2016 An Ecological Planning Theory 1 Science and land use planning theory. Learning from ecology and...

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URBANISTICA PROGETTAZIONE URBANA SOSTENIBILE Luca Marescotti Scienza urbanistica e teoria dell'urbanistica. Imparare dall'ecologia e dalla realtà DOI: 10.13140/RG.2.1.1545.3045 2015-2016 2° semestre

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URBANISTICAPROGETTAZIONE URBANA SOSTENIBILE

Luca MarescottiScienza urbanistica e teoria dell'urbanistica.

Imparare dall'ecologia e dalla realtà

DOI: 10.13140/RG.2.1.1545.3045

2015-2016 2° semestre

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IL SENSO DELLE PAROLETHE MEANING OF WORDS

Le lezioni seguono il libro di testo:

Luca Marescotti, Urbanistica. Fondamenti e teoria.

Nelle diapositive sono riportati estratti del testo

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Nelle lezioni precedentiFONDAMENTI DELL’URBANISTICA

APPLICAZIONI PRATICHE

FORMULAZIONI TEORICHE

RICERCHE STORICHE

VALUTAZIONI CRITICHE

URBANISTICA: i fondamenti scientifici

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Tra tutti i documenti disponibili sono stati selezionati quelli che maggiormente permettevano di individuare i principi guida seguiti nelle trasformazioni delle

città e del territorio

MA ABBIAMO TROVATO.

Definizioni contrastanti = una disciplina o insieme di discipline (complementari?) o tecniche operative senza autonomia disciplinare? elemento

nonostante un UNICO oggetto di interesse = le città, le loro espansioni e trasformazioni

Urbanistica deformata da una visione classica e convenzionale

che non tiene conto di

condizioni generali, indirizzi giuridici, questione ambientale.

URBANISTICA: i fondamenti scientifici

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EPPURE

riscontri oggettivi nella logica e nell’osservazione

L’urbanistica produce territorio, trasforma il mondo esistente per adattarlo alle necessità umane del futuro; questo processo inarrestabile di trasformazioni conduce per necessità a condividere un postulato d’oggettività della natura.

Il metodo scientifico osserva quindi l’ambiente: la natura e la sua antropizzazione, l’uso delle risorse naturali, il loro sfruttamento, la costruzione

delle città.

Le trasformazioni del pianeta non accadono più solo perché rette da finalità imperscrutabili o sollecitate da violente dinamiche naturali, ma che possono

essere modificate dalla crescente pressione antropica.

URBANISTICA: i fondamenti scientifici

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PLANNING THEORY

Il quarto capitolo riguarda

“TEORIA DELL'URBANISTICA”[ovviamente teoria all'interno di una visione scientifica urbanistica]

PER UNA TEORIA DELL’URBANISTICA IN AMBITO

ECOLOGICO

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TEORIA DELL'URBANISTICA

Nel libro Città Tecnologie Ambiente, quarto capitolo,

si introduce la teoria dell'urbanistica in ambito ecologico da un altro punto di vista

TECNOLOGIE DI PROCESSO, TECNOLOGIE DI PRODOTTO, sottolineando l'importanza dei sistemi informativi territoriali (GIS Geographical Information Service) e del Catasto

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AVREI TRE DOMANDE

CHE COSA HA LIMITATO LA DIMENSIONE SCIENTIFICA DELL'URBANISTICA?

CHE RAPPORTI CI SONO TRA ECOLOGIA, ECONOMIA E URBANISTICA?

COME STUDIARE DATI E STIME SULLA CRESCITA DEMOGRAFICA E URBANA MONDIALE?

IMPARARE L'URBANISTICA COME SCIENZA

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TEORIA DELL'URBANISTICA

URBANISTICA, le difficoltà di una scienzaurbanistica e opere pubbliche

In primo luogo, nella formazione scientifica e professionale: la visione unitaria non appare condivisa.

In secondo luogo, sottovalutazione teorica e operativa del riduzionismo urbanistico (tecnica amministrativa) e separazione delle competenze: difficoltà di strategie territoriali

In terzo luogo, nella prassi amministrativa (discrezionalità arbitrarietà di tecnici e politici) ha portato verso criteri e norme per omogeneizzare i singoli comportamenti e migliorare

l’efficienza.

Di riflesso, questi aspetti hanno dominato la visione scientifica e teorica e hanno portato a formalizzare i bilanci di previsione degli Stati (Inghilterra, e unità amministrativa

dell’Unità d’Italia).

Ciononostante, opere pubbliche e urbanistica sono rimaste a lungo separate, spesso perché gestite da enti diversi

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TEORIA DELL'URBANISTICA

URBANISTICA, le difficoltà di una scienza

L’urbanistica produce territorio, trasforma il mondo esistente per adattarlo alle necessità umane del futuro; questo processo inarrestabile di trasformazioni conduce per necessità a condividere un postulato d’oggettività della natura. Il metodo scientifico osserva quindi

l’ambiente: la natura e la sua antropizzazione, l’uso delle risorse naturali, il loro sfruttamento, la costruzione delle città.

Ci si rende conto che le trasformazioni del pianeta non accadono più solo perché rette da finalità imperscrutabili o sollecitate da violente dinamiche naturali, ma che possono

essere modificate dalla crescente pressione antropica.

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TEORIA DELL'URBANISTICA

URBANISTICA, le difficoltà di una scienza

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le definizioni, le storie, gli esempi citati...

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TEORIA DELL'URBANISTICA

URBANISTICA, le difficoltà di una scienza

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le classificazioni …

Nel confrontare le ipotesi di Choay con quelle di Mumford, di Sager, di Astengo, di Campos Venuti o di Secchi è possibile costatare la forte dipendenza di ciascuna dalla

cultura locale (francese o statunitense o italiana) e l’assoluta disomogeneità dei punti di vista.

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TEORIA DELL'URBANISTICA

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le classificazioni …Choay

Progresso tecnico scientifico/spazio urbano e funzioni = preurbanistica progressista.

Mantenimento e recuperare del passato = preurbanistica culturalista.

DA preurbanistica, episodica e politica A urbanistica tecnica “depoliticizzata” = Cerdá: (regolazione, vincoli e norme)

modello progressista = città industriale di Garnier e Carta di Atene

modello culturalista = Sitte e Howard e Unwin

modello naturalista = Broadacre City di Wright.

correnti critiche alla città del Novecento = critica operativa, critica epistemologica, analisi strutturale della percezione urbana

nuovi orizzonti culturali = tecnotopia e anthropopoli.

l’urbanistica come rimedio ai mali della città (vedi Mumford)

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TEORIA DELL'URBANISTICA

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le classificazioni …Mumford, ricordate?

piano autoritario, piano utilitario, piano utopistico, piano romantico e piano organico

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TEORIA DELL'URBANISTICA

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le classificazioni …Tore Sager

Tore Sager 1994 = planning theories vedi: American Planning Association e la formazione professionale

Sager coglie nelle teorie urbanistiche la sovrapposizione di più modelli, in parte ordinabili cronologicamente, salvo alcuni come l’utopia urbanistica (utopianism di Burnham, Wright e Le

Corbusier) che sembra essere indipendente e trasversale, riaffiorando con una certa costanza nel corso del tempo. Sono chiari due tipi di matrici all’origine delle diverse ipotesi teoriche. La

matrice economica è la base del metodo tecnico (rationalism) derivato da Herbert A. Simon, che individua i migliori strumenti per conseguire il successo o di quello realistico del

miglioramento progressivo (incrementalism), con cui Charles Lindbloom individuava la possibilità di conseguire obiettivi parziali per passi sequenziali. La matrice politica è alla base

della pianificazione partecipata (advocacy planning e radical planning) con Paul Davidoff, Alan Altshuler e John Friedmann, presente anche nei processi di pianificazione basati sul

confronto tra diversi attori o gruppi sociali caratterizzati dalla contrattazione e dalla concertazione (transactive planning).

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TEORIA DELL'URBANISTICA

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le classificazioni …modelli di crescita (… da Burgess a ...) Hoyt e Harris & Ullman

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TEORIA DELL'URBANISTICA

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le classificazioni …e a Waugh

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TEORIA DELL'URBANISTICA

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le classificazioni …Campos Venuti

Secondo quest’interpretazione (indubbiamente soggettiva, anche se non priva di argomentazioni generali) i piani italiani dal dopoguerra agli anni Novanta si possono collocare nella successione di tre generazioni: i piani di prima generazione, che furono messi a punto per

la ricostruzione; i piani di seconda generazione, che servirono a sostenere l’accelerazione dell’urbanesimo; i piani di terza generazione, mirati agli interventi di trasformazione della città

esistente, per promuovere la qualità del tessuto urbano più che la quantità edilizia.

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TEORIA DELL'URBANISTICA Milano 1945

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TEORIA DELL'URBANISTICA Milano 1953 (capacità insediativa 4,5 milioni – tesi di laurea ~1972)

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TEORIA DELL'URBANISTICA Milano 1953 (capacità insediativa 4,5 milioni – tesi di laurea ~1972)

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TEORIA DELL'URBANISTICA Bologna 1969

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TEORIA DELL'URBANISTICA Bologna 1985

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TEORIA DELL'URBANISTICA Roma 2000

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TEORIA DELL'URBANISTICA

ETEROGENEITÀ DEI CONTRIBUTI

Le classificazioni …Campos Venuti

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa prima costante si concreta nel riduzionismo scientifico.

Opera maggiormente a livello teorico e concettuale, spostando l’attenzione alla domanda locale. Come l’unità del territorio e dell’ambiente sono frammentate in ambiti amministrativi

separati, così l’unità conoscitiva dell’urbanistica è frammentata in settori disciplinari incomunicanti. Il riduzionismo scientifico opera attraverso modalità empiriche destrutturate,

artificialmente rese complesse, evitando di monitorare e documentare le trasformazioni.

PREFERISCE LA QUALITÀ DEI PROGETTI URBANI E TERRITORIALI O GLI ACCORDI POLITICI

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa prima costante si concreta nel riduzionismo scientifico.

NEOLIBERISMO e DEREGULATION (semplificazione?)

La legittimità di un simile adeguamento alle esigenze sarebbe stata del tutto accettabile se si fossero mantenuti gli interessi generali, la volontà di governare, la capacità di coordinamento e

di controllo degli uffici e degli enti a guida dei processi.

Meno accettabile sarebbe se prevalesse il singolo episodio in assenza o nell’indifferenza di interessi generali e di strategie, dando così spazio all’agire discrezionale e al law shopping, cioè alla scelta del luogo dove si danno meno regole e controlli. In questo modo, infatti, ogni

procedimento sarebbe retto da una visione essenzialmente contingente.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa prima costante si concreta nel riduzionismo scientifico.

OSSERVAZIONE 1necessità di un quadro generale a cui riferire il processo di pianificazione e programmazione

delle singole opere,

verifica della compatibilità (o fattibilità) ambientale, economica, sociale e tecnica

quadro generale con gli indirizzi di mitigazione e compensazione degli eventuali impatti negativi.

LA PIANIFICAZIONE A VASTA SCALA È UN’ESIGENZA AMBIENTALE

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa prima costante si concreta nel riduzionismo scientifico.

OSSERVAZIONE 2esercizio positivo della governance

non sul modello delle società per azioni

ma sul modello di processi decisionali pubblici concordati su più livelli

eterogeneità dei soggetti (enti decisionali, enti amministrativi, uffici o settori, enti privati)

&

complessità delle opere

può richiedere l’istituzione di un ente apposito per coordinare le attività progettuali ed esecutive.

Il processo di pianificazione e di progettazione delle opere pubbliche richiede il concorso di visioni politiche (gli obiettivi per quale assetto territoriale e per quale società) e di

capacità organizzative e progettuali.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa prima costante si concreta nel riduzionismo scientifico.

OSSERVAZIONE 3sistemi e processi a supporto della pianificazione e della

programmazione

(sistemi informativi geografici in quanto tecnologie di processo)

GIS

necessità per controllo, trasparenza e efficienza

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa prima costante si concreta nel riduzionismo scientifico.

SOTTOVALUTAZIONE DEL PROCESSO E DEL CONTROLLOLa valutazione degli effetti di un piano è un problema di misura e un problema di

giudizio, questo basato e articolato su quello

Sono due aspetti inscindibili che valgono per il passato e per il futuro, per il giudizio storico su ciò che fu e per il giudizio presente su ciò che sarà

L’essenza del problema di misura e di giudizio riveste una questione centrale della disciplina e della politica, per non parlare di quanto la sua assenza incide

sull’ambiente e sulla qualità delle città.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

SOTTOVALUTAZIONE DEL PROCESSO E DEL CONTROLLOLe trasformazioni territoriali implicano l’alterazione delle relazioni ambientali nel

sistema “aria-acqua-suolo”, implicano il suo consumo oltre a quello dell’energia; si riflettono nella mobilità, nell’azzonamento funzionale e sociale, nella qualità della

vita di tutti i sistemi viventi.

Si tratta di aspetti che sono presenti solo in alcuni recenti processi di valutazione ambientale e che, non a caso, fanno riferimento ad una letteratura internazionale e a

direttive o indirizzi sovranazionali.

Si tratta di processi non applicati sistematicamente e ancor più raramente riferiti a sistemi codificati di informazioni geografiche.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

SOTTOVALUTAZIONE DEL PROCESSO E DEL CONTROLLOIn generale, quindi, la debolezza delle formulazioni teoriche, rende evidente una

debolezza “scientifica” congenita della disciplina. Vi è una gran diffusione di comunicazioni su piani o su atti urbanistici, sul loro contenuto e sulla loro bontà e

sulla capacità innovativa, ma non possono essere assunte come valutazioni urbanistiche.

Le comunicazioni urbanistiche risultano, infatti, intrinsecamente “soggettive” per la loro stessa natura, poiché sono state predisposte in genere dagli stessi committenti o

dagli esecutori con la finalità di rafforzare il consenso e di migliorare la propria immagine.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

SOTTOVALUTAZIONE DEL PROCESSO E DEL CONTROLLOLe analisi devono affrontare una visione di processo per permettere inizialmente la

definizione qualitativa e quantitativa del problema (ex-ante, ante operam) e successivamente la verifica dell’efficacia delle soluzioni (ex-post, post operam, ex-

built), ma sarebbe assai più utile se potessero monitorare l’intero processo di trasformazione per controllare il procedere, l’efficacia delle azioni rispetto allo stato

di raggiungimento degli obiettivi, la soddisfazione delle parti, le possibili azioni correttive, il livello di efficienza (on-going).

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa prima costante si concreta nel riduzionismo scientifico

ENFASI DEL PRODOTTO: L’ARCHITETTURA E LA FORMA URBANA

Nella disamina delle definizioni dell’urbanistica è stato trattato ampiamente il rapporto tra urbanistica e architettura, presentato spesso come identità e spiegato dimostrando come la qualità di un intervento urbanistico del passato si percepisca

nella bellezza degli spazi urbani realizzati e nelle eccezionalità delle sue architetture.

Con l’identificazione dell’urbanistica con l’architettura, l’interesse è tutto nel progetto, facendo convergere risorse e valutazioni su singole parti fortemente

simboliche: il centro direzionale, la residenza nella natura, il villaggio turistico di eccellenza.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

ENFASI DEL PRODOTTO: L’ARCHITETTURA E LA FORMA URBANA

Bruno Zevi / trattati di estetica, rifiutandosi «di considerare l’architettura come un’arte a sé, dominata da leggi particolari», difendendone l’autonomia artistica e

dilatandone il campo fino ad assorbire gli spazi urbani: «Il termine “urbanistica” è ambiguo e polivalente. Coinvolge infatti: la programmazione

economica del territorio, l’assetto regolamentato degli abitati in zone residenziali e industriali, maglie viarie, nuclei direzionali, parchi; la costruzione concreta, plano-volumetrica e perciò

spaziale della città. Anche il processo architettonico può essere scisso in fasi analoghe, nell’impostazione economico-sociale dell’edificio, nella distribuzione funzionale dei suoi

ambienti e nella loro effettiva configurazione. Ma è chiaro che, in urbanistica come in architettura, le prime due fasi riguardano le intenzioni progettuali –certo essenziali per intendere la genesi del prodotto. L’ipotesi umana che lo sottende- mentre solo la terza fornisce l’oggetto

storico reale, fruibile, da “saper vedere”.»

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

ENFASI DEL PRODOTTO: L’ARCHITETTURA E LA FORMA URBANA

La centralità dell’architettura in Aldo Rossi,

incipit di L'architettura della città = una teoria urbana dilatata nel territorio, implicitamente coinvolgendo l’urbanistica:

«La città, oggetto di questo libro, viene qui intesa come un’architettura. Parlando di

architettura non intendo riferirmi solo all’immagine visibile della città e all’insieme

delle sue architetture; ma piuttosto all’architettura come costruzione. Mi riferisco

alla costruzione della città nel tempo.»

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

ENFASI DEL PRODOTTO: L’ARCHITETTURA E LA FORMA URBANA

Rossi cita il Palazzo della Ragione a Padova, per dimostrare come l’individualità dell’architettura dipenda dalla forma e dalla materia, oltre che dal tempo e dal luogo in cui è stata realizzata, oltre che dal modo con cui nel tempo si sono mantenute o

succedute le funzioni, oltre che, ancora, dalle relazioni che quel Palazzo ha stabilito con la città e la città con il territorio.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

ENFASI DEL PRODOTTO: L’ARCHITETTURA E LA FORMA URBANA

Aldo Rossi con una citazione tratta da Carlo Cattaneo afferma la dimensione storica e l’unità del territorio e allo stesso tempo afferma l’interesse per una dimensione vasta dell’intervento umano. Proprio l’estensione dell’intervento e quindi la sua influenza sull’ambiente servono per motivare un richiamo alle responsabilità dell’architetto e

della politica verso il territorio «patria artificiale», fine ultimo:

«(…) “quella terra adunque per nove decimi non è opera della natura; è opera delle nostre mani; è una patria artificiale”. La città e la regione, la terra agricola e i boschi

diventano la cosa umana perché sono un immenso deposito di fatiche, sono opera delle nostre mani; ma in quanto patria artificiale e cosa costruita sono anche la

testimonianza di valori, sono permanenza e memoria. La città è nella sua storia.»

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

ENFASI DEL PRODOTTO: L’ARCHITETTURA E LA FORMA URBANA

L’enfasi della forma urbana e architettonica, della città come opera d’arte rimanda ai temi della bellezza, alle memorie in rapporto al monumento che celebra e rinnova un patto sociale, si accompagna alla sottovalutazione dei processi di pianificazione e di

controllo delle trasformazioni.

Pare quasi di intendere che non solo la pianificazione possa assumere una funzione marginale, ma che la misurazione delle trasformazioni territoriali e ambientali

appartengano ad altre discipline. La riduzione dell’urbanistica al prodotto, all’architettura e agli spazi urbani corre il rischio di porre la bellezza come metro di

giudizio e di promuovere la discrezionalità e il gusto al centro dell’azione e della discussione.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

ENFASI DEL PRODOTTO: L’ARCHITETTURA E LA FORMA URBANA

In una visione unitaria del processo, che lega la pianificazione alla progettazione e all’esecuzione delle opere, si possono però combinare i diversi punti di vista, fino a

rafforzare la stessa pianificazione anticipando la progettazione di spazi e di architetture significative, individuando progetti piloti, promuovendo culture agricole

ed energie sostenibili, in modo che la realizzazione di opere significative possa comunicare la concretezza della pianificazione ed accelerane l’attuazione

complessiva.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa seconda costante si esplicita nell’egemonia della dimensione locale del piano

urbanistico.Si presenta nella formazione disciplinare e professionale e nella pratica amministrativa e politica. La visione locale tende a respingere decisioni prese ai livelli superiori, ritenute

interferenze intrusioni o ingerenze.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa seconda costante si esplicita nell’egemonia della dimensione locale del piano

urbanistico.

La seconda costante dipende ancora dalla prassi, in cui la dimensione locale del piano urbanistico è stata ed è dominante. La dimensione locale del piano in termini amministrativi e politici, elude o ignora l’esigenza di coordinare le competenze dei governi territoriali di area

vasta, rifiutando atti di pianificazione e di programmazione condivisi. Il riduzionismo scientifico ha teso a limitare la disciplina al piano regolatore locale, la dimensione locale esalta

gli aspetti architettonici e le scelte infrastrutturali, ma non è interessato a governare le interazioni tra le pubbliche amministrazioni.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa seconda costante si esplicita nell’egemonia della dimensione locale del piano

urbanistico.

Con alcuni esempi ormai classici, si ricordano alcuni passi fondamentali dell’urbanistica italiana: il piano regolatore di Roma del 1936, che permise di sperimentare alcuni l’impianto della “Legge Urbanistica” italiana del 1942; la pianificazione per il centro storico di Bologna

tra 1968 e 1972, che fu l’apice delle sperimentazioni italiane degli anni Sessanta e l’inizio di un processo riformistico che si diffuse, com’è noto, come urbanistica alternativa per oltre un

decennio espandendosi a livello internazionale.

L’interesse suscitato dall’intervento pubblico in Bologna si estese in Italia ed ebbe una risonanza internazionale, forse unica nella storia dell’urbanistica per ampiezza e durata.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa seconda costante si esplicita nell’egemonia della dimensione locale del piano

urbanistico.

Le potenzialità di Agenda Locale LA 21 e delle buone pratiche promosse da UN-Habitat si indirizza nel sensibilizzare l’opinione pubblica, nel diffondere la condivisione di nuovi valori,

nell’attirare capitali privati in interventi pubblici, nel coordinare azioni di livelli di governo eterogenei: ancora una volta torna il concetto di saper governare più livelli decisionali secondo

obiettivi e strategie comuni.

Il successo dell’azione pubblica locale può però essere limitato dal riduzionismo, che ne impedisce valutazioni complesse e soprattutto la loro generalizzazione ovvero la

trasformazione dei modelli locali in modelli generali, rafforzati dalla legislazione nazionale; anzi, se è corretto affermare e sostenere le potenzialità, bisogna anche ammetterne i limiti: per quanto numerose e diffuse simili applicazioni siano, non possono essere sufficienti a coprire le

esigenze dell’intero pianeta.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa seconda costante si esplicita nell’egemonia della dimensione locale del piano

urbanistico.

tre principali modalità: government, governing e governance.Difficoltà della pianificazione = modalità di esercitare il governo, di ripartire le competenze e di assumere le responsabilità in azioni di lunga durata e la capacità di “agire insieme” nel tempo.

L’esasperata accentuazione delle autonomie locali ha una parziale giustificazione quando le relazioni di governo (government) sono rigorosamente ripartite per ordini gerarchici nei diversi livelli esecutivi, in modo che l’autonomia garantisca l’uso territoriale ai cittadini che lo abitano.

Nella maturazione degli stati democratici e per qualche riflesso anche in altre situazioni politiche caratterizzate da maggiori interazioni sociali, diviene più evidente l’agire politico

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa seconda costante si esplicita nell’egemonia della dimensione locale del piano

urbanistico.

Il governare (governing) si attua attraverso processi gerarchici che coinvolgono i diversi livelli esecutivi, ma che sono dominati dall’esercizio dell’autorità sovrana dello Stato sui cittadini e

sui gruppi d’interesse della società civile.

La globalizzazione delle relazioni tra gli Stati ha ridotto il concetto di “sovranità”, o di “sovranità economica” dei singoli Stati. Nello stesso tempo agli Stati si sono affiancati organismi non statali e società private, dotate di risorse e poteri tali da divenire soggetti

operativi del tutto paragonabili agli Stati.

Il processo di governare in forza di queste trasformazioni tuttora in corso si sviluppa in rapporti di rete non gerarchici, il governare diviene una politica di continui bilanciamenti e assetti, è

governance.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa terza costante si manifesta nell’egemonia degli interessi privati nelle

trasformazioni.

Si genera dalla pratica urbanistica locale, possibilmente integrata, o nobilitata, da approcci di economia territoriale. Le risorse economiche e finanziarie e la redditività degli investimenti

sono gli unici strumenti di valutazione che sostengono e indirizzano le trasformazioni territoriali, riducendo il valore di bene pubblico a mera affermazione di principio. Il tema della

rendita fondiaria e della privatizzazione dei processi di accumulazione basate sulla valorizzazione economica dei beni pubblici diviene l’elemento motore dello sviluppo.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa terza costante si manifesta nell’egemonia degli interessi privati nelle

trasformazioni.

Per ottenere un’ampia libertà di manovra, i capitali finanziari devono sminuire il valore del territorio e dell’ambiente, devono sottovalutare il ruolo dell’organizzazione territoriale

nell’economia complessiva e devono sottovalutare le risorse ambientali

nello stesso tempo

devono evitare o banalizzare i processi partecipativi.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa terza costante si manifesta nell’egemonia degli interessi privati nelle

trasformazioni.

Per quanto riguarda LA CENTRALITÀ DELL’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE NELL’ECONOMIA E NELLO SVILUPPO SOCIALE, bisogna sottolineare che la

costruzione di nuovi insediamenti e la ristrutturazione di parti della città è solo una parte dell’organizzazione territoriale, composta da insediamenti, da aree vaste dedicate a fini

produttivi agricoli, forestali e pastorali, da infrastrutture con strade, ferrovie, stazioni, porti, centri logistici.

L’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DELLE ATTIVITÀ UMANE

contribuisce in maniera fondamentale alla crescita economica e sociale, anzi si può affermare che nei processi economici assume una funzione essenziale, ma, in quanto possibile strumento

di concentrazione o di accumulazione del capitale attraverso la rendita fondiaria, può essere manipolato come mero fattore interno ai flussi monetari, perdendo la funzione principale e

reale.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa terza costante si manifesta nell’egemonia degli interessi privati nelle

trasformazioni.

Se il territorio non edificato non è considerato elemento essenziale per l’umanità, le foreste, i boschi e l’agricoltura, le coste e i litoranei sono esposti a regole di mercato dominate dal breve

periodo, senza alcuna visione d’insieme, senza alcuna visione strategica. In una simile concezione i parchi non assumono la funzione esemplare di diffusione di valori ambientali, ma

una funzione riduttiva di aree da salvaguardare o proteggere. In tal senso, secondo tale posizione riduttivistica, il patrimonio ambientale non è più un bene collettivo, limitato e non

rinnovabile, ma una risorsa utilizzabile in base al diritto e alle norme che regolano e proteggono la proprietà privata.

Lo stesso soggetto pubblico secondo tale posizione non riguarda la collettività nella sua interezza, né lo Stato è garante degli interessi collettivi, ma solo degli interessi che hanno la

rappresentanza più forte.

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TEORIA DELL'URBANISTICA: le difficoltà di una scienza

URBANISTICA, tre costantiLa terza costante si manifesta nell’egemonia degli interessi privati nelle

trasformazioni.

Il dominio della rendita fondiaria si manifesta nell’indurre minori controlli nel processo urbanistico sotto qualsiasi forma sia gestito, sia tramite pianificazione e programmazione sia

tramite singoli atti di governo capaci di stabilire o modificare le regole di intervento territoriale, di gestione e manutenzione delle opere, di trasformazione degli insediamenti.

Per potere operare liberamente sulla rendita fondiaria occorre indurre una costante sottovalutazione economica delle megalopoli e delle strutture architettoniche, i cui costi

energetici di costruzione e di gestione potrebbe essere tale da squilibrare intere economie sociali, ma che trovano giustificazione sia in una stima dei profitti realizzabili, sia nel fatto di

diventare luoghi di dominio economico planetario.

La dimensione delle metropoli moderne, il raggio di influenza della loro economia urbana, la loro impronta ecologica implica il superamento dei confini amministrativi locali,

attraendo risorse e inducendo trasformazioni sulle regioni circostanti.

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LIMITI DELLO SVILUPPO: VERSO UN PIANETA URBANO

VERSO UN PIANETA URBANO

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VERSO UN PIANETA URBANO

L’incremento demografico e le migrazioni internazionali modificano rapidamente la distribuzione della popolazione nel mondo, instaurando circoli viziosi che rafforzano di continuo l’urbanesimo mondiale, anche se con ritmi diversi da paese a

paese, da continente a continente

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VERSO UN PIANETA URBANO

L’incremento demografico e le migrazioni internazionali modificano rapidamente la distribuzione della popolazione nel mondo, instaurando circoli viziosi che rafforzano di continuo l’urbanesimo mondiale, anche se con ritmi diversi da paese a

paese, da continente a continente

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VERSO UN PIANETA URBANO

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VERSO UN PIANETA URBANO

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VERSO UN PIANETA URBANO

Indifferenza agli effetti ambientali diretti e indiretti

● rimuneratività immediata degli investimenti attrae superando la dimensione locale

● incremento degli squilibri e incentivazione delle rendite fondiarie ● indeboliscono le risorse produttive, ● abbandono delle aree agricole periferiche

Attesa dell’edificabilità come fonte di guadagno a sua volta riduce le possibilità di azioni ambientali.

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VERSO UN PIANETA URBANO

In questi processi sono coinvolti Stati, gruppi privati nazionali e multinazionali, organizzazioni non governative, gruppi sociali e individui con risorse e opportunità molto diverse; su di essi interagiscono politiche

apparentemente estranee, come il protezionismo agricolo dei paesi ricchi o la gestione dei debiti internazionali, ma per governarli sarebbe necessario interpretarne gli effetti in termini ambientali e territoriali prima che nei

termini astratti dell’economia.

Questo è il quadro entro cui collocare l’aumento del numero di grandi città ed aree metropolitane.

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VERSO UN PIANETA URBANO

Nell’intreccio globale delle risorse lo sviluppo economico è più sostenuto nei paesi con minori risorse e con leggi più permissive, come dimostra l’urbanesimo.

La velocità di formazione delle megalopoli è proporzionale alla lentezza con cui si promuovono adeguate formazioni culturali o appropriati sviluppi produttivi, si adottano

criteri di sostenibilità e si mettono in pratica politiche positive.

Gli squilibri tra ricchezze e opportunità di lavoro si misuravano nel passato essenzialmente nella contrapposizione tra città e campagna; più recentemente si sono misurati all’interno di una nazione, tra regioni sviluppate e regioni povere, attraverso le grandi ondate migratorie

verso terre relativamente poco abitate.

Questo è il quadro entro cui collocare l’aumento del numero di grandi città ed aree metropolitane.

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VERSO UN PIANETA URBANO

Le grandi migrazioni connesse all’urbanesimo influenzano i comportamenti, rallentano il tasso di crescita della popolazione mondiale, aumentano i bisogni di

beni di prima necessità e di beni voluttuari indotti: alla fine del XX secolo gli squilibri erano espressione di un mondo relativamente piccolo, segnato dalla

consapevolezza dalla contrapposizione tra nord e sud del mondo per conquistare o mantenere il possesso di risorse naturali; nel XXI secolo gli squilibri sono misurati

in termini di disponibilità di energia e di estensione delle impronte ecologiche.

Questo è il quadro entro cui collocare l’aumento del numero di grandi città ed aree metropolitane.

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VERSO UN PIANETA URBANO

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VERSO UN PIANETA URBANO

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VERSO UN PIANETA URBANO

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VERSO UN PIANETA URBANO

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NUOVI ORIZZONTI DELL'URBANISTICA?

DON'T FORGETWe live in complex social-ecological systems

VERSO UN PIANETA URBANO

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TRE DOMANDE

CHE COSA HA LIMITATO LA DIMENSIONE SCIENTIFICA DELL'URBANISTICA?

CHE RAPPORTI CI SONO TRA ECOLOGIA, ECONOMIA E URBANISTICA?

COME STUDIARE DATI E STIME SULLA CRESCITA DEMOGRAFICA E URBANA MONDIALE?

IMPARARE L'URBANISTICA COME SCIENZA