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Ghisi Grütter 32. Disegno e immagine “The way we were” Pista da ballo alla Caffarella nell’estate romana del 1979. Le colonne e il piede di cartapesta provenivano dai laboratori scenografici di Cinecittà. 10 luglio 2017 Codice ISSN 2420-8442

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Ghisi Grütter

32. Disegno e immagine “The way we were”

Pista da ballo alla Caffarella nell’estate romana del 1979. Le colonne e il piede di

cartapesta provenivano dai laboratori scenografici di Cinecittà.

10 luglio 2017 Codice ISSN 2420-8442

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Per parlare degli anni ’70 delNovecento, vorrei parafrasareil titolo di un famoso film diSidney Pollack del 1973 conBarbra Streisand e RobertRedford, che narra la tormen-tata storia d’amore nell’arcodi trent’anni, di un bel ragaz-zo WASP e di una ragazzaebrea appartenente alla Legadei Giovani Comunisti: sporti-vo e disimpegnato il primo,progressista e sempre in primalinea la seconda. La trama èarticolata sugli alti e bassi delloro rapporto sullo sfondo diuna serie di fatti storici, avve-nuti nel secolo scorso, fonda-mentali sia per gli Stati Unitid'America sia per il mondointero. La canzone omonimaThe way we were di MarvinHamlisch cantata dalla stessaBarbra Streisand è stato un

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“THE WAY WE WERE”

di Ghisi Grütter

Robert Redforde Barbra Streisand in The way we were di Sidney Pollack del 1973

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grande successo e ha vinto l’Oscar del 1974 sia come canzo-ne sia come colonna sonora. Ma torniamo a Roma. L’inverno scorso l’Università RomaTre ha organizzato una giornata di studio e riflessione inti-tolata LA CITTÀ E L’EFFIMERO. L’ESTATE ROMANA DIRENATO NICOLINI. Oltre a vari interventi (vedi il mio artico-lo su Tre righe le notizie i protagonisti del 7 dicembre 2016)tutti interessanti, sono state presentate alcune sequenzedei film: Ciao Renato! di Paolo Luciani, Cristina e RobertoTorelli del 2012 e A proposito di Roma di Egidio Eronico del1987. Alla fine della mattinata è stato proiettato il filmUtopia Utopia dell’indimenticabile Azio Cascavilla che,nonostante sia stato girato nel 1969, presenta ancora ogginumerosi spunti di riflessione su Roma. Sono sicura cheNanni Moretti abbia tratto alcuni spunti di humour e alcu-ne caratterizzazioni di personaggi da ciò che Nicolini e

Cascavilla avevano propostoin questo film.Ciò che mi ha interessato par-ticolarmente in quella giorna-ta è stato l’intervento diFranco Purini L’estate romanacome modello di evoluzioneurbana. Mi pare che il raccon-to dell’estate del 1979 daparte di uno dei protagonistidi allora, visto e riletto oggi inchiave propositiva, sia estre-mamente utile, non solo per igiovani architetti che si stan-no formando in questi anni,ma anche per tutti gli opera-

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Renato Nicolini in Utopia Utopia del1969; sotto il regista Azio Cascavilla.

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tori culturali, cineasti e performers che hanno partecipato all’in-contro.Purini ha fornito un quadro sintetico degli anni ’60 in cui pitto-ri, architetti e artisti vari si incontravano e condividevano le loroesperienze influenzandosi reciprocamente. Ha ricordato il ruoloculturale fondamentale che hanno avuto alcuni luoghi - spazifisici - della capitale come veri e propri centri di ricerca e di ela-borazione culturale dove sperimentare nuove proposte artisti-che e approfondire i rapporti fra varie arti e media. IlFilmstudio, nato nel 1967 in via degli Orti di Alibert inTrastevere grazie a Americo Sbardella1, Annalisa Miscuglio e losceneggiatore Paolo Castaldini, ha avuto un ruolo centrale conle sue promozioni e diffusioni del cinema di qualità medianteretrospettive di movimenti e di autori della storia del cinema,delle tendenze, e con rassegne personali di nuovi autori, festi-val di cinema sperimentale e così va. Il Folkstudio, invece, è natonel 1960 in una cantina di Via Garibaldi come studio del pittoree musicista Harold Bradley, e ospitò vari musicisti nazionali einternazionali e perfino un quasi sconosciuto Bob Dylan, nel1962. A Roma comunque c’era una tradizione teatrale di speri-mentazione non sufficientemente riconosciuta. Basti pensareche già negli anni 1922/31 “Il Teatro degli indipendenti” dei fra-telli Bragaglia nelle cantine di Palazzo Tittoni in via degliAvignonesi, aveva messo in scena Bertold Brecht per primo inItalia.Negli anni ’70 ci sono stati vari eventi quali antefatti della primaestate romana: Franco Purini ha citato un testo del CardinalPoletti “I mali di Roma” e “Controroma” che raccoglieva scrittidi molti intellettuali dell’epoca, come ad esempio AlbertoMoravia e Alberto Arbasino, che portarono alla ribalta tantiproblemi della città spingendo alla riflessione. Nel giugno 1979lo stesso Purini organizzò una mostra dal titolo “Ritorno a

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Sopra il Filmstudio negli ani ‘70, sotto

Tommy&Marco al Folkstudio nel 1983

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Roma: città, didattica, vita quotidiana”all’INARCH, Istituto Nazionaled’Architettura, centro della cultura archi-tettonica romana dell’epoca.Tutti eventi questi che sottolineavano lacentralità dei problemi urbani romani divi-si tra la dolce vita e la realtà di nuove bor-gate. In quegli anni, infatti, da un latoFellini celebrava con i suoi film la mondanavia Veneto della Capitale nel 1960, dall’al-tro Pasolini portava sullo schermo realtàurbane di quartieri di edilizia economica epopolare o di baracche abusive come quel-li del Quadraro in Mamma Roma del 1963o quelle del Pigneto ne l’Accattone del1961.

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Roma al cinema: sopra le baracche al Pigneto in Accattonedi Pier Paolo Pasolini del 1961,sotto, Via Veneto in La dolcevita di Federico Fellini del 1960.

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Oltre a ciò, nella seconda parte degli anni‘70, vigevano la paura e l’insicurezza deglianni di piombo che tenevano a casa lamaggior parte delle persone. A mio avviso,anche altri fattori furono importanti edeterminanti il successo delle varie EstatiRomane di Renato Nicolini: l’aperturadella metropolitana che collegò facilmen-te e per la prima volta, zone marginali conil centro storico (la linea A fu inauguratanel 1980 mentre la B esisteva, in parte, findal 1955) e più tardi, l’apertura del McDonald a Piazza di Spagna nel 1986. I sim-boli della società di massa, e della sua con-testazione, furono i protagonisti di queglianni.L’esperienza del “Parco Centrale” – che daun lato riprende il nome degli scritti diWalter Benjamin e dall’altra è la traduzio-ne italiana del Central Park newyorkese -durante l’estate del 1979, si articolava suquattro interventi in quattro diversi qua-dranti della città costituendo, in tal modo,una sorta di quadrilatero: alla Caffarella, aVilla Torlonia, all’ex Mattatoio in Testaccioe in via Sabotino, nel quartiere borghesedi Delle Vittorie. Una sorta di quattro“città dello spettacolo” in zone che aveva-no caratteristiche di centralità. Gli inter-venti avevano uno scopo provocatorio edissacratorio, ma erano anche finalizzati alrecupero di luoghi, di spazi urbani desueti

I quattro interventi dell’estate romana del 1979,

sotto: il ponte di Villa Torlonia.

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Uno degli interventi architettonici per l’estate

romana del 1979: pista da ballo alla Caffarella

in costruzione.

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Un disegno di Franco Purini del 2015, in memoria

degli interventi dell’estate romana del 1979.

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e di edifici, attraverso eventi culturali. L’ex Mattatoio e VillaTorlonia all’epoca erano, infatti, luoghi in disuso e abban-donati. Così scrive Jack Lang, già Ministro della Cultura in Francia,nella Prefazione al libro Estate romana. 1976-85: un effime-ro lungo nove anni di Renato Nicolini: «La sua modalitàoperativa? Doppia: creare la sorpresa e il desiderio. Il suocredo? Da un lato – rivoluzione copernicana se ce n’è una -fare della folla la protagonista dello spettacolo; dall’altro,abolire la gerarchia tra cultura d’élite e cultura popolare».2

Le quattro scenografie urbane avevano altrettanti gradi difisicità. Così spiegava lo stesso Renato Nicolini: «Al polo piùfreddo la televisione; poi il coinvolgimento soltanto menta-le del teatro (ma dove c’è anche più evidente invece il“corpo” dell’attore); ed i coinvolgimenti più totali dellamusica rock (dove il corpo si trasforma in voce, e l’attorediventa star) e, al polo più caldo, dove lo spettatore è essostesso attore, il ballo, la discoteca».3

Era stato previsto un intervento architettonico (effimero,naturalmente) alla Caffarella, nello spazio del Circo diRomolo, finalizzato al ballo: una pista rettangolare recinta-ta da colonne simboliche, con una cabina per il disk-jockeye un imponente piede di antico romano in cartapesta, da unlato come memoria storica e dall’altra come omaggio allapop-art (colonne e piede provenivano dai laboratori sceno-grafici di Cinecittà). Alla semiabbandonata Villa Torlonia(solo da pochi mesi diventata del Comune) era stato attri-buito un ruolo di comunicazione mediante un ponte metal-lico per i videogames e il bar all’italiana. Allo spazio di ForoBoario all’ex Mattatoio di Testaccio, era stato attribuito ilruolo di centro musicale con una serie di interventi articola-ti che consistevano nelle quinte d’ingresso, in due salette

Teatro alla Caffarella e il progetto peril Mattatoio.

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cinematografiche, nelle cabinecentrali di proiezioni, nel doppioristorante, nelle torri di servizio enel grande palcoscenico per iconcerti rock e jazz (ha ospitatotra gli altri artisti del calibro diMax Roche e Antony Braxton). Lecolline artificiali contribuivano afornire un contesto quasi unacitazione in ricordo del ruolodella natura nel teatro greco.L’intervento urbano, che io stes-sa ricordo meglio, è quello com-posito realizzato in un’area diproprietà dell’Istituto CasePopolari tra via Sabotino e vialeAngelico. Articolato su due lottipresentava da un lato la copiaesatta del Teatro La Fede diGiancarlo Nanni e ManuelaKusterman, dall’altra un Teatroscientifico dentro un cubo bian-co – e con in cima un alberod’arancio - che traeva la sua ispi-razione dallo storico Teatroscientifico di Antonio GalliBibiena costruito tra il 1767 e il1769 nel Comune di Mantova. Adestra trovava posto un boschet-to d’alberi (nel segno teatrale diDioniso) attraversato da una ser-pentina percorribile mentre a

Estate romana del 1979: progetto per via Sabotino.

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sinistra una grande piazza aper-ta di forma ovale con un grandeOcchio centrale, progettato dalgrafico Alfredo De Santis (nelsegno speculare di Apollo), costi-tuiva una sorta di simbolo illumi-nista del teatro possibile.Molti architetti, giovani all’epo-ca, lavorarono assieme per questiprogetti, oltre a Franco Purini,Laura Thermes e DuccioStaderini, i due giovanissimi neo-laureati Peppe De Boni e UgoColombari destinati poi a diven-tare “gli architetti dell’effimero”per antonomasia, e a progettaretutti gli interventi architettonicinelle successive “estati romane”.In occasione dei quarant’annidell’Estate Romana, il MAXXI –Museo dell’Arte del XXI secolo –in collaborazione con il Comunedi Roma, ha avviato un progettodi ricerca sul tema dell'”effime-ro” in rapporto alla sua storia eall’architettura contemporanea.Così quest’anno il MAXXI haorganizzato nello spazio anti-stante al museo, la ricostruzionedi quel Teatrino scientifico e, neigiorni centrali della settimanatrovano spazio varie performan-

L’Occhio per via Sabotino di Alfredo De Santis.

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ces artistiche (live music, talk, incontri d’artista, cinema, foto-grafia) con letture di poeti, così da ricordare quegli anni allafine dei ’70 con il famoso raduno a Castelporziano dei poetidella beat generation.4 La sera di giovedì 6 luglio, nell’ambitodella “Estate Roma reloaded” c’è stato il secondo incontro conla poesia contemporanea a cura di Andrea Cortellessa. Hannopartecipato, fra gli altri, Valerio Magrelli, Nanni Balestrini eAlessandra Carnoroli, poeti di generazioni diverse che «riporta-

Il Teatrino Scientifico di viaSabotino del 1979, ricostruito

quest’estate nel piazzale antistante il MAXXI.

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no alla presenza del passato che non voleva avere un futuro,allestendo un nuovo “cannocchiale del tempo”, per far sogna-re un futuro a un presente che troppo spesso ignora il passa-to».5

Ma tra le arti presenti c’è anche l’architettura, infatti, il MAXXIpartecipa al progetto Future Architecture Platform - prima piat-taforma europea costituita da iniziative, festival e musei diarchitettura nata per estendere al grande pubblico le idee sulfuturo dell’architettura e delle città: quattordici istituzioni ditredici paesi diversi formulano un programma rivolto al grandepubblico per consentire ai talenti creativi under 40 di presenta-re i propri lavori attraverso mostre, convegni, conferenze, wor-kshop, libri e una piattaforma web.La ricostruzione del Teatrino scientifico avulso dal suo contesto,non può certo avere né il significato originario sperimentale nétantomeno il ruolo strategico di recupero di un area urbanadismessa, è invece da intendersi come un plastico in scala 1:1quale tributo ai suoi progettisti. Peraltro, la contrapposizionetra il minimalismo razionalista e nel contempo simbolico delTeatrino, versus l’espressionismo barocco del Museo, crea uncontrasto suggestivo.Per concludere vorrei auspicare che l’attuale Amministrazionedel Campidoglio che ha ormai superato l’anno, oltre natural-mente a occuparsi di risolvere i problemi urgenti di mal funzio-namento della Capitale, potesse ripartire dalle riflessioni sul-l’esperienza di quegli anni ‘70 voluta e sostenuta da RenatoNicolini e dai suoi compagni, con uno spirito propositivo, pro-muovendo interventi culturali coordinati anche di recupero diparti della città in disuso per ridare a tutti i cittadini fiducia e unrinnovato orgoglio di essere romani.

I poeti Nanni Balestrini eAlessandra Carnoroli.

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NOTE

1 È di pochi giorni fa la notiziadella scomparsa di AmericoSbardella. Così riporta Rep.it:“Sarà ricordato come l'alchimistadel più grande laboratorio delcinema indipendente italiano.Americo Sbardella, fondatore delFilmstudio '70, è morto ieri seraall'età di 79 anni. Lascia la moglie,Isabella, e la figlia, Angelica.Intellettuale raffinato, profondis-simo conoscitore del cinema, e delcinema d'autore mondiale in par-ticolare, Sbardella fonda ilFilmstudio '70 nell'ottobre del1967. In una sala della trasteverinavia degli Orti d'Alibert, Sbardellaapre, insieme con un gruppo digiovanissimi intellettuali, le portedi quella che per decenni sarà lacasa del cinema indipendente eunderground, punto di riferimen-to di intellettuali e artisti di tuttoil mondo, di generazioni di registie cinefili. Al Filmstudio '70 hannoportato le sue opere per la primavolta Andy Warhol, fino ad allorasconosciuto in Italia, e tra gli altriNanni Moretti. Nella sala cheaveva creato insieme ad

Facciata del Teatrino Scientifico di via Sabotino del 1979, ricostruito al MAXXI.

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Annabella Miscuglio ci si imbatteva spesso in Moravia, Verdone,Bellocchio, Monicelli e Bertolucci. Nonostante la passione per leavanguardie internazionali, Roma è rimasta sempre il grandeamore di Sbardella. Alla città dove era nato e ha vissuto pertutta la vita, nel cuore di Prati, ha dedicato nel 2000 uno dei suoilibri: Roma nel cinema. Studioso di filosofie orientali e di testiantichi, ha pubblicato nel 2014 la versione teatrale dell'epopeadel leggendario re di Uruk, Gilgamesh. Colui che tutto conobbe.

2 Jack Lang, Prefazione al libro Estate romana. 1976-85: un effi-mero lungo nove anni, Città del sole, CS 2011. Prima edizione1991, pp. 11/17.

3 Cfr. Renato Nicolini, Parco Centrale in Estate romana. 1976-85:un effimero lungo nove anni, Città del sole, CS 2011, pp. 139/148.

4 Il Festival Internazionale dei Poeti a Castelporziano ebbe luogonegli ultimi tre gioni del giugno 1979. Tanto per citare alcuninomi degli intervenuti, c’erano Evtushenko, LeRoi Jones, AllenGisnsberg e Peter Orlovsky. Tra gli italiani: Piromalli, DaciaMarini e Dario Bellezza.

5 Dalla presentazione.

NB Le foto e i disegni dell’Estate romana mi sono stati cortese-mente forniti dallo stesso Franco Purini.

Alcuni tra i protagonisti di quegli anni: sopra Azio Cascavilla conGiorgina Amendola, al centro Mario Seccia e Azio Cascavilla a pranzodal poeta Valentino Zeichen e sotto la Galleria AAAM con al centroGiangi D’Ardia e Francesco Moschini alla mostra di Ellis Donda.