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    EDUCARE ALLA FEDE: LA FEDE COME UN CAMMINORelatore Rinaldo Ottone

    Breve presentazione di Rinaldo OttoneRinaldo Ottone parroco, insegnante all'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Belluno,preside del Liceo Linguistico delle "Orsoline" a Cortina d'Ampezzo, incaricato diocesano per ildialogo con la citt e il territorio.

    La fede, un cammino

    1. LA FEDE COME UN PARTIRE

    Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre,

    verso la terra che io ti indicher. (Gen12,1)

    Tu, figlio delluomo, fatti un bagaglio da

    esule e di giorno, davanti ai loro occhi, preparati a emigrare; davanti ai loroocchi emigrerai dal luogo dove stai

    verso un altro luogo. (Ez 12,3)

    Spesso, ci che si cerca non lo si trovaalla fine del cammino, ma lungo la strada

    Ogni partenza uniniziazione alla vita. Perch solo chi parte rimane, solo chi parte non siallontana, solo chi parte non si smarrisce. Questa frase sembra un insieme di paradossi, eaccade molto spesso di pensare che sia vero esattamente lopposto: chi non parte rimane, chista fermo non si allontana, chi non si muove non si perde, non si smarrisce. In realt, questo forse vero per le cose, ma non cos per gli esseri viventi, soprattutto non cos per lepersone. Pensiamo, per esempio, a un bambino che sta per nascere: egli si trova in uno statodi equilibrio perfetto in cui non c spazio per lo sviluppo di stati emotivi come il senso disolitudine, il sentimento del bisogno, la paura e langoscia. La nascita rappresenta la perdita diquesto equilibrio perfetto: la rottura dellunit originaria, lirruzione di un pericolo cheminaccia la vita stessa del nascituro, lapertura dello spazio e linizio del tempo, intesi comecoscienza della separazione (dalla madre) e della mancanza (di cibo, di calore, disicurezza). Ma la nascita anche lunica possibilit che, pur comportando un pericoloineliminabile, pu dirsi realmente aperta alla vita.Dicevamo dunque, solo chi parte rimane: se il bambino non partisse, se cio potesse evitaredi nascere, per ci stesso non potrebbe vivere, perch esistere venire alla luce! E, solo chi

    viene alla luce, rimane.Dicevamo poi, solo chi parte non si allontana: se il bambino non iniziasse il suo viaggio, se nonaccettasse di patire la strettezza di quel primo passaggio, non potrebbe venire vicino eessere preso in braccio. In questo senso, solo chi rischia di attraversare i passaggi decisivi spesso angusti della vita, non si allontana da se stesso e da coloro che lo amano.Infine, solo chi parte non si smarrisce: se il bambino si rifiutasse di nascere non saprebbe maiche cosa ha perduto; e, proprio il voler rimanere al calore del seno materno, gli farebbeperdere il sentiero della vita. Per questo, solo chi si affida al richiamo che impone di andare non si smarrisce.Cos anche per noi: ogni partenza anche un parto da cui viene alla luce un uomo nuovo: senon si vuole perdersi nel labirinto dellesistenza, bisogna partire. Il bambino non ha alternative,per lui la nascita non una scelta; ladulto invece pu anche agire diversamente, pu evitaredi assecondare limpulso ad andare, pu chiudere gli orecchi al richiamo antico e sempre nuovoche chiede di mettersi in strada per iniziare il cammino. Ogni partenza sempre

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    comandamento e grazia: comandamento, perch si presenta come un imperativo (devipartire); grazia, perch il poter partire sempre anche una liberazione, una possibilitimmensa che ci viene offerta di vedere, di sentire, di incontrare, di vivere.La partenza listante in cui il viaggiatore sembrerebbe pi che mai solitario e padrone dei suoipassi, eppure spesso solo a distanza di tempo egli potr rendersi conto che la sua partenza dovuta a un richiamo e a una spinta che vengono da molto lontano. Chi parte ha certo in suna forza, un moto che lo sollecita, ma nel suo stesso intimo vi anche il peso di una gravitparalizzante, mai completamente vinta: sono sempre mille e le ragioni per non partire, perrinunciare, per abbandonare il proposito di mettersi per strada.

    Ma vi sono dei segnali, dei richiami, dei suggerimenti con cui la natura stessa ci invita aprendere la via, a dare un senso ai nostri movimenti vani e senza scopo, e alle nostremolteplici agitazioni: il sole sorge e prende una direzione precisa nel suo andare, cos la luna,le stelle, i pianeti. Il vento soffia e ci sollecita ad andare in un altro luogo, altrove (cfr. allegato2); il mare si muove con un moto misterioso, simile a quello del nostro cuore: ogni battitosembra uguale agli altri, eppure ogni battito unico e, se lo si sa ascoltare, ogni battito pulsacon uno scopo, a un tempo, immenso e preciso. Ed proprio l, dentro il cuore, che luomo, inalcuni momenti particolari della vita, sente risvegliarsi un richiamo urgente e inconfondibile:Parti! ora che tu vada! (cfr. allegato 3).Partire come attraversare una porta misteriosa che d accesso un mondo che, per chi stafermo, semplicemente non esiste.Partire lo stile della fede. Il credente un camminatore: non sa mai esattamente che cosa o chi incontrer sul suo cammino, ma sa che lessenziale accade sempre sulla via. Luomolo sa, lo riconosce, lo sente e, forse proprio per questo, tutte le volte che qualcuno parte cqualcosa in noi che vorrebbe partire insieme con lui; perch, quando c qualcuno che parteper davvero, tutti sentono risvegliarsi dentro al cuore quel richiamo originario ad andare, auscire dalle nostre schiavit (come quella dEgitto), magari attraversando un territorio aridoe pericoloso, in un faticoso deserto, che, per, la strada che porta alla terra promessa.Anche quando sono le rondini a partire sentiamo nelle loro ultime grida un richiamo che cisospinge e ci commuove, e ci ricorda che anche noi dovremmo trovare il coraggio per partiredavvero!

    2. LA FEDE COME RICHIAMO ORIGINARIOIl richiamo quello di mettersi in cammino; certo, camminare faticoso,ma necessario per ritrovare il senso della propria esistenza

    Il movimento la vita stessa del cosmo, il suo modo naturale di essere e di perire. Da sempreluomo tenta di dare un senso al proprio muoversi: tenta di orientarlo, di etichettare digiustificare il moto con nomi e obiettivi che, in verit, lo spiegano solo in parte. Ci si muove perraggiungere una meta, per concludere un affare, per incontrare un amico o per scontrarsi conun nemico. Molte giustificazioni che forniscono al viaggiatore loccasione desiderata: potersifinalmente mettere in cammino.Ma ogni senso e ogni giustificazione appaiono, allo spirito attento, irrimediabilmente parziali, ela ragione ultima del cammino resta sempre di l dal senso dato e dichiarato, dalla motivazioneper cui lo si intrapreso. Linterrogativo quindi ritorna e incalza: Perch si in cammino?Perch non se ne pu fare a meno?.La risposta, in verit, risiede in un moto profondo dellanima e di cui il bisogno fisico dimuoversi non che una sorta di risonanza esteriore: lintimo che agita, come lintimo checalma, e non , come a volte sembrerebbe, il moto del cosmo ad avvolgere e trascinare.Questultimo solo uno specchio che aiuta a comprendere, a leggere, a dare un nome a

    quanto accade in profondit: il moto, ogni moto, tutto il moto viene dallanima. La fatica ditutta una vita quella di disciplinare il proprio moto, di orientarlo, di dargli un senso. La faticasar quella di rendere via ci che sembra precipizio; cammino ci che tentato dal vuoto;itinerante colui che spesso si scopre errante. Vano, oltre che insensato, dunque il tentativo diarrestare linarrestabile; ci non sarebbe che morte, unica vera assenza di movimento, epotrebbe condurre anche alla patologia del falso viaggio e dei suoi surrogati mortiferi: ledroghe, in fondo, non sono che veicoli per gente che ha dimenticato come si cammina.Camminare, nella realt, vivere, assecondare limpulso vitale e accettare di farsenecompagno. Non si tratta di fermare il moto inquieto, bens di dare, attraverso il cammino, unaforma allirrequietezza umana (B. Chatwin). Luomo nasce nomade, oltre che nudo: senzacitt n accompagnamenti, senza difese. Un marchio, questo, che rimane in qualche modo

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    scolpito nelle sue profondit, per poi riemergere in occasioni particolari quasi volessericordargli la propria incancellabile origine: tu sei un nomade e, come te, la natura intera.Luomo ha bisogno della protezione di una casa, della difesa di una citt, ma a volte la casa

    protegge troppo, fino a impedire alluomo di stare con se stesso, la citt difende fino asoffocare. in occasioni di questo tipo che riaffiora alla mente leco di quel moto delle viscere,mai spento, che chiede di essere seguito da un altro movimento, fisico innanzitutto, che neassecondi il ritmo interiore. Luomo allora riscopre il cammino, ne sente tutta lurgenza, comefosse un andare necessario, imposto dalla vita.In modo simile anche luomo religioso avverte che la fede impone un cammino: per incontrare

    Dio necessario mettersi in moto, iniziare un cammino verso una meta, per lo pi,sconosciuta. La comunione con il Dio vivo e vero una promessa che viene rivolta solo a chi disposto a partire, e si sviluppa attraverso un itinerario, un viaggio, si impara nella praticaumile e quotidiana del camminare. La fede nasce dallaver compiuto un cammino di liberazioneda qualche forma di schiavit; e la fede sempre ha bisogno di nutrirsi della memoria di quelviaggio: Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questiquarantanni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nelcuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi (Dt 8,2). Chi sta fermo rischia diincontrare soltanto degli idoli.La primitiva comunit cristiana non trov immagine migliore per definirsi che quella di via: gliAtti degli apostoli attestano che i primi cristiani venivano indicati come quelli della via (tshodo). Essi erano tali, perch seguaci di una particolare via, quella che il Signore stessoaveva loro indicato: Io sono la via (Gv 14,6). dunque necessario partire e mettersi per via, necessario scovare la domanda che si celanellimpulso originario a muoversi, e rispondergli prendendo la decisione di iniziare acamminare. Cos scrive Bruce Chatwin nel suo libro Le vie dei canti: Chiss, mi domandai, seil nostro bisogno di svago, la nostra smania di nuovo, era, in sostanza, un impulso migratorioistintivo, affine a quello degli uccelli in autunno? Tutti i grandi maestri hanno predicato che inorigine luomo peregrinava per il deserto arido e infuocato di questo mondo sono parole delGrande Inquisitore di Dostoevskij , e che per riscoprire la sua umanit egli deve liberarsi deivincoli e mettersi in cammino Se era cos, se la patria era il deserto, se i nostri istinti sierano forgiati nel deserto, per sopravvivere ai suoi rigori allora era pi facile capire perch ipascoli pi verdi ci vengono a noia, perch le ricchezze ci logorano e perch limmaginariouomo di Pascal considerava i suoi confortevoli alloggi una prigione.Il momento di partire questo; esso implica un distacco, forse perfino uno strappo doloroso, inogni caso il partire richiede energia e determinazione: la fine di un certo modo di vivere elinizio di un altro, nuovo, stile di vita.

    La fede la capacit di affidarsi al richiamo fondamentale che chiede di partire.*3. CONDIZIONI PER CAMMINARE

    a) Alcune tesi fondamentali...Gran parte del cibo consisteva in dolciestremamente sottili, di farina infornata, bruniallesterno ed allinterno dun bianco cremoso. Gimline prese uno, guardandolo con aria sospettosa.

    Gallette, disse sottovoce, rompendo un angolinocroccante e rosicchiandolo. La sua espressionecambi tosto, ed egli divor avidamente il resto deldolce. Basta, Basta!, esclamarono gli Elfi ridendo,

    quel che hai mangiato sufficiente per un lungogiorno di marcia. Noi le chiamiamo Lembas o pan divia, e sono pi nutrienti di qualsiasi cibo fatto dagliuomini, e senza dubbio di gran lunga pi gradevolidelle gallette.

    Tolkien, Il Signore degli anelli

    La grazia lenergia che alimenta il nostro cammino, come il pan di via degli elfi chepermette di camminare a lungo senza stancarsi.

    La grazia vissuta come desiderio di essere amati e di amare: questo desiderio che dforza e che permette di raggiungere la meta.

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    Questo desiderio struttura la coscienza nella forma di un affectus fidei, cio nella formadi una trama di legami affettivi (affectus) che, se contratti nella fede (fides) cio in unlibero darsi a quanto ci appare affidabile e giusto. Non si arriva da soli alla meta, ma solograzie alla forza di legami giusti, cio veri, sinceri, affidabili.

    In questa giustizia luomo riconosce la verit dellesistenza e inizia a pensare a Dio comefondamento di quei legami che permettono alluomo di camminare e di arrivare altraguardo.

    La fede cristiana la forma della coscienza che si struttura secondo la trama di legamiaffettivi sorti dalla conversione alla bella notizia (evangelo) di quel legame primo e

    fondamentale con lAbb di Ges, cio con quello stesso Padre (letteralmente pap) cheGes ama e serve. La fede cristiana innanzitutto affidamento a quel legame con lAbb che Ges ha vissuto

    e rivelato. La fede seguire Ges. Tale sequela implica il prendere la propria croce ogni giorno. La

    croce lo strumento di morte di Ges: il comando di Ges chiede la disponibilit deldiscepolo ad andare con Ges fino alla morte, a condividere cio interamente il suocammino, che va fino alla croce; perch chi vuole salvare la propria vita, la perder.

    b) Alcuni nodi problematici... Dialettica tra desiderio e bisogno (di camminare). Sono spesso confusi come se si trattasse

    della stessa cosa. Se il desiderio vissuto come un bisogno diventa monotono, ripetitivo,si svilisce. Se il bisogno vissuto come un desiderio, ci si aspetta troppo dalla suasoddisfazione. Desiderio e bisogno, distinti e compenetrati, devono invece sorreggersidialetticamente: grazie alle forme in cui soddisfo il bisogno, il desiderio impara ariconoscere il suo slancio ulteriore (se cerco di volerti bene, posso scoprire che lAmore pi grande del bene che riesco a volerti [bisogno], ed proprio quellAmore che iodesidero per te); grazie al riconoscimento delle dimensioni del desiderio, soddisfo ilbisogno con maggiore gratuit (se arrivo a conoscere lAmore, imparo anche ad amare tedi l dalla soddisfazione di un mero bisogno). La fede seguire lo slancio del desiderio chesi annuncia attraverso il richiamo del bisogno: camminare nella fede ben di pi chesoddisfare il bisogno di muoversi.

    Lidea moderna e postmoderna di una libert vissuta senza preoccuparsi di individuare seesista qualcosa come verit, poich si pensa che la verit, se mai ci fosse, si imporrebbeal soggetto limitandolo nella sua libert. Libert e verit, se intrecciate, devono invecesuggerirci un diverso modello di coscienza: allideale cartesiano (quello secondo cui lacoscienza come una tabula rasa, come se essa non fosse determinata da alcuna verit

    precedente), o illuminista (ratio anaffettiva, secondo cui la ragione funziona bene solo se asetticamente separata dagli affetti) o postmoderno (che ritiene accettabile solo unacoscienza spontanea, anche se inevitabilmente irretita da oscuri condizionamenti)occorre contrapporre quello di una coscienza strutturata nella forma di una trama affettiva

    inconsapevolmente conscia (inconsapevole, perch i legami hanno sempre unaprofondit che supera la percezione cosciente; cosciente, perch il senso dei legami non mai del tutto estraneo alla coscienza) del nucleo di verit e di giustizia che la fonda. Lafede affidamento a un senso che si annuncia, che richiama, che promette, in manieraaffettivamente [non soltanto razionalmente] significativa e persuasiva: camminare nellafede seguire una promessa che si avverte prima di tutto nel cuore.

    La rivelazione cristiana svela il fondamento dellordine della creazione (la creazione vienerivelata come campo di forze nascoste metafisiche come la giustizia e la verit, le qualila orientano verso un futuro di speranza); la rivelazione inoltre instaura lordine dellaredenzione (il Regno di Dio germoglia e cresce gi ora, cio nel momento in cui sicostruiscono trame evangeliche). La fede come riconoscimento del volto nascosto delmondo, soprattutto nel senso del grande bene che freme per attuarsi nelle cose, nellepersone, nelle comunit: camminare nella fede cedere che quello che ora vediamo solouna piccola parte di quello che c effettivamente da vedere.

    c) Alcuni percorsi per una riflessione sulla fede...1. Come faccio a sapere che questa la strada giusta?; ossia, decidere di mettersi in

    cammino costa fatica. Questa domanda esprime lidea che prima di mettermi in camminodovrei sapere con certezza qual la meta. In questo senso la domanda riproduce lidealecartesiano e illuminista di coscienza. Quando si pretende di avere idee chiare e distinte si

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    rischia di non partire mai! La fede decide di s nel momento in cui sente che ne vale lapena, anche se non conosce tutti i dati, e nemmeno la maggioranza degli aspettidellitinerario.

    2 Ma s, partiamo. Caso mai torniamo indietro; cio, la scelta di tenere tutte le porteaperte. Questo ragionamento esprime lidea di partire in ogni caso, ritenendo semprepossibile cambiare strada, come se il nostro cammino non ci segnasse e non fossedeterminante nella percezione della meta, della sua bellezza, ma anche di quanto siacompromettente mettersi sulla sua strada. Questo ragionamento riproduce lidealepostmoderno di coscienza che, ritenendo di non poter avere alcuna certezza (verit),

    suggerisce di intraprendere un cammino sapendo di poter comunque tornare indietro... Va dove ti porta il cuore o Cogli lattimo fuggente tanto, poi, puoi sempre cambiareidea. Ma, in realt, proprio possibile tenere aperte tutte le vie? Il cammino, ad un certopunto, non ci impone una scelta? E se non scelgo riesco davvero a camminare? La fede decidersi, fedelt nelle scelte.

    3 Ma qui non si arriva mai! Vale proprio la pena di continuare a camminare?; ossia, latentazione di interrompere il cammino. Questa domanda mette alla prova il nostrodesiderio. Il desiderio di arrivare alla meta potrebbe ripiegarsi su qualcosaltro. Miaccontento di un altro luogo, minore. Mentre il desiderio ci appassiona, fermarsi al bisognosignifica fermarsi a unemozione, a qualcosa di ridotto rispetto allo slancio del desiderio.Fuor di metafora: mentre il desiderio traccia una linea, uno slancio, il bisogno delinea uncircolo, un ripiegamento. La fede passione che non si accontenta di mezze misure.

    4 Ma questa giuda conosce proprio la strada?; cio, la tentazione di voler far da soli.Questa domanda nasce facilmente sul terreno di unideale democratico coltivato comeinsieme di soggetti autonomi e autofondati. Ma, in realt, da soli non facciamo neanche unpasso; come ognuno sa bene, ricordando di essere stato bambino, che la fede fiducia inaltri.

    5 E se prendessi un elicottero?; ossia, la tentazione di scorciatoie immaginarie! Questo ilragionamento di chi si illude di poter trovare una strada alternativa senza far fatica. Inrealt, in questo modo, perde tutto quello che solo il cammino pu offrire. Arrivare inelicottero non la stessa cosa che arrivare a piedi, perch la meta guadagnata risultadiversa, e anche tu non sei lo stesso! La fede lotta.

    6 Che fatica camminare con gli altri, quello va piano, quello va forte; ossia, lincapacit dicamminare insieme. Questo pensiero oggi facilmente incoraggiato dal narcisismo che cifa cercare gli altri come specchi di noi stessi, ma ci rende incapaci di costruire legami diamicizia sinceri, quelli che in realt cerchiamo. La fede ci dona dei fratelli.

    Documenti allegati:

    ALLEGATO 1

    Per la meditazione notturnaSalita del Monte Carmelo(di San Giovanni della Croce e commento di Edith Stein)

    1 In una notte oscura, con ansie, dalmio amor tutta infiammata, oh,sorte fortunata!, uscii, n fuinotata, stando la mia casa alsonno abbandonata.

    2 Al buio e pi sicura, per la segretascala, travestita, oh, sortefortunata!, al buio e ben celata,stando la mia casa al sonnoabbandonata.

    3 Nella gioiosa notte, in segreto,senza esser veduta, senza vedercosa, n altra luce o guida aveafuor quella che in cuor mi ardea.

    4 E questa mi guidava, pi sicura delsole a mezzogiorno, l dove mi

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    aspettava chi ben io conoscea, inun luogo ove nessuno si vedea.

    5 Notte che mi guidasti, oh, nottepi dellalba compiacente! Oh,notte che riunisti lAmato conlamata, amata nellAmatotrasformata!

    6 Sul mio petto fiorito, che intattosol per lui tenea serbato, l si pos

    addormentato ed io loaccarezzavo, e la chioma dei cedriei ventilava.

    7 La brezza dalte cime, allor che isuoi capelli discioglievo, con la suamano leggera il collo mio feriva etutti i sensi miei in estasi rapiva.

    8 L giacqui, mi dimenticai, il voltosullAmato reclinai, tutto fin eposai, lasciando ogni pensier tra igigli perdersi obliato.

    COMMENTO DI EDITH STEIN

    Limmagine poetica perfettamente tracciata, nessuna parola dotta la spezza. Perci entrambii tratti esplicativi, Salita e Notte oscura, porgono la chiave per la comprensione.Lanima che intona il cantico ha attraversato la notte, giunta alla meta, allunione con ildivino Amato. un inno di lode e quindi alla notte, divenuta cammino per la felicit beata. Ilgrido di giubilo: Oh felice sorte! riecheggia ripetutamente. Loscurit e langoscia per nonsono scordate. ancora possibile immergervisi, volgendosi indietro. La casa che la Sposa halasciato la parte sensibile dellanima. E in tranquillit perch tutte le foglie sono ridotte asilenzio. Lanima potei sottrarvisi, perch Dio stesso la rese libera. Con le sue sole forze non lesarebbe stato possibile. Con questa breve spiegazione gi delineata la distinzione importantefra notte attiva e notte passiva e il reciproco rapporto di entrambe. Per diventare libera dallecatene della sua natura sensibile, lanima deve quindi lavorare con tutta la tensione delle sueforze, ma Dio deve venirle in aiuto con tutta la Sua energia, anzi deve prevenirla: lazione diDio e la sollecita e la completa. Il distacco viene delineato come una notte che lanima deve

    attraversare. Lo in triplice senso: sotto il profilo del punto di partenza, del cammino e dellameta. Punto di partenza il desiderio per le cose di questo mondo che lanima deve negare.Questa negazione per la getta nelloscurit e come nel nulla. Perci viene detta notte. Ilmondo che cogliamo con i sensi, e gi, da un punto di vista naturale, il solido terreno che cisostiene, la casa in cui ci sentiamo a nostro agio, che ci nutre e ci procura tutto il necessario,fonte della nostra gioia e dei nostri piaceri. Se ci viene tolta o siamo costretti ad uscirne, proprio vero che come se ci mancasse la terra sotto i piedi e come se la notte ci circondasse;come se stessimo affondando e morendo. Non cos per. In realt veniamo posti su di uncammino sicuro, anche se oscuro, avvolto nella notte: il cammino della fede. un cammino,poi che conduce alla meta dellunione. Ma un cammino notturno, poich al confronto delchiaro giudizio della ragione naturale, la fede e conoscenza oscura: ci fa conoscere qualchecosa ma non riusciamo a vederla. Perci deve essere detto anche che la meta, cui arriviamonel cammino della fede, notte: Dio sulla terra, anche nella beata unione, rimane per noicelato. Ai nostri occhi di fede non adatta la Sua luce sfolgorante e appare come oscuritnotturna. Come per la notte cosmica non ugualmente oscura per tutta la sua durata, cosanche la notte mistica a segmenti di tempo e corrispettive gradazioni. Il progressivo a fondarenel mondo dei sensi e come lirrompere della notte, quando ancora rimane un crepuscolo dellaluminosit del giorno. La fede invece loscurit della mezzanotte, perch ora non solo eliminata ogni attivit dei sensi, ma lo anche la conoscenza intellettiva naturale. Quandoper lanima trova Dio, allora nella sua notte gi spunta il crepuscolo dellalba del nuovo giornodelleternit. Un certo punto di contatto fra la notte e la Croce si pu gi enucleare sulla basedi questo sguardo sintetico; il rapporto diventer per pi chiaro, quando considereremo le fasidella notte singolarmente.

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    ALLEGATO 2 Non qui, altrove: Stormi nel cielo (Balaka)(di Tagore Rabindranath)

    Il corso sinuoso del fiume,trepido sotto le vibrazioni del tramonto,si fece tristequando fu inghiottito dalle tenebrecome una scimitarra nel fodero.Alla fine dellalta marea del giornovenne la bassa marea della nottea navigare con le stellesulle acque nere delle tenebre.Sotto le montagne e nel buiolinee di piante.Parve che la creazionecome in sogno parlasse,eppure non poteva esprimersi chiaramente.Nelle dense tenebre si levaronomormorii di suoni indistinti.

    In quel momento, inaspettatamente,nel cielo della seraun fruscio, come un lampo nello spazio,scivolo veloce immergendosi nel lontano orizzonte.O stormi migranti,il fruscio delle vostre ali,come palpiti inebrianti,ha sollevato alte voci di gioia e meraviglia s spento nel cielo.Quelle ali fruscianticome suono divinoinfransero ladorazione del silenzio.Sinnalzarono frementi le montagneimmerse nelle tenebre,

    rabbrividivano gli spiriti della foresta.Parve che i fruscii di quelle aliavessero allimprovviso trasmessolimpulso del motonellimmobilit estatica.Le montagne aspiravano a divenire nubi vaghe:i filari di piante,spezzati i legami della terra,volevano trasformarsi in alie vivere per un istantenella scia di quel fruscio senza meta,cercando infine un approdo in cielo.Infranto il sogno della serasi risvegliarono le onde delle peneanchesse in camminoverso remote regioni.O ali pellegrine,nelluniverso risuon un messaggio impaziente:

    Non qui, non qui, altrove!.

    O stormi nel cielo,avete strappato il velo del silenzioche mi coprivae ascolto nel silenzio

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    del cielo, delle acque e della terraun fruscio dali indomabili, inquiete.Nella terra di tenebre, da profondit sconosciute,saprono ali di gemme,stormi di mille e mille semi.Vedo e io oggiqueste montagne,queste foreste che volano ad ali liberedi isola in isola, da ignoto ai ignoto.

    Sul batter dali delle stellefremono le tenebre e al richiamo della luce.

    Una schiera dopo laltra quanti messaggi umanivolano per vie ignotedal passato oscuroverso un futuro lontano e indistinto.

    Dentro di megiorno e notteuccelli senza nido volanonella luce e nelle tenebreda sconosciute sponde.Risuon nel cielo con il canto dali delluniverso:

    Non qui, altrove, altrove, in un altro luogo!.

    COMMENTOCos Tagore commenta questa lirica composta sul Kashmir, nel complesso montuosodellHimalaya, ove si era recato in escursione: Ho scritto questa poesia a Srinogor. Era in unabarca lungo il fiume Gilum. Era sera, e le tenebre calavano dolcemente sulle acque del fiume, eio navigavo sulla barca. Sullaltra sponda gi era notte, i flutti del fiume erano oscuri, eovunque silenzio. Allimprovviso, sopra il mio capo, passarono a volo dei cigni selvatici instormo.In questo evento non percepii solo un accadimento effimero, ma una realt presente nellinterouniverso. Quando i cigni selvatici hanno intrecciato i loro nidi, deposte le uova, salutato lanascita dei loro piccini, la loro vita potrebbe dirsi conchiusa, perfetta. Ma proprio a questopunto, per un ignoto istinto, che essi abbandonano i loro nidi e volano sopra loceano, senza

    una meta, verso nidi sconosciuti.Il fiume, la foresta, il mondo, gli uomini della terra sono segnati da uno stesso destino. Ignoroove ebbe inizio il loro viaggio, ignoro quale sar la loro meta ultima. Come la traccia dellestelle celesti, come le orbite dei pianeti, luniverso intero, avendo come cardine una stella cheignoro, incessantemente si muove. Ignoro il senso di questo cammino infinito. Questo so, checome una stella ogni essere dice: Non qui, non qui!.

    ALLEGATO 3 Battito animale

    Di Raf (Raffaele Riefoli)

    Credo che ho perso la testa

    o soltanto perso di vista le cose pi verenel mare in tempesta e forse non basta.

    Ti confesso di avere paura e non mi era ancora successopaura del mondo, di te e a volte di me stesso,no no non passa.

    Abbiamo un battito che batte come un martello pneumatico in noima se lo controlli col senno di poinon batter mai.

    Abbiamo un battito sano che ci prende la mano come una moto che va

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    che va controvento in velocit; un rischio si sa,se questo mondo non mai come lo volevi tuse ti vien voglia di gridare e non fermarti pi.

    il battito animale, batte come non ce ne ci ha un tiro micidiale che ti prende, che ti porta via con s;no che non smette di picchiare fino a quando non sar il tuo battito normalequellistinto naturale che c in te, dentro te.

    Batte ogni volta che suono con la mia band.Batte pi forte, batte fino alla morte, a volte batte nella musica pope va controtempo la parte di te pi vera che c.E allora prova a lasciarti andare che ti sale su:va dritto al centro del tuo cuore e non si ferma pi.

    il battito animale, batte come non ce ne ci ha un tiro micidiale che ti prende, che ti porta via con s;no che non smette di picchiare fino a quando non sar il tuo battito normalequellistinto naturale che c in te, s dentro te, uh.

    Batte e ribatte che sa di tribalee il nostro essere naturale che batte batte battee si ribella a questa nostra vitae al mondo che ci ha cambiati molto s, ma non fino in fondo.No no non passa.

    E allora batte batte batte interminatamente il battito animaleche nella gente e se lo vuoi ascoltare ti dir; no no non passa

    ALLEGATO 4 Benedetto Labre, il santo della strada (liberamente tratto dallo scritto di A. Louf Il cammino di Benedetto Labre, Quiqajon1988)

    SAN BENEDETTO GIUSEPPE LABRE, detto il vagabondo di Dio (Amettes, 26 marzo1748 Roma, 16 aprile 1783), beatificato il 20 maggio 1860 e canonizzato l8dicembre 1881 da papa Leone XIII. La sua festa il 16 aprile.

    Nei quadri che lo rappresentano, Benedetto Labre quasi sempre in cammino su una via chepare non abbia inizio ne fine. I capelli e la barba irsuta, lestrema miseria dei suoi stracci, lascodella sbrecciata che per la maggior parte del tempo gli batte sui fianchi testimoniano dellasua povert e di quellincuria gi leggendaria chegli mostrava per tutto ci che distraedallessenziale. Ma non e questo che attira di primo acchito lattenzione di chi guarda. Tranneche in qualche raro dipinto raffigurante Benedetto mentre condivide la sua magra razione dicibo con qualcuno pi miserabile di lui, colui che viene a contemplare il santo colpitoinizialmente da un raccoglimento di qualit eccezionale, e che sconvolge. Benedetto incammino, senza dubbio, miserabile oltre ogni dire, certo, ma mostrato innanzitutto (e spessocon raro vigore) come un uomo di preghiera, assorbito e immerso in un raccoglimento senzafine e senza fondo.In mezzo a un viso ordinario e senza grazia, gli occhi chiusi suggeriscono un profondoraccoglimento che astrae dolcemente Benedetto dal mondo esterno e gli permette diimmergersi nel pi profondo di s stesso: ove si indovina una realt intensa, un tesoronascosto, Dio che misteriosamente lo occupa, che amorosamente lo accaparra. Benedettosembra assente a colui che lo contempla, ma intensamente presente a un Altro pi intimo a sdi quanto lo sia lo stesso Benedetto, e in Lui perduto in modo, per cos dire, irrecuperabile.Benedetto non ha scelto la strada di sua spontanea volont; non a causa di essa che si messo in cammino. Agli inizi della sua vita errante egli ha ancora uno scopo chiaro e preciso.Benedetto cerca un monastero che fornisca un approdo al suo desiderio di una vita fatta dipenitenza e di preghiera. Questo solo desiderio lo conduce di monastero in monastero, di

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    Trappa in Certosa e di Certosa in Trappa, con la speranza di pervenire quanto prima al porto dipace in cui la sua sete interiore trover di che dissetarsi stabilmente. Anche quando per laprima volta prender il bastone di pellegrino per uno spostamento pi importante, per lalontana Italia, sar ancora perch avr inteso parlare di una Trappa laggi, al di la delle Alpi,povera di reclute e meno esigente di quella di Soligny sullet dei suoi postulanti e novizi.Benedetto sogna ancora un monastero in cui fermare e stabilizzare una volta per tutte la suaricerca di Dio. Al momento egli ignora che quella strada non lo conduce da nessuna parte eche, se pure lo muove ogni giorno di luogo in luogo e di santuario in santuario, sul punto didivenire per lui un vero e proprio vicolo cieco, un luogo misterioso che lo stringer ben presto

    da ogni parte e cui non potr pi sfuggire se non in Dio. Poco a poco ne prender coscienza. Lasua vera vocazione non sar di approdare in qualche luogo, ma di rimanere in cammino.Oppure, che e la stessa cosa, di restar bloccato nel vicolo cieco: vicolo cieco di una strada chequaggi non pu giungere a destinazione, che non porta che in Dio al di fuori di ogni girovizioso.Quando si parla della spoliazione di Benedetto si sottolinea volentieri, e a ragione, lasprezzafisica della strada in ogni condizione di tempo e sugli itinerari pi diversi, la sua povertconfinante con lestrema miseria. Tutto ci e vero, ma forse ancora poca cosa di fronte aquellaltra spoliazione, ben pi profonda, di cui egli dovette prendere coscienza soltanto in capoa qualche mese o forse a qualche anno: il fatto di sapere e di riconoscere che la sua strada nonportava da nessuna parte, che egli era escluso per sempre dalla vita monastica classica tanto alungo sognata, che la sua vocazione era di non averne alcuna agli occhi delle persone perbene, e di essere invece perennemente in cammino, in cerea di altro, in cerca di qualcuno cheavrebbe incontrato solo ai bordi di quella via senza uscita, al cuore stesso del vicolo cieco.Solo pi tardi, molto pi tardi egli perder ogni dubbio. Ne avr anzi una tale certezza chealcun confessore e Dio sa se questi furono numerosi nella sua vita e se egli dava importanzaal loro parere potr mai indurlo a orientarsi verso un genere di vita pi stabile e piconventuale. Alcun monastero, quandanche gli aprisse le porte, lo tenter mai pi. Egli avrtrovato il suo proprio cammino nel cammino che non giunge mai a destinazione, in unaspoliazione che basta a se stessa.Per giungere a ci, per trovare la sua pace e la sua gioia lungo questa strada senza fine,bisogna chegli vi abbia incontrato Dio nella preghiera. Grazie a essa egli discerner poco apoco che proprio l in quel cammino era la sua vera vocazione. Non dove lui laveva pensata,non al termine della strada intrapresa ogni mattina con tanto ardore, ma in quella stessastrada, strada destinata a non giungere da nessuna parte se non in Dio. E quindi anche nellapreghiera che dovette sostentarlo ogni giorno di pi lungo quella strada. Una preghiera che eraa immagine della strada, e che al tempo stesso egli sentiva il bisogno di concretizzare ogni

    giorno in quello strano segno della strada. Una preghiera come la strada, luogo di povert e dispoliazione, percorso fiancheggiato dimmense speranze ma anche di dolorose delusioni, unpercorso snodantesi senza fine e somigliante infine stranamente a un vicolo cieco, da cuiBenedetto sa di non poter pi uscire con le proprie forze e di non poter essere liberato danessuno se non da Dio stesso.La sua preghiera era una preghiera di spoliazione esteriore e di raccoglimento interiore. I dueaspetti si richiamano lun laltro. Pi la preghiera si semplifica spogliandosi di forme esteriori,pi si approfondisce, pi si identifica con la sorgente stessa della preghiera nel cuore di ognicredente. Pellegrino e povero delle grandi strade, Benedetto fu soprattutto pellegrino e poverosul sentiero del suo cuore. Nonostante le apparenze il suo pellegrinaggio non fu in primo luogoverso i santuari dellOccidente. Benedetto fu soprattutto il pellegrino interiore, continuamentein cerca del tempio del proprio cuore.Ma come accade che, nel cuore stesso della preghiera, il fedele si sente spogliato di tutto?Anche se la nostra esperienza qui molto limitata, essa non in fondo diversa dalla preghieradi Benedetto o da quella di nessun altro santo, se vero che, come diceva Ruysbroek, tuttoquel che i mistici provano nelle loro esperienze pi sublimi ogni credente lo possiede gi nelsuo cuore solo in virt della fede, anche se non ne ha alcuna percezione. Ogni preghiera daltronde unavventura paragonabile in tutto alla strada sposata da san Benedetto Labre. Ci fapellegrini come lui; ci espone a una spoliazione che, se noi perseverassimo fino alla fine nelladolce guida della Spirito Santo, non avrebbe nulla da invidiare alla sua.E in verit nella preghiera non si tratta di fare del proprio meglio, ma semplicemente di sapersiattestare, e mantenersi, e perseverare, esattamente al posto in cui il Signore Ges ci attendeper colmarci un giorno, quando lui vorr.

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    Ecco la principale scoperta che Benedetto Labre ha dovuto fare lungo quella sua strada semprepi implacabile. Ci che fin per essere importante non era pi il punto darrivo della strada,ma semplicemente il fatto di essere in strada. Era la strada in s, e linterminabile errarechessa implicava, la spoliazione senza forma e senza meta di cui si detto. Lo stesso per lapreghiera. Arriva un momento, dopo molti sforzi infruttuosi, in cui ci che importa non e pilobiettivo della preghiera; in cui, al contrario, il cammino verso la preghiera un procedereumilissimo, e sempre pi umile basta a se stesso, in cui il cammino, e la spoliazione che essoapporta ogni giorno, sono loro stessi la preghiera. E proprio come il cammino interminabile diBenedetto fin per apparire a lui come una sorta di vicolo cieco da cui solo la morte lavrebbe

    liberato, cos anche la preghiera apparir a noi un giorno come un vicolo cieco, come una viasenza uscita da cui solo la grazia del Signore potr farci uscire. E allo stesso modo in cui ilcammino di Benedetto doveva spogliarlo e impoverirlo sempre di pi, cos anche il camminodella preghiera spoglier e impoverir noi ogni giorno di pi.Un simile processo pu richiedere tempo, e anche durare talvolta lunghi anni al cuore diunesperienza che non cessa di sconcertare profondamente. A dire il vero, Dio ci sta alloradomandando qualcosa di molto doloroso, esattamente allopposto di quel che ci immaginavamoriguardo alla preghiera. Il nostro fervore naturale e Dio sa se stato grande deve oracedere il passo all azione di Dio. Dio ci toglie liniziativa per prenderne lui stesso il controllo.Bisogna lasciargli loccasione di farlo, consentire a diventare opera sua. Un tale abbandono non acquisito fin dallinizio. La maggior parte del tempo ci difendiamo da Dio, daltronde in unmodo molto sottile, e spesso con una certa testardaggine, sotto il pretesto dello zelo. Ma Dio ciconosce meglio di quanto noi stessi ci conosciamo. Per un certo tempo ci lascia agire in questomodo, permette che noi lottiamo contro di lui. Ci lascia talvolta con limpressione che cosfacendo noi compiamo qualche progresso nella preghiera, almeno per un tempo generalmentebreve.Perch il piano di Dio a questo punto consiste in verit nello spogliarci di questa preghiera chenoi crediamo nostra. Abbiamo limpressione di star perdendo tutto quanto pensavamo averacquistato fin allora. Davanti a noi si era aperto un certo cammino verso la preghiera, e cisembrava di aver fatto qualche progresso su questo cammino. Improvvisamente ecco questocammino sbarrato, o addirittura scomparso. Non c pi risposta. Segniamo il passo, senzascampo. E ci interroghiamo. Bisogna forse ascrivere questo a nostra colpa o a una mancanza digenerosit da parte nostra? Raramente cos. Per la maggior parte del tempo Dio stesso chevuole cos. Se ci chiude un cammino vuole insegnarci che ci attende ormai altrove. Lapreghiera ci sempre donata, ma ormai in un altro luogo, a un livello pi profondo del nostroessere. Certo, prima sapevamo di aver bisogno della grazia di Dio per essere in grado dipregare, ma avevamo anche un po limpressione che la qualit della nostra preghiera fosse

    dovuta, almeno per una parte, ai nostri sforzi personali. La nostra buona volont e la nostragenerosit avevano pur sempre prodotto, ci pareva, qualche frutto.Dio pone ora la questione in tuttaltro modo. Dio ci invita a camminare su sentieri a noisconosciuti: Lui che sa come procedere, Lui che conosce il modo di superare i tratti difficili,Lui la guida. Man mano che si avanza, si scopre che il cammino soprattutto opera Sua, unSuo dono: Lui la via, la verit e la vita (Gv 14,6). Certo noi possiamo continuare acamminare sulla nostra strada; ma da oggi, se vogliamo, egli ci offre di iniziare un camminonuovo e imprevedibile. La via sempre aperta davanti a noi; ma, senza la Sua luce, noi nonsiamo in grado di vederla. Per coloro che accolgono questo invito si realizza oggi, come gi untempo per Benedetto Labre, la profezia di Isaia: Far camminare i ciechi per vie che nonconoscono, li guider per sentieri sconosciuti; trasformer davanti a loro le tenebre in luce, iluoghi aspri in pianura (Is 42,16).

    ALLEGATO 5 Il viaggio come conversione e come annuncio(testi dagli Atti degli Apostoli 9,19; 13,114)

    Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presental sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essereautorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina diCristo, che avesse trovati. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi aDamasco, allimprovviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra ud una voce che glidiceva: Saulo, Saulo, perch mi perseguiti?. Rispose: Chi sei, o Signore?. E la voce: Io

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    sono Ges, che tu perseguiti! Ors, alzati ed entra nella citt e ti sar detto ci che devi fare.Gli uomini che facevano il cammino con lui si erano fermati ammutoliti, sentendo la voce manon vedendo nessuno. Saulo si alz da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva nulla. Cos,guidandolo per mano, lo condussero a Damasco, dove rimase tre giorni senza vedere e senzaprendere n cibo n bevanda (Atti 9,1-9).

    Cerano nella comunit di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominatoNiger, Lucio di Cirne, Manan, compagno dinfanzia di Erode tetrarca, e Saulo. Mentre essistavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: Riservate per me

    Barnaba e Saulo per lopera alla quale li ho chiamati. Allora, dopo aver digiunato e pregato,imposero loro le mani e li accomiatarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero aSelucia e di qui salparono verso Cipro. Giunti a Salamina cominciarono ad annunziare laparola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con loro anche Giovanni come aiutante.Attraversata tutta lisola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nomeBar-Iesus, al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona di senno, che aveva fatto chiamarea s Barnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio. Ma Elimas, il mago, ci infattisignifica il suo nome faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede.Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, fiss gli occhi su di lui e disse: Ouomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quandocesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore? Ecco la mano del Signore sopra di te: saraicieco e per un certo tempo non vedrai il sole. Di colpo piomb su di lui oscurit e tenebra, ebrancolando cercava chi lo guidasse per mano. Quando vide laccaduto, il proconsole credette,colpito dalla dottrina del Signore. Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge diPanfilia. Giovanni si separ da loro e ritorn a Gerusalemme. Essi invece proseguendo daPerge, arrivarono ad Antiochia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, sisedettero (Atti 13,1-14).

    ALLEGATO 6 Canta e cammina

    Lo stile del pellegrino il canto: quando il canto si fa risonanza della Parola la memoria si risveglia, gli affetti si rianimano, lo spirito riprende vigore

    Secondo unantichissima tradizione, il cantare ci mette in sintonia con le vibrazioni chestanno allorigine del cosmo e della vita. Secondo questa visione, molto prima che luomosuoni, il mondo risuona: e questo risuonare, per chi lo sappia ascoltare, rivela un gioco dicorrispondenze che lega i fenomeni dei sensi e lordine dello spirito alla inafferrabile matricedi unarmonia universale. In essa gli eventi e i simboli, le idee e le cose, i corpi e le anime, imoti degli astri e principi vitali appaiono imparentati: attraverso le supreme proporzioni e lesegrete affinit che generano il pulsare del ritmo, il disegno della melodia, la consonanzadelle differenze, linfinita gamma timbrica delle individuali risonanze. Noi e il cosmo ciscopriamo imparentati a causa di una vibrazione che, una volta fatta risuonare, ci rivela lanostra reciproca affinit. Ma, soprattutto, rivela che la segreta armonia del mondo leco diuna musica che ha altrove la propria origine e la propria destinazione.

    DAI DISCORSI DI SANTAGOSTINO(Disc. 256, 1. 2. 3; PL 38, 1191-1193)Cantiamo qui lalleluia, mentre siamo ancora privi di sicurezza, per poterlo cantare un giornolass, ormai sicuri. Perch qui siamo nellansia e nellincertezza. E non vorresti che io sia

    nellansia, quando leggo: Non forse una tentazione la vita delluomo sulla terra? (cfr. Gb7,1). Pretendi che io non stia in ansia, quando mi viene detto ancora: Vegliate e pregate, pernon cadere in tentazione? (Mt 26,41). Non vuoi che io mi senta malsicuro, quando latentazione cos frequente, che la stessa preghiera ci fa ripetere: Rimetti a noi i nostri debiti,come noi li rimettiamo ai nostri debitori? (Mt 6,12). Tutti i giorni la stessa preghiera e tutti igiorni siamo debitori! Vuoi che io resti tranquillo quando tutti i giorni devo domandare perdonodei peccati e aiuto nei pericoli? Infatti, dopo aver detto per i peccati passati: Rimetti a noi inostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, subito, per i pericoli futuri, devoaggiungere: E non ci indurre in tentazione (Mt 6,13). E anche il popolo, come pu sentirsisicuro, quanto grida con me: Liberaci dal male? (Mt 6,13). E tuttavia, o fratelli, purtrovandoci ancora in questa penosa situazione, cantiamo lalleluia a Dio che buono, che ci

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    libera da ogni male. Anche quaggi tra i pericoli e le tentazioni, si canti dagli altri e da noilalleluia. Dio infatti fedele; e non permetter che siate tentati oltre le vostre forze (1 Cor10,13). Perci anche quaggi cantiamo lalleluia. Luomo ancora colpevole, ma Dio fedele.Non dice: Non permetter che siate tentati, bens: Non permetter che siate tentati oltre levostre forze, ma con la tentazione vi dar anche la via duscita e la forza per sopportarla (1Cor 10,13). Sei entrato nella tentazione, ma Dio ti dar anche il modo di uscirne, perch tunon abbia a soccombere alla tentazione stessa: perch, come il vaso del vasaio, tu vengamodellato con la predicazione e consolidato con il fuoco della tribolazione. Ma quando vi entri,pensa che ne uscirai, perch Dio fedele. Il Signore ti protegger da ogni male... veglier su

    di te quando entri e quando esci (cfr. Sal 120,78). Ma quando questo corpo sar diventatoimmortale e incorruttibile, allora cesser anche ogni tentazione, perch il corpo morto.Perch morto? A causa del peccato. Ma lo Spirito vita. Perch? A causa dellagiustificazione (Rm 8,10). Abbandoneremo dunque come morto il corpo? No, anzi ascolta: Selo Spirito di colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristodai morti, dar la vita anche ai vostri corpi mortali (Rm 8,1011). Ora infatti il nostro corpo nella condizione terrestre, mentre allora sar in quella celeste. O felice quellalleluia cantatolass! O alleluia di sicurezza e di pace! L nessuno ci sar nemico, l non perderemo mainessun amico. Ivi risuoneranno le lodi di Dio. Certo risuonano anche ora qui. Qui pernellansia, mentre lass nella tranquillit. Qui cantiamo da morituri, lass da immortali. Quinella speranza, lass nella realt. Qui da esuli e pellegrini, lass nella patria. Cantiamo pureora, non tanto per goderci il riposo, quanto per sollevarci dalla fatica. Cantiamo da viandantiCanta, ma cammina. Canta per alleviare le asprezze della marcia, ma cantando non indulgerealla pigrizia. Canta e cammina. Che significa camminare? Andare avanti nel bene, progredirenella santit. Vi sono infatti, secondo lApostolo, alcuni che progrediscono s, ma nel male. Seprogredisci segno che cammini, ma devi camminare nel bene, devi avanzare nella retta fede,devi avanzare nella retta fede, devi progredire nella santit. Canta e cammina.