Post on 09-Jul-2020
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Report from the Future è il nuovo progetto della community di VGen che punta a
riassumere, in dei brevi report di circa 40 pagine, le prospettive future di singoli settori
industriali, partendo dalla situazione generale del mercato e considerando gli effetti
delle innovazioni tecnologiche e di processo che si stanno susseguendo.
Tutte le fonti utilizzate provengono da analisi e studi recenti di società e organizzazioni
certificate.
Energia dal Futuro è il report che analizza il futuro del settore energetico.
Il report è diviso in 4 macroaree:
❖ Outlook generale del settore;
❖ Analisi dei punti chiave del cambiamento;
❖ Analisi del settore in Italia;
❖ Innovazione nel settore e cambiamento delle logiche di business.
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Indice
Outlook generale 5
Introduzione 5
Lo sviluppo dell’elettrico e la necessità di adeguamenti 6
Lo sviluppo del fotovoltaico 7
Il nucleare 7
La domanda di combustibili fossili 7
L’alternativa gas 8
Emissioni 8
Accessibilità 9
Punti chiave del cambiamento energetico 11
Domanda di energia globale 11
L’andamento delle fonti per power capacity e offerta 14
Domanda di gas 15
La domanda di petrolio 17
Emissioni e domanda di carbone 18
La rivoluzione dello shale oil 19
Il settore energetico in Italia 23
Cenni storici 23
Outlook generale 25
Produzione da fonti non rinnovabili 26
Produzione da fonti rinnovabili 27
Importazioni dall’estero 28
Il costo dell’energia e il livello di tassazione 29
Conclusioni 30
Innovazione e digitalizzazione nel settore 33
3
Introduzione 33
Il cambio di priorità nell’Energy Trilemma 33
Il nuovo modello di energia distribuita e l’aumento della competizione 34
I pilastri per il cambiamento digitale 36
Conclusioni 37
Fonti 38
5
Outlook generale
Introduzione
Seppur numerose fragilità e difficoltà ancora permangono, la società odierna sta pian
piano evolvendo verso un nuovo modello di sistema energetico dove la composizione
delle fonti sarà molto differente rispetto ad oggi.
La domanda di energia aumenterà di oltre un quarto da qui al 2040, trainata dai redditi
crescenti e dall’aumento della popolazione mondiale. Tale incremento potrebbe
persino raddoppiare qualora non si verifichino i consistenti miglioramenti promessi in
termini di efficienza energetica. Le ragioni di questa crescita sono principalmente
ricondotte all’avvento dei paesi in via di sviluppo, in primis l’India. È impressionante
notare come, appena negli anni 2000, la domanda di energia proveniva per il 40%
dall’Europa e dall’America del Nord, mentre oggi la situazione è molto diversa e
risulterà persino invertita nel 2040. L’Asia raccoglie oggi una larghissima parte dei
consumi energetici mondiali e questo discorso vale praticamente per tutte le fonti
possibili, comprese le rinnovabili. Il continente asiatico da solo pesa per la metà della
crescita della domanda mondiale di gas, per il 60% dell’eolico e del fotovoltaico, per
l’80% del petrolio e per oltre il 100% dell’aumento dei consumi di carbone e nucleare.
Questo grande cambiamento in termini di provenienza prevalente della domanda ha
ovviamente effetti anche sulle regole di mercato; anni fa le utility europee erano
saldamente al comando della classifica mondiale delle più grandi società elettriche al
mondo, mentre oggi sono le società cinesi a dominare il mercato.
Al di là della crescita, ciò che è più importante analizzare è il cambiamento nella
composizione della domanda, fenomeno in corso già da diversi anni in particolare nei
paesi avanzati. Sono 3, secondo il report Global Energy Perspective 2019 di
McKinsey, le cause fondamentali che stanno ampiamente modificando la
composizione della domanda energetica:
❖ in molti paesi avanzati il costo delle energie rinnovabili sta diventando via via
più basso, tanto che, nei prossimi anni, i costi dell’energia solare ed eolica
saranno competitivi persino con quelli del carburante o del gas naturale;
❖ il costo delle batterie elettriche è in forte decrescita e questo processo porterà,
nei prossimi cinque anni, a rendere le automobili elettriche più convenienti di
quelle a gasolio o metano;
❖ nonostante la crescita economica globale e l’aumento della popolazione, la
domanda di carbone è in decrescita e si prospetta che, da qui al 2030, toccherà
un picco massimo.
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Lo sviluppo dell’elettrico e la necessità di adeguamenti
Il settore elettrico è certamente quello maggiormente in fase di sviluppo e
cambiamento e questo grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e del digitale. Nelle
economie basate sui servizi e sull’industria leggera, la quota relativa all’elettricità sui
consumi finali arriva fino al 20% del totale. Nonostante la crescita della domanda di
elettricità sia piuttosto elevata specie nei paesi più avanzati, risultano necessari
ancora grandi investimenti, specie in termini infrastrutturali, al fine di favorire il
cambiamento tecnologico e allo stesso tempo la costruzione di un modello energetico
sostenibile e di lungo periodo. La grande crescita economica e industriale dei paesi in
via di sviluppo, porta sempre più al centro del dibattito energetico il tema dell’energia
“pulita” e questo richiede grandi sforzi di “decarbonizzazione” di tutti i processi, sia
quelli finali che quelli iniziali di produzione, oggi in gran parte dipendenti dalla
combustione di carboni fossili. In sintesi, la crescita della domanda di elettricità
dipenderà in buona parte dallo sviluppo di nuove fonti rinnovabili.
Ci sono diverse visioni riguardo la possibilità di espansione dell’energia elettrica come
fonte primaria. Diversi scenari, dipendenti da diverse politiche attive o meno, portano
a diversi risultati. Quel che è chiaro è che l’elettricità raggiungerà, entro il 2040, almeno
1/3 del livello totale dei consumi finali. La domanda si stima possa aumentare del 40%,
60% o piuttosto che del 90% a seconda di una serie di variabili fondamentali. La più
importante è certamente il grado di espansione del parco di automobili elettriche e la
velocità con la quale avverrà la sostituzione dei mezzi a gasolio e metano.
Desta preoccupazione il rischio, soprattutto in diversi paesi dell’Asia, che la capacità
di produzione superi la domanda: si stima ad esempio che in alcuni stati esista una
capacità in eccesso di circa 350 GW. Una sfida questa di notevole importanza, in
quanto ciò comporta una crescita addizionale di costi sociali che il sistema e i
consumatori non potrebbero permettersi.
Alla luce di ciò e della necessità di un definitivo shift verso la produzione a 0 emissioni,
la parola chiave nell’ambito delle rinnovabili diventa sempre di più flessibilità, intesa
come la capacità degli impianti di generazione di adeguare prontamente i livelli di
produzione di energia. Soprattutto paesi emergenti come Cina e India hanno una
necessità di flessibilità energetica enorme. Ad esempio, la curva dei costi dei sistemi
di accumulo elettrochimico diminuisce molto velocemente e le batterie sono oggi in
grado di fronteggiare, in termini di competitività, le centrali a gas, le quali vengono
generalmente sfruttate per colmare dei picchi di domanda e quindi per bilanciare
scompensi anche di breve periodo tra domanda e offerta.
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Lo sviluppo del fotovoltaico
La crescente competitività del solare fotovoltaico porterà la sua capacità installata a
superare quella dell’eolico prima del 2025, quella dell’idroelettrico prima del 2030 e
quella del carbone prima del 2040. La larghissima parte della capacità installata del
solare fotovoltaico è relativa a impianti di tipo utility, anche se, negli ultimi anni, gli
investimenti domestici di famiglie e privati sono notevolmente aumentati.
Il report WEO 2018 introduce
un nuovo metodo per
valutare la competitività delle
differenti fonti di energia
rinnovabili e non, basandosi
sull’effettivo valore che una
fonte è in grado di apportare
ad un determinato sistema in
un certo momento. Il nuovo
solare fotovoltaico ha un alto
livello di competitività, inteso
come l’effettivo valore che esso porta al sistema, sebbene esso sia ancora lontano dai
livelli delle centrali termoelettriche.
Il nucleare
Attualmente il nucleare è la seconda maggiore fonte di elettricità a basse emissioni
dietro all’idroelettrico. La quota di generazione dell’energia elettrica sul totale è di
circa il 10% in termini globali. La Cina, in termini di produzione di elettrico con il
nucleare, si appresta a superare Ue e Usa nell’arco di 10 anni e quindi entro il 2030.
La domanda di combustibili fossili
Il crescente ruolo delle rinnovabili ha fortemente indebolito i consumi di carbone. Dopo
due anni di declino, nel 2017, la domanda di carbone ha ripreso ad aumentare
debolmente, mentre gli investimenti in centrali in carbone rimangono decisamente
inferiori rispetto agli anni precedenti. In ogni caso sarebbe precoce escludere in
maniera definitiva questa risorsa dai processi produttivi da qui al futuro.
Foto 1: Impianto solare fotovoltaico
8
La domanda di carbone ad uso
industriale continuerà a crescere
lentamente da qui fino al 2040,
anche se a tale crescita
corrisponderà una percentuale
sulla domanda energetica totale
decisamente ridotta. Il declino
nell’utilizzo di questa fonte in Cina,
America del Nord e Ue verrà in ogni
caso compensato dall’aumento in
altri paesi, in primis India e sud est
asiatico.
Per quanto riguarda il petrolio, la
domanda raggiungerà il picco intorno
al 2025 nel settore delle automobili, quando il parco auto sarà ben diverso rispetto ad
oggi. Lo stesso discorso non vale invece per gli altri mezzi di trasporto di massa ovvero
navi e aerei. L’utilizzo di auto elettriche porterà nel 2040 la produzione di barili ad una
media di circa 3 milioni di barili al giorno, ben al di sotto dell’attuale. Pur considerando
anche un raddoppio del tasso di riciclo delle plastiche, in ogni caso, il livello della
produzione petrolifera media risulterà dimezzato.
L’alternativa gas
Il gas naturale supererà il carbone da qui al 2030 e diventerà la prima fonte per
domanda a livello mondiale. La grande crescita deriva soprattutto dai grandi
consumatori industriali, i quali sono responsabili per quasi il 50% dello sviluppo del
gas naturale come fonte energetica.
Il principale esportatore rimane la Russia, la quale ora tende ad allargarsi verso nuove
rotte come quelle dell’Asia orientale.
In Europa, grazie allo sviluppo delle rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico, la
capacità di utilizzo del gas risulta drasticamente ridotta.
Emissioni
Da qui al 2040, la traiettoria delle emissioni di anidride carbonica sarà molto meno
verticale di quanto non lo sia stata negli ultimi 30 anni ma in ogni caso rimarrà positiva.
Gli obiettivi in termini di emissioni sono ben lontani dall’essere raggiunti effettivamente
e i paesi si dovranno impegnare maggiormente nel cercare di rispettare gli standard
stabiliti, eventualmente implementando nuove politiche maggiormente stringenti.
Foto 2: Centrale termoelettrica a carbone
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Anche nell’ipotesi in cui lo sviluppo sostenibile auspicato si riesca a raggiungere, in
ogni caso gas e petrolio assorbirebbero una larga parte in termini di input della
domanda energetica a livello mondiale perfino nel 2040. Certamente esistono petroli
dai diversi livelli di emissione e quindi di danno all’ambiente; per esempio passare al
petrolio ad emissioni ridotte ridurrebbe le stesse di circa il 25%.
Esistono comunque una serie di possibili pratiche da attuare al fine di ridurre l’impatto
delle emissioni, come ad esempio il riutilizzo dell’anidride carbonica per pratiche di
recupero assistito del petrolio o l’uso di elettricità a bassa intensità carbonica.
Accessibilità
Nel 2017, per la prima volta nella storia, il numero di persone senza accesso
all’elettricità è sceso al di sotto di 1 miliardo, ma i trend di accesso sono ben lontani
dagli obiettivi stabiliti a livello globale. Da qui al 2040, circa 700 milioni di persone, si
troveranno ancora a non avere accesso all’elettricità e saranno costretti ad utilizzare
biomasse1 solide per le pratiche domestiche. Pochi risultano quindi, anche in uno
scenario ottimistico, i progressi compiuti e che si compiranno in questo senso. Le
energie rinnovabili rappresentano le principali fonti anche nel processo di
miglioramento dell’accessibilità all’energia.
1 Insieme di organismi animali o vegetali che possono essere utilizzati per processi di combustione ai fini della produzione di energia (https://it.wikipedia.org/wiki/Biomassa).
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Punti chiave del cambiamento
energetico
Domanda di energia globale
La curva di domanda di energia globale inizierà ad appiattirsi da dopo il 2035 e questo
nonostante la continua crescita economica e la crescita della popolazione a livello
mondiale. Questo è principalmente dovuto ad un semplice fatto: l’intensità energetica2,
in particolare nei paesi avanzati, è in calo per via della crescita della quota del Pil
dell’industria dei servizi e questo riduce la quantità di energia necessaria per
sopportare, a livello sociale, una popolazione crescente ed un prodotto in crescita.
Seppur il tasso di crescita yoy della domanda globale di energia risulti negativo già a
partire da questi anni, lo stesso non vale per i paesi emergenti, in particolare Africa,
Sud America e India.
Nonostante un PIL praticamente raddoppiato tra il 2016 e il 2050, la domanda di
energia primaria globale crescerà mediamente soltanto del 14%. È la prima volta nella
storia che crescita del PIL e domanda di energia risultano essere tra di loro non
collegate l’una all’altra. La grande avanzata delle rinnovabili è la chiave di questo
cambiamento, essendo esse fonti di energia più efficienti, produttive e meno inquinanti
rispetto alle fonti di origine fossile. Rinnovabili, insieme al nucleare, raddoppieranno la
loro quota all’interno del mix energetico generale da qui al 2050 passando dal 19 al
34%. In particolare, l’energia elettrica sarà fornita per più della metà da fonti
rinnovabili, come è possibile vedere nel grafico seguente.
2 È una misura dell'efficienza energetica del sistema economico di una nazione. Viene calcolata come unità di energia diviso il PIL (https://it.wikipedia.org/wiki/Intensit%C3%A0_energetica).
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Grafico 1: Domanda di energia primaria per fonte energetica Fonte: McKinsey Energy Insights Global Energy Perspective, January 2019
Come già accennato, la domanda di energia elettrica raddoppierà da qui al 2050 in
particolare grazie al notevole utilizzo nel settore delle costruzioni e dei trasporti. La
quota percentuale sul totale dei consumi finali passerà dal 19% odierno al 30% da qui
al 2050, a dimostrazione del ruolo predominante che l’elettricità svolgerà non solo a
livello di utility.
La crescita del parco automobili ad alimentazione elettrica è incerta ma sicuramente
notevole; si stima che nel 2050 quasi 1/3 di tutti i veicoli saranno elettrici.
L’utilizzo dell’elettricità negli edifici e in generale negli immobili, abitativi e non, è in
crescita costante e questo grazie alla crescita degli standard di vita medi nei paesi in
via di sviluppo. L’unico segmento dove l’elettricità risulta in crescita inferiore rispetto
agli altri è l’industria in quanto il suo utilizzo è limitato a processi industriali in cui sono
richieste medie e alte temperature e nei quali l’elettrificazione può avvenire a prezzi
elettrici accessibili. A basse temperature il processo di elettrificazione risulta invece
essere molto più costoso e dunque meno conveniente. Per questo la percentuale di
utilizzo dell’elettricità nei processi industriali permane bassa e ha ancora dei limiti
strutturali importanti.
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Grafico 2: Consumi finali di energia Fonte: McKinsey Energy Insights Global Energy Perspective, January 2019 Note: il campione tiene conto del consumo negli edifici dei paesi OECD Ue e OECD Americhe.
In conclusione, il processo di elettrificazione è in larga parte segnato dai forti
miglioramenti in termini competitivi nella produzione di veicoli elettrici. Si stima che
raggiungeranno la cosiddetta cost parity al più tardi nel 2020 e che supereranno, in
termini di convenienza di costo, gli attuali mezzi a metano e gasolio, entro 5-10 anni
al massimo. Il costo dei veicoli elettrici si prevede scenderà in maniera piuttosto veloce
grazie alla discesa dei costi delle batterie (da $ 220 a $ 73 per kilowatt orari (kWh) nel
periodo 2017-2030).
Il tempo con il quale la cost parity si raggiungerà anche in termini di costo totale di
possesso (TCO, inteso come il costo di mantenimento e possesso del veicolo nel
tempo) del veicolo differisce tra Cina, Usa ed Europa. Questa differenza è in gran
parte dovuta al livello di tassazione sul carburante e al livello dei sussidi sui veicoli
elettrici.
Per quanto riguarda i mezzi più pesanti, saranno i miglioramenti tecnologici e le future
riduzioni dei prezzi delle batterie elettriche a permettere il raggiungimento della cost
parity con qualche anno di ritardo rispetto al parco mezzi del peso medio.
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Grafico 3: TCO (Total Cost Ownership) per mezzi di carico medio a livello Ue Fonte: McKinsey Energy Insights Global Energy Perspective, January 2019 Note:
• BEV, auto elettriche
• ICE, mezzi a metano e gasolio
L’andamento delle fonti per power capacity3 e offerta
Le rinnovabili diventeranno più economiche e convenienti di carbone e gas persino
prima del 2030 in tantissimi paesi avanzati: dalla Germania alla Cina e la Spagna fino
persino all’Arabia Saudita. L’unica eccezione è probabilmente rappresentata dal
nordovest degli Usa, area caratterizzata da prezzi bassissimi dei fossili, dalla presenza
dello shale oil e da un basso potenziale di solare. Il tipping point sarà raggiunto in
tempi molto simili nei diversi stati.
Dal 2035, secondo le stime McKinsey, quasi la metà (circa il 44%) della totale power
capacity (capacità di stoccaggio) in GW dipenderà da solare ed eolico.
Sorprendentemente, ma non troppo, una buona parte di questo cambiamento è
dovuta a Cina e India.
La capacità energetica globale del carbone è in diminuzione nella maggior parte delle
regioni e ciò riflette sia la competitività delle rinnovabili che la crescente
3 Capacità di stoccaggio di un sistema energetico (https://learn.adafruit.com/all-about-batteries/power-capacity-and-power-capability).
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regolamentazione ambientale di supporto al ricambio energetico. Persino in economie
industriali e in via di sviluppo come Cina e India i tassi di crescita della capacità
energetica del carbone sono molto bassi rispetto al passato.
Tuttavia, mentre il carbone vede la sua crescita in declino, il gas continua a crescere,
specialmente in Nord America e Cina, dove l’aumento netto in GW della power
capacity fino al 2035 corrisponderà a circa 3 volte l’attuale capacità di gas installata
nei paesi OECD europei.
Anche dal lato dell’offerta di energia, il cambiamento non è molto differente. La
generazione di energia da fonti rinnovabili toccherà il 50% del totale da qui al 2035.
L’unica fonte non rinnovabile a tenersi su livelli molto elevati e a crescere fino al 2035
in maniera piuttosto sostenuta sarà il gas.
Domanda di gas
Il gas è l’unica fonte di origine fossile che vedrà la sua quota parte della domanda
globale di energia crescere da qui al 2035, quando raggiungerà plausibilmente un
picco.
Alimentata in larga parte dal settore energetico, la crescita della domanda di gas è
stata sempre ben al di sopra del 2% annuo per circa 20 anni consecutivi,
incrementando la quantità di oltre la metà. Nel breve (2025) e medio periodo (2035)
la domanda di gas continuerà a crescere a ritmi abbastanza elevati, seppur
decrescenti, trainata principalmente dall’industria.
Come è possibile vedere nel grafico che segue la domanda è crescente in tutti i settori,
fino circa al 2035, quando raggiungerà il suo apice per poi iniziare ad appiattirsi. La
motivazione dell’inizio del declino è principalmente la maggiore competitività delle
risorse rinnovabili.
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Grafico 4: Domanda di gas per settore Fonte: McKinsey Energy Insights Global Energy Perspective, January 2019
Una serie di fattori chiave industriali e regionali condizionerà la domanda di gas fino
al 2035:
❖ la crescita della domanda della Cina è maggiore di quella dei dieci primi paesi
per crescita di domanda di gas messi insieme, compresi gli Usa. Questo
fenomeno è connesso ad un piano a cinque anni del Governo cinese che punta
a sostituire il carbone con il gas come fonte nell’industria pesante.
❖ in Medio Oriente, ad oggi la nazione con la crescita più elevata, la domanda di
gas raggiungerà il suo apice intorno al 2030 grazie all’avvento delle rinnovabili
e al costo-opportunità di esportare il gas piuttosto che farne uso domestico.
❖ il settore chimico incrementerà la domanda di gas naturale in maniera
sostanziale come materia prima per metanolo e ammoniaca.
❖ cresce l’utilizzo per i trasporti marittimi, a causa della regolamentazione delle
emissioni per i combustibili marini.
Quasi la metà dell’incremento della domanda di gas da oggi al 2035 sarà attribuita alla
Cina, la quale rappresenta un’eccezione nel mercato mondiale anche tra i paesi in via
di sviluppo. I paesi invece che ridurranno maggiormente la domanda sono il Giappone,
l’Italia e il Regno Unito.
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La domanda di petrolio
Nonostante una crescita storica di oltre l’1% per anno la curva di domanda di petrolio
inizierà ad appiattirsi a partire dai prossimi mesi e toccherà il suo picco intorno al 2030.
La lenta discesa inizierà presumibilmente intorno al 2033, quando si raggiungerà il
livello di domanda più alto di sempre.
Uno dei settori che continua a sostenere la crescita è quello chimico, il quale inizierà
una discesa ben più tardi del 2020 (addirittura nel 2030) come risultato di un
incremento dei tassi di recupero delle plastiche.
L’esigenza per il trasporto su gomma è uno dei driver più importanti in assoluto e
dovrebbe subire una sostanziale caduta a partire dal 2025. Nel 2050 la domanda
giornaliera di petrolio in questo settore è prevista per oltre 30 milioni di barili al giorno
in meno rispetto ad oggi.
Grafico 5: Domanda globale di petrolio per settore Fonte: McKinsey Energy Insights Global Energy Perspective, January 2019 Note: milioni di barili per giorno. È possibile notare come il CAGR inizi a diventare negativo dai primi anni del 2030.
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Come è possibile intuire dal grafico, il settore chimico sarà quello con la crescita
percentuale più sostenuta grazie all’incremento dell’utilizzo delle plastiche soprattutto
nei paesi emergenti. Oltre la metà della crescita annuale della domanda di petrolio da
qui al 2035 sarà rappresentata dal settore chimico, mentre, viceversa, i settori del
trasporto e dell’energia saranno quelli a segnare il declino più rilevante.
In particolare, in Asia e in Medio Oriente, le nazioni stanno velocemente sostituendo
il petrolio a livello energetico con altre fonti rinnovabili e con il gas.
Il declino del consumo di petrolio nel trasporto su gomma, è sicuramente significativo,
ma sull’orizzonte 2018-2035, ammonta appena all’1%, mentre la domanda nel settore
dell’aviazione è costantemente in crescita.
Emissioni e domanda di carbone
Le emissioni di CO2 inizieranno il loro declino dopo aver raggiunto un massimo nel
2024 e diminuiranno di oltre il 20% entro il 2050.
Grafico 6: Emissioni globali di CO2 per fonte fossile Fonte: McKinsey Energy Insights Global Energy Perspective, January 2019
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La riduzione è dovuta soprattutto al declino nell’utilizzo del carbone nel settore
dell’energia che porterà, entro il 2050, ad una riduzione di circa 6 gigatons (Gt) di
emissioni di CO2, equivalente al totale delle emissioni odierne di Usa e Giappone.
Questo percorso, per quanto porti a dei risultati significativi, rimane ben lontano da
quello che andrebbe intrapreso per raggiungere un aumento di soli due gradi della
temperatura.
La domanda di carbone crollerà del 40% da qui al 2050 principalmente grazie ad una
riduzione della domanda nel settore energetico cinese e in diversi paesi OECD.
Soltanto l’India e altri paesi asiatici vedranno la loro domanda crescere di circa il 50-
60% nei prossimi 30 anni.
La rivoluzione dello shale oil4
Il rischio di uno shock sull’offerta per quanto concerne il mercato petrolifero rimane
alto. Negli ultimi anni le oscillazioni dei prezzi, prima scesi al minimo e poi risaliti a
seguito di diversi accordi sui livelli di produzione all’interno dell’Opec e con la Russia,
hanno creato una situazione di incertezza e instabilità generale che, come sappiamo,
ha ripercussioni anche in generale sugli indici inflazionistici.
Una buona parte di questa incertezza è da ricondursi al nuovo ruolo acquisito dagli
Usa nel mercato petrolifero grazie alla produzione di shale oil.
La shale è un tipo di
roccia sedimentaria
composta da fango
con l’aggiunta di
materiali argillosi e
frammenti di altri
minerali quali quarzo e
calcite. Essa, se ricca
in natura, può dare
luogo a giacimenti di
shale oil o shale gas5.
In pochissimo tempo,
dal 2010, gli Usa hanno visto la propria produzione dei due più importanti combustibili
fossili crescere a ritmi vertiginosi; il gas è cresciuto del 60% dal 2000, mentre il petrolio
ha addirittura più che doppiato i livelli di venti anni fa. La rivoluzione più impressionante
è appunto quella dello shale oil che, partito come semplice produzione domestica, ha
4 È un olio non convenzionale prodotto da frammenti di roccia di scisto bituminoso tramite processi di pirolisi, idrogenazione o dissoluzione termica (https://en.wikipedia.org/wiki/Shale_oil). 5 Gas metano estratto da giacimenti non convenzionali in argille parzialmente diagenizzate, derivate dalla decomposizione anaerobica di materia organica contenuta in argille durante la diagenesi. (https://it.wikipedia.org/wiki/Gas_da_argille)
Foto 3: Una roccia di scisto (shale) da cui si ottiene lo shale
oil
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reso oggi gli Usa uno dei più grandi produttori ed esportatori di petrolio al mondo, al
pari di Russia e Arabia Saudita. Gli americani hanno saputo cavalcare egregiamente,
in termini competitivi, questo mostruoso trend in ascesa e hanno subito in maniera
molto più ridimensionata la crisi dei prezzi del greggio degli scorsi anni. La capacità
produttiva giornaliera di shale oil è cresciuta in 4 anni del 54% e ha toccato un livello
di 9,4 milioni di barili alla fine del 2014.
Alla fine del 2013 la produzione di petrolio aveva letteralmente toccato livelli stellari e
come conseguenza l’Opec e la Russia risposero all’incremento della produzione
rilanciando a loro volta. Questo ha portato l’eccesso di offerta ad aumentare ancora e
i prezzi a scendere. L’obiettivo era cercare di eliminare i nuovi player, operazione solo
in parte riuscita in quanto l’industria americana è sopravvissuta ed ha persino
abbassato i costi medi di produzione. L’industria dello shale oil e la sua quota di
mercato sono previste in notevole crescita e sviluppo nei prossimi anni.
Grafico 7: Crescita della produzione del greggio negli Usa Fonte: US EIA
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Grafico 8: Investimenti negli Usa nella produzione di shale oil. Fonte: Rystad data e ECB staff
In questo scenario, stime del report WEO 2018, riportano che gli Stati Uniti
diventeranno, da qui al 2025, il primo produttore mondiale di gas e petrolio, proprio
grazie alla rivoluzione della shale. Gli Usa varranno per più del 40% della crescita
della produzione mondiale di gas e persino del 75% del petrolio; quasi un barile di
petrolio su 5 sarà prodotto in quell’area del mondo.
L’aumento di metano (gas-serra almeno 50 volte più nocivo del CO2) nell’atmosfera
osservato dagli scienziati negli ultimi 10 anni pare essere ricondotto in larga parte
proprio ai nuovi giacimenti di shale oil e shale gas situati negli Stati Uniti e in Canada.
Alcuni calcoli riportano dei dati a dir poco impressionanti; l'aumento delle emissioni da
combustibili fossili estratti da scisti è di 12 milioni di tonnellate all'anno, due terzi
dell'aumento totale dovuto ai combustibili fossili. Considerando che la produzione di
combustibili da shale negli ultimi anni è attribuita in larghissima parte agli Usa, tutto
ciò da una dimensione di quanto le scelte energetiche del Paese più potente al mondo
avranno influenza sul riscaldamento globale.
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Il settore energetico in Italia
Cenni storici
La risorsa idroelettrica è storicamente stata la più sfruttata dal nostro Paese ai fini
dell’approvvigionamento energetico. Tuttavia, al termine della Seconda Guerra
Mondiale, apparve chiaro che la produzione idroelettrica non sarebbe più stata in
grado di restare al passo con le richieste del periodo dell’industrializzazione e della
crescita economica e, per questo motivo, oltre che per il prezzo del petrolio in discesa,
il nostro Paese fu costretto a ricercare nuove fonti di approvvigionamento, partendo
dalle centrali termoelettriche. Già
alla fine degli anni Cinquanta, il
potenziale dell’idroelettrico era ormai
stato ampiamente sfruttato e, alcuni
gravi incidenti, tra cui la strage del
Vajont, portarono ad abbandonare la
costruzione di nuove centrali.
Per quanto riguarda il modello di
mercato, la produzione dell’energia
elettrica in Italia era sempre stata
affidata al privato, salvo alcuni
tentativi di parziale centralizzazione
ad opera del fascismo. La vera svolta
avvenne nel 1962, quando la Camera approvò il disegno di legge sulla
nazionalizzazione del sistema elettrico e istituì l’ENEL (Ente Nazionale per l’Energia
Elettrica), a cui venivano demandate tutte le attività di produzione, importazione ed
esportazione, trasporto, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica prodotta.
Tutto ciò comportò che numerose società come ad esempio Edison, furono costrette
a vendere le loro attività, mentre rimasero in piedi soltanto piccoli produttori locali.
Questa scelta di nazionalizzare l’intero mercato elettrico fu certamente di tipo politico
e sembrava rappresentare, a quel tempo, l’unica possibilità di soddisfare la crescente
domanda di energia dettata dal grande sviluppo industriale del Paese.
Un periodo di grande sviluppo energetico aspettava Enel e l’Italia; si pensi che la
domanda di elettricità cresceva ad un ritmo di circa l’8% annuo. Questa crescita
avvenne in larga parte grazie allo sviluppo delle nuove centrali termoelettriche,
stimolate dal petrolio a bassi prezzi. In alternativa al termoelettrico, fonte inquinante e
piuttosto instabile se si considera che i combustibili in larga parte vengono importati,
l’Italia si guardò intorno, già all’inizio degli anni Sessanta, alla ricerca di nuove fonti
“indipendenti”. Lo sfruttamento del nucleare sembrava potesse prendere piede
esattamente come in Francia; basti pensare che nel 1966 l’Italia figurava come il terzo
produttore di nucleare al mondo, alle spalle di Regno Unito e USA. Fu verso la fine
Foto 4: Centrale idroelettrica in Italia
24
degli anni Settanta che la fonte nucleare toccò in Italia il suo apice in termini di quota
percentuale di produzione sul totale, portando ad una prima significativa
decarbonizzazione della produzione nazionale di energia elettrica: nel 1986 il Paese
arrivò a produrre il 29,1% da fonti alternative al fossile.
Fu il disastro di Cernobyl del 1987 e tutto lo scandalo mediatico che ne conseguì che
portò l’Italia ad abbandonare, tramite referendum popolare, lo sviluppo della fonte
nucleare. Da ciò derivò, ovviamente, una ripresa notevole dell’apporto di energia
tramite termoelettrico fossile, che nel 2007 raggiungerà il picco più elevato di
generazione, l’84,7% del totale della produzione nazionale. Soltanto nel 2013 l’Italia
raggiungerà e supererà il valore della generazione non fossile del 1986, arrivando al
33,4%.
Grafico 9: Riepilogo storico variazione percentuale delle fonti energetiche sul totale del fabbisogno elettrico italiano Fonte: elaborazione da dati pubblicati da Terna.
In termini di mercato la situazione cambia di nuovo all’inizio degli anni Novanta quando
Enel diventa una società per azioni, con il Ministero del Tesoro unico azionista.
Soltanto nel 1999 il mercato elettrico, così come altri in passato, viene ufficialmente
liberalizzato grazie al decreto Bersani, ricettivo di una direttiva europea. Lo scopo della
liberalizzazione era quello di contenere i prezzi finali domestici dell’energia grazie
all’introduzione della concorrenza, ma il risultato fu ben diverso dalle aspettative.
Negli ultimi decenni, l’aumento della richiesta di energia, le incertezze economiche e
geopolitiche e l’instabilità del petrolio hanno portato l’Italia a adottare una serie di
25
politiche di diversificazione del mix energetico. In primis si sta via via sostituendo il
petrolio con il gas naturale come combustibile per le centrali termoelettriche, questo
perché garantisce oscillazioni di prezzo inferiori e maggiore stabilità in termini di
provenienza della risorsa. La politica di importazione di energia continua ad essere
perseguita, in particolare intensificando le importazioni da Francia e Svizzera.
Per quanto riguarda la produzione elettrica proveniente da fonti rinnovabili, negli ultimi
due decenni si è intensificata in maniera considerevole la quota di produzione
proveniente da fonti rinnovabili. In particolare, in grande sviluppo sono le fonti eolica,
solare e biomasse. Tuttavia, ridurre drasticamente la dipendenza dalle fonti fossili,
pare ad oggi molto difficile per il nostro Paese. Va inoltre ricordato che la produzione
elettrica rappresenta soltanto una frazione, seppur la più significativa, dei consumi
totali di energia. In altri settori quali quello navale e petrolchimico, il grado di
dipendenza dalle fonti non rinnovabili è decisamente più elevato.
Outlook generale
In Italia un’ampia parte della domanda di energia a livello nazionale proviene dal
fabbisogno elettrico. La produzione di energia elettrica avviene a partire da diverse
fonti distinte in non rinnovabili (i combustibili fossili quali gas naturale, carbone e
petrolio) e rinnovabili, principalmente geotermica, idroelettrica, eolica, solare e
biomasse. Una buona parte del fabbisogno elettrico (circa il 12,8% dei consumi totali)
viene invece soddisfatta tramite l’acquisto diretto di energia dall’estero, la quale viene
trasportata tramite l’utilizzo di elettrodotti e diffusa tramite reti di distribuzione.
La parte restante del fabbisogno energetico nazionale è data dall’autotrazione, dal
trasporto marittimo ed aereo e da altri tipi di produzione industriale ed è coperta in
larghissima parte dall’uso di combustibili fossili, i quali a loro volta sono in larga parte
di provenienza estera.
Secondo le statistiche di Terna, la società che dal 2005 gestisce la rete di trasmissione
nazionale, l’Italia come sistema energetico fisico comprendente le proprie centrali e le
proprie stazioni di pompaggio, nel 2017 ha avuto consumi per circa 333.591 GWh di
energia elettrica, dato cosiddetto lordo che indica essenzialmente l’energia elettrica di
cui il Paese ha bisogno per far funzionare il parco impianti e mezzi nazionale. Queste
misure sono effettuate detraendo l’energia necessaria ad alimentare le stesse stazioni
di pompaggio e non considerando quelli che sono gli autoconsumi delle centrali.
All’interno di questo dato circa l’11,4% rappresenta energia importata dall’estero.
Escludendo alcuni consumi imposti quali servizi ausiliari, perdite nei trasformatori e
l’energia utilizzata per immagazzinare altra energia durante la notte attraverso stazioni
di pompaggio, il consumo nazionale netto arriva a circa 320.548 GWh, in aumento del
2% rispetto all’anno precedente. Nell’arco degli ultimi 20 anni la crescita media del
consumo netto si aggira intorno allo 0,87%, anche se va considerato che nel 2009 si
26
registrò un calo considerevole di addirittura il 5,66%, valore che condiziona la crescita
media in maniera significativa.
Figura 10: Riepilogo storico della produzione di energia in Italia Fonte: elaborazione da dati pubblicati da Terna.
Produzione da fonti non rinnovabili
La produzione di energia elettrica non rinnovabile in Italia è costituita esclusivamente
dalla produzione per mezzo di combustibili fossili in centrali termoelettriche. L’aliquota
totale di questo tipo di produzione ammonta al 70,8% della produzione totale
nazionale e il 65,3% dell’energia elettrica richiesta.
Tra i combustibili la risorsa più utilizzata è il gas naturale, il quale rappresenta ben il
67,2% del totale della produzione termoelettrica, mentre il 15,6% è rappresentato dal
carbone. Percentuali più basse nella produzione del termoelettrico rivestono altre
risorse meno produttive quali i derivati petroliferi, le biomasse, i rifiuti e il bitume6 (tutti
insieme raggiungono circa il 14%). È importante notare il grande cambiamento
percentuale dei tre principali combustibili nel corso degli ultimi venticinque anni (1994-
2017): soltanto nel 1994 gas naturale, carbone, e petrolio pesavano rispettivamente il
22%, l’11% e il 64%, mentre oggi le proporzioni appaiono completamente invertite con
una prevalenza significativa del gas quale fonte primaria. Tale politica di spostamento
verso il gas quale risorsa di combustione principale è conseguita da una serie di
6 Miscela di idrocarburi naturali o residuati derivanti dalla distillazione o raffinazione del greggio (https://it.wikipedia.org/wiki/Bitume).
27
considerazioni riguardo la volatilità dei prezzi e la provenienza del petrolio da regioni
a rischio economico e geopolitico. Nel 2015, in virtù di tali scelte, l’Italia è diventata il
terzo importatore a livello mondiale di gas naturale dopo Germania e Giappone e
l’ottavo importatore mondiale di petrolio.
Figura 11: Variazione percentuale del fabbisogno energetico da fonti non rinnovabili in Italia Fonte: elaborazione da dati pubblicati da Terna.
Produzione da fonti rinnovabili
L’energia elettrica prodotta in Italia con fonti rinnovabili deriva sia dalle tradizionali
rinnovabili che dalle cosiddette NFER (Nuove Fonti di Energia Rinnovabile). Nel 2017
la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili è arrivata a rappresentare il
29,2% della produzione nazionale e il 25,9% della domanda del Paese. Il contributo
maggiore è ancora oggi quello dato dalle centrali idroelettriche (localizzate in maniera
prevalente nelle Alpi e negli Appennini) che producono l’11,4% del fabbisogno
energetico elettrico lordo. Una piccola quota è invece assegnata alle centrali
geotermiche, le quali coprono l’1,8% del fabbisogno.
Per quanto riguarda le NFER, il contributo principale è quello dato dal solare che nel
2017 ha toccato la percentuale record del 7,3% del fabbisogno dopo anni di crescita
costante iniziata tra il 2011 e il 2012 grazie al boom di installazioni a seguito
dell’introduzione di numerosi incentivi. L’Italia si colloca oggi al secondo posto in
Europa per potenza fotovoltaica installata, dietro solo alla Germania.
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In costante crescita è anche la produzione eolica che ha raggiunto la percentuale del
5,3% nel 2017. Il maggior numero di parchi risulta installato in Sardegna, Sicilia e
nell’Appennino meridionale. A livello europeo il bel Paese si colloca al quinto posto
per potenza eolica cumulata e al decimo a livello mondiale.
Per concludere sulla nuova generazione di rinnovabili, negli ultimi anni è cresciuta in
maniera notevole la quota di energia termoelettrica prodotta tramite la combustione di
biomasse, rifiuti urbani e rifiuti industriali. Tali combustibili sono arrivati, partendo da
un livello praticamente pari a 0 ad inizio anni Novanta, a coprire ben il 6,1%
dell’energia elettrica richiesta nel 2017. Circa un terzo di tale aliquota è riconducibile
ad energia generata tramite RSU biodegradabili, mentre il restante proviene da
biomasse o altri componenti di natura organica.
Figura 12: variazione percentuale del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili in Italia. Fonte: elaborazione da dati pubblicati da Terna e GSE.
Importazioni dall’estero
Nonostante il parco centrali italiano sia in grado di coprire il fabbisogno interno, l’Italia,
nel 2016, è stato il terzo paese al mondo per importazione netta di energia elettrica
dietro agli Stati Uniti e al Brasile. Il totale annuo di energia importata nel 2017 è stato
di circa 37.000 GWh netti. Una parte di questa energia, in particolare quella importata
da Francia e Svizzera, viene prodotta da centrali nucleari.
29
Se si considerano sia i combustibili che l’energia elettrica importata, l’Italia dipende
dall’estero per circa il 72,1% del proprio fabbisogno lordo per l’anno 2017. Tale valore,
come immaginabile, è dato in larga parte dalla quota di generazione termoelettrica
con combustibili fossili, praticamente interamente importati dall’estero. La restante
parte di fabbisogno estero dipende invece dalle importazioni dirette di energia. La
risorsa fossile che incide maggiormente, come già accennato, è il gas naturale, la cui
quota sul totale dei consumi primari si assesta al 37% contro la media europea del
26%.
Anche modificando ampiamente il mix energetico risulta molto difficile ipotizzare che
l’Italia possa ridurre tale grado di dipendenza energetica verso l’estero. Infatti, se si
parla di qualsiasi risorsa fossile, le risorse italiane sono di gran lunga inferiori rispetto
al fabbisogno, per cui l’approvvigionamento avverrebbe comunque sia principalmente
dall’estero. L’unica vera
modalità di generazione
che è da considerarsi
totalmente domestica è
quella che fa affidamento
sulle risorse rinnovabili.
Questa situazione è in
realtà comune a tutti i
paesi europei, costretti ad
interfacciarsi con l’estero
al fine di soddisfare il loro
fabbisogno energetico.
Il costo dell’energia e il livello di tassazione
Quantificare il costo finale dell’elettricità ai consumatori risulta essere molto difficile in
quanto dipende sensibilmente dall’ammontare di consumo. Infatti, l’Italia, fino a 1.800
kWh risulta essere uno dei paesi più economici, mentre sui consumi più elevati i costi
tendono a crescere.
Il costo finale dell’elettricità dipende da una serie di meccanismi di distribuzione e dal
costo di produzione, a sua volta condizionato dal mix energetico utilizzato,
dall’efficienza della centrale e dagli anni di utilizzo di quest’ultima. Tra le fonti, è
risaputo che l’idroelettrico sia una delle modalità di produzione elettrica più
economiche e convenienti, mentre il gas è tra le più costose, maggiormente rispetto a
carbone e nucleare. Tuttavia, i costi di produzione, come riportato da numerosi studi,
sono molto variabili sulla base soprattutto delle condizioni dello Stato-Paese e
dell’abbondanza di una risorsa piuttosto che di un’altra. Per esempio, ci sono paesi in
cui, a differenza della media, il costo del gas è molto vicino a quello del carbone, come
Foto 5: Gasdotto
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appunto l’Italia, la quale ha una produzione termoelettrica tramite carbone ben al di
sotto della media europea.
Per quanto riguarda la tassazione privata è suddivisa in una tassa erariale di consumo
e un’addizionale provinciale. Secondo le ricerche di Confartigianato, la tassazione
sulle imprese sarebbe particolarmente elevata: un’impresa che consuma 160 MWh
all’anno paga il 25,4% di tasse sui suoi consumi elettrici contro una media europea
del 9,5%.
Conclusioni
Come intuibile, le fonti energetiche rinnovabili tradizionali e quindi idroelettrico e
geotermico, sono state quasi completamente sfruttate e non sono prospettabili dei
miglioramenti sostanziali in questi settori. A differenza di queste, le rinnovabili
“innovative”, soprattutto eolico e solare, hanno avuto una crescita negli ultimi dieci
anni decisamente sostenuta. Nonostante ciò, permangono numerose perplessità
riguardo l’aleatorietà, e quindi la difficoltà di programmazione,
dell’approvvigionamento elettrico, sia per quanto riguarda l’eolico che per il solare. Per
questo motivo, investimenti strutturali si rendono necessari sia per adeguare la rete
elettrica che per rendere più efficiente l’immagazzinamento dell’energia.
Inoltre, nuove opportunità sono offerte da nuove fonti ancora non adeguatamente
testate in Italia, come ad esempio il solare termodinamico7, il quale ha una produzione
più costante del fotovoltaico, gli strumenti per lo sfruttamento delle onde marine e
l’eolico ad alta quota.
Lo sfruttamento di biomasse è
un altro campo in cui il Paese
sta facendo importanti
progressi, seppur diversi studi
ipotizzino che, anche qualora
la fonte venisse sfruttata
ampiamente diffondendo le
cosiddette colture energetiche,
comunque non potrebbe
certamente sostituire del tutto i
combustibili fossili e questo a
causa delle grandi superfici
coltivabili richieste e dei
7 Anche noto come centrale solare a concentrazione, o centrale solare termoelettrica, è un tipo di centrale elettrica che sfrutta, come fonte energetica primaria, la radiazione solare, accumulandola sotto forma di calore per mezzo di tecniche di concentrazione solare, per convertirla in energia elettrica (https://it.wikipedia.org/wiki/Impianto_solare_termodinamico).
Foto 6: Centrale termoelettrica a biomasse
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rendimenti globali relativamente bassi. Lo stesso discorso di impossibilità di divenire
combustibile sostitutivo su larga scala può essere fatto anche per i rifiuti.
Per quanto riguarda il nucleare, sappiamo che, a seguito dell’incidente di Fukushima,
il popolo italiano, tramite referendum popolare, ha abrogato tutte le norme inerenti il
cosiddetto decreto Omnibus, determinando la chiusura definitiva del nuovo
programma nucleare sostenuto dal Governo Berlusconi.
Dunque, non essendo ipotizzabili, sulla base dell’adesione dell’Italia al protocollo di
Kyoto, nuovi investimenti per centrali termoelettriche a carbone, è ragionevole ritenere
che nel prossimo futuro l’Italia proseguirà nella sua linea di acquisto di energia elettrica
dall’estero e investirà risorse nell’adeguamento della rete elettrica al nuovo sistema di
fonti rinnovabili, focalizzandosi specialmente sul solare. Inoltre, sono già previsti
interventi di potenziamento dei collegamenti già esistenti con l’estero e la costruzione
di nuovi collegamenti sottomarini che colleghino l’Italia all’area nordafricana e ai
Balcani. In particolare, nuovi importanti metanodotti sono già stati progettati, come ad
esempio il Galsi, che collegherà Algeria e Sardegna.
33
Innovazione e digitalizzazione nel
settore
Introduzione
I grandi cambiamenti a livello mondiale nel settore energetico non riguardano soltanto
l’utilizzo delle fonti energetiche e le modalità di produzione ma anche il comportamento
competitivo dei player del settore e le logiche di mercato. Le scelte di business e sociali
dei manager delle più grandi aziende di energia e utility al mondo stanno mutando e il
settore apparirà completamente trasformato entro il 2030.
La quattordicesima edizione del Global Power & Utilities Survey condotta da PwC
sugli executive di 70 aziende in 52 paesi diversi analizza il cambiamento in corso nel
mondo dell’energia, cercando di offrire un quadro di come saranno le aziende del
futuro in questo settore.
Il cambio di priorità nell’Energy Trilemma
Esistono diversi fattori di diversa origine che stanno condizionando il cambiamento nel
settore energetico. Uno dei più importanti sono certamente le politiche dei governi
nazionali, i quali in molti paesi si stanno muovendo rapidamente, condizionando in
questo modo le scelte degli operatori di mercato. Per esempio, in Europa, le politiche
dell’Unione europea mirano ad incentivare la produzione di energia elettrica
distribuita8, in quanto su di essa si basano numerose sfide di mercato determinanti
per il futuro del settore: i veicoli elettrici, la domanda flessibile e l’energy storage.
Le nuove politiche e le nuove tecnologie stanno cambiando la proporzione del famoso
trade-off del settore energetico tra i tre fondamentali obiettivi (cosiddetto Energy
Trilemma): approvvigionamento, economicità e sostenibilità. Dal campione di
interviste risulta che è in corso una variazione del trade-off in termini di importanza
che porterà il fattore sostenibilità ed energia pulita a pesare dall’attuale 61% persino
all’81%, il tutto, ovviamente, a spese dell’economicità. Come è possibile vedere nella
figura seguente rappresentante l’Energy Trilemma nel 2015 e nel 2020, il triangolo del
trade-off si è spostato fortemente verso la sostenibilità.
8 si intende in genere la produzione di energia elettrica in unità elettriche di autoproduzione di piccole dimensioni disperse o localizzate in più punti del territorio e allacciate direttamente alla rete elettrica di distribuzione (https://it.wikipedia.org/wiki/Generazione_distribuita).
34
Figura 13: Energy Trilemma 2015 & 2020 Fonte: 14th PwC Global Power & Utilities Survey
Questo appare molto in linea con quanto dichiarato nel documento “World Energy
Trilemma – Priority actions on climate change and how to balance the trilemma”,
l’ultimo rapporto pubblicato dal World Energy Council che si concentra sulle aree
prioritarie di intervento al fine di permettere un cambiamento climatico serio ed
efficace.
Il nuovo modello di energia distribuita e l’aumento della
competizione
Il nuovo modello basato sull’energia distribuita, supportato dai governi e spinto dalle
nuove tecnologie, sta generando un ampio spettro di opportunità di mercato, a partire
dalle attività di controllo dei consumi e di gestione della domanda per il risparmio
energetico, fino alla generazione locale e al cosiddetto storage distribuito. Si tratta di
nuovi spazi a monte e a valle del settore che potrebbero letteralmente “bucare” il
mercato, eliminando numerose barriere all’ingresso e permettendo l’accesso a
numerosi player territoriali. Parliamo di una fetta di mercato da diversi miliardi di dollari,
in cui si stanno concentrando tanti player strutturati ma anche nuovi soggetti innovativi
che hanno saputo interpretare nel modo giusto il cambiamento nel settore. Gli studi di
PwC indicano che la generazione distribuita e i fatti che ne conseguiranno andranno
a tagliare una fetta significativa al mercato alle attuali aziende elettriche (si stima oltre
il 20% da qui al 2030).
Il cambiamento tecnologico in corso sta cambiando in maniera considerevole le
esigenze del cliente rispetto al passato: oggi gli utilizzatori danno molto più peso alla
reputazione per l’utilizzo di fonti rinnovabili, richiedono servizi di gestione dei contratti
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energetici e dei consumi e servizi di IoT per la casa o l’industria. Conseguentemente,
il livello di competizione nel settore sta aumentando in maniera notevole e questo
richiede una ossessiva attenzione verso l’utente finale, fornendogli un’ampia gamma
di applicazioni e di servizi.
Secondo gli executive, impostare il management aziendale su dati e sul digitale, può
rappresentare un fattore di differenziazione competitiva nel settore da qui ai prossimi
anni. Basti pensare che ci sono tante aziende a livello internazionale che si occupano
di digitale e data management, che stanno costruendo servizi e modelli di business
basati su risparmio energetico e home automation, proprio perché vedono, sulla base
delle proprie competenze, opportunità di business notevoli. La digitalizzazione sta
dunque eliminando numerose barriere all’ingresso per tanti player con piattaforme
digitali innovative che possono disintermediare i processi svolti dalle grandi aziende.
Altro tema fondamentale in termini di competizione sarà quello inerente l’energy
storage, che, come già visto in precedenza, risulterà determinante soprattutto per tutto
ciò che concerne solare ed eolico, fonti rinnovabili che hanno alti livelli di aleatorietà e
quindi problemi di non programmabilità dell’approvvigionamento.
La decentralizzazione della gestione energetica, oltre a creare i presupposti per nuovi
servizi più vicini al cliente, potrebbe favorire la nascita di vere e proprie community
territoriali (comunità residenziali o industriali, reti di trasporto, ecc…), di energia
distribuita che abbiano delle micro-grid9 proprietarie e al cui interno si potrebbero
inserire dei player che ricoprano il ruolo di gestori energetici.
9 È l'insieme di una rete di informazione e di una rete di distribuzione elettrica che consente di gestire la rete elettrica in maniera "intelligente" sotto vari aspetti o funzionalità ovvero in maniera efficiente per la distribuzione di energia elettrica e per un uso più razionale dell'energia minimizzando, al contempo,
Foto 7: Parco rinnovabile con soluzione di energy storage
36
Tuttavia, nonostante la consapevolezza degli executive delle aziende del necessario
cambio di rotta e approccio necessario, i fatti aziendali mostrano una realtà ben
diversa. Gli investimenti sul digitale sono in media medi o persino bassi, specie se si
considerano i target di obiettivi spesso molto importanti.
I pilastri per il cambiamento digitale
Analizzando i principali pilastri su cui costruire il cambiamento digitale e l’innovazione
dell’azienda, dalle interviste agli executive ad opera di PwC si può comprendere quale
sia l’attuale situazione delle grandi aziende del settore energetico rispetto
all’ecosistema che cambia.
Da un punto di vista di CRM, come già specificato, le aziende del settore dovrebbero
investire maggiormente sul rafforzare il rapporto con il cliente, mentre molte di esse
oggi perseverano su battaglie di
prezzo al fine di trattenere il cliente ed
eliminare la minaccia data dalla
generazione distribuita. Gli
investimenti sui canali online sono
sicuramente significativi, ma nessun
dirigente percepisce la sua azienda
all’altezza sul B2C.
Lato operation, per aziende che sono
fortemente asset-based come le utility,
digitalizzare gli asset e operare sull’IoT
sono priorità fondamentali ormai da
diversi anni. Le prossime sfide saranno l’utilizzo massivo di dati in real-time e di
performance analytics, oltre alla creazione e l’implementazione di architetture
industriali che gestiscano i dati in maniera automatica e integrata lungo tutto il
processo di operation.
Digitalizzazione e generazione distribuita offrono opportunità enormi di business sulle
smart city. Ma nonostante ciò, gli executive stentano a fornire una linea specifica e di
lungo periodo e le uniche iniziative sono spesso intraprese unicamente da singole
business unit.
In termini di risorse umane un ruolo chiave nell’indirizzare il cambiamento avranno
certamente nuove figure tecniche innovative che diano una direzione fortemente
tecnologica all’intera compagnia. Molte aziende intervistate stanno ricercando ruoli da
eventuali sovraccarichi e variazioni della tensione elettrica intorno al suo valore nominale (https://it.wikipedia.org/wiki/Smart_grid).
Foto 8: Mobile app per l’utente finale
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Chief Data Officer (CDO), figura che avrebbe il ruolo di disegnare l’infrastruttura di dati
integrata su cui l’azienda genera modelli.
Tutto ciò che riguarda i dati e le analisi di essi sono oggi la parte fondamentale
dell’operato di qualsiasi azienda che si occupi di energia. Gli analytics vanno dal
coinvolgimento e la fidelizzazione del cliente fino all’individuazione di eventuali perdite
di rete, l’ottimizzazione delle performance degli investimenti in immobilizzazioni, ecc…
Dalle interviste con gli executive risulta che circa una società su quattro non possegga
adeguate infrastrutture IT e capacità valide di analisi dati.
Conclusioni
L’industria energetica è in una fase di grande cambiamento e il trend sembra essere
decisamente continuo, almeno per i prossimi 20 anni. Proprio in questo momento il
settore sta affrontando la più grande trasformazione di sempre, spinto da fattori di
cambiamento che creano nuove forme più agevoli di controllo, gestione e persino
trading di energia. Le grandi aziende energetiche si trovano quindi davanti a dei bivi
manageriali e gestionali di importanza considerevole; possono innovare, trasformarsi,
creare strutture più flessibili, semplici e redditive e ritagliarsi nuove fette di mercato
creando nuovi modelli di business oppure subire l’avvento di startup e aziende
tecnologiche che, data l’eliminazione di numerose barriere, sconvolgeranno l’ordine di
mercato costituito. Tre possibili scenari sono quindi immaginabili nei prossimi 20-30
anni:
❖ una “Golden Age” dell’energia in cui i grandi player dell’energia godranno di
successo e crescita;
❖ una “Death Spiral” per i player energetici, a causa della disintermediazione e
della decentralizzazione;
❖ una “Flatness” con un lento declino dei big player e degli attuali sistemi
energetici e l’avvento di numerose nuove startup.
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Fonti
❖ World Energy Outlook (WEO) 2018 – International Energy Agency
❖ McKinsey Energy Insights’ Global Energy Perspective, January 2019
❖ Fuel mix disclosure: determinazione del mix medio energetico nazionale per gli
anni 2016 - 2017
❖ Ministero dello Sviluppo Economico - Strategia Energetica Nazionale 2017
❖ Dati statistici prodotti da Terna
❖ GSE - Rapporto statistico 2017 Fonti Rinnovabili
❖ PricewaterhouseCoopers Think4Energy - Periodico di informazione sul settore
Energy & Utilities, “La digitalizzazione del settore Energy & Utilities”
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