William Kentridge
description
Transcript of William Kentridge
William Kentridge (Johannesburg, 28 aprile 1955) è un artista sudafricano. Noto per i suoi disegni, le incisioni, animazioni,
scenografie regie e installazioni, è un artista a tutto tondo che si esprime con materiali e tecniche diverse, lavora anche con
stampe, libri, collage e scultura.
Nasce a Johannesburg da una famiglia di origine lituana ed ebreo-tedesca. Suo padre Sydney è un famoso avvocato coinvolto
fin dagli anni 60 nella difesa dei diritti delle vittime dell’apartheid. Nel 1976 ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Studi
africani presso l’Università di Witwatersrand in seguito ha studiato arte presso l’Art Foundation di Johannesburg fino al 1978.
Conosce l’artista Dumile, famoso a Johannesburg per i suoi disegni al carboncino con carica socio-politica, da cui apprenderà la
potente energia espressiva dell’arte figurativa. In quegli anni lavora come disegnatore per le produzioni cinematografiche e
insegna incisione.
Nel 1981 si trasferisce a Parigi per studiare mimo e teatro a L’École Internationale de Théâtre Jacques Lecoq. Durante gli anni
ottanta Kentridge trova lavoro come art director per diverse serie televisive. In seguito iniziata a creare film di animazione con i
suoi disegni. Oltre a disegni e filmati, parte integrante della sua carriera è legata alla sua passione per il teatro. Dal 1975 al
1991 è stato membro della Compagnia teatrale Junction Avenue, a Johannesburg e Soweto. Nel 1992 inizia a lavorare come
attore, regista e disegnatore di paesaggi in la compagnia The Handspring Puppet. La compagnia, esegue opere come Woyzek,
Faust e il re Ubu, creato spettacoli anticonvenzionali utilizzando pupazzi, attori e animazione. Tornato a Johannesburg lascia la
carriera di attore per dedicarsi completamente all’arte e all‘animazione, diventerà anche direttore artistico di serie tv e film.
Disegno-frame del film “Drawing Project”
I suoi film sono ambientati in zone industriali e minerarie di Johannesburg, emblema di abusi ed ingiustizie. Le sue opere sono
in gran parte costituite da riprese del disegno in divenire, un continuo cancellare e ridisegnare. Continua questo processo
meticoloso alterando ogni disegno fino alla fine della scena.
Artista versatile nel cui lavoro unisce politica e poetica. Le sue opere trattano argomenti come l’apartheid, il colonialismo e il
totalitarismo, accompagnati da parti oniriche, sfumature liriche o pezzi comici. Questa unione permette che i suoi messaggi
siano al tempo stesso potenti e affascinanti. Attraverso la sua poetica, Kentridge, da una visione emblematica ed attuale del
Sud Africa. Riceve la fama internazionale nel 1997, dopo la partecipazione alla Biennale di Johannesburg, alla Biennale
dell’Avana ed a Documenta X.
Nel mondo dell’arte contemporanea, William Kentridge occupa un posto del tutto particolare. Il suo impegno politico contro ogni
forma di apartheid e contro le asimmetrie sociali in genere, la sua abilità nel cogliere personaggi e situazioni con pochi tratti
perlopiù di gessetto nero, la sua capacità di dar vita ai suoi disegni in film di animazione affascinanti, ne fanno un artista
speciale.
Disegno-frame del film “Drawing Project”
L’opera di KentridgeAlla fine degli anni 80, Kentridge inizia a realizzare una serie di animazioni chiamate : “Drawings for Projection”. La tecnica
originale si sviluppa prendendo un foglio gigante di carta e disegnarci sopra a carboncino,dopo aver fatto la prima scena la
filma per qualche secondo con la telecamera (normalmente una bolex 16mm) dopodichè torna al disegno aggiungendo le altre
scene tra segni e cancellature. Per un film vengono impiegati circa 40 fogli sulla quale vengono svolte le scene. In questo modo
si compie un atto di preservare la memoria, infatti ogni segno che è passato sul foglio lui l’ha filmato, immortalato per sempre
anche se sul foglio non c’è più traccia di esso è stato sovraccaricato di altri segni, il foglio che resta rappresenta ciò che rimane
del passsare del tempo e il film una storia composta da tutto ciò che è stato sopra quel foglio e che ora non c’è più se non nella
telecamera come fosse un cervello . Il montaggio senza storyboard avviene con i delle imperfezioni che ricordano il cinema
dellle origini, le atmosfere fantastiche di George Melies e gli accostamenti inconsueti di Sergei Eisenstein., con musica jazz e
classica proveniente dal retaggio teatrale.
Il film racconta le vicende di Soho Eckstein uomo d’affari avido e senza scrupoli padrone di un impero edilizio costruito sullo
sfruttamento della terra e delle miniere d’oro, sempre con un vestito gessato grigio e un sigaro in bocca, che gradualmente
manifesta un pentimento insincero per il male fatto, l’altro personaggio Felix Teitlebaum è l’alter ego dell’artista ritratto sempre
nudo e pensieroso, stereotipo di un inguaribile romantico in cerca di se stesso, che seduce la moglie di Soho perennemente
insoddisfatta.
Disegno-frame del film “Drawing Project”
Nel 1999 realizza Shadow Procession. Il trattamento delle ombre è qui trattato in maniera analoga al lavoro di Kara Walker,
artista afroamericana che con le sue animazioni e disegni in cut-out rappresenta le minoranze oppresse e le tragiche vicende
della schiavitù nera in America. Entrambi sono poeti e cantori dei popoli oppressi in un momento in cui l’arte contemporanea è
colma di risultati d’asta di esplorazioni delle nuove tecnologie e delle nuove possibilità di espressioni che nella maggior parte dei
casi mettono da parte il lavoro lento, graduale a stretto contatto con la materia, essi riprendono tali tecniche considerate minori
per farne un mezzo di espressione della sofferenza umana e della speranza con passione e dedizione.
Parte dell’opera “Shadows Procession”
Kentridge oltre a disegni incisioni e animazioni, ha creato installazioni con disegni su pagine di libri e manifesti e ha lavorato
moltissimo nel teatro con le retroproiezioni, marionette, scenografie, in cui da alla sua arte una nuova plasticità senza tralasciare
il distintivo marchio nostalgico e introspettivo che ormai lo caratterizza.
Lo spazio scenico è immaginato da Kentridge come una camera oscura, dove proiezioni video e disegni luminosi interpretano le
visioni mozartiane.L’artista sudafricano mette in scena l’ultima opera del compositore salisburghese, con raro equilibrio tra
favola e racconto iniziatico. In scena si alternano le buffonerie di Papageno e le simbologie massoniche., tra giochi di luce che
cambiano continuamente la scena, cieli stellati alternati a notti buie, templi e prigioni, fuochi ardenti e cascate d’acqua.
Accompagnano poi la narrazione la proiezione di ombre cinesi che illustrano la danza di un rinoceronte sulle note del Flauto.
Foto della rappresentazione teatrale “Il Flauto Magico” di Mozart, rielaborata da William Kentridge
Kentridge coinvolge lo spettatore in un mondo intimo e personale, nella quale gli oggetti comuni sono in continua metamorfosi,
quasi a sottolineare la precarietà e l’imprevedibilità della vita, il suo dramma e la sua poesia. In un universo bianco e uno nero, a
cui ogni segno o traccia di grafite corrisponde una cancellatura come fosse un pentimento, un voleri tornare indietro o
semplicemente il desiderio di annullarsi e allo stesso tempo di tracciare una linea che delinei un pensiero, un personaggio e
una storia.
La tecnica del cartone animato oggi è portata a livelli straordinari ed elaborati come nei film della Pixar o della Disney. Kentridge
usa questo particolare mezzo espressivo in una maniera che per certi può essere considerata retrò, antica, invece per altri è
straordinario proprio perchè ha recuperato un modo di esprimersi ormai obsoleto perchè sostituito dalle nuove tecnologie, e in
esso ha tirato fuori tutto il potenziale che in cartoni moderni non riusciamo ad ottenere.
Per esempio il segno del carboncino con la sua materia da l’impressione istintiva di lasciare un segno, di graffiare, i suoni che
l’accompagnano danno la percezione che qualcuno lo sta disegnando in quel momento, e la musica in cui è immerso riempie
l’atmosfera di un mondo a noi sconosciuto ma piacevole. Dunque Kentridge è un artista contemporaneo che tocca con il suo
lavoro i problemi principali dell’era contemporanea. Già solo la scelta della tecnica del cartone animato disegnato a mano su
carta, a basso costo al limite delle categorie “classiche” ci fa capire che ciò che la civiltà moderna ormai ha superato e digerito
non vuol dire che sia inutile, il migliorare certe prestazioni ne ha escluse altre che Kentrdge ha recuperato, quali la lentezza
dell’animazione che ci fa soffermare sull’intimità del gesto di disegnare, ciò che è vecchio o primitivo molto spesso è solo
diverso, ma non per questo meno sviluppato o bisognoso del moderno, una metafora azzeccata per un confronto tra occidente
e non occidente, tra colonizzatori e colonizzati, tra potenze globali e terzo mondo. Con le sue animazioni e opere teatrali
Kentridge immagina avventure di uomini e cose colti in un equilibrio precario,mossi da una forza misteriosa, gli oggetti si
sciolgono,le persone sembrano liquefarsi, il paesaggio è inondato da misteriosi liquami che travolgono la volontà degli uomini.
Avviene che sentimenti comuni come la nostalgia o la tristezza,l’impotenza di fronte al passaggio inesorabile del tempo , o la
contemplazione di fronte a eventi incontrollabili e traumi collettivi ma che accadono, l’uomo di fronte l’ignoto, di fronte
l’inspiegabile, avviene che tutto questo è scaturito da eventi che fanno parte della memoria ’dell’artista, momenti di esplorazione
esistenziale ti cui si riscoprono le tracce, e si rivolge alla storia del suo paese,l Sudafrica, indagando la memoria di un passato
doloroso, l’appartenenza ad un popolo profondamente scisso in due, e la propria personale identità di uomo bianco in un paese
devastato dall’apartheid. Il suo è un modo di riconciliarsi al passato, di rielaborarlo e di comprenderlo, con un approccio
personale e allo stesso tempo universale.
Negli anni Novanta cominciavano ad affermarsi i nuovi media, la realtà televisiva, internet, la guerra in diretta, sono gli anni della
Globalizzazione segnati da un nuovo senso di appartenenza universale, dalla diffusione degli studi post-coloniali e la
comprensione che viviamo in una società multietnica.