nel XXI secolo, Milano 2003 (Il Sole 24 Ore - Economia e Management). La prospettiva che noi adottiamo si basa invece sulla convinzione che un approccio ai rischi globali richieda la creazione di un istituto di livello corrispondente per indirizzare i mercati.

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LIBERO SCAMBIO O PROTEZIONISMO FINANZIARIO?

ANDREA COMBA Docente di Diritto Internazionale all’Università di Torino Il previsto fallimento del Doha Round si dovrebbe consumare sul

negoziato agricolo, nel contrasto tra gli Stati Uniti e l’India, soprattutto per quanto riguarda il meccanismo della clausola di salvaguardia speciale, per cui a seguito di un’improvvisa impennata dei prodotti agricoli uno stato membro può alterare le tariffe molto oltre il tetto convenzionale per tariffe normali.

In realtà le cause sono molto più ampie e riguardano tutto il sistema monetario e commerciale, quale concepito durante e dopo il secondo conflitto mondiale.

Esso si basava sul dogma del libero scambio: tutto quanto è liberista è “bene”; tutto quanto non è liberista è “male”. Nel settore monetario , in forza dello statuto del Fondo monetario internazionale gli stati membri si sono impegnati a non introdurre, senza una previa autorizzazione del Fondo, nuove restrizioni ai pagamenti e ai trasferimenti di valuta relative alle operazioni internazionali correnti. Lo statuto del Fondo monetario internazionale, inoltre, sino al 1973 prevedeva un sistema di cambi fissi ma aggiustabili, proprio per facilitare il libero scambio internazionale. L’ottica sulla quale si basava l’attività del Fondo era essenzialmente liberista.

Dalle regole del commercio sia del GATT del 1947 che dell’organizzazione mondiale del commercio del 1994 e negli accordi ad esso collegati traspare un ben preciso obiettivo: eliminare gli ostacoli al libero commercio su scala mondiale. Si tratta, in sostanza, del neo liberismo, garantito da un complesso di norme, amministrate dall’OMC, che si fonda essenzialmente sulla clausola della nazione più favorita, sul trattamento nazionale e sul principio di non discriminazione.

Oltre al dissenso di carattere ideologico nei confronti delle istituzioni internazionali neoliberiste, considerate strumenti di globalizzazione idonee ad accentuare la disuguaglianza tra paesi ricchi e paesi poveri e tra individui di uno stesso paese, si sta assistendo all’emergere di tendenze di vario tipo che sostanzialmente rifiutano il

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“dogma” del neoliberismo e tengono invece conto di situazioni differenziate che potrebbero giustificare interventi protezionistici.

Uno degli esempi riguarda le limitazioni poste o che intenderebbero porre alcuni Stati industrializzati, ed anche l’Unione Europea, agli investimenti stranieri diretti, relativi all’acquisto di società, immobili ed altri beni, effettuati per averne in qualche modo il controllo (non quindi il semplice acquisto di azioni od obbligazioni trattate sui rispettivi mercati) e realizzati dai c.d. fondi sovrani. Questi, così denominati perché il loro capitale appartiene tutto o in gran parte ad uno stato o ad enti pubblici stranieri, potrebbero agire a fini politici, in contrasto quindi con l’interesse nazionale dello Stato in cui avviene l’investimento.

Le forme attraverso cui si realizza questo tipo di protezionismo (denominato anche protezionismo finanziario) sono molteplici: la creazione di commissioni governative per valutare le implicazioni sulla sicurezza nazionale delle acquisizioni straniere, la costituzione di una golden share in alcuni settori considerati “sensibili”, l’imposizione di un tetto massimo per ogni singolo investimento, la sterilizzazione del diritto di voto, ecc. Esse si fondono essenzialmente sul principio generale della salvaguardia della sovranità dei singoli Stati in tutte le sue diverse espressioni.

Un altro tipo di protezionismo consiste nelle manipolazioni monetarie, già ampiamente utilizzate durante il periodo del nazionalismo economico. Gli accordi di Bretton Woods avevano cercato di eliminarle, imponendo un sistema di parità fisse, ma aggiustabili. Peraltro, il ritorno ai cambi fluttuanti e quindi alla libertà, ormai definitivamente acquisita, di scegliere il regime di cambio preferito tra le diverse monete ha permesso l’introduzione di forme indirette di protezionismo, basate sul deprezzamento di una moneta rispetto alle altre per difendere artificialmente i mercati nazionali dalle importazioni e facilitare le esportazioni. Al riguardo è stata adottata l’espressione “dumping monetario”, nel senso che l’abbattimento del prezzo normale delle merci e dei servizi esportati viene realizzato o attraverso il deprezzamento monetario in un sistema di cambi flessibili (come è avvenuto per molte monete sin dalla seconda metà degli anni ’70 del XX secolo ed oggi per il dollaro), ovvero stabilendo un rapporto di cambio fisso di una moneta con un’altra, ad un tasso inferiore a quello di mercato (come il caso della valuta cinese nei confronti del dollaro statunitense).

Sotto un profilo generale si sta assistendo ad un superamento parziale del neoliberalismo garantito basato su istituzioni internazionali che operano con il metodo multilaterale.

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SISTEMA A PIÙ MONETE DI RISERVA ED INSERIMENTO DEL RUBLO QUALE MONETA CONVERTIBILE

ANTONIO MOSCONI Movimento Federalista Europeo, economista

La Fed impiega mezzi finanziari e di persuasione di una

dimensione senza precedenti per impedire che la crisi finanziaria travolga definitivamente il ruolo internazionale del dollaro. I risultati sono modesti, precari e gravidi d’inflazione per il mondo intero.

In un primo momento si disse trattarsi di una crisi finanziaria limitata al settore dei mutui sub-prime, una crisi di liquidità (debiti a lungo termine finanziati con fondi liquidabili a breve) che si sarebbe risolta con prestiti delle banche centrali al sistema per il periodo necessario a rendere liquidi gli attivi. Ben presto si dovette ammettere una ben più grave crisi di solvibilità (fondi delle banche e risparmi gestiti dalle loro emanazioni investiti in attivi sopravvalutati o inesigibili). Quando gli assets si rivelarono non soltanto sopravvalutati, ma non valutabili (a causa dell’impossibilità di formazione del prezzo per assenza di compratori) si manifestò la crisi di fiducia, il panico. La Fed e la Banca d’Inghilterra accettarono, come collaterali dei prestiti concessi al sistema, gli assets inesigibili o invendibili, procedendo così di fatto a nazionalizzazioni bancarie finanziate con ricorso alla creazione monetaria. Il Fmi valuta le perdite ad un trilione di dollari, sulla base della discesa dei prezzi immobiliari sinora registrata (-3%). Economisti indipendenti la stimano in tre trilioni, ipotizzando che sia necessaria una riduzione dei prezzi delle case, negli Stati Uniti, del 20% perché tornino i compratori e si formino prezzi effettivi. Altri avanzano il sospetto che la crisi non riguardi solo il settore dei mutui e che ben altri “affari” siano stati finanziati con i sistemi creativi di “produzione di carta a mezzo di carta” (parafrasando Sraffa).

Non si tratta soltanto di una crisi finanziaria, ma di una crisi che investe il ruolo del dollaro come principale moneta internazionale. La possibilità di sostenere indefinitamente un “deficit senza lacrime” (Jacques Rueff, 1971), finanziato indebitandosi nella moneta di propria emissione e prosciugando il risparmio dei Paesi poveri, costituisce uno “scandalo monetario internazionale” (Robert Triffin, 1968) e spiega come

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gli Stati Uniti abbiano potuto eludere (finora) la scelta fra burro e cannoni. Svalutazioni del dollaro, bolle finanziarie ed immobiliari che poi si sgonfiano, bancarotte fraudolente di portata gigantesca impoveriscono periodicamente i creditori degli Stati Uniti. Per questa ragione i detentori d’attività finanziarie denominate in dollari, desiderosi di diversificare le riserve ed i portafogli, si rivolgono all’euro, provocandone un apprezzamento non commisurato alla partecipazione dell’euro-zona alla formazione degli squilibri globali (la bilancia dei pagamenti correnti dell’euro-zona è in sostanziale pareggio). Si spiegano così i numerosi divorzi dal dollaro di monete che vi erano ancorate (come il peso argentino, lo yuan cinese, le monete dei Paesi del Golfo) e l’accelerazione dei progetti per la creazione d’unioni monetarie regionali (in Asia ed in America latina). La presenza, in questo scenario, del rublo convertibile, una priorità economica e politica confermata dal Presidente Dmitry Medvedev pochi giorni fà al Saint Petersburg Economic Forum, darebbe un contributo ed una spinta probabilmente decisivi alla formazione di un sistema monetario internazionale ordinato, stabile, cooperativo, equo e globale.

La crisi del dollaro si unisce al fallimento del tentativo americano di esercitare in modo unilaterale il ruolo di gendarme mondiale. La crisi investe così l’egemonia degli Stati Uniti sul mondo intero, quale è venuta profilandosi dopo il collasso dell’Unione sovietica. Essa si espande dai settori economico e militare a quelli morale e culturale, come indica la rapidità con cui i seguaci più zelanti del fondamentalismo di mercato oggi abbandonano l’ideologia “mercatista”. Secondo le ricette neo-liberali di Milton Friedman, codificate nel Consenso di Washington ed imposte ai debitori poveri dal Fmi, i cambi flessibili avrebbero impedito la formazione di squilibri fondamentali, mentre le privatizzazioni avrebbero favorito l’efficienza. Invece, mai squilibri sono stati tanto gravi e duraturi e mai si è assistito a così colossali appropriazioni di risorse pubbliche da parte di ristrette élites come quelle sperimentate in Russia, in America latina, nel Sud-est asiatico ed in Africa in applicazione della vulgata dell’Università di Chicago. Secondo la celeberrima curva di Laffer, la detassazione del reddito dei ricchi avrebbe spostato il risparmio dalle classi dissipatrici a quelle risparmiatrici, favorito gli investimenti ed il reddito, ripagato lo Stato con un maggior gettito fiscale. Invece il risparmio americano è andato a zero ed anche sotto zero, consumi e guerre sono finanziati dal resto del mondo in misura del 6-7% del pil annuo degli Stati Uniti e la stessa globalizzazione, priva di governo, è passata con gravi traumi dalla spinta deflattiva esercitata dai nuovi

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lavoratori a basso salario a quella inflattiva derivante dal loro accesso ai consumi.

La scelta di fronte alla quale il mondo si trova è tra la sovranità assoluta degli Stati nazionali (coi suoi corollari: guerra monetaria, protezionismo, recessione e peggio) e la condivisione della sovranità, in primo luogo quella monetaria, attraverso una riforma radicale delle Istituzioni economiche internazionali (Fmi, Bm, Bri, Omc ed altre). Un solo Paese non può fornire i beni pubblici necessari al funzionamento del mercato globale, cioè: le istituzioni necessarie ad un libero mercato (proprietà, contratti, antitrust), la regolazione ed il controllo della moneta e della finanza, alcuni standards sociali e lavorativi comuni, una politica globale dello sviluppo e limitazioni al perseguimento del profitto in funzione della conservazione dell’ambiente e della solidarietà globale.

L’euro è già componente importante delle riserve, dei portafogli e dei panieri valutari, ma non può sostituire il dollaro come moneta mondiale. Nel 1944, a Bretton Woods, gli Stati Uniti erano il solo Paese vincitore, della guerra come della pace, producevano oltre la metà del pil mondiale, possedevano tutte le riserve auree e le chiavi del credito internazionale. Oggi il potere economico è molto più ripartito. Inoltre un euro-standard ricadrebbe, come il dollar-standard, nel dilemma di Triffin (la creazione di liquidità internazionale dipenderebbe dalla bilancia dei pagamenti europea). Infine, l’euro è ancora una moneta senza una corrispondente compiuta Federazione politica. Non si tratta quindi di passare da un’egemonia ad un’altra, ma di fondare sulla cooperazione internazionale un nuovo sistema monetario e finanziario.

Occorre ricordare che la libertà di movimento dei capitali, i cambi fissi e l’autonomia monetaria degli stati nazionali costituiscono un “terzetto incompatibile”. Possiamo esemplificare quest’immagine di scuola con i regimi monetari che si sono succeduti. Primo caso: si può perseguire la libertà dei movimenti di capitale ed una relativa stabilità dei cambi solo sacrificando l’autonomia monetaria. Questo è il caso del gold standard durante l’egemonia britannica, in cui l’oro (che diverrà per Keynes la “barbara reliquia”) svolge il ruolo d’auto-tutela necessario nel diritto primitivo, fondato sulla forza; ma è anche il caso dell’Uem, in cui l’euro svolge al contrario, almeno nell’Area interessata, il ruolo di moneta cartacea corrispondente al diritto sviluppato, fondato sulla condivisione della sovranità (Mario Albertini, 1972). Secondo caso: il governo dell’economia internazionale (occidentale) è affidato agli Stati nazionali nell’ambito dell’egemonia americana e viene perseguita la stabilità dei cambi attraverso un rigido controllo dei movimenti di capitale. Siamo nel regime di Bretton Woods, un gold-exchange standard

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in vigore dal 1944 al 1971 (dichiarazione d’inconvertibilità del dollaro in oro da parte di Nixon). A partire dal 1971 sono stati privilegiati l’autonomia monetaria dei singoli Stati e la liberalizzazione del mercato dei capitali e si è conseguentemente entrati in un regime di cambi fluttuanti rispetto al dollaro, il dollar standard. Con la creazione dell’euro (1998) ha fine il dollar standard, almeno in senso tecnico, e si entra nell’attuale regime multi-valutario, caratterizzato dalla crisi del ruolo internazionale del dollaro.

Il sistema a più monete di riserva e più panieri di riferimento, che si sta spontaneamente formando e del quale farà parte il rublo convertibile, rappresenta una fase evolutiva, ma non ancora sufficiente a garantire le tre funzioni della moneta (mezzo di scambio, riserva di valore e unità di conto), poste continuamente a repentaglio dalle fluttuazioni dei cambi. La loro volatilità comporta perdite colossali in occasione delle periodiche crisi valutarie oltre a continui elevatissimi costi di transazione, di copertura dei rischi e tassi d’interesse più elevati, d’immobilizzo di riserve valutarie altrimenti inutili. Soltanto con una unità di conto mondiale (ed in seguito con una moneta unica) si potrà governare la globalizzazione con un metro stabile ed uguale per tutti (si pensi, ad esempio, alla quotazione del petrolio e del gas) senza sacrificare la libertà di movimento dei capitali.

Occorre proporre la convocazione di una Conferenza internazionale per la fondazione di un nuovo sistema monetario mondiale, che abbia inizialmente a riferimento un paniere unico di monete, sull’esempio dell’ecu che precedette l’euro. L’Unione economica e monetaria europea costituisce, infatti, un buon esempio per un’analoga Unione a livello mondiale. Innanzitutto il suo successo suscita ammirazione e genera progetti euro-like in tutto il mondo. L’euro ha consentito di difendere l’unità del mercato europeo dalla forza distruttiva della fluttuazione dei cambi, di abbattere i costi di transazione e i tassi d’interesse, di rafforzare il sistema bancario ed il mercato finanziario e di creare sedici milioni di posti di lavoro. In secondo luogo la sua struttura sopranazionale costituisce un modello: il valore dell’euro non è legato alle sorti di un Paese, ma dell’Uem; la Bce è un’istituzione di tipo federale che persegue (in modo finora ineccepibile) l’obiettivo primario della stabilità monetaria, che è un bene pubblico dell’Unione ed anche un diritto umano. A Bretton Woods si scelse il dollaro e si respinse il bancor proposto da Keynes. A Maastricht, al contrario, non si è scelto il marco tedesco, ma l’euro, una moneta unica la cui gestione è condivisa fra i partecipanti all’Unione economica e monetaria.

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Soltanto l’Europa può promuovere l’iniziativa d’una conferenza internazionale. La forza del suo modello raccoglie ampi consensi fra quanti hanno interesse alla libertà degli scambi, in primo luogo nei Paesi esportatori di petrolio, gas e materie prime, oppure destinatari di massicci decentramenti produttivi. Il suo peso nel commercio mondiale rende credibile la proposta di subordinazione della libertà degli scambi all’adozione di regole comuni per il governo della globalizzazione. La forza della sua moneta rende possibile il varo di un paniere comune parziale anche nel caso improbabile, ma non impossibile, che gli Stati Uniti non facciano parte del gruppo dei primi aderenti al nuovo Sistema monetario.

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PROSPETTIVE DI SVILUPPO DEGLI ISTITUTI DI CREDITO ITALIANI IN RUSSIA

ANTONIO FALLICO Presidente di Zao Banca Intesa -gruppo Intesa Sanpaolo

Da otto anni l’economia russa cresce ad un tasso annuo del 7%, il debito pubblico rispetto al PIL è inferiore al 15%, mentre il potere di acquisto della popolazione si è elevato del 15 – 20% annuo.

Le riserve auree e valutarie del Paese hanno superato i 500 miliardi di Usd.

Questi risultati sono il frutto della stabilità politica assicurata dall’Amministrazione del Presidente e dal Governo i quali, attraverso un rafforzamento delle istituzioni e delle leggi federali, hanno radicalmente migliorato il quadro normativo ed economico, favorendo una notevole ripresa degli investimenti locali ed esteri.

Negli ultimi due anni l’afflusso degli investimenti diretti è, infatti, raddoppiato passando dai 40 miliardi del 2006 agli 83 miliardi del 2007 e interessando, soprattutto, le regioni di Mosca, San Pietroburgo e Sakhalin e i settori dell’energa, immobiliare, traorti, comunicazione e i consumi di lusso.

Al tempo stesso l’economia sta progressivamente diversificandosi, registrando investimenti significativi anche nei comparti metalmeccanico, agroalimentare e dei servizi.

Uno degli strumenti principali della ulteriore diversificazione della struttura economica può diventare il Reservnyj Fond RF (Fondo delle Riserve, c. 150 miliardi Usd137), che, sebbene costituito solo alla

37 Formalmente il 1 febbraio del 2008 sulla base dell'ex Fondo di Stabilizzazione sono stati costituiti il Fondo delle Riserve e il Fondo delle future generazioni (attualmente di 32 miliardi di USD; alla fine del 2008 si prevede ammonterà a 100 miliardi di USD)

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fine del 2007, è già tra i primi sei fondi sovrani al mondo dopo quelli di Abu Dhabi, Norvegia, Singapore, Kuwait e Cina.

Nel prossimo futuro, se non interverrano eventi eccezionali negativi o in grado di minacciare la coesistenza pacifica, la Federazione Russa continuerà a svilupparsi molto dinamicamente, giocando un ruolo fondamentale nelle relazione politiche ed economiche tra Est ed Ovest, anche in considerazione dei suoi storici interessi geostrategici, di recente rafforzatisi, nell’ambito dell’area euroasiatica dove operano attivamente sia la Comunità Economica Euroasiatica (cui aderiscono Russia, Bielorussia, Kazakhstan, Tajikistan, Uzbekistan e Kyrghyzstan), sia la Shanghai Cooperation Organization (Kazakhstan, Cina, Kyrghyzstan, Russia, Tajikistan, Uzbekistan).

A fronte di questo sviluppo economico sostenuto e con prospettive di ulteriore e notevole dinamismo, registriamo un sistema bancario pletorico e sostanzialmente modesto.

Gli assets complessivi del settore bancario russo hanno raggiunto all’1 gennaio di quest’anno 20125 miliardi di rubli o il 61% del PIL, mentre l’equity complessivo era di 2672 miliardi di rubli o circa l’8,1% del PIL. Le banche russe hanno rilasciato i crediti per un totale di 12287 miliardi di rubli o il 37,2% del PIL. Alla stessa data erano operativi 1136 istituti di credito.

Il ruolo delle banche straniere, che partecipano al settore bancario tramite gli investimenti diretti nel capitale sociale delle banche russe, nonostante aumenti costanti, è ancora assai modesto. La quota controllata dal capitale straniero negli assets del settore bancario ammonta al 18,6%. Le banche controllate dai non residenti all’1 giugno di quest’anno erano 96 (quote di partecipazione superiori al 50% del capitale sociale). Di queste 17 fanno parte delle prime 50 banche russe. Il ruolo delle banche “straniere” nei depositi complessivi dei privati è pari al 9,7% di tutti i depositi dei privati, mentre per i depositi corporate è del 18,3%. Il 18% degli utili percepiti nel primo semestre 2008 dal sistema bancario erano utili delle banche controllate dai non residenti.

Da ciò si evince quali sono i margini di crescita del sistema bancario russo, la cui inadeguatezza e talvolta, opacità è ben nota alle Autorità regolatrici, che da tempo stanno predisponendo un radicale piano di riforme delle istituzioni finanziarie.

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In Russia Intesa Sanpaolo, grazie alle banche aggregate, opera dal 1972, quando la Banca Commerciale Italiana aprì a Mosca la sua Rappresentanza, prima in assoluto fra le banche straniere, per supportare l’operatività della clientela italiana all’indomani della firma dell’affare del secolo tra la Fiat e la VAZ, la più grande azienda automobilistica radicata a Togliatti

Attualmente Intesa Sanpaolo vanta una vasta e complessa presenza sul territorio, grazie all’attività delle sue due sussidiarie e della sua rappresentanza. La prima delle due banche russe del gruppo Intesa Sanpaolo, ZAO Banca Intesa, è stata costituita nel 2003, diventando la prima banca russa a capitale italiano. ZAO Banca Intesa offre ai clienti la gamma completa dei prodotti bancari corporate. La sua attività prevalentemente è rivolta alle aziende russe, internazionali e italiane che producono e operano nella Federazione Russa, assistendole sia nella istaurazione e lo sviluppo delle relazioni commerciali, sia nella fase di avviamento e ampliamento degli stabilimenti produttivi in Russia. Spesso, inoltre, ha seguito aziende italiane e russe nell’acquisizione di attivi industriali e commerciali in Russia e in Italia. Mentre delle piccole e medie aziende e dei clienti privati si occupa KMB‐Bank, acquistata dal Gruppo nel 2005, che successivamente abbiamo notevolmente sviluppata. KMB-Bank è diventata davvero una banca universale, mentre era stata costituita all’inizio del 1991 dalla Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo con l’obbiettivo di supportare la crescita della piccola e media impresa in Russia. Oggi ha una rete di 67 sportelli che si estendono da Kaliningrad a Vladivostok. Prossimamente intendiamo consolidare ancora di più la nostra presenza in Russia, sia crescendo organicamente, sia valutando potenziali acquisizioni di altre banche commerciali, sia costituendo, come già sta avvenendo, una banca di investimento mista italo-russa per finanziare progetti infrastrutturali e strategici per i due paesi anche nell’area Euroasiatica.

Per noi la Russia, quindi, non solo rappresenta un grande mercato affidabile da un punto di vista economico, finanziario e industriale, ma un partner strategico fondamentale, il cui ruolo geopolitico giova alle relazioni pacifiche internazionali in un mondo aperto e multipolare.

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ANNA MARRA Servizio Studi e Relazioni Internazionali Banca d’Italia

Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse dei principali gruppi

bancari italiani (ed europei) verso l’Europa dell’Est. Dissoluzione dell’Unione Sovietica e della Iugoslavia, venir meno delle economie pianificate e progressiva adozione di economie di mercato, apertura al commercio internazionale, possono essere ritenute alcune tra le maggiori determinanti. Fattore ulteriore di accelerazione sono state e sono le ampie e diversificate relazioni che, nel tempo, l’Unione Europea ha instaurato con i paesi dell’Est Europa, dei Balcani, dell’ex URSS. Tale avvicinamento si è concluso spesso con l’ingresso nell’UE, come avvenuto con i due ultimi processi di allargamento.38

Per quanto attiene altri paesi non facenti parte dell’UE, le relazioni si inquadrano invece nella politica di vicinato, la cd. European Neighbourhood Policy (ENP).39

L’interesse dei principali intermediari italiani (ed europei) per l’ampia area in oggetto si spiega con le elevate potenzialità di crescita economica e la forte arretratezza dei rispettivi sistemi bancari e finanziari, molti dei quali stanno attraversando una fase di profonda trasformazione.

In questi anni intensa è stata l’attività di assistenza tecnica fornita dalle banche centrali e le autorità di vigilanza dei paesi dell’Eurosistema per promuovere e seguire il processo di adattamento del quadro normativo-regolamentare a realtà economiche in rapido cambiamento. Si è trattato, nella maggior parte dei casi, di contribuire a porre le basi di un sistema bancario in senso moderno, cd. “a due

38 L’Unione Europea comprende attualmente dieci paesi (su un totale di 27) provenienti dall’Europa dell’Est. La Croazia sarà il prossimo paese a entrare nell’UE. Ulteriori prospettive di allargamento non sono previste a breve. Macedonia e Turchia hanno status di paesi candidati, mentre molti dei paesi dei Balcani occidentali hanno lo status di potenziali candidati (Albania, Montenegro, Serbia, Bosnia-Erzegovina). Il processo è lungo e complesso in quanto richiede il completamento in ogni parte del cd. SAA (Stabilisation and Association Agreement).

39 Tra i sedici paesi cui la ENP è rivolta, sei provengono dall’ex URSS (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina).

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livelli”, costituito cioè da banca centrale e autorità di vigilanza al primo livello, dagli intermediari creditizi al secondo.

Tale processo, in linea di massima, si è incentrato su tre elementi: a) “consolidamento” di realtà bancarie già esistenti; b) privatizzazione dei principali intermediari e uscita dello Stato quale azionista di controllo; c) ingresso di operatori esteri. E ciò nella consapevolezza del nesso tra sistemi bancari efficienti, da un lato, e sviluppo economico, dall’altro; in un’ottica altresi’ di prevenzione di fenomeni di instabilità finanziaria e possibili crisi sistemiche. L’ingresso di operatori esteri, con il loro bagaglio di esperienza, know-how e l’ampia disponibilità di capitali è stato incoraggiato allo scopo di favorire una più efficiente allocazione del credito; a beneficio, in ultima analisi, della stessa crescita economica. Agli intermediari stranieri è stata, in tal modo, offerta l’opportunità di entrare in nuovi mercati e diversificare le fonti di reddito. Questo processo, come intuibile, ha avuto intensità ed effetti differenti da un paese all’altro: in alcuni casi, tuttavia, il massiccio insediamento di operatori - favorito dalla rimozione delle barriere all’ingresso - ha determinato un “trasferimento del controllo” nelle mani dei maggiori gruppi stranieri. Taluni sistemi bancari dell’Est Europa sono diventati, per così dire, a ‘controllo esterno’, con percentuali in possesso di operatori esteri che superano il 70%.

Tornando al tema del panel odierno, sarebbe forse più corretto parlare di prospettive di crescita ulteriore: l’insediamento dei grandi gruppi bancari europei nei paesi dell’Est (e soprattutto in quelli entrati nell’UE nel 2004 e nel 2007), infatti, è iniziato già da diversi anni. A spingere “verso Est” è, in primo luogo, il return on investment. La redditività varia a seconda del paese di insediamento ma si pone comunque su livelli ampiamente superiori all’“area dell’euro”.

Le crescenti pressioni concorrenziali e i modesti tassi di crescita nelle economie avanzate dell’UE; la flessione dei profitti quale effetto del processo di convergenza e di una riduzione degli spread; la necessità di seguire la propria clientela all’estero in una logica di Hausbank; le enormi potenzialità implicite nel processo di internazionalizzazione, che vede coinvolti, in un circolo virtuoso, sistema produttivo e finanziario. Tutto ciò costituisce un forte incentivo alla scelta dei gruppi bancari di entrare in nuovi mercati.

Le banche italiane sono insediate in quasi tutti i paesi dell’area, ma la loro presenza è particolarmente significativa in Bosnia, Polonia, Croazia, Bulgaria, Ungheria, Slovacchia, Serbia. Nuove frontiere sono l’Ucraina e, in prospettiva, il Kazakhistan. Un ruolo di primo piano è destinata a svolgere la Russia, per fattori di cui si dirà in seguito. I gruppi

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più attivi sono Intesa-S.Paolo e Unicredit, entrambi global player a livello internazionale. Il primo ha da poco rilevato una delle maggiori banche ucraine. Unicredit, che già detiene il controllo di un grande intermediario in Ucraina, ha acquisito di recente il terzo operatore kazako, presente anche in Kyrgyzistan e Tajikistan.

Il processo di espansione, finora limitato ai maggiori gruppi, vede coinvolti in misura crescente operatori di medie dimensioni, spinti non solo dai profitti attesi ma anche dalla necessità di essere accanto alla propria clientela nel processo di internazionalizzazione del nostro sistema produttivo.

Un primo interrogativo che è legittimo porsi è se vi sia spazio per ulteriori insediamenti. La risposta ovviamente non può essere univoca in quanto ogni paese presenta le proprie peculiarità. Un fattore chiave a cui prestare attenzione, tuttavia, riguarda l’andamento dell’economia. Le prospettive di crescita del PIL sono positive - a motivo della complessiva arretratezza dell’area - con tassi di incremento superiori rispetto a quelli stimati per i paesi di provenienza dei gruppi bancari europei, e per l’Italia in modo particolare. L’area in esame ha inoltre risentito in misura modesta della crisi dei mutui sub-prime.

In alcuni paesi, tuttavia, tassi di crescita particolarmente sostenuti (fenomeno del cd. ‘catching-up’) si sono accompagnati a un saggio di inflazione in ascesa e a crescenti squilibri nella bilancia commerciale. La rapida integrazione nell’UE, infatti, ha spinto fuori dal mercato molte aziende domestiche, incapaci di competere con concorrenti estere molto più forti. I vertici degli Stati recentemente entrati nell’UE si trovano ad affrontare un duplice impegno: preservare l’“attrattività” del loro paese – facendo sì che le multinazionali estere continuino ad investire - senza danneggiare eccessivamente al contempo il tessuto produttivo locale. A distanza di alcuni anni dall’apertura di questi paesi agli investimenti esteri, il giudizio non può che essere positivo: l’ingresso di operatori stranieri - sia banche che imprese - ha contribuito allo sviluppo economico. L’adozione, in particolar modo, del cd. “acquis communautaire” ha dato impulso ad ampie riforme strutturali, migliorando il “business climate” e l’interesse degli investitori esteri; ciò che ha determinato un trasferimento di tecnologie e know-how contribuendo a una più rapida modernizzazione del paese.

L’interesse degli intermediari stranieri per un mercato nuovo è funzione, inoltre, del livello di sviluppo del sistema, inteso anche come grado di intermediazione, ossia l’incidenza del totale dell’attivo bancario rispetto al prodotto interno lordo. Nei paesi più avanzati dell’UE questo è pari a un multiplo del PIL (la media è di circa tre volte). Il quadro si

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presenta estremamente diversificato ma la totalità dei paesi dell’area presenta comunque grandi potenzialità: il livello di penetrazione (‘financial deepening’) e, più in generale, l’offerta di servizi bancari, finanziari e assicurativi nell’Est Europa, sotto il profilo quali-quantitativo è, infatti, ampiamente al di sotto della media delle maggiori economie europee (in Russia e Romania, ad esempio, il rapporto tra totale attivo bancario e PIL supera di poco il 50%).

Un eventuale deterrente per un intermediario estero all’ingresso, o al rafforzamento della propria presenza, potrebbe derivare dalla progressiva contrazione dei profitti: in alcuni paesi, infatti, la concorrenza è cresciuta sensibilmente mentre il costo delle acquisizioni è divenuto nel tempo più oneroso.

Un ulteriore fattore da non sottovalutare, in prospettiva, è l’elevata quota in mano a gruppi stranieri. Il massiccio ingresso di intermediari esteri ha sicuramente contribuito alla diffusione di “prassi operative” più moderne ed efficienti, in linea con le best practices condivise a livello internazionale. Come già evidenziato, tuttavia, in alcuni Stati la rimozione delle barriere ha portato a una sorta di “colonizzazione” del sistema bancario locale - se così vogliamo definire l’insediamento di operatori esteri dalla prospettiva del paese target – le cui Autorità potrebbero pertanto, in prospettiva, non vedere con favore ulteriori insediamenti.

Secondo stime recenti, alla fine del 2007 ai gruppi stranieri era riconducibile una quota superiore al 70% del sistema bancario (calcolata come percentuale rispetto all’attivo totale) in Bulgaria, Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria.

Il momento attuale, tuttavia, testimonia di un forte interesse per l’area in oggetto da parte di operatori di grandi e medie dimensioni europei e statunitensi. Da parte loro, i grandi gruppi europei (e italiani) già da tempo insediati stanno accrescendo la loro quota di mercato ampliando la gamma dei prodotti e servizi offerti alla clientela locale, con una particolare attenzione al redditizio segmento “retail” (famiglie e piccole-medie imprese). Gli stessi gruppi, al contempo, si stanno affacciando verso nuovi mercati, spesso realtà del blocco ex sovietico: Russia e Ucraina, ma anche area del Caucaso e Asia Centrale. Paesi strategicamente importanti per l’Europa, con potenziale di crescita elevato e sistemi bancari nel complesso inadeguati.

L’espansione verso Est non poteva tralasciare la Russia: le dimensioni del paese e le immense risorse naturali di cui dispone; il potenziale di crescita e lo stato di arretratezza del sistema bancario e finanziario; l’intensità e la rilevanza dei rapporti con l’UE, sono alcuni

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elementi che spiegano l’interesse degli operatori europei e italiani. Il quadro politico è stabile e le prospettive macroeconomiche sono positive, se si esclude una ripresa della pressioni inflazionistiche.

Tra 1999 e 2007 l’economia è cresciuta a un tasso medio annuo del 6,3%. Il prodotto interno lordo nel 2008, secondo le stime del FMI, dovrebbe registrare un incremento non inferiore al 7%. I prezzi elevati delle materie prime beneficiano il paese, che presenta ampi surplus nella bilancia commerciale. L’Unione Europea è il primo partner commerciale con una quota pari al 54% dell’interscambio totale: il 58% delle esportazioni russe sono destinate all’UE laddove il 44% delle importazioni russe proviene dall’UE. Il nostro paese figura ai primi posti subito dopo la Germania, i Paesi Bassi e la Cina: la Russia, infatti, oltre ad essere un importante fornitore di prodotti energetici per l’Italia è, altresi’, un fondamentale mercato di sbocco per i nostri prodotti. In forte aumento anche gli investimenti diretti delle aziende italiane.

In Russia, tuttavia, la transizione da un’economia pianificata al mercato - diversamente da altri paesi dell’area - non si è tradotta in un’apertura incondizionata agli investitori esteri. E ciò è tanto piu’ vero per il sistema bancario. La normativa emanata ha avuto intenti piu’ o meno esplicitamente protezionistici pur non intendendo ostacolare l’ingresso di gruppi stranieri. A questi ultimi, ad esempio, è fatto divieto di operare tramite filiali bensì unicamente tramite sussidiarie. Si è cercato di evitare in tal modo una possibile “colonizzazione” e proteggere le aziende domestiche, giovani e inesperte, da concorrenti molto più forti; anche a rischio di una inadeguatezza complessiva degli intermediari rispetto alle esigenze del paese. Questo, almeno in parte, è stato il prezzo da pagare per la difesa del carattere “nazionale” del sistema bancario.

Il livello di “bancarizzazione” e di “financial deepening” è attualmente inferiore non solo alle economie più avanzate dell’UE ma anche a quelle di altri paesi dell’Est Europa. Il rapporto tra il totale dell’attivo del sistema bancario rispetto al PIL, salito in misura significativa negli ultimi cinque anni, è comunque di poco superiore al 60%.

Ciò è la conseguenza della fortissima sottobancarizzazione di ampia parte del territorio russo. Un’arretratezza riconosciuta dagli stessi vertici: l’ex Presidente Putin alla fine del 2006 affermava che il 42% degli abitanti non ha accesso a servizi bancari. Il potenziale di crescita, pertanto, è enorme. Fattore ancora più importante, i vertici del paese stanno mutando orientamento, consapevoli della necessità di promuovere gli investimenti e l’ingresso di gruppi stranieri per modernizzare e far compiere al sistema un salto di qualità, a vantaggio della popolazione e,

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ancora di piu’, di uno sviluppo economico sostenibile e maggiormente equilibrato nel medio-lungo termine.

Le limitazioni descritte, va sottolineato, non hanno frenato ma semmai unicamente limitato l’insediamento di gruppi esteri nel corso degli anni ’90 e il loro progressivo ritorno dopo il default dell’agosto 1998. Per quanto in crescita, tuttavia, il grado di penetrazione delle banche straniere rimane modesto rispetto ad altri paesi dell’Est Europa: 17% la quota sul totale dell’attivo. Ampi sono, pertanto, gli spazi per ulteriori insediamenti.

Da parte sua la Russia è un mercato altrettanto interessante per i gruppi stranieri? A leggere le statistiche la risposta è sicuramente affermativa. Tra la fine del 2003 e la fine del 2007 le banche a controllo estero sono piu’ che raddoppiate (da 40 a 85). E la loro presenza continua a crescere: a giugno del 2008 sono salite a 95 (di cui 69 possedute al 100%) a fronte, invece, di una costante riduzione degli intermediari (1.080 alla medesima data). L’incremento nel numero degli operatori esteri si accompagna a una forte azione di penetrazione commerciale mediante l’apertura di sportelli.

Tra i settori economici quello bancario è, infatti, tra i più redditizi – con un incremento medio annuo dei profitti superiore al 40% nel periodo 2003-2007 - e con uno dei piu’ elevati potenziali di sviluppo: nello stesso periodo l’attivo del sistema è cresciuto a una media annua di oltre il 35%, i crediti alle imprese e alle famiglie di oltre il 47%, i depositi da privati di oltre il 40%.

L’ulteriore espansione dei gruppi stranieri, tuttavia, non appare in prospettiva priva di difficoltà. E’ aumentata la concorrenza da parte non tanto degli intermediari privati (russi e stranieri) quanto invece di quelli a controllo pubblico. Un fenomeno il quale, deve essere sottolineato, rientra nei piani già da tempo stabiliti dai vertici del paese, che assegnano un ruolo chiave alle banche pubbliche. Il “new deal” instauratosi nel 2000 con la nomina alla presidenza di Putin non dovrebbe subire modifiche significative con il suo successore Medvedev.

Lo Stato intende essere “player” attivo in tutti i settori economici ritenuti strategici; l’obiettivo è disporre di “national champions” capaci di competere con i concorrenti esteri. Gli intermediari in cui lo Stato detiene un’interessenza superiore al 50% del capitale sono appena 24 a fine 2007, ma tra questi figurano i primi quattro per totale attivo e sette tra i primi quindici. La percentuale detenuta dagli operatori a controllo pubblico misurata sul totale attivo è pari al 40% ca. (17% la quota delle banche estere). Agli intermediari pubblici fa capo, infine, il 44% dei crediti concessi alle imprese non finanziarie. Resta comunque

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significativo che il 16% provenga da banche straniere (+5 p.p. rispetto al 2006).

Questo è lo scenario operativo che attende gli investitori, il cui ulteriore ingresso è comunque auspicato per il contributo a quello che potremmo definire un “upgrade del sistema a costo zero” per i vertici del paese. Il meccanismo concorrenziale instauratosi grazie all’ingresso di operatori privati (sia russi che esteri), difatti, ha accresciuto l’efficienza delle banche domestiche, a beneficio della popolazione. La maggiore esperienza, una disponibilità di fondi messi a disposizione dalla capogruppo pressoché illimitata, gli elevati spread consentono del resto alle banche estere di conseguire ampi profitti e di essere nel 2007 le più redditizie del sistema.

In conclusione, le prospettive per un’ulteriore crescita delle banche italiane nell’Est Europa sono ampie e interessanti in quanto vi è un reciproco interesse a che ciò avvenga: l’ingresso di operatori stranieri produce esternalità positive per il paese target - nettamente superiori a quelle negative - in termini di flussi di investimenti, contributo alla crescita economica e alle opportunità offerte alla popolazione. Un maggiore coinvolgimento dei gruppi bancari europei e italiani è, pertanto, da valutare favorevolmente, con il solo caveat per le banche centrali e le autorità di vigilanza di ricercare, in prospettiva, un assetto proprietario nei sistemi bancari di alcuni paesi maggiormente equilibrato.

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DOCUMENTAZIONE E RICERCA

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FORO DI DIALOGO FRA LE SOCIETÀ CIVILI DI ITALIA E RUSSIA

a cura di LUISA TODINI Vice Presidente di FIEC con delega alle reti TEN

Il Foro di Dialogo delle società civili di Italia e Russia, che ho l’onore di co-presiedere, è stato istituito nell’estate del 2004 in ottemperanza a una decisione presa in occasione del precedente vertice governativo tra il Presidente russo Putin e il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi. Scopo del progetto è quello di favorire la reciproca comprensione per ciò che riguarda la società civile e promuovere i rapporti tra Italia e Russia, attraverso un dialogo costante tra personalità di entrambi i Paesi sulle questioni di interesse comune, con particolare riferimento a quelle di carattere politico, economico, sociale, religioso e culturale. La presidenza del Foro è affidata congiuntamente a Serghej Yastrzhembskij, Assistente del Presidente Putin, per la sezione russa, e alla sottoscritta, Presidente della Holding del Gruppo Todini, per la sezione italiana. Sono stati altresì chiamati a farne parte membri permanenti italiani e russi identificati tra rappresentanti del mondo della cultura, della società civile e della business community particolarmente interessati alle relazioni italo-russe. Tutte le attività del Foro, realizzate in stretto contatto con la Presidenza del Consiglio e con il Ministero degli Affari Esteri – DG EU, sono state fino ad oggi rese possibili grazie ai contributi versati da alcune imprese sponsor e grazie all’impegno di risorse umane da parte del Gruppo Todini. Le attività del Foro fino ad oggi realizzate sono state:

-2 novembre 2004, Mosca - presso l’Università del Ministero Affari Esteri (MGIMO), tavola rotonda riguardante temi socio-culturali e sul cui esito i due co-presidenti hanno riferito il giorno successivo ai Presidenti Putin e Berlusconi, riuniti al Cremlino per il vertice governativo bilaterale.

-26 aprile 2005, Milano – primo evento aperto al pubblico, di lancio e presentazione del Foro, focalizzato sul tema dell'integrazione dei mercati di Italia e Russia e dell’attrattività reciproca. La tavola

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rotonda è stata organizzata in collaborazione con il Comune di Milano e la Fondazione “Centro per lo sviluppo dei rapporti Italia Russia” e vi hanno partecipato numerosi esponenti di primo piano dell’industria e del sistema bancario dei due paesi, nonché un vasto pubblico e numerosi rappresentanti dei media.

-27-28 aprile 2005, Venezia – evento culturale e artistico, articolato in mostre, concerti e due tavole rotonde, la prima sul tema dei problemi comuni alle città di Venezia e San Pietroburgo e l’altra sui problemi e le opportunità del turismo tra i due paesi; presso la Fondazione Cini è stato inoltre presentato il progetto “Ad Fontes: Atene, Gerusalemme, Roma”, realizzato in collaborazione dalla Associazione Internazionale Sofia: Idea russa idea d’Europa e dalla Università di Stato per le Relazioni Internazionali del Ministero Affari Esteri di Russia. Tutti gli eventi hanno avuto una buona risonanza mediatica. Da ricordare inoltre il concerto al Teatro La Fenice diretto dal Maestro Yuri Bashmet e l’esibizione del Coro dei Cosacchi del Kuban in un’affollata Piazza San Marco.

-29-30 marzo 2006, Roma - workshop, dedicato al tema religioso, che si è proposto l’obiettivo di giungere ad affermazioni fondamentali condivise dai rappresentanti della Chiesa Cattolica e della Chiesa Ortodossa ed altresì della società civile sul tema del rapporto tra Chiesa e laicità nella società di oggi. L’incontro, organizzato in collaborazione con l’Associazione Sofia, ha raccolto l’interesse degli ambienti ecclesiali e universitari in Italia e in Russia contribuendo ad una rinnovata definizione del rapporto tra Chiesa e Stato nella società, nonché al dibattito sulla identità d’Europa. L’incontro, aperto dal Card. Silvestrini, si è chiuso con un’ affollata conferenza stampa cui hanno partecipato, tra gli altri, il Min. Buttiglione, il Card. Etchegaray e l’Amb. Meshkov. Nell’occasione si è anche esibito il Coro del Monastero di S. Danilov di Mosca.

-27 ottobre – 2 novembre 2006, varie città italiane – si è svolta la Settimana della lingua russa in Italia, coinvolgendo Atenei e istituzioni di Verona, Bologna, Firenze, Siena, San Galgano, Perugia, Roma. Gli Atenei coinvolti (Università degli Studi di Bologna, Università degli Studi di Verona, Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, Università degli Studi Roma Tre, Università degli Studi di Firenze, Università per Stranieri di Siena, Università per Stranieri di Perugia) hanno ospitato una serie di tavole rotonde ed incontri non solo su temi letterari ma anche su temi artistici di grande livello (film, mostre, esposizioni), per non parlare dei due concerti svoltisi al Teatro

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Filarmonico di Verona e all’Abbazia di San Galgano nel senese con la performance di artisti russi di livello mondiale. Nell’ultima giornata si è svolta una conferenza-stampa presso Roma Tre con la partecipazione, tra gli altri, del regista Mikhalkov e una cena offerta dal Presidente del Consiglio Prodi a una delegazione formata dai maggiori imprenditori russi, presenti i due ambasciatori e i due copresidenti del Foro.

-13 marzo 2007, Roma (Villa Madama) – sessione del Foro

d’inaugurazione del vertice bilaterale tra i capi di governo dei due paesi e rispettivi ministri degli esteri tenutosi il giorno successivo a Bari. La prima sessione, dedicata a temi economici, ha riguardato l’energia e gli interessi comuni nel campo finanziario e industriale, con la partecipazione tra gli altri del Ministro Bersani, del Vice-Ministro per l’Industria Reus e di numerose personalità del mondo imprenditoriale e bancario dei due paesi. La seconda sessione, dedicata al ruolo della cultura e dei media nella definizione delle percezioni reciproche, ha visto la partecipazione di autorevoli rappresentanti del mondo letterario e dell’informazione. La giornata è stata aperta dall’intervento del Ministro D’Alema e chiusa dal Vice-Ministro per il Commercio Estero Budin.

-19 ottobre – 25 ottobre 2007, Settimana della cultura italiana in Russia, organizzata dalla sezione italiana del Foro in stretta cooperazione con l’Ambasciata Italiana nella Federazione Russa, gli Istituti Italiani di Cultura di San Pietroburgo e Mosca, con la CRUI (Conferenza dei Rettori) e con l’ISPI. La Settimana è stata concepita come prologo e affiancamento della “Settimana della lingua italiana nel mondo” organizzata dal MAE dal 22 al 28 ottobre. La disponibilità e l’entusiasmo profuso dalla delegazione di docenti ed esperti italiani partecipanti hanno consentito di portare originali e concrete testimonianze di linguistica, storia dell’arte e politica internazionale a studenti e docenti delle città russe di San Pietroburgo, Mosca e Kazan. Nelle tre città sono stati svolti 7 lezioni/seminari e una tavola rotonda. Il riscontro ottenuto, come dimostra anche la rassegna fotografica, è stato notevolissimo e in taluni casi commovente, come alla Scuola Dante Alighieri nella periferia di San Pietroburgo, dove gli studenti d’italiano (età 13-16 anni) e i loro insegnanti hanno manifestato la riconoscenza e la “fame” di strumenti (dai quotidiani al pc per collegarsi al web) per poter

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imparare molto di più di quanto i loro limitatissimi mezzi economici consentano loro nella quotidianità.

-2 aprile 2008, incontro con Putin di una ristretta delegazione dei maggiori imprenditori e manager italiani attivi in Russia. La delegazione, guidata da Luisa Todini e dall’ Ambasciatore Surdo, è stata ricevuta nella residenza privata del Presidente Putin a Novo Ogarevo, nei pressi di Mosca. Per il prossimo futuro, contiamo di proseguire l’attività e la prossima occasione dovrebbe essere il vertice bilaterale tra i capi di governo russo e italiano, che quest’anno dovrebbe svolgersi (per il principio dell’alternanza) in Russia.

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SCHEDA RUSSIA

a cura di RAFFAELE FANTETTI

A. STATO DELLE RELAZIONI ECONOMICHE BILATERALI

1. Interscambio commerciale:

La Russia costituisce per l’Italia un partner politico e commerciale

di rilevanza strategica ormai da molti anni. Con un tasso di crescita del PIL reale pari all’8,1% nel 2007, la

Russia si conferma, da almeno cinque anni, al terzo posto fra i Paesi emergenti, dopo Cina e India.

L’Italia, sulla base dei dati di fonte locale, rappresenta il secondo paese cliente (dopo Olanda) ed il settimo paese fornitore della Russia (dopo Germania, Cina, Giappone, Corea, USA e Francia).

Nel 2007, l’interscambio commerciale tra l’Italia e la Federazione Russa ammontava a circa 23,9 miliardi di euro, con un aumento del 12,8% rispetto al 2006.

La crescita dell’interscambio è stata trainata sia dall’aumento delle importazioni italiane - passate da 13,59 a 14,35 Miliardi di Euro (+ 5,6%) - che dalla crescita, più sostenuta, delle esportazioni italiane verso la Russia, passate da 7,62 a 9,57 miliardi di Euro (+ 25,6%).

Il saldo commerciale (tradizionalmente negativo per l’Italia) è diminuito quindi da 5,96 a 4,77 miliardi di Euro.

Per i primi 4 mesi del 2008 (ultimi dati ufficiali ISTAT), è confermato l’andamento positivo delle nostre esportazioni, che hanno registrato un aumento del 26,7%, contro un aumento più contenuto delle importazioni italiane dalla Russia del + 11,2%.

(N.B.: i dati Istat - non definitivi – relativi al 1° semestre 2008 indicano un aumento delle nostre esportazioni del 19,1% e una crescita delle importazioni italiane del 16,4%).

Dal punto di vista merceologico, sul fronte delle esportazioni italiane il settore delle macchine per impieghi speciali ha registrato la migliore performance, con un aumento in valore pari a circa 396 Milioni di Euro (+ 56.77% rispetto al 2006), trainato prioritariamente dagli

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incrementi dei settori della robotica industriale (+ 177%), delle macchine per l’industria delle carta (+ 104,81%), delle macchine da miniera, cava e cantiere (+94,22%) e delle macchine per la metallurgia (+ 52.11%).

Altro settore che e’ aumentato considerevolmente è quello dell’abbigliamento (soprattutto quello di alta fascia), con un aumento in valore di circa 208 Milioni di Euro (+ 26.22%).

Infine, e’ interessante sottolineare la performance dell’export del settore autoveicoli, aumentato di circa 127 milioni di Euro (+ 207%).

La positiva dinamica delle relazioni bilaterali sta accrescendo nel tempo l’importanza della Russia come “partner” commerciale nell’ambito dei Paesi extra UE. Il dato più significativo per le aziende italiane riguarda il dato sulle esportazioni: il 6,2% dei nostri prodotti ha come mercato di sbocco la Russia (5,9% nel 2006 e 5,2% nel 2005).

I settori di punta del nostro export si confermano: a) i macchinari: la Russia ha infatti accresciuto e diversificato

negli ultimi anni il proprio settore manifatturiero, con la conseguenza di far lievitare la domanda di attrezzature produttive in numerosi settori industriali.

Gli effetti positivi di questa situazione si sono manifestati anche nella dinamica delle esportazioni italiane, entro le quali il comparto dei macchinari e degli apparecchi meccanici ha consolidato la propria posizione di vertice, con un risultato in valore che ha superato nel 2007 i tre miliardi di Euro, in crescita del 36,4 % sullo stesso periodo dell’anno precedente;

b) i prodotti tessili e dell’abbigliamento: nel 2007, in questo settore, le esportazioni italiane in Russia sono cresciute, complessivamente di circa il 30% per cento raggiungendo il miliardo e 10mln di Euro; c) cuoio e prodotti in cuoio. La Russia e’ sempre più un mercato di riferimento per la calzatura e la pelletteria italiana. L’export italiano ha registrato nel 2007 incrementi superiori al 23% rispetto al 2006, sia in quantità di paia di calzature, quasi 3,5 mln, che in valore, oltre 500 mln di Euro. Da notare che se in quantità la Russia e’ il decimo paese importatore, come valore e’ quarto: la produzione che arriva in Russia e’, dunque, ad altissimo valore aggiunto; d) i mobili: l’Italia si pone al primo posto come fornitore di mobili, complementi d’arredo e apparecchi d’illuminazione in Russia ed ha conquistato, nel 2007, il 24,6% del mercato d’importazione (v. più avanti a proposito della partecipazione collettiva ICE alla MEBEL). Il mercato russo dei mobili e dei complementi d’arredo si mantiene in piena espansione da oltre 5 anni, tanto da consentire agli analisti di prevedere fino al 2010, sulla base dei

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dati esistenti e dello sviluppo continuo dell’edilizia, un aumento del 40/50% del suo valore attuale, per attestarsi intorno ai 9 miliardi di euro.

2. Investimenti nei reciproci mercati:

Dal lato degli investimenti italiani in Russia, secondo i dati

dell’ufficio statistico nazionale al primo semestre del 2007, il volume totale degli investimenti italiani nell’economia russa aveva superato i 600 milioni di dollari, di cui 459 di investimenti diretti.

La presenza Italiana in Russia, anche in forma di presenza di rappresentanza, può essere stimata in circa 450 aziende (circa 300 rappresentanze di aziende italiane nella sola Mosca e circa 6000 italiani residenti), di cui circa il 35% nel settore delle meccanica (macchine utensili e macchine alimentari).

Tra i principali investimenti italiani vanno ricordati in primo luogo quelli di importanti aziende italiane (molte delle quali, peraltro, presenti spesso anche nell’ambito della task force italo-russa sui distretti e le PMI, co-presieduta da questo Ministero), quali: Indesit (Merloni elettrodomestici) nella Regione di Lipetsk, Candy nel settore elettrodomestico a Kirov, Codest e Merloni Progetti nel campo dell’impiantistica, Duferco nel campo dell’acciaio.

Inoltre vanno segnalati Marazzi e Concorde nel settore delle ceramiche, Perfetti nel settore alimentare, Mapei e Tegola Canadese nel settore edilizio.

Infine, vanno menzionati gli investimenti della Pietro Barbaro, nel settore del trasporto fluviale marittimo, della San Paolo Ingegneria e Costruzioni (creazione interporto doganale a Vladimir), della Golden Lady (settore abbigliamento), della Tonutti (settore macchine agricole), della Parmalat (stabilimenti per produzione di latte e succhi di frutta), della Stoppani (impianti trattamento cromo), della Coeclerici (modernizzazione miniera), dell’Arneg (settore refrigerazione) e dell’Esaote (apparecchiature mediche ), della Merloni Temo-Sanitari nella Regione di Leningrado, etc..

In campo automobilistico, la FIAT ha sottoscritto un accordo con “Severstal Auto”, per l’assemblaggio dei modelli “Albea”, “Doblò” e “Ducato” e per l’importazione e la commercializzazione in Russia dei principali modelli FIAT attraverso una rinnovata e ampliata rete di concessionari.

Anche la presenza del nostro sistema finanziario si è sensibilmente rafforzata negli ultimi anni.

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I principali investitori in Russia sono il Gruppo Intesa-SanPaolo ed il Gruppo Unicredit.

Più in dettaglio: Intesa-Sanpaolo ha costituito in Russia la prima Banca a capitale interamente italiano (denominata ZAO Banca Intesa) ed ha accresciuto la propria presenza sul mercato locale con l’acquisizione del pacchetto di controllo di KMB-Bank (specializzata nel credito alle piccole imprese).

La Banca Unicredit controlla la International Moscow Bank (IMB), grazie all’acquisizione della tedesca HVB. La Unicredit e’ inoltre presente con una Società di “leasing”, la Locat (creata su impulso di questa Amministrazione, in ambito task force italo-russa sui distretti e le PMI) ed ha rilevato una Banca di investimento russa (Aton Group). Sono presenti inoltre uffici di rappresentanza delle principali banche italiane: Monte de Paschi, Banca di Roma, BnpParibas e UBI.

A proposito di quest’ultima, è da rilevare che lo scorso 2 luglio è stato inaugurato a Mosca il nuovo Ufficio di rappresentanza di UBI Banca (Unione Banche Italiane) che, come noto, nata nel 2007 dalla fusione dei BPU (Banche Popolari Unite) e Banca Lombarda e Piemontese, è ora la terza banca italiana per capitalizzazione di borsa e la quinta per numero di filiali.

Ultima annotazione in tema bancario: la Russia offre, negli ultimi anni, ampie opportunità di crescita per le nostre banche, sia per la fase economica fortemente espansiva che da tempo sta attraversando, sia per la scarsa “bancarizzazione” dell’economia russa (testimoniata dal fatto che su una colazione di oltre 140 milioni di abitanti solo il 2% ha una carta di credito), sia, infine, per l’elevato differenziale di “know-how” esistente tra banche italiane e russe.

Sul versante, invece, degli investimenti russi in Italia, ricordiamo l’importante investimento realizzato dalla LUKOIL (pari a 1,34 miliardi di Euro) per l’acquisto del 49% della raffineria Isab di Priolo (Siracusa) del gruppo ERG. Si tratta dell’operazione più importante mai fatta da parte russa in Italia e che sarà in grado di garantire una notevole crescita dell’area, destinata a diventare la piattaforma energetica del Mediterraneo.

B. ATTIVITA’ PROMOZIONALE ICE A CARATTERE ORDINARIO E STRAORDINARIO:

Nell’ambito del programma di promozione ordinario, previsto per

il 2008 a favore della Russia, l’ICE ha già realizzato e realizzerà oltre 80

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iniziative promozionali, meglio descritte nell’allegato 1. Si tratta di un programma di ampio respiro che, quasi unico, vanta azioni che coprono a 360° tutto il mondo della promozione, in quanto spazia in tutti i settori in cui è possibile fornire un supporto pubblico, da quelli dei beni di consumo (soprattutto di alta fascia, non escludendo, comunque, quelli di media, visto l’aumento, sempre più consistente, della percentuale della popolazione russa che registra incrementi di reddito che la collocano in una fascia media fra i consumatori locali), ai beni durevoli (es. mobili), a quelli di investimento (macchinari) e ad alto contenuto tecnologico (meccanica, in tutte le sue declinazioni; elettronica; chimica; ambiente).

Da evidenziare, in tale ambito, il progetto speciale “Italy for

Sport” dedicato a “SOCHI 2014”. Sochi (Regione di Krasnodar, sul Mar Nero) ospitera’ nel 2014 i

XXII Giochi olimpici invernali ed è previsto un ampio piano di investimenti per la costruzione delle strutture olimpiche e lo sviluppo della città.

Alcuni progetti sono stati già affidati a grandi gruppi d'investimento (es. Basic Element e Interrosom) mentre nel corso dell’anno si svolgeranno le apposite gare di appalto peri i restanti progetti.

Il programma 2008 prevede lo svolgimento di 91 gare di progettazione, 39 di selezione investitori e 70 di appalto di lavori, la ricezione dei materiali iniziali per 128 progetti, l'apertura di 27 cantieri e la consegna di due impianti finiti.

Il budget complessivo da qui al 2014 ammonta a circa 192 miliardi di rubli (circa 5,5 miliardi di euro) dal bilancio federale ed altri 7 miliardi di rubli (circa 195 milioni di euro), da quelli della Regione di Krasnodar e della città di Sochi.

Il supporto pubblico allo sviluppo della collaborazione delle imprese italiane e russe per la realizzazione sia degli impianti sportivi che delle infrastrutture urbanistiche, trasportistiche, etc. sono state supportate sia a livello politico che a livello imprenditoriale.

Finora, si sono realizzati due eventi di supporto: il primo risale al gennaio scorso, in cui il Presidente del Comitato Olimpico di Sochi, Dr. Viktor Kolodjazhnyj, è stato invitato a Torino per incontrare il TOROC (Agenzia Torino 2006) ed altre imprese che parteciparono alla progettazione e costruzione delle infrastrutture sportive italiane. A seguito di tali contatti, il nostro Paese (attraverso una commessa affidata allo studio Zoppini di Milano) si è aggiudicato la progettazione dell’OVAL per il pattinaggio di velocità (che dopo i giochi olimpici, analogamente a

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quello di Torino, sarà riconvertito in Palazzo fieristico-espositivo) e dell’Arena per il pattinaggio artistico.

Il secondo evento si è svolto il 24 giugno scorso a Mosca (alla presenza del Sottosegretario Urso e del citato Presidente del Comitato Olimpico di Sochi) ed il 25 e 26 giugno direttamente a Sochi, su inviato di detto Presidente, per la visita di un ristretto e selezionato numero di aziende ed Associazioni settoriali ai siti ove dovranno essere realizzate le infrastrutture sportive della zona.

A Mosca, si sono svolti nella mattinata un Seminario di apertura, con interventi della Giugiaro Architettura e dell’Agenzia Torino 2006, cui hanno fatto seguito nel pomeriggio, incontri bilaterali tra le 42 aziende italiane partecipanti alla missione di Mosca e le circa 70 istituzioni ed imprese di Sochi.

L’ulteriore seguito del supporto verrà assicurato in occasione dell’importante appuntamento di settembre prossimo, rappresentato dal Forum internazionale degli investimenti, che si terrà nella città di Sochi, dal 18 al 21 settembre 2008 (v. all. n. 2).

Sempre nell’ambito del programma ordinario, si ritiene

opportuno evidenziare alcune altre iniziative che rivestono particolare rilevanza e che riguardano in particolare i seguenti settori:

1) Mobile/Arredo: collettiva Mebel – fine novembre p.v. - con

collaterali azioni di promozione e comunicazione, che spaziano dall’inizio di ottobre prossimo - realizzazione Saloni Wordwide, ad opera di Federlegno - alla fine di novembre.

2) Formazione:

a. Corso di formazione per tecnici e quadri russi occupati presso aziende italiane (Mosca, 22 marzo – 26 aprile 2007/ Roma, 6-10 maggio 2007) – REALIZZATO. Il Corso di Formazione, riservato a quadri di società italiane operanti in Russia, è nato dall’esigenza di soddisfare i fabbisogni formativi delle aziende italiane operanti in loco permettendo ai loro quadri di approfondire, sia tematiche generali, sia questioni più strettamente tecniche relative alla specifica attività. Il Corso è stato realizzato a seguito della sottoscrizione di un accordo tra ICE e VAVT (Foreign Trade Academy di Mosca).

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b. Corso di Marketing territoriale a Irkutsk – Siberia meridionale (di recente nominata ZES) settore turistico - Irkutsk 12-30 maggio 2008 - Italia 22-27 settembre 2008 - IN CORSO DI REALIZZAZIONE: l’importanza di tale progetto è emersa dagli esiti della Task Force italo-russa di Penza e su richiesta del Vice Governatore della Regione di Irkutsk.

c. “Azioni di formazione nelle Regioni del “Great Volga” (15 settembre – 4 ottobre 2008). A seguito della Task Force italo-russa di Napoli e di Lipetsk, è stata prevista la realizzazione, in collaborazione con ICE S. Pietroburgo, di Corsi su tematiche manageriali (finanziarie, fiscali, bancarie, marketing e commercio internazionale, tecniche di esportazione, innovazione tecnologica, distribuzione e certificazione dei prodotti e servizi) in 3 Regioni del Great Volga – Kazan, Penza e Samara.

d. Corsi di formazione per la formazione manageriale, in collaborazione con la Commissione Federale russa (proposta nel PP 2009, in fase di approvazione). I corsi saranno l’ideale continuazione di quanto realizzato nell’ambito di un programma MAE-INFORMEST di oltre 10 anni fa.

La Commissione ha recentemente inviato ad ICE Mosca la proposta di un “Accordo di Cooperazione”, successivamente trasmesso all’Area Formazione Internazionale, i cui contenuti sono attualmente in via di valutazione, prima dell’approvazione finale.

3) Cooperazione internazionale A seguito della recente Task Force italo-russa di Lipetsk, sono

state organizzate le Country Presentation delle Regioni di Sverdlovsk e di Novosibirsk; la prima, realizzata il 17, 18 e 19 giugno 2008 rispettivamente a Milano e Torino, con la partecipazione del Vice Governatore della Regione di Sverdlovsk e dal sindaco di Ekaterinburg; la seconda, a Milano il 10 luglio 2008, con la partecipazione del Governatore della Regione di Novosibirsk.

Per quanto riguarda, invece, i programmi di promozione

straordinaria (2007 e 2008), si evidenzia quanto segue: -A valere sul programma 2007, è previsto il cofinanziamento (per

ca 2 milioni di Euro) di un Progetto Interregionale di Cooperazione Integrata fra Regioni Italiane (Marche, Campania ed Emilia Romagna) e Russe, nel settore dei distretti industriali per lo Sviluppo del Made in Italy. Obiettivo generale del progetto è quello di creare in Russia un

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sistema di distretti nei settori del legno/mobile, dell’agro/industria e della moda/fashion.

-A valere sul programma 2008, che prevede uno stanziamento di 6 milioni di Euro a favore del mercato russo, è programmata una serie di iniziative a carattere prettamente straordinario, in quanto incentrate su una forma integrata di promozione (e di adeguati piani di comunicazione) dell’immagine dell’Italia che possa riflettere, nei singoli eventi/iniziative previsti, le sue eccellenze nel campo dell’immateriale (a partire dal design e dalla progettazione), dell’alta tecnologia (soprattutto quella di ultima generazione, quale, ad esempio, quella relativa alle bio/nanotecnologie, alla biomeccanica, alla scienza dei materiali e alle tecnologie ambientali). In particolare, nell’intento di poter dare un adeguato follow-up ad iniziative già avviate in tali settori in occasione della Mostra/Evento “Mito e Velocità”, realizzata a Mosca nel gennaio/febbraio 2006 (fondi programma Made in Italy 2005), sarà realizzata prioritariamente un’analisi del mercato russo, consistente in un censimento dei soggetti pubblici e privati che operano nei citati settori, della mappatura della loro distribuzione geografica e settoriale ed in un’analisi delle relative politiche governative, della normativa e dei meccanismi di trasferimento all’impresa. Tali analisi settoriali potranno essere diffuse presso le aziende italiane interessate e utilizzate al fine di organizzare azioni di supporto in tali settori, a valere sui prossimi programmi promozionali.

Sempre a valere sul programma straordinario 2008, è prevista la creazione di una Scuola Laboratorio a San Pietroburgo per le Tecnologie del Restauro. Il centro di formazione verrà allestito presso locali messi a disposizione dalla Sopraintendenza delle Belle Arti di San Pietroburgo in cui vi sarà un’aula teorica ed un laboratorio pratico.

Annotazione a latere: anche la Regione Piemonte, alla presenza del suo Presidente, Mercedes Bresso e del Governatore di San Pietroburgo, Matvienko, hanno recentemente presenziato alla firma di un Protocollo di Intesa per lo sviluppo della collaborazione nel settore del restauro tra l’Assessorato alla cultura della Regione Piemonte ed il GHIOP (Comitato di controllo, uso e conservazione dei monumenti storici e culturali di San Pietroburgo), come prosecuzione dell’intesa conclusa, proprio alla presenza del Ministro Scajola, tra l’ICE ed il GHIOP nel gennaio 2006.

Parimenti, si evidenziano iniziative a favore della conoscenza delle opportunità offerte dalla istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES), prendendo atto che le due ZES a vocazione industriale sono quelle ove sono insediate società italiane (come, ad esempio, l’Indesit nella

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Regione di Lipetsk e la FIAT e la Technimont nella repubblica del Tatarstan).

Inoltre, grande interesse rivestono per le Regioni italiane le Zone Economiche speciali a vocazione tecnologica, quali, Dubna, Tomsk, Zelenograd e San Pietroburgo.

Sono, infine, in fase di nomina, le ZES a vocazione turistica e portuale, tra cui spicca la Regione di krasnodar, che, con l’area di Sochi, rappresenta una zona di prioritaria importanza per le aziende italiane.

C. LA TASK FORCE ITALO-RUSSA SUI DISTRETTI E LE PMI A far data dal vertice di Mosca e Sochi (aprile 2002), a seguito di

accordi intercorsi tra il Presidente Berlusconi ed il Presidente Putin, si sta cercando di supportare, a tutti i livelli possibili, il rilancio - ed il salto di qualità - delle relazioni economiche bilaterali, molte delle quali dipendono, come noto, anche dalle relazioni multilaterali (UE, OCSE, NATO) della Federazione. In tal senso, è stato di fondamentale importanza il ruolo giocato dal nostro Paese, in ambito UE, per favorire il riconoscimento delle status di “economia di mercato” alla Federazione, avvenuto nella primavera del 2002, nonché quello relativo all’abbassamento, in ambito OCSE, del “rating” sovrano” della Federazione (cd. “rischio Paese”), prima dalla VI alla V categoria e successivamente anche dalla V alla IV.

La task force italo-russa sui distretti rappresenta, in tale contesto, una delle tante leve, a carattere bilaterale, con le quali si sta cercando di aiutare la Russia ad accelerare il suo processo di industrializzazione, con la creazione, in primis, di un tessuto economico simile a quello occidentale, favorendo – ovviamente, nei limiti delle possibilità date all’opera di un singolo Paese - la diffusione (giuridica, culturale, etc.) di un clima imprenditoriale privato, costituito soprattutto di PMI e di distretti e di zone industriali, da crearsi sul modello di quelli italiani e con la partecipazione di aziende italiane.

In vista della XIII Sessione della Task Force italo-russa, tenutasi a Lipetsk, il 29 e 30 maggio scorso, i due co-presidenti hanno convenuto sull’opportunità di attribuire maggiore enfasi, rispetto alle passate Sessioni del Gruppo di Lavoro, ai settori innovativi e a quelli ad alto contenuto tecnologico, conferendo, di fatto, un riorientamento dell’attività della task force verso il sostegno dell’incontro e della collaborazione tra i Parchi tecno-scientifici e i Centri di ricerca dei due

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Paesi, verso la creazione di infrastrutture (ovvero, verso la collaborazione nei settori dell’alta tecnologia), nonché verso l’appoggio alla creazione di fondi venture e di supporto alle istituzioni finanziarie che potranno sostenere adeguatamente la collaborazione tra PMI.

I principali risultati raggiunti dall’attività delle task force

consistono non solo nell’aver aiutato il mercato russo ad accrescere il clima e la cultura imprenditoriale, che hanno favorito la creazione di Zone industriali analoghe ai nostri distretti (come si è realizzato a Lipetsk intorno alla Merloni e ora anche intorno ad un’altra importante aziende operante in loco nel campo siderurgico), ma anche quello di aver sviluppato l’interesse tra le istituzioni e i soggetti locali dei due Paesi (sostegno alla politica del “local to local”) che non avrebbero altrimenti avuto modo di conoscersi e di avviare accordi e collaborazioni commerciali e/o industriali: in quanto, forse su questo fronte, l’attività della task force non si può dire ancora esaurita, né crede che lo sarà verosimilmente ancora per molto tempo.

Pertanto, si è deciso congiuntamente di incentrare i lavori sui

settori di punta delle nostre eccellenze tecnologiche, che sono già state, peraltro, oggetto di appositi Seminari realizzati in Russia nell’ambito del programma straordinario “Made in Italy” 2005, quali le bio/nano tecnologie (soprattutto quelle applicate al settore farmaceutico, energetico, agricolo, etc., per quanto riguarda le “bio”), l’aerospazio, la logistica, etc.. Di ciò, si è tenuto debito conto anche nell’elaborazione e nell’approvazione del piano di promozione straordinaria del “Made in Italy” Russia per il 2008, come sopra brevemente accennato.

L’importanza di questo evento, sentita fortemente sia da parte

russa che italiana, è testimoniata dalla presenza di numerosi rappresentanti istituzionali e imprenditoriali italiani e russi.

Per quanto riguarda la delegazione italiana, hanno preso parte alla recente sessione della task force di Lipetsk rappresentanti di 7 Amministrazioni regionali (Lombardia, Campania, Veneto, Marche, Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo), di 11 Associazioni (compresa l’Associazione Marche-Russia) e di Federazioni settoriali e dell’Unioncamere, di 8 Università e Parchi tecnologici, di 5 Banche ed Istituti Finanziari, oltre a circa 23 imprese per un totale di un centinaio di membri della delegazione.

Da parte russa, hanno partecipato i rappresentanti di 12 Regioni (Lipetsk, Voronezh, Nijniy Novgorod, Krasnodar, Volgograd, Mosca,

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Penza, Ivanovo, Tambov, Chuvasha, Saratov e municipalità di San Pietroburgo), di alti rappresentanti dell’Agenzia di gestione delle Zone Economiche Speciali, di una serie di Banche federali e regionali e di diversi esponenti del business russo (v. Protocollo finale, in all. 3).

La prossima task force si terrà a Sanremo il 27 e 28 ottobre p.v..

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CONFERENCE DOCUMENTATION PAPER

ITALY AND THE EU: POLITICAL AND ECONOMIC TRENDS TOWARDS RUSSIA, EAST EUROPE COUNTRIES

AND THE BALKANS

INDEX

Chapter 1) Russian Federation’s Economic Indicators Chapter 2) State Corporations as the foundation of Putin’s Economy Chapter 3) Public Finance Chapter 4) Pressure Groups in the Russian Economy Chapter 5) The role of the Russian M.E.D.T. Chapter 6) E.U. – RUSSIA Relations Chapter 7) RUSSIA – I.M.F. Chapter 8) RUSSIA – ITALY Trade / Investment Data

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CHAPTER 1

RUSSIAN FEDERATION’S ECONOMIC INDICATORS

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MAJOR TRENDS OF THE SOCIO-ECONOMIC DEVELOPMENT

Main conclusions inferred from analysis of the socio-economic development:

Up until January 2008, the rates of Economic growth remained at a high level, though slightly lower compared to 2007. According to the MEDT, in January 2008, the GDP increment amounted to 7.4% relative to January 2007 (for comparison, the total growth in 2008 was 8.1% according to the Rosstat’s first estimate). In early 2008, the high economic growth rates were fuelled by the high growth in consumer and investment demands.

Investment rates of growth in Capital Assets kept practically at the level of 2007. By January 2007, the increment in the investments made up 19% (the total for 2007 was 21.1 percent). The growth in investments was accompanied by high construction growth rates, which in early 2008 went up appreciably, viz., in January 2008 the accretion in volume of construction as compared to that in January 2007 reached 30.1% (for comparison, 18.2 percent in 2007). This being the case, the growth in overall residential floor area in January 2008 slightly slowed down relative to 2007 and constituted 7.8% (in 2007, 19.4 percent).

Accretion in real disposable incomes of the population relative to January 2007 came to 12.9 percent (for comparison, the total for 2007 was 10.4%). The growth in real value of money wages remained around the annual average level of 2007, namely, 15.8 percent (the total figure for 2007 was 16.2 percent).

Growth in volume of retail shifted into a slightly lower gear as compared to the last month of 2007, but later went up relative to January 2007: the increment in retail turnover relative to January 2007 constituted 14.1 percent (against 13.8 percent in January 2007). In January the growth in trade was still supported by both increasing incomes of the population and bank loans for consumer purposes.

The rise in volume of industrial production eased up. By January 2007, the increment in volume of industrial production (sections С+D+E of the OKVED Classifier - All-Russian Classifier of Types of Economic Activity) made up 4.8%, which is noticeably lower than the overall growth in 2007 (6.3%) and the figure for January 2007 (8.4%). The deceleration of industrial growth is due to the slowing-down in extractive and manufacturing industries. In January 2008, the accretion in extractive production relative to January 2007 made up 0.6%, that in manufacturing

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industries, 4.6%, which is sizably lower as compared to January 2007 (respectively, 4.2% and 17.3%). The January acceleration in production and distribution of electricity, gas and water up to 12.8% did not compensate the above slowing-down.

Growth rates for the most significant processing industries went down, viz., the increment in foodstuff production, including beverages and tobacco, was 3.1% (for comparison, 24.6% in January 2007), textile and clothing manufacture – 2.8% (16.8%), paper and pulp industry, publishing and printing industries – 6.8% (14.2%), production of coke, oil products – 2.7% (6.2%), production of chemicals – 1.4% (13.3%), production of other non-metal mineral products – 1.9% (36.3%), production of primary metals and finished metal products – 2.3% (9.9%). The highest output growth rates in January 2008 were recorded for manufacture of transport vehicles and equipment (8.3% (23.4% in January 2007), manufacture of machinery and equipment – 14.4% (19%), output of rubber and plastic products – 25.2% (27.6%), processing of wood and output of woodwork – 17.2% (12.4%). At the same time, in January a substantial decrease in manufacture of electrical, electronic and optical equipment was recorded, namely, by 10.2% (against 25.1 percent in January 2007). Also, the production of leather, leather products, and footwear went down by 0.2 percent.

Though some manufacturing industries kept in January 2008 the high rates close to those in 2007, the growth eased up in the greater part of industries and the industrial output as a whole failed to keep the acceleration acquired by late 2007.

In 2007, the positive trade balance amounted to USD 132.1 billion, which was 5.1 percent lower as compared to 2006.

Exports of goods in 2007 constituted USD 355.2 billion, that is, 16.9 percent higher relative to the same period of the previous year (that in 2006 was 24.7 percent). According to the Bank of Russia’s estimate, the accretion in exports (in terms of value, USD) in 2007 versus 2006 made up 16.9% (2.9 percent in January 2007). The growth in exports resulted chiefly from the growth in global oil prices starting with September 2007.

Imports of goods in 2007 amounted to USD 223.1 billion, which was a 35.4-percent rise as compared to the respective period of the previous year (this figure in 2006 was 31.3 percent). The most important part in imports growth acceleration is played, as earlier, by the acceleration of growth in investment and consumer demands, as well as the rise in import prices in US dollars.

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Thanks to extremely high prices for major commodities exported from Russia, the growth in volume of international reserve assets was USD 6.834 billion (against only USD 0.154 billion in January 2007) despite the outflow of private sector capital, which reached USD 9 billion according to the Bank of Russia’s estimate. As of February 1, 2008, the volume of international reserve assets reached USD 483.225 billion.

Consumer price inflation amounted to 2.3 percent (against 1.7 percent in January 2007). The exceeding of the last-year level is due primarily to the high rise in prices for food products, especially those for horticultural products. The inflation in January 2008 was determined to a considerable extent by the continuing pronounced rise in prices for foodstuffs in global markets, structural disproportions in Russia’s domestic production and sales of high-priority food products. Under conditions of local monopolism, low production growth rates as compared to the rising demand on the part of the population, the Government continues implementing a package of measures to stabilize the situation in markets of socially significant goods for the purpose of drastic reduction in inflation rates.

Table 1

Basic indicators of economic development

(in % relative to respective period of previous year)

2007

2008

January Year January

Gross domestic product 108.61) 108.12) 107.41)

Consumer price index as of the end of period

101.7 111.9 102.3

Industrial production index 3) 108.4 106.3 104.8

Agricultural production index 102.6 103.3 103.8

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Retail 113.8 115.2 114.1

Investments in capital assets 126.9 121.1 119.04)

Real disposable incomes of population

108.1 110.4 112.9

Real earnings 117.7 116.2 115.8

Exports of goods, USD bln 21.6 355.2

Average price for Urals blend oil, USD/barrel

50.0 69.4 89.5

1) Estimate of the Ministry of the Russian Federation for Economic Development and Trade

2) Rosstat’s first estimate, without colligation with quarterly data 3) Aggregate production index for the following activities:

“Mining”, “Manufacturing industries”, “Electricity, gas and water production and distribution”, with correction for informal activities

GDP DYNAMICS

GDP dynamics exclusive of seasonal and calendar components (2) and inclusive of such components (1) (January 1995 (2) – 100%)

GDP growth rates kept their high level. According to the MEDT, the January 2007 GDP growth relative to January 2007 was 7.4 percent.

The most significant factor of the deceleration of economic growth in January 2008 as compared to late 2007 was the deterioration of industrial production dynamics. Such deterioration was most pronounced in manufacturing industries. It is fair to say that such dynamics lacked

197

stability in 2007 either, namely, a slight acceleration at the beginning of the year changed over to a deceleration in April and a speeding-up in May-July changed again to a slowing-down in August-September. The unstable character of industrial growth at the beginning of 2008 was due, first and foremost, to the dynamics characterizing manufacturing industries. In January 2008, the accretion in output by manufacturing industries eased up against that in 2007 (4.6% and 9.3%, respectively), which, as a matter of fact, led to the slowing-down of industrial production growth in January 2008 to 4.8 percent.

Table 2 Monthly average growth rates for basic economic parameters (exclusive of seasonal effects)*

2007 2008

I II III IV ear January

Gross domestic product .8 .9 .6 .7 .7

0.1

Industrial production .1 .6 0.3 .4 .4

-0.8

100%

110%

120%

130%

140%

150%

160%

170%

1 2004 4 7 10 1 2005 4 7 10 1 2006 4 7 10 1 2007 4 7 10 1 2008

1 2

198

Investments in capital assets .5 .5 .0 .1 .3

-0.4

Construction .3 .7 .5 .9 .4

1.4

Real disposable incomes of population

.5 .6 .2 .4 .2 0.0

Real earnings .2 .4 .9 .4 .5

-0.1

Retail turnover .8 .0 .5 .7 .5

-0.5

Exports .1 .7 .7 .4 .0

Imports .7 .1 .6 .6 .7

In January 2008, the growth in investments in capital assets

relative to January 2007 amounted to 19.0% (this figure in January 2007 was 26.9%), that in construction, 30.1% (against 24.1 percent in January 2007).

The dynamics of real disposable incomes of the population in January 2008 as compared to January 2007 evidenced a pronounced acceleration (despite the acceleration of inflation), namely, the growth made up 12.9% (against 8.1% in January 2007) at an increment in real earnings of 15.8% (versus 17.7 percent in January 2007).

The rise in consumption of goods and services fuelled a speed-up of thedevelopment of wholesaling and retailing, hotels, restaurants, transport and communications, and the high dynamics of capital investments favored the development of construction. The accretion of

199

retail turnover in January 2007 constituted 14.1% (13.8 percent in January 2007). Throughout 2007 and in early 2008, the trend toward increasing the role of domestic demand in economic growth produced its impact. This being the case, the external economic conditions were favorable to Russia’s economic growth.

In 2007, the Russian foreign trade continued developing under favorable conditions in global markets. According to the balance of payments methodology, the foreign trade turnover amounted to USD 578.2 billion, which was a 23.4-percent rise (for comparison, 26.9% in 2006).

Share of foreign trade in Russia’s GDP (in percent)

0,0 0,0

39554,0

47,6 30,8 16,645,3 27,7 17,60

5000

10000

15000

20000

25000

30000

35000

40000

45000

Trade turnover Exports Imports

2005 20062007

Under the pressure of expected slowdown of the global economic growth and in view of the strong dependence of the Russian economy on fluctuations in global markets, we may anticipate further reduction in influence of the foreign trade factor upon Russia’ GDP, since the greater part of our exports are commodities (oil, gas, oil products, and metals) with prices sensitive to variations in global economy growth rates.

200

RUSSIAN FEDERATION’S FOREIGN TRADE IN 2005-2007 Russian Federation’s foreign trade in 2005-2007 (based on balance of payments methodology, USD bln)

369,2

243,8

125,4 118,4

468,6

303,9

164,7139,2

578,3

355,2

223,1

132,1

0

100

200

300

400

500

600

Trade turnover Exports Imports Balance

2005. 2006.2007.

According to the balance of payment methodology, Exports of

goods in 2007 made up USD 355.2 billion, which was equivalent to a 16.9-percent increase (for comparison, 24.7 percent in 2006). The share of far-abroad countries in Russia’s total volume of exports declined from 85.7% to 84.9%, that of CIS countries went up, accordingly, from 14.3% to 15.1%. Rates of growth in exports to CIS countries in 2007 were higher than the figures for exports to far-abroad countries (123.9% against 115.7%).

In the current year, the slowdown of export growth rates was due primarily to deceleration of growth in physical volumes and prices as a result of a reduction, at the beginning of the year, in fuel & energy commodities forming part of Russian exports. The 2006 average price for Urals blend oil was recovered only in July 2007.

201

Russia’s exports structure (as per customs statistical data, in %)

65,4

25,6

5,8 3,3

64,0

26,2

5,6 4,2

0

10

20

30

40

50

60

70

Fuel & energy commodities

Non-energy commodities

Machines and equipment

Consumer goods

%

2006 2007

In 2007, the share of fuel & energy commodities, machines &

equipment decreased by 14.6 and 13.1 percent, respectively, as compared to 2006 (despite the increase in their value indicators). The share of non-energy commodities and consumer goods in the exports pattern rose, their value indicators grew by 20.1% and a factor of 1.5, respectively. Table 3 Variation in exports growth rates (as per customs statistical data, year of 2006 =100%)

Nominal Real

Total 117.0 104.5

Fuel & energy commodities 114.6 103.0

Machines, equipment 113.1 107.1

202

However, the real growth in exports (unadjusted to the price factor) of machines and equipment was more than two times higher than the real growth in exports of fuel & energy commodities and 1.5 times higher than the overall exports growth. This fact evidences the commencement of diversification of the Russian exports structure and Russia’s economy as a whole.

Exports and production of a number of commodities (as per Rosstat, in percent)

51,747,0

30,939,1

58,2 60,7 60,3

80,9

65,1

10,7 29,252,7

48,929,5

40,5

60,1 54,454,4

78,9

61,1

10,2 27,7

102,1

103,8

99,2

103,5 97,2107,7 105,7 101,6

99,4109,5

112,4

104,0

108,0

94,6 107,2

100,5

96,6 95,399,0 93,3 103,9

106,7

0

20

40

60

80

100

120

Cru

de o

il

Oil

prod

ucts

Nat

ural

gas

Min

eral

coa

l

Syn

thet

ic ru

bber

Rou

gh w

ood

Ply

woo

d

Cel

lulo

se

New

sprin

t pap

er

Pas

seng

er

auto

mob

iles

Com

mer

cial

veh

icle

s

Share of exports in 2006 production volume Share of exports in 2007 production volume

In 2006-2007, the share of exports in the aggregate volumes of

production reduced for such commodities as natural gas, rough wood, plywood, cellulose, newsprint paper, passenger automobiles, commercial vehicles. For these commodities, except for passenger cars and commercial vehicles, a decline in physical volumes of exports was recoded for the above period of time.

The reduction in exports of gas and newsprint paper was accompanied by reduction in production volumes. Abnormally warm weather conditions entailed a lowering in domestic and external demand for gas. As a result, OAO Gazprom, independent gas and oil producers took a decision to reduce the volume of gas production. The decline in exports and production of newsprint paper was due to the toughening of competition in foreign markets.

203

Exports of timber industry products went down despite the rise in output of such products, which was due to the combination of growth in domestic demand and, partially, decline in competitiveness of a number of commodities in global markets.

In 2007, the average price for Urals blend oil was USD 69.4 per barrel, that is, 13.6 percent higher as compared with that in 2006. The price in December was USD 88.1 per barrel, i.e., 51.8 percent higher than that in December 2006 and 2.2% lower against that in November 2007.

In January 2008, the oil price reached USD 89.5 per barrel, which was by a factor of 1.8 higher than the level of January 2007 and 1.5% higher than that in December 2007.

In 2007, the average contract price for Russian natural gas supplied to Western European countries grew by 6.1 percent against that in 2006, the rise in December made up 4.9 percent as compared to November 2007 and 1.7% in comparison with December 2006. In January 2008, the price went up by 9.4% versus the level in January 2007 and 7.5% versus the level in December 2007.

Russia’s imports pattern (as per customs statistical data, in percent)

1,4

27,5

47,7

23,5

1,2

25,7

51,0

22,1

0

10

20

30

40

50

60

Fuel & energy commodities

Non-energy commodities Machines and equipment Consumer goods

%

2006 2007

As to the imports structure, in 2007 the share of machines and equipment grew appreciably as compared to 2006, which led to a reduction in shares for the majority of other commodity groups despite the rise in their value characteristics. Growth rates for machines and equipment were higher than those for imports on the whole. Imports of non-energy commodities and consumer goods went up by 35.8% and 36%, respectively.

The increment in imports of fuel & energy commodities was gained as a result of an increase in physical volumes and advance in

204

prices. The volume of imports of machines and equipment rose by more than 1.5 times, chiefly due to an increase in physical volumes.

Table 4 Variation in imports growth rates (as per customs statistical data, 2006 =100%)

Nominal Real

Total 144.9 133.5

Fuel & energy commodities 133.2 117.8

Machines, equipment 154.9 144.5

As suggested by the dynamics of prices for food products in

2007, the greater part of such goods got up during the year. Exceptions are crude sugar and white sugar for which the prices went down by, respectively, 19.8% and 3.4%.

Imports of major foodstuffs to Russia (2006=100%)

110,3 114,2 141,8 147,5108,6 46,9

251,8

95,0

145,3

104,0 81,8148,8

105,5 101,0 126,8 90,9 78,5 33,3 145,1 31,6 132,0 129,7 84,7 113,4

104,5 113,1 111,8162,3

138,5 140,8 173,5

300,4

110,1

80,296,6

131,2

050100150200250300350

2070

120170220270320

Fre

sh m

eat a

nd f

roze

n m

eat

Pou

ltry

mea

t, fr

esh

and

froz

en

Fis

h, fr

esh

and

froz

en

Con

dens

ed m

ilk a

nd

crea

m

Dai

ry b

utte

r

Whe

at a

nd m

eslin

Bar

ley

Cor

n

Sun

flow

er s

eed

oil

Cru

de s

ugar

Whi

te s

ugar

Alc

ohol

ic &

non

-alc

ohol

ic

beve

rage

s

Cost Physical volume Price

205

Based on the balance of payments methodology, export surplus in 2007 amounted to USD 132.1 billion, which is a 5.1-percent decrease as compared to the respective period of the previous year.

RUSSIA’S EXPORT-IMPORT BALANCE

Russia’s Export-Import Balance (as per customs statistical data, USD bln)

163,4195,0

39,2

-48,3 -22,5

152,8

223,1

41,0

-82,1

-29,3-100

-50

0

50

100

150

200

250

All goods Fuel & energy commodities

Non-energy commodities

Machines and equipment

Consumer goods

2006 2007

The balance reduction is a result of the rapidly widening deficit in

such trade segments as machines, equipment, consumer goods, and a reduced positive foreign trade balance in the segment of non-energy commodities.

According to the Russian Federation Ministry for Economic Development and Trade’s estimate, the real appreciation of ruble to US

D y n a m ic s o f m o n th ly a v e r a g e r u b le 's r e a l e f fe c t iv e e x c h a n g e r a te (Ja n u a ry 1 9 9 5 = 1 0 0 % )

6 0 , 0 %

8 0 , 0 %

1 0 0 , 0 %

1 2 0 , 0 %

1 4 0 , 0 %

1 6 0 , 0 %

1 8 0 , 0 %

2 0 0 , 0 %

2 2 0 , 0 %

Jan

' 1995

Jul'

1995

Jan

' 1996

Jul'

1996

Jan

' 1997

Jul'

1997

Jan

' 1998

Jul'

1998

Jan

' 1999

Jul'

1999

Jan

' 2000

Jul'

2000

Jan

' 2001

Jul'

2001

Jan

' 2002

Jul'

2002

Jan

' 2003

Jul'

2003

Jan

' 2004

Jul'

2004

Jan

' 2005

Jul'

2005

Jan

' 2006

Jul'

2006

Jan

' 2007

Jul'

2007

Jan

' 2008

R e a l e f f e c t i v e r a t e T o U S D T o E U R O

206

dollar in January 2008 amounted to 2.1%, that to euro 2.2%,

British pound 5.8%, Swiss franc 0.4%, Japanese yen 0.3%. The appreciation of ruble’s real effective exchange rate is estimated at 1.5 percent by the Bank of Russia.

As of the end of January 2008, the US exchange rate in real terms was 134.1% relative to the pre-crisis level (July 1998), that of euro40 – 106.8%, real effective exchange rate – 109.3%.

In January 2008, investments in capital assets grew by 19.0% versus January 2007 (for comparison, by 26.9 percent in January 2007).

The retention of investment activity in early 2008 is accompanied by the growing increment in volumes of construction. In January 2008, the volume of work falling under the ‘Construction’ activity type increased by 30.1% (against 24.1% in January 2007).

Also, in 2007, a favorable trend in the structure of investments in capital assets teethed, which was related with a relatively stable excess of investments over the dynamics of construction work volumes, yet in January 2008 the volume of construction outstripped appreciably the increment in investments.

40 Figures for euro before 1999 were calculated based on the basket of currencies of 12 countries that later changed over to the single European currency (non-cash euro was put into effect starting with January 1, 1999)

207

The partially outstripping dynamics of construction activities may have been a result of commissioning of projects for which certificates of acceptance had not been received by the end of 2007.

At the same time, housing construction continued being active in January 2008. The overall floor area of residential houses commissioned in January 2008 amounted to 3.2 million square meters versus 3.0 million square meters in the respective period of the last year.

In 2007, the net inflow of capital in the private sector was estimated at USD 82.3 billion (against USD 42 billion in 2006). In the IVth quarter the net inflow of capital amounted to USD 23.5 billion (after the outflow of USD 7.6 billion in the IIIrd quarter). In 2007, the volume of direct foreign investments reached USD 53.2 billion (for comparison, USD 32.4 billion in 2006).

INDUSTRIAL PRODUCTION

In January 2008, the growth in Industrial Production came to 4.8% versus the respective period of 2006.

-Manufacturing industries accounted for the highest contribution to the overall growth in industrial production (С+D+E) in January 2008 as compared to January 2007. With a production index of 104.6%, the contribution of manufacturing industries was approximately 56.0% (for comparison, in January 2007 the production index was 117.3%, and the contribution was 110.8%). As far as industries of this sphere are concerned, the share of “production of foodstuffs, including beverages and tobacco” in the aggregate growth was 7.1% (the index was 103.1%), “primary metals production and production of finished metalwork” accounted for 8.5% (with an index of 102.3%), “manufacture of transport vehicles and equipment” for 9.8% (with an index of 108.3%), “manufacture of machines and equipment” for 10.2% (with an index of 114.4%), “production of rubber and plastic goods” for 9.6% (with an index of 125.2%).

-The production index for the sphere of mining in January 2008 came up to 100.6%, and the contribution of this type of economic activities to the aggregate growth was 2.6% (for comparison, in January 2007, the production index was 104.2%, and its contribution, 11.6%). Within this sphere of economic activities, “extraction of mineral resources other than fuels and energy resources” accounted for a 3.0-percent contribution to the aggregate production growth (with an index of 107.0 percent).

208

-In January 2008, the sphere of “production and distribution of electricity, gas and water” contributed to 41.4% to the aggregate growth at a production index of 112.8% (in the respective period of the previous year, the production index was 89.5%).

OIL AND GAS PRODUCTION

The production of Oil , including gas condensate (hereinafter – “oil”) declined by 0.6 percent in January 2008 as compared to January 2007 and amounted to 41.3 million tons. Based on preliminary information, the monthly average production in February was estimated at 98.8% versus the respective period of the previous year.

According to current data provided by the Russian Federation Ministry of Industry and Energy (‘Minpromenergo’), the total of oil exports in January 2008 was estimated at 20.5 million tons (that is, 101.7% relative to the respective period of 2007). In January 2008, 17.8 million tons was exported to far-abroad countries (100.9% as compared to January 2007).

2.6 million tons of oil was exported to CIS countries in January 2008, which is 107.5% versus the level of January 2007. The increase in oil supplies to CIS countries was associated with the growth in exports to the Republic of Belarus.

209

The production of Gas in January 2008 made up 60.8 billion cubic meters, i.e., 100.1 % as compared to the respective period of 2007. Based on preliminary data, in January 50.1 billion cubic meters was supplied (111.4% versus 2007), including 18.2 billion cubic meters to UES of Russia’s electric power plants (109%). The increased demand for gas in both external and domestic markets in January of the current year was satisfied by means of an elevated (as compared to January of the previous year) withdrawal from underground gas storage facilities.

The Gazprom Group’s enterprises, with account for affiliated companies, produced 51.8 billion cubic meters (101.1% relative to 2007). The share of the Gazprom Group’s enterprises in the overall production of gas was 85.2 percent (for comparison, 84.3% in 2007).

Oil producing enterprises and independent companies produced 9 billion cubic meters of gas, which was 94.7 percent relative to the level of 2007.

According to Minpromenergo’s current data, exports of gas in January 2008 amounted to 22.4 billion cubic meters (125.1% versus 2007), including 17.5 billion cubic meters (134.5%) to far-abroad countries and 4.9 billion cubic meters (100%) to CIS countries.

The share of exports in the overall production of gas in January 2008 went up to reach 36.8 percent (29.5% in 2007).

EXTERNAL ECONOMIC RELATIONS In 2007, the complex of external economic relations exhibited a

dynamic development and fuelled the growth in Russia’s economy as a whole. Based on the balance of payments methodology, Russia’s foreign trade turnover in 2007 amounted to USD 578.2 billion, which was a 23.4-percent rise (against 26.9 percent in 2006). In the aggregate sales volume, exports accounted for 61.4%, imports, 38.6%.

According to the balance of payments methodology, Exports of goods in 2007 came to USD 355.2 billion, or a 16.9-percent growth as compared to 2006 (24.7% in 2006). Exports to CIS countries went up appreciably quicker than those to far-abroad countries in both value terms (123.9% versus 115.7%) and physical volumes (11.4% versus 3.4%). On the whole, average export prices increased by 11.9 % (those in trade with far-abroad, by 12%, and in relations with CIS countries, by 11.6%).

210

Key indicators of the Russian Federation’s foreign trade in 2006-2007 (based on balance of payments methodology)

(USD billion)

2006 2007

Including Including

Total

Far-abroad countries

CIS countries Total

Far-abroad countries

CIS countries

Foreign trade turnover 68.6 400.7 67.9 78.2 492.7 85.6

Growth rates in % 26.9 127.7 122.5 23.4 123.0 126.0

Exports 03.9 260.6 43.4 55.2 301.5 53.7

Growth rates in % 24.7 123.9 129.3 16.9 115.7 123.9

Imports 64.7 140.1 24.6 23.1 191.2 31.9

Growth rates in % 31.3 135.3 112.2 35.4 136.5 129.6

Balance 39.2 120.4 18.8 32.1 110.3 21.9

211

Growth rates in % 17.6 112.9 161.3 4.9 91.5 116.3

A favorable situation in global markets was the principal factor

for the increase in exports in 2007. The essential rise in oil prices that recommenced in the second half of 2007 continued until the end of the year. The average Urals oil blend price in 2007 amounted to USD 69.3 per barrel, which was a 13.4-percent rise relative to the level in 2006.

The growth in global oil prices continued in January 2008. The average oil price in January 2008 came to USD 89.45 per barrel, that is, 79% higher as compared to January 2007 and 1.6% higher relative to December 2007.

The average contract price for Russian natural gas exported to countries of Western Europe grew by 6.1% in 2007 versus the level in 2006. In January 2008, the price for gas rose by 9.4% against January 2007 and by 7.5% against December 2007.

Average global prices for aluminum, copper and nickel at the London Metals Exchange in 2007 grew by, respectively, 2.7%, 5.9%, and 53.5% as compared to those in 2006. Behavior of global oil prices (USD per barrel)

59,4 56,757,8

65,0 64,7 64,2 69,168,858,955,1

55,658,0

50,053,8

58,963,864,267,974,2 69,0 73,8 79,6

90,1

88,189,5

30,040,050,060,070,080,090,0

100,0

Jan

2006

Mar

200

6

May

200

6

Jul 2

006

Sep

200

6

Nov

200

6

Jan

2007

Mar

200

7

May

200

7

Jul 2

007

Sep

200

7

Nov

200

7

Jan

2008

Urals Brent

The January crisis at stock exchanges produced no impact upon

the market of tradable metals.

212

The price advance was influenced by the growing demand and reduction in stocks of metals.

Average global prices for copper, nickel and aluminum at the London Metals Exchange in January 2008 as compared to December 2007 went up by 7.2%, 6.5% and 2.7%, respectively, and against January 2007, prices for copper augmented by 24.5%, those for nickel and aluminum reduced by 24.8% and 13%, respectively.

Behavior of global prices for copper, nickel and aluminum (USD per ton)

2377,9

4734,3

14555,2

2381,7

6587,7

25991,9

2445,5

7061,0

27689,6

0 30006000 900012000150001800021000240002700030000330003600039000

Aluminum

Copper

Nickel

January 2008 December 2007 January 2006

In the structure of Russian exports in 2007, shares of practically all commodity groups went up versus 2006, with the exception of fuel & energy goods, machinery, equipment, and transport vehicles.

Russian Federation’s exports structure (based on customs statistical data)

1,8%

65,4%

5,6%

3,2%

13,7%

5,8%

4,5%

2,6%

64,0%

5,9%

3,5%

14,2%

5,6%

4,2%

Fuel & energy goods

Chemical products, rubber

Wood, pulp and paper products

Primary metals and metal products

Other goods

2006

As compared to 2006, the value of exported fuel & energy

commodities increased by 14.6%, metals and metal products by 21.7%,

213

wood and pulp & paper products by 28.7%, chemicals and chemical products by 24.1%, machinery, equipment and transport vehicles by 13.1%.

The growth in exports of food products and agricultural raw stock by 1.6 times was influenced essentially by the rise in exports of wheat and meslin, namely, by more than 2.6 times at a price advance by a factor of 1.8 and by 49.2% in physical volumes.

In 2007, Imports of commodities amounted (based on the balance of payments methodology) to USD 223.1 billion, which was 35.4% higher versus the respective period of the previous year (31.3% in 2006). Rates of growth in imports from far-abroad countries outstripped those from CIS countries (136.5% against 129.6%).

The key factors that ensured the increment in imports were high rates of growth in investments, increase in the population’s incomes, and continuing appreciation of ruble.

In the structure of Russian imports in 2007, as compared to that in 2006, shares of machinery, equipment and transport vehicles, textiles, textile products, primary metals and metal products went up whereas those of chemicals and chemical products, rubber, food products and agricultural raw stock, mineral products declined.

Imports of machinery, equipment and transport vehicles, primary

metals and metal products, textiles, textile products, and footwear grew by more than 1.5 times in terms of value, chemicals and chemical products, rubber by 26.2%, mineral products by 41.5%.

Prices for imported textiles, textile products and footwear rose by a factor of 1.6. The growth in imports was due to both contract prices (to a higher extent) and physical volumes. Russian Federation’s imports structure (based on customs statistical data)

15,7%

2,4%

15,8%

4,0%

7,5%

47,7%

6,9%

13,8%

2,3%

13,8%

4,3%

7,9%

51,0%

6,9%

Food products and agricultural …Mineral products

Primary metals and metal products

Other goods

2006.

214

GEOGRAPHY OF RUSSIA’S NEGATIVE TRADE BALANCE

Geography of Russia’s negative trade balance (according to customs statistical data)

(USD mln)

As to the geographical structure of Russia’s foreign trade, As to the geographical structure of Russia’s foreign trade,

industrially developed countries keep being our main partners. industrially developed countries keep being our main partners. Their proportion in Russia’s trade turnover exceeds 50 percent.

These countries are the major consumers of fuel & energy sources and commodities that form the bulk of exports from Russia to far-abroad countries.

A favorable economic situation in the majority of the developed countries stimulated the demand in their home markets, which, in its turn, created conditions for expansion of sales in Western markets of not only traditional export commodities from Russia, but also high-technology products.

Western Europe countries, the USA and Japan remain major suppliers of up-to-date equipment, state-of-the-art technologies, food products needed by the Russian economy.

In 2007, European Union (EU) countries accounted for more than 51% of the foreign trade turnover of the Russian Federation. It is the main market for exports of strategic commodities from Russia (first and foremost, energy sources).

-10000

-5000

0

5000

10000

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of …

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Uzb

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Arg

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Bra

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Nor

way

Sou

th A

fric

a

2006

215

Russia is interested in the European Union’s large market, yet relatively saturated in many aspects. Russia’s foreign trade with EU countries traditionally features a balance positive for the Russian Federation.

RUSSIAN FEDERATION’S FOREIGN TRADE TURNOVER STRUCTURE BY COUNTRY GROUP

Russian Federation’s foreign trade turnover structure by country group (According to customs statistical data, in %)

54,3

17,1 14,7 13,9

51,4

19,214,9 14,5

0

10

20

30

40

50

60

EU APEC CIS Other countries2006

As to the geographical structure of Russia’s foreign trade, the

enhancement in the role of APEC (Asian-Pacific Economic Cooperation) countries, first and foremost, China and new industrial countries of South-Eastern Asia, should be noted. The growing competitive pressure upon imports from EU countries is produced by supplies of consumer goods from China and South-Eastern Asia countries. In 2007, APEC states accounted for 19.2 percent in Russia’s foreign trade turnover.

Among CIS countries, our major foreign trade partners are Byelorussia, Kazakhstan and Ukraine, which account for 13.1% of the overall volume of foreign trade with CIS countries.

Russia’s foreign trade turnover with far-abroad countries (based on the balance of payments methodology) amounted to USD 492.6 billion in 2007, which was a 23-percent rise as compared to 2006. Exports grew by 15.7%, imports by 36.5%. The trade balance was positive and made up USD 110.3 billion. However, because of the fact that the growth in values of Russian imports outstripped that of exports practically throughout the year, the trade balance in 2007 reduced by 8.5%.

216

In 2007, far-abroad countries accounted for 85.2% of Russia’s foreign trade turnover (84.9% of exports and 85.7% of imports). In comparison to 2006, the share of far-abroad countries in overall exports went down by 0.8 p.p. and that in imports augmented by 0.6 p.p.

As to EU is concerned, Russia’s major foreign trade partners are still Germany, the Netherlands and Italy, which, collectively, account for 47.7% of the foreign trade turnover for this group of countries, or 28.9% of the foreign trade turnover with all far-abroad countries.

The share of APEC states in the structure of Russia’s foreign trade turnover with far-abroad countries grew from 20% to 22.6%. Among APEC states, our most essential partners are China, Japan, the USA, and the Republic of Korea, which, collectively, account for 87.6% of the foreign trade turnover with this group of countries, or 19.8% of Russia’s foreign trade turnover with all far-abroad countries. Russia’s foreign trade with major far-abroad partners in 2007 (USD billion)

0102030405060

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RM

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A

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IND

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TU

RK

EY

26,3

27,5

42,8

13,310,715,96,1 8,0

7,4 4,0

18,3

26,6

8,5

3,9

4,6 5,0

24,4

8,8 9,4 12,7

1,3

4,2

Exports Imports

An analysis of the structure of Russian exports to far-abroad

countries in 2007 evidences that fuel & energy sources continue prevailing, though as compared to 2006 their proportion went down by 0.8 p.p. Nonetheless, in absolute figures, exports of such commodities increased by 14.5 percent.

Exports of food products and agricultural raw stock (exclusive of that for the textile industry) rose by nearly 2 times, partially due to the growth (in terms of value) in exports of the most significant commodity

217

in this group, viz., wheat and muslin. The rise in prices amounted to 57.8% and that in physical volumes, by 77.5%.

Exports of primary metals and metal products went up by 19.5%. The growth in exports of ferrous metals, nickel and aluminum, which account for 80.7% in this group, contributed to the increase in overall exports of this group of commodities. Exports of ferrous metals and untreated nickel rose by 15.0% and 38.4%, respectively, solely due to the price advance, those of unprocessed aluminum by 26.3%, due to both price advance and growth in physical volumes.

Exports of chemicals, chemical products and rubber went up by 23.2%, which was associated with the growth in prices for mineral fertilizers and synthetic rubber (respectively, by 31.4% and 14.3%).

Exports of wood, pulp and paper products augmented by 26.6%, chiefly as a result of the growth in value of exports of processed and rough wood (by 36.9% and 26.9%, respectively). Commodity structure of exports from Russian Federation to far-abroad countries (according to customs statistical data)

1,1

68,5

5,0 3,113,8

3,9 4,61,8

67,7

5,4 3,414,3

3,4 4,0

01020304050607080

Fue

l &

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ary

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als

and

met

al

prod

ucts

Oth

er

com

mod

itie

s

2006 2007

In the commodity structure of imports from far-abroad countries

into Russia, machinery, equipment and transport vehicles continue prevailing. The share of this commodity group increased.

In 2007, imports of food products and agricultural raw stock (except for that for the textile industry) grew by 28.9% as compared to 2006 due to the growth in average contract prices and physical volumes of supplies. The growth in imports of this group of commodities was assisted in a rise in value of major commodities of the group, fresh and frozen meat (by 110.6%), fresh and frozen fish (141.8%) citreous fruits (119.9%), alcoholic and non-alcoholic products (167.4%).

218

Imports of textiles, textile products and footwear grew by nearly 1.7 times, and their share in the overall volume of imports, by 0.6 p.p. Imports of commodities of this group went up as a result of imports of leather footwear and cotton fabrics, by more than 2.1 times and 65.6%, respectively.

Imports of primary metals and metal products increased by 64.4 % mainly due to the increase in value of ferrous metals by 85.7% and pipes by 88.8%.

Imports of machinery, equipment and transport vehicles augmented by 55.7%. Imports of passenger cars grew by 68% in value terms, those of cargo vehicles by more than 2.7 times as a result of both price advance and growth in physical volumes.

Commodity structure of imports from far-abroad countries to Russian Federation (according to customs statistical data)

15,7 16,6

3,7 5,1

51,3

7,613,7 14,4

4,3 5,6

54,3

7,7

0102030405060

Foo

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2006 2007

RUSSIA’S FOREIGN TRADE TURNOVER WITH CIS COUNTRIES (BASED ON DATA OF THE BALANCE OF PAYMENTS)

In 2007 total trade amounted to USD 85.6 billion, which was

26% higher than that in 2006. Exports from Russia to CIS countries rose by 23.9% and reached

USD 53.7 billion, and imports by 29.6% to USD 31.9 billion. The share of the region in the overall trade turnover went up from

14.5% to 14.8%, that in exports reduced from 14.9% to 14.3%. Russia’s

219

surplus foreign trade balance grew from USD 18.8 billion to USD 21.9 billion.

As to CIS countries, Ukraine, Belarus and Kazakhstan continue being Russia’s major trade partners. In 2007, they accounted for 87.7% of the overall foreign trade with CIS countries.

The first position is occupied by Ukraine with a 5.4-percent share. Byelorussia’s share in foreign trade with Russia made up 4.7%. Trade relations with Kazakhstan continue developing steadily.

In general, the geographical structure of Russia’s trade with CIS countries underwent no significant changes.

Russian Federation’s foreign trade with CIS countries in 2007 (USD billion)

05

1015202530

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17,212,0

16,3

7,1

8,9

4,6

13,3

3,0

Exports Imports

In the structure of exports to CIS countries in 2007 (as compared

to the respective period of the previous year), the share of fuel & energy commodities continued declining as a result of a reduction in physical volumes of oil and gas exports (major products of this group).

At the same time, the share of machinery, equipment and transport vehicles increased. As a whole, exports of this group of goods in value terms went up by 29.2%, including passenger cars by 32.3%, cargo vehicles by 38%. The growth in exports of the above goods was due to both price advance and increment in physical volumes.

220

Commodity structure of exports from Russian Federation to CIS countries (based on customs statistical data)

6,3

46,1

8,83,6

12,617,6

5,07,1

42,7

9,04,0

13,918,3

5,0

0

10

20

30

40

50

Food products and agricultural raw stock (except for

textiles)

Fuel & energy

commodities

Chemicals, chemical products,

rubber

Wood, pulp & paper products

Primary metals, metal

products

Machinery, equipment

and transport vehicles

Other goods

2006. 2007.

Exports of primary metals and metal products rose by 36.8%. Exports of ferrous metals that account for 53.1% in this group grew by a factor of 1.4 in value terms, as a result of an outstripping price advance. Exports of this group of commodities were partially influenced by a considerable growth in exports of non-ferrous metals, namely, copper by 2.2 times (due to the outstripping rise in physical volumes), nickel by more than 1.9 times (due to price advance), and aluminum by 1.9 times (due to growth in physical volumes).

221

Commodity structure of imports from CIS countries to Russian Federation (based on customs statistical data)

15,9

10,6 11,9

5,4

20,1

28,8

7,3

14,410,4 10,2

4,7

21,0

31,9

7,4

0

10

20

30

40

Other goods

2006. 2007.

In 2007, the commodity structure of imports from CIS countries into Russia exhibited a continuing rise (as compared to the respective period of the previous year) in share of machinery, equipment and transport vehicles, as well as primary metals and metal products.

Imports of machinery, equipment and transport vehicles went up by 47.7%, due to both advance in prices for passenger cars and cargo vehicles, and growth in physical volumes.

Imports of primary metals and metal products increased by 38.9%, which was a result of a 46.2-percent growth in imports of ferrous metals (with a rise in both physical volumes and prices).

The proportion of food products and agricultural raw stock (except for that for the textile industry), textiles, textile products, chemicals, chemical products declined.

Nonetheless, imports of food products increased by 20.9% because of an outstripping advance in prices for staple goods. At the same time, physical volumes of some goods diminished, e.g., poultry meat by 11.3%, concentrated milk and cream by 11.2%, dairy butter by 6.7%, white sugar by 17.9%, wheat by 66.5%, barley by 60.8%, and corn by 77.1%.

222

223

CHAPTER 2

STATE CORPORATIONS AS THE FOUNDATION OF PUTIN’S ECONOMY

224

225

TRIUMPH OF STATE CAPITALISM

The Russian state kept advancing into national economy all year and this is probably what 2007 will be remembered for. The regime spared neither time nor effort in merging strategic enterprises into state corporation. This progression is quite uncertain.

On the one hand, the state is known as the least efficient owner, particularly when competition is absent as it will inevitably be when whole sectors of economy become consolidated into state corporations. On the other, some enterprises may fail to survive without becoming elements of larger structures and the integrity Russia’s industrial process may be compromised. There is no saying at this point if the state has found the juste milieu or if the process keeps gaining momentum just by inertia.

The United Ship-Building Corporation founded last summer became the ship-building analogous to a structure established in the aviation industry last year (the United Aircraft Corporation). That was just a curtain-raiser. The process of establishing state corporations kicked into high gear. The Vneshekonombank became the Bank of Development. Olympic Construction Corporation was founded for the Winter Olympics’2014 in Sochi, and Russian Nanotechnologies for development of nanotechnologies. Assistance to Housing and Communal Service Foundation, Russian Technologies, Rosatom became other new state corporations. State corporations for fishery and road construction now await their turn.

All these state corporations have different objectives but all share one thing in common - they are non-profit agencies each set up by a special law. The state heavily invests in each and not one state corporation may be subject to bankruptcy.

Experts argue economic expediency of state corporations because the billions (in cash or assets) invested in them by the Russian Federation are often used with appalling inefficiency. Rosatom is the only exception: the optimization of management of this particular sector of national economy is universally viewed as suitable.

The key trend of 2007 was the strengthening of Government business structures in the Russian economy. At that, their principle form became the “State Corporation”.

As of the beginning of February, there were 9 State Corporations (including the United Airplane Construction and Ship Construction Corporation (UAC and USC) in the Russian Federation. It should be noted that UAC and USC formally are not State Corporations (SC): they

226

were both formed as an OAO. Nevertheless they function similarly to the way that SCs function, so they can be considered in this category.

The legal status of State Corporations was first designated in changes made to the Federal law about “Non-Commercial Organizations” and assumed a pretty interesting format from the political and economic point of view.

According to the Federal law on “Non-Commercial Organizations”, a State Corporation is a memberless non-commercial organization that was founded by the Russian Federation with an initial Asset contribution, for the purpose of fulfilling a social, managerial, or other socially beneficial functions.

Every State Corporation is founded on the basis of a Federal law. The property that is given to the State Corporation by the Russian Federation belongs to the State Corporation. The State Corporation isn’t liable for the debts of the Russian Federation, and the Russian Federation isn‘t liable for the debts of the State Corporation unless otherwise stated in the law that founded the corporation. The State Corporation uses the property for the purposes determined by the law that created it. The State Corporation can conduct business only insofar as it serves the attainment of the goals that it was formed to achieve. The State Corporation is obliged to give a yearly account of how it used the property that was conferred to it according to the law.

The legal status of the Corporation is also determined by the law. A charter document -as stipulated by article 52 of the Russian Federation Civil Code- is not needed for the creation of a State Corporation. The law that created the State Corporation must include the name of the State Corporation, the aims of its activity, its location, the manner in which it will be managed (including its management organs, how officials are appointed and dismissed, etc), it may be reorganized or liquidated, and the way the property of the State Corporation will be used if it does get liquidated. The other Federal law regulations apply to the State Corporation, unless it is otherwise stated by the law that created it.

However, notwithstanding the fact that this document (the changes to the law) was passed July 8, 1999, up until now there hasn’t been any need to create any State Corporations (in view of the economic and political situation in the Russian Federation). In 2001-2005, FSUEs and OAOs were successfully used in their place. Both these formats allowed the authorities to control strategic assets with a high degree of effectiveness. At the same time these formats also had their own specificities.

227

The main advantage of the FSUE was the complete nominal control over the assets. Hence, the owner of the commercial organization will always be the Government. The general director of the unitary enterprise is appointed by the Government of the Russian Federation – to whom the business structure is also accountable to, within the framework of its business activities and its personnel moves.

Another advantage of the FSUE is its characteristic secrecy: the company is not obliged to publish an account. This enables it to hide key aspects of its business from its strategic competitors. Well known examples of large Russian FSUEs are Rosoboronexport, Pochta Rossiyi, and others.

UNITARY ENTERPRISE - OAO

As a reminder, a Unitary Enterprise is a commercial organization which does not have ownership rights over the property that was attached to it by the owner. Unitary enterprises may be created only in the form of State or Municipal companies. The property of the unitary enterprise belongs to the Russian Federation, a constituent territory of the Russian Federation, or to a municipality.

On behalf of the Russian Federation or the constituent territory of the Russian Federation, the rights to the property of the unitary enterprise are exercised by the organs of the Russian Federation or the organs of the constituent territory of the Russian Federation within the framework of their jurisdiction established by acts that determine the status of these organs. The property of the unitary enterprise can be used by the unitary enterprise to conduct business, it is indivisible and cannot be distributed (shares), including to the workers of the unitary enterprise. The unitary enterprise does not have the right to create in the form of a corporate body another unitary enterprise by way of transferring part of its property to it (its subsidiary). The unitary enterprise can (on behalf of itself) acquire property and exercise property rights, incur an obligation, be a plaintiff and defendant in Court. The unitary enterprise must have independent accounts.

Nevertheless, this organizational-legal format has its shortcomings. Full Governmental control didn’t give the pressure groups that controlled the FSUE any freedom of manoeuvre. Moreover, by not having the right of ownership over property (Government owned), the unitary enterprise has difficulties in organizing subsidiary business structures.

228

The opposite (in format) to a unitary enterprise is an Open Joint Stock Company (OAO). At that, during the past few years the stake has been placed on vertically integrated corporations. These include Gazprom, Rosneft, RZhD, Transneft, Aeroflot, and others.

OAOs also have their many advantages. First of all, OAOs are less dependent on the decisions made by the “whole” Government. Here, the significant players are Rosimushchestva (which manages the Government equity participation in private companies) and the specialized departments (The Ministry of Industry and Energy, MEDT, the Ministry of Finance and others, depending on the company).

Moreover, OAOs receive significant preferences since they are public companies. The pressure groups which control these assets enjoy a large degree of autonomy because they are able to play off the contradictions of the main shareholders. A classic example of this is Aeroflot, where the President of the company, Valerii Okulov manoeuvres between NPK (30%) and Victor Ivanov (who represents the interests of the Government).

It also should be noted that these pressure groups, as a rule, own shares in the OAO that they control (which is impossible in the FSUEs) and this provides a valid insurance against the risk of a change in the political situation.

However, OAOs have their shortcomings too. For example, since they are public companies, portions of the company’s shares are owned by minority shareholders. Some of them are foreigners and this puts some obligations on the top management and complicates the activity of the pressure groups.

A classic example is Gazprom, where the minority shareholders own 49% of the stock. In 2005, one of the private shareholders of the monopoly, the Hermitage Capital Management Fund, started a media campaign against the management of the company. As a result, the business structure suffered a significant image and reputation blow.

A separate “headache” for OAOs is the fact that they have to account for their finances according to IFRS (or RAS). This requires using auditors and outside companies, which increases the risk of insider trading and numerous informational leaks.

229

STATE CORPORATIONS

The process of creating State Corporations was sped up in Russia starting from 2006 when the United Airplane Construction company (UAC) got off its feet.

Subsequently, analogous business structures were founded in the ship construction

(USC), atomic energy (Atomprom), and financial market (FEB) industries. Finally, information surfaced about the State Corporation Rostechnology, which will consolidate the assets of FSUE Rosoboronexport.

This organizational form is the most effective when it comes to running the strategic industries of the Russian Federation. It combines the advantages of OAOs and FSUEs. First of all, State Corporations have the legal structure of an NCO (Non-Commercial Organisation) which allows it to pretty effectively side-step many barriers in the domestic and foreign markets.

Examples of this are the trade representatives of FSUE Rosoboronexport. The majority of them are located on the territory of Russian diplomatic missions. According to international regulations, commercial organizations cannot be located on the territory of diplomatic missions. This situation significantly holds back the expansion of FSUEs in foreign markets, first of all, in the Middle East and South East Asia. The non-commercial status of a State Corporation allows it to sidestep these restrictions.

Moreover, State Corporations inherited a certain secrecy from the FSUE. They are not obliged to account for their finances according to IFRS or RAS and at the same time they have the right to create subsidiary business structures and they are not under the direct control of the Government. Practically, the control over its top management is done by a supervisory committee. Finally, the general director of the State Corporation is appointed by the President of the Russian Federation without the approval of any subordinate organs and for pretty long term mandates.

Another important aspect of the State Corporation are the rights it has over the property under its management. Under the FSUE format the property belongs to the Government and the top management is severely restricted in what it can do with it (sell, rent, liquidate, etc.). The opposite is true for an OAO, where the property is private. To be sure, here too the top management is somewhat limited in its rights (which are set in the charter), though much less so. The assets of the State Corporation are practically no longer Government property (certain property rights take

230

effect), but they do not become full private property either. Thus the legal-organizational format of the State Corporation is more convenient for the pressure groups that control the strategic assets than for the Government or the Presidency of the Russian Federation.

A natural set of questions comes to mind: why has the Government chosen at this time to speed up the creation of such corporate structures? Did they not know in advance that they are going to be hard to control and will have a significant degree of independence? Did they not realise that they would require long-term financing from the Federal budget?

The reason for this is the implementation of the so called “Project Dispersion”.

The aim of this project is to disperse the main strategic assets among the main pressure groups and to weaken Putin’s successor. In 2007, the President began appointing people personally loyal to him to strategic posts in departments and State Corporations.

This allows Putin to keep control of the key assets after the “reformatting of authority”. At the same time, the different pressure groups got a certain degree of autonomy which will always complicate any attempt by Medvedev to consolidate economic and political resources around him.

Five large State Corporations whose active development began in 2007 should be singled out.

UNITED SHIP CONSTRUCTION CORPORATION

USC authorized capital is made up of 60% of the shares of OAO “Nevskoe Proektnoekonstructorskoye Bureau” (St. Petersburg, controlled by the Government) and 25 million rubles in cash. The authorized capital OAO “Zapadni Tsentr Sudostronie” is formed on the basis of 100% (again owned by the Government) minus one share of OAO “Svetlovskoe predpriyatiya ERA” (the city of Svetlii in the Kaliningrad region) and 25 million rubles in cash. The authorized capital of OAO “Severnii Tsentr Sudostroenie” is formed on the basis of the Government-owned 100% minus one share of OAO “Konstructorskoe Bureau Rubin Sever” (the city of Severodvinsk in the Arkhangelsk region) and 25 million rubles in cash. The authorized capital of OAO “Dalnevostochnii Tsentr Sudostronie i Sudoremonta” is formed heon t basis of the Government owned 100% minus one share of OAO “Nauchnoisledovatelskii Institute Bepeg” (Vladivostok) and 25 million rubles in cash.

231

This project was sped up because of the appearance of two new players in the battle for the dominance of the ship construction industry in 2007.

First of all, this is Sergey Ivanov. The former first deputy premier heads the Maritime Collegium, where about two years ago he announced plans to create three state steamship companies – in the north-west (Sovcomflot), in the south (Novoship) and in the east (Dalnevostochnoe mopskoe parokhodstvo). And notwithstanding the fact that the supervisory board is headed by Sergey Narishkin, Ivanov continues to oversee ship construction.

The second player is the United Industrial Company (UIC), which is owned by Sergey Pugachev. This group has two key assets – “Severnaya Verf” and “Baltiiskii Zavod”. Both companies expect significant Government investment. Within the framework of the ship construction development project there will be money distributed for the organization of the construction of large-tonnage tankers in the Russian Federation. It is more likely than not that Severnaya Verf will be chosen as manufacturing facility.

Both pressure groups put forth their representatives for the post of head of the USC. A fierce battle ensued for this post, because it is the head of this new monopoly that will be responsible for spending the Government funds that will be distributed within the framework of the Federal Target Program for the Development of Civil Maritime Machinery, between 2009-2016. The size of this program is 140 billion rubles.

For a long time, the main candidate for this post was the advisor to the President on military-technical policy, Alexander Burutin. However, in the beginning of the fall 2007, this official took up the post of first deputy head of the Joint Staff of the Russian Federation, which provoked the continuation of the battle for this strategic asset.

After Burutin was transferred to the Joint Staff, the position of Sergey Pugachev in the battle for the post of head of the USC significantly strengthened.

It was precisely his representative, Andrei Dutov who was supposed to be designated for the post. Previously this top manager headed two “friendly” business structures – Severnaya Verf and Severozapadnoe Parokhodstvo. Nevertheless Dutov went too to an “adjacent” post becoming the head of the Federal Agency for Industry (Rosprom).

As a result, a third pressure group (in the person of Victor Zubkov) entered the fray over the USC top post. The then prime minister

232

began to actively lobby his man – Yuri Yarov, who was Zubkov’s colleague in the Leningrad region executive committee – for the position. He in fact became the new head of the USC.

ROSTECHNOLOGY

One of the most highly anticipated State Corporations, Rostechnology was finally formed in 2007. The main lobbyist for the project was the former head of Rosoboronexport, Sergey Chemezov. In the summer of 2007, the project was given final approval by the Presidential administration. On November 9, the law “about the State Corporation Rostechnology” was passed by parliament and on November 24 it was signed into law by the President. According to the law, the State Corporation was created to aid in the “development, production and export of high-tech industrial goods” and “the attraction of investment for the organization of various fields of industry including the Defence industry”.

It is expected that Rostechnology will receive blocks of shares that are currently under the control of FSUE Rosoboronexport (shares in auto and helicopter manufacturing, metallurgy and a number of other fields).

Rostechnology’s executive organs are its supervisory committee (4 members each nominated by the President, the Government and the General Director), an executive committee (11 members appointed by the supervisory committee) and a general director who is appointed by the President. Currently, the assets of Rosoboronexport and its subsidiaries are valued at $25 billion and another $5.5 billion goes through its coffers yearly in the form of export contracts. Its stock of orders is currently valued at $23 billion.

The first information that came out about the creation of the new state corporation was at the end of 2005. Sergey Chemezov ordered Aleksey Aleshin to develop the plan. The effort of the deputy head of the FSUE led to a law that was sent to the Government for approval. According to the document, the general director of the State Corporation was supposed to become Sergey Chemezov, and the supervisory committee was to be headed by Sergey Ivanov. The then first deputy premier, who held an analogous position in the USC, showed himself to be a good lobbyist, who nevertheless, practically didn’t take part in running the company.

Aleksey Aleshin was supposed to take over Sergey Chemezov’s post. Aleshin was a top manager who thoroughly knew the mechanisms

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of the creation of Rostechnology and could effectively organize the activity of its main asset. Nevertheless, as the project came up. It attracted direct resistance from a whole slew of pressure groups. This changed Chemezov’s original plans.

Chemezov had four opponents. First, the former prime minister

Mikhail Fradkov and the head of the Ministry of Industry and Energy, Victor Khristenko, both came out against the “expansion” of the State Corporation. However, after the cabinet reshuffle in the fall, their resistance was minimized – Fradkov left his post, while Khristenko’s deputy became Dennis Manturov, a representative of Chemezov. Andrei Dutov, a man close to Rosoboronexport, was also placed in the Ministry of Industry and Energy.

The third threat came during passage of the legislation in parliament. Chemezov’s next opponents were all the committees controlled by “United Russia”. The parliamentarians demanded that the functions of the controlling organs and the scope of the business of the State Corporation be defined more clearly. Here too, the representatives of Rosoboronexport -with support from the highest levels- were again able to come to an agreement. Sergey Chemezov’s most serious and final opponent was the then new head of the Government, Victor Zubkov.

In October 2007 a letter arrived to the prime minister’s office from the general director of the FSUE. It was an offer to significantly expand the scope of business of Rostechnology by transferring the functions of Rosoboronpostavka (the Federal Agency for the supply of military equipment and goods) to it. The latter structure is responsible for supplying the Russian army.

That was definitely something to fight over: in 2007 Rosoboronexport had plans to supply $5.5 billion worth of arms. Expenditures in the same period for the purchase, development, and repair of arms for the Ministry of Defense were equal to $12.4 billion (at current exchange rates). All in all, the Government program for supplying weapons to the Russian army till 2015 amounts to 4.93 trillion rubles (or $202.5 billion at current exchange rates). Victor Zubkov agreed to transfer the functions of Rosoboronpostavka to the State Corporation, but in return the prime minister wanted his son-in-law, Anatoly Serdyukov to become the general director of Rostechnology. Chemezov was offered to head up the Defense Ministry. Realizing that he was risking losing control of this strategic project, the general director of the FSUE activated all available resources to keep control over Rostechnology. First of all, he scratched the plan of getting the functions of

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Rosoboronpostavka. Moreover, he began preparing a more loyal figure to head up Rosoboronexport – Anatoly Isaikin. The latter was supposed to keep safe the main asset of the State Corporation from Zubkov’s people.

However, in spite of Chemezov’s effort, the prime minister was able to get his man through into Rostechnology – thus the supervisory committee is now headed by Serdyukov.

At the same time, Zubkov was able to strike at Chemezov’s adjacent assets. The head of the Government harshly criticized the program in support of the auto industry which was put together by Dennis Martunov. The program included $6 billion of Government investments, a large portion of which was going to the development of Avtovaz.

ROSNANOTECH

Also in 2007, a State Corporation for nanotechnology was founded (Rosnanotech).

This project began the year before and one of its initiators was the head of the “Kurchatov Institute”. In many ways this project was able to get off the ground and receive the necessary financing thanks to the efforts of Mikhail Kovalchuk and his brother Yuri.

The Kovalchuk brothers control one of the more secretive pressure groups, i.e. the one which formed around “Russia Bank”. Moreover, recently this financial organization has been buying up key assets inside the country. In August 2006, Russia bank bought the insurance group “Sogaz”, more than 75% of “Leader” (which manages the assets of the non-Governmental pension fund – “Gazfund”) and 3% of “Gazprom” itself. To all appearances this deal went down in the second quarter of last year. The Government monopoly held on to only 20% of the shares of Sogaz and Leader.

The “Russia” group has a pretty strong administrative resource, which allowed it to force through the creation Rosnanotech. The head of OAO RZhD, Vladimir Yakunin was previously on the board of directors of the bank. The former deputy head of the executive committee of Gazprom and former deputy minister for economic development Vitalii Savelev was the head of the whole group. The then Minister of Education and Science Andrei Fursenko was a member of its auditing committee, too. The latter, by the way, became the head of the supervisory committee of Rosnanotech.

Taking into account the above-mentioned figures, it was widely predicted that Mikhail Kovalchuk would become the head of Rosnanotech. Nevertheless, Leonid Melamed got this post. The

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appointment of the latter to this position didn’t significantly alter the balance of power at the State Corporation: civil nanotechnology remained under the control of the director of the Kurchatov Institute .

The advancement of Leonid Melamed was a “bonus” to the head of RAO EES Russia. The new general director of the State Corporation is considered “Chubais’ man”. Even after the former left RAO, the head of the electricity monopoly continued to help his protégé. For example RAO invested a significant amount of cash into Melamed’s mutual funds. His main asset is the investment company (IC) “Alemar” of which he owns 78%. Another 17% belongs to a different manager in the electricity monopoly, Dmitri Zhurbe. According to the accounts of RAO, it invested more than 3 billion rubles into the mutual fund “Reforma”, which was managed by Alemar. Also, Alemar was entrusted with the management of the assets of the electricity monopoly for a few months. These services cost the monopoly 100 million rubles.

The Federal leadership’s goodwill towards “Chubais’ team” is connected with the forthcoming liquidation of the electricity monopoly. It will cease to exist in the summer of 2008. Throughout 2007, Anatoly Chubais’ key project was trying to change the reorganization scheme of the company. Generally speaking, the recommendations of the top manager are as follows: the blocks of shares from the 5 thermal OGKs and the 13 TGKs that are owned by the Government will be transferred to “intermediate” companies (Gosudarstvenii Kholding Holding and Gosudarstvenii Kholding GidroOGK) which at the time of their creation will be incorporated into “Federalniyi Setviyi komaniyi” (FSK) and “GodroOGK” correspondingly. Thus, the Government shares of RAO’s subsidiaries will be given to two companies who will be controlled by the Government. Later on OGK and TGK securities will be sold and the funds raised will be used for the investment programs of FSK and GidroOGK. Anatoly Chubais is tying his administrative future to the development of these two companies.

Taking into account that the top manager of RAO EES has a political leverage (the party SPS), the Federal leadership -with the goal of avoiding extra conflicts on the eve of the elections- strove to find job placements for “valuable” people.

ROSATOM

Furthermore, in 2007, the creation of the State Corporation Rosatom was sped up.

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It will be formed within the framework of a non-commercial organization that will manage 100% of the shares of Atomenergoprom and its assets on behalf of the Government. All the key decisions of the head company and all its subsidiaries must receive the preliminary approval of the President. The President also gets to appoint the general director of Atomenergoprom. Later on, this function will be transferred to the board of directors of the corporation. The Government must approve the charter, the amount of authorized capital and also form the board of directors of the new company. A number of legal entities, again with the approval of the President, will be allowed to own atomic materials, installations and storage facilities. Atomenergoprom should include the corporation that produces atomic fuel TVEL , the builder of nuclear power plants (abroad), Atomstroiexport , the company that runs Russia’s nuclear power plants, Rosenergoatom, and other companies. The value of the assets consolidated under Atomenergoprom will be worth at least 40-50 billion dollars.

Rosatom is Sergey Kirienko’s strategic project. As soon as he became the head of the Federal Agency for Atomic Energy (Rosatom), Sergey Kirienko made a few moves to significantly increase the weight of his department. The main one was a project to create a single State Corporation that would unify all the key assets of the atomic energy market.

The idea of forming a unified company was proposed by the former head of Rosatom, Yevgeni Adamov. The original plan was to make it an OAO. The project was reanimated in the beginning of 2006, when Sergey Kirienko offered to form a vertically integrated holding company in civil atomic energy. In the beginning it was assumed that the new natural monopoly would be named Atomprom. However, the name was subsequently changed to Atomenergoprom.

To consolidate the main extraction and processing assets, the head of Rosatom needed significant financial resources and support on the Federal level. To accomplish this, Kirienko made a proposal to Vladimir Putin to build 40 nuclear power plants over the next 25 years. The total investment was supposed to be to the tune of 60-70 billion dollars.

However, the project met significant resistance from various market participants. This included the largest producer of atomic fuel TVEL. The chairman of the board of directors of TVEL is the former head of the Presidential administration, Sergey Sobyanin. In many respects it was his resistance that held up the project. Nevertheless

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Kirienko was able to get the backing of the Kremlin and force through the creation of the Government holding.

As a result, in July of 2007, the Government approved the charter, the general director and the board of directors of the business structure. The chairman of the board, as expected, became Sergey Kirienko. Later on, Kirienko was offered to build a superstructure in the form of a state corporation that would manage the atomic assets of the Government. This became Rosatom. At that, at the end of 2007, Kirienko received a guarantee from President Putin that he would head the State Corporation.

OTHER STATE CORPORATIONS

The acceleration of the process creation of the State Corporations embodies certain risks. These risks are connected with their autonomy. The point is that the assets of these business structures are not property of the Russian Federation, hence the Government does not have many legal means of limiting their sale. As a result, the top management of the State Corporations can sell off the subsidiary companies to friendly businesses thus forcing through the privatization of strategic assets. Consequently, the main companies of the strategic branches of the economy may become concentrated in monopoly business-structures.

It is therefore likely that in the next few years the main trend in the development of State Corporations will become the consolidation of key assets and the formation of their inner-structures; at the same time, the creation of new State Corporations will cease.

Four additional projects have good chances of gaining this legal status. These are:

a) the State Corporation in the sphere of Additional Pharmacological Support (APS),

b) Avtodor, c) the Corporation for improving Russia’s image in Foreign

Markets, d) Rosribflot. Out of all the four projects the State Corporation APS, and

Avtodor have the strongest positions. A) In essence, the project to create a state Pharmaceutical

logistical complex (FLC) that will become the main distributor of the

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APS program became known in the fall of 2007. The APS market has always been pretty problematic in the Russian

Federation. The program for Additional Pharmacological Support has been in

effect in Russia since January 1, 2005 and is part of the Government reform

program aimed at monetizing benefits. The mechanism under which the program

functions looks like this: Government structures make a list of medicines that are vital for the socially unprotected layers of society (veterans, the handicapped, poor people and others). These “beneficiaries” can then go to the pharmacies with a doctor’s prescription in order to receive these medicines for free. Citizens who don’t wish to take part in the program have the right to receive compensation in the form of cash (in 2006 – 350 rubles per month, in 2007 – 477 rubles per month) and buy these medicines themselves. The Government, represented by the Federal Fund of Mandatory Medical Insurance, picks, on a competitive basis, the suppliers of the “free” medicine and then at the end of the year compensates their costs. In 2005 the Federal budget gave 50.8 billion rubles to finance the program, in 2006, 29 billion, and in 2007, 34.9 billion.

A conflict arose over the APS in the fall of 2006 when Government officials from the Federal Fund of Mandatory Medical Insurance (FFMMI is the main operator of the program) were arrested and charged with corruption. The head of the FFMMI, Andrei Taranov and his subordinates were indicted for using Government funds not for the purpose that they were distributed for by the General Prosecutor.

At first it was assumed that this attack was initiated by the “siloviki” pressure group. However, the leading role of the General Prosecutor’s office makes one conclude the opposite. The thing was that Yuri Chaika’s department until the spring of 2007 was under the influence of the “lawyers” group which controlled Gazprom. Later, information surfaced that the large pharmaceutical distributors were behind this move. Subsequently this information was corroborated. Thus at the beginning of August in 2007, Yuri Chaika’s department indicted the President of the company Protek within the framework of the FFMI case.

ZAO “Tsentr Vnedrenie Protek” was created in 1990 by a pair of graduates from the Moscow applied-physics institute, Vadim Yakunin and Grigori Khachaturov.

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At first it played the middleman in commerce then in 1993 it entered the pharmaceutical market. Currently it is the largest distributor of medicine in Russia with a 23% market share in 2006. In the commercial segment of the market, Protek was in 2nd place with 18.9%. It delivers medicines and other pharmaceutical products from 900 producers to 18 thousand Russian pharmacies, clinics and hospitals. 80% of Russia’s pharmacies are clients of Protek. It has 40 branches and 39 representative offices throughout Russia. It owns the pharmacy chains “Rigla” and “O3”. Earnings in 2006 (according to their own figures) were $2.38 billion and

from that $247 million came from the retail segment. According to data from the system SPARK, net profit was 2.6 billion rubles. Protek supplied 19 billion rubles worth of medicines to 32 regions of the Russian Federation within the framework of the APS program. According to DSM group, Protek’s share of the APS market in 2006 was 30%. Currently it is 18%. The main shareholders are Yakunin and Khachaturov. 4% of the shares belong to the Hungarian pharmaceutical company Gedeon Richter. The President of the company was Vitalii Smerdov.

As is well known, Protek was one of the more active participants in the APS program – its share was about 40%. Moreover, the distributor was known to be close to the former head of the Ministry of Health and Social Development, Mikhail Zurabov.

The aim of the attack on the company was to weaken the role of private distributors in the APS program who were affiliated with the minister. Now their place should be taken by the State Corporation FLK. The Government distributor can be built on the base of Farmimex”. To all appearances, the President of the latter, Aleksey Apazov was one of the initiators of the campaign against the officials from FFMMI and the head of Protek.

The top manager of Farmimex previously headed the pharmacy complex “CCCP”.

From that time, Apazov retained business connections in the specialized departments. This allowed the President of the distributor to become the deputy head of the inter-departmental commission of the Security Council of the Russian Federation for Public Health. It was this Government structure that became the main critic of Mikhail Zurabov generally and of FFMMI in particular. In January 2008, Sergey Chemezov endorsed the idea of creating a State Corporation in the APS market.

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B) The second State Corporation that could be created in 2008 is Avtodor .

The main lobbyist for the project is the head of the Ministry of Transportation, Igor Levitin. Presumably, the creation of this business structure got the preliminary approval of former President Putin.

The Ministry is supposed to come up with the legislation and get the approval of all the necessary departments for the law on the creation of Avtodor by the fall session (2008) of Parliament. Prior to this, a list of Federal Roads must be made that are then going to be transferred to the State Corporation (after the passage of the law). At the same time, the authorized capital of the company will be determined.

The Ministry of Transport is lobbying for the whole Federal auto track to be transferred to the new business structure, while the Government wants only the toll roads to be transferred. The final list of assets will be determined by 2009.

Avtodor will also receive the functions of the Federal Road Agency (Rosavtodor) for the management of Federal Roads, which are about 5% of the total roads in the country. Besides conducting competitive tenders for the construction of toll roads, the State Corporation is also planning to receive the advertising profit from billboards on the Federal Roads. The Ministry of Transportation project is analogous to Rosatom – after its creation the specialized departments will be liquidated.

At the moment, the remaining two projects do not seem to have much of a chance to come to fruition.

C) The Rosribflot project belongs to Andrei Krainey. The head of

Rosriblovstva presented his plan for the creation of the State Corporation in the fall of 2007. This State Corporation is supposed to fish in the world’s oceans. However, Krainey wasn’t able to get direct support from “the guys upstairs”.

D) The idea to create a State Corporation that would optimize Russia‘s image in the foreign markets belonged to German Gref. The idea first surfaced in the fall of 2006 within the framework of the MEDT recommendations on supporting domestic exporters. The project moved along pretty quickly and even received the support of some of the largest business structures: Sberbank and VTB. However, after German Gref left his post the project “hit the breaks”.

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CHAPTER 3

PUBLIC FINANCE

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243

KUDRIN’S 3-YEAR BUDGET The main trend in Government financing in 2007 was the

adoption of the first three year budget.

This budget calls for unprecedented Government expenditures for long-term investment programs.

The main author of the three year budget was the head of the Ministry of Finance, Aleksey Kudrin.

The preparation for presenting the three year budget to the parliament began a year ago. First, the project received the approval of the then President Putin who included its main points into his budgetary presentation to the Federal Assembly. Then the Parliament passed the “Law on changes to the Budgetary Code” that stipulated Russia’s transition to a three year budget. According to the law, the Government of the Russian Federation is now obliged to use the three year model, i.e. the budget must include macroeconomic forecasts for the following three years. This includes the level of inflation, the rise in GDP and the receipts and expenditures of the Government.

Kudrin’s main point was that the Parliament should not alter the mentioned forecasts during the passage of the budget. These forecasts could be described as “moderately pessimistic”.

According to the Ministry of Finance, the price of Urals brand Oil was supposed to fall from $61 per barrel in 2006 to $55 per barrel in 2007 and to $50 per barrel in 2010. According to the ministerial data, the stable macroeconomic situation, the reduction of the Government debt burden, and the high level of foreign currency reserves will help keep the favourable investment climate.

The main factor in economic growth for 2008-2010 will be the increase in consumer and investment demand. However the increase in consumer demand will be slower than in the year before. The factor of the situation in the foreign markets, which to a large degree determined the high rate of growth in the previous years, will noticeably decrease: from 2.7% (out of 7.2% GDP growth) in 2004 and 2.6% in 2005 to 1% in 2008. During the course of the next two years (2009 and 2010) foreign market factors will stabilize and account for 1-1.5% of GDP growth. As a result, the yearly GDP growth will be 6-6.2% compared to the forecasted 6.5% for the current year. Investments in fixed capital will have a yearly growth rate of 10-12%. In 2008-2010 the increase in people’s incomes will continue and should be around 7.5-9% per year. The average salary in the economy will increase from 13.1 thousand rubles in 2007 to 20.8 thousand rubles in 2010. Pensions will increase from 3.1 thousand to 5

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thousand rubles. This will help decrease the poverty level in the country. The percentage of people whose income is less than the minimum living wage will fall from 16% in 2006 to 10.7% in 2010.

Maintaining these figures through the Parliamentary passage of the Budget was of primary importance for the Ministry of Finance since the reduction in budgetary receipts and energy prices was one of the main arguments for establishing “Non-Oil-and-Gas Funds” and for the reduction in Government expenditures.

However, German Gref came out against understating the forecasts. The former head of MEDT insisted that they should be increased. The confrontation between these two departments became a fierce battle in the Government, the winner of which was Kudrin.

Nevertheless, notwithstanding the major preparation, the budget could not pass the

Parliament without the support of United Russia. This was the reason for the meeting between Kudrin and the party’s representatives, during which it appears that he had to pay a high price for getting the support of parliament. United Russia needed to find financing for its numerous “electoral/social” projects: the source of this financing became the Federal budget of the Russian Federation.

GOVERNMENT EXPENDITURES

The priorities of budgetary policy (Government Expenditures) The final version of the budget was signed by the President in

July 2007. According to the final version Russia’s GDP in 2008 will be 35 trillion rubles with an inflation rate of 7%, in 2009 GDP will be 39.69 trillion rubles with inflation at 6.5% and in 2010 GDP will be 44.8 trillion rubles with inflation at 6%.

Federal budget revenues in 2008 will be 6 trillion 644.4 billion rubles (20% of GDP), including Oil and Gas revenues of 2 trillion 383.1 billion rubles (6.8% of GDP). Oil and Gas transfers in 2008 will total 2 trillion 135 billion rubles (6.1% of GDP). Budgetary expenditures in 2008 are planned to be 6 trillion 570.3 billion rubles (18.8% of GDP). Budget revenues in 2009 will be 7 trillion 465.4 billion rubles (18.8% of GDP), including Oil and Gas revenues of 2 trillion 351.9 billion rubles (5.9% of GDP). Oil and Gas transfers in 2009 will total 2 trillion 103.6 billion rubles (5.3 % of GDP). Budget expenditures in 2009 are planned to be 7 trillion 451.2 billion rubles (18.8% of GDP), including tentatively confirmed expenditures of 186.3 billion rubles (. 5% of GDP).

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Federal budget revenues in 2010 will be 8 trillion 089.9 billion rubles (18.1% of GDP), including Oil and Gas revenues of 2 trillion 348.3 billion rubles (5.2% of GDP). The Oil and Gas transfer in 2010 will be 2 trillion 016.0 billion rubles (4.5% of GDP). Budgetary expenditures in 2010 are planned to 8 trillion 089.9 billion rubles (18.1% of GDP), including tentatively confirmed expenditures of 404.5 billion rubles (. 9% of GDP).

The budget surplus in nominal terms in 2008 is planned to be 74.1 billion rubles (. 2% of GDP), in 2009 – 14.2 billion rubles (. 04% of GDP), and in 2010 there will no longer be a surplus. The nominal value of Russia’s GDP in 2008 is expected to be 35 trillion rubles, in 2009 – 39 trillion 690 billion rubles, in 2010 – 44 trillion 800 billion rubles. The maximum level of internal Government debt as of January 1, 2009 is set at 1 trillion 824.7 billion rubles, as of January 1, 2010 – 2 trillion 275.8 billion rubles, as of January 1, 2011 – 2 trillion 856.8 billion rubles.

The maximum level of Government foreign debt as of January 1, 2009 is set at 1 trillion, 132.4 billion rubles, as of January 1, 2010 – 1 trillion 164.5 billion rubles and as of January 1, 2011 – 1 trillion 232.9 billion rubles.

Expenditures will gradually increase in most of the segments of the budget.

For example, in 2008 the “National Defense” segment is set to get 509.1 billion rubles, while in 2010 its supposed to get 600 billion rubles. At the same time, expenditures for the housing and public utilities segment and the culture, cinematography and media segment will decrease.

Three firm trends can be singled out which manifested themselves within the framework of the 3-year budget.

-First of all, there will be a decrease in the financing of the

national projects. This was caused by a number of complications that came up in

their realization. The national project “Affordable and Comfortable Housing for

Russian Citizens” is traditionally considered the most problematic. The rise in housing

prices in the capital and in the regional centers, the deficit in construction materials and the ineffective mortgage system were the main restraining factors in 2006. The President stated in January 2008 that the national projects in their current form will come to an end. Then Putin stated that it was necessary to transform them into long-term investment programs.

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-Secondly, there will be a change in the mechanism of the

formation and the structure of the “Stabilization Fund” . According to the three year budget there will be a change in the way Oil and Gas revenues are administered. A “Reserve Fund” (to substitute for falling income in the budget in case of a fall in energy prices) and a “National Well-being Fund” will be created on the base of the Stabilization Fund. Part of the Oil and Gas revenues will go towards covering the budget deficit, which in 2008 will be 6.6% of GDP, in 2009 – 5.9% of GDP and in 2010 – 5.3 % of GDP. The size of the Oil and Gas transfer to cover the budget deficit in 2008 will be 6.1 % of GDP, in 2009 – 5.3% of GDP, and in 2010 – 4.5%. As a result of the establishment of the Fund of National Wellbeing, the total value of the Stabilization Fund will significantly decrease. Part of its cash will go to the Investment Fund, the Russian Venture Company, and the Development Bank. (see Ultra)

It should be reminded that previously there was a proposal to buy securities of Russian companies in order to support the stock market. The National Well-being Fund was looked at as the most likely source of funding for this Government investment.

However this idea was later disavowed. Vnesheconombank (VEB), which administers part of the Pension Fund, was then offered up as the strategic investor. To be more precise, VEB administers the pension fund of the “undecided” pensioners – those who have not chosen a management company yet.

-Thirdly, the budget stipulates for long-term investment

programs which were proposed by the largest Government companies (Gazprom, RAO EES Russia, RZhD) and also separate departments.

Practically the budget was put together with main aim of distributing the financial flows between the main pressure groups while at the same time not allowing any one group or person to consolidate them. This is the very reason for the long-term Government expenditures.

Three groups can be singled out as major recipients of Government investment.

The first one is represented by the regions. Regional FTPs (FederalTarget Programs) as a rule are controlled by the Ministry for Regional Development which is run by Dmitri Kozak.

The second group is represented by State Employees. Social

expenditures until the fall of last year were controlled by the Ministry of Finance. However, after Kudrin’s deputy, Tatyana Golikova became the

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Minister for Health and Social Development the financial levers returned to the specialized department.

Finally, the third and largest recipient group of Government investments is represented by the Government Companies. First of all, this is the state corporations (USC, UAC, Rosnanotech, the Development Bank, Olympstroi, Rostechnology, Rosatom, HPU and others) and the OAOs (Gazprom, RAO EES Russia, GidroOGK, RZhD and others).

As a rule, here, Government financing takes the form of an FTP to aid separate branches of the economy.

THE LARGEST FEDERAL TARGET PROGRAMS

The largest Federal Target Programs that were announced in 2007 are: 1. FTP Development of Maritime Machinery. The main recipient

of funding within the framework of this program is USC (United Ship Building Corporation). The Program’s initiator is the business structure of Sergey Pugachev. According to the FTP the production of civil maritime machinery, for which there will be demand in the market is supposed to increase 2.5 times by 2016. At the same time the Government is planning to increase the productivity of these factories by three times. Also the Government has calculated that by 2015 the market will demand 116 ships, 70 icebreakers and other service ships, 117 riverboats and river-sea class boats, 180 harvesting vessels and 35 technical facilities for shelf development (platforms). The total cost of all this is valued at $22 billion. Because of this, in a dedicated cabinet meeting, a decision was taken that the Federal Target Program for the development of civil maritime machinery between 2009 and 2016 would be financed to the tune of 140 billion rubles. 93 billion are supposed to come from the Federal budget while 47 billion are supposed to come from non-budgetary sources.

2. FTP Development of the Domestic Auto Industry. This

program foresees the expenditure of 146.6 billion rubles till 2015. The FTP is still being discussed in the Government. The main lobbyist for the program is the head of Rostechnology, Sergey Chemezov. The point is that a lion’s share of these funding will go to the development of Avtovaz, which is under the control of Rostechnology. These Government investments will be absolutely enormous for Avtovaz, considering its modest financial showing in 2007. The attraction of

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funding is necessary to modernize the plant’s production and retain its share of the domestic auto market.

3. FTP Development of Rail Road Transportation. The main

lobbyist for this project is the President of RZhD Vladimir Yakunin. This document first came to light in the spring of 2007. On April 10, Vladimir Putin held a meeting about the long term development of rail road transportation. The former prime minister (Mikhail Fradkov), the head of the Presidential administration (Sergey Sobyanin), the former minister for economic development (German Gref), the head of the Ministry of Transportation (Igor Levitin) and the President of RZhD (Vladimir Yakunin) all took part to this meeting. Immediately after it, the head of the transportation monopoly said that, according to the “Strategy for the development of rail road transportation in the Russian Federation until 2030”, overall investments in this industry could total 10 trillion rubles. At that, according to Vladimir Yakunin, OAO RZhD would be able to supply more than half that sum.

However, already in the fall, this number increased to 13.7 trillion rubles. At that,

the Government’s share will be 2.7 trillion rubles and the constituent entities of the

Russian Federation will pay out 672.8 billion rubles. The share of private investments in general rail road transportation is set at 7.2 trillion rubles (out of that, RZhD will provide 5.9 trillion rubles), while their share in industrial transportation would be 3.1 trillion rubles.

4. FTP Development of the City of Sochi (2014 Winter

Olimpics). The main initiator of this project is the governor of the Krasnodar

region, Alexander Tkachev. Basil and Deripaska have also been actively investing in the region over the past couple of years and look pretty well prepared for 2014.

This took different forms. Basil began the construction of a number of cement factories in different regions (including the southern Federal District). Deripaska sped up the development of transportation projects within the framework of the “Aeroporti Yuga Holding”. This business structure operates the airports in Annapa, Krasnodar, Sochi, Avialiniyi Kubani, and is participating in the construction of the airport in Geledgik. In 2006 these airports served 3.1 million passengers. For the development of this project Deripaska even bought a small share in German Hochtief AG, which specializes in the reconstruction and

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exploitation of airport facilities. Finally, Basil began the project Imeritinskaya Riviera. As a counterweight to Deripaska, another heavyweight from the Russian business world,

Vladimir Potanin, decided to concentrate on the construction of the Rosa Khotour complex in Krasnaya Polyana. The calculation that the head of Interros made was a rather easy one: the Government itself will build practically all of the transport and social infrastructure and this in turn will increase the project’s profitability. According to the FTP, Sochi’s infrastructure is supposed to get $313.9 billion rubles (around $12 billion) of investment. The Federal budget will contribute 185.8 billion rubles, the Krasnodar region and the city administration will contribute 9.2 billion rubles while the other 118.8 billion rubles will be contributed from non-budgetary sources. This much money has never been allotted for the Olympics. For example the games in Nagano cost $2 billion, the ones in Salt Lake City cost $1.32 billion and the ones in Turin cost $2.7 billion. According to experts, the Olympic games themselves won’t be able to cover these costs – the maximum is around 20%. According to experts the time that it will take to recoup these costs will be 7-10 years.

5. FTP Development of Nanotechnology (2008- 2010). Its main initiator is the head of the Kurchatov Institute. It was

thanks to Mikhail Kovalchuk and his brother Yuri that this project was lobbied through and received the necessary financing. The FTP was approved by the former head of the Government Mikhail Fradkov on August 2007. This projects finances will include 24 billion 944 million rubles from the Federalbudget and 2 billion 788 million rubles from non-budgetary sources. These funds will be geared towards developing nanotechnology infrastructure in 8 thematic directions. In particular, the “Lukin R&D” Physics Institute was chosen as the lead organization for the development of nano-electronics, the Moscow State for Electronic Machinery – nano-engineering, the Bochvar All-Russian R&D Institute for inorganic materials – functional nano-materials for use in the energy sector, the Keldish R&D Institute – functional nano-materials for use in the space sector, VGUP Russian scientific center Kurchatovskii Institute – nano-biotechnologies, the Prometei VGUP Central R&D Institute of construction materials and the Federal State institution Technological Institute of super-hard and new carbonic materials – nano-materials for the construction industry. VGUP All-Russian R&D Institute for aviation materials – composite nano-materials, and VGUP Central R&D Institute of chemistry and mechanics – nano-technology for security purposes.

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CHAPTER 4

PRESSURE GROUPS IN THE RUSSIAN ECONOMY

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In 2007, there were seven main “Pressure Groups” active at Federal level that, admittedly, had a different status and possessed diverse resources in bringing their strategic projects to life

THE “LEGAL” PRESSURE GROUP (GAZPROM)

Its leaders are the former chairman of the board of directors of the Government monopoly, Dmitri Medvedev and the CEO of the company Alexei Miller.

A number of advantages and disadvantages (Risk factors) can be noted about the main asset of this group. A plus is of course the fact that the company is the exclusive supplier of Russian Gas to the International markets. This situation was cemented in the “Gas Export Law” that was signed in the summer 2006 by the President Putin. Besides, in the long term, Gas prices are going to rise and this will bring about significant increases in the Gazprom’s financial figures (including market capitalization and profits). Moreover, Gazprom is diversifying its business and actively developing Oil production –the integration of Sibneft was practically painless– while aggressively increasing output and refining in the domestic market. The company is also systematically absorbing its main competitors in the domestic Gas market. It received a large amount of shares of the independent Gas producer OAO NOVATEK (the main beneficiary of the company is its CEO, Leonid Mekhelson) and is planning on further increasing its share there. Finally, Miller is also seeking a presence in the electricity sector (OGK-5).

The “lawyers” have always had a strong political “backing”. Above all, of course, there is the former first deputy premier and now President, Dmitri Medvedev. Besides there is the former Minister for Natural Resources, Yuri Trutnev, and the deputy head of Rosprirodnadzor, Oleg Mitvol, who are protecting the company’s interests in Sakhalin-2.

In the “economic block”, Miller periodically entered into tactical alliances with the former head of MEDT German Gref, who, nevertheless, was not a direct “agent of influence” of this group, as proved by his periodical statements about the high price of Gas in the domestic market. In the “siloviki” block, the “lawyers” main partner is the general prosecutor Yuri Chaika: during the short time as the head of that department, Chaika took part in two key Gazprom projects – Kovytka and Sakhalin-2.

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The strongest resource of the group was always in the direct channel to President Putin: Medvedev and Miller both worked with him in St. Petersburg city hall. Miller worked in the Committee for Foreign Affaires (CFD) and in the administration of foreign economic dealings. The head of the administration at that time was Alexander Anikin. In the spring of 1992, Anikin was dismissed and Miller took over his post. The former, later, became Putin’s deputy.

As far as political positioning is concerned, a serious advantage that Gazprom -and the groups of elites who are oriented towards it- have is represented by the company’s direct involvement in a strategic project, i.e. the strengthening of Russian positions in Western Europe.

Thus, in the summer of 2006, Miller announced the “Blue stream- 2” construction project (Southern European Pipeline – SEP). Together with Nord Stream, the new Gas pipeline is supposed to create alternative routes for the export of Russian Gas. At that, NEP directly hits the end consumer, while Blue Stream-2 passes through the territories of pretty loyal countries (especially Bulgaria and Greece). Moreover, this will diminish the importance of the less reliable central Gas pipelines. The dependence on these central pipelines was used by the transit countries (Ukraine, Belarus) to exert political pressure on the Russian Federation. In addition to everything else, by cooperating with large European companies (ENI, Е.ОN AG, BASF), Russia will receive major support from the leading EU business structures. The main ally within the framework of this project is Germany, which will act as European Gas distribution centre.

The Media power of the group’s activities is provided by Gazprom-Media. Its main and most influential assets are NTV, Ekho Moskva, Izvestia, and Itogi. The company’s position is most actively represented by Izvestia, and Itogi.

However in 2007, Gazprom’s business activities were not “cloudless”. Gazprom felt a certain pressure from its competitors in the first half of the year, when its patrons from the “lawyers” pressure group began having administrative problems (especially after Sergey Ivanov was put forth as the “main candidate” to become “Putin’s successor”). In particular, this manifested itself in the resistance to a number of Gazprom’s strategic projects.

For example, on February 8, Gazprom’s Ceo, Alexei Miller, and Vladimir Rashevskii, the General director of OAO “Sibirskaya Oogolnaya Energoticheskaya Kompaniya” (OAO SYEK), signed a protocol of intent to create a joint venture company on the base of both of their electricity and coal assets. The new company’s shares were

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supposed to be divided up as follows: OAO Gazprom 50% plus 1 share, OAO SYEK 50% minus 1 share.

The partners were planning on forging a common strategy for the new company to become one of the Russian leaders in electricity production and also to take up a leading position in the world energy and coal mining industries. The joint company was oriented towards a significant increase in economic efficiency through a more balanced approach to using coal and Gas in electricity production in order to save on Gas deliveries for electricity production.

However, a number of Government and business structures came out against the Gas monopoly’s plans. First of all, the traditional critic of Gazprom’s offers to consolidate strategic assets in the electricity market is the head of PAO EES Russia. Anatoly Chubais’ position is quite understandable. For the previous six months he had been promoting the idea of increasing RAO’s investment program. Chubais met serious resistance on this path. In the beginning, the former head of MEDT came out against him. In particular, German Gref removed Mikhail Abizov –the head of the commission for investments and a man close to Chubais– from his post. In the upshot, the key post went to a “compromise manager”, Andrei Zadernyuk. Nevertheless, the head of RAO tied Gazprom to the significant problems in the implementation of his plans. Anatoly Chubais’ investment program was supposed to be financed by selling the shares of RAO subsidiaries, which were planned for the year 2007.

However, if Gazprom and SYEK were to create the joint venture company, then RAO would have not been able to sell OGK and TGK for a significant premium, as foreign companies/investors would not have entered a monopolized industry, and this was practically inevitable, since the positions of both companies in the market is pretty strong.

If the investment program was cutback, then business structures that are affiliated with RAO would have not had access to these financial funds. These companies include “Federalnaya Setevaya Kompaniya” (FSK), “Hydro” OGK, “System Operator” (SO), “Sevzapelectrosetstroi” and others. Nevertheless, Anatoly Chubais could not have torpedoed the joint venture deal by himself since the administrative resources of the “lawyers” who control Gazprom are much higher. However, here, the top manager received the unexpected support of German Gref, whose relationship with the head of RAO, to put it mildly, was not the friendliest. The position of the then MEDT’ head was decisive in forming the opposition to the “lawyers’” plans for the electricity industry. He is most likely the one behind the initiative to block the joint venture

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company between Gazprom and SYEK through Government representatives in the board of directors of the monopoly. The interest of the former head of MEDT in this case was determined by the risk to his image. He has the reputation of being “a moderate liberal economist” and in this role he lobbied for joining the WTO, lowering the VAT, allowing foreign investment in the auto-industry and others. In order to preserve this reputation, Gref was forced to come out against the creation of the joint venture company.

It was the position of the head of the MEDT that was connected with the activation of another department – the Federal Anti-monopoly Service (FAS). Its head is traditionally reserved when it comes to the activities of state corporations. Nevertheless, Igor Artemev characterized the creation of the joint venture company as an “attempt to monopolize the electricity market”. FAS’ demarche was quite understandable: the department started collaborating with German Gref long time before and pretty keenly Artemev joined the battle of his political master.

Gazprom is also vulnerable by the often “unfriendly” activities of its subsidiary companies. Here, Gazprombank should be especially noted. Its director, Andrei Akimov, has a pretty complex relationship with the monopoly’s leaders. At the end of 2004, Akimov wanted to increase his personal influence at Itera; however Miller practically took over the management of the holding. An analogous situation (till the end of 2006) could be observed at another subsidiary – Gazpromneft. The main initiator of the unfriendly activity towards the “mother company” was Alexander Ryazanov, who ended up in the Gazprom subsidiary because he was the head of Sibneft. During 2006 the top manager was involved in a whole slew of demarches against Miller. The most striking one was his participation in Bogdanchikov’s project with the famous “letter to Fradkov”.

Generally speaking, Gazprom was never an example of corporate unity. Key aspects of the business were controlled by various “subgroups”, which some times ended up being competitors. There are four such subgroups.

-The first is “Medvedev’s subgroup” and it protects the interest of

the “mother” company. Besides the former first deputy premier, Alexei Miller is also in this group. The head of Gazprom has been trying for a long time to transfer under his control all aspects of the business of the monopoly but has not been able to do so completely. The group’s strongest positions are in the specialized field of the company – Gas. Moreover, “Miller’s man”, Kirril Seleznyov controls MezhregionGas,

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which recently has been given the function of consolidating electricity assets. First of all, this is the creation of the joint venture company with SYEK. Also on the menu is the acquisition of 13% of Mosenergo from Gazprombank. A block of shares in OGK-5 is also of interest. Besides this, regional companies are merging within the framework of MezhregionGas. About a year ago, the board of directors of Gazprom decided the acquisition by MezhregionGas of shares in the authorized capital of 12 regional Gas companies (BryanskregionGas, VolgogradregionGas, IngushregionGas, KirovregionGas, KostromaregionGas, KrasnodarregionGas, KyzbasregionGas, KurskregionGas, LipetskregionGas, MordovregionGas, PermregionGas, PeterburbregionGas, PskovregionGas, RostovregionGas, RyazanregionGas, and TambovcregionGas).

-The second subgroup represents the interests of Russia Bank. It

began its activity after gaining control of the finances of the monopoly. This happened in the fall of 2006 when the insurance group Sogaz acquired from Gazprom over 75% of the management company “Leader”, which manages the assets of the non-Governmental pension fund (NPF) Gazfund (167.6 billion rubles) and owns 3% of the shares of Gazprom itself. Later it became known that Gazfund bought 49% of Gazprombank. This decision was made by the board of directors of Gazprom in the fall of 2006. Moreover, the group has a certain interest in petrochemicals. It seems that in light of this, Gazprombank will consolidate 100% of Sibura. OAO “Sibirskaya-Uralskaya Neftegazovaya Kompaniya” was formed by Government

decree on March 7, 1995 and includes 26 companies united in a single technological chain. The main shareholders of the company are – Gazprombak (75% minus 1 share) and Gazprom (25% plus one share). Sibura’s earnings in 2004 were 85.055 billion rubles, in 2005 – 96.2, and in the first half of 2006 according to IFRS (International Financial Reporting Standards) around 54 billion rubles.

-The third subgroup can conditionally be called “Golubyov’s

subgroup”. The new deputy CEO of the monopoly Valerii Golubyov replaced Alexander Ryazanov. Like his predecessor, he began taking direct care of the export of Gas to the CIS. Moreover, Golubyov is considered close to Vladimir Putin – that is, he represents the interests of the Kremlin in the monopoly.

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-The fourth subgroup is more of a tactical alliance between the head of Gazprom export and the owner of Gunvor, Gennady Timchenko, i.e. an alliance between the Oil and Gas export activities under the Gazprom umbrella.

THE “SILOVIKI” PRESSURE GROUP (ROSNEFT)

The main opponent of the “lawyers” is the sub-group formed around another state corporation – Rosneft. Its heads are the former deputy head of the Presidential administration and also chairman of the board of directors of the company, Igor Sechin and the President of the Oil company Sergey Bogdanchikov. Another key representative of the group is the head of the FSB, Nikolai Patrushev. Conditionally the group can be called the “radical siloviki”. At the same time, one should not confuse this group with other groups of elites from the secret service community (they will be discussed below).

The advantages of the main asset of the “siloviki” are evident. After the absorption of the main production asset of Yuganskneftegaz, Rosneft focused on the subsequent assimilation of the “Yukos inheritance” (executing the project of bankrupting the company). In March 2007, Rosneft bought out the 482 million debt of the Oil company from a consortium of banks, with Societè Gènerale at its head, and counted on acquiring the assets it wanted by paying off their credit liabilities.

For this purpose, Eduard Rebgun was appointed to the post of bankruptcy commissioner. On the one hand, he was supposed to significantly quicken the bankruptcy procedure, and on the other, decrease, as much as possible, the price of the assets of the “disgraced” company. So Rebgun appraised the company at 477 billion rubles, that is, a little bit less than the total debt of the company (491 billion rubles). Yukos’ promising assets were its eastern Siberian lots and the Samara Oil refineries. Rosneft then bought them out.

In 2007, this group actively “encouraged” Rosneft’s subsidiaries to move closer to the parent company. In the spring, the decision was taken to transfer the 12 main subsidiaries into a single stock. After the exchange procedure, these companies received 11.85% of Rosneft. According to the plan, Rosneft was supposed to conduct a limited IPO by the end of September and a conversion in October. This measure was directed at consolidating the main assets of the company prior to the administrative and business confrontation with the group of “lawyers”.

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Traditionally this group has always relied upon the support of the security services – first of

all, the FSB. Previously, before the dismissal of Vladimir Ustinov, it also controlled the General Prosecutor’s office, which it actively used to further its business interests and put pressure on competitors. However, after the transfer of Ustinov to the Ministry of Justice, the “radical siloviki” lost a key resource. Nevertheless, they still retain serious positions in the main security departments.

First of all, they control the FederalCustoms Service, which was removed from under the influence of MEDT in 2007. The leadership of the FederalMigration Service (FMS) and the FederalTax Service (FTS) are also considered allies.

Moreover, in the first half of 2007, the “siloviki” were able to strengthen their positions in the economic sphere of the Government by forcing through, via Aleksey Kudrin, at least two significant initiatives. The first was the repeated preparation of the law “about changing articles 20 and 40 in the first part of the Tax code”: this document will give FTS significant levers of influence over large national companies. The second one is the introduction of a system of obligatory registration for VAT tax payers. This measure will allow the tax organs to control Russia’s main exporters.

The formal head of Rosneft, Bogdanchikov, is in the sphere of influence of Igor Sechin, and the latter, as former deputy head of the Presidential administration, has many connections in the Russian elite and enjoys the personal trust of Vladimir Putin. Sechin has known Putin since the beginning of the 1990s. In those years he also worked in the St. Petersburg city hall, first as an assistant to the head, then as head of the administration of the deputy mayor and finally as the head of the administration of the first deputy mayor, the head of the committee on foreign dealings in the St. Petersburg city hall, Vladimir Putin. According to the President, he personally picked Sechin to be part of his team.

In 2007, the “radical siloviki” presented a project for the expansion of Rosneft in foreign markets (China) and also in the domestic market (Bashkiria). Thus, Bogdanchikov’s company intended to exchange shares in its Oil fields for participating in Chinese Oil refineries and Gas stations. Moreover, Rosneft acquired the above mentioned Samara Oil refinery (from Yukos) and may become the owner of a block of shares from Bashneft.

Practically, since all of 2006, the Sechin-Bogdanchikov group was “in the ring” and thus felt serious pressure from its political opponents. However, in 2007 it was able to counter-attack and mount a

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major administrative-business expansion that only came to a stop after Medvedev was named as Putin’s “successor”.

This strengthening of their position, allowed Sechin’s “siloviki” to intensify the lobbying of the Eastern Siberia – Pacific Ocean (ESPO) Oil pipeline project. In March 2007, the then prime minister Mikhail Fradkov took a working trip to Yakutiya. The main objective of this trip was to advance this project. The first part of the ESPO pipeline has a capacity of 30 million tons of Oil per year and is supposed to connect Taishet with Skovorodino (Amurskaya region) and the special Oil port at Kozmino. After the decision to move the route of the pipeline in April of 2006, the construction of the pipeline was divided up into two separate projects: the previously planned route and the increase in the capacity of ESPO, and the part of the pipeline that was moved 400 km north of Lake Baikal. Right now building and installation work is taking place in the Taishet – Ust-kut, Tinda – Skovorodino, and Ust-kut – Talakanskii Oil field (the first zone where the pipeline will be widened) zones. The overall length of the pipeline is around 2.8 thousand km.

The infrastructure project caused a battle among all the major pressure groups, with Rosneft finding itself in conflict with the former head of Transneft, Semen Vainshtok. In spite of the fact that Vainshtok used ESPO to increase his political capital, the construction of the pipeline did not promise him large dividends. Moreover, the speeding up of the project had some risk for Transneft. Against the backdrop of the slow development of the eastern Siberian fields and the fall in output in western Siberia, the bringing on-line of new transport capacity would decrease the fill rate of the pipeline network which would significantly decrease the profitability of the state corporation. Moreover, in this case, Transneft would not be able to meet its export contracts in full measure.

However, a slow rate of construction was not convenient for the “siloviki” who controlled Rosneft. Being under pressure for Gazprom, Rosneft’s most prospective course for development was the export of Oil from eastern Siberia to Asia. To solve this dilemma, the “siloviki” began prospecting the Oilfields, from which the Oil will flow via ESPO. This is, first of all, the Bankorsk Oilfield. The Verkhnechonsk Oilfield is also being prospected. This field is located at the beginning of the new pipeline. The Verkhnechonsk Oil and Gas condensate field is located in eastern Siberia in the Katagansk district of the Irkutsk region, about 420 km to the north-west of the city of Ust-kut. The license for the search and exploration work as well as for the exploitation of the field belongs to the company Verkhnechonsknefetegaz and is valid until 2017. Rosneft owns 25.94% of Verkhnechonsknefetegaz. The majority shareholder (62.71%)

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is TNK-BP. The rest belongs to the administration of the Irkutsk region. So far, there have been over 100 bore-holes sunk. As a result, three fields were opened up – Osinskii (Gas condensate), Preobrazhenskii (Oil), and Verkhnechonskii (Oil). Taking into account everything stated above, the main aim of Fradkov‘s visit to Yakutiya was to speed up the construction of the ESPO pipeline. The former head of Government was considered an ally of the “siloviki” pressure group and has participated in their strategic projects many times.

The weakest point of this group is their lack of a lobby in parliament. Thus, project-laws must go through the specialized committees and commissions practically without the participation of the “siloviki”. Other competing groups (primarily the “lawyers” and the “Staromoskovskie”) get their bills passed through parliament after three hearings. As a result, most of their laws end up passing and thus the siloviki can only resist them at the department (Government) level.

Another vulnerable spot for the group is the lack of a strong media resource, without which

it is pretty difficult to get large economic projects going. Moreover, after Putin picked Medvedev –the leader of Rosneft’s competitor– as his “successor”, the positions of the “siloviki” came under pressure and their main aim became not the pushing through of new initiatives, but rather attaining agreements on the retention of their accumulated assets.

THE STOCK HOLDERS OF RUSSIA BANK (RUSSIA BANK, SURGUTNEFTEGAZ)

Besides the first two, in 2007, another pressure group became more active in asserting itself. According to a number of sources, its major resource asset is Surgutneftegaz and its base structure is Russia bank. As of January 1, 2005, its largest shareholders were Yuri Kovalchuk (37.6%), Nikolai Shamalov (9.7%), Dmitri Gorolev (9.7%), and ZAO Severstal group (8.8%). According to the Center for Economic Analysis (CEA) Interfax, in 2004, the Bank’s assets rose by 54% to 10.3 billion rubles (74th spot) and personal assets to 1.2 billion rubles (98th). The Bank’s profit before taxes in 2004 was 264.4 million (73rd).

Among the main members of this group, Victor Myachin is the most noticeable. He is now the largest shareholder of Russia bank (up until 2004, he was the second largest shareholder after Yuri Kovalchuk), and from 1995 till 2004, he acted as CEO and general director (with a break in 1998-1999) of the Bank. Sergey Kovalchuk, as the largest

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shareholder of JSCB Russia is the chairman of the board of directors. A key player of this elite group is also Gennady Timchenko, the co-owner of the off-shore Oil-raider companies of the “Kinex Group”: the Finnish-Swiss International Petroleum Products and Gunvor International , which is registered in the British Virgin Islands. Moreover he is the main beneficiary of OOO TransOil CIS. The group the conditionally be called “the Russians”.

At the beginning, Surgutneftegaz was earmarked for the “siloviki” pressure group. There was an agreement that the head of the company Vladimir Bogdanov would leave the CIS by 2008. The fact that there were large financial resources in the company’s books testified to this fact. Right now this is more than 10 billion dollars. It was assumed that if Bogdanov were to sell the company, he would take all its cash.

However, at the beginning of 2006, Surgutneftegaz began to be seen as the base of another pressure group. This, in ones turn, didn’t suit the Bogdanchikov-Sechin “conglomerate”, which increased the pressure on Bogdanov via the trade unions. To all appearance, it was the representatives of Bogdanchikov who initiated the mass protests in the summer of 2006 at the Surgut factory.

Nevertheless, “the Russians” continued to accumulate significant financial assets. At the end of August in 2006, it became known that the insurance group Sogaz bought more than 75% of the company Leader, which manages the assets (167.6 billion rubles) of the NPF Gazfund, from Gazprom and 3% of Gazprom itself.

Moreover, Surgutneftegaz announced that it was planning to develop Oil refinery capacity – which is the most problematic aspect of its business.

There are two projects. The first is the building of its own Oil refinery on the eastern branch

of the ESPO pipeline. The second is connected with the purchase of Angarskaya

neftekhimicheskaya kompaniya (ANK). The resource base for both Oil refinery projects will be the Surgut Oilfield in eastern Siberia. At that, Rosneft is beginning to actively resist Surgutneftegaz’ projects to expand its Oil refinery capacity. The head of Rosneft, Sergey Bogdanchikov has noted on several occasions that he sees Yukos assets as the main line of development.

For Rosneft, ANK was the most likely candidate for absorption.

Moreover, Rosneft was planning to build an Oil refinery whose end point

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would be ESPO. The problem is that there may not be enough space in the pipeline for two additional Oil refineries.

Besides that, “the Russians” have been consolidating Media assets. Right now they control the Tele-radio company (TRC) Petersburg. In November 2007, the TRC executed an additional issue of shares worth 25 million dollars. These shares were bought out, by all appearances, by structures close to this pressure group. As a result, 38% of TRC Petersburg is now under the control of the investment company Abros (a structure which is close to Russia bank), 25 % – OOO Volna (a structure that is affiliated with the head of Baltic media group Oleg Rudnov), 18.5 % – Severstal group and 18.5% – the St. Petersburg city administration. Later, on January 25, 2007, TRC Petersburg won the competitive tender for broadcasting frequencies in 41 cities. As a result, the channels audience increased on average by 200.000 people.

Moreover, “the Russians” are exerting influence over the channel Ren-TV. The channel is the main asset of OOO Media-holding Ren-TV. It unites 354 television companies in Russia and the CIS. The average Russian viewing share of the channel is 4.5-5%. 30% of Ren-TV is owned by German RTL group, while Severstal group and Surgutneftegaz control 35% apiece. The possible merger between Ren-TV and Petersburg was already being looked at in 2007 with the aim of the latter acquiring Moscow frequencies.

“The Russians” also have pretty strong positions in Government departments.

For example, the head of OAO Rossiiskiyi Zhelezniyi Dorogi, Vladimir Yakunin used to be a member of the board of directors of Russia bank. The Minister of Education and Science, Andrei Fursenko was a member of its auditing commission. And the former deputy CEO of Gazprom, the deputy minister for economic development, Vitalii Savelev used to head this financial organization.

This group is pretty close to the President and has a significant resource – his trust.

However, “the Russians” also have their weak spots. For a start, this group was not public and it was built as a network. In 2008 it will be forced into the Media spotlight, which could be bad for business for some of its members (for example Gennady Timchenko and Yuri Kovalchuk). Moreover, the “radical siloviki”, who have levers of influence in Bogdanov’s company, are actively working against this group.

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YAKUNIN’S GROUP (ОAО RZHD)

In spite of the fact that the head of the railroad monopoly is affiliated with the shareholders of Russia bank, in the domestic market, Vladimir Yakunin appears to be furthering his own interests and pushing through his own projects.

They are mostly connected with OАО RZhD. This is one of the largest transport companies in the world and 100% of its shares are Government-owned.

The company has 85,500 km of railroad track; in 2006 it transported 1.3 billion tons of freight and 1.35 billion passengers. The company’s revenues in 2006) according to Russian Accounting Standards (RAS) were 750.23 billion rubles, while its profit was 29.57 billion rubles.

Vladimir Yakunin has four strategic initiatives.

-The first is to complete a number of infrastructure projects in the territory of the Russian Federation. Here, the strategic direction is the expansion and modernization of the TranSiberian Railway. This railway transports more than 50% of the total foreign trade and transport freight of the country. Currently OAO RZhD is ready to increase the volume of container shipping on this railway by 2-2.5 times. And if the fleet of specialized railway cars and the capacity of port terminals were to increase then RZhD would be able to increase it by 3-4 times.

Since 1999, the volume of container shipping across the Trans Siberian Railway has increased by an average of 30-35% a year. In 2004, the total volume of transported containers was 386.95 thousand in twenty foot equivalent units, including transit – 155.4 thousand TEU, export – 118.6 thousand TEU, and import – 113 thousand TEU. During 2004, 3247 container trains participated in international connections. The total volume of cargo that was transported to Western Europe from APC (Asia-Pacific countries) was 155.7 thousand TEU containers compared with 117.2 in 2003 and 70.6 thousand in 2002. In 2005, the total volume of transport was 388.3 thousand TEU containers (including 139.2 thousand – import, 124.8 – export). Between Russia and China there were 134.9 thousand containers transported, while in 2004 this number was 121.1 thousand containers. More than 65% of them were transported through port Eastern, while 25% through the border crossing Zabaikalsk.

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The development of this route holds significant economic dividends. In Eastern Siberia and in the Far East a number of strategic projects are being sped up.

These include the development of Nizhniy Priangarya, which was lobbied by key pressure groups (RAO EES, Rusal, and others). This project is being intensely lobbied for by the head of the Krasnoyarsk region, Alexander Khloponin.

Moreover, a number of transport infrastructure projects are being readied to be implemented in the Yakutiya (here it is being lobbied for by the head of the republic, Vycheslav Shtirov, the Ministry of Finance, and the ALROSA company) and Chita regions (offered by Norilsk Nickel). Finally, within the framework of the Federal Target Program for the development of the Far East, major investments are planned in the development of the industrial complex of the region. Most of the named projects are going to be realized within the framework of a Government-private business partnership. Within this framework, the Government finances the infrastructure part of the project.

-Yakunin’s second initiative is the strengthening of RZhD’ positions in foreign markets. Here, the main line of development is South-east Asia, seen as a new market for exporting Russian energy. Here Yakunin’s main competitor is Transneft. After the bankruptcy of Yukos and the sale of Yuganskneftegaz, Rosneft took over the export of “black gold” to China. The Oil company tried to significantly increase deliveries using the Oil pipeline through Kazakhstan (Omsk – Pavlodar – Atasy – Alashankao). Bogdanchikov’s company even presented a request to transport 1.2 million tons of Oil in 2007. However, through the efforts of Yakunin, this project was torpedoed (the export schedule was not approved). As a result, Rosneft had to increase its deliveries by way of rail.

-Yakunin’s third initiative is the acquisition of contiguous assets. First of all, this project involves the purchase of Transmashholding, the leading producer of railway vehicles. A state corporation that builds transport vehicles may be built on its base. Vladimir Yakunin would then get control of this new state corporation.

-Fourth, Yakunin’s last and main project is the creation of Gruzavaya Kompaniya (Freight Company) RZhD. It is hard to overestimate the significance of this project for the group. This business

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structure is supposed to become the key asset of the railway operator, becoming a major source of income for the whole group.

Moreover, the realization of 49% of Gruzavaya Kompaniya RZhD is supposed to become the resource that will help finance the monopoly’s investment program in the long-term. However, here, Vladimir Yakunin met some serious resistance from competing pressure groups in the person of the head of the Ministry of Transport.

Igor Levitin, in this conflict, is lobbying for the interests of the private Transport companies. First of all, these are OOO Nezavisimaya Transportnaya Kompaniya, OAO Novaya Perevozachnaya Kompaniya, OOO Firma Transgarant, and OOO TransOil. The representative of the latter is the head of Roszheldor.

A collision between the head of the Ministry of Transport and the President of RZhD occurred on October 23, 2006 at an inter-department commission on questions concerning structural reform in railroad transportation. Then, the consolidated effort of Levitin and the private operators were able to stop the creation of Gruzavaya Kompaniya. However, subsequently Yakunin managed to implement a number of strategic projects that significantly strengthened his position in this conflict.

The Inter-Department Commission (IDC) of the Ministry of Transport for the reform of railroad transport approved in March 2007 the specialized model for the railway transportation service market until 2010. In this way, the Gruzavaya Kompaniya RZhD project began. Its authorized capital will include 260.000 train cars – practically the entire specialized railway vehicle fleet and part of the universal train cars that can be used in the competitive segment of the market. OAO RZhD, apart from the universal railway vehicles, will retain all of its railway vehicles that are connected with securing the military and mobilization transport needs.

In 2009-2010 part of the shares of the subsidiary company may be sold via IPO with the secured funds used to modernize infrastructure and renew the railway vehicle fleet.

The second freight subsidiary will appear in 2008-2009, after the results of the activity of the first subsidiary company are analyzed. At this time a decision will also be taken on the FederalPassenger Company – also taken into account will be the experience of the FederalPassenger Directory and the OAO RZhD’s management of the train stations.

Practically, the decision of the IDC is a strategic victory for Vladimir Yakunin since the creation of the freight companies according to the conditions set by RZhD with the subsequent IPO, on the one hand

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will allow the monopoly to retain its position in the domestic market, and on the other, will provide a financial resource for its other strategic projects.

The group’s advantage is Yakunin’s close relationship with President Putin and in addition to this, his significant political resource (the head of RZhD for example, is the head of the board of trustees of the Patriotic Fund, Andrei Pervozvannovo). Of no small importance is the electoral potential of the group. OAO RZhD is one ofthe largest employers in the Russian Federation, and this makes Vladimir Yakuninan advantageous strategic ally for all the different groups of elites.

Among their main vulnerabilities is the conflict with the specialized department –like the Ministry of Transportation– which is already pretty fierce. RZhD’s positions are also weakened by the conflicts with the private transportation companies, the largest of which, Severstaltrans, has been waging a Media and Departmental battle with Yakunin for a long time.

CHEMEZOV’S GROUP (FSUE ROSOBORONEXPORT)

For the past couple of years, the head of FSUE (Federal State Unitary Enterprise) Rosoboronexport, has been lobbying for projects that are connected with the formation of large state corporations in the Russian economy. Sergey Chemezov is responsible for the realization of five of these specialized projects.

-The first one is the consolidation of the helicopter holding

created in 2002 on the base of MIC (Military Industrial Complex) Oboronprom. Right now the FSUE is working on putting into place a single production chain and the specialization of the main enterprises of the business.

-The second one is the consolidation of Engine-building

companies. The core of the new state corporation will be the R&D company Saturn. The Ufimskoye engine construction and production unit and the Permskii engine construction complex, will subsequently, in all likelihood, join the new company.

-The third project is connected with the creation of an Armour

state corporation. This project was actively discussed in the middle of 2006,

however there were no significant developments in this matter. Right

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now, under discussion are the possible participants in the business structure and also the possible base companies. To all appearance, FSUE PE (Production Enterprise) Uralvagonzavod is laying claim to this role.

The fourth project is supposed to unite the producers in the

Russian Metallurgical market. Here there are two trends: the consolidation of the Titanium corporation VSMNO-Avisma and the creation of a state corporation that will produce specialized steel. The key event in the second trend was the purchase of ZAO Russpetsstal (a subsidiary of Rosobronexport) from Midland steel industries limited, and 100% of the shares of the metallurgical factory Krasnii Octyaber, located in Volgograd.

The company ZAO Russpetsstal was founded in August 2006. The strategic aim of the company was to create a metallurgical holding by consolidating and developing assets that produce specialized steel and alloys. 25.3% of the assets of ZAO Russpetsstal belong to ZAO Promimpex, the founder of which was FSUE Rosoboronexport.

According to the agreement, ZAO Russpetsstal will acquire 49.696.953 shares of common stock and 2800 shares of preferred stock in OAO Mettalurgicheskii Zavod Krassnii Oktyaber (MZKO), which is 100% of the equity capital of OAO MZKO. OAO MZKO, in turn owns 99.99% of the shares of ZAO Volgogradskii Mettalurgicheskii Zavod Krassnii Oktyaber (VMZKO).

-Finally, the fifth project is supposed to consolidate the Military Electronics industry. Last year, Sergey Ivanov (then still the Defence Minister) received an offer intended at the creation of OAO Electronie Systemi on the base of Oboronprom, a subsidiary of Rosoborexport.

To all appearances, the following companies (with State capital) will be merged with the State corporation: ОАО Litkarinskii zavod opticheskovo stekla (38%); R&D company semi-conductor devices (Tomsk, 100%); R&D company electronic computing machines (Moscow, 60.26%); Institute for guided machines (Moscow, 38%); Schyotmash (Kursk, 30,38%); the Kalmikov Moscow factory of accounting machines (Moscow, 12,88%); FSUE Istok (city of Fryazino, Moscow region); FSUE SPE (Scientific and production enterprise) Topii (Moscow); FSUE R&D company M. F Stelmkha Polus (Moscow); FSUE R&D company Argon (Moscow); FSUE R&D company S. A Vekshinskii vacuum machinery (Moscow); FSUE R&D company micro-electric gear Progress (Moscow); FSUE FSE Pulsar (Moscow); FSUE Gosudarstvenii zavod pulsar (Moscow); FSUE Alpha (Moscow); FSUE R&D company

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Platan with an R&D factory (city of Fryazino, Moscow region); FSUE SPE Salut (Nizhninovgorod); FSUE PO Novosibirskii priborostroitelnii zavod (Novosibirsk); FSUE Tsentralnoye konstructurnoe bureau tochnovo priborostroenie (Novosibirsk); FSUE SPE Polyot (Nizhninovgorod); FSUE Gosudarstvenii institute prikladnii optiki (Kazan).

Judging from the composition, there is not that much production continuity.

However, just like the helicopter construction project, Chemezov is planning on making his presence felt in military electronics. Later on, the structure of the state corporation may be significantly reformatted.

Chemezov, just like Yakunin, is pretty close to former President Putin. At the same time, he has strong positions in the Defence Industry (DI) of the Russian Federation.

Moreover, “Chemezov’s people” are in all the specialized structures and departments: the

Ministry of Industry and Energy, the Ministry of Defence, the Joint Staff, and others.

The Group’s weaknesses include traditional conflicts with the Defence Minister. This includes the former (Sergey Ivanov) and current (Anatoly Serdyukov) head of the Defence Ministry.

Moreover, Chemezov had a problem with the corporate structure of the shares. In particular, the head of the FSUE had to coordinate with the owner any deals that exceeded 5 million rubles. In order to significantly increase his capabilities, Sergey Chemezov lobbied through the transformation of his FSUE into a State corporation (see Ultra); in this way it became much easier to manage the company and Rosoboronexport got rid of the burden of having to coordinate the majority of its moves with the Government.

DERIPASKA’S GROUP (RUSAL)

Oleg Deripaska has many strategic assets; however his key asset is Rossiiskii Aluminii . The creation of the integrated company occurred on March 27, 2007. As a result, the largest producer of Aluminum in the world appeared on the scene.

The integrated company Rossiiskii Aluminii (United Company

RUSAL) is now made up of 4 companies that extract bauxite, 10 aluminous and 14 aluminum factories, and also 3 rolled aluminum fOil plants. The company’s assets are stretched out on 5 continents and

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17 countries. Rusal’s yearly turnover is around 12 billion dollars. More than 100,000 employees work at the factories and plants of the company. The production capacity of the integrated company allows the yearly production of 4 million tons of aluminum and 11 million tons of alumina.

Moreover, the company has rich reserves of high-quality bauxite and also access to energy resources. The Chairman of the board of directors of the integrated company became Victor Vekselberg, who used to be the chairman of the board of directors of the company Sual. The general director became Alexander Buligin (previously he was the general director at Rusal). The shareholders of Rusal own 66% of the integrated company, while the shareholders of Sual own 22%. The shareholders of Swiss company Glencore now own 12% of Rossiiskii Aluminii. In the next three years, the company is planning on an IPO.

Officially, the process of integrating the assets of the company lasted six months. Thus the agreement on the unification between Rusal, Sual, and Glencore was signed on October 9, 2006. Most of time was taken up by getting approval from the anti-monopoly organs of the countries where the assets where located. This process went through easiest of all in the Russian Federation. A preliminary agreement was already given in the beginning of the fall (by the Federal Anti-monopoly Service (FAS) while the application was only submitted on November 13, 2006. The European controlling organs put up more of a challenge. But they too agreed. They gave their permission on February 14, 2007. A major factor was the strong lobbying positions of Glencore in the European Commission.

Nevertheless, the main difficulties in putting Rossiiskii Aluminii together were connected with the battle between the shareholders in the company. All three sides had their own strategy for the development of the business structure. In many respects, the final parameters of the deal were a compromise between the partners.

At the beginning, the head of Renovo was not interested in the deal. In many respects Vekselberg had no other choice. He had been trying for a while to sell his share to a strategic investor, first of all, to a foreign company. Vekselberg had drawn out unsuccessful negotiations with the market leaders – Alcoa, Alcan, Hydro and Anglo American. Later, in the first half of 2006, a project was developed to conduct an IPO for Sual, where the businessman was planning to part with his majority share.

When it became clear that the merger was inevitable and that it had received the blessing of the Kremlin (to all appearance, the

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preliminary parameters of the deal were worked out at a meeting between Oleg Deripaska and Vladimir Putin in August of 2006), the head of Renovo concentrated on the maximization of his own profit and the withdrawal of part of the production capacity of the business from under the control of the consolidated company.

Oleg Deripaska was forced to make serious concessions to Vekselberg in this deal. The head of Renovo was able to set a high dividend rate – 50% of the Rossiiskii Aluminii’s profits will go to its shareholders. Vekselberg was also able to get the agreement of Deripaska on conducting an IPO of the consolidated holding, which was supposed to happen in the medium term. According to the agreements, the co-owners of Rossiiskii Aluminii would sell 20% of its shares in the market. At that, Glencore’s share in the company was to remain above 10% and Deripaska was supposed to keep a majority stake. If for any reason the IPO cannot be conducted within three years, then the head of Rusal would be obliged to buy out the shares of his partners at the price stated in the agreement.

In return, Oleg Deripaska practically got full operation control of the company. Thus, out of the 14 representatives on the board, only two come from Sual. Moreover neither of them took a key post – director of strategy, and sales director. Meanwhile, Deripaska’s representatives headed up all of the divisions.

Oleg Deripaska does not seem to face any serious political risks. The businessman has a significant network of friends in the Administration and he is taking direct part in strategic Government projects, like the 2014 Winter Olympics Games in Sochi (with the development of the Nizhnie Priangarye area). Moreover, the property structure of the main assets that he holds are well protected as most of the assets are under the control of management companies located abroad.

Vekselberg is in a different position. Lately the businessman has come under pressure from Gazprom about Kovytka and electric energy. That is why his main strategy is to sell his assets for a premium. Consequently, the head of Renovo will most likely realize his block of shares in Rusal.

Glencore has its own plans for the future of the company. Most of the assets of the business structure were broken up and had poor corporate protection. Moreover, Glencore’s production assets were located pretty far from prospective markets (Southeast Asia and most of all China). It should also be noted that Glencore initially developed as trading company. That is why the main strategy for the company will be

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to strengthen the distribution network of the integrated company through its own representatives.

The group’s advantages are Rusal’s strong regional positions in its base regions. The Krasnoyarsk region and the Krasnodar region should be noted separately. Moreover, Rusal is a classic example of a “national champion”, the creation of which is supported by the Kremlin. Finally, the status of world industry leader (which was later lost, however, due to the merger of Alcoa and Alcan) gave Deripaska added preferences.

The weaknesses of the group were partly mentioned above. This is the confrontation between Oleg Deripaska and Victor Vekselberg within the framework of Rusal. Moreover, the head of Basil has some friction with some regional heads. For example, the governor of the Irkutsk region, Alexander Tishanin, has on more than one occasion criticized the development strategy of the Bratskii aluminum factory, and has insisted upon a tах hike for Deripaska’s business structures.

ABRAMOVICH’S GROUP (EVRAZ)

The key asset of the group in the Russian Federation is the metallurgical company Evraz, on the base of which Roman Abramovich planned to consolidate the Russian ferrous metallurgical industry. An announcement was made about this by the head of Millhouse Yevgeni Shvidler in the beginning of September in 2006.

The then governor of Chukotka acquired 41% of the stock of Evraz Group making good use of favorable market conditions. As is well known, the former head of Evraz, Alexander Abramov had a strained relationship with the head of Metalloinvest, Alisher Usmanov. The reason for the conflict was the battle over the Mikhalovskii mining and beneficiation complex. Abramov tried to obtain the shares of this company through Oleg Kiselev. Consequently, Evraz acquired a very dangerous opponent. In this case, selling the company to Abramovich was a good way to get out of this situation.

The main Russian metallurgical companies reacted immediately to Abramovich’s move.

These business structures announced strategic development plans that were supposed to protect them from any hostile moves from Evraz.

MMK’s strategy was to expand its business overseas. Thus “Magnitka” is planning on securing a spot in the North American market but the chairman of the board of directors and the main shareholder, Victor Rashnikov, has weak support in the Federalorgans.

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NLMK is sticking to the opposite strategy. Its chairman of the board of directors, Vladimir Lisin, began to develop extraction capability and modernize existing production facilities. Moreover, in November 2006, NLMK and Swiss Duferco announced the creation of a joint venture company.

Alisher Usmanov also began to show significant activity in the foreign markets. The main shareholder of Metalloinvest presented a project that would include the consolidation of the assets and the creation of a new trans-national holding company on the base of the metallurgical plants of the CIS (starting from Ukraine and Kazakhstan). Also, in December 2007, Metalloinvest began the realization of a project to create a steel-rolling mill in the

United Arab Emirates, Hamriyah Steel. The new company will work within the framework of a joint venture that will be located in the free economic zone of the Shardzha emirate and will produce one million tons of reinforced steel per year.

Severstal also announced a number of international projects, but none of them left the negotiating table.

However, Evraz proved to be a step ahead of its competitors in acquiring foreign assets

– namely the American Oregon Steel Mills. The result of this is that the Russian company may take control of 50% of the American rail market and get a “pass” to the American pipe market. Moreover, Abramovich has pretensions of taking over Magnitorskii metallurgichiskii kombinat (MMK) and Severstal.

The group’s advantage is the support that Abramovich’s plans of consolidating the ferrous metallurgical industry have from the Kremlin. Moreover, the governor of Chukotka maintains close ties with the “lawyers” pressure group.

Its weaknesses are the active resistance of its main competitors, first of all, the head of NLMK, Vladimir Lisin, who has a strong lobbying network in the Federal Government structures.

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CHAPTER 5

THE ROLE OF THE RUSSIAN MINISTRY FOR ECONOMIC DEVELOPMENT AND TRADE

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MINISTER NABIULINA’S CONCEPT OF LONG-TERM SOCIO-ECONOMIC DEVELOPMENT

MINISTER NABIULINA’S PRESENTATION

By socio-economic indicators, 2007 was most successful. The GDP growth amounted to 8.1%, which has been the best result since 2000. As a whole, in the last seven years the yearly average growth rates have been around 7%, which was in excess of similar indicators achieved by both economically developed countries and the majority of countries with a comparable level of welfare.

A stable economic growth resulted in an increase in Russia’s share in the global economy from 2.7 to 3.2 percent. By size, Russia’s economy moved up from the 10th position in the world’s list of major economies to the 7th position in 2007, that is, the Russian Federation has outstripped economies of France, Brazil and Italy over the last 5 years.

It should be noted that the acceleration of economic activity in 2007 featured a few positive structural distinctions.

-Firstly, unlike previous years, the growth was ensured to a great extent by the development of manufacturing industries, first and foremost, machine-building ones, for which the growth rate was nearly 2 times higher than that of the GDP.

-Secondly, the investment activity rose vigorously. In 2007, investments in capital assets increased by 21.1% and showed the highest increment for the post-Soviet period. Outstripping growth rates were recorded for investments in domestic-oriented sectors, i.e. manufacturing industries, agriculture, transport, housing construction, in the sphere of education and health care. The inflow of direct foreign investments (FDI) augmented markedly in 2007 - from US$32 billion to US$54 billion.

The growth in the population’s consumer disbursements also sped up to reach 13.1%, which is the record value for Russia’s post-Soviet history. The increase in consumption was due in many ways to the growth in nominal and real value of money wages, and the progressive advance of consumer lending. In 2007, the real value of money wages grew by 16.2 percent. Despite the accelerated inflation, the above results ensured a significant rise in the population’s real earnings and a poverty reduction. The population with incomes below the subsistence minimum declined by 2 million people, to 19.5 million. It is a positive consequence of both economic growth and social policy since the growth of wages in the business sector was backed up by an increase in wages in the budgetary sphere, pensions, and money allowance of military men and women.

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The most significant initiatives and measures implemented by the Ministry for Economic Development and Trade (MEDT) in 2007 were:

-the preparation of the Concept of Long-Term Socio-Economic Development and the associated scenario-based prediction for the period until 2020. It is meant to become the basic document that will define the logic of the Government’s efforts for many years to come. It delineates the scope of development that relies on increasing exports of energy and raw material resources, and substantiates the strategic choice in favor of a precisely innovative, socially oriented development of Russia’s economy. - The creation of some new mechanisms intended to ensure keeping high rates of economic growth: basic Development Institutes, such as Investment Fund, Development Bank, special economic zones, Russian Venture Company, etc.

DEVELOPMENT BANK The federal law “On the Development Bank” has been adopted. Vneshekonombank’s Memorandum on Investment and Financial Policy was prepared where the bank’s key normative standards, priorities and principles of operations were identified. The main principles, viz. absence of competition to commercial financial institutes, breakeven results and use of public private partnership instruments, define today’s individuality of the Development Bank. In 2008, the Development Bank will invest over 100 billion rubles of long-term financial resources in Russia’s economy, which will allow implementing (with participation of private sector equity) a number of investment projects for a total of more than 300 billion rubles, first and foremost, in infrastructure industries, aircraft industry, shipbuilding, woodworking industry, and some other spheres identified as priority ones in the Memorandum.

RUSSIAN VENTURE COMPANY Last year the Russian Venture Company (RVK) also commenced its operations. RVK arranged the first tender of management companies. The venture funds established with RVK’s participation (their aggregate capital dimension is of around 6 billion rubles) embarked on venture investments in innovative projects. Currently, investment projects with participation of capital provided by RVK funds are being implemented in chemical and pharmaceutical industries, information technologies, sphere of energy-saving technologies. RVK funds have already made their investments in the first ten innovative companies. RVK’s activity will be expanded: 12 billion rubles will be spent for purchase of stakes in venture

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funds. As a result, financial support at the start-up phase will be provided to over 300 innovation projects within the nearest few years. Also, a facility for financial support to seed projects should be granted in order for RVK to reach a broader range of start-up innovative companies.

SPECIAL ECONOMIC ZONES In 2007, the Ministry jointly with Federal Special Economic

Zone Management Agency (RosOEZ) launched as well the mechanism of Special Economic Zones. Four special economic zones of technological & implementation type and two zones of the industrial & production type were created, where 54 residents have been registered. The work is underway on establishing special economic zones of tourist & recreation type. These zones are meant to become sort of trial sites to fine-tune the mechanisms of interaction between all levels of authorities in what concerns specific investment projects. As problems have already arisen in the functioning of these zones, first of all in the infrastructural aspect, the Ministry’s particular attention is now focused on improving the efficiency of their operation through the establishment of port-centered zones. This mechanism is deemed to be capable of improving cardinally the general situation with ports in the Russian Federation.

INVESTMENT FUND In 2007, the Ministry organized the selection of projects for the

Investment Fund. To date, six investment contracts have been entered into and 20 investment projects have been approved. The overall amount of investments in the above projects will exceed 1 trillion rubles. Only one third of these funds will be allocated from the Investment Fund, which means that each ruble invested by the Government mobilizes two rubles of private sector investments. The relevant Government’s Resolution, approved on March 1, 2008 provides for the greater part of projects approved by the Government and co-funded by the Investment Fund to fall under the legal framework of concession ones.

ISTRIAL ASSEMBLY MECHANISM Within the framework of the ‘Industrial Assembly Mechanism’,

the MEDT managed to sign agreements with nearly all world-leading car manufacturers last year. The aggregate new car output capacity that will operate on the basis of the ‘industrial assembly’ principle will exceed 1.3

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million cars per annum by 2010, which will cover more than one third of the total domestic demand. The number of jobs at industrial assembly enterprises taken alone will be more than 30.000.

MAJOR MEDT PROGRAMS

Development of Small and Medium Entrepreneurship A regulatory and legal framework for development of small and

medium business was created. The law “On the Development of Small and Medium Entrepreneurship” was adopted and the Ministry is now implementing the Program on Support to Small and Medium Business. In 2007, the total of funds allocated out of the federal budget to finance measures under the Program amounted to 3.8 billion rubles. For instance, the support was lent to 380 small exporters, the venture funds invested 500 million rubles in small innovative businesses. Guarantees for 5 billion rubles of borrowed funds for small business needs were provided.

One hundred twenty projects associated with creation of 120 business incubators were financed, and 38 such incubators have been created. A network of Regional Venture Funds is being established. Such funds have been created in more than 20 Russian Federation subjects, the first three of them (in Moscow, Tomsk Region, and Krasnoyarsk Krai) have already invested 400 million rubles in small innovative companies. A network of guarantee funds with an aggregate amount of assets over 3 billion rubles has been brought into being.

Self-Regulation

A key legislative act adopted in 2007, was the federal law on self-regulation organizations. The law defined status, rights and obligations of self-regulation organizations and created a legal environment for self-organization of business, improvement of the quality of professional standards, development of mechanisms for raising the level of professional responsibility.

In 2007, self-regulation organizations were assigned governmental regulation functions instead of cancelled licensing in the segment of appraisal activities. The MEDT had prepared the required regulatory framework, developed federal appraisal standards, and at present we can see the result. Seven self-regulation organizations of appraisers and compensation funds have been established, along with standards and regulations for appraisal activities, a number of compensation funds have been created, insurance of professional liability is being developed.

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Corporate Legislation

Last year the first stage of the concept was realized, within which a package of five bills, the so-called “anti-raider package”, was prepared, passed by the Government of the Russian Federation to State Duma for consideration and adopted in the first reading. The objective of the package is to preclude mala fide corporate takeover of businesses and ensure ownership protection.

Modernization of the social sphere.

The subordinate legislation to regulate activities of funds accumulating target capitals of non-profit organizations (‘endowments’) was approved. And the very first endowments in the social sphere have already been registered. A bill was also developed with the aim to stimulate additional contributions to the accumulated part of the retirement pension and state support to pension savings. The result is expected in the form of a growing volume of pension savings and improved pension schemes for persons who pay the above contributions on a voluntary basis. Finally, a package of regulatory legislative acts for reforming the budgetary sector and forming the institute of independent entities was approved.

External Economic Relations

Progress was achieved in the development of external economic relations in the territory of the Eurasian Economic Association (EvrAzES). The documents have been signed, which are the basis for functioning of customs union and common economic space of Russia, Belarus and Kazakhstan. With reaching the requisite level of preparedness, other EvrAzES countries will be able to join the customs union. In 2007, active negotiations on joining the World Trade Organization were continued. At present, Russia has reached the concluding phase of system-level talks.

Customs & Tariff Policy

Energetic efforts were undertaken in the domain of. In the previous years, rates of import duties were changed for 1,570 tariff items, of which 307 referred to agricultural group goods. Zero rates of import duties were introduced on a permanent basis for a broad range of process equipment.

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The St. Petersburg Economic Forum In 2007, the Forum organized by the MEDT, evolved into a

world-known brand, was attended by 2.5 thousand world-elite representatives. The event yielded practical results as well in the form of agreements and contracts signed for a total of US$ 13.5 billion, of which private public partnership projects account for US$ 6.5 billion.

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CHAPTER 6

EUROPEAN UNION – RUSSIAN FEDERATION RELATIONS

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BACKGROUND

The Russian Federation is one of the most important partners for

the European Union. A key priority of the European Union is to build a strong strategic partnership with Russia based on a solid foundation of mutual respect. Russia is the largest neighbour of the EU, brought even closer by the Union’s 2004 and 2007 enlargements.

The 2003 EU Security Strategy highlights Russia as a key player in geo-political and security terms at both the global and regional level. Russia is a key actor in the UN Security Council and, due to history, geographic proximity and cultural links, and is one of the key players in the new European Neighbourhood Programme.

Furthermore, Russia’s contribution to Europe’s cultural heritage is perceived as an important element of our common ties. Russia, of course, is also a major supplier of energy products to the EU. Russia is a large, dynamic market for EU goods and services, with considerable economic growth. The EU market, on the other hand, is by far the most important destination for Russian exports while companies from the EU are the main investors in Russia.

Russia is now day the 3rd biggest trading partner of the European Union. And, over half of Russian exports go to the European Union. The Russian market is continuously expanding on the back of record-breaking year-on-year growth and this means opportunity for businesses from the EU and elsewhere. Foreign Direct Investments from the EU is on the increase.

Energy is the centrepiece of this economic relationship. Russia is traditionally the EU's major supplier, and energy sales to the EU have provided crucial export revenue which has been an important contributing factor in Russian economic growth.

The EU27 deficit in trade with Russia increased from 41 billion euro in 2000 to 69 bn in 2006. This increased deficit was due to imports of energy, which rose from 36 bn in 2000 to 94 bn in 2006, while exports of machinery and vehicles increased from 8 bn in 2000 to 34 bn in 2006. Among the EU27 Member States, Germany was by far the largest exporter to Russia in 2006, with 23 bn euro, or 32% of the total, followed by Italy (8 bn or 11%) and Finland (6 bn or 9%). Germany (29 bn or 21%) was also the largest importer, followed by the Netherlands (17 bn or 12%) and Italy (14 bn or 10%).

In 2005, Russia supplied more than 40% of EU27 natural Gas imports and more than 30% of crude Oil imports, compared to 50% and 22% respectively in 2000. In 2006, the EU27 exported 13 bn euro of

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services to Russia, while imports of services from Russia amounted to 10 bn, resulting in a EU27 surplus of 3 bn in trade in services with Russia.

Energy is a very important element in the EU-Russia relationship. This relationship can be best characterised as mutual interdependence of supply, demand, investment and know-how.

Russia is the world’s largest producer and exporter of natural Gas and, together with Saudi Arabia, also the largest producer and exporter of Oil. Russia possesses more than 20% of the world’s known Gas reserves and 5% of proven Oil reserves. The share of the energy and metals sector in the Russian economy is around 20% while it employs only 2% of the total labour force.

EU Energy Commissioner, Andris Piebalgs, recently stated that: “… there is a strong mutual interest in a closer energy partnership between the EU and Russia – one that offers security and predictability for both sides. The energy that the EU buys from Russia contributes very significantly to Russia’s current economic growth and the improved living conditions of its population. In turn, the stable flow of reasonably priced energy remains an important motor for Europe’s economic growth. Ultimately, our citizens and businesses alike need to be provided with safe, reasonably priced energy. Further developing a dynamic energy relationship Russia will remain an important supplier to the EU for years to come and has the potential to supply significant quantities of the additional energy resources that the EU might need to import in the medium term. Adequate investment in new capacity is required to extract and supply Gas and Oil. It is important to ensure that Russian and EU companies alike should have fair, transparent and reciprocal access to energy resources and markets as well as to Oil and Gas transportation infrastructure”.

Considerable investments by European companies in the Russian

energy sector were made soon after the collapse of the Soviet Union. Today, investments flow increasingly from Russian energy companies into the European Union. To safeguard investments as well as trade, the EC engaged with Russia, as well as other key energy producers, to establish a comprehensive Energy Charter Treaty (ECT). Action by the EU and governments is accompanied by cooperation among EU and Russian companies.

While Russia has not ratified the Energy Charter Treaty, it continues to affirm that it intends to follow its key principles. Hence, it is the EU’s intention to have the ECT principles included in a forthcoming

287

new agreement between EU and Russia. Fostering energy efficiency: the EU-Russia Energy Dialogue

THE ENERGY DIALOGUE

The EU-Russia Energy Dialogue, launched in 2000, provides opportunities at both the political and expert level to foster cooperation and solve key problems. The issues discussed include barriers to investments in terms of transparency, reciprocity and protection of investors in the energy sector; as well as cooperation on new technologies and infrastructure projects. Particular attention is paid to energy efficiency and energy saving, an area that has vast potential for drastically reducing energy consumption in Russia.

Given global warming and high energy prices both Russia and the EU have a substantial common interest in enhancing energy efficiency in Russia. According to International Energy Agency (IEA) data, energy efficiency per GDP in Russia is still 2.5 times lower than in the OECD countries. As a result, cooperation in this field is to remain high on the agenda.

Examples of EU-Russia cooperation at a practical level include the joint Energy Dialogue Technology Centre in Moscow, which has a proven track record as a focal point for practical cooperation in the energy sector as well as two further projects: first, involving the harmonisation of energy policies and, second, concerning the promotion of energy efficiency in three pilot regions, namely Kaliningrad, Astrakhan, and Archangelsk.

Despite positive trends in the development of EU-Russian energy relations, some major questions are still unresolved. Further dialogue is required, for example, concerning the access of independent energy producers to pipelines in Russia as well as transit routes from Central Asia. Additionally, the issue of disruptions in Oil and Gas supplies from Russia to the EU, arising from disputes between Russia and transit countries, also needs to be addressed through mutual dialogue.

Both sides recognise the seriousness of such events and realise the importance of a fruitful partnership.

Both the EU and Russia, therefore, understand the need to use better the mechanism of joint consultations as well as to establish an early warning system to ensure a steady supply of Oil and Gas to all European consumers.

Nuclear energy is being addressed in several respects: Negotiations have been launched for an agreement on trade in nuclear

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materials. In addition, the EU wishes to resume discussions of the working group on the safety of the first generation nuclear reactors. The Rome Summit in November 2003 had already decided on the renewal of the Science and Technology Cooperation Agreement, covering also nuclear Safety and Nuclear Fusion.

Russia and the EU Member States are also all members of the United Nations, the Organisation for Security and Cooperation in Europe (OSCE) and the Council of Europe. They are all committed to upholding and respecting the fundamental values and principles of democracy, human rights, the rule of law and the market economy. These values underpin the EU-Russia bilateral relationship and its legal basis, i.e. the “Partnership and Cooperation Agreement”. The EU has a strong interest in working together with Russia to foster political, social and economic stability, in the region and worldwide. Russia and the EU need to work together to combat new threats to security, as terrorism, crime, illegal migration and trafficking in people as well as drugs. The Russian Federation is also a crucial partner in combating climate change.

The EU and Russia are already cooperating in many ways, including the modernisation of Russia’s economy and its integration into the world economy. The EU and Russia have also an extensive dialogue on political issues around the world, including the resolution of conflicts such as those in the Middle East, Afghanistan, the Western Balkans and Sudan and preventing the proliferation of weapons of mass destruction and the relevant technologies, as in the cases of Iran and North Korea.

Ten years ago, Russia faced very significant political and economic challenges. Now international discussions about Russia focus on what the country will do with its success. During the past decade, Russia has gone from being an indebted net receiver of foreign assistance to a donor country with the world’s biggest gold and currency reserves per capita.

Over the same ten years, the EU has undergone substantial changes too: the biggest enlargement in its history, the creation of a single European currency, the growing range of areas in which we integrate its policies, and the ever-greater role that the EU plays on the world stage, make today's Union a very different, stronger actor.

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THE PARTNERSHIP AND COOPERATION AGREEMENT (PCA)

The legal basis for EU relations with the Russian Federation is the “Partnership and Cooperation Agreement”: it came into force on 1 December 1997 for an initial duration of 10 years and it will be automatically extended beyond 2007 on an annual basis - unless either side withdraws from the agreement. It sets the principal common objectives, establishes the institutional framework for bilateral contacts, and calls for activities and dialogue in a number of areas.

The Partnership and Cooperation Agreement is based upon the following principles and objectives: the promotion of international peace and security; support for democratic norms as well as for political and economic freedoms. It is based on the idea of mutual partnership - one aimed at strengthening political, commercial, economic and cultural ties.

The provisions of the PCA cover a wide range of policy areas including political dialogue; trade in goods and services; business and investment; financial and legislative cooperation; science and technology; education and training; energy, cooperation in nuclear and space technology; environment, transport; culture; and on the prevention of illegal activities.

The PCA establishes an institutional framework for regular consultations between the European Union and the Russian Federation as follows:

-At Summits of Heads of State/Heads of Government, which take place twice a year and define the strategic direction for the development of EU-Russia relations.

-At Ministerial level in the Permanent Partnership Council (PPC), to allow Ministers responsible for various policy areas to meet as often as necessary and to discuss specific issues. PPCs have so far been held with the participation of Foreign Ministers, Justice and Home Affairs Ministers, Energy, Transport and Environment Ministers.

-At senior officials and expert level. -Political dialogue takes place at regular Foreign Ministers

meetings, meetings of senior EU officials with their Russian counterparts, monthly meetings of the Russian Ambassador to the EU with the troika of the Political and Security Committee and at expert level on a wide range of topical international issues.

-Since 2005, regular consultations on human rights matters are also held.

290

-Between the European Parliament and the Russian Parliament (State Duma and Federation Council) in the “EU-Russia Parliamentary Cooperation Committee”. Members from both parliaments meet on a regular basis and exchange views on current issues.

To complement the provisions of the PCA, a number of sector and international agreements exist, as well as other mechanisms for cooperation:

-Steel and textiles are the main sectors covered by bilateral trade agreements. The latest “Steel Agreement”, signed on 3 November 2005, covers the period 2005-2006. The “Textiles Agreement” was concluded in 1998.

-In November 2002, recognising the great efforts that Russia has made in its transition to a fully-fledged market economy, the EU granted “market economy status” to Russian exporters, which substantially increased their ability to defend their interests in the context of anti-dumping proceedings. It should be noted that anti-dumping is not a major aspect in EU-Russia trade at present, as only 11 anti-dumping measures are currently in force, representing less than 0.5 % of EU imports from Russia.

-Bilateral negotiations for Russia’s accession to the WTO were concluded in 2004 but negotiations at multilateral level are still ongoing.

-An “Energy Dialogue” was established on 2000 as a forum for discussion and cooperation on energy issues at large. In parallel with the EU instruments, the “Energy Charter Treaty” and its “Transit Protocol”, which await ratification by the Russian Duma (Parliament), provides a legal basis for enhanced trade, investment and transit provisions regarding energy products.

-Nuclear energy is being addressed in several respects: negotiations have been launched for an agreement on trade in nuclear materials. In addition, the EU wishes to resume discussions of the working group on the safety of the first generation nuclear reactors.

-A further important international agreement is the Kyoto Protocol of the “UN Framework Convention on Climate Change”, providing mechanisms to reduce Greenhouse Gases and tackle global warming. It entered into force in February 2005 after Russian ratification. A working group on this issue has recently been established.

-In May 2004, the Commission (DG Environment) and Russia signed an administrative arrangement on cooperation in the field of civil protection.

-In the field of transport, in November 2003, the Council decided to negotiate directives for an Agreement on satellite navigation

291

(Galileo/Glonass). Negotiations are ongoing. The EU and Russia intend to also launch a “Transport Dialogue” which would be modelled on the experience of the Energy Dialogue.

-The Rome Summit in November 2003 decided on the renewal of the “Science and Technology Cooperation Agreement”, covering also nuclear Safety and Nuclear Fusion.

-The EU is also funding the “International Science and Technology Centre” (ISTC) which is an intergovernmental, non-profit organisation created in 1992. The main objective of the ISTC is to promote non-proliferation through scientific cooperation. Parties to the agreement are the European Community and the European Atomic Energy Community (acting as one Party), the United States of America, Japan and the Russian Federation, as well as Armenia, Belarus, Canada, Georgia, Kazakhstan, the Kyrgyz Republic, the Republic of Korea, Norway, and Tajikistan.

-Relations with Russia in the field of Justice and Home Affairs have intensified through specific instruments, such as the “EU-Russia Action Plan on Combating Organised Crime” of April 2000 and the EU Liaison Officers’ Network in Moscow. The Agreement between Europol and Russia of 2003 has also helped to launch cooperation on combating trans-national crime. Negotiations for a “Visa Facilitation Agreement” and a “Re-admission Agreement” were concluded in October 2005. The dialogue on visa matters will further continue with regard to the joint long-term objective adopted in 2003 of abolishing visa requirements altogether.

-Negotiations on a “Fisheries Agreement” are ongoing. Internally, the EU had laid down its basic approach to relations

with Russia in a "Common Strategy" in 1999 which was not extended beyond June 2004. In February 2004, the Commission adopted a Communication proposing measures to improve the effectiveness of EU-Russia relations, in particular in the light of increased mutual dependence, the forthcoming enlargement, and the unresolved conflicts in some countries bordering Russia.

The way to the new agreement As mentioned above, the current “Partnership and Cooperation Agreement” has reached the end of its initial ten year period in 2007. Thus, the EU is currently working with Russia to develop a new agreement for post-2007. Both the EU and Russia have experienced many changes, politically and socially, since the creation of the PCA in

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1997, thus the new agreement must reflect these changes and the resultant new aims and objectives of each partner. ............ The aim of the new agreement will be to provide a durable and comprehensive framework for EU-Russia relations and will provide the basis for moving the relationship forward in the coming years. It is envisaged that the new agreement will continue to support the fundamental principles that form the basis of the current PCA. The existing institutional framework for relations with Russia as laid out above, is expected to change under the provisions of the new agreement with a view to creating a more concise and streamlined approach. The negotiations on the New Agreement will include of course provisions on energy. The EU wants to develop an energy relationship with Russia that is based on transparency, reciprocity, and non-discrimination. The New Agreement will have to reflect the substantial changes that both Russia and the EU have undergone since the current Partnership and Co-operation Agreement was negotiated in the early 1990s. Hallmarks of this cooperation will be: results-orientated political co-operation, deep economic integration, a levelled playing field for our energy relations based on the principles of the Energy Charter Treaty, ever closer relations in the field of freedom, security, and justice, - on which the EU itself was much less active 10 years ago - and the opening of European educational and scientific systems to each other. In order to facilitate investment and trade, the New Agreement should help provide transparent rules improving market access and other key WTO principles – in particular non-discrimination, regulatory transparency and good governance. These principles will need to be further developed in a deep and comprehensive free trade agreement once Russia has completed the WTO accession process.

EU-RUSSIA SUMMITS

St. Petersburg Summit (May 2003): At the St. Petersburg Summit in May 2003, the EU and Russia

agreed to reinforce their cooperation by creating in the long term four ‘common spaces’ in the framework of the Partnership and Cooperation Agreement and on the basis of common values and shared interests. These common spaces are as follows:

1. The Common Economic Space aims at making the EU and

Russia’s economies more compatible in order to boost investment and

293

trade. The ultimate objective is an integrated market between the EU and Russia. This can be achieved through regulatory convergence, which does not necessarily imply the harmonization of Russian norms and standards with the EU acquis. Regulatory convergence also includes cooperation on the environment. The bilateral agreement on Russia’s terms of accession to the WTO, which was concluded in spring 2004, is also an important milestone for EU-Russia economic relations. Energy as well as Environmental cooperation both fall within the common economic space. On this latter point, the EU warmly welcomed Russia’s ratification of the Kyoto Protocol.

Another area of discussion is the development of pan-European networks of transport (e.g. motorways; rail links), energy (e.g. pipelines; links between electricity grids) and telecommunications. The “EU-Russia Energy Dialogue” feeds into the development of the Common Economic Space.

2. The Common Space on Freedom, Security and Justice

covers the area also known as Justice and Home Affairs. This is a growing area of cooperation between the EU and Russia, based on respect for human rights, as the two face pressing common challenges - namely terrorism, illegal migration, cross-border crime, including trafficking in human beings and drugs. The EU and Russia need effective judicial and police cooperation to tackle these problems.

At the same time both the EU and Russia are firmly convinced that the pursuit of increased security and safe borders should not create barriers to the legitimate interaction between our economies and societies. Citizens should be able to travel more easily. This is the rationale behind the Visa facilitation agreement that has come into force on June 1. In the longer term, the EU and Russia hope to establish the necessary conditions (e.g. security of travel documents; border security) that will allow the mutual abolition of Visa restrictions.

3. The Common Space on External Security aims at enhancing

cooperation on foreign policy and security issues, while underlining the importance of international organisations such as the UN, OSCE and the Council of Europe. There is much scope for Russia and the EU to combine their efforts in conflict prevention, crisis management and post-conflict reconstruction. This is especially the case with regard to ‘frozen’ regional conflicts in the common neighbourhood.

294

4. The Common Space on Research, Education and Culture aims at promoting scientific, educational and cultural cooperation, particularly through exchange programmes. These will help strengthen our combined economic and intellectual capacities while at the same time fostering people-to-people ties and better understanding among societies. An example of what can be achieved here is the decision to co-fund a European Studies Institute at MGIMO, which will provide advanced courses on the EU for Russian specialists.

Moscow Summit (May 2005):

The Moscow Summit on May 2005 adopted Road Maps to act as the short and medium-term instruments for the implementation of the four Common Spaces. These build on the on-going cooperation as described above, set out further specific objectives and specify the actions necessary to make the common spaces a reality. They thereby determine the agenda for cooperation between the EU and Russia for the medium-term.

Sochi Summit (May 2006): At the EU-Russia Summit in Sochi on May 2006, EU and Russia

leaders discussed the opportunity to develop a new framework for EU-Russia relations and replace the existing Partnership and Cooperation Agreement. The Summit gave renewed impetus to the implementation of the four Common Spaces Road Maps agreed by the EU and Russia Summit in May 2005, and allowed the leaders to discuss a broad range of issues in EU-Russia relations, including Energy. Agreements between the EU and Russia for Visa facilitation and readmission were also finalised at the Summit.

Helsinki Summit (November 2006):

During the EU–Russia Summit in Helsinki on November 2006 the following issues were discussed:

-a new EU-Russia agreement to replace the Partnership and Cooperation Agreement, which has been in force for the last ten years, with the inclusion of a specific Energy chapter.

-Agreement on the principles of the Energy Charter Treaty and the G8 St Petersburg Energy Security Statement.

-Assessment of the progress made in the implementation of the Common Spaces Road Maps.

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Discussion on international issues, including Georgia. The EU has repeatedly urged a de-escalation of tension between Moscow and Tbilisi including the lifting by Russia of measures against Georgia and re-establishing a dialogue with Tbilisi.

Samara Summit (May 2007): EU and Russian leaders met again on May 2007 in a resort near

the city of Samara in central Russia. On the agenda of the EU-Russia Summit were issues including the status of the new EU-Russia agreement to replace the current Partnership and Cooperation agreement, but also Energy and Climate Change, Russian WTO accession as well as the entry into force of the new Visa facilitation and readmission agreements. Another important issue was cooperation in the common neighbourhood to resolve the frozen conflicts in the Caucasus and Transnistria. Leaders also discussed current issues on the international agenda, notably Kosovo, Iran and the Middle East.

Mafra Summit (October 2007):

The twentieth EU-Russia Summit took place in October 2007 in Mafra. It was a friendly and open meeting during which the leaders welcomed the ongoing work on the practical implementation of the Road Maps for the Four Common Spaces and discussed future perspectives for our relations.

Notwithstanding all the progress achieved in EU-Russia relations in the last ten years (the current Partnership and Cooperation Agreement has been in force since 1997) it is clear for both Parties that further deepening of our strategic partnership would be mutually beneficial.

In the Common Economic Space, the EU and Russia noted the wide range of areas where progress has been made and the areas where greater efforts are needed. In particular, they stressed the importance of the investment dialogue and of the energy early warning mechanism for strengthening mutual cooperation and increasing understanding between both Parties.

In the Common Space of Freedom, Security and Justice, the leaders welcomed the entry into force of the Visa facilitation and readmission agreements and underlined the importance of their full implementation. In this regard, they also welcomed the recent start of the Visa dialogue. The forthcoming meeting of the Permanent Partnership Council on Justice and Home Affairs will continue the discussion of the issues covered by this Common Space.

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In the Common Space on External Security, the leaders stressed the cooperation in the common neighbourhood and reiterated the importance that the EU and the Russian Federation both attach to effective multilateralism.

297

CHAPTER 7

INTERNARTIONAL MONETARY FUND – RUSSIAN FEDERATION RELATIONS

298

299

BACKGROUND

Russia's economic growth remains robust. High oil prices, a strong catch-up potential, and sound fiscal policy underlie Russia's long spell of robust growth. Several years of double-digit terms-of-trade gains, reinforced by rapidly developing financial markets and much-improved access to foreign borrowing, have underpinned strong investment growth, punctured only by a soft spot in late 2004. Nevertheless, the level of investment has remained low, and capital and labor have accounted for less than half of the increase in GDP since 2003, with the balance due to higher total factor productivity. Robust growth has thus owed much to Russia's still considerable catch-up potential, as resources are reallocated to more dynamic sectors in the economy. The resulting nexus of strong productivity growth, rising real incomes, and higher consumption has been a key source of self-sustaining growth, especially in recent years as capacity constraints have slowed energy exports.

Despite the broad stabilization of oil prices since mid-2006, GDP growth has strengthened, rising from 6.7 percent in 2006 to 7.8 percent for the first half of 2007. Moreover, much of this momentum reflects a pickup in investment, suggesting that growth in Russia is now becoming more evenly balanced. Consumption nonetheless remains the main engine, spurred by real income growth of over 10 percent.

With surging growth, the economy is running increasingly close to capacity. Domestic resource constraints are tightening, not least in the labor market, causing increased leakage of demand into imports and renewed inflationary pressures. From a peak of almost 14 percent (year-on-year) in mid-2005, inflation dropped to 7½ percent in March 2007. However, inflation has since firmed to over 8½ percent as of August, standing above the end-year target of 8 percent. Following six years of robust GDP growth, measures of capacity utilization are at historical highs. The constraints are particularly evident in the oil sector. Having increased by about 10 percent annually through 2003, the increase in oil production slowed sharply in 2004-05, and appears now to have stabilized at about 2-3 percent.

Russia's balance of payments has strengthened. The current account surplus has narrowed as a result of accelerating import growth and slowing energy exports. But this has been more than offset by sharply higher capital inflows—as of early September, reserves increased by a record US$113 billion in the year to date, reaching a total of US$417 billion. With a still-substantial current account surplus, rapidly increasing foreign exchange reserves and declining external debt, Russia's external vulnerability is low, although non-government debt is rising rapidly.

300

The overall fiscal surplus has continued to increase because of higher oil revenues. However, fiscal policy has since 2005 allowed an increasing share of Russia's oil-revenue windfall to pass through to the economy. This relaxation has been reflected in a continued deterioration in the general government's non-oil balance. Staff projects that the non-oil balance will decline further under the 2007 budget, by 0.9 percent of GDP.

Monetary policy has become more accommodative over the past year, reflecting the resumption by the Central Bank of Russia (CBR) of a more steady exchange rate policy in mid-2006. This represents a reversal of the policy introduced in early 2005, wherein the CBR had allowed some, albeit limited, appreciation. The return to a more stable exchange rate policy has been associated with a surge in capital inflows, record-high interventions, and a sharp acceleration in base-money growth to 40 percent through July (year-on-year). Importantly, in the context of a year-end inflation target of 8 percent, rising inflationary pressures and market expectations of a possible appreciation have exacerbated capital inflows, not least through the banking system. Since June, however, the CBR has allowed for greater exchange-rate flexibility to help stem inflation. Additionally, the worldwide market turmoil of August has eased the pace of capital inflows.

Notwithstanding currently unsettled conditions on world markets, demand pressures are expected to remain strong in 2007-08. Russia's terms-of-trade are projected to ease slightly in 2007, but the overall environment will still remain broadly supportive. As in 2006, the balance of payments is expected to strengthen further, with capital inflows more than offsetting a lower current account surplus. Overall, staff projects GDP growth of around 7 percent over the near term, driven by robust consumption and investment demand. This outlook also reflects a substantial fiscal impulse in 2007 along with a rapid expansion of consumer credit. In light of recent trends, inflation threatens to exceed the official end-year target of 8 percent.

EXECUTIVE BOARD ASSESSMENT

Executive Directors commended the strong performance of the Russian economy in recent years, noting that this has been due not only to high oil prices and large capital inflows but also to good macroeconomic management. In particular, the policy of saving the large oil revenue windfall has provided a considerable measure of stability. However, Directors noted that Russia continues to face tensions in the

301

policy mix designed to reduce inflation while preserving exchange rate stability.

Directors noted that demand pressures appear to be intensifying, driven by acceleration in investment and strong growth in private consumption. With output close to potential, upward pressures on prices and the real exchange rate are likely to persist.

Against this background, Directors noted that the planned fiscal relaxation in the next few years would provide an undesirable fiscal stimulus. This would increase pressures for real ruble appreciation and make it more difficult to reduce inflation. It is also likely to exhaust most of the remaining margin of competitiveness, raising the risk of the real exchange rate overshooting its equilibrium level. Directors therefore called on the authorities to avoid increasing the non-oil deficit during 2007-2008.

Directors emphasized the need to control public spending, and to pay more attention to the quality and efficiency of expenditures. In this regard, they welcomed the new framework for spending of oil revenues, which is close to best practice for management of natural resource wealth. They cautioned, however, that the back-loading of spending cuts in socially sensitive areas in 2010-11, in the run-up to elections, is risky. Such cuts might not be feasible unless efficiency-enhancing social and public sector reforms are reinvigorated.

Most Directors also advised against extending the government's mandate to areas where private sector participation might be more efficient.

Directors noted that the recent rise in inflation stemmed from the return to a less flexible exchange rate policy since mid-2006, a change that led to large unsterilized interventions in the face of surging capital inflows. They stressed that keeping inflation on the targeted path would require returning to a more flexible exchange rate policy. In this regard, Directors welcomed the authorities' willingness to accept appreciation. They urged the central bank to stand ready to scale back interventions as needed to keep inflation within target, noting that greater focus on the inflation target while allowing more exchange rate flexibility could help curb one-way bets and reduce speculative capital inflows.

Directors welcomed the rapid development of Russia's financial sector, but cautioned that high rates of credit growth might also increase vulnerabilities. In particular, the rapid increase in consumer lending, corporate-bond issuances, and open foreign-exchange positions should be kept under close review. While Russia has weathered the recent turmoil in financial markets relatively well, the tightening of access to foreign

302

capital markets could increase the vulnerability of a number of banks. Directors welcomed the current Financial Sector Assessment Program update, which provides a timely opportunity for a review of vulnerabilities.

Directors observed that the key long-term challenge will be to improve Russia's investment climate. Although recent investment growth has been impressive, they noted that the level of investment is still relatively low and that Russia still ranks poorly in international comparisons of the business climate.

Raising investment levels is particularly important in light of the projected decline in the labor force and the declining prospect for continued high productivity gains over the medium term. In this regard, Directors observed that progress on important reforms in public administration and the civil service has been limited.

The challenge facing the new government would be to reinvigorate such reforms.

RUSSIA SELECTED MACRO-ECONOMIC INDICATORS

Russian Federation: Selected Macroeconomic Indicators, 2003-08

2003 2004 2005 2006 2007 2008

Actual Proj.

(Annual percent change)

Production and prices

Real GDP 7.3 7.2 6.4 6.7 7.0 6.8

303

Consumer prices

Period average 13.7 10.9 12.7 9.7 7.7 7.5

End of period 12.0 11.7 10.9 9.0 8.0 7.0

GDP deflator 14.0 20.1 19.2 16.1 7.0 9.6

(In percent of GDP)

Public sector

General government

Overall balance 1.4 4.9 8.2 8.4 4.9 2.8

Revenue 36.3 36.6 39.7 39.7 36.5 34.6

Expenditures 34.8 31.7 31.6 31.3 31.5 31.8

Primary balance 3.1 6.1 9.1 9.2 5.5 3.3

Non-oil balance (in percent of GDP) -3.9 -2.9 -4.6 -4.4 -5.3 -6.6

Federal government overall balance 1.7 4.3 7.5 7.4 4.7 2.5

(Annual percent change)

Money

Base money 49.6 24.9 31.7 39.6 36.1 30.2

Ruble broad money 51.6 35.8 38.6 48.8 49.4 32.2

(Annual percent change)

External sector

304

Export volumes 12.4 10.5 4.7 5.8 4.7 5.0

Oil 17.2 11.3 3.2 0.3 3.5 2.9

Gas 2.0 5.5 3.7 -2.5 -0.8 3.8

Non-energy 12.1 11.2 6.9 18.2 8.1 8.1

Import volumes 24.4 21.3 18.3 24.0 22.4 20.3

(In billions of U.S. dollars; unless otherwise indicated)

External sector

Total merchandise exports, fob 135.9 183.2 243.8 303.9 315.2 332.6

Total merchandise imports, fob -76.1 -97.4 -

125.4 -164.7

-210.3

-249.2

External current account 35.4 59.0 83.8 94.5 61.7 42.8

External current account (in percent of GDP) 8.2 10.0 11.0 9.6 5.1 2.9

Gross international reserves

In billions of U.S. dollars 76.9 124.5 182.2 303.7 431.8 524.4

In months of imports 1/ 8.9 11.4 13.3 17.4 19.8 20.6

In percent of short-term debt 128 198 161 348 434 517

Memorandum items:

Nominal GDP (in billions of U.S. dollars) 431 592 764 985 1,201 1,452

Exchange rate (rubles per U.S. dollar, period average) 30.7 28.8 28.3 27.2 ... ...

305

World oil price (U.S. dollars per barrel, WEO) 28.9 37.8 53.4 64.3 60.8 64.8

Real effective exchange rate (average percent change) 3.0 7.8 8.7 9.5 9.9 8.1

Source: Russian authorities; and IMF staff estimates. 1/In months of imports of goods and non-factor services.

306

307

CHAPTER 8

ITALY – RUSSIAN FEDERATION

TRADE /INVESTMENTS RECENTA DATA

308

309

INTERNATIONAL TRADE EXCHANGES

Interscambio Italia - Russia

(valori in milioni di euro )

2003 2004 2005 2006 2007 2007 2008

gen.-mar. gen. mar.

Export Italia 3.847 4.963 6.075 7.625 9.579 1.999 2.425

% su export totale Italia1,45 1,74 2,03 2,33 3,32 3,82 4,17

Variazione % rispetto al periodo precedente 1,2 29,0 22,4 25,5 25,6 .. 21,3

Import Italia 8.230 9.716 11.704 13.592 14.354 3.779 4.003

% su import totale Italia 3,13 3,40 3,78 3,90 5,34 6,53 6,39

Variazione % rispetto al periodo precedente 4,0 18,0 20,5 16,1 5,6 .. 5,9

Saldi -4.383

-4.753

-5.628 -5.967 -4.776 -1.780 -1.579

Variazione rispetto

al periodo precedente -271 -369 -875 -339 1.191 .. 201

Saldi normalizzati(1) -36,3 -32,4 -31,7 -28,1 -20,0 -30,8 -24,6

(1) Il saldo normalizzato è il rapporto percentuale tra il saldo e la somma delle esportazioni e delle importazioni

310

I dati del 2008 sono provvisori

Posizione della Russia nell'interscambio con l'Italia

2003 2004 2005 2006 2007 2007 2008

gen.- mar.

gen-mar

Cliente 16° 13° 11° 10° 8° 9° 8°

Fornitore 10° 9° 8° 7° 7° 6° 6°

Fonte MISE: elaborazioni Osservatorio Economico su dati ISTAT

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MAJOR ITALIAN INVESTMENTS