Francesco La Manno - Analisi economica del diritto

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 49 III. Analisi economica del diritto Sommario: 1.Costi sociali. - 2.The Nature of the Firm vs The Problem of Social Cost . - 3.I costi di transazione. - 4.Analisi distributiva e possibilità di nuove tassonomie. – 5.La funzione distributiva dei beni e i diversi sistemi di allocazione di beni e servizi. – 6 .La responsabilità oggettiva. 1.Costi sociali. I costi sociali riguardano gli effetti negativi, che le industrie, arrecano ai consociati. Il paradigma è quello di una impresa che mediante l’emissione di esalazioni cagiona pregiudizi ai vicini. La soluzione a tale problematica viene data dagli economisti adottando la linea dell’economia del benessere di Pigou 1 . I rimedi che vengono indicati dagli economisti sono molteplici: in primo luogo, taluni, considerano che l’industria dovrebbe essere responsabile per le immissioni di fumo che arrecano nocumento ai terzi, altri autori ritengono che si dovrebbe imporre una tassa sulle esalazioni delle imprese in base all’entità stessa delle immissioni, altri ancora propongono di dislocare la fabbrica in altri luoghi, ove tali esalazioni non potrebbero arrecare pregiudizio ai consociati 2 . Secondo R. Coase, questi rimedi non sono idonei a risolvere il problema in parola 3 . Possiamo partire dal paradigma in cui l’impresa è tenuta a liquidare completamente il danno arrecato. Il caso, a cui mi riferisco, è quello in cui una mandria di bestiame invade un terreno di un terzo arrecando pregiudizi all’appezzamento di terra di costui. Immaginiamo che, il caso in parola, riguardi un contadino ed un allevatore 1  R. H. COASE,  I costi sociali, traduzione italia na di G. ALPA tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3 2  R. H. COASE,  I costi sociali, traduzione italia na di G. ALPA tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3 3  R. H. COASE,  I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3

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Il predetto lavoro ha avuto ad oggetto lo studio della problematica concernente la circolazione dei veicoli sotto il duplice profilo del diritto e dell’economia. Da un lato l’attenzione è stata posta sul contratto di assicurazione obbligatoria della r.c.a., sul versante opposto, sono state analizzate le misure idonee al fine di ridurre i sinistri stradali, mediante lo strumento dell’analisi economica del diritto. Particolare attenzione è stata rivolta alle modalità di liquidazione del danno, con riferimento alla pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione 11 novembre 2008, n. 26972, che ha chiarito come debba essere risarcito il danno non patrimoniale.

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III. Analisi economica del diritto

Sommario: 1.Costi sociali. - 2.The Nature of the Firm  vs  The Problem of SocialCost . - 3.I costi di transazione. - 4.Analisi distributiva e possibilità di nuove

tassonomie. – 5.La funzione distributiva dei beni e i diversi sistemi di allocazione di

beni e servizi. – 6.La responsabilità oggettiva. 

1.Costi sociali.

I costi sociali riguardano gli effetti negativi, che le industrie,

arrecano ai consociati. Il paradigma è quello di una impresa

che mediante l’emissione di esalazioni cagiona pregiudizi aivicini. La soluzione a tale problematica viene data dagli

economisti adottando la linea dell’economia del benessere

di Pigou1.

I rimedi che vengono indicati dagli economisti sono

molteplici: in primo luogo, taluni, considerano che

l’industria dovrebbe essere responsabile per le immissioni di

fumo che arrecano nocumento ai terzi, altri autori ritengonoche si dovrebbe imporre una tassa sulle esalazioni delle

imprese in base all’entità stessa delle immissioni, altriancora propongono di dislocare la fabbrica in altri luoghi,

ove tali esalazioni non potrebbero arrecare pregiudizio ai

consociati2.

Secondo R. Coase, questi rimedi non sono idonei a risolvere

il problema in parola3. Possiamo partire dal paradigma in

cui l’impresa è tenuta a liquidare completamente il dannoarrecato. Il caso, a cui mi riferisco, è quello in cui una

mandria di bestiame invade un terreno di un terzo arrecando

pregiudizi all’appezzamento di terra di costui. Immaginiamo

che, il caso in parola, riguardi un contadino ed un allevatore

1 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 32 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 33 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

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economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3

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che svolgano la propria attività commerciale, ed inoltre non

essendoci una recinzione ogni aumento di reddito

dell’allevatore della mandria corrisponda ad una perdita del

vicino agricoltore. Diversamente occorre accertare il danno

marginale qualora aumenti la mandria, infatti si dovranno

valutare diversi fattori tra cui il modo di pascolare degli

animali. Per quanto riguarda la nostra analisi possiamo

considerare che la condotta precedente sia del tutto

irrilevante.

Immaginiamo ora che il costo per costruire una barriera che

divida i due terreni sia di 8 euro all’anno, mentre il prezzodel grano ( prodotto dall’agricoltore ) sia di 1 euro per ogni

tonnellata. Ipotizziamo che la proporzione tra l’aumentodella mandria e la perdita di grano dell’agricoltore sia la

seguente: aumento di 1 capo, calo di 1 tonnellata per ogni

anno, perdita proporzionale all’aumentare di capi 0,5,

aumento di 2 capi, calo di 4 tonnellate per ogni anno,

perdita proporzionale all’aumentare di capi 1 , aumento di 3

capi, calo di 8 tonnellate per ogni anno, perditaproporzionale all’aumentare di capi 4, aumento di 4 capi,

calo di 10 tonnellate per ogni anno, perdita proporzionale

all’aumentare di capi 5.Dal momento che l’allevatore risponde per il pregiudizio

arrecato, se costui opterà per aumentare il suo bestiame da 3

a 4 dovrà sostenere un costo di 5 euro, pertanto sarà

costretto a considerare questa spesa al fine di aumentare la

propria mandria. Ovviamente l’allevatore non innalzerà ilnumero del suo bestiame, salvo che il valore economico

derivato dalla vendita di carne sia superiore alla spesa che

dovrà sostenere per risarcire l’agricoltore.

L’allevatore adotterà misure di prevenzione, solo edesclusivamente se il costo di queste sarà inferiore al valore

del grano4. Orbene, nel caso in cui l’allevatore volesse

innalzare a 4 la propria mandria riterrà conveniente erigere

una barriera ( il costo è di 8 euro ) che divida i due terreni.

4 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

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Dal momento in cui viene edificata la staccionata i costi

marginali tornano a zero, salvo che una volta aumentata la

mandria non sia necessario erigerne un’altra più resistente.

Tuttavia esistono anche situazioni in cui non sarebbe

conveniente per l’agricoltore edificare la barriera, il caso è

quello che attiene all’aumento di soli 2 capi di bestiame, in

tale circostanza il pregiudizio arrecato sarebbe inferiore al

guadagno ottenuto. Potremmo anche ipotizzare che nel caso

in parola, ovvero quello in cui l’allevatore di bestiame non

erige la staccionata, l’agricoltore fosse sollecitato a produrre

maggiori quantità di grano, tuttavia questa tesi è errata5.

Se precedentemente l’agricoltore aveva venduto il grano in

regime di concorrenza perfetta, allora i costi marginali eranopari all’aumento delle sementi coltivate, pertanto nel caso in

cui costui avesse dilatato la propria produzione ne sarebbe

derivata una perdita di profitto6. Nel caso precedentemente

presentato l’agricoltore subirà un pregiudizio dal bestiame,

tuttavia non varierà il suo ricavo in quanto l’allevatore

risarcirà il danno arrecato.Nell’analisi fin qui esposta ho assunto che, nel caso in cui vi

sia una attività commerciale dedita all’allevamento in zona

confinante ad una proprietà agricola, il coltivatore nonaccrescerebbe la propria produzione, anzi il risultato sarebbe

un rendimento inferiore del raccolto. La motivazione della

scelta è che se l’entità del prodotto non ottenuto è inferiore

alla spesa totale di coltivazione di quel campo, il coltivatore

riterrà utile accordarsi con l’allevatore perché il terreno restitrascurato

7.

Immaginiamo che il prezzo del grano prodotto sia di 16 euro

e il costo per coltivarlo sia di 10 euro, il guadagno che

otterrà l’agricoltore sarà 6 euro. Supponiamo che ilcontadino sia anche il proprietario del terreno. Poniamo che

5 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

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economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 47 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

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l’allevatore arrechi, mediante il suo bestiame, un danno di 1

euro all’agricoltore. In questa situazione il contadino

riceverà 15 euro dalla vendita del suo prodotto, 1 euro di

risarcimento dall’allevatore, pertanto il suo guadagno sarà

sempre pari a 6 euro.

Ipotizziamo che l’allevatore decida di innalzare

ulteriormente il numero del suo bestiame, e che tale scelta

comporti un danno di 7 euro all’agricoltore. A questo punto

l’allevatore riterrà utile contrattare con l’agricoltore per

lasciare una zona di terreno incolta, ovviamente se il costo

dell’operazione sarà inferiore a 7 euro. L’accordo potràessere vantaggioso per entrambi, tanto che l’agricoltore

potrebbe abbandonare la sua produzione8.La stessa ipotesi si può fare anche solo per una parte di

campo, immaginiamo che gli animali seguano una strada

predefinita. Il pregiudizio subito dall’agricoltore potrebbe

indurlo ad abbandonare l’intera coltivazione, tuttavia vi è

un’altra possibilità, ipotizziamo che il valore ottenuto dalla

produzione del terreno sia di 12 euro, mentre il costoammonti a 13 euro. Se non fosse intervenuto l’allevatore

con il suo bestiame quel terreno non sarebbe coltivato.

Mentre con la presenza dell’agricoltore tutta la produzionesarebbe perduta. In questa situazione l’allevatore dovrebbe

risarcire al contadino 12 euro e questo perderebbe 1 euro.

L’allevatore subirebbe un danno di 10 euro.

E’ ovvio che tale situazione non potrebbe andare avanti per

molto tempo, le due parti si accorderebbero per cambiarla,l’agricoltore sarebbe intenzionato ad ottenere una somma

necessaria dall’allevatore per evitare di coltivare quel

terreno. Pertanto tale prezzo non potrà essere superiore al

costo della barriera e nemmeno tanto alto da indurrel’allevatore a lasciare la sua attività commerciale

9.

8 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 59 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5

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Il punto di incontro si avrebbe nella circostanza in cui si

andrebbe a modificare la distribuzione del profitto e della

ricchezza tra agricoltore e allevatore10

.

Orbene, è possibile desumere dalla situazione in parola che

l’allevatore è responsabile del pregiudizio arrecato al

coltivatore, e “se il sistema dei prezzi opera perfettamente,

la riduzione del valore della produzione agricola deve

essere considerata nel calcolare il costo addizionale

costituito dall’aumento della mandria”.11

Il costo che

l’allevatore dovrà subire attiene all’aumento addizionale

della sua produzione, e nel caso in cui il mercato delbestiame sia in concorrenza perfetta, la distribuzione delle

disponibilità dell’impresa sarà efficiente12.E’ opportuno evidenziare che il pregiudizio arrecato

dall’allevatore, per quanto attiene alla produzione di grano,

potrebbe essere minore di quello che si potrebbe verificare

nel corso della normale stagione. Infatti incidono in modo

rilevante le transazioni di mercato13

. La situazione in parola

si realizza qualora il danno liquidato dall’allevatore eccedail costo che l’agricoltore pagherebbe per fruire della

possibilità di coltivare il campo.

In regime di concorrenza perfetta, il denaro che l’agricoltorepagherebbe per coltivare il campo è pari alla “differenza tra

il valore della produzione totale… Ed il valore del costo

addizionale”14

. Nel caso in cui il pregiudizio ecceda tale

somma il contadino sarà disposto a pagare per continuare la

propria attività e il valore addizionale sarà maggioreall’entità della produzione globale al netto del pregiudizio.

10 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisieconomica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 611 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 612 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 613 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

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Pertanto sarà conveniente lasciare tale attività e volgere lo

sguardo verso altre zone. Mediante le transazioni di

mercato, nel caso in cui il pregiudizio arrecato

all’agricoltore sia superiore ai ricavi ottenuti dallo stesso, la

situazione non continuerà.

L’agricoltore potrebbe anche continuare a produrre in

condizioni di perdita economica, tuttavia tale situazione non

potrà durare molto, in quanto costui successivamente sarà

destinato ad ottenere un accordo per interrompere la sua

attività15

.

A questo punto, facciamo un passo indietro e torniamoall’ipotesi in cui l’allevatore, nonostante il sistema dei

prezzi sia perfetto, non sia responsabile del nocumentoarrecato all’agricoltore. In tal caso l’impresa danneggiante

non dovrà risarcire alcun pregiudizio. Di seguito la mia

argomentazione sarà volta ad appurare che l’allocazione

delle risorse sarà eguale all’ipotesi in cui la società doveva

liquidare il danno.

Riprendiamo il paradigma dell’allevatore e dell’agricoltore.Abbiamo accertato che nella circostanza in cui il bestiame

crescerà, il contadino, dovrà subire un aumento del

pregiudizio derivante dall’incremento degli animali stessi.Ipotizziamo che la mandria sia composta da 4 capi.

L’agricoltore pagherà 4 euro se l’allevatore ridurrà di 2 capi

il suo bestiame, mentre fino a 6 euro se l’imprenditore si

limiterà ad avere 1 solo capo ed infine il contadino

corrisponderà 8 euro se il fattore lascia la sua attività.Pertanto il bovaro otterrà 4 euro per tenere solo 2 capi,

quindi i 4 euro rappresentano il costo di mantenimento di

due ulteriori animali. Ovviamente la situazione è la

medesima se dicessimo che i 4 euro rappresentano lasomma di denaro che l’agricoltore corrisponde all’allevatore

perché costui si limiti ad allevare due animali. Pertanto i 4

euro rappresentano il costo addizionale per il mantenimento

di due ulteriori capi di bestiame. Orbene, “se l’incremento

di valore di produzione dell’allevamento di bestiame

15 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6

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conseguente all’aumento di 2 capi è superiore al costo

addizionale che si dovrebbero sopportare le dimensioni

della mandria saranno senz’altro accresciute16 

”.

Ovviamente nel caso contrario il bestiame non aumenterà,

pertanto, dalla seguente argomentazione si desume che il

numero dei capi di armento sarà la medesima, sia nella

circostanza in cui l’allevatore sarà ritenuto responsabile, sia

nel caso contrario17

.

Tuttavia, è bene precisare che l’agricoltore non sarà

disposto a compensare un pregiudizio che l’allevatore non

avrebbe potuto causare. Il coltivatore potrà corrispondere almassimo una somma di 8 euro, ovvero il costo annuale,

necessario all’edificazione della barriera necessaria aseparare i due fondi. Inoltre costui corrisponderà questa

somma solo nel caso in cui i suoi guadagni gli

consentiranno di permanere nella sua attività commerciale18

.

L’agricoltore sarà indotto ad elargire il denaro solo se

l’allevatore manterrà almeno 5 capi di bestiame.

Analizziamo questa circostanza. Ipotizziamo chel’agricoltore pagherà 4 euro se l’allevatore si limiterà a

tenere 4 capi di bestiame, 5 euro se il bestiame arriva a 3

capi, fino a 6 euro se l’armento arriva a 2 capi, fino a 7 eurose resta un animale e 8 euro se non vi è alcun bovino.

Occorre evidenziare che la somma attribuita all’allevatore

non muta, anche se costui riduce il suo armento.

L’allevatore otterrà una ulteriore somma di 1 euro se

deciderà di portare i suoi capi da 4 a 3, e di conseguenzaquesto denaro rappresenta la quantità di produzione agricola

che verrà distrutta dal bestiame. Nonostante l’opinione

divergente dell’agricoltore, sul numero dei capi

dell’armento che l’allevatore volesse continuare amantenere senza liquidazione del ristoro può andare ad

16 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 717 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 718 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 7

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influire sul denaro che costui dovrà corrispondere. Non si

può dire che tutto ciò rilevi sulla convinzione del bovaro di

mantenere o meno una determinata quantità di bestiame19

.

La medesima situazione si verificherebbe nella circostanza

in cui se l’allevatore dovesse liquidare il pregiudizio , in

quanto il ricavo è uguale al corrispettivo dovuto20

.

A questo punto potremmo assumere che l’allevatore, dopo

essersi accordato con l’agricoltore, potrebbe tendere ad

aumentare la quantità di bestiame, in quanto il contadino

dovrebbe corrispondergli una somma di danaro più

elevata21

. Possiamo considerare che questa tesi sia correttaed è la medesima situazione in cui l’agricoltore dopo avere

negoziato con il bovaro decide di concludere la sua attivitàeconomica. Ovviamente queste situazioni, precedono un

patto tra le due parti, e non rilevano nel lungo periodo nel

caso in cui l’allevatore debba risarcire o meno il pregiudizio

arrecato all’agricoltore22

.

Di fondamentale importanza è accertare se il bovaro deve

rispondere o meno del pregiudizio, in quanto se non vi fossequesto controllo, non sarebbe possibile porre in essere

alcuna transazione tra le due parti. Tuttavia la conseguenza

conclusiva non tiene conto della situazione giuridica, se siconsidera che “il sistema dei prezzi opera senza costi

23”.

2.The Nature of the Firm vs The Problem of Social Cost.

19R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisieconomica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 820R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 821 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 822 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 823 R. H. COASE, I costi sociali, traduzione italiana di G. ALPA tratto da G. ALPA,

P. CHIASSONI, A. PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,  Analisi

economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 8

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Secondo alcuni giuseconomisti la tesi di Coase, descritta in

The Problem of Social Cost  deve essere riletta. Con

particolare attenzione rispetto ai concetti di efficienza e di

ottimo paretiano24. Alcuni autori, rispetto al tema in parola,

affermano che i costi di transazione si occupano di stabilire

l’esito di ogni società in modo eguale rispetto alla

risoluzione che viene procurata dalla tecnologia25

. Pertanto

una volta ottenuti i costi di transazione, ogni società riuscirà

a raggiungere il punto Pareto ottimale. Da ciò si desume che

non è pensabile un passaggio dello status quo senza

cagionare pregiudizi ad altri soggetti e allontanarsi versol’esterno la frontiera

26. Dunque non è possibile differenziare

tra rimozione delle inefficienze e innovazione.Dopo questa breve introduzione è importante chiedersi

quale sia il motivo per il quale l’articolo intitolato The

Problem of Social Cost ha ottenuto un cosi’ grande successo

tra gli studiosi. Taluni hanno ritenuto che in tale studio era

ravvisabile da un lato il predominio dei mercati e dall’altro

l’inutilità di qualsiasi forma di regolamentazione deglistessi

27. L’articolo in parola, successivamente, è stato

oggetto di studio anche dei giuristi, costoro ne hanno

individuato il merito ed hanno iniziato ad applicare quellatesi. Tuttavia, occorre evidenziare che, Ronald Coase, molti

anni prima della pubblicazione dell’articolo The Problem of 

Social Cost, pubblicò un elaborato intitolato The Nature of 

The Firm. Questo saggio fu minimizzato sia dai giuristi che

dagli economisti, in quanto contrasta decisamente con molte

24G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 1625 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 1726

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 1827

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 19

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  58

teorie consolidate tra gli studiosi28

. In primo luogo, in The

 Nature of The Firm, Coase, afferma che sia i mercati sia le

forme di organizzazione non di mercato possono essere una

scelta ottimale, in quanto gli agenti economici optano per le

modalità più agili per regolare i loro rapporti e cercano di

massimizzare la propria utilità personale29

.

In entrambi i casi si realizza una funzione distributiva,

giacché nell’ambito dei mercati vi saranno taluni soggetti

accresceranno le proprie disponibilità economiche, e nelle

organizzazione di comando alcuni individui accresceranno il

loro potere. Molto spesso, nei sistemi misti, gli agentieconomici puntano mediante un posizione di supremazia

ottenuta in un campo, ad ottenere vantaggi distributivi anchein un altro ambito mediante la corruzione

30.

Qualsiasi cittadino, di fronte a tale pratica, esprimerebbe un

forte sentimento di repulsione, tuttavia taluni economisti

hanno rilevato che questo tipo di condotta risulta abbastanza

probabile nell’ambito dei rapporti sociali. Infatti possiamo

immaginare l’ipotesi in cui, un pubblico ufficiale, grazieall’esercizio del suo potere, anche se magari non

propriamente dotato di ingenti risorse economica, possa far

valere la sua autorità obbligando ad esempio deicommercianti a donargli alcuni beni. Pertanto è possibile

desumere che anche l’autorità è uno strumento idoneo a

corrompere i consociati31

.

Coase, nei suoi studi, ha dimostrato l’importanza della

simmetria tra i sistemi di comando e quelli di mercato, tale

28G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2029 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2030

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2031

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 20

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  59

equilibrio consente in modo idoneo di raggiungere gli

obiettivi attesi32

.

Coase afferma che in “assenza di costi di transazione,

qualsiasi punto di partenza sarà,o condurrà

immediatamente, e per consenso unanime, ad un punto

 finale efficiente”.33

 

Gli economisti, nella teoria in parola, hanno ravvisato il

pensiero fondamentale di Coase, tuttavia Guido Calabresi

muovendo dalla tesi di The Nature of The Firm sostiene che

“se l’efficienza è definita sulla base di un’applicazione

rigida del test di Pareto, qualsiasi punto di partenza sarà, o

  potrà immediatamente diventare, un obiettivo efficiente,

anche in presenza di costi di transazione”.34 In primo luogo dobbiamo specificare cosa sia questo test di

Pareto. Esso dispone che non è possibile arrivare in una

posizione di ottimo se vi è un mutamento che consente di

migliorare le condizioni di taluno senza aggravare la

posizione di un altro soggetto35

. Pertanto la teoria in parola,

se avesse un solido fondamento, affermerebbe che anche sei punti di partenza siano arbitrari, e per quanto siano

deplorevoli la ricchezza e i poteri che sono stati creati dal

nostro diritto, le disposizioni normative qualora nonraggiungessero il punto Pareto ottimale, sarebbero

suscettibili di modifiche36

.

32G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2133

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2134 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2135

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2136

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 22

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  60

Da queste prime battute si desume che la teoria in parola ha

l’obiettivo di migliorare quelle che sono le condizioni

sociali degli ordinamenti giuridici. Tuttavia l’applicazione

della dottrina di Pareto risulta difficoltosa, in quanto se

l’ottimo paretiano non ci consente di migliorare la posizione

di un soggetto senza contemporaneamente peggiorare quella

di un altro individuo allora saremo sempre statici sulla

medesima condizione37

.

Inoltre se consideriamo che la teoria di Pareto riflette una

nozione di efficienza, possiamo rilevare che otterremo una

conseguenza efficiente. Questa situazione persisterà fino aquando una nuova condizione sarà realizzabile senza

cagionare alcun danno ai consociati. Qualora si verifichiquesto evento potremmo dislocarci in quel punto, senza che

nessun economista ci indichi la soluzione38

. Tuttavia non è

possibile desumere che sia un rimedio idoneo, quello

appena stabilito, in quanto sarebbe possibile addivenire ad

un diverso esito mediante trattative politiche. La chiave di

lettura è che il test di Pareto non consente “una guida

normativa di uso genrale”.39

 

Qualche autore propone di adottare la teoria di Pareto in

modo più elastico. Designando la dinamica Pareto superioresecondo una prospettiva meramente finanziaria come quella

che migliora la situazione di qualche agente economico

senza peggiorare quella di altri individui, potremmo stabilire

che il punto individuato è Pareto ottimale40

. Taluni

potrebbero obiettare il movimento verso una condizione

37G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2238 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2339

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2340

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 23

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  61

Pareto superiore anche se non subissero alcun nocumento da

un punto di vista finanziario, nel caso in cui, a costoro,

venisse arrecato un pregiudizio morale. In modo uguale,

anche l’invidia potrebbe essere idonea ad indurre alcuni

soggetti a contrastare questo cambiamento, in quanto, questi

individui, non vedrebbero di buon occhio il miglioramento

delle condizioni economiche di altre persone attuato

mediante questa teoria41

. Pertanto, possiamo affermare che

lo spostamento, anche se venisse da molti soggetti

considerato efficiente, potrebbe cristallizzarsi solo qualora

fossimo in grado di convincere gli agenti economici che sioppongono a questa tesi

42. Un’altra ipotesi potrebbe essere

quella di far uso della coercizione, tuttavia l’esito sarebbequello di svuotare la teoria di Pareto.

In ogni situazione, precedentemente esposta, taluno

subirebbe una perdita, ovviamente, altri potrebbero obiettare

che il beneficio ottenuto dalla collettività sarebbe

nettamente superiore al pregiudizio subito da qualche

individuo. Ma la tesi in parola, anche se può averefondamento, non è consolidata tra gli economisti.

3.I costi di transazione.

Prima di proseguire occorre introdurre un altro concetto,

nell’ambito di un scambio quando due parti si impegnano ad

arrivare ad un patto, ovvero si obbligano ad ottemperare aquanto prescritto possiamo definire, tale situazione, come

costi di transazione43

. Questo tipo di costi secondo Coase

non presentano alcuna differenza rispetto agli altri. Essi

41 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2342

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2443

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 25

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  62

rappresentano la frontiera di Pareto, ovvero quelle situazioni

che possono essere migliorarete senza arrecare pregiudizi ad

altri soggetti. Secondo alcuni economisti, che hanno

rielaborato il pensiero di Coase, il movimento della frontiera

e quello verso la stessa rappresentano la medesima

situazione44

.

Parte della dottrina ritiene che qualora non si riesca ad

ottenere una situazione in cui si migliora la posizione di

taluni senza arrecare pregiudizi ad altri, non sia corretto, per

raggiungere tale effetto adottare metodologie non di

mercato45

.Alcuni economisti ipotizzano che nel caso in cui i costi di

transazione sia eccessivamente alti si potrebbe ricorrere amodalità alternative di mercato. Tuttavia Calabresi sostiene

che la risposta, a tale domanda, sia contenuta nell’articolo

The Nature of the Firm di Coase, giacché nel saggio in

parola viene affermato che se si fosse conosciuto “un

metodo non di mercato ex ante Pareto superiore, l’avremmo

utilizzato!”46

. Questa è la tesi presentata da Coase in meritoalla nascita dell’intrapresa. Sostanzialmente non abbiamo la

possibilità di fruire di un metodo alternativo di mercato, in

quanto taluno considera che da tale modello economicosubirebbe un pregiudizio. Altri ancora considerano che il

modello di mercato sia il più efficiente. Inoltre coloro che

otterrebbero un beneficio dal sistema alternativo di mercato

non avrebbero la possibilità controbilanciare la loro

situazione compensando coloro che subiscono dei danni47

.

44G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2645 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2646

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2747

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 27

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  63

Altri autori sostengono che a fronte di alti costi di

transazione che non ci permettono di effettuare spostamenti

Pareto superiori, dovremmo abbatterli. Si potrebbe

ipotizzare una modifica legislativa che minimizzi i costi di

negoziazione, i sostenitori di questa tesi considerano che si

otterrebbe un beneficio. Tuttavia se vi fosse l’unanime

convinzione che nessuno subirebbe pregiudizi,

nell’orientamento in parola, tali ostacoli sarebbero già stati

eliminati48

. Pertanto qualora un agente economico ipotizzi

di subire un pregiudizio e non sia possibile un risarcimento

allora tale mutamento non potrà consentire di essere ex ante Pareto superiore

49.

Il problema fondamentale, come precedentemente esposto, èche non si può ottenere una situazione Pareto superiore in

quanto qualche agente economico non è favorevole a tale

orientamento, oppure perché i soggetti non sono concordi

sulla strategia da tenere ( come nel dilemma del prigioniero

). Sulla base delle presenti argomentazioni, alcuni autori

considerano che in primo luogo non è possibile confutare ilsistema attuale semplicemente sulla base del fatto che è

possibile raggiungere una situazione migliore50

. In caso

contrario tale critica non avrebbe senso. Se non siamocoscienti di ciò una semplice competenza sarebbe idonea ad

impedire un miglioramento. Comunque è sbagliato agire

come se potessimo compiere un movimento Pareto

superiore, in quanto è necessario che le nostre competenze e

le nostre capacità organizzative aumentino, altrimenti questiresteranno solo ed esclusivamente semplici desideri

51.

48

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2749

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2750 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2851

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

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  64

4.Analisi distributiva e possibilità di nuove tassonomie.

L’insucesso del test di Pareto ci indica che la possibilità per

taluni individui di ottenere un miglioramento comporta

direttamente nocumento ad altri. Potrebbe accadere,

ipoteticamente, che taluni avversi a tale condizione si

possano trovare ad essere vincitori, mentre altri che fino a

poco tempo prima erano sostenitori della tesi in parola

diventino perdenti. Tuttavia è opportuno evidenziare che ex

ante non potremmo mai essere sicuri della situazione che si

andrà a realizzare, pertanto né l’orientamento che sostiene latesi in parola né quella che la critica si possono considerare

neutrali dal punto di vista distributivo52

. Pertanto il grande

sforzo di rendere l’economia “una scienza immune da

contaminazioni distributive53

”si deve considerare un

fallimento.

Questo assunto dovrebbe avere un carattere positivo, inquanto gli economisti non devono sostenere teorie del tutto

contrastanti con la realtà, come ad esempio il fatto che i

soggetti sappiano sempre qual è la soluzione migliore.L’analisi distributiva in tal senso diventa fondamentale

54.

Secondo alcuni autori gli economisti e i giuseconomisti

hanno la possibilità di prospettare soluzioni in merito ai

parametri distributivi. L’obiettivo è quello di sviluppare

“sotto il profilo scientifico definizioni di equità distributiva,

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 2852 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3653

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3654

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di , M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 36

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  65

sia di taglio teorico, sia riferibili all’analisi empirica di

determinate società”.55

 

A tal proposito taluni economisti potrebbero sostenere di

aver sempre conosciuto l’impossibilità di applicare il

criterio di Pareto. Calabresi considera che un’analisi che

adotta come fondamentale il test di Pareto sia

pregiudizievole. Il giuseconomista americano muove dal

fatto che questo tipo di uso cela, l’inevitabile adozione di

problematiche distributive ed inoltre non consente la

possibilità di condurre ad un’analisi che consenta di

migliorare la posizione degli individui56

.Gli economisti che adottano la teoria di Pareto diversificano

tra movimenti verso la frontiera e spostamenti checomportano la dislocazione della frontiera verso l’esterno.

Secondo Calabresi il primo modello non esiste ex ante.

Mentre il secondo consente miglioramenti grazie ad un

progresso tecnologico che prima non era possibile. Pertanto,

secondo l’autore americano, tutti i possibili mutamenti

fanno riferimento ai due generi proposti57

. Abbiamomovimenti che comportano benefici per alcuni e pregiudizi

per altri e questi avvengono lungo la frontiera. In tale

situazione i vincitori potranno ottenere più di quanto saràperso da coloro che subiranno il danno, tuttavia i primi non

potranno compensare i secondi. Questo tipo di mutamenti si

occupa solo di disciplinare quelli che sono i perdenti e i

vincenti e ciò che hanno vinto o perso. Pertanto possiamo

desumere che questa è anche la ratio del diritto e dell’analisieconomica reale

58. Inoltre si farà riferimento a movimenti la

55

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3756

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3857 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3958

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

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  66

cui rilevanza è uguale alla precedente , ovvero quelli della

frontiera che consentono benefici ad alcuni agenti

economici e arrecano pregiudizi ad altri59

.

Analizzando gli spostamenti della frontiera, gli economisti

si occupano di valutare le innovazioni tecnologiche e delle

abilità che loro stessi devono ottenere sul tema per indurci a

pensare che questi siano semplici spostamenti atti a

raggiungere l’ottimo paretiano60

. Mentre le innovazioni

tecnologiche che ci giungono da altre discipline vengono

considerate esterne al sistema di Pareto. Questo tipo di

argomentazione viene respinta da Calabresi, in quanto unaclassificazione che distingua tra le innovazioni degli

economisti e quelle di studiosi di altre discipline deve essererigettata

61.

Calabresi ritiene che dobbiamo comportarci come se

fossimo tutti lungo la frontiera di Pareto e prendere in

considerazione tutte le modalità di mutamento62

. Il

giuseconomista americano sostiene che occorre rigettare il

modello tradizionale di considerazione delle innovazioni, inquanto stabilisce una distinzione tra esse arbitraria, ed

inoltre ci sollecita a pensare che i movimenti verso la

frontiera, possano essere realizzati, in modo più agevole,degli spostamenti della frontiera e tutto ciò è privo di

consistenza nella realtà63

.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3959 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3960

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 3961

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4062 , G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4163

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

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  67

Calabresi suggerisce di adottare quelle innovazioni che

consentono di apportare dei miglioramenti nella situazione

di ciascun consociato. Il primo passo è quello che si

preoccupa di non effettuare mutamenti, che creino subito

vincitori e perdenti che non possano ottenere una

compensazione64

. Successivamente, dovremmo concentrarci

sui cambiamenti che migliorano la condizione di taluni e

peggiorano quella di altri soggetti. Inoltre, sempre ad avviso

di Calabresi, è importante sottolineare che le innovazioni

tecnologiche, nella stragrande maggioranza dei casi, non

consentono ai vincitori di compensare i perdenti65

. Pertantodiversi spostamenti della frontiera comportano maggiori

spostamenti lungo la frontiera. Ad esempio possiamoconsiderare che l’invenzione dell’automobile ha portato a

numerosi benefici, tuttavia ha causato, e causa, numerose

vittime.

A questo punto è importante individuare quali sono gli

ostacoli che non ci consentono di dislocare la frontiera verso

l’esterno:

a)  l’incompetenza tecnologica

b)  l’incompetenza organizzativac)  l’incomptenza di tipo conoscitivo

d)  l’incompetenza informativa

Tale tassonomia è imprecisa, in quanto risulta difficile

distinguere in modo efficiente quali siano gli ostacoli.Tuttavia un lavoro originale sui costi di transazione è

proposto da Williamson, l’economista lega la propria teoria

a quella di Coase. Williamson si occupa di studiare quali

siano gli ostacoli che non consentano di spostare la frontiera

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4164

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4165

4 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 42

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  68

verso l’esterno, ovvero ciò che Coase definiva costi di

transazione. Secondo Calabresi, il fallimento del test di

Pareto ci impone di muovere dalla teoria di Williamson, in

maniera più generale di quanto lo stesso studioso non abbia

fatto66

.

Dopo aver individuato i tipi di barriere che consentono le

innovazioni, se pur in maniera sommaria, possiamo

individuare quale debba essere analizzata. A questo punto

occorre individuare quale sia la probabilità maggiore di

eliminare tali barriere e ovviamente quale soluzione

comporta i costi sociali minori67

. D’altro canto sarebbepossibile eliminare tali ostacoli, in quanto si avrebbe un

netto miglioramento per tutti i consociati.Questa tesi, ci consente di valutare quali siano gli inventori

da incentivare, ovvero ci si deve chiedere quale categoria di

studiosi ci permetterà di ottenere maggiori innovazioni (

economisti, ingegneri, fisici, et cetera68

… ).

Nei confronti dell’orientamento in parola potrebbe essere

sollevata un’obiezione, giacché taluni affermerebbero chequeste ipotesi sono eccessivamente materiali. Tuttavia

l’obiezione è priva di fondamento, in quanto non bisogna

dimenticare che i movimenti della frontiera possono essereanche di tipo estetico, morale e altruistico

69.

Gli insuccessi analitici possono averci condotto a

concentrare l’attenzione su scienze esatte e l’economia.

Tuttavia non si deve escludere, a priori, che altre discipline

ci consentano di ottenere risultati altrettanto efficienti.

66G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4567 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4568

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4569

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 46

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  69

Pertanto, è da rigettare il modello che rifiuta di volgere lo

sguardo alla problematica della limitazione degli ostacoli,

che non consentano di addivenire ad una vita migliore70

.

Secondo Calabresi è opportuno condividere la tesi di Coase

“secondo cui a qualsiasi cosa, inclusi i mercati esistenti e i

mercati potenziali, corrisponde un costo, significa che

 possiamo concentrarci sulla decisione relativa ai tipici costi

che dovremmo cercare di ridurre e a quelli che , per il

momento, possiamo trascurare”.71

 

La soluzione proposta da Williamson è affine alla tesi di

Coase, tuttavia il primo ha superato il secondoconsentendoci di guardare ad un’analisi più aperta della

società. Di conseguenza, occorre chiedere a tutte lediscipline quale sia la maggiore probabilità, che ci permetta

di dislocare la frontiera verso l’esterno e di conseguenza chi

otterrà benefici e chi subirà pregiudizi da tale scelta72

.

5.La funzione distributiva dei beni e i diversi sistemi diallocazione di beni e servizi.

Parte della dottrina considera che il diritto può essereapplicato con successo qualora siano realizzate le seguenti

condizioni:

a)  la sanzione delle condotte

b)  la ripartizione del poterec)  la distribuzione dei beni

73 

70

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4771

G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4772 G. CALABRESI,   L’inutilità di Pareto: un tentativo di andare oltre Coase,

traduzione di M. REITERI tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU, F.

PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 4773

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

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  70

A questo punto della mia indagine vorrei evidenziare

l’importanza che la funzione distributiva volge, nell’ambito

del nostro sistema. La nostra società ci ha condotto a

concepire il mercato come elemento essenziale di

distribuzione dei beni. Le ragione sono di due tipi, in primo

luogo già nelle civiltà antiche si adottavano unità di conto

dei prezzi, pertanto il sistema allocativo dei beni è il

mercato. In secondo luogo la nostra società liberista ci ha

imposto il mercato come sistema fondamentale di

allocazione dei beni. La prima ipotesi ci porta a ritenere ilmercato come “strumento generale di allocazione dei

beni”74 , mentre la seconda come strumento fondamentale.Ovviamente dal momento in cui si decide di sostenere

questa tesi, si considerano tutte le altre forme di allocazione

dei beni, differenti dal mercato, come eccezioni. Questo

orientamento, ha inciso in maniera rilevante sullo studio di

altri sistemi di allocazione e solo negli ultimi anni, tali

ricerche hanno potuto assumere consistenza75

.La tesi che muove dalla considerazione che il mercato sia il

sistema generale di allocazione dei beni ha un suo

fondamento, in quanto già nelle antiche civiltà era lamodalità prevalente di distribuzione

76. Tuttavia esso non è

l’unico sistema di allocazione dei beni, ora proverò a

presentare un catalogo di questi sistemi.

Possiamo introdurre l’elenco presentando il primo modello,

ovvero quello che viene adottato mediante il potere. Nelleculture tradizionali possiamo trovare dei soggetti cosiddetti

dominanti, riconosciuti come tali dalla collettività grazie a

particolari doti quali la forza fisica e la capacità di intimidire

gli altri, che si appropriano dei beni mediante la coercizione,

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5574 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5675 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5676

M. WEBER, Storia economica, Donzelli, Roma, 2007

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  71

tale modello può essere ravvisabile ancora in talune zone

abitate da culture tradizionali dell’Africa, del Sud America e

dell’Asia77

.

Tuttavia, è bene evidenziare, che non solo le culture

tradizionali e le antiche civiltà facevano ( e fanno ) uso di

questo modello, anche la nostra società è permeata da

strutture di potere che lo utilizza a scopo distributivo. Il

gioco del potere realizza una situazione analoga a quella del

gioco del denaro, generando il mercato a dominio del

potere78

. Molto spesso, accade che i sociologi si occupano di

studiare questo tipo di mercato, prendendo in prestito glistrumenti utilizzati dagli economisti. Molti studiosi hanno

appurato che il controllo sui comportamenti dei consociati siottiene mediante il danaro. Pertanto, dall’argomentazione

espsosta, è agevole desumere che il mercato di potere è

effettivamente un sistema di generale allocazione di beni79

.

Procedendo in questa analisi troviamo il sistema di

allocazione mediante status sociale. In tutte le società

troviamo distinzioni in base a classi sociali. Possiamopensare alla divisione in caste di alcuni sistemi africani, la

distinzione di ceto in epoca feudale, e ovviamente la

differenziazione dei periodi corporativi tardo medievali,nella quale emerge la figura del borghese quale propulsore

della svolta economico-giuridica che ha messo una seria

ipoteca allo sviluppo economico-politico della società

occidentale80

. Tuttavia il sistema in parola non è assoluto,

necessita di essere integrato. Questo modello è idoneo adallocare solo taluni tipi di beni, ovvero quelli che sono

ritenuti scarsi dalla collettività e vengono assegnati alla

77 R. SACCO  , Antropologia giuridica, Il Mulino, Bologna, 2007; e anche N.

ROULAND, Antropologia giuridica, Giuffrè, Milano, 199278

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5779 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 5780

M. WEBER, Storia economica, Donzelli, Roma, 2007; F. GALGANO  , Lex

mercatoria, Il Mulino, 2010

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  72

particolare categoria di riferimento81

. L’effetto, che si

propone questo sistema, può essere anche prodotto in

maniera artefatta. Si pensi allo status di mercator del tardo

medioevo, che veniva attribuito dalla corporazione di

mercatores ad un determinato soggetto, e in base alle regole

dello ius mercatorum, costui avrebbe potuto godere e

disporre di privilegi, quali ad esempio poter commerciare i

propri prodotti all’esterno delle mura cittadine, circostanza

che ad altri individui era impedita ( WEBER, 2007;

GALGANO , 2010 ).

Questo modello è risultato quello prevalente nelle societàdel passato, tuttavia, non dobbiamo illuderci, in quanto il

sistema in parola, in parte, è ancora presente nel presentemomento storico.

Un altro modello di allocazione dei beni è quello che si basa

su una qualità individuale82

. Generalmente ci si riferisce a

due categorie distinte, quella che attiene al merito e quella

che riguarda le attività. Questo sistema viene definito,

normalmente, meritocratico, tutti le società lo hannointrodotto, si pensi ad esami, concorsi, et cetera…

Questo particolare modello viene utilizzato per l’allocazione

di beni impropri, ovvero quelli che dalla generalità deiconsociati non vengono considerati come tali, si pensi ad

esempio ad un titolo di prestigio pubblico.

Gli economisti ultimamente hanno si sono occupati del

sistema delle code. Siamo di fronte a situazioni in cui un

particolare bene viene distribuito ad un prezzo inferiore aquello di mercato, ovvero quando è difficile valutare i criteri

di merito, pertanto, in tali casi, si adotterà il sistema delle

code. Si pensi ad esempio che venga fissato un concerto di

una famosa  popstar  ad un prezzo, oggettivamente, basso,tuttavia, l’ubicazione scelta dagli organizzatori consente

solo un numero limitato di posti. A questo punto quale

potrebbe essere il migliore sistema di allocazione di

81 M. WEBER, Storia economica, Donzelli, Roma, 2007; F. GALGANO  , Lex

mercatoria, Il Mulino, 201082

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 58

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  73

mercato? Nella stragrande maggioranza dei casi viene

adottato il sistema delle code, in quanto solo coloro che

avranno la dedizione di sottoporsi ad ore ed ore di attesa

potranno godere del beneficio di assistere al concerto.

Questo tipo di modalità potrebbe definirsi del merito,

tuttavia, la scelta adottata presenta anche taluni aspetti

negativi. In primo luogo si verifica, sistematicamente, il

bagarinaggio, ovvero taluni soggetti, dotati di cinismo,

acquistano un certo numero di biglietti allo scopo di

venderli, speculando, ad un prezzo più alto di quello

stabilito dagli organizzatori, ad altre persone. In secondoluogo, anche se tale sistema venisse eliminato, verrebbero

privilegiati coloro che hanno maggiore tempo a disposizionecome casalinghe, disoccupati, rentiers, et cetera

83…

Questo tipo di scelta risulta inadeguata in quanto non tiene

in considerazione un elemento fondamentale come il tempo,

e il punto fondamentale è che, il sistema in parola, non si

limiterà a situazioni quali ad esempio il concerto della

 popstar  del momento, bensi’ diventerà, in taluni casi, ilsistema di allocazione di beni e servizi di rilevante entità (

CALABRESI, BOBBIT, 2006 ). Questo modellino viene

utilizzato anche per canali di natura sociale, pertanto, iprivilegi di tale assunto andranno a riverberarsi nei confronti

delle categorie sopra indicate. Una parte degli studiosi

ritiene che, il sistema in parola, non sia meritocratico, ma si

debba definire demeritocratico84

, in quanto non vi sono

prove che consentono di stabilire quale sia il soggetto piùidoneo, in base a delle qualità empiriche, a godere della

possibilità di ottenere tali beni, ma si valuta solo ed

esclusivamente il tempo perso in questa attività.

Esistono altri sistemi di allocazione dei beni, definiti nongenerali, essi non sono esclusivi e devono essere integrati da

altri modelli di allocazione85

. In primo luogo abbiamo il

83G. CALABRESI, P. BOBBIT, Scelte tragiche, Giuffrè, Milano, 2006

84 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6085

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO, Introduzione teorica allo studio

del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A. PERICU,

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  74

sistema a base di riconosciuto bisogno86

. Esso fa riferimento

a beni che possono essere prodotti in quantità illimitate e i

costi di produzione possono essere assorbiti dalla

collettività. Mi riferisco a beni d’uso e servizi. Il sistema

riuscirà ad allocare tali beni in base alle proprie capacità,

infatti accadrà che alcuni di questi non potranno essere

distribuiti. Un esempio è dato dal servizio sanitario. Questo

modello non può essere definito come un sistema generale

di allocazione dei beni, in quanto diverse società storiche

non lo hanno adottato87

.

In questo sistema molto spesso viene adottato il sistemadelle code, giacché quello meritocratico non viene

considerato idoneo a svolgere una funzione efficiente.Successivamente abbiamo il modello di allocazione sulla

base delle preferenze88

. Il presente paradigma presenta

talune convergenze con il precedente, in quanto consente di

allocare beni a particolari categorie e di effettuare una

pianificazione. Mentre invece si distingue soprattutto perché

fa riferimento a particolari beni di cui la società si assume ilcosto. Ci si riferisce, ad esempio, ad una piazza pubblica o

ad un museo, questi beni vengono allocati in base alle

preferenze, in quanto tutti i consociati possono decidere seutilizzare uno piuttosto che l’altro. Un ordinamento

giuridico viene considerato tanto più avanzato, quanto riesce

ad offrire tali beni ai suoi cittadini89

. Non possiamo definirlo

come un sistema di allocazione generale in quanto ben

F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI,   Analisi economica del diritto privato,

Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6086

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6087 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6188

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6189

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 61

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  75

poche società storiche hanno fatto fronte a costi del genere

per offrire alle persone i benefici da essi derivanti.

L’ultimo modello che è vorrei introdurre è quello che

attiene all’allocazione dei beni sulla base della sorte90. Molti

ordinamenti nelle circostanze in cui non era possibile

assegnare un bene sulla base di altri sistemi ne ha fatto uso.

Tutto questo anche nell’ambito processuale. E’ bene

evidenziare che i modelli di allocazione sono direttamente

connessi ai criteri di giustizia ottenuti dalle società

storiche91

. Infine possiamo distinguere i vari sistemi in:

a)  sistemi di allocazione sulla base degli status dei

consociatib)  sistemi di allocazione sulla base all’attività

c)  sistemi di allocazione sulla base dei bisogni

d)  sistemi di allocazione sulla base delle preferenze

e)  sistemi di allocazione sulla base del sorteggio

f)  sistemi di allocazione sulla base della ricchezza

g)  sistemi di allocazione sulla base del potere

Questi sette modelli di allocazione delle risorse attengono a

sette sistemi di giustizia diversa e caratterizzeranno gliordinamenti giuridici in cui verranno adottati

92.

6.La responsabilità oggettiva. 

La responsabilità oggettiva assume una funzione

fondamentale, in quanto consente di ottenere una forte

garanzia per i consociati. La teoria economica a cui fa

90 S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6191

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 6292

S. CASTIGIONE, R. GUASTINO, G. TARELLO,   Introduzione teorica allo

studio del diritto. Lezioni, Genova, 1979, tratto da G. ALPA, P. CHIASSONI, A.

PERICU, F. PULITINI, S. RODOTA’, F. ROMANI, Analisi economica del diritto

 privato, Giuffrè, Milano, 1998, pg. 62

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  76

riferimento, attiene ai costi e ai profitti che disciplinano le

scelte produttive93

.

Gli imprenditori scelgono le politiche di realizzazione dei

loro prodotti in base ai principi di economia, ad esempio, un

determinato bene verrà commerciato fino al momento in cui

i ricavi saranno superiori ai costi. Ovviamente questo tipo di

preferenze si andranno a riverberare anche in ambito sociale

( TRIMARCHI, 1961 ). Nell’ambito del ciclo produttivo

dell’impresa è naturale che vengano considerati anche i

danni arrecati ai terzi. Pertanto nella circostanza in cui un

ordinamento non imputi, ad un imprenditore, il costoderivante dal pregiudizio che egli costituisce, mediante la

sua attività economica, potrà accadere che i danni realizzatisaranno superiori ai benefici prodotti e tale costo sarà

pagato dalla collettività ( TRIMARCHI, 1961 ).

Molto spesso gli strumenti atti a prevenire possibili danni

sono eccessivamente onerosi per le imprese, in questa

circostanza il legislatore non prevede la colpa in capo

all’imprenditore, se ovviamente, la possibilità che siverifichi il pregiudizio non è elevata e contemperando anche

l’importanza dell’attività economica svolta ( TRIMARCHI,

1961 ).Gli ordinamenti giuridici, ad esempio, permettono di fruire

delle automobili, sempre che siano rispettate le regole

precauzionali previste da norme positive o sociali, anche se

vi è il rischio che possano verificarsi degli incidenti e

pertanto, incombe sulla società un potenziale pericolo.In tali casi, qualche autore ha ritenuto idoneo imputare in

capo all’imprenditore il rischio di impresa, in questo modo,

il produttore viene incentivato dall’ordinamento giuridico ad

utilizzare maggiori precauzioni nell’ambito della suaattività. Occorre evidenziare, che la tesi in parola, non è

applicabile soltanto ad esercenti di attività pericolose, in

quanto tutti gli imprenditori arrecano, chi più chi meno,

pregiudizi e pertanto il costo potrà essere a loro imputato.

Il rimedio che il legislatore ha escogitato è quello della

responsabilità oggettiva, in questo modo l’ordinamento

93P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961 

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  77

giuridico mira a ridurre i rischi derivanti dalle attività

produttive ( TRIMARCHI, 1961 ). Questo tipo di rimedio,

nella stragrande maggioranza delle volte, risulta più efficace

della stessa colpa per ridurre la possibilità che si verifichino

incidenti. Negli Stati Uniti d’America, alcuni psicologi,

hanno condotto alcuni studi sul tema. Costoro hanno

accertato che la gran parte dei sinistri, che si verifica in

ambito industriale, non deriva da violazioni di regole

precauzionali, ovvero da colpa. Questi studiosi hanno

rilevato che alcuni lavoratori ( per la verità una minoranza )

cagionano, abitualmente, danni. L’analisi ha potutoaccertare che questa particolare categoria di lavoratori

arrecava pregiudizi non per una mancata adozione di regoleprecauzionali ( colpa ), ma questi eventi si realizzavano a

causa di distrazioni ( TRIMARCHI, 1961 ).

Il rimedio della responsabilità per colpa, in questi casi, non

risulta efficace al fine di prevenire i sinistri, siamo di fronte

a soggetti che hanno una tendenza a cagionare incidenti, e

costoro nella maggior parte dei casi non hanno laconsapevolezza della loro maldestra condotta (

TRIMARCHI, 1961 ). In una situazione del genere può

operare in modo efficiente l’imprenditore che, mediantevisite specialistiche, può assegnare distinte mansioni a

coloro che risultino predisposti alla realizzazione di

incidenti.

Ora ci si potrebbe domandare se un rimedio adeguato

potrebbe essere quello di imputare la responsabilità percolpa all’imprenditore, nel caso in cui il rischio prodotto da

costui sia superiore a quello necessario per ridimensionarlo.

Parte della dottrina afferma che questa tesi non è

sostenibile94

, perché in primo luogo non è correttoconsentire ai giudici poteri di ingerenza nella contabilità

delle imprese, inoltre è preferibile riverberare il costo del

rischio direttamente sull’imprenditore, in quanto costui

vendendo diminuire i propri profitti, a causa del

risarcimento dovuto a terzi, sarà incentivato a innovare i

sistemi di produzione atti a garantire maggiore sicurezza (

TRIMARCHI, 1961 ).

94

P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961

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Vorrei evidenziare che la responsabilità oggettiva incide sul

patrimonio dell’imprenditore, indipendentemente dal suo

status, tanto che saranno tenuti a rispondere anche gli

incapaci.

La responsabilità oggettiva è legata possibilità di assicurarsi

contro il rischio. Questa dovrà riconoscere pregiudizi di

rilevante apprezzabilità, cosi’ da consentire al responsabile

di potere calcolare il danno da risarcire e adottare

un’assicurazione che copra questo rischio ( TRIMARCHI,

1961 ). Diversamente, nel caso in cui si verificasse un

sinistro, non si potrebbe realizzare la situazioneprecedentemente esposta e si andrebbe a sconvolgere le

programmazioni economiche dell’imprenditore.Un’altra importante funzione della responsabilità oggettiva

è quella di colpire chi ha la forza economica di sostenere la

liquidazione del danno ( le imprese ), in caso contrario i

cittadini non avrebbero i mezzi economici per fare fronte a

queste spese e si realizzerebbe un notevole pregiudizio nei

confronti dell’intera società ( TRIMARCHI, 1961 ).Tuttavia è bene evidenziare che non sempre il costo

dell’incidente resta sempre in capo a chi viene individuato

dalla legge. Il costo che attiene al rischio può essere traslatoin svariati modi, ed il risultato di tale processo può essere

diverso da quello del responsabile.

Immaginiamo che Tizio dia in locazione un macchinario a

Caio per un anno. Ipotizziamo che la legge faccia ricadere il

rischio in capo a Tizio e costui stipulerà un negoziogiuridico con una società assicurativa che lo copre dal

rischio pagando 100 euro. Tizio darà in locazione il

macchinario a Caio ad un costo pari a 100 euro + 800 euro,

con la prima somma di denaro Tizio pagheràl’assicurazione, mentre con 800 euro rappresentano il suo

ricavo. Successivamente, la giurisprudenza cambia

orientamento e considera responsabile non più Tizio ma

Caio. A questo punto spetterà a Caio stipulare un contratto

con una società assicurativa, e ovviamente dovrà pagare un

premio di 100 euro, inoltre pretenderà la riduzione del

canone di locazione, e Tizio liberato dal rischio accetterà.

Pertanto, dato che i costi del mercato permangono allo

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stesso modo, non muterà né per Tizio il profitto, né per Caio

il costo95

.

Il paradigma appena presentato vale solo in determinate

circostanze, ovvero qualora la responsabilità imputata non

sia un evento imprevedibile e straordinario, ma possa essere

oggetto di un calcolo razionale. Questo è l’unico modo per

concedere la possibilità, al potenziale danneggiante, di

calcolare i costi necessari da investire in misure

precauzionali atte a prevenire gli incidenti.

Nella circostanza, precedentemente esposta, in cui il

pregiudizio sarà frutto di un evento imprevedibile ostraordinario, il danneggiante sarà gravato del costo di tale

danno e non potrà traslarlo su nessun altro soggetto (TRIMARCHI, 1961 ).

Per operare la traslazione del rischio è necessario che vi sia

un regime di concorrenza. Se un’azienda produce un rischio

superiore alla media consentita sarà costretta a rispondere di

tale nocumento, in quanto essa dovrà adeguarsi adottando le

misure precauzionali atte a prevenire tali incidenti.Parte della dottrina ha individuato quali siano gli indici

fondamentali per imputare la responsabilità per rischio. Gli

autori indicano due possibilità:

a)  la prima è quella che opera riducendo i pericoli di

incidenti innalzando di regole precauzionali,

adottando strumenti tecnologicamente più avanzati e

razionalizzando l’organizzazione;b)  la seconda è quella che considera come fondamentale

la posizione del soggetto che è preposto a porre in

essere l’esercizio dell’attività economica, tale da

prevedere quello che è il rischio e di conseguenzaelargire delle somme di danaro che nel tempo

possano ridurre questi sinistri ( TRIMARCHI, 1961 ).

Nel primo caso ovviamente se fossero adottate queste

misure di prevenzione il rischio sarebbe ridotto. Tuttavia,

potrebbe anche accadere che tali precauzione comportino un

costo eccessivo e, in un regime di concorrenza come il

95

P. TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Giuffrè, 1961

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nostro, l’impresa che metta in atto tale politica venga

pregiudicata. Ma l’imprenditore potrebbe anche liquidare

alcuni rami d’azienda che costituiscano un peso per l’intera

attività economica ( TRIMARCHI, 1961 ). Parte della

dottrina considera che la scelta di indurre l’imprenditore a

razionalizzare la sua produzione riducendo il rischio risulta

preferibile, in quanto costui è in grado di incidere

direttamente sul pericolo restringendo la probabilità che si

verifichi. Ed inoltre il responsabile mediante la stipulazione

di un contratto di assicurazione è indotto direttamente,

mediante ispezioni e controlli, dalla società assicurativa adinnalzare i propri standard di diligenza allo scopo di

prevenire i sinistri ( TRIMARCHI, 1961 ). Questa ultimatesi risulta preponderante, giacché in molti casi le somme di

danaro elargite per assicurarsi superano gli indennizzi pagati

dalle assicurazioni. Senza dimenticare che il premio pagato

dipende dalla quantità di incidenti che si sono verificati.

Orbene, è agevole affermare che questo tipo di prevenzione

risulta più efficiente.Per quanto attiene invece all’ipotesi b, risulta evidente che

solo nella circostanza in cui l’esercente sia in grado di

prevedere il rischio e calcolarlo, gli si potrà imputare laresponsabilità. In caso contrario, non solo si realizzerebbe

un danno nei suoi confronti, ma addirittura sarebbe

pregiudicato l’intero sistema economico ( TRIMARCHI,

1961 ). Il punto fondamentale è che per poter prevedere il

rischio, occorre che esso si verifichi in maniera costante, intal guisa sarà possibile calcolare la prevedibilità che esso si

verifichi ( in maniera razionale ).Pertanto, gli autori

ritengono che la responsabilità debba essere traslata nei

confronti di coloro che abbiano un rapporto stretto con ildanno.

La teoria in parola, ad avviso di chi scrive, risulta

direttamente collegata con il pensiero di Max Weber. Nelle

argomentazioni, di natura giuseconomica, fin qui esposte

ricorre sovente il termine “razionalità”. Il sociologo tedesco,

nell’ambito dei suoi studi, ha dimostrato che l’elemento

fondamentale, che ha contribuito alla creazione dello stato

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moderno, è da ravvisare proprio nella razionalità96

, giacché,

solo in Occidente vi è stato un diritto razionale,

un’economia razionale ed una contabilità razionale (

WEBER, 2007 ).

96

M. WEBER, Storia economica, Donzelli, Roma, 2007