uniformazione grafica

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Alessandro Canella

Breve guida all’uniformazione grafica di romanzi e racconti 

 SECONDA EDIZIONE 

RIVEDUTA E AGGIORNATA

EDIZIONI APNEA

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Alessandro Canella

Breve guida all’uniformazione grafica di romanzi e racconti

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SOMMARIO 

INTRODUZIONE ...................................................................................................................................... 2

PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE.................................................................................................... 2

1. PREMESSE GENERALI ............................................................................................................. 4

2. LA CARTELLA ......................................................................................................................... 8

3. LE TIPOLOGIE DI DISCORSO ................................................................................................... 9

3.1 Il discorso diretto .....................................................................................................................9

3.2 Il doppio discorso diretto .......................................................................................................11

4. COME EVIDENZIARE GLI ELEMENTI DEL TESTO ................................................................. 13

5. COME INSERIRE UN DOCUMENTO ESTERNO ALL’INTERNO DEL TESTO .............................. 14

5.1 Missive e diari personali ........................................................................................................14

5.2 Gli articoli di giornale ............................................................................................................15

6. I COMMENTI ......................................................................................................................... 16

6.1 Il commento informativo .......................................................................................................16

6.2 Il commento personale ...........................................................................................................16

7. IL FRONTESPIZIO.................................................................................................................. 18

8. INTESTAZIONI E PIÈ DI PAGINA ............................................................................................ 19

8.1 L’intestazione.........................................................................................................................19

8.2 Il piè di pagina .......................................................................................................................19

9. LE NOTE................................................................................................................................ 21

10. L’INDICE............................................................................................................................. 22

APPENDICI ................................................................................................................................ 23

A. Quale estensione per il documento?........................................................................................23

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INTRODUZIONE 

a storia di questa guida ha origini lontane. Cominciai a realizzarla sotto forma di “appun-

tamento settimanale” qualche mese fa, attraverso un topic su Writer’s Dream, forum con

il quale collaboravo ai tempi. Le difficoltà nel realizzarne certi passaggi mi obbligò tutta-

via a crearne ben presto una versione su foglio elettronico. Da lì ho cominciato ad aggiornarla set-

timana dopo settimana, sino all’attuale risultato, a voi presentato in versione integrale.

Ma perché una guida sull’uniformazione grafica dei testi e nello specifico di romanzi e racconti?

Perché spesso – troppo spesso – mi è capitato di leggere testi di aspiranti scrittori irrispettosi delle

più elementari regole di ordine e correttezza formale. Molti sono convinti che per diventare scrittori

basti cominciare a battere i pulsanti sulla tastiera, senza prestare alcuna attenzione al formato del

proprio foglio. Nulla di più sbagliato! L’uniformazione è molto più utile di quanto si pensi, poiché

non solo garantisce una maggiore eleganza visiva alla propria opera, ma soprattutto permette di

sfruttare alcuni stratagemmi volti ad una più puntuale completezza contenutistica (e da questo punto

di vista il capitolo 6 è esemplare).

Sin da ora, ci tengo a precisare che tale guida non rappresenta una mia personale interpretazione

sull’argomento “uniformazione grafica”, bensì una riproposizione (in bella copia, come si suol dire

in questi casi) di alcuni miei appunti universitari presi durante la frequentazione di un laboratorio di

“Strumenti di ricerca e scrittura scientifica”, tenutosi presso l’Università degli Studi di Milano tra i

mesi di Marzo e Maggio 2006.

Non trattandosi di un testo nato da ricerche personali, bensì fondante su conoscenze di ambito

pubblico (per quanto, come dicevo, ignorate), tale guida non è protetta da alcuna licenza, nemmeno

dalla Creative Commons. Siete pertanto liberi di adottare questo documento come meglio credete:

potrete proporlo integralmente o parzialmente all’interno di qualsiasi spazio (virtuale o reale) senza

l’obbligo d’indicare ad ogni occasione l’identità del suo autore (anche se la cosa, non lo nascondo,

mi farebbe piacere); potrete anche decidere di sfruttarlo come base per altri vostri scritti. Insomma,

siete liberi di usare questa guida come meglio vi aggrada.

Ci tengo anche a specificare che quanto leggerete in queste pagine sono regole di uniformazione

con valore internazionale, seguite in maniera più o meno libera dalla stragrande maggioranza delle

case editrici. È anche vero che proprio le case editrici, spesso e volentieri, applicano alle proprie

opere piccole modifiche grafiche, così da distinguerle dagli scritti concorrenti; procedimento, que-

L

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sto, che spesso genera più di un dubbio in coloro che tentassero d’intuire le regole

dell’uniformazione dalla sola lettura dei libri. È però altrettanto vero che tali conoscenze risultano

d’importanza fondamentale per chiunque volesse proporre un proprio elaborato a un editore, così da

non apparire sin da subito come uno sbarbatello che nemmeno sa creare i rientri con tutti i crismi

del mestiere.

Ma quali regole allora è giusto seguire? Dovendo scegliere un metodo a cui attenermi, ho deciso

di proporre esclusivamente le tipologie d’uniformazione più diffuse, presentando solo in alcuni casi

più di una soluzione grafica (è il caso, ad esempio, del capitolo 4).

Aggiungo infine che all’interno di questa guida come programma di riferimento ho adottato

Microsoft Office 2007. Tale scelta è dipesa da una serie di ragioni. La prima è che, nel bene o nel

male, Microsoft Office è il programma di scrittura più diffuso al mondo. La seconda è che comun-

que, tra i programmi per così dire “ad uso amatoriale”, si tratta di uno dei migliori sulla piazza, al-

meno per completezza delle funzioni (discorso a parte è quella sui formati dei file, che però non ha

nulla a che vedere con la suddetta guida). Non escludo però, in futuro, di realizzare una guida ana-

loga facente però riferimento a software più performanti e professionali, come Latex.

Informo infine che “Edizioni Apnea”, ovvero il logo che compare nella parte bassa della coperti-

na, è nulla più che un’invenzione del qui presente. Come tale, il suddetto nome non fa riferimento

ad alcun editore realmente esistente sul suolo italiano e/o estero. Qualora qualcuno vantasse qualsi-

asi sorta di diritto su tale logo, è pregato di contattarmi al mio indirizzo di posta elettronica

([email protected]), così da provvedere all’immediata eliminazione del marchio sulla copertina.

Detto ciò, vi lascio in compagnia di questa breve e modesta guida, con l’augurio che possa risul-

tarvi di una qualche utilità. Buona lettura.

Alessandro “Okamis” Canella

Arona, 11/10/2008

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PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

on nascondo un briciolo di soddisfazione personale nello scrivere questa prefazione. Se

mi trovo a farlo è infatti principalmente grazie al “successo” della prima edizione, la

quale in appena quattro mesi ha raggiunto e superato la soglia dei 300 download. In ter-

mini assoluti, sono il primo a dire che non sia chissà quale risultato, ma considerando che tale guida

va a toccare un aspetto (ahimè) ignoto ai più e che la pubblicità di cui ha potuto godere è consistita

principalmente del caro e vecchio passaparola, non posso nemmeno lamentarmi.

Come da tradizione per ogni opera “rivista e aggiornata”, anche questa mia umile guida vede ac-

crescere il numero delle pagine, e quindi delle informazioni in essa contenute. Man mano che pro-

cedo con questo lavoro, mi sto infatti rendendo conto che esistono miriadi di argomenti degni di no-

ta. Ecco allora i nuovi capitoli dedicati agli indici e alle note, oltre all’ampliamento di alcuni pas-

saggi già presenti nella prima edizione. A ciò si aggiungono le migliorie di rito, le quali vanno dalla

semplificazione di certi concetti (come quello di rientro), talvolta coadiuvati da nuovi esempi più

efficaci dei precedenti, alla nuova veste grafica, la quale aggiunge alla migliore piacevolezza visiva

un più facile movimento tra i vari capitoli, merito soprattutto dell’introduzione di una struttura iper-

testuale.

Per concludere, informo che sono già al lavoro su una possibile terza edizione, volta sempre

all’obbiettivo di proporre un testo allo stesso tempo snello e funzionale. Per il momento, buona let-

tura.

Alessandro “Okamis” Canella

Arona, 13/03/2009

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1. PREMESSE GENERALI 

Prima di cominciare a trattare nello specifico di quelle che sono le regole fondamentali per

l’uniformazione dei propri scritti, è bene avere chiari nella testa alcuni concetti base inerenti soprat-

tutto la terminologia che d’ora in poi verrà adottata. Da qui la ragione di questo breve prontuario

contenente i principali elementi che s’incontreranno nelle pagine a seguire, oltre che i loro utilizzi e

funzioni principali.

Il carattere (font, in inglese) → Il tipo di carattere adottato rappresenta il primo elemento di un

testo che va a colpire l’attenzione di un lettore, e come tale necessita di grande attenzione. Per tale

ragione, in un testo da proporre a un editore è bene usare o il Times New Roman o l’Arial

(quest’ultimo leggermente più alto del primo).

I caratteri Serif (lett. Grazie) → I caratteri Serif sono caratterizzati da piccoli “risvolti” sui bor-

di delle lettere, al fine di renderle più eleganti. Per via del loro stile, tali caratteri vengono di solito

preferiti per la scrittura di testi di ambito artistico. Il più famoso ed utilizzato carattere Serif è il Ti-

mes New Roman.

I caratteri Sans Serif (lett. Senza Grazie) → I caratteri Sans Serif sono contraddistinti

dall’assenza dei “risvolti” tipici dei Serif. Per via della loro pulizia formale, tali caratteri vengono di

solito preferiti per la scrittura di testi di ambito scientifico. Il più famoso ed utilizzato carattere Sans

Serif è l’Arial.

Il colore dei caratteri → A meno che di cognome si faccia Ende, è meglio evitare di usare colo-

ri diversi dal nero sia per il testo che per i titoli o qualsiasi altra parte del documento (consiglio,

questo, valido soprattutto in ambito artistico).

Il capolettera → Al fine d’incrementare l’eleganza generale del proprio testo, si può inserire

all’inizio di ogni capitolo un capolettera, ovvero un carattere (il primo della prima parola del capito-

lo) di dimensioni maggiorate rispetto al resto del testo (e talvolta presentante anche un diverso font).

Di norma, il capolettera deve essere interno e di dimensioni non superiori alle 3 righe “normali”.

Inoltre esso non deve presentare alcun rientro (v. pag. 6).

L’interlinea → L’interlinea è lo spazio bianco che divide una riga dall’altra. Il comando “inter-

linea” lo si trova a destra dei tasti d’allineamento (nella sezione “Home” > “Paragrafo”), oppure

premendo con il tasto destro sulla pagina e cliccando su “Paragrafo” (da lì l’interlinea potrà essere

modificato nella sezione “Spaziatura”).

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L’allineamento → Esistono quattro tipi d’allineamento dei caratteri: a sinistra, a destra, centrato

e giustificato. È bene tenere a mente che è sempre meglio (per non dire d’obbligo) usare

l’allineamento giustificato per il corpo del testo (in quanto da un maggior senso d’ordine all’intero

testo) e centrato per i titoli dei capitoli.

Il capoverso → Il capoverso è un gruppo di frasi aventi tutte il medesimo micronucleo tematico

di base. È sempre bene non andare a capo quando si scrivono frasi collegate tra loro da un senso ge-

nerale comune.

Il paragrafo → Il paragrafo è un gruppo di capoversi aventi tutti un macronucleo tematico co-

mune o indicanti una determinata scena. I paragrafi si distinguono tra loro per la presenza di una ri-

ga bianca tra l’ultima frase del paragrafo precedente e la prima frase del paragrafo successivo, o e-

ventualmente dai seguenti simboli, sempre posti a centro riga:

1) ••• (triplice bullet)

2) ~ (tilde)

Il rientro → Esistono 4 tipi di rientri: rientro prima riga, rientro sinistro, rientro destro e rientro

sporgente, tutti rappresentati da segni particolari sul righello superiore. Per distinguere un capoverso

da un altro è bene utilizzare un rientro prima riga di massimo 1cm (non oltre), sebbene l’ideale sia

di 0,5cm, lasciando invece inalterati i restanti rientri. Nel caso di un capoverso uguale o inferiore

alle due righe con presenza di un capolettera, il rientro del solo capoverso successivo potrà essere

pari alla metà del capoverso normale (questo vale soprattutto per rientri marcati come quello da

1cm, mentre per un rientro da 0,5cm tale operazione diventa superflua). Soltanto a inizio capitolo (a

patto, come detto, di non usare un capolettera) o paragrafo è consentito non usare alcun rientro. Per

comprendere meglio questi concetti, si osservi il seguente esempio:

___________________________________________________________________________

________________________________________

_____________

________________________________________________________________________

____________________________________

_______________________________________________________________________________

_________________________________________________

(assenza di rientro a inizio paragrafo; rientro dimezzato all’interno delle tre righe del capolettera;

rientro “normale” a partire dal paragrafo successivo)

Come sillabare automaticamente → È possibile spezzare e mandare a capo le parole a fine riga

in maniera automatica (la cosiddetta sillabazione). Per selezionare questa funzione (utile soprattutto

per risparmiare un po’ di spazio, qualora doveste scrivere un racconto entro un numero prefissato di

A

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pagine) basta seguire i seguenti passaggi: “Layout di pagina” > “Imposta pagina” > “Sillabazione”

> “Opzioni sillabazione” (NB: da questa pagina è anche possibile stabilire l’area di sillabazione e il

numero di righe per cui essa verrà attivata) > selezionare “Sillaba automaticamente documento” >

“Ok”. Qualora doveste sillabare un testo già scritto, prima dovrete evidenziarlo.

Le interruzioni → Può capitare talvolta di dover dividere il proprio documento in sezioni diver-

sificate nelle loro funzioni. È il caso, ad esempio, di documenti che sfruttano una doppia numera-

zione delle pagine (v. pag. 16). Per fare ciò, basta seguire i seguenti passaggi: “Layout di pagina” >

“Imposta pagina” > “Interruzioni”. A questo punto basterà selezionare la tipologia d’interruzione

che risponde alle proprie esigenze.

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2. LA CARTELLA

Con “cartella” s’intende il formato standard dato alle pagine dei libri. Sebbene esistano decine di

varianti (soprattutto a seconda del formato del volume in questione), sono due quelle più utilizzate

dalle case editrici (ricordo che qui si fa riferimento esclusivo a romanzi e racconti).

1) La prima prevede un carattere di dimensione 12 e interlinea 1,5. Una pagina così impostata

potrà contenere 35 righe e all’incirca 3˙000 caratteri con il Times New Roman e 2˙500 con l’Arial

(spazi inclusi).

2) La seconda prevede un carattere di dimensione 16 e interlinea 1. Una pagina così impostata

potrà contenere 38 righe e all’incirca 2˙500 caratteri, sia con il Times New Roman che con l’Arial

(spazi inclusi).

Per rendere meglio l’idea della profonda differenza tra questi due standard, si prenda in conside-

razione che il primo è adottato da Bompiani per Il signore degli Anelli, mentre il secondo da Fanuc-

ci per i romanzi di Robert Jordan.

Come accennavo prima esistono comunque della varianti. Ad esempio, un libro per bambini use-

rà sempre caratteri ben più grossi del 16, arrivando addirittura al 30. Negli ultimi anni, però, anche

alcuni libri dedicati a un pubblico di età superiore ai 14 anni hanno cominciato ad adottare caratteri

più grossi di quelli tradizionali. Per citare l’esempio forse più noto, è il caso dei romanzi di Licia

Troisi editi da Mondadori, presentati con carattere 22 e interlinea 1. Vi sconsiglio, tuttavia, di pre-

sentare un vostro lavoro con tale variante, in quanto rischiereste di sembrare uno/a scrittore/rice che

tenta di far passare un breve romanzo per un tomo.

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3. LE TIPOLOGIE DI DISCORSO

3.1 Il discorso diretto 

Uno degli aspetti dell’impostazione grafica di un testo che desta sempre maggiori dubbi riguarda

il discorso diretto. L’errore più comune consiste nell’usare il simbolo sbagliato per introdurre le pa-

role dei personaggi. Chiariamo sin da subito che esistono soltanto due impostazioni grafiche ricono-

sciute a livello internazionale. Tutte le altre varianti rappresentano soltanto il vezzo di qualche edi-

tore che vuole in questo modo distinguere le sue opere rispetto alla concorrenza. Nello specifico, il

discorso diretto può essere espresso solo dai seguenti simboli:

« (virgolette uncinate d’apertura)

» (virgolette uncinate di chiusura)

– (tratto sospeso lungo)

Attenzione a non confondere i simboli sopra proposti con i seguenti:

< (minore: simbolo matematico che, anche se ripetuto due volte, non svolge la medesima funzio-

ne delle virgolette uncinate di apertura)

> (maggiore: simbolo matematico che, anche se ripetuto due volte, non svolge la medesima fun-

zione delle virgolette uncinate di chiusura)

- (tratto sospeso corto: serve per dividere le sillabe di una parola quando si deve andare a capo; è

anche il simbolo del “meno”)

Quando si vuole invece esprimere i pensieri di un personaggio esistono anche qui due alternati-

ve. La prima consiste nel racchiudere i pensieri tra un paio di virgolette alte (“”), stando ben attenti

che, al pari delle virgolette uncinate, anche quelle alte si dividono per apertura (“) e chiusura (”). La

seconda, invece, consiste nell’usare il corsivo. Eventualmente, tali alternative possono essere anche

usate insieme.

Alcune case editrice, a dirla tutta, non adottano alcun stratagemma grafico per evidenziare i pen-

sieri dei personaggi all’interno di un testo, affidandosi ai soli commenti del narratore. Sconsiglio,

tuttavia, di seguire questo via per le ragioni già esposte in fase introduttiva. Occorre sempre ricorda-

re che tanto più semplice sarà la lettura del brano, tanto maggiore sarà il piacere che si proverà nel

procedere con la storia.

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Ultimi accorgimenti da tenere sempre a mente nel momento in cui si scrive un discorso diretto

riguardano il corretto utilizzo della punteggiatura.

Qualora si prediliga l’uso delle virgolette uncinate, bisogna tenere a mente alcuni accorgimenti.

Per comprenderli si guardino i seguenti esempi.

Es.: «Oggi sono andato al supermercato,» disse Mario «ma non ho trovato ciò che cercavo.»

Es.: «Pensavo fossi andato al supermercato.» disse Mario. «A quanto pare mi sbagliavo.»

Es.: «Pensavo non te ne importasse di Luca.» Con gesti lenti Mario si riempì il bicchiere stando atten-

to a non versare il vino sulla tovaglia. «Allora perché sei venuto a trovarlo?»

Nel primo esempio il commento del narratore si trova in assenza di alcun segno di punteggiatura,

ad indicare che tra la prima e la seconda parte del discorso non vi sono pause nella finzione della

scena. Nel secondo, invece, il commento del narratore è concluso da un punto, ad indicare che tra la

prima e la seconda parte del discorso vi è una brevissima pausa, paragonabile al semplice prender

fiato da parte del personaggio. Nel terzo, infine, la frase inizia per maiuscola: in questo caso il

commento del narratore ha lo scopo aggiunto d’indicare una pausa tra le parole pronunciate dal per-

sonaggio tra la prima e la seconda metà del suo discorso. La durata di tale pausa dipenderà dalle a-

zioni eseguite dal personaggio e descritte nel commento del narratore.

Si guardino ora i seguenti esempi.

Es.: «Smettila di mentire!» urlò Mario, coprendosi le orecchie con le mani come un bambino.

Es.: «Smettila di mentire!» Come un bambino Mario si coprì le orecchie con le mani.

Anche qui si notano delle differenze, nonostante le due frasi presentino il medesimo significato.

Quando il commento del narratore è introdotto da un verbo indicante l’atto del parlare, ciò va intro-

dotto con la lettera minuscola. In caso contrario il commento inizierà con lettera maiuscola.

Qualora si prediliga invece l’uso del tratto lungo varranno grosso modo le stesse regole della vir-

goletta uncinata, seppur con qualche lieve differenza. In particolare, il tratto, a meno della presenza

di commenti del narratore, dovrà trovarsi solo all’inizio del discorso diretto, e non anche alla fine.

Facciamo anche qua degli esempi, andando a prendere di peso quelli precedenti.

– Pensavo fossi andato al supermercato.

– Pensavo fossi andato al supermercato. –, disse Mario. – A quanto pare mi sbagliavo.

– Oggi sono andato al supermercato, –, disse Mario, – ma non ho trovato ciò che cercavo.

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– Pensavo non te ne importasse di Luca. – Con gesti lenti Mario si riempì il bicchiere stando attento a

non versare il vino sulla tovaglia. – Allora perché sei venuto a trovarlo?

– Smettila di mentire! –, urlò Mario, coprendosi le orecchie con le mani come un bambino..

– Smettila di mentire! – Come un bambino Mario si coprì le orecchie con le mani.

In riferimento al secondo, terzo e quinto esempio, alcune case editrici tendono a non usare alcun

segno di punteggiatura (debole o forte) per evidenziare la voce del narratore rispetto a quella dei

personaggi. Anche in questo caso, per una più facile lettura del testo, è meglio sfruttare l’uso della

punteggiatura, così da ovviare all’assenza di distinzione tra apertura e chiusura del discorso diretto,

tipica del tratto lungo sospeso.

Comunque, in generale, il sottoscritto predilige l’uso delle virgolette uncinante, in quanto con es-

se non si rischia d’incappare in fraintendimenti grafici qualora si dovesse usare all’interno del di-

scorso diretto un commento di tipo personale (v. pag 14).

3.2 Il doppio discorso diretto 

Oltre al discorso diretto comune, esiste anche un altro caso in cui si è costretti a riportare le esat-

te parole di un personaggio. Si tratta del doppio discorso diretto, ovvero quando un personaggio ri-

porta quanto detto da un altro personaggio. Per evitare confusione, esso non verrà mai introdotto dai

medesimi simboli usati nel discorso diretto («, », –), bensì dalle virgolette alte (“, ”). Vediamo, co-

me sempre, un esempio.

Es.: «Prima sono andato a casa di Laura, ma lei mi ha urlato dal balcone “Vattene via!”.»

Da questo esempio si ricavano due osservazioni: la prima è che le parole introdotte dal doppio

discorso diretto cominciano sempre con la maiuscola; la seconda è che al suo interno si può usare il

segno di esclamazione (ed eventualmente anche di domanda o i puntini di sospensione). All’interno

del doppio discorso diretto la frase non finisce mai, invece, con il punto.

Es.: «Prima ho raccontato a Marco del mio viaggio in Spagna e lui mi ha risposto “Non me ne frega

niente.”.» (FRASE SBAGLIATA)

Es.: «Prima ho raccontato a Marco del mio viaggio in Spagna e lui mi ha risposto “Non me ne frega

niente”.» (FRASE CORRETTA)

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Soltanto nel caso in cui il doppio discorso diretto presenti più di una frase è ammesso l’uso del

punto, ma mai nell’ultima frase.

Es.: «Prima ho raccontato a Marco del mio viaggio in Spagna e lui mi ha risposto “Non me ne frega

niente. Lasciami in pace”.»

Da tale quanto scritto in questo capitoletto si evince anche la ragione per cui nel precedente capi-

tolo si era sconsigliato l’uso delle virgolette alte per il discorso diretto.

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4. COME EVIDENZIARE GLI ELEMENTI DEL TESTO 

Può capitare talvolta di dover dare maggiore enfasi alle parole dette da un personaggio o dallo

narratore stesso.

Quando si vuole sottolineare un innalzamento nel tono della voce o, più in generale, una sensa-

zione di sdegno o stupore occorre usare il punto esclamativo (!). È bene però ricordare che tale se-

gno va sempre usato da solo e mai in versione duplicata o in unione ad altri simboli. Sono pertanto

da considerarsi errori le seguenti formule: !!, !?, ?!, !!!, !?!, ?!?.

Se invece si vuole enfatizzare una parola o un gruppo di parole è meglio usare il corsivo. Si leg-

gano le seguenti frasi per comprendere meglio come il corsivo possa cambiare radicalmente il senso

di una frase.

Es.: «Non volevi che io soffrissi?»

Es.: «Non volevi che io soffrissi?»

Nella prima frase il personaggio esprime una vera e propria domanda. La seconda è invece reto-

rica (è come se il personaggio dicesse: «Tu dici così, ma in verità quello che non voleva soffrire sei

tu.»).

Esiste, infine, il caso in cui una o più parole vengono usate in maniera ironica. In tale occasione

la soluzione consiste nel porre il tutto tra virgolette alte.

Es.: «Oh, sì, Mario è proprio un “bravo ragazzo”.»

In questo esempio le virgolette alte enfatizzano sul fatto che Mario è tutto fuorché un bravo ra-

gazzo.

Qualora, invece, si volesse sottolineare non un determinato tono della voce, quanto indicare il ti-

tolo di testo, un film o quant’altro, si potranno usare indifferentemente le virgolette alte o il corsivo.

Es.: Ieri ho letto “Delitto e castigo”.

Es.: Ieri ho letto Delitto e castigo.

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5. COME INSERIRE UN DOCUMENTO ESTERNO ALL’INTERNO DEL TESTO 

Può capitare, talvolta, di dover inserire all’interno del proprio romanzo o racconto uno stralcio di

un testo (reale o fittizio) esterno alla narrazione vera e propria. È il caso di missive, diari personali o

articoli di giornale.

5.1 Missive e diari personali 

Volendo partire dai primi due casi, è bene tenere a mente che l’impostazione grafica di tale “in-

serto” muterà. Nello specifico, esso dovrà presentare un rientro sinistro e un rientro destro pari al

rientro prima riga (per un totale di massimo 2cm per lato, quindi, anziché soltanto 1). Eventualmen-

te, per sottolineare ulteriormente che tale allegato non fa parte né dei giudizi del narratore, né del

discorso diretto di un personaggio (se non sotto forma di diario personale) è possibile scrivere il tut-

to in corsivo. Nessuna modifica sarà invece apportata allo stile dei caratteri, mentre è consentito

diminuirne leggermente la grandezza (da 16 a 14, oppure da 12 a 11). Poiché, poi, nella scrittura a

mano si è soliti ignorare i rientri, è bene, al fine d’incrementare l’accuratezza grafica, evitare l’uso

del rientro prima riga. Infine, è bene ricordare che tali “inserti” possono anche essere posizionati

graficamente sulla parte destra delle pagine (a prescindere che il loro numero sia pari o dispari).

Un ottimo esempio di quanto appena espresso lo si può ritrovare ne La città delle navi di China

Mieville (sempre ammesso che riusciate a reperirlo), dove l’autore a più riprese spezza la narrazio-

ne vera e propria con estratti provenienti (nella finzione narrativa) dal diario personale della prota-

gonista. Eccone un esempio (NB: dovendo, in questa sede, effettuare una “doppia citazione” sono

stato costretto ad incrementare di un altro centimetro i valori di rientro, oltre che adottare dei carat-

teri di dimensione rispettivamente 11 e 10; ovviamente tale eventualità rappresenta un estremo, dif-

ficilmente riscontrabile nella scrittura di un racconto o romanzo):

Es.: […] Bellis e Johannes attesero per un’altra ora, le mani intirizzite, il respiro che serpeggiava in-

torno a loro in refoli visibili, ma non apparve altro. Solo acqua, e qua e là le Pinne, dentellate e prive di il-

luminazione.

Catenadì, 5 aroraio 1779. A bordo della Tersicora.

Non appena sono entrata nell’alloggio del capitano stamattina, è stato chiaro che qualcosa l’aveva fatto arrabbia-

re. Digrignava i denti e aveva uno sguardo assassino. […]

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5.2 Gli articoli di giornale 

Più complessa è la questione inerente gli articoli di giornale. In questo caso non esistono vere e

proprie regole, tanto da lasciare alla sensibilità dell’autore la disposizione grafica del testo. Al fine,

però, di evidenziarne meglio l’alterità rispetto alla narrazione vera e propria, è buona norma sfrutta-

re diverse tipologie di carattere, ancor meglio imitando i reali rapporti di dimensioni tipici del cam-

po dell’editoria giornalistica. Per comprendere meglio questo concetto, si prenda in esame questo

estratto de L’uccello del sole di Wilbur Smith:

»THE FINANCIAL GAZETTE«

28 MAGGIO

Ultima ora

L’Anglo-Sturvesant perde 97 punti

Panico in Borsa

Hollard Str., lunedì. In seguito all’annuncio della morte di

Louren Sturvesant, presidente della Anglo-Sturvesant, i prezzi

delle azioni del gruppo Sturvesant sono precipitati alla Borsa di

Johannesburg.

Sorvolando sulla non certo piacevole quadruplice ripetizione, sono da notare qui diversi partico-

lari. Innanzitutto le diverse grandezze dei caratteri, a seconda che indichino il nome della testata, il

titolo dell’articolo, l’occhiello o il corpo del testo. Diverso è poi anche lo stile: maiuscolo per nome

della testata e data, corsivo per le “informazioni di servizio”, grassetto per titolo e occhiello

dell’articolo e normale per il corpo del testo. Poi le dimensioni dei bordi, decisamente più ristretti

rispetto alla normale scrittura (e, su questo aspetto, ribadisco che non vi sono regole fisse). Infine,

non meno importante, è da sottolineare l’utilizzo delle virgolette uncinate, qui usate al contrario, ai

lati del nome della testata, al fine di ribadire che quanto segue è un elemento esterno alla narrazione

vera e propria.

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6. I COMMENTI

Quando si scrive un racconto o un romanzo, due sono le tipologie di commenti esterni alla narra-

zione principale che il narratore o eventualmente un personaggio si possono concedere: il commen-

to informativo e il commento personale.

6.1 Il commento informativo 

Il commento informativo ha lo scopo di aggiungere delle informazioni supplementari, non fon-

damentali ai fini della trama, le quali vengono inserite all’interno di due parentesi tonde. Ne è un

esempio il seguente estratto de Il signore degli anelli.

Es.: […] 111, un numero un po’ curioso ed una veneranda età per un Hobbit (il Vecchio Tuc stesso

aveva raggiunto soltanto i centotrenta anni) […]

6.2 Il commento personale 

Il commento personale ha lo scopo di rendere noto al lettore il pensiero (il più delle volte ironico,

ma non necessariamente) del narratore (o, come si accennava, anche di un personaggio) in riferi-

mento all’argomento trattato in quel momento. Tale pensiero viene, in questo caso, inserito

all’interno di due tratti lunghi sospesi. Al fine di sottolineare meglio la differenza tra commento in-

formativo e commento personale, anche il seguente esempio è preso da Il signore degli anelli.

Es.: […] Sì, presto o tardi, – tardi se egli e forte e benintenzionato, benché forza e buoni propositi du-

rino ben poco – presto o tardi, dicevo, l’oscuro potere lo divorerà. […]

Come è facile intuire, vista l’uguaglianza grafica tra commento personale e discorso diretto, è

sempre preferibile l’uso delle virgolette uncinate per quest’ultimo, così da evitare fraintendimenti

come nel seguente esempio, estrapolato da Gli eroi del crepuscolo di Chiara Strazzulla, dove l’uso

del tratto lungo sospeso rende arduo intuire subito alla prima lettura le rispettive “aree di competen-

za”:

Es.: […] – Eileen – Lyannen, che solo al sentir pronunciare il nome di Eileen aveva recuperato

all’istante tutta la sua attenzione riguardo a quel che stava succedendo, perse del tutto il controllo. – Non

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può essere vero! Cioè, – si corresse all’istante, rendendosi conto di avere urlato in faccia a un Alto Consi-

gliere – a una delle massime autorità nazionali – nonché a suo padre – State scherzando, signor Alvidrin,

non è così? – Non riuscì a togliere dalla voce una nota di supplica, dovuta in gran parte al fatto che sapeva

benissimo che Alvidrin non avrebbe mai scherzato su una cosa simile. […]

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7. IL FRONTESPIZIO 

Al fine di garantire i due principi che stanno alla base di questa guida, ovvero la completezza in-

formativa e la piacevolezza grafica, è bene occuparsi anche di quegli elementi esterni alla narrazio-

ne e che fanno da contorno alla pagina.

Primo fra tutti è il frontespizio, ovvero la pagina d’apertura e di presentazione del proprio testo.

Qualora il documento da noi realizzato avesse come obiettivo la lettura da parte di una casa editrice,

è bene essere quanto più sobri e allo stesso tempo completi possibile. Limitatevi ad indicare al cen-

tro della pagina il vostro nome e il titolo del vostro racconto o romanzo. Nella parte bassa della pa-

gina riportate poi tutti i dati fondamentali per un vostro facile reperimento (numero di telefono e/o

fax, indirizzo di casa, e-mail ecc.). Nella pagina successiva (ma volendo anche in un documento se-

parato, a seconda del vostro canale di spedizione del manoscritto) occupatevi invece di una breve

sinossi del testo da voi proposto. Tornando all’argomento principale di questa sezione, è anche leci-

to (per non dire consigliato) usare uno dei modelli precaricati di frontespizio, raggiungibili attraver-

so il seguente percorso: “Inserisci” > “Pagine” > “Frontespizio”. In questo modo potrete anche an-

dare a coprire il numero sulla prima pagina (v. pag. 16). Vale però sempre la solita raccomandazio-

ne: siate sobri. Evitate finte copertine dai colori o i disegni pacchiani. Il vostro compito è quello di

proporre il testo da voi scritto, e non di fingervi degli esperti di grafica.

Soltanto qualora steste realizzando un e-book potrete pensare alla realizzazione di una copertina

seria, sempre a patto che ne siate in grado (o chi per voi). Qualora il progetto grafico da voi scelto

risultasse infatti troppo raffazzonato, rischiereste infatti di allontanare il lettore sin da subito, invece

di attirarlo.

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8. INTESTAZIONE E PIE’ DI PAGINA

Sebbene le funzioni d’intestazione e piè di pagina siano interscambiabili, è sempre meglio segui-

re l’uso comune che vede il primo come lo spazio riservato alle informazioni sul titolo del docu-

mento e sul suo autore e il secondo come lo spazio riservato alla numerazione del testo.

8.1 L’intestazione 

L’intestazione, dicevamo, è lo spazio riservato alle informazioni sul titolo del documento e sul

suo autore. Il suo contenuto compare nella parte superiore di ogni pagina. Per scrivere la propria in-

testazione, basta fare doppio click su tale sezione della pagina e inserire il testo scelto, oppure si

possono sfruttare gli stili precaricati di Word seguendo i seguenti passaggi: “Inserisci” > “Intesta-

zione e piè di pagina” > “Intestazione”. È consigliabile, a tal proposito, scegliere stili sobri, così da

non appesantire eccessivamente il foglio. Eventualmente si può sfruttare tale spazio anche per bre-

vissime informazioni di contorno, quali il proprio indirizzo e-mail o il proprio numero di telefono,

stando solo attenti a non creare un risultato confusionario.

8.2 Il piè di pagina 

Abbiamo prima descritto il piè di pagina come lo spazio riservato alla numerazione del testo, e

sarebbe bene non sfruttarlo per alcun altro scopo. Prendendo in considerazione un documento tele-

matico, anziché cartaceo (a meno di voler spendere una fortuna in copisteria per la rilegatura), non è

necessario alternare la posizione del numero di pagina a seconda che essa sia pari o dispari, formula

senz’altro più elegante, ma almeno in questo caso superflua. Meglio allora posizionare il numero di

pagina sempre al centro del bordo inferiore. Per fare ciò, basta seguire i seguenti passaggi: “Inseri-

sci” > “Intestazione e piè pagina” > “In basso”.

Una volta fatto ciò, si possono stabilire le “regole” di numerazione raggiungendo la sezione

“Formato pagina numeri...”, la quale consente di cambiare il formato di numerazione delle pagine.

A tal proposito è bene ricordare che le introduzioni esterne alla narrazione (o eventualmente non

scritte direttamente dall’autore) andranno numerate con i caratteri romani, mentre il racconto o il

romanzo veri e propri sfrutteranno i numeri arabi. Per poter effettuare tale doppia numerazione, oc-

corre prima creare un’interruzione di pagina nel punto desiderato (v. pag. 5). Sempre dalla sezione

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“Formato pagina numeri...” è anche possibile scegliere il numero da cui far partire la numerazione

(0 se si vuole creare un frontespizio oppure 1 se si vuole partire direttamente con il testo).

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9. LE NOTE

Sulle note non si sfugge: le regole sono poche e uguali per tutti (e, caso più unico che raro, ri-

spettate da praticamente tutte le case editrici).

Per poter realizzare una nota occorre innanzitutto segnare la parola chiave di cui si vuole dare

una spiegazione aggiuntiva con un numero in apice, così: Okamis1. Come si può notare

dall’esempio, il testo riportante la spiegazione è scritto in un carattere dalle dimensioni ridotte (14

se si usa normalmente il 16, e 10 se si usa normalmente il 12). Inoltre esso è diviso dal resto del te-

sto da una linea orizzontale. Tale linea può anche essere omessa o ridotta di lunghezza. È però da

evitare qualsiasi forma di greca. Ricordate: la sobrietà prima di tutto. Altro particolare da notare è

che, all’interno dell’area della spiegazione, il numero presenta una dimensione pari a quella dei re-

stanti caratteri, e non più sotto forma di apice. Da sottolineare, infine, la posizione dell’area di spie-

gazione. Qui le scelte possono essere tre:

1. Inserirla nella medesima pagina in cui si trova la parola (o il concetto) di cui

occorre fornire una spiegazione (come nell’esempio qui proposto).

2. Inserirla alla fine di ogni capitolo.

3. Inserirla a fondo libro.

Il mio consiglio è di adottare la prima formula, in quanto evita noiose ricerche all’interno del vo-

lume. Attenzione però al secondo caso: se deciderete d’inserire l’area di spiegazione alla fine di o-

gni capitolo, dovrete ricominciare la numerazione da 1 al capitolo successivo. Al contrario, negli al-

tri due casi sarete liberi di effettuare una numerazione continua, piuttosto che divisa per capitoli.

Ultima nota doverosa: come creare una scritta in apice. Innanzitutto cliccate davanti l’ultimo ca-

rattere della parola che necessita della spiegazione, quindi seguite i seguenti passaggi: “Home” >

“Carattere” > “Apice”. Per tornare alla scrittura normale, rifate tutto da capo.

________________________________________________________________________________

1. Okamis: noto anche con il nome di “lupus fantasticus”, è una razza, purtroppo in via di estinzione, di canide dal pelo

folto e biancastro. Gran divoratore di libri (il suo fabbisogno energetico ne richiede almeno due o tre al mese), in

particolare se di ambito fantastico, risulta insofferente verso qualsiasi tipologia di “scrittore” poco incline al docu-

mentarsi prima di vomitare parole sulla pagina.

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10. L’INDICE

Ammetto di essere stato dubbioso sino all’ultimo riguardo l’inserire o meno tale argomento, e

questo perché si tratta dell’unico campo dell’uniformazione grafica dei testi su cui non esistono vere

e proprie regole, tanto da lasciare (quasi) piena libertà alle case editrici riguardo lo stile da seguire.

Ciò non significa, però, che non esistano dei “trucchi” per rendere i propri indici più pratici

all’utilizzo.

Partiamo però da una considerazione: gli indici sono utili! Scrivo ciò perché troppo spesso mi

capita di leggere romanzi privi di quest’utile strumento; e al sottoscritto talvolta viene voglia di ri-

leggersi alcuni passaggi dei romanzi preferiti. Inutile dire che con l’aiuto di un indice tale ricerca

risulterebbe più semplice e rapida. Allora perché tale assenza in moltissimi volumi, visto che occor-

rono pochissimi minuti per realizzare un sommario decente?

Tralasciando i borbottii del qui presente, passiamo a vedere come realizzare un indice degno di

questo nome. La cosa migliore da fare è sfruttare uno dei temi precompilati che Word ci mette a di-

sposizione, così da ovviare a molti passaggi intermedi. Come al solito, ecco i passaggi da seguire:

“Riferimenti” > “Sommario” > “Sommario” > “Tabella manuale” (NB: il doppio passaggio “Som-

mario” non è un errore di battitura). Fatto ciò, verrà visualizzata la versione base del nostro indice,

da modificare possibilmente sino a raggiungere un risultato simile al seguente (a seconda delle vo-

stre esigenze).

CAPITOLO I: Il folletto Jim contro Maciste............................................................................. pag. 1

CAPITOLO II: Il folletto Jim contro Bin Laden ....................................................................... pag. 2

CAPITOLO III: Il folletto Jim contro Van Helsing .................................................................. pag. 3

Alcune considerazioni sul modello proposto. Innanzitutto è buona norma numerare i capitoli con

i numeri romani, anziché con quelli arabi (questi ultimi riservati ai soli testi di ambito scientifi-

co/divulgativo). Per distinguere poi il numero del capitolo dal suo titolo, è meglio differenziarli gra-

ficamente (nel nostro caso usando grassetto e maiuscolo per il primo e il solo corsivo per il secondo,

ma nulla vieta di adottare soluzioni diverse, purché sobrie!). Infine i trattini di collegamento con il

numero della pagina: il loro scopo è di evitare l’uso delle dita per tenere il segno, rischiando così di

sbagliare riga (questo discorso, ovviamente, vale soprattutto per gl’indici molto lunghi).

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APPENDICI 

A. Quale estensione per il documento? 

Le ultime considerazioni di questa breve guida introduttiva al mondo dell’uniformazione grafica

riguardano un altro aspetto spesso sottovalutato, se non addirittura ignorato, dai giovani scrittori in

erba, ovvero l’estensione da dare al file su cui è salvato il proprio testo. Inutile dire che tale argo-

mento ha valore soprattutto per coloro che decidessero di spedire il proprio lavoro via CD o e-mail

(che, si suppone, siano oggi la maggioranza, visti i prezzi delle copisterie).

La prima considerazione da fare è questa: un formato non vale l’altro. Ognuno presenta diverse

caratteristiche, che sarebbe bene conoscere.

Partiamo dal formato txt del Blocco Note. Si tratta di uno tra i formati più leggeri in assoluto; tut-

tavia esso elimina pressoché ogni tipologia di uniformazione grafica, ragion per cui è da evitare

come la peste (almeno in riferimento all’argomento discusso in questa guida).

Altri formati da evitare sono quelli nativi di Word, ovvero doc fino alla versione 2003 e docx

dalla versione 2007, anche se per ragioni diverse. Il formato doc, infatti, se aperto da programmi e-

sterni al circuito Microsoft (come Open Office, Star Office o KOffice), spesso dà problemi con

l’uniformazione grafica del testo, annullando di fatto gran parte del lavoro fatto sino a quel momen-

to. Il formato docx, poi, è persino peggiore, poiché può essere aperto soltanto da Office 2007! Avete

capito bene: nemmeno Office 2003 è in grado di aprire i file docx, a meno che la propria versione

non sia opportunamente patchata o che il file non venga convertito. Ma la domanda è: pensate che

gli addetti alla lettura delle bozze sprechino tempo a convertire ogni file che ricevono? Ovviamente

no. Si limitano a scartare subito il testo per passare al successivo.

Quali soluzioni, allora? Due sono le principali.

La prima è di salvare i propri file nel formato rtf (Rich Text Format). Si tratta di un formato pur-

troppo molto pesante, ma che ha il beneficio di essere leggibile da praticamente qualsiasi program-

ma di scrittura su qualsiasi sistema operativo (Linux compreso), mantenendo soprattutto intatta

l’uniformazione grafica (solo su Open Office il sottoscritto ha riscontrato saltuarie modifiche, dipe-

se però dai nomi divergenti di alcuni font).

Ma la soluzione migliore è il salvataggio nel formato pdf, il quale è leggibile su tutti i sistemi o-

perativi, ma soprattutto è l’unico formato esistente che offre la certezza dell’impossibilità di modifi-

ca del testo (ovviamente, a meno di ricopiarlo parola per parola, visto che il pdf è in grado anche

d’inibire la funzione “copia e incolla”, cosa impossibile con molti altri tipi di file). Già, ma come

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fare per salvare in pdf senza dover spendere soldi per acquistare la licenza per Adobe Reader? Il

modo più semplice è quello di scaricare da internet un qualsiasi programma di conversione file:

Personalmente vi consiglio CutePDF Writer, programma da me utilizzato e di cui posso assicurare

l’ottima qualità. Se aggiungiamo poi che è completamente gratuito... Altri ottimi software che svol-

gono il medesimo obiettivo sono: doPDF, PDFcreator, PrimoPDF e PDF Splitter and Merger.