83/2004 del 5 marzo 2004 Trimestrale dei Fratelli delle ... in italia/n 48.pdf · A Firenze per...

52
Trimestrale dei Fratelli delle Scuole Cristiane - Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma - Sezione per la Stampa, n. 83/2004 del 5 marzo 2004 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

Transcript of 83/2004 del 5 marzo 2004 Trimestrale dei Fratelli delle ... in italia/n 48.pdf · A Firenze per...

Trim

estr

ale

dei F

rate

lli d

elle

Scu

ole

Cris

tiane

- R

egis

traz

ione

pre

sso

il Tr

ibun

ale

Civ

ile d

i Rom

a -

Sez

ione

per

la S

tam

pa, n

. 83/

2004

del

5 m

arzo

200

4P

oste

Ital

iane

S.p

.A. S

pedi

zion

e in

Abb

onam

ento

Pos

tale

- D

.L. 3

53/2

003

(con

v. in

L. 2

7/02

/200

4 n°

46)

art

. 1, c

omm

a 1,

DC

B R

oma

DIRETTORE RESPONSABILEMARIO CHIARAPINI

Consiglio di redazione:Gabriele Di Giovanni - Maurizio DossenaLorenzo Filippi - Gabriele Rosario MossiGiuseppe Norelli - Guido OrsiAlberto Tornatora

Collaboratori e Corrispondenti:Bruno A. Bordone, Alberto Castellani, PatrizioDe Iuliis, Giuseppe Eusepi, Remo L. Guidi, LuciaGraziano, Raffaele Norti, Bartolo Parisi, Grafica& Interior Designer

Archivio fotografico:Fausto Guarda, Sergio Saini, Iconografialasalliana, Servizio di Comunicazione La Salle

La rivista viene inviata gratuitamente.Chi desidera contribuire alle spese puòservirsi del

C/c postale n. 52041001IBAN IT27A02008 05020000005215702

causale: Lasalliani in Italia

Per il cambio di indirizzo comunicare anche il vecchio

Direzione e redazione:Lasalliani in ItaliaVia Gian Battista Pagano, 7100167 [email protected]

Amministrazione e Edizione:Provincia della Congregazionedei Fratelli delle Scuole CristianeViale del Vignola, 56 - 00196 Roma

Rivista associataall’Unione Stampa Periodica Italiana

Stampa e spedizione:Stabilimento TipolitograficoUgo Quintily spa - V.le E. Ortolani, 149/151.Zona Ind. di Acilia, 00125 [email protected]. 06-52169299

Finito di stampare: Febbraio 2016

Italia

LASALLIANI in ItaliaRivista trimestrale della Provincia Italia dei Fratelli delle Scuole Cristiane Organo di stampa dei Lasalliani: Fratelli, Amici, Docenti, Alunni, Ex-alunnihttp://www.Lasalleitalia.net

Marzo 2016 - Anno XIII • n. 48

SOMMARIO

Tutti bisognosi di misericordia 3di Mario Chiarapini

A Firenze per ritrovare la vera dignità dell’uomo 4di Maurizio DossenaLa parola per te 7di Gabriele MossiLe porte aperte della Misericordia 8di Alberto TornatoraTemi lasalliani: Una scuola per la vita 10di Bruno Adelco Bordone

Roma, dove vai? 13di Giuseppe NorelliTemi educativi: Scusi, ci facciamo un selfie? 16di Guido OrsiUn piccolo passo verso l’unità e la pace 19di Raffaele Norti

I primi 20 anni del VOLAS, 22 - Una nuova scuola a Kiri, 23 - Cerimonia di Vestizione, 24Un nuovo Istituto intitolato a Fratel Gerard Rummery, 24Professione perpetua di otto giovani Fratelli della Delegazione dell’India, 25Seminario sulla Regola riveduta, 25 - Attacco alla Comunità Solidarietà in Yambio, 26150 anni di Missione Lasalliana 27 - 150 anni di presenza lasalliana, 28 - Prima Assemblea deiGiovani Fratelli del Distretto LEAD 28 - Le Suore Lasalliane in Australia, 29

Un giorno sul Colle La Salle scesero gli angeli 30di Mario Chiarapini

Più che d’obbligo è scuola di spensieratezza... 32di Angelo D’Oriente

I segreti di un volto e la carezza di Dio 34di Mario Chiarapini

Le cucine economiche di Fratel Alessandro 35di Lucia Graziano

Roberto Mannu ovvero un’insaziabile curiosità scientifica 38di Remo L. Guidi

Tornare alle origini 40di Alberto Castellani

Entusiasta nelle grandi e piccole cose: Fratel Armando Norti 43Un lasalliano generoso: Paolo Pantanetti 46Ricco di umanità e di grande levatura morale: Fratel Aldo Sabatini 47

La Salle in Sardegna su un carru a boi 49di Giuseppe Eusepi

Consigli per la lettura 51a cura di Alberto Tornatora

EDITORIALE

NOTIZIE dall’Italia e dal mondo

RICORDI DI SCUOLA

RIFLESSIONI

IN LIBRERIA

STORIA NOSTRA

L’ULTIMA CAMPANELLA

CONSIDERAZIONI

DIDATTICA

ASTERISCO

COSE LASALLIANE

Trim

estr

ale

dei F

rate

lli d

elle

Scu

ole

Cris

tiane

- R

egis

traz

ione

pre

sso

il Tr

ibun

ale

Civ

ile d

i Rom

a -

Sez

ione

per

la S

tam

pa, n

. 83/

2004

del

5 m

arzo

200

4P

oste

Ital

iane

S.p

.A. S

pedi

zion

e in

Abb

onam

ento

Pos

tale

- D

.L. 3

53/2

003

(con

v. in

L. 2

7/02

/200

4 n°

46)

art

. 1, c

omm

a 1,

DC

B R

oma

In copertina: Anno della Misericordia

È una delle grandi intuizioni che papa Francesco haavuto fin dal giorno della sua elezione: il gran biso-gno di misericordia dell’uomo di oggi, a tutti i livellie in tutti i contesti socio-culturali. Da qui l’indizionedel grande giubileo in corso. Misericordia da ricevere,misericordia da concedere. Il papa chiede ai cattolici,ma direi a tutti gli uomini di buona volontà, unaconversione alla misericordia. Avere uno spirito mi-sericordioso tra tutti i credenti, tra le nazioni, neirapporti interreligiosi e razziali. In un mondo, in cuivengono innalzati nuovi muri, dove divampano con-flitti, atti terroristici e guerre, la misericordia, se-condo il papa, è l’unica risposta alle tante crisi delnostro tempo. Una conversione alla misericordia èun processo che intende realizzare un volto piùumano del Popolo di Dio che ha le sue radici nelmessaggio evangelico. L’apertura delle “porte sante”,

Ed it o ri a l e

Tutti bisognosi di misericordia

3

Mario Chiarapini, FscDirettore

Quando chiediamo perdono, Dio ricopre i nostri peccati con il velo della sua misericordia. La Salle

in tutte le diocesi del mondo e non solo a Roma,anche nei luoghi di carità e di solidarietà, ricorda cheuna porta serve per entrare e per uscire, per andareverso Dio e per incontrare il prossimo, per chiederee per ricevere il perdono, ciò di cui abbiamo mag-giormente bisogno. Ma anche per concederlo, Gesùinfatti ci ha insegnato a pregare “rimetti a noi i nostridebiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Ilgiubileo della misericordia mi fa pensare, oltre cheai “beati i misericordiosi, perché troveranno miseri-cordia”, anche alla prima beatitudine “beati i poveriin spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Nell’im-maginario collettivo, il povero è colui che ha bisognodi qualcosa, spesso di tutto, e i poveri di fronte a Diosono coloro che hanno bisogno del suo perdono, delsuo amore, della sua misericordia. Dio che ci ama èsempre disponibile a darci ciò che gli chiediamo. Solocon questo atteggiamento umile, che ripudia l’auto-sufficienza in tutte le sue forme, Dio ci ripaga con ilsuo regno.

In un mondo, in cui vengono innalzati nuovi muri, dove divampano conflitti,atti terroristici e guerre, la misericordia, secondo papa Francesco,è l’unica risposta valida alle tante crisidel nostro tempo.

Dal 9 al 13 novembre 2015 si è tenuto a Firenze il5° convegno nazionale ecclesiale dal titolo“In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.

4

riflessioni

È doveroso intanto partire dallacertezza che l’umanesimo, cioè la pie-nezza di aspettativa per l’uomo edall’uomo, solo in Cristo può trovarerealizzazione, proprio perché Egli,come Uomo/Dio, è anche l’uomo nellasua perfezione umana e nella sua to-tale rispondenza a quanto Dio, cre-ando l’uomo, a lui ha voluto dare e dalui si attende. L’umanesimo cristiano,pertanto, può e deve essere nuovonella misura in cui Cristo ha fattonuove tutte le cose, per cui il proto-tipo di riferimento non può che es-sere, ieri come oggi come domani, lacreatura uscita dalle mani del Crea-tore e restaurata nella Fede dal-l’Uomo/Dio.

In riferimento all’impegno al pre-sente nella società e nella cristianità,

cogliamo la violenza del vulnus versola dignità dell’uomo, alle cui feriteche la storia, nelle sue pieghe antiu-mane e anticristiane ha inferto in fasiprecedenti, si aggiungono oggi quelleintrinseche dell’attentato agli aspettistrutturali medesimi che l’hanno vistouscire dalle mani del Creatore: “uomoe donna lo creò” (Giovanni Paolo II).Con tutto il portato di attacco alla fa-miglia.

Il Papa il quale ci aveva già ricor-dato che “il primo ambito in cui lafede illumina la città degli uomini sitrova nella famiglia, [nell’] unione sta-bile dell’uomo e della donna nel ma-trimonio” (Lumen fidei, n. 52) -facendo eco, peraltro, al Predecessore,il quale ha ben ammonito comel’ideologia del «gender» costituisca la

La Chiesa che è in Italia ha cele-brato a Firenze il suo quintoconvegno generale, un evento

di grandissima portata, visto che iltema “In Gesù Cristo il nuovo umane-simo”, dati i tempi particolarmentepreoccupanti al riguardo, poneva pro-prio l’aspettativa di ritrovare, a Fi-renze, la vera dignità dell’uomo. Cichiediamo ora se tale aspettativa -coltivata in lunghi tempi di attivitàpreparatoria nelle diocesi, nelle par-rocchie, nelle associazioni - sia statacolta. Le conclusioni che ne sono de-rivate sono in gran parte entusiasti-che, con qualche voce fuori dal coroche sottolinea come, da parte delConvegno in senso stretto, sarebbemancata una vera e propria precisaproposta di percorso, al di là di quelleteoricamente tracciate dai documentifinali e pur nel vibrante incitamentovenuto dal Papa, dal Card. Bagnasco,dal Card. Betori, dall’Arcivescovo No-siglia; fra le righe stesse del discorsodi chiusura del Presidente della CEI siavverte, effettivamente, un senso didisagio per tale aspetto lacunoso.

Si tratta tuttavia di dar tempo altempo e di lasciare che il seme get-tato nella città dell’umanesimo abbiaa fruttificare nei luoghi stessi a cui èstato rivolto; noi cerchiamo qui ditracciare qualche linea conclusiva, as-sumendola appunto dalla documen-tazione convegnistica e dai report deinostri delegati diocesani e associazio-nistici che hanno lavorato a Firenze.

Maurizio Dossena,Ex-alunno

“Possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù,scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo”. Papa Francesco

Panorama di Firenze

A FIRENZE PER RITROVARE LA VERA DIGNITÀ DELL’UOMO

riflessioni

più grave minaccia contemporaneaalla Chiesa e all’umanità, e mettendoin guardia contro quella che ha defi-nito una vera e propria “colonizza-zione ideologica” – al convegnofiorentino ha ribadito un percorso diforte impegno per i cattolici e pertutti gli uomini di buona volontà eretta sensibilità. «Mi ha colpito anzi-tutto – ha commentato il Card. Scola- il grande amore del Papa per laChiesa italiana: è evidente che si è pie-gato in termini personali a rifletteresulla nostra situazione e ci ha dato in-dicazioni preziosissime e di estremaimportanza e interesse. Mi è sembratoun mosaico… Adesso bisogna avere iltempo e la pazienza di assimilare in-sieme tutte le tessere che lui ha volutomettere insieme in questo grande di-segno centrato sull’Ecce homo. Mi èpiaciuto molto il modo con cui lui harisolto l’umanesimo in Cristo: non ètanto la creazione immediatamenteparlando di saperi, di discorsi, ma l’im-medesimazione con la persona diGesù, che è la comunicazione stessa diDio, da cui scaturisce una concezionedella Chiesa come popolo di Dio in cuiil pastore è anche padre, in cui c’è unagrande sintonia tra il pastore e lagente».

In un mio intervento giornalistico

alcuni giorni prima del conve-gno mi chiedevo: di qualeuomo si sta oggi parlando?qual è lo scopo della coloniz-zazione in atto? forse capo-volgere l’alfabeto dell’umanoe ridefinire le basi della per-sona e della società? Con lanecessità di costruire un in-tenso percorso di sensibilizza-zione e di analisi delle realtàche rischiamo di veder per-dersi attorno a noi, per cuil’importante evento ecclesialefiorentino ha indubbiamentecostituito una chiamata difortissimo livello da partedella Chiesa, la quale è tantocustode della linea di salvezzaper l’uomo inaugurata dallavenuta salvifica di Cristo,Uomo-Dio e Maestro del-

l’umanità, quanto aperta, fra Scrit-tura, Tradizione e Magistero, a quelladimensione ecclesiale di rinnovata di-mensione missionaria che il Papa nonmanca ogni giorno di ricordare e rac-comandare come unico genuino im-pegno per la Sposa di Cristo, Maestradi preghiera e dispensatrice di Grazia,esperta in umanità, un’umanità pe-rennemente da rieducare secondo ilmodello di uomo uscito dalle mani delCreatore ma oggi minacciato da in-numerevoli proposte antiumane.

Nei confronti di queste stesse de-rive - la “dis-umanità”, quella che ilPapa chiama “logica dello scarto”, la

“trans-umanità”, con l’idea parados-sale, perseguita pervicacemente dapotenti interessi, secondo cui il limiteche va forzato è l’essere umano inquanto tale - ha messo in guardia, neldiscorso d’apertura, l’Arcivescovo No-siglia, il quale ha ricordato come “lamessa in crisi dei fondamentali su cuisi radica la libertà e la responsabilitàdell’uomo verso la vita, la famiglia, ilcreato, conduce alla “morte “ del-l’uomo stesso e di quel bene comuneche cementa ogni società e garantisceil suo futuro, [ma] la verità, il bello, ilbuono e il giusto sono […] fondamen-tali […] a un tempo antropologici, cul-turali e spirituali, […] per vivereinsieme in una terra abitabile e ma-terna per tutti i suoi figli”.

Colgo, in piena condivisione, dalreport che ci hanno inviato da Firenzela Presidente nazionale e l’AssistenteEcclesiastico della Confederex: “Lastagione che abbiamo alle spalle, so-spingendo la modernità verso le sueestreme conseguenze, ha introdotto li-velli tecnologici, istituzionali, organiz-zativi, culturali, cognitivi sempre piùesigenti. Questo ha portato l’Europa anon riconoscere più le sue radici cri-stiane e si è ridotta ad essere un appa-rato tecno-burocratico, dove dominauna tecno-economia che con troppadisinvoltura “gioca” con la finanza chefinisce di schiacciare i più deboli. Di-nanzi a questi fenomeni, che arrivanofin dentro la vita di ciascuno, serpeggiaun grande disorientamento. Sotto la

Interno della cupola di s. Maria del Fiore

5

Il Papa a Firenze

riflessioni

superficie gaudente, si nasconde unagrande sofferenza umana.”

Il percorso convegnistico passavaattraverso cinque vie:

USCIRE, dobbiamo anzituttouscire e creare condivisione e frater-nità; non basta essere accoglienti,dobbiamo per primi muoverci versogli altri, perché il prossimo non è coluiche ci chiede aiuto, ma colui del qualeci siamo fatti prossimi.

ANNUNCIARE la persona e le pa-role del Signore, perché, senza l’an-nuncio esplicito, l’incontro e latestimonianza rimangono sterili o in-completi.

ABITARE, che ci richiama a unapresenza dei credenti sul territorio enella società, secondo un impegnoconcreto di cittadinanza. “I credentisono cittadini”, ha affermato chiara-mente il Papa, chiedendo “per favore,

non guardate dal balcone la vita, maimpegnatevi, immergetevi nell’ampiodialogo sociale e politico; le mani dellavostra fede si alzino verso il cielo, malo facciano mentre edificano una cittàcostruita su rapporti in cui l’amore diDio sia il fondamento; […] di qui sca-turisce l’impegno del cattolico nellasfera politica che deve essere “coe-rente e trasparente”.

EDUCARE, la comunità e i cre-denti hanno poi il compito di renderegli atti buoni non un elemento spora-dico, ma virtù, abitudini della persona,modi di agire e di pensare; e questo siattua con l’educare. Èuna famiglia e una co-munità chiamata aquesto compito, en-trambe necessitano diadulti che siano tali,cioè formati.

TRASFIGURARE ,scardinando le strut-ture di peccato e di op-pressione e facendo sìche l’umanesimo ap-preso da Cristo diventiconcreto e vita delle persone.

Le parole conclusive al convegnoda parte del Presidente della CEI col-gono il senso pieno dell’evento,quando sottolineano come «il conve-nire, che ha scandito i decenni dopo il

Card. Angelo Bagnasco, presidente CEI

Concilio, è divenuto preziosa tradi-zione di confronto e discernimento alivello comunitario e ci ha aiutato e ciaiuta a recepire le istanze conciliari, arafforzare la nostra testimonianza difede e a contribuire al bene comunedel Paese. […] A Firenze la Chiesa ita-liana non ha celebrato soltanto il suoquinto Convegno ecclesiale nazionale,ben di più, ha scelto di assumere […]un impegno di conversione finalizzatoa individuare le parole più efficaci, lecategorie più consone e i gesti più au-tentici attraverso i quali portare ilVangelo nel nostro tempo agli uomini

di oggi», precisando, con grande e ur-gente opportunità, che «Siamo a ri-dosso del Sinodo», per cui, «Come nonportare la famiglia al centro della no-stra attenzione?». In «stile sinodale»,appunto. ◆

VUOI RISOLVERE DAVVERO I PROBLEMI?

Ogniqualvolta ci si trova di fronte a un problema, ci si para davanti un bivio con relative insegne. Quella didestra dice: Soluzione. Quella di sinistra: Dibattito sul problema. La maggior parte decide di andare a sinistra.Forse per eccessivo senso democratico e per una sorte di ripudio viscerale di ogni forzatura? O perché con-vinti che i tempi debbano trovare una maggiore maturazione? L’una e l’altra sono motivazioni di alto profilo,non c’è che dire. Purtroppo però, molto spesso questi ripieghi sono solo degli alibi e rivelano che la vera so-luzione dei problemi, in realtà, interessa a pochi. E questo, purtroppo, capita molte volte proprio a coloroche occupano posti di responsabilità e perciò chiamati a prendere decisioni. C’è una sorta di pigrizia intellet-tuale e di carenza decisionistica per cui si preferisce il ripiego del “parliamone”, con l’implicita speranza chele cose restino come sono, illudendosi che il problema, in fondo, non è un problema e che si può continuarea cullarlo dolcemente e andare avanti come se nulla fosse, magari con la recondita speranza che si risolva dasolo. Perché non si ragiona allo stesso modo quando arriva un forte mal di denti o qualche altro disturbo fi-sico? Il fatto è che questi sono problemi personali e si sente il bisogno di risolverli quanto prima; degli altri,che sono di tutti, e di nessuno in particolare, non si sente l’urgenza di trovare una soluzione. Perché deciderevuol dire rischiare, scomodarsi, andare incontro alle critiche! È più comodo starsene tranquilli. Ma chi non af-fronta il problema e lo rimanda alla don Abbondio è un codardo e si assume la responsabilità di frenare ilcambiamento. Winston Churchill diceva che “nessun problema può essere risolto congelandolo”; mentreDuke Ellington affermava che “un problema è una possibilità che ti viene offerta per fare meglio”.

The dreamer

Sestante

Convegnisti in assemblea plenaria

6

77

Signore Gesù, che a Nazareth hai goduto le gioie del focolare domesticola tenerezza di Maria e la dedizione di Giuseppe nell’intimità del quotidiano vivi con noi nelle nostre famiglie, comunità, scuole e parrocchieconsacrate cenacoli di preghiera e di lavoro al canto delle Beatitudiniperché con fede viva, fraternità sincera e servizio generosopossiamo gustare il sapore di Dio crescendo in “età, Sapienza e Grazia”.

Signore Gesù, con te vogliamo crescere in età.Gli eterni bamboccioni vegetano nella noia della stupidità e dello sballovecchi mascherati da giovani, marciscono senza maturarecurano corpi senz’anima, idolatri di una bellezza vana senza umanità.Con te sapremo conquistare libertà ed equilibrio interioreconfortati da realistico buon senso nel rapporto con la natura e il creatoaccogliendo ogni uomo come persona in una società civilecon sincerità e rispetto, unità fiduciosa e solidarietà costruttivasempre più consapevoli che la nostra vita è missione.

Signore Gesù, con te vogliamo crescere in Sapienzache oltre al conoscere intelligente della cultura umanaè “sàpere”, gustare la realtà divina con i sentimenti di Cristonell’intima contemplazione che nasce dall’unione con Dio,è scienza della vita in Dio “pura, pacifica, piena di misericordia” (Gc.3,17)che ci fa discernere il bene dal male, il vero, il giusto e il buononon assecondando l’umore e il capriccio, l’interesse e il piacerema compiendo con entusiasmo e fedeltà la volontà del Padreincarnata nei valori che contano, col dono dello Spirito chiesto in preghiera.

Signore Gesù, con te vogliamo crescere in GraziaAmore di Dio che vive in noi dandoci la forza di amare col cuore di Cristo.Con la nuova nascita del Battesimo, vinto il peccato morte dell’animaTu trasfiguri la nostra fede nello splendore delle opere di Carità (Gc.2,18)rendendoci uomini onesti, contagiosi testimoni del Vangeloche educano alla giustizia e alla pace nel segno della Misericordia divinacon la gratuità dell’Amore e con infinita gratitudineconsumando la vita come gioiosa eucarestia perenne rendimento di grazie a Dio per gli uomini costruttori del Regno.

Signore Gesù, continua a crescere in noicon la maturità della vita come missione responsabilecon la Sapienza dello Spirito e la forza della Caritàperché nelle nostre famiglie, comunità, scuole e parrocchiesiamo cooperatori del tuo divino disegno di Salvezzae ogni uomo figlio di Dio sia un capolavoro della Grazia.

...la Parola per te!

Gabriele Mossi, Fscprofessore di filosofia

...la Parola per te!

“Gesù cresceva in sapienza, età e grazia

davanti a Dio e agli uomini”(Lc 2, 52)

“Gesù cresceva in sapienza, età e grazia

davanti a Dio e agli uomini”(Lc 2, 52)

anno santo

Alberto Tornatora,docente lasalliano

G iubileo della Misericordia, cioè Perdo-nanza, come una volta erano detti i Giu-bilei. E indulgenza, una delle parole

chiave del Giubileo, vuol dire anch’essa perdono:il verbo latino «indulgere» significa «trattare conbenevolenza». Ma di quali peccati si cerca il per-dono e attraverso quali pratiche? Di tutti i peccati,attraverso il pellegrinaggio, la confessione e la co-munione, la preghiera secondo le intenzioni delPapa e le cosiddette «opere di misericordia».

L’indulgenza che si può ottenere in questa oc-casione giubilare è «la remissione davanti a Diodella pena temporale dovuta per i peccati già can-cellati in quanto alla colpa». Papa Francescoguarda alla sostanza della «conversione» e della«grazia del perdono» a cui alludono le parole per-donanza e indulgenza, e adopera parole più com-prensibili all’uomo d’oggi facendo in modo che

Il Giubileo di Papa Francesco

Le porte apertedella Misericordia

La misericordiaè il comportamento ordinariodi Dio nei nostri confronti,l’architrave che sorreggela vita della Chiesa,l’atteggiamento naturalee quotidiano che dovrebbeavere ogni cristiano.

Le porte apertedella Misericordia

anno santo

9

tutti possano accedere a quella gra-zia: anche chi non può venire a Roma.È per questo che ha voluto aprire«porte sante» in tutto il mondo.

Dal primo giubileo del 1300 finoai nostri giorni sono stati milioni ipellegrini giunti a Roma per l’AnnoSanto cercando di cogliere un’occa-sione per riflettere sulla propria vita emeditare sulla speranza che incorag-gia tutti i credenti a perseverare ope-rosamente nella attesa della futuravita eterna al cospetto di Dio dopo lamorte. Il cammino del pellegrino deveessere inteso allora come un camminoeminentemente spirituale che, dap-prima con cadenza cinquantennale epoi con intervalli più ravvicinati, hacomunque come meta ideale la cittàdi Roma da sempre al centro dell’at-tenzione del mondo cattolico. PapaFrancesco ha deciso di riaprire laPorta Santa nella Basilica di San Pie-tro per celebrare un giubileo diversodai precedenti, un giubileo che poneal centro della riflessione il tema dellamisericordia di Dio; è un tema chenon si rivolge solo ai credenti cattolicima che interpella tutta l’umanità.

Per la prima volta nella lunga sto-ria della Chiesa un Papa ha aperto laprima Porta Santa di un giubileo nona Roma ma a Bangui nella RepubblicaCentro Africana che è uno dei paesipiù devastati della Terra dove si con-sumano conflitti e povertà che hanno

poca eco nel resto del mondo. Tuttele chiese locali e particolari sono statechiamate così ad aprire contempora-neamente la Porta Santa delle lorocattedrali per vivere una esperienzastraordinaria di grazia e di rinnova-mento spirituale. Papa Francesco havoluto per così dire “decentrare” que-sto evento presentandolo quale segnovisibile di comunione e di consapevo-lezza della corresponsabilità di tutti imembri della Chiesa. È questa l’ideadi una cattolicità che mette al centrole periferie umane, esistenziali e geo-grafiche del mondo attraverso l’impe-gno in una conversione personale chedovrebbe essere segno di distinzionedel fedele operoso nella solidarietàverso i poveri che sono i privilegiatidella misericordia di Dio.

Per celebrare questo Anno Santo eper ottenere l’indulgenza plenaria nonsarà necessario dunque affrontare ilpellegrinaggio a Roma: basterà var-care una delle porte sante apertenelle chiese di tutto il mondo. A Romaperò sono state aperte diverse portesante: oltre a quelle nelle basiliche diSan Pietro, San Giovanni in Laterano,Santa Maria Maggiore e San Paolofuori le mura sono state aperte portedella misericordia nel Santuario delDivino Amore ed una persino in unluogo laicale: l’ostello della Caritasalla Stazione Termini. L’indulgenzaviene così concessa a tutti i volontariche varcheranno la porta per assisterei bisognosi. La tradizione, che risale aSan Filippo Neri, vuole che il pelle-grino giunto a Roma non si limiti a vi-sitare le quattro basiliche maggiorima faccia tappa anche presso altretre chiese (Santa Croce in Gerusa-lemme, San Lorenzo fuori le mura eSan Sebastiano) dove però non cisono “porte giubilari” compiendo cosìil proverbiale “giro delle sette Chiese”.

Nell’ambito delle molteplici cele-brazioni giubilari, il giorno 1° aprile èdedicato alla Spiritualità della DivinaMisericordia (una particolare devo-zione proposta dalla suora polaccaFaustina Kowalska proclamata santadurante il pontificato di Giovanni

Paolo II) e il 23 dello stesso mese verràcelebrato il Giubileo dei ragazzi e delleragazze. Un grande evento-raduno èprogrammato fuori Roma nel mese diluglio e a settembre sarà il momentodel Giubileo dei Volontari della Mise-ricordia (per tutti quei volontari cheoperano in soccorso dei bisognosinelle oltre 700 associazioni religiose elaicali oggi attive nel mondo).

Papa Francesco ha voluto conquesto Giubileo della Misericordiainaugurare una nuova tappa dellaevangelizzazione, una tappa che deveessere caratterizzata dalla operositàdi chi è consapevole che nella vitadella Chiesa “nulla dovrebbe essereprivo di misericordia”. Essa è il com-portamento che Dio ha nei nostriconfronti e Francesco lo afferma conchiarezza: “l’architrave che sorreggela vita della Chiesa è la misericordia.Tutto della sua azione dovrebbe es-sere avvolto dalla tenerezza con cuisi indirizza a i credenti; nulla del suoannuncio e della sua testimonianzaverso il mondo può essere privo dimisericordia” (Misericordiae vultus,10); questi sono i necessari presup-posti per comprendere più compiuta-mente il pensiero del Papa sulnecessario rinnovamento dellaChiesa. ◆

P arlare di scuola nell’ottica diGiovani Battista de La Salle im-pone prima di tutto di fare ri-

ferimento alla sua esperienza. Non èpossibile che una persona nella vitarealizzi qualche iniziativa senza chequesta abbia un aggancio con quelloche è stata la sua esperienza passata,non escludendo in questa rievoca-zione i riferimenti alla sua situazionenegli anni giovanili, anzi più ancoraagli anni dell’infanzia. Il La Salle nonfa certamente eccezione a questa re-gola: la scuola, fattore primario ed es-senziale della sua vita, è anche fruttodella sua educazione culturale, daiprimi insegnamenti ricevuti in fami-glia da bambino fino alla laurea inteologia all’università di Reims.

L’esperienza scolastica diGiovanni Battista de La Salle

Come era d’uso nel ceto nobiliare,Giovanni Battista riceve in famiglia iprimi rudimenti del sapere. È il padrestesso che se ne occupa in collabora-zione con insegnanti da lui scelti chehanno il compito di unire il sapere pro-fano all’esperienza religiosa. Questofino all’età di nove anni quando è ma-turo per frequentare la scuola. Traquella dei Gesuiti e quella comunale, ilpapà sceglie quest’ultima perché egli faparte in modo rilevante dell’ammini-strazione pubblica come consiglierepresso il tribunale e quindi può seguireil figlio da vicino nella sua crescita cul-turale. A nove anni, quindi, GiovanniBattista entra nel Collège des Bons En-fants per studiare grammatica, latino,greco, letteratura e filosofia.

A undici anni Giovanni Battista

sente la prima chiamata di Dio a con-sacrarsi a lui come sacerdote e il papàacconsente anche se egli è il primo-genito; Giovanni Battista accetta latonsura e si avvia agli studi ecclesia-stici che lo porteranno a ricevere gliordini minori mentre ancora fre-quenta la scuola. A 16 anni è nomi-nato canonico della cattedrale diReims, un avvenimento determinantenella sua crescita umana e spirituale.Negli studi egli ottiene risultati lusin-ghieri e a diciotto anni consegue il di-ploma di Maitre-ès-arts, la nostramaturità classica, con la menzione“maxima cum laude probatus”.

Subito si iscrive all’università diReims ma l’anno seguente, su consi-glio del suo direttore spirituale Nico-las Roland, decide di frequentare ilprestigioso seminario di Saint-Sulpicea Parigi per completare in manieraimpegnativa la sua preparazione alsacerdozio. Vi entra a 19 anni, il 18ottobre 1670 e, scrive Bernard, il suo

lasallianità

Bruno Adelco Bordone, Fsclasallianista

Temi lasalliani 23

UNA SCUOLAPER LA VITA

Per il La Salle

la scuola è un luogo

privilegiato

di educazione,

in particolare,

di educazione

cristiana

e di preparazione

alla vita.

10

La Salle giovane canonico di Reims

primo biografo, sotto la direzionedell’abate Jacques Bauhin, discepolodell’Olier, fondatore del seminario, “siattirò la stima e l’affetto per la suacondotta esemplare. Qui egli gettò lefondamenta di tutte le virtù chepoi praticò nella vita con coraggioe perseveranza. Qui egli fu ab-bracciato dall’amore di Gesù e diMaria. Qui si consacrò a Dio inmaniera particolare ricevendol’ordine del suddiaconato” (Vita diG. B. de La Salle, pag. 45).

A Parigi egli frequentò l’uni-versità della Sorbona, seguendo icorsi di teologia. Purtroppo lapermanenza al seminario pari-gino fu interrotta bruscamenteper la morte prematura dellamamma e del padre: vi rimasesolo 18 mesi e il 29 aprile 1672dovette far ritorno a Reims peroccuparsi degli affari di famigliae dell’educazione dei suoi fratelliminori.

Nonostante gli impegni fami-liari e del canonicato egli com-pletò la sua formazione e fuordinato sacerdote dal suo ve-scovo monsignor Le Tellier il 9aprile 1678; in seguito completògli studi universitari laureandosi inteologia il 21 aprile 1680.

La nuova prospettivascolastica del maestro Nyel

Quando il canonico de La Salleconcluse con la laurea il suo curricu-lum di studi aveva già incontrato ilmaestro Adriano Nyel che portò unaventata di novità nella sua vita. Nyelproveniva da Rouen, inviato dallaneoconvertita signora Maillefer, perfondare una scuola a Reims. L’incon-tro con il La Salle fu un caso del tuttocasuale e questi è stato coinvolto soloperché la sua personalità di prestigiopoteva essere utile per dare l’avvioalla scuola. Così avvenne infatti: il LaSalle ospitò Nyel in casa sua e concompetenza lo consigliò di aprire lascuola affidandola a una parrocchia

non al comune che avrebbe bloccatol’iniziativa per mancanza di fondi.Sempre per l’autorevole interessa-mento del La Salle la prima scuola siaprì nella parrocchia di Saint Maurice

il cui parroco zelante trovò l’iniziativaconforme ai suoi desideri di venire in-contro alla situazione drammatica deifigli degli operai e del poveri abban-donati a se stessi senza istruzione.

Il Nyel con la sua intraprendenzaaveva trovato i primi maestri tra ilceto popolare, persone che avesseroun minimo di istruzione per assicurarel’insegnamento di base ai fanciulli. Lascuola ebbe un inizio promettente,tanto che il La Salle poteva conside-rare concluso il suo intervento. Ma lecose procedettero in maniera moltodiversa. Due fatti furono determi-nanti: il Nyel, mosso dall’entusiasmo,si prodigò per aprire nuove scuole e ilLa Salle notò con una certa costerna-zione l’assoluta impreparazione deimaestri a impartire l’istruzione e so-prattutto l’educazione agli alunni,realizzando così una vera scuola comeera parte della sua esperienza.

Pur conservando la stima reci-proca, a questo punto il La Salle e ilNyel seguono vie diverse: il La Salle sioccupa dei maestri cercando di dareloro più dignità e una formazione che

li rendesse adatti al loro ruolo; ilNyel segue il sogno di crearenuove scuole che accogliessero ifanciulli di strada bisognosi diun’istruzione per crescere in di-gnità personale. Lo svolgersi deifatti sembrava quindi differen-ziare in modo oggettivo i duepercorsi; ma rimaneva ancora unaggancio tra questi primi prota-gonisti degli inizi della scuola po-polare in Reims: il fatto che Nyelaveva bisogno del La Salle comesuo protettore. Il tutto lo coin-volse sempre più nella gestionedelle scuole nonostante la sua ri-trosia di occuparsene. Gli avveni-menti maturarono come eraprevedibile: il La Salle acquistòun ruolo preminente nella condu-zione delle scuole e il Nyel, sem-pre più stanco per il suoprodigarsi nell’apertura di nuovesuole, dopo qualche anno decisedi fare ritorno a Rouen sicuro dilasciare le scuole in buone mani

perché il La Salle ormai ne era diven-tato il vero gestore.

Nasce la nuova scuoladel La Salle

Con la partenza del maestro Nyello sviluppo delle scuole inizia unanuova impostazione. Ormai il La Sallene è unico responsabile e può pren-dere le decisioni con le scelte checrede più opportune. Egli non dàmolta importanza del numero dellescuole ma alla loro efficienza, soprat-tutto con la presenza di maestri pre-parati. Questo lo spinge condeterminazione a lasciare progressi-vamente tutto il suo mondo per farsi“come loro”. Il processo ha inizio conla scelta del La Salle di lasciare la suacasa per diventare povero con i poveriscegliendo di trasferirsi in Rue Nueve,

lasallianità

11

La Salle in cattedra (Cesare Mariani)

alla periferia popolare della città. Aimaestri che lo seguono egli inizia adare una formazione con quei principiche li avvieranno in seguito a formareun gruppo di suoi seguaci che si of-friranno a Dio con il voto di obbe-dienza e costituiranno una vera epropria comunità di consacrati. Na-scono così i Fratelli delle Scuole Cri-stiane: “Fratelli” perché conduconoun vita semplice fondata sull’amorefraterno e “delle Scuole Cristiane”perché la scuola sarà la loro unicamissione.

In questa prospettiva, tra gli scrittidel La Salle troveremo che egli non sisoffermerà molto a illustrare il funzio-namento della scuola, ma insisterà so-prattutto sulla formazione dei docenti.Alla scuola dedicherà un’opera che egliscrive con la collaborazione dei Fratellipiù preparati: è la “Conduite des éco-les”, un manuale che, prima di esserestampato, inizia a circolare tra i Fra-telli manoscritto per il desiderio di co-stituire “une sainte uniformité” nelfare scuola secondo i prispirati dal LaSalle. Una uniformità che poi si è pro-tratta ed è diventata la caratteristicadella scuola lasalliana nei secoli.

L’insegnamento del La Salle

È volto soprattutto a fare dellascuola un luogo privilegiato di educa-zione e in particolare di educazionecristiana. La scuola del La Salle pre-para più alla vita quotidiana che aun’istruzione superiore perché orientagli adolescenti a essere preparati nelmomento in cui i genitori decidono diavviarli al lavoro. Scrive il La Salle: “Loscopo essenziale della vostra missioneconsiste nell’educare bene i fanciulliche vi sono affidati. Il vostro lavorosarà infecondo, non sarà gradito a Dioné meriterà le sue benedizioni se nonporrete al vertice delle vostre inten-zioni quella di dare ai vostri alunni unaeducazione cristiana. Le fatiche chesopporterete a tal fine li condurrannoa una docile sottomissione non soloverso i loro genitori ma anche verso

tutti coloro che si prendonocura della loro formazione”(M 186,1). In particolare in-siste sulla formazione reli-giosa: “Siete obbligati ainsegnare ai vostri alunni lemassime del Vangelo. A nes-suno di loro deve mancarel’istruzione religiosa: perquesto la Chiesa ve li affida.Dovete, quindi, considerarvicome i depositari della fedeper poterla comunicare.Questo è il bene che Dio viaffida e di cui vi fa ammini-stratori” (M 61,2).

Per essere efficace, inse-gna il La Salle, l’educazionedeve essere impartita inclima di testimonianzaamorevole: “L’apostolo sanGiacomo scrive: ‘Che giova,fratelli, se uno dice di avere la fede manon ha le opere? Forse che quella fedepuò salvarlo?’ Di conseguenza, a checosa servirebbe istruire i fanciulli sulleverità della fede se non fossero guidatia compiere opere buone? È noto che‘la fede senza le opere è morta’ Nonbasta quindi istruirli soltanto nelle ve-rità della nostra religione se non sichiede loro la dimensione della caritàfraterna e di compiere le opere buone.La fede, per quanto viva sia, se non èanimata dalle opere buone, non servea nulla. Imprimete questa verità neivostri alunni affinché procedano sullavia del bene…” (M 200,3).

Questi sono alcuni spunti del LaSalle sul tema della scuola ma la suapreoccupazione maggiore è rivolgersidirettamente ai suoi figli spirituali,conscio che l’efficacia della scuola di-pende dalla loro dedizione incondizio-nata. Basta una sola citazione perconvincersene: “La vostra missioneeducativa è stata istituita per procu-rare lo spirito del cristianesimo ai vo-stri alunni. Non potete realizzarequesto scopo, né potete raggiungerela perfezione del vostro stato se in-nanzitutto voi non vi sarete impegnatiin modo concreto alla vostra santifi-cazione” (M 186,2).

Il La Salle è totalmente dedicatoalla sua scuola e l’ha voluta comescuola di vita, per questo l’ha affidataa persone che egli ha formato allapienezza umana, culturale e cristiana.

Conclusione

I Fratelli con i collaboratori lasal-liani sono sempre rimasti fedeli,anche tra notevoli difficoltà a questascelta del loro Fondatore. Ne sono te-stimonianza trecento anni di storia.Ne siamo consapevoli in particolarenoi in Italia a causa di una legisla-zione che non favorisce le scuole pa-ritarie con il sussidio degli entipubblici. Cosa che si realizza invecenella maggior parte dei paesi europei.Ciò nonostante i Fratelli restano fedelial loro carisma iniziale; lo confermaanche la Regola votata dall’ultimoCapitolo Generale del 2014 che re-cita: “(I primi Fratelli) hanno rinnovatola scuola del loro tempo per renderlaaccessibile ai poveri e per offrirla atutti come segno del Regno di Dio ecome mezzo di salvezza”. (1) “Lascuola cristiana, che deve sempre rin-novarsi, è lo strumento privilegiatodell’azione dei Fratelli” (3). ◆

12

lasallianità

Uscita dalla Messa in un giorno di scuola(Jean-Joseph Lacroix)

chiesa e società

È la città più bella al mondo ep-pure tutti la vorremmo diversa.C’è grande bellezza, la grande

bellezza, ma anche inquinamento –tanto - e non solo nell’aria a volte ve-ramente irrespirabile. Certo Roma nonsta vivendo una delle stagioni più fe-lici. Ma le cose possono cambiare.Nella “LETTERA ALLA CITTÀ”, che laChiesa di Roma ha presentato a no-vembre (il 5) dello scorso anno in SanGiovanni in Laterano, è contenutol’invito a un rinnovamento su tutti ifronti: spirituale, culturale e sociale.La città deve essere più giusta e soli-dale. Non dobbiamo dimenticare cheproprio qui si è riusciti a creare per ilmalaffare una “terra di mezzo” e peri deboli la terra di nessuno. E “quandouna società ignora i poveri, li perse-guita, li criminalizza, li costringe amafiarsi, quella società si impoverisce

fino alla miseria, perde la libertà… ecessa di essere cristiana”.

Il pensiero (Te Deum 2014), ripor-tato nella prima parte del documento,è di Papa Francesco che lo ha ripresocon forza anche all’ultimo Te Deum,segnalando ai romani la strada peravanzare sulla via del bene. “Siamointerpellati a verificare se le vicendedel mondo si sono realizzate secondola volontà di Dio, oppure se abbiamodato ascolto prevalentemente ai pro-getti degli uomini, spesso carichi di in-teressi privati, di insaziabile sete dipotere e di violenza gratuita.(…). Lanostra città di Roma non è estranea aquesta condizione del mondo intero.

Vorrei che giungesse a tutti i suoi abi-tanti l’invito sincero per andare oltrele difficoltà del momento presente.L’impegno per recuperare i valori fon-damentali di servizio, onestà, solida-rietà permetta di superare le graviincertezze che hanno dominato lascena di quest’anno, e che sono sin-tomi di scarso senso di dedizione albene comune”.

A Roma è evidente il contrasto trabellezza artistica e disagio sociale, uncontrasto che si esprime nelle diffe-renze – non solo urbanistiche - tracentro e periferia, un contrasto chemette in discussione l’identità stessadi questa città.

13

Giuseppe Norelligiornalista ex-alunno

ROMA, DOVE VAI?

Analisi e considerazionisulla “Lettera alla Città”,

documento diocesano su problemi, risorsee sfide che riguardano la “Città Eterna”.

L’impegno della Chiesa in una nuova stagionedi rinnovamento spirituale, culturale e sociale.

Fontana di Trevi

chiesa e società

Nel documento della diocesi c’èuna frase emblematica: Roma sta di-ventando la sua periferia. E il suocentro, sempre più a vocazione poli-tica e turistica, subisce la fuga dei re-sidenti. Roma ha ormai più del 23%dei suoi abitanti fuori del GrandeRaccordo Anulare. Gli affitti hannoraggiunto livelli insostenibili. In au-mento anche le povertà: c’è la po-vertà degli anziani, quelladegl’immigrati e quella derivantedalla mancanza di lavoro che colpiscee indebolisce le famiglie. All’assillodel lavoro si aggiunge la diffusionedel gioco d’azzardo. C’è un’intera ge-nerazione con aspettative di granlunga inferiori a quelle che l’hannopreceduta. Le risposte? Intanto vacombattuta la cultura dello scarto,non rimarcando l’appartenenza mapromuovendo la partecipazione; per-ché gli steccati non servono.

Parlare di povertà a Roma, comun-que, fa sempre un certo effetto. Se-condo una ricerca inglese Roma è nelmondo al 12° posto nella classificadei milionari (i miliardari di unavolta…). Comunque, anche a nonprendere troppo sul serio certe clas-sifiche, non ci vuol molto a capirecosa rappresenta oggi una città comeRoma: il doppio delle rappresentanzediplomatiche (c’è il Vaticano), centricommerciali (una trentina) che si av-viano a superare le pur numerosissime

università, e poi tutta la città politicae amministrativa con le sue ramifica-zioni, lo straordinario patrimonio ar-cheologico artistico e culturale, larete di imprese nel campo della co-municazione e dell’informazione, delcinema, dello spettacolo, la capacitàdi promuovere grandi eventi e attrarremilioni di persone da tutto il mondo.E naturalmente come non menzionareil ruolo della Chiesa, la persona delPapa e le numerose realtà ecclesiali?

Una città che estende i suoi con-fini, invisibili ma reali. Intorno a Romaorbitano e gravitano altre città; e nonsoltanto i comuni della sua cinturametropolitana: l’alta velocità l’ha resaraggiungibile in tempi brevi, brevis-

simi. Spesso i tempi di percorrenza daNapoli o Firenze sono inferiori ri-spetto a quelli da un quartiere all’al-tro della Capitale. La città allunga isuoi spazi ma consuma il tempo degliabitanti: gli spostamenti, dalla peri-feria o dal centro non fa differenza, acerte ore sono veramente estenuanti.Nel flusso viene a trovarsi pure la Sta-zione Termini dove ogni giorno pas-sano in seicentomila. Proprio perquesto Termini è diventata un centro,seppure situata alla periferia del cen-tro. Non sappiamo se Roma sia pro-prio “Terminocentrica”, ma se il futurodelle periferie è policentrico quello diRoma - se Roma sta diventando lasua periferia - parte proprio da qui,dalla periferia del centro.

Rivitalizzare le periferie natural-mente significa evitare l’errore com-piuto nell’espansione delle cittàeuropee nell’ultimo dopoguerra, ecioè la zonizzazione; ovvero la divi-sione in quartieri specializzati: in unole abitazioni, altrove gli uffici ammi-nistrativi, ecc. Insomma è necessarioritrovare nella città la vita di quartiereevitando la nascita di periferie at-torno a un singolo centro.

Il problema però non è solo di na-tura urbanistica. “La nostra città viveun momento di transizione e di crisi.La corruzione, l’impoverimento urba-nistico e ambientale, la crisi econo-mica hanno investito pesantemente lo

14

Colosseo

Quartiere popolare di Via Boccea

chiesa e società

spazio fisico, l’identità collettiva e lacoesione sociale”. La crisi - profonda- oltre che economica, è antropolo-gica ed etica. La spinta morale nonsembra più avere rilevanza pubblica esenza un rinnovamento culturale lasituazione del presente non cambia.

La società liquida, nell’evidentesquilibrio tra possibilità tecniche edenergia morale, rischia un determini-smo tecnologico che può portare aspostare nella ”rete” i compiti propridei soggetti educativi, come quelli dipromozione alla libertà, alla legalità ealla democrazia. Ma la relazione edu-cativa non è surrogabile, non bastaInternet per diventare uomini edonne. L’impegno all’educa-zione, culturale e morale, ècompito proprio della comunitàin tutte le sue componenti. Diuna comunità che ovviamentesi preoccupa del futuro.

“La nostra città è stata col-pita da una diffusa anemia spi-rituale” ha sottolineato ilCardinale Vallini. Del resto l’in-dividualismo esasperato è fruttodei soli due motori che sem-brano alimentare oggi la so-cietà: tecnologia ed economia.Le nuove tecnologie - al di làdelle indiscusse potenzialità -sono solo uno strumento; e sedello sviluppo economico nes-suno vuole disconoscere l’im-portanza, “non si può insegnare, però,alle nuove generazioni che l’unicacosa che conta è la crescita dellaquantità di denaro”.

Sembra prevalere un sentimentodi paura e di chiusura; e una cultura,quella dominante con la sua verità re-lativa, che porta a una società auto-referenziale e quindi individualista,dove l’uomo è sempre più solo. Perchél’individualismo provoca solitudine,una moltitudine di solitudini. E laframmentazione produce un viverepoco partecipato, una città a compar-timenti stagni e scarsamente coesa.Non c’è da meravigliarsi poi se imedia, dai quali “dipendiamo”, pro-pongono “immaginari sociali e modelli

di vita spesso irreali”. Nell’era media-tica dove sembra prevalere l’emozionesul ragionamento, si finisce così perdar vita a una visione banale - e su-perficiale - dell’esistenza. E, ovvia-mente, parziale.

Intendiamoci non si vogliono de-monizzare le tecnologie, ma valoriz-zarne l’uso competente e consapevole.“Si impone quindi l’urgenza di rico-struire una cultura più umana e piùvera. Più attraente”.

Nell’agorà dei media “la Chiesa aRoma intende essere presente… of-frendo la sua voce e il suo punto divista”. I cristiani che operano nellacomunicazione devono impegnarsi e

“promuovere contenuti che investanoil rapporto media-famiglia-cultura-solidarietà-giovani, attraverso sceltecoraggiose di libertà, anche in questoambiente, spesso pesantemente con-dizionato da interessi economici e diparte”.

La nostra società, e quindi la no-stra città, ha bisogno di ricostruire untessuto di umanità a partire dalla for-mazione, con l’individuazione di edu-catori preparati e appassionati. Persuperare il sospetto e il pregiudizio ènecessario favorire l’educazione allarelazione con gli altri, al rispetto perle differenze, all’affettività. La cittàdeve diventare reciproca, più parte-cipe, più aperta a tutti, anche in que-

sto periodo, anche con la paura di unterrorismo sempre incombente. Natu-ralmente, una metropoli come Roma“richiede una classe dirigente compe-tente e dedita al bene comune”. L’im-pegno politico non deve essere tabùper i credenti, che vanno rimotivati,riattivando politiche dal basso ed ela-borando soluzioni condivise intorno aproblemi concreti del territorio.

Consapevoli che non si può offrirecome carità quello che è dovuto comegiustizia “è urgente intervenire conpolitiche che attivino processi concretiatti a realizzare gradualmente solu-zioni di equità sociale e di solidarietà”.Una buona società esige l’impegno ci-

vile e politico, ed esige anche compe-tenza, dedizione e nobiltà d’animo. Leultime due si possono tradurre cononestà. Che si dà per scontata, perchése manca non esiste neppure la com-petenza. “Questo non è il tempo per ladistrazione, ma al contrario per rima-nere vigili e risvegliare in noi la capa-cità di guardare all’essenziale”. Ilpensiero è del Papa, riportato allaconclusione del documento. Ricor-dando che siamo in pieno Giubileodella Misericordia, una grazia per laChiesa e per ogni cristiano, ma ancheun tempo per rimettere in ordine leproprie relazioni umane e rigenerarela vita sociale. Con nuovo slancio. Enuova passione. ◆

15

Fiume Tevere e basilica di San Pietro

R ieccoci, tanto per cambiare, adaffrontare di nuovo il tema deisocial network già trattati in

altri numeri.Questa volta la prospettiva è

quella di una nuova moda, o megliodi un “tormentone sociale”, che vasotto il nome di selfie.

Letteralmente, questo termine èereditato dalla lingua inglese (self, sestesso) e vuole rappresentare il con-cetto di fotografia di se stessi (incompagnia o meno) eseguita in au-toscatto tramite un telefonino o untablet per essere successivamentepubblicata sui social network.

Essendo un fenomeno relativa-mente recente, la comunità scienti-fica di psichiatri e psicologi si stamuovendo attivamente per capirne ledinamiche ma soprattutto le poten-ziali degenerazioni in disagi, disturbio patologie.

In tal senso, stanno già emer-gendo i primi studi scientifici a cam-pione volti a individuare i fattori dirischio di insorgenza di questo poten-ziale disturbo e, in particolare:• fattori predisponenti: ciò che può

facilitare l’insorgenza del disturbo;• fattori precipitanti: ciò che scatena

il primo caso di disturbo;• fattori perpetuanti: ciò che deter-

mina il consolidamento e il mante-nimento del disturbo.

Al momento non ci sono dati certio scientificamente attendibili ma dicerto il fenomeno è in evoluzione enon mancano i primi casi di compor-tamenti patologici o comunque de-vianti.

Dovendo trattarel’argomento inmodo esaustivo e,allo stesso tempo,comprensibile a unpubblico eteroge-neo, partirei da unconcetto importanteche può aiutarci a indi-viduare meglio gli aspettipredisponenti del fenomenoe che fonda le proprie radicinella dimensione psicologica e so-ciale dell’individuo.

Tale concetto è quello del cosid-detto “narcisismo”; in letteraturascientifica viene definito tecnica-mente come “disturbo narcisistico dipersonalità” e implica una serie di at-teggiamenti dell’individuo abba-stanza evidenti quali:• necessità di sentirsi ammirati;• senso di grandiosità (sovrastima

di sé);• mancanza di empatia.

temi educativi

16

Guido Orsi,psicologo ex-alunno

La rete, i social

network e tutti

i loro correlati dovrebbero

essere degli strumenti

complementari

e non sostitutivi

alle nostre normali

abitudini di vita.

L’origine del termine, come spessoaccade in psicologia, si riconduce allaletteratura greca e in particolare alpersonaggio mitologico di Narcisoche, per una serie di peripezie e intri-cate storie sentimentali, fu condan-nato a innamorarsi della suaimmagine riflessa in uno specchiod’acqua.

Tornando a noi, una predisposi-zione personale di base al narcisismovede nel selfie un fattore di rinforzo

SCUSI, CI FACCIAMOUN SELFIE ?

in quanto questo consente in tempiimmediati di costruire e migliorare lapropria identità sottoponendola algiudizio degli altri attraverso al ri-chiesta dei famosi “LIKE” (mi piace).

Calcolando la popolazione attualeche frequenta i social network (circa2 miliardi di utenti attivi) e il numeromedio di amici per utente (120/150),risulta facile immaginare come anchepochi click possano alimentare e rin-forzare, in modo più o meno latente,le tendenze narcisistiche di qualsiasipersona considerata apparentementenormale.

Quindi il senso di ammirazione,specialmente nel mondo virtuale,viene fortemente ali-mentato attraversocontinue richieste e ri-sposte di gradimentodi foto, frasi, link ealtri meccanismi uti-lizzati dai cibernauti.

Non a caso anchela cronaca rosa riportafrequenti casi di per-sonaggi famosi chepubblicano selfie sem-pre più provocatori odissacranti special-mente quando la loroimmagine nel mondoreale è in leggero calo.

E certamente è dif-ficile affermare che il mondo dellospettacolo sia immune da fenomenidi narcisismo…

Ma torniamo all’aspetto tecnicodel narcisismo per notare come il se-condo costrutto che lo caratterizza èla sovrastima di sé ossia uno smode-rato e immotivato senso di auto-stima.

Proprio quest’ultima è un secondofattore di rischio predisponente per-ché, se nel mondo reale non godiamodi sufficienti attestati che alimen-tano la nostra autostima, è molto fa-cile ricorrere a meccanismicompensatori che sulla rete trovanoil loro humus più fertile.

Quante volte ci troviamo a cono-scere persone sui social network che

poi da vicino appaiono totalmentediverse e quasi mai in senso positivo?

Sappiamo benissimo che la rete ciconsente di costruire o migliorare lanostra identità nel mondo virtualema spesso la motivazione di tale bi-sogno nasce proprio da un senso cro-nico di scarsa autostima nel mondoreale.

Tale meccanismo può inoltre rap-presentare un’arma a doppio taglio inquanto consente potenzialmente aqualsiasi detrattore di usarlo non permigliorare la nostra immagine ma perdistruggerla.

Pensate a quei casi di suicidi diadolescenti che si sono visti denigrati

sulla rete da foto compromettenti (avolte truccate) e che non hanno rettoall’onta di tale vergogna!

Capite benissimo che non è un fe-nomeno da sottovalutare perché na-sconde molte insidie dietro a pochiapparenti benefici.

Il terzo costrutto legato al narci-sismo è quello della mancanza di em-patia.

Come spiegato in altri numeri,l’empatia è quella predisposizione ocapacità individuale di comprenderee condividere le emozioni dell’altrosenza inquinarle con le proprie.

E’ facile intuire come chi è moltoconcentrato su se stesso possa esserepoco attento agli altri e quindi anchealle relazioni che ne possano scaturire.

Il titolo del primo articolo che ab-biamo dedicato al tema dei socialnetwork recitava “Incontriamoci inrete per non conoscerci mai” (LiI n.35/2012); la proposizione era voluta-mente provocatoria ma di certo rap-presentava una grande verità ossiaquella che i social network non sem-pre aiutano a socializzare ma addirit-tura, se male utilizzati, possonorappresentare uno strumento che ge-nera l’isolamento individuale e l’aso-cialità.

Dopo questo lungo excursus ditipo psicologico/sociale, vogliamoconcludere le nostre riflessioni noncon una demonizzazione della selfie-

tendenza bensì conl’ennesimo richiamoche quello che distin-gue il benessere dal di-sagio, la normalitàdall’anormalità, la fi-siologia dalla patolo-gia è propriol’equilibrio che dimo-striamo col nostrocomportamento difronte agli stimoli checi vengono continua-mente proposti dalmondo esterno.

Più riusciremo a di-scriminare e persona-lizzare quello che ci

viene proposto dalla società e mag-giore sarà il vantaggio che ne trar-remo di volta in volta.

Fino a poco tempo fa si pubblica-vano le foto che “noi” facevamo almondo ed era comunque un messag-gio attivo che mandavamo alla no-stra rete sociale sui nostri gusti, lenostre emozioni, le nostre passioni;oggi, tramite il selfie (girando la fo-tocamera…), chiediamo al mondo inmodo passivo un giudizio su di noicome se il nostro giudizio (autostima)non fosse sufficiente a farci vivereserenamente.

Quindi ogni volta che stiamo con-dividendo qualcosa sulla rete doman-diamoci quale è il nostro bisognosottostante da soddisfare e se quello

temi educativi

17

temi educativi

18

Una scuola, una città e i Fratelli delle Scuole Cristiane

Giorgio Proietti, I Fratelli delle Scuole Cristiane a Bolsena, FSC,Roma 2015.

Bolsena, una ridente cittadina della provincia di Viterbo che si specchia sul

lago omonimo, ha visto per ben 160 anni la presenza educativa dei Fratelli

delle Scuole Cristiane, o Carissimi come li chiamavano da quelle parti. Fu

mons. Giovanni Battista Lambruschini, che era vescovo di Orvieto (1807‐

1827) dove vi aveva conosciuto i Fratelli, a chiamarli a Bolsena per diri‐

gervi una scuola che dallo stesso prelato era definita con orgoglio “la miagrande istituzione”. Una scuola elementare che, pur con tante ristrettezze

economiche, svolse un’opera educativa straordinaria a vantaggio della cit‐

tadinanza; una scuola dove fiorirono tante vocazioni di speciale consa‐

crazione, più di 50 Fratelli delle Scuole Cristiane e altrettanti tra sacerdoti

diocesani e religiosi di altri Ordini; una scuola viva che fu un vero punto

di riferimento per tutti i bolsenesi e dove erano particolarmente attivi l’Associazione Ex‐

alunni, il gruppo di Azione Cattolica La Salle e il gruppo Scout. Di questa scuola dell’Alto Lazio è stata

ora pubblicata una monografia, curata da Fratel Giorgio Proietti, dove è possibile trovare tante notizie

e curiosità dall’apertura (1817) alla chiusura (1978). Il lavoro sarà certamente gradito a coloro che

hanno conosciuto l’attività bolsenese dei Fratelli delle Scuole Cristiane e a tutti coloro che amano le

vicende degli uomini, anche quando non figurano nelle pagine della grande storia. A mio avviso, però,

il lavoro del Proietti ha più il sapore e la veste della cronaca che della storia, ricalca infatti, nel lessico

e nello stile, le cronache annuali che venivano stilate nelle varie comunità dei Fratelli. Il lavoro manca

di una visione unitaria, sia dal punto di vista narrativo che stilistico; come pure sono assenti una va‐

lutazione critica e l’approfondimento degli eventi che vengono, purtroppo, appena accennati. Peccato,

perché se all’accurata ricerca archivistica svolta dall’Autore fosse seguito un qualche rigore storico e

una maggiore cura formale, il risultato sarebbe stato migliore, magari con una narrazione più accat‐

tivante e una lettura più fluida. Scrivere una storia non è soltanto ricordare degli eventi e far rivivere

le persone che ne sono state protagoniste, ma anche analizzare i cambiamenti sociali avvenuti e ri‐

svegliare sentimenti e passioni, debolezze ed eroismi.

M. Ch.

che stiamo facendo saremmo ingrado di farlo anche nel mondo reale.

La rete, i social network e tutti iloro correlati dovrebbero essere deglistrumenti complementari e non so-stitutivi alle nostre normali abitudinidi vita.

La dimensione bio-psico-socialedell’uomo implica una valutazionecomplessa del nostro essere e del no-stro comportamento; ridurla a unvideo, a una foto o a una didascaliasignificherebbe un’auto-svalutazionee una conseguente privazione diquelle che sono le nostre maggioripotenzialità di autorealizzazione. ◆

IN VETRINA

incontro interreligioso

I l 15 gennaio, l’Associazione ExAlunni dell’Istituto La Salle di To-rino ha organizzato nel Teatro del

Collegio San Giuseppe un Incontro In-terreligioso.

Per l’occasione erano presenti l’ex-alunno Prof. Daneo, promotore del-l’incontro e moderatore, l’ex-alunnoTeologo e Psicologo Prof. Don Ezio Ri-satti, il Segretario Nazionale di Reli-gions for Peace Prof. Luigi De Salvia,il giovane musulmano Ibrâhîm ‘Abdan-Nûr e Bruno Portigliatti, Presi-dente Onorario dell’Unione BuddhistaEuropea e Direttore Centro Buddhistadi Informazione Italiano.

Il tema, “Accogliamoci l’un l’altro:dalla Paura alla Fiducia”, date le cro-nache degli ultimi tempi, si presen-tava di grandissima attualità.Affrontato dagli oratori da prospet-tive diverse si è arrivati a conclusioniperfettamente condivise da tutti ipartecipanti.

Don Ezio Risatti ha dato al suo in-

tervento un taglio prettamente psico-logico. Nell’ordine naturale, ha spie-gato, ogni “diverso”, ai fini delraggiungimento di un accordo, rap-presenta una fatica. Il motivo è: chi ènel giusto? Io o lui? Nell’altro noi vor-remmo vedere l’immagine di noi.

E nel campo della religione si ag-giungono alcune complicazioni. Nonsiamo tanto disposti ad accettare dif-ferenze là dove noi non siamo sicuridi noi stessi. La nostra fede è povera.Sono convinto che “il mio gruppo” è ilmigliore! Altrimenti cambiereigruppo. Ma l’altro è convinto di averragione esattamente come me. Que-sto mi dà fastidio, mi mette in crisi:ma allora, chi ha ragione, io o lui? Eli-minare lui è il sistema più facile pereliminare il problema. Non conside-rando chi giustifica la violenza nelnome di Dio, tutti incontreranno il Dioin cui hanno creduto e diranno: “Èproprio lui, è proprio quello in cui hosempre creduto, anzi, è perfino meglio

di quanto credessi”. E in quel “perfinomeglio” ci sta lo spazio tra le diversereligioni e l’unico vero Dio. “Ora ve-diamo come in uno specchio…” (1 Cor13,12). Lo conosciamo per analogia,per metafore, per parabole… Quandolo conosceremo come lui è, non cisarà delusione, solo gioioso stupore.Ognuno di noi conosce un aspettoparziale di Dio. Quell’aspetto corri-sponde, ma non è solo quello. Dio è dipiù. Su queste premesse è possibilecostruire una convivenza pacifica fra“diversi” per religione, cultura e anchecon la gran massa degli indifferenti.

Il Presidente Onorario dell’UnioneBuddhista Europea ha aperto il suointervento con le parole, incise su pie-tra, dell’Imperatore A okha della Di-nastia Maurya che regnò sull’India dal270 al 236 a.C: “È la medesima vita adanimare tutti gli esseri viventi e l’ag-gressione di uno di questi equivale adaggredire se stessi. Al contrarioquando un solo essere giunge all’Illu-

19

Al Collegio San Giuseppe di Torino un incontro interreligioso organizzato dagli Ex-alunni

UN PICCOLO PASSO VERSO L’UNITÀ E LA PACE

incontro interreligioso

minazione ne trae vantaggio il cosmointero. Lo strumento fondamentale èl’esercizio della compassione che con-sente l’accoglienza e le cure dellostraniero così come di ogni essere vi-vente”.

Frasi scritte millenni or sono, mache si adattano benissimo ai nostrigiorni. Purtroppo i tempi che stiamovivendo sono all’insegna della paura,e i recenti attentati di Parigi, ricordal’autore buddista, ne sono l’esempiopiù drammatico.

A testimonianza di quanto siasentita l’urgenza di unire gli sforzi perarrivare a una pace duratura, ricordadue eventi da lui organizzati a Gia-veno (TO). Il primo, in novembre, conuna cerimonia interreligiosa in aper-tura del Consiglio Comunale per ri-cordare le vittime degli ultimiattentati, con la presenza di buddisti,cattolici, ortodossi, valdesi, musul-mani e induisti. Tutti hanno pregatoper la pace secondo le diverse tradi-zioni religiose, cui è seguito un mo-mento di raccoglimento. Il secondoevento riguardava l’inaugurazione di

un “Giardino per tutti i martiri e i giu-sti”, dove sono state piantate 36piante di rose che stanno a simboleg-giare i 36 Giusti, secondo una leg-genda ebraica che si rifà a Gn18,20-32, per amore dei quali Dio nondistrugge il mondo.

A conclusione, le parole di SuaSantità il XIV Dalai Lama: “Il mio mes-saggio per tutti è l’amore del prossimo,la bontà e la compassione. Si tratta, iocredo, del punto essenziale e univer-sale predicato da tutte le religioni…Noi possiamo stabilire un’armonia tratutte le tradizioni spirituali sulla basedi quei tratti comuni che sono l’amore,la bontà e il perdono. Insisto molto suquesto punto per il quale dedico moltedelle mie energie”.

E la preghiera di papa GiovanniPaolo II: “Ascolta, o Dio, la mia voce edacci la forza di saper rispondere sem-pre all’odio con l’amore, all’ingiustiziacon un totale impegno per la giustizia,alla miseria con la condivisione, allaguerra con la pace. O Dio, ascolta lamia voce e concedi al mondo la tuapace”.

Accogliere vuol dire aprire leporte, accettare senza riserve, solol’amore può fare tanto.

Molto atteso, per ovvi motivi, l’in-tervento del Rappresentante del-l’Islàm che, fin dalle prime parole hacatalizzato l’attenzione del pubblicocon la chiarezza del linguaggio e laprofondità dei contenuti, senza maicedere a una facile polemica, svilup-pando invece idee che con cenni diassenso oratori e pubblico dimostra-vano sovente di condividere.

Si è soffermato a lungo sul con-cetto di accoglienza di cui riporto allalettera una sua sintaei.

“L’accoglienza è una disposizioneche interessa tanto l’ospitato quantol’ospitante, secondo quanto ricordatonella storia di Abramo e dei tre angelivisitatori. Laddove l’ospitato è tenutoa presentarsi e a rispettare l’ordine incui viene a inserirsi, l’ospitante co-glierà nell’accoglienza un’opportu-nità di edificazione, poiché è nelladedizione che si realizza la purifica-zione ed è nel servizio che consiste lavera nobiltà. Rispetto a ciò, la paura

20

Il tavolo dei relatori

incontro interreligioso

che dobbiamo affrontare e superare,in favore della fiducia e della spe-ranza, è innanzitutto la paura che al-berga in noi stessi, rispetto allecondizioni della nostra esistenza in-dividuale e alla crisi del nostro si-stema di valori e di società: questa èla prima causa della - pur comprensi-bile - paura dell’altro, nel cui incontrodobbiamo invece scorgere l’opportu-nità di un’alleanza, anziché il profi-larsi di uno scontro”.

Secondo il Segretario Nazionale diReligions for Peace un buon punto dipartenza per intendersi evitando i “di-sastri” che le religioni hanno provo-cato nel passato, è trovare una“grammatica comune” nel pluralismodelle religioni. L’accoglienza è comeuna liberazione e sarà facile acco-gliere l’altro se si saprà avere un verorapporto con l’Altro. È quanto pur-troppo non avviene in ogni forma diviolenza a partire già da quel primouomo (Abele) morto per efferato omi-cidio e non per cause naturali.

Come moderatore, il prof. SilvioDaneo ha sottolineato abilmente i

vari aspetti degli interventi, testimo-niando che nella esperienza di unavita a contatto con esponenti di di-verse religioni in moltissimi Paesi delmondo (per anni ha insegnato teolo-gia all’Università di Manila, n.d.r.) hasempre ricevuto molto dalle altre re-ligioni che lo hanno aiutato a scopriree a vivere meglio i valori della reli-gione cattolica. Molto toccante, peresempio, l’incontro in India conun’autorità induista che, un giorno,gli disse: “Da te cristiano mi aspettoche tu sia un altro Gesù!”. Il rispettodell’altro è il più profondo senso del-l’accoglienza.

Un’impressione della Presidentedell’Associazione “Amico Libro”, Ausi-lia Ferraris (nipote di Fratel France-sco): “L’incontro, avvenuto attraversoun linguaggio interreligioso, ha favo-rito un dibattito sui gravi problemi delmondo, riportandoci alle motivazioniche rendono possibile il vivere insieme:il sacrificio e la bontà, orientandonuovamente i credenti a essere coe-renti con la propria fede e con le pro-prie azioni, aprendoli alla grazia di Dio

che ci sostiene nell’aprirci all’amore,alla giustizia e alla pace, superando ilimiti culturali e i condizionamenti in-consapevoli del nostro patrimonioetico-spirituale che ci hanno portato,a volte, a giustificare l’abuso della na-tura, la violenza. L’incontro ha favoritoil risveglio delle nostre coscienze perassumere nuovi atteggiamenti e stilidi vita e per rispondere meglio alle ne-cessità attuali”.

E le parole del Presidente dell’As-sociazione Ex-alunni, Pier Carlo Mas-saglia, riassumono e interpretanobene il sentimento comune: “L’incon-tro è stato entusiasmante.

Ci siamo trovati di fronte cinquerelatori pieni di Dio”. In particolare hacolpito la persona del musulmanoIbrahim che ha edificato molti perl’umiltà e per la fede. Ha qualcuno haconfessato: “Sono stato solo uno stru-mento nelle mani di Dio e se qualcosanon è andato a buon fine nella miavita è solo perché ho fatto qualche re-sistenza”. ◆

Raffaele Norti, Fsc

21

L’agape fraterna dopo l’incontro

22

notizie

Ha venti anni eli dimostra…tutti: si rivolge

a ragazzi in difficoltà, vive insimbiosi con i Fratelli e i do-centi dell’istituto San Luigi diAcireale, è pieno di iniziative,è in rete sul territorio nazio-nale con altri volontari, hatrenta soci e un mare di sim-

patizzanti, è un fans di sanGiovanni Battista de La Sallee del suo carisma. È il VOLAS,associazione di Volontari La-salliani Sanluigini.Sabato 14 novembre 2015 haspento 20 candeline e ha or-ganizzato una giornata spe-ciale: santa messa in duomo(era anche la festa della com-patrona della città, santa Ve-nera); incontro con gli alunnidell’istituto nel teatro dellascuola a ritmo di rock con l’in-contenibile Salvo Fichera e ilsuo trio; tavola rotonda Venti

anni di attività e, a seguire,l’immancabile buffet.Nella tavola rotonda MariaGrazia Buzzurro e fratel Al-berto Castellani hanno ripro-posto i primi passi e i primitraguardi della neonata asso-ciazione, Francesco Grasso Le-anza e fratel Celestino Zanonihanno ripercorso invece gli ul-

timi anni, mentre fratel EnricoMuller ha spronato tutti aprocedere insieme verso il fu-turo per crescere ancora conocchi aperti e cuore grande. Nello scorrere delle vicendeumane venti anni sono comepulviscolo sulla bilancia, manella vita associativa di ungruppo di volontari, possonorappresentare una pietra mi-liare. Rivisitarli non è un pec-cato di vanità ma un prenderecoscienza del cammino per-corso, fare tesoro delle espe-rienze, aggiustare il tiro, sco-

prire altre realtà, trovare co-raggio e forza per l’avvenire. Doposcuola individualizzatoper bambini in difficoltà; at-tività estive per ragazzi ab-bandonati a loro stessi; sog-giorno montano per chi nonsa neppure cosa sia una va-canza; viveri e vestiario ai bi-sognosi; progetti finanziati

dal Ministerodegli Interni;scuola di ita-liano per immi-grati; recuperoanni per evasoridella scuola del-l’obbligo; riqua-lificazione di unquartiere citta-dino; soggiornomarino per di-v e r s a m e n t eabili; ospitalitàa bambini delpopolo Saha-rawi; lavorare inrete; formarsialla scuola disan Giovanni

Battista de La Salle: questo èabitare le periferie delmondo. Ideatrice e anima or-ganizzativa della giornata lavice presidente GiudittaBretti, a fare gli onori di casal’attuale presidente GiovannaNicolosi, su tutti il direttorefratel Celestino Rapuano cheha rivolto un caloroso invitoai numerosi presenti perchévivano gli ideali del Volas do-nando il loro tempo e la lorodisponibilità per i più debolipresenti in istituto.

Alberto Castellani, Fsc

Acireale - I primi 20 anni del VOLAS

ITALIA

notizie

23

Il 12 ottobre, Fr. Julien Diarra,Visitatore del Distretto del-l’Africa occidentale, ha apertoufficialmente la nuova scuolaelementare di Kiri a Bobo

Dioulasso (Burkina Faso).Erano presenti alla cerimonia44 alunni e i loro genitori, ilcapo del villaggio, l’inse-gnante e i Fratelli del Novi-

ziato e della Casa Provinciale.Fratel Dieudonné Kolosnonréresponsabile di monitorare ilprogetto, ha animato il pro-gramma della cerimonia e hapresentato il Progetto Kirinell’ambito dei progetti di-strettuali, prima di dare la pa-rola all’insegnante, al capodel villaggio e al Fratello Vi-sitatore.Dopo aver piantato un al-bero, la cerimonia di aperturaè proseguita con la presenta-zione e una foto di gruppodegli alunni. Il migliore augu-rio è che questa scuola, chesorge in una zona rurale,possa diventare presto unagrande scuola primaria.

Una nuova scuola a Kiri

BURKINA FASO

24

notizie

La vestizione è uno dei momenti più signifi-cativi nelle fasi di formazione dei Fratelli:apre l’ingresso al Noviziato e alle successivefasi della formazione religiosa e professio-nale. I nuovi Novizi del Distretto LasallianoNorandino, settore Medellin, sono i Fratelli:Carlos Junior Barros Amador, Antonio JoséCalvache Mellizo, Julián Alberto AgudeloIdárraga e Rubén Darío Hernández Escorcia.

Nello stesso giorno, la scuola ESFORLIJ livello2, da parte del gruppo della Pastorale Gio-vanile e Vocazionale, ha radunato 210 gio-vani provenienti dai tre settori che costitui-scono il Distretto Lasalliano Norandino. Vihanno aderito, per la prima volta, i delegatidel Settore Ecuador, del Settore Venezuela edell’Internado Villa La Salle situato nel co-mune di Istmina, Chocó, Colombia.

COLOMBIA

Cerimonia di Vestizione e inizio dell’ESFORLIJ 2(Escuela de Formación en Liderazgo Juvenil)

AUSTRALIA

Fratel Gerard Rummery, cono-sciuto da tutti i Fratelli, essendostato Consigliere Generale e sti-mato a livello accademico inter-nazionale, è stato premiato in-titolando un nuovo istituto conil suo nome.L’Istituto Gerard Rummery delDistretto di Australia, Nuova Ze-landa, Pakistan e Papua NuovaGuinea fungerà da organo di ac-creditamento per la formazionelasalliana e programmi di svi-luppo professionale per contodel Consiglio della Missione La-salliana.

L’Istituto è stato inaugurato du-rante un incontro festoso nellavecchia scuola di Fratel Gerard,De La Salle College di Ashfield aSydney.Si tratta di un giusto riconosci-mento per il suo eccezionalecontributo nel corso di moltianni al servizio dell’Istituto deiFratelli delle Scuole Cristiane.Fratel Gerard ha svolto un ruolofondamentale come educatoredi Fratelli in formazione, comeConsigliere Generale dell’Istitutoe direttore del Centro Interna-zionale Lasalliano di Roma.

Un nuovo Istituto intitolato a FRATEL GERARD RUMMERY

notizie

25

Il 5 dicembre, i FratelliAnbunathan, ArokiaReegan, Arul Jeevagar,Jesuraj, Loudu Jude,Panner Selvam, RobertProving, e Sudhir Ku-mar hanno pronun-ciato a Madurai, in In-dia, i voti perpetui allapresenza delle loro fa-

miglie, di tanti Fratelli e Lasal-liani e di altri religiosi. Fratel Joseph Fernando, il Pre-sidente della Delegazione, inrappresentanza del SuperioreGenerale ha formalmente ac-cettato i voti e si è congratulatoper la loro determinazione aproseguire nel loro camminovocazionale.

Nello stesso giorno,Fratel Antony Arulsamy, ilprimo Fratello indiano ad ade-rire alla Congregazione, dopola sua seconda entrata in India,ha celebrato il Giubileo d’Orodel suo impegno religioso. In

serata tutti i Fratellidella Delegazione sisono radunati attorno aifesteggiati per una spe-ciale cena della famiglialasalliana per invocare labenedizione di Dio acontinuare il loro cam-mino vocazionale an-cora per molti anni.

Durante la settimana dal 23 al27 novembre, i Fratelli dei Di-stretti della RELAL hanno par-tecipato a un seminario sullaRegola riveduta, tenutosi a Rio-negro, Formica, Colombia, nellaCasa de Encuentros La Salle.Il seminario è stato guidato dalGruppo Regionale per la Re-

gola riveduta e daiFratelli della Comu-nità di AnimazioneRegionale. Il suoscopo era quello diaiutare i parteci-panti a conoscere,comprendere e assi-milare il significatodelle modifiche ap-portate alla Regolada parte del 45° Ca-pitolo Generale, e

come essi contribuiscono allavitalità dell’Istituto.Durante il seminario, i parteci-panti hanno preso parte alle se-guenti attività:• Impostare la Regola riveduta

nel contesto ecclesiale e so-ciale del mondo di oggi, in

particolare in America Latinae nei Caraibi.

• Conoscere il processo storicodella Regola del nostro Isti-tuto, al fine di individuare lesfide che si presentano nellavita religiosa lasalliana.

• Conoscere e capire il signifi-cato delle modifiche appor-tate alla Regola.

• Sviluppare un metodo di com-prensione e assimilazione deicambiamenti della Regola, daapplicare in ogni Distretto.

Il seminario si è svolto in unclima di preghiera, di fraternitàe di impegno Lasalliano per co-noscere la visione che guida laRegola riveduta per poi condi-viderla con i Fratelli della Re-gione.

Seminario sulla Regola riveduta

Professione perpetua di otto giovani Fratellidella Delegazione dell’India

RELAL (Regione Lasalliana dell’America Latina)

INDIA

26

notizie

Fratel Bill Firman, DirettoreEsecutivo di Solidarietà, ciha informato che la sera del28 dicembre, cinque uominiarmati a volto scoperto, sco-nosciuti alle suore che eranoin quel momento nella casadella comunità, hanno assal-tato la recinzione intorno alSolidarity Teacher TrainingCollege a Yambio, dopo chegli studenti della residenzaerano andati a dormire e lesuore stavano chiudendoper la notte. Gli uomini,molto minacciosi e fisica-mente aggressivi, hannochiesto pistole, denaro, cel-lulari e computer. Nonavendo armi, ovviamente, lesuore hanno dato tuttoquello che chiedevano,senza porre resistenza, masono state aggredite e pic-chiate. I ladri, che indossa-

vano la mimetica militare,parlavano Zande, lingua lo-cale e inglese. Si presumeche fossero uomini reclutatidai ribelli Azande. Erachiaro che si trattava di unattacco pianificato, ma gliassalitori non erano a cono-scenza del luogo. Hanno do-vuto chiedere, dove si trova-vano le porte per portarefuori i due veicoli di solida-rietà. È stata un’esperienzamolto traumatica, ma fortu-natamente non ci sono statevittime. La gente del posto,il Vescovo e i sacerdoti delladiocesi sono indignati ehanno offerto pieno soste-gno agli operatori di Solida-rietà. È stato loro propostodi lasciare la regione che ne-gli ultimi mesi è scesa rapi-damente in uno stato dicaos e di insicurezza.

La maggior parte ha confer-mato la loro volontà di pro-seguire a Yambio, dato cheessi considerano di vitale im-portanza la loro presenza,che è uno dei pochi segni disperanza per le persone delluogo.C’è in programma di iniziarela scuola, come al solito, l’11gennaio, ma si prevede cheil numero degli studenti saràinferiore, rispetto al solito.L’insicurezza e le divisionitribali causano difficoltà aglistudenti – la maggior partevive nelle zone interne –non vogliono viaggiare lon-tano dai loro luoghi d’ori-gine. Il ritorno ai normali li-velli di sicurezza e di unitàsono essenziali, per permet-tere alla gente di sfruttarele opportunità educative of-ferte da Solidarietà.

SUD SUDAN

Attacco alla Comunità Solidarietà in Yambio

notizie

27

Sabato 9 gennaio 2016, la Fa-miglia Lasalliana del Vietnamsi è riunita a Maithon, Saigon,per celebrare il 150° anniver-sario dell’arrivo dei Fratellidelle Scuole Cristiane dallaFrancia.I festeggiamenti sono iniziati

con il benvenuto ufficiale dicentinaia di giovani prove-nienti dalle scuole dei Fratellie delle Suore Lasalliane, se-guito da una performance dicanto e danza che ha raccon-tato la storia molto commo-vente della missione lasalliana

in Vietnam. La Messa è statapoi concelebrata da Mons. PaulBùi Văn Đoc, arcivescovo di HoChi Minh City, insieme a 40 sa-cerdoti. Sono intervenuti tantifamigliari, amici ed ex-alunnidei Fratelli per una meravi-gliosa giornata di festa.

VIETNAM

150 anni di Missione Lasalliana

28

notizie

MADAGASCAR

150 anni di presenza lasalliana

Il 24 novembre 2015, la Fami-glia Lasalliana si è ritrovata aSoavimbahoaka - Antanana-rivo, per ricordare l’anniver-sario dell’arrivo dei primi Fra-telli delle Scuole Cristiane inMadagascar. Una Messa so-lenne è stata celebrata inquesta occasione dal Vicario

episcopale dell’Arcidiocesi diAntananarivo. Gli alunni, in-segnanti, educatori, ex-alunnie varie identità lasallianehanno reso bello l’evento.Du-rante la Messa, una preghieradi suffragio è stata innalzataper tutti i Fratelli defunti delDistretto.

I primi tre Fratelli che il 24novembre 1866 misero piedenell’isola furono Yon, Lado-lien e Gonzalvien.La scuola di San Giuseppe diAndohalo è stata la primascuola affidata alle loro cure.Beato Fratel Raphael LouisRafiringa è uno dei primifrutti del loro apostolato.Oggi, i Fratelli Lasalliani e iloro collaboratori continuanol’avventura evangelica attra-verso l’educazione di migliaiadi bambini e ragazzi in 14scuole e centri educativi delpaese.Le celebrazioni del 150° an-niversario dureranno un in-tero anno con vari eventima con un unico tema: “LaSalle mampiombona An-tsika” che significa “De LaSalle ci unisce”.

Dal giorno 11 al 16 dicembre2015, tutti i giovani Fratelli

del Distretto si sono riuniti alYMCA Wu Kai Sha (Hong

Kong) per la loro 1a Assem-blea. In quei giorni, i 45 gio-vani Fratelli di LEAD e 3giovani Fratelli provenientidall’India hanno condiviso unavita di comunità, di fraternitàe di preghiera.I moderatori del programmasono stati i Fratelli ChuyRubio e Joseph Felix, Segre-tari per la Formazione. I gio-vani Fratelli hanno avutol’opportunità di incontrare ilSuperiore Generale in occa-sione della sua visita ad HongKong.

HONG KONGPrima Assemblea dei Giovani Fratelli del Distretto LEAD

notizie

29

aAltre Suore Lasalliane delVietnam si sono trasferite aBankstown, a sud ovest diSydney, per dedicarsi al-l’educazione e alla pasto-rale degli emigranti. Esse vanno ad aggiungersi asr. Theresa Yen nella comu-nità di Bankstown, dove in-segneranno la linguavietnamita ai figli degli emi-granti e cureranno l’anima-zione spirituale e pastoraledelle comunità, soprattuttonei dintorni di Bankstown eCabramatta.Le Suore Lasalliane sonostate fondate in Vietnamnel 1966 perché potesseroprendersi cura dei bambiniabbandonati a causa della

guerra civile nel loro Paese.In questi ultimi anni, il nu-mero delle Suore è aumen-tato considerevolmente finoad arrivare a 144 religiose,presenti prevalentemente inVietnam, Thailandia, Filip-pine, Stati Uniti e Australia.Nel solo Vietnam ci sono125 suore, con 26 aspiranti e17 novizie.I bambini della tribù Monta-gnard spesso abbandonanola scuola perché non par-lano la lingua vietnamita. LaFondazione Lasalliana è im-pegnata a raccogliere fondiper costruire una nuovascuola Secondaria per of-frire loro un’educazionegratuita.

Suor Theresa, che è un inse-gnante e lavora a fianco diFratel Liem Vo come tutor distudenti vietnamiti-austra-liani e che è stata felicissimadi avere altre consorelle, hadichiarato che la congrega-zione delle Suore non sa-rebbe mai sorta senzal’aiuto dei Fratelli: “Siamovenute in Australia con ilsostegno finanziario deiFratelli, perciò avremo perloro un’eterna gratitudine.Essi hanno un cuore d’oro enoi condividiamo con lorola devozione all’insegna-mento del Fondatore SanGiovanni Battista de LaSalle, lavorando per i piùsvantaggiati”.

AUSTRALIA

Le Suore Lasalliane in Australia

Era l’otto marzo del 1984 quando tre Suore della Miseri-cordia di san Carlo Borromeo, provenienti dalla Polonia,giunsero al Colle La Salle per prendersi cura dei nostriFratelli anziani e malati. I loro nomi sono stati una bene-dizione, per questo li vogliamo ricordare: Sr. Gaudenta,sr. Hermana e sr. Florencja. Le prime due sono già in cieloa ricevere da Gesù il premio, promesso a coloro che in

terra l’hanno saputo vedere nel volto dei più “piccoli”(ammalati, anziani, bisognosi di cure…). La terza, sr. Flo-rencja, attuale superiora della comunità, tuttora in ser-vizio, è ritornata per la seconda volta nel 2011. Le treSuore sono quelle che hanno dato inizio a questa meri-toria assistenza ai nostri Fratelli, affrontando tante diffi-coltà e a volte anche qualche incomprensione. Osservarle mentre svolgono la loro opera di carità si hal’impressione di vedere degli angeli mandati da Dio a fareuna carezza agli operai della sua vigna che, ormai stanchi,grazie all’invito di Gesù «venite in disparte e riposatevi unpo’», si prendono il meritato riposo.Sono già trascorsi trentadue anni dalla venuta a Romadelle Suore della Misericordia di san Carlo Borromeo, du-rante i quali hanno assicurato ininterrottamente ai nostriFratelli malati un’assistenza materna e, al tempo stesso,altamente specializzata; e sempre con il sorriso, anchequando sono assalite dalla stanchezza e prostrate dallafebbre. Generose e instancabili si prodigano senza riserva.Penso che siano ormai più di un centinaio i Fratelli che,prima di salire in cielo, hanno ricevuto l’assistenza eun’ultima parola buona da queste brave suore. Da quel lontano 1984, altre suore si sono succedute nellavoro presso la comunità della Sacra Famiglia. Tutte me-ritano di essere ricordate.

arrivo partenzaSr. Gaudenta Otkowicz 08/03/1984 05/09/1998Sr. Hermana Copik 08/03/1984 02/04/1984Sr. Florencja Jedrzejec 08/03/1984 03/04/1998Sr. Konradyna Kachel 25/06/1984 18/08/1985Sr. Liliosa Oslizlo 19/04/1986 16/11/2011Sr. Augustyna Milej 17/11/1990 07/12/2003

le suore del colle la sallle

30

Da trentadue anni assistonoi nostri confratelli nella Casadi riposo del Colle La Salle,ma forse non le conosciamoabbastanza, forse non leringraziamo come dovremmo.Il sorriso accompagna ogni lorogesto quale espressionedell’amore di Dioverso gli operai della sua vigna.

Sr. Florencja assiste Fratel Liberato

La comunità delle Suore

Un giorno sul Colle La Sallescesero gli angeli

Da Nancy le Suore della carità si sono sparse un po’ ovun-que, specialmente nei Paesi dell’Europa Centrale. Dal nu-cleo originale di Nancy si staccarono, in tempi diversi,varie case, dando origine a numerose congregazioni in-dipendenti, alcune delle quali, l’11 ottobre 1970, deciserodi confederarsi. La congregazione delle nostre suore è ri-masta indipendente con il titolo di Suore della Misericor-dia. Ha il suo centro in Polonia e la Casa Generalizia è aMikolòw, ma gestiscono delle opere anche in Africa. Il carisma è di assistere i poveri, gli ammalati, gli anziani,i fanciulli, le persone sole con l’amore e la misericordiadi Gesù che, sulle strade della Palestina ha alleviato tantidolori e guarita ogni forma di malattia fisica e spirituale.

M. Ch.

le suore del colle la sallle

31

Sr. Serafia con Fratel Odoardo

Carlo Borromeo, il santo titolare della congregazione, visita gli appe-stati (dipinto di Tanzio da Varallo)

La rivista viene inviata gratuitamente.

Chi desidera contribuire alle spese può servirsi del

C/c postale n. 52041001oppure con un bonifico tramite Iban IT27A02008 05020000005215702

Causale: Lasalliani in Italia

Sr. Paulina Luba 16/06/1992 17/06/1997Sr. Zofia Radziszewska 04/10/1992 15/01/2002Sr. Janina Sekula 27/05/1998 16/09/2011Sr. Jaroslawa Trzmiel 25/08/1998 12/10/2006Sr. Tommasza Polmanska 24/01/2002 12/10/2006Sr. Bronislawa Filiks 12/10/2006 09/06/2010Sr. Serafia Larysz 12/10/2006 16/09/2010Sr. Ludomira Pudzisz 13/09/2010 11/09/2013

Le suore attualmente in servizio al Colle sono:

Sr. Florencja Jedrzejec (2a v.) 21/09/2011Sr. Henryka Spek 25/02/2011Sr. Serafia Larysz (2a v.) 25/09/2013

La Congregazione era chiamata delle Suore della Caritàdi san Carlo Borromeo e fu fondata a Nancy (Francia), nel1652 da Emanuel Chauvenel, per perpetuare la memoriadel figlio Giuseppe, morto di peste l’anno precedente al-l’età di ventiquattro anni, vittima della sua carità, mentresi prodigava nell’assistere i poveri appestati. Chauvenelpromosse l’apertura di una casa di carità per accoglieregli ammalati, rifiutati dagli ospedali. La gestione dellacasa, messa a disposizione da Carlo IV duca di Lorena eintitolata al santo vescovo di Milano, soccorritore dei po-veri e dei malati, di cui il duca portava il nome, venne af-fidata a una comunità di cinque suore.

Nel 1992, al Liceo Statale“Terenzio Mamiani” doveinsegnavo, fui contattato

per dare la disponibilità a tenerelezioni di Italiano e Storia del-l’Arte in corsi universitari per per-sone della Terza Età.

L’esperienza è stata fin dall’ini-zio fantastica, se non altro perchédisabituato a vedere sul volto deipartecipanti un sorriso costante-mente presente. Immaginavo chel’esperienza si sarebbe esauritanell’arco di un breve periodo e in-vece, a distanza di ventitré anni,oggi continua con grande entu-siasmo.

Qualche anno fa l’associazioneinglese “Love to learn” ha pensatobene di dare una risposta aquando si finisce di essere giovanie a quale età si entra nella vec-chiaia. Il sondaggio è stato pro-mosso fra mille personeselezionate, uomini e donne cin-quantenni. Le risposte sono statesorprendenti. Più che un concettoscientifico, la mezza età è unostato mentale e la vecchiaia nonarriva prima del compimento delsettantesimo anno. Da tanti altrisondaggi sappiamo che le aspet-tative di vita si allungano, la me-dicina compie passi straordinari, ildesiderio di mantenersi in formafisica cresce e non c’è nessun mo-tivo di buttarsi giù prima deltempo.

Tra le regole suggerite per unavita lunga e in buono stato, viene

dato molto risalto all’impegno amantenere stimoli intellettivi (let-tura di quotidiani e di libri), apensare “giovane” (“credo che perinvecchiare non nel senso dellaperdita ma dell’accrescimento”,afferma G. Pontiggia, “occorrauna grazia nativa, un’attesa, unostupore infantili”) e a coltivarecostanti stimoli (sentirsi utili, fre-quentare gruppi e partecipare allavita di relazione). Insomma, sino aquando si hanno interessi, non siè vecchi!

Gli incontri di approfondi-mento culturale con i nostri stu-denti della Terza Età si svolgono,ogni quindici giorni, in un’auladella scuola La Salle di via Pa-gano, il giovedì.

L’attenzione, il piacere di ap-

un corso per la terza età

32

prendere e di allargare le cono-scenze mi ha dato la possibilità diaffrontare e approfondire unaserie di argomenti che vorrei ri-cordare per sommi capi:

– La storia della Letteratura Ita-liana dal ‘200 al ‘900;

– Lettura e commento di tutti icento canti della Divina Com-media di Dante;

– La Storia dell’Arte dal periodogreco alle Avanguardie artisti-che del ‘900 approfondendo pe-riodi di particolare interesse(l’età classica di Fidia, il Rina-scimento in Italia, l’arte fiam-minga, l’impressionismo…).

Alla teoria abbiamo unito lapratica con le visite di varie cittàcon risultati entusiasmanti e mo-

In un’aula della scuola La Salle di via Pagano a Roma, il giovedì, corsi universitari per studenti della Terza Età

PIÙ CHE D’OBBLIGO

È SCUOLA DI SPENSIERATEZZA…

menti di grandeemozione:

– La visita al Car-mine di Firenze perla “Decapitazionedel Battista” diCaravaggio espo-sta prima del rien-tro dell’opera aMalta dopo il re-stauro effettuatoin Italia;

– La lettura delCanto XXXIII del-l’Inferno, il canto di Ugolino, nelluogo dove sorgeva la Torredella Fame;

– La visita ad Arezzo della Chiesa diS. Francesco con la “Leggendadella Croce” di Piero della Fran-cesca;

un corso per la terza età

33

Curiosità lasalliane

SAN GIUSEPPE, PROTETTORE DELL’ISTITUTO

“Scegliete san Giuseppe come modello e come patrono e, a suoesempio, cercate di eccellere nella pratica delle virtù, per esserecome lui degni del ministero che Dio vi ha affidato” (M 110,1), cosìscriveva san Giovanni Battista de La Salle, rivolgendosi ai Fratelliper la festa di san Giuseppe.

Il motivo per cui l’Istituto dei Fratelli sia stato posto dal La Sallesotto la protezione del padre putativo di Gesù, che lui chiamava il“gran san Giuseppe”, lo spiega nella stessa meditazione, quando

ricorda ai Fratelli che “la vostra santa missione, ha molti rapporti con quella di san Giuseppe”.La sua missione nei confronti di Gesù, per il La Salle, è molto simile a quella dei religiosi edu-catori che hanno dei bambini da curare. Inoltre, come san Giuseppe salvò Gesù Bambino dallegrinfie di Erode, così voi Fratelli “dovete mettere molta attenzione e molto affetto per con-servare o procurare l’innocenza ai bambini che sono in classe con voi”.

I Fratelli hanno sempre avuto per san Giuseppe una devozione particolare: si consacrano alui ogni anno in occasione della festa, che ricorre il 19 marzo; lo ricordano in modo particolareil mercoledì, giorno a lui consacrato, e tutte le volte che sentono bisogno del suo aiuto.Per questa ragione, si capisce come tante istituzioni, scuole e centri educativi lasalliani (almenouna settantina) sparsi in tutto il mondo, portino il nome di san Giuseppe, San José, St. Joseph…

Chi desidera consultare i numeri precedenti di “Lasalliani in Italia”può entrare nel sito: www.lasalleitalia.net cliccando Pubblicazioni

– La visita della Cappella di SanBrizio a Orvieto, di Siena, di Na-poli, di Firenze, di Assisi, di Bo-logna, di Caserta…;

– Visite particolari e ricorrenti perconoscere Roma attraverso le la-pidi, scorci di campanili, visite dimostre e di musei visti ormai nonsolo come luoghi di raccolta di

opere e di collezioni, ma anche conintenti didattici e culturali varia-mente strutturati. Tutto questo e altro ancora,

considerandolo un modo spensie-rato per meglio “vitam vivere, pu-gnam pugnare, cursum currere”. ◆

Angelo D’Oriente

Il volto, più di ogni altra cosa,rivela l’identità di una per-sona, tant’è vero che la foto

dell’interessato non può maimancare su un documento cheintende identificarlo.Quotidianamente, si incontranotanti volti, per strada, sul posto dilavoro, attraverso i mezzi di co-municazione, volti sconosciuti evolti famigliari, volti simpatici evolti meno gradevoli; volti dipersonaggi televisivi e della pub-blicità, tra l’altro, sempre sereni,luminosi e accattivanti, pronti aconvincere quanto sia indispen-sabile l’acquisto di un certo pro-dotto; volti grintosi e compassatidi politici che intendono propi-narci idee, programmi e… tantepromesse; volti della cronaca,spesso stravolti dall’odio, dal de-siderio di vendetta, dalla dispe-razione, oppure sfigurati dalcinismo o impietriti dall’indiffe-renza; infine, volti belli e inno-centi dei bambini, dei giovani chesi aprono alla vita, delle mammee dei papà che portano avanti consacrificio e amore la propria fa-

miglia, volti degli an-ziani, dei malati e deipoveri, degli sfiduciati edi quelli che non hannonessuno da amare e da

nessuno sono amati.Ogni volto ha un modo diversodi guardare, ma in tutti, se si os-servano bene, si può scoprire lanostalgia di un Volto speciale: “Iltuo volto, Signore, io cerco, non

nascondermi il tuo volto” (Sal27,8-9). È il volto della misericor-dia, il volto di Dio che è amore,tanto che, come dice il Papa, mi-sericordia non è un attributo diDio ma il nome stesso di Dio, chesi rivela nella persona e nei gesti

di Gesù di Nazareth.L’indizione del giubi-leo straordinario dellamisericordia nasce dauna convinzione, piùvolte espressa da papaFrancesco: la Chiesadeve essere modellatadalla misericordia, per-ché questa è “l’archi-trave della Chiesa”

(Misericordia vultus, 10). “Tuttodella sua azione pastorale do-vrebbe essere avvolto dalla tene-rezza… La credibilità dellaChiesa passa attraverso la stradadell’amore misericordioso e com-passionevole”. Il giubileo implicadunque un ritorno all’essenzialee a rapporti interpersonali nuovi:aprire gli occhi “per guardare lemiserie del mondo, le ferite di

tanti fratelli e sorelle privati delladignità… ascoltare il loro grido diaiuto”. Ciò comporta riconoscereil volto di Dio in ogni persona cheincontriamo. “Tutto quello cheavete fatto a uno solo di questimiei fratelli più piccoli l’avetefatto a me” (Mt 25,40). Tramitenoi, questo sguardo di misericor-dia nei confronti dei nostri fra-telli, diventa una carezza di Dioall’umanità. E solo vivendo la mi-sericordia, accogliendola su di noicon cuore aperto e donandola aglialtri senza remore, potremo com-prenderla veramente. ◆

Mario Chiarapini, Fsc

I segreti di un voltoe la carezza di Dio

34

*asterisco

storia nostra

Non erano bastate le urla deiconvittori e l’angoscia diquegli stessi Fratelli che

avrebbero dovuto tranquillizzare iragazzini; non era bastata la preoc-cupazione di rintracciare gli scolariche stavano per entrare in classealla prima ora di lezione e cheadesso vagavano incustoditi in giroper la città, incerti se andare ascuola o cercare rifugio altrove.La scossa di terremoto era arrivataimprovvisa, pochi minuti prima chesuonasse la campanella. Era stataviolenta – non così intensa dacreare seri danni agli edifici, maabbastanza spaventosa da far ri-versare in strada tanta gente terro-rizzata. C’era voluto del bello e delbuono, per riportare la calma tra glistudenti e convincere tutti a en-trare in classe. Eppure, dopo chel’Istituto De Merode era tornatoalla sua quotidianità, a Fratel Ales-sandro Alessandrini sembrava pro-prio che il peggio, ormai, fossepassato. E invece... E invece eccolo lì, Fratel Alessandro,all’alba della mattina dopo, prepa-randosi a fare quello che nessunpreside vorrebbe mai trovarsi adover fare. Le carte d’archivio nonci forniscono informazioni circa lostato d’animo di Fratel Alessandroin quel momento, ma possiamo cer-tamente presumere che abbia fattoun lungo respiro per farsi forza,prima di prendere da parte uno dei

convittori che stava scendendo inrefettorio per la colazione. “Sono arrivate nella notte nuove in-formazioni circa il terremoto di ierimattina. Lo abbiamo avvertito aRoma, ma… l’epicentro era altrove.Ad Avezzano”.Avezzano: la città natale del ragaz-zino che in quel momento si trovavain collegio; la città in cui vivevano isuoi genitori, i suoi parenti, i suoiamici; tutto il suo mondo.“Nella notte sono partiti i primi soc-corsi da Roma. E partiremo anchenoi: ti accompagnerò io stesso, sedesideri raggiungere il tuo paese ecercare la tua famiglia. Ma… voglioche tu sia preparato a quello che po-

35

tresti trovare, perché le prime notizieparlano di una città gravementedanneggiata. E, purtroppo, si parlaanche di numerose vittime”.Le vittime, per la cronaca, furonocirca 30.500; 10.700 nella solaAvezzano, una florida cittadinaabruzzese che, al momento delsisma, registrava all’ufficio anagrafeun totale di 13.000 residenti. Direche “dopo quella scossa di terre-moto non rimase in piedi un singoloedificio ad Avezzano”, è esagerato:in effetti, un singolo edificio rimasein piedi – esiste ancora oggi e, vi-cino al portone di ingresso, è stataapposta una targa commemorativa,perché tutti possano ricordare la

Le cucine economiche

di

Fratel Alessandro

Un terremoto, quello della Marsica del 1915, tra i più disastrosi.Uno studente che rimane orfano, salvandosi dalla tragedia soloperché convittore lontano da casa.Un’intera scuola che si mobilita, prestando aiuto alle vittime del sisma.

Avezzano dopo il terremoto

Lucia Graziano,Archivista

tragedia che ha letteralmente di-strutto un intero paese. Secondo i dati dell’Istituto Nazio-nale di Geofisica e Vulcanologia, ilterremoto che colpì la regione dellaMarsica il 13 gennaio 1915 fu unodei sismi più violenti che gli stru-menti abbiano mai registrato in Ita-lia. Con una magnitudo di undicigradi della scala Mercalli, la scossafu avvertita dalla Basilicata alla Pia-nura Padana (!). Interi paesi del-l’Abruzzo e del Lazio meridionalefurono, letteralmente, rasi al suolo;stime recenti calcolano che il terre-moto abbia provocato la morte sulcolpo di più di 30.500 persone,computo nel quale non sono inclusele vittime che morirono nei giornisuccessivi a causa delle ferite ripor-tate. In una Italia dove, ovviamente, nonesistevano ancora Internet e i cel-lulari, la totale distruzione di interipaesi (ivi compresi i loro uffici deltelegrafo) provocò un inevitabile ri-tardo dei soccorsi. Solo nella tardaserata del 13 gennaio, dopo più didodici ore dalla scossa drammatica,il governo riuscì a individuare conprecisione la zona in cui il terre-moto aveva colpito con particolareintensità. I primi soccorsi arrivaronodopo quasi ventiquattro ore dallascossa, costringendo centinaia disuperstiti a dormire all’addiaccio,nel gelo di gennaio, senza soccorsomedico e senza aiuto logistico dialcun tipo. Ciliegina sulla torta,quella notte nevicava pure. Solo dopo ventiquattro - eterne -ore, i primi soccorritori riuscirono afarsi strada sul luogo della tragedia.E tra i primi soccorritori c’eranoanche loro: un gruppetto di Fratellidelle Scuole Cristiane, accompa-gnati da alcuni amici ed ex-alunnidell’Istituto De Merode.La ragione di questo intervento erapiù che evidente: il giovane convit-tore originario di Avezzano dovevaessere urgentemente accompagnatoa casa, nella disperata e angosciosa

ricerca dei suoi genitori e dei suoiparenti. Dopo poche ore dall’arrivo, fu evi-dente che una tragedia di propor-zioni immani si era abbattuta sulragazzo: i suoi genitori, i suoi fra-telli e tutta la sua famiglia allargataerano rimasti uccisi dal terremoto.Possiamo solo immaginare lo statod’animo con cui il ragazzino rientròin convitto, stretto dall’affetto co-sternato dei Fratelli del De Merode,e dei suoi compagni di studio. Lecarte personali di Fratel Alessandro,preside dell’Istituto De Merode, cirivelano come il Fratello divenne tu-tore legale del ragazzo, occupandosidi lui in tutto e per tutto, come unpadre, in quel momento di dramma-tico bisogno. Ma Fratel Alessandro non si fermòqui. Aver accompagnato il suo stu-dente fin sul luogo della tragedia;aver toccato con mano la sua dispe-razione, e aver visto la condizione diestremo bisogno dei pochi superstitisopravvissuti al sisma, fu qualcosache non lo lasciò indifferente.Non ci si poteva fermare lì: non sipoteva prendere atto della tragediae fare dietrofront per tornare aRoma, come se nulla fosse successo.Dopo aver visitato le rovine di Avez-zano, i Fratelli delle Scuole Cristianeritornarono rapidamente a Roma…ma per organizzare una vera e pro-

pria spedizione di soccorso, in pienaregola.Forse ci si aspetterebbe altri tipi diintervento, da un ordine religiosovotato all’insegnamento. Ma, inquei frangenti, i terremotati ave-vano bisogni ben più urgenti di unascuola: e quindi, i Fratelli del DeMerode decisero di tornare ad Avez-zano…… portando con sé una pic-cola cucina.Al giorno d’oggi, pochi ricordanol’esistenza delle “cucine economi-che”, una istituzione pontificiasorta a Roma nel 1877, e rapida-mente diffusasi in varie città d’Ita-lia. Sorte per “procurare il benemorale del povero a mezzo del largovantaggio materiale che ne ritrae”,le cucine economiche erano, in so-stanza, dei piccoli prefabbricati al-lestiti in zone di particolarebisogno, e attrezzate per fornire unpasto caldo e salubre a tutti gli in-digenti che ne facevano richiesta.Inizialmente concepite per portaresollievo nei quartieri più poveridelle grandi città, le cucine econo-miche mostrarono rapidamente laloro versatilità laddove dovetteroessere impiantate in zone di parti-colare emergenza: aree alluvionate,terremotate, eccetera. Bastava unpiccolo prefabbricato in legno, al-cuni tavoli rustici e una cucina inghisa: al prezzo contenuto di 1000

storia nostra

36

Visione desolante di Avezzano

storia nostra

lire, era possibile impiantare rapi-damente, in zone disagiate, un lo-cale in grado di sfamare i bisognosi.Appoggiandosi alla Presidenza dellaGioventù Cattolica Italiana per uncoordinamento logistico, i Fratellidelle Scuole Cristiane fecero, perl’appunto, richiesta diuna cucina economicaprefabbricata. Con l’aiutodi amici, famiglie ed ex-allievi, riuscirono a cari-care un intero vagone ditreno, stipandolo con di-verse tonnellate di viveri.L’archivio dell’Istituto DeMerode ci restituisce una“lista della spesa” cui gliamici dei Fratelli eranoinvitati ad attenersi perdare il loro contributoalla spedizione: gallette,biscotti, fazzoletti, ben-daggi, cibi secchi e pasti-glie zuccherine erano glioggetti più richiesti. Nonmancavano nemmeno al-

cune piccole atten-zioni per il benes-sere dei superstiti, acui i Fratelli deside-ravano poter offrireun bicchiere di ca-momilla, una tazzadi cioccolata calda,calamai e pennini…e qualche copiadella Domenica delCorriere. Il 22 gennaio – apoco più di una set-timana dal sisma –la cucina econo-mica dei Fratellidelle Scuole Cri-stiane era impian-tata e funzionante.La gestivano i Fra-telli stessi, accom-pagnati da alcuniamici, da giovaniex-alunni studentidi medicina, e da

una quindicina di alunni delle classifinaliste del De Merode, che ave-vano offerto il loro aiuto. Il suc-cesso dell’iniziativa è dirompente: lacucina arriva a distribuire 1500pasti caldi al giorno; tanto nume-roso è l’afflusso nel refettorio che,

dopo pochi giorni, Fratel Alessandrosi trova costretto a fare richiesta diun’altra cucina prefabbricata, perraddoppiare la sua possibilitàd’azione. I Fratelli e i loro amici resteranno adAvezzano per oltre un mese, pre-stando aiuto in quella che era unaforma di primo soccorso materiale…ma non solo: la possibilità di poterpranzare in compagnia, seduti a untavolo apparecchiato, gustando unpasto caldo e sfogliando l’ultimacopia del giornale, doveva dare unaparvenza di normalità a una vitache era stata così violentementestraziata. Lasciando Avezzano per tornare aisuoi doveri di preside, dopo più diun mese di soccorso ai terremotatidella Marsica, Fratel Alessandrocommentava in un suo memoriale:“Il nostro compito qui è finito. Ab-biamo lavorato, abbiamo talvoltasofferto, ma abbiamo anche avutegrandi soddisfazioni.”, e aggiun-geva: “Che il Signore tenga da noilontana ogni calamità; ma certo, sele circostanze lo richiederanno, noiaccorreremo di nuovo insieme ai no-stri giovani, per dedicare al serviziodella Patria tutte le nostre migliorienergie”. ◆

Baracca delle cucine economiche

Fratel Alessandro Alessandrini

37

38

ricordi di scuola

Quando i coniugi Mannu, lasciatasi la Libia allespalle, si trasferirono a Torino, si pose il pro-blema dove iscrivere il loro Roberto, sul quale

nutrivano le più rosee speranze vistone l’ingegno precoce;essi non lo dissero, ma a preoccuparli c’era l’eventualitàche un corpo docente inidoneo potesse mortificarne il di-namismo, reprimendone le pulsioni dentro ambiti senzaricambi e fantasia. I coniugi Mannu non erano affetti dalsolito complesso di stravedere per il proprio pargolo, cheè alla base di tante frizioni nei rapporti scuola-fami-glia; essi costituivano un tandem molto affiatato: leiuna insostituibile ‘maestra educatrice’, lui avevaavuto incombenze di prestigio già in Africa e nelleAmeriche. Il ragazzo, ricordando in seguito i suoi de-biti verso papà e mamma, dirà di aver appreso daloro la «razionalità nel concepire e strutturare programmidi vita e di lavoro, a tenere in considerazione i pregi della fa-miglia, dell’onestà e a lasciarsi coinvolgere emotivamentedalla propria vita godendone appieno».A Roberto, dopo le medie fatte alla Federico Sclopis inVia del Carmine, si aprirono le porte dello scientificoal Collegio san Giuseppe (per tutti affettuosamente,il Sangip), poi si iscrisse al Politecnico divenendo su-bito preda ambita della Fiat-Aviazione, e in seguitodella Boeing (Seattle); al rientro in Europa, l’Aeri-talia lo ebbe program manager dello Spacelab, ele-mento di base per la l’assemblaggio della stazione spaziale(quella, per intenderci, che ha ospitato Samantha Cristo-foretti), poi ne diresse il Business Development e i veicoli datrasporto, per esserne da ultimo Direttore Generale; né ètutto perché se la Piaggio Aeronautica lo volle Ammini-stratore, la SIAI Marchetti lo elesse suo Presidente. L’in-faticabile Roberto oggi si ‘limita’ a essere consulenteGlobavia per la Boeing militare, Pratt & Whitney motoriaeronautici, CAE simulatori di volo, Vice Presidente ASEsistemi elettrici aeronautici ecc. ecc.

Nel cuore di questo palmarès, invidiabile per successi e ri-conoscimenti, affollato di convegni e programmi, di rischie di successi al di qua e al di là dell’oceano, l’ingegnere haposto due centri affettivi: la famiglia e il Sangip; il fatto èche quella scuola risultava un centro gravitazionale dallecui malie era difficile difendersi: lì si facevano teatri, con-certi, sfilate di moda (!), esposizioni nei cui stand si esibi-vano, tra gli altri, i marchi Zegna, Viberti, Lancia, FIAT,De Agostini, Cinzano, Rémy Martin, Olivetti; Roberto

Mannu respirava a pieni polmoni quell’aria, nella qualeerano cresciuti o si apprestavano a crescere i vari UmbertoAgnelli, Nuccio Bertone, Carlo De Benedetti, AndreaPinin Farina.Un giorno l’indimenticabile fratel Goffredo Savorè, sullepagine di Vita Sociale, la rivista dell’Istituto, aveva scritto:«Vogliamo fare dei nostri giovani la più splendida aristocrazia»,e Roberto si batteva per esserne un membro di elezione,all’interno di una dinamica di riscontri sempre vivacis-sima, affidata ai fogli studenteschi del Collegio quali, ad

Consulente Globavia per la Boeing militare, Pratt&Whitney motori aeronautici, CAE simulatoridi volo; Vice Presidente ASE sistemi elettrici aeronautici e molto di più. Roberto Mannu ha cominciato a sognare in grande tra i banchi del Collegio San Giuseppe di Torino.

ROBERTO MANNU

Roberto Mannu (a sinistra) con Henri Martre, all’epoca Presidente e DirettoreGenerale dell’Aerospatiale (poi Airbus)

ROBERTO MANNU ovvero un’insaziabile curiosità scientifica

ricordi di scuola

39

esempio, il Giornale sportivo del Convitto (negli anni Qua-ranta Gino Bartali era venuto in Collegio); Roberto siera integrato in un gruppo di ragazzi assai coeso, conuna loro rivista (Scientifico 55, a £ 30 la copia, ma con ilsostegno di non pochi inserzionisti) sulla quale egli in-tervenne più volte e su questioni assai diversificate, a ri-badire l’ampiezza dei suoi orizzonti mentali. A distanzadi decenni Roberto conserva ancora qualcuno di queglistorici ‘cimeli’, redatti su fogli di ciclostile (a metà stradadagli A4 e gli A3 dei nostri giorni), sbarazzini per unfrizzante spirito pregoliardico, caustici sfottò, ma fierinel mettere in mostra il genoma del San-gip quasi fosse una coccarda: «Lo spiritosangiuseppino – si legge a pagina 6 delprimo numero – è un bacillo, o meglio, unvirus non filtrabile, che ti aggredisce al primovarcare quella benedetta soglia, e non c’è strep-tomicina che valga. Prende tutti, giovani e vecchi[…]. Non deve essere orgoglio, o quanto meno,solo nel senso di impegno di nobiltà spirituale.Non casta chiusa, ma diaframma contro la vol-garità. Non ostilità contro nessuno, ma senso disolidarietà premurosa per chi ci è fratello al SanGiuseppe». Nel secondo numero di Scienti-fico 55, a pagina 9, Roberto rovesciava ilpeso di una cultura musicale da grande in-tenditore, presentando le malie di Porgyand Bess: «Gershwin, pur adottando una tecnicainconsueta e apparentemente poco adatta al me-lodramma, è ritornato all’intenzione genuina delsuo creatore: il Metastasio. Porgy and Bess nonè una unità drammatica wagneriana, ma piuttosto un unicocanto che avvolge il sentimento snodandosi in tutti i suoi infinitiaspetti».Va detto che in quell’epoca la musica aveva in Collegiouno spazio consono alla grandezza della sua dimensione:il venerato fratel Giocondo (al quale si deve la proget-tazione del primo organo della chiesa di santa Rita daCascia a Torino) abbinava all’insegnamento della filo-sofia una vena melodica fluidissima, tradottasi in mot-tetti, cantate e impromptus all’organo capaci di lasciare ilsegno, sì da ricevere i complimenti di Franco Alfano, alquale si deve il completamento della Turandot puccia-niana. Ma nell’aula Magna del Collegio anche la Raivenne a dar concerti; qui fratel Emiliano dette le suefiabe sceniche su musica del maestro Sanna; da qui fra-tel Vittorio accompagnava i ragazzi al Teatro Regio per ilCoro dei Monelli nella Carmen di Bizet.Oggi l’incontro con Roberto Mannu è un revulsivo ingrado di accendere risposte stimolanti e toniche anchenei depressi; egli, come già detto, deve il successo a duecorposi motori di spinta: la famiglia e il Sangip che ebbeil delicato compito di inserirsi nei suoi propositi mante-nendone non solo le potenzialità, ma aprendole su pro-

paggini ancora più suggestive. Il fatto è che i docenti lìformavano un team dalle mille risorse, e aperti sui piùdiversificati campi dello scibile, in grado di giocare inanticipo sulle rotte del gusto, dello sport, delle stesse ur-genze future delle industrie, orientando le scelte dei gio-vani nelle facoltà accademiche per facilitarne iltrasferimento nelle imprese. Gli anni del Collegio nella memoria di Roberto costitui-rono «la piattaforma su cui si è fondato tutto il dopo»; i Fratellierano «in colloquio continuo con la famiglia», sicché i ragazziscoprivano una automatica reciprocità tra casa e scuola:

«Ho vissuto il San Giuseppe – ricorda in una memoria au-tografa Roberto – come una grossa famiglia allargata aglialtri Fratelli non direttamente coinvolti nella mia classe. Negliultimi anni la nostra classe, scientifico A, è stata guidata daFratel Contardo con intrusioni gradevolmente pesanti di FratelGiovannino (guida della B) che, dopo il liceo, ha poi condivisogran parte della mia vita famigliare con mia moglie e le mie fi-glie. Per diversi anni, dopo il nostro trasferimento a Roma, nonsiamo mancati alla messa di Natale al Sangip e Fratel Giovan-nino ci ha regalato alcune sue visite a Roma».Ho chiesto all’ingegnere: ma se incontrassi i tuoi antichiMaestri cosa ti sentiresti di dirgli? Ed ecco la sua can-dida risposta: «Grazie per avermi creato una insaziabile cu-riosità di ciò che sta al di là dei limiti già visti, la convinzionedella necessità di proporre una guida sicura ai miei collaboratoriessendo estremamente chiaro negli obiettivi. Cari Fratelli […]stanate le famiglie, devono educare anche loro! Spingetevi a chia-rire ai ragazzi di oggi che il successo che molti sognano è underivato della chiarezza sul cosa fare, che tutto costa fatica chenessuno si accolla, ma che sarà alleviata se si crea collabora-zione, il tutto calato nell’onestà del rapporto e con un grosso le-game al concetto di famiglia». ◆

Remo L. Guidi

Roberto Mannu (il quarto da sinistra) con un gruppo di collaboratori, con alle spalle ilprimo modulo dello Spacelab

didattica

40

A kis, Jachium, Jaci, AquiliaVetere, Aquilia Nuova, RealAci, Acireale.

Sette nomi, centinaia di anni dileggende e di storia intorno a unadelle meravigliose città della Sicilia.Sette nomi che, per i bambini acesi,sono più pregnanti dei sette nomidei sette re di Roma.

Chi può resistere al fascino discoprire le origini della propriacittà? Akis da spada, lingua di terraformata dai detriti del fiume Jaci,personificato nel mitico pastorelloAci ucciso dalla gelosia del gigantePolifemo, innamorato anch’egli dellaninfa Galatea e culla della cittadina

che sorge ai piedi del vulcano piùmaestoso d’Europa.

È respirare a pieni polmoni l’ariadi casa recarsi lungo il corso delfiume che in alto addolcisce ancorai “luppini” amari immersi nelle suefresche e correnti acque e che,prima dell’avvento dell’elettricità,lungo il pendio, faceva girare le paledei mulini che trituravano il granodella Piana di Catania, per finirenelle vasche colme di canapa messaa macerare.

Oggi Acireale si affaccia sul mareda un meraviglioso balcone, propriodove si intersecavano la via costierae quella pedemontana della costa

Alberto Castellani, Fscinsegnante

orientale della Trinacria, altocirca170 metri, sbalzo causato in ereassai lontane dallo sprofondamentoparziale di uno strato di ben settecolate laviche.

Sul mare sì, ma a riparo dalle in-cursioni dei pirati anche grazie alleopere di fortificazione (leggi for-tezza del Tocco) e alla vigilanza diun drappello di cavalieri che vigila-vano lungo la Timpa; via dalle zonepianeggianti troppo esposte alle co-late laviche e posizionamento su unpianoro; comunque in ottima posi-zione strategica, ambientale, pae-saggistica e chi più ne ha più nemetta.

Interrogare le pietre, farle par-lare, percorrere gli antichi sentieri,annusare l’aria, bearsi dei panorami,scoprire le ragioni che guidano allascelta di un sito per la fondazione diuna città, o quelle che spingono alcambiamento successivo per sfug-gire agli assalti dei pirati saraceni oalle colate del vulcano Etna.

A otto anni la storia non si studiasui libri, ma, prima di tutto, sui re-perti, sulle lapidi, sul territorio, in-somma, proprio come dicevano gliantichi: errando discitur, girandos’impara.

Le pagine di carta vanno inte-grate con quelle di pietra, di pitturemurali, di resti di antiche civiltà. Oc-corre portare il bambino fuori dallemura scolastiche e farlo entrare in

I tre piani inferiori dell’Anfiteatro romano di Santa Maria Capua Vetere

Lo studio della storia ai ragazzi risulta spesso di una noia mortale, perché trattadi luoghi e di personaggi astratti e lontani dai loro interessi. Se invece prendesseavvio dalla scoperta dell’ambiente in cui vivono e in cui opera la scuola, la curio-sità sarebbe maggiormente sollecitata e le sorprese non mancherebbero.

È un problema lo studio della storia?

Tornare alle origini

didattica

damento inverso, dal generale al lo-cale.

A mezz’ora di bici da Luni sorgeMassa. Lungo l’importante via EmiliaScauri, fatta costruire nel II secoloa.C. dal console Emilio Scauro, èstato rinvenuto uno dei più antichiinsediamenti del territorio della cittàdei Malaspina, la località detta “AdTabernas frigidas”, lungo le spondedel fiume Frigido.

Lì sorgeva una delle tante sta-zioni di posta dove era possibile tro-

vare ristoro e alloggio presso lataberna, ma anche cambiare i ca-valli, riparare i carri, fare provvisteper il viaggio. Tutto questo è dedu-cibile anche dalle indicazioni offertedalla Tabula Peutingeriana risalenteal III secolo d. C. giunta a noi incopie medioevali.

A conferma dell’ipotesi di un in-sediamento romano in città o co-munque di una frequentazione daparte di romani, il ritrovamento, di

quelle arcaiche della città. Metterlodinanzi a un monumento; intro-durlo, dopo accurata preparazione,in un museo, dentro un castello, inuno scavo dove gli sia permessooperare assistito da un archeologo…

Ad Acireale come a Luna, oggiLuni, frazione del comune di Orto-novo (La Spezia), antica città ro-mana sulla sponda sinistra del fiumeMagra, un fazzoletto di terra felix,fertile, fertilissima (ancora oggi), inpossesso dei dominatori romanidopo la deportazione for-zata nell’ager Taurasinus(l’attuale Irpinia) di 47 milairriducibili Liguri Apuani(vedi Tito Livio), la succes-siva immissione in loco diduemila cives coloni del-l’Urbs caput mundi e la di-stribuzione delle terre aiveterani reduci delle nume-rose campagne militari. Afacilitare la colonizzazione,i ricchi e vari giacimenti deitre bacini marmiferi carra-resi di Torano, Misceglia eColonnata.

Sono Strabone, Plinio ilVecchio e altri scrittori la-tini a parlarci dell’uso delmarmo che finiva a Roma ein molte altre parti dell’im-pero. Dopo aver visionato isiti, leggere le fonti carica ipiccoli lettori di meravigliae di un entusiasmo deltutto particolare.

Lo studente in erba nonpuò alimentarsi unica-mente di storia universale,astratta, distante, anche se storiadell’umanità alla quale il “cucciolodi uomo” appartiene. In tenera etàconviene partire dal vicino per arri-vare al lontano, dal familiare al-l’ignoto, dalla concretezzaall’astrazione. La “piccola storia”non si contrappone alla “grande sto-ria”. Le due s’integrano acquistandomaggiore significato, interesse espessore. Più avanti, nel tempo, ilpercorso potrà avere anche un an-

alcuni anni fa, in piazza Mercurio, didue fornaci, i resti di un muro, uncontrafforte e strumenti vari. I murisono probabilmente i resti di un ca-pannone o fattoria adibita alla pre-parazione delle merci, mentre ilcontrafforte serviva sicuramente dacontenimento della collina sovra-stante. Sono state trovate anche duevasche, per la depurazione dell’ar-gilla, varie anfore e monete romane.

È fondamentale scoprire o risco-prire le proprie origini per potenziare

il senso d’identità e di ap-partenenza. È diritto diogni studente.

Oltre ai contenuti, il di-scorso riguarda l’acquisi-zione di un metodo diosservazione e d’interpre-tazione della realtà. Si di-segna, si scattano foto, siformulano domande sulcome e il perché di certescelte, si registra la spiega-zione di una guida, si col-gono i rapporti tra l’uomoe l’ambiente, si registranoi cambiamenti e le trasfor-mazioni, si realizzanomappe e cartine, si verba-lizza il tutto, si allestisceuna mostra.

Tutto questo, e molto dipiù, anche a Santa MariaCapua Vetere in provinciadi Caserta, l’altera Roma diCicerone, attraversatadalla via Appia, con un An-fiteatro Campano appenapiù piccolo del Colosseo,un tempio dedicato a

Giove sul monte Tifata, un Mitreo,un Criptoportico, l’Arco onorario diAdriano, le Carceri vecchie, il monu-mento funebre della Conocchia, ledomus gentilizie, la bottega del tin-tore Confuleius, il Castellum Aquaee chissà quanti altri reperti ancoranascosti nel sottosuolo nella cittàdalla quale partì la rivolta capeg-giata da Spartacus, il gladiatoretrace nemico acerrimo di Roma.

Nascono allora strisce storiche,

41

Mosaici nella città romana di Luni

qualcuno. “Non c’è tempo!”, farà ecoqualche altro.

Il programma non è nel sussidia-rio, ma nelle Indicazioni ministerialiche vanno rilette e meditate. Questeparlano di “scelte” da parte dell’inse-gnante, di “momenti significativi”della storia dell’umanità, di “cono-scenza dell’ambiente” in cui si vive enel quale la scuola opera. E comunquenon si tratta di far conoscere tutte levicende della storia locale, ma sol-tanto alcune, particolarmente quelleche s’intrecciano con quelle della sto-ria più generale, tre quattro aspetti

ogni anno: alla fine del corso ce nesarà abbastanza per tutti.

Così il bambino diventa un piccolostorico. S’impadronisce di una meto-dologia efficace. Impara a guardare larealtà, a muovere dei rilievi su feno-meni osservabili e tangibili, a coglierele connessioni tra storia, geografia escienze sociali. Cresce in lui l’amore perla conoscenza, la ricerca e lo studio, sipone delle domande e non ingurgitarisposte già confezionate da altri. Ri-trova le sue origini. Fortifica il sensod’identità e di appartenenza. Apprezzae, soprattutto, ama la sua terra. ◆

didattica

Rovine dell’anfiteatro di Luni

42

ringrazia gli amici sostenitori

Mastrecchia Adriano - Gaglio CostantinoCasa Di Cura Villa Del Rosario - Sacchi Maddalena

Alessandri Anna Lo Re - Poloniato Rosalina - Dal Vecchio GregorinaMoro Don Edoardo - Strona Rinaldo - Di Crosta Vincenzo - Pirri Vincenzo

Calandra Mario - Blazevich Carlos - Di Gloria Guido - Norti SergioFamiglia Marcucci - Troglio Pierluigi - Gentili Giampiero - Porta Bruno

Ferrari Maria Fausta - Ardizzone Claudio - Izzo Giovanni - Granchelli EdoardoRosso Giovanni - Volpini Alfredo - Menegatti Marco - Pettinelli GiorgioMainoli Tina - Olivi Claudio - Cassarà Antonino - Della Vecchia Bruno

Famiglia Ianniccari - Scala Luigi - Onorati Lorenza - Carnevale DomenicoGonnella Sergio - Pagnola Giuseppe - Massara Lucia - Lippiello Nicola

Fornaroli Paolino - Bovone Arnaldo - Del Mastro Silvana - Foschini FilippoBarbati Domenico - Santagata Salvatore

Trim

estra

le d

ei F

rate

lli d

elle

Scu

ole

Cris

tiane

- R

egis

trazi

one

pres

so il

Trib

unal

e C

ivile

di R

oma

- Sez

ione

per

la S

tam

pa, n

. 83/

2004

del

5 m

arzo

200

4

Pos

te It

alia

ne S

.p.A

. Spe

dizi

one

in A

bbon

amen

to P

osta

le -

D.L

. 353

/200

3 (c

onv.

in L

. 27/

02/2

004

n° 4

6) a

rt. 1

, com

ma

1, D

CB

Rom

a

Trim

estr

ale

dei F

rate

lli d

elle

Scu

ole

Cris

tiane

- R

egis

traz

ione

pre

sso

il Tr

ibun

ale

Civ

ile d

i Rom

a -

Sez

ione

per

la S

tam

pa, n

. 83/

2004

del

5 m

arzo

200

4

Pos

te It

alia

ne S

.p.A

. Spe

dizi

one

in A

bbon

amen

to P

osta

le -

D.L

. 353

/200

3 (c

onv.

in L

. 27/

02/2

004

n° 4

6) a

rt. 1

, com

ma

1, D

CB

Rom

a

numero speciale

Trim

estr

ale

dei F

rate

lli d

elle

Scu

ole

Cris

tiane

- R

egis

traz

ione

pre

sso

il Tr

ibun

ale

Civ

ile d

i Rom

a -

Sez

ione

per

la S

tam

pa, n

. 83/

2004

del

5 m

arzo

200

4

Pos

te It

alia

ne S

.p.A

. Spe

dizi

one

in A

bbon

amen

to P

osta

le -

D.L

. 353

/200

3 (c

onv.

in L

. 27/

02/2

004

n° 4

6) a

rt. 1

, com

ma

1, D

CB

Rom

a

LASALLIANI IN ITALIA

dove le vicende della storia locale siaffiancano a quelle della storia ge-nerale che finisce per ricevere nuovointeresse mentre offre un senso piùcompleto alle vicende del luogo. Siarricchisce il bagaglio delle idee sto-riche:

L’uomo cerca risposte adeguateai suoi bisogni fondamentali.

L’uomo sfrutta le risorse del ter-ritorio.

Tutte le storie locali – e non soloesse - sono storie di migrazioni, in-gressi, partenze.

L’uomo vive nel presente che èfrutto del passato e seme del futuro.

Ho parlato di tre città nelle qualiho operato come docente di scuolaprimaria per ribadire, qualora ce nefosse bisogno, l’universalità di con-cetti emergenti dalle storie locali ela necessità di approfondire la cono-scenza personale dell’ambiente perguidare gli alunni alla scoperta dellostesso. Si può iniziare dalle lapidiche sono nella scuola per passarepoi in archivio e visionare mappe,foto, pagine dove ritrovare le originidell’istituzione, il nome, il perché eil come della sua nascita; si possonoascoltare testimoni oculari, i nonni,ex alunni della scuola…

“Ma il programma?”, obietterà

Dovendo tratteggiare il profilo diun Fratello delle Scuole Cristianeche è anche mio fratello di san-gue e con il quale ho camminato

di pari passo per tutta la vita, mi trovo in un certo imba-razzo e quindi nella necessità di rimanere un poco sulvago per non scivolare nella sfera del privato che pureavrebbe tante cose da dire, forse le più importanti, percapire bene chi era Fratel Armando. Innanzi tutto un grande ringraziamento al Cielo peravermelo donato e per averci permesso di rimanere in-dissolubilmente uniti e in buona salute fino alla sua im-provvisa scomparsa appena dopo un ultimo servizioliturgico all’organo.Entrambi dobbiamo tanto all’esempio ricevuto da piccoliin una famiglia molto unita e ricca di valori cristiani, doveanche gli affetti e le schiette gioie familiari erano pro-fondamente sentite e vissute: uno splendido esempio pertante famiglie dei nostri giorni. La parrocchia di S. Maria Incoronata era la nostra secondacasa. Fin dalle elementari frequentavamo l’Oratorio nonsolo per giocare, ma anche come Aspiranti dell’AzioneCattolica, come fedelissimi chierichetti e “pueri cantores”in una corale polifonica guidata da due fratelli gemelli,

uno organista, l’altro maestro del coro. Forse è a queitempi che risale la nostra comune passione per il belcanto e la musica. E la nostra mamma ci era pure digrande stimolo in quanto per qualche anno catechista nelpreparare i bambini alla Prima Comunione con ovvie be-nefiche ricadute in noi di quanto andava insegnando.0Armando fin da piccolo aveva innato il senso dell’ordinee dell’autorità e infatti a soli 12 anni era già capogruppodi coetanei iscritti all’Azione Cattolica parrocchiale. E pro-prio in questa veste mise piede per la prima volta all’Isti-tuto Gonzaga per partecipare a un raduno di oltre milleragazzi di Azione Cattolica, provenienti dalle varie zonedella città, per celebrare i 20 anni della morte del Servodi Dio Aldo Marcozzi, un alunno del Gonzaga morto a soli14 anni nel 1928 in fama di santità e per il quale era stataavviata la Causa di Beatificazione poi prudenzialmenteinterrotta per intervento dello stesso Papa Pio XII. Bellala vetrata in suo ricordo nella Cappella dell’Istituto comepure la tomba al Monumentale di Milano con la scritta“Digne inter angelos quiescit” e la targa-ricordo da tempoappostavi dall’Istituto.Mio fratello annotò il grande evento: Domenica 27marzo 1949. Ogni anno non dimenticava di ricordar-melo: è infatti nel festoso schiamazzo di quei più di mille

Entusiasta nelle grandi e piccole cose: Fratel ARMANDO NORTIMilano 05/02/1937 - Roma 03/12/2015

l’ultima campanella

43

Fratel Armando con i suoi primi alunni (Vercelli 1957/58)

ragazzini, che ancora più forte si fece sentire la voce diDio che chiamava tutto per sé alla vita religiosa nel-l’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane prima Ar-mando e subito dopo anche il sottoscritto peraltro nonpresente al raduno.La storia della nostra vocazione, come certo di tantissimealtre, è meravigliosa perché al di là di ogni pur necessariastrategia vocazionale il Signore ci ha chiamati in un at-timo e al momento giusto (dovendo decidere in qualescuola entrare dopo le elementari), servendosi di un sem-plice ragazzo a noi totalmente sconosciuto, così comenon sapevamo neppure dell’esistenza dell’Istituto Gon-zaga e dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Chi desidera puòleggere per esteso tale storia nel numero di “Incontri”dell’Istituto Gonzaga, n° 3/1962 dove il Direttore-Presidedi allora Fratel Giovannino Verri, l’organizzatore dell’in-contro, la pubblicò a nostra insaputa, in ringraziamentoper due grandi grazie (che poi furono tre!) chieste ad Aldoe puntualmente ricevute la sera stessa del grande raduno.Pensando ora alle consuetudini dei tempi (dal 1949 al1957 e quindi prima del Concilio), negli anni della nostraformazione furono usati metodi adesso in parte impropo-nibili a dei giovani che intendano abbracciare la vita re-ligiosa (discreto rigore, pochi contatti con l’esterno, visitein famiglia una sola volta all’anno...) eppure, nei nostricolloqui privati, mio fratello e io riconoscevamo che ciavevano dato una solidità di dottrina e di convinzioni utilia sostenerci sempre nonostante il mutar delle stagioni. Già a Villa Amalia di Erba (Como) dove studiammo i primidue anni delle Magistrali, Armando incominciò talvoltaa esibirsi all’harmonium nelle celebrazioni liturgiche,

mentre a Rivalta Torinese, ormai giovane Fratello ancorastudente, fu di aiuto al Fratello Organista nello scriverglicon precisione da stampa tanti spartiti e riproducendoliper tutti i giovani Fratelli studenti con l’antico sistemadella gelatina.

Armando e io ci siamo poi trovati nella stessa Comunitàper un anno nelle vecchie Scuole Cristiane di via Simonedi Collobiano a Vercelli nell’anno scolastico 1958/59, ilsecondo per entrambi di insegnamento. Scuola d’altri tempi: maestri unici in classi di oltre 40bambini, domenica zeppa di attività dal mattino alla sera,condite da tanto giovanile entusiasmo. Armando prepa-rava anche il coro di voci bianche in vista della festa dellaScuola al Teatro Civico quando il coro, diretto all’ultimomomento dal mitico Fratel Albertino Berruti, si esibiva conl’orchestra con melodie e voci davvero celestiali. Armandoe io tornammo a Vercelli solo pochi mesi fa nel 2015, nellafesta primaverile delle “Scuole Cristiane”. Fummo aggior-nati su tanti nostri antichi alunni e Armando rivide con

gioia un suo Ex Alunno, ormainonno, al quale mostrò con or-goglio, come a tanti presenti fracui il Sindaco e l’Arcivescovo, fo-tografie di ben 57 anni prima, dalui gelosamente conservate in-sieme agli elenchi di tutti i suoialunni inviati pure al suo “ma-gico” telefonino.La seconda volta mio fratello eio ci trovammo insieme in epocapiù recente all’Istituto La Salledi Torino dal 1998 al 2001, luicome insegnante di MatematicaApplicata ai Ragionieri, reduceda ben 26 anni consecutivi di in-segnamento al Gonzaga, anchecome Preside, della stessa mate-ria. Si trovò subito a suo agio

con alunni che in parte erano stati miei alunni nellaScuola Media dello stesso Istituto. Ottimi i rapporti contutti loro di cui in seguito mi chiedeva notizie essendo iodiventato il nuovo Assessore degli Ex Allievi dal 1999

Fratel Armando all’organo

Fratel Armando con gli universitari del Gonzaga

l’ultima campanella

44

l’ultima campanella

45

dopo lo storico Assessore Fratel Francesco Ferraris, pertutti familiarmente “Cichin”. Ma all’Istituto La Salle Fratel Armando era già stato comeInsegnante di Matematica nelle Medie e anche all’ITC dal1964 al 1968, ricoprendo la carica di Amministratore eavviando nel contempo i suoi studi universitari. Ricordavacon passione questo intenso periodo per essersi prodigatoper il miglioramento delle finanze dell’Istituto e, grazieagli Ex Allievi, per la realizzazione del grande organo Pic-cinelli a 3 tastiere che dal 2008, dopo la chiusura del LaSalle, è in attesa di essere rimontato in una chiesa neipressi del Vaticano. È ora impossibile seguire FratelArmando in tutti i suoi sposta-menti. Basti ricordare, oltre lascuola sempre a tempo pieno, chefu aperto a ogni tipo di attivitàtutte svolte con slancio e deter-minazione. A titolo d’esempio: unbreve corso di Sociologia ai Fra-telli del “Lasallianum 1973” alCentro La Salle, membro del 3° e4° Capitolo di Provincia, per di-versi anni membro del ConsiglioEconomico Provinciale, Ritiri Spi-rituali per i suoi allievi di Ragio-neria, Campi scuola in Val Clareaper preparare i maturandi Ragio-nieri, settimane bianche, viaggi diistruzione in più parti d’Europa,corsi di recupero, per 23 anni Pre-sidente della Commissione eletto-rale al Gonzaga, per 14 anni Commissario interno diMaturità ITC (fiero di averne portati con successo oltre500 al traguardo finale), interesse al Gonzaga alla scuolaserale per stranieri, responsabile per 3 anni della Resi-denza Universitaria del Gonzaga, supplenze a non finirefin dal 1960 a Bassano del Grappa dove “si divertiva”anche a insegnare Messe a tre voci ai ragazzi delle Mediee ai Fratelli Novizi.Per studi e caratteri diversi avevamo, direi, qualche appa-rente difficoltà ad accordarci su idee e tante cose (ci pa-ragonavamo scherzosamente a Don Camillo e Peppone),ma devo riconoscere che lui era molto lungimirante, do-tato di grande senso pratico, sapendo in realtà “inondare”me, come tante persone che gli orbitavano attorno, dimille delicatezze. Anche lui, come il Manzoni scrisse di sé,poteva dunque sembrare a volte, a chi non lo conosceva,un po’: “Duro di modi, ma di cor gentile”.Uno dei ricordi più belli (documentati da mille fotografiee souvenirs) erano i viaggi estivi di distensione, in realtàautentici pellegrinaggi toccando i più celebri Santuarid’Italia e d’Europa: Loreto, Pompei, Siracusa, Bonaria…,Lourdes, Fatima, La Salette, la Madonna dei Poveri a

Banneux (Belgio), Czestochowa,, Ars, Paray-le-Monial,Taizé, le Meteore greche, N. S. del Pilar a Saragozza,Medjugorie…Concludo il breve excursus, con un estratto della comme-morazione tenuta dal Direttore del Gonzaga Prof. RobertoZappalà, che ringrazio sentitamente, nella Santa Messadi Esequie nella Cappella dell’Istituto. “La presenza operosa di Fratel Armando resta incisa nellastoria della Provincia religiosa che egli ha servito dal 1957in tante istituzioni: da Vercelli (Ist. San Giuseppe), a Biella(Ist. Lamarmora), a Bassano (Piccolo Noviziato), a Torino(alla Pro Juventute, al La Salle, all’Arti e Mestieri, a Villa

San Giuseppe), a Milano (il nostroGonzaga e l’Istituto San Giuseppe);resta incisa in modo particolarenella storia del nostro Gonzaga cheegli ha servito - in tempi e mo-menti diversi - per 34 anni. Un ser-vizio fatto di tanti momentiquotidiani, ma importanti dellanostra vita scolastica. Penso alladedizione con cui ha onorato il suoministero di Fratello educatore e didocente per una innumerevoleschiera di alunni che, poi, da adulti,hanno continuato a restargli legatie dei quali ricordava con metico-losa precisione gli anni di studio ei voti di maturità; una dedizioneche è continuata anche dopo averlasciato l’insegnamento, attra-verso le supplenze e il supporto al

doposcuola nelle medie; penso al rigore e alla competenzacon cui ha svolto, in anni certamente non facili, la funzionedi Preside nella Ragioneria; penso al tempo e alle energiespesi in favore degli studenti della Residenza Universitariadel Gonzaga, negli anni in cui ne è stato il responsabile;penso infine alla passione, a volte anche severa, con cui haaccompagnato all’organo le tante celebrazioni liturgichedell’Istituto, curandosi con puntiglio degli spartiti, delletonalità e anche dei foglietti dei canti... (lo ha fatto anchedurante la Messa di giovedì sera, proprio qui, poche oreprima di essere chiamato alla Casa del Padre). Per tutto questo e per tant’altro che in questi pochi istantinon è possibile ricordare, ringraziamo Dio perché ci lasciain Fratel Armando un esempio chiaro, credibile e imitabile,di come si ama, si serve e si costruisce nella fedeltà, giornoper giorno, il nostro Gonzaga. E il nostro grazie diventapreghiera per lui. Preghiera che – con l’intercessione diMaria Santissima, Regina e Madre delle Scuole Cristiane,del nostro Santo Fondatore e dei Fratelli Santi e Beati -chiede al Padre, per Fratel Armando, la ricompensa eternapromessa da Cristo al «servo buono e fedele» (Mt 25,21)”.

Raffaele Norti, Fsc

Fratel Armando con il Superiore Generalee il fratello Raffaele

l’ultima campanella

Era la vigilia dell’Epifania quando Paolo intraprendeva, in-sieme ai Magi, il suo cammino verso il Cielo. Come i santiRe, anche lui seguiva quella stella che per tanti anni erastata il punto di riferimento della sua vita, la Stella deiSignum Fidei, luminoso invito a vivere gli impegni del pro-prio battesimo e a essere per gli altri una testimonianzaluminosa della propria fede. All’associazione aveva aderito fin dall’inizio, dopo averneconosciuto personalmente i Fratelli Fondatori, PaulAdams e Manuel Olivé, e ad essa aveva confermato lasua sincera adesione con la consacrazione perpetua, il18 ottobre 2014.Aderiva con entusiasmo a tutte le cose belle e buone chegli venivano proposte, specialmente se a proporle erano iFratelli. Nella sua mente scattava subito la molla dellagenerosità, mettendosi immediatamente a progettare eipotizzare la fattibilità dell’idea, come pure la sua moda-lità di attuazione. Il suo zelo contagioso riusciva in pocotempo a coinvolgere anche altre persone. L’affetto per i suoi Fratelli era illimitato, non scevro, avolte, da qualche giudizio critico nei loro confronti, sem-

pre però espresso con affetto, di-screzione e in modo costruttivo.Era la prova che si sentiva partedella famiglia a tutti gli effetti.Aveva conosciuto il La Salle fin dabambino, da quando varcò per laprima volta il portone del Collegio San Giuseppe-Istituto DeMerode di Roma, dove rimase per ben 13 anni, fino al con-seguimento della maturità. L’amore per la sua scuola e peri Fratelli delle Scuole Cristiane, anziché affievolirsi con glianni, aumentò, permettendogli di entrare da protagonista

nel mondo lasalliano. Si impegnò a vivere al meglio le duevirtù tipiche della spiritualità lasalliana, lo spirito di fede elo spirito di zelo. Fin da ragazzo, fece parte del gruppo checon alcuni Fratelli svolgeva opera di solidarietà nella borgataPrenestina; fu membro attivo e poi presidente dell’Associa-zione Ex-alunni del C.S.G. - I.D.M. di Roma e della locale As-sociazione San Vincenzo. Per alcuni anni fu anchePresidente Nazionale degli Ex-alunni, animatore instanca-bile dei Signum Fidei, Volontario per diversi anni presso l’Isti-tuto Angelo Mai nell’accoglienza agli Immigrati, promotoree animatore di soggiorni estivi per disabili e tante altre cose.Nell’elencare le belle attività in cui Paolo ha dato la sua fat-tiva adesione, c’è sempre il rischio di dimenticarne qualcuna.Si può attribuire a lui ciò che scrive l’apostolo Paolo nellalettera ai Romani: “Cercate di compiere il bene davanti atutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivetein pace con tutti” (Rm 12,17-18). Per la costante collaborazione, l’attaccamento e l’amoredimostrati continuamente per l’Istituto dei Fratelli delleScuole Cristiane, i superiori gli hanno conferito importan-tissimi riconoscimenti, quali la Stella d’oro al merito la-salliano e l’Affiliazione all’Istituto.

Mario Chiarapini, Fsc

Un lasalliano generoso: PAOLO PANTANETTI, affiliato all’Istituto

Roma 30/06/1923 - S. Marinella (RM) 05/01/2016

Paolo presidente nazionale degli ex-alunni

46

Paolo con un disabile

l’ultima campanella

Nonostante l’età che veleggiava ormai verso il secolo, lanotizia della morte di Fratel Aldo mi ha lasciato un grandesenso di vuoto. Io ho avuto il privilegio di conoscerlo comeprofessore e formatore negli anni del mio scolasticato,l’ho ammirato come insegnante serio e professionale,come uomo ricco di umanità, di arguzia e di grande leva-tura morale; l’ho avuto in comunità per cinque anni e hocontinuato anche in seguito a frequentarlo, perché perme è stato sempre un punto di riferimento sicuro. Era una persona che riusciva a trasmettere stima, affettoe ammirazione con il suo decoro e la misurata intelligenzadi chi sa, senza doverlo dimostrare. Sempre positivo, si-gnorile e accogliente, aveva la grande capacità di far sen-tire importante e degno di rispetto ogni interlocutore. Il suo metodo didattico è stato utile ai noi studenti, nonsoltanto perché ci ha permesso di assicurarci un buonbagaglio culturale e affrontare con sicurezza gli studiuniversitari, ma anche perché in seguito ci è servito comemodello quando a nostra volta siamo divenuti inse-gnanti-educatori.Fratel Aldo l’ho sempre considerato un saggio cui ricorrere

per avere un consiglio e un orien-tamento. Mi mancherà la suaenorme disponibilità e umanità, ilsuo equilibrio e la sua serenità equel suo modo cortese di porsi e di parlare; mi manche-ranno le sue mille attenzioni e quelle telefonate che ar-rivavano sempre al momento giusto e che erano di tantoincoraggiamento e facevano apparire tutti i problemi fa-cilmente risolvibili.Ricordo tanti momenti belli trascorsi con lui: di vita spi-rituale e di impegno sociale, di carattere culturale e arti-stico, ma anche momenti di relax con qualche goliardia,come quando conducemmo insieme, con l’approvazionedella comunità, un programma scientifico sulla specie fe-lina a vantaggio del patrimonio archeologico e paesaggi-stico dell’Urbe, specialmente nel quartiere Esquilino e trai rioni della Suburra.Oggi egli è uscito improvvisamente dalla vita, ma nondalla mia vita, del resto, è mai possibile credere morto chiè cosi vivo nel nostro cuore?

Mario Chiarapini, Fsc

Ricco di umanità e di grande levatura morale:Fratel ALDO SABATINICastel Viscardo (TR) 04/03/1920 - Roma 17/01/2016

Un breve excursus della sua vita

Dopo la fanciullezza trascorsa nell’amena e verde Umbria e il suo ingresso all’aspirantato di Albano Laziale e quindinell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, Fratel Aldo Sabatini ha vissuto da religioso esemplare, lasciando ovunqueun ottimo ricordo di sé.La sua vita si può dividere in quattro periodi.• Dal 1940 al 1969, viene trasferito da un’istituzione all’altra per ben 14 volte: 3 volte al Pio IX, 2 volte al La Salle di

Napoli, all’Aspirantato presso la Casa Generalizia, a Benevento, al Collegio San Giuseppe-Istituto De Merode di Roma,al Pio XII, allo Scolasticato al Colle La Salle, a Bolsena, allo Scolasticato a Torre del Greco, ad Acireale.Dieci di questi anni, a tre riprese, li dedica alla formazione dei giovani Fratelli, lasciando un’orma indelebile in diversegenerazioni di Fratelli che lo ricordano per la suagrande religiosità, professionalità e qualità dei rap-porti umani. È stato questo il periodo, che si può de-finire, del nomadismo, in cui imita Abramo, l’Arameoerrante per la fede in Dio. Bagaglio sempre pronto,consistente, nei primi tempi, in un sacchetto nero,poi in una valigia di cartone, ma sempre attento arispondere “eccomi” alla volontà del Signore.

• Dal 1969 al 1984, lo troviamo a Villa Flaminia docentedi Italiano e Storia dell’Arte al liceo. Finalmente al-l’età di 49 anni riesce a star seduto per fare quelloche professionalmente gli era più congeniale: inse-gnare. Ha modo di incontrare schiere di alunni che loricordano come maestro di cultura e di vita.

• Dal 1984 al 2001. All’età di 64 anni, quando qualcunogià intravede il momento di tirare i remi in barca per

Fratel Aldo in un giorno di festa

47

48

l’ultima campanella

godersi il meritato riposo, Fr. Aldo si offre volontario,per imbarcarsi in un’esperienza completamente nuova. Il 18 agosto del 1984, insieme a Fratel Bartolo Parisi,accompagnati dal Visitatore Fratel Piergiorgio e dal-l’Economo Provinciale Fratel Teobaldo, si reca a Gal-lipoli per aprire il Centro Giovanile Lasalliano. Dueanni dopo, i due pionieri sono raggiunti anche da Fra-tel Augusto Zaralli. Tale esperienza, pur essendo du-rata solo otto anni, ha lasciato evidenti traccepositive. Fratel Aldo, attorniato da ragazzi di tutte leetà, sempre pronto a un sorriso o a una buona parolaper tutti, sempre disponibile. Nel 1987, in occasionedel suo 50° di vestizione religiosa, la cappella delCentro non riusciva a contenere i bambini e i genitoriintervenuti. Nel 1992, alla chiusura di Gallipoli, Fratel Aldo accetta di andare all’Istituto Angelo Mai di Roma, dovesvolge il suo prezioso servizio a favore degli immigrati. Dal 1997 al 2001 viene inviato ad Acireale nella Comunitàdell’Istituto San Luigi, dove è nominato Vice-direttore.

• Dal 2001 al 2016. All’età di 81 anni Fratel Aldo, che è stato sempre cagionevole di salute, viene mandato presso lacomunità della Sacra Famiglia di Roma e, dopo un breve periodo di ambientamento viene nominato vicedirettoredella Comunità, servizio che ha reso con delicatezza, discrezione e saggezza fino al giorno momento in cui il Signorel’ha chiamato presso di sé.

Bartolo Parisi, Fsc

Fratel Aldo animatore di una celebrazione

Nel ricordo di un giovaneSono grato al Signore di avermi fatto conoscere una persona come fratel Aldo:un uomo buono, intelligente e generoso, con una grande cultura e soprattuttouna profondissima spiritualità. Nonostante l’età, mi ha dedicato le sue attenzioninegli ultimi anni della sua vita con grande disponibilità, senza risparmiarsi. Mihanno sempre molto colpito il suo distacco dai beni materiali, la sua eleganza, isuoi modi gentili, la sua sconfinata voglia di conoscere (nonostante gli anni) e lasua immensa fiducia in Dio. Mi ha incoraggiato fino all’ultimo nel perseverarenello studio e nella preghiera, raccomandandomi di ricordarmi sempre dei più po-veri e dei più deboli. “Patrizio, quando sarai lassù, ricordati di chi sta in basso”.Non dimenticherò mai le ore trascorse a imparare a memoria canti interi dellaDivina Commedia; a studiare storia, filosofia e qualunque cosa dello scibile umano;a chiacchierare; a passeggiare; a leggere; a pregare. Con lui mi sono preparatoper gli spettacoli teatrali che ho fatto, con lui ho scritto la tesi, lui ha assistito almio esame di maturità, preparato insieme durante lunghi mesi. Ricordo quando d’estate andavo in bicicletta al Colle, lui si sedeva su un mu-retto e io gli giravo intorno e chiacchieravamo. Dato che negli ultimi anni sonostato parecchio all’estero per motivi di studio, non mancavo di chiamarlo: glidicevo semplicemente “très cher frère” e immediatamente mi riconosceva. Oggi ricordavo con mia madre di quando, pochi mesi fa, chiamandolo dalla Sviz-

zera per raccontargli di una presentazione che avevo fatto e che era andata molto bene mi aveva detto: “Mi unisco al corodei tuoi ammiratori e ti batto le mani”. Mi dovrò molto impegnare affinché, da lassù, possa continuare a battermi le mani.

Patrizio De Juliis. . . e di un confratelloCome direttore del San Luigi di Acireale, lo accolsi con immensa felicità. Gli ex alunni furono contentissimi di riaverlotra di loro. I bambini stavano intorno a lui come le api intorno all’alveare. Le famiglie toccavano con mano quale granderegalo era stato fatto alla nostra scuola. Sono stati degli anni indimenticabili; a tutte le sue belle qualità aveva aggiuntola saggezza e la bontà dei nonni. Amava il sole, le piante, il mare, i boschi, l’Etna. Aveva superato i settanta, salimmo aquota 2800 e scorrazzammo come bambini alla base del cratere centrale affondando felici nel metro e più di neve inuna splendida giornata di sole. Io un po’ preoccupato per lui, lui sempre più temerario nel voler salire ancora più in alto.Ora ha raggiunto le altezze che contano.

Alberto Castellani, Fsc

Fratel Aldo e Fratel Domenico sull’Etna

cose lasalliane

Èsorgente di profonda speranza perl’avvenire della missione lasallianapoter contare su dei laici che con-

dividono con i Fratelli lo spirito e la mis-sione di San Giovanni Battista de LaSalle.

Anche a Monserrato si ha la fortunadi avere dei validi e benemeriti collabo-ratori, ma fra tutti ci sembra opportunodare il titolo di “lasalliana doc”, per par-ticolari meriti da tutti riconosciuti, allaSignorina Maria Pia Sini tanto da meri-tare l’affiliazione all’Istituto.

Già prima che arrivassero i Fratellidelle Scuole Cri-stiane a Monser-rato (CA), il 9ottobre 1960, lasignorina Pia sidedicava anima ecorpo ad animareun oratorio fre-quentato da unaquarantina di ra-gazzi di strada dai5 ai 15 anni, ap-partenenti a fa-

miglie indigenti, prive di mezzi di sus-sistenza e per lo più carenti anche dallato religioso. Gran parte di questi mi-nori si aggiravano per le strade, mal ve-stiti, scalzi e si rendevano responsabilidi furtarelli. Per essi, nell’oratorio, erastata creata una scuola popolare sov-venzionata dalla Regione Sarda, ade-guata alla scarsa capacità deigiovanetti, per dare loro la possibilità diconseguire la licenza elementare, diplo-mino che consentiva loro di assumereun lavoro manuale. Dopo la scuola ve-niva servita gratis una refezione gior-naliera, dopo la quale, seguiva l’oratoriopomeridiano fino alle ore 17.

Ella si dedicava alla preparazionedella refezione dei giovanetti e allapulizia dei locali dell’oratorio. Già daallora si distingueva facendo tutto conmaterna abnegazione e disinteresse,come se fosse la propria famiglia,sempre pronta a venire incontro, conamore, alle necessità dei ragazzi tantobisognosi di cure. E ce ne voleva dibuona volontà e ingegnosità per farmangiar bene, con scarsissimi mezzi,

quei ragazzi affamati; come pure te-nere sempre puliti gli ambienti, circon-dati da strade e cortili spesso pieni difango e sporcizia.

Possiamo affermare, per la testimo-nianza di coloro che l’hanno conosciutache, fin d’allora, essa si comportava davera lasalliana in pectore!

Ma, per capire meglio questa suavocazione educativa, mi sembra dove-roso rendere noto un fatto del tuttofuori dell’ordinario della sua vita, rac-contatomi confidenzialmente da leistessa, con quel suo linguaggio sem-plice e schietto. Si tratta di un sognoche possiamo definire profetico!

Sembrò alla signorina Pia di vedereun carro trainato da due buoi “carru aboi”, che era uno dei mezzi di trasportousati in Sardegna prima dell’avvento deicamion. Però lo straordinario del sognoera che, sopra questo carro sardo, c’era

49

Maria Pia Sini

Carru a boi

Un sogno profeticoe una donna dei nostrigiorni con la forzadi un personaggio biblico.

LA SALLE IN SARDEGNASU UN CARRU A BOI

cose lasalliane

50

un sacerdote che la salutava, facendo ungesto festante con la mano, accompa-gnato da un affettuoso sorriso. Cosastrana, sulla talare nera mostrava duebianche facciole che dal collo si disten-devano sul petto. “Mai visto un sacer-dote così vestito”, pensò Pia. Davveronon riusciva a rendersi conto di quellastranissima visione notturna! Il misterofu risolto solo con la venuta a Monser-rato del direttore fratel Adriano Ma-strecchia, quando le offrì un’immaginedi San Giovanni Battista de La Salle. Ella,dopo che l’ebbe fra le mani e averla os-servata attentamente, esclamò: ” Ma…è proprio questo il misterioso sacerdotevisto da me in sogno!”.

Ma i sognisono sogni, so-liamo dire, e i fattisono fatti. La si-gnorina Pia difatti ne ha profusiinnumerevoli alservizio dell’operaeducativa lasal-liana e per ben 40anni! Testimoniche hanno colla-borato con leihanno dichiarato

che, per tutti quei quattro decenni, nonè mancata mai un giorno. Era presentedalle ore 7 di mattina alle ore 21 o 22 disera; spesso veniva accompagnata acasa a piedi perché abitava in un vicolobuio. Negli ultimi anni, malgrado nonavesse più le forze di quando era gio-

vane, lavorava con lo stesso ritmo di-cendo: “Ci riposeremo in Paradiso!”.

La “Casa del Fanciullo” non era soloil suo luogo di lavoro, ma la sua famiglia.E le domeniche e le feste? Le trascorrevaal servizio dei Fratelli senza chiederealcun compenso in denaro! Ci diceva chenon si era sposata per essere intera-mente a disposizione della sua prima fa-miglia di provenienza, composta di benotto figli, e della seconda quella dei Fra-telli. E fra le sue due famiglie quella na-turale e quella da lei adottata c’è statosempre un rapporto di sincero affetto ecollaborazione.

La scuola, con la venuta dei Fratelli,era diventata un centro di interesse pertutta la cittadinanza e funzionava ancheper l’intero pomeriggio fino alla seratardi: con attività sportive, feste di com-pleanni, matrimoni, incontri a livello so-ciale. C’era sempre qualcosa da fare. Lanostra ammirevole lasalliana signorinaPia era sempre pronta, con materna ab-negazione, a curare le pulizie della casa,della scuola ed essere a disposizionedell’opera con notevole disinteresse,dando il suo validissimo apporto e cu-rando con amore le necessità deglialunni, mostrandosi a buon diritto, unacomponente indispensabile del progressodella istituzione in tutte le opportunitàmateriali e sociali. Sempre al servizio ditutti con affabilità e cortesia si procuravastima e rispetto di chiunque l’avvicinava.Mi piace portare come esempio di dispo-nibilità il suo coinvolgimento nel movi-mento sportivo, nel lavare e riordinare le

maglie dei giocatori che di settimana insettimana salivano di numero. Un lavorodavvero grande e meritorio! Fu certa-mente ben meritato, al termine di 32anni di indefesso lavoro, in concomitanzacol cambiamento del direttore FratelAdriano, il dono prestigioso di affiliazioneall’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cri-stiane quale segno di riconoscenza.

Ma la signorina Pia non era sola-mente una persona dedita in manieraesemplare al suo lavoro materiale. I suoimomenti liberi erano occupati per di piùdalla preghiera! Nei luoghi in cui svol-geva il suo lavoro, nei momenti di pausa,la si notava assorta in atteggiamentoorante! È stata anche molto esemplarela sua filiale devozione per San GiovanniBattista De La Salle che considerava suomodello e protettore. Nella sala dellasua casa, il posto di onore al centro deltavolo era riservato a un suo bel quadro.

Una collaboratrice così preziosa per40 anni l’avremmo voluta per tanti anniancora, ma, con grande dispiacere dellacomunità religiosa e di chiunque l’avevaconosciuta, è mancata prematuramenteal nostro affetto! La sua morte, però,non è stata meno esemplare della suavita, esempio ammirevole di rassegna-zione alla volontà di Dio. Qualche istanteprima di morire, dopo la mezzanotte del28 dicembre 2006, secondo il raccontodella sorella Giovannina, chiese alla so-rella che l’assisteva amorevolmente, dichiamare il sacerdote appena possibile,perché era pronta a rispondere alla chia-mata del Signore. Qualche minutoprima, infatti, aveva visto vicino al suoletto San Giovanni Battista de La Salle,ma che, volendo essere sicura che fosseproprio Lui, pregò la sorella di portarle ilquadro con la sua immagine, che si tro-vava sul tavolo della sala. Santamentecocciuta come una vera sarda, dopo cheebbe fra le mani il quadro del de La Sallee fatto l’ultimo sforzo per fissare benbene la sua immagine, soddisfatta disse:”Sì, è proprio Lui!”. Il suo Santo predi-letto era venuto per farle da guida nel-l’ultimo viaggio verso il Paradiso. ◆

Giuseppe Eusepi, Fsc

Processione a Monserrato in onore del La Salle

Fratel Adriano Mastrecchia

51

Con la consueta forza e sapienza biblica Enzo Bianchi, prioredi Bose, ci conduce a esplorare uno dei gesti più alti e, in-sieme, più semplici dell’insegnamento di Gesù Cristo: quellodi “spezzare il pane”. Diversamente dalla nuova “religione delcorpo” che ha sostituito al Dio della parola, l’idolo del corpo-magro o quello del corpo-ingozzato, il priore di Bose ci mo-stra in tutte le sue pieghe l’amore umanissimo di Gesù versola tavola. “Spezzare il pane” è, infatti, l’atto che istituisce la ta-vola come luogo dell’Altro. Nel gesto di offrire il pane a chi èa tavola con noi, l’atto del mangiare trascende immediata-mente la semplice necessità di nutrirsi, il piano del puro bi-sogno animale, per acquisire il significato evangelicodell’accoglienza dello straniero, del povero, dell’abbandonato.

A tavola con l’Altro

Enzo Bianchi

Spezzare il paneGesù a tavola e la sapienzadel vivere

Einaudi 2015,pp. 110, Euro 17,00

Consigli per la letturaa cura di Alberto Tornatora docente lasalliano

in libreria

Non tutti conoscono il volto oscuro della rivoluzione digitaleche ha in Amazon, Apple, Google & co. i nuovi padroni. Il librodi Rampini cerca di farceli conoscere meglio per imparare adifenderci. La realtà quotidiana della Rete è molto diversadalle visioni degli idealisti libertari che progettavano qualcheanno fa un nuovo mondo di sapere e opportunità alla portatadi tutti. Il nuovo capitalismo contemporaneo mostra il suovolto tecno-totalitario: sia chiaro, nessuno vuole disprezzarei benefici della Rete, ma dobbiamo imparare a conoscerlameglio, visto che oramai è penetrata in ogni angolo della no-stra vita, privata, lavorativa e pubblica.

Presi nel web

Federico Rampini

Rete padronaIl volto oscurodella rivoluzione digitale

Feltrinelli 2014,pp. 278, Euro 18,00

Sapete nulla o quasi di relatività generale e di fisica quanti-stica? leggete questo libro e forse arriverete a capirne qual-cosa. Rovelli è uno dei fisici teorici più attenti alle implicazionifilosofiche dell’indagine scientifica e cerca di spiegare con pa-role semplici i misteri della fisica moderna. Relatività generalee meccanica quantistica oggi cercano di spiegarci il mondogigantesco dell’universo e dell’infinitamente piccolo: con laprima sono cresciute la cosmologia, l’astrofisica, i buchi neri,con la seconda la fisica atomica nucleare, le particelle ele-mentari, la materia condensata. Due teorie all’apparenza incontrasto tra di loro, per la prima lo spazio tempo è curvo econtinuo, per la seconda è piatto e finito, ma che funzionanobene anche tra di loro.

Oltre le apparenze

Carlo Rovelli

La realtà non ècome appareLa struttura elementaredelle cose

Rizzoli 2014,pp. ??, Euro 22,00

Arcivescovo emerito di Milano, pastore da sempre vicino allagente, il cardinale Dionigi Tettamanzi si interroga sulla deci-sione del papa di indire il Giubileo della Misericordia. UnAnno santo dedicato all’accoglienza e al perdono che nonvuole tralasciare nessuno, ma rivolgersi anzi, in modo parti-colare, a chi si sente solo e abbandonato, a chi si ritieneescluso dalla Chiesa, come le famiglie ferite, le coppie sepa-rate, i fedeli divorziati risposati e quanti si sentono giudicatiper situazioni affettive particolari. Seguendo punto per puntola bolla Misericordiae Vultus, Tettamanzi affronta i temi scot-tanti della famiglia, dell’immigrazione, delle disuguaglianzesociali, del confronto con l’Islam, e ci racconta una Chiesa chevuole tornare alle radici del messaggio evangelico, confessarela propria gioia e assumersi la responsabilità di amare gli es-seri umani, tutti.

Il volto di Dio

Dionigi Tettamanzi

MisericordiaIl Giubileodi papa Francesco

Einaudi 2015,pp. 145, Euro 14,00