4. Fonti energetiche alternative - unige.it · 2004. 3. 17. · 4.5 Combustibili fossili: Si...
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4. Fonti energetiche alternative:
Fino a non molti anni fa l’abbondante disponibilità di energia a basso costo era
considerata cosa del tutto scontata, mentre oggi tutti sono ormai consapevoli
dell’importanza e della delicatezza che il problema energetico riveste. Una prima
presa di coscienza si verificò negli anni ’70 (crisi petrolifera), quando il prezzo del
petrolio grezzo quintuplicò nell’arco di pochi anni. Da quel momento tutti furono
costretti a dedicare maggiore attenzione al “costo energetico” dell’odierno modo di
vivere. Ad esempio, in Italia fu emanata una legge (L. 373) che, per la prima volta,
mirava a contenere i fabbisogni termici per il riscaldamento invernale degli edifici
civili ed industriali.
La questione energetica, oltre che dal punto di vista tecnico, è divenuta assai
complessa anche per le sue vaste implicazioni politiche ed economiche. I problemi
energetici attuali e futuri non possono essere affrontati, infatti, senza tenere in
debito conto:
- rapporto tra la produzione termoelettrica di energia e l’inquinamento;
- rapporto tra l’inquinamento atmosferico ed il progressivo riscaldamento della
Terra provocato dall’effetto serra;
- rapporto con lo sviluppo demografico (implicazioni politiche).
Attualmente i problemi posti dalla disponibilità e da un efficiente uso dell'energia
nelle sue varie forme rivestono enorme importanza per il benessere e la qualità
della vita umana. Ogni impropria utilizzazione costituisce, di per sé, uno “spreco”,
capace di incidere negativamente sui costi di produzione e d’esercizio, nonché
d’incrementare i già notevoli problemi d’inquinamento.
La disciplina che studia l’uso razionale dell’energia è detta Energetica.
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4.1 Forme diverse d’energia:
Una prima importante distinzione da noi già incontrata attiene a forme d’energia
in transito attraverso il confine del sistema in esame (calore e lavoro) e forme di
energia accumulate in un sistema (ad esempio una massa di materia soggetta ad
un campo di forze).
Si può poi distinguere tra ben note e diverse forme di energia e cioè tra:
- energia meccanica, energia pregiata poiché direttamente utilizzabile e
convertibile facilmente ed efficacemente in altre forme. In quanto forma in
transito, essa è detta lavoro, mentre come energia accumulata può essere
presente sotto forma d’energia potenziale e di energia cinetica;
- energia elettrica, associata al fluire o all'accumulo di cariche elettriche è,
anch'essa, facilmente ed efficientemente convertibile in altre forme, quale
l'energia meccanica;
- energia chimica, di per se stessa forma d’energia potenziale accumulata che
può liberarsi come risultato di una reazione chimica;
- energia nucleare, anch'essa forma d’energia potenziale accumulata che può
liberarsi come risultato di una reazione nucleare e cioè di particolari
interazioni riguardanti lo stesso nucleo atomico d’alcuni elementi pesanti
(uranio, torio);
- energia termica, associata, come noto, a vibrazioni atomiche e molecolari. Nella
forma in transito si parla di calore mentre nella forma accumulata di energia
interna. Tutte le forme d’energia possono essere integralmente convertite in
energia termica, mentre la conversione opposta non risulta possibile
integralmente (II Principio della Termodinamica).
In linea di massima tutta l'energia disponibile sul nostro pianeta si presenta nelle
forme sopra ricordate:
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- Energia meccanica, può rendersi disponibile realizzando cadute idrauliche
(dighe, sbarramenti di fiumi e torrenti) oppure mediante sfruttamento delle maree
e dei venti;
- Energia chimica da combustibili (solidi, liquidi e gassosi);
- Energia elettromagnetica dalle radiazioni solari;
- Energia termica diretta da sorgenti termiche naturali (soffioni, ecc.);
- Energia nucleare attraverso la fissione d’uranio e torio ed in futuro da processi
di fusione termonucleare di deuterio e di litio.
4.2 Energia e sviluppo:
La maggiore o minore disponibilità di energia meccanica utilizzabile per i più
svariati scopi ha enormemente condizionato la storia umana:
- mondo antico: l’energia meccanica fu ricavata esclusivamente dallo sforzo
muscolare (circa 2,3 kWh per giorno e per persona, quantità di energia poco
superiori potevano essere ottenute tramite l'uso di cavalli, buoi, ecc.);
- medioevo: tramite l'utilizzo di mulini a vento e ad acqua si poté fruire di una
maggiore quantità d’energia meccanica;
- rivoluzione industriale: segnò l'avvento della macchina a vapore. Sadi Carnot
(circa 160 anni fa) pubblicò il fondamentale saggio " Considerations sur la
puissance motrice du feu et sur le machines propes a developper cette
puissance". In conseguenza della rivoluzione industriale i combustibili divennero
beni sempre più preziosi e cercati. Ad esempio, nell'Inghilterra del 1850 il
consumo di combustibile era già equivalente a circa 5 kg di petrolio per giorno e
per persona;
- epoca contemporanea: il consumo giornaliero di energia pro-capite delle nazioni
tecnicamente più sviluppate può essere stimato dell'ordine di circa 5·108 J
(corrispondenti all'energia termica liberata dalla combustione di circa 10 kg di
petrolio).
A questo proposito è opportuno precisare che l’energia prodotta da un
combustibile (ad esempio il metano, il carbone, il gasolio) durante il processo di
combustione, viene quantificata in termini del potere calorifico Hi . Il potere
calorifico Hi rappresenta la quantità di calore che si può ottenere dalla
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combustione completa di un chilogrammo di combustibile (reazione chimica di
ossidazione completa con aria comburente). Ad esempio, per il metano risulta Hi
= 37,8 MJ/Kg.
Nella valutazione dei fabbisogni energetici, per usare un metro comune e
predisporre di un’unità di misura adeguatamente grande, si fa uso del concetto di
"massa di petrolio equivalente" riferendosi ad esempio a tonnellate di petrolio
equivalenti (tep). Poiché il potere calorifico del petrolio è assunto
convenzionalmente pari a 41,9 MJ/Kg, si ha:
1 tep = J1019,4MJ109,41 103 ⋅=⋅
4.3 Risorse rinnovabili e non rinnovabili:
Si è soliti distinguere tra risorse rinnovabili e non rinnovabili, cioè tra risorse la cui
disponibilità continuamente si rinnova e risorse accumulatesi nel passato le
quali, una volta consumate, non risultano più disponibili.
Nel mondo preindustriale erano impiegate risorse del primo tipo e cioè legna da
ardere, mulini ad acqua ed a vento; dall'inizio dell'era industriale l'uomo ha
cominciato ad intaccare le seconde (carbone, gas naturale, petrolio e uranio).
I problemi energetici sono sostanzialmente connessi a:
- disponibilità di fonti energetiche primarie, ovvero con l’energia reperibile in
natura;
- conversione delle fonti energetiche primarie in forme direttamente utilizzabili.
4.3.1 Fonti d’energia primaria
La natura di tali fonti può essere:
1) Fossile (petrolio, gas naturale, carbone);
2) Nucleare (fissione, fusione);
3) Geotermica;
4) Rinnovabile (idraulica, solare, eolica, biomassa).
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Le fonti 1), 2) e 3) sono non rinnovabili ed il loro consumo intacca il “capitale
energetico”, mentre la 4) riguarda solo l’utilizzo degli “interessi” del capitale.
Queste fonti non vengono quasi mai utilizzate direttamente nella forma in cui si
trovano in natura, bensì convertite in fonti secondarie. Ad esempio:
- il petrolio grezzo viene distillato per ottenere prodotti derivati quali benzina,
kerosene, gasolio; il carbone naturale lavorato per ottenere coke, gas
combustibili;
- energia idraulica, eolica, nucleare sono convertite in energia elettrica.
Nelle statistiche l’energia elettrica prodotta per via geotermica ed idraulica nonché
l’energia elettrica importata (l’Italia non possiede più centrali nucleari) viene
considerata come energia primaria ipotizzando un rendimento di conversione del
39%.
4.4 Situazione energetica italiana (dati Ministero Attività Produttive al 2000):
Il fabbisogno totale è risultato pari a 184.8 Mtep (milioni di tep di petrolio, ove 1
Mtep = 4,18 × 1016 J) , ripartito come nel prospetto sotto indicato.
FABBISOGNI ITALIANI RIFERITI ALLE FONTI PRIMARIE (1993)
Petrolio 49.4 %
Gas naturale 31.4 %
Carbone 6.9 %
E. idroelettrica/geotermica 7 %
E. elettrica importata 5.3 %
Relativamente alla suddivisione di questo fabbisogno (184.8 Mtep) nei diversi
consumi risulta:
Perdite 5%
Produzione di energia elettrica 34%
Consumi finali da fonti primarie 61%
Si può osservare che:
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• se si divide il fabbisogno totale (184.8 Mtep) per il numero di abitanti il nostro
paese, risulta che ogni italiano necessita di circa 3,5 tep/anno;
• una parte notevole (34%) delle disponibilità è destinata alla produzione di
energia elettrica;
• il riscaldamento invernale degli edifici civili, gli usi termici industriali ed i
trasporti corrispondono a circa i 2/3 del fabbisogno.
4.5 Combustibili fossili:
Si consideri la reazione di combustione e cioè la reazione chimica di ossidazione
del metano:
i2224 HOH2COO2CH ++++→→++
Come si può osservare il metano e cioè il più semplice composto possibile tra
carbonio e idrogeno (classe di composti chimici detti idrocarburi) combinandosi
con l’ossigeno fornisce energia termica Hi, acqua (vapore) e anidride carbonica.
Ovviamente, in accordo col principio di conservazione dell’energia, l’energia
termica ottenuta o potere calorifico inferiore non compare dal nulla ma
corrisponde esattamente alla variazione dell’energia potenziale chimica dei
prodotti (CO2 e H2O) e dei reagenti (CH4 e O2).
Il metano fa parte degli idrocarburi.
Con questo nome si indicano i più semplici composti organici, cioè quelli
costituiti da carbonio ed idrogeno. Enorme è l'importanza degli idrocarburi che
sono i principali componenti del greggio e del gas naturale. La loro caratteristica è
che si ossidano rapidamente (cioè bruciano) liberando energia termica.
Il petrolio che si trova nel sottosuolo è costituito da una miscela di
numerosissimi componenti, fra cui predominano nettamente gli idrocarburi. In
termini di composizione chimica elementare essi sono, indicativamente
caratterizzati dalle seguenti percentuali:
- C: 80 - 89 %
- H. 10 - 15 %
- N: 0.02- 1 %
- S: 0.01 - 1 %
- O: 0.01 - 0.7 %
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I carboni fossili costituiscono degli ammassi carboniosi residui di riduzione di
piante erbacee e legnose. Più antica è la loro origine, maggiore è la percentuale di
carbonio in essi presente, mentre minore è quella di ossigeno, idrogeno e azoto.
Nella tabella seguente vengono indicati i poteri calorifici inferiore e superiore di
alcuni combustibili comuni.
4.6 Fissione nucleare:
Si consideri la seguente reazione di fissione nucleare dell’isotopo fissile
dell’uranio:
LaMo
Qn2nuclidi2n1U
13957
9535
23592
+↑
++→+
La quantità di calore Q prodotta da questa reazione nucleare di fissione, è
enormemente superiore a quella che caratterizza le normali reazioni chimiche
(circa due milioni di volte maggiore). Infatti, dalla fissione di 1 kg di uranio U23592 si
ottiene una quantità di energia (può essere considerata come un potere calorifico
H) pari a H = 61082 ⋅⋅ MJ/kg.
Questa enorme quantità di calore viene liberata in corrispondenza del nocciolo del
reattore nucleare, cioè della parte dell’impianto all’interno del quale sono
contenute le cariche di Uranio che, bombardate con neutroni, subiscono la
fissione e liberano calore.
Combustibile Hi
[MJ/Kg]
Hs
[MJ/Kg]
Petrolio greggio 41,9 44,8
Benzina per auto 44,0 46,9
GPL 45,7 49,8
Gasolio 42,9 45,7
Gas naturale 35,9 38,8
Metano 37,8 43,3
Coke 30.2 30,5
Litantrace 31.5 32,4
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Il nocciolo viene refrigerato attraverso un fluido vettore che si riscalda e alimenta
un ciclo termodinamico per la produzione di energia elettrica. Questo fluido può
essere vapore o gas a seconda della tipologia impiantistica.
I problemi inerenti lo sfruttamento di questa forma di energia sono legati alla
sicurezza: senza entrare nel merito dell’impiantistica, basti immaginare come,
senza un adeguato sistema di regolazione del flusso neutronico, la reazione di
fissione si diffonderebbe “a catena”, con i risultati immaginabili.
4.7 Energia solare:
L’energia proveniente dal sole può essere raccolta in due modi differenti:
• Raccolta naturale, che avviene naturalmente sulla terra. In questo caso
l’energia solare si trasforma in energia idraulica (ad esempio correnti
oceaniche) e in energia eolica (vento): questa energia viene raccolta in punti
particolari, caratterizzati da grandi quantità di energia disponibile e buona
regolarità di tale disponibilità. L’aleatorietà inevitabile e connessa a tutte le
fonti naturali, viene compensata con la messa in parallelo di un altro sistema
energetico per soddisfare le esigenze locali. Connesso a questo aspetto vi è
quello della necessità di accumulo dell’energia raccolta e non utilizzata
nell’immediato.
• Raccolta tecnologica, ossia messa in opera di sistemi per la captazione e
l’utilizzazione di tale energia. La raccolta tecnologica può essere indirizzata alla
produzione di calore o alla produzione di energia elettrica.
Ø Produzione di calore. E’ nato tutto un sistema noto col nome di
architettura solare passiva, in cui si cerca di sfruttare l’energia solare in
modo passivo, mediante studio razionale dell’orientazione e disposizione
delle unità abitative. In alternativa è possibile raccogliere l’energia solare
per la produzione di calore in modo “attivo”, mediante l’uso di pannelli
solari, che alimentano gli impianti di riscaldamento e quelli di
produzione di acqua calda sanitaria.
Ø Produzione di energia elettrica. Attraverso centrali eliotermiche l’energia
solare è degradata in energia termica che alimenta un ciclo
termodinamico per la produzione di energia meccanica (poi convertita in
elettrica). Questa strada è in via di abbandono, dati gli elevati costi e
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l’aleatorietà della sorgente. In alternativa si può sfruttare un processo di
conversione diretta, per effetto fotovoltaico, attraverso il quale l’energia
solare viene trasformata direttamente in energia elettrica, senza il
passaggio attraverso l’energia termica. Questo modo di produrre energia
elettrica è molto costoso ed accompagnato da rendimenti di conversione
piuttosto bassi (10-15%); inoltre necessita di un adeguato sistema di
accumulo.
Vale la pena di dire qualcosa di più sui pannelli solari.
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Nelle immagini riportate vengono mostrati alcuni esempi e schemi di
utilizzazione. I pannelli solari sono costituiti da elementi in grado di raccogliere
l’energia solare e trasferirla ad un fluido che li attraversa (acqua), il quale si
riscalda ed alimenta gli impianti domestici.
Il fluido termovettore può essere movimentato per circolazione naturale o forzata.
Ø Circolazione naturale: E' noto che se in un sistema vi sono due fluidi a diversa
densità, quello meno denso (più leggero) tende a salire verso l'alto (spinta di
Archimede), mentre quello più denso (più pesante) tende a scendere verso il
basso. Sappiamo inoltre che le molecole che costituiscono un fluido, liquido o
gassoso, nel ricevere energia, aumentano la propria velocità, pertanto
allontanandosi le une dalle altre, diminuiscono la densità del fluido stesso.
Questi sono i principi che vengono sfruttati nei sistemi solari a circolazione
naturale; infatti il liquido contenuto nel pannello solare riceve l'energia solare
diventando meno denso rispetto a quello che si trova nello scambiatore a
contatto con l'acqua dell'accumulo.
Finchè permane questa situazione il liquido caldo sale verso lo scambiatore
cedendogli calore mentre quello freddo corre verso il collettore. Nel momento
in cui il fluido del collettore non riceve più la radiazione solare diventa più
pesante di quello contenuto nello scambiatore ed il ciclo si ferma, impedendo
così la dispersione dell'energia raccolta nell'accumulatore.
Ø Circolazione forzata: Se in un sistema solare l'accumulatore d'acqua (boiler)
viene messo in una posizione più bassa dei pannelli solari (centrale termica,
seminterrato) il fluido caldo all'interno dei pannelli solari non riesce a far
giungere la sua energia allo scambiatore di calore contenuto
nell'accumulatore. Pertanto, per far avvenire tale scambio, è necessario
servirsi di un circolatore che trasferisca il liquido caldo, contenuto nei pannelli
solari, verso l'accumulo. Questo evento, però, deve essere controllato da una
centralina elettronica. La sua funzione è quella di monitorare continuamente,
tramite due sonde, la temperatura dei pannelli solari e quella del boiler, per
dare consenso elettrico al circolatore, solo quando il liquido contenuto nei
pannelli solari è più caldo dell'acqua dell'accumulo.
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4.8 Energia idroelettrica:
Una centrale idroelettrica è un complesso di opere e macchinari che raccoglie e
convoglia volumi d’acqua da una quota superiore ad un’altra inferiore della
superficie terrestre allo scopo di sfruttare l’energia potenziale idraulica, in genere
di un corso d’acqua, che viene trasformata dal macchinario di centrale in energia
elettrica, utilizzando il salto generato dallo spostamento di una certa quantità
d’acqua tra due siti posti a quote differenti.
L’energia potenziale posseduta da una massa d’acqua per unità di volume si
esprime come:
[m] girante della asse e libero pelo tra differenza :h
][kg/m densità :
hgE
3
p
∆∆
ρρ
∆∆ρρ==
Questa energia potenziale viene convertita in energia cinetica del getto che investe
le pale della turbina.
In generale una centrale idroelettrica è costituita da un’opera di captazione delle
acque alla quota più alta, opere di trasporto delle acque, macchinari che
trasformano l’energia idraulica in energia meccanica e quest’ultima in elettrica.
L’acqua viene poi restituita al suo alveo naturale attraverso un canale o simile.
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Le centrali idroelettriche possono essere ad acqua fluente se la portata utilizzata
nelle centrali coincide in ogni istante, a meno di quel deflusso minimo vitale
lasciato in alveo per garantire gli equilibri ecologici del tratto di corso d’acqua
compreso tra la presa e la restituzione, con la portata disponibile nel corso
d’acqua. Quando invece dopo la presa viene realizzato un serbatoio di accumulo
delle portate naturali del corso d’acqua da essere poi avviate alla centrale in base
alle esigenze di un programma di produzione, allora la centrale viene detta a
serbatoio o a deflusso modulato. In entrambi i casi la portata avviata alla centrale
varia nel tempo e per questo motivo la potenza delle macchine installata nella
centrale che si misura in kW (kilowatt), viene completamente utilizzata solo in
alcuni periodi in quanto dimensionata sulla massima portata dell’impianto. La
potenza media è invece una misura teorica; essa è il prodotto della portata media
nel corso dell’anno per il salto debitamente ridotto per tener conto dei rendimenti
del sistema centrale, di norma prossimi all’80%. L’energia elettrica prodotta nel
corso di un anno, che viene misurata in kWh (kilowattora) o nel suo multiplo
GWh (Gigawattora pari ad un milione di kilowattora) è la producibilità della
centrale. La legge vigente in Italia (Il Testo Unico sulle acque R:D: 1775 del 1933),
che regola la complessa materia delle concessioni delle acque pubbliche, divide le
centrali sotto l’aspetto idraulico, in piccole derivazioni, quelle con potenza
inferiore ai 3.000 kWh, e grandi derivazioni, di potenza media superiore.
Descriviamo velocemente i componenti impiantistici che si ritrovano in una
centrale idroelettrica.
La condotta forzata collega il bacino di carico con la centrale ed è percorsa da
acqua in pressione. In centrale l’acqua attraversa le turbine idrauliche, con lo
scopo di farle girare trasformando, grazie all’alternatore, energia cinetica in
energia elettrica.
Le turbine idrauliche sono macchine motrici che trasformano l’energia accumulata
dall’acqua durante il percorso nella condotta forzata in energia meccanica. Sono
costituite dal distributore (fisso) e dalla girante (mobile). Il primo regola il flusso
d’acqua, la seconda trasmette all’albero su cui è montata l’energia sottratta
all’acqua.
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Condotta forzata Turbine idrauliche
La turbina inizia a girare tramite un albero motore collegato all’alternatore,
producendo energia meccanica da energia cinetica.
Le turbine si differenziano in: Pelton, Francis e Kaplan.
Il tipo di modello utilizzato dipende anche dal dislivello coperto dalla condotta
forzata e dalla portata.
Negli impianti idroelettrici moderni vengono costruite grandi unità in presenza di
dislivelli elevati, impiegando generalmente turbine Kaplan fino a 60 metri e
turbine Francis fino a 600 metri.
L’alternatore è una macchina elettrica che trasforma energia meccanica in energia
elettrica a corrente alternata. Gli alternatori sono costituiti da due parti
fondamentali, una fissa (statore) e l’altra rotante (rotore).
Alternatore Trasformatore
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Il trasformatore è una macchina elettrica statica adatta a trasferire energia
elettrica a corrente alternata da un circuito all’altro modificandole le
caratteristiche; serve anche per alzare il voltaggio della corrente in uscita
dall’alternatore e per evitare eccessive perdite di energia elettrica in linea.
I trasformatori di alimentazione o di potenza, possono essere monofase o trifase, e
servono per produrre alte tensioni e corrente intense. Un efficace sistema di
trasmissione richiede un trasformatore elevatore, che innalzi il voltaggio e
conseguentemente riduca la corrente.
4.9 Energia eolica:
Lo sfruttamento dell’energia eolica per il movimento di organi meccanici è noto fin
da tempi remoti, basti pensare all’uso dei mulini a vento.
La captazione dell'energia del vento si attua mediante macchine in cui delle
superfici mobili vengono azionate dal vento e poste in movimento, in genere,
rotatorio. Questo movimento si trasferisce ad un asse che rende disponibile una
coppia ad una certa velocità di rotazione; infine questa energia meccanica si
trasforma in energia elettrica. L'importanza del rotore, nella bontà della
captazione, è rilevante, tanto è vero che si cerca di migliorarne l'efficienza in modo
da poter sviluppare maggiori potenze a parità di area spazzata.
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L'energia del vento viene utilizzata mediante l'impiego di macchine eoliche (o
aeromotori) in grado di trasformare l'energia eolica in energia meccanica di
rotazione, utilizzabile sia per l'azionamento diretto di macchine operatrici che per
la produzione di energia elettrica: in quest'ultimo caso il sistema di conversione
(che comprende un generatore elettrico con i sistemi di controllo e di
collegamento alla rete) viene denominato aerogeneratore.
I tipi di rotore fino ad oggi ideati sono numerosi: in base alla loro disposizione
rispetto alla direzione del vento le macchine eoliche possono essere classificate in
tre grandi categorie:
Ø macchine ad asse orizzontale, parallelo alla direzione del vento;
Ø macchine ad asse orizzontale, posto di traverso al vento;
Ø macchine ad asse verticale, nelle quali l'asse del rotore è perpendicolare al
terreno e alla direzione del vento.
Il rotore è costituito da un certo numero di pale fissate su di un mozzo progettate
per sottrarre al vento parte della sua energia cinetica e trasformarla in energia
meccanica di rotazione. E' uno dei componenti critici delle macchine eoliche in
quanto il suo rendimento può scendere assai facilmente peggiorando la resa
energetica del sistema.
Gli aerogeneratori ad asse orizzontale, sui quali si è concentrato il massimo sforzo
di sviluppo e diffusione commerciale, rappresentano la quasi totalità della
potenza eolica installata nel mondo. Il tipo di aerogeneratore più utilizzato è
quello a tre pale, con rotore sopravvento a mozzo rigido, collocato tra la direzione
da cui spira il vento e la torre. Si tratta della configurazione nota come "concetto
danese" e rappresenta ormai lo standard con cui si confrontano altre soluzioni
impiantistiche: una/due pale, rotore sottovento, mozzo oscillante.
La tipica configurazione di un aerogeneratore ad asse orizzontale è la seguente: il
sostegno porta alla sua sommità la gondola o navicella, costituita da un
basamento e da un involucro esterno; nella gondola sono contenuti l'albero di
trasmissione lento, il moltiplicatore di giri, l'albero veloce, il generatore elettrico e
i dispositivi ausiliari. All'estremità dell'albero lento e all'esterno della gondola è
fissato il rotore, costituito da un mozzo, sul quale sono montate le pale. Il rotore
può essere posto sia sopravvento che sottovento rispetto al sostegno.
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La gondola è in grado di ruotare rispetto al sostegno allo scopo di mantenere
l'asse della macchina sempre parallelo alla direzione del vento (movimento di
imbardata). Opportuni cavi convogliano al suolo l'energia elettrica prodotta e
trasmettono i segnali necessari per il funzionamento.
Una descrizione qualitativa del funzionamento di un aeromotore risulta più
immediata ricorrendo al paragone con l'aerodinamica di un aereo. Come è noto,
una superficie avente sezione a profilo alare posta in un flusso d'aria è soggetta a
una forza risultante di due componenti: la portanza, perpendicolare alla velocità
del vento, e la resistenza, parallela alla velocità del vento. Queste due forze
dipendono, tra gli altri fattori, dal tipo di profilo e, per ogni profilo, dall'angolo con
cui il flusso d'aria investe l'ala. Negli aeroplani la portanza è la forza utile che
sostiene il peso dell'aereo, mentre la resistenza è quella forza compensata dalla
spinta di propulsione dell'aereo stesso. Analogamente, in un rotore eolico, ogni
sezione della pala si comporta come un profilo alare posto in un flusso d'aria la
cui velocità è data dalla risultante della velocità del vento naturale e della velocità
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del vento dovuto alla rotazione della pala stessa (pari, quest'ultima, e contraria
alla velocità periferica di rotazione della sezione).
La direzione e l'intensità del flusso d'aria risultante variano da una estremità
all'altra della pala, dato che la componente dovuta alla rotazione della pala varia
con la distanza dal centro del rotore. Il vento risultante causa, come si è detto,
una forza risultante la cui componente sul piano di rotazione partecipa al
movimento del rotore mentre quella parallela alla direzione del vento sarà
assorbita dal sostegno. L'insieme delle compontenti utili di tutte le sezioni delle
pale fornisce così l'energia meccanica sull'albero della macchina.
La producibilità di un aerogeneratore dipende dall'area del rotore e dalla
efficienza aerodinamica dello stesso. Importante è la disponibilità della fonte e
quella della stessa macchina. Siti interessanti garantiscono intorno a 100 giorni
di vento/anno (circa 2400 h/anno). Buone macchine consentono di avere una
disponibilità dell'ordine di almeno il 95%. Le potenze installabili per una moderna
centrale si aggirano sui 5-8 MW/km2, anche se l'area effettivamente occupata è
molto più piccola.
Ventosità e indicatori biologici
La producibilità energetica di una macchina è proporzionale al cubo della velocità
del vento: se quest'ultima raddoppia, l'energia elettrica ottenibile aumenta
all'incirca di otto volte. La valutazione della ventosità di un sito richiede
un'accurata indagine, che può durare anni. I siti vanno selezionati sulla base di
indicatori biologici (grado di inclinazione permanente del fogliame, rami, tronchi
degli alberi), geomorfologici (ostacoli naturali e antropici quali edifici, rugosità e
orografia del terreno), socioculturali (toponomastica e memoria storica degli
abitanti), nonchè su un attento esame dei vincoli esistenti (ambientali,
archeologici, demaniali). La selezione definitiva viene fatta dopo un periodo di
misura della velocità e direzione del vento. Anche l'esistenza di strade adeguate e
la vicinanza a linee elettriche devono essere tenute presente, poichè hanno
implicazioni dirette con la redditività di un'iniziativa.
La scelta del sito deve essere seguita da un'efficace disposizione delle macchine,
che vanno opportunamente distanziate sul terreno per evitare eventuali
reciproche interferenze fuidodinamiche che ne riducono la producibilità.
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4.10 Energia geotermica:
L’esistenza di calore all’interno della terra è reso evidente da fenomeni ben noti,
quali i vulcani, i geysers e le fumarole, distribuiti sulla superficie terrestre
secondo fasce geografiche ben delineate e contraddistinte dal punto di vista
geologico.
La possibilità pratica di sfruttare l'enorme quantità di calore contenuta nella terra
è legata alla condizione che si concentrino in una stessa area sia la fonte di
calore, che la copertura impermeabile e che in quella zona si instauri anche una
circolazione profonda di acqua meteorica.
Si forma così un campo geotermico, all’interno del quale si possono trovare, a
seconda della temperatura e della pressione esistenti, vapore oppure acqua,
sempre accompagnati da quantità variabili di gas e di sali minerali.
Nelle situazioni più favorevoli si può estrarre, attraverso pozzi profondi da
qualche centinaio fino a oltre 4.000 metri, vapore ad alta temperatura e pressione
(a Larderello fino a oltre 400 °C a fondo pozzo e tra 5-15 atmosfere a boccapozzo),
che è possibile utilizzare per la produzione di energia geotermoelettrica,
facendolo espandere in una turbina che, a sua volta, aziona un generatore
elettrico. Il vapore, che al termine del ciclo termodinamico è condensato in acqua,
viene reimmesso nel serbatoio originario attraverso appositi pozzi di reiniezione;
in tale modo, si riducono gli abbassamenti di pressione nel giacimento e si genera
anche nuovo vapore, per riscaldamento dell’acqua nelle profondità della "caldaia
geotermica" naturale.
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Attualmente nel mondo sono installate centrali geotermiche per circa 7.000 MW,
dei quali 748.5 MW in Italia, per ora ancora tutti nella Toscana, dove la geotermia
fornisce un contributo del 20 % alla produzione elettrica regionale.
Il nostro Paese è stato un pioniere in questo campo: la prima lampadina
"geotermoelettrica" è stata accesa nel 1904 e l’Italia è stata fino a metà degli anni
cinquanta l’unica nazione ad utilizzare la geotermia come fonte industriale per la
produzione elettrica.
Lo sviluppo industriale della geotermia non è però iniziato con la produzione di
energia elettrica, ma con l’estrazione dell’acido borico e di altri sali borici presenti
nel fluido geotermico.
Lo sfruttamento chimico dei fluidi geotermici ha avuto, infatti, un impulso
straordinario da quando, a metà del secolo scorso, si è pensato di utilizzare il
calore stesso del vapore per concentrare i sali contenuti nei fluidi geotermici.
Questo processo chimico e l’industria collegata, sono diventati, nel tempo,
talmente importanti, da caratterizzare come "area boracifera" l’intero
comprensorio dell’alta Val di Cecina.
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Geotermia significa anche e soprattutto calore a basso costo per iniziative
agricole, artigianali e industriali che utilizzano energia termica nel processo
lavorativo. Si citano per esempio l’uso termale, le piscine, oppure il riscaldamento
residenziale (pannelli radianti), l’uso per il riscaldamento di stalle e allevamenti,
per l’essicazione di coltivazioni, in ambito industriale per l’estrazione di prodotti
chimici o per processi dell’industria della carta.
4.11 Produzione d’energia elettrica:
Al fine di meglio inquadrare le problematiche precedentemente discusse,
evidenziando anche le relative conseguenze, è opportuno confrontare tra loro le
varie modalità possibili per produrre energia meccanica che, quasi integralmente
convertita in energia elettrica, costituisce la forma d’energia più pregiata e che,
come si è già ricordato, risulta immediatamente utilizzabile per i più diversi scopi
civili ed industriali.
Si consideri la produzione di una potenza elettrica pari a 1000 MWel. in grado, ad
esempio, di soddisfare circa 333.000 utenze elettriche domestiche ciascuna delle
quali, contemporaneamente, consumi 3 kW. Si ipotizza di ricavare questa potenza
elettrica in modi diversi e cioè a partire da combustibili fossili o sfruttando
l’energia nucleare o solare od eolica:
Uso di combustibili fossili in centrale termoelettrica
Nel’ ipotesi di un ciclo termodinamico a vapore con un rendimento 4,0=η e che
fornisca una potenza meccanica pari a P = 1000 MW, si può immediatamente
stimare la potenza termica ϕ da fornire al ciclo bruciando combustibile:
ϕ=η
P⇒ =
η=ϕ
P2500 MW
La potenza termica è pertanto pari a ϕ =2500 MW per cui, noto il potere calorifico
Hi del combustibile utilizzato si può valutare il consumo di combustibile Gc
[kg/s]. Infatti:
ic HG ⋅=ϕ ⇒i
c HG
ϕ=
50
Nel caso di petrolio greggio ⇒
anno/t650.881.1h/t8,214s/kg66,59Kg/MJ9,41
MW2500G c ====
Nel caso di carbone (litantrace) ⇒
anno/t700.502.2h/t7,285s/kg40,79Kg/MJ5,31
MW2500G c ====
Come già osservato, a questi processi di combustione sono associati notevoli
problemi d’inquinamento dell’ambiente. Si tratta di emissione di polveri, ceneri,
CO2 (inquinamento chimico e possibile incremento dell’effetto serra).
Inoltre, anche lo stoccaggio di una riserva di carbone corrispondente ad un anno
di consumo (M = 1881650 t) presenta qualche problema. Ad esempio tenendo
conto della densità in mucchio del carbone ( 750mucchiocarbone =ρ Kg/m3 ) il volume
necessario è:
ρ= MV ⇒⇒ρ
=M
V =2000000 m3
Supponendo di ammassare tale quantità di carbone su uno strato alto 10 m,
occorrerà disporre di una superficie di 20 ettari.
Uso d’energia nucleare
Poiché dalla fissione di 1 kg di uranio si sviluppano quantità di calore 2 milioni di
volte circa più elevate di quella ottenibile dalla combustione di un kg di petrolio e
2.6 milioni di volte circa quella ricavabile dalla combustione di un kg di carbone,
ne discende immediatamente che per produrre la potenza di 1000 MW la quantità
d’uranio necessaria risulterà assai minore rispetto ai combustibili d’origine
fossile.
Il consumo annuo di uranio sarà, infatti, pari a:
anno/kg940s
kg1005,3
10 8,2
2500
HC 5
7i
c =⋅=⋅
=ϕ
= −
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Inevitabili sottoprodotti della reazione nucleare sono, come noto, una serie di
nuclidi a massa atomica minore dell’uranio, alcuni dei quali radioattivi con lunghi
tempi di dimezzamento (scorie nucleari). Il trattamento delle scorie nucleari ed il
loro stoccaggio per lunghi periodi (in certi casi migliaia di anni) pone notevoli
problemi, bilanciati solo in parte dalle ridotte quantità di queste.
Uso d’energia solare
Nell’ipotesi di voler sfruttare l’energia solare (tenendo presente che alle nostre
latitudini – 45° N – il valore di picco del flusso solare energetico può raggiungere
circa 1 KW/m2 almeno in una giornata serena dal 21 Marzo al 21 Settembre), in
riferimento alla medesima centrale (P = 1000 MW), è lecito aspettarsi
indicativamente un rendimento η = 0,15 (i rendimenti di un ciclo termodinamico a
pannelli solari sono piuttosto bassi a causa delle temperature tecnicamente
raggiungibili dalla sorgente termica che in questi casi non è superiore a 150-200
°C). La potenza termica necessaria è quindi assai elevata:
666715.0
1000P==
η=ϕ MW
Appare evidente che, se il flusso energetico fosse costantemente pari a 1 kW/m2
(ipotesi non congruente con la realtà, in quanto esso muta durante le ore del
giorno e con le stagioni) sarebbero sufficienti 6.667.000 m2 (666,7 ettari !!!).
In realtà, solo parte dell’energia incidente può essere raccolta ed 1 kW/m2
rappresenta solo un valore di picco, poiché il flusso di radiazioni solari su una
superficie captante cambia durante le ore del giorno e le stagioni (di notte non si
ha nessun contributo). Occorre pertanto ai fini del nostro confronto ipotizzare
l’uso di importanti sistemi di accumulo. Tenendo conto di tali considerazioni ed
ipotizzando un rendimento del sistema di captazione ηcaptazione = potenza utile
raccolta / potenza solare incidente = 0,5, si può indicativamente stimare la totale
superficie dei pannelli necessaria che risulta pari a circa 13.334.000 m2 .(1333,4
ettari !!!).
Uso d’energia eolica
Nel caso di uso di energia eolica e nell’ipotesi di captare il 50% dell’energia
cinetica associata al vento (supposto caratterizzato da una velocità media pari a
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W0=10 m/s) si ottiene che un aeromotore per fornire 1 MW dovrà,
indicativamente, essere caratterizzato da un rotore di 65 m.
Pertanto per ottenere la potenza complessivamente richiesta (1000 MW)
occorreranno ben 1000 aeromotori del diametro ciascuno di 65 m.
4.12 Prospettive energetiche:
A prescindere dagli effetti negativi che l'uso dei combustibili fossili comporta -
inquinamento dell'aria urbana, possibile effetto serra su scala planetaria (v.
protocollo di Kyoto) - questi diverranno, entro poche generazioni, più rari e
costosi, anche in conseguenza dei sempre maggiori consumi che
accompagneranno inevitabilmente lo sviluppo del tenore di vita dei popoli più
poveri.
Una promettente possibilità consiste nella realizzazione della fusione nucleare
controllata, contrapposta alla fissione nucleare attuale e che prevede la rottura
di particolari nuclei atomici (uranio e torio) al fine di ottenere energia termica da
convertire poi in energia elettrica.
La reazione di fusione nucleare prevede invece la combinazione di nuclei di
elementi leggeri, al fine di formare nuclei di maggior massa con la liberazione di
grandi quantità di energia.
La stessa energia irraggiata dal sole trae origine da reazioni termonucleari
che portano alla formazione, a partire dall'idrogeno, di molti elementi leggeri
(soprattutto elio).
La realizzazione di processi di fusione controllata per produrre energia termica e
quindi elettrica presenta, tuttavia, formidabili problematiche tecniche, poiché i
processi di fusione nucleare si possono innescare solo a temperature elevatissime
dell'ordine di milioni di gradi Kelvin. Ad esempio, negli ordigni termonucleari
(bombe H), la reazione è innescata dall'esplosione di una piccola bomba atomica.
Per contro, la materia prima, utile a questi processi, è di disponibilità
potenzialmente illimitata. Essa, ad esempio, può essere costituita da deuterio
(isotopo dell'idrogeno) che è relativamente abbondante in natura (nell'acqua vi
sono circa 33 g di D2 per m3). Se si tiene conto della notevole energia termica
rilasciata dalla fusione di due atomi di deuterio per formare un atomo d’elio,
questa potenziale fonte energetica può essere considerata praticamente illimitata.