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Domenico Margiotta Nato a Torino il 20.02.1978 Residente a Jesi (An) Via Bachelet 9 Cellulare: 340.9775724 Email: [email protected] Email mobile: [email protected] Pagina personale: www.domenicomargiotta.it Era un freddo febbraio Piemontese del 1978 quando venni al mondo in quel di Torino. Mio padre a Natale ci scattava le foto con una vecchia Rollei 6x6, un gioiello di famiglia che vorrò tramandare ai miei figli come mio nonno fece con lui, e come lui, spero, farà con me. E forse è stato proprio così che la fotografia è entrata dentro di me, ma non solo a Natale, ma almeno u na volta alla settimana, quando a casa mia, luogo dove la televisione era oggetto praticamente inutilizzato, ci si metteva davanti al telo bianco a guardare le diapositive. E mio padre commentava le foto da tecnico quale era, mia madre lo faceva da insegnante di lettere, con meno competenza ma spesso con più poesia. Ecco, forse è così che già in poche righe ho speso la parte più bella di questo scritto, che più che un curriculum è un omaggio a chi vuole leggermi, nella speranza che qualcosa di quanto c’è sc ritto mostri quanto mi brillano gli occhi ancora oggi, quando parlo della mia passione, della mia ossessione a dire il vero: La fotografia! Il resto è più o meno biografia, quasi aneddotica: mio padre quando avevo sei anni cambia la sua reflex Olympus per una Nikon, e la Olympus va a me. Così mi insegna ad usarla davvero, la macchina, mi spiega i tempi, i diaframmi, la messa a fuoco, la profondità di campo, le basi della composizione… è bello che qualcuno mi abbia spiegato a sei anni la regola dei terzi perché da bravo ribelle è stato interessante infrangerla e provarne un sadico piacere da piccolo biricchino. Fatto sta che per gli anni a venire la mia paghetta settimana comprendeva non ricordo quante migliaia di lire… e un rullino da 36 di diapositive, con tanto di sviluppo. Tutto più o meno è filato liscio e senza intoppi, con momenti di maggiore ripresa e periodi di stanca, quando la macchina la si prendeva solo per momenti particolari: scatti come regali di nozze ai parenti, o di battesimo agli amici. Due bellissimi corpi macchina Nikon analogici (che naturalmente ho ancora), alcuni obiettivi: quanto mi hanno insegnato queste macchine: allora dovevi far le cose per bene quando scattavi, per almeno due motivi, il primo è che non vedevi cosa diavolo stavi combinando, il secondo è che ogni sbaglio, o

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Domenico Margiotta

Nato a Torino il 20.02.1978

Residente a Jesi (An) – Via Bachelet 9

Cellulare: 340.9775724

Email: [email protected]

Email mobile: [email protected]

Pagina personale: www.domenicomargiotta.it

Era un freddo febbraio Piemontese del 1978 quando venni al mondo in quel di Torino.

Mio padre a Natale ci scattava le foto con una vecchia Rollei 6x6, un gioiello di famiglia che vorrò

tramandare ai miei figli come mio nonno fece con lui, e come lui, spero, farà con me.

E forse è stato proprio così che la fotografia è entrata dentro di me, ma non solo a Natale, ma almeno u na

volta alla settimana, quando a casa mia, luogo dove la televisione era oggetto praticamente inutilizzato, ci

si metteva davanti al telo bianco a guardare le diapositive.

E mio padre commentava le foto da tecnico quale era, mia madre lo faceva da insegnante di lettere, con

meno competenza ma spesso con più poesia.

Ecco, forse è così che già in poche righe ho speso la parte più bella di questo scritto, che più che un

curriculum è un omaggio a chi vuole leggermi, nella speranza che qualcosa di quanto c’è sc ritto mostri

quanto mi brillano gli occhi ancora oggi, quando parlo della mia passione, della mia ossessione a dire il

vero: La fotografia!

Il resto è più o meno biografia, quasi aneddotica: mio padre quando avevo sei anni cambia la sua reflex

Olympus per una Nikon, e la Olympus va a me.

Così mi insegna ad usarla davvero, la macchina, mi spiega i tempi, i diaframmi, la messa a fuoco, la

profondità di campo, le basi della composizione… è bello che qualcuno mi abbia spiegato a sei anni la regola

dei terzi perché da bravo ribelle è stato interessante infrangerla e provarne un sadico piacere da piccolo

biricchino.

Fatto sta che per gli anni a venire la mia paghetta settimana comprendeva non ricordo quante migliaia di

lire… e un rullino da 36 di diapositive, con tanto di sviluppo.

Tutto più o meno è filato liscio e senza intoppi, con momenti di maggiore ripresa e periodi di stanca,

quando la macchina la si prendeva solo per momenti particolari: scatti come regali di nozze ai parenti, o di

battesimo agli amici.

Due bellissimi corpi macchina Nikon analogici (che naturalmente ho ancora), alcuni obiettivi: quanto mi

hanno insegnato queste macchine: allora dovevi far le cose per bene quando scattavi, per almeno due

motivi, il primo è che non vedevi cosa diavolo stavi combinando, il secondo è che ogni sbaglio, o

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esperimento che dir si voglia, costava, e per un ragazzino la cosa era pesante.

Ma quante soddisfazioni!

Questo è stato il mio curriculum “professionale” per i primi 20 anni di vita.

Ma nel frattempo c’era anche un’altra cosa, a 16 anni il primo personal computer, un potentissimo 386, il

primo uscito, capace di 256 colori, e così scoprii delle cose per allora esageratamente avveniristiche, come i

primi rendering 3D che si programmavano con un programma che si chiamava PovRay, scrivendo

addirittura dei codici con delle righe di comando in un file di testo.

Altri tempi, oggi viene da ridere, ma allora era del tutto nuovo creare anche solo una semplice sfera che in

qualche modo avesse un aspetto che non era disegno, non era una fotografia, non era un cartone animato,

scultura, non era televisione, film, dipinto… che diamine era?

Ecco, non c’entra niente con tutto quello che verrà dopo, il fotoritocco, ma in quel momento avevo

scoperto il fascino di qualcosa che esisteva solo perché l’avevo pensato, grazie ad un computer.

Ma il botto avviene con l’avvento delle macchine fotografiche digitali (nel mio caso una Olympus, poi una

Nikon D100 e ora una D80, sperando di passare presto ad una D700.), io che le prime elaborazioni le facevo

scansionando le foto sviluppate su carta, io che fui il primo a portare un file digitale per farlo riversare su

negativo, per poi ristamparlo, per un lavoro per la scuola.

Io…io…che casino che ero io…ma che divertimento!

Ma sto divagando ancora; tornando a noi, la macchina digitale era la svolta, l’unione di due grandi passioni.

Scatti e hai già tutto pronto per essere elaborato, possibilità infinite, e così la passione è rinata, e

naturalmente, insieme a quella della macchina, quella dell’elaborazione digitale, con corsi e ricorsi (ad

esempio adesso mi sento in una fase nella quale uso più volentieri l’elaborazione digitale per esaltare le

caratteristiche “analogiche” della foto piuttosto che per stravolgerla con filtri psichedelici).

Ed ecco che oggi mi presento a voi, dopo anni e anni di tempo libero passato davanti a Photoshop, decine

di libri letti, centinaia di ore, terabyte di tentativi come un goffo e forse un po’ presuntuoso sedicente

fotografo e fotoritoccatore (cosciente di come, per quanto avanti, si sia sempre troppo indietro).

Ecco, il curriculum finisce qui, e di professionale ha ben poco, ho fatto qualche catalogo, sia Still Life che di

Moda, tra cui un catalogo di 300 fotografie finali (che ha richiesto migliaia di scatti) che è stato portato in

fiere nazionali e internazionali e diffuso a livello internazionale, specialmente in Russia e nei paesi dell’est.

Poi qualche Book, ho letto molti libri e rotto le scatole a tanta gente per posare per me, ma non posso

vantare grandi nomi, collaborazioni con grandi studi, testate giornalistiche, non ho fotografato modelle

famose (ma mi sono divertito anche fotografandone alcune non famose), non ho nemmeno titoli di studio

attinenti (sono un laureato in Economia, specializzato in Finanza), non ho niente… anzi no, una cosa ce

l’ho… la passione; altrimenti come si spiega il portare avanti da 25 anni questo hobby impegnativo (e

costoso) senza che sia al tempo stesso una adeguata fonte di reddito?

Non ho niente, ma ho le mie foto, che, lo so, non sono perfette, tanto ancora c’è da camminare, e intanto,

camminando camminando, ve ne faccio vedere qualcuna.

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Il ritratto

Il pensiero:

La figura umana è la mia passione più grande, la più grande soddisfazione immortalare l’espressione conosciuta di un viso

attraverso una fotografia che per noi in qualche modo lo rappresenti; un’immagine che non sia solo un insieme di luci e

ombre, di punti più o meno ordinati, ma una persona, una personalità, un istante sublimato per sempre… in una fotografia.

La tecnica:

Tutte le foto di questa pagina sono ritratti scattati in situazioni spontanee, in ambienti non

preparati e in luce ambiente, proprio per questo, nonostante la

loro spontaneità sono foto che richiedono molta tecnica, e focali luminose, per la prima ad esempio:

diaframma aperto f.1,8, tempo svantaggioso: 1/40 di secondo, a mano libera, per scattare con un

75mm equivalente. L’elaborazione digitale presente ma con l’obiettivo

di risultare alla fine praticamente invisibile

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Il ritratto 2

Il Pensiero:

Per fare foto di questo tipo è richiesta, più che la tecnica, un rapporto tra persone. Il merito

(più che il demerito spero) di queste foto non è solo del fotografo, ma di un gruppo di persone

che hanno voglia di giocare, quello che manda avanti questo mondo è chi sperimenta, chi finalizza, chi quando gli dici: “facciamo due

foto, così, per divertirci”, risponde di si, e poi lo fa davvero, mettendo così a disposizione della macchina fotografica non solo il proprio volto,

ma le proprie idee, le proprie emozioni.

La tecnica:

Le foto di questa pagina sono ritratti scattati in situazioni spontanee, in ambienti non particolarmente preparati, come si nota ad esempio dallo sfondo

confusionario della foto in basso a destra, tuttavia sono dei ritratti “evoluti”, scattati con luci continue a incandescenza da 1500 watt e temperatura di 3200K

non dedicate alla fotografia, 1/60 di secondo, f.da 3,2 a 8, focali fisse da 42 a 75 mm equivalenti,iso 200 o

superiori,salvataggio RAW,elaborazione digitale più marcata e visibile rispetto a quelle della pagina precedente, in Photoshop e Lightroom.

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Il ritratto 3

Un’ultima pagina per mostrare qualche altro scatto, per raccontare qualche altra

emozione, per ragionare sul fatto che gli scatti sono migliaia, ognuno diverso, ognuno con le sue storie, ho scelto questi, quasi

senza pensarci, stasera toccava a loro. Dovessi ricomporre queste pagine domani probabilmente ne sceglierei altri.

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I book

La Tecnica:

Le foto per un book richiedono un livello di professionalità molto maggiore, illuminazione controllata da flash.

Nelle foto in questa pagina sono stati usati tre flash, uno dotato di softbox per

creare delle ombre morbide e uno con ombrello per ammorbidire le ombre di contrasto, un ultimo, sullo sfondo, per

schiarirlo e dargli profondità. Il fotoritocco diventa molto importante e spesso impegnativo.

Tempo: 1/60 syncro flash

Diaframma: F.25 Sensibilità: 200 iso

La fotografia è diventata sempre più legata

all’immagine della persona, il concetto del Book è quello nel quale la persona viene rappresentata in una serie di foto.

Per cui il soggetto della foto è la persona nelle sue varie sfaccettature.

Un buon book dovrebbe mettere in evidenza ciò che il soggetto vuole mettere in mostra di se, la bellezza, l’ironia, l’intelligenza, la sensualità.

Tutti coloro che oggi vivono in qualche modo della loro immagine, attori, modelle, cubiste, bariste, camerieri, istruttori di palestra, e persino politici

dovrebbero realizzare un proprio book, raccontando al fotografo, non solo a parole ma con ogni forma di

espressione possibile, chi sono, o chi vorrebbero essere.

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I book

La Tecnica di elaborazione digitale:

Le foto per un book richiedono una grossa attenzione alla fase di elaborazione in

digitale. Questa deve servire per sistemare ogni imperfezione della pelle, del viso, del corpo e

della foto stessa, per ricreare un aspetto veramente professionale, quello al quale

siamo abituati guardando giornali e pubblicità. Ma l’elaborazione digitale non deve

denaturare la foto, renderla un disegno; al contrario dovrebbe esaltarne le caratteristiche rendendola non

“un’immagine digitale”, ma un’immagine analogica perfetta…

…quando realizziamo delle foto per una persona

spesso questa ci chiede di eliminare i suoi difetti, di

farla apparire più bella, e naturalmente quello è il nostro compito, tuttavia mi piace spiegare che tramite un’elaborazione radicale in Photoshop si

potrebbe trasformare la persona al punto tale da non renderla più lei stessa, al che avremmo una

persona perfetta, ma non più lei. Meglio puntare su modifiche efficaci ma non troppo radicali.

Paradossalmente troppe possibilità finiscono per creare dei problemi di “etica dell’immagine” con

confini indefinibili.

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I paesaggi La Tecnica: Per il paesaggio sono richiesti principalmente focali

corte, l’impiego di uno stativo e qualche altro accorgimento, ma il paesaggio non è qualcosa che

possiamo gestire a nostro piacimento come possiamo fare con piccoli oggetti, o, in misura minore, con le persone.

Il paesaggio dunque è qualcosa che richiede molto tempo, pazienza e voglia di cercarlo, siamo noi che

dobbiamo piegarci a lui, perché lui non si piegherà a noi.

Tempo: 1/180 - Diaframma: F:6,7

Il Pensiero:

Io purtroppo non sono un paesaggista,

un’arte che richiederebbe altro studio e altra tecnica, ma è bello cimentarsi ogni tanto, in qualcosa di maggiormente

statico rispetto alla figura umana. Qualcosa che ci ricordi, ogni tanto, che siamo in un universo favoloso.

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La Luce

La tecnica:

Le foto in queste pagine sono state tutte realizzate sfruttando il concetto di “disegnare con la luce”, cogliere il fotogramma non solo in un senso statico, ma in un qualche modo, anche il movimento delle situazioni,

niente come la luce che si muove può fornire l’idea di questo. Le prime due foto sono state realizzate tramite un cavalletto e una torcia

a led azzurri, tempi dai 5 ai 30 secondi, e nessun intervento di fotoritocco, le foto sono uscite così dalla macchina. L’ultima foto invece, quella della giostra, ha tempi di esposizione

relativamente più brevi, nell’ordine di un paio di secondi, ed è stata realizzata con un appoggio di fortuna, volevo che la giostra risultasse in

movimento ma le persone e il venditore di zucchero filato, fermi.

Il Pensiero:

Nessuna tecnica in fotografia può prescindere la cosa più importante; la creatività.

La capacità di immaginare le cose con occhi diversi, di vedere

il mondo intero attraverso un obiettivo, cogliendo quelli che potrebbero essere i

fotogrammi, nel cosmo dell’interezza. E’ un processo di isolamento e

di potenziamento dei simboli, delle immagini.

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La Luce 2 Il corpo della ragazza è stato

immortalato in una stanza perfettamente buia e “disegnato” mentre l’otturatore

era aperto, con una torcia, nonostante i tempi lunghi la foto

risulta immobile perché viene impressionato il sensore solo al passaggio della luce.

(per le due foto del corpo ringrazio la mia amica LaP, ringrazio Michele per le scie

luminose nella seconda foto, e infine Cinzia per le pericolose gambe dal pericolo

mortale)

Ancora corpi disegnati dalla

luce, ancora momenti inattesi intrappolati in una foto.

Un uomo che butta un ciocco di legno in una pira viene investito da milioni di lucciole

infuocate. Naturalmente la situazione non è così “tragica” come

potrebbe apparire in foto, ma la lunga esposizione ha

esagerato l’enfasi di quello spettacolo di fuoco. L’uomo sta bene ;.)

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La Natura:

Il Pensiero:

La natura ci ricorda

sempre che siamo qui per un motivo, il

mio un giorno,

spererei sia di far fotografie.

La tecnica: queste foto sono state riprese in condizioni di vento ed è difficile rendere

l’idea del movimento del vento senza ottenere dei mossi che rendano la foto priva dei dettagli che la rendono interessante. Alcune di queste foto sono state veramente spontanee, l’ultima ad esempio, nel

campo di grano, è una delle mie foto preferite, pur tecnicamente “povera”, addirittura è stata scattata in con una compatta Casio (come si nota dal formato maggiormente quadro rispetto alla Nikon), e per quanto possa sembrar strano data

la natura un po’ onirica della foto, non ha subito nessuna elaborazione digitale se non un lieve aumento di saturazione che avrei potuto ottenere anche “on camera”,

è il gioco del mosso e dello sfocato a fare il resto.

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La Macro:

Il Pensiero: A volte penso a

quanti eventi succedono in ogni

attimo nel mondo del microscopico

che sono uno

spettacolo meraviglioso al di

fuori di ogni

possibile immaginazione.

Una farfalla che vola e viene

sorpresa da un

acquazzone, le gocce che la

sfiorano riflettendo

il manto colorato delle sue ali; scene

come queste sono incatturabili con una macchina

fotografica temo, o almeno io non ne sono capace, ma

trovo estremamente

interessante venir proiettati nel

mondo del

minuscolo.

La Tecnica: La ripresa macro presenta tra le maggiori problematiche a livello tecnico in assoluto; innanzitutto dobbiamo dotarci di obiettivi appositi, personalmente utilizzo un 105

macro con rapporto di ingrandimento 1:1 su 35mm, luminosità 1:2.8. La maggiore problematica legata alla macro è che lavorando con distanze

microscopiche ogni cosa diventa problematica, la profondità di campo se non si usano diaframmi molto chiusi sarà talmente ridotta che il petalo di un fiore avrà una superficie senz’altro superiore alla zona di fuoco apparente. Analogamente ogni

movimento microscopico della macchina produrrà mossi inaccettabili, indispensabile dunque usare uno stativo, che però spesso risulta scomodo per fotografare oggetti minuscoli e posizionati rasoterra. Infine nella macrofotografia naturalistica dovremo

andare a scovare i nostri soggetti nel loro ambiente, in mezzo a boschi e a prati e talvolta dovremo ingegnarci con sfondi improvvisati o superfici che diffondano la luce

solare diretta per avere delle condizioni di luce accettabili. Un buon fotografo sa improvvisare… e vestirsi a cipolla!

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Gli Eventi

La tecnica:

Scattare le tre foto in questa pagina non è stato facile. La seconda, il mangiatore di fuoco è stata presa durante la Montelago Celtic Night, un evento che si tiene ogni anno in

una piana. E’ stato necessario usare un piccolo cavalletto per tenere ferma la macchina e usare tempi adeguati in modo tale che

l’immagine impressa fosse solamente quella proveniente dalle fiamme e dalle luci generate.

Le due più in basso sono state scattate durante un saggio di yoga. Il saggio durava solamente sette minuti e non si poteva usare

il flash per non disturbare la rappresentazione. Ho scattato 173 scatti nei sette minuti usando un cavalletto ma muovendomi in continuo, usando alte sensibilità ripulite

poi con metodi digitali per ridurre i problemi generati dai ccd Nikon alle alte sensibilità.

Il lavoro è stato agevolato dalla natura altamente statica delle posizioni di yoga.

Il Pensiero: La fotografia non è solo una forma d’arte “ottica”, al contrario è nata anche per fini

molto pratici: immortalare ciò che accade,e che senza la fotografia sarebbe perso per sempre nella memoria di chi l’ha visto, impossibilitati

altrimenti a raccontare se non a parole. La fotografia degli eventi è difficile, perché gli

eventi scorrono, non si fermano per darci il tempo di elaborarli, di pensarli, di rifare, di immortalarli insomma.

Ciò che accade, accade, che tu sia pronto o no.

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Gli Eventi 2 La tecnica:

Le foto in questa pagina hanno tutte un punto in comune: sono state riprese in

condizioni di scarsità assoluta di luce, e senza flash.

La questione è più seria di quanto si possa pensare, in effetti il problema è il seguente: Se dovessi riprendere queste

scene come fotografo “ufficiale” di uno spettacolo sarei costretto ad assicurarmi il più alto numero possibile di foto

utilizzabili, per cui dovrei cercare di lavorare con tempi di esposizione

quanto meno accettabili. L’unica soluzione, ammesso che gli organizzatori dello spettacolo lo concedano sarebbe

l’uso di un flash con un numero guida adeguato a simili distanze e senza diffusioni di sorta.

D’altro canto però, ogni fotografo lo sa, la luce dura, frontale e monocromatica di

un flash è la morte di ogni espressività artistica di una foto.

In queste occasioni mi sono potuto concedere il lusso di rischiare un gran numero di scatti buttati per via del mosso,

per cui le foto sono state scattate solo con l’illuminazione naturale dello spettacolo e macchina su stativo, con sottoesposizioni

fino a due stop per compensare il soggetto molto illuminato rispetto agli sfondi (ma

avrei potuto provare compensazioni minori e esposizione spot o a priorità centrale), un obiettivo 160mm equivalente

di discreta luminosità per la sua lunghezza (1:2,8) diaframma del tutto aperto e 1600

iso, ciò nonostante i tempi si aggiravano ancora intorno ad 1/50 di secondo, tempi chiaramente inadeguati per uno

spettacolo di danza, ma che hanno permesso di tirar fuori tuttavia alcuni scatti a mio avviso di buona riuscita con, in

alcuni casi, una atmosfera vincente data proprio dal mosso, naturale trasposizione

statica del concetto di movimento.

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Still Life: E’ affascinante il tentativo di

far apparire sempre più vere le cose false, come il rendering 3d e sempre più false le cose

vere, o per così dire, inverosimilmente perfette.

Lo still life è il tentativo di rendere un oggetto, perfetto, un’immagine senza difetti,

senza ombre, senza riflessi inattesi.

La tecnica: Questi still life hanno richiesto livelli sempre maggiori di complessità, dalla prima, presa con un solo

flash e senza interventi particolari se non per l’effetto sospeso dell’anello, all’ultima, nata con l’ausilio di quattro flash, quattro pannelli riflettenti, due membrane

taglia luce, cinquanta scatti ad esposizioni diverse ed un livello di elaborazione in Photoshop che ha richiesto una grossa quantità di tempo e il montaggio di diversi scatti a

diverse esposizioni.

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La creatività: Il pensiero (e basta, perché qui la tecnica l’abbiamo imparata e poi

scordata): Abbiamo parlato di tante cose, di tecniche fotografiche, di numeri,

linguaggi in codice per fotografi, la tecnica è una conditio sine qua non

per un fotografo, a mio parere, è lo strumento con il quale realizzare ciò che ha in mente, ma la tecnica

poi deve essere messa al servizio della creatività.

Conosco fotografi giovani che fotografano con macchine compatte, in totale automatismo,non hanno nessuna base,

eppure hanno delle idee geniali. E mentre invece per me il tempo passa, metto da parte

sempre più tecnica, ma è sempre più difficile mantenere vivo quel fuoco, che non si impara ma si ha dentro, come qualsiasi altra cosa in quella parola troppo grande che è l’arte.

Per questo non mi definirei mai un artista, so di non esserlo, concetto troppo grande e troppo serio. Ma sono ancora uno che chiede scusa se le foto in queste

pagine magari vi sono sembrate anche belle, ma non vi hanno poi stupito, o comunicato qualcosa. In fondo di foto

ben fatte ne vediamo in quantità. Così in extremis provo per lo meno a lasciarvi qualcosa di diverso.

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Il Fotoritocco Il tema del fotoritocco è affascinante ed

estremamente spinoso al tempo stesso. Il fotoritocco è sempre esistito, fin da quando fotografi ricostruivano le foto

rovinate fisicamente disegnandoci su (e non ci riferiamo dopotutto a poi tanti

anni fa) per non parlare di tutto ciò che era possibile fare partendo “dalla chimica e dall’ottica” in camera oscura.

Ma oggi è tutto amplificato ai massimi livelli, talmente tanto che siamo così abituati a vedere foto elaborate al

computer che i nostri occhi finiscono per rifiutare l’immagine pura e semplice.

Se nelle foto paesaggistiche o naturalistiche questo fatto è tutto sommato meno “invasivo” nelle foto di

soggetti umani assume proporzioni del tutto diverse. Il nostro cervello infatti possiede una

gran quantità di aree specifiche in grado di analizzare ad esempio un volto umano

e percepirne la bellezza. Va da se che quindi difficilmente percepiremo la caratteristica di un nodo

sulla corteccia di un albero come un difetto, mentre con una imperfezione

della pelle ne avremo subito un’idea di, appunto, imperfezione. Con il progredire delle possibilità del

fotoritocco, grazie all’evolversi dei computer, sia nell’hardware che nel software oggi la possibilità di intervenire

su una foto di un soggetto umano si è amplificata a dismisura, tanto che, posso

assicurarvi, oggi siamo abituati a vedere su riviste e in pubblicità, modelli e modelle che, semplicemente NON

ESISTONO…non così come li vediamo almeno. Ci stiamo abituando a considerare

normale un concetto di perfezione che è assolutamente innaturale,

irraggiungibile, e quel che “è peggio” è che se quella è la normalità, tutto il resto, ci sembra ormai brutto.

La buona notizia, se così possiamo vederla, è che questi sistemi di fotoritocco sono diventati anche più…

Nelle foto che seguono potrete osservare tutto il percorso di

elaborazione di una foto, partendo dall’immagine iniziale fino ad un punto finale. Se aveste visto solo l’ultima avrebbe potuto essere una delle tante foto a cui siamo abituati, ma forse così, ci

si rende conto meglio di tutto ciò che c’è nel mezzo… e di irreale in ciò che siamo abituati a vedere.

E’ un peccato che con queste dimensioni difficilmente riuscirete ad apprezzare le centinaia o migliaia di piccole modifiche, di piccoli dettagli, l’eliminazione di ogni imperfezione della pelle, il

cambio di impercettibili rapporti di proporzione nel viso, la ricostruzione di punti salienti come gli occhi, i giochi di luce, l’aggiustamento delle tonalità.

Probabilmente in alcuni passaggi sarà quasi impossibile capire gli aggiustamenti, ma osservando la prima e l’ultima immagine,

credo che siano piuttosto palesi. Tuttavia come già detto fin dalla prefazione, credo che la cosa più difficile ma più bella sia ritoccare una foto esaltandone alla

fine le caratteristiche in una maniera che sembri comunque il più possibile, naturale.

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…“popolari” se così vogliamo dire, al

punto tale che oggi, avendone le capacità tecniche, si è in grado di eseguire un fotoritocco professionale anche con un

“normale” personal computer. Diverse poi sono le competenze, che

vanno dall’aver appreso un paio di tecniche standard (talvolta discutibili), all’essere dei veri artisti del mouse.

Personalmente penso di non appartenere a nessuno dei due estremi, ma di trovarmi in una onorevole via di

mezzo, in continuo movimento… speriamo nella giusta direzione.

Affidandosi ad un bravo fotografo e ad un altrettanto bravo fotoritoccatore oggi chiunque può ottenere delle foto di se

che siano quantomeno piacevoli, ma prima di chiudere questo paragrafo sono

due le considerazioni che vorrei fare in merito: La prima è sottolineare l’aspetto “etico”

del fotoritocco, cioè, il fotoritocco può essere più o meno marcato, ma bisognerebbe evitare, a mio avviso, se si

sta elaborando per un soggetto e non, magari, per una pubblicità, di denaturare

del tutto il soggetto. Potrei prendere la foto di una persona con enormi difetti fisici e con molto

lavoro renderla una splendida top model, ma preferisco fermarmi prima che l’immagine iniziale e finale non abbiano

proprio più nulla in comune. La seconda e ultima considerazione è che

il fotoritocco è una attività complementare ma per nulla sostitutiva della buona fotografia, se infatti è vero

che oggi, con il digitale, la vita si è fatta infinitamente più semplice per i fotografi e si possono rivedere e correggere infiniti

sbagli, è altrettanto vero che con il ritocco digitale da una buona fotografia

si riesce a fare un capolavoro, ma da una brutta fotografia non si riesce a fare quasi nulla.

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Alcuni dettagli dell’immagine:

Chiedo perdono alla splendida Cinzia che così impunemente ingiurio pubblicando, per puro vanto

personale, una foto che, al naturale non rende senz’altro giustizia alla sua (autentica) bellezza,

purtroppo offesa dall’impietosità di un sensore digitale, di una foto sbagliata, e dai nostri occhi ormai viziati, a conferma di tutto quanto sostenuto fin’ora.

Page 20: Domenico Margiotta Pagina personale: fotografico.pdf · famose (ma mi sono divertito anche fotografandone alcune non famose), non ho nemmeno titoli di studio ... foto, osì, per divertir

Grazie per essere arrivati fin qui.

Tutte le foto del presente curriculum

fotografico sono state scattate da Domenico Margiotta e appartengono a lui

e, idealmente, ai soggetti rappresentati.

Posso permettermi il lusso di considerare ancora, ad oggi, i miei lavori come

qualcosa di quasi pubblico, tuttavia siete pregati, qualora voleste fare qualsivoglia

uso di queste foto di contattarmi prima tramite i recapiti che trovate all’inizio del

curriculum.

Con buona probabilità acconsentirò liberamente e a titolo gratuito a qualsiasi

uso non commerciale delle foto.

Disponibile ad ogni proposta fotografica,

vi saluto…

Domenico Margiotta