Web 2.0 Social Network e Cloud Computing - Didasko Platfom · rev. 4.0 del 05/08/2015 Pagina 3 di...

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Web 2.0, Social Network e Cloud Computing

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Disclaimer

Certipass ha redatto il presente Programma d’esame in base agli standard vigenti in materia di Information

Technology e/o Office Automation. Il presente documento riporta le informazioni riguardanti il programma

di Certificazione Informatica EIPASS®. Certipass, pertanto, non si assume alcuna responsabilità derivante

dall’applicazione in ambito diverso dal suddetto Programma, ne’ da informazioni elaborate da terzi in base

allo stesso.

Nel rispetto delle indicazioni comunitarie in ordine ai criteri di riconoscimento e validazione delle

competenze digitali di base a carattere “Front Office”, Certipass dichiara la propria indipendenza e

neutralità rispetto ai Vendor e produttori di risorse hardware e software; purtuttavia, per obiettive esigenze

legate al carattere di ampia diffusione rivestito da alcuni ambienti operativi, è possibile che, all’interno dei

test d’esame, al Candidato vengano proposte domande e simulazioni riconducibili a questi ultimi. Si

ribadisce il valore esemplificativo di tali riferimenti.

Premessa

Questa pubblicazione, riservata ai Candidati agli esami per il conseguimento del titolo EIPASS® nel profilo

di riferimento, intende essere un supporto al superamento dei test previsti all’interno di ciascun modulo

d’esame, ma anche una occasione di analisi e approfondimento dei contenuti oggetto di verifica in sede

d’esame.

Per ciascun argomento sono trattati i temi su cui il Candidato dovrà confrontarsi nell’ambito dei vari

moduli, in relazione sia agli ambiti concettuali di riferimento, sia alle specifiche prestazioni richieste a

convalida delle competenze acquisite o possedute. La presenza in appendice del Programma Analitico

d’Esame consente dal canto suo al Candidato il costante controllo della propria preparazione in vista della

convalida finale.

Il documento, per la sua impostazione, rappresenta quindi un utile ed efficace riferimento sia per il

Candidato che intendesse sviluppare in forma autonoma, i requisiti utili al superamento ai previsti esami,

sia per quanti necessitino di adeguate linee guida per la corretta impostazione di un percorso di formazione

funzionale al conseguimento della certificazione EIPASS®.

Unitamente alle previste simulazioni, il presente lavoro rappresenta la modalità più efficace per sostenere

la preparazione di quanti hanno inteso accordare la preferenza ai nostri profili di certificazione,

testimoniando in tal senso l’apprezzamento per il costante lavoro del nostro CTS a sostegno della Mission

di Certipass nel settore dello sviluppo e del consolidamento delle competenze digitali nei vari contesti

produttivi e di studio, esortandoci in tal modo a proseguire sulla strada intrapresa.

 

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Presentazione

Nel quadro delle competenze digitali, annoverate dalla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del

Consiglio del 18 febbraio 2006 fra le cosiddette “competenze chiave” in grado di garantire il corretto

approccio con le diverse forme di apprendimento (formale, non formale e informale), particolare importanza

rivestono le competenze a carattere “Front Office”: quelle, per intenderci, che consentono una efficace

interazione fra l’Utente e il Computer nei diversi contesti produttivi e cognitivi. Tali competenze, peraltro,

sono rintracciabili e definite come fondanti, fatte salve le contestualizzazioni delle stesse nei diversi settori

d’impiego, rispetto alle possibilità di interazione e comunicazione proprie delle differenti funzioni affidate:

un Docente, per citare un esempio, farà del computer un uso ben diverso rispetto ad un bancario o una

segretaria aziendale.

In tale prospettiva, il presente Programma è stato elaborato e strutturato in modo da garantire al Candidato

ampia coerenza con le prestazioni richieste dai diversi ruoli che possono caratterizzare il contesto in cui si

è chiamati ad operare; altresì, è garantita all’Istituzione che richiede l’attestazione di tali competenze la

puntuale attenzione a prestazioni informatiche “efficienti” ed “efficaci”, non disgiunte da una conoscenza

teorico-disciplinare legata al mondo dei Computer.

Coerentemente con le indicazioni espresse in materia di certificazioni ICT dagli organi legislativi nazionali,

il Programma rispecchia appieno i criteri di interoperabilità e neutralità richiesti dalla PA nell’intento di

garantirne la piena fruibilità; altresì, esso è caratterizzato da procedure tali da assicurarne la trasparenza e

l’obiettività, oltre a fornire, attraverso i cosiddetti “testing di competenza”, indicazioni univoche e

verificabili circa i criteri di verifica delle competenze sollecitate, senza lasciare adito a interpretazioni

diverse.

Tali caratteristiche permeano tutti i Programmi elaborati da Certipass per i propri profili di certificazione:

esse costituiscono per l’Interlocutore Istituzionale lo strumento più efficace ai fini della valutazione del

percorso proposto e la sua possibile adozione.

Certipass

I l Comitato Tecnico Scientif ico

 

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Copyright

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e in osservanza delle convenzioni internazionali.

Nessuna parte di questo Ei-Book può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altri, senza

l’autorizzazione scritta da Certipass.

Nomi e marchi citati nel testo sono depositati o registrati dalle rispettive case produttrici.

Certipass si riserva di effettuare ogni modifica o correzione che a propria discrezione riterrà sia necessaria,

in qualsiasi momento e senza dovere nessuna notifica.

Certipass ha predisposto questo documento per l’approfondimento delle materie relative alla cultura

dell’ITC e al migliore utilizzo del personal computer; data la complessità e la vastità dell’argomento,

peraltro, come editore, Certipass non fornisce garanzie riguardo la completezza delle informazioni

contenute; non potrà, inoltre, essere considerata responsabile per eventuali errori, omissioni, perdite o

danni eventualmente arrecati a causa di tali informazioni, ovvero istruzioni ovvero consigli contenuti nella

pubblicazione.

 

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INDICE

1.   I l Web 1.0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7  1.1   Generalità ......................................................................................................................................... 7  

1.2   La comunicazione one-way: dal produttore al fruitore ..................................................................... 8  

1.3   I ruoli degli utenti del Web 1.0 .......................................................................................................... 8  

1.4   Servizi tipici del Web 1.0 ................................................................................................................... 9  

1.5   Didattica ai tempi del Web 1.0: modelli ed applicazioni didattiche tipiche della prima fase del Web 9  

2.   I l Web 2.0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11  2.1   La nascita del Web 2.0 .................................................................................................................... 11  

2.2   La comunicazione bidirezionale ..................................................................................................... 12  

2.3   I ruoli degli utenti del Web 2.0: nasce la figura di lettore/contributore/autore ............................... 13  

2.4   Nuovi servizi del Web 2.0 ............................................................................................................... 13  

2.5   Il Cloud Computing: potenzialità e falsi miti di una delle ultime frontiere delle reti di computer ... 14  

2.6   Le opportunità del Web 2.0 per docenti ed alunni: nuovi strumenti per soddisfare nuove esigenze da parte di un nuovo tipo di utente ............................................................................................................. 16  

3.   I Social Network .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18  3.1   Le funzionalità di base .................................................................................................................... 18  

3.2   Nuovi significati dei termini “amico”, “contatto”, “comunità” ........................................................ 19  

3.3   La condivisione come interazione privilegiata tra i membri di un social network .......................... 19  

4.   Servizi di messaging .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21  4.1   Applicazioni messaging desktop: Skype ........................................................................................ 21  

4.2   WhatsApp e la messaggistica su dispositivi mobile ...................................................................... 21  

4.3   I social network più diffusi ............................................................................................................. 22  

4.3.1   Facebook, il principe dei social network ................................................................................. 22  

4.3.2   Twitter ..................................................................................................................................... 23  

4.3.3   Google + .................................................................................................................................. 23  

4.3.4   Pinterest ................................................................................................................................. 24  

4.3.5   LinkedIn: l’evoluzione in stile “social” del vecchio curriculum vitae et studiorum ................. 24  

5.   Social network e approccio mobile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26  5.1   La generazione “always-on” ........................................................................................................... 26  

5.2   Nuove modalità di fruizione dei contenuti con terminali mobile .................................................... 26  

6.   Web 2.0 e la didattica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28  6.1   Nativi digitali e la didattica per competenze: Gli ignoranti digitali ................................................. 28  

6.2   Nuovi modelli di interazione insegnante - alunno .......................................................................... 28  

7.   Gli ambienti di apprendimento .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30  7.1   Il superamento del concetto “aula” ................................................................................................ 30  

7.2   Il ruolo dei social media negli ambienti di apprendimento ............................................................. 30  

8.   Applicazioni Cloud e la condivisione delle r isorse .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32  8.1   Dropbox .......................................................................................................................................... 32  

 

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8.2   Google Drive ................................................................................................................................... 32  

8.3   Microsoft SkyDrive ......................................................................................................................... 32  

9.   La condivisione della conoscenza .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34  9.1   Il modello di condivisione Wiki ....................................................................................................... 34  

9.2   Wikipedia: utilizzare in classe il modello collaborativo di “enciclopedia” ...................................... 34  

10.  Cenni sul dir itto d’autore sul Web .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37  10.1   Introduzione ................................................................................................................................... 37  

10.2   Le licenze d’uso per il software proprietario .................................................................................. 37  

10.3   Le licenze d’uso per il software libero e open source ..................................................................... 38  

10.4   Le licenze Creative Commons ........................................................................................................ 38  

10.5   Scaricare, riprodurre, copiare, condividere… si può? ...................................................................... 38  

 

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1. I l Web 1.0 1.1 Generalità

Quando si parla di Web, si parla oramai di un vero e proprio mass media, di uno strumento di comunicazione di massa capace di agevolare la diffusione della conoscenza e delle idee, ma spesso lo si confonde con la rete Internet, o addirittura con l’applicativo software che permette di “navigare” su siti ed applicazioni Web.

Serve quindi, in via preliminare e chiarificatrice, fissare le idee sulla terminologia che verrà largamente utilizzata in questo modulo ed in quello successivo:

Internet (interconnected networks): rete planetaria formata da milioni di reti di computer ad accesso pubblico collegate tra loro; oggi rappresenta senza dubbio il principale mezzo di comunicazione di massa, ed offre all'utente una vasta serie di contenuti e servizi: tra questi ultimi, i più usati sono certamente il Web e la posta elettronica (Email);

Web (WWW – World Wide Web): è il servizio di Internet più noto ed utilizzato, che permette di navigare e fruire di un insieme vastissimo di contenuti (multimediali e non) collegati tra loro attraverso collegamenti ipertestuali (link), e di servizi di varia tipologia, alcuni accessibili gratuitamente, altro a pagamento;

Email (Electronic mail – posta elettronica): è un servizio Internet che permette ai suoi utenti di inviare e ricevere dei messaggi utilizzando un computer o un qualsiasi altro dispositivo elettronico (smartphone, tablet, smart TV…) in grado di accedere ad internet, per mezzo di un proprio account di posta registrato presso un fornitore del servizio (provider).

Browser: è il programma che permette di navigare sul Web, e di fatto si pone come il principale software con cui l'utente usa la rete Internet e molti dei suoi servizi; ogni dispositivo (computer, smartphone, tablet…) in grado di connettersi alla rete utilizza un browser appositamente creato. I browser più noti e diffusi sono Internet Explorer, Mozilla Firefox, Google Chrome, Safari e Opera.

Il Web nasce “ufficialmente” il 30 aprile 1993, ad opera di Tim Berners Lee, e sin dai primi contatti con le prime pagine Web, tutti si sono resi conto dell’incredibile potenzialità di uno strumento così innovativo. A quei tempi collegarsi costava un occhio della testa, configurare i primi browser era un’impresa non proprio alla portata di tutti, ed anche in presenza delle prime e scarne pagine Web con sfondo grigio chiaro, testo nero e poche immagini a tradurre l’embrionale concetto di multimedia, si intuiva che il vero salto rispetto a tutti gli altri mezzi di comunicazione era rappresentato dalla promessa di interoperabilità, dall’interattività e dalle possibilità che l’ipertesto lasciava intravedere.

La delinearizzazione della parola scritta, garantita dall’ipertesto, forniva una sorta di teletrasporto verso forme di comunicazione mai sperimentate prima; la prospettiva di accedere in maniera semplice ad un “contenitore” in grado di accogliere al suo interno tutto lo scibile umano, rappresentava un’oggettiva rivoluzione se paragonata alle modalità tradizionali di trasmissione del sapere. In pochi anni ci si è resi conto che il Web aveva tutte le caratteristiche per poter diventare anche un fruttuoso business, e bisogna onestamente ammettere che senza la spinta del “dio denaro” (e forse anche senza la famigerata pirateria informatica) ben pochi di noi starebbero a parlare di computer e di Web, e a nessuno verrebbe in mente di usare Internet a scopi didattici!

 

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1.2 La comunicazione one-way: dal produttore al fruitore

Schematizzando, l’idea originaria di Web prevedeva la visualizzazione di documenti multimediali e ipertestuali, creati con l'uso del linguaggio HTML; questo approccio basilare è da molti definito come il Web 1.0. La possibilità di fruire di contenuti senza poter in alcun modo intervenire su di essi, ereditava parzialmente alcuni meccanismi cari ai media “antecedenti”, come la radio e la televisione, che erano storicamente ancorati (e in buona parte lo sono anche oggi) al modello comunicativo “one-way”, cioè monodirezionale: indipendentemente dalle modalità di fruizione e dai canali utilizzati, il messaggio da comunicare viaggia in un’unica direzione, dall’emittente al fruitore. In quest’ottica, non è scorretto affermare che il Web nei suoi primi dieci anni di vita ha “rincorso” il modello comunicativo che il media egemone (la televisione) aveva nel corso degli anni creato, sviluppato e standardizzato. Il paragone al media televisivo era – e tuttora è – abbastanza immediato, fosse solo per la presenza del monitor e di qualcosa che vi appare all’interno.

Oggi i ruoli si sono in qualche maniera invertiti, ed è la televisione che – nel tentativo spesso rozzo e maldestro di sopravvivere - scimmiotta modalità, tempi e schemi comunicativi che il Web, evolvendo e imponendosi come media globale ha saputo cucirsi addosso evolvendo costantemente negli anni.

1.3 I ruoli degli utenti del Web 1.0

La modalità comunicativa privilegiata (one way) e le contingenze di carattere tecnico (linee di comunicazione non molto veloci e performanti) hanno inizialmente limitato l’evoluzione del modello di riferimento del Web, che si è spesso fossilizzata attorno al dualismo funzionale “autore – lettore”:

Autore: è colui che progetta e genera il sito ed i suoi contenuti, l’artefice dei testi, delle immagini e dei filmati che per mezzo del sito Web e delle pagine che lo compongono, vengono veicolati verso l’enorme massa di fruitori, cioè i lettori;

Lettore: è l’utente “tipo” che si collega ad Internet, e col suo browser naviga alla ricerca di informazioni. Suo unico “compito” è di ricevere il messaggio informativo, e quindi di leggere i contenuti di pagine e interi siti Web, precedentemente scritti dall’autore (scrittore).

Il modello comunicativo di tutti i siti risalenti al primo decennio di vita del Web è imperniato su queste due funzioni chiave, anche se in molti casi autore del sito e autore dei contenuti erano individui diversi, e molto spesso tra lo scrittore ed il lettore si frapponeva la figura del redattore:

Redattore: è suo il compito di creare e pubblicare le pagine Web contenenti quel che l’autore ha scritto, che verrà letto dai lettori; in alcuni casi il redattore si occupa anche di svolgere le attività legate alla manutenzione ordinaria del sito in questione.

 

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1.4 Servizi tipici del Web 1.0

I servizi offerti dal Web 1.0, quello che indicativamente ha caratterizzato i primi dieci anni di vita del Web, facevano capo (con le inevitabili differenziazioni ed eccezioni) al concetto di “fornitura di contenuti”, nella sua accezione più ampia e variegata: campioni del Web 1.0 erano siti come CNN, Ebay, America Online, Repubblica.it, e tanti altri milioni di siti Web, impossibili da elencare tutti.

Proprio a causa del numero elevatissimo di siti Web potenzialmente interessanti, eviteremo (qui e altrove) di incanalare la trattazione verso sterili elencazioni di siti o risorse, privilegiando argomentazioni concettuali, utili per tutte le aree disciplinari.

In ogni caso si trattava (e si tratta ancora) di contenuti da leggere, immagini e video da visualizzare: notizie, merci e servizi da acquistare, aziende che si fanno conoscere, insomma il Web 1.0 può essere riassunto con poche e semplici asserzioni:

Si poteva solo leggere, pagina per pagina; Erano pagine statiche, dal livello di interazione molto limitato; C’erano le Directory (raccolte di siti suddivisi per area tematica); C’erano i motori di ricerca; C’erano le grandi Home Page piene zeppe di link; C’erano quasi solo aziende e professionisti; C’erano i forum di discussione, in cui scambiare opinioni e pensieri con altri utenti; La pubblicità era invasiva ma “semplice”: banner (rettangoli a mo’ di striscione) in tutte le salse;

Le applicazioni Web erano quasi tutte proprietarie (il produttore crea un software, l’utente lo scarica e lo usa senza poterci intervenire).

1.5 La didattica ai tempi del Web 1.0: modelli ed applicazioni didattiche tipiche della prima fase del Web

Naturalmente, anche le applicazioni Web 1.0 dedicate a studenti e allievi, non potevano che adeguarsi al modello comunicativo mono-direzionale, e rientravano quindi all’interno delle seguenti tipologie:

Raccolte di contenuti didattici da stampare/consultare a video; Materiali/giochi/quiz didattici da scaricare; Grandi portali di divulgazione (scientifica, letteraria, tecnologica…); Enciclopedie consultabili (il più delle volte) a pagamento; Siti informativi per alunni (ricerche, temi e tesine…) e docenti (sindacati, organizzazioni varie…); Semplici servizi e marginali di creazione di pagine Web, quiz e verifiche, learning object e

simulazioni didattiche; Forum di discussione, spesso tematici; Motori di ricerca e indici.

E conseguentemente, il Web 1.0 in classe era principalmente utilizzato come fonte di materiali da utilizzare o rielaborare a seconda delle esigenze didattiche del momento, e le attività basate sul Web che si potevano organizzare in classe a supporto della didattica, si limitavano essenzialmente a:

 

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Esplorazione guidata di risorse Web (enciclopedie, motori di ricerca, indici tematici…) alla ricerca di materiale utile per approfondimenti e ricerche;

Lettura di quotidiani o periodici Web in classe; Visualizzazione e discussione di contenuti estratti dal Web (immagini di opere d’arte e monumenti); Partecipazione – opportunamente moderata dal docente – a discussioni nei forum.

Il Web 1.0 si adeguava, in questi anni, ad una visione quasi “dispotica” dell’apprendimento, nella quale l’allievo finiva con l’essere il mero esecutore di attività come la ricerca, la lettura, l’ascolto e la ricezione di elementi conoscitivi, e al quale veniva chiesto, nel migliore dei casi, di rielaborare in maniera autonoma quanto ricevuto durante la lezione.

 

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2. I l Web 2.0 2.1 La nascita del Web 2.0

L’inizio del Web 2.0, o meglio la prima volta che qualcuno iniziò ad utilizzare questo termine, si fa risalire al 2004 durante una sessione di brainstorming in occasione di una conferenza tra O'Reilly e MediaLive International, nella quale si faceva espresso riferimento alle aziende sopravvissute al Web 1.0, e si iniziava a parlare in termini di “2.0” riguardo ad una nutrita serie di applicazioni e siti molto interessanti.

In particolare, l’attenzione dei relatori cadeva su tutto quanto permettesse agli utenti di avere a che fare con:

Blog; Commenti; Tag (etichette); Inserimento/Modifica dei contenuti; Attribuzione di punteggi…

In generale, veniva posto l’accento su qualunque attività – effettuabile sul Web – che potesse in qualche modo richiamare l’idea di partecipazione; da quel momento in poi, fu proprio il concetto di partecipazione dell’utente a segnare il confine, e da molti fu considerato il vero spartiacque tra Web 1.0 e Web 2.0.

Quindi uno dei concetti basilari della filosofia del Web 2.0 è la partecipazione degli utenti alla creazione/integrazione/modifica dei contenuti, utenti che si vedono promossi al rango di protagonisti piuttosto che soltanto di meri fruitori del contenuti del vecchio Web 1.0. Piaccia o meno, il paradigma fondante del Web 2.0 “concede fiducia” ai suoi utenti, visto che essi stessi vengono messi nelle condizioni – secondo modalità e gradi di libertà diversificati – di creare proprio quei contenuti di cui poi saranno anche fruitori.

Insomma, una commistione di ruoli indubbiamente intrigante, tanto più se si considera che i teorici e gli entusiasti del Web 2.0 prevedono un aumento della “qualità” dei contenuti in proporzione all’aumento degli utenti. Per esempio, un utente che pubblica un video su YouTube può apportare un certo livello qualitativo, se il video da lui condiviso presenta caratteristiche tecniche e/o contenutistiche degne di nota; ma se gli utenti sono mille o meglio ancora un milione, sarà certamente più facile che tra la moltitudine di materiale condiviso vi siano video qualitativamente rimarchevoli, anche se sarà anche più difficile rintracciare i contributi degni di nota.

Quindi, da una parte l’aumento dei contributi da parte degli utenti genera un aumento di elementi potenzialmente qualitativi, dall’altra aumenta anche enormemente il cosiddetto “rumore di fondo” costituito dall’enorme mole di contenuti privi di qualsiasi apporto qualitativo, la cui presenza complica non poco la vita a tutti gli utenti.

Come in precedenza, anche per il Web 2.0 è forse indispensabile presentare i termini che verranno utilizzati con maggiore frequenza, specificandone anche il significato essenziale:

Blog (Web-log = diario sul Web): è un particolare tipo di sito web, nel quale i contenuti sono presentati in forma cronologica. Un blog è gestito da uno o più blogger.

Post: è un messaggio testuale (ma anche multimediale), inserito su un blog o su uno spazio Web, che può essere assimilato all’articolo di un giornale se pubblicato da un blogger, ma può anche avere funzione di opinione o commento quando inserito da un utente.

RSS (Really Simple Sindacation): è uno dei formati più noti ed usati per la distribuzione di contenuti sul Web; i flussi RSS sono la loro più popolare applicazione, e permettono all’utente di

 

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ricevere aggiornamenti su nuovi articoli (o nuovi commenti) pubblicati sui siti di interesse, senza doverli visitare continuamente uno a uno. Si parla in questo caso di aggregatore di notizie.

Social Network (rete sociale): la definizione originaria si riferisce ad un gruppo di individui connessi tra loro da diversi legami sociali, e identifica storicamente una rete fisica di persone. La sua applicazione alle potenzialità offerte dalla rete Internet ha dato origine ad una delle forme più evolute di comunicazione in rete. Vista come “servizio Web”, essa è quindi una struttura informatica che gestisce nel Web le reti sociali.

Tag: un tag è una parola chiave associata ad un qualsiasi contenuto informatico, che descrive l’oggetto a cui si riferisce permettendone la classificazione e la successiva ricerca in rete. Di solito i tag vengono creati ed inseriti direttamente dagli utenti di un sito Web, di un blog o di un social network.

2.2 La comunicazione bidirezionale  

L’idea stessa di partecipazione contiene quella di bidirezionalità! Se l’utente che legge un articolo ha anche la possibilità di commentarlo, è evidente che il modello comunicativo alla base del cosiddetto Web 2.0 si è arricchito di un ramo che conduce dall’utente al sito che contiene l’articolo e che sta per contenere anche il commento.

Si apre – oggettivamente – un mondo nuovo, nel quale al nuovo modello basato sulla partecipazione e sulla fiducia si accompagna un’enorme e multiforme quantità di nuovi strumenti, di “nuove cose da fare” e – per quanto riguarda il mondo della didattica e divulgazione – nuove attività collaborative e sociali fondate sullo scambio, sul lavoro di gruppo e sulla condivisione, attività semplicemente impensabili e irrealizzabili con il vecchio modello mono-direzionale.

Grazie a questa novità, il Web inizia (a partire dagli anni 2003 - 2006) a sfornare nuove forme di siti e applicazioni, nelle quali l’attività di lettura e reperimento di informazioni è solo una delle tante possibili: nascono i Social Network, le applicazioni Web basate sul coinvolgimento pieno e sul libero apporto degli utenti, e le cosiddette Web communities (comunità di utenti Web); intanto nuove dinamiche si instaurano tra i membri delle comunità virtuali, a tutto vantaggio della libera e inarrestabile circolazione di idee ed opinioni, e in tanti casi anche della libera creazione, raccolta e diffusione della conoscenza, ma quest’ultimo è un ambito assai più delicato, sul quale ci soffermeremo più avanti. In molti, forse non a torto, parlano di una rivoluzione paragonabile (per forza innovativa, diffusione e prospettive) all’invenzione della stampa: la “rivoluzione dei social media”.

 

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2.3 I ruoli degli utenti del Web 2.0: nasce la figura di lettore/contributore/autore

Riferendo la nostra attenzione alla triade autore – redattore – lettore che avevamo introdotto esaminando il funzionamento del cosiddetto Web 1.0, e applicando ad essa quanto detto finora sul nuovo modello partecipativo introdotto dal Web 2.0, appare quanto mai evidente che qualcosa è cambiato!

Se è vero che in un blog, come sul sito di un quotidiano, il lettore può commentare e scambiare opinioni con l’autore e con altri lettori, ecco che le figure di redattore e lettore iniziano a confondersi tra loro, ed ecco che parallelamente vengono alla luce nuovi tipi di utenti, ciascuno di essi legati alle nuove modalità di interazione con gli strumenti del Social Web. Proviamo a schematizzare quanto detto, riferendoci alla cosiddetta “scala degli utenti del Web 2.0”:

Inattivi: sono tutti coloro che non fanno niente, questi sono i “non utenti” del Web 2.0, in quanto per niente interessati a partecipare, condividere e contattare nuovi utenti sul Web, basti pensare solo a quanti docenti – non conoscendo i nuovi media evitano del tutto di averci a che fare;

Spettatori: si tratta dei fruitori “passivi”, dei “lettori 1.0”, di coloro cioè che di fatto non approfittano della possibilità di commentare quanto pubblicato da altri o di pubblicare essi stessi contenuti originali. Questi utenti si limitano quindi a fruire dei contenuti dei siti Web 2.0;

Iscritt i : sono questi utenti che si registrano su un sito Web 2.0, e manifestano in questa maniera il potenziale desiderio di essere poi maggiormente coinvolti nelle fasi più attive e partecipative:

Collezionisti : sono tutti gli utenti che utilizzano i Feed RSS (aggregatori di notizie e post), ma anche coloro che si preoccupano di inserire tag o esprimere giudizi sotto forma di votazioni online; in realtà anche queste ultime due funzioni (tagging e voti) possono essere considerate come apporto di contenuti;

Critici: sono coloro che commentano, contribuendo in qualche modo ad arricchire le discussioni sui blog, o ad aggiungere contenuti su wiki; in buona sostanza si avvicinano ai “redattori” di cui abbiamo parlato prima;

Creatori: si tratta degli autori di blog o di siti Web personali, ma anche di coloro che creano e condividono – per esempio su YouTube – video creati da loro.

Di certo, le possibilità di interazione Web 2.0/Utente sono maggiori che in precedenza, visto che per quest’ultimo si può registrare un progressivo allargamento dei paletti in cui prima era “relegato”: l’utente adesso ha molto spazio in più, ma non è affatto detto che questo sia SEMPRE un bene!

2.4 Nuovi servizi del Web 2.0

Una volta chiari i concettuali fondanti ed i principali approcci metodologici che caratterizzano il Web 2.0, proviamo ad individuare le applicazioni più rappresentative di questo fenomeno, così da poter immediatamente confrontare le nostre personali esperienze con quel che oggi offre il panorama Web, e soprattutto comprendere se e in quale misura un docente può trovare tra le applicazioni Web 2.0 validi alleati durante le attività didattiche.

Come già detto non proporremo sterili e inevitabilmente incompleti elenchi di siti, forse il modo migliore per orientarsi tra le tantissime applicazioni Web 2.0 è probabilmente la consultazione di una delle mappe, alcune interattive, sparse per la rete; basterà cercare su un motore di ricerca “web 2.0 map”.

Qui sotto si riporta la traduzione in italiano della “meme map” proposta nel 2004 da Tim O'Reil ly nell’articolo considerato il vero e proprio manifesto del Web 2.0; la mappa, anche se alquanto datata,

 

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contiene in forma schematica i capisaldi del paradigma Web 2.0 e continua ad essere un affidabile punto di riferimento:

Osservando con attenzione la parte superiore della mappa, quella contenente le applicazioni “campione” del Web 2.0, ci si rende conto di quanto difficoltoso e riduttivo sia il tentativo di etichettare e catalogare con un “1.0” o “2.0” l’evoluzione del Web: infatti tra le applicazioni elencate, ne troviamo alcune nate molto prima del 2004.

L’apparente contraddizione si può superare se si pensa che il Web 2.0 non ha annullato quel che esisteva prima, ci si è affiancato; nessuna rivoluzione istantanea, quindi, ma una “normale” e prevedibile evoluzione del Web che – al mutare di certe condizioni al contorno – ha fatto registrare la nascita e la realizzazione di nuove idee, rese possibili proprio dalla presenza di nuovi presupposti, il più importante dei quali è stato la crescente disponibilità di linee di trasmissione sempre più affidabili e veloci lungo le quali far viaggiare quantità sempre maggiori di dati, informazioni e contenuti multimediali.

2.5 Il Cloud Computing: potenzialità e falsi miti di una delle ultime frontiere delle reti di computer

Il termine anglosassone Cloud Computing (nuvola informatica) sta ad indicare un insieme di tecnologie hardware e software che permettono all’utente del Web di archiviare e/o elaborare dati utilizzando risorse distribuite e virtualizzate sulla rete Internet, rese disponibili da appositi fornitori.

 

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In pratica, l’approccio “cloud” rende possibile:

Eseguire delle attività di elaborazione, sfruttando programmi applicativi che non risiedono fisicamente sul computer dell’utente, ma su un server Web;

Salvare dati e file su cartelle Web anch’esse fisicamente situate su un computer remoto il cui disco fisso viene condiviso sulla rete Inte rnet.

In realtà qualunque rete di computer (locale o geografica) permette l’archiviazione o l’elaborazione di dati su computer o dischi diversi da quelli utilizzati localmente dall’utente; Internet estremizza questa possibilità e rende facilmente praticabili queste funzionalità utilizzando un semplice browser, molto spesso addirittura gratuitamente! Gli utenti possono quindi utilizzare software applicativi o addirittura sistemi operativi non installati sul proprio computer e salvare dati su memorie di massa on-line.

Anche in questo caso c’è da notare che non è tutto oro quello che luce, ed in molti casi parlare di cloud finisce con l’essere una forzatura. Internet e il Web sono sempre stati fondati sull’idea di risorse remote, (cloud, appunto) visto che le pagine Web e tutti i siti visualizzabili da ogni utente non risiedono mai sul computer dell’utente stesso, ma si trovano altrove, su qualche server situato chissà dove!

Nell’esplosione del “cloud computing” ha – ancora una volta - giocato un ruolo essenziale la possibilità di trasferire dati su Internet ad una velocità sempre maggiore. All’inizio, il concetto di cloud era implicito nell’idea stessa di Web, ma era riferito esclusivamente a pagine e siti, liberamente fruibile da qualsiasi dispositivo in grado di connettersi alla rete; poi si è potuto trasferire “in remoto” anche le funzionalità di elaborazione ed archiviazione, a tutto vantaggio della flessibilità di utilizzo e – in linea di principio dell’economicità.

 

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Ecco spiegato perché i teorici del Web 2.0 hanno introdotto l’idea di “Web come piattaforma” e quella di “Applicazione Web”: non siamo più in presenza della semplice erogazione di contenuti (Web 1.0), ma della disponibilità di vere e proprie funzionalità operative, alcune delle quali in grado di generare esse stesse contenuti. La loro fruizione è incentrata sul browser come strumento privilegiato, in antitesi alla marea di applicativi proprietari che precedentemente non avevano alcuna alternativa concretamente praticabile.

2.6 Le opportunità del Web 2.0 per docenti ed alunni: nuovi strumenti per soddisfare nuove esigenze da parte di un nuovo tipo di utente

Il Web 2.0 e gli strumenti che esso offre ad alunni e docenti potrebbe per davvero rappresentare un’ottima occasione per avviare un reale e concreto rinnovamento nel mondo della Scuola, al di là di slogan ad effetto e facili entusiasmi, purché sia ben chiaro a tutti gli individui coinvolti – qualunque sia il loro ruolo - che tecnologia e innovazione non sono sinonimi.

Per un docente, per un dirigente scolastico, per l’intero Sistema Scuola, seguire l’evoluzione tecnologica approfittando anche delle novità introdotte dal Web 2.0, non è un’opzione da valutare e considerare senza particolare fretta, ma è semplicemente un dovere. Non adeguarsi significa restare al palo, essere messi ai margini e rimanere fuori; la Scuola non può permettersi di fare altri passi indietro!

Innovare, però, è un’altra cosa: innovare significa prendere parte attiva al cambiamento, ed utilizzare quindi i nuovi strumenti rinnovando metodi, visioni, scuole di pensiero e vecchie abitudini, perché le nuove tecnologie dell’informatica e della comunicazione non sono neutre, e vanno adeguatamente comprese da parte di ciascun loro utilizzatore! La Scuola ed ogni suo membro devono allora trasformarsi in attori protagonisti dell’innovazione, anche in classe.

Attenzione però, innovare la Scuola non vuol certo dire distruggere, bensì integrare le buone pratiche didattiche consolidate nel tempo dalla esperienza professionale di ciascun docente.

Ma quali sono le reali opportunità offerte dal Web 2.0 a docenti e alunni?

Ricordiamo innanzitutto che la distanza più tangibile tra il web 1.0 e il 2.0 risiede nel come ciascun utente può approcciarsi alla rete Internet, potendo adesso contribuire in prima persona e senza mediazioni alla generazione di contenuti. E’ un po’ come se il Web 2.0 riuscisse a veicolare e a instradare una serie di processi facenti capo all’apprendimento, diffusi e generati dal basso, finendo con il destrutturare (in senso positivo) anche il ruolo del docente.

Strumenti come i blog, i social network e le piattaforme di condivisione, permettono di progettare ed attuare un concreto salto di qualità anche nella quotidiana attività didattica, in classe e a casa; la stessa “vecchia” lezione frontale può arricchirsi di momenti di approfondimento flessibili e informali, caratterizzati da interazioni attive e consapevoli tra sito e utenti, ma anche tra gli stessi utenti (docenti e allievi), il tutto all’insegna della condivisione e rielaborazione collettiva di dati, informazioni e contenuti non soltanto didattici.

Tutto questo senza dimenticare che, indirizzando la nostra attenzione principalmente sugli allievi, essi sono forieri di nuove esigenze e stimoli al tempo stesso, in quanto “nativi digitali”; per loro l’uso quotidiano, e in ogni attività, delle tecnologie digitali (computer, smartphone, tablet, Web, social network…) è cosa del tutto naturale, quasi automatica.

 

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Che occasione per ogni docente… riuscire a catturare l’attenzione dei propri allievi, suscitando interesse ed entusiasmo grazie all’adozione di nuovi approcci e metodologie, legate proprio agli strumenti che i nostri ragazzi amano tanto!

Sì, perché l’utilizzo anche in classe di applicazioni come social network, blog, wiki vanno a sollecitare tacitamente le dimensioni rielaborative e metacognitive implicate nei processi di apprendimento.

Usare un blog o un social network permette a ciascun alunno di ripercorrere in maniera critica alcuni aspetti delle lezioni svolte, approfondendo particolari argomenti.

Le nuove dinamiche accese dall’incontro di esperienze che si sviluppano oltre il contesto-classe, allargano la riflessione nell’ambito dell’informale; ed è qui che ciascun individuo coinvolto attivamente, per presentare e pubblicare in rete le proprie idee, deve saper organizzare il materiale proposto dal docente, attraverso la creazione e la continua rielaborazione di mappe mentali, alla ricerca di punti di sintesi sui concetti da esprimere.

Non è scorretto quindi affermare che l’introduzione in classe di strumentazioni connesse in rete (LIM, personal computer, tablet...) e il potenziamento di contenuti autoprodotti dagli studenti, stimolano modelli di apprendimento basati su un approccio attivo, in cui le conoscenze vengono costruite e rielaborate individualmente, seppure in maniera collaborativa.

Ecco che, se ben pensati e realizzati, al centro dei progetti che implicano l’utilizzo dei social network e del web 2.0 non c’è la tecnologia, ma le dinamiche di trasformazione dell’ambiente di apprendimento che essi possono attivare, visto che le caratteristiche e le funzionalità del Web 2.0 consentono di far dialogare ed interagire virtuosamente dimensioni solitamente isolate, se non addirittura opposte:

 

Formale/Informale

Artificiale/Naturale

Piattaforma/Rete

Studio/Divertimento

Individuale/Sociale

Riflessione/ Collaborazio

ne

 

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3. I Social Network 3.1 Le funzionalità di base

Se si chiedesse a venti persone di definire cos’è un social network, probabilmente si riceverebbero venti risposte diverse, magari tutte più o meno corrette. Riportiamo quindi la definizione degli studiosi americani Boyd ed Ellison, secondo i quali un social network è un servizio fruibile via Web che permette:

La creazione di un profilo pubblico (in toto o anche solo parzialmente) nell’ambito di un sistema organizzato e regolato;

La creazione da parte dell’utente di una lista di contatti; La possibilità (sotto diverse forme e secondo regole variabili) di visualizzare la lista degli amici dei

propri contatti.

Per partecipare alle attività di un social network, serve crearsi un profilo personale, inserendovi alcune semplici e limitate informazioni di base, per poi iniziare ad inserire (tra le altre cose) hobby, interessi, anche esperienze di lavoro, ambizioni personali o professionali…

Ma una rete sociale (social network, appunto) non ha senso senza la condivisione e l’apporto di altri individui, ecco perché ben presto si iniziano ad invitare amici e conoscenti, che a loro volta hanno fatto e faranno altrettanto, fino a ritrovarsi con centinaia di contatti di primo livello, e cerchie di centinaia di migliaia di individui, variamente collegati a noi tramite interessi, attività e occupazioni comuni.

Nascono quindi in breve tempo vere e proprie comunità tematiche, in grado di allargarsi progressivamente in maniera davvero impressionante. Tutto questo può rappresentare:

La possibilità per ciascun utente di rintracciare vecchi amici, parenti lontani e di fare nuove conoscenze;

Una fonte di business potenzialmente enorme per aziende e imprese intenzionate a farsi conoscere all’interno di comunità virtuali estremamente numerose e molto spesso assai attive;

Un fattore di rischio per gli utenti più ingenui e/o giovani, evidentemente più esposti di fronte a comportamenti malevoli o truffaldini.

Quel che sfugge ai più, soprattutto agli utenti adolescenti di un social network, è il cosiddetto “modello di business”, cioè la fonte di guadagno dei proprietari dei social network, che consiste di tre attività principali:

Fornitura a terzi delle informazioni degli utenti, alimentate e accresciute continuamente dall’uso quotidiano da parte degli utenti stessi;

Pubblicità mirata che le aziende indirizzano agli utenti in base al contenuto dei profili di ciascun utente;

Iscrizione (con pagamento di una tariffa spesso molto esigua) degli utenti che desiderano utilizzare tutte le funzionalità di alcuni siti, in particolare quelli di incontri e “dating” (appuntamenti).

In questa sede, il nostro interesse andrà sempre più a focalizzarsi sulle implicazioni e sulle potenzialità che questi strumenti possono avere se inseriti nell’ambito di attività didattiche, nell’ambito di una seria programmazione per competenze.

 

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3.2 Nuovi significati dei termini “amico”, “contatto”, “comunità”

L’utilizzo intensivo di social network da parte di miliardi di individui e la continua nascita di nuove applicazioni Web di questo tipo, non potevano non avere un’influenza – sempre più concreta – sul nostro modo di vivere, di comunicare e di avere a che fare con gli altri individui. Gli esempi sono davvero innumerevoli, concentriamoci ora sulle nuove accezioni che molte parole vanno assumendo, e sul nuovo significato che è oramai naturale associare a svariati concetti e attività umane.

Amici: nella nostra “vita reale” ciascuno di noi ha sempre ritenuto di avere due, forse tre Amici (nel VERO senso della parola). La parola “Amico” talvolta si usa come sinonimo di “compagno”, ma quando si riflette al suo vero significato, tutti generalmente concordano sul fatto che di amici veri ce ne sono pochi! Ma all’improvviso, appena si entra in un social network, si scopre che di amici ne abbiamo decine, poi centinaia… E basta leggere studi e statistiche per accorgersi che mediamente un utente di Facebook ha centinaia di amici, non è difficile superare le migliaia! Appare allora evidente come la parola “Amico” abbia profondamente mutando il suo significato originario, almeno per quanto riguarda la “vita virtuale” in un social network, forse è anche su questo grande equivoco che si fonda la fortuna di tante applicazioni di questo genere.

Amici degli amici: se poi ci si addentra negli elenchi degli amici dei contatti di primo livello, cioè se si sbircia fra gli “amici degli amici”, si sconfina in un universo di individui il più delle volte sconosciuti, ma il più delle volte abilitati ad accedere ai nostri dati personali, alle nostre fotografie per esempio. Quel che si scrive sul profilo di un contatto viene letto anche da tutti i suoi amici, anche se questi ultimi non sono amici miei. Ad ancora, normalmente è possibile addirittura accedere liberamente alle fotografie caricate dagli amici degli amici, pur non essendo un loro amico… “L’amico del mio amico è un mio amico”? Sui social network è proprio così, se non si modificano le impostazioni della privacy predefinite! Quanti utenti (per esempio di Facebook) sono pienamente consapevoli di questi dettagli?

Comunità: se il significato di una parola importante come “Amico” va costantemente modificandosi, anche il concetto di “comunità” assume nuovi significati, basti pensare alla virtualità di milioni e milioni di gruppi e comunità che nascono, si sviluppano e crescono solo grazie alle interazioni rese possibili dai social network; interazioni, e quindi comunità, che non sarebbero mai nate senza di essi, e che quindi ereditano da tali applicazioni Web modalità d’utilizzo peculiari, convenzioni, potenzialità e rischi. Ed è in quest’ambito che potremo trovare spunti molto interessanti dal punto di vista didattico, visto che queste comunità fondano la loro esistenza su concetti quali: collaborazione, scambio, condivisione.

3.3 La condivisione come interazione privilegiata tra i membri di un social network

La libera condivisione di materiale informatico e digitalizzato (documenti, video, fotografie, musica…) è sempre stata “nelle corde” di Internet, ed è utile ricordare che quando si mettono in rete anche soltanto due computer in un piccolo ufficio, lo si fa per favorire lo scambio di file tra di loro.

Ed ancora, lo scambio di file tra computer connessi via modem analogico era una pratica comune (anche se non alla portata di tutti) ben prima della nascita del Web, quando negli anni 80-90 ci si collegava faticosamente alle “vecchie” BBS (Bullettin Board System), considerati gli antesignani del “file sharing” oggi così diffuso.

 

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Quindi, come già evidenziato in precedenza, nulla di davvero rivoluzionario è apparso sotto il sole del Web 2.0; piuttosto, quel che prima si riusciva a fare in maniera macchinosa e lenta, lo si è potuto concretizzare e rendere alla portata di ciascun utente solo nell’ultimo decennio, quando le velocità di connessione hanno reso largamente e facilmente praticabile l’invio, il prelievo e lo scambio rapido di file anche molto corposi.

Quindi, alla fine, è stata solo una “semplice” contingenza tecnologica a rendere possibile la nascita ed il proliferare di servizi come YouTube (piattaforma di condivisione di video) e Flickr (piattaforma di condivisione di fotografie e video), servizi che altrimenti sarebbero stati soltanto una mera esercitazione “filosofica”, null’altro!

Con tutto questo, naturalmente, non si intende negare la valenza e l’oggettiva imponenza del fenomeno YouTube e Web 2.0 in genere, quanto comprenderne l’essenza e ricondurla all’interno dei suoi naturali confini, il tutto allo scopo di utilizzare queste nuove tecnologie in maniera corretta e didatticamente efficace.

Nei prossimi moduli e paragrafi verranno esaminati i più diffusi strumenti 2.0 relativi a:

Scambio rapido di messaggi (Messaging: Skype, Whatsapp); Scambio libero di idee, opinioni, fotografie e stati d’animo (Social Network: Facebook, Twitter,

Google+, Pinterest); Condivisione di documenti e risorse (Google Drive, Office Live, DropBox); Raccolta e fruizione libera della conoscenza (Wiki: Wikipedia).

 

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4. Servizi di messaging 4.1 Applicazioni messaging desktop: Skype

Un sistema di messaggistica istantanea (instant messaging) è un sistema di comunicazione per lo scambio in tempo reale di brevi messaggi testuali, fra utenti di due o più dispositivi connessi in rete (computer, smartphone, tablet…).

Alcuni di essi, oltre allo scambio di testi, offrono servizi maggiormente evoluti:

Conversazioni audio tra computer o altri dispositivi; Semplici video-conferenze.

In genere, le cosiddette “applicazioni desktop” sono quelle dedicate a personal computer da scrivania o anche a notebook (pc portatili); quindi un programma di messaging desktop permette ad un computer (da tavolo o portatile) di comunicare per mezzo di messaggi di testo o sessioni audio-video, il più delle volte gratuitamente o pagando tariffe davvero irrisorie. La più conosciuta tra queste applicazioni è senza dubbio Skype, un servizio gratuito (a pagamento per necessità d’uso particolarmente evolute) disponibile praticamente per qualsiasi tipo di computer o sistema operativo (Windows, Linux, Mac, Android, IOS), che offre i seguenti servizi gratuiti:

Creazione di una “rubrica” di contatti; Messaggistica testuale; Chiamate audio tra dispositivi collegati ad Internet; Chiamate video tra dispositivi collegati ad Internet; Condivisione di contatti; Condivisione di file (documenti, immagini…); Condivisione dello schermo tra due utenti; Invio di messaggi vocali.

Tra i servizi a pagamento di Skype, i più interessanti sono certamente:

Chiamate verso telefoni fissi e cellulari; Invio di SMS; Videochiamate di gruppo; Condivisione dello schermo tra più utenti.

4.2 WhatsApp e la messaggistica su dispositivi mobile

Se ha senso parlare di messaggistica istantanea riferendoci a computer desktop o portatili, ed il grande successo di Skype lo testimonia, ancor più interessante è la possibilità di trasferire queste tipologie di applicazioni su dispositivi mobili, come smartphone e tablet.

WhatsApp è l’alfiere di quest’approccio, ed ha l’indubbio merito di aver provato, anche in questo caso con enorme successo, a trasportare gli SMS su Internet!

Prima di WhatsApp scrivere ed inviare un SMS con un telefono cellulare aveva comunque un certo costo, a seconda della tipologia di contratto stipulato col gestore prescelto; WhatsApp, scaricando sul proprio cellulare (Android o IOS) l’omonima App, permette di mandare messaggi gratuitamente a chiunque abbia uno smartphone connesso ad Internet, senza pagare quindi i normali costi di un SMS. Inoltre, c’è la

 

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possibilità di condividere foto, video, registrazioni audio e rilevamenti della propria posizione geografica, sempre gratuitamente, ma non di effettuare chiamate audio o video.

La bontà dell’idea, applicabile anche a molte attività di carattere didattico e divulgativo, è resa evidente dallo spropositato numero di messaggi inviati con quest’applicazione ogni giorno in tutto il mondo, ma anche dalla comparsa di altre applicazioni (WeChat) che stanno puntando sulla stessa idea, ma ampliandola e permettendo agli utenti anche di effettuare chiamate voce gratuite.

In generale, la filosofia portante di questa ed altre applicazioni per dispositivi mobili si fonda sul concetto di “always connected” (sempre connesso), che è oramai diventata un’abitudine ed un vero e proprio modo di vivere per centinaia ei milioni di giovani (e meno giovani) in tutto il mondo: avere sempre con sé uno smartphone connesso alla rete Internet permette a ciascuna persona di mantenere costantemente attiva e funzionante la propria rete sociale, senza mai interromperne l’evoluzione, apportandovi – talvolta inconsapevolmente – nuove informazioni istante per istante!

E’ innegabile la valenza didattica di tali strumenti, su computer desktop o dispositivi mobili, che permettono ai membri di qualsiasi comunità reale (come i docenti ed allievi di una classe) di continuare a comunicare e ad interagire tra loro anche a distanza, garantendo per esempio ad un alunno ammalato di seguire ugualmente la lezione, o a un docente di organizzare sessioni di approfondimento pomeridiane o comunque al di fuori dell’orario scolastico.

L’ambiente di apprendimento inizia a trasformarsi, anche grazie a queste applicazioni 2.0!

4.3 I social network più diffusi

E molto difficile, se non impossibile, fornire elenchi stabili ed attendibili sui social network più usati, ma anche riassumere in poche pagine le caratteristiche e le funzionalità dei più diffusi social network, dato ché tutte le applicazioni Web 2.0 sono – per definizione – in uno stato di “beta perenne”, cioè in costante evoluzione: nuovi layout, nuove funzionalità, nuove occasioni di condivisione ed interazione, nuove regole per la gestione della privacy, modifiche piccole e grandi vanno accumulandosi mese per mese, rendendo inutile la descrizione puntuale del loro stato attuale, che finirebbe con l’essere un’istantanea destinata alla rapidissima obsolescenza. Molto più utile per gli scopi di quest’opera, è un rapido esame delle qualità peculiari di ciascun social network in esame, ricordando che – come per molte applicazioni informatiche – il modo migliore per conoscere, apprezzare e valutare un software è usarlo, sperimentandone le eventuali potenzialità didattiche!

4.3.1 Facebook, il principe dei social network

Nasce nel febbraio del 2004, e conta oggi (settembre 2013) oltre un miliardo di utenti attivi che vi accedono almeno una volta al mese.

Gli utenti possono regstrarsi gratuitamente, inserendo pochi dati personali come nome, cognome, data di nascita e indirizzo email, dopo di che iniziano a creare il proprio profilo personale, includendo altri utenti nella propria rete sociale, aggiungendoli come amici, scambiando messaggi, anche via chat, e ricevendo una crescente quantità di notifiche automatiche, ogni qual volta un amico aggiorna il proprio profilo.

 

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Come già accennato in precedenza, gli utenti possono creare o unirsi a gruppi per coltivare interessi in comune con altri utenti, condividere contenuti multimediali (testo, immagini, video, link…) ed utilizzare varie applicazioni presenti sul sito.

Ciascun profilo è personalizzabile con una foto (immagine del profilo) per renderlo facilmente identificabile e riconoscibile, e può contenere molte altre informazioni:

Comune di nascita e di residenza; Scuola frequentata; Datore di lavoro; Orientamento religioso e politico; Propria situazione sentimentale.

4.3.2 Twitter

Nato nel marzo del 2006, Twitter è un servizio gratuito, a cavallo tra il social network e il microblogging (blog caratterizzato da contenuti estremamente ridotti), che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile con l’invio di messaggi di testo aventi la lunghezza massima di 140 caratteri.

Twitter su basa sul principio dei seguaci (followers). Quando si sceglie di seguire un altro utente di Twitter, i tweet (messaggi) di tale utente saranno visualizzati in ordine cronologico inverso, sulla propria home page di Twitter. Se si decide di seguire 50 persone, saranno molti i tweet a scorrere sulla pagina, creando un flusso di informazioni e notizie completamente personalizzabile.

Twitter è diventato negli ultimi anni estremamente popolare, ponendosi anche come “concorrente” di Facebook, grazie alla sua semplicità d’utilizzo. Ma semplicità – in questo caso – non vuol dire mancanza di utilità, anzi… Twitter è utilizzato da una vastissima schiera di utenti, secondo modelli e approcci assai diversi tra loro, tra cui evidenziamo:

Giornalismo partecipativo: Twitter è usato per diffondere notizie; Customer care: alcune aziende usano Twitter come canale privilegiato per comunicare con i

propri clienti; Ambito didattico: ecco solo alcune delle attività che è possibile organizzare con i propri studenti,

grazie a Twitter: Mettere in contatto alunni e docenti prima e durante l’anno scolastico, migliorando la mutua

comunicazione rispetto a una semplice messaggistica istantanea; Assegnare compiti e raccogliere appunti individuali e collettivi; Coinvolgere esperti esterni; Offrire link e approfondimenti (presentazioni su SlideShare, foto su Flickr, video su YouTube…)

ai follower.

4.3.3 Google +

Lanciato nel giugno 2011, Google + è un social network che presenta interessanti caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri social network “concorrenti”.

 

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I contatti di ciascun utente sono organizzati e suddivisi in "cerchie" (“circles”), creabili e modificabili in base alle esigenze di ciascuno. Esistono delle cerchie predefinite: “amici", "conoscenti", "lavoro", "famiglia", "persone che seguo". Questo sistema intende, nelle intenzioni di Google, semplificare e razionalizzare la gestione della privacy, avvicinando Google + ai diversi ambiti (cerchie, appunto) che ciascuno di noi possiede spontaneamente nella propria vita reale.

Inoltre Goggle + presenta nuovi contenuti multimediali, ed offre la possibilità di creare sessioni audio e video, denominati "videoritrovi" (hangout); si tratta di vere e proprie stanze virtuali, nelle quali è possibile condividere video, scambiare file e parlare con tutti i componenti ammessi all’interno, tramite microfono e webcam. E’ facile intuire l ’uti l ità di questi hangout a l ivello didattico!

Ed ancora, Google+ offre un articolato sistema di identif icazione, avente lo scopo di assicurare l’intera comunità sulla reale identità dei suoi membri.

4.3.4 Pinterest

Nasce nel 2010, ed è un social network dedicato alla pubblicazione e condivisione di fotografie, video e immagini.

Il nome deriva dall’unione delle parole inglesi pin (appendere) e interest (interesse), e lascia facilmente intuire l’idea di fondo, cioè la creazione di un catalogo online di ispirazioni e suggestioni visive, attraverso la creazione di bacheche (boards) tematiche per la raccolta e visualizzazione di immagini. Gli utenti di Pinterest, una volta terminata la fase di registrazione, possono caricare e posizionare immagini ed altri contenuti visivi attraverso “puntine virtuali” (pin), all’interno di bacheche che fungono da contenitori. E’ possibile salvare singoli "pin", utilizzando il pulsante "Pin it" , su bacheche organizzate in temi o macroaree, così che le puntine possano essere facilmente classificate e facilmente individuabili da altri utenti. Questo “social network visuale” presenta degli interessanti spunti per un docente, che può utilizzarlo in svariati modi, tra cui:

Preparazione di una lezione: si può usare Pinterest alla ricerca di tavole (bacheche) o singoli pin inerenti gli argomenti che saranno poi trattati in lezioni future;

Collaborazione e condivisione di idee tra docente e all ievi: si immagini la possibile creazione di bacheche visuali di classe, magari dedicate ad argomenti specifici, da avviare guidati dal docente e proseguire attraverso attività individuali o di gruppo.

4.3.5 LinkedIn: l’evoluzione in stile “social” del vecchio curriculum vitae et studiorum

LinkedIn è un social network gratuito (con servizi opzionali a pagamento), nato nel 2003, ideato ed utilizzato principalmente per lo sviluppo di contatti professionali .

Scopo principale di questo particolare social network è la creazione e la gestione di un elenco di contatti ritenuti seri ed affidabili in ambito lavorativo. I contatti in lista sono definiti "connessioni", e rappresentano proprio le connessioni di un nodo (l'utente) con gli altri

 

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membri della sua rete sociale, che può essere allargata invitando altre persone gradite. La rete di contatti complessivamente visibile da un utente è costituita da:

Le connessioni dirette dell'utente; Le connessioni delle sue connessioni ("connessioni di secondo grado"); Le connessioni delle connessioni di secondo grado ("connessioni di terzo grado").

Sono quindi chiari gli obiettivi che si pongono gli utenti di questo servizio Web, che cerca di favorire il contatto tra domanda ed offerta di personale qualificato:

Essere presentati a qualcuno che si vuole conoscere attraverso un contatto mutuo e affidabile; Trovare offerte di lavoro e opportunità di business, attraverso il supporto di qualche contatto della

propria rete; Pubblicare offerte di lavoro e rintracciare potenziali candidati (dedicato ai datori di lavoro).

 

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5. Social network e approccio mobile 5.1 La generazione “always-on”

Gli ultimi decenni ci hanno abituato alla nascita di nuove tassonomie sociali, specchio di un mondo alla continua ricerca di baricentri eternamente instabili:

Generazione X: giovani ventenni (più o meno) dei primissimi anni Novanta; Generazione Y: nativi digitali, che considerano strumenti come computer, internet, Web e i

dispositivi correlati come normale e insostituibile “dotazione di base”.

Oggi si parla di generazione C, quella degli always connected (sempre connessi); questa “categoria” non è più riferita all’età anagrafica, ma all’uso (costante ed ubiquo) della tecnologia. Negli hotel, in metro, negli uffici, in strada, purtroppo in auto… insomma, dovunque si vedono sempre più spesso persone che navigano usando smartphone, tablet o pc portatili, interagendo senza soluzione di continuità con le varie comunità virtuali alle quali oramai apparteniamo un po’ tutti, anche grazie alla presenza della “triade mobile”:

Strumenti: diffusione dei dispositivi mobili a costi abbordabili; Canali: disponibilità universale di reti mobili ad alta velocità; Servizi: applicazioni molto evolute, ma a costo zero (o quasi) come Skype, WhatsApp, Hangout, o

tanti altri.

Non si vuole in questa sede sminuire il problema del “digital divide” (divario digitale), ma la maggioranza della popolazione mondiale appartiene alla generazione always connected. Di certo anche i tuoi studenti!

E questa tipologia di connessione è del tutto svincolata dall’ora, dal dispositivo, dal sistema operativo in uso, e tende ad accomunare la vita professionale a quella personale, ambiti sempre meno separabili.

Gli always connected comunicano con Skype, Hangout, Viber, condividono i dati con Dropbox, ed interagiscono con Facebook, Twitter e Pinterest e si scambiano posta elettronica con Gmail. Perché mai la Scuola dovrebbe restare al palo, rifiutando e demonizzando gli strumenti e le nuove modalità di interazione sociale che sono considerati normali da tutti i suoi studenti? Always connected, personale e professionale, famiglia, amici e Scuola. Questi concetti, queste cerchie, questi ambiti sono inevitabilmente destinati sempre più a compenetrarsi, e modificheranno profondamente anche il modo in cui dirigenti scolastici, docenti e allievi potranno (anzi, dovranno!) impostare ed utilizzare nuovi modelli formativi.

5.2 Nuove modalità di fruizione dei contenuti con terminali mobile

La nascita ed il proliferare delle più varie tipologie di dispositivi con cui connettersi ad Internet, navigare sul Web ed utilizzare i social network, ha reso molto più articolato il mercato, e portato ad inevitabili differenziazioni per quanto riguarda le generazione di contenuti e la loro fruizione.

E’ evidente che generazione e fruizione sono attività concettualmente opposte, ma complementari tra loro, e l’avvento del Web 2.0 non ha fatto altro se non rafforzare i punti di contatto.

Le tendenze del mercato consumer (il grande pubblico degli utenti di pc e smartphone) indicano che le vendite di personal computer sono in continuo calo, mentre è in grande espansione la vendita di dispositivi mobili, che quindi rappresentano e rappresenteranno sempre di più un settore di primaria importanza.

 

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Inoltre bisogna considerare sempre che a differenti dispositivi di fruizione dei contenuti si accompagnano quasi sempre diverse modalità d’uso da parte degli utenti: navigare utilizzando un personal computer con relativo browser è ben diverso dall’utilizzare uno smartphone, e queste differenze sono presenti anche quando si utilizza un social network. Il docente deve quindi conoscere almeno le esigenze e le abitudini che differenziano maggiormente le esperienze di un utente desktop da un utente mobile.

Schematizzando, possiamo dire che:

Un display di uno smartphone è assai piccolo se paragonato con un qualsiasi monitor per pc, quindi tutti gli elementi (testuali e multimediali) appaiono con dimensioni ridotte, per cui anche il layout di un’applicazione mobile e la disposizione dei contenuti devono essere pensati in maniera diversa rispetto a quello di un sito tradizionale;

Il testo viene letto con maggiore difficoltà, per cui bisogna tendere a ridurre le frasi lunghe e articolate, privilegiando contenuti schematici, ricchi di parole e concetti chiave;

Chi consulta un sito con uno smartphone effettua molte più ricerche ed usa molto i link ipertestuali, rispetto alla consultazione dello stesso sito con un pc + browser “tradizionale”.

Tutti questi accorgimenti devono essere tenuti in considerazione dal progettista che sviluppa applicazioni destinate a dispositivi mobili, ma anche da quei docenti che intendono uti l izzare questi strumenti a f ini didattici , affinché le loro caratteristiche intrinseche si sposino a contenuti ben progettati.  

 

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6. Web 2.0 e la didattica 6.1 Nativi digitali e la didattica per competenze: Gli ignoranti digitali

Nei paragrafi precedenti abbiamo già introdotto il termine “nativi digitali” , riferendoci a tutti quegli individui cresciuti con le tecnologie digitali. Secondo le teorie più diffuse, i nativi digitali iniziano ad apparire con la diffusione di massa dei primi computer a interfaccia grafica e dei sistemi operativi a finestre, e considerano le nuove tecnologie digitali come un elemento naturale.

Il termine, in molti casi abusato ma anche dall’indubbio potere evocativo, si è andato contrapponendo a quello di “immigrato digitale”, che identifica chi è cresciuto prima dell’avvento delle tecnologie digitali, vivendo non senza qualche difficoltà la transizione verso di esse.

Indicatore evidente della differenza tra queste due “categorie” è il diverso approccio mentale riguardo alle nuove tecnologie, aperto ed elastico nel caso dei nativi, perplesso e rigido per gli immigrati.

Forse non è così semplice creare ed affibbiare etichette e categorie, la realtà è piena di sfumature non sempre facili da cogliere e modellare; per esempio, in questo caso bisogna ricordare che tutto il “nuovo mondo” delle tecnologie digitali è stato creato proprio dagli immigrati digitali, ma la categoria di cui assai poco si parla è quella composta da una vasta moltitudine di giovani nativi, la maggioranza dei quali è always connected, perfettamente a loro agio quando si deve utilizzare uno smartphone o un social network, che però ignorano quasi del tutto…

I reali meccanismi che regolano il loro funzionamento; Le dinamiche partecipative in grado di scatenarsi sui social network e sulle piattaforme di

condivisione; I modell i di business che sottendono la nascita di un qualsiasi servizio Web; I termini contrattuali da lui passivamente e frettolosamente accettati all’atto della registrazione; Le problematiche legate alla privacy e al diritto d’autore sul Web.

Insomma, milioni e milioni di utenti apparentemente avanzati, ma che nella realtà si limitano ad essere passivi fruitori di dispositivi hardware ed applicazioni software delle quali non si preoccupano minimamente di acquisire i principi: sono i cosiddetti “ ignoranti digitali” , che pongono all’attenzione di noi tutti la già citata dicotomia tra approccio tecnologico e valenza culturale, tra utilizzo pigro ed indolente e analisi critica, tra impiego e comprensione.

I nostri giovani allievi appartengono, per la maggior parte, a questa strana categoria, anche definita “barbari digitali” , e la sfida dei loro “educatori” passa anche attraverso l’acquisizione dell’uso consapevole delle tecnologie, e della sana curiosità che dovrebbe portare ciascuno di essi ad approfondire, a comprendere, ad impadronirsi per davvero di meccanismi culturali (prima che tecnici) in grado di migliorare non soltanto il processo di apprendimento di ciascuno, ma la partecipazione cosciente alla nascita e diffusione della Cultura Digitale.

6.2 Nuovi modelli di interazione insegnante - alunno

Se ci limitassimo a parlare di “didattica 2.0”, intendendo con essa la didattica tradizionale che inizia ad utilizzare gli strumenti del web 2.0 o in generale le nuove tecnologie, finiremmo con lo sminuirne il significato, riducendolo al solo aspetto tecnologico che, come già evidenziato in precedenza non può – da solo – identificare l’innovazione della didattica. Bisogna andare oltre!

 

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E’ vero che il Web 2.0 – in contrapposizione al Web 1.0, statico e “read only” - è caratterizzato anche da nuovi modelli culturali, visto che è scritto e generato grazie al contributo “quasi paritetico” di tutti i suoi utenti , e questa trasformazione si sta ripercuotendo virtuosamente anche nel mondo della didattica.

Oggi il docente non è più identif icato come “il custode unico della conoscenza e del sapere”, e proprio il Web permette un facile ed immediato accesso alle informazioni. L’insegnante non deve semplicemente trasmettere competenze, ma il suo nuovo ruolo di “docente 2.0” è piuttosto quello di facilitatore, orientatore, in grado di:

Guidare gli allievi verso l’acquisizione di strumenti di analisi e crit ica; Promuovere l ’autonomia degli allievi, rendendoli autori e protagonisti del loro sviluppo

autonomo; Favorire la crescita di ciascun alunno in ambienti collaborativi; Coordinare un nuovo itinerario di sviluppo nel quale attivare nuove dinamiche di collaborazione ed

attivo coinvolgimento; Assicurare un continuo feedback (scambio bidirezionale) tra docente e allievi, sostenendo la

costante condivisione del sapere.

Ecco quindi che si inizia ad intravedere la chiave del produttivo utilizzo di tutti i social network che abbiamo introdotto in questo modulo: non servono ricette predefinite, non ha molto senso scrivere trattati su “come si usa Facebook” in classe, ma è indispensabile che ciascun docente voglia e possa affinare progressivamente le proprie competenze nella progettazione di interventi didattici, finalmente basati sulla partecipazione attiva di ogni discente alla costruzione del processo di apprendimento, all’interno di un ambiente collaborativo supportato dai nuovi strumenti digitali, LIM e Web 2.0 in testa.

Solo in questo caso ha senso avvicinare Web 2.0 e didattica 2.0, che potrebbe anche essere definita come “didattica nelle mani degli all ievi”.  

 

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7. Gli ambienti di apprendimento 7.1 Il superamento del concetto “aula”

Il docente che intende sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie in un contesto didattico-educativo, ben conscio che questo potrebbe favorire la piena integrazione e partecipazione di ogni allievo al processo di apprendimento programmato, deve necessariamente riferire le proprie attività di progettazione alle teorie di stampo costruttivista e costruzionista. Queste rappresentano oggi l’indispensabile base teorico-concettuale per la realizzazione dei più idonei “ambienti di apprendimento”, già introdotti nel primi moduli.

L’apprendimento deve essere considerato come il processo di acquisizione (o modifica) da parte dell’individuo di conoscenze, abilità, valori e competenze, che risulta influenzato da molti fattori (interni ed esterni), tra i quali ricordiamo:

Modalità cognitive, stile di apprendimento, gusti, preferenze, tendenze ed esperienze (individuali e non);

Influenza da parte dell’ambiente circostante, media compresi; Modelli e tipologia dei percorsi didattici proposti da famiglia, scuola ed insegnanti.

In quest’ottica prende corpo la nuova figura di docente (2.0) e la visione che concentra l’attenzione su colui che apprende, sui processi che gli permettono di apprendere, e su come facilitare gli esiti desiderati.

E allora, se si riesce a concepire in maniera organica tutte le componenti che influenzano i processi di apprendimento in un individuo, è facile comprendere l’accezione più ampia e completa di “ambiente di apprendimento”, che può essere considerato come:

Insieme di attività strutturate, " intenzionalmente" predisposto dall'insegnante, dove organizzare le attività didattiche;

"Spazio d'azione" fisico ma anche virtuale e mentale, non separabile da quanto in esso avviene, creato per stimolare e sostenere la costruzione di motivazioni, atteggiamenti, conoscenze, abilità, competenze.

Al suo interno, il clima cooperativo e positivo favorisce:

Il reale coinvolgimento di tutti gli allievi nella condivisione consapevole e intenzionale di obiettivi e strategie;

Il graduale superamento di pregiudizi e barriere comunicative interpersonali.

Un ambiente socialmente variegato, non più fisicamente situato e costretto all ’ interno di un’aula, ma distribuito ed organizzato in gruppi di cooperazione a geometria variabile, in cui si possa imparare a esplorare assieme ai compagni e all’insegnante, ottenendo risultati più avanzati di quelli conseguibili nelle solite attività individuali. In un ambiente di apprendimento, 2 + 2 fa più di quattro!

7.2 Il ruolo dei social media negli ambienti di apprendimento

In quest’ottica, le nuove tecnologie digitali, cooperative e sociali, possono concretamente supportare la nascita e l’evoluzione di ambienti di apprendimento significativi, purchè non vengano uti l izzati come strumenti che insegnano, presentano, conservano e distribuiscono conoscenza agli studenti.

Gli allievi di qualsiasi età mostrano di apprendere in maniera significativa, se imparano a padroneggiare consapevolmente le tecnologie, utilizzandole anche in forma creativa per organizzare e

 

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rappresentare quel che stanno conoscendo e imparando, creando prodotti e r isolvendo problemi concreti, riflettendo su contenuti e processi.

La rete Internet e il web 2.0, pensati come compagni di crescita intellettuale, possono garantire al docente un valido apporto per la predisposizione di ambienti di apprendimento in cui sviluppare “la competenza” dell’imparare a imparare, grazie ad un approccio guidato ma paritario di sviluppo e condivisione di contenuti.

Oggi i nostri giovani “always connected” sono naturalmente e quasi istintivamente avvezzi a superare le limitazioni degli ambienti materiali mediante le moderne tecnologie di rete ed i social network, che riescono a stimolare un gran numero di esperienze ed esaltano forme multiple, spesso sovrapposte di conoscenza e comunicazione.

Queste reti sociali possono diventare spazi d’apprendimento virtuali ma altamente partecipativi e coinvolgenti, caratterizzati dalla persistenza di forme di auto-produzione e auto-pubblicazione di contenuti, mediante il recupero, la condivisione e la rielaborazione di contenuti, e in grado di favorire l’acquisizione proprio di quel livello di autonomia e di consapevolezza critica, e quelle competenze indispensabili alla costruzione di una cittadinanza digitale attiva e responsabile.

Insomma, un grande contributo alla diffusione della cultura digitale, proprio quel che serve agli “ ignoranti digitali”.  

 

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8. Applicazioni Cloud e la condivisione delle risorse 8.1 Dropbox

Dropbox è uno dei servizi cloud più utilizzati, grazie all’estrema semplicità d’uso, ed alla grande flessibilità, che vanno a costituire un vero e proprio “campione” del mondo cloud.

Si tratta di un software Web di “cloud storage” (immagazzinamento dati su cloud), che offre un servizio di “fi le hosting” (archiviazione di file) con sincronizzazione automatica dei dati via Web. Disponibile per tutti i più diffusi sistemi operativi desktop e mobile, dopo il download del programma, permette la creazione sul disco del computer dell’utente di una cartella (MyDropbox), nella quale salvare file di qualsiasi genere. La particolarità del servizio risiede nel fatto che la cartella in questione non si trova SOLO sul computer dell’utente, ma anche sul Web; quindi i file che essa andrà via via contenendo risulteranno accessibili (apribili, editabili e nuovamente salvabili) da qualsiasi dispositivo in grado di connettersi al Web sul quale sia stato scaricato il software.

L’utente entra quindi in possesso gratuitamente di una “cartella Web” di 2GB (espandibile invitando altri utenti), su cui salvare file e programmi da utilizzare non solo su un computer, e che prima sarebbero inevitabilmente finiti su una Pen Drive USB al fine di trasportarli, con la comodità ulteriore di poterli utilizzare anche su dispositivi (Iphone, Ipad) non in grado di gestire supporti di memorizzazione USB.

8.2 Google Drive

Google Drive è un servizio gratuito di “cloud storage”, che offre “fi le hosting”, “fi le sharing” (condivisione di file) e “editing collaborativo” di documenti fino a 15 GB di spazio Web.

Google Drive incorpora Google Doc, per la gestione in team di documenti online; si tratta della possibilità, estremamente utile per i gruppi di lavoro, non solo di creare documenti, fogli di calcolo e presentazioni direttamente online, ma soprattutto di condividere il file con altri utenti, invitati dal primo proprietario del file con privilegi differenziati (sola lettura, accesso in scrittura).

Il servizio può essere usato tramite il browser Web, oppure scaricando l’omonima l'applicazione sul computer dell’utente, che si occupa di sincronizzare automaticamente una cartella locale con quella condivisa.

8.3 Microsoft SkyDrive

SkyDrive è una piattaforma che offre agli utenti spazio Web ed applicazioni, anch’essa interamente basata sul concetto di Cloud, e che raccoglie l’eredità dei precedenti “Live Folders” e “Windows Live SkyDrive”.

Essa offre i servizi di “fi le hosting” e di “editing collaborativo”, con la creazione di documenti Office eventualmente condivisibili con altri utenti. Anche in questo caso è possibile effettuare il download (scaricamento) del software di sincronizzazione, che permette la creazione anche di una cartella locale il cui contenuto verrà automaticamente mantenuto sincronizzato con tutti gli altri dispositivi eventualmente collegati allo stesso account.

 

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Riassumendo, Dropbox, GoogleDrive e SkyDrive sono strumenti adatti non solo a professionisti o a piccole aziende, ma anche a comunità scolastiche, allo scopo di essere facilmente utilizzati come strumenti di produttività individuale e soprattutto di gruppo, in attività come:

Raccolta di materiale eseguita da allievi singoli o in gruppo; Attività comuni svolte da gruppi di allievi e insegnanti Condivisione di documenti tra docenti appartenenti a consigli di classe o dipartimenti; Documenti condivisi tra docenti e dirigenza; Area di scambio e condivisione documenti con i genitori…

Questi sono solo pochi esempi di come le nuove tecnologie, in particolare quelle facenti capo al Web 2.0, possano effettivamente aderire in pieno (e a costo zero) alle esigenze di rinnovamento tecnologico e culturale di allievi, insegnanti e dirigenti scolastici.  

 

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9. La condivisione della conoscenza 9.1 Il modello di condivisione Wiki

Il Wiki è un’applicazione Web, quindi fruibile attraverso il browser, che permette la creazione, la modifica o la cancellazione di documenti per mezzo di un editor di testo o di un semplice linguaggio di marcatura (regole che definiscono la strutturazione di un documento).

Un Wiki è, praticamente, un insieme di documenti ipertestuali, liberamente modificabile – secondo un approccio pienamente collaborativo – da tutti i suoi utilizzatori.

E’ utile, per la piena comprensione dello “spirito Wiki” evidenziare che la modifica dei contenuti è libera e aperta, tutti gli utenti di un wiki hanno possibilità di leggere una pagina come di modificarla o di cancellarla, anche se non è stata creata da loro. Ogni modifica viene registrata in un elenco cronologico grazie al quale è sempre possibile ripristinare una versione precedente del testo.

Da un punto di vista teorico, e spesso anche operativo, è un approccio rivoluzionario, che traduce in pratica i concetti di “fiducia nell’utente” e di “intelligenza collettiva” tanto cari al Web 2.0, e che si concretizza in svariate possibili applicazioni, tutte molto interessanti anche dal punto di vista didattico:

Sviluppo e tracciamento di lavori di gruppo; Documentazione di progetti ed elaborati; Raccolta collaborativa di risorse tematiche; Enciclopedie e banche del sapere online; Knowledge base (raccolta di conoscenza) a beneficio di aziende, imprese, ed organizzazioni, allo

scopo di ottimizzare i flussi comunicativi interni o verso i clienti/utenti; Wiki tematici; Wiki personali, visti come estensione (eventualmente anche collaborativa) del blocco note.

9.2 Wikipedia: utilizzare in classe il modello collaborativo di “enciclopedia”

Forse è irrituale, ma è interessante presentare Wikipedia “ricopiando” parte del contenuto dell’home page della versione italiana di Wikipedia l’”enciclopedia libera e collaborativa” (it.Wikipedia.org):

“Wikipedia è un'enciclopedia online, collaborativa e gratuita. Disponibile in oltre 280 lingue, Wikipedia affronta sia gli argomenti tipici delle enciclopedie tradizionali sia quelli presenti in almanacchi, dizionari geografici e pubblicazioni specialistiche.

Wikipedia è liberamente modificabile: chiunque può contribuire alle voci esistenti o crearne di nuove. Ogni contenuto è pubblicato sotto licenza Creative Commons CC BY-SA e può pertanto essere copiato e riutilizzato adottando la medesima licenza.”

Diciamo subito che si tratta di una delle più utilizzate risorse Web 2.0, essendo stata capace di tramutarsi in un valore reale per i suoi innumerevoli utilizzatori. Wikipedia presenta contenuti molto estesi e quantitativamente degni del nome di enciclopedia, tra l’altro è da apprezzare l’approccio multilingue, ma spesso – soprattutto in ambito didattico – docenti e studenti la utilizzano per quello che non è!

La filosofia Wiki prevede che gli utenti partecipino al processo di sviluppo dei contenuti, anche in forma anonima, e fa un grande affidamento sul meccanismo di “autocorrezione progressiva”, affidato agli stessi utenti.

 

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Quindi su Wikipedia:

Tutti possono effettuare ricerche, leggere pagine e distribuirne il contenuto; Chi non trova quel che cerca può creare una nuova pagina e trasformarsi in autore, scrivendo egli

stesso il contenuto; Chi trova errori o imperfezioni può immediatamente apportare modifiche, che andranno a

sommarsi alle modifiche apportate da tutti gli altri utenti che pensano di poter dare un contributo.

La comune percezione del concetto di enciclopedia comprende però anche la richiesta di affidabil ità e “competenza”, e che le persone che hanno concorso alla sua compilazione siano esperte, ciascuna nella propria materia di pertinenza. Come può l’approccio Wiki garantire che l’apporto collettivo riesca effettivamente a garantire l’affidabilità dei suoi contenuti? In effetti non può, almeno non nell’accezione “tradizionale” del termine, visto che ogni voce può presentare imperfezioni o errori che qualche utente prima o poi correggerà. Ci troviamo quindi in presenza di una problematica dalla non semplice risoluzione, visto che:

La cooperazione attiva e volontaria di tutti gli utenti tende alla correzione progressiva di ogni imperfezione, e nel contempo all’aggiunta di nuove voci, che anch’esse subiranno il processo di graduale affinamento;

Nessuno sa, in un qualunque momento, quante e soprattutto quali lemmi contengano imperfezioni o addirittura errori.

Ecco perché, a fronte di una quantità sconfinata di contenuti, la “fluttuazione” dei contenuti , in perenne attesa di perfezionamenti sulla cui qualità (e tempistica) nessuno è in grado di fare previsioni, richiede un uso particolarmente accorto di una risorsa preziosa come Wikipedia, che non può essere utilizzata da allievi e docenti come fonte oggettivamente attendibile, e che (questo è certamente positivo) obbliga tutti i suoi utenti a dismettere le vecchie abitudini e di “usare la testa” in maniera critica.

Si pensi, per esempio, alle classiche attività di r icerca, svolte in classe o assegnate a casa: una volta poteva anche aver senso richiedere agli allievi di cercare e trovare informazioni su un certo argomento, oggi non più! Internet e i motori di ricerca permettono di trovare istantaneamente – per ogni argomento di interesse – migliaia e migliaia di pagine contenenti informazioni di ogni genere, e spesso le pagine di Wikipedia sono tra le prime ad essere proposte. Quel che si deve evitare assolutamente è di “copiarne” passivamente il contenuto per poi reimpaginarlo e presentarlo al docente; si tratta di un’operazione del tutto inutile, in quanto:

L’allievo non accresce il proprio livello di conoscenza, visto che il più delle volte non legge neanche quel che presenta al docente;

L’allievo non esercita alcuna azione critica sul contenuto, essendo erroneamente convinto di aver copiato ed incollato contenuti completamente affidabili e veritieri;

Il docente, molto spesso ignaro dei meccanismi su cui si fonda Wikipedia, tende a sopravalutare il lavoro dei propri alunni.

Insomma, se non la si conosce, si finisce per chiedere a Wikipedia quello che – per definizione – essa non potrà mai dare. Ben altre, invece, sono le attività realmente uti l i e produttive che, grazie a Wikipedia, è possibile progettare ed attuare con l’intero gruppo classe, o con gruppi ristretti di allievi, tra le quali;

Avvio al confronto tra fonti diverse, alla ricerca di quelle da considerare maggiormente attendibili; Creazione di elaborati frutto di ri-elaborazioni individuali e/o di gruppo; Attività di supporto alla manutenzione di alcuni lemmi di Wikipedia – ritenuti interessanti dal

docente - da parte di gruppi di alunni o di intere classi, che possono essere facilmente coinvolti nel

 

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tener traccia delle modifiche introdotte da altri utenti, ed eventualmente possono contribuire in prima persona, modificando o integrando i contenuti sotto esame.

Questi sono solo alcuni esempi di come la consapevolezza dei punti di forza e delle criticità di Wikipedia, inteso come strumento al servizio della didattica, possa rappresentare il primo passo per la creazione di una serie praticamente infinita di azioni ed attività davvero innovative, finalmente in grado di attivare dinamiche e interazioni difficilmente immaginabili prima, e di arricchire l’esperienza didattica del nostri allievi con nuovi momenti di approfondimento creativo.

 

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10. Cenni sul diritto d’autore sul Web 10.1 Introduzione

Licenza informatica: una licenza (contratto d'uso) è il contratto con cui il titolare dei diritti di sfruttamento economico sul software (di solito è l’autore), definisce il regime giuridico di circolazione e le limitazioni nell'utilizzo e nella cessione dell'opera. L’autore di un programma applicativo o di un qualsiasi altro tipo di software è il titolare dei diritti di quel che ha creato, e decide le modalità con cui gli utenti potranno utilizzarlo e le condizioni che essi dovranno rispettare.

Codice sorgente: è il testo che costituisce, istruzione dopo istruzione, un algoritmo o un intero programma (software). Il codice sorgente (o anche solo “sorgente”) è scritto dal programmatore in un linguaggio di programmazione.

10.2 Le licenze d’uso per il software proprietario

Una l icenza proprietaria è spesso denominata anche l icenza commerciale in quanto il codice sorgente del programma, app o sito web, è vincolato dalla vendita dello stesso.

Si tratta della tipologia di licenza che maggiormente limita l’utente finale, dato che l’unica attività che questa licenza gli permette di effettuare è l’uso del programma acquistato.

Secondo questa tipologia di licenza, l’utente non può:

Accedere e/o modificare il codice sorgente; Vendere il codice sorgente; Ridistribuire il codice sorgente.

Il più delle volte questa licenza è caratterizzata da un costo molto elevato per l’utente.

Talvolta l’autore può decidere di abbassare notevolmente il prezzo di vendita, allo scopo di aumentare il numero di potenziali acquirenti, oppure per incentivare i venditori a rivendere il software; in questo caso si paria di “l icenza di distribuzione”.

Il contratto vero e proprio tra il fornitore di un programma software e l'utente finale, che regola e disciplina l’assegnazione della licenza d'uso del software all'utente, prende il nome di EULA: End User License Agreement (accordo di licenza con l'utente finale).

Particolari tipi di licenze proprietarie sono:

Shareware: è solitamente attribuita a software scaricabili da Internet, e prevede solitamente la libera distribuzione ed utilizzo per un periodo di tempo limitato (generalmente 30 o 60 giorni) trascorso il quale il programma deve essere acquistato e registrato presso il produttore; talvolta il periodo di prova prevede anche limitazioni nelle funzionalità del programma;

Freeware: indica software distribuito gratuitamente. Da non confondersi con il software libero, che è l’oggetto del paragrafo successivo.

 

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10.3 Le licenze d’uso per il software libero e open source

Software l ibero: un software si dice “libero” se l’utente gode delle seguenti quattro libertà:

Eseguire il programma. Studiare il programma ed eventualmente modificarlo. Copiare il programma e ridistribuirlo, così da aiutare il prossimo. Migliorare il programma e distribuire pubblicamente i miglioramenti, a vantaggio dell’intera

comunità.

Si noti che:

Un software “nato libero” deve mantenere questo status per sempre; Nessun vincolo viene posto al prezzo di vendita, quindi un software l ibero non è detto che

debba essere gratuito.

Open Source (codice sorgente aperto): è un software del quale gli autori favoriscono il l ibero studio e l’apporto di miglioramenti e modifiche, mediante l’apposizione di apposite licenze.

Da un punto di vista culturale, l’Open Source si richiama spesso al concetto di conoscenza condivisa, cara – per esempio – a progetti come Wikipedia; similmente molti progetti software Open Source coinvolgono sviluppatori di varie parti del mondo, e spingono verso l’allargamento dei contributori.

Solitamente i software Open Source sono gratuiti, ma questa non è una regola assoluta; inoltre, a differenza del software libero, la licenza Open Source non ha vincoli temporali, per cui un software attualmente distribuito con licenza Open Source, potrebbe un domani divenire software commerciale.

10.4 Le licenze Creative Commons

La licenza Creative Commons è un tipo di licenza particolare, nata dall’esigenza di proteggere il lavoro di artisti, creativi, blogger e tutti coloro che hanno la possibilità di pubblicare il loro materiale sul Web, e vogliono nel contempo sentire tutelata la propria partecipazione al massivo processo di condivisione di reso possibile dall’approccio 2.0. L’autore ha quindi la possibilità di disciplinare l’uso della sua opera, rendendo però possibile il riuso delle sue opere; il tutto si articola combinando tra loro quattro diverse clausole:

Attribuzione (BY): ogni volta che si cita il progetto o lo si utilizza per i propri scopi si deve evidenziare il nome dell’autore;

Non opere derivate (ND): l’opera può essere utilizzata ma non può essere modificata in nessun modo;

Non uso commerciale (NC): l’opera non può essere venduta per fini commerciali; Condividi allo stesso modo (SA): l’opera può essere modificata, ma l'opera modificata deve

essere rilasciata secondo le stesse condizioni scelte dall'autore originale.

10.5 Scaricare, riprodurre, copiare, condividere… si può?

Analizzare dettagliatamente e compiutamente una problematica così complessa dal punto di vista giuridico è davvero arduo e certamente esula dagli scopi di questo modulo.

 

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Anche in presenza di diversi tipi di licenza, quel che è sicuro è che su Internet, in particolare sul Web, è estremamente facile visualizzare e copiare testi, scaricare immagini, video e musica, ed il fatto di poterlo fare quasi sempre gratuitamente potrebbe portare gli utenti a dimenticare che quel testo, quella foto, quella musica rappresentano l’opera di un autore, che potrebbe legittimamente decidere di richiedere un compenso per l’utilizzo della sua opera.

Non confondiamo l’estrema libertà che Internet ed il Web ci regalano con la licenza di impadronirci di tutto quel che esso contiene, senza remore e senza pensare alla fatica altrui. E’ anche vero che il paradigma del Web 2.0 non aiuta molto, ma il cittadino digitale deve imparare ad affrontare anche questa spinosa questione, e dare risposte ragionevoli per sé e per l’intera immensa comunità del Web.

Allora, alla luce di quanto detto finora, appare chiaro ed evidente che una cosa è guardare una foto, ben altro è salvarla sul proprio disco per poi riutilizzarla, e che – indipendentemente dalle pretese del legittimo autore - è un preciso dovere di ogni utente del Web seguire e rispettare la sua volontà, a tutela dell’opera che vorremmo scaricare o copiare, ed è giusto anche evidenziare che tutte le piattaforme di condivisione (Youtube, Flickr…) le riportano in bell’evidenza.

Certo, è singolare vedere come il popolo del Web tenda a non considerare che un musicista, un fotografo, un pittore o un giornalista vivono del loro lavoro esattamente come un idraulico o un insegnante. Cosa mai succederebbe se pretendessimo di non pagare l’idraulico che ci ha appena riparato un tubo, o smettessimo di retribuire gli insegnanti? Ecco, ogni volta che scarichiamo e utilizziamo materiale di qualunque genere da internet infischiandocene del diritto al compenso dei legittimi autori, è come se dopo aver fatto il pieno di carburante ce ne andassimo via senza pagare, pretendendo per di più di avere anche qualche ragione!

Anche in questo caso è questione di cultura, ed anche in questo caso il salto culturale viene prima, molto prima di quello squisitamente tecnologico; l’opera di un docente può allora risultare decisiva per la nascita di una consapevolezza nuova da parte di tutti gli allievi, e per guidarli alla conquista faticosa ma preziosissima di una nuova Cultura Digitale.