White Circus # 4

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Cirque du Soleil La Biennale di David Chipperfield La Biennale di David Chipperfield Una casa perfetta by Doshi Levien A perfect house by Doshi Levien Magazine of Sinetica Industries - Aprile/April 2012 ISSUE # 04 ANNO 3

description

una pubblicazione di/a publication by Sinetica | concept e coordinamento editoriale/concept and editorial co-ordination Edimotion

Transcript of White Circus # 4

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Cirque du Soleil

La Biennale di David ChipperfieldLa Biennale di David Chipperfield

Una casa perfetta by Doshi LevienA perfect house by Doshi Levien

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Issue # 04 anno 3

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Sinetica Industries Srlvia Plinio Fabrizio, 2031046 Oderzo TV, ItalyT +39 0422 501611F +39 0422 [email protected]

FRAME+ DESIGN SINETICA

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Editorial

Grace Murray Hopper ha la classica faccia da arzilla nonnina americana, minuta di corpora-tura, mani artritiche e rughe da rettilario che disegnano in lei l'entusiastica espressione di chi ha appena sfornato una fumante torta di mele per i nipoti.Così parrebbe se non fosse che la sua biogra-fia la definisce come un'eccelsa matematica, informatica e militare statunitense nata a New York nel 1906 e morta quasi novantenne ad Ar-lington. Fu una pioniera della programmazione informatica e da molti considerata la prima pro-gettista di un computer commerciale.In un'epoca di instabilità come l'attuale dove frasari jobsiani – sempre lo stesso in verità del stay hungry, stay foolish – risuonano ancora nelle assopite conversazioni dei dopocena radical chic come panacea per qualsiasi crisi, mi viene in mente una dichiarazione di nonna Grace, l'antesignana del creatore della Apple: «La frase più pericolosa in assoluto è: abbiamo sempre fatto così».A scorrere il sommario di questo numero di White Circus colpisce l'apparente disomoge-neità degli argomenti, l'assenza di un legante concettuale, eppure, a ben guardare, ogni ar-ticolo è l'espressione di un ripensamento della nostra contemporaneità, una visione possibile e diversa della nostra quotidiana consuetudine, dagli spazi domestici agli ambienti lavorativi, dall'ecologia all'etica, dall'intrattenimento alla socialità, tradotti in un grammelot stilistico e colorato quasi fossero un'attrazione del Cirque du Soleil o la sintesi delle cromie africane spre-mute a succo bianconero delle fotografie di Malick Sidibé.Questo numero del nostro magazine è un bug – per usare un'altra espressione coniata dalla Hopper – al sistema codificato e stereotipato moderno a cui eravamo abituati e per il quale «avevamo sempre fatto così».Perdonateci l'affronto, ma nonna Grace ne sarebbe stata orgogliosa.

Grace Murray Hopper has the classical face of a sprightly American granny, diminutive with arthritic hands and a network of wrinkles that design on her the enthusiastic expression of someone who has just taken a piping hot apple cake out of the oven, to the joy of her grandchildren. That’s how it would seem if it were not for the fact that in her biography she is described as an excellent mathematician, com-puter science and military expert. Born in New York in 1906, she died at the age of almost 90 at Arlington. She was a pioneer of computer programming and is considered by many to be the first designer of a commercial computer.An unstable period like the present one, where Jobsian phrases – actually all the same as stay hungry, stay foolish – are still proposed in lazy radical chic after-dinner conversations as a panacea for all ills, brings to mind what granny Grace, the precursor of the creator of Apple, said: «Absolutely the most dangerous thing to say is: we’ve always done it that way».Browsing through the summary of this number of White Circus we are struck by the apparent lack of homogeneity in the subjects; a con-ceptual link seems to be missing, and yet, on closer observation, each article expresses a way to rethink our times, a possible different vision of our daily habits, from the home to the workplace, ecology to ethics, entertainment to socializing, translated into a coloured gramme-lot of styles, almost as if they were a Cirque du Soleil attraction or the synthesis of African hues squeezed into a black and white juice like that of the photographs by Malick Sidibé.This number of our magazine is a bug – to use another expression coined by Hopper – in the enciphered, stereotyped system of our times to which we have become accustomed and because of which «we have always done it that way». Forgive the cheek, but granny Grace would have been proud of it.

Think different, again

Sinetica StationNel 2005 Sinetica ha creato «Sineti-ca Station», un reparto, inter-no all’azienda, che si occupa di Marketing, Comunica-

zione e Design. Da qui le idee partono per il loro viaggio e pren-dono forma al susseguirsi delle stazioni nelle quali accogliamo i nostri compagni di viaggio, pro-fessionisti, collaboratori e fornitori specializzati che contribuiscono alla definizione di un progetto, di un prodotto o di un’iniziativa marchiata Sinetica.Un viaggio di idee dalla lontana destinazione, un viaggio che incrocerà nuovi paesaggi, nuove suggestioni, nuove riflessioni e si nutrirà, lui stesso, di altre ed innovative idee. // In 2005, Sinetica created «White Station», an internal department of the company , which deals with Marketing, Communication and Design issues. From here ideas start their journey and take shape, one station after another. These are the stops where we welcome our travel mates: spe-cialized professionals, collabora-tors and suppliers who contribute to defining either a project, or a product, or an initiative by Sinetica. A journey of ideas, to a far destination. A journey where new landscapes, suggestions and considerations will meet. And the journey itself will feed on further, innovative, ideas.

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Francesco Guazzoni affaticato copywriter pordenonese. Ritiene che non ci siano più le mezze ragioni e che il caffè sia un sentimen-to. Crede nel

valore dell’epico, del grottesco e dello struggente. Considera «La sventurata rispose» il miglior slogan letterario della storia. È pigro, reduce di un dubbio e triscaideca-fobico. // a weary copywriter from Pordenone. He thinks there are no more half-rights and that coffee is a feeling. He believes in the value of epic, grotesque and torment. He considers «Misfortune replied » as the best literary slogan in history. He is lazy, a doubt survivor and a triskaidekaphobic.

Con

tribu

tors

Emilia Prevosti architetto e giornalista, è partner e AD di Edimotion. Si oc-cupa da tempo di strategie di comunicazione per le aziende che operano

nell’ambito dell’arredamento e dell’architettura, sviluppando servizi integrati di marketing, web e graphic design, editoria, PR, iniziative promozionali e ricerche di mercato. Tra gli altri collabora con Ottagono, Architonic e Koelnmesse. // architect and journalist, she is partner and Managing Director of Edimotion. She has long been de-aling in corporate communication strategies for companies working in furniture and architecture, developing integrated marketing services, web and graphic design, publishing, PR, promotional activities and market research. She collaborates, among others, with Ottagono, Architonic and Koelnmesse.

Bruno Lardera romano di na-scita e brianzolo di adozione, ha sempre predi-letto l’ambito commerciale e si è specializza-to nel marketing e nell’organiz-

zazione aziendale. Per 25 anni ha lavorato nel settore dei pneumatici; dal 1986 si occupadi mobili per ufficio e inizia l’attività in Sedus Italia, di cui sarà Consigliere Delegato per 18 anni. Dal 30 luglio 2004 Bruno Lardera va in pensione e comincia una nuova vita, coltivando le sue passioni… // Bruno Lardera, Roman by birth and “Brianzolo” by adoption, was always attracted to the commercial sector and thus specialized in Mar-keting and Business Management. He worked for 25 years in the tyre sector. In 1986, he started working at the office furniture company Sedus Italia, where he held the po-sition of Managing Director for 18 years. On 30th July 2004, Bruno Lardera retired and started a new life, cultivating his passions…[email protected]

Domitilla Ferrarigiornalista e social networker, lavora in Mondadori. Dal 2003 scrive un blog in cui parla di marketing, comunicazione, ma soprattutto

fatti suoi www.domitillaferrari.com/semerssuaq. Citata da Wired come una dei 50 Twitter italiani da seguire, la trovate come @semer-ssuaq.// Domitilla Ferrari, journalist and social networker, works for Mondadori. Since 2003 she has been writing a blog which deals with marketing and communication, but above all her own affairs www.domitillaferrari.com/semerssuaq. Mentioned by Wired as one of the 50 Italian Twitterers to follow, you can find her as @semerssuaq.

Norma Poletto cuoca per pas-sione ed abilità, autodidatta per gioco. Dall’e-sperienza culi-naria casalinga attinge la base per i suoi piatti reinterpretandoli

con estro personale e nobile arte gastronomica. Al gustoso tributo per la sua terra friulana concede incursioni e contaminazioni con le ricette della tradizione italiana. // chef for passion and skill, self-taught for play. From her home cooking experience she draws the basis for her dishes and reinterprets them with personal inspiration and noble gastronomic art. Her delicious tribute to her Friu-lian homeland is allowed incursions and contaminations by traditional Italian recipes.

Romina Gobbolaureata in Scienze politiche all’U-niversità degli Studi di Padova, è giornalista professionista. Attualmente lavora come

caposervizio al settimanale dioce-sano di Vicenza, ed è collaboratrice di testate quali Famiglia Cristiana e Jesus, con servizi dall'estero (in particolare dai Paesi in via di sviluppo), e Avvenire. In passato si è occupata di cronaca per quotidiani e mensili e per due emittenti televisive locali. Ha svolto attività di ufficio stampa per enti pubblici e ditte private. Ha all’attivo una prima pubblicazione relativa a tematiche sociali. // laureata in Scienze politiche all’Università degli Studi di Padova, è giornalista professionista. Attualmente lavora come caposervizio al settima-nale diocesano di Vicenza, ed è collaboratrice di testate quali Famiglia Cristiana e Jesus, con servizi dall'estero (in particolare dai Paesi in via di sviluppo), e Avvenire. In passato si è occupata di cronaca per quotidiani e mensili e per due emittenti televisive locali. Ha svolto attività di ufficio stampa per enti pubblici e ditte private. Ha all’attivo una prima pubblicazione relativa a tematiche sociali. //

Beppe Raso dall’ 87 profes-sionista, nel ‘90 comincia a lavo-rare nel mondo dell’arredo e dell’architettura, fotografando al-cune importanti location in Asia,

Europa e Canada. Entusiasta ogni volta che si deve racchiudere in un frame, qualcosa che sta già in una sua sintesi architettonica. Il piacere di rispettare le forme e valorizzarle. Il colore della luce è il suo colore. Si tratti di un’aeroporto o di una piccola casa, la luce comanda. Chiedetegli cose impossibili, vedrà cosa si può fare. // he has been a professional since 1987, and in 1990 he starts working seriously in furniture and architecture, taking pictures of some important loca-tions in Asia, Europe and Canada. His career thus walks a path where he is still excited every time he frames anything that is already in an architectonic synthesis. The ple-asure of respecting and valorising shapes. The colour of light is his colour. Whether it is an airport or a small house, light commands. Ask him to perform impossible things, he will see to it.

Fabrizio Todeschiniarchitetto e giornalista, vanta una lunga esperienza nel settore dell’editoria, dell’organizza-zione fieristica e della promo-

zione all’estero di aziende italiane del settore arredamento. Partner di Edimotion Srl, è direttore della rivista Habitat Ufficio e sales & marketing manager di Koelnmesse Srl. È specializzato in comuni-cazione mirata nel settore del design. // architect and journalist, boasting a long-standing expe-rience in publishing, organisation of fairs and promotion of Italian furniture companies abroad. Partner of Edimotion Srl, he is director of the magazine Habitat Ufficio and sales & marketing manager of Koelnmesse Srl. He is specialised in design-targeted communication.

Marco Svaran. 1983. Urbani-sta funzionalista post-romantico, nasce a Trieste, si forma prima a Milano e poi a Venezia e dopo un periodo di schizofrenico

nomadismo decide di ritornare alla sua Zacinto. Vicepresidente di MANIFETSO2020 e Responsabile Scientifico dell’Emeroteca Mime-xity, è socio fondatore di The Hub Trieste. Da sempre affascinato dalla tematica dell’abbandono urbano e delle schrinking cities ha scritto per Juliet Art Magazine (di cui è anche graphic designer), Ottagono, Abitare, Konrad e Volentieri. Da 13 anni è innamorato sempre della stessa persona. // born 1983. A post-romantic functionalist urban planner born in Trieste, he trained first in Milan and then in Venice. After a period of schizophrenic wandering he decided to go back to his Zacinto. Vice president of MANIFETSO2020 and Scientific Di-rector of the Mimexity Newspaper Library, he is a founder member of The Hub in Trieste. He has always been fascinated by the issue of urban abandon and shrinking cities and has written articles for Juliet Art Magazine (of which he is also graphic designer), Ottagono, Abitare, Konrad and Volentieri. He has been in love with the same person for 13 years.

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4 TrendStyling Sinetica Station

12 ArTPer un’architettura di relazione. Common ground: la Biennale di David ChipperfieldPer un’architettura di relazione. Common ground: la Biennale di David ChipperfieldSabrina Zannier

16 GreenThe Eart Day: un giorno per pensare alla salute del pianetaEarth Day: a day for thinking about our planet’s healthemilia PrevoSti

20 FoodPiatti freschi e deliziosi perfetti per ogni occasionePiatti freschi e deliziosi perfetti per ogni occasionenorma Poletto

22 InTervIewUna casa perfetta è una casa che non è mai completa.A perfect house is one that is never complete.

26 PeoPleIl fabbricante di parole.The wordmaker.emilia PrevoSti

32 How IT’s mAdeREHUB le idee prendono spazioREHUB le idee prendono spaziomarco Svara

38 How IT’s mAdeMalick Sidibé. Il ritrato del Mali.Malick Sidibé. A portrait of Mali.

44 evenTsTemporary Museum for New Designemilia PrevoSti

46 HI-TecHStoria completa del futuro che ci aspettaStoria completa del futuro che ci aspettaDomitilla Ferrari

48 cAse HIsToryLa nuova sede di Unindustria TrevisoThe new Unindustria Treviso HQFabriZio toDeSchini

53 Book

54 wellnessCirque du soleilCirqueemilia PrevoSti

58 TrAvelKhiva: salotto uzbeko e città museoKhiva: Uzbek salon and museum citybruno larDera

62 eTHIcsLa tenacia delle donne afganeThe perseverence of afghan womenromina gobbo

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Sabrina Zannierè giornalista, critico e curatore indipendente nel campo dell’arte contemporanea. Con il suo team di lavoro cura mostre, cataloghi ed eventi per

musei, gallerie, Enti pubblici e aziende. Dal 2002 è direttore artistico della rassegna Maravee, di arte, design, moda e teatro, che si svolge in castelli e ville storiche del Friuli Venezia Giulia. // is an independent journalist, critic and curator in the field of contemporary art. Together with her team she oversees exhibitions, catalogues and events for museums, galleries, public bodies and companies. Since 2002 she has been art director for the art, design, fashion and theatre festival Maravee, which unfolds in castles and historical villas in Friuli Venezia Giulia.

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ColophonArt Direction Sinetica Station Concept e coordinamento editoriale:Publishing concept and coordination: EdimotionProgetto Grafico e impaginazione:Graphic design and DTP: Fabio ZorattiComitato scientifico: Scientific Committee:Adriano Baldanzi, Emilia Prevosti, Beppe Raso, Fabrizio Todeschini, Sabrina Zan-nier, Team SineticaTraduzioni: Translations: Linguae Mundi Stampa: Printing: GFPWhite Circus è una pubblicazione di: White Circus is a publication bySinetica Industries S.r.l.

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Fabio Zoratti lavora profes-sionalmente come freelance per aziende private, case editrici ed enti pubblici, curando ogni aspetto della

comunicazione: web design e grafica, art direction e fotografia. È docente di computer graphic pres-so Diskos (Scuola di comunicazione e pubblicità) di Schio. // works professionally as a freelancer for private companies, publishers and public bodies, taking care of every aspect of communication: web design and graphics, art direction and photography. He is a computer graphics trainer at Diskos (Communication and advertising school) in Schio.

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photo: Beppe Raso

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TrendVivacità mai banale. Accostamenti pop per lavorare con creatività ed entusiasmo.

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Poprstories

Never trivial sprightliness: Pop colour combinations to work

with creativity & enthusiasm.

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photo: Beppe Raso

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TrendColore intramontabile per eccellenza, il nero diventa cornice neutra per far risaltare le gradazioni del vivere, amare e lavorare.

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Trend

minimal#dark

Timeless finish for excellence, black is the neutral frame in order

to stand out the living, loving & working shades

1- Drink2- Luise + Peg3- Noire & Blanck4- Guess5- Queen6- Punto7- Captain8- Frame+9- Patch

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photo: Beppe Raso

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TrendI dettagli prendono vita e diventano protagonisti. La sofisticata semplicità parigina incontra il design italiano ed è subito amore!

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Trend

Paris with love

I dettagli prendono vita e diventano protagonisti. La sofisticata

semplicità parigina incontra il design italiano ed è subito amore!

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1- Swing2- Nice3- Captain4- Play5- Mobile di servizio / Side Unit6- Buckle7- Frame+

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Accostamenti freschi e sbarazzini di forme e colori che celebrano la voglia di estate. Una doccia fresca al profumo di limone!

photo: Beppe Raso

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Trend

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Lemongrass

Fresh and easy colour and shape matching that celebrate the wish for summer. A fresh shower

with lemon fragrance!

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1- Drop2- Red3- Honey4- Clip5- Liseuse6- Blue7- Blue

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Per un’architettura di relazioneCommon ground: la Biennale di David ChipperfieldRelational Architecture Common ground: David Chipperfield’s Biennial

by Sabrina Zannier

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Le peculiarità tecniche e tecnologiche, l’in-trinsecità e le potenzialità dei nuovi mate-riali sorti dalla sperimentazione scientifica, unite alle specifiche propensioni ideative

e visionarie, alimentano puntuali percorsi di ricerca in ogni linguaggio creativo, dall’arte visiva al cinema, dal design all’architettura, dal teatro allo stilismo di moda. Mentre da un lato si alimentano le specificità, entro percor-si sempre più avanzati, cavalcati e sostenuti dai puristi di ogni disciplina, dall’altro lato si rinforza sempre più la tendenza all’ibridazio-ne, che tende invece ad affievolire i confini disciplinari nel trionfo dell’incrocio fra este-tizzazione della vita e pervasività dell’arte. Con una tendenza, comune a tutti i creativi, ad affondare nel vivo dei modus vivendi, a captare, più ancora che a dettare, le nuove tendenze attraverso le voci dei sociologi. La circolarità del sapere, la diffusione a oltranza d’immagini ed eventi non fa altro che alimen-tare le connessioni e le contaminazioni, tanto da rendere ormai impraticabile il purismo disciplinare. E’ proprio questa commistione linguistica a dettare l’urgenza di linee guida a difesa di ogni sapere, ma nella ferma convin-zione che debbano convivere nell’apertura al dialogo e alla relazione. La scorsa Biennale d’Arte di Venezia, osservata nella summa complessiva delle partecipazioni nazionali, ne è stata una conferma, detronizzando quella che spesso appariva come l’emer-genza di un linguaggio (pittura, scultura, video, installazione), a favore di un principio di relazione teso a una complessiva proget-tazione spaziale. Più del solito, a sottolineare l’identità dell’arte visiva nella ri-progettazione di un ambiente, affermando così il principio di costruzione e l’apertura al cambiamento, al nuovo che nasce nell’intreccio tra idea, progetto, fato e passione. Progettare uno spazio è però peculiarità dell’universo archi-tettonico, e allora c’è da chiedersi cosa affio-rerà in laguna con la prossima Mostra Inter-nazionale di Architettura che, con la curatela dell’architetto inglese David Chipperfield, si terrà ai Giardini e all’Arsenale dal 29 agosto al 25 novembre 2012. Compito arduo, quello di reinventarsi una Biennale che negli ultimi anni era stata al centro del dibattito cultu-rale, essendo divenuta molto spettacolare e, secondo i suoi detrattori, poco «funzio-nale» dal punto di vista dei singoli progetti architettonici presentati al pubblico. A chi, in nome del purismo, storce il naso di fronte alla fluidità del settore, così intrecciato ormai all’arte contemporanea, alla sociologia, al cinema, all’immaginario collettivo tout court, Chipperfield risponde affermando proprio la necessità del dialogo e del métissage. Dia-logo con il territorio e con l’identità urbana e

sociale; métissage d’idee e linguaggi, come del resto affiora dalla stessa matrice proget-tuale dell’architetto britannico medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects nel 2011, nel mestiere da oltre trent’anni. Una matrice fondata sull’accostamento d’impianti classici e materiali moderni, che prende avvio innanzitutto dall’apertura al dialogo nella fase progettuale e tende a produrre un senso di normalità e armonia, ma prendendo le distanze dalla serialità e dal mero decoro di volumi. Per questa Biennale, emblematicamente in-titolata Common Ground, David Chipperfield prospetta un omaggio a una cultura archi-tettonica vitale e interconnessa, che s’inter-roga sui territori condivisi, intellettuali e fisici, interessata agli elementi che accomunano gli architetti, dalle condizioni della pratica archi-tettonica alle influenze, collaborazioni, storie e affinità che inquadrano e contestualizzano il loro lavoro. Una Biennale, quindi, che in-tende potenziare la comprensione della cul-tura architettonica e valorizzare le continuità filosofiche e pratiche che la definiscono.Il titolo ‘Common Ground’ allude esplicita-mente anche al terreno fra edifici, agli spazi della città, che chiamano necessariamente in causa gli ambiti politici, sociali e pubblici di cui l’architettura fa parte, perché fortemente legata, intellettualmente e praticamente, alla condivisione di problemi, influenze e intenti. Il tema è un atto deliberato di resistenza all’im-magine dell’architettura diffusa oggi dalla maggior parte dei media, fatta di singoli pro-getti che scaturiscono dalle menti di talenti individuali già pienamente compiuti. Come ha sottolineato lo stesso Chipperfield, i par-tecipanti verranno sì invitati a proporre opere o installazioni, ma saranno anche sollecitati a proporre altri nomi con i quali desiderino col-laborare, possibilmente attraversando i con-fini generazionali, stilistici, geografici e disci-plinari. In questo modo, la scelta curatoriale iniziale verrà integrata da un ulteriore serie di relazioni generate dagli architetti selezionati. Un criterio di coinvolgimento pluridirezionale, questo, che è del resto emerso come punto dell’eccellenza anche alla Biennale d’Arte 2011, con il progetto dei Para Padiglioni, dove ogni artista invitato ha coinvolto altri artisti per costruire collettivamente un am-biente relazionale.Con questi presupposti, anche sul fronte dell’architettura sembra allora trovare ulterio-re credito l’Esthétique relationnelle teorizzata nel 1998, sul fronte delle arti visive, dal cri-tico e curatore francese Nicolas Bourriaud, a riprova del fatto che l’arte, così come l’architettura, s’innova attraverso il dialogo e l’apertura al contesto sociale.

David Chipperfield

installazione ambientale di Norma Jeane alla Biennale Arte 2011, fondata sul principio di relazione e partecipazione attiva da parte del pubblico installazione ambientale di Norma Jeane alla Biennale Arte 2011, fondata sul principio di relazione e partecipazione attiva da parte del pubblico

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The technical and technological characteristics, intrinsic nature and potential of new materi-als arising from scientific experimentation, together with specific creative and visionary

propensities, provide input for research projects in all creative languages, from visual arts to the cinema, from design to architecture, the theatre to fashion design. Whereas on the one hand input is provided for specific purposes within increasingly advanced projects, exploited and supported by purists in every discipline, on the other hand a trend towards blending is rein-forced which could fuzz the borders between disciplines in a triumphant crossover involving aesthetics in general and the popularization of art. There is a trend, common to all creative peo-ple, to delve into the reality of modus vivendi, to capture rather than dictate new trends through paying heed to sociologists. The circular nature of knowledge, the exasperated diffusion of im-ages and events gives force to connections and contaminations, in such a way that the purism of disciplines is rendered unfeasible. It is this very linguistic mix that dictates the urgency of guidelines to defend all knowledge, but in the absolute conviction that they must cohabit in

order to open up to dialogue and relations. The last Art Biennial in Venice, taken as the total number of national participations, confirms this and upsets the idea of what often appeared to be an emerging language (painting, sculpture, video, installation) that facilitated the principle of relational aesthetics through an overall spatial project. More than ever, this underlined the iden-tity of visual arts in re-designing an ambience and so declared the principle of construction and opening up to change, to new ideas that combine projects, chance and passion. Plan-ning a space, however, is the prerogative of architecture, so we wonder what will emerge in the Venice Lagoon with the coming International Architecture Exhibition, curated by the British architect David Chipperfield, to be held in the Giardini and at the Arsenale from 29 August to 25 November 2012. It is not an easy task to re-invent a Biennial that in recent years has been at the heart of a cultural debate sparked by the fact that it had become highly spectacular, and in the opinion of its critics was not “functional” from the point of view of individual architectural projects presented to the public. To those who in the name of purism frown on the fluidity of the sec-

L'opera "Chance" di Christian Boltanski al Padiglione francese della Biennale Arte 2011, che mette in scena una vera e propria costruzione architettonico-ambientale

L'opera "Chance" di Christian Boltanski al Padiglione francese della Biennale Arte 2011, che mette in scena una vera e propria costruzione architettonico-ambientale

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tor, now so closely linked to contemporary art, sociology, cinema and collective imagination tout court, Chipperfield responds by declaring the need for dialogue and “cross breeding”. Dialogue with the territory and urban and social identity; cross breeding of ideas and languages, as can be clearly seen from the design matrix of this British architect who was awarded the gold medal of the Royal Institute of British Architects in 2011 and has been in his profession for over thirty years. The matrix is founded on the combination of classical systems and modern materials, based above all on dialogue at the planning stage which tends to produce a sense of normality and harmony, but keeps its distance from mass production and mere decoration of volumes. In this Biennial, emblematically called Common Ground, David Chipperfield wishes to celebrate a culture of vital interconnected architecture which poses questions about the intellectual and physical territories it shares, interested in the things that architects share in common, from the conditions of the practice of architecture to the influences, collaborations, histories and affinities that frame and con-textualize their work. It is a Biennial, therefore, that intends to aid comprehension of architectural culture and enhance the philosophical and practical continuity that defines it.

The title ‘Common Ground’ is an explicit reference also to the ground between buildings, city spaces that necessarily involve political, social and public realms of which archi-tecture is a part because it is closely linked, intellectually and in practical terms, to joint involvement in problems, influences and intentions. The theme is a deliberate act of resistance to the image of architecture propagated today in much of today’s media, of projects springing fully formed from the minds of individual talents. As Chipperfield himself underlines, the participants will be invited to make propos-als for exhibits or installations, but they will also be encour-aged to propose others with whom they would like to work, hopefully crossing the boundaries of generations, styles, geography and disciplines. In this way the initial selection by the curator will be complemented by a further series of relationships generated by the selected architects. This is a criterion of involvement in all directions and is something that emerged as a point of excellence also at the 2011 Art Biennial with the Para Padiglioni project, where each artist involved other artists to create a common relational ambi-ence. On this basis, the world of architecture now seems to give more credit to the Esthétique relationnelle theory of 1998 applied to visual arts by the French critic and cura-tor Nicolas Bourriaud; further proof of the fact that art, like architecture, renews itself through dialogue and by opening up to the social context.

Clerkenwel Apartment di Chipperfield, bell'esempio di architettura privata aperta al paesaggioClerkenwel Apartment di Chipperfield, bell'esempio di architettura privata aperta al paesaggio

Museum...di Chipperfield: plastico che evidenzia un progetto di architettura pubblica che enfatizza l'identità del territorio attingendo alla materia prima del legno e dell'ambiente boschivo

Museum...di Chipperfield: plastico che evidenzia un progetto di architettura pubblica che enfatizza l'identità del territorio attingendo alla materia prima del legno e dell'ambiente boschivo

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by Emilia Prevosti

The Earth Day: un giorno per pensare alla salute del pianetaEarth Day: a day for thinking about our planet’s health

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Tutte le persone, a prescindere dall’etnia, dal sesso, dal proprio reddito o provenienza geografica, hanno diritto ad un ambiente sano, equilibrato e sostenibile. Il 22 aprile del 1970, ispirandosi a questo principio e seguendo l’appello del senatore Gaylord Nelson, 20 milioni di cittadini americani si mobilitarono per una storica manifestazione a difesa del nostro pianeta; da allora, ogni 22 aprile, si celebra la Giornata della Terra. Già dalla sua prima

celebrazione, la volontà era quella di sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della Terra. Una preoccupazione allora, un imperativo oggi. Nato come movimento universitario, nel tempo l’Earth Day è divenuto un avvenimento educativo e informativo per dare visibilità e sostenere una serie di progetti dedicati alla soluzione delle problematiche ambientali. Tematiche come: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili; problematiche reali e tangibili, alle quali non è più possibile voltare le spalle sono al centro dell’attenzione. Si insiste in soluzioni che permettano di eliminare gli effetti negativi delle attività dell’uomo; queste soluzioni includono il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas fossili, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la cessazione della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate. Il 22 aprile, alla sua 42esima edizione, più di un miliardo di persone in tutto il mondo parteciperanno alla Giornata della Terra 2012, l’obiettivo: unire le voci di tutto il mondo a sostegno di un pianeta sano.

Everybody, regardless of ethnic group, sex, income or geographi-cal origins, has the right to a healthy balanced sustainable environment. On 22 April 1970, inspired by this principle and in response to an appeal by Senator Gaylord Nelson, 20 million American citizens took part in an historic demonstration to de-fend our planet; since then Earth Day has been celebrated every 22 April. Those taking part in the first event were expressing a

will to underline the need to preserve the Earth’s natural resources. It was a worry then and is imperative today. Arising from a university movement, through time Earth Day has become an educational, informative gathering that creates visibility and supports a series of projects dedicated to solving given environmental problems. Themes such as: pollution of the air, water and soil, destruction of ecosys-tems, thousands of disappearing plant and animal species, and the

exhaustion of non-renewable resources; real tangible problems we can no longer ignore are the focus of attention. The movement in-sists that solutions must be found which can eliminate the negative effects of human activ-ity; these include recycling, preserving natural resources such as oil and fossil gas, prohibit-ing the use of harmful chemicals, stopping the destruction of essential habitats such as wet lands, and protecting threatened species. On 22 April, at its 42nd edition, over a billion peo-ple throughout the world will take part in Earth Day 2012, which aims at uniting the voices of the world to support a healthy planet.

www.earthday.org

Green

La terra celebrata in più di 175 paesi; un momento importante per unire le voci di tutto il mondo a sostegno di un pianeta sano.

The Earth celebrated in over 175 countries; an important occasion for uniting the voices of the world in supporting a healthy planet.

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Green

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha stabilito di organizzare nel 2012 la conferenza sullo sviluppo sostenibile (UNCSD), denomina-ta anche Rio+20, in quanto cadrà a 20 anni di distanza dal Vertice della Terra di Rio de Janei-ro del 1992. La conferenza si svolgerà dal 20 al 22 giugno 2012 a Rio de Janeiro.Dal 1972 a oggi i governi di tutto il mondo hanno sottoscritto nel corso delle precedenti conferenze delle Nazioni Unite alcune impor-tanti dichiarazioni sullo sviluppo sostenibile: la Dichiarazione di Stoccolma (1972), la Dichiara-zione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo (1992), la Dichiarazione di Johannesburg (2002), e hanno adottato alcuni importanti documenti programmatici: l’Agenda 21 di Rio de Janeiro (1992) e Il Piano d’azione di Johannesburg (2002). Queste dichiarazioni e questi docu-menti hanno consentito di tracciare un percor-so importante per indirizzare i Governi a defini-re scelte programmatiche verso la sostenibilità dello sviluppo. A partire dal primo Vertice della Terra del 1992 è stata richiesta la partecipazio-ne di tutti i settori della società perché lo svilup-po sostenibile non può essere raggiunto dai soli governi ma necessita anche la presenza della società civile: “business e industria, bambini e giovani, agricoltori, popolazioni indigene, ammi-nistrazioni locali, organizzazioni non-governati-ve, comunità scientifica e tecnologica, donne, lavoratori e sindacati”. A questi gruppi è chiesto di partecipare in modo attivo e di contribuire concretamente al raggiungimento degli obiettivi della conferenza. La conferenza rappresenta una sfida importante che permetterà, attraverso uno sforzo congiunto da parte dei governi e della intera società civile, di raggiungere obiet-

tivi comuni e tute-lare gli equilibri del pianeta, verso un nuovo assetto per lo sviluppo soste-nibile globale e per l’umanità. Obiettivo finale è rafforzare l’impegno politico per lo sviluppo so-

stenibile con l’identificazione di un nuovo paradigma di crescita economica, socialmente equa e ambientalmente sostenibile.

The UN General Assembly has established the organization in 2012 of a conference on sus-tainable development (UNCSD), also known as Rio+20, as it will occur 20 years after the 1992 Earth Summit held in Rio de Janeiro. The con-ference will take place from 20 to 22 June 2012 in Rio de Janeiro. Since 1972, during previous United Nations conferences the governments of the world have undersigned some important declarations regarding sustainable develop-ment: the Declaration of Stockholm (1972), the Declaration of Rio on the Environment and De-velopment (1992), the Declaration of Johannes-burg (2002), and have adopted some important policy documents: Rio de Janeiro - Agenda 21 (1992) and the Action Plan of Johannesburg (2002). These declarations and documents have made it possible to trace an important road map to assist governments in defining their policy choices aimed at sustainable de-velopment. Ever since the first Earth Summit in 1992 all sectors of society have been invited to take part because sustainable development cannot be achieved by governments alone, there is a need for society at large: "business and industry, children and the young, farm-ers, indigenous populations, local authorities, non-governmental organizations, scientific and technological communities, women, workers and trade unions". These groups are invited to

participate actively and contribute in real terms to achieving the con-ference aims.The conference is an important challenge that will make it possible to achieve common objectives

and protect our planet’s equilibrium, through a reciprocal effort on the part of youth and civil society at large, and move towards a new ar-rangement for sustainable global development for humanity. The end objective is to reinforce political commitment to sustainable develop-ment by identifying a new paradigm for eco-nomic growth that is socially fair and environ-mentally friendly.

www.uncsd2012.org

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Earth Day ItaliaDal 2007 anche l’Italia partecipa alla Giornata della Terra, ade-rendo attivamente all’Earth Day Network. Per l’edizione 2012 di Earth Day Italia, il “main event” è un prestigioso evento musicale organizzato presso la prestigio-sa cornice di Villa Borghese di Roma, con un format artistico capace di coinvolgere il pubblico presente e focalizzare l’attenzio-ne dei media. L’evento musicale costituisce capace di focalizzare l’attenzione del pubblico e dei media, verrà All’evento, verranno affiancate una serie di iniziative pensate per raggiungere i se-guenti obiettivi: dare maggiore visibilità alle realtà nazionali che operano a favore dell’ambiente; promuovere l’utilizzo di compor-tamenti “green oriented” presso il pubblico; sostenere economica-mente progetti dedicati alla salva-guardia ecologica del Pianeta.

Earth Day ItaliaSince 2007 Italy has also taken part in Earth Day, actively joining the Earth Day Network. For this 2012 edition of Earth Day Italia, the main event is a prestigious concert to be held in the fantastic setting of Villa Borghese in Rome, with an artistic format that can involve the audience and focus media attention. In addition to the musical event there will be several initiatives designed to achieve the following objectives: give more visibility to national groups that work to protect the environment; promote the use of "green oriented" behaviour by the public; give economic support to projects dedicated to safeguarding our planet.

Villa Borghese di Roma

www.earthdayitalia.com

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by Norma Poletto

Piatti freschi e deliziosi perfetti per ogni occasionefresh & delicious dishes suitable for every occasion.

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Food

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Ingredienti per 4 persone:2 spicchi di aglio14 mazzolino di prezzemolo60 g di olio extravergine di oliva5 Pomodorini700 g di acquaSale 320 g di riso150 g di piselli4 filetti di trota salmonata oliati e salati150 g di gamberetti sgusciati 1 limone

Esecuzioni:

Tritare l’aglio e il prezzemolo ed insaporire con 30g di olio. Cucinare il riso unitamente ai piselli. A parte cucinare al vapore le trote salmonate leggermente oliate a salate. A metà cottura aggiungere alle trote i gamberetti sgusciati e procedere con la cottura. Quando il riso è cotto, versarlo con i piselli in un contenitore aggiungendo i pomodorini tagliati a metà. Mescolare bene ed amalgamare il tutto. Disporre i filetti di trota ed i gamberetti al centro, guarnire con ciuffi di prezzemolo e fettine di limone. Condire con l’olio rimasto.

Ingredients for 4 people:2 cloves of garlic1 bunch of parsley60 g extra virgin olive oil5 small tomatoes700 g waterSalt 320 g rice150 g peas4 fillets of salmon trout, oiled and salted150 g peeled shrimps 1 lemon

Preparation:

Finely chop the garlic and parsley together and add 30g oil. Steam the rice together with the peas. In another pan steam the lightly oiled, salted salmon trout for 20 minutes. Halfway through cooking, add the peeled shrimps to the trout and continue cooking. When the rice is cooked, pour into a bowl with the peas and add the chopped parsley and garlic and the small tomatoes cut in half. Mix well until all the ingredients are amalgamated. Place the trout fillets and shrimps in the centre of a dish, decorate with tufts of parsley and lemon slices. Dress with the remaining oil.

Ingredienti:una manciata di noci 2 mazzetti di rucola selvatica1 pera120 g. di prosciuttoSale Un cucchiaino di miele4 cucchiai di succo di limone4 cucchiai di Olio Extra vergine di Oliva

Preparazione:

Tosta le noci nel forno a 180° per qualche minuto, tritale grossolanamente e tienile da parte.Pulisci, lava e asciuga accuratamente la rucola e poi distribuiscila nei singoli piatti da portata.Lava bene la pera, tagliarla in quarti e levale il torsolo. Poi tagliala a fettine sottili e distribuiscile uniformemente sopra le foglioline di rucola. Adagia le fette di prosciutto sui piatti.Procedi ora nel preparare la salsina per condire l’insalata. Amalgama in una ciotola un pizzico di sale, il miele, il succo di limone e l’olio extravergine di oliva. Mescola bene, condisci l’insalata di rucola con la salsina ottenuta e aggiungi le noci tostate e tritate.

Tris di Riso, Pesce e VerdureTris with rice, fish and vegetables

Salad: wild rocket, pear, boiled ham and walnuts

Insalata con rucola Selvatica, Pera, Prosciutto e Noci.

Ingredients:A handful of walnuts 2 bunches of wild rocket1 pear120 g. boiled hamSalt A tablespoonful honey4 tablespoonfuls lemon juice4 tablespoonfuls extra virgin olive oil

Preparation:Toast the walnuts for a few minutes in the oven at 180°, crush roughly and put on one side. Clean, wash and dry the rocket well; distribute onto individual plates.Wash the pear well, cut into quarters and remove the core. Slice finely and distribute equally onto the rocket. Place the slices of boiled ham on the plates. Prepare the salad dressing. Place a pinch of salt, the honey, lemon juice and extra virgin olive oil into a bowl. Mix well, pour the dressing onto the rocket salad and add the crushed toasted walnuts.

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Food

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Una casa perfetta è una casa che non è mai completa.A perfect house is one that is never complete.L’installazione “Das Haus” vuole creare una situazione abitativa arti-ficiale secondo i vostri desideri per-sonali. È immaginabile una casa nel mezzo di una fiera?Nipa Doshi: All’inizio del progetto ab-biamo cominciato a riflettere sul fatto che la nostra idea di casa perfetta non dipende effettivamente dall’oggetto in quanto tale, quanto da tutto ciò che lo circonda. Vogliamo che la casa catturi un sentimento. Essendo posizionata nel contesto della fiera, non volevamo una casa che sembrasse immersa nella campagna. Al contrario, la imma-giniamo immersa nel contesto socio-economico che la circonda, parte di una comunità. Non pensiamo ad un luogo con case e bei giardini, ma piut-tosto ad un luogo con negozi e labo-ratori, una casa piena di vita. La casa non si trova in una zona residenziale, bensì in un contesto urbano.

Avete in mente un luogo particolare?Nipa Doshi: La immaginiamo nel contesto urbano di città come Tokyo, Shanghai o qualche città indiana. Si può dire che la nostra casa sia il culmi-ne dei ricordi e delle esperienze degli spazi, sia immaginari che reali, da di-verse parti del mondo.Jonathan Levien: È l’insieme di tutti gli spazi che abbiamo sognato e quelli che in qualche modo hanno avuto un’influenza speciale su di noi in pas-sato, che sia l’influenza di un architetto noto o semplicemente un luogo in cui abbiamo vissuto e che abbiamo amato.

Quindi “Das Haus” incarna entram-bi gli aspetti: le vostre visioni e i vostri ricordi?Nipa Doshi: Sì. Ma io rappresento la casa anche in modo molto realistico.

Intervista con/interview withDoshi Levien

Nipa Doshi e Jonathan Levien, coppia di designer di origine anglo-indiana, hanno realizzato un’ampia installazione di interior design alla Fiera IMM 2012 di Colonia. Ci hanno parlato della loro visione delle forme individuali dell’abitare, della fusione degli spazi e delle case organicamente evolute. Il loro design è una raccolta di spazi funzionali intrecciati, una specie di collage di architettura reale, culture diverse e immagini originali. Una prospettiva interiore.

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Interview

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Anche se è un collage che rap-presenta lo spirito di spazi ed esperienze sensuali, con tutti i sentimenti reali ed immaginari che si associano a spazi di que-sto tipo.

È questo che ispira questa forma esterna particolare e irregolare ?Jonathan Levien: Il fatto è che noi abbiamo più o meno concepito la casa dal dentro verso fuori, e non come un oggetto da godere dal di fuori. Viene da un sogno. L’aspetto esterno della casa è il risultato della nostra visione di come ci piacerebbe vivere e muoverci all’interno di questo spazio.Nipa Doshi: Se arrivate alla

nostra casa lungo un percorso nascosto, non riuscite a vederla nella sua interezza neppure dall’esterno. La vostra esperien-za della casa inizia solo dopo che siete entrati. Immaginiamo la nostra casa come un essere organico sensuale. Non è una casa pronta da usare. Al contra-rio, l’abbiamo progettata come se qualcuno l’avesse costruita proprio come gli serviva. In altre parole: è come se questi diversi spazi preferiti si uniscano e sia-no intrappolati l’uno nell’altro.

Quale dei vostri luoghi o mo-delli di riferimento preferiti saranno rappresentati nella vostra installazione alla fiera di Colonia?Nipa Doshi: Nelle città indiane non si trovano solo vecchi mer-cati con case che sembrano essere cresciute insieme, si può trovare anche un edificio progettato da qualcuno come Le Corbusier. Ma avevamo in mente anche un film di Jacques

Tati, ed anche l’architettura dei cortili delle case marocchine e la città indiana di Pondicherry, che è stata una colonia fran-cese. Ci piace il modo in cui le case sembrano quasi cucite l’una all’altra – sono tutte molto diverse, ma allo stesso tempo anche strettamente collegate tra di loro. E fanno parte di un paesaggio urbano molto vivo. Mi piace anche il fatto che si tratti di design non consape-vole di sé. È come se sia stato creato dalle persone che ci vivono dentro.Jonathan Levien: Il motivo per cui ci piacciono questi luoghi, questi spazi quasi fratturati e ‘intermedi’ è che si sono evo-luti. Si sono sviluppati in modo

incrementale. E questo è esat-tamente lo spirito che volevamo portare all’interno della casa: la sensazione che si sia evoluta secondo le sue necessità. Ci piace molto l’idea del design improvvisato.

Il modello mostra di certo una struttura di spazio molto aper-ta, disposta attorno ad un cor-tile centrale dove sono state piantate alcune piante. La vo-stra visione dell’interno ideale non contempla la privacy?Nipa Doshi: La casa non deve avere necessariamente la fun-zione di creare privacy per le persone che la abitano. Ha la funzione di creare un micro-cosmo nel quale tutti gli spazi sono interconnessi. È un mon-do interno. In questa casa, in qualunque punto ci si trovi, si guarda verso il cortile, dove si trova il tavolo da pranzo e dove convergono tutte le attività nella casa. Ci sono ovunque panche e daybed visivamente collegati

al cortile, ma quasi nessuno di questi guarda fuori verso il mondo– ad eccezione del labo-ratorio, che a sua volta è colle-gato al cortile attraverso la cu-cina, o la camera da letto, dove ci si può distendere sul letto e guardare il cielo attraverso la finestra. Gli spazi individuali in realtà non sono così diversi tra di loro. Jonathan Levien: Ma sono tutti collegati attraverso lo spazio centrale, che è dentro e fuori allo stesso tempo. È questo il luogo dove si ritrova la famiglia, dove si sta con gli amici, c’è anche un’area wellness ed un salotto dove sdraiarsi in tutta tranquillità.

Non ci sono mobili nella vostra casa?Nipa Doshi: Certo, nella casa ci saranno molti mobili progettati da noi, come il daybed Charpoy o il divano My Beautiful Backside, ed anche molti prodotti di altri desi-gner. In aggiunta, ci sarà qualche

pezzo creato appositamente che ci serve per tradurre in realtà le nostre idee. Ad esempio un con-tenitore per tutti i nuovi vestiti e tessuti e che unirà il salotto con la camera da letto. Un luogo dove mettersi in mostra insieme.

La Das Haus è un mix degli spazi sognati e dei luoghi che hanno colpito l’immaginazione dei due progettisti. Con le aree della casa connesse a uno spazio centrale aperto, il progetto è frutto di lunghe discussioni su come Nipa e Doshi desiderano vivere, al di là delle nozioni stereotipate su cosa sia una camera da letto, una cucina o un bagno. Da qui il bisogno di ridefinire gli spazi conosciuti finora, di creare qualcosa capace di sembrare totalmente naturale e nel contempo assolutamente inaspettato.

The Das Haus is a collage of spaces conjured up in dreams and of places that have fired the imagination of the two designers. The project, in which the areas of the house are connected to an open central courtyard, is the brainchild born of long discussions on Nipa and Doshi’s perfect home, reconfiguring stereotyped ideas regarding the function of a bedroom, kitchen or bathroom. Hence the need to redefine spaces as known so far, to create something that seems both completely natural and at the same time absolutely unexpected.

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Interview

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The brief for “Das Haus” is to create an artificial living situation in accord-ance with your own very personal wishes. Can you actually imagine a house in the middle of the trade fair?Nipa Doshi: At the outset of the project we started thinking that our idea of a perfect house doesn’t actually depend on the object itself so much as on its surroundings. We want the house to capture a feeling. It’s located in the context of the fair, so we didn’t want a house that feels as if it’s standing by itself in the countryside. Instead, we imagine it as part of the socio-economic neighbourhood, as part of a community. We’re not thinking of a place with houses and beautiful gardens, but of a place with shops and workshops, a house full of life. The house isn’t in a residential area, it’s located in an urban context.

Do you have a certain place in mind?Nipa Doshi: We imagine it in the urban context of Tokyo, Shanghai or an Indian city. You could say our house is a culmination of memories and experiences of spaces, both imagined and real, from different parts of the world.Jonathan Levien: It’s a combination of all the spaces that we've dreamt of and those that have made some kind of special impact on us in the past, whether it's an influ-ence from a well-known architect or just a place we’ve lived in and loved.

Anglo-Indian designer couple Nipa Doshi and Jonathan Levien created a large-scale interior design installation at the imm cologne 2012 fair. They talked to us about their vision of individual forms of living, merging spaces and organically evolved houses. Their design is a collection of interweaving functional spaces, rather like a collage of real architecture, different cultures and original imaginings. An interior perspective.

La casa ideale progettata da Nipa Doshi e Jonathan Levien, è un concentrato di memorie e di esperienze, sia immaginarie che reali; rappresenta un sogno concreto che si sviluppa in modo organico all’interno di un tessuto urbano densamente popolato.

The perfect home designed by Nipa Doshi and Jonathan Levien is a concentrated vision of real and imagined memories and experiences; it represents a dream come true intimately inserted in a densely-populated urban fabric.

We thank Koelnmesse

Photos: Karsten Jipp

Constantin Meyer

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Interview

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So “Das Haus” embodies both aspects: your visions and your memories?Nipa Doshi: Yes. But I picture the house in very realistic terms too. Although, it is a collage that embodies the spirit of sensual spaces and experiences, with all the real and imagined feelings you associate with those kinds of spaces.

Is that where this unusual, irregular outer shape comes from?Jonathan Levien: The fact is, we’ve more or less conceived the house from the inside out and not as an object to be en-joyed from some exterior point of view. It comes from a dream. The external appearance of the house is the result of our vision of how we'd like to live and move around inside this space.Nipa Doshi: If you arrive at your house through a hidden lane, you can’t see the whole of it from the outside either. Your experi-ence of the house doesn’t actu-ally start until you enter it. We imagine our house as a sensual organic being. It’s not a house ready to use. Instead we’ve

designed it as if somebody had built it just the way he needed it. Or to put it another way: it’s as if these different favourite spaces are coming together and being enmeshed with one another.

Which of your favourite places or role models will be featuring in your installation for Cologne?Nipa Doshi: In Indian cities you don’t just find old markets with houses that look as if they’ve grown together, you might find a building by somebody like Le Corbusier too. But we also had a film by Jacques Tati in mind, as well as Moroccan courtyard architecture and the Indian city of Pondicherry, which used to be a French colony. We like the way the houses are kind of sewn to-gether – they’re all very different, but very closely connected with one another all the same. And they are part of a very alive urban landscape. I also like the fact that it’s not self-conscious design. It's almost as if it’s been authored by the people who live in it.Jonathan Levien: The reason we like these places, these kind of fractured, ‘in-between’ spaces,

is that they’ve evolved. They’ve developed incrementally. And that’s exactly the spirit we want-ed to bring into the house: the feeling that it’s evolved in accord-ance with the necessities. We really like the idea of improvised design.

The model certainly shows a very open spatial structure, arranged around a partially planted courtyard in the mid-dle. Isn’t there any privacy in your vision of an ideal interior?Nipa Doshi: A house isn’t nec-essarily about creating privacy for the people who live in it. It’s about creating a microcosm in which all the spaces are inter-connected. It’s an inner world. In this house, you really do face inside from wherever you hap-pen to be, towards the courtyard where the dining table is and all the activities of the house converge. There are benches and daybeds with visual links to the courtyard all over the place, but hardly any views out into the world – with the exception of the workshop, which in turn is con-nected with the courtyard via the kitchen, or the bedroom, where you can lie in bed and look at the sky through the window. The individual spaces aren’t actually all that different from one another. Jonathan Levien: But they’re all connected by the central space, which is inside and outside at the same time. This is where the family meets, this is where you get together with friends, there’s a wellness area and a salon next to it for lounging around in.

Isn’t there any furniture in your house?Nipa Doshi: Of course – there will be lots of our furniture designs in the house, like the Charpoy daybed or the My Beautiful Backside sofa, as well as several products designed by other people. On top of that, there will be a few specially de-signed pieces that we need in order to translate our ideas into reality. For example a cabinet for all your new clothes and textiles that will link the salon with the bedroom. A place for showing-off together.

Doshi Levien is a London based design office, established in 2000 by Nipa Doshi and Jonathan Levien. Doshi Levien's work celebrates the hybrid and explores the coming together of cultures, technology, story telling, industrial design and fine craftsmanship. Nipa's refined and astute visual direction is combined with Jonathan's precision and tenacity as an industrial designer. Doshi Levien work across disciplines and industries, they make their own rules that are based on extracting as much richness as possible out of an idea. Doshi Levien work for a broad range of clients including Intel, Swarovski, Nokia, Authentics, Moroso, Cappellini, Camper and BD Barcelona. Doshi Levien has been the focus of on-going and intense interest in the media, generating significant editorial value for their clients.

Doshi Levien è uno studio di design con sede a Londra fondato nel 2000 da Nipa Doshi e Jonathan Levien. Il lavoro di Doshi Levien celebra l’ibrido ed esplora l’incontro di culture, tecnologie, storie, industrial design e raffinata artigianalità. Il ricercato e sagace orientamento visivo di Nipa si unisce alla precisione e tenacità di Jonathan, che è industrial designer. L’attività di Doshi Levien spazia tra le discipline e i settori, creando le proprie regole basate sull’estrarre quanta più ricchezza possibile da un’idea. Doshi Levien lavora per una vasta gamma di clienti, tra cui Intel, Swarovski, Nokia, Authentics, Moroso, Cappellini, Camper e BD Barcelona. L’interesse dei media nei confronti di Doshi Levien ha a sua volta attirato attenzione verso i clienti dello studio.

www.doshilevien.com

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Interview

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Il fabbricante di parole.The wordwright

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by Emilia Prevostiphoto Beppe Raso

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Cos’è uno scrittore se non un paroliere che traduce in lettere emozioni e sentimenti? Emozioni reali o sognate ma che lette suscitano lacrime, sospiri o risa. Emozioni a volte forti altre sottili, quasi impercettibili che sfociano da un percorso

difficile da razionalizzare e raccontare; il percorso della creatività. Lunga la strada per raggiungere il primato di guadagnarsi da vivere scrivendo, liberi e autonomi di raccontare storie, ma per chi lo raggiunge, la ricom-pensa non ha eguali. Certo problemi e tensioni ci sono sempre. Il pani-co da foglio bianco ne è l’esempio più noto! Diventa così fondamentale

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lavorare in ambienti stimolati ma mai invasivi, carichi di fascino, come questa casa studio che sembra sospesa tra il blu del cielo e quello del lago. Un ufficio bianco, luminosissimo dal sapore antico ma dall’arredo moderno e sobrio. Grandi ambienti che ospitano pochis-simi oggetti indispensabili perché carichi di ricordi e fonte di ispirazione. La bellezza del paesaggio che caratterizza il lago di Como penetra al loro interno e diventa protagonista indiscussa. Serve altro a uno scrittore a parte sé stesso? Solo una vecchia macchina da scrivere appoggiata sui bianchi ripiani, per ricordargli da dove arriva, per rammentargli quanti prima di lui hanno battuto su quei tasti oggi integrati al monitor di un computer. Sistema più comodo certo, ma che nostalgia di quell’immagine romantica!

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What is a writer if not someone who wields words to express emotions and sentiments? Real or dreamed emotions that when read arouse tears, si-ghs or laughter. Sometimes they are strong emotions, sometimes subtle, almost imperceptible, roused by an operation difficult to rationalise and

narrate; the operation of creativeness. The road that leads to the aim of making a living by writing, free and independent to tell stories, is a long one, but those who achieve their objective are rewarded many times over. For sure there are problems and stress.

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Blank sheet panic is the best-known exam-ple! It is therefore essential to work in stimu-lating but non-invasive environments that are fascinating, like this house study that seems to be suspended between the blue of the sky and that of the lake. A white, light-filled office, with an antique air but modern so-ber furniture. Large areas accommodating very few essential objects because they are filled with memories and sources of inspi-

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ration. The beauty of the landscape typical of Lake Como penetrates them and becomes the undisputed protagonist. Do writers need anything else, apart from themselves? Just an old typewriter standing on the white shelves, to remind them where they come from, to commemorate those who before them struck the keys, now connected to a computer mo-nitor. A more convenient system, certainly, but what nostalgia that romantic image arouses!

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How it’s made

REHUBLe idee prendono spazioWhere ideas take placeby Marco SvaraTraduzione/TraslationStefania Quaini

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Partiamo in maniera atipica e folle-mente schizofrenica, onorando il contesto che ha ospitato il wor-kshop “REHUB - Le idee prendono

spazio”, Trieste, città conosciuta a livello internazionale come la patria della riforma psichiatrica-manicomiale promossa da Franco Basaglia a partire dalla metà degli anni ’70 in poi. Partiamo dando i numeri.Per partecipare al workshop internazionale di co-progettazione per la realizzazione di uno spazio di lavoro per innovatori ed imprenditori sociali, creativi e professioni-sti, cioè la futura sede di The Hub Trieste, si sono candidati in oltre 150 studenti o neolaureati provenienti da tutta Italia iscritti alle facoltà o ai corsi di specializzazione in architettura, interior design, product design e comunicazione. Tra questi, i sette soci fondatori, Marco Barbariol, Albi Enesi, Luca Escoffier, Stefania Quaini, Riccardo Saba-tini, Claudio Sartor ed il sottoscritto, Marco Svara, insieme all’arch. Claudio Farina (co-responsabile scientifico del workshop insie-me al già citato Barbariol), ne hanno sele-zionati 42, suddividendoli in 6 gruppi etero-genei (per competenze, capacità e prove-nienza) coadiuvati da 8 tutor, professionisti affermati nel settore del design degli interni: Federico Venier (archikò studio), Giulio Pala-dini (Metroarea Architetti Associati), Lorenzo Colombo (p.én.lab), Giovanni Tomaso Mu-zio (Studio Architettura Muzio), Elena Carlini (Syracuse University in Florence), Michele Aquila e Rachele Storia (Michele Aquila Studio) e Mark Zudini (Schenkel + Zudini). Durante i 5 giorni di workshop (dal 6 al 10 marzo 2012), che si configuravano come un piccolo concorso interno tra i gruppi (in quanto il progetto vincitore sarebbe stato preso in considerazione ed implementato, parzialmente o completamente, all’interno del progetto definitivo di ristrutturazione dello spazio), i partecipanti hanno dovuto

co-progettare la sede del futuro The Hub Trieste, uno spazio di oltre 460mq intervalla-to da 4 grandi archi in pietra e soffitti a volte in mattoni rossi, impreziosito da 3 soppalchi di diverse dimensioni, localizzato in pieno centro cittadino, con due ingressi indipen-denti, a 2 minuti dalle Rive e da Piazza Uni-tà d’Italia. Se non siete ancora storditi da tutte queste informazioni continuo.Le giornate di lavoro sono state iniziate e concluse con due eventi pubblici e com-pletamente gratuiti, aperti non solo agli esperti del settore ma all’intera cittadinanza: il kick-off di martedì 6 marzo, al quale han-no partecipato Carmelo Di Bartolo (Design Innovation Milano), Martì Guixé (designer catalano in questo momento impegnato in diversi lavori di food design), Stefano Mirti (Interaction Design Lab di Milano) e Franco Raggi (architetto, ex redattore della rivista Casabella e direttore di MODO), che grazie alla sapiente regia di Susanna Legrenzi (moderatrice dell’evento nonché curatrice indipendente e giornalista internazionale), incentrato sulle questioni legate all’evolu-zione dello spazio di lavoro contemporaneo e la mostra finale degli elaborati realizzati durante il workshop di sabato 10 marzo. A queste due giornate, secondo stime non uf-ficiali, hanno partecipato oltre 350 persone. Ma l’oggettiva dimostrazione della speri-mentalità e della dimensione del workshop non può dirsi conclusa snocciolando sem-plicemente questo elenco, seppur impres-sionante, di numeri. Continuiamo.Due i momenti Hub Focused, con gli inter-venti di Nicolò Borghi (co-fondatore di The Hub Milano) e di Andrea Paoletti (architetto e designer che ha partecipato alla co-co-struzione e alla co-progettazione di diversi Hub sparsi in giro per il mondo), che hanno avuto l’obiettivo di raccontare i concetti alla base della filosofia di The Hub e le attività che potenzialmente potrebbero esser svolte

all’interno dello spazio. Due i media partner, Abitare e Juliet Art Magazine, che hanno deciso di dedicare spazio non solo all’ini-ziativa del workshop ma all’intero processo di costruzione di The Hub Trieste, oltre al grande riscontro ottenuto dai media locali (quotidiani, notiziari tv, programmi radiofo-nici, conferenze e simposi, blog). Quattro i food & drink partners che hanno deciso di collaborare all’evento di chiusura: illycaffé, TasteSound, Bazzara e Dieta Doc. Ma so-prattutto, visto il loro ruolo propositivo ed innovativo, una menzione speciale va ai quattro main partner, Sinetica, Gervasoni, Moroso e Idea Prototipi, che hanno deciso di collaborare attivamente in una maniera forse insolita ma sicuramente iperstimolante non solo per gli studenti, ma per tutti i par-tecipanti al workshop. Durante il workshop sono stati strutturati 3 momenti informale di confronto nel tardo pomeriggio tra i rap-presentanti di queste grandi aziende legate al mondo del design e dell’arredamento d’interni e gli studenti. Se Roberta Spa-dotto (communication & image manager di Sinetica), oltre ad aver comunicato pirotec-nicamente la storia e la filosofia aziendale di Sinetica e le peculiarità necessarie per progettare un prodotto di arredo ufficio correttamente industrializzabile e com-mercializzabile, si è addirittura sbilanciata, sorprendendo positivamente tutti i presenti, proponendo agli studenti un brief per la realizzazione di un tavolo di lavoro/scrivania da ufficio da risolvere attraverso le soluzioni sperimentate all’interno dei singoli gruppi di lavoro (soluzioni che sono tuttora in fase di valutazione dalla stessa azienda per un’ipo-tetica produzione delle proposte), Giovanni Gervasoni (consigliere delegato della Ger-vasoni S.p.A.) ha raccontato di come an-

Per approfondimenti e informazioni:Per approfondimenti e informazioni:[email protected]

WHITE CIRCUS 33

How it’s made

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che i rapporti nati in maniera informale tra grandi aziende e designer (è questo il caso del rapporto pluridecennale tra l’azienda e la designer Paola Navone) possano continuare per anni sfornando ciclicamente prodotti di successo, sintetizzando efficacemente ricerca, tecnologia, innovazione ed elementi naturali. Anche l’intervento di Emiliano Calderini (giovane architetto e designer di Moroso) è stato particolarmente apprezzato dai presenti, i quali hanno compreso come viene strutturata una campagna di comunicazione plurilivello e multi-canale per la promozione e la pubblicizzazione di una serie di elementi di arredo realizzati dall’azien-da stessa: grazie ad alcuni esempi di allestimenti temporanei ed istantanei, di vetrine di showroom, di biglietti natalizi, di wallpaper e di banner le pa-role di Calderini hanno trovato materializzazione negli sguardi affascinati degli studenti.

Ma oltre a tutto questo si è trovato anche il tempo per far fare agli studenti una gita “fuoriporta”, al cantiere in fase di ultimazione del primo palazzo di sei piani fuori terra interamente costruito in legno, il Panorama Giustinelli, realizzato da Epoca s.r.l..Stooooop! Prima di concludere questo articolo ci sono ancora due cose che devo comunicarvi. La prima, molto semplice: ma cosa sarà The Hub Trieste? E la seconda, quali soluzioni hanno pro-posto i sei gruppi di lavoro e soprattutto, chi ha vinto? Andiamo con ordine. The Hub Trieste è un progetto che a breve aprirà le porte alla città, fornendo uno spazio d'incontro e di lavoro capace di trasformare in imprese le idee più ambiziose utilizzando la lingua dell'in-novazione e dell'impresa sociale. Il progetto collegherà Trieste alla rete mondiale The Hub, net-work di persone e di spazi fisici dove giovani con progetti innovativi ed imprenditori contemporanei possono trovare uno spazio di lavoro condiviso, costruire piattaforme di relazioni e connessioni con il resto della rete, con professionisti ed investi-tori, cercare ispirazione, organizzare eventi, corsi e workshop, con l’obiettivo di migliorare il contesto in cui si vive e rendere reali anche i progetti più ambiziosi. Nice.Per rispondere alla seconda domanda e per scoprire dettagliatamente quali soluzioni si sono inventati i Fabolous42! per rispondere al brief pro-posto da Sinetica (precedentemente accennato) dovrete avere la pazienza di attendere il prossimo numero di White Circus. Suspense. Come sem-pre, questione di spazio. Stay tuned!

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5-day experimental workshop,

4 leading companies,

8 universities and training

institutions, 152

applications for participation,

42 students selected, 5

guru speaker, 8 international

tutors, 6 team work, 2 media

partners, 2 public events, 4

food & drink partner, 18 juror

stakeholders, over 300

participants in events,

1 winner

5 giorni di workshop sperimentale, 4 aziende leader,

8 istituti di formazione e università, 152 domande

di partecipazione, 42 studenti selezionati, 5 guru

speaker, 8 tutor internazionali, 6 gruppi di lavoro, 2

media partner, 2 eventi aperti al pubblico, 4 food &

drink partner, 18 stakeholders in giuria, oltre 300

partecipanti agli eventi, 1 gruppo vincitore.

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WHITE CIRCUS 35

Let’s start in an unusual and madly schizophrenic way. This would be our way to honor the city where the workshop “Rehub. Where ideas take

place”, the city internationally known as the home of the psychiatric-mental hospital reform promoted by Franco Basaglia since the mid-70s. Just let me explain what The Hub is before I’ll start going mad. The HUB is a global network of physical spaces where young people with new ideas can find a working space, connections with investors and professionals, events and workshops with the goal of making real, even the most ambitious project using the language of innovation and social enter-prise. The Hub Trieste is a new point of this network where young entrepreneurs with

innovative and contemporary ideas can find and share workspace, build relations and connection with the rest of the local and international network, with professionals and investors, for inspiration, to organize events, courses and workshops, all with the aim to improve the environment in which we live and make real even more creative projects. Let’s now go back to REHUB, the interna-tional workshop that took place from March 6th to 10th in Trieste. Its objective was the development of a workspace for social entrepreneurs and innovators, creative and professionals: in short, the future headquar-ters of The Hub Trieste, an area of over 460 mq located in the city center. More than 150 candidates submitted to participate to the 5 days of intensive co-designing, students or recent graduates from all over Italy from university courses in architecture, interior design, product design and communication. The 7 co-founders Marco Barbariol, Albi En-esi, Luca Escoffier, Stefania Quaini, Riccardo Sabatini, Claudio Sartor and myself, Marco Svara, together with Caudio Farina (scientific director together with Barbariol) have se-lected the 42 participants, nicknamed ‘The Fabulous 42’. During the 72 hours of work-shop the participants were split in 6 hetero-geneous groups and assisted by 8 tutors, 8 interior design established professionals: Federico Venier (archikò studio), Giulio Pala-dini (Metroarea Architetti Associati), Lorenzo

Colombo (p.én.lab), Giovanni Tomaso Muzio (Studio Architettura Muzio), Elena Carlini (Syracuse University in Florence), Michele Aquila e Rachele Storia (Michele Aquila Studio) e Mark Zudini (Schenkel + Zudini). Each group developed a project and a jury chose among them the one to be the of-ficial draft for the renovation of the space. But let’s go back to the workshop. Rehub started and ended with two important public events, open not only to experts but to all the community and citizens, resulting with about 350 people attending. During the Kick-off on march 6th, thanks to the wise Susanna Legrenzi's directing, four amaz-ing speakers : Carmelo di Bartolo (Design Innovation Milano), Martì Guixé (catalonian designer currently involved in food design), Stefano Mirti (Interaction Design Lab in Mi-lan) and Franco Raggi (architect, ex copy editor of Casabella and director of MODO), confronted topics regarding the nature and dynamics of the evolution of the working space therefore revealing their point of view by describing their own work environment. On march 10th, there was the final exhibi-tion in the form of a public event. During the workshop two Hub Focused moments took place, with Nicolò Borghi (co-founder of The Hub Milano) and Andrea Paoletti (ar-chitect and designer, participator to several co-building and co-designing of Hub's Hub around the world) as speakers regarding the concept and essential philosophy The Hub is based on and also regarding all the activi-ties which could take place inside the space of The Hub Trieste. Also there were 3 less focused and more informal and confronta-tional events between the students and one big design company per each event, com-panies working in the furniture and interior industry. These companies such as Sinetica,

Moroso and Gervasoni were also our main partners for the workshop. For Sinetica there was Roberta Spadotto (communica-tion & image manager di Sinetica), after the involving story and philosophy of the company she also shared the necessary pe-culiarities for an office furniture design to be-come fully industrialized and marketable. All the students were positively surprised when Roberta offered the opportunity for them to have a brief for a possible realization of their work station design. The work station was one of the topics each group fad to develop and their design is currently being prepared for an evaluation by Sinetica. Sinetica is a company known for her consideration and attention towards the work of young designers and artists. Giovanni Gervasoni (managing director of Gervasoni S.p.A.) discussed about the way in which relation-ships ,originally born in an informal manner ,between a company and a designer (talking about the pluri decennial relationship with Paola Navone the designer) can endure for years and constantly produce quality products, synthesizing efficiently research, technology, innovation and natural elements. Emiliano Calderini (young architect and de-signer at Moroso) illustrated to the students how to develop a multilevel/multichannel communication campaign of promotion and advertise for a series of furniture ele-ments. After this brief yet necessary general overview of the happenings during 4.200 minutes of shear creativity we give space to the projects and their narrations produced by each group. But wait, I almost forgot a fundamental part of the entire initiative con-sidering it was after all a competition. The name of the winner group starts with an “f” and ends with an “s”. I love to complicate mine/your lives. Stay tuned!

How it’s madeHow it’s made

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AbstractCome immaginare un Hub? L’abbiamo interpretato come una piazza, luogo principale della vita della città dove accadono e vengono stimolati dei comportamenti, alcuni previsti, altri assolutamente imprevisti e sorprendenti. Come immaginare una piazza? incontri, scontri, appuntamenti, fughe, eventi, rumore, silenzio, insomma quello che è la vita, fatta di brevi o lunghe interazioni, pause di riflessione e valvole di sfogo. Una piazza in cui si monta e smonta un mercato, in maniera veloce ed efficace.La piazza diviene icona della città, come Hub diviene icona per Trieste: una piattaforma dove virtualmente e fisicamente si muove la vita che incessantemente riempie e svuota, fa respirare in maniera imprevedibile, assecondando necessità dichiarate e auspicate.”

AbstractHow to imagine a Hub? We have interpreted it as a square, the main site of the city life where behaviors happen and are being stimulated behaviors, some expected, others totally unexpected and surprising. How to imagine a square? Meetings, encounters, events, getaways, events, noise, silence, in short, what is life, made of short or long sequences, pauses for reflection and relief. A place where you can unfold and fold a market in a fast and effective way. The square becomes the icon of the city, as it becomes Hub becomes an icon for Trieste: a platform where life virtually and physically moves and continually fills and empties, to breathe in an unpredictable way, satisfying requirements declared and expected.

AbstractfHUBulous è un teatro concepito come un un percorso di trasformazione. Colui che vive l’esperienza diventa protagonista, qualunque sia la propria indole: attore, spettatore o regista. Questa è per noi l’esperienza TheHub, dove la condivisione viene messa in scena attraverso un progetto di crescita collettiva. Le suggestioni che lo spazio offre non possono che alimentare il desiderio di partecipare, attraverso ambienti scenici diffusi, viste surreali, luci fluttuanti, palchi sfalsati. The Hub Trieste come un grande teatro composto da uno spazio centrale flessibile e riconfigurabile, ambienti intimi e immersivi (Stanza del Cielo, Stanza dell’Urlo, del Sonno, la Foresta, ecc.), un sistema di sfere luminose che calano dall’alto e una serie di p alchi sfalsati che ospitano ambienti per la cura del tempo libero e delle relazioni, dai quali si può abbracciare tutto lo spazio con una calda vista sulla navata centrale.

AbstractfHUBulous is a theater conceived as a path of transformation. He who lives the experience becomes the star, whatever his character be an actor, director or spectator. This is our The Hub experience where sharing is enacted through a project of collective growth. The suggestion that the space offers can only feed the desire to participate, through popular scenic environments, surreal views, floating lights, staggered stages.The Hub Trieste as a large theater consists of a central flexible and reconfigurable space, intimate and immersive environments (the Sky Room, the Sleep room, the Forest room, etc..), A system of bright balls that fall from above and a staggered series of stages that host environments for leisure time and relationships, from which you can embrace all the space with a warm view of the nave.

Abstract7D pensa che Hub non sia solo una scrivania ma un modo d’essere, di interagire e di condividere7D pensa che Hub debba stimolare metodi di interazione alternativa7D pensa che le idee nascano dal confronto e dall’esperienza7D pensa quindi a uno spazio che crei massa critica, sinestesia, congestione attraverso l’effetto Venturi.Congestione —> pressionePressione —> velocitàVelocità —> entropiaIn Hub non sei un numeroIn Hub le riunioni si possono fare appesi, scrivere e disegnare sul muroIn Hub l’interazione e lo scambio sono a portata di mano.

Abstract77D thinks that the Hub is not just a desk, but a way of being, to interact and share7D thinks that the Hub should encourage alternative methods of interaction7D thinks that ideas are made from experience and comparison7D thinks of a space that creates critical mass, synesthesia, congestion through the Venturi effect.Congestion —> PressurePressure —> SpeedSpeed —> entropyIn the Hub you are not a numberIn the Hub meetings may happen being hanging, drawing and writing on the wall, In the Hub interaction and exchange are at hand.

How it’s madeGroup: 7D Tutor: Giulio Paladini (metroarea architetti associati) Students: C aterina Falleni, Michela Laurita, Grazia

Mappa, Marco Boncompagno, Giovanni Busetti, Corinne Luppi, Federica Paglia

Group: fHUBolousTutor: Michele Aquila + Rachele Storai (michele

aquila studio) Students: Mattia Antonetti, Andrea Kmet, Jacopo

Benedetti, Vrinda Da Sacco, Giulia Florista, Valentina Cainero, Alice Liani

Group: 7_1Tutor: Federico Venier (archikò studio)Students: Sasha Ciabatti, Claudia Cantarin, Elisa

Crippa, Lodovica Guarnieri, Sanel Casula, Lucrezia Urtis, Enrico Bernardis

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Ah si, il gruppo vincitore, decretato da una giuria composta, sempre per continuare a dare i numeri, oltreché dai sette soci fondatori, dai due responsabili scientifici del progetto, dagli investitori e da alcuni rappresentanti della community di The Hub Trieste, dall’Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Trieste Elena Marchigiani e da altri stakeholder per un totale di 18 soggetti, è fHUBolous, mentre le menzioni per il miglior complemento d’arredo e per la migliore organizzazione degli spazi sono andate rispettivamente ad Hide and Sit e HUBtraction.See you soon!

Ah si, il gruppo vincitore, decretato da una giuria composta, sempre per continuare a dare i numeri, oltreché dai sette soci fondatori, dai due responsabili scientifici del progetto, dagli investitori e da alcuni rappresentanti della community di The Hub Trieste, dall’Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Trieste Elena Marchigiani e da altri stakeholder per un totale di 18 soggetti, è fHUBolous, mentre le menzioni per il miglior complemento d’arredo e per la migliore organizzazione degli spazi sono andate rispettivamente ad Hide and Sit e HUBtraction.See you soon!

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AbstractIl progetto del gruppo Hide and Seat è stato basato sull’idea di piazza, un luogo di scambio di idee ed esperienze, uno spazio flessibile che possa adattarsi ad ogni tipo di evento. Tutto lo studio di interior è partito con l’obbiettivo di creare prodotti d’arredo low-cost, con materiali di recupero. Il concept iniziale è stato tradotto in un progetto dove gli arredi sono pensati facilmente spostabili, ne è un esempio il tavolo Hide and Seat, una piccola cellula per tre persone, pensata per connettersi e creare nuovi gruppi di lavoro al motto connect the spaces, connect the ideas.

AbstractThe project Hide and Seat was based on the idea of a square, a place to exchange ideas and experiences, a flexible space that can adapt to any type of event. All the study of the interior started with the goal of creating low-cost furniture products with recycled materials. The initial concept was translated into a project where the furniture is designed as easily movable, an example of this is the table Hide and Seat, a small cell for three people, designed to connect and create new working groups to follow the principle, “connect the spaces, connect the ideas.”

AbstractVoi ci avete suggerito Hub come il posto da cui cambiare il mondo.Noi vogliamo che sia il posto per sollevare il mondo.Hub è il fulcro e noi, con le nostre idee siamo la leva.Hub è il nodo di connessione fisica e mentale.Hub è l’ impronta intesa come racconto del passato e raccoglitore delle tracce del nostro passaggio. Hub è la soglia dove interno ed esterno si fondono e si contami-nano a vicenda.Hub è fatto di gesti quotidiani, a cui ci affezioniamo.Abbiamo pensato lo spazio Hub come una scatola flessi-bile e versatile, composta di spazi con funzioni diverse che si modificano al variare della loro funzione.Abbiamo previsto uno spazio centrale di co-working all’interno del quale non vi siano gerarchie. Il concetto alla base del nostro spazio è quello del focolare attorno al quale connettere fisicamente e figuratamente gli Hub-ber. La nostra proposta è di creare degli smart connector attraverso i quali si possa sia illuminare lo spazio di la-voro sia connettere elettronicamente il proprio computer, favorendo in tal modo incontri e scontri.Abbiamo tentato di progettare la connettività che è alla base di Hub. Hub siamo noi, le nostre idee, il fulcro che ci permette di sollevare il mondo.

AbstractYou’ve suggested the Hub as the place from which to change the world.We want it to be the place to raise the world.Hub is the hub and we, with our ideas are the lever.Hub is the physical and mental connection node.Hub is the footprint as a story of past and collector of traces of our passage.Hub is the threshold where internal and external merge and mingle together.Hub is made of everyday gestures to which we become attached. We thought of a space for the Hub as a flexible and versatile box, consisting of spaces with different functions, which change as a function of their function.We have provided a central space for co-working within which there are no hierarchies. The basic concept of our space is that of the hearth around which connect physically and figuratively the hubbers. Our proposal is to create smart connectors through which you can both illuminate the work space which electronically connect their computers, thereby facilitating meetings and clash-es. We tried to design the connectivity that underlies the Hub. The Hub is us, our ideas, the focus that allows us to move the world.

AbstractPercorrere flussi di idee e nuove connessioni, non dimenticando l’identità locale.Aprirsi a nuovi modi di collaborazione con personalità differenti,relazionarsi con il mondo esterno, fondendosi in un’unica identità. Route to The Hub, uno spazio ricco in continuo mutamento, suggestionante, stimolante. Osservare ed essere osservati, scoprire ed essere scoperti, costruire insieme nuovi spazi di collaborazione per essere sempre connessi.

AbstractTake flows of ideas and new connections, not forgetting the local identity.Open up to new ways of working with different personalities, relations with the outside world, merging into a single identity. Route to The Hub, an area rich in flux, full of suggestions, stimulating. Observing and being observed, discover and be discovered, together build new areas of cooperation to be always connected.

How it’s madeGroup: HUBtractionTutor: Lorenzo Colombo (p.én.lab)Students: Andrea Santarossa, Filippo Gecele, Laura

Scapin, Matteo Bruschi, Giulia Romiti, Elena Rotondi, Gabriele Pascutti

Group: Route to the HUBTutor: Giovanni Tomaso Muzio (studio architettura

muzio) Students: Sara Lucietto, Veronica Coslovich,

Eugenio Sbicego, Francesca Piovesan, Barbara Palmitesta, Benedetta Morucci, Stefano Pinato

Group: Hide and SitTutor: Elena Carlini (syracuse university in florence) +

Mark Zudini (schenkel + zudini) Students: Max Stefanutti, Chiara Pilia, Stefania Cellini,

Sara Rinicella, Andrea Cester, Sara Chiopris, Valentina Capodieci

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Continua l’impegno di Sinetica nel sostenere l’arte e la cultura. Un impe-gno fermo e deciso nella consapevolezza di quanto sia importante ali-mentare, nei limiti del possibile, l’espressione umana.Iniziato nel 2010 per promuovere la fotografia contemporanea internazio-nale, Sinetica/Landscape, la collana edita da Skira incentrata sul tema del viaggio e diretta da Sabrina Zannier, è il risultato dell’impegno di Sinetica Industries a favore di una rinnovata relazione tra arte ed impresa.

How it’s made

Malick Sidibé. Il ritratto del MaliMalick Sidibé. A portrait of Mali

Photo: Beppe Raso

Fabio Zoratti

Cronaca di una serata indimenticabile:la presentazione del libro e l’evento a Venezia

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How it’s made

Una serata indimenticabile attendeva i partecipanti alla presen-tazione di Malick Sidibé. Il ritratto del Mali, secondo volume della collana Sinetica/Landscape edita da Skira. Presente all’evento, il grande fotografo africano - premiato nel 2007 dalla Biennale veneziana con il Leone d’oro alla carriera – ha regalato al pubblico momenti intensi e commoventi attraverso aneddoti, racconti e testimonianze del suo lavoro e di come si svolge la vita a Bama-ko, città dove lavora, e a Soloba, il villaggio a circa 300 chilometri da Bamako dove Sidibé è nato. A coordinare l’incontro Sabrina Zannier e le co-autrici del libro Laura Incardona e Laura Serani. A rendere esclusiva la serata lo shooting realizzato unicamente per gli ospiti da Sidibé utilizzando le modalità di postura, sfondo e illuminazione che contraddistingue il suo lavoro. Il tutto si è svolto nello studio di Bamako del fotografo ricostruito per l’occasione in una delle sale della nuova sede della Fondazione Claudio Buziol, l’Abbazia di San Gregorio a Venezia.

Un luogo splendido, una cornice memorabile per un evento unico. L’evento si è sviluppato in tre momenti corredati dalla scenografia ideata e realizzata dalla visual designer Belinda De Vito riprenden-do le textures grafiche dei tipici tessuti degli abiti maliani e degli sfondi che caratterizzano le fotografie di Sidibé. Nel corso della serata la stessa De Vito ha realizzato per tutti gli ospiti dei cadeau personalizzati, anch’essi composti da tessuti maliani, materiali

disparati rivisti attraverso il tocco creativo della visual desi-gner. In un’atmosfera fatta di immagini, suoni e sapori del paese d’origine di Sidibé, dove continua a risiedere e ope-rare, tra le note della colonna sonora ideata da Francesco Morosini in una personale interpretazione e attualizzazione della tradizione musicale maliana, i partecipanti hanno vis-suto momenti magici difficilmente dimenticabili. La serata è proseguita con un ricco buffet che ha amplificato l’at-mosfera maliana sollecitando i sensi del gusto, dell’olfatto e della vista attraverso inedite interpretazioni delle spezie portate in tavola dalla maestria di Coquina Floreani che hanno fatto da trait d’union tra la cultura maliana e la tra-dizione veneziana.

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Account of an unforgettable evening: book presentation and event in VeniceSinetica’s commitment to sponsoring art and culture continues. It is a sound, decisive commitment fuelled by awareness of the importance of encouraging human expression, each according to their possibilities. Founded in 2010 to promote international con-temporary photography, Sinetica/Landscape, a series of books published by Skira on the theme of journeys, edited by Sabrina Zannier, is the result of Sinetica Industries’ pledge to aid renewed relationships between art and business. An unforgettable evening awaited the audience attending the presentation of Malick Sidibé. Il ritratto del Mali, the second volume in the Sinetica/Landscape series published by Skira. In the presence of the important Af-rican photographer – awarded the Leone d’Oro for his career by the 2007 Venice Biennial – the audience was deeply moved by the anecdotes, stories and accounts of his work and life at Bamako, the city where Sidibé works, and Soloba, the village about 300 kilometres from Bamako where he was born. Sabrina Zannier co-ordinated the event, together with the co-writers of the book Laura Incardona and Laura Serani.

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How it’s made

What made the evening special was the shoot-ing session reserved exclusively for his guests by Sidibé, using the poses, backgrounds and illumi-nation methods that distinguish all his work. The event took place in the photographer’s Bamako studio, rebuilt for the occasion in one of the rooms in the new headquarters of the Fondazione Clau-dio Buziol, St. Gregory’s Abbey in Venice. A splendid venue and a memorable backdrop for a unique occasion. The evening developed over three ‘acts’ with the sets designed and built by visual designer Belinda De Vito who used the graphic textures typical of the fabrics employed in making the traditional Mali clothes featured in photographs by Sidibé. During the evening Be-linda made personalised gifts for all the guests, using the same Mali fabrics and different materials revisited through the creative touch of this visual designer. In an atmosphere of images, sounds and flavours from Sidibé’s native land, where he continues to live and work, accompanied by the notes of the theme music created by Francesco Morosini in a personal interpretation and modern rendering of traditional Mali music, the participants experienced magic moments they will never for-get. The evening continued with a well-stocked buffet that extended the Mali atmosphere, exciting the senses of taste, smell and sight with unusual interpretations of spices, magnificently prepared by Coquina Floreani, which made a trait d’union between the culture of Mali and Venetian tradition.

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Per il quarto anno torna al Su-perstudio Più di via Tortona 27 il Temporary Museum for New Design, che da questa edizione si allarga con Extension anche al Superstudio 13 di via Forcella 13. Manifestazione ideata per ospitare in modo originale i pro-getti di grandi brand ma anche di sicure promesse, il Tempo-rary Museum for New Design segue il concept di successo “meno fiera e più museo”. White Circus anche quest’anno sarà distribuito all’interno di quest’a-rea moderna, polifunzionale e trasversale. Il progetto di Gisella Borioli, con la direzione artistica di Giulio Cappellini, prevede una successione di più di 40 mostre, con presentazioni spesso firma-te dalle star del design come Italo Rota (per Samsung), Giulio Cappellini (per Alcantara), Carlo

Colombo (per Cristalplant), i fra-telli Fernando e Humberto Cam-pana (per Cosentino), Oki Sato (per Nendo). Quest’anno l’even-to propone una linea conduttrice inedita: “Telling a story”, il design raccontato da parole, aforismi, lettering lungo il percorso comu-ne del Temporary Museum con il pensiero di grandi architetti e intellettuali, per riflettere, per ca-pire. L’installazione grafica è cu-rata dall’artista Flavio Lucchini. Un grande spazio underground di circa 2.000 mq è dedicato a giovani talenti di tutto il mondo. “Discovering, other talents, other worlds, other ideas” è un viaggio tra le promesse del design nel Basement di Super-studio Più, cui si accede da un nuovo ingresso indipendente collocato accanto all’ingresso principale.

The Temporary Museum for New Design returns for the fourth year to the Superstudio Più in Via Tortona 27, Milan, and this year extends to the Super-studio 13 in Via Forcella 13.Designed as an original way to host the projects of large brands, but also of promising new enterprises, the Temporary Museum for New Design adopts the successful concept of “less trade fair, more museum”. Once again White Circus will be distributed in this modern multi-functional cross-over area.The project by Gisella Borioli, with artistic director Giulio Cap-pellini, includes a succession of over 40 shows, often with sig-nature presentations by design stars such as Italo Rota (Sam-sung), Giulio Cappellini (Alcanta-ra), Carlo Colombo (Cristalplant),

the Campana brothers Fernan-do and Humberto (Cosentino), and Oki Sato (Nendo). This year the event has an unusual guide-line: “Telling a story”; design nar-rated by words, aphorisms and lettering along the paths of the Temporary Museum, expressing the thoughts of great architects and intellectuals, to arouse re-flection and understanding. The graphics installation is by the artist Flavio Lucchini. A large underground space of approxi-mately 2,000 sq m is dedicated to young talent from all over the world. “Discovering other tal-ents, other worlds, other ideas” is a journey through the works of promising designers in the Basement of Superstudio Più, which can be accessed by a new separate entrance next to the main doors.

Temporary Museum for New Design

www.superstudiogroup.com

by Emilia Prevosti

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Events

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« An absolute must...the hub of Fuorisalone...the event dedicated to raising the profile of new and edgy designers » (Financial Times, April 1st 2011)

17-22 aprile 2012

Superstudio Piùvia Tortona 27 - Milano

Superstudio 13via Forcella 13/via Bugatti 9 - Milano

(zona Tortona, MM Porta Genova,tram 14 - 2 - 29/30, autobus 68)

tel. +39 02422501

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SUPERSTUDIO PRESENTA

L’APPUNTAMENTO IMPERDIBILE DEL FUORI SALONE DI MILANO

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con Alcantara, Bureau Detours, Canon, Ciclotte, City of Poznań, Cosentino Group, Costa Crociere, COTTO, Cristalplant, Cube on Cube, De Ponte Studio | DPSA+D, Diesel, Foscarini, Functionals, HIKO, HOWE, Ichimura Sangyo, Inredia, Alê Jordão, Kabiljo Inc., Kusch+Co GmbH & Co. KG, Layup Carbonio, Leucos, LG Hausys, LIXIL Corporation, Lumiotec, Ryszard Mańczak, Marmo Elite, Marshal Office of the Wielkopolska Region, Melogranoblu, Museo d'Arte Contemporanea di Lissone, Royal Mosa, NgispeN, Phormalab, Pierpaolo Pitacco, Planika, Rex Kralj, Ronda Design, Samsung Electronics Italia, SlideArt, Tagina Ceramiche d’Arte, Thailand’s Slow Hand Design, The Danish Design Centre, Turkish Stones, TurriniBY, WelcHome Santhià.Discovering, other talents, other worlds, other ideas: quarantatre designer italiani e internazionali, ventiquattro vincitori del concorso Ilide e i venti designer del progetto “Musei di Carta”. Mostre e performance: “Still & Sparkling” di Nendo con Lasvit, “City Alphabet” di Piotr Welniak e Michal Bartkowiak, “ARTernative” di Luca Gnizio, “AbstrAct” di Giovanna Vitale, “Jump into the sun” di Carrera, “tu Sottsass” di Fabrizio Sclavi.

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Preparatevi all’inevitabile: la fine del mondo così come lo conoscete. Basta cartelloni 6x3 agli angoli delle strade, basta campagne adv sulla confezione del lat-te, sul sacchetto della spesa e in ogni spazio di carta disponibile. Ci stiamo sempre più abituando a non guardare la pubblicità. A fare zapping, skip. Anche senza telecomando o tastiera sotto alle mani. Va tutto bene, tranne per la pubblicità. No, non sta scoppian-do una nuova bolla, non faremo tutto online. Non buttatevi online chiudendo le attività onland, ma conti-nuate a fare il vostro mestiere portandolo in Rete. Fate quello che sapete fare, ma imparate a parlare di voi, delle cose che vi interessano, delle cose in cui siete bravi a gente che vive lontano. Anche molto lontano.

Prepare yourselves for the inevitable: the end of the world as you know it. Enough of 6x3 posters on street corners, enough of ad campaigns on milk cartons, shopping bags and every inch of space available on paper. We are getting into the habit of not looking at advertising. Of zapping to skip it. Even without a remote control or keyboard in our hands. Everything’s OK, except for advertising. No, a new bubble is not bursting; we will not do everything online. Don’t go online and close down onland activities, but continue to practise your trade and take it on the network. Do what you know how to do, but learn to talk about yourself, the things that interest you and the things you do well to people who live far away – even very far away.

I numeri di InternetEssere connessi è oramai indispensabile: secondo una ricerca condotta dal Boston Consulting Group, pur di non rinunciare alla loro connessione, il 30% degli americani sarebbe pronto a fare a meno del caffè, il 21 del sesso e il 17 accetterebbe di buon grado di smettere di lavarsi. Quand’è scoppiata la bolla delle Dot Com la popolazione che navigava su Internet era di circa 360 milioni di persone. Oggi ci sono molte più persone online. Quanti siamo? Più di 2 miliardi. Fra tre anni saremo 3 miliardi e il valore complessivo di Internet toccherà la cifra astronomica di 4.200 miliardi di dollari solo nei paesi del G20: la Rete potrebbe così avere un Pil più alto di quello di molte nazioni del pianeta. Se fosse uno Stato, Internet sarebbe la quinta economia più potente del mondo, dopo Usa, Cina, Giappone e India. La Germania, per dirne una, rimarrebbe dietro. Ogni anno nei Paesi sviluppati Internet crescerà ulteriormente del 10% mentre nei Paesi in via di sviluppo toccherà addirittura il 18% con l'apice del 24% in Argentina e India. Inoltre, il cloud computing sta rendendo possibile l’espandersi di tante piccole realtà: aziende giovani che possono partire anche senza il bisogno di spendere un sacco di soldi in server e infrastrutture. Se le stime di crescita dovessero essere confermate l'impatto di Internet sul Pil italiano, che nel 2010 era fermo al 2,1% salirebbe nel 2016 al 3,5% a fronte di una media del 5,3%. Anche per quanto riguarda il commercio, la parte online il cui valore online italiano è di 20 miliardi di dollari (3,4% del totale) aumenterebbe a 50 miliardi (8% complessivo). Il tech boom è in corso, ma la prossima bolla non sarà probabilmente nelle Dot Com. La prossima idea rivoluzionaria potrebbe essere la vostra, con quello che fate già.

The whole story about the future we can expect

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Hi-Tech

Storia completa del futuro che ci aspetta

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Internet numbers Being connected is now indispensable: according to a survey by Boston Consulting Group, in order to maintain their connection 30% of Americans would be willing to do without coffee, 21% would renounce sex and 17% would be happy to stop washing themselves. When the Dot Com bubble burst the population of internet navigators was approximately 360 million people. Today there are a lot more people online. How many? Over 2 billion. In three years’ time there will be 3 billion of us and the overall value of the internet will reach the astronomical sum of 4,200 billion dollars in the G20 nations only: that means the network could have a GDP higher than that of many countries on our planet. If it were a nation, the internet would be the fifth most powerful economy in the world, after the USA, China, Japan and India. Germany, to name just one, would be left behind. Every year in the developed nations the internet will grow by a further 10% whereas in developing countries growth will be as high as 18%, with a peak of 24% in Argentina and India. In addition, cloud computing is making it possible for many small businesses to expand: young companies that can start up without needing to spend a fortune on servers and infrastructure. If growth estimates are confirmed, the impact of the internet on Italian GDP, which in 2010 was stable at 2.1%, would rise in 2016 to 3.5% against an average 5.3%. Also with regard to trade, Italian online commerce, the value of which is 20 billion dollars (3.4% of the total) would increase to 50 billion (8% overall). A tech boom is in progress, but the next bubble is unlikely to be in Dot Coms. The next revolutionary idea could be yours, with what you are already doing.

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Hi-Tech

domITIllA FerrArI

Da dove si iniziaOggi tutti conoscono Facebook e Twitter. Partite da lì. Cercate feedback, ma non tappezzate la Rete di spot. Internet non è la tv e un errore non ve lo farebbe passar liscio. Oggi nel 65% dei casi le aziende italiane investono in digital & social media meno del 10% del budget di comunicazione commerciale, istituzionale e sociale. Il 97% delle aziende italiane ha un sito istituzionale, il 35% ha un blog. Solo il 22% dei siti aziendali è anche un sito di e-commerce. Facebook è già utilizzato dal 60% delle aziende, così come YouTube (60%), Twitter (38%), Flickr (18%), Foursquare (8%). E voi, cosa state aspettando?

Where to startToday we all know Facebook and Twitter. Start there. Seek feedback, but don’t submerge the network with advertising spots. Internet is not TV and does not forgive errors. Today in 65% of cases Italian companies invest in digital & social media, less than 10% of their commercial, institutional and social communications budget. 97% of Italian companies have a corporate web site, 35% have a blog. Only 22% of corporate web sites is also an e-commerce site. Facebook is already used by 60% of companies, as is YouTube (60%), Twitter (38%), Flickr (18%) and Foursquare (8%). What are you waiting for?

Come cresce Internet a casa nostraDa quando è stato registrato il primo dominio, il primo www, Internet non ha mai smesso di crescere. Secondo i dati della Bcg, Boston Consulting Group, nei prossimi anni in Italia è prevista una crescita del 12%, 11% nel Regno Unito, mentre in Germania la crescità sarà solo del 7,8 (peggio ancora per gli Usa: 6,5%).In media Internet cresce nell’Unione Europea con un tasso del 5,7%.

fonti: Wired.it; Boston Consulting Group; Aziende 2.0, studio di Cohn & Wolfe, Laboratorio di Ricerca Economica e Manageriale, Astra Ricerche.

How Internet has grown locallySince the first dominion was registered, the first www, the internet has never stopped growing. According to data provided by the Boston Consulting Group, for future years growth in Italy is forecast at 12%, 11% in the UK, whereas in Germany growth will by a mere 7.8% (worse still in the USA: 6.5%).The mean growth of the internet in the European Union is 5.7%.

sources: Wired.it; Boston Consulting Group; Aziende 2.0, studio di Cohn & Wolfe, Laboratorio di Ricerca Economica e Manageriale and Astra Ricerche.

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La nuova sede di Unindustria TrevisoThe new Unindustria Treviso HQ

Case history

by Fabrizio Todeschini

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All’interno dell’ampio com-plesso edilizio dell’area Ap-piani concepito dall’architetto Mario Botta, trovano posto i nuovi uffici di Unindustria Treviso - Unione degli Indu-striali della Provincia di Treviso. Molto chiare le esigenze della committenza che sono state ottimamente interpretate dal team di progettazione, costi-tuito dallo studio dell’architetto Paolo Bornello con la società di ingegneria Sintagma Sp srl e l’arch. Gianluca Penna.

Era necessario dare vita a uffici non solo funzionali alle molte e diversificate attività dell’Asso-ciazione, ma soprattutto capaci di rappresentare un forte spirito territoriale. Per questi motivi le aziende coinvolte nella realizza-zione degli spazi architettonici sono state tutte selezionate, attraverso un bando di con-corso, tra quelle del territorio. Alla base: la volontà di rappre-sentare realmente il Made in Italy, escludendo quindi sia le aziende estere sia quelle con produttività all’estero. Prodotti di grande qualità, quindi, che rappresentano l’eccellenza in un settore, quello del design, parti-colarmente sviluppato nell’area territoriale del trevigiano, e in generale nel Veneto.Tra queste non poteva certa-mente mancare Sinetica!Un progetto importante selezio-nato per gli US Awards 2011, il premio indetto dalla rivista Uffi-cio Stile de Il Sole 24 Ore.

Sinetica è stata selezionata tra le aziende che hanno arredato la nuova sede di Unindustria Treviso.

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Case history

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The large building in the Appiani area, de-signed by architect Mario Botta, houses the new offices of Unindustria Treviso – the Asso-ciation of Industrial Enterprises in the Province of Treviso. The client’s needs were extremely clear and were skilfully interpreted by our design team comprising the Paolo Bornello architect’s studio, the engineering company Sintagma Sp srl and architect Gianluca Penna. The requirement was to create offices that were not just functional for the Associa-tion’s many, diversified activities, but above all able to represent a strong territorial spirit. For these reasons the companies involved in fur-nishing the architectural areas were all select-ed by means of an invitation to tender within

Sinetica is one of the companies selected to furnish the new Unindustria Treviso headquarters.

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Case history

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the territory. Specifications were based on a will to truly represent Italian products made in Italy, thereby excluding both foreign companies and Italian companies with production facilities abroad. This implies top quality products that signify excellence in a field such as design, which is particularly important in the territory of Treviso and the Veneto in general. That automatically includes Sinetica! This important project was selected for the 2011 US Awards, a competition organized by the magazine “Ufficio Stile” published by the Italian financial newspaper Il Sole 24 Ore.

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Case history

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SITO + MAGAZINE = WHITE SPACE

White Circuswhitespace.comIl white circus è nel weB. Un sito che combinerà i contenuti del sito e del magazine cartaceo, più articolo, più immagini, video e audio. e non solo: a

contribuire potrai essere anche tu scrivendo articoli per wHITe cIrcUs o segnalandoci i temi che vorresti sul giornale.

white circus is on the internet. A webpage where the contents of the website will be combined with those of the paper magazine and with images,

sounds and videos. And this is not all. you will be able to contribute to its creation, by writing articles for wHITe cIrcUs or indicating us the themes

you would like to find in the magazine.

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Book

Nuda architettura Valerio Paolo Mosco

La nudità in architettura è un paradosso. Certo è che la nudità è tipica degli edifici della tradizione moderna an-tidecorativa, che l’immagine della nudità rimanda agli edi-fici in costruzione o a quelli in rovina e che in generale è espressione di un costruire sincero, dove gli elementi non sono mascherati; ha in sé qualcosa di arcaico e di frugale, alle volte di primitivo. La nudità quindi per ragioni figurative, simboliche e per-

sino metafisiche corrisponde di fatto al carattere saliente del Moderno in architettura: senza nudità la nozione stes-sa di architettura moderna perde di significato.

Nuda architettura Valerio Paolo Mosco

Nudity in architecture is a paradox. Certainly the concept of nudity is typical of buildings in the modern, anti-decorative tradition; buildings under construction or in ruins conjure up images of nudity, and in general

nudity is an expression of sincerity in which elements are not masked; it encap-sulates something archaic and frugal, almost primitive. Therefore, nudity employed for figurative, symbolic and even metaphysical reasons is actually the salient feature of modernity in architecture: without nudity the very no-tion of modern architecture loses its significance.

Barreca & La VarraQuestioni di facciataa cura di Moreno Gentili

La facciata è un indizio per comprendere la natura di un edificio. È in questo sottile diaframma che si rappresentano questioni di progetto quali la tecnica e il simbolico, la materia e il disegno, le regole e le istan-ze prestazionali, le procedure e gli imprevisti. Nessuna altra parte dell’edificio vive la condizione ambigua di essere parte della struttura architettonica e della città. La natura della facciata è sempre pubblica, la sua

vocazione è necessariamen-te collettiva. “Questioni di Facciata” è una rassegna sulle architetture progettate e realizzate da Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra dal 1999 al 2007 con Stefano Boeri (Boeri Studio, S.B., G.B., G.L.V.), quindi dal 2008 come Studio Barreca & La Varra.

Barreca & La VarraQuestioni di facciataedited by Moreno Gentili

Façades give a clue which helps to understand the na-ture of a building. It is in this slender diaphragm that pro-

ject issues such as method and the symbolic, matter and design, rules and perfor-mance, procedures and the unforeseen are represented. No other part of the building experiences the ambiguous condition of being part of the architectural structure and part of the city. The nature of a façade is always public, its vocation is necessarily collective. “Questioni di Fac-ciata” is a review of architec-tural projects designed and implemented by Gianandrea Barreca and Giovanni La Varra from 1999 to 2007 with Stefano Boeri (Boeri Studio, S.B., G.B., G.L.V.), and then since 2008 as Stu-dio Barreca & La Varra.

London Architecture & Design

London Architecture & Design propone i più interes-santi progetti della capitale inglese: gli ultimi e più si-gnificativi edifici pubblici e abitazioni private che, nella loro completezza, riflettono la versatilità e complessità del paesaggio urbano londinese. Nel campo dell’architettura e del design, Londra è sicuramente una delle città maggiormente innovative a livello internazionale, offren-do una ricchezza di contrasti difficilmente riscontrabile in altre parti del mondo. Questo libro non contiene soltanto bellissime immagini di edifici per uffici, lounge

di hotel, ristoranti, bar, club, teatri, complessi scolastici e ospedalieri, ecc., ma offre anche un approfondimento degli interni grazie alla pub-blicazione di piante e sezioni molto dettagliate. Contiene progetti delle più importanti archistar internazionali come Sir Norman Forster e Richard Rogers.

London Architecture & Design

London Architecture & Design presents the most interesting projects in the British capital: the latest and most significant public build-ings and private dwellings that reflect the versatility and complexity of London’s ur-

ban landscape. In the field of architecture and design Lon-don is certainly one of the most innovative cities on an international scale, offering a wealth of contrasts difficult to find in any other part of the world. This book is not just a collection of images of highly attractive buildings for offices, hotel lounges, restaurants, bars, clubs, theatres, schools and hospi-tals, etc., but it also offers a breakdown of interiors, with meticulously detailed plans and drawings. It contains projects by the most impor-tant international super stars such as Sir Norman Forster and Richard Rogers.

Editore/Publisher: SkiraAnno/ Year of release: 2012Pagine/ Number of pages: 320ISBN: 978-88-572-1081-0 I, -0472-7 EFormato/ Format: 16,5 x 21Euro/ Price in Euros: 34,00 Collana Architettura Architecture books

Editore/Publisher: SkiraAnno/ Year of release: 2012Pagine/ Pages: 224ISBN: 978-88-572-1202-9Formato/ Format: 15x21Euro/ Price 34,00 Euro Collana Architettura / Series Architecture

Editore/Publisher: DaabAnno/ Year of release: 2012Pagine/ Pages: 240ISBN: 978-3-937718-78-1Formato/ Format: 32x25Euro/ Price: 39,95 Euro Collana Architettura e Design/ Series Architecture and Design

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Cirque du Soleil: creatività come strategia aziendale.Cirque du Soleil: creativity as a corporate strategy

by Emilia Prevosti

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Wellness

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Translated as "Sun Cir-cus", this is a unique experience of its kind, a

true anthem for human creati-veness, enchantment and co-lour. Fabulous costumes, lights and sounds, a modern circus re-interpreted that has comple-tely lost that sour taste typical of all the other circus acts due to the fact that animals are ne-ver used. It’s a circus that can still make you dream. Humans become absolute protagonists and for this reason there will never be the same Cirque du Soleil twice; its ring is dedica-ted to the fascination of the best artists: mimes, acrobats, jugglers. It was founded in 1984 by a group of street ar-tists in Montreal, where even now an enormous coloured marquee in the port district houses the global headquar-ters of the troupe, employing around 4,000 people who set up the numerous travelling and on-site shows put on throu-ghout the world. Today the organization is internationally recognized as one of the most innovative and creative of our times; driven by a commitment to creating artistic productions and shows, the aim of which is to stimulate audiences’ imagi-nation, senses and emotions. As a result of its universal success and aware that the strategies employed can be adopted by businesses to achieve good results, in 2006 Cirque du Soleil published The Spark: Igniting the Creative Fire that Lives within Us All; a guide to managing creativeness and making it part of everything we do. The book lists seven stra-tegies, called "doors", which can help company manage-ment to generate a new view of the future.

Tradotto “circo del sole”, è un esperienza unica nel suo genere, una vero e proprio inno alla creatività umana, alla magia, al

colore. Costumi meravigliosi, luci, suoni, un circo moderno e reinterpretato che ha com-pletamente perso il retrogusto amaro tipico di tutte le altre esibizioni circensi anche grazie all’assenza di numeri che utilizzino animali. Un circo che fa ancora sognare. L’uomo di-venta protagonista indiscusso, per questo non si può mai ottenere lo stesso Cirque du Soleil due volte; il suo palco è dedicato ad esibizioni di grande rilevanza artistica e fa-scino: ad artisti di mimo, acrobati, giocolieri. Fondato nel 1984 da un gruppo di artisti di strada a Montreal, dove tuttora nella zona del porto, in un enorme tendone colorato, si trova la sede mondiale della compagnia, oggi conta circa 4.000 dipendenti che animano i numerosi spettacoli itineranti e stabili messi in scena in tutto il mondo. Oggi è un’organiz-zazione riconosciuta a livello internazionale come una delle realtà più innovative e crea-tive del momento; animata dall’impegno di creare produzioni e rappresentazioni artisti-che, il cui fine è quello di stimolare l’immagi-nazione, i sensi e le emozioni del pubblico. A seguito dei molti successi e, consapevoli che le strategie utilizzate possono essere adottate dalle imprese per ottenere buoni ri-sultati, nel 2006, Cirque du Soleil ha pubblica-to The Spark: Accendere il fuoco creativo che vive dentro tutti noi; una guida su come gesti-re la creatività e renderla parte di tutto ciò che si fa. Il libro elenca sette strategie cosiddette “porte”, che può aiutare i dirigenti aziendali a generare una visione del futuro nuova.

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Wellness

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Le porte di The Spark

1 Grandi aspettativeQualsiasi individuo ha dentro di sé creatività alla quale può attingere. Per far questo però deve svilupparla

attraverso l’esercizio quotidiano.

2 Arrendersi ai propri sensiPrestare grande attenzione ai pro-pri sensi e sviluppare l’intuito per

poter assaporare appieno le esperienze che la vita offre. Il mondo è in continua evoluzione; tutte le esperienze e le nuove idee devono essere immagazzinate nel momento in cui si verificano con la consa-pevolezza che, anche se apparentemente inutili al momento, si riveleranno importanti in seguito.

3 La caccia al tesoro e la trasformazione creativaGli artisti di strada sono un esem-

pio del tipo di persone che Cirque du So-leil cerca: spiriti liberi, spesso autodidatti,

con uno stile di vita nomade, considerati “marginali” per la società evoluta. Loro costituiscono il cuore del Cirque. È fonda-mentale mantenersi di mentalità aperta e amanti il rischio.

4L’ambiente favorevole alla creativita'Fondamentale nell’intratteni-

mento come nel business, è creare un ambiente di lavoro che favorisca la cresci-ta, la produttività e la creatività personale. Al Cirque du Soleil, l’ambiente di lavoro ideale è una sorta di parco giochi che, ha delle regole ma consente comunque di vedere il mondo attraverso gli occhi di un bambino: con entusiasmo, curiosità e la giocosità. È difficile essere creativi in iso-lamento. La creatività collaborativa è fon-damentale perchè tutti i membri del team devono essere consapevoli che l’obiettivo ultimo da raggiungere è il prodotto.

5Vincoli, sfide, differenze e aspettative dei consumatori

Tutti sanno che a progettisti e soci di Cir-que du Soleil non piace parlare di bilanci, scadenze o risorse limitate. Tuttavia, i vin-coli costringono le persone a diventare più intraprendenti e creativi perché richiedono

soluzioni che non sarebbero state pensate in condizioni differenti. L’ispirazione creativa arriva da costrizioni, ostacoli, differenze, aspettative e sogni dei clienti.

6Rischiare; vi siete mai bruciati? La creatività è il coraggio di ri-schiare, di provare cose nuove

e di condividere queste esperienze con gli altri. Rischiare è una parte essenziale del processo creativo.Quando si assumono dei rischi, gli errori possono essere commessi ma ciò consen-te di imparare.Il rischio più grande che un’azienda può correre è quello di compiacersi e di esone-rarsi dal correrli.

7Tenersi aggiornatiIl costante aggiornamento garanti-sce longevità al prodotto offerto. Al Cirque du Soleil i responsabili

dell’organizzazione sono costantemente incoraggiati a ricevere feedback e a rac-cogliere le idee dei dipendenti in modo da valutare approcci diversi per raggiungere il medesimo risultato.Inoltre, artisti e dirigenti del Cirque du Soleil a rotazione, ad ogni spettacolo, siedono tra il pubblico, per guardare lo spettacolo da un altro punto di vista e registrare le im-pressioni degli spettatori.

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Wellness

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1 Great expectationsAll individuals have within them creativeness they can draw on, but they need to develop it through

daily practice.

2 Give in to your sensations

Pay great attention to your sensa-tions and develop intuition to fully savour the experiences life offers. The world is evolving constantly; all new experiences and ideas must be stored when they occur, in the knowledge that although they may appear useless at the time, they will be im-portant later.

3 A treasure hunt and creative transformationStreet artists are an example of

the type of person Cirque du Soleil is look-ing for: free spirits, often self-taught wan-derers, considered "drop-outs" by evolved society. They are at the heart of the Cirque. It is essential to keep an open mind and love risk-taking.

4 An environment that encourages creativenessIt is fundamental in entertain-

ment as in business to create a work environment that encourages growth, productivity and personal creativity. At the Cirque du Soleil the ideal work environment is a sort of game park which has rules but shows the world through the eyes of a child: with enthusiasm, curiosity and play-fulness. It is difficult to be creative in isola-tion and collaborative creativity is essential because all members of a team must be aware that their ultimate aim is the product.

5 Restrictions, challenges, differ-ences and consumers’ expectations

Everybody knows that Cirque du Soleil organizers and members do not like talk of balance sheets, deadlines or limited re-sources. However, restrictions force people to become more enterprising and creative because they require solutions that would have never have been thought of in differ-ent circumstances. Creativity is inspired by restrictions, obstacles, differences, and customers’ expectations and wishes.

6 Risk; have you ever got your fingers burnt? Creativity is the courage to take

risks, try new things and share your experi-ences with others. Taking risks is an essen-tial part of the creative process.When you take risks you can also make mistakes, but if you do you will learn some-thing. The biggest risk a company can take is to rest on its laurels and not consider it necessary to take risks.

7 Keep up-to-dateBeing constantly up-to-date en-sures long life for your products. Those responsible for the or-

ganization of Cirque du Soleil are continu-ously encouraged to receive feedback and gather ideas from employees so that they can assess different approaches to achiev-ing the same outcome. In addition, the art-ists and managers of Cirque du Soleil take turns to sit among the audience at every show, so they can observe it from another point of view and record spectators’ im-pressions.

The doors of The Spark

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Travel

Le imponenti mura merlate della città, accolgono il visitatore sorprendendolo con la loro imponenza. Costruite con il fango nel XVIII secolo, sulle rovine originarie distrutte dai persiani, sono dotate di quattro porte d’ingresso poste nei punti cardinali, lunghe due chilometri e mezzo; di colore giallo ocra formando un grande rettangolo. La leggenda racconta che la città fu fondata quando Sem, figlio di Noè, scavò un pozzo che la gente chiamò Kheivak, ancora oggi visibile nel cortile d’Abdullah a- Baltal posto nella parte nord occidentale della città vecchia. Miti a parte, certo è che Khiva esisteva già nell’VIII secolo come fortezza e stazione commerciale sulla Via della Seta; ma solo molto tempo dopo la distruzione di Konye-Urgench, per opera di Tamerlano il Grande (Timur), la città divenne importante e vi si avviò un fiorente mercato di schiavi che, per oltre tre secoli, caratterizzò il destino del Khanato di Khiva.Visitarla è divertente e rilassante. Priva di fastidiosi rumori d’automobili e motorini, vi si cammina in tranquillità, distratti solo dal vociare dei commer-cianti che invitano a visitare negozi e merci o da rari suoni di campanelli di bicicletta, unico mezzo di trasporto autorizzato.Un fantastico punto d’osservazione sulla città, si trova in cima ad una delle due torrette della fortez-za Kukhna Ark, per secoli residenza dei sovrani, costruita nel XII secolo da Oa Shihbobo e ampliata in seguito dai vari Khan. Salendo le scale ripide e polverose che portano in cima alla torretta, la

spettacolare vista toglie letteralmente il fiato: al tramonto, con il sole alle spalle, i colori diventano tenui e caldi ed è possibile ammirare la città mu-seo in tutto il suo splendore.Da non perdere: la madrasa di Mohmmed Rokhin Khan, un tempo piazza affollata e luogo d’esecu-zioni; la moschea Juma, detta anche del venerdì, con le sue 213 colonne alte più di 3 metri di legno di sicomoro finemente intarsiate e la madrasa d’I-slom-Huja, di recente costruzione sede del museo più interessante della città. A fianco di quest’ultima sorge il minareto Hodzha, alto 45 metri, decorato con fasce di piastrelle rosse e turchese, coronato da una cupola sorretta da una rotonda ad archi che lo fa assomigliare ad un faro marino. Com-pletamente diverso è il minareto di Kalta Minor, che significa corto, nome assegnatogli perché: commissionato dal Khan con l’intento di erigere il minareto più alto del mondo islamico, è alto solo 26 metri in quanto la sua costruzione fu interrotta alla sua morte.Khiva, è protagonista anche di notte, quando le poche luci esaltano le forme cubiche dei suoi mo-numenti proiettando le massicce sagome verso il cielo stellato rischiarato dalla luna. Passeggiando per le piccole vie completamente buie si viene sorpresi dalla gentilezza uzbeka; al passaggio di stranieri infatti, si accendono le luci delle abitazioni che, attraverso porte e finestre, diffondono un poco di luce sulla strada rendendo più agevole il cammino del turista.

Khiva: salotto uzbeko e città museoKhiva: Uzbek salon and museum city by Bruno Lardera

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Travel

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TravelTravel

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Travel

Visitors are welcomed by the imposing crenallated walls of the city, whose impressive size is amazing. Built of mud in the 18th century on the original ru-ins destroyed by the Persians, the great rectangle formed by the two and a half kilometres of ochre coloured walls has four gates situated on the cardinal points. Legend has it that the city was founded when Noah’s son Sem excavated a well, known to the people as Khei-vak, still visible in the courtyard of Abdullah a - Baltal in the north west of the old city. Apart from the myths, it is certain that Khiva existed in the 8th century as a fortress and trade station on the Silk Road; but only a long time after the destruction of Konye-Urgench by Tamurlane (Timur) did the city become im-

portant, running a prosperous slave market that for more than three centuries would be the main feature of the Khanate of Khiva. Visiting the city is fun and relaxing. You are not troubled by the noise of cars and mo-torbikes, you can walk around happily, distracted only by the voices of the traders who invite you to visit shops and examine goods or by the rare trill of bicy-cle bells from the only author-ized means of transport.There is a fantastic observa-tion point at the top of one of the two towers of the Kukhna Ark fortress, for centuries the residence of the monarchs, built in the 12th century by Oa Shihbobo and continuously extended by the several Khans. After climbing the steep, dusty steps leading to the top of the

tower, the spectacular view is breath-taking: at dusk, with the sun behind you, the colours become soft and warm and you can admire this museum city in all its splendour. Don’t miss the madrasah of Mohmmed Rokhin Khan, once a crowded square and place of executions; the Juma mosque, also known as the Friday mosque, with its 213 sycamore wood columns, over 3 metres tall and finely inlaid, and the ma-drasah of Islom-Huja, a recent construction that houses the city’s most interesting museum. Next to this building stands the 45 metre high Hodzha minaret, with its striped decoration of red and turquoise tiles, crowned by a dome supported by a round arched structure that makes it look like a coastline lighthouse.

Quite something else is the min-aret called Kalta Minor, which means short. It has this name because it was commissioned by the Khan who intended to construct the highest minaret in the Muslim world, but when he died build-ing stopped and it is only 26 metres high. Khiva is splendid even at night, when the few lights exalt the cubic shapes of its monuments and project giant shadows against a starry sky il-luminated by the moon. Strolling through the narrow pitch black streets you will be surprised by the courtesy of the Uzbeks; when foreigners go by the lights in the houses are turned on to shine through doorways and windows and gently illuminate the street to assist the tourists’ evening walk.

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Ethics

Sono stata lo scorso gennaio a visitare il carcere femminile di Herat, in Afghanistan, ricostruito dal Prt, Provincial Construction team italiano, collegato al nostro Esercito. Una bella struttura, non c'è che dire, quasi una casa di accoglienza per 136 detenute, che qui scontano una pena che va dai 5 ai 20 anni. Intanto, imparano a leggere, alcune a cucire, altre l'arte delle perline, attività a loro normalmente negate. Eppure, qualcosa mi stride. Chiedo perché sono in carcere. L'interprete parla di uxoricidio, adulterio, molti abbandoni del tetto coniugale. Dunque, andiamo con ordine. L'uxoricidio è un reato oggettivamente riconosciuto. E, passi, anche se bisognerebbe chiedersi che cosa porta a tale esasperazione. L'adulterio già mi dà da pensare; in Italia è stato cancellato dalla Corte Costituzionale nel 1968 (non proprio tanti anni fa, ma tant'è). Ma tanti abbandoni del tetto coniugale mi solleticano il perché. E così viene fuori che spesso il marito non è propriamente un gentleman, per usare un eufemismo. Insomma, chi dovrebbe essere tutelata, paga con la reclusione. Ho deciso di andare a fondo. I dati sono agghiaccianti e confermano la classifica stilata dal quotidiano inglese “The

Indipendent”, nella quale l'Afghanistan risulta essere il posto peggiore - e anche il più pericoloso - per le donne. L'aspettativa di vita è 44 anni. Una donna ha almeno 200 volte più probabilità di morire durante il parto che per effetto di bombe o proiettili. Infatti, solo il 14 per cento dei parti è assistito da personale competente. Il 60 per cento delle ragazze si sposa al di sotto dell'età legale di 16 anni; nel 60-80 per cento dei casi, si tratta di matrimoni forzati. La violenza fisica, psicologica e sessuale, colpisce l'87 per cento delle donne, all'interno delle mura domestiche. Da questo punto di vista, neppure l'Italia rappresenta un esempio virtuoso. L'accesso alle cure mediche è quasi sempre negato, troppo costoso, non ne vale la pena. Solo il 12 per cento sa leggere e scrivere; nelle zone rurali, l'analfabetismo raggiunge il 90 per cento. E, girando per le strade, ci si accorge che il burqa è la norma. «La situazione delle donne afghane è andata peggiorando negli ultimi anni»: ha detto nei giorni scorsi a Milano Samia Walid, attivista dell’organizzazione afghana Rawa (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan), organismo che da trent'anni lotta per la libertà, la democrazia e la

giustizia sociale. E le sue parole suonano profetiche alla luce del recente “codice di comportamento” emanato dal consiglio dei religiosi (Ulema) e approvato dal presidente Karzai, che incoraggia la segregazione di genere, facendo fare al Paese un passo indietro sul tema dei diritti femminili. Tutto perduto, dunque? La bella notizia è che le donne non si rassegneranno, continueranno a combattere. Non c'è solo Rawa, ci sono anche Hawca (Humanitarian assistance of the Women and Children of Afghanistan), la cui direttrice, Selay Ghaffar, ha le idee ben chiare: «Noi vogliamo formare una generazione di donne forti, consapevoli dei propri diritti, determinate a conquistarli e a farli rispettare» e Opawc (Organization for Promoting Afghan Women's Capabilities), che opera contemporaneamente su tre fronti: educazione, assistenza sanitaria e addestramento al lavoro artigianale. E, a dar loro man forte dall'Italia, c'è il Cisda, Coordinamento italiano sostegno donne afghane. «Da tutto questo impegno, nascerà la nuova classe dirigente», parola di Manizha, agguerrita diciannovenne, matricola all'università di giurisprudenza di Kabul.

La tenacia delle donne afghaneThe perseverence of afghan women

Text and photoRomina Gobbo

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it costs too much, and it’s not worth it. Only 12 per cent of women can read and write; in rural areas illiteracy reaches 90 per cent. Walking the streets it’s clear that the burqa is standard. «The situation of Afghan women has worsened in recent years»: said Samia Walid in Milan. She is an activist in the Afghan organization RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan), which for thirty

years has been battling for freedom, democracy and social justice. Her words sound prophetic also in the light of the recent “code of behaviour” issued by the religious council (ULEMA) and approved by president Karzai, which encourages sex segregation, taking the country a step back with regard to female rights. Is all lost, then? The good news is that women are not resigned, they are continuing to fight. Besides RAWA, there is also HAWCA (Humanitarian Assistance to the Women and Children of Afghanistan), whose director, Selay Ghaffar, has very clear ideas: «We want to produce a generation of strong women who are aware of their rights and determined to acquire them and have them observed», and OPAWC (Organization for Promoting Afghan Women's Capabilities), which works on three fronts simultaneously: education, health assistance and training for craft work. To give them a hand from Italy there is CISDA, Italian Co-ordination in support of Afghan Women. «The new ruling classes will come out of all these commitments», states Manizha, a combative nineteen year old studying law at the University of Kabul.

Ethics

Last January I visited the female prison of Herat, in Afghanistan, rebuilt by PRT, the Italian Provincial Construction Team linked to our Armed Forces. I must say it’s an attractive structure, almost a shelter home for 136 prisoners serving sentences of 5 to 20 years. In this time they learn to read, some of them learn sewing and others train in the art of threading beads, activities usually denied them. And yet, there’s something odd. I ask why they are in prison. The interpreter speaks of mariticide, adultery, and many who have abandoned their husbands. So, let’s see: mariticide is an objectively recognised crime. So, that’s acceptable, although we should ask what

leads to such exasperation. Adultery makes me wonder; in Italy it was deleted as a crime by the Constitutional Court in 1968 (not such a long time ago, but that’s how it is). But so many guilty of abandoning their husbands make me wonder why. And so it comes out that often the husband is not exactly a gentleman, to use a euphemism. In other words, those who should be protected have to pay with a prison sentence. I decided to dig deeper. The data are blood-chilling and confirm the ranking given by the English newspaper “The Independent”, which places Afghanistan as the worst place – and also the most dangerous – for women. Life expectancy is 44 years. A woman is at least 200 times more likely to die in childbirth than from bombs or bullets. Only 14 per cent of births is assisted by competent personnel. 60 per cent of girls marry under the legal age of 16; in 60-80 per cent of cases they are forced marriages. Physical, psychological and sexual violence in the home is practiced on 87 per cent of women, although from this point of view, not even Italy is a virtuous example. Access to medical attention is almost always denied,

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