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LA GENETICA DEI TUMORI
(Cap 21 Pierce)
1
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Neoplasia (o tumore)
Si definisce Neoplasia:
“…una massa abnorme di tessuto la cui crescita supera quella dei
tessuti normali e progredisce anche dopo la cessazione degli stimoli
che l’hanno evocata” .
L’elemento cruciale di tutte le neoplasie è la refrattarietà agli stimoli
predisposti al controllo della crescita.
Quando le normali cellule sono danneggiate, esse vengono eliminate
mediante apoptosi. Le cellule cancerogene evitano l'apoptosi e
continuano a riprodursi in maniera irregolare.
2
La cellula neoplastica
Trasformazione: salto da normale a maligno -passaggi intermedi non identificabili-
Il fenotipo maligno può essere caratterizzato da:
1) Comportamento in coltura
Immortalità: crescono in modo indefinito in netto contrasto con le cellule normali che
possono replicarsi esclusivamente un numero finito e definito di volte - numero di
Hayflick. Cellule HeLa (Henrietta Lacks morta nel 1951 di carcinoma cervicale) crescono
ancora in coltura.
Perdita della dipendenza dall’ancoraggio: le cellule normali crescono se ancorate ad una
superficie; le cellule trasformate crescono bene anche in un mezzo semifluido come l’agar
molle
Perdita della inibizione da contatto: le cellule normali crescono fino a formare un monostrato
compatto. Le cellule trasformate continuano a crescere le une sulle altre in maniera del
tutto disordinata.
Perdita dell’orientamento dipendente dal substrato: le cellule maligne che crescono su un
substrato dotato di una trama hanno perso in parte almeno la capacità di allinearsi
seguendo la trama.
Diminuita necessità di fattori di crescita: generalmente se li producono da sole
Comportamento in coltura
Dr.ssa Elisabetta RovidaDipartimento di Patologia e Oncologia SperimentaliUniversità di Firenze
3
2) Differenze strutturali
Mancata differenziazione: le specifiche caratteristiche della cellula normale sono espresse in modo
incompiuto - si parla di anaplasia, sdifferenziazione o dedifferenziazione. La cellula tumorale non
diventa matura sdifferenziandosi, ma nasce già come cellula poco differenziata e non differenzia o
differenzia poco.
Crescita rapida:
- aumento della basofilia citoplasmatica (più RNA -> più proteine)
- mitosi numerose e anomale (numero di mitosi proporzionale alla velocità di crescita)
Caratteristiche bizzarre: (importante perché l’atipia tende ad essere proporzionale al grado di
aggressività)
− dimensioni e forma delle cellule anomale (la cellula maligna è di solito tondeggiante e
irregolare)
- il nucleo è grosso (aumento del rapporto nucleo/citoplasma; alterazioni cromosomiche)
- superficie della cellula spesso pullula di microvilli
- Secrezioni diventano disordinate (cellule ad anello con castone di adenocarcinoma mucoso)
Anomalie più disparate: comparsa di nuove strutture (complesso ribosoma lamella nella leucemia a
cellule capellute; Corpo di Auer nella leucemia mieloide acuta).
La cellula neoplastica
3) Comportamento dopo il trapianto
Impiegando animali opportuni che non rigettino il trapianto, le cellule trasformate se iniettate
sotto cute danno luogo a tumori; quelle normali o muoiono o sopravvivono senza crescere.
4) Alterazioni funzionali e biochimicheMotilità e chemiotassi: le cellule trasformate sono più mobili di quelle normali, che di solito
stanno ferme. Questa caratteristica spiega l’invasività (più sono mobili e più sono invasive)
Alterazioni relative alla superficie cellulare:
- ridotta adesione intracellulare (invasività)
- comunicazioni intracellulari compromesse (gap junction)
- aumentata sensibilità all’agglutinazione mediata da lectine (usato in laboratorio)
- tendenza a rilasciare molecole di superficie (enzimi per farsi strada nella ECM,
coagulazione)-marcatori tumorali
Alterazioni biochimiche:
- aumentato fabbisogno di asparagina
- anomalie legate alla eccessiva crescita e immaturità
- teoria di Warburg (i tumori fanno glicolisi con produzione di acido lattico anche in
aerobiosi)
La cellula neoplastica
4
In conclusione, il fenotipo morfologico di una cellula maligna è quello di una
cellula diversa, ma non totalmente diversa o aberrante; la microscopia elettronica
non è riuscita a dimostrare differenze eclatanti, se non la occasionale presenza di
virus.
La biologia molecolare, d’altra parte ha permesso di evidenziare alterazioni e
livello genetico (oncogeni e onco-soppressori, geni espressi in modo abnorme)
caratteristici della cellula neoplastica in alcuni tipi di tumori. Si pensa che ci siano in
tutti i tumori ma ancora non sono noti.
La cellula neoplastica: conclusioni
Neoplasie Maligne
• Proliferazione cellulare incontrollata
• Invasione del tessuto sano circostante
• Possibilità di metastatizzare
Neoplasia: classificazione
Neoplasie Benigne
• Proliferazione cellulare
circoscritta
5
SarcomaTumore del tessuto connettivo, vale a dire del tessuto di sostegno
dell'organismo.
CarcinomaTumore maligno di origine epiteliale.
Teratoma
Neoformazione che origina da cellule indifferenziate (embrionali),
ancora in possesso della capacità di evolvere verso la formazione di
tessuti diversi da quelli dell’organo in cui si sviluppano.
Invasione Locale:• una neoplasia benigna rimane localizzata nella sede di origine…e spesso
(nei fibromi e adenomi) si espande lentamente sviluppando una
pseudocapsula fibrosa che la separa dal tessuto circostante;
Metastasi:• caratteristica principale per distinguere un tumore maligno (importanti
eccezioni: basalioma della cute e la maggior parte dei tumori primitivi del
SNC).
• Generalmente più un tumore è voluminoso e più alta sarà la probabilità
che abbia metastatizzato.
Caratteristiche delle Neoplasie
6
I meccanismi della metastasi
Per metastasi si intende l’autotrapianto spontaneo delle cellule neoplastiche
che, distaccatesi dal tumore primitivo, raggiungono con varie modalità uno o
più siti distanti da quello dove ha sede il tumore primario e vi si impiantano
dando origine alla formazione di tumori secondari.
Le metastasi identificano in modo inequivocabile un tumore come maligno, in
quanto le neoplasie benigne non danno metastasi.
Con poche eccezioni, tutti i tumori possono metastatizzare (gliomi, carcinoma
basocellulare della cute, altamente invasivi ma non metastatizzano)
Non è detto che capacità di metastatizzare sia correlata alla capacità di invadere
localmente.
In generale, più il tumore è aggressivo, cresce rapidamente e presenta elevate
dimensioni, più è probabile che metastatizzi o che abbia già metastatizzato.
Esistono però numerose eccezioni. Talvolta tumori piccoli, ben differenziati e a
lenta crescita danno metastasi diffuse, mentre tumori che crescono
rapidamente possono rimanere localizzati per anni
I meccanismi della metastasi
Vie di diffusione del tumore:
Diffusione locale per continuità e contiguità o seguendo
la via “di minore resistenza”
Impianto diretto in cavità o superfici del corpo
(transcelomatica), peritoneo, pleura, pericardio;
es:carcinoma ovarico
Disseminazione per via linfatica. La disseminazione delle
metastasi ai linfonodi segue le vie naturali del drenaggio
linfatico. es carcinomi. Ruolo attivo dei linfonodi contro le
cellule del tumore.
Disseminazione per via ematica. Es sarcomi
7
I meccanismi della metastasi
Le vie della penetrazione in circolo delle cellule neoplastiche:
1. Infiltrazione diretta da parte del tumore
2. Invasione da parte di singole cellule
3. Rilascio all’interno di lacune vascolari prive di
rivestimento endoteliale
4. Diapedesi inversa
5. Penetrazione nei linfatici
Sedi di impianto delle metastasi
Sede del tumore primario Sede di impianto delle metastasi
Mammella e prostata ossa
Polmone Ogni distretto, encefalo compreso
Colon-retto Fegato-polmone
Testicolo Polmone, fegato
Ovaio Cavità addominale, peritoneo e
diaframma
8
• dei geni - le lesioni di particolari geni (proto-oncogeni e geni
oncosoppressori) sono causa del cancro;
• della cellula - il tumore si sviluppa da una singola cellula che
inizia a proliferare fuori controllo (processo microevolutivo
clonale);
• dei tessuti - il tumore si sviluppa attraverso vari stadi
(progressione neoplastica) che sovvertono gradualmente
l’organizzazione del tessuto. La malignità coincide con l’invasività
e la metastasi.
Il Cancro è una Malattia…
Sir Percival Pott è stato il primo che ha collegato l’elevata incidenza delcancro dello scroto riscontrato negli spazzacamini con l’esposizione cronica allafuliggine.
Epidemiologia dei tumori
9
Ruolo dell’attività lavorativa
Epidemiologia dei tumori
Epidemiologia dei tumori
10
Ruolo del sesso: Incidenza e mortalità riferita alla sede e al sesso deitumori più frequenti
Epidemiologia dei tumori
Andamento nel tempo: I tassi di mortalità si sono modificati nel corso degli anni.
Epidemiologia dei tumori
11
Ruolo dell’età: in generale i tumori aumentano con l’aumentare dell’età. Alcuni tumori
tuttavia sono caratteristici di una fascia di età
ü La maggior parte dei carcinomi si manifesta in età avanzata.
ü Leucemia acuta e tumori cerebrali (neuroblastoma) sono frequenti nell’infanzia
Epidemiologia dei tumori
Fattori geografici ed ambientali: carcinoma dello stomaco
Epidemiologia dei tumori
12
• la maggior parte dei tumori ha uno sviluppo clonale
(originante da una singola cellula mutata);
• una singola mutazione non sembra però essere sufficiente
a sviluppare una neoplasia…
• …l’accumulo di mutazioni nella stessa cellula “Progressione
Tumorale” porta allo sviluppo neoplastico.
Neoplasie: Principi generali
Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
L’evoluzione clonale
L’inizio di una neoplasia si verifica quando
una mutazione determina un’accelerazione
della divisione cellulare. Attraverso
l’evoluzione clonale (dovuta al fatto che le
cellule mutate si dividono più in fretta), si
accumulano mutazioni multiple che
consentono alle cellule di diventare sempre
piu’ aggressive e di aumentare il potenziale
proliferativo
13
Per progressione s’intende:
“comparsa di modificazioni qualitative stabili ed irreversibili in
uno o più caratteri di un tumore in accrescimento”.
Ogni tipo di tumore analizzato sino ad ora rivela multiple
alterazioni genetiche coinvolgendo sia l’attivazione di oncogeni
che la perdita di geni oncosoppressori.
Progressione tumorale
Progressione tumorale
14
• L’introduzione di geni (oncogeni attivati) in cellule normali induce la
trasformazione delle stesse: perdita di inibizione da contatto e
proliferazione incontrollata;
• Topi transgenici o knock-out sviluppano neoplasie ad elevata
incidenza;
• Aumentato rischio di sviluppare una neoplasia di tipo familiare
(mutazione di BRCA-1 e 2 è stata correlata ai tumori della mammella e
dell’ovaio a caratteristica familiare);
• Ereditabilità di mutazioni genetiche di un singolo allele predispongono
la progenie allo sviluppo della neoplasia (gene Rb nel retinoblastoma).
Evidenze Genetiche della Cancerogenesi
Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
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Le Lesioni Genetiche del Cancro
Micro-modificazioni:
• delezione, sostituzione etc. di una singola base.
Macro-modificazioni:
• Delezione, duplicazione, traslocazione;
• Attivazione, amplificazione e riarrangiamento genico;
• Variazione del numero dei cromosomi ed aumento del
contenuto nucleare di DNA.
Genetica delle Neoplasie
I Proto-oncogeni sono geni normali che controllano numerosi processi
biologici cellulari quali la crescita, la divisione ed il differenziamento, e che
possono diventare oncogenetici a causa di mutazioni o di un aumento
dell’espressione. I proto-oncogeni codificano per proteine che regolano il
ciclo cellulare e il differenziamento. Possono anche essere coinvolti nella
trasduzione del segnale di avvio della mitosi.
Cioè, gli Oncogeni sono la versione opportunamente mutata dei proto-
oncogeni che codificano per:
• Fattori di Crescita (e Recettori degli stessi);
• Trasduttori del Segnale (ras);
• Fattori di Trascrizione Nucleari (myc);
• Cicline e Chinasi Cicline-Dipendenti (cdk4)…..
…in pratica tutte le tappe del controllo della proliferazione cellulare !!!
ONCOGENI
16
I geni onco-soppressori sono geni normali che interrompono la divisione
ed il ciclo cellulare agendo in diversi punti chiave di tali processi.
Codificano per:
• Fattori che inibiscono la crescita (e Recettori degli stessi BRCA-1 e
suo recettore ad esempio);
• Molecole che Regolano l’Adesione Cellulare (DCC e APC);
• Regolatori della Trasduzione del Segnale (NF1 come disattivatore di
RAS);
• Regolatori del Ciclo Cellulare (p21, p16 come inibitori delle cicline);
• Regolatori dell’apoptosi (bcl-2 vs. bax e bad)
GENI ONCO-SOPPRESSORI
Gli onco-soppressori sono “recessivi” in quanto è richiesta una doppia
mutazione (mutazione in entrambi gli alleli) affinchè si possa perdere la
loro funzione oncosoppressoria.
GENI ONCO-SOPPRESSORI
ONCOGENI
Gli onco-soppressori sono “dominanti” in quanto è sufficiente la
mutazione di un allele per la trasformazione delle cellule.
17
Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
Leucemia mieloide cronica: traslocazione reciproca fra braccio lungo cromosoma 22 ed estremità braccio
lungo cromosoma 9 -> cromosoma 22 più corto (Filadelfia) e fusione c-ABL (cancerogeno) con BCR e
conseguente maggior attività cancerogena (proliferazione cellulare) della proteina codificata
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Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
Traslocazione reciproca fra cromosomi 8 e 14 causa linfoma di Burkitt (tumore cellule B) perché sposta c-
MYC (stimola divisione cellulare) in una zona dove vengono espressi geni per le immunoglobuline,
attivandolo in quelle cellule
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E’ oggi ampiamente riconosciuto che le neoplasie rappresentano una malattia
genetica, sebbene in realtà poche forme vengano ereditate
Gran parte dei tumori, infatti, costituisce il risultato di mutazioni somatiche che si
accumulano nel corso della vita attraverso mutazioni spontanee oppure in risposta a
mutageni ambientali
Neoplasie: conclusioni
LA GENETICA QUANTITATIVA
(Cap 22 Pierce)
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Caratteri quantitativi
vs.
Caratteri qualitativi
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1910-1930 controversia
Mendel/cararatteri continui
Incroci sperimentali mostrano che :
- Variazioni continue possono essere spiegate con eredità
mendeliana
- 1 carattere - molti geni
- Ogni gene con il proprio contributo mendeliano
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Ereditarietà e variabilità dei caratteri quantitativi
Caratteri quantitativi:
> caratteri che variano in modo continuo nella popolazione e
che per tale motivo possono essere misurati
es. lunghezza della spiga, peso del seme, dimensione
corporea di un animale, altezza di un individuo, ecc.
> caratteri multifattoriali poichè sono controllati da molti
geni (caratteri poligenici), con effetto limitato ma aventi
azione uguale e cumulativa sul valore fenotipico;
> caratteri la cui manifestazione fenotipica è influenzata da
fattori ambientali.
Caratteri multifattoriali:
poligeni e ambiente
a) Carattere Poligenico: per l’espressione di un determinato carattere
continuo (varietà di fenotipi) concorrono soltanto più geni
Ma non solo genotipi multipli….
b) Carattere Multifattoriale: per l’espressione di un determinato carattere
continuo concorrono più geni e fattori ambientali
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Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
Fattori multigenici + norma di reazione(NdR: gamma di fenotipi prodotti da un genotipo in vari ambienti)
Analisi dei caratteri quantitativi
a) Dividere le variazioni osservate nel carattere nelle due
componenti
• genetica
• ambientale
b) Utilizzare la componente genetica per la previsione dei
fenotipi della progenie
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Affinchè il campione descriva la popolazione, esso deve essere:
• Rappresentativo
• Sufficientemente ampio
Campioni e popolazioni
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Metodi statistici per l’analisi delle caratteristiche
quantitative
All’interno di un gruppo, la variabilità fenotipica può essere rappresentata per mezzo di
una distribuzione di frequenza: grafico di frequenze relative ai diversi fenotipi
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Distribuzione normale, asimmetrica e
bimodale
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La media fornisce informazioni sul centro di una distribuzione
∑x =
xi
n
La media
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La varianza è definita come la deviazione quadratica media dalla media. Essa
fornisce informazioni sulla variabilità di un gruppo di fenotipi
Per calcolare la varianza si sottrae la media da ogni misurazione, portando al
quadrato il valore ottenuto. Si sommano poi i valori e il risultato lo si divide per
il numero di misurazioni di partenza meno 1
S2 =∑ (xi – x)2
n - 1
La varianza
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La deviazione standard è la radice quadrata della varianza. Essa misura la
dispersione dei dati intorno al valore atteso
Si esprime nelle stesse unità della misura originale, pertanto descrive la
variabilità di una misura
s = s2
La deviazione standard (s)
Percentuali di una distribuzione normale comprese in 1, 2
o 3 deviazioni standard
27
Coefficiente di correlazione (r)stabilisce la forza dell’associazione fra due caratteristiche.
Es. altezza (x) e peso di una persona (y)
covxy =∑ (xi – x) (yi – y)
n - 1
r = covxy
sxsy
Il coeff. di correlazione si ottiene dividendo la covarianza di x e y per il prodotto delle
deviazioni standard di x e y. Esso spazia da +1 a -1. Un valore positivo indica l’esistenza di
correlazione positiva fra le due variabili
La covarianza è un indice che misura la "contemporaneità" della variazione (in termini
lineari) di due variabili casuali. Essa può assumere sia valori positivi che negativi. Nel caso
di valori positivi indica che al crescere di una caratteristica statisticamente cresce anche
l'altra, nel caso di valori negativi accade il contrario
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altezza
e
peso
numero uova
e
peso uova
altezza
e
intelligenza
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Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
r puo’ essere calcolato anche per una sola variabile misurata per coppie di individui
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b = covxy
sx2
Coefficiente di regressione (b)
la curva di regressione è ( y = a + bx )
a = intercetta di y, ovvero il valore di y quando x=0,
b = pendenza della curva, ovvero l’aumento medio di y
all’aumentare di x
Indica l’entità dell’aumento di y all’aumentare di x. Pertanto, b consente di
prevedere il valore di una variabile, dato il valore dell’altra
29
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Il coefficiente di regressione consente di prevedere determinate
caratteristiche della progenie generata da una data unione anche senza
conoscere i genotipi che codificano per tale carattere
INFLUENZA DELL’ AMBIENTE SULLA
VARIABILITA’ DEI CARATTERI QUANTITATIVI
Johannsen (1903-1909):
primo studioso che ha messo in evidenza
l’azione congiunta dei fattori genetici e dei
fattori ambientali nell’eredità dei caratteri
quantitativi
egli realizzò una serie di esperimenti
utilizzando semi di fagiolo della varietà
commerciale “Princess”, sapendo che
la specie scelta è strettamente autogama
e che ciascun seme era da ritenersi
omozigote a tutti i loci
30
Esperimenti di W. Johannsen in fagiolo:
Influenza dell’ambiente sull’espressione dei caratteri quantitativi
Johannsen valutando il peso dei semi
di fagiolo è stato il primo a distinguere
la variabilità genetica dalla variabilità
ambientale e a dimostrare che la
selezione può operare solo sulla
variabilità genetica.
• Le 19 linee estratte dalla varietà
commerciale erano infatti differenti: le
differenze tra le medie delle linee in
termini di peso del seme dovevano
essere di natura genetica.
• La selezione entro linee risultava
invece inefficace dimostrando che la
variabilita’ del peso del seme entro
linea dipendeva soltanto da fattori
ambientali.
Effetti della selezione continuata per sei
generazioni entro la line pura n. 1 (64,3 cg)
Peso medio deisemi dei genitori
Peso medio deisemi delle progenie
Differenze DifferenzeLinea
leggeraLinea
pesanteLinea
leggeraLinea
pesante
60
55
50
43
46
56
70
80
87
73
84
81
+10
+25
+37
+30
+38
+25
63,2
75,2
54,6
63,6
74,4
69,1
64,9
70,9
56,7
63,6
73,0
67,7
+1,7
–4,3
+2,1
0,0
–1,4
–1,4
Entro una linea pura semi di grandezza diversa davano progenie con il peso medio caratteristico della linea.
Nel corso delle generazioni il peso medio di ogni linea rimaneva costante sia quando si ricorreva ai semi pesanti che quando si ricorreva a quelli leggeri.
>
>
Johannsen dimostrò che la selezione entro linee risulta del tutto
inefficace confermando che la variabilità del peso del seme entro linea
pura dipende soltanto da fattori ambientali.
31
• la variabilità fenotipica di una carattere quantitativo può avere due componenti: una genetica ed un’altra ambientale;
• la selezione è efficace solo in presenza di variabilità genetica;
• la variabilità che si osserva entro linee pure è dovuta unicamente all’ambiente;
la selezione entro linea pura è del tutto inefficace.
Johannsen:
INFLUENZA DEI FATTORI GENETICI SULLA
VARIABILITA’ DEI CARATTERI QUANTITATIVI
Nilsson Ehle (1908):
è stato il primo ricercatore a trovare un modello
naturale in grado di spiegare l’eredità dei
caratteri quantitativi.
egli studiò il colore della cariosside in frumento
e formulò l’ipotesi che più coppie alleliche
segreganti in maniera indipendente, ereditate in
assenza di dominanza ed aventi azione uguale
e cumulativa (additiva) potessero spiegare i
risultati relativi al grado di espressione del
carattere nella generazione F2.
32
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Eredità del colore della cariosside in frumento
AABB A1A1B1B1xPColore dellecariossidi
Rossomolto scuro
Bianco
Grado di colore 0 4
AA1BB1
Rossointermedio
2
F1
F2 Rapporto 15:1piante con cariossidi colorate (ma di intensitàvariabile: chiaro, medio, scuro e molto scuro) epiante con cariossidi bianche
AB (¼) A1B (¼) AB1 (¼) A1B1 (¼)
AABBAB (¼)
A1B (¼)
AB1 (¼)
A1B1 (¼)
AA1BB
AABB1
AA1BB1
AA1BB
A1A1BB
AA1BB1
A1A1BB1
AABB1
AA1BB1
AAB1B1
AA1B1B1
AA1BB1
AA1B1B1
A1A1B1B1
A1A1BB1
33
Nel genitore P2 a cariossidi colorate ci sono due
fattori A1B1 per il colore geni “plus”
Nel genitore P1 a cariossidi bianche si hanno i loro
alleli A e B per il non colorato geni “minus”
Alleli minus
Alleli che esercitano un effetto minimo o che sono
ininfluenti sulla manifestazione fenotipica di un
carattere quantitativo.
Alleli plus
Alleli in grado di contribuire alla manifestazione di
un carattere quantitativo agendo nello stesso
senso in maniera cumulativa e con effetto sul
fenotipo superiore alla media.
Spiegazione fornita da Nilsson-Ehle:
Azione di fattori A1B1 per il colore geni “plus”
e di alleli A e B per il non colorato geni “minus”
I risultati in F2 si possono spiegare assumendo che le due coppie alleliche vengano
ereditate in maniera indipendente, in assenza di dominanza e supponendo che gli
alleli plus abbiano azione uguale e cumulativa nel dare la colorazione:
l’intensità del colore è data dal
numero di alleli A1 e B1 che nel
genotipo delle diverse piante F2
agiscono nello stesso senso in
maniera cumulativa.
0 41
1
11
22
2
2
2
23
3
33
ABA1B
AB1A1B1 AB
A1BAB1
A1B1
AABB A1A1B1B1AA1BB
AABB1
A1A1BB1
AA1B1B1
AA1BB1
A1A1BB
AAB1B1
Genotipi:
Colore: Bianco Chiaro Medio Scuro Molto scuro
No. di alleli plus:
1/16 4/16 6/16 4/16 1/16Rapporto fenotipico
0 1 2 3 4
15/16
34
Assunzioni dell’ipotesi multigenica di Nilsson-Ehle:
• in nessuno dei loci uno degli alleli presenta dominanza sull’altro, piuttosto risulta coinvolta una serie di alleli con effetto additivo;
• ogni allele plus agisce nello stesso senso in maniera cumulativa ed ha uguale effetto sul fenotipo;
• gli alleli minus non contribuiscono (o contribuiscono in maniera minima) al fenotipo;
• non esiste interazione genica (epistasi) tra loci differenti di una serie;
• i loci non sono associati, cioè gli alleli segregano in maniera indipendente.
Questo lavoro ha dimostrato che la differenza fra eredità di caratteri continui e
discontinui risiede nel numero di loci che determinano quel carattere
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Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
1
4
n
A1A1 x A2A2
A1A2
A1A2 A1A2x
A1A1 A1A2 A2A1 A2A2
Determinazione numero di geni per
caratteristica poligenica
¼ 2/4 ¼
Vengono incrociati due individui omozigoti per
alleli differenti (A1 e A2) di un singolo locus (A)
Gli individui della risultante F1 sono incrociati fra di
loro
¼ della F2 risulterà omozigote come i parentali.
Se ci sono 2 loci coinvolti, ¼ x ¼ = 1/16
Pertanto, in F2 il numero di individui simili
a ciascuno dei parentali (n indica numero
di loci) e’:
se trovo 1/256 individui, significa che ci sono 4 loci
Questo metodo assume che tutti i geni che influenzano la caratteristica siano
additivi, presentino effetti equivalenti e non siano associati.
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Applicazione della statistica
allo studio di una caratteristica
poligenicaEdward East accoppiò due varietà di tabacco
omozigoti per la lunghezza del fiore: 40,5 mm e
93,3 mm, rispettivamente.
Egli trovò che nella F1 la lunghezza del fiore era
intermedia, con una varianza simile a quella
riscontrata nei parentali.
East accoppiò poi fra di loro gli individui F1. Nella
F2 la lunghezza media del fiore era simile a
quella riscontrata nella F1, ma la varianza era
molto superiore.
East selezionò alcune piante F2 e le incrociò:
nella F3 l’estensione del fiore dipendeva dalla
lunghezza del fiore nei parentali
Questo indicava l’esistenza di differenze sul
piano genetico nell’ambito della F2. Dato che
nessuna delle 444 piante F2 mostrava lunghezza
del fiore analoga ai parentali, il carattere doveva
essere codificato da più di 4 loci
Ereditabilità di un carattere (H2)
-Frazione della variazione fenotipica causata dalle differenze
genetiche
-Osservabile a livello di popolazione, non di singolo individuo!
37
Il contributo relativo dei fattori genetici e dei fattori ambientali nella
determinazione della variabilità di un carattere quantitativo è misurato da
un parametro che prende il nome di ereditabilità. Essa consente di
prevedere il fenotipo della progenie in base al fenotipo parentale
EREDITABILITA’:
frazione ereditabile
della variazione di un
carattere quantitativo
H2=VG
VP
H2= 0 -1
esprime la proporzione della variabilità fenotipica (VP)
imputabile a differenze genetiche (VG)
Per determinare l’ereditabilità di un carattere quantitativo occorre per
prima cosa misurarne la variabilità - varianza (misura la fluttuazione dei
dati individuali intorno alla media del campione ed equivale allo scarto
quadratico medio) - e quindi suddividere questa nelle sue componenti.
COMPONENTI DELLA VARIANZA FENOTIPICA (VP)
VP=VG+VE
VARIANZA GENETICA = VG
(differenze genetiche tra gli individui)
VARIANZA AMBIENTALE = VE
(influenza delle condizioni ambientali)
38
Una certa quota di variazione genetica è ereditabile poiché passa
dai genitori ai figli.
Un’altra quota di variazione è genetica ma non strettamente
ereditabile a causa di fenomeni quali la dominanza e le
interazioni epistatiche che non passano direttamente dai genitori
ai figli.
Per esempio, se un allele è dominante su un altro, il fenotipo di un
genitore eterozigote è determinato in parte dalla interazione di
dominanza fra i due alleli. Un genitore che si riproduce
sessualmente passerà alla sua prole soltanto un allele. La prole,
infatti, eredita il genotipo da entrambi i genitori e quindi non
erediterà l’interazione di dominanza, ma soltanto l’effetto di un
singolo allele
La variazione genetica può quindi essere ulteriormente suddivisa in tre
componenti:
1) variazione genetica additiva: alcuni alleli possono contribuire con un valore
fisso al valore metrico di un carattere quantitativo. Tali geni si definiscono additivi
e contribuiscono alla varianza genetica additiva (VA).
2) variazione genetica dominante: alcuni alleli sono dominanti su altri e
mascherano il contributo degli alleli recessivi in quel locus. Questa fonte di
variabilità contribuisce alla varianza genetica da dominanza (VD).
3) variazione genetica causata dalle interazioni fra geni diversi, dovuta
fondamentalmente a fenomeni di epistasi. Tale variazione contribuisce alla
varianza genetica da interazione (VI)
VG= VA+ VD+ VI
39
COMPONENTI DELLA VARIANZA GENETICA (VG)
• VARIANZA ADDITIVA = VA
• VARIANZA dovuta alla DOMINANZA = VD
• VARIANZA EPISTATICA = VI
VG= VA+ VD+ VI
e la varianza fenotipica totale può essere
riscritta come:
VP= VE+ VA+ VD+ VI
EREDITABILITA’
Il termine generale che descrive la proporzione della varianza genetica alla
varianza totale è l’ereditabilità. Si possono stimare due tipi specifici di
ereditabilità.
In senso lato l’ereditabilità è il rapporto fra la varianza genetica totale (incluse
dominanza ed epistasi) e la varianza fenotipica totale, cioè:
H2 = VG/VP
Per predire il fenotipo della prole proveniente da un particolare accoppiamento è
importante conoscere la porzione di varianza genetica additiva, poiché in questo
modo sarà possibile conoscere il contributo relativo dei genitori alla costituzione
della F1.
In senso stretto l’ereditabilità è il rapporto fra la varianza genetica additiva e la
varianza fenotipica totale, cioè:
h2 = VA/VP
h2 varia tra 0 (VA=0) e 1(VA=VP)
40
La frazione di varianza totale che rimane dopo esclusione della frazione
dovuta agli effetti ambientali. Una misura del grado di determinazione
genetica di un carattere.
EREDITABILITA’ IN SENSO LATO
H2 =VG
VP=
VG
VG+ VE
EREDITABILITA’ IN SENSO STRETTO
Solo le differenze genetiche attribuibili alle azioni geniche additive possono
essere fissate con la selezione:
essendo legate all’effetto medio dei geni, le azioni additive rimangono inalterate
nelle generazioni successive; quando invece le differenze tra i materiali selezionati
sono dovute a specifiche interazioni geniche, come dominanza ed epistasi, queste
non possono essere fissate con la selezione, poichè per effetto della segregazione
e della ricombinazione possono ottenersi combinazioni di geni diverse da quelle
della generazione precedente.
E’ il rapporto fra varianza genetica
additiva e varianza totale. Una
stima dell'efficienza della selezione.
41
VP=VG+VE
VG (degli individui variabili geneticamente)= Vp (variabili) – VE (identici)
VG
Vp
H2 =
se VE = 0 , VP= VG
se VG = 0 , VP= VE
Calcolo dell’ ereditabilità in senso lato mediante
eliminazione di componenti della varianza
possiamo annullare VG facendo sviluppare
individui geneticamente identici
possiamo annullare VE facendo sviluppare gli
individui nello stesso ambiente -> impossibile
Calcolo dell’ereditabilità in senso lato mediante
eliminazione di componenti della varianza: esempio
Ereditabilità della chiazzatura bianca nelle cavie
nella popolazione variabile geneticamente VP=573
VG
VpH2 =
VP – VE = VG
nella popolazione dopo numerosi incroci (omozigote) VP=340
573 – 340 = 233
H2 = 0,41233
573
41% della variazione nella chiazzatura delle cavie era dovuto a differenze
riguardanti il genotipo
Poichè in quest’ultimo gruppo VG=0, VP = VE . Questo valore di VE puo’ essere
assegnato anche alla popolazione di partenza (geneticamente variabile)
42
• Si assume che la varianza ambientale degli individui geneticamente
identici sia equivalente a quella degli individui variabili geneticamente, e
ciò può non essere vero
• Approccio applicabile solo quando è possibile ottenere individui
geneticamente identici
Problemi nel calcolo dell’ ereditabilità mediante
eliminazione di componenti della varianza
Si confrontano fenotipi di individui che presentano gradi di parentela
diversi. Se la varianza fenotipica è determinata da differenze genetiche:
• i gemelli monozigotici devono essere simili per un determinato carattere
più dei gemelli dizigotici
• la progenie deve risultare simile ai genitori in misura maggiore a quanto
avviene negli individui non imparentati
Ereditabilità mediante regressione tra individui
parentali e prole
43
Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
In una regressione del fenotipo medio della prole rispetto ai genitori, l’ereditabilità in
senso stretto (h2) è uguale al coefficiente di regressione (b). Pertanto, il coefficiente
di regressione fornisce informazioni sul grado dell’ereditablità
in (a) non c’e’ alcuna relazione fra fenotipo parentale e della prole (raggruppati in famiglie)
in (b) il fenotipo della prole è equivalente a quelli parentali
in (c) sia i geni sia l’ambiente influiscono sul fenotipo
Ereditabilità mediante regressione tra individui
parentali e prole
LIMITAZIONI DELL’EREDITABILITA’
• Non dice quanto l’espressione di un carattere dipenda da
fattori genetici, ma esprime solo la proporzione della varianza
fenotipica tra gli individui di una popolazione che è dovuta a
differenze genetiche. L’ereditabilità pertanto indica il grado a
cui i geni stabiliscono la variazione di un tratto;
• Non si riferisce ad un individuo, ma è piuttosto una
caratteristica di una popolazione;
• Non è universale, poiché dipende dalla composizione di uno
specifico gruppo di individui in uno specifico ambiente;
• Non può venire usata per trarre conclusioni riguardo la natura
di differenze genetiche tra popolazioni, appunto perché è
specifica per un data popolazione in un dato ambiente
44
Riepilogo
• La varianza fenotipica è uguale alla somma della varianza dovuta a differenze genetiche e ambientali
• Ereditabilità in senso lato è la proporzione di varianza fenotipica dovuta alle differenze genetiche nella popolazione
• Ereditabilità in senso stretto è la proporzione di varianza fenotipica dovuta agli effetti additivi degli alleli nella popolazione
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QTL (quantitative trait loci)
sono i geni che controllano le
caratteristiche poligeniche
Si identificano marcatori
molecolari che segregano
nella popolazione assieme ad
una porzione del carattere
quantitativo
Localizzazione dei geni che influiscono
sulle caratteristiche quantitative
45
EVOLUZIONEE’ il cambiamento della variabilità in una popolazione di organismi
valutato nel tempo
Specie: un insieme di popolazioni formate da individui interfecondi, la cui prole a sua volta è interfeconda: pool genico chiuso
Filogenesi: il percorso evolutivo che ha portato alla differenziazione delle specie a partire da un origine comune.
Le forze dell’Evoluzione:
•Mutazione•Selezione•Deriva genetica: Isolamento geografico e migrazioni
Darwin: L’Origine della specie; Wallace: Saggio.
L’evoluzione di una nuova specie da una specie ancestrale avviene sulla base della selezione naturale.
Le variazioni casuali favorevoli tendono ad essere conservate, quelle non favorevoli tendono ad essere eliminate dalla pressione ambientale: adattamento all’ambiente che cambia (modificazione evolutiva che aumenta la probabilità di sopravivenza di un organismo e il suo successo evolutivo viene selezionata).
La selezione naturale
Insieme dei fattori che determinano la sopravvivenza di alcuni organismi
rispetto ad altri, all’interno di una data popolazione. Essa determina
l’evoluzione della specie, favorendo gli organismi dotati dei caratteri più
adatti in un determinato ambiente, ossia quelli che hanno la fitness
maggiore
In una popolazione compaiono continuamente nuovi caratteri, e nuove
combinazioni di geni, sia per effetto dei meccanismi di mutazione spontanea, sia
per la variabilità genetica assicurata dal crossing-over e dalla ricombinazione dei
cromosomi nei gameti durante il processo di meiosi; questi fenomeni avvengono
in modo casuale, e hanno quindi la stessa probabilità di verificarsi in qualsiasi
popolazione. A seconda delle caratteristiche ambientali, però, la possibilità di
sopravvivere e di riprodursi di alcuni individui, caratterizzati da un particolare
patrimonio genetico, sarà maggiore rispetto a quella di altri, che risultano
sfavoriti. Il cambiamento delle condizioni esterne determina inevitabilmente
anche un cambiamento della fitness degli individui: quelli che nelle condizioni
precedenti erano favoriti, possono in seguito risultare sfavoriti.
46
• Ad ogni generazione viene prodotto un numero sempre maggiore di
individui in grado di sopravvivere fino alla riproduzione
• Il grado di variabilità fenotipica è elevato
• Una certa quota di questa variabilità fenotipica è ereditabile
pertanto
Gli individui con determinati caratteri (detti adattativi) sopravvivono e si
riproducono in modo più efficiente rispetto agli altri. Questi caratteri sono
ereditabili, per cui nella generazione successiva aumenterà in numero di
individui che evidenzieranno tali caratteri
La selezione naturale
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La selezione artificiale
47
Entità di variazione di un carattere sottoposto a selezione, nel corso
di una generazione
La risposta alla selezione si calcola sottraendo il fenotipo medio della
popolazione originale da quello medio della prole.
Es. mandria produce 80 l latte a settimana, la progenie ne produce 100.
Risposta alla selezione= 20 l a settimana
La risposta alla selezione (R)
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Risposta alla
selezione in mais
48
Viene determinata prevalentemente da due fattori:
• ereditabilità in senso stretto
• grado di selezione degli individui da incrociare: differenza fenotipica di
questi individui, che si misura con il differenziale di selezione (S).
La risposta alla selezione (R)
Il differenziale di selezione (S) è definito come la differenza fra il fenotipo
medio degli individui parentali scelti, e quello medio della popolazione originale.
Es. mandria produce 80 l latte a settimana, i parentali scelti per l’incrocio ne
producono 120. Differenziale di selezione = 40 l
R = h2 x S
Prevedere la risposta alla selezione (R)
R = h2 x S
Numero setole addominali in Drosophila
Ereditabilità in senso stretto = 0,52
Numero medio setole in popolazione di partenza = 35,3
Numero medio setole in moscerini selezionati per l’incrocio = 40,6
Pertanto, differenziale di selezione = 5,3
R = 0,52 x 5,3 = 2,8
R rappresenta l’aumento atteso nella prole rispetto alla popolazione originale
49
La risposta alla selezione può essere utilizzata per stimare l’ereditabilità
Quando G. Clayton osservò il numero medio di setole (37.9), scoprì che questo
differiva dal numero stimato: 38.1 (35.3 + 2.8)
L’ereditabilità in senso stretto puo’ pertanto essere calcolata rielaborando
l’equazione R = h2 x S
Ereditabilità realizzata
L’ereditabilità realizzata è definita per mezzo di un esperimento di
risposta alla selezione.
Calcolare S: media parentali scelti – media popolazione di partenza
Calcolare R: media progenie – media popolazione di partenza
Calcolare l’ereditabilità
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Quando un carattere è selezionato per molte generazioni non risponde più alla
selezione, si stabilizza.
Limiti della risposta alla selezione
50
LA GENETICA DI POPOLAZIONE E LA
GENETICA EVOLUZIONISTICA
La genetica di popolazione riguarda la costituzione genetica di un gruppo di
individui, e il modo in cui essa muta nel tempo
EVOLUZIONEE’ il cambiamento della variabilità in una popolazione di organismi
valutato nel tempo
Specie: un insieme di popolazioni formate da individui interfecondi, la cui prole a sua volta è interfeconda: pool genico chiuso
Filogenesi: il percorso evolutivo che ha portato alla differenziazione delle specie a partire da un origine comune.
Le forze dell’Evoluzione:
•Mutazione•Selezione•Deriva genetica: Isolamento geografico e migrazioni
Darwin: L’Origine della specie; Wallace: Saggio.
L’evoluzione di una nuova specie da una specie ancestrale avviene sulla base della selezione naturale.
Le variazioni casuali favorevoli tendono ad essere conservate, quelle non favorevoli tendono ad essere eliminate dalla pressione ambientale: adattamento all’ambiente che cambia (modificazione evolutiva che aumenta la probabilità di sopravivenza di un organismo e il suo successo evolutivo viene selezionata).
51
Alla fine del 1700 la teoria predominante era quella di Linneo, detta della fissità, che
definiva le varie specie come entità create una volta per tutte e incapaci di modificarsi
o capaci entro ben determinati limiti.
All'inizio del XIX secolo iniziarono a sorgere, negli studiosi di Scienze Naturali i primi
dubbi concreti: negli strati rocciosi più antichi infatti mancano totalmente tracce (fossili)
degli esseri attualmente viventi e se ne rinvengono altre appartenenti ad organismi
attualmente non esistenti. Nel 1809, il naturalista Lamarck presentò per primo una
teoria evoluzionista (detta lamarckismo) secondo cui gli organismi viventi si
modificherebbero gradualmente nel tempo adattandosi all'ambiente: l'uso o il non uso
di determinati organi porterebbe con il tempo ad un loro potenziamento o ad un'atrofia.
Tale ipotesi implica quello che oggi viene considerato l'errore di fondo: l'ereditabilità dei
caratteri acquisiti (esempio: un culturista non avrà necessariamente figli muscolosi; la
muscolosità del culturista è infatti una manifestazione fenotipica, cioè morfologica,
derivante dall'interazione dello sportivo con l'ambiente, il continuo sollevare pesi; ma il
particolare sviluppo muscolare non è dettato dal suo patrimonio genetico, il genotipo).
EVOLUZIONE
Lamarck trovò opposizione in Georges L. Chretien Cuvier, il quale aveva elaborato la
'teoria delle catastrofi naturali' secondo la quale la maggior parte degli organismi
viventi nel passato sarebbero stati spazzati via da numerosi cataclismi e il mondo
infatti sarebbe stato ripopolato dalle specie sopravvissute.
Dopo cinquant'anni Darwin formulò una nuova teoria evoluzionista; il noto naturalista,
durante il suo viaggio giovanile sul brigantino Beagle, fu colpito dalla variabilità delle
forme viventi che aveva avuto modo di osservare nei loro ambienti naturali intorno al
mondo. Riflettendo sugli appunti di viaggio e traendo spunto dagli scritti
dell'economista Thomas Malthus, Darwin si convinse che la “lotta per la vita” fosse
uno dei motori principali dell'evoluzione intuendo il ruolo selettivo dell'ambiente sulle
specie viventi. L'ambiente, infatti, non può essere la causa primaria nel processo di
evoluzione (come invece sostenuto nella teoria di Lamarck) in quanto tale ruolo è
giocato dalle mutazioni genetiche, in gran parte casuali. L'ambiente entra in azione in
un secondo momento, nella determinazione del vantaggio o svantaggio riproduttivo
che quelle mutazioni danno alla specie mutata, in poche parole, al loro migliore o
peggiore adattamento (fitness in inglese).
I principali meccanismi che partecipano in queste situazioni sono:
* meccanismi genetici
* meccanismi ecologici
52
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Schema_evoluzione_Biologica.png
I rapporti di discendenza comune tra specie o gruppi di ordine superiore si dicono
rapporti filogenetici, e il processo di differenziazione della vita si chiama filogenesi
Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
La genetica di popolazione
53
Genetica di popolazione
Nasce all’inizio del ‘900 come logica conseguenza dello sviluppo della
genetica mendeliana
• Studia geni e alleli non più nella singola famiglia, o nel singolo
incrocio, ma in popolazioni di individui interfecondi
• La struttura genetica di una popolazione considera i tipi e le frequenze
dei genotipi e degli alleli di quella popolazione (frequenze geniche e
genotipiche)
Genetica di popolazione
• Ricerca strumenti matematici per descrivere la
variabilità genetica entro una popolazione
• Sviluppa modelli matematici che spieghino come tale
variabilità si mantenga di generazione in generazione
ovvero come e perché si verificano cambiamenti
nelle frequenze geniche
La genetica di popolazione riguarda cioè la costituzione
genetica di un gruppo di individui e il modo in cui essa muta
nel tempo
54
Popolazioni mendeliane e
pool genico
• Si definisce popolazione mendeliana un gruppo di individui
interfecondi che risiede all’interno di confini geografici definiti
• Se tutti i gameti prodotti da una popolazione mendeliana sono
considerati come un ipotetico miscuglio di unità genetiche dalle quali
nascerà la generazione successiva, ne emerge il concetto di pool
genico.
Il pool genico (o pool genetico) di una specie o di una popolazione è
il set completo di alleli unici che verrebbero trovati esaminando il
materiale genetico di ogni membro vivente di quella specie o
popolazione, cioè l'insieme di tutti gli alleli di tutti i geni di tutti gli
individui di una popolazione
Parametri:
• Frequenza fenotipica: la proporzione di individui in una
popolazione con un dato fenotipo
• Frequenza genotipica: la proporzione di uno specifico
genotipo ad un dato locus, considerando che sono
possibili molti genotipi diversi
• Frequenza allelica: la proporzione di uno specifico allele
in un dato locus, considerando che la popolazione può
avere da uno a più alleli a quel locus
Genetica di popolazione
55
Calcolo delle frequenze genotipiche
Somma degli individui che possiedono lo specifico genotipo diviso
l’ammontare complessivo di individui del campione
frequenza (AA) = # individui AA
N (# individui campione)
frequenza (Aa) = # individui Aa
N (# individui campione)
frequenza (aa) = # individui aa
N (# individui campione)
La somma delle frequenze genotipiche è sempre uguale a 1
Calcolo delle frequenze allelicheIl pool genetico di una popolazione può essere descritto anche in forma
di frequenze alleliche.
Il numero di alleli è sempre inferiore al numero genotipi
Ci si aspetta che la somma di p e q sia 1, dato che essi sono le frequenze degli unici due alleli presenti.
Infatti otteniamo:
e da quest'ultima:
q = 1 − p e p = 1 − q
Se ci sono più di due diverse forme alleliche, la frequenza per ogni allele è semplicemente la frequenza del
suo omozigote più la metà della somma delle frequenze per tutti gli altri eterozigoti in cui appare quel
determinato allele.
Se f(AA), f(Aa) e f(aa) sono le frequenze di tre genotipi in un locus con due alleli, allora la frequenza p
dell'allele A e la frequenza q dell'allele a si ottengono contando gli alleli. Poiché ogni omozigote AA consiste
solo di alleli A, e dato che metà degli alleli di ogni eterozigote Aa sono alleli A, la frequenza totale p di alleli
A nella popolazione si calcola come:
frequenza di A
frequenza di a
In modo analogo, la frequenza q dell'allele a è data da
56
Calcolo delle frequenze alleliche
Somma delle copie di un particolare allele presente in un campione diviso
l’ammontare complessivo degli alleli del campione
p = frequenza (A) = 2nAA + nAa
2N (ogni individuo diploide possiede
due alleli in un locus)
q = frequenza (a) = 2naa + nAa
2N
Si noti che p + q = 1, cioè la percentuale dei gameti A e a deve dare il 100%,
se tiene conto di tutti i gameti nel pool genico.
Si consideri una popolazione di dieci individui e un dato locus con due possibili alleli,
A e a. Si supponga che i genotipi degli individui siano i seguenti:
AA, Aa, AA, aa, Aa, AA, AA, Aa, Aa, e AA
Esempio di calcolo delle frequenze
alleliche
Si consideri una popolazione di dieci individui e un dato locus con due possibili alleli,
A e a. Si supponga che i genotipi degli individui siano i seguenti:
AA, Aa, AA, aa, Aa, AA, AA, Aa, Aa, e AA
ovvero c'è un 70% di probabilità che la popolazione riceva questo allele,
e c'è un 30% di probabilità che la popolazione ottenga questo.
le frequenze alleliche dell'allele A e dell'allele a sono:
57
“In una popolazione, le frequenze alleliche e genotipiche
si mantengono costanti di generazione in generazione”
LEGGE DI HARDY-WEINBERG (1908)
Modello matematico che valuta l’effetto della riproduzione sulle frequenze
genotipiche e alleliche di una popolazione
Le frequenze genotipiche sono correlate alle frequenze geniche da una
semplice formula:
A con frequenza p
a con frequenza q
Le frequenze dei tre possibili genotipi sono date da:
p2 + 2pq + q2 = (p + q)2 = 1
AA Aa aa
p + q = 1
Dal momento che ciascun soggetto ha due alleli per un gene, la
distribuzione dei genotipi alla generazione successiva può essere riassunta
come segue:
(p + q)2
p2 + 2pq + q2 = 1
AA Aa aa
Ogni soggetto della popolazione deriva dall’unione di due gameti, nei quali i
due alleli A ed a possono presentarsi con probabilità p e q rispettivamente.
EQUAZIONE DI HARDY-WEINBERG
58
1. La popolazione è infinitamente estesa e si incrocia a caso
(PANMISSIA)
2. Non c’è selezione in atto a favore o contro un determinato
fenotipo, tutti gli individui portatori dell’uno o dell’altro allele ad un
dato locus sono ugualmente vitali e fertili
3. La popolazione è chiusa, cioè non vi sono movimenti migratori in
atto
4. Non c’è mutazione da uno stato allelico ad un altro, oppure il
tasso di mutazione A -> a è uguale ad a -> A
Condizioni necessarie per soddisfare la legge
di Hardy e Weinberg
1. La popolazione è sufficientemente ampia
2. Gli individui della popolazione si accoppiano in maniera
casuale
3. Le frequenze alleliche della popolazione non sono
influenzate da selezione naturale, migrazioni, mutazioni
Sommario condizioni necessarie per
soddisfare la legge di Hardy e Weinberg
59
• L’accoppiamento casuale genererebbe le frequenze
di equilibrio p2, 2pq, q2
• le frequenze genotipiche nelle popolazioni
sarebbero sempre in equilibrio e IMMUTABILI nel
tempo, cioè non ci sarebbe alcuna EVOLUZIONE
• Le frequenze genotipiche sarebbero stabilite dalle
frequenze alleliche
Implicazioni della legge di Hardy e Weinberg
Se le condizioni elencate sopra fossero sempre rispettate,
cioè se la popolazione fosse in equilibrio:
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Quando una popolazione è in equilibrio di Hardy-Weinberg,
le proporzioni dei genotipi sono stabilite dalle frequenze
degli alleli
60
• Le condizioni elencate in precedenza sono
teoriche, e non vengono mai rispettate in
natura in modo assoluto
• Di fatto la legge di H.W. è applicabile a molti
studi di popolazione ed è molto utile
• Bisogna comunque verificare con test
statistici (es: test χ2) la sua applicabilità al
campione in esame
Condizioni necessarie per soddisfare la legge
di Hardy e Weinberg
E’ semplice per un locus con due alleli codominanti (p.es. locus
gruppo sanguigno MN)
• Fenotipi: M MN N
• Genotipi: MM MN NN
In un campione di 100 individui si contano
• 52 MM
• 36 MN
• 12 NN
Frequenza dell’allele M?
n° copie M presenti / n° totale degli alleli
((52x2) + 36) / 200 = 0,7
Calcolo delle frequenze alleliche 1.
61
Frequenza dell’allele N?
n° copie N presenti/ n° totale degli alleli
((12x2) + 36) / 200 = 0,3
Se la popolazione campionata rispetta equilibrio di H.W. le
distribuzioni genotipiche attese sono:
• p2 (MM)= 0,7x0,7= 0.49
• 2pq (MN)= 2x0,7x0,3=0,42
• q2 (NN)= 0,3x0,3=0,009
Il test del χ2 [Σ (oss.-att.)2/att.] mi dice che gli scostamenti fra
osservati e attesi NON sono statisticamente significativi, quindi H.W.
è rispettato: la popolazione è in equilibrio
Calcolo delle frequenze alleliche 2.
LEGGE DI HARDY-WEINBERG
q2 = 1/3250 (frequenza di aa) = 0.00031
q = 0.00031 = 0.0175
p= 0.9825
FAa = 2pq = 0.0344 cioè 1/29
La probabilità che due Aa si incrocino è 0.0344 x 0.0344 = 0.0012
Tra i loro figli, ¼ sarà aa
0.0012/4 = 0.0003
cioè 1/3333, molto simile all’1/3250 osservato
La fibrosi cistica è una malattia rara, determinata dagli alleli A e a quando a è in
condizione omozigote, che colpisce in Italia 1/3250 neonati.
Qual’e’ la frequenza dei portatori sani?
62
LEGGE DI HARDY-WEINBERG
Quando i test statistici mostrano discrepanze
significative fra le frequenze genotipiche osservate e le
frequenze attese in base alla formula p2, 2pq, q2…..
dobbiamo pensare che una o piu’ delle condizioni di
validità della legge siano state violate
LEGGE DI HARDY-WEINBERG
Vari fattori possono disturbare l’equilibrio di H. W.:
• Mutazione
• Selezione
• Migrazione
• Inincrocio
• Dimensioni ridotte della popolazione
Uno o piu’ fattori che violino le condizioni di validità della
legge di H.W. possono promuovere cambiamenti nelle
frequenze geniche e genotipiche -> EVOLUZIONE
63
• Mutazione
• Selezione
• Migrazione
• Dimensioni limitate di una
popolazione (<1000 ii)
• Unioni non casuali (p.es. inincrocio)
Introducono variabilità nel pool genico
Riducono la variabilità
del pool genico
Fattori che cambiano frequenze geniche
MUTAZIONE/SELEZIONE
• La mutazione - evento raro e casuale – crea
nuove varianti alleliche
• La selezione agisce sugli individui mutanti:
se la mutazione è vantaggiosa verrà selezionata
positivamente -> aumenta la frequenza della nuova
variante allelica
Fattori che cambiano frequenze geniche
64
MIGRAZIONE o FLUSSO GENICO:
Influsso di geni provenienti da altre popolazioni
• Previene la differenza genetica fra popolazioni
• Aumenta la variabilità genetica entro popolazioni
Effetti della migrazione sulle frequenze geniche:
Δq= i(qn-qi)
Δq = variazione frequenza genica
i = frazione di immigrati
qn = frequenza nei nativi
qi = frequenza negli immigrati
Fattori che cambiano frequenze geniche
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65
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ININCROCIO (inbreeding)
• Accoppiamento fra individui che condividono una certa
quota di alleli identici per discendenza
• Può essere la conseguenza di matrimoni fra membri di
comunità ristrette e geograficamente isolate
• Può essere la conseguenza di matrimoni combinati fra
consanguinei (p.es. primi cugini) per ragioni religiose,
culturali, patrimoniali etc.
• Aumenta la probabilità di omozigosi nella prole per alleli
recessivi rari→ Comparsa di malattie AR rare
Fattori che cambiano frequenze geniche
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Depressione da inincrocio
Riduzione della fitness conseguente alla pratica sistematica dell’inbreeding
Dovuta all’omozigosi per alleli recessivi con effetto deleterio
Si osservano ad es. riduzione di fertilità, ridotto tasso di sopravvivenza,
comparsa di malformazioni, aumentata suscettibilità alle infezioni
Eteròsi (o vigore) dell’ibrido
Si ottiene incrociando linee inbred diverse:
l’ibrido mostra un marcato aumento della fitness grazie all’elevata eterozigosi
http://maizeandgenetics.tamu.edu/hybridvigor.htm
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VANTAGGIO DELL’ETEROZIGOTE
• Si è verificato in Africa occ. in ambiente malarico.
• Gli eterozigoti βAβS hanno fitness maggiore degli
omozigoti βAβA, perché risultano resistenti alla malaria (i
loro globuli rossi sono inospitali al protozoo Plasmodium) e
anche degli omozigoti βSβS, gravemente colpiti dalla
ANEMIA FALCIFORME.
POLIMORFISMO BILANCIATO
quando un allele dannoso allo stato omozigote è
conservato dal vantaggio selettivo degli eterozigoti, oppure
quando vi è una selezione a favore dell'allele più raro
La selezione(naturale e artificiale)
Fattori che cambiano frequenze geniche 1.
68
DERIVA GENICA (DRIFT)
La deriva genetica è la variazione, dovuta al caso, delle
frequenze alleliche in una piccola popolazione
Fattori che cambiano frequenze geniche 2.
Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
La deriva genetica fa variare le frequenze alleliche all’interno delle
popolazioni, portando a una riduzione di variabilità genetica
attraverso la fissazione e la divergenza tra le popolazioni
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Pierce, GENETICA, Zanichelli editore S.p.A. Copyright © 2005
EFFETTO DEL FONDATORE
Si ha quando una nuova popolazione viene stabilita
da un numero limitato di individui.
Es. Situazioni di isolamento ecologico
Fattori che cambiano frequenze geniche 2.
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EFFETTO COLLO DI BOTTIGLIA (Bottleneck)
•Si ha quando una popolazione si trova in condizioni sfavorevoli che
riducono drasticamente il numero di individui
•Determina variazioni casuali nelle frequenze alleliche simili a quelle
dovute all’effetto del fondatore
Fattori che cambiano frequenze geniche 2.
Evolutionary biologist Richard Dawkins has postulated that human mitochondrial DNA
(inherited only from one's mother) and Y chromosome DNA (from one's father) show
coalescence at around 140,000 and 60,000 years ago respectively. In other words, all
living humans' female line ancestry trace back to a single female (Mitochondrial Eve) at
around 140,000 years ago. Via the male line, all humans can trace their ancestry back to
a single male (Y-chromosomal Adam) at around 60,000 to 90,000 years ago.
This is consistent with the Toba catastrophe theory which suggests that a bottleneck of
the human population occurred c. 70,000 years ago, proposing that the human
population was reduced to c. 15,000 individuals when the Toba supervolcano in
Indonesia erupted and triggered a major environmental change.
However, research on many (but not necessarily most) genes find different coalescence
points from 2 million years ago to 60,000 years ago when different genes are
considered, thus disproving the existence of more recent extreme bottlenecks (i.e. a
single breeding pair).
On the other hand, in 2000, a Molecular Biology and Evolution paper suggested a
transplanting model or a 'long bottleneck' to account for the limited genetic variation,
rather than a catastrophic environmental change. This would be consistent with
suggestions that in sub-Saharan Africa numbers could have dropped at times as low as
2,000, for perhaps as long as 100,000 years, before numbers began to expand again in
the Late Stone Age
da Wikipedia:
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