I supplementi di Tumori. Volume 13, Number 2, July 2012

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a Journal of Experimental and Clinical Oncology OFFICIAL J OURNAL OF SOCIETÀ I TALIANA DI CANCEROLOGIA ASSOCIAZIONE I TALIANA DI ONCOLOGIA MEDICA SOCIETÀ I TALIANA DI CHIRURGIA ONCOLOGICA AND ASSOCIAZIONE I TALIANA DI RADIOTERAPIA ONCOLOGICA Volume 13, Number 2 July 2012 Bimestrale - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma. i supplementi di LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON STRAVASO DA ANTRACICLINE Approfondimenti, casi clinici e profili di responsabilità

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La gestione del paziente con stravaso da antracicline. Approfondimenti, casi clinici e profili di responsabilità

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a Journal of Experimental and Clinical Oncology

OFFICIAL JOURNAL OFSOCIETÀ ITALIANA DI CANCEROLOGIA

ASSOCIAZIONE ITALIANA DI ONCOLOGIA MEDICASOCIETÀ ITALIANA DI CHIRURGIA ONCOLOGICA AND

ASSOCIAZIONE ITALIANA DI RADIOTERAPIA ONCOLOGICA

Volume 13, Number 2July 2012

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LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON STRAVASO DA ANTRACICLINE

Approfondimenti, casi clinici e profili di responsabilità

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LA GESTIONE DEL PAZIENTE CON STRAVASO DA ANTRACICLINEApprofondimenti, casi clinici e profili di responsabilità

S1 Introduzione

S3 Incidenza degli stravasi con particolare riferimento allo stravaso da antracicline:la realtà italianaPaolo Mariani e Rosa Falotico

S6 Stravaso da antracicline: il punto di vista dell’oncologoCaso clinico, Antonella MecozziCaso clinico, Katia Cannita, Gemma Bruera, Lucia Rinaldi, Enrico Ricevuto, Corrado FicorellaCaso clinico, Emanuele Naglieri

S12 Stravaso da antracicline: il punto di vista dell’infermiere di Dipartimento Oncologico. Gestione praticaFabiana Marcucci

S16 Stravaso da antracicline: il punto di vista del farmacista ospedaliero di DipartimentoOncologico. Gestione degli antidotiStefano Federici e Giuseppe Caravella

S22 Aspetti legali: le figure professionali coinvolte e la catena delle responsabilitàPaolo Vinci

i supplementi di TUMORI, a Journal of Experimental and Clinical OncologyVolume 13, Number 2, July 2012CONTENTS(indexed in Current Contents/Life Sciences, EMBASE/Excerpta Medica, Elsevier BIOBASE/Current Awareness in Biological Sciences)

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Introduzione

Le antracicline sono farmaci antitumorali apparte-nenti alla categoria degli antibiotici citotossici, ovveroun gruppo di farmaci, isolati per lo più da fonti natura-li, la cui azione antineoplastica è dovuta ad interazionecon il DNA, con conseguenti danni all’acido nucleicoche innescano l’apoptosi.I primi derivati antraciclinici ad essere scoperti, ed

utilizzati in terapia, sono stati la daunorubicina (o dau-nomicina) e la doxorubicina (o adriamicina) che, neiprimi anni Sessanta, vennero isolati da ceppi di Strepto-myces peucetius.Mentre in passato si riteneva che il meccanismo con

cui le antracicline esplicano la loro attività citotossicafosse dovuto alla sola intercalazione di tali molecolenella struttura del DNA, con conseguente inibizionedelle normali attività dell’acido nucleico, attualmente latendenza è quella di ritenere l’intercalazione sì necessa-ria, ma non sufficiente all’azione antitumorale. Risultati recenti hanno infatti indicato nella topoiso-

merasi II eucariotica un bersaglio dell’azione citotossi-ca delle antracicline.L’uso sistemico endovenoso di questa tipologia di

agenti può causare diverse situazioni di emergenza, trale quali lo stravaso è la più devastante.Il National Extravasation Information Service defini-

sce lo stravaso come la fuoriuscita di farmaci, sommini-strati per via endovenosa, nel tessuto circostante. Leconseguenze di uno stravaso possono essere di variaentità, dall’arrossamento locale alla necrosi, e possonoestendersi a derma, tendini e legamenti, con conse-guenti gravi danni tissutali e funzionali.Fatta salva la professionalità degli operatori sanitari,

la diffusione di apposite linee guida e gli sforzi dei teamdi dipartimento oncologico, la somministrazione atten-ta dei chemioterapici per via endovenosa continua adessere la migliore prevenzione per evitare gli stravasi.Questo spiacevole evento avverso può comunque avve-nire per un movimento inconsulto del paziente, per l’in-debolimento delle pareti venose o per un malfunziona-mento dei dispositivi medici.Per avere una più chiara fotografia degli stravasi da

antraciclina si è voluta approfondire con diversi specia-listi la situazione italiana, coinvolgendo la Facoltà diStatistica dell’Università di Milano per quanto riguardala parte di analisi dei dati, alcuni oncologi, l’infermieree il farmacista di dipartimento oncologico per la gestio-

ne pratica di questo possibile incidente. Da ultimo ab-biamo chiesto il parere di uno studio legale sulla catenadelle responsabilità che coinvolgono i membri del di-partimento e della struttura sanitaria nell’uso appro-priato del trattamento terapeutico.Oggi in Italia vengono effettuate più di 450.000 infu-

sioni di antracicline presso i dipartimenti oncologici,dove la loro somministrazione avviene generalmente incondizione di day hospital. Anche in questo caso lo stra-vaso è un evento raro, che comunque si è verificato al-meno una volta in quasi un quarto dei centri contattati.Dal punto di vista medico si sono raccolte le testimo-

nianze di alcuni degli operatori presenti in questi dipar-timenti, che hanno documentato, anche con fotografie,come il seguire con attenzione delle precise linee guida,l’utilizzo di trattamenti autorizzati ed efficaci e la cor-retta gestione dello stravaso abbiano consentito di risol-vere l’incidente senza conseguenze per la salute del pa-ziente e senza strascichi professionali e/o giudiziari neiconfronti del dipartimento e dell’ospedale.Il diretto contatto con il paziente è di competenza del-

l’infermiere di dipartimento, che è responsabile di unacorretta gestione dello stravaso. Attraverso il riconosci-mento precoce dei sintomi e dei segni, l’operatore ha ilcompito di ridurre il danno tissutale agendo in modotempestivo ed efficace. Ecco perché la continua forma-zione del personale al riconoscimento, alla prevenzionee al trattamento dello stravaso, oltre alla disponibilitàall’interno della farmacia ospedaliera dei trattamentiprescritti, costituiscono gli importanti argomenti di ba-se di questo supplemento.La farmacia ospedaliera ha un ruolo fondamentale

nell’approvvigionamento di antidoti e nel loro adeguatorifornimento ai servizi d’urgenza. Alcuni farmaci utiliz-zati a scopo antidotico, per esempio, non sono facilmen-te reperibili, oppure non vengono commercializzati inItalia nella formulazione adeguata. D’altra parte si tratta,nella maggior parte dei casi, di farmaci la cui immediatadisponibilità sul luogo del trattamento è determinante alfine di poter trattare correttamente alcuni casi di intossi-cazione grave con conseguente beneficio sulla qualità divita sia del paziente sia dell’operatore sanitario.La catena delle responsabilità, trasversale alle diverse

strutture ospedaliere coinvolte nella corretta gestionedello stravaso, completa in maniera originale questo in-novativo approccio al problema ‘evento avverso’.

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Incidenza degli stravasi con particolare riferimento allo stravaso da antracicline: la realtà italianaPaolo Mariani e Rosa Falotico

B-ASC, Università degli Studi di Milano Bicocca

Lo stravaso viene definito come la fuoriuscita di farmacisomministrati per via endovenosa nel tessuto circostante e,anche le antracicline, considerate tra i più efficaci farmaciantitumorali, vedono nello stravaso una delle possibilicomplicanze legate alla somministrazione endovenosa.Al fine di indagare tale fenomeno è stata condotta una

indagine telefonica su 314 centri oncologici italiani conl’obiettivo di collezionare informazioni inerenti adaspetti come: il numero di infusioni di chemioterapicieffettuate, la dimensione di quelle effettuate con antra-cicline, la quantificazione del numero di stravasi avve-nuti negli ultimi due anni, la loro estensione, entità,trattamento e risoluzione.L’indagine è stata realizzata da ASM-Ricerche attra-

verso una rilevazione con metodo CATI nel periodo cheva dal 9 gennaio 2012 al 3 febbraio 2012. L’universo di ri-ferimento era costituito dai reparti dei centri oncologicie il questionario è stato somministrato agli operatori sa-nitari (medici o caposala) operanti all’interno degli stes-si. Le informazioni sono riferite agli anni 2010 e 2011.Il campione, con estensione territoriale nazionale, ha

visto come contatti totali i 314 centri oncologici consi-derati, con un numero di interviste effettuate pari a 235(74,8% su totale contatti) di cui 9 (2,9% su totale contat-ti) non effettuano i trattamenti in esame. I rifiuti allacollaborazione sono stati 79 (25,2% su totale contatti). Ilmargine d’errore, calcolato sulla variabile di ancoraggio“Presso il vostro centro vengono effettuati trattamentichemioterapici per via endovenosa?” è pari a +/- 3,2%con un livello di confidenza posto al 95%. L’elaborazio-ne dei dati è stata effettuata con il software SPSS. L’ana-lisi statistica è stata realizzata attraverso l’uso di tecni-che di tipo descrittivo e t-test.

Evidenze

Nei 226 centri che hanno effettuato trattamenti che-mioterapici nei due anni in esame si possono ricostrui-re1 2.528.240 azioni. Tra i centri che hanno aderito al-l’indagine, il 3,8% non effettua trattamenti chemiote-rapici per via endovenosa. In media sono state effet-tuate più di 21 infusioni al giorno per ogni reparto. Trale 2.528.240 infusioni, 452.182 sono state a base di an-tracicline, pari a 3,9 infusioni al giorno. Il 22,6% dei

centri che effettuano infusioni di chemioterapici ha se-gnalato almeno uno stravaso da antracicline, per untotale di 86 eventi, e quindi di circa uno stravaso medioannuo per centro. La quota degli stravasi da antracicli-ne sul totale dei trattamenti a base dello stesso princi-pio è pari allo 0,02%. L’assenza di stravasi di antracicli-ne in diversi casi è dovuta al fatto che in molti centriviene utilizzato come protocollo il catetere venoso cen-trale che, come noto in letteratura, riduce l’incidenzadell’evento avverso.L’entità dello stravaso ha visto il valore massimo nella

classe compresa tra i valori 0 ml e 1,5 ml con il 66,7% deicasi, seguita dagli eventi con dimensioni di valori com-presi tra 1,5 ml e 5 ml (23,5% dei casi). Il 2,0% dei casi è in-vece relativo a stravasi con volume superiore ai 5 ml.Nell’86,3% dei casi lo stravaso è stato trattato farmacolo-gicamente, nel 9,8% chirurgicamente, mentre nel 13,7%dei casi lo stravaso è stato gestito ricorrendo ad “altro” co-me la lasermagnetoterapia o trattamenti locali (peresempio, il ‘lavaggio’). Lo stravaso è stato risolto nel91,8% dei casi a fronte di un ‘non risolto’ per il 3,9% e diuna fase di valutazione del 2,0%.La quasi totalità dei centri (98,2%) dichiara l’esistenza

nei reparti di linee guida per l’emergenza stravaso. La do-cumentazione dello stravaso attraverso report comprensi-vi di foto è prassi nel 44,7% dei centri, senza foto nel 33,2%.Il 19,9% dei centri invece non è solito documentare lo stra-vaso. I valori indicati sono riportati nella Tabella 1.L’esistenza di linee guida e la contemporaneità di re-

port comprensivi di foto è presente nel 45,5% dei casi.Sotto l’ipotesi che i rispondenti alla domanda dell’en-

tità dello stravaso abbiano indicato il valore modale senon esclusivo del volume in ml dello stesso, la figura 1ne riporta la quota sul totale delle infusioni. Dalla lettu-ra si evince che lo 0,0004% dei trattamenti chemiotera-pici a base di antracicline ha avuto come conseguenzauno stravaso superiore ai 5 ml, mentre gli stravasi di en-tità compresa tra 1,5 e 5 ml si sono verificati con una fre-quenza pari allo 0,0060%. La tipologia di stravaso piùfrequente è stata invece quella per valori inferiori a 1,5ml, verificatasi nello 0,0117% dei casi trattati con antra-cicline.In base alle risposte ottenute sono state effettuate ana-

lisi per evidenziare una possibile relazione tra il numerodegli stravasi e quello dei trattamenti di chemioterapiaendovenosa effettuati, a base di antracicline o meno.In primo luogo è stato eseguito un t-test sulle medie

su campioni indipendenti, atto a verificare se la media

i supplementi di Tu mo ri, vol. 13, No 2: S3-S5, 2012

1Il calcolo è stato effettuato ponendo 5 giorni settimanali nelle 52settimane nei 2 anni.

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S4 MARIANI P, FALOTICO R

del numero dei trattamenti chemioterapici endoveno-si effettuati nel periodo in analisi sia significativamen-te differente all’interno dei due gruppi determinati dalverificarsi o meno di stravasi. Il p-value è pari a 0,188per cui non si rilevano differenze significative fra ledue medie.La stessa procedura viene poi eseguita per verificare se

sussistano differenze significative fra il numero medio ditrattamenti chemioterapici a base di antracicline all’in-terno dei due gruppi determinati dal verificarsi o menodi stravasi. Anche in quest’ultimo caso il valore del p-va-lue pari a 0,239 permette di escludere la possibilità di dif-ferenze significative fra il numero medio di trattamenti abase di antracicline all’interno dei due gruppi.Da ciò sembra possibile concludere che il verificarsi di

stravasi non appare in relazione con la numerosità deitrattamenti chemioterapici effettuati ed in particolarecon la numerosità dei trattamenti a base di antracicline.Fonte: elaborazioni B-ASC su dati ASM-ricerche.

Figura 1 - Distribuzione dei casi di stravaso sulla popolazione dei ca-si trattati con terapie a base di antracicline: valori percentuali

Oltre 5 ml

Da 1,5 a 5 ml

Da 0 a 1,5 ml

0,0004%

0,0117%

0,0060%

Domande Modalità/media Valori

Presso il vostro centro vengono effettuati trattamenti chemioterapici per via endovenosa? Sì 96,2%(Filtro sulla modalità Sì) No 3,8%

Non risponde 0,0%

Quante infusioni di chemioterapia vengono effettuate mediamente ogni giorno nel suo reparto? Media 21,6Non risponde 0,4%

Tra queste, quante infusioni sono a base di antracicline? Media 3,9(mediamente ogni giorno nel suo reparto) Non risponde 2,2%

Negli ultimi due anni (2010-2011), si sono verificati stravasi da antracicline? Sì 22,6%(Filtro sulla modalità Sì) No 77,4%

Non risponde 0,0%

Se si, quanti? Media 1,8Non risponde 0,4%

Di che entità era lo stravaso? Fino a 1,5 ml 66,7%Da 1,5 ml a 5 ml 23,5%

Oltre 5 ml 2,0%Non so 7,8%

Non risponde 0,0%

Come è stato trattato lo stravaso? Farmacologicamente 86,3%(più risposte possibili) Chirurgicamente 9,8%

Altro - Specificare 13,7%Non risponde 0,0%

Quali sono stati i risultati? Risolto 92,1%Non risolto 3,9%

Attualmente in fase 2,0%di valutazioneNon risponde 2,0%

Esistono linee guida per l’emergenza stravaso nel vostro reparto? Sì 98,2%No 1,8%

Non risponde 0,0%

Siete soliti documentare lo stravaso con un report comprensivo di fotografie? Sì 44,7%Sì, ma senza fotografie 33,2%

No 19,9%Non risponde 2,2%

Base rispondenti: 235; elaborazioni con SPSS. Rispondenti: 235.Fonte: elaborazioni B-ASC su dati ASM-Ricerche; software impiegato: SPSS.

Tabella 1 - Domande utilizzate nell’indagine e principali risultati ottenuti

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Considerazioni

Sulla base delle 235 interviste effettuate si segnala chein Italia negli ultimi due anni si sono effettuate oltre450.000 infusioni di antracicline, con una media di 4 in-fusioni al giorno per centro. L’evento stravaso non risul-ta legato al numero delle infusioni effettuate e si è veri-ficato nel 22,6% dei centri.Lo stravaso da antracicline, pur essendo un evento ra-

ro, considerata sia la professionalità e preparazione del

personale sia le linee guida presenti nei vari dipartimen-ti oncologici, può tuttavia verificarsi per diversi motiviquali, per esempio, un movimento incauto del paziente,l’indebolimento delle pareti venose o un non perfettofunzionamento dei dispositivi medici. Avere a disposi-zione l’antidoto specifico, autorizzato dall’AIFA, per unintervento pronto ed efficace che tuteli la salute del pa-ziente e permetta di svolgere con maggiore serenità ilproprio lavoro potrebbe aumentare l’indice di buona sa-nità e di tutela, anche legale, della struttura sanitaria.

INDAGINE SUGLI STRAVASI DA ANTRACICLINE NEI CENTRI ITALIANI S5

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I farmaci chemioterapici vengono spesso somministra-ti per via endovenosa, sia per mezzo di vie periferiche, siaattraverso catetere venoso centrale. Un gran numero dicase report ha dimostrato che molti chemioterapici pos-sono stravasare (e hanno stravasato) con fuoriuscita acci-dentale del farmaco dalla vena nel tessuto sottostante: leconseguenze dipendono dal farmaco stravasato e dallasua possibile tossicità per l’area coinvolta. Gli stravasigravi sono caratterizzati da forte dolore, rossore, eritemae dalla presenza di vesciche. Le antracicline sono agentiche “bloccano il DNA” e sono classificate tra i farmaci ve-scicanti, che provocano cioè distruzione dei tessuti colpi-ti dallo stravaso e profonde ulcerazioni che possono pro-gredire lentamente per diverse settimane. Le lesioni, dif-ficili e lunghe da curare, a volte richiedono trapianti edinnesti di pelle e prolungato trattamento delle ferite finoalla progressiva perdita della funzionalità dell’arto. L’approccio al trattamento dello stravaso da antracicli-

ne è significativamente migliorato con l’introduzione diSavene® (dexrazoxano), un nuovo antidoto ideato per iltrattamento degli stravasi nell’adulto. Riportiamo di se-guito l’esperienza clinica in Italia sull’utilizzo di Savene®

(dexrazoxano), in pazienti che hanno subito uno stravasodi antracicline.

Caso clinico: data stravaso 2 dicembre 2011

Unità Operativa Oncologica, Ospedale San Giovanni Calibita, Fatebenefratelli, Roma

Antonella Mecozzi

Paziente di sesso femminile, anni 58.Anamnesi fisiologica: crescita e sviluppo regolari. Ha

fumato circa 15 sigarette al giorno per 30 anni; ha smes-so di fumare nel 2000. Non beve alcolici e assume rego-larmente 2 tazzine di caffè al dì. Abitudini alimentari re-golari. Nessuna apparente esposizione a fattori di ri-schio. Familiarità neoplastica aspecifica con una zia de-ceduta per neoplasia del colon.Anamnesi patologica remota: asportazione di fibroma

uterino all’età di 26 anni e colecistectomia per litiasi nel2010.Anamnesi patologica: agosto 2011 veniva posta dia-

gnosi di sarcoma di alto grado della regione ipogastricacon localizzazioni secondarie a livello toracico, in sedeparailare sinistra e surrenaliche. All’esordio la pazientesi presentava in condizioni generali buone, nonostanteastenia persistente da circa 2 mesi, associata a saltuariealgie nei quadranti superiori dell’addome, ad iporessiae calo ponderale di 3 kg nello stesso periodo. Per il per-sistere di tale sintomatologia nel mese di luglio 2011 sirecava presso il Pronto Soccorso del nostro nosocomio,

dove una radiografia del torace evidenziava una radio-pacità di 7 cm in sede ilare sinistra, mentre un’ecografiaaddominale mostrava una neoformazione di 8 cm didiametro di verosimile pertinenza del colon destro checontrae rapporti con il lobo epatico sinistro. La pazien-te veniva quindi ricoverata per approfondimento dia-gnostico nel reparto di oncologia. Nel corso del ricoverovenivano effettuati una TC total body con evidenza a li-vello polmonare di due grossolane formazioni solide(3,4 x 3 cm e 1,7 x 2,3 cm) in sede ilare sinistra senza pia-no di clivaggio con l’arteria polmonare omolaterale; unaformazione solida in ipocondrio sinistro del diametro di8,5 x 7 cm e due formazioni a carico dei surreni bilate-ralmente di 5,7 x 3,7 cm a sinistra e 2,3 x 5,2 a destra. Lapaziente veniva quindi sottoposta a colonscopia con re-perto di adenoma tubulare con displasia di basso gradoa 20 cm dal margine anale, ad esofagogastroduodeno-scopia con diagnosi di gastrite cronica attiva microero-siva associata ad iperplasia rigenerativa del bulbo duo-denale e a broncoscopia con evidenza di stenosi dacompressione estrinseca del bronco lobare sinistro emucosa indenne su tutto l’albero bronchiale. In data 19luglio 2011 veniva praticata un’agobiopsia percutaneadella neoformazione ipogastrica e, in attesa dell’esameistologico, una PET/TC che confermava il quadro TC,mostrando localizzazioni di malattia ad elevato meta-bolismo glicolitico, a livello ilare peribronchiale di sini-stra, dell’ipocondrio sinistro nonché a livello surrenali-co bilaterale. L’esame istologico permetteva di giungerealla diagnosi di sarcoma di alto grado con differenzia-zione muscolare, indice proliferativo valutato con Ki-67>50% e profilo immunoistochimico caratterizzato da:actina ML +, desmina +/-, vimentina +/-, pancitochera-tina -, S-100 +, c. Kit +/-.Per tale motivo, previo ecocardiogramma che mostrava

ventricolo destro lievemente dilatato, ipertensione pol-monare sistolica lieve e FEVs 70% si iniziava chemiotera-pia secondo lo schema con epirubicina 60 mg/m2 gg 1-2+ ifosfamide 3000 mg/m2 gg 1-3 q 21 gg. Veniva utilizzatoun accesso venoso periferico. La superficie corporea del-la paziente era di 1,86 m2 con un’altezza di 170 cm ed unpeso di 75 kg. Al primo ciclo, dopo premedicazione conaprepitant 125 mg per os, desametasone 12 mg in solu-zione fisiologica 100 ml e palonosetron in bolo, epirubi-cina è stata diluita alla dose totale di 108 mg in 50 ml disoluzione fisiologica e somministrata in bolo lento inmodo tale da verificare il corretto posizionamento del-l’ago in vena durante tutta la somministrazione; ifosfa-mide alla dose di 5400 mg in 500 ml di soluzione fisiolo-gica somministrata in un’ora, immediatamente precedu-ta da un bolo di Mesna 1800 mg in 50 ml di soluzione fi-siologica, mentre le successive dosi di Mesna venivanosomministrate, sempre alla stessa dose, 4 e 8 ore dopo

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Stravaso da antracicline: il punto di vista dell’oncologo

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l’inizio della somministrazione di ifosfamide. Al terminedella somministrazione di ifosfamide veniva innestatauna soluzione glucosalina da 2000 ml per 23 ore, che ave-va termine prima dell’inizio della chemioterapia del gior-no successivo. Il primo ciclo di chemioterapia è stato gravato da tossi-

cità midollare con neutropenia febbrile G4, nonostante lasomministrazione profilattica di G-CSF, piastrinopeniaG1 e anemia G2 per la quale è stata trasfusa un’unità diemazie concentrate. Dopo terapia antibiotica mirata perinfezione bronchiale da Enterococcus Faecium, si è assi-stito ad un progressivo miglioramento delle condizionigenerali e ad una completa regressione del quadro feb-brile. Al secondo ciclo di chemioterapia, in considerazio-ne della precedente tossicità, sono state ridotte del 20% ledosi sia di epirubicina sia di ifosfamide con conseguentenetta riduzione della tossicità che non è andata oltre ilgrado 1. In data 22 novembre 2011 veniva effettuata unaTC total body con mdc, allo scopo di rivalutare lo stato dimalattia, che evidenziava una risposta parziale del 50%circa sia sulla localizzazione primitiva in regione ipoga-strica sia sulle localizzazioni surrenali e toraciche. La paziente giungeva alla quarta somministrazione di

chemioterapia in buone condizioni generali; i sintomi pre-senti all’esordio della malattia erano completamente re-grediti. Il sistema venoso periferico si manteneva in discre-te condizioni con una scarsa visibilità delle vene del brac-cio, che è sempre stata una caratteristica del sistema veno-so della paziente, ma apparentemente normoconformato.Il 2 dicembre 2011 veniva intrapreso il quarto dei sei cicli dichemioterapia previsti da accesso venoso periferico. La ve-nipuntura veniva praticata sulla faccia volare dell’avam-braccio destro, 6-8 cm a valle della piega antecubitale. Durante il primo giorno di terapia, in corso di sommi-

nistrazione in bolo lento di farmorubicina 88 mg, dilui-ta in 50 ml di soluzione fisiologica, la paziente ha pre-sentato dolore e bruciore nella sede di inserzione del-l’ago. L’infermiera che stava praticando il push ha pron-tamente interrotto la somministrazione, verificando ilcorretto posizionamento dello stesso. Una volta accer-tatasi che l’ago era correttamente posizionato in venaper reflusso di sangue, dopo aver interrogato la pazien-

te sui sintomi – che sembravano regrediti –, riprendevalentamente la somministrazione di farmorubicina, altermine della quale la cute adiacente al sito dell’ago ap-pariva iperemica. Si innestava, quindi, una soluzione fi-siologica da 100 ml per lavaggio della vena e si manife-stava, nell’area immediatamente a monte del sito dellavenipuntura, un piccolo ponfo minimamente rilevatodel diametro di 3 cm circa, ricoperto da cute iperemica;l’iperemia si estendeva anche nell’area circostante. Lapaziente lamentava dolenzia nella zona del ponfo.L’ago, a questo punto, veniva rimosso. Il medico verifi-cava che l’area sopradescritta era dolente alla palpazio-ne e presentava una consistenza aumentata rispetto al-la cute circostante (Figure 1-3).L’ipotesi più verosimile, alla luce del dettagliato reso-

conto della paziente e dell’infermiera, e del correttocomportamento della stessa, è apparsa quella di unapiccola fissurazione della vena a monte del punto di in-serzione dell’ago, che ha permesso lo stravaso di unapiccola quantità di farmaco.In ogni caso, dopo attento esame dell’accaduto, della

sintomatologia riferita dalla paziente e della presenza delponfo, si decideva di procedere alla somministrazione diSavene® (dexrazoxano). La prima dose è stata infusa en-tro un’ora dallo stravaso alla dose di 1800 mg in 2 ore, conaccesso venoso periferico nel braccio controlaterale, cosìcome il secondo giorno; il terzo giorno è stata sommini-strata la dose di 900 mg totali, sempre in infusione di dueore. La paziente ha continuato la chemioterapia come daprogramma, omettendo la dose di farmorubicina del se-condo giorno. Unico sintomo riferito dalla paziente è sta-ta la nausea G2 al secondo giorno di Savene® (dexrazoxa-no), che era anche il secondo giorno di chemioterapia. A livello del braccio, nei giorni successivi allo stravaso

si osservava solo un’area edematosa e dolente con cuteintegra, ma lievemente iperemica (Figura 4).A distanza di una settimana dallo stravaso il quadro

cutaneo locale appariva invariato con edema e dolen-zia. A distanza di 3 settimane il dolore era completa-mente regredito, ma permaneva una zona minimamen-te edematosa e aumentata di consistenza. Nei mesi suc-cessivi entrambi questi segni andavano progressiva-

IL PUNTO DI VISTA DELL’ONCOLOGO S7

Figure 1-3 - Presenza di piccolo ponfo minimamente rilevato (diametro 3 cm circa), ricoperto da cute iperemica, che si estende anche nell’areacircostante.

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mente scomparendo, fino al controllo a distanza di 3mesi quando l’area cutanea appariva normale, persi-stendo solo una minima dolenzia alla palpazione a li-vello della piega antecubitale. Il quadro cutaneo e sottocutaneo relativo allo strava-

so si è completamente risolto senza reliquati.

Caso clinico: data stravaso 4 ottobre 2011

UOC Oncologia Medica, Ospedale San Salvatore, Università degli Studi dell’Aquila

Katia Cannita, Gemma Bruera, Lucia Rinaldi, Enrico Ricevuto, Corrado Ficorella

Una paziente di 66 anni affetta da carcinoma dellamammella si recava presso il nostro reparto per effettua-re il secondo ciclo di chemioterapia adiuvante secondolo schema epirubicina/ciclofosfamide g1 q21 gg ev.Le condizioni del sistema venoso della paziente non

erano ottimali; le vene risultavano, come segnalato dalpersonale infermieristico, non visibili e profonde. Nonavendo ottenuto dalla paziente il consenso all’impiantodi un port a cath e avendola informata sul rischio distravaso da antracicline, veniva utilizzata come sede diaccesso venoso periferico la piega del gomito. L’infusio-ne veniva garantita mediante pompa.Lo schema chemioterapico prevedeva la sommini-

strazione iniziale di una fisiologica da 500 cc medicatacon ranitidina e successiva infusione di desametasone epalonosetron. La somministrazione di antraciclina, di-luita in 100 cc di fisiologica ed infusa in 30 minuti scher-mata dalla luce precedeva la successiva infusione di ci-clofosfamide.

A venti minuti dall’inizio della somministrazione diepirubicina la paziente, dopo alcuni movimenti incautidel braccio recandosi in bagno, avvertiva dolore urentesulla piega del gomito ed allertava il personale infermie-ristico.Le procedure seguite dal personale medico ed infer-

mieristico sono state le seguenti:

• sospensione dell’infusione di antraciclina;• mantenimento dell’ago in sede e aspirazione del far-maco e di sangue per cercare di ridurre il danno locale;

• posizionamento di ghiaccio.

La regione si presentava lievemente rilevata in super-ficie ed eritematosa (Figura 1); la paziente continuava ariferire dolore urente nella sede dello stravaso.Si delimitava con un pennarello la zona eritematosa e

si effettuava report fotografico.Si contattava la farmacista ospedaliera e si richiamava

l’attenzione sulla necessità di reperire rapidamentel’antidoto Savene® (dexrazoxano) che l’ospedale nonaveva ancora in dotazione.Il contatto con l’Ospedale di Teramo, provincia abruz-

zese logisticamente più vicina e già dotata del farmaco,consentiva alla paziente di poter iniziare trattamentocon Savene® (dexrazoxano) con un intervallo dallo stra-vaso inferiore alle 3 ore.Giorno 1: si somministravano 1000 mg/m2 pari a 1740

mg totali diluiti in 500 cc di fisiologica in 2 ore. Dopol’infusione la paziente non presentava effetti collateraliacuti.Giorno 2: la paziente si recava in reparto senza riferi-

re sintomi peggiorativi rispetto al giorno precedente; lalesione si presenta clinicamente più eritematosa edestesa (Figura 2). Seconda somministrazione di Savene®

(dexrazoxano) 1000 mg/m2.Giorno 3: la paziente presentava eritema della piega

del gomito. Riferiva astenia moderata (Figura 3).

S8 STRAVASO DA ANTRACICLINE

Figura 4 - Giorni successivi allo stravaso: area edematosa e dolentecon cute integra, ma lievemente iperemica.

Figura 1 - Giorno 1: immagine a 30 minuti dallo stravaso.

Page 12: I supplementi di Tumori. Volume 13, Number 2, July 2012

Giorno 7: all’emocromo si evidenziava leuconeutrope-nia G2 e piastrinopenia G3 con 47.000 PLT totali. AsteniaG2-3. La lesione appariva più addensata nei piani pro-fondi e dolente alla palpazione superficiale (Figura 4).Giorno 10: piastrinopenia G2. Lesione invariata.Giorno 12: la paziente presentava valori ematochimi-

ci nella norma.Giorno 21: lieve peggioramento della lesione locale.

La paziente riferiva astenia G2. Si rinviava la chemiote-rapia di una settimana.Giorno 25: lo stravaso si presentava come lesione eri-

tematosa di 4 x 2,5 cm con ispessimento fibroso del sot-tocutaneo che si estendeva per circa 2 cm oltre l’areaeritematosa; l’area era dolente alla digitopressione manon spontaneamente.La paziente effettuava il terzo ciclo di chemioterapia

con 7 giorni di ritardo utilizzando un accesso venoso

posto a monte della lesione. La lesione cutanea sededello stravaso risultava invariata.La paziente accettava il posizionamento del port a

cath, che veniva inserito prima del quarto ciclo di che-mioterapia.La paziente ha completato la terapia adiuvante e

non ha avuto esiti funzionali dallo stravaso da antraci-clina. Persiste, a 7 mesi dall’evento, una lieve fibrosidei piani più profondi della piega del gomito, che nonevoca più dolore nemmeno alla palpazione profonda(Figura 5).

Discussione

La somministrazione della chemioterapia ha insito unrischio assai temuto, che è quello dello stravaso. Per

IL PUNTO DI VISTA DELL’ONCOLOGO S9

Figura 2 - Giorno 2 dallo stravaso: la lesione si presenta clinicamentepiù eritematosa ed estesa.

Figura 3 - Giorno 3 dallo stravaso: la paziente presenta eritema del-la piega del gomito.

Figura 4 - Giorno 7 dallo stravaso: la lesione appare più addensatanei piani profondi e dolente alla palpazione superficiale.

Figura 5 - Controllo a sette mesi dallo stravaso: persistenza di una lie-ve fibrosi dei piani più profondi della piega del gomito, che non evo-ca più dolore nemmeno alla palpazione profonda.

Page 13: I supplementi di Tumori. Volume 13, Number 2, July 2012

stravaso si intende la fuoriuscita accidentale da un vasonel tessuto cutaneo e/o sottocutaneo di qualunque so-luzione endovenosa. In particolare lo stravaso di agentiantineoplastici può essere particolarmente dannosoperché può provocare, in alcuni casi, necrosi dei tessuti,gravi danni cellulari, infezioni. Tra gli stravasi da chemioterapici quello da antraci-

cline è sicuramente uno dei più paventati in oncologiaper le complicanze spesso permanenti e invalidanti.Le antracicline sono farmaci che si legano tenacemen-te e stabilmente al DNA e, in caso di stravaso, si leganoalle cellule sane dei tessuti interessati, che muoiono inpoco tempo. Dopo la morte cellulare il complessoDNA-farmaco viene a danneggiare le cellule sane limi-trofe, determinando nelle settimane successiveun’estensione del danno tissutale. Ciò spiega perché inquesti casi il danno tissutale non è solo immediato, mapuò amplificarsi a lungo termine. Per tale motivo leantracicline sono definite farmaci vescicanti/necrotiz-zanti, ossia che determinano danno cellulare e/o lanecrosi dei tessuti in caso di stravaso sottocutaneo. Siipotizza, inoltre, che lo stravaso di tali farmaci deter-mini anche il rilascio di radicali liberi con conseguen-ze gravi sui piccoli vasi (perdita dell’integrità della pa-rete dei vasi, aumento del rischio di trombosi, necrosivascolare).Numerose sono le procedure messe in atto negli anni

al fine di ridurre l’incidenza degli stravasi nonché otte-nere il contenimento delle conseguenze correlate aglistravasi stessi.Savene® (dexrazoxano) ha due meccanismi di azio-

ne: chelazione del ferro nonché inibizione della to-poisomerasi II. Non è ancora perfettamente chiaroquanto i due meccanismi contribuiscano al conteni-mento del danno tissutale da antraciclina, ma duestudi hanno dimostrato che Savene® (dexrazoxano) èriuscito a prevenire lo sviluppo di necrosi tissutale edha consentito di proseguire il programma terapeuticochemioterapico senza significative riduzioni di dosenel 70,4% dei pazienti riducendo l’incidenza dei po-stumi. Savene® (dexrazoxano) può potenziare la tossicità

indotta dalla chemioterapia somministrata durantelo stravaso. Tale evenienza può spiegare la piastrino-penia G3 e l’astenia G2-3 che si sono verificate nellapaziente da noi trattata e che non si erano evidenzia-te al ciclo precedente. L’attento monitoraggio dei pa-rametri ematochimici della paziente e l’attivazionedel servizio di assistenza domiciliare oncologica cihanno consentito di gestire la paziente senza alterar-ne la qualità di vita, elemento cardine dei trattamen-ti adiuvanti.L’utilizzo tempestivo di Savene® (dexrazoxano) ci ha

permesso di mantenere invariata la dose-intensity del-la chemioterapia adiuvante somministrata e di scon-giurare danni funzionali ad una paziente potenzial-mente guarita.

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Caso clinico: data stravaso 23 marzo 2012

IRCCA Ospedale Oncologico di Bari

Emanuele Naglieri

Una donna di 45 anni con cancro alla mammella hasubito uno stravaso di epirubicina in occasione del suoprimo ciclo di chemioterapia (che includeva anche ci-clofosfamide). Lo stravaso è stato diagnosticato 30 mi-nuti dopo l’inizio dell’infusione di epirubicina (da in-gresso periferico in braccio sinistro) ed è stato causatodalla rottura del catetere con conseguente fuoriuscitadalla parete venosa. La quantità di farmaco stravasatoè stata di circa 5 ml ed ha generato nella paziente do-

S10 STRAVASO DA ANTRACICLINE

Page 14: I supplementi di Tumori. Volume 13, Number 2, July 2012

lore immediato associato a bruciore, indurimento,edema, eritema e arrossamento in un’area di circa 25cm2. Sia la paziente sia l’infermiera addetta all’infusio-ne apparivano profondamente scosse. Si è deciso cosìdi attivare il protocollo di emergenza stravaso tramitel’utilizzo dell’antidoto Savene® (dexrazoxano). Poichéper raffreddare la zona erano stati applicati impacchidi ghiaccio, gli stessi sono stati rimossi almeno 15 mi-nuti prima della somministazione di Savene® (dexra-zoxano). È stata praticata un’infiltrazione di idrocorti-sone nell’area dello stravaso e non si è utilizzatoDMSO (cfr “Procedure per il trattamento dello strava-so, 2011, pag. 7 – Gruppo SIFO Lombardia”). Dopo avercalcolato, come da linee guida, la superficie corporeadella paziente (1,74 m2), è iniziata l’infusione di Save-ne® (dexrazoxano), a circa 30 minuti dalla diagnosi distravaso. Il trattamento con l’antidoto è stato ripetutocon le modalità prescritte dopo 24 e 48 ore. La pazien-te ha mostrato un pieno recupero. I segni ed i sintomidello stravaso risultavano notevolmente ridotti. Ai suc-cessivi controlli, avvenuti a distanza di circa tre setti-mane, persisteva un indurimento della parte con lieveeritema cutaneo. Nessuna alterazione della funzionali-

tà del braccio. Non si sono verificati ritardi nell’infu-sione dei cicli di chemioterapia.

Stravaso non trattato con Savene®

Le Figure 2 e 3 si riferiscono a uno stravaso non trat-tato con l’antidoto Savene® (dexrazoxano). Al control-lo a tre settimane la paziente mostrava molto evidentii segni e i sintomi dell’evento avverso. Riferiva ancoradella sua impossibilità ad articolare il braccio.

IL PUNTO DI VISTA DELL’ONCOLOGO S11

Figura 1 - Paziente trattata con Savene®. Controllo a tre settimanedallo stravaso: persiste un modestissimo indurimento della parte conlieve eritema cutaneo. Nessuna alterazione della funzionalità delbraccio. La paziente ha mostrato un pieno recupero. I segni ed i sin-tomi dello stravaso risultano notevolmente ridotti.

Figure 2 e 3 - Paziente non trattata con Savene®. Controllo a tre set-timane dall’evento.

Page 15: I supplementi di Tumori. Volume 13, Number 2, July 2012

i supplementi di Tu mo ri, vol. 13, No 2: S12-S15, 2012

Stravaso da antracicline: il punto di vista dell’infermiere di Dipartimento Oncologico. Gestione praticaFabiana Marcucci

Clinica di Oncologia, Dipartimento Oncoematologico, Ospedali Riuniti di Ancona; Componente del Consiglio Direttivo Associazione Ita-liana Infermieri di Area Oncologica (AIIAO)

Introduzione

Lo stravaso, considerato come la fuoriuscita di un far-maco dal sito di inserzione nel tessuto circostante¹ (Na-tional Extravasation Information Service, 2000-2007),da farmaci citotossici o antiblastici rappresenta attual-mente un evento abbastanza raro in oncologia, ma im-portante dal punto di vista del danno eventualmenteprovocato².

Questo fenomeno viene stimato con una percentualecompresa tra lo 0,1% e il 6,5%³: il dato suggerisce che lostravaso sia un incidente spesso sottostimato, frequen-temente non riconosciuto, quindi non trattato né se-gnalato4. La mancanza di dati precisi e accurati sullaprevalenza dei casi di stravaso non trattati rende diffici-le stabilire l’efficacia dei trattamenti adottati. Un grossoproblema è la mancanza di studi clinici controllati perpoter stabilire quale sia, per ogni farmaco, l’approccioterapeutico più efficace5.

La gravità di uno stravaso dipende dal tipo di farma-co, dalla quantità e dalla concentrazione6; inoltre il dan-no è correlabile ad altri fattori, quali l’infusione in areeprossime ad articolazioni, tendini e fasci neurovascola-ri (come il polso e la fossa antecubitale) o il tempo in-tercorso tra il verificarsi dello stravaso e il trattamentodello stesso. Il danno tissutale può variare da un sempli-ce eritema localizzato a una necrosi estesa, che può de-terminare la perdita della funzione di un arto o com-promettere il proseguimento della terapia stessa7.

La classificazione degli antiblastici in base alla tossici-tà tissutale è riportata nella Tabella 1.

I professionisti sanitari che in primo luogo sono re-sponsabili di una corretta gestione dello stravaso sonoproprio gli infermieri11, che rivestono un ruolo chiavenella prevenzione di questa complicazione e, attraversoil riconoscimento precoce dei sintomi e dei segni, sonoin grado di agire in maniera tempestiva ed efficace al fi-ne di ridurre il danno tissutale. Anche per questo even-to avverso la formazione continua dell’infermiere onco-logico diviene un obiettivo specifico5.

Prevenzione dello stravaso

Il miglior approccio per minimizzare il danno provo-cato dallo stravaso è rappresentato dalla prevenzione, dicompetenza strettamente infermieristica, attraverso:

• la formazione continua,• l’implementazione di protocolli operativi che guidino

tutti i professionisti sia all’identificazione precoce siaal trattamento12.

Trattamento dello stravaso

Il trattamento dello stravaso va effettuato solo in casodi farmaci antiblastici necrotizzanti o vescicanti.

Nel caso di farmaci irritanti si applica nella zona le-sionata una crema antinfiammatoria16.

Nel caso di farmaci neutrali non verrà adottato alcuntrattamento.

Nota bene: nessuna tossicità tissutale è stata fino ad oggi rilevata in seguito a stravasi di farmaci target: anticorpi monoclonali.

Tabella 1 - Classificazione degli antiblastici in base alla tossicità tissutale

Necrotizzanti: sono farmaci che producono un danno immediato e, • Antracicline: farmorubicina, doxorubicina, adriamicina, legandosi al DNA, rimangono a lungo nei tessuti provocando doxorubicina, liposomiale, idarubicina, daunoblastinaun danno tissutale progressivo con ulcerazione; spesso richiedono • Alcaloidi della vinca: vincristina, vinblastina, vindesina, un intervento chirurgico e possono determinare sintomatologia vinorelbina, vinfluninadolorosa ed esiti molto gravi da un punto di vista funzionale8 • Mitomicina C

• Trabectedina

Vescicanti: sono farmaci che vengono rapidamente metabolizzati, • Mitoxantrone, carmustina, dacarbazina, taxani, cisplatino, provocano un danno immediato seguito da riparazione dei tessuti9 etoposide, oxaliplatino

Irritanti: causano soltanto infiammazione ed irritazione; • Bleomicina, carboplatino, ciclofosfamide, ifosfamide, l’azione lesiva dipende soltanto dal volume stravasato10 fluorouracile, melphalan, streptozotocina, tiotepa

Neutrali: non provocano reazioni locali10 • Gemcitabina, irinotecan, methotrexate, raltitrexed, topotecan, pemetrexed, fludarabina

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STRAVASI DA ANTRACICLINE: IL PUNTO DI VISTA DELL’INFERMIERE S13

Il trattamento dello stravaso va assolutamente effet-tuato entro un massimo di dieci minuti dall’evento: so-lo in questo caso sarà curativo11. Importante è averesempre a disposizione un kit di intervento urgente,comprendente gli antidoti, i farmaci e tutto il materialeper il trattamento13.

Intervenendo con ritardo si possono soltanto arginarei danni relativi alle lesioni, ma l’intervento non sarà af-fatto curativo: in pochissimo tempo (qualche minuto) ilfarmaco raggiunge i tessuti sottostanti, provocandodanni spesso irreversibili per il paziente: necrosi, vesci-che, dolore, perdita della funzionalità dell’arto colpitodalla lesione, retrazione dei nervi e dei tendini; nel casodi farmaci necrotizzanti si può arrivare fino alla rico-struzione chirurgica di ampie zone di arto; sono stateosservate nel tempo amputazioni di arti, eventi rari mapossibili11.

Il trattamento dello stravaso prevede norme generali eparticolari relative a ogni farmaco interessato.

Trattamento generale17

• In tutti gli stravasi l’ago di infusione non va rimosso,ma va aspirato più sangue e farmaco possibile.

• L’area stravasata può essere chiaramente disegnataper definirne i margini.

• Dove possibile, sarebbe utile poter fotografare la zonaal fine di monitorare la lesione nel tempo.

• Rimuovere l’ago.• Applicare l’antidoto relativo al farmaco.• Applicare caldo o ghiaccio secondo il tipo di farmaco

stravasato (ad eccezione delle antracicline).• Somministrare farmaci per via sistemica se prescritti

dal medico informato dell’evento (antistaminici, anti-dolorifici).

Tabella 2 - Procedura da seguire per evitare i rischi di stravaso

Informare il paziente13 • sui possibili rischi dovuti allo stravaso (evitare di provocare ansia o agitazione nel paziente)• sulla necessità di rispettare l’immobilità dell’arto durante l’infusione dell’antiblastico• dell’eventuale segnalazione immediata in caso di:

– sensazione di bruciore, fastidio, dolore, formicolio,– gonfiore (edema), rossore, calore in sede di infusione,– reflusso di sangue nel set di infusione.

Scelta del sito di • Ispezionare ambedue le braccia: il vaso venoso deve presentarsi morbido, elastico e di dimensioni adeguate somministrazione a contenere l’ago scelto in base alla terapia.(infusione)14 • Preferire nell’ordine questi siti di infusione:

a. vene mediane dell’avambraccio, b. vene cefalica e basilica, c. vene dorsali della mano.

Evitare:• la piega antecubitale,• le aree di flessione del polso e della mano,• gli arti inferiori,• le vene fragili, di piccolo calibro, sclerotiche o infiammate, varici venose,• vene precedentemente sottoposte a chemioterapia.• Non infondere terapia se l’arto presenta circolo linfatico compromesso o interessato da processi neoplastici.• Non utilizzare lo stesso sito di infusione per altre terapie o aghi-cannula posizionati da più di 12 ore15.

Scelta dei dispositivi Utilizzare accesso venoso centrale, se presente.di infusione e Se non presente:posizionamento ago14 • utilizzare cannula flessibile in teflon o in silicone (ago-cannula),

• utilizzare ago di medio calibro (20 Gauge o 22 Gauge),• utilizzare medicazione in poliuretano trasparente,• utilizzare raccordi a Y e rubinetti a 3 vie,• utilizzare dispositivi dotati di raccordi luer-lock.

Test di integrità • Infondere 100 ml o 250 ml di soluzione fisiologica a goccia veloce.della parete venosa • Non valutare mai la linea di infusione con il farmaco chemioterapico.Infusione della • Le infusioni dei farmaci necrotizzanti e vescicanti vanno eseguite a caduta e non mediante pompa infusionale.chemioterapia • Rispettare rigorosamente le velocità di infusione relative ad ogni farmaco.

• In caso di somministrazione sequenziale, infondere per primi i farmaci necrotizzanti o vescicanti.• Se tutti i farmaci sono necrotizzanti o vescicanti iniettare per primo quello più concentrato.• Dopo l’infusione di farmaci praticare abbondante lavaggio della vena con soluzione neutra (per esempio,

soluzione fisiologica).

Rivalutazione periodica • Controllare periodicamente l’integrità della vena.dell’integrità venosa • Se il paziente non è collaborante (esiti di ictus, compromissione del sensorio, età avanzata o altro)

o rimane asintomatico nel corso della terapia, effettuare controlli ogni 5-20 minuti in relazione al tipo di chemioterapico infuso.

• Distinguere lo stravaso da altre reazioni dovute ai farmaci15.

Page 17: I supplementi di Tumori. Volume 13, Number 2, July 2012

S14 MARCUCCI F

• Monitorare il paziente per tutto il follow-up: control-lare attentamente l’evoluzione della lesione per alme-no 1-2 settimane; nel caso di ulcerazione chiedere laconsulenza del chirurgo plastico.

• Nel caso di necrosi contattare immediatamente il chi-rurgo plastico per i trattamenti specifici.

• Documentare l’evento in cartella clinica integrata.

Trattamenti particolari: antidoti

Accanto al trattamento generale, riveste particolareimportanza l’utilizzo degli antidoti, anche se a tutt’oggivi sono evidenze scientifiche contrastanti rispetto al lo-ro uso nello stravaso16: antidoti ed interventi chirurgiciprecoci in questo evento avverso restano dibattuti nelmondo scientifico in quanto empirici.

L’unica eccezione è rappresentata da Savene® (dexra-zoxano)18, in quanto l’efficacia di questo trattamento èstata valutata attraverso studi clinici: gli studi TT01 eTT0219, multicentrici a braccio singolo, introduconoquesta molecola cardioprotettrice tra gli antidoti neltrattamento degli stravasi da antracicline20.

In seguito a queste sperimentazioni, Savene® (dexra-zoxano) ha ottenuto l’approvazione dall’EMA (AgenziaEuropea del Farmaco) e dalla FDA (Food and Drug Ad-ministration)21 come trattamento d’elezione nello stra-vaso da antracicline.

Il meccanismo di azione consta di due fasi:

• agisce come inibitore catalitico dell’enzima DNA to-poisomerasi II, target delle antracicline;

• agisce come chelante del ferro prevenendo la forma-zione del complesso ferro-antracicline e lo stress ossi-dativo dei radicali liberi ferro-dipendenti22.

Oltre ad evitare la formazione di necrosi tissutale, lasomministrazione di Savene® (dexrazoxano) per il trat-tamento dello stravaso da antracicline evita sospensio-ni e/o ritardi dei successivi cicli di chemioterapia (biop-sy-proven)23.

Effetti collaterali più comuni conseguenti alla som-ministrazione di Savene® (dexrazoxano) sono: pancito-penia, aumento delle transaminasi, aumento della bili-rubina.

EONS 200713.

Tabella 3 - Trattamento dello stravaso da antracicline

Praticare lavaggio antisettico delle mani, quindi indossare dispositivi di protezione individuale.

Aspirare dall’ago di infusione dello stravaso più farmaco e sangue possibile (fino a 5 ml).

Avvisare medico: prescrizione del farmaco Savene® (dexrazoxano) (per 3 giorni).Inviare prescrizione in farmacia per preparazione o preparare l’infusione sotto cappa aspirante.

Reperire accesso venoso periferico nel braccio controlaterale allo stravaso o comunque lontano dalla zona di stravaso.Se lo stravaso è avvenuto durante infusione attraverso un accesso venoso centrale, somministrare farmaco Savene® (dexrazoxano) in venaperiferica.

Infondere soluzione di Savene® (dexrazoxano) 1000 mg/m2 prima possibile dall’evento stravaso e comunque entro 6 ore.

Infondere il farmaco in 60 minuti.

Ripetere la stessa somministrazione dopo 24 ore (1000 mg/m2).

Ripetere la stessa somministrazione dopo 48 ore (500 mg/m2).

Non utilizzare cortisonici, ghiaccio nella zona colpita o dimetilsulfossido in associazione al farmaco Savene® (dexrazoxano).

Documentare l’evento in cartella clinica integrata.

Monitorare il paziente ogni 3 giorni: controllare evoluzione o risoluzione della lesione.

Documentare l’evento in cartella clinica integrata.

Valutare:• formazione di vesciche,• necrosi,• dolore persistente,• retrazione della zona lesionata,Eventualmente contattare chirurgo plastico per debridamento necrosi.

Tabella 4 - Livelli di evidenza degli antidoti utilizzati in caso di stravaso

Farmaco stravasato Antidoto suggerito Livello di evidenza

Antracicline Savene® (dexrazoxano) L’efficacia verificata nei rilievi bioptici dello stravaso è stata confermata dai trial cliniciMitomicina C DMSO topico Suggerito come possibile antidoto nella letteratura.

A causa della mancanza di evidenze è consigliabile approfondire lo studioAlcaloidi della vinca Jaluronidasi Suggerito come possibile antidoto nella letteratura.

A causa della mancanza di evidenze è consigliabile approfondire lo studio

Page 18: I supplementi di Tumori. Volume 13, Number 2, July 2012

Savene® (dexrazoxano) è disponibile in fiale da 500mg, va somministrato per infusione endovenosa diluitoin 500 ml di soluzione diluente.

Per la preparazione adottare le consuete procedureper la corretta manipolazione dei medicinali citotossici.

Altri antidoti attualmente utilizzati sono rappresenta-ti dal dimetilsulfossido (DMSO)24, dall’enzima jaluroni-dasi10, dal sodio tiosolfato1, dall’applicazione di ghiac-cio o caldo nella zona colpita17, ma il loro utilizzo non èsupportato da evidenze scientifiche (Tabella 4). Si con-siglia quindi l’implementazione in ogni reparto o servi-zio oncologico di protocolli di gestione/trattamentostravaso in collaborazione con i farmacisti responsabilie gli oncologi medici.

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STRAVASI DA ANTRACICLINE: IL PUNTO DI VISTA DELL’INFERMIERE S15

Page 19: I supplementi di Tumori. Volume 13, Number 2, July 2012

Stravaso da antracicline: il punto di vista del farmacistaospedaliero di Dipartimento Oncologico. Gestione degli antidotiStefano Federici1 e Giuseppe Caravella2

1Responsabile SC Farmacia Ospedaliera Aziendale, 2Responsabile AS Galenica Clinica, Farmacia Ospedaliera Aziendale, Azienda Ospedaliera di Melegnano (Mi)

Introduzione

La sconfitta della malattia tumorale è da anni uno de-gli obiettivi più importanti della ricerca farmaceutica eclinica. Nell’ultimo decennio stiamo assistendo ad unsostanziale cambiamento della strategia terapeutica,passando dal trattamento del tumore secondo protocol-li stabiliti e rigidi, con efficacia variabile da individuo adindividuo, ad una forma ‘tailorizzata’, su misura, di tera-pia antitumorale, che considera sì il cancro e la sua sta-diazione, ma anche le patologie concomitanti, le aspet-tative e la qualità di vita a medio e lungo termine, lecondizioni di socialità. La personalizzazione della tera-pia ha determinato un considerevole aumento dellagamma di farmaci utilizzati nella cura del cancro, impo-nendo una particolare attenzione sul rischio di intera-zioni, sulla valutazione dei dosaggi, sulle schedule disomministrazione più idonee, sulla tossicità del tratta-mento. Di conseguenza la scelta terapeutica e il moni-toraggio del paziente oncologico non sono più preroga-tiva unica ed esclusiva del clinico, ma sempre più unterreno in cui l’accordo tra i professionisti (oncologimedici, ematologi, chirurghi, radioterapisti, patologiclinici, laboratoristi, infermieri, farmacisti ospedalieri,etc.) deputati a garantire le cure all’interno dell’ospeda-le e sul territorio, rappresenta sempre di più un fattorestrategico fondamentale.L’esigenza di porre una figura professionale sanitaria

a cavallo tra le competenze cliniche e quelle legislative etecnico-gestionali si sta affermando con sempre mag-giore forza, alla luce del continuo aumento della spesasanitaria dei farmaci oncologici in ambiente ospedalie-ro. In tal senso, pare ovvio che il farmacista ospedalierovenga sempre più coinvolto nei processi decisionaliaziendali.Il rapporto continuo che il farmacista ospedaliero as-

sume oggi nei confronti delle istituzioni è più che mai divitale importanza per il lavoro di monitoraggio e con-trollo nella gestione dei prodotti di area sanitaria in am-bito ospedaliero ed extraospedaliero. I rapporti che il far-macista ospedaliero, insieme all’oncologo medico e al-l’ematologo clinico, condivide con l’AIFA diventano fon-damentali per una maggiore oculatezza nell’appropriataprescrizione al fine di garantire a tutti i pazienti la mi-glior cura attualmente possibile. Infatti le ‘schede’ di mo-nitoraggio AlFA rappresentano un importante passoavanti nei rapporti di collaborazione e di interazione con

le istituzioni e un potenziamento del rapporto già in cor-so con gli oncologi e gli ematologi, facendo sì che il far-macista ospedaliero abbia un coinvolgimento maggiorenel percorso di cura del paziente oncoematologico.

Campi di interesse specifici del farmacista ospedaliero in oncologia

Nella Figura 1 vengono riportate le aree in cui il farma-cista ospedaliero si può interfacciare con le altre profes-sionalità impegnate nella cura del malato oncologico.

Galenica clinica e tecnica farmaceutica

È stato il motore di partenza da cui è scaturito tuttol’interesse dell’oncologia verso il farmacista ospedalie-ro, dettato per lo più da un’esigenza di aspetti protezio-nistici in quanto trattasi di farmaci istolesivi, mutagenie cancerogeni, e quindi potenzialmente tossici per glioperatori che manipolano tali sostanze. Pertanto il set-tore della galenica clinica è, più di ogni altro, esplicativodelle caratteristiche di duttilità della farmacia clinicanel venire incontro ai bisogni terapeutici dei singoli pa-zienti, coniugando qualità, sicurezza, maggiore certezzadell’outcome con l’economicità degli interventi. Dosag-gi personalizzati significano:

• in termini di sicurezza formulazioni controllate perquanto riguarda dosaggio, compatibilità e stabilità dei

i supplementi di Tu mo ri, vol. 13, No 2: S16-S21, 2012

Galenica clinica e tecnica farmaceuticaPrescrizione e consulenza legislativa

Organizzazione e logisticaConsulenza tecnico-scientifica

Gestione economica intra e extraospedalieraPartecipazione a Commissioni

• Responsabilità nell’allestimento sicuro delle terapie oncologiche• Appropriatezza prescrittiva delle terapie oncologiche• Consulenza legislativa su argomentazioni che influenzano l’organizzazione del reparto onco-ematologico (File F & Legislazione sugli Off Label)• Gestione organizzativa e centralizzata delle terapie oncologiche• Collaborazione interattiva tecnico-scientifica con il clinico su argomentazioni farmacologiche e tossicologiche• Collaborazione nella elaborazione dei budget di reparto onco-ematologici• Interazione nell’ambito di commissioni di farmaco-terapeutica e nei comitati etici

1

2

3456

Formazione e aggiornam

ento continuo

Secondo la filosofia dell’Health Technology Assessment

Figura 1 - Argomenti di interesse del farmacista ospedaliero in on-cologia.

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STRAVASI DA ANTRACICLINE: IL PUNTO DI VISTA DEL FARMACISTA OSPEDALIERO S17

componenti. Confezionamenti idonei a garantire l’in-tegrità del prodotto e l’individuazione del paziente.Maggior controllo microbiologico;

• in termini terapeutici la garanzia di avere prodottiad hoc per ogni singolo paziente anche laddove l’in-dustria non è in grado di fornire il dosaggio ottimale.Essendo il farmacista coinvolto direttamente nella ge-stione delle terapie, ha maggiormente l’opportunitàdi dare un concreto contributo nella razionalizzazio-ne e nelle scelte dei prodotti utilizzati;

• in termini economici dose unitaria significa azze-ramento delle scorte di reparto (il maggior fattore nel-l’onere economico dei farmaci), nessuno spreco diprodotto in quanto, avvenendo le lavorazioni in am-bienti microbiologicamente controllati e sotto il con-trollo tecnico del farmacista, è possibile per noi utiliz-zare completamente gli avanzi di produzione.

Quanto detto deve essere effettuato in relazione alleproblematiche legate alla stabilità chimico-fisica dei pro-dotti allestiti. Tale caratteristica conferisce al prodotto lapossibilità di essere allestito per lotti, cioè nei quantitati-vi utili per essere usati nei tempi dettati dalla stabilitàstessa, garantendo la possibilità di avere già a disposizio-ne il prodotto con dosaggio standard pronto per esseresomministrato, cioè indipendentemente dai tempi con-feriti dall’organizzazione di reparto/day hospital/ambu-latorio. Pertanto la stabilità dei prodotti oncologici diven-ta una caratteristica fondamentale nell’ambito di un’or-ganizzazione di allestimento di terapie centralizzate chetenga conto e si interfacci completamente con l’attività disomministrazione dei prodotti stessi e nella gestionecompleta del malato oncologico. In altre parole, chi gesti-sce l’allestimento delle terapie oncologiche (responsabi-le dell’UMaCA) ed è a perfetta conoscenza delle stabilitàdei prodotti, non deve prescindere dalla realtà organizza-tiva nella fase di somministrazione (organizzazione delreparto/day hospital/ambulatori), venendo incontro inmodo costruttivo a tutte le esigenze pratiche dell’UO On-cologia Medica e/o Ematologia Clinica. Di qui lo strettocontatto che esiste tra i concetti basilari della galenica cli-nica e tecnica farmaceutica e gli argomenti che riguarda-no l’organizzazione e la logistica.

Prescrizione e consulenza legislativa

Alla luce delle ultime normative regionali e nazionali eper un appropriato ed economico utilizzo delle risorse, laconsulenza legislativa del farmacista ospedaliero diventadi fondamentale importanza sia nella fase prescrittiva chenella gestione totale dei beni sanitari utili al paziente on-cologico. Infatti la gestione del File F, unita ad una correttaallocazione organizzativa del paziente, rappresenta oggiun modo razionale e concreto nel gestire appropriatamen-te risorse che per definizione sono finite e concordate nel-l’ambito di riunioni di budget interdisciplinari. Tali riunio-ni prevedono sempre la presenza dei Responsabili di UO,

ma anche dei referenti del Controllo di Gestione, uniti acomponenti della Direzione Sanitaria Aziendale, del SI-TRA, del Provveditorato e della Farmacia Ospedaliera. L’intervento del farmacista nell’ambito legislativo si

estende alla problematica on/off label dei farmaci onco-logici. La consultazione di una figura professionale orien-tata agli aspetti squisitamente normativi è fondamentaleper una corretta prescrizione alla luce di un rimborso diprestazione da parte della ASL di competenza. Il rispettodell’indicazione (prescrizione on label) diventa una pre-rogativa fondamentale tra farmacista e oncologo medico.

Organizzazione e logistica

La centralizzazione delle attività, pertanto, rimanesempre un obiettivo importante della Farmacia Oncolo-gica, anche se ad oggi non si è purtroppo realizzata sem-pre all’interno delle Farmacie Ospedaliere. Nella centra-lizzazione delle attività nella Farmacia convergono infat-ti due aspetti molto importanti, peculiari di queste tera-pie: la prevenzione del rischio occupazionale, la gestio-ne del rischio clinico che passa attraverso: gestione com-puterizzata, personale dedicato, applicazione di lineeguida, etc. A questo deve seguire tuttavia una rivaluta-zione dei modelli organizzativi fin qui adottati e un ri-pensamento sui nuovi sviluppi dell’idea di centralizza-zione, intesa come rete di servizi offerti da farmacie aconnotazione oncologica che sono in grado di fornire,tra l’altro, preparati personalizzati anche per altri presidio aziende ospedaliere a connotazione non oncologica.Si può pensare che le attività delle farmacie si differen-

zino nelle specializzazioni dei servizi offerti. Questo mo-dello organizzativo, peraltro già emerso nella “Sintesidelle indicazioni per una razionale applicazione delle Li-nee-Guida Ministeriali sulla prevenzione dei rischi occu-pazionali nella manipolazione dei Chemioterapici Anti-blastici” [Med Lav 2001; 92 (2): 137-148] trova oggi mag-giore forza grazie anche alle nuove tecnologie e ai costiparticolarmente elevati delle terapie, oltre alla già citatagaranzia di una maggiore qualità del servizio offerto. Ecomunque, al di là delle diverse preferenze, considerati icosti dei nuovi farmaci e gli standard di qualità elabora-ti, la dispensazione delle terapie oncologiche, secondogli orientamenti indicati già a suo tempo nel Documen-to di Consenso del 1999, elaborato dal gruppo di LavoroISPESL (Alessio et al., appendice alle Linee-Guida SIFO):l’Unità (UFA ndr) “deve essere gestita per le rispettivecompetenze dalla Farmacia e dai Servizi di OncologiaMedica ed Ematologia”. A distanza di dieci anni, il Docu-mento è quanto mai attuale riguardo a questi aspetti eandrebbe applicato, come d’altra parte già sta succeden-do in alcuni casi nella scelta dei centri per la conduzionedegli studi clinici, come criterio per l’utilizzo di questeterapie. Proprio per le caratteristiche di pericolosità siaper i pazienti che per gli operatori, da sempre l’automa-zione ha rappresentato l’obiettivo più perseguito delleFarmacie Oncologiche. Purtroppo tale necessità non è

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S18 FEDERICI S E CARAVELLA G

stata sufficientemente raccolta dall’industria, forse per-ché le farmacie non erano abbastanza presenti. A questedifficoltà si aggiungono la peculiarità dei preparati onco-logici e la rapidità con cui le terapie evolvono. Oggi for-tunatamente la robotica si sta introducendo nelle nostrestrutture e anche in farmacia si richiedono investimentie tecnologie costose. Queste ultime vanno valutate e an-cora perfezionate, considerati i costi di investimento, macertamente rappresentano una nuova interessante pos-sibilità.Quanto detto deve essere effettuato in relazione alle

problematiche legate alla stabilità chimico-fisica deiprodotti allestiti, tenendo sempre conto delle realtà or-ganizzative specifiche dell’ambiente ospedaliero in cuisi lavora. La stabilità conferisce al prodotto la possibili-tà di essere preparato per lotti, cioè nei quantitativi uti-li per essere usati nei tempi dettati dalla stabilità stessa,garantendo la possibilità di avere già a disposizione ilprodotto con dosaggio standard, pronto per esseresomministrato indipendentemente dai legami tempo-rali della fase di somministrazione.Entrano in gioco problematiche di natura legislativa

importanti, in quanto in molti casi l’Azienda produttri-ce non scrive, nel foglietto illustrativo, questi dati, limi-tandosi pertanto a definire solo un tempo ragionevoledi stabilità che normalmente viene definito nelle 24 oredal momento di apertura del flacone del farmaco: datiche comunque vengono effettuati nelle fasi preclinichedall’Azienda produttrice stessa. Il farmacista ospedalie-ro pertanto, volendo adottare i valori di stabilità supe-riori alle 24 ore, soprattutto quando si tratta di prodottiinseriti in schedule di 3, 4 e 5 giorni, deve, con l’aiuto diapparecchiature dedicate (HPLC, gas-massa spettrofo-tometria di massa, etc) avere degli strumenti scientificiper validare il valore di stabilità superiore a quelli scrittinel foglietto illustrativo. Valori, questi, già precedente-mente valutati da altri centri ospedalieri internazionalie disponibili in letteratura. L’organizzazione comunquedeve tener conto della situazione logistico-strutturalenella quale è inserita la Farmacia Ospedaliera, che pro-pone un servizio di allestimento centralizzato di terapieoncologiche. Il farmacista ospedaliero che vuole allesti-re terapie oncologiche deve porsi le domande riportatenel riquadro a pag. S19.

Definizioni: UMaCA o UFA o...

Queste sigle stanno a significare due realtà, due mo-menti diversi nella gestione totale del paziente oncolo-gico. UMaCA non è altro che l’acronimo di Unità di Ma-nipolazione Chemioterapici Antiblastici, cioè definiscela struttura logistico-organizzativa del settore che pre-para tutte le terapie oncologiche (chemioterapiche e te-rapie ancillari) e che fornisce tutti i dispositivi mediciutili nella fase di somministrazione. UFA è l’acronimo diUnità Farmaci Antitumorali, ma è vista come il team on-cologico cioè come l’insieme dei sanitari clinici e non,

che entrano nell’organizzazione oncologica e nella ge-stione completa del malato. Forse l’acronimo UFA ap-pare limitativo in quanto sempre più oggi vengono im-piegati farmaci oncologici di natura biologica (anticorpimonoclonali e piccole molecole), pertanto sembra piùappropriato l’acronimo UTO (Unità di Terapie Oncolo-giche), comprendendo così l’intero armamentario tera-peutico utile per la patologia oncologica (farmaci, di-spositivi medici, reattivi e diagnostici dedicati).

Consulenza Tecnica e Scientifica

L’apporto farmacologico e tossicologico che un Far-macista può garantire ad un clinico diventa particolar-mente importante se ci soffermiamo su tutte le infor-mazioni di natura farmacocinetica e tutte le interazionifarmacologiche che i farmaci somministrati ad un pa-ziente possono determinare. Più precisamente la far-macocinetica applicata alla realtà operativa, unita aiconcetti di stabilità chimico-fisica di un farmaco, rap-presenta oggi un modo intelligente e costruttivo di ge-stire in modo razionale ed economico un reparto, unday hospital, un ambulatorio. L’apporto costruttivo cheun farmacista ospedaliero può dare in questo ambito èfondamentale, consigliando di adottare filosofie di drugday therapy soprattutto per terapie ad alto costo, in mo-do da razionalizzare anche l’allestimento, garantendoun abbattimento quasi totale degli scarti di farmaco. Lafilosofia organizzativa di drug day therapy può ottimiz-zare anche il lavoro degli infermieri nella fase di som-ministrazione delle terapie oncologiche. La conoscenzadettagliata di tutte le interazioni farmacologiche di unfarmaco può evitare pericolosi effetti tossici che aggra-verebbero ulteriormente le condizioni fisiopatologichedi un paziente. Concetti questi estremamente impor-tanti nell’organizzare il lavoro secondo una logica dirisk management (per esempio: l’abbattimento dell’er-rore clinico). L’attività consultiva e di consulenza delfarmacista non deve mai prescindere dalle realtà orga-nizzative dello specifico ospedale; quindi l’apportoscientifico, farmaceutico, galenico del farmacista deveessere letto nella realtà organizzativa dell’ambienteospedaliero preso in considerazione. Infine, la gestionepersonalizzata dei cicli di terapia oncologica coinvolgeil farmacista ad un attento monitoraggio degli eventua-li effetti collaterali evidenziati nel trattamento farmaco-logico del paziente. Il fatto di avere un audit clinico,quale può rappresentare il farmacista oncologo, unito

UFA o UTO

Senologo Laboratorista Medico del lavoroRadioterapista Oncologo medico Anatomopatologo

Infermiere Paziente FarmacistaMedico nucleare Ematologo clinico Chirurgo

Direzione sanitaria Palliativista Psicologo

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STRAVASI DA ANTRACICLINE: IL PUNTO DI VISTA DEL FARMACISTA OSPEDALIERO S19

Domanda generale Domande specifiche Risposte specifiche

Strutturazione logistica del-l’ospedale

I reparti interessati sono tutti inse-riti in uno stesso stabilimentoospedaliero?

La domanda è fondamentale in quanto se esiste una dispersione logi-stica di due o più reparti, dislocati lontano dalla Farmacia Ospedalieracentrale,bisogna fare un’analisi attenta su dove effettuare l’allestimen-to centralizzato e quindi prendere anche in considerazione la possibili-tà di istituire una Farmacia Satellite. Per Farmacia satellite si intendeuna Farmacia Ospedaliera, orientata in tale caso verso l’oncologia, inse-rita logisticamente in un reparto di Oncologia Medica e/o di EmatologiaOncologica, dove il farmacista è il vero responsabile della struttura equindi anche del personale che lavora all’interno di essa. È una situa-zione che si instaura quando esiste la prevalenza delle terapie in un re-parto (Oncologia Medica) e la distanza tra la Farmacia Ospedaliera cen-trale e il reparto maggiormente interessato è considerevole; pertanto sipreferisce che il farmacista, con l’intero staff, si trasferisca nel reparto eviva la sua realtà lavorativa nell’operatività del reparto stesso. In tal ca-so il clinico apprezzerà ancor di più il lavoro professionale del farmaci-sta oncologo e del suo staff, riducendo le incongruenze e le incom-prensioni, e minimizzando tutte le discrepanze organizzative.

Se sono diversi gli stabilimentiospedalieri quanto sono lontani intermini di distanza e di tempo dal-la farmacia?

Tipologia dei reparti

Esistono reparti di Oncologia Me-dica, Ematologia Oncologica, On-cologica Specialistica (Ginecologia,Urologia, Pneumologia), Oncolo-gia Pediatrica, Radioterapia Onco-logica, Chirurgia Oncologica

La specializzazione dei reparti introduce una variabile importante nell’or-ganizzazione in quanto alcune tipologie (per es., la pediatria) hanno chia-ramente soggetti diversi più difficili in taluni casi. Infatti nel soggetto pe-diatrico i dosaggi dei chemioterapici antiblastici sono elevati e completa-mente diversi dal soggetto adulto. Le concentrazioni delle soluzioni finalisono maggiori, con a volte problematiche relative alla stabilità dei pro-dotti nel tempo (etoposide). Ma soprattutto l’organizzazione, nel caso disoggetti pediatrici, viene sconvolta favorendo sicuramente l’ospedalizza-zione rispetto a trattamenti ambulatoriali. Di qui la necessità di avere mo-dalità di somministrazione diverse e più articolate.

Nell’ambito di ogni singolo repar-to, che tipologia di patologie vie-ne presa in esame soprattuttonel caso si tratti di un’unica onco-logia medica

La diversa tipologia di specializzazione all’interno dell’oncologia inseriscela problematica sulla diversità di patologie e quindi di trattamenti tera-peutici. Ma anche nell’ambito di un’unica oncologia medica si possono ri-scontrare casistiche più orientate verso alcuni tipi di patologie per la pre-senza di opinion leader del settore specifico.

Tipologie di protocolli Conoscere bene i diversi protocollie la loro applicazione nei diversimodi di ospedalizzazione (degen-za, DH, ambulatorio)

Fondamentale risulta la conoscenza farmacologica, farmaceutica e gale-nica di tutti i preparati da allestire, soprattutto associandola alle eventualiinterazioni con i dispositivi medici da utilizzare. L’integrazione con i sani-tari clinici ed infermieristici risulta di fondamentale importanza per gesti-re al meglio tutta l’organizzazione. Infatti conoscere i protocolli non vuoldire solo conoscerli farmacologicamente, ma significa applicarli nella realtà specifica in cui si lavora e negli ambiti di ospedalizzazione.

Organizzazione interna diogni reparto

I reparti effettuano maggiormen-te attività di degenza, day hospitalo ambulatoriale?

L’organizzazione del settore di allestimento terapie non può prescinderedall’organizzazione generale dei reparti oncologici, anzi ne è stretta-mente collegata. Pertanto il farmacista deve interfacciarsi sempre con tut-ti gli operatori di reparto e dei servizi collegati (Laboratorio di Analisi,Anatomia Patologica). Il fatto che un reparto premi più l’attività di de-genza rispetto a quella DH-ambulatoriale permette di garantire tempi piùlunghi per la consegna delle terapie finite. Sia il DH che l’ambulatorialedevono garantire tempi più stretti di permanenza per il paziente in ospe-dale; quindi normalmente queste terapie devono essere preparate primadi quelle destinate al reparto. Oggi sia per problemi economici sia per mi-gliore compliance si tende a gestire il paziente oncologico in day hospitalambulatoriale con tempi di permanenza del paziente in ospedale dell’or-dine di 3-5 ore.

Come è organizzato il reparto intermini di personale (quanti medi-ci, quanti infermieri, quanti opera-tori professionali di supporto alpersonale infermieristico)

L’organizzazione in termini di personale è una nota fondamentale del-l’intero sistema. Lavorare con personale altamente qualificato e sempreaggiornato è un’ulteriore garanzia di qualità.

Organizzazione del lavoro in ter-mini temporali?

La conoscenza dei due settori, cioè quello dove si allestisce il farmaco equello dove si somministra e si gestisce il paziente, da parte di tutte lecomponenti sanitarie, è garanzia di successo. La conoscenza e la com-prensione reciproca delle incongruenze e delle eventuali discrepanzeorganizzative tende a migliorare il servizio, che alla fine deve essere ot-timale per il paziente. La sequenza corretta e l’idonea tempistica deiprocessi organizzativi esaminati deve essere conosciuta da entrambi isettori.

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alla osservazione continua e scrupolosa del personalesanitario infermieristico, vero e reale farmaco in più peril paziente, allevia di molto il lavoro del clinico, semprepiù gravato da incombenze legislative ed amministrati-ve oltre alle sollecitazioni di nuove opzioni farmacologi-che fornite dall’ambiente industriale e/o dagli stessi pa-zienti coinvolti. Pertanto il farmacista oncologo non hasolo il compito di gestire e organizzare l’UMaCA, ma,per essere un componente dell’UFA anzi dell’UTO, deveportare il suo contributo di responsabile di farmacovigi-lanza nel monitorare attentamente tutte le terapie so-stenuta dal malato oncologico, suggerendo al clinico, infunzione delle proprie competenze farmaco-tossicolo-giche, tutti quegli ausili fondamentali per garantireun’appropriata terapia al paziente.

Gestione economica intra e extraospedaliera

Il peso economico di un reparto di oncologia e/o diematologia è determinante nell’analisi della spesa far-maceutica ospedaliera intera. Oggi l’incidenza dei far-maci oncoematologici rappresenta in media il 40-45%dell’intera spesa farmaceutica in un struttura ospedalie-ra polispecialistica non orientata specificatamente allacura del malato oncologico. Pertanto la collaborazionenella elaborazione dei budget di reparto onco-ematolo-gici diventa un fattore determinante per avere un’ap-propriata gestione economica di reparto, tenendo con-to anche di tutte le reazioni che si provocano a livelloextra-ospedaliero. Di qui la necessità di avere la colla-borazione di referenti extra-ospedalieri nell’ambito diCommissioni (Farmaco-Terapeutica, Dispositivi Medi-ci, Comitati Etici, commissioni ad hoc) che possano farriflettere su scelte che potrebbero anche ricadere nellagestione di un paziente a domicilio. Le riunioni di bud-get non devono essere mai scollegate alle decisioni ef-fettuate in seno alle commissioni scientifiche (Farma-co-Tossicologiche, Dispositivi Medici, Comitato Etico,etc.) in quanto qualunque orientamento terapeuticoadottato può sensibilmente spostare l’andamento eco-nomico della spesa farmaceutica e sanitaria. Pertanto ilcoinvolgimento totale di figure anche non prettamentesanitarie, il Responsabile Controllo di Gestione o Re-sponsabile Dipartimenti Amministrativi, possono inqualche modo aiutare nel contenimento o, meglio, nel-la razionalizzazione della spesa sanitaria oncologica.

Partecipazioni a Commissioni Specifiche

Fondamentale diventa il ruolo del farmacista ospeda-liero nella Commissione Farmaco-Terapeutica e nel Co-mitato Etico. Nella stragrande maggioranza dei casi,parlando di Commissione Terapeutica, la farmaciaospedaliera recita un ruolo chiave, se non addiritturastrategico, nella conduzione della commissione stessa,essendo il più delle volte responsabile della segreteriascientifica. Non di meno il suo è un ruolo chiave nel Co-mitato Etico, essendo il farmacista ospedaliero di dirit-

to componente ex-officio. Si sottolinei il fatto che lesperimentazioni in oncologia oggi rappresentano oltreil 60% delle sperimentazioni valutate nei Comitati Eticiitaliani.

Il farmacista ospedaliero e lo stravaso in oncologia

Lo stravaso è l’accidentale infiltrazione di un liquidoo di un farmaco dal sito della venipuntura al tessutosottocutaneo circostante. Lo stravaso dei farmaci anti-neoplastici è una complicanza rara ma rilevante, prin-cipalmente per la possibilità di causare necrosi dei tes-suti, infezioni, danni ai tendini e nervi circostanti lazona di stravaso e a volte ritardi nella prosecuzionedell’iter terapeutico. L’incidenza di stravasi da veneperiferiche è stimata fra lo 0,1% e il 6,5%. È essenzialeche coloro i quali sono coinvolti nella somministrazio-ne di farmaci antineoplastici abbiano adeguate cono-scenze e un adeguato training. Ciò può garantire la ri-duzione al minimo del rischio di stravaso e un appro-priato intervento nell’eventualità che quest’ultimo siverifichi.

La gestione dello stravaso richiede:

1. il riconoscimento, 2. l’analisi,3. l’intervento.

Una volta evidenziato, bisogna:

1. sospendere l’infusione,2. cercare di aspirare quanto più possibile di quantoiniettato,

3. evidenziare l’area interessata,4. rimuovere la cannula,5. sollevare l’arto interessato,6. fotografare l’area.

Successivamente, a seconda del farmaco coinvoltonell’incidente, sarà necessario applicare uno specificoprotocollo. In caso di farmaco non vescicante, spessol’utilizzo di un impacco freddo e il sollevamento dell’ ar-to interessato sono sufficienti a circoscrivere il danno.Mentre se lo stravaso riguarda un farmaco vescicante, iltipo di intervento risulta molto più complesso e dipen-de dal tipo di farmaco coinvolto. In un simile evento esi-stono due differenti approcci:

1. la localizzazione e la neutralizzazione,2. la dispersione e la diluizione.

Il primo viene messo in atto nel caso di stravaso da an-tracicline e consiste nell’applicazione di impacchi freddiper limitare la diffusione dello stravaso e l’utilizzo del-l’antidoto Savene® (dexrazoxano) per neutralizzare il far-

S20 FEDERICI S E CARAVELLA G

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maco. La tecnica della dispersione e della diluizione vie-ne utilizzata nello stravaso da alcaloidi della Vinca e pre-vede l’applicazione di compresse tiepide per indurre va-sodilatazione e stimolare il circolo sanguigno nei tessutial fine di disperdere lo stravaso e l’uso di jaluronidasi perdiluire il farmaco.Nonostante lo stravaso da farmaco vescicante duran-

te la somministrazione di una chemioterapia sia consi-derato un evento estremamente grave, ancora oggi si as-siste a situazioni in cui non vengono messe in atto tutte

le opzioni a disposizione per prevenire o ridurre un taleevento.In particolare, la somministrazione di chemioterapie

in vasi di piccolo calibro piuttosto che l’utilizzo di anti-doti la cui efficacia non risulta suffragata da evidenzescientifiche. Infatti ancor oggi sono molto frequenti si-tuazioni in cui farmaci come le antracicline vengonosomministrate per via periferica ed in caso di stravaso siutilizzano antidoti come il DMSO (dimetilsolfossido) sucui, in letteratura, non esistono evidenze di efficacia.

STRAVASI DA ANTRACICLINE: IL PUNTO DI VISTA DEL FARMACISTA OSPEDALIERO S21

SAVENE® come antidoto nello stravaso da antracicline

Savene, disponibile negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei dal 2001 e in Italia dal 2008, è un antidoto da uti-lizzarsi nello stravaso da antracicline entro le sei ore dall’evento ed è l’unico farmaco autorizzato a livello mon-diale con questa indicazione.

Savene ha ricevuto la designazione di farmaco orfano dall’EMEA in data 28/07/2006 e la pubblicazione in Gaz-zetta Ufficiale n. 40 in data 16/02/2008.

Savene ha ricevuto la designazione di Farmaco Orfano dalla FDA in data 6 settembre 2007.

Le linee guida di riferimento, sia a livello nazionale sia internazionale, indicano l’impiego di Savene come cor-retto ed efficace: Linee Guida SIFO in oncologia, compendio farmacologico e tecnico, terza edizione, aprile 2010;The UKONS anthracycline extravasation management guidelines (UKONS, 2008); Extravasation guidelines 2009(EONS); MASCC guidelines 2011.

L’uso di farmaci ‘off label’ può avvenire solo in caso “non esista una valida alternativa terapeutica” già autorizza-ta ed essi siano stati preventivamente inseriti in un elenco specificatamente predisposto e periodicamente ag-giornato dall’AIFA.

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i supplementi di Tu mo ri, vol. 13, No 2: S22-S26, 2012

Aspetti legali: le figure professionali coinvolte e la catena delle responsabilitàPaolo Vinci

Studio legale prof. avv. Paolo Vinci & Associati, Milano

Lo stravaso, come noto, è la fuoriuscita di un farmacodal letto vascolare utilizzato per la somministrazionenei tessuti circostanti; le conseguenze di tale fenomenopossono essere di varia entità: dall’arrossamento localealla necrosi tissutale, che può coinvolgere tendini e le-gamenti, causando gravi danni funzionali.Per quanto riguarda la prevalenza di questo fenome-

no, le percentuali vanno dall’1% al 6,5%: questo datosuggerisce che lo stravaso sia un incidente spesso sotto-stimato, non trattato né segnalato.Un grosso problema è la mancanza di studi clinici con-

trollati per poter stabilire quale sia, per ogni farmaco,l’approccio più efficace per un intervento immediato.Tutte le Aziende Ospedaliere si sono munite di vari

protocolli, che prevedono tanto ‘manovre’ da operaresul paziente, quanto la somministrazione di farmacispecifici (i cosiddetti antidoti).L’elemento più importante, tuttavia, consiste nella ne-

cessità di affidare la cura del paziente neoplastico ad uninfermiere professionista competente, che possieda leconoscenze teoriche e le abilità pratiche, che sappia crea-re i propri protocolli operativi, che li sappia applicare eche sia in grado di affrontare situazioni cliniche critiche.Il fenomeno dello stravaso, tuttavia, assume risvolti

non solo clinici, ma anche legali, venendo a compene-trarsi con la responsabilità dell’infermiere e, indiretta-mente, del caposala, laddove non venga individuato pertempo o laddove l’ospedale non sia dotato di antidotospecifico (circostanza, questa, che, come si vedrà, è ido-nea a determinare la responsabilità a catena anche diuna serie di altri operatori ospedalieri).

La regolamentazione della prescrizione off-label

Particolare rilevanza a tal proposito riveste un temache nel corso dell’ultimo decennio è stato oggetto di in-teresse sempre maggiore da parte della dottrina giuridi-ca, cioè la prescrizione di farmaci per indicazioni, usi odosaggi non autorizzati. La pratica è nota con il termine‘off-label’ ed è ampiamente diffusa in aree terapeutichecritiche quali quella psichiatrica o oncologica.Prima del 1998 la materia era regolata dal principio

generale della responsabilità professionale: il medicoera libero di prescrivere ogni medicinale qualora lo rite-nesse utile per la salute del paziente. Operava la regolagenerale valida per ogni atto medico, secondo la qualechiunque per imperizia, negligenza, ovvero per inosser-

vanza di norme nello svolgimento della professione me-dica, cagioni lesioni, danni fisici o la morte, soggiace insede penale a sanzioni restrittive della libertà personale,in sede civile ad obblighi risarcitori, in sede deontologi-ca a sanzioni disciplinari.Oggi, invece, l’attività curativa del medico è reputata

pienamente legittima soltanto qualora il medicinale siastato preventivamente autorizzato dall’Autorità per lemodalità di somministrazione, dosaggi o indicazioni te-rapeutiche per le quali è prescritto al paziente.Tale principio generale è sancito dall’art. 3, comma 1,

del D.L. 23/1998, convertito nella l. 94/1998 (c.d. LeggeDi Bella).Qualora si prescriva al di fuori delle regole fissate nel-

la scheda tecnica, in caso di contenzioso, è onere delprescrittore dimostrare terapeuticità e sicurezza d’im-piego di un medicinale; in tali casi non si possono river-sare sull’Autorità Regolatoria né sulla casa produttricedel medicinale eventuali responsabilità civili o penali.Il medesimo art. 3 della l. 94/1998, al comma 2, preci-

sa che “il medico può, sotto la sua responsabilità e previoconsenso informato del paziente, impiegare il medicina-le per un’indicazione o modalità di somministrazione di-versa da quella autorizzata, qualora lo stesso ritenga, inbase a dati documentabili, i medicinali già muniti di ap-provazione all’indicazione terapeutica non sortiscano ef-fetti utili nel caso specifico e purché tale impiego sia no-to e conforme a pubblicazioni internazionali”.Il D.M. 8 maggio 2003 ha, poi, regolamentato il cosid-

detto ‘uso compassionevole’ dei farmaci sottoposti asperimentazione clinica, prevedendo che tale medici-nale può essere richiesto all’impresa produttrice peruso al di fuori della sperimentazione clinica qualoranon esista valida alternativa terapeutica al trattamentodi patologie gravi o di malattie rare o di condizioni dimalattia che pongono il paziente in pericolo di vita.La Legge Finanziaria del 2007 ha voluto prevenire

l’abuso di farmaci fuori dalle indicazioni terapeutiche arischio della salute del cittadino, evitando l’utilizzo indi-scriminato di medicinali senza adeguata verifica.

La responsabilità degli infermieri

Come si può evincere da questo breve excursus, l’usodei farmaci off label, se praticato in seno ad una struttu-ra ospedaliera, può determinare profili di responsabili-tà in capo a varie categorie di operatori. In primis, per

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STRAVASI DA ANTRACICLINE: ASPETTI LEGALI S23

quel che qui rileva, in capo all’infermiere e, indiretta-mente, al caposala.Naturalmente, la quota di responsabilità di ciascuno

dovrebbe essere suddivisa con quella degli altri soggettiimplicati nella vicenda.Si pensi, ad esempio, ad un infermiere che, di fronte

ad un paziente ricoverato in un reparto di oncologia,dovesse trovarsi a fronteggiare un caso di stravaso e fos-se sprovvisto dell’antidoto specifico perché i responsa-bili non abbiano curato l’approvvigionamento di scortedello stesso.Quest’episodio è ascrivibile al novero della cosiddetta

‘nursing malpractice’, che comprende gli errori derivan-ti da inadeguatezza, incapacità, imperizia a fornire pre-stazioni professionali con la destrezza generalmenteesigibile da un professionista e che si concretizza in undanno o lesione del paziente.Secondo le linee guida emanate dal Ministero della

Salute in tema di “Sicurezza dei pazienti e gestione delrischio clinico”, assume molta importanza nella forma-zione di un infermiere la fase di educazione. In modoparticolare, nel paziente oncologico essa deve essere fo-calizzata al riconoscimento precoce dello stravaso.Sono dettate particolari misure da seguire ogni volta

che ci si trovi ad affrontare un caso di stravaso, che pos-sono richiedere, in base al farmaco utilizzato, di appli-care l’antidoto specifico.Laddove l’Azienda, per svariati motivi, abbia deciso di

non munirsi di quel determinato farmaco, avendo adesempio ritenuto di acquistare un farmaco off label permotivi di policy interna, si determinerebbe un generaleconcorso di colpe dal quale sarebbe quanto mai diffici-le uscire indenni.Ed invero, solo la prova di trovarsi nella situazione di cui

all’art. 54 c.p. (che disciplina lo stato di necessità e costitui-sce un caso di non punibilità per l’agente) legittimerebbe aposteriori l’uso di un antidoto piuttosto che di un altro. In altre parole, solo laddove si riuscisse a provare che

il paziente sarebbe morto senza l’intervento dell’opera-tore, pur con il farmaco alternativo, questi potrebbe an-dare esente da responsabilità. E ciò da un punto di vistapenale; secondo il diritto civile, governato da standardprobatori molto meno stringenti, la responsabilità sa-rebbe ben difficilmente evitabile.L’infermiere, dal canto suo, pur avendo un ruolo piut-

tosto esecutivo, è comunque soggetto (quanto alla na-tura della propria obbligazione), ai sensi del secondocomma dell’art. 1176 c.c., a una responsabilità aggrava-ta e commisurata alla propria prestazione. Ciò determi-na, naturalmente, immediate conseguenze in ipotesiquali quella testé ventilata.In questo caso, inoltre, è evidente che, laddove venga

a mancare l’antidoto suddetto, il Caposala, in virtù del-la propria funzione apicale, non potrebbe andare esen-te da responsabilità per culpa in vigilando, non avendomonitorato che il magazzino fosse dotato del farmacoresosi necessario.

La responsabilità del farmacista ospedaliero

La responsabilità, tuttavia, come già detto, coinvolge-rebbe anche altre categorie di soggetti.Tra questi, il farmacista ospedaliero che non abbia cu-

rato l’approvvigionamento di un farmaco, laddove si rie-sca a provare che un intervento mirato e circostanziatocon quello le cui scorte sono terminate avrebbe consen-tito di evitare il danno effettivamente verificatosi.In questo caso, il mancato approvvigionamento può

determinare il configurarsi di una responsabilità del far-macista ospedaliero per condotta omissiva. Infatti, de-terminate tipologie di farmaci devono sempre esserepresenti tra le scorte di cui dispone la farmacia ed in-combe sul farmacista stesso lo specifico obbligo di ri-pristinare la dotazione minima per far fronte ad even-tuali emergenze.In base a precise direttive contenute in Raccomanda-

zioni Ministeriali, le Aziende Sanitarie sono chiamate aporre in atto misure di prevenzione che devono interes-sare tutte le fasi della gestione del farmaco in ospedale:approvvigionamento, immagazzinamento e gestionedelle scorte, prescrizione, trascrizione e interpretazionedella prescrizione, preparazione/allestimento, distribu-zione, somministrazione.Laddove, arbitrariamente, egli non ricostituisca le

scorte di un determinato farmaco perché munito diun’alternativa off label, non potrebbe andare esente daresponsabilità nel momento in cui ci fosse bisogno pro-prio dello specifico medicinale mancante.Occorre, poi, precisare, che, lungi dal voler degradare il

ruolo del farmacista a mero esecutore materiale di diretti-ve impartite dal medico, egli non ha una autonomia deci-sionale che trascenda quella del curante. Anche il Consi-glio di Stato, recentemente, ha avuto modo di esprimersia tal riguardo statuendo che non può essere rimessa al far-macista la scelta concreta del farmaco da somministrare,non avendo quest’ultimo la conoscenza specifica del qua-dro clinico dell’assistito (Cons. Stato, Sent. 27.10.2011).Se ne deve ricavare necessariamente che il farmacista,

pur non essendo un quisque de populo, non può arbi-trariamente e per ragioni che magari trascendono la sa-lute del paziente non ottemperare alle richieste avanza-te dal medico, dal momento che gli manca (inevitabil-mente) quella conoscenza e quella prossimità con il ca-so clinico specifico che conferirebbero alla sua decisio-ne sicura autorevolezza.

La responsabilità del risk manager

In caso di illecito utilizzo di farmaco off label in seno aun’Azienda Ospedaliera, nemmeno il risk manager sa-rebbe del tutto scevro di colpe.Figura ormai presente in quasi tutte le Strutture Ospe-

daliere italiane, questi assolve il ruolo di individuare lestrategie aziendali di gestione del rischio e le modalità

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da applicarsi per l’individuazione dei rischi aziendali ela loro prevenzione, nonché coordinare, sorvegliarnel’applicazione e verificarne i risultati.L’introduzione di tale ruolo in sanità ha creato la con-

sapevolezza che la gestione del rischio rappresenti unprocesso sistematico di identificazione, valutazione etrattamento dei rischi, per aumentare la sicurezza deipazienti e ridurre gli eventi avversi prevedibili. La parte caratterizzante del profilo di rischio, in sani-

tà, è costituita dal rischio clinico, definito come la pro-babilità che un paziente sia vittima di un evento avver-so imputabile alle cure mediche, prestategli durante ilperiodo di degenza e in grado di causare un prolunga-mento dello stesso, un peggioramento delle condizionidi salute o la morte. Nel disegno legislativo, l’Unità di Gestione del Rischio

non deve avere un ruolo strettamente operativo, ma de-ve coordinarsi con esse per la migliore realizzazione de-gli obiettivi individuali. Tutti gli operatori di una struttura sanitaria, dunque, so-

no portatori ex lege di una posizione di garanzia, espres-sione dell’obbligo di solidarietà imposto dagli artt. 2 e 32Cost., nei confronti dei pazienti, la cui salute devono tute-lare contro ogni pericolo che ne minacci l’integrità.È evidente, poi, stante il profilo altamente qualificato

che caratterizza tale figura, che la sua responsabilità sa-rà aggravata e dovrà valutarsi ai sensi del secondo com-ma dell’art. 1176 c.c.Da ciò scaturisce, di conseguenza, che laddove in una

Azienda Ospedaliera si verifichi un episodio collegato aquanto esposto finora, il Risk Manager potrà andareesente da responsabilità qualora abbia correttamenteprevisto quale evenienza possibile l’evento avverso ef-fettivamente verificatosi.

La responsabilità del primario

Qualora la prescrizione off label sia attuata all’internodi una struttura ospedaliera, inoltre, la responsabilità ci-vile potrebbe essere estesa in capo al primario, postoche “la responsabilità del malato” attribuitagli dall’art. 7del D.P.R. n. 128/1969 implica che questi mantengaun’appropriata conoscenza dello stato clinico dei pa-zienti e la vigilanza sull’attività del personale sanitario,comprensiva anche dell’informazione e della verifica inmerito alle cure intraprese dai medici: in questo conte-sto, si potrebbe ravvisare una responsabilità solidale delprimario quando il protocollo clinico rivelatosi inido-neo sia stato elaborato congiuntamente dai soggettioperanti all’interno del reparto ed anche quando il pri-mario abbia omesso di esercitare la doverosa attività diverifica sulle cure effettivamente operate dal personalesanitario, a meno che l’iniziativa dell’operatore mediconon si configuri come un evento imprevedibile, devian-te dalla prassi clinica approvata ed estraneo a qualsiasilogica di programmazione terapeutica.

Sul primario, ai sensi dell’art. 20 d.p.r. 761/1979, in-combe altresì l’obbligo di definizione dei criteri diagno-stici e terapeutici; dovrà, poi, vigilare sulla loro esattaesecuzione da parte degli assistenti.

La responsabilità del direttore sanitario

La posizione apicale del direttore sanitario determinain capo a quest’ultimo, l’insorgere di una responsabilitàrafforzata poiché questi è titolare di una “posizione digaranzia” in ambito amministrativo che lo obbliga a ri-spondere personalmente dell’organizzazione tecnica efunzionale dei servizi, atteso che grava sul medesimo unonere di sorveglianza e governo della Struttura.Il Direttore Sanitario, proprio in forza di quest’onere,

può essere chiamato a rispondere sul piano civile, pe-nale e disciplinare dell’attività svolta dai medici operan-ti all’interno dell’Azienda Ospedaliera (cfr., ex multis,Cass., Sez. IV Penale, Sent. n. 47145 del 23.12.2005;Cass., Sez. III Civile, Sent. n. 13427 del 20.7.2004).Restando sul tema della prescrizione off label in gene-

rale e sulle possibili responsabilità degli operatori, va ri-badito che quanto fin qui stigmatizzato, naturalmente,deve essere esteso anche alla figura del medico.

Le ipotesi di responsabilità

Alla luce di quanto rappresentato, è evidente come leipotesi di responsabilità che possono involgere tuttiquesti soggetti, in sintesi, sono le medesime.La prima costituita dalla mancata acquisizione del

consenso informato del paziente.Un sanitario, infatti, sulla base di documentazione

scientifica e sotto la propria responsabilità, solo dopoaver informato il paziente e ottenutone il consenso, puòdecidere di trattarlo con un medicinale prodotto peruna indicazione terapeutica o modalità di somministra-zione diverse da quelle registrate. In questo caso deve essere accertato che il paziente

non poteva essere trattato con medicinali per i qualiquella indicazione terapeutica o modalità di sommini-strazione fossero state già approvate.In sintesi, l’uso di un farmaco off label non è vietato

né dalla legge né dal Codice deontologico, purché ven-gano rispettati alcuni criteri fondamentali: l’efficaciadocumentata del farmaco e la sua tollerabilità; l’infor-mativa dettagliata al paziente di costi e benefici della te-rapia scelta; il consenso scritto del paziente al tratta-mento; l’assenza, sul mercato, di altri farmaci con effi-cacia documentata in relazione alla patologia oggetto dicura. Ogni sanitario che somministri il farmaco ha, poi,il dovere di monitorarne gli effetti.Tra tutti i requisiti, sicuramente quello che riveste

maggiore importanza è il consenso, che rappresental’espressione del principio di autonomia nella tutela

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della salute, che il paziente deve avere nelle decisionimediche che riguardano la sua persona.

Il consenso informato

Detto obbligo trova riscontro nell’art. 32 Cost., nell’art.50 c.p., nel Codice di Deontologia Medica, il cui Capo IVè interamente dedicato ad “Informazione e consenso”. Laddove la somministrazione del farmaco prescinda

da questo dato, e salva l’ipotesi della necessità impro-crastinabile di un intervento (fattispecie che determina,come supra evidenziato, ai sensi dell’art. 54 c.p., la nonpunibilità di chi ha commesso il fatto), la condotta delsanitario sarebbe sicuramente colpevole.A tal riguardo, tuttavia, è importante evidenziare co-

me l’orientamento giurisprudenziale in relazione alleresponsabilità è a tutt’oggi farraginoso ed in evoluzione.In questo panorama, però, c’è una certezza, rappre-

sentata dall’unica ipotesi di violazione che dà luogo acolpa ed a responsabilità contrattuale del sanitario indi-pendentemente da una deficienza di ordine clinico; es-sa riguarda proprio il consenso informato, la cui assen-za “costituisce autonoma fonte di responsabilità qualoradall’intervento scaturiscano effetti lesivi, o addiritturamortali per il paziente, per cui nessun rilievo può avere ilfatto che l’intervento sia stato eseguito in modo corretto”(cfr. Cass., Sent. n. 9374/97).

La gradazione della colpa

Relativamente agli altri requisiti indicati dall’art. 3,comma 4 della l. 94/1998, l’inosservanza di ciascuno diessi riveste un potenziale profilo di colpa professionale,che si potrebbe ravvisare ove il paziente danneggiatodalla cura off label potesse essere altrimenti trattato confarmaci ed indicazioni già autorizzate dal Ministero del-la Salute, ovvero non siano reperibili dati scientifici checonsentano di privilegiare un trattamento sperimentalerispetto ad uno già riconosciuto o, ancora, qualora l’im-piego innovativo del medicinale non trovi avallo nellaletteratura scientifica internazionale.La gradazione della colpa assume rilevanza nella pre-

scrizione off label; occorre considerare, a tal proposito,il combinato disposto dell’art. 1176, comma 2, c.c. (cheesige un’idonea preparazione ed una attenzione scru-polosa nell’esecuzione della prestazione da parte del-l’obbligato) e dell’art. 2236 c.c. (il quale in caso di pro-blemi tecnici di particolare difficoltà limita la responsa-bilità al dolo e alla colpa grave).Esso deve essere collocato in un contesto normativo

più ampio, che consenta di definire i profili di responsa-bilità inerenti alla fattispecie della prescrizione dei far-maci al di fuori delle indicazioni autorizzate. Per questomotivo, il diritto del paziente alla tutela della integrità fi-sica suggerisce di estendere alla terapia farmacologicanon autorizzata il carattere di attività pericolosa ex art.

2050 c.c. che la dottrina ha riconosciuto alla sperimenta-zione clinica, dal quale deriva su tutti gli attori coinvoltil’onere di provare, per non incorrere in censure, di “ave-re adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.La scelta del sanitario (medico, infermiere, Caposala,

farmacista) di attuare un trattamento non ancora ap-provato dal Ministero della Salute, infatti, colloca la cu-ra in un’area contigua a quella degli studi clinici, impo-nendo al professionista una valutazione preventiva inmerito alla reale necessità dell’opzione curativa in via diadozione e, successivamente, un’accurata sorveglianzain ordine al suo svolgimento.Ne discende che, ove per il mancato compimento di

tale attività, il paziente subisca un evento lesivo, nonpuò negarsi la responsabilità dell’operatore, qualunquesia la natura della prestazione da lui resa, atteso che sitratta di compiti inerenti la sua attività.La genericità della disposizione normativa obbliga, in

caso di evento lesivo, ad un’attività di interpretazioneche non può prescindere da una preliminare analisi me-dico-scientifica, volta a valutare le concrete condizionicliniche del paziente prima e dopo la terapia e lo statodell’arte in relazione alla patologia, l’idoneità e l’effica-cia dei trattamenti adottati convenzionalmente, la cre-dibilità delle cure alternative somministrate, da verifica-re secondo accurata indagine che esamini i protocolliclinici adottati a livello internazionale per casi analoghia quello in discussione.Quanto maggiore dovesse rivelarsi la distanza tra la

migliore pratica clinica e la terapia concretamente adot-tata, tanto più grave sarebbe la colpa in presenza dievento lesivo.Occorre tenere conto, inoltre, che non vi può essere

un farmaco sempre dotato di efficacia, giacché l’assun-zione del medicinale dipende da un giudizio sul rappor-to rischio-beneficio del trattamento influenzato dallecondizioni soggettive del paziente.La situazione è differente qualora oggetto della pre-

scrizione sia un medicinale off label, e proprio al fine dicomprendere come si configuri una simile distinzione,occorre richiamare la natura contrattuale della respon-sabilità del sanitario, rafforzata in una fattispecie cheassegna al professionista un dovere di informazione cuiè condizionata la legittimità della terapia intrapresa.In questo contesto, allora, è ipotizzabile che possa co-

stituire evento lesivo rilevante non solo una cura cheabbia arrecato un danno addizionale al paziente, maanche una terapia farmacologica che non abbia deter-minato vantaggi realmente dimostrabili.D’altra parte, la connotazione contrattuale della re-

sponsabilità pone in capo all’operatore l’onere di prova-re sia che la prestazione implicava la soluzione di proble-matiche di particolare complessità, sia che non sussisteun difetto di diligenza propria, mentre il paziente dovràprovare le modalità di esecuzione ritenute inidonee.In altri termini, il regime probatorio delineato dagli

artt. 2050, 2236 e 2697 c.c., contestualizzato all’interno

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del quadro normativo previsto per la prescrizione deimedicinali fuori indicazione, impone al sanitario di di-mostrare che il mancato conseguimento di un risultatocurativo positivo non costituisce, di per sé, un evento le-sivo della salute del paziente, essendo a suo carico l’ob-bligo di dimostrare la correttezza della scelta farmacolo-gica adottata e la presumibile inefficacia di una terapiatradizionale circa il caso concreto.Più recentemente, la Sentenza n. 37077/2008 della IV

Sezione della Corte di Cassazione, dopo aver chiarito chela violazione della regola del consenso quale requisito perl’attuazione del trattamento medico non determina di persé la responsabilità del professionista per lesioni volonta-rie, atteso che il sanitario agisce “magari erroneamente,con una finalità curativa che è concettualmente incompa-tibile con il dolo delle lesioni”, ha precisato che l’obbligo diottenimento del consenso informato non costituisce unaregola cautelare la cui inosservanza influisce sulla colpe-volezza, in quanto esso è preordinato a tutelare il dirittoalla libera predeterminazione del paziente.

L’asimmetria informativa tra operatore sanitario e paziente

In sintesi, esiste certamente un’asimmetria infor-mativa tra operatore sanitario e paziente, asimmetria

che il consenso informato ha la finalità prioritaria dimitigare, consentendo al primo di ottenere i dati utilialla più corretta elaborazione dell’anamnesi e dellacura conseguente, ed al secondo di acquisire le infor-mazioni necessarie a circostanziare il trattamentoipotizzatogli e le sue prospettive, potendo aderire adesso in modo libero ed autonomo, ovvero rifiutarloconsapevolmente.L’assenza di tale processo, dunque, impedisce che il

rischio connesso agli elementi avversi si possa trasfe-rire in capo al paziente, esponendo il professionistaalla responsabilità ed ai conseguenti obblighi risarci-tori.Come si può evincere dalle riflessioni declinate, il te-

ma dell’uso di farmaci off label è quantomai attuale e,soprattutto, idoneo a coinvolgere un largo numero dioperatori sanitari.Il mondo della sanità, al giorno d’oggi, fa i conti

con una sorta di caccia alle streghe e lo spauracchiodella denuncia per malpractice è sempre dietro laporta, pertanto diventa fondamentale che gli opera-tori, specialmente quelli a contatto con categorie diutenti particolarmente sensibili (ed i ricoverati onco-logici ne rappresentano senza dubbio un esempio),scelgano di seguire, per quanto possibile, strade giàbattute.

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