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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale . D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2204 n.46) art. 1 comma 1 - DCB - ROMA - 3,50 Crisi economica e immigrazione Il Pasquino Sicurezza, solidarietà e razzismo Migrazione Il nuovo trattato Italia-Libia Da Buenos Aires a Roma alla ricerca delle radici Regione Lazio in collaborazione con altri others Anno VI - n. 1 gennaio-febbraio 2009

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Anno VI - n. 1 gennaio-febbraio 2009

Direttore responsabile Cristiano Tinazzi

Coordinatore di redazioneRiccardo Di Vito

Grafica Eleonora Maurizi

Editore Cooperativa Altri Sede legale, redazione, amministrazione, abbonamenti,pubblicità: P.za Cola di Rienzo, 85 - 00192 Roma. tel. 0636004654 - www.altri.itemail: [email protected]

Consiglio d’AmministrazioneUmberto Forte (Presidente)

Registrazione al Tribunale civile di Roma n°267/2004 del 14/06/2004

Impianti Top Color Srl - Pomezia (Roma)

Stampa Società Tipografica Romana Srl

Stampato su carta senza cloro

altriothers

Regione Lazio

in collaborazione con

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editoriale

2 altri n. 1 gennaio-febbraio 2OO9

Ancora una volta l’integrazione dei Paesi del Mediterraneo diventasolo una parola vuota. Ancora una volta i Paesi della sponda nord

del Mare Nostrum, i Paesi dell’Unione Europea, i Paesi‘ricchi’, evitano di risolvere il problema dei flussi migratoricon politiche di cooperazione mirate e di lungo respiro,preferendo avviare il consolidamento della barrieraextraeuropea denominata ‘Frontex’.Che significa tutto ciò? Meno diritti per i migranti, menopossibilità per chi scappa da Paesi in guerra, per motivipolitici o economici di poter entrare in Europa e maggioririschi per riuscire ad entrare comunque illegalmente neiPaesi dell’Unione. Perché non si può fermare la storia enon si può fermare chi vuole vivere.Il trattato Italia-Libia è stato siglato dai due Paesi proprioper impedire questo. Poco importa se i confini tra Libia ei paesi limitrofi come il Niger saranno sigillati. Altre rotte,ancora più pericolose e lunghe, verranno create. Altrimodi verranno sfruttati dalla criminalità organizzata perportare il loro carico umano a destinazione. Così

allontaniamo solo il problema delegandolo ad altri, non lorisolviamo.In Italia il dieci per cento del Prodotto Interno Lordo è dato daaziende costituite da chi è venuto nel nostro Paese per cercare unfuturo migliore. Gli ultimi dati Istat dicono che la nostrapopolazione, proprio grazie ai migranti presenti in Italia, hasuperato per la prima volta i sessanta milioni. Gli stranieri regolaripresenti in Italia sono tre milioni e novecentomila. Tutto questodovrebbe portare a maggiori riflessioni da parte di chi governa,invece di soddisfare solamente i propri interessi di bottegaelettorale con politiche allarmistiche e destinate soltanto amigliorare la repressione e l’erosione dei più elementari dirittiumani e civili in cambio di una percezione di sicurezzasovrastimata e data in mano a ronde composte da tanti CharlesBronson della domenica.Il contributo che possiamo dare è minimo, certo, ma è una voce inpiù per poter ragionare, discutere, confrontarsi e non di certo siunirà al coro di chi, invece, vuole soltanto chiudere gli occhi edalzare barriere. O peggio, i bastoni.

di Cristiano Tinazzi

Crisi economica e immigrazionedi Maddalena Agrò 3

Il Pasquinodi Riccardo Di Vito 7

A rimetterci, comesempre, i più disperatidi Luca Trinchieri 11

Da Buenos Aires a Roma alla ricercadelle radicidi Eugenio Balsamo 13

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di Maddalena Agrò

L a crisi economica internazionale, i cuieffetti ancora sull’Italia non si sono deltutto dispiegati, sta già comportando ri-

cadute negative sul benessere della popolazione edelle fasce sociali più deboli, fra le quali è com-presa anche quella degli im-migrati presenti nel Paese.L’aumento della disoccupa-zione, infatti, si riflette perprimo sulle occupazionimeno tutelate, per le qualile aziende hanno meno dif-ficoltà ad interrompere irapporti di lavoro. È rile-vante anche la quota di im-migrati che svolgono lavoriautonomi e che hanno av-viato attività imprenditoria-li. Anche su di essi si sta abbattendo l’ondata del-la crisi, con la conseguente chiusura di molte at-tività. Quale sarà l’effetto della crisi se da un latola concessione del permesso di soggiorno è con-dizionata dall’avere un’occupazione e dall’altrosi stanno inasprendo le prescrizioni di legge neiconfronti degli irregolari?

La rapida crescita della disoccupazione avrà co-me conseguenza il fatto che i migranti regolari,una volta perduto il proprio posto di lavoro, avran-no moltissime difficoltà nel trovare un’altra occu-pazione non potendo così rinnovare il proprio per-

messo di soggiorno. Regolari che a causa

della disoccupazione ri-schiano, quindi, di diven-tare clandestini. Cosa fa-ranno se non riusciranno arinnovare il permesso disoggiorno? Sembra diffi-cile pensare che le perso-ne in questa condizionetornino al proprio Paesed’origine, abbandonandorelazioni e contesti sociali

intessuti a costo di grandi difficoltà; molto piùprobabilmente la gran parte deciderà di rima-nere in Italia in stato di clan-destinità.

Nel frattempo il Governo,mediante il cosiddetto ‘pac-chetto sicurezza’ approvato

CCrriissiieeccoonnoommiiccaa ee

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Regolari chea causa delladisoccupazione

rischiano di diventareclandestini

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dal Senato lo scorso febbraio ed ora in esame allaCamera dei Deputati, sta attivando una serie dimisure molto repressive verso i migranti, regolarie non, senza però individuare alcuna misura persostenere gli stranieri regolari che a causa dellacrisi perdono il lavoro.

Gli immigrati rischiano quindi di trovarsischiacciati in una morsa, vittime della crisi, im-possibilitati a regolarizzarsi, privi dei necessarisostegni all’inclusione, che potrebbe sfociare inun pericoloso stato di emarginazione e disordinesociale dannoso non solo per i migranti stessi, maper la società nel suo complesso.

L’attuale legge sull’immigrazione, inoltre, nonsoltanto non consente il rinnovo del permesso disoggiorno ai disoccupati, ma crea anche situazionidi svantaggio per i lavoratori in mobilità. Mentre incaso di cassa integrazione il lavoratore risulta anco-ra occupato e può ottenere il permesso di soggior-no per lavoro, i lavoratori messi in mobilità, purpercependo un reddito (l’indennità di mobilità), ri-sultando senza lavoro e dunque senza un requisitodecisivo per il permesso di soggiorno rischiano dinon poterlo rinnovare. In assenza di disposizionichiare, come segnalato in particolare dalla Cisl, laloro sorte è in mano alla Questura di ogni città.

Nel complesso la problematica relativa allaconnessione fra gli effetti della crisi ed i requisitinecessari al fine di mantenere lo status di migran-

te ‘regolare’è una questione di non poco conto perla tenuta della coesione sociale del Paese, nell’o-biettivo di una gestione socialmente inclusiva del-le migrazioni.

Se questa situazione non sarà disciplinata tem-pestivamente molti immigrati si troveranno nellacondizione, una volta persa l’occupazione, di do-ver forzatamente diventare clandestini con le con-seguenze problematiche che ciò determinerebbeper loro e per la comunità.

Innanzitutto da clandestino l’immigrato avreb-be molte più difficoltà nel trovare una nuova oc-cupazione regolare e rischierebbe così di rimane-re intrappolato nella marginalità. Serie difficoltànel mantenere la propria abitazione non potendorinnovare un regolare contratto d’affitto, nel man-tenere a scuola eventuali minori a carico, nell’ac-cedere al servizio sanitario ed altro ancora, con ilrischio di non avere altre opportunità di sopravvi-venza che il lavoro nero o attività illegali di variotipo. In un periodo come questo, in cui le polemi-che sull’immigrazione irregolare sono particolar-mente aspre, occorrerebbe impegnarsi in modoparticolare affinché i migranti regolari, che cerca-no di integrarsi al meglio in Italia, non siano mes-si in condizione di non avere altra scelta che laclandestinità e, di conseguenza, l’ingresso, spessosenza ritorno, in attività illegali legate in vario mo-do alla criminalità.

L’attuale leggesull’immigrazione

crea anchesituazioni disvantaggio per i lavoratori in mobilità

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Questo problema dovrebbe quindi essere af-frontato con urgenza dal Governo onde evitareche la situazione, non regolata, sfoci nell’emer-genza. Anche perché già negli ultimi mesi si sonoverificati ritardi nella concessione di permessi disoggiorno a persone che, avendo tutti i requisitiper ottenerli, ne hanno fatto richiesta. Si stima checi siano circa cinquecentomila stranieri che sonoancora in attesa di una risposta, con tempi di atte-sa che possono arrivare anche ad otto-nove mesi.

Eliminare il carico di arretrato delle domande dirilascio o rinnovo dei permessi di soggiorno e ren-dere più efficiente la procedura, contrastando ri-tardi e malfunzionamenti nella gestione del servi-zio è oggi, data la situazione, ancor più necessarioonde evitare l’aggravio dei problemi che gli im-migrati si trovano ad affrontare al fine di una per-manenza regolare in Italia.

Le proposte giunte dalla politica e dalla societàcivile per affrontare la situazione del rapporto fraimmigrazione e crisi, sono di tipo diverso se nonopposto fra loro.

“Nessuno si chiede che cosa succede ai lavora-tori stranieri nel momento in cui perdono il lavo-ro. Sono quattro milioni, sono stati assunti per fa-re lavori che nessuno avrebbe fatto, e produconoil dieci per cento del reddito nazionale” dice Gu-glielmo Epifani, segretario generale della CGIL,che ha proposto un ‘congelamento’ per due annidella legge Bossi-Fini allo scopo di consentireagli immigrati regolari che hanno perso o perde-ranno il posto di lavoro di avere il tempo per cer-care una nuova occupazione rimanendo tutelati.La questione si lega anche a quella della riformadegli ammortizzatori sociali, che dovrebbero es-sere estesi anche ai lavoratori flessibili. La riformadegli ammortizzatori sociali necessariamente do-vrà essere ampliata anche agli atipici, che oggi nesono pressoché esclusi, garantendo anche agli im-migrati un’indennità che consenta loro di avere unreddito minimo che consenta loro di vivere digni-tosamente e mantenere il permesso di soggiorno.

Altre proposte volte a salvaguardare gli immi-grati dal diventare i primi bersagli della crisi eco-nomica sono quelle che, sull’esempio di quantosta avvenendo anche in altri Stati, prevedono l’in-centivazione ed il sostegno al rientro volontarionel paese di provenienza, tramite incentivi mone-tari accompagnati a progetti di reinserimento la-vorativo in loco tramite l’azione delle Ong, la-sciando a chi invece vuole restare in Italia tran-

Nessuno sichiede checosa succedeai lavoratoristranieri nel momentoin cuiperdono il lavoro

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quillità e certezza dei propri diritti anche in casodi perdita del posto di lavoro.

Anche il ministro del Lavoro Maurizio Sacco-ni ha spiegato che “nei prossimi mesi la fase re-cessiva metterà a dura prova l’integrazione”, sia acausa dell’aumento della disoccupazione che perprevedibili tagli alle spese sociali. Il ministro pro-pone di limitare i flussi “per dare un futuro a chiè già presente”, da un lato aiutando gli immigra-ti nel momento in cui dovessero perdere il postodi lavoro non solo con il reddito ma anche con in-vestimenti formativi, e dall’altro limitando gli in-gressi nei prossimi anni. Al momento, però, taliaiuti non si sono concretizzati e, mentre le risor-se per l’integrazione si sono polverizzate, passan-do da cento a cinque milioni, l’unica propostaconcreta fatta dal Governo è stata il cosiddetto‘Pacchetto Sicurezza’, (Ddl 733) che rende parti-colarmente svantaggiose le condizioni di vita deimigranti nel nostro paese Il pacchetto richiedeuna tassa di duecento euro per tutte le pratiche re-

lative al rilascio o al rinnovo del permesso di sog-giorno, introduce il reato di ingresso e soggiornoirregolare (che dispone un’ammenda da cinque adiecimila euro e prevede la possibilità di rimpa-trio immediato), l’arresto fino ad un anno e mul-te fino a duemila euro per mancata esibizione deidocumenti, richiede di esibire il permesso di sog-giorno per tutti gli atti di stato civile e rende piùcomplesso (e costoso) l’acquisto della cittadinan-za italiana per matrimonio ed il ricongiungimen-to familiare ed altre misure, come il trattenimen-to fino a diciotto mesi nei CIE, il ‘permesso disoggiorno a punti’ ed il registro per i senza fissadimora, in un disegno, fortemente repressivo inassenza di sostegni adeguati all’inclusione di chivoglia integrarsi onestamente, che sembra im-prontato su di una ‘guerra tra poveri’ esasperatadalla crisi, nella quale gli immigrati potrebberodiventare, come in parte sta già avvenendo, i ca-pri espiatori di una società in profonda difficoltàeconomica e sociale. n

Una ‘guerra tra poveri’esasperata

dalla crisi,nella quale

gli immigratipotrebberodiventare i capri

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Sicurezza, solidarietà e razzismoL’altro sempresotto accusa

«I Il clima politico è rovente. Dopo i fattidi cronaca, che hanno coinvolto alcu-ni immigrati sia come vittime che co-

me carnefici, urge una riflessioneseria e profonda, perché si è inne-scato un meccanismo che sta esa-sperando i sentimenti dei cittadini.

Nelle ultime settimane abbiamoassistito a raid contro alcuni immi-grati, come quello compiuto da unaventina di persone, armate di bastonie col volto travisato da cappelli, pas-samontagna e sciarpe, che hanno ag-gredito quattro clienti romeni davantial locale Turkish Kebab, in via Carroce-to, a Roma, distruggendo la vetrina delnegozio. L’aggressione è avvenuta nonlontano dal Parco della Caffarella, doveil giorno precedente una ragazzina diquattordici anni è stata stuprata ed ilsuo fidanzato aggredito da due personedi nazionalità rumena.

Il copione si è ripetuto di lì a poco aOsteria del Curato, su via Tuscolana, do-ve un gruppo di persone ha aggredito uncittadino romeno che passeggiava. Sonoarrivati in motorino, lo hanno circondato epicchiato con dei bastoni, secondo quanto rac-contato dalla vittima, soccorsa e portata al Po-liclinico Casilino. Intanto, sulle mura del Parcodella Caffarella sono apparsi slogan come ‘Oc-chio per occhio’ e ‘Rom, vergogna assassini!’,firmati da Forza Nuova, il movimento politicoche ha cavalcato l’onda dell’indignazione po-polare contro gli immigrati, portando a termine

NewsEnti locali

Il Comune di Roma taglia i fondi ai Municipi

L’immigrazionedivide il Consigliodell’XI Municipio

Dopo i recentifatti di cronaca,si sbloccano i fondi per la messa in sicurezza dei Parchi

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Il ministro dell’Inter-no Roberto Maroni,chiamato direttamentein causa dall’editoriale,ha contrattaccato: «So-no profondamente indi-gnato e offeso dalle de-liranti dichiarazioni diFamiglia Cristiana cheaccusa me, il Governoe il Parlamento Italianodi approvare vere e pro-prie leggi razziali. E’ unattacco di violenza

inaudita nei toni e nei contenuti, - dice -tanto più inaccettabile in quanto si fondasu presupposti palesemente falsi. Per tu-telare la mia onorabilità e quella della ca-rica che ricopro - ha concluso il ministro -ho deciso quindi di dare mandato ai mieilegali di agire in ogni sede civile e penaleper contrastare questa aggressione pre-meditata da parte di chi usa consapevol-mente la violenza di affermazioni falseper combattere chi ha opinioni diversedalle proprie».

Nel clima rovente è entrato anche ilConsiglio nazionale della Federazione de-gli Ordini dei medici, sostenendo che i lo-ro aderenti che segnaleranno gli immigra-ti irregolari potranno essere sanzionatidagli Ordini professionali di appartenenzaper aver violato il Codice deontologico.Con un documento, votato all’unanimitàdal Consiglio, riunitosi a Roma, si è riba-dito nero su bianco il «forte dissenso al-l’emendamento al Ddl sulla sicurezza cheabroga il divieto per i medici di denuncia-re alle autorità gli immigrati irregolari chesi rivolgono, per essere curati, alle strut-ture sanitarie pubbliche».

un corteo aperto dallo striscione ‘Per voibestie, nessuna pietà’.

«È evidente che si tratta di un segnalemolto negativo e pericoloso. C’è chi vuolespeculare sulla paura della gente, sullavoglia di riscatto e sulla rabbia e noi dob-biamo dire con chiarezza che non è pen-sabile di farsi giustizia con le mani pro-prie» ha commentato il sindaco di Roma,Gianni Alemanno, durante i giorni delleviolenze. A questo clima rovente si è ag-giunto il via libera del Governo alle cosid-

dette ronde dei citta-dini, che ha visto ladiscesa in campo delmensile Famiglia Cri-stiana, il quale inun’editoriale haespresso la propriadisapprovazione aldisegno di legge sul-la sicurezza approva-to a Palazzo Mada-ma. «Il soffio ringhio-

so di una politica miope e xenofoba, chespira nelle osterie padane, è stato sdoga-nato nell’aula del Senato della Repubbli-ca», si legge nell’editoriale. «L’Italia preci-pita, unico Paese occidentale, verso il ba-ratro di leggi razziali, con medici invitati afare la spia e denunciare i clandestini (colrischio che qualcuno muoia per strada odiffonda epidemie), cittadini che si orga-nizzano in associazioni paramilitari, al pa-ri dei ‘Bravi’ di don Rodrigo, registri per ibarboni, prigionieri virtuali solo perché po-veri estremi, permesso di soggiorno apunti e costosissimo», ha scritto il setti-manale cattolico.

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Nel documento si legge che la procedu-ra di segnalazione «è in netto contrastocon i principi della deontologia medica,espressi in particolare dal giuramentoprofessionale e dall’art. 3 del codicedeontologico, che impongono ai medici dicurare ogni individuo senza discriminazio-ni legate all’etnia, alla religione, al genere,all’ideologia, di mantenere il segreto pro-fessionale e di seguire le leggi quandonon siano in contrasto con gli scopi dellaprofessione».

Quella che stiamo vivendo è la psicosidi un tempo malato, dove la peggiore vio-lenza diventa etnica, dove il branco che di-strugge la vita di una ragazza non è giudi-cato per ciò che ha fatto, ma per il luogoda cui proviene. Eppure, gli stupri e le ag-gressioni non hanno nazionalità, a menoche vogliamo far finta di non vedere i gio-vani e benestanti stupratori di capodanno,a base di pasticche e alcool, o gli aggres-sori romani, che hanno colpito onesti la-voratori immigrati.

In oltre tre quarti delle violenze sessua-li lo stupratore ha le chiavi di casa, se-condo i dati ufficiali. Pare che noi non pos-

siamo vedere questa

realtà, perché mette in discussione trop-pe certezze, prima tra tutte, la famiglia.Molto più semplice scaricare tutte le col-pe sul parafulmine straniero. Più l’altro ècolpevole, più siamo innocenti noi. Resta-no tante domande appese, ignorate. Se lanostra legge considera un’attenuantecommettere dei crimini sotto l’effetto didroghe, la colpa è dei rumeni?

Se i nostri magistrati considerano nor-male mandare a casa chi ha appena stu-prato una donna, la colpa è dei rumeni?Ed è colpa loro anche se la mamma di unragazzo di Nettuno, complice di un rogoumano, dice che il suo figlioletto sedicen-ne è un ragazzo di buon cuore traviato daipiù grandi?

Nessuno assedia le auto della polizia,nessuno ha fame di linciaggio quando aidomiciliari viene portato ‘un bravo ragaz-zo’ italiano che ha stuprato per scom-messa, che ha bruciato un uomo per gio-co. Nessuno chiede conto alla classe po-litica di una legge per cui uno stupro valemeno di tre anni di carcere, quindi vale lalibertà condizionale; e di un’altra leggeche ritiene impossibile la custodia caute-lare quando il reato di cui si è accusatiprevede la condizionale.

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Il Pasq

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I l taglio delle risorse per iMunicipi di Roma, in clima

di piena crisi economica, col-pisce prima di tutto la cultu-ra. Numeri alla mano, questoè un dato di fatto. «Abbiamoavuto un taglio di risorse sul-la cultura di oltre il50%» - dichiara Va-lentina Grippo, as-sessore alle politi-che culturali delMunicipio Roma III.«Sono a rischio iltavolo di promozio-ne della culturascientifica e le atti-vità culturali pome-ridiane nelle scuo-le». Anche RoccoStelitano, presi-dente del consigliodel X Municipio af-

ferma che «il decimo Munici-pio è colpito profondamentedai tagli della giunta Aleman-no. Siamo passati da130.000 euro, stanziati sullacultura, a 20.000, e questoimpedisce di programmare

qualsiasi attività diun certo valore nel-l’ambito del territo-rio». Della stessaidea è Giulio Pe-lonzi, vice presi-dente della com-missione cultura:«Quello che si vaprofilando nei bilan-ci culturali dei mu-nicipi è un de pro-fundis. Dai primi da-ti pervenuti e daquelli che continua-no a giungere - ag-

giunge Pelonzi - si ha l’im-pressione netta dell’impossi-bilità per i municipi di Romadi approntare una politica cul-turale degna di questo no-me». Il presidente del MunicipioRoma XI, Andrea Catarci, faun riepilogo della situazione emette in luce altre problema-tiche. «Nel caso del Munici-pio XI la Giunta Comunale in-tende ridurre dell’80% i fondiper le iniziative culturali (da122.000 a 20.000€), affer-mando il proprio centralisticomonopolio; intende azzeraretutte quelle voci che contri-buiscono a sviluppare la co-municazione, l’informazione ela sinergia con la comunitàterritoriale. Ma ancor più gra-ve risulta il taglio dell’Assi-

stenza Alloggiativa (da140.000 a 70.000€) e delSostegno alle Famiglie (da77.000 a 44.000€). Ma è ingenerale la scelta di confer-mare gli importi per gli inter-venti sociali a essere assolu-tamente non condivisibile. Al-la faccia dello slogan: ‘Romariparte’, i Municipi vengonoamputati di indispensabilifunzioni e, anziché sviluppar-ne le caratteristiche di Gover-no Locale, si persegue l’ob-biettivo di ridurli a sempliceappendice del Campidoglio. Èevidente che di fronte alla si-tuazione data su questi temiin Consiglio Comunale dare-mo battaglia affinché vengaripristinato un budget serioper la programmazione cultu-rale nei territori». n

Il Comune di Roma taglia i fondi ai Municipi

NewsEnti locali

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Nessuno osa mettere il naso nella fa-miglia, dove la violenza è più sottile e piùtragica, perché in quel caso un uomo abu-sa di chi gli ha regalato la sua fiducia e lasua vita, perché spesso nella sua atrocitàcoinvolge dei bambini, perché non di radoa chiudere la bocca della donna sono sen-

timenti come paura, vergogna, senso dicolpa che si aggiunge allo strazio.

Si dice spesso che bisogna spiegare aifigli la gravità di certi gesti, ma bisogne-rebbe prima spiegarlo alle madri e ai pa-dri e poi spiegare che ‘certi gesti’ nonhanno colore né razza. n

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L’immigrazione divide il Consigliodell’XI Municipio

R ecinzioni, illuminazione,videosorveglianza: sono

i sistemi di sicurezza che laRegione Lazio mette in cam-po per tre parchi di Roma: ilparco dell’Appia Antica, ilparco di Veio e l’ente Roma-Natura. Per tale progetto laRegione ha finanziato nel2008 con 1,4 milioni di eurogli interventi per la riqualifi-cazione e la messa in sicu-rezza di questi parchi. Hannopresentato gli interventi, inuna conferenza congiunta,gli assessori alla Sicurezza eall’Ambiente, Daniele Fi-chera e Filiberto Zaratti.Metà dei fondi sono statistanziati per la demolizione ela bonifica degli insediamen-ti abusivi mentre i restantisaranno utilizzati per la mes-

sa in sicurezza delle areeverdi. In particolare nel par-co dell’Appia Antica saràrealizzata una recinzione me-tallica nell’area di via TacchiVenturi fino a Cessati Spiriti,mentre saranno messe in si-curezza, con delle grate inrete metallica e con l’instal-lazione di un cancello, le

aree adiacenti le CisterneRomane. Nel parco di Veiosarà allestita una centraleoperativa e realizzato un si-stema di trasmissione dativerso la Centrale. Inoltre ver-ranno installate 4 postazionidi videosorveglianza e ver-ranno acquistati 20 palmariper la visione remota delleimmagini nella Sala operati-va in dotazione al personaledi vigilanza. Infine nell’enteRomaNatura sarà completa-ta l’illuminazione della stra-da di accesso a Villa Maz-zanti e sarà ripristinato l’ac-cesso, con l’installazione diun cancello, alla Riserva diMonte Mario. Inoltre saràrealizzata una recinzione di200 metri, un sistema di illu-minazione fotovoltaica e un

cancello di accesso alla Ri-serva dell’Insugherata.«Si tratta di interventi impor-tanti da parte della Regione– ha affermato l’assessoreDaniele Fichera - ma c’è dafare un investimento tecno-logico sulle strutture chemettono in condizione di in-tervenire rapidamente. Miaspetto questo stanziamen-to ulteriore per la sicurezzanel decreto del governo per-ché oggi la situazione è chela Regione finanzia la centra-le operativa della Questuradi Roma». Zaratti, invece, hapuntualizzato che «le recin-zioni saranno aperte durantele ore del giorno mentre dinotte i parchi verranno chiu-si per non far entrare nessu-no». n

I l 17 febbraio, nella salaconsiliare dell’XI Munici-

pio, ha avuto luogo un acce-so consiglio municipale sultema dell’immigrazione, par-tito dalla proposta di mozio-ne della consigliera del PD,Floriana D’Elia, per esprime-re solidarietà verso NavtejSingh Sidhu, l’indiano tren-tacinquenne picchiato e bru-ciato a Nettuno lo scorso 31gennaio.Terminata la lettura della mo-zione della consigliera D’Elia,che ha sottolineato l’ondataxenofoba in corso in Italia e,nello specifico, nella città diRoma, il consigliere dell’op-posizione Foglio, capogruppodel PDL, prima della fase di

dichiarazione di voto, ha pre-so la parola, confermando lasolidarietà da parte dell’op-posizione all’uomo barbara-mente picchiato e al quale èstato dato fuoco, ma redar-guendo la maggioranza dievitare inutili e ridondantistrumentalizzazioni del caso,in quanto la solidarietà versoun gesto del genere, logica edovuta, deve però avvenireprescindendo dalla naziona-lità. Le parole del consigliereFoglio hanno così scatenatoun acceso dibattito, con te-ma centrale l’immigrazionenel suo complesso, uscendopoi fuori anche dal tema del-la solidarietà allo sfortunatoindiano.

La maggioranza, dalle paroledel consigliere Bertolini, hasottolineato come la vicendadi Nettuno altro non sia chela conseguenza di una so-cietà ormai degenerata, unaferita aperta di una societàin balìa della televisione, chenon riesce più a distingueretra i reali valori e quelli fasul-li. Le parole di Bertolini han-no però trovato il consiglierePDL Perissa in forte contra-

sto. Sempre ribadendo le inu-tili strumentalizzazioni su ca-si del genere, Perissa ha af-fermato di non condividere leposizioni della maggioranzasulla totale degenerazionedella società, bensì un pro-blema risolvibile “a valle”con degli accurati controllied una maggiore presenza diforze dell’ordine.Al termine del dibattito, laproposta di mozione è statapoi votata a maggioranzadalle forze del Consiglio, ma,al momento della dichiarazio-ne di voto, il consigliere Pe-rissa ha mostrato tutto il suodisappunto, dichiarando diabbandonare l’aula e rinun-ciando così al voto. n

Dopo i recenti fatti di cronaca, si sbloccano i fondi per la messa in sicurezza dei Parchi

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Il Pasquino

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di Luca Trinchieri

Il nuovo trattatoItalia-Libia delega ai poliziotti libici di fermare i migrantiche attraversano il nord-Africa versol’Europa. Intanto i flussi continuano a crescere e si differenziano,scegliendo percorsisempre più pericolosi.

C ooperazione nel controllo dell’immigra-zione clandestina in cambio della costru-zione di infrastrutture per cinque miliar-

di di dollari. Questa è la sostanza alla base del trat-tato tra Italia e Libia firmato ad agosto 2008 e ra-tificato lo scorso diciotto febbraio dal parlamentoitaliano. Un’approvazione quasi bipartisan - con-trari solo Idv, Udc e i radicali eletti nelle file del Pd- che ignora, o finge di ignorare, le drammaticheconseguenze che esso avrà sui migranti di transitoin Libia verso il sogno europeo.

Il trattato, in realtà, è molto ampio: da un latochiude l’eterno contenzioso legato al passato colo-niale, dall’altro rinnova la cooperazione in campoeconomico, industriale, energetico e politico. Mala ragione principale dietro le pressioni italiane perl’adozione del testo è stata senza dubbio quella diottenere da Tripoli uno sforzo nel controllo del-l’immigrazione clandestina. Nulla di nuovo, appa-rentemente: nelle poche righe dell’articolo 19 si ri-chiama semplicemente al rispetto dei patti già esi-stenti, e in particolare di un’intesa raggiunta a di-cembre 2007 con cui sarebbe dovuto diventare

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MIGRANTI

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ope-rativo il pattugliamento congiunto delle coste libi-che per intercettare le imbarcazioni di immigratidiretti in Italia. Un impegno che Gheddafi non hamai messo in pratica, fiutando nel successivo cam-bio di governo a Roma la possibilità di rilanciare laposta in gioco. E ci è riuscito: per assicurarsi il suosostegno, ora l’Italia realizzerà in Libia progetti in-frastrutturali per una spesa complessiva di cinquemiliardi di dollari in vent’anni. Il trattato lo defini-sce un risarcimento per l’occupazione coloniale,ma anche sotto questo profilo si era giunti più vol-te ad un’intesa che sembrava definitiva.

Il leitmotiv dei rapporti con Tripoli è lo stessoda anni. Roma ha cercato di coinvolgere la Libianel più ampio progetto di ‘esternalizzazione’ del-le frontiere che ha investito i paesi del Nord Afri-ca nell’ultimo decennio. In pratica una delega aquesti Paesi nel controllo dei flussi migratori. Inquest’ottica, a partire dal 2003 il governo italianoha fornito alla Libia addestramento e materialeper rafforzare il controllo dei confini; ha finanzia-to decine di voli charter per il rimpatrio di immi-grati illegali dalla Libia ai Paesi di origine; ha co-struito almeno tre campi di trattenimento di im-migrati in territorio libico. Gheddafi ha capito diavere il coltello dalla parte del manico, e ha utiliz-zato il controllo dei flussi migratori come mercedi scambio per uscire dall’isolamento internazio-nale in cui il suo Paese si era trovato negli anni no-vanta. Come un rubinetto da aprire e chiudere per

ottenere nuove concessioni. Così, a fronte di unimpegno nel contrasto dell’immigrazione ognivolta promesso e disatteso, Tripoli ha visto abbat-tersi progressivamente barriere formali e sostan-ziali (l’abolizione dell’embargo sulle armi) nei suirapporti con l’Europa.

La scelta di diventare l’ennesimo gendarme del-le frontiere europee non ha finora prodotto i risul-tati attesi da questo lato del Mediterraneo. Il 2008,al contrario, ha registrato un record di arrivi lungole nostre coste meridionali. Tuttavia il processo di‘esternalizzazione’ sta avendo conseguenze dram-matiche sulla vita dei migranti. Sotto le pressioniitaliane ed europee, la Libia ha radicalmente inver-tito la tradizionale politica di apertura e accoglien-za nei confronti degli immigrati africani, che sonosempre più oggetto di maltrattamenti e abusi daparte di trafficanti e autorità di polizia, spessocomplici delle medesime reti di sfruttamento. In ri-sposta alla chiusura delle frontiere meridionali li-biche, che ha colpito anche circuiti migratori re-gionali come quello tra Niger e Libia, i tragitti neldeserto si sono fatti più lunghi e pericolosi, mentremigliaia di migranti ogni anno sono deportati dal-le città del nord verso il deserto, dove vengono de-tenuti in attesa di essere espulsi; o addirittura di es-sere rivenduti agli stessi trafficanti, alimentandoun circolo vizioso e, talvolta, mortale.

Contrastare le partenze via mare dalle coste libi-che, come previsto dal nuovo trattato Italia - Libia,non risolve quindi la questione. Allontana sempli-cemente la tragedia da sotto i nostri occhi. E con-danna chi scappa da guerre e persecuzioni al para-dosso che per poter richiedere asilo politico deveprima riuscire a sopravvivere al deserto, ai soprusidei poliziotti libici e alla traversata per mare - arri-vando clandestinamente a Lampedusa - perché Tri-poli non ha ratificato la Convenzione di Ginevrasullo status di rifugiato. Allo stesso modo, il raffor-zamento dei controlli a sud della Libia non fa cheriprodurre lungo quella linea di confine le stessetensioni e le stesse tragedie che si cercano di evita-re nel Mediterraneo. Delocalizza l’aspetto più vio-lento delle nostre stesse politiche, ma non per que-sto ci solleva dalle nostre responsabilità. n

Come un uomo sulla terra

Dal 2003 l´Italia e l´Europa chiedono alla Libiadi fermare i migranti africani. Ma cosa fa real-

mente la polizia libica? E qual è il destino di chitenta di raggiungere il nostro continente? Comeun uomo sulla terra, documentario di Andrea Se-gre, ricostruisce la violenza dei contrabbandieri ele sopraffazioni della polizia, la realtà dei luoghi didetenzione e le deportazioni collettive. Dando vo-ce alle sofferenze di chi ha vissuto queste espe-rienze sulla propria pelle, e mostrando senza reti-cenze il lato oscuro dei patti tra Italia e Libia.

Contrastare le partenze

via mare dalle costelibiche non

risolve quindi la questione.

Allontanasemplicementela tragedia dai nostri

occhi

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I l complesso fenomeno delle migrazioni ha,fra le sue molte sfaccettature, anche il casodelle ‘migrazioni di ritorno’, quando gli emi-

granti decidono, cioè, di tornare nei Paesi d’origi-ne. In Argentina, Stato che nel secolo scorso ha ac-colto milioni di emigranti, ad esempio, dopo la cri-si politico-istituzionale del 2001, i flussi migratorihanno incominciato ad andare in senso contrario.

La Direzione Nazionale per le Migrazioni hacensito la fuga di più di novantamila argentini nelsolo 2002 e da quel momento il flusso, anche semeno rilevante negli anni seguenti, non si è mai ar-restato. Le principali destinazioni erano e sono:Spagna, Italia, Stati Uniti e il vicino Brasile, fortedella sua maggiore stabilità e performance econo-miche. Il dirigersi verso Spagna e Italia, cioè, ver-so le terre natali di bisnonni, nonni e genitori, aiu-tati dalla facilità linguistica nel primo caso e in en-trambi dalla possibilità di sentirsi più a casa, gra-zie alla cittadinanza spagnola o italiana ottenutaius sanguinis, condizione prevista dalla legislazio-

ARGENTINA

L’immigrazioneargentina di ritorno.Un fenomenopoco osservatoe che dovrebbeavere maggioreattenzione

Da Buenos Aires a Roma alla ricercadelle radici

di Eugenio Balsamo

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ne dei due Paesi. È di certo un’immigrazione piùsilenziosa rispetto a quella delle comunità romena,nordafricana, e albanese nella Penisola. E lo è evi-dentemente per i numeri decisamente meno im-portanti, ma anche perché le affinità culturali edetniche sono forti. Spesso, inoltre, ci si affida allefamiglie di origine, riscoprendo parentele lontanee basate su un forte sentimento di adesione alleemozionanti vicende dell’emigrazione che ha se-gnato, in periodi diversi, la quasi totalità delle fa-miglie italiane.

L’associazionismo degli immigrati di ritorno nelnostro Paese è ancora molto povero, sia di numeriche di contenuti. Questo accade anche perché laclasse dirigente, a livello centrale e periferico, sem-bra ancora cieca su un fenomeno che potrebbe sdo-ganare l’Italia nel club dei Paesi moderni e multi-

culturali. È chiaro che il clima di caccia alle stre-ghe che si respira di certo non aiuta gli italiani adafferrare l’opportunità di un arricchimento so-

ciale e morale. Se il modo di intrecciare pro-ficue relazioni sociali è quello di indossa-re pettorine colorate nelle ore notturne, èevidente che siamo sulla cattiva strada.

Tra le forme di aggregazione attual-mente presenti, merita di essere ci-

tata quella che possiamo definire‘mista’. Ci si riferisce, nella fat-tispecie, alle associazioni italo-

argentine, compagini al cui inter-no operano volontari di entrambi i Paesi. Se non cipensa la macchina statale a stimolare rapporti diamicizia tra i popoli, verrebbe da dire, ci pensanodirettamente loro. Associazioni di questo tipo, di-fatti, non hanno il solo fine istituzionale di fare co-noscere un popolo, la sua cultura, la sua storia ecosì spiegare al Paese ospitante perché sono co-stretti a lasciare la terra di origine. Cercano, al con-trario, attraverso le loro iniziative, di lavorare sulterreno della conoscenza reciproca, finalizzata nonad avvicinare due Paesi (compito che spetta allasfera delle diplomazie) bensì a stringere due popo-li sulla tolleranza dell’indispensabile vivere comu-ne. E proprio questo è, da poco più di un anno, loscopo dell’Associazione socioculturale italo-ar-gentina (Ascia, www.italoargentina.blogspot.com), sita a Castellamare di Stabia, noto centro delproblematico napoletano. E ciò con il valore ag-giunto che ha come riferimento due Paesi che, fi-no a poco più di mezzo secolo fa, di partenze e ar-rivi ne hanno conosciuti a milioni. Del resto, spie-ga il presidente Carlos Omar Bustamante, «noiargentini siamo figli della barca e genitori dell’ae-roplano». Diverse sono le ambizioni di questo ar-

gentino classe 1955 e, tra queste, cercare di difen-dere la propria cultura di nascita attraverso le piùdiverse manifestazioni: dalla musica alla poesia, alteatro alla letteratura fino all’immancabile gastro-nomia. E fare leva su questi fattori per rimarcare ipunti di contatto tra il vivere argentino e quello ita-liano. Non ci sarebbe luogo più adatto, se si consi-dera che, da decenni, in tutta l’Argentina gli italia-ni vengono identificati come ‘tanos’. Quando toc-cavano il suolo infatti, ai funzionari del porto i na-poletani, alla domanda “Di che nazionalità sei?”invece che italiano rispondevano “napoletano”,successivamente abbreviato in ‘tano’e poi esteso atutti gli italiani. Studi recenti hanno confermatoche la particolare cantilena dello spagnolo argenti-no è così perché nel tempo influenzata dal modo diparlare dei partenopei. Ma in realtà, l’ambizionedell’Ascia è quella di divenire punto di riferimen-to nell’Italia meridionale.

Al tempo stesso l’associazione fornisce assi-stenza alla comunità degli argentini residente neicomuni dell’area napoletana. Tante sono le inizia-tive organizzate e sostenute e tra queste merita diessere segnalata Memoria y desaparecidos chenel mese di maggio si onorerà, tra le altre, dellapresenza delle Madri di Plaza de Mayo.

Abbiamo chiesto a Carlos Bustamante un pare-re sull’essere immigrati ‘particolari’ nel nostropaese.

In Italia l’immigrazione più visibile è di ori-gine africana e asiatica. Tra questa si na-sconde quella cosiddetta identitaria, cioèpiù vicina alla cultura italiana per sanguee religione, come quella sudamericana.Questo aiuta a sentirsi più integrati o no?

«In parte aiuta perché permette di ‘mimetizzar-si’ nella popolazione italiana, anche se spesso ca-pita anche a noi di essere inclusi nel girone degli‘extracomunitari’. Nonostante eventi spiacevoliche possono comunque verificarsi, come argentinici sentiamo bene integrati nel tessuto italiano».

Carlos Bustamante

La classedirigente

sembra ancoracieca su

un fenomeno che potrebbe

sdoganarel’Italia nel

club dei Paesimoderni e

multiculturali

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L’area del napoletano, nonostante le notedifficoltà, è un luogo, per cultura e viva-cità, che aiuta a sentirsi parte integrantedel tessuto sociale?

«Con i napoletani tutto sembra più facile forseperché qui si vive ancora il dramma del dovereemigrare nel nord del Paese. C’è comprensione,insomma. E poi, guardando agli aspetti più terreni,ci unisce la passione per il pallone (Maradona pri-ma e Lavezzi ora)».

Lo scopo delle associazioni come la sua èanche quello di avvicinare i due Paesi fa-cendoli reciprocamente conoscere. Il si-stema, però, pare non funzionare. Qualisono le mancanze del settore pubblico alriguardo? Stimola l’associazionismo e poilo abbandona a se stesso?

«Molti dei nostri associati sono italiani e nonhanno parenti in Argentina. Fanno parte del soda-lizio perché innamorati del nostro Paese o addirit-tura del tango. Ciò consente che l’interscambioculturale sia più intenso e appropriato. Quanto alsettore pubblico, il più delle volte si limita al ruolodi spettatore indifferente, sia a livello di stato cen-trale che di enti locali».

Come giudica le dichiarazioni del presi-dente Berlusconi sulla triste vicenda deivoli della morte?

«Come argentino mi sento ferito nel sentir par-lare ironicamente di una tragedia che ha colpito unintero popolo. Anche perché gli argentini, in pre-cedenza, hanno potuto contare sulla solidarietà ita-liana pubblica, privata e della giustizia del vostroPaese. Direi che solo chi non avverte il minimo ri-spetto della vita e dei diritti umani possa qualifica-re come ‘belle giornate” i giorni più dolorosi dellanostra storia. È spiacevole che chi conduce il de-stino di un popolo possa esternare concetti tantooffensivi e che, casualmente, avvenga propriomentre la giustizia italiana stia sollecitando l’estra-dizione dell’ammiraglio Massera che con Berlu-sconi ha condiviso l’esperienza della P2. In defini-tiva, i familiari dei desaparecidos argentini e di ori-

gine italiana considerano l’uscita del premier alta-mente lesiva».

Quali sono, a suo avviso, i punti essenzia-li per rafforzare i rapporti tra Italia e Ar-gentina?

«In linea generale le relazioni tra i due Paesi so-no buone. Ma al di là di questo chiedo con forzache l’Italia abbia un’altra visione e un altro com-portamento con i migranti, con gli ‘altri’, con leculture differenti. E che non dimentichi mai il suopassato di terra di emigrazione e che anche fra chipartiva molti non erano ‘onesti lavoratori’. Gliitaliani d’Argentina non furono costretti a ri-nunciare alla propria cittadinanza, né a fre-quentare classi separate perché poveri divocabolario spagnolo. Non si videro ne-gare l’accesso all’edilizia popolare per-ché non argentini, né un posto in fab-brica perché prima c’erano gli ar-gentini».

Sembra che l’Italia stia pro-gressivamente dimenticandoil suo passato. n

La fermata dellametro a Plaza

Italia a BuenosAires e sullo

sfondo la statuadi Garibaldi.

La toponomasticaricorda il nostro

passato da migranti

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storie di loro storie di noi

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come fare altrimenti?