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P.14 SPECIAL FREE ISSUE - N.400 - 29 OTTOBRE 2019 TRIUMPH STREET TRIPLE RS PROVA YOUNGTIMER P.60 Honda Africa Twin 750 RD07 MOTO3 P.50 “I cannibali sono due, Marquez e Rea” EDITORIALE Lorenzo Dalla Porta campione del mondo

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P.14

SPECIAL FREE ISSUE - N.400 - 29 OTTOBRE 2019

TRIUMPHSTREET TRIPLE RS

PROVA YOUNGTIMER

P.60

Honda Africa Twin750 RD07

MOTO3

P.50

“I cannibali sono due, Marquez e Rea”

EDITORIALE

Lorenzo Dalla Porta campione del mondo

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2 3MOTO. I T MAGAZ INE N. 400 MOTO. I T MAGAZ INE N. 400

PROVA PROVA

la provaTRIUMPH STREETTRIPLE RS

11.900 EURO

MOTORE TRE CILINDRI IN LINEA

TEMPI 4

CILINDRATA 765 cc

RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO

CAMBIO A 6 MARCE

TRASMISSIONE FINALE CATENA

POTENZA MASSIMA 123 CV A 11.750 GIRI

COPPIA MASSIMA 79 NM A 9.350 GIRI

EMISSIONI EURO 5

TELAIO A DOPPIA LOSANGA IN ALLUMINIO

PNEUMATICO ANT. 120/70 ZR17”

PNEUMATICO POST. 180/55 ZR17”

CAPACITÀ SERBATOIO 17,4 LT

ALTEZZA SELLA 840 MM

PESO 166 KG A SECCO

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PROVA PROVA

AA colpo d’occhio sfido chiunque a riconoscere la nuova Triumph Street Triple RS dalla versio-ne precedente. La tre cilindri inglese si evolve, cambia abbastanza ma non troppo, partico-larità che ha contraddistinto anche le cinque serie precedenti. Mantiene la sua personalità portando avanti un discorso iniziato nel 2007 con una cilindrata di 675 cc, cresciuta poi a 765 dieci anni dopo.

Cubatura che viene confermata anche per questo modello 2020, che nonostante le re-strizioni dell’Euro 5 migliora ulteriormente le prestazioni. Disponibile in due colorazioni dif-ferenti (Matt Jet Black – Aluminium Silver con fregi gialli o Silver Ice – Diablo Red con decal argento) la Street Triple RS è rifinita secondo gli standard della gamma attuale Triumph, quindi benissimo. Le ultime creazioni della Casa di Hinkley ci hanno infatti abituati a un livello delle finiture e degli equipaggiamenti, davvero al top, con materiali di qualità e as-semblaggi a prova di lente d’ingrandimento.

TRIUMPH STREET TRIPLE RS: PIÙ BELLA, PIÙ MUSCOLOSA

Con la scusa

dell’adeguamento alle

normative Euro 5, la Triumph

Street Triple RS si rifà il trucco,

ma senza stravolgimenti,

riconfermando di essere il

riferimento nella categoria per

prestazioni e guida. La naked

inglese sarà disponibile da

dicembre a 11.900 euro

di Francesco Paolillo

GUARDA I L V IDEO

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Esteticamente cambiano numerosi particolari: qualcuno per motivi legati alle nuove tecnolo-gie disponibili, come i fari anteriori dal taglio più aggressivo e soprattutto dotati di tecnolo-gia DRL LED; altri per motivi puramente este-tici, come i fianchetti laterali, il puntale e il co-dino, particolari che rendono l’insieme ancor più dinamico e aggressivo rispetto al modello precedente.

Il cuore della “Street”, il tre cilindri che ha sempre e solo ricevuto complimenti sin dal suo esordio, è stato oggetto di numerose mo-difiche per adeguarsi alle stringenti normative Euro 5 senza per questo perdere alcunché in termini di prestazioni o piacevolezza di guida: anzi, i dati dichiarati parlano di un incremento di potenza e coppia ai medi regimi fino al 9%, con una potenza massima, peraltro identica alla versione 2017, di 123 cv a 11.750 giri. La coppia sale da 77 a 79 Nm a 9.350 giri, e non più a 10.800, irrobustendo ulteriormente la schiena di questo tre cilindri, che risponde più prontamente alle aperture del gas per effetto di un lavoro di affinamento dei componenti che ne ha diminuito le inerzie. Albero motore, contralbero di bilanciamento, alberi a cam-me e frizione sono lavorati da macchinari ad alta precisione che ne hanno migliorato sia il peso che il bilanciamento. Anche l’impianto di scarico è stato riprogettato: nuovi i collettori, inedito il doppio catalizzatore e soprattutto diverso il terminale di scarico con fondello in fibra di carbonio. Il cambio è ora dotato della

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funzione di scalata assistita, particolarità che unita alla frizione antisaltellamento garantisce il massimo delle performance in scalata: inoltre i primi due rapporti sono stati accorciati. Anche dal punto di vista ciclistico arrivano diverse novità, anche se più di dettaglio. Il telaio rimane infatti in-variato così come le sospensioni: forcella Showa BPF con steli da 41 mm e un mo-noammortizzatore Öhlins STX40 con ser-batoio separato, entrambi completamente regolabili .

Non cambiano le pinze freno, con le mono-blocco radiali Brembo M50 a 4 pistoncini gestite dalla pompa Brembo MCS (ovvero la versione di primo equipaggiamento del-

la RCS), che lavorano una coppia di dischi da 310 mm, mentre arrivano come coper-ture di primo equipaggiamento le Pirelli Diablo Supercorsa SP V3. L’ABS per motivi di omologazione non è più disinseribile, tranne che al posteriore quando si selezio-na il riding mode “Track”.

Una moto compatta nelle dimensioni e an-che nel peso, considerando i 166 kg a sec-co, ma con una discreta abitabilità anche per chi passa, di poco, il metro e ottanta. Un occhio infine anche per il passeggero, con l’aumento della distanza fra sella e pe-dane che determina un’angolazione meno pronunciata per le gambe: in ogni caso ci sentiamo di sconsigliare tragitti troppo

lunghi, a meno di non desiderare problemi certi di amicizia o nel rapporto di coppia! Novità anche per la strumentazione: il cru-scotto TFT riceve la connettività MyTrium-ph con integrazione GOPro, navigazione turn-by-turn e gestione delle telefonate e della musica; inoltre mostra una grafica inedita, quattro stili e quattro colori diver-si.

L’angolazione dello schermo TFT può esse-re regolata per una visibilità ottimale per ogni pilota ed in ogni condizione di luce, mentre vengono confermate le cinque mo-dalità di guida - Road, Rain, Sport, Track e Rider (personalizzabile) - con le prime quattro che hanno regolazioni standard.

Come vaIl DNA da vera sportiva della “Street” emer-ge non appena ci saliamo. La posizione di guida moderatamente caricata in avanti, l’assetto sostenuto e la reattività ad ogni singolo impulso o comando, ti fanno capi-re immediatamente di pasta è fatta e che il bello delle serie precedenti è ancora lì dove lo avevamo lasciato!

Il motore è “spesso” e lineare quando lo si richiede, ma sa essere esplosivo quan-do si prende in mano il gas e si comincia a dargli del “tu”! Questa è la differenza più grande rispetto alla versione precedente della “RS”, che ai medi regimi, quando si riprendeva in mano il gas, aspettava qual-

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nella categoria. Difficile pretendere di più da una moto. I Riding Mode disponibili adeguano la risposta del motore alle di-verse condizioni di guida: noi per inciso abbiamo alternato “Sport” e “Road” su strada, e naturalmente “Track” in pista (su questo nuovo modello, per motivi di omo-logazione, non è più escludibile l’ABS con quest’ultimo riding mode). Le differenze si percepiscono quando si guida a ritmi “brillanti”, mentre nella guida rilassata la risposta del motore è molto simile.

L’impianto frenante garantisce prestazio-ni esaltanti sia su strada, dove si dimostra perfettamente gestibile, sia in pista, dove appare infaticabile e praticamente non

soggetto ad alcun allungamento della cor-sa della leva. Due appunti li facciamo solo al registro della leva, che non permette di avvicinarla quanto vorremmo e siamo so-liti fare, ed al funzionamento dell’ABS in pista (almeno su questa pista), che in alcu-ni punti del tracciato si è dimostrato leg-germente invasivo disturbando in parte la frenata. Criticabile la nuova strumentazio-ne, sia per quanto riguarda la leggibilità, a causa dei caratteri lillipuziani utilizzati per alcune informazioni, sia per la scelta delle grafiche che rendono difficoltosa e poco immediata la consultazione, in particolare del contagiri.Va anche aggiunto però che è davvero completa, e che forse meriterebbe un pe-

che istante prima di catapultarti verso la curva successiva. Qui tutto avviene più velocemente, senza strappi, giusto con un minimo on-off che purtroppo sta diven-tando una costante delle moto Euro 4/5, ma che su questa moto è percepibile ai medi regimi più che agli alti, o a bassissi-mo numero di giri. In pista, comunque, nei transitori non c’è traccia di tutto questo, e a guadagnarci è sicuramente l’equilibrio dell’assetto. La spinta è consistente e im-perturbabile fino alla soglia del limitatore, con il tre cilindri che canta come un bari-tono e vibra davvero poco. Il cambio non ha indecisioni sia che si vada a spasso sia che si guidi con il coltello tra i denti, men-tre l’elettronica di controllo riposa sonni

tranquilli, grazie al grip dei Pirelli Super-corsa SP, ma soprattutto a una ciclistica irreprensibile che riesce a comunicare molto bene al pilota quello che sta succe-dendo soprattutto in pista, mentre su stra-da avremmo gradito una regolazione delle sospensioni meno rigida e più propensa a copiare l’asfalto (d’altronde bastano una chiave ed un cacciavite per personalizzar-sela a dovere).

Con tutto ciò la “Street” riesce ad essere svelta e rapida nel misto senza perdere direzionalità e stabilità quando si affron-tano i lunghi curvoni in appoggio, magari a gas spalancato, mantenendo in entram-bi i casi una comunicatività da riferimento

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PROVA PROVA

riodo di apprendistato più lungo di una giornata come abbiamo fatto noi.

Tirando le somme, la Street Triple RS 2020 si riconferma riferimento per quanto ri-guarda l’equilibrio generale e l’efficacia sia che si tratti di guida su strada sia che si parli di guida in pista.

Inoltre il tre cilindri, anche in questa ver-sione, guadagna ancora una volta il gradi-no più alto del podio tra i propulsori con i cilindri dispari.Le sfidanti sono avvertite!

ProGuida | Prestazioni | Dotazione

ControStrumentazione poco leggibile

GUARDA TUTTE LE FOTO

ABBIGLIAMENTO PIÙ INFORMAZIONI

CASCO: SHARK RACE-R PRO CARBON SKIN

TUTA: REV’IT TRITON

GUANTI: REV’IT RSR

STIVALI: TCX RT-RACE PRO

LUOGO: CARTAGENA (SPAGNA)

METEO: SOLE 30°

TERRENO: PISTA, MISTO EXTRAURBANO

FOTO DI: TRIUMPH

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PROVA PROVA

Prova YoungtimerHONDA AFRICA TWIN 750 RD07

MOTORE BICILINDRICO A V

TEMPI 4

CILINDRATA 748 cc

RAFFREDDAMENTO A LIQUIDO

CAMBIO A 5 MARCE

TRASMISSIONE FINALE CATENA

POTENZA MASSIMA 55 CV A 7.500 GIRI

COPPIA MASSIMA 55 NM A 6.000 GIRI

EMISSIONI EURO 0

TELAIO IN TUBI QUADRI

PNEUMATICO ANT. 90/90 21

PNEUMATICO POST. 140/80 17

CAPACITÀ SERBATOIO 23 LT

ALTEZZA SELLA 860 MM

PESO 218 KG IN ORDINE DI MARCIA

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PROVA PROVA

LLe Youngtimer di Moto.it proseguono su Moto.it col filone delle maxienduro degli anni 80 e 90. Dopo tante superbike, qualche nuda e la velo-cissima Hayabusa ci dedichiamo alle endurone di allora, che hanno dato vita al mito di oggi. Lo ammettiamo subito: siamo andati un po’ oltre il concetto di youngtimer, perché la Honda Africa Twin 650 di Alberto Porta e la Yamaha XT 600 di Gix sono delle vere moto d’epoca (e non delle banali youngtimer, che starebbe per moto vecchie). In questo servizio proviamo quel-la che è la mia amica da tanti anni, una Honda Africa Twin RD07/a del 1997. La commenta con noi il giornalista Alberto Porta, un vero esperto di questo modello. La chiamo amica, perché in-sieme ne abbiamo fatte davvero di tutti i colo-ri. Dalle canoniche vacanze in due in Sardegna, alle gite domenicali in Trebbia. Ma Lei ha dovuto sopportare anche due edizioni dell’Erzbergro-deo in Austria (mi riferisco logicamente al Pro-logo e non alla gara di enduro estremo), diverse gare in fettucciato e un po’ di cavalcate dedica-te alle monocilindriche da enduro. Ha superato

HONDA AFRICA TWIN 750 RD07: TEST YOUNGTIMER. L’ULTIMA COL V2

Prodotta dal 1993 al 2001,

è stata l’ultima Africa Twin

col motore due cilindri a V

di 52°. Vi raccontiamo come

va la Africa Twin 750 RD07/a

del nostro Andrea Perfetti.

La moto è del 1997 ed è

stata wrappata (coperta cioè

da una pellicola adesiva, che

la protegge in fuoristrada).

Insieme a noi in video

il simpatico e preparato

giornalista Mediaset,

Alberto Porta

di Andrea Perfetti

GUARDA I L V IDEO

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PROVA PROVA

tutto indenne e oggi è ancora con me. E fun-ziona - non so bene come faccia - ancora alla perfezione! Come posso venderla? Impossi-bile, sacrilegio. Com’è fattaE’ l’ultima Africa Twin col motore a V di 52 gradi e ha contrinbuito a creare e rafforzare il mito di questa moto. Robusta e capace di passare con facilità estrema dall’autostra-da al fuoristrada difficile. Vi mostro la mia vecchia Africona: non mi ha mai tradito e il motore con 68.000 km gira ancora come un orologio. Approfitto di lei anche per farvi ve-dere come non dovrebbe essere una moto YoungTimer: taroccata! Ammetto di amare le moto totalmente originali, ma con l’Africa ho fatto uno strappo alle regola, lei ha tante cicatrici sul suo volto, che raccontano la sua storia. La tengo così e pazienza se vale meno di un esemplare originale.

La Honda XRV 750 (RD04) debutta nel 1990 e mostra una maggiore attitudine stradale rispetto alla 650. Il motore cresce fino a 742 cc, la potenza arriva a 59 cavalli a 7.500 giri, con la coppia pari a 6,2 kgm a 5.600 giri. I car-buratori crescono fino ai 36,5 mm di diame-tro. Il cannotto di sterzo è più chiuso di 0,7°. Davanti arriva il doppio disco da 276 mm, dietro passa a 256 mm e il peso sale fino a 212 kg a secco. La forcella perde 10 mm di escursione.

Nel 1993 arriva una nuova Africa Twin 750, denominata RD07 (RD07/A dal 1997). La

moto è tutta nuova nell’estetica e nel tela-io. La linea è più moderna e filante. Il tela-io, sempre in acciaio, è inedito: abbassa il baricentro e sposta il filtro dell’aria sopra il serbatoio, in una zona molto più riparata. La strumentazione riceve un bel trip master. La potenza arriva a 62 cavalli a 8.000 giri, men-tre il peso a secco dichiarato è di 202 kg, con la sella a soli 865 mm. Il serbatoio perde un litro (ora sono 23). La gomma posteriore ri-ceve una nuova misura, pari a 140/80-17. La versione RD07/a perde i cerchi anodizzati oro e monta una forcella semplificata.

Perché comprarla e perché no:Punti deboli:Regolatore di tensione, pompa della benzina (è sconsigliabile viaggiare tanto in riserva).

Proancora bella da usare e facile, robusta, linea fuori dal tempo, quotazione stabile (tanti soldi se bella).

Controse pensate di usarla tanto: sella dura, pre-stazioni limitate a pieno carico, frenata poco potente.

Leggi gli annunci dell’usato perHonda Africa Twin 750

Foto e video di Massimo Di Trapani

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Video story dedicato alle vecchie Honda Africa Twin

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NEWS NEWS

LLa lunga attesa è finita. Con un teasing partito la scorsa estate - il 13 giugno il primo annuncio - e un percorso di avvicinamento che ci ha portato alla Ducati World Premiere 2020, è arrivata la Ducati Streetfighter V4. Prima derivazione dalla superbike Panigale V4, la hypernaked Ducati si svela in anteprima a Rimini per poi debuttare al pubblico al Salone di Milano EICMA 2019.

Un percorso di avvicinamento segnato pur-troppo dal tragico debutto al Pikes Peak, dove comunque nelle mani di Carlin Dunne la nuova hypernaked Ducati aveva dimostrato doti spet-tacolari. Prestazioni confermate poi dalla sche-da tecnica, sia pure incompleta, divulgata dal primo trailer: 208 cavalli di potenza massima per solo 178 kg di peso, ma anche le appendici aerodinamiche che Ducati è stata la prima a svi-luppare in gara. Il design è stato giocato su... una recente icona cinematografica, ma è evidente il richiamo alla (bellissima) antesignana Streetfi-ghter 1098, soprattutto nella vista laterale. Un design curatissimo, dal cupolino al codino, e

DUCATI STREETFIGHTER V4: 208 CV PER 178 KG

Potentissima (208 cv) e

leggerissima (178 kg a secco)

la nuova hypernaked Ducati

debutta in anteprima a Rimini.

Sarà a EICMA 2019

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NEWS NEWS

spiccano naturalmente le ali biplano (capaci di ben 28 kg di deportanza) che adornano le “spalle” della Streetfighter V4, e hanno natu-ralmente funzione di stabilizzazione alle alte velocità, ma anche in accelerazione. Una so-luzione che ha permesso a Ducati di raggiun-gere il giusto bilanciamento dinamico senza dover definire quote ciclistiche inadatte a una naked.

I numeri del Desmosedici Stradale da 1.103 cc sono da fantascienza: 208 cavalli a 12.500 giri e 12,5 kgm a 11.500. Ma anche la coppia è spaventosa, perché rispetto alla Panigale V4, anche per merito dell’accorciamento del rapporto finale, si ha un 14% di coppia alla ruota ai medi regimi. In terza, a 100 all’ora, la

spinta sale del 31% rispetto alla mostruosa bicilindrica 1098.Con il kit pista la Streetfighter raggiunge 220 cavalli, perdendo addirittura 6 kg grazie allo scarico Akrapovic (non omologato) in tita-nio.

L’ergonomia è stata definita pensando all’u-so stradale, con una triangolazione più rilas-sata, e una sella più morbida e più bassa (-25 mm) rispetto alla Panigale V4.

E’ naturalmente presente il pacchetto Safe Performance già citato, con piattaforma inerziale a 6 assi, ABS Cornering EVO, Duca-ti Traction Control (DTC) EVO 2, Ducati Slide Control (DSC), Ducati Wheelie Control (DWC)

EVO, Ducati Power Launch (DPL), Ducati Qui-ck Shift up/down (DQS) EVO 2, Engine Brake Control (EBC) EVO. Il cruscotto è un’unità full-TFT da 5” molto simile a quella impiega-ta sulla Panigale V4.

Il telaio è naturalmente il front frame come sulla Panigale V4; il comparto frenante conta su pinze Brembo Stylema, mentre gli pneu-matici di primo equipaggiamento sono i Pirelli Diablo Rosso Corsa II con posteriore nella misura 200/60

Le versioni sono naturalmente due: standard ed S, con quest’ultima dotata di sospensioni NIX30/TTX 36 Öhlins Smart EC2.0 (che van-no a sostituire le unità Showa e Sachs della

versione standard), e cerchi forgiati Marche-sini. Il rapporto peso/potenza, rispetto alle concorrenti, distacca la prima inseguitrice del 25%.

Fra gli accessori vanno citati i cerchi in ma-gnesio, ma la lista è naturalmente sconfina-ta. I prezzi partono da 19.990 euro per la ver-sione standard, e 22.990 per la Streetfighter S. Arriveranno a marzo. Non vediamo l’ora di toccarle con mano.

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NEWS NEWS

DUCATI PANIGALE V2: SOSTITUISCE LA 959

La nuova sportiva d’accesso della gamma Superbike si svela alla Ducati World Premiere. Debutto pubblico all’EICMA 2019

LLe novità di questa World Premiere 2020 con-tinuano con la Ducati Panigale V2, modello d’accesso della gamma Superbike della Casa di Borgo Panigale, anche lei naturalmente sul palco della Casa bolognese al Salone di Milano EICMA 2019.

Un modello maturo, che abbandona la de-nominazione Panigale 959 per inserirsi al meglio nella gamma Ducati con il nuovo nome Panigale V2, senza riferimenti alla ci-lindrata. Arriva il forcellone monobraccio, che migliora sostanziosamente il livello este-tico assieme al nuovo scarico, decisamente più compatto e piacevole rispetto a quello della 959. Il motore bicilindrico Superquadro rimane il protagonista della situazione, con 155 cavalli a 10.750 giri e 104 Nm di coppia

a 9.000 giri. Il peso è contenuto in 176 kg a secco, il tagliando principale Desmo Service si effettua ogni 24.000 km.

Arriva anche il cruscotto TFT, come sulla so-rella maggiore, portandosi dietro il pacchet-to ora definito “Safe Performance”, con ABS Cornering, Traction control predittivo DTC EVO2 (che migliora la sua efficienza nella fase di perdita d’aderenza del 25%) Wheelie Control, quickshifter bidirezionale. Le so-spensioni, con una forcella Showa BPF e un monoammortizzatore Sachs ZF, sono tarate con un occhio all’uso stradale, ma sono na-turalmente adatte anche all’uso in pista.

Il prezzo è di 17.990 euro f.c.

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DUCATI PANIGALE V4:COME CAMBIA NEL 2020

Aggiornamenti importanti per la supersportiva Ducati. Arriva il pacchetto aerodinamico della V4R per una moto più facile, veloce ma anche meno faticosa

AArriva anche, a sorpresa, un aggiornamento di metà vita per la superbike Ducati Panigale V4 modello 2020, che al Salone di Milano EICMA 2019 debutterà visibilmente modificata. Arriva infatti il pacchetto aerodinamico della V4R, che migliora raffreddamento, sfruttabilità, comfort ma anche le prestazioni: infatti sono 30 kg a 270 orari quelli del carico che grava sull’avan-treno grazie alle nuove winglet, una soluzione per rendere la moto più stabile ad alta velocità e in staccata, ridurre la tendenza all’impenna-ta e quindi, in generale, definire un mezzo più facile da guidare.Se siete scettici, le prestazioni sono verificate e verificabili, perché girando a Jerez il nuovo pacchetto aerodinamico conferisce 2 metri e mezzo di vantaggio nell’accelerazione dal ram-pino di Jerez fino al traguardo. Nuovo anche il front frame, con rigidità ridotte per migliorare il feeling in piega e in staccata - quella torsio-nale cala del 30%, quella longitudinale del 15.

Si alza il baricentro di 5 mm, con una taratura delle sospensioni più morbida e una diversa progressività per i leveraggi del mono, per of-frire maggior supporto anche sulle piste che non sono lisce come biliardi. La moto è stata quindi alzata per compensare la morbidezza delle sospensioni senza pregiudicare la luce a terra. Anche la calibrazione del motore cam-bia, per addolcire la risposta dell’acceleratore. E’ stata tagliata anche un po’ l’erogazione di coppia nelle prime marce, evitando l’interven-to indesiderato dell’anti-impennata, e i con-trolli elettronici si sono evoluti, come buona tradizione Ducati vuole.

Il risultato è una moto più veloce con qua-lunque pilota. I tester - sia interni Ducati che esterni - hanno mostrato miglioramenti a Val-lelunga che variano dallo 0”4 di Michele Pirro (con 3”3 di distacco dalla Superbike) all’1”3 di un tester “soltanto” veloce. Quindi una moto

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più rapida ma anche più facile e meno stancante rispetto alla precedente V4, che proprio nell’impe-gno fisico aveva il suo limite

I numeri non cambiano più di tanto: la Desmosedi-ci stradale rimane invariata nelle prestazioni, con i 214 cavalli di potenza massima e i 174 kg di peso. I prezzi sono di 23.490 euro per la versione standard, mentre la V4S sale a 28.790 euro. La V4S è pratica-mente già disponibile, mentre per la V4 standard bisogna aspettare gennaio 2020.

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DUCATI MULTISTRADA 1260S GRAND TOUR: UN NUOVO ALLESTIMENTOL’ammiraglia enduro touring Ducati debutta alla World Ducati Premiere.La vedrete a EICMA 2019

LLa nuova Ducati Multistrada 1260 Grand Tour, top di gamma del segmento enduro/crossover Ducati, debutta alla World Premiere, in attesa di svelarsi al pubblico al Salone di Milano EI-CMA 2019. Top di gamma, dicevamo, perché l’arrivo della Multistrada V4 è stato conferma-to, ma solo come modello 2021, quindi per ora concentriamoci su questa sontuosa, spet-tacolare Grand Tour, che completa la gamma inserendosi come fascia di prezzo appena un gradino sotto la più sportiva Pikes Peak.

Che però è dedicata agli smanettoni che la usano per le sparate sul misto di montagna, mentre questa Grand Tour si rivolge ai turisti senza compromessi, che vogliono il massimo in termini di comodità e sofisticatezza. Anche se, facciamo il mea culpa, non è completa di quella tecnologia radar che ave-vamo dato per certa... A pochi giorni dalla centomillesima Multistrada consegnata,

e con una gamma cresciuta notevolmente ri-spetto agli inizi, quindi, la “Multi” si presenta allo stato dell’arte, evoluta tantissimo sul pia-no delle prestazioni, ma anche della versatilità e dell’affidabilità, con i tagliandi allungati fino al limite dei 30.000 chilometri.

La versione 1260 S Grand Tour, dicevamo, è il non plus ultra della gamma bicilindrica.

E’ caratterizzata da diversi dettagli di pregio, come la livrea dedicata, ma anche contenu-ti tecnici come luci supplementari, il Touring pack di serie, il cavalletto centrale e le mano-pole riscaldate. Ci sono anche il tappo del ser-batoio ad apertura automatica e il TPMS, ov-vero il sensore di pressione degli pneumatici.

La Grand Tour sarà disponibile già a fine otto-bre a 22.490 euro, facendo risparmiare diversi euro rispetto alla scelta dei singoli accessori.

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LLa Ducati World Premiere parte dal nuovo Scrambler 800, la cui famiglia si completa con una versione Dark che da sempre in casa Duca-ti indica gli allestimenti essenziali e minimalisti delle proposte bolognesi. Ecco quindi che al Sa-lone di Milano EICMA 2019 arriva una Scrambler Icon Dark, con livrea nera opaca e... solo l’essen-ziale. Ducati Scrambler Icon Dark arriverà nelle concessionarie a novembre a 8.390 euro, con un risparmio di 800 euro rispetto al modello Icon standard. Ad EICMA ci saranno anche i due con-cept Scrambler 800 Motard, con cerchi da 17” e slick scolpite, e la Desert X, sorella con cerchi in-vece tassellati che celebra la vittoria di Edi Orioli alla Dakar con la Cagiva spinta da motore Ducati nel 1990.

DUCATI SCRAMBLERICON DARK

Essenziale e minimalista, la

nuova arrivata nella famiglia

Scrambler si svela alla Ducati

World Premiere. Da vedere ad

EICMA 2019

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KAWASAKI Z-H2:DA TOKYO A MILANO

200 cavalli, 137 Nm di coppia e 239 kg in ordine di marcia per la hypernaked di Akashi. Debutta a Tokyo, noi la vedremo a EICMA 2019

LL’abbiamo vista con diversi teaser che ci hanno svelato la natura della novità, adesso è qui: la nuova Kawasaki Z-H2 sovralimentata si svela al Salone di Tokyo, preparandosi al debutto europeo fra poco meno di due settimane al Sa-lone di Milano EICMA 2019.

Caratterizzata da un incrocio di stilemi che sin-tetizzano i tratti somatici delle naked Z e quelli delle sportive H2 (e rispondono alla necessità di offrire riparo aerodinamico e stabilità a un mostro da 200 cavalli) la nuova Z-H2 è fedele all’estetica Kawasaki, e propone tutte le so-luzioni tecniche più avanzate della gamma di Akashi.

Il motoreIniziamo dal propulsore, che naturalmente è il quadricilindrico in linea sovralimentato tra-mite compressore centrifugo che ha debuttato sulle Ninja H2 ed H2R del 2015 ed è stato affi-

nato sulla più recente H2 SX SE. In questa ver-sione, già pronta per l’Euro-5 ma al momento omologata Euro-4, è capace di 200 cavalli (147 kW) a 10.000 giri e ben 137 Newton/metro a 8.500. L’erogazione è stata rivista per favorire la coppia ai bassi e medi regimi, come si addice a una naked, con collettori di scarico allungati e la fasatura della distribuzione rivista rispetto alle applicazioni precedenti.

E restando in tema di scarico, l’impianto è sta-to studiato anche a livello di “firma acustica”, per offrire un timbro degno di un’ammiraglia di questo livello. A livello ciclistico, il telaio a traliccio in tubi d’acciaio, scelto a suo tempo per favorire il raffreddamento sulle unità H2, è stato rivisto per ribilanciare le rigidità in ottica dell’uso specifico della naked. Il telaio si inne-sta poi in piastre in alluminio; tutte le misure sono state riviste rispetto alle altre applicazio-ni per le stesse motivazioni di cui sopra.

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Il pacchetto elettronicoLa Kawasaki Z-H2 offre naturalmente un pac-chetto elettronico allo stato dell’arte, in linea con le più recenti proposte della serie.

Troviamo quindi diversi riding mode, che per-mettono di configurare simultaneamente il traction control e le tre modalità di erogazione del motore (Sport, Road e Rain) con una piat-taforma inerziale a sei assi che fornisce tutte le informazioni necessarie al corretto funzio-namento dei sistemi KTRC (traction) e KIBS, gestite a livello integrato dal sistema KCMF (Kawasaki Cornering Management Function).

Completano il quadro launch control, quick-shifter bidirezionale e cruise control elettro-

nico. Il pacchetto sospensioni prevede una forcella Showa SFF-BP a funzioni separate; al posteriore c’è un monoammortizzatore sem-pre Showa con leveraggi inediti per il sistema Uni-Trak. Il comparto freni vanta pinze Brem-bo monoblocco M4.32 con doppio disco da 290 mm, gestite naturalmente dall’ABS KIBS con funzionalità cornering.

Il peso in ordine di marcia è dichiarato in 239 kg in ordine di marcia. L’interasse è di 1.445 mm, e l’altezza sella è relativamente contenu-ta, con un valore di 830 mm.

Lo stileLe linee, come dicevamo in apertura, uniscono la filosofia Sugomi delle ultime naked Z con

diversi elementi tipici delle H2, soprattutto in zona cupolino e fianchetti, con un design an-cora più muscoloso sull’avantreno. Diversi gli elementi asimmetrici che trovano giustifica-zione funzionale nell’architettura del motore sovralimentato, con il coperchio del compres-sore esibito orgogliosamente sul lato destro.

Tutti i gruppi ottici sono a LED, mentre il cru-scotto è un’unità TFT LCD molto completo, sulla falsariga di quelli utilizzati sulle versioni SE delle Kawasaki più recenti, così come i bloc-chetti sul manubrio. Naturalmente implemen-tata la connettività con smartphone grazie all’App Kawasaki Rideology, di cui vi abbiamo parlato in occasione del test della Versys 1000.

Il prezzo, dulcis in fundo, parte da 17.590 euro - allineato se non inferiore alla migliore concor-rente europea, con tre varianti colore a base nera (tinta unita, nero/rosso e nero/verde).

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NUOVA KAWASAKI W800: FEDELE ALL’ORIGINALELa nuova W800 si aggiunge alle versioni Street e Café della scorsa stagione. Più classica nella linea, più raffinata nei dettagli, più fedele esteticamentealla W1 originale del ‘68

DDopo le Kawasaki W800 Street e Café dello scorso anno, come del resto avevamo pre-annunciato la scorsa estate arriva una terza versione - più minimalista, classica e vicina alla W1 originale - denominata semplicemen-te Kawasaki W800, che debutta al salone di Tokyo in attesa di... sbarcare in Europa. La nuo-va W800 si aggiungerà a Street e Café al Salone di Milano EICMA 2019. La base, incentrata sul classico propulsore bicilindrico parallelo fasa-to a 360° con comando distribuzione a coppie coniche, è naturalmente la stessa delle due versioni di W 800 presentate lo scorso anno ad EICMA 2018; le differenze si concentrano evidentemente su estetica e finiture, con l’ec-cezione del nuovo avantreno con ruota da 19” al posto della 18” di Street e Café, che determi-nano una guida più stabile e rilassata.Anche la posizione di guida, grazie ad un di-verso manubrio, si pone a metà fra quella più rialzata della W 800 Street e quella invece più sportiva e caricata sull’avantreno della W 800 Café. Diversa anche la sella, più ampia e como-

da sia per il pilota che per il passeggero. Pro-tagonista, evidentemente, il propulsore, che in questa versione è messo in risalto dalla colo-razione argento, con il comando distribuzione cromato e il coperchio del corpo farfallato in acciaio e verniciato in nero. Il logo sul serba-toio ora è cromato, mentre le placche paragi-nocchia hanno la stessa finitura della versione café. I due strumenti sul faro sono inoltre ca-ratterizzati da un font più classico per i numeri che richiamano la W1 originale, così come gli indicatori di direzione arancio che prendono il posto delle più compatte unità bianche delle due versioni Café e Street. Stesso discorso per i parafanghi cromati, che completano un discor-so stilistico che comprende manubrio, suppor-ti faro, specchietti, carter catena, pedali freno e cambio e coperchio filtro olio. Completa il qua-dro il cavalletto centrale offerto di serie.

Il prezzo è di 10.400 euro, l’arrivo è previsto per i primi mesi dell’anno. GUARDA TUTTE LE FOTO

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HONDA CBR 1000RR FIREBLADE: FOTO E VIDEODEL PROTOTIPOSpuntano su twitter le prime immagini e un video della superbike Hondain configurazione racing. Arriverà a EICMA 2019

Non si è vista a Tokyo, quindi ce l’aspettiamo per il Salone di Milano EICMA 2019: la nuova Honda CBR 1000RR Fireblade è ormai nella fase finale dei collaudi, come dimostrano vi-deo e foto uscite su Twitter. La pista, con ogni probabilità, è quella di Suzuka - il passaggio sembra proprio quello delle tre “S” iniziali - e il collaudatore dovrebbe essere Stefan Bradl, il che ci offre un indizio importante sulle di-mensioni (contenutissime) della nuova CBR 1000RR. Pur con l’importante camuffamento, la nuova supersportiva Honda è sufficiente-mente visibile da mettere in evidenza grandi differenze con il modello attuale anche al di là delle dimensioni. La vista frontale mostra una presa d’aria centrale che ricorda un po’ quella della Yamaha YZF-R6 della penultima genera-zione, e osservando lo scarico (che però sem-bra essere in una configurazione a metà fra lo stradale e il racing - si nota la protezione alla leva del freno anteriore) è evidente la differen-

za da quello del modello attuale.Ottime notizie, quindi, per chi aspettava una CBR1000RR nettamente più competitiva nei confronti della concorrenza, prevedibilmen-te rinvigorita dal punto di vista motoristico. Anche se, naturalmente, è presto per trarre conclusioni, anche perché ,appunto, il model-lo ripreso è un esemplare in fase di sviluppo: la forcella è una Showa SFF-BP come quella utilizzata sulla Kawasaki ZX-10RR, l’impianto frenante sembra contare su un Brembo Sty-lema, ma è presente il potenziometro dell’ac-quisizione dati. Da notare la palese presenza dell’aerodinamica attiva, come si evince dalla vista frontale (terza immagine della gallery so-pra) che confermerebbe appunto il notevole sforzo Honda in ottica prestazionale. Il telaio non sembra diversissimo rispetto all’attuale, mentre il forcellone è nettamente più racing e professionale. Fra una settimana ne sapremo di più...

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YAMAHA TRICITY 300. CRESCE LA CILINDRATA, MA BASTA LA PATENTE B

Dopo averlo visto come concept “3CT”, Yamaha Tricity 300 debutta nel mondo scooter a tre ruote. Ha un motore con tecnologia Blue Core e può essere guidato anche con la patente automobilistica dai 21 anni d’età

LLo si era già visto come prototipo e la sigla “3CT” al Salone di Milano l’anno scorso. Oggi il nuovo tre ruote Yamaha Tricity 300 è stato svelato al Tokyo Motor Show, ed è pronto per la vendita anche in Italia dopo che sarà presen-tato a EICMA. Terzo modello della serie LMW (Leaning Multi Wheel) dopo Tricity 125 e Niken 900, l’inedito Tricity 300 si presenta totalmente nuovo nella configurazione tecnica ed estetica rispetto al noto modello 125-155 cc.Con il family feeling stilistico della serie X-Max, il nuovo 300 ha la sospensione anteriore che sfrutta l’esperienza della Niken 900, e rispetto

al noto Tricity vanta dimensioni più abbondan-ti per offrire maggior comfort anche fuori dai percorsi urbani. Rispetto ai due fratellini mi-nori il nuovo 300 vanta l’utile sistema di bloc-co in posizione verticale, per cui nelle soste al semaforo non è necessario appoggiare i piedi a terra.il nuovo “tripode” Yamaha è omologato per es-sere guidato anche con la sola patente B, ma una volta compiuti i 21 anni di età.Specifiche tecniche, prezzo e data di arrivo si conosceranno a EICMA.

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MOTO E DESIGN MOTO E DESIGN

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DAL JOKER DI DUCATI AGLI ALTRI ESEMPI

A volte non basta la semplice ispirazione del momento per definire lo stile di una motoci-cletta, ci vuole anche qualcos’altro. Alla Ducati World Premiere di ieri è stata presentata l’atte-sissima Streetfighter V4 cui il designer ha volu-to regalare, sottolineato dallo stesso Claudio Domenicali, un beffardo sguardo da Joker mo-dellando il cupolino con un motivo che cita il celebre ghigno del personaggio cinematogra-fico interpretato, nella sua ultima incarnazio-ne, da Joaquin Phoenix. Bel colpo per Ducati, visto che Joker è il film del momento e sembra avere tutte le carte in regola per diventare un fenomeno di costume, anche se siamo certi che il prevedibile successo della Streetfighter V4 non dipenderà da questa citazione ma - a pensarci bene - questa non è che l’ultima delle motociclette le cui linee hanno tratto ispirazio-ne da film o fumetti.

La telefonata velocissima con i colleghi della redazione sa quasi di sfida: citare quante più moto possibile che in un modo o nell’altro

sono debitrici al mondo cinematografico o dei fumetti in termini di design. Noi ne abbiamo trovate una decina che in modo esplicito o ve-lato hanno tratto un suggerimento dal cinema o dalla carta stampata, ma siamo certi che i no-stri lettori sapranno fare di meglio!In ordine sparso, iniziamo dalla Honda Vultus prodotta dal 2014 al 2016: al prezzo di 11.600 euro ci si poteva portare a casa un mezzo piombato sulla terra da un futuro distopico e postatomico. Esattamente come quello de-scritto nel lungometraggio animato Akira fir-mato da Katsuhiro Otomo (1988), dove bande di motociclisti si affrontano sulle macerie della terza guerra mondiale.Uno di questi, Kaneda, guida una moto cui la Vultus sembra avere più di un debito di design, più che altro per il layout generale. Tra l’altro la stessa Vultus è tutt’ora distribuita in Giappone e nel 2017 è stata protagonista di Ghost in the Shell, pellicola diretta da Rupert Sanders in pieno stile Manga.Aprilia Pegaso 2005: Maurizio Carbonara (il

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di Antonio Privitera

Dalla Streetfighter di Ducati alla BMW Vision Next 100, quante moto sonoin debito di ispirazione con il mondo del cinema o dei fumetti?

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papà della nuova Honda Africa Twin, intervi-stato qui dal nostro Perfetto) è l’auto-re delle belle linee dell’Enduro stradale di No-ale e non nasconde di aver preso a modello gli elmi dei soldati greci nel tracciare i volumi del cupolino. Erano gli anni di “Troy” (2004) e suc-cessivamente di “300” (2006): a noi sembra di trovare un’assonanza tra l’epica e lo stile. Ca-giva Raptor e V-Raptor 650 e 1000: vi ricordate la saga dei vari “Jurassic Park” a cavallo tra il 1993 e il 2001? Nel 2000 vengono introdotte sul mercato la Cagiva Raptor e la sua sorella ag-gressiva V-Raptor (ma c’era anche la più estre-ma X-traRaptor) che cavalcano l’onda della popolarità dei simpatici e coccolosi animaletti estinti. Tocco di classe i supporti delle pedane passeggero, tutto opera di Miguel Galluzzi.

Gilera Ferro. Vogliamo tradurre il nome del modello in inglese? Al Salone di Milano del 2003 Gilera si presenta con questa innovativa e ispirante naked mossa da un motore bicilindri-co a trasmissione automatica, lasciando tutti col naso per aria.

A nostro modo di vedere il cupolino della na-ked disegnata dal geniale Rodolfo Frascoli e dallo studio del compianto Luciano Marabese richiama la serica maschera del personaggio Marvel Iron Man. La cosa passò in secondo piano all’atto della presentazione, forse per-ché il prototipo - mai andato sul mercato - era talmente innovativo e al tempo stesso così concreto che a tenere banco fu il dilemma sul-la produzione della Ferro, non il suo design.

Thank you, Mr. Stark. Tanto per restare in tema supereroi, citiamo due moto che senza dubbio hanno elementi di design ispirati - o frutto di una suggestione - a Batman. Partiamo dalle Harley-Davidson Street Glide/Electra Glide che mostrano orgogliosamente il loro cupolino chiamato, appunto, “Batwing” per poi passa-re alla MotoGuzzi MGX 21 il cui frontale lascia quel sapore di Gotham City in bocca, specie se poi si passa ad ammirare la colorazione dell’in-tera moto in nero opaco e le ruote lenticolari.

Malaguti SpiderMax. La recentemente rinata Casa italiana (oggi il marchio appartiene al gruppo KSR) prima di abbandonare il mercato fece in tempo a presentare - nel 2004 - un ma-xiscooter le cui linee sono un omaggio a Spi-

der Man, la saga cinematografica che proprio in quegli anni mieteva successi al botteghino e nel merchandising. Parliamo della Yamaha MT-10? Che i giapponesi si ispirino spesso ai Manga e agli Anime nel design delle loro moto è cosa abbastanza comune, ma nella gustosa maxi naked di Iwata noi ci vediamo un po’ di Gundam e un po’ di Transformers, con un pizzi-co di Bumblebee, cosa quasi logica se pensia-mo ai tanti concept presentati nel corso degli anni da Yamaha dove gli elementi tecnici e sti-listici si fondono e si ricompongono (pensiamo ai due Morpho o al Tesseract ma anche al Mo-toroid più recente).

Che poi questo genere di approccio, pur senza citare qualche opera cinematografica o qual-

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che manga in particolare, la si ritrovi nel per-sonalissimo stile Sugomi col quale Kawasaki interpreta le sue naked più aggressive (anche la Z-H2 appena presentata) sembra proprio deporre sulla notevole influenza stilistica che la cultura artistica giapponese pare abbia sul mondo del design motociclistico.

Chiudiamo con la BMW Vison Next 100: un con-cept presentato per celebrare primi cento anni di vita di BMW; la moto che sta in piedi da sola a noi ricorda, più che il Batpod di Batman ne “il Cavaliere Oscuro”, la Light Cycle della saga di Tron (1982 e 2010).

Okay, dopo un veloce brainstorming queste sono le prime moto alle quali abbiamo pensa-

to: sappiamo che tra i nostri lettori ci sono tanti esperti, sia di design che di moto e per questo vi invitiamo a segnalarci nei commenti tutte le altre moto che citano più o meno velatamente nelle proprie linee un film o un fumetto!

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EDITORIALE EDITORIALE

EDIT

ORIA

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ICO

Cdi Nico Cereghini

“I CANNIBALI SONO DUE, MARQUEZ E REA”Analogie e differenze tra i due dominatori della MotoGP e della SBK. Uno ha vinto nettamente, l’altro ha saputo reagire dopo un avvio difficilissimo. Due cannibali che fanno tante vittime.

Ciao a tutti! Domenica si è chiuso il mondiale SBK, alla MotoGP mancano soltanto due tappe e io vedo non uno ma due cannibali. Jonathan Rea e Marc Marquez si sono divisi i due massimi campionati e se li stanno divorando. Sono due fenomeni, chiara-mente i più forti di polso e di testa, e guidano meglio di tutti. L’unico neo di tutta la faccenda è che non ci godremo la sfida diretta perché non si scontreranno mai: Marc ha ventisei anni e la MotoGP è il suo regno, Jonathan ha sei anni in più, sta troppo bene in SBK e alla MotoGP giustamente non ci pensa. Ormai… Vi propongo una specie di gioco, alla caccia delle analo-gie e delle differenze. Per cominciare sono entrambi del segno dell’Acquario e per loro, mi sono informato, gli astrologi erano concordi nel pronosticare un 2019 così così. Qui di veri maghi, è evidente, ce ne sono sol-tanto due. Jonathan è della SBK il pilota più vittorio-so di tutti i tempi con 88 successi, mentre Marc deve ancora pedalare: le sue vittorie in MotoGP sono già 55, ma deve scontrarsi contro due giganti assoluti del motociclismo. Ago e Rossi sono molto più avanti nelle classifiche della top class e tuttavia raggiungibili. Co-

mune denominatore dei due è la Honda. Nel senso che Marquez è stato scelto fin da giovanissimo dalla casa dell’ala e con quella domina, mentre per Rea la Honda è stato il primo amore ma poi, lasciandolo dal 2015 per la Kawasaki, ha fatto l’affare della sua vita. Tanto che per approfondire un confronto sui numeri mi sembra giusto lasciar perdere i primi sei anni del campione SBK e le sue prime 15 vittorie: mi concen-trerò sulle sue ultime cinque stagioni in verde. Cinque stagioni di SBK da una parte e sette stagioni di Moto-GP dall’altra, cinque titoli mondiali su cinque per Rea, sei su sette per Marc. E percentuali molto vicine.Le vittorie per Jonathan sono 73 su 140 partenze, ha vinto il 52,14 per cento delle volte; vittorie di Marc 55 su 125 gare, aggiudicate per il 44%. Giri veloci? Le percentuali sono analoghe: il primo ha 57 record in gara ed è stato il più rapido nel 40,7% delle occasio-ni; il secondo poco meglio: 55 come le vittorie anche i giri veloci di Marc e quindi il valore è 44%. Marquez è più forte di Rea sulle pole position: è lui lo specia-lista del giro secco con 52 pole (49,6%), contro le 19 (per il 13.6%). Nella stagione 2019, che ancora non è

terminata, le pole di Marc sono state 10 su 17 (58.8%) e quelle definitive di Jonathan 7 su 13 (53.8%); le vit-torie del catalano sono già 11 (pari al 64,7%) mentre Rea ha vinto “solo” 17 volte con 37 partenze (45,9%). Nella SBK si fanno da quest’anno tre gare a week end (anche se c’è stata qualche cancellazione), e poi il pi-lota Kawasaki ha trovato in Bautista e nella Ducati un temibile rivale. Ecco, è sulla concorrenza che le diffe-renze si sono fatte sentire di più. Per il pilota della Mo-toGP le minacce sono rimaste tali soltanto sulla carta: la Ducati è cresciuta meno delle altre, la Suzuki e la Yamaha si sono fatte notare solo a sprazzi, il pilota più impegnativo alla fine è stato il rookie Quartararo. In-vece nel campionato delle derivate è stata tutta un’al-tra faccenda, con la superDucati V4 che pareva irrag-giungibile nelle mani del nuovo arrivato Bautista, poi annichilito dal campione. Noto invece una curiosa analogia dentro i due box. Mi riferisco ai compagni di squadra, e da una parte vedo Leon Haslam che ha visto il podio in poche occasioni e il secondo gradino non lo ha mai calpestato; e dall’altra parte c’è Jorge Lorenzo che è andato molto peggio, addirittura è pre-cipitato nella crisi più nera. Si sapeva che con Marc sarebbe stata dura anche per un campione, pochi credevano davvero che sarebbe stato dream team, ma nessuno poteva immaginare un simile dramma. E’ soltanto un caso? La verità è che per questi due pe-ricolosi “cannibali”, Marc e Jonathan, il cibo preferito è quello più a portata di mano. I manager lo sanno, di solito tentano di scegliere un secondo pilota che si noti poco, che resti un po’ appartato, non dia troppo fastidio, e poi provano a difenderlo dalle fauci del nu-mero uno. Ma qualche volta purtroppo, per una serie di sfortunate coincidenze, va diversamente. E allora ci sono delle vittime anche in casa.

Nico Cereghini

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MOTOGP MOTOGP

S

MARC MARQUEZ TRIONFA ANCHE A PHILLIP ISLAND

Undicesimo successo del

campione del mondo della

Honda, davanti a Crutchlow e

Miller. Quarto un grandissimo

Bagnaia, sesto un ottimo

Iannone, settimo e ottavo i

deludenti Dovizioso e Rossi,

11esimo Morbidelli. Caduto

Vinales alla curva 10 dell’ultimo

giro nel tentativo di ribattere

al sorpasso di Marquez.

13esimo Zarco, 16esimo e

ultimo Lorenzo. Gara intensa e

appassionante: voto 9

Sembrava la giornata di Maverick Vinales, par-tito (male) dalla pole position, ma capace di recuperare dalla sesta posizione e di portarsi al comando al decimo giro.

Con un passo velocissimo, si poteva ipotizzare anche una fuga del pilota Yamaha, ma Marc Mar-quez non era d’accordo e ha usato la sua tattica di quando non riesce a scappare: incollato al co-done di chi gli sta davanti, sempre a un massimo di un paio di decimi di distanza.

Una sfida tra due che non si amanoVinales e Marquez non si amano (eufemismo), in ballo c’era molto di più della singola vittoria. Vinales, come ha fatto in passato Quartararo, è stato sempre davanti a dettare il ritmo: è chiaro, a questo punto, che con la Yamaha bisogna fare così, non c’è alternativa. Poi, all’inizio dell’ulti-mo giro, Marquez ha sverniciato in rettilineo il ri-vale, ha chiuso tutte le porte, è rimasto davanti. Per Vinales, un’unica, ultima possibilità: la curva

di Giovanni Zamagni

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dieci, il tornante da prima marcia in discesa.

Marquez è stato stretto, Vinales lo ha affian-cato all’esterno, perdendo però il controllo della M1 in frenata (sono sicuro che l’inge-gner Giulio Bernardelle dirà a causa delle gomme…) e finendo a terra nella sabbia. Unica consolazione, senza conseguenze fi-siche.

Per Marquez, quindi, successo in solitario, ma dopo una sfida intensa con Vinales, che qui, ricordiamolo, aveva vinto nel 2018.

Ducati sul podioA completare il podio un convincente Cal Crutchlow, sempre velocissimo in Austra-

lia: nel 2018 si era fatto malissimo a Phillip Island, quest’anno conquista un secondo posto che gli dà morale e fiducia. E’ vero che la caduta di Vinales lo ha favorito, ma lui qui guida bene e dimostra che la Honda RC213V 2019 qualche qualità ce l’ha, non è poi così male.Al terzo posto un bravissimo Jack Miller, che nell’ultimo giro ha vinto una bella sfida in casa con Pecco Bagnaia, quarto e davvero bravo: dopo tanti GP difficili, Pecco ha di-mostrato di non essere stato scelto per caso dalla Ducati, confermando qualità di guida e ottima tenuta generale. Bravo Pecco, il suo più grande merito è di averci creduto sem-pre, di non aver mollato nei tanti momenti difficili di questa stagione.

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Solo settimo, invece, Andrea Dovizioso, che fino al penultimo giro era in quarta posi-zione. Poi, probabilmente un errore (non si è visto in televisione) gli ha fatto perdere il primato in Casa Ducati, per un risultato de-ludente, considerando quello che è la terza Ducati al traguardo, con Danilo Petrucci ca-duto al primo giro, in un incidente che ha coinvolto anche Fabio Quartararo, largo da-vanti a lui e già con le ruote all’esterno della curva.

Unica consolazione per Andrea: con 53 pun-ti di vantaggio su Alex Rins, opaco nono al traguardo, è matematicamente secondo in campionato per il terzo anno consecutivo. Ma qui, per una volta, il Dovi è stato inferiore al potenziale della sua moto.

Grandissimo IannoneChi invece è stato bravissimo è Andrea Ian-none, secondo nel 2018 a Phillip Island con la Suzuki. Andrea si esalta su questa pista, aveva fatto podio anche con la Ducati, e con l’Aprilia ha fatto grandissimi numeri, stando anche al comando. Poi, come era normale che accadesse, ha perso posizioni, ma sem-pre dando grande battaglia e replicando dove possibile ai sorpassi, anche a quelli di Marquez.Iannone ha chiuso sesto, la sua è stata una gara da applausi, che merita però anche una tiratina di orecchie: Andrea ha un talento straordinario, bisogna sfruttarlo anche su

tracciati a lui meno congeniali. Ma la grande gara di oggi, rimane.

Illusione RossiScattato benissimo dalla quarta posizione conquistata nelle qualifiche del mattino, Valentino Rossi è stato al comando per tre giri, illudendo di poter essere protagonista. Invece, mentre Vinales recuperava da dietro, Rossi perdeva da davanti, incapace di gesti-re una Yamaha che nelle sue mani non è effi-cace come quella del compagno di squadra.

Alla fine, l’ottavo posto è un altro risultato difficile da digerire e da spiegare, anche se, perlomeno, questa volta Rossi si è visto, al-meno per qualche giro. Magra consolazione.

Lorenzo imbarazzanteJohann Zarco, al debutto con la Honda, ha chiuso 13esimo a 26”758, mentre Jorge Lo-renzo è arrivato ultimo, staccato di 1’06”045 a 21” dalla penultima posizione di Syahrin. Sinceramente imbarazzante. E ingiustifica-bile. Così non si può continuare.

Tutti i segreti della pista di Phillip Island

Leggi le statistiche del GPd’Australia

Leggi la classifica della gara

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C

GP D’AUSTRALIA: LE PAROLE DEI PILOTI SUL PODIO

Le dichiarazioni del vincitore

del GP d’Australia 2019, Marc

Marquez, e di Cal Crutchlow

e Jack Miller, rispettivamente

secondo e terzo a Phillip Island

I commenti raccolti nel dopo gara dei primi tre piloti al traguardo del GP d’Australia 2019: Marc Marquez, Cal Crutchlow e Jack Miller.

Marc Marquez (1°): “Stimolato da squadra e HRC”“In qualifica le Yamaha avevano fatto paura, ma nel warm up avevo capito di poter andare die-tro a Vinales. Ho preso dei rischi, ma quando gli sono rimasto attaccato in quei cinque giri che ha spinto, prima che rallentasse, ho capito di poter-mela giocare. Io e lui abbiamo scelto la morbida al posteriore, mentre Quartararo ha messo la dura, ma con quella gomma era complicato all’i-nizio (Quartararo è caduto al primo giro, n.d.r.).Alla fine, entrambi eravamo in difficoltà, ma è stata la scelta giusta. All’ultimo, giro, sapevo che avrebbe provato al tornantino: sono stato all’in-terno, se mi avesse passato lì, potevo provare a ripassarlo sul traguardo. Mi sono accorto che lui non c’era più solo alla seconda curva dopo la bandiera a scacchi. Sono umano, sono battibile,

di Giovanni Zamagni

ma non è stato facile oggi: non c’era niente in gioco, ho potuto rischiare. La squadra e la HRC hanno la mia stessa fame, questo ti dà una gran carica. Prima del via è arrivato Puig e mi ha detto: ‘dai che ce la fai’. Tutto questo dà grandi motivazioni”.

Cal Crutchlow (2°): “Una gara che da fiducia”“Mi sono sentito bene con la moto, soprat-tutto con la gomma posteriore: è stato un rischio mettere la soffice, ma alla fine ha pa-gato, ho fatto la differenza con chi mi stava dietro.Grazie al team, ha fatto un gran lavoro. Si può sempre migliorare ma questa è stata una buona gara. Bello essere sul podio con

Marquez e Miller (i due sono amici, n.d.r.), è un GP che dà fiducia”.

Jack Miller (3°): “Un podio molto significativo”“E’ stata una gara difficile, ho cercato di ri-manere calmo: l’obiettivo principale era ge-stire al meglio le gomme. L’ho fatto, mi sono avvicinato, ho superato un po’ di piloti e an-che se le gomme si consumavano ho lottato con Dovi: è stato fantastico, ero sorpreso di poter fare così tanti sorpassi. Anche Andrea stava facendo una buona gara, non era as-solutamente facile, ma alla fine è arrivato un podio molto significativo”

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L

VALENTINO ROSSI: “SOLO 8°, MA PIÙ VICINO AI MIGLIORI”

Sperava in un risultato diverso

per il suo 400esimo GP, ma

Valentino sottolinea i passi

in avanti: “Sono partito in

testa, ma ero troppo lento

in rettilineo: ogni giro mi

passava un avversario. Buono

il bilanciamento dell’anteriore,

siamo ancora in difficoltà con il

posteriore”

L’aspetto deludente è il risultato finale e la gran-de differenza con Vinales, quello positivo è che Valentino Rossi si è rifatto vedere in prima posi-zione, tra l’altro con un gran sorpasso all’esterno alla prima curva, e ha visto il podio da vicino. Come giudica la sua gara il nove volte campione del mondo?

“Avevo fatto un buon tempo in qualifica (era quarto sullo schieramento, n.d.r.) ho fatto una buona partenza e alla prima curva sono andato in testa.

E’ stata una bella sensazione, specie nel mio 400esimo GP. Poi ho provato a guidare meglio possibile, a essere dolce con le gomme: nel com-plesso, è stata una gara migliore delle ultime.

Ma perdevo troppo in rettilineo: ogni giro mi passava un pilota e se non riuscivo a ripassarlo immediatamente, nel giro successivo mi passa-va un altro, perché ero il più lento del gruppo…”.

di Giovanni Zamagni

Tecnicamente cosa ha detto questo GP?“Abbiamo trovato un buon bilanciamen-to della moto, ero efficace con il davanti in frenata. Ma mi mancava grip dietro, che è un po’ il tema di questa seconda parte della stagione per la mia Yamaha. Per il momento non riusciamo a risolverlo, dobbiamo lavo-rare su questo aspetto”.

Alla fine, come giudichi la tua gara?“La posizione non è niente di che, ma sono arrivato vicinissimo a Miller, che ha conqui-stato il podio: questo è sicuramente l’aspet-to positivo.Rispetto agli ultimi GP, sono stato più dentro

al gruppo, ma il risultato non è fantastico”. Cosa è successo nell’ultimo giro?“Eravamo tutti molto vicini, c’è stata un po’ di confusione. Dovizioso è andato largo alla due, io mi sono trovato vicino a Iannone, che ha anche superato Dovi. Tra loro c’è stata una bella bagarre, si sono anche toccati: è stato divertente…”.

Il tuo giudizio su Lorenzo Dalla Por-ta, campione del mondo Moto3.

“E’ stato anche nel nostro gruppo, ma in quel periodo era infortunato a una spalla e non ha potuto esprimersi al meglio. L’ho visto crescere e sono davvero contento per lui”.

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C

MOTO3. LORENZO DALLA PORTA CAMPIONE DEL MONDO: “PER MIA NONNAE MIO PAPÀ”

Dopo 15 anni (2004,

Dovizioso), Lorenzo riporta il

titolo della cilindrata minore in

Italia: è il primo campione del

mondo italiano della Moto3.

“Se sono qui il merito è del

mio babbo, Massimiliano:

siamo una famiglia umile, le

moto sono costose. Mia nonna

Nicoletta sarà felicissima”

Chissà come proseguirà la carriera di Lorenzo Dalla Porta; intanto, il pilota toscano entra nel libro dei primati come il primo campione del mondo italiano della Moto3. Un record che non gli potrà togliere nessuno. E, come i grandi, Lo-renzo conquista il titolo vincendo anche la gara: con Aron Canet fuori gara per una caduta (la ter-za consecutiva, la seconda per colpa sua), avreb-be anche potuto accontentarsi di un piazzamen-to (gli sarebbe bastato arrivare 12esimo…), ma lui ha spinto ancora di più per salire per la terza volta - seconda consecutiva - sul gradino più alto del podio. Gran bravo ragazzo, Lorenzo, e ottimo pilota: grandissimo.

“Non mi rendo conto bene, non so cosa sia suc-cesso… Voglio andare a letto presto, per capire domani mattina quando mi sveglierò che non è un sogno. Sicuramente mi emozionerò: per il momento l’adrenalina vince su tutto. Ho perso la voce: dopo aver tagliato il traguardo ho urlato come un matto”.

di Giovanni Zamagni

Poi hai incontrato tuo papà Massi-miliano lungo la pista.“Lui gridava ancora più forte di me, non sapeva neppure che avessi vinto la gara. Quando gliel’ho detto, ha urlato ancora più forte… Lui è stato fondamentale per la mia carriera, ci sono stati anni in cui non sape-vamo come fare per correre: siamo una fa-miglia umile, non abbiamo tanti soldi, ma ce ne vogliono molti. Adesso siamo qui a fe-steggiare il mondiale: se non ho mai mollato è anche per merito suo”.

Con Canet fuori, potevi anche anche accontentarti di un piazzamento.“Quando l’ho visto fuori, ho pensato: o vinco o cado. Tanto mi sarebbero rimaste altre due

gare per provare a conquistare il titolo. Stare in mezzo al gruppo era pericoloso, ho prova-to a spingere più forte, con una moto come sempre perfetta: la squadra ha fatto un gran lavoro. Devo molto al team Leopard: sono arrivato qui nel 2017 dopo una stagione dif-ficilissima con la Mahindra, ma in due anni siamo arrivati al mondiale”.

Un titolo da dedicare a chi?“Prima di tutto a mia nonna Nicoletta, mor-ta prima della Thailandia. Corro con il 48 in onore del suo anno di nascita, nel 2020 in Moto2 userò il 19 (il 48 era di Tomizawa ed è stato ritirato dalla Dorna, n.d.r.), l’anno della sua scomparsa”.

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S

MOTOGP. SPUNTI, CONSIDERAZIONI, DOMANDE DOPO IL GP D’AUSTRALIA

Quali sono state le chiavi

del GP? Cosa è successo tra

Petrucci e Quartararo alla

seconda curva? Perché l’Aprilia

è andata così bene a Phillip

Island?

Spunti, considerazioni, domande dopo il GP d’Au-stralia, vinto da Marc Marquez.

Quali sono state le chiavi del GP?

1. La partenza. Sbagliando (come al solito) la partenza, Vinales non ha potuto imporre subito il suo ritmo e provare a scapare, come, forse, era nelle sue possibilità;

2. Motore Honda. La grande differenza di prestazioni in accelerazione e rettilineo tra la Honda e la Yamaha ha permesso a Marquez di ‘controllare’ con relativa facilità la superiorità in percorrenza di Vinales. Grazie alla potenza della sua moto, ha potuto ‘gestire’ e attuare la tattica migliore;

3. Gomma anteriore. Probabilmente per le differenti caratteristiche della moto, Vinales ha scelto la soffice anteriore, Marquez la dura: potrebbe essere stato un elemento determi-nante (lo spiegherà meglio l’ingegnere Giulio Bernardelle martedì in #DopoGP);

di Giovanni Zamagni

4. La caduta di Quartararo. Dopo l’infortunio al piede sinistro di venerdì nelle FP1, Quartararo è tornato super ve-locissimo domenica (secondo tempo in qualifica), ma la sua gara è finita alla se-conda curva. Aveva il passo per giocarsi la vittoria;

5. Le difficoltà di Dovizioso. Su que-sta pista Andrea fatica, non può sfruttare i suoi punti forti: si poteva fare meglio;

6. Dura posteriore. Quartararo e Petruc-ci avevano scelto la dura posteriore: forse non è un caso che siano caduti subito en-trambi.

Cosa è successo tra Danilo Petrucci e Fabio Quartararo alla seconda cur-va?Quartararo è andato largo e ha perso il poste-riore. Poco dietro di lui è successo lo stesso a Petrucci (Danilo ha dichiarato che Marquez lo

ha portato all’esterno sullo sporco), che è sta-to lanciato in aria dalla sua Ducati. Petrucci ha terminato il suo volo centrando proprio la ruo-ta posteriore di Quartararo, che è finito a sua volta a terra.

Cosa è successo ad Andrea Dovizio-so, 4° all’inizio dell’ultimo giro, solo 7° al traguardo?Risponde Dovizioso: “Purtroppo, dopo una prima parte di gara in cui siamo stati veloci, abbiamo consumato eccessivamente la gom-ma posteriore e quindi il nostro ritmo è calato rispetto a quello dei primi tre. Nel gruppo dei piloti in lotta per il quarto posto eravamo tut-ti un po’ in difficoltà ma all’ultimo giro mi ero creato l’occasione giusta: purtroppo alla cur-va 2 la moto mi è partita, sono andato largo, e ho perso 4 posizioni. Alla fine è un peccato perché saremmo potuti arrivare terzi e salire sul podio, ma con un distacco importante dai

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primi. L’aspetto positivo di oggi è che abbiamo confermato il nostro secondo posto nella clas-sifica piloti, con 2 gare d’anticipo e per il terzo anno consecutivo”.

Perché l’Aprilia è andata così bene a Phillip Island?Qualifiche: 7° Aleix Espargaro, 8° Andrea Ian-none. Gara: Iannone sesto (dopo essere stato anche al comando, per la prima volta nella sto-ria dell’Aprilia in MotoGP), Espargaro decimo, per il miglior risultato di squadra della Casa di Noale. Perché l’Aprilia è andata così bene lo spiega bene Iannone: “Qui i limiti della moto sono più piccoli, perché non ci sono ripartenze da fermo: affronti le curve con velocità molto più elevate e in questo modo anche i controlli elettronici hanno meno influenza. Per Aprilia è una delle gare più belle di sempre”.L’analisi dei giri veloci (che trovate qui sotto), dice che nel giro secco l’Aprilia non è stata così eccezionale, ma, evidentemente, ha mantenu-to costanza di prestazioni.

Confronto 2018/2019.2018: 1. Vinales in 40’51”081, giro veloce Vinales 1’29”632 (10); 2019: 1. Marquez in 40”43”729, giro veloce Vinales 1’29”322 (13).Considerazioni: nonostante sia sia provato poco per le condizioni meteo, si è comunque andati più forte della passata stagione.

Giri veloci in gara (tra parentesi il giro in cui è stato realizzato).

Vinales 1’29”322 (13); Marquez 1’29”409 (11); Crutchlow 1’29”448 (11); Miller 1’29”856 (3); Rossi 1’29”863 (9); Dovizioso 1’29”875 (3); Bagnaia 1’29”902 (10); Rins 1’29”944 (3); Mir 1’29”966 (12); A.Espargaro 1’29”991 (2); Ianno-ne 1’30”098 (10).

Come deve essere considerato il 13esimo posto di Johann Zarco a 26”758?Il risultato in sé è abbastanza negativo, ma Zarco ha mille scusanti: tornava in moto dopo un mese; non aveva mai pilotato prima la Hon-da; le condizioni climatiche non l’hanno certo aiutato, perché si è girato meno del solito. Da Crutchlow ha preso 11”413: tutto sommato, non è andato così male.

L’ultimo posto di Jorge Lorenzo, a 21”077 da Syahrin, è giustificabile?No, in nessuna maniera. Quello che sta facen-do Lorenzo è inconcepibile.

Le tre più belle frasi del GP3) Andrea Iannone: “Io mi sento un pilota mol-to forte, in pista vedo quello che faccio e quello che fanno gli altri…”;

2) Maverick Vinales: “Il secondo posto non mi interessava, giusto provarci”;

1) Lorenzo Dalla Porta: “Voglio andare a letto presto, per svegliarmi domani mattina e capire che non è un sogno”.

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M

LE PAGELLE DEL GP D’AUSTRALIA

Nove a Marquez e a Iannone,

solo cinque a Rossi e Dovizioso

MARC MARQUEZ VOTO 9Quinta vittoria consecutiva, in testa per al meno un giro per il 17esimo GP su 17 del 2019: un altro primato da aggiungere ai tanti. Ha la situazione totalmente sotto controllo, sa sempre quando e come attaccare il rivale di turno. Da 10 in pagella se non fosse per quell’episodio con Lorenzo nel-le FP2: Jorge ha sbagliato a stare in traiettoria, ma non c’era bisogno di umiliarlo così come ha fatto. Esagerato.

CAL CRUTCHLOW 8Che bello vederlo di nuovo competitivo a Phillip Island, dove nel 2018 ha rischiato di chiudere la sua carriera. “Dopo l’incidente, sono entrato in un buco nero” ha detto il pilota di Cecchinello, confermando quanto sia stato difficile per lui tornare in sella. Qui guida fortissimo e, personal-mente, sono convinto che l’arrivo di Zarco (tra l’altro: Crutchlow lo ha attaccato a fine gara, di-cendo che non capisce con quasi meriti dovreb-be sostituire eventualmente Lorenzo) gli abbia

di Giovanni Zamagni

fatto bene. Stimolato.

JACK MILLER 8L’ingegnere Gigi Dall’Igna avrebbe voluto sacrificarlo a favore di Jorge Lorenzo, ma l’australiano merita, eccome, la Ducati uffi-ciale. Nel 2019 è cresciuto molto, anche se è ancora un po’ incostante. A casa sua è stato bravissimo: un podio cercato e voluto con grande tenacia. Bene così.

PECCO BAGNAIA 9Dopo tante cadute e difficoltà, finalmente una gran gara, all’altezza delle sue capacità e delle sue ambizioni. Non era facile tenere botta dopo un periodo così complicato, ma lui lo ha fatto bene, anche grazie al supporto di un team condotto molto bene all’interno del box da Francesco Guidotti (voto 9), uno che sa scegliere i piloti e li sa gestire al me-glio. Le caratteristiche di Phillip Island gli

hanno dato una mano, adesso deve diventa-re più efficace in staccata. Molto bene così.

JOAN MIR 8Zitto zitto, piano piano il ragazzo sta cre-scendo. Forse più lentamente del previsto, ma sta arrivando: la sensazione è che nel 2020 darà parecchio fastidio al compagno di squadra. E non solo. Talentuoso.

ANDREA IANNONE 9A Phillip Island si è sempre esaltato e lo ha fatto anche questa volta con l’Aprilia.

Quando è così, è sempre uno spettacolo ve-derlo guidare: in pochi hanno la sua capacità di replicare immediatamente a un sorpasso subito, anche se chi lo ha appena passato si chiama Marc Marquez. Certo, a volte è un po’ irritante nei suoi comportamenti (per esem-pio nel cercare sempre un “gancio” in prova),

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ma la sua velocità è fuori discussione. Bello rivederlo lì.

ANDREA DOVIZIOSO 5Personalmente, credo che uno come lui deb-ba sempre essere il miglior pilota Ducati al traguardo, anche se la pista non gli piace. Lo sarebbe stato se non avesse sbagliato all’ultimo giro alla curva 2, ma proprio per-ché da lui ci si aspetta sempre qualcosa in più, lo sbaglio è più grave che se fosse stato commesso da un altro pilota. In ogni caso, anche nel 2019 secondo nel mondiale. Anti Marquez per il terzo anno consecutivo.

VALENTINO ROSSI 5Il sorpasso alla prima curva, che lo ha ri-portato al comando, è da applausi: roba da campione. Poi, arretra inesorabilmente, sempre alle prese con la mancanza di grip al posteriore. Rimane nel gruppone in lotta per il podio e questo è l’aspetto positivo: un passo in avanti, rispetto agli ultimi GP. Ma la differenza con il compagno di squadra rima-ne troppo grande. Convincente a sprazzi.

ALEX RINS 4La sensazione è quella di un pilota da rico-struire, un po’ in affanno psicologicamente. Sotto tono.

FRANCO MORBIDELLI 4Irriconoscibile rispetto alla settimana prece-dente. In difficoltà.

JOHANN ZARCO 6Non ha fatto male, considerando tutto quel-lo che è successo a Phillip Island, i pochi giri fatti sull’asciutto. Lui, probabilmente, si aspettava di più, ma, come dice Marquez, sarà più veritiero il prossimo GP. Per il mo-mento, ben tornato in moto.

JORGE LORENZO 2E’ brutto vedere un campione come lui così in difficoltà, tanto lento da non poter essere vero. Invece è proprio così: la spiacevole sen-sazione è quella di un pilota che corre solo per timbrare il cartellino, portare a casa lo stipendio. Bisogna prendere una decisione, anche drastica. Inaccettabile.

MAVERICK VINALES 6Mentre scrivo il voto, mi si materializzano davanti critiche e insulti, ma secondo me ha fatto bene a provarci, fino a cadere: l’errore è stato evidente e anche non da un pilota del suo talento, ma anche lui aveva capito che non avrebbe potuto battere in nessun modo il rivale della Honda. Per me, la cronica dif-ficoltà in partenza è più grave dell’errore finale: fosse scattato bene, avrebbe anche potuto scappare.

DANILO PETRUCCI 4In prova aveva ritrovato la velocità e il sorri-so, ma ha sbagliato alla seconda curva, forse anche per la scelta - sbagliata - della gomma. Non gliene va bene una.

FABIO QUARTARARO 5E’ il GP dove ha collezionato più errori in questa stagione: la caduta nelle FP1 sul ba-gnato, la partenza incerta, dopo aver otte-nuto un ottimo secondo posto in qualifica. E’ caduto centrato da Petrucci, ma aveva co-munque già compromesso pesantemente la sua gara. Tutta esperienza per il 2020.

HONDA RC213V VOTO 9Marquez continua a fare una differenza enor-me, ma la prestazione di Crutchlow dice che qui la RC213V era piuttosto competitiva. E che motore.

DUCATI DESMOSEDICIGP VOTO 8Non è la sua pista, ma non è andata nemme-no così male. Anzi. E come per la Honda: che motore.

YAMAHA M1 VOTO 8,5Ormai le sue caratteristiche sono ben note su tutte le piste: grande percorrenza di cur-va, grandi difficoltà in accelerazione e retti-lineo.

SUZUKI GSX-RR VOTO 8Come nelle ultime gare, anche a Phillip Island il limite più grande sono sembrati i piloti: Rins non riesce più a fare la differenza.

APRILIA RS-GP VOTO 9Che bello vedere un’Aprilia al comando, sep-pure per poche curve, che bello vedere due

piloti nei 10, che bello vedere Iannone non soffrire così tanto in rettilineo e guidare alla grande in curva. Che bello tutto! Il voto è esagerato, ma se non lo si fa questa volta…

KTM RC16 VOTO 5L’unica consolazione per la Casa austriaca è aver battuto, con Pol Espargaro (voto 7) l’ex pupillo Zarco. Ma c’è poco da festeggiare.

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GP DI PHILLIP ISLAND.I SEGRETI DELLA PISTA

Giovanni Zamagni e l’Ing.

Bernardelle analizzano curva

per curva il circuito di Phillip

Island che ha ospitato il GP

di Australia 2019

Continua l’appuntamento con l’ingegner Giulio Bernardelle, affiancato da Giovanni Zamagni, dove viene presentato il circuito del GP in pro-gramma: un’analisi curva per curva che permet-terà di svelare tutti i segreti della pista. Ma non solo, perché nel farlo scopriremo quali siano i piloti con uno stile di guida che meglio si adatta al tracciato, e quali le moto più performanti. Il circuito di Phillp Island, che ospiterà il GP di Australia, è un tracciato naturale. Nel senso che segue l’andamento e le caratteristiche del terre-no su cui si sviluppa. Per questo è un tracciato molto caratteristico, atipico e anche piuttosto veloce, tanto che in rettilinea la Ducati Desmo-sedici ha già sfiorato i 350 orari.Non c’è una grande sollecitazione dell’impianto frenate e per questo la messa a punto ciclistica premia la scorrevolezza e, teoricamente almeno, le moto con il motore a quattro cilindri in linea.Mappa del tracciato alla mano vediamo come vengono affrontati i tratti principali del circuito australiano.

di Giovanni Zamagni

GUARDA I L V IDEO

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GALLERY MOTOGP.IL GP D’AUSTRALIA.

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DOPOGP DEL GIAPPONE: MARQUEZ VINCE ANCHEIL TITOLO COSTRUTTORI!

I suoi 350 punti garantiscono

alla Honda il 25° titolo

costruttori nella top class,

traguardo importantissimo

per la casa giapponese.

Quartararo e Dovizioso sul

podio dietro a Marc, bene

Vinales, Crutchlow e Morbidelli,

caduto Rossi. Suo fratello Luca

Marini vince ancora in Moto2 e

Dalla Porta in Moto3

Per Marc Marquez la prima pole a Motegi e la decima vittoria di stagione. Ma ha chiuso la gara vincente con il serbatoio quasi a secco: per qua-li ragioni ha consumato di più? Le Yamaha con gomme morbide, Dovi con le medie e un gran finale: le gomme francesi restano difficili da ge-stire e chi ha spinto meno nella prima fase ha potuto alzare il ritmo nel finale.

Confronto impietoso tra piloti all’interno dei team: Lorenzo, Petrucci, Rossi, Iannone… sono in crisi, sebbene in misura diversa. Zam lancia l’allarme e l’ingegnere Bernardelle analizza le cause e le prospettive. Ancora le gomme al cen-tro del problema.

Suzuki deludente, ma solo per il rendimento dei piloti, KTM in ombra se Pol Espargaro non è ancora in forma (e Pedrosa boccia le sospen-sioni impiegate sulla MotoGP austriaca), Aprilia indietro e con problemi tecnici. Rivola annuncia cambiamenti per il prossimo anno, ma il budget

sarà adeguato?

Luca Marini è fortissimo in Moto2 dove Mar-quez (solo sesto) è comunque vicino al tito-lo, Dalla Porta leader della Moto3 (con Canet caduto) e grande Vietti, domenica prossima si corre, subito, a Phillip Island ed è il trente-simo anniversario del GP d’Australia.

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GUARDA I L V IDEO

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VALENTINO ROSSI E LUCA MARINI, PARLA LA MAMMA: “CI PIACCIONO LE GARE COMBATTUTE”

La soddisfazione, per il secondo

successo consecutivo di Luca

in Moto2, e un po’ di ansia,

per Valentino in difficoltà. “A

lui piace sperimentare…” dice

Stefania Palma. Ma aggiunge

che oggi il talento non basta

più, ci vuole il gruppo. E il

gruppo è anche la forza di

Luca.

Ho un debole per Stefania Palma. La mamma di Valentino Rossi e di Luca Marini è una bella per-sona, intelligente e profonda.E la seconda vittoria consecutiva del figlio mino-re in Moto2, domenica scorsa a Motegi nel GP del Giappone, mi fornisce il pretesto per telefonarle.

“Sì, Luca è stato bravissimo, siamo contenti”.Stefania è di poche parole, non è certo il tipo del-le smancerie. E aggiunge: “Del resto si impegna molto, è cresciuto tanto”.

Ho letto di recente che Luca parla tanto con la mamma, e riceve anche consigli tecnici. Questa uscita, le dico, mi ha incuriosito.

“Nessun consiglio davvero tecnico - se la ride “la Stefy”, come la chiamano in famiglia - io mi limito a guardare l’organizzazione, il lavoro di gruppo. Lì penso di avere una certa esperienza: ho conosciuto Rossi (quello grande, Graziano

n.d.r.), quando avevo quattordici anni. Ho una storia, da allora ne ho viste di situazioni, e a Luca dico la mia in base all’esperienza”.

Anche dopo questa seconda vit-toria della stagione Luca sembra tranquillo, razionale, controllato.“Sì, Luca è proprio quello che appare: rifles-sivo, intelligente, molto attento. Lui ha an-che la grande fortuna del gruppo, quello di Vale, dell’Accademy. Per loro è importante, molto importante, fare parte di un gruppo così bello. Oggi il successo è costruito con un gran lavoro, il talento non basta”.

Le qualità di Luca? Le stesse diValentino, secondo Stefania...

Entrambi hanno la capacità di leggere e capi-re in fretta, e poi di esporre bene. Fin dall’a-silo Luca ha studiato inglese e matematica. Qui a Tavullia l’asilo era avanti, le maestre tutte laureate, c’era una grande direttrice. Quel periodo è stato molto importante per lui come persona”.

Passiamo a Valentino? Sembra in difficoltà, nelle ultime gare….“Ne ho appena parlato al telefono con Rossi (sempre Graziano n.d.r.), e abbiamo opinioni discordi. Io credo che anche per Vale la solu-zione sia il lavoro del gruppo”.

Vuoi dire che devono cambiare qualcosa nel modo di lavorare

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nel box, come abbiamo suggerito qualche volta nel nostro DopoGP?“Questo non lo so. La mia idea è questa: che a lui piace sperimentare, gli piace lavorare sulla moto, sviluppare. Lo ha sempre fatto con passione. Ma adesso non basta più, e Quartararo e Viñales non sviluppano… Ma dimmi tu una cosa: è vero che i piloti non possono sviluppare la moto se non in quei 4 o 5 giorni dell’anno dei test? E’ una cosa assurda...”

Un ruolo difficileCredo che Stefania sappia più di quello che lascia vedere, ma in ogni modo le confermo quello che probabilmente già sa: le restri-zioni del regolamento, l’impossibilità di svi-luppare i motori, i giorni dei test che ancora diminuiranno e così via. E qui viene fuori il lato “tecnico” della signora Palma.

“Valentino una volta mi raccontava che alla Honda c’era un gruppo di lavoro spavento-so. Mi domando: se la Honda è la Casa più forte, bisogna avere almeno la possibilità di bilanciare la situazione lavorando di più. L’ho detto, a Vale: vai un mese in Giappone, alla Yamaha, e lo sviluppo lo fai tu. Mi dice che non si può fare neanche quello…”

Ma che ci sia un calo dovuto all’anagrafe, Stefania lo esclude. “Non è l’età. La voglia è sempre quella. Mi piacerebbe che Vale trovasse la moto che gli piace. Basterebbe

quello”. E poi va oltre. Quello che le piace-rebbe… “La gara bella è la gara combattuta, il bello delle gare è la lotta, la competizione. Va bene il circuito favorevole o sfavorevole a una moto, lo accetto, va bene la strategia… ma anche in F1 c’è la strategia, eppure il pi-lota si vede! Oggi nella MotoGP non succede più, il pilota conta meno”.

E poi magari oggi le gomme conta-no troppo….“Le gomme? No, delle gomme non parlo. Quando ho accennato l’argomento con i ra-gazzi mi hanno detto che parlo come quelli del bar…”.

Questa “la” Stefy, la mamma di due piloti così uguali e così diversi. Mica facile il suo ruolo. E’ una cosa che colpisce: il figlio mag-giore ha quarant’anni ed è una leggenda del motociclismo, il minore ne ha ventidue, si è lanciato in una avventura difficile, in un con-fronto impietoso e senza rete. E’ dura essere il fratello di Valentino Rossi, soprattutto se vuoi fare anche tu il pilota.Per venirne fuori bene, come sta facendo Luca, bisogna avere gli attributi. E una mam-ma come Stefania, credo.

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GP QATAR: REA SI IMPONEIN GARA1

Il Cannibale non placa la sua

fame e si impone in gara1

a Losail, in testa dal primo

all’ultimo giro. Davies, secondo

dopo una rabbiosa rimonta,

precede Lowes e Bautista

Il Cannibale è ancora affamato. Dopo aver con-quistato la sua settima Superpole stagionale, il cinque volte campione del mondo ha dominato anche Gara-1, disputata in notturna sulla pista di Losail. Scattato benissimo al via, il pilota della Kawasaki si è portato al comando, seguito ini-zialmente da Lowes e Cortese, mentre alle loro spalle Sykes, Haslam, Razgatlioglu e Davies, par-tito come un missile dalla quarta fila, lottavano per raggiungere il terzetto di testa. Un contatto tra Haslam e Sykes metteva fuori gioco il pilota della BMW, che scivolava nella via di fuga. Pochi giri ancora e Rea e Lowes allungavano su Corte-se, che nel tentativo di tenere il passo dei due battistrada cadeva nel corso del sesto, dando l’addio alla possibilità di conquistare un buon risultato.Nel proseguo della gara Rea e Lowes prendeva-no il largo, ma alle loro spalle Davies si faceva minaccioso, sino a raggiungere e superare l’in-glese della Yamaha nel tredicesimo giro. Con le prime tre posizioni ormai definitive, e con Bau-tista nella terra di nessuno, troppo lontano dai primi tre ed irraggiungibile per i piloti che lo se-guivano, l’attenzione si spostava sulla lotta per il quinto posto con Van der Mark e Haslam che

davano vita ad una bella lotta fatta di molti sorpassi.Alla fine era il pilota della Kawasaki a pre-cedere quello della Yamaha. Dietro di loro Baz, ancora in non perfette condizioni fisi-che a seguito della sua caduta in Argentina, si accontentava della settima posizione. Un redivivo Reiterberger ha ottenuto un buon ottavo posto, davanti a Laverty e a Camier. Gara da dimenticare per Razgatlioglu, alle prese con scarsa aderenza all’anteriore. Ini-zialmente il giovane turco del team Puccetti è stato nelle prime cinque posizioni, ma con il passare dei giri e con la sua gomma ante-riore sempre più usurata, Toprak ha rischiato varie volte di cadere sino a quando un dritto al dodicesimo passaggio lo ha indotto a più

miti consigli e ad accontentarsi dell’undice-simo posto finale.Così come in Superpole, Melandri e Rinal-di hanno concluso nelle posizioni di fondo classifica, rispettivamente dodicesimo e tre-dicesimo. Delbianco raccoglie un punto gra-zie alla sua quindicesima posizione finale su di una pista che non aveva mai visto in pre-cedenza. Mercado si è dovuto ritirare per un problema tecnico all’undicesimo giro, men-tre Torres è caduto nel giro di ricognizione e si è poi dovuto ritirare già al primo giro.

Leggi la classifica di Gara-1

Leggi tutti gli articoli della garadi Losail

di Carlo Baldi

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A JONATHAN REA LA SUPERPOLE RACE DEL QATAR

Gara dominata dal campione

del mondo della Kawasaki

che precede Bautista e Lowes.

Davies è quinto dopo una

bella rimonta. Out Rinaldi e

Razgatlioglu. Gara2 in forse

per una possibile tempesta di

pioggia e sabbia

La superiorità di Jonathan Rea ha reso noio-sa anche la Superpole Race che si è disputata questo pomeriggio sul circuito di Losail in Qa-tar. Scattato come sempre benissimo dalla pole position, Johnny si è portato in testa alla gara e non ha lasciato scampo ai propri avversari. Il suo distacco si è stabilizzato sui due/tre secon-di e nessuno ha mai messo in discussione la sua sedicesima vittoria stagionale, le stesse del se-condo classificato Alvaro Bautista.

Lo spagnolo, che è partito dalla terza fila, ha impiegato due soli giri per liberarsi di Lowes ed Haslam, ma una volta alle spalle di Rea ha gira-to con gli stessi tempi del pilota della Kawasaki. Questo gli ha consentito di mettere in cassaforte la seconda posizione, ma non gli ha certo per-messo di insidiare il leader della gara.

Alex Lowes è ancora terzo, come ieri in Gara1, precedendo il pilota che andrà a sostitu-ire il prossimo anno: Leon Haslam. Dopo essere stati superati da Bautista, i due hanno percorso a braccetto il resto della gara, senza che Haslam abbia mai cercato di superare il pilota della Ya-maha, accontentandosi così della quarta posi-

zione. Chaz Davies, ancora penalizzato da una brutta Superpole che lo ha costretto a prendere il via dalla quarta fila, è stato au-tore di un’ottima rimonta e dopo aver supe-rato la coppia composta da Van der Mark e Baz, si è gettato all’inseguimento di Lowes e Haslam, con ambizioni di podio.

Il gallese si è avvicinato ai connazionali, ma negli ultimi due giri si è reso conto dell’im-possibilità di raggiungerli e ha tirato i remi in barca, tagliando il traguardo al quinto posto.

Dopo un bel duello fatto di millimetrici reci-proci sorpassi, Michael Van der Mark ha avuto la meglio su Loris Baz per il sesto posto. Cortese, Laverty e Melandri hanno

completato la top ten.Delude Tom Sykes, solo dodicesimo die-tro a Mercado e davanti a Camier, Torres e al compagno di squadra Reiterberger. Ultima posizione per Delbianco.Toprak Razgatlioglu non è partito a causa di un problema tecnico che ha ferma-to la sua Kawasaki, mentre Rinaldi si è riti-rato dopo un dritto che lo aveva relegato in ultima posizione. L’ultima gara della stagione dovrebbe pren-dere il via alle 20, ora locale, ma è data in forse a causa di una tempesta di pioggia e sabbia che si sta avvicinando a Losail.

Leggi la classifica della Superpole Race

di Carlo Baldi

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JONATHAN REA CONQUISTA ANCHE GARA2 A LOSAIL

En plien del campione del mondo, che a Losail ha vinto tutto, gare e Superpole. Nei giri iniziali di questa Gara2, abbiamo finalmente assistito ad un corpo a corpo tra Jonathan Rea e Alva-ro Bautista, che attendevamo dall’inizio della stagione. Ma sono bastati pochi passaggi al nordirlandese, nonostante la paurosa potenza del motore della V4 dello spagnolo che si sfo-gava sul lungo rettilineo dei box, per piegare la resistenza di Alvaro.Una volta liberatosi del suo più temibile avver-sario, Johnny ha continuato a martellare su tempi inarrivabili per gli altri piloti e a incre-mentare il proprio vantaggio sino ad ottenere la sua diciassettesima vittoria stagionale.

Perso il duello con Rea, Bautista si è visto rag-giungere e superare anche dal suo compagno di squadra Chaz Davies, che dopo una brutta partenza è stato autore di una grande rimonta sino a soffiare la seconda posizione all’ex Mo-toGP. Dietro ai tre protagonisti di questa ultima gara del 2019 troviamo Alex Lowes che ha con-

fermato il suo eccellente stato di forma prece-dendo il gruppetto degli inseguitori, composto da Razgatlioglu, Laverty, Van der Mark e Baz.

Leon Haslam ha chiuso mestamente al nono posto la sua avventura con il team Kawasaki ufficiale, davanti a Cortese e a Mercado.

La pista di Losail non sembra proprio essere favorevole alla BMW visto che Sykes e Reiter-berger hanno chiuso rispettivamente al dodi-cesimo e al quattordicesimo posto.

Raccoglie un punticino Michael Ruben Rinaldi nella sua gara di addio al team Barni Racing, mentre non va a punti Marco Melandri, dicias-settesimo in quella che sarà molto probabil-mente la sua ultima gara in Superbike.

Alessandro Delbianco si è ritirato pochi giri dopo la partenza.

Leggi la classifica di Gara2

di Carlo Baldi

Il nordirlandese porta a casa anche la seconda gara di Losail dopo aver piegato le velocissime Ducati di Davies e Bautista. Quarto posto per Lowes davanti a Razgatlioglu e Laverty. Quindicesimo Rinaldi

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LE PAGELLE DEL GP DEL QATAR

Le gare disputate al Losail International Cir-cuit hanno chiuso la stagione 2019 dei mon-diali delle derivate dalla serie. Con i due titoli Superbike e Supersport 300 già assegnati, rispettivamente a Jonathan Rea e a Manuel Gonzales, solo la Supersport doveva emet-tere il suo verdetto definitivo ed è stato Ran-dy Krummenacher a conquistare il mondiale delle 600.

Per quanto riguarda la classe maggiore, il cinque volte campione del mondo Jonathan Rea ha dato ancora una volta una grande prova di superiorità, non solo vincendo tut-to quanto si poteva vincere qui a Losail, ma battendo le velocissime Ducati su di una pi-sta che, sulla carta, avrebbe dovuto essere favorevole alla nuova Panigale V4. Ma anco-ra una volta l’equilibratissima Ninja ZX-10R si è dimostrata la moto migliore del lotto e ha confermato che a Borgo Panigale hanno ancora molto lavoro da svolgere se vorranno davvero riprendersi quel titolo mondiale che

in Ducati manca dal 2011.Le gare del Qatar sono state lo specchio di questo campionato 2019, con la Kawasaki davanti alla Ducati e la Yamaha a fare da ter-zo incomodo. Alla fine il bilancio della casa dei tre diapason è positivo, visto che Alex Lowes, prima di passare al team KRT, ha por-tato al team Pata Yamaha un secondo posto in Superpole e due podi ed una quarta posi-zione nelle tre gare.

Bene ma non benissimo, visto che nel moto-ciclismo l’importante non è partecipare, ma vincere.

Male le BMW con il volitivo Tom Sykes che non è riuscito a centrare la top ten. A Mona-co di Baviera sbandierano la volontà di com-petere per il titolo, tanto da aver ingaggiato per la prossima stagione un pilota del cali-bro di Eugene Laverty, ma dopo un anno di sviluppo la S1000RR è ancora molto lontana dall’essere competitiva.

di Carlo Baldi

Rea chiude la stagione con la lode. Voti alti anche per Baz, Davies e Lowes. Insufficienza per Van der Mark

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La Honda chiude una stagione disastrosa, che non si capisce bene a chi sia servita, vi-sto che la moto di quest’anno è destinata al pensionamento, non appena scenderà in pi-sta la nuova CBR, che dovrebbe essere l’an-tagonista principale di Kawasaki e Ducati.

Nonostante le temperature superiori ai 35 gradi anche la sera, sono stati oltre 18.000 gli spettatori nei tre giorni di questo ultimo round arabo. La temuta tempesta di sabbia e pioggia attesa per la serata finale è rimasta lontana dal circuito di Losail, che quest’an-no era meno sabbioso del previsto, ma resta pur sempre una vera e propria cattedrale nel deserto. Ecco i nostri voti ai protagonisti del round finale della Superbike:

Jonathan Rea – 10 e lode – I suoi av-versari non vedevano l’ora di concludere questa stagione per non ritrovarsi più da-vanti questo nordirlandese che li ha com-pletamente annichiliti. Il round del Qatar è stato davvero trionfale per il cinque volte campione del mondo che ha conquistato un ‘triplete’ in gara dopo aver vinto anche in Superpole. Non ci sono più aggettivi per descrivere questo pilota che ha dimostrato per l’ennesima volta la sua granitica deter-minazione a vincere. E nel dopo gara parlava già del 2020…

Alvaro Bautista – voto 7,5 – Rea è mo-struoso, ma Alvaro non si è dannato più di

tanto per cercare di stargli davanti. Male in Superpole, in gara ha provato a resistere a Johnny solo nei primi giri, ma poi visto che il Cannibale non aveva nessuna intenzione di mollare, si è accontentato del podio e in Gara1 nemmeno di quello. La Ducati ormai è il suo passato e il suo sguardo è già rivolto al futuro, e alla nuova Honda che lo aspetta.

Chaz Davies – voto 8 – A Losail Chaz ha dimostrato di aver finalmente preso le misu-re alla V4. E’ stato un compito difficile ed è durato un’intera stagione, ma alla fine pen-siamo che il gallese senta finalmente come ‘sua’ la quattro cilindri Ducati. La Superpole non è la sua specialità e ha rischiato di com-promettere anche le gare, ma alla fine ha conquistato due secondi ed un quinto posto, risultando il primo... degli umani.

Alex Lowes – voto 8,5 – Al di la dei risultati, quello del Qatar è stato il miglior round di Lowes in questa stagione. Secon-do in Superpole, l’inglese è salito due volte sul podio in gara e ha un quarto posto come peggior risultato del weekend. Non poteva trovare un modo migliore per congedarsi dalla Yamaha e presentarsi alla Kawasaki. Speriamo che con la Ninja abbia il coraggio di lottare con Rea e non si accontenti di fargli da cavalier servente.

Toprak Razgatlioglu – voto 7 – E’ sta-to un weekend molto speciale per il giovane

turco che ha salutato tra le lacrime quella che più che una squadra è stata per lui una famiglia, che in cinque anni lo ha portato dalla Stock 600 alla vittoria nel mondiale Superbike. Risultati al di sotto delle aspet-tative, ma con l’alibi dell’emozione e della sfortuna (problema elettronico nella Super-pole race).

Loris Baz – voto 8 – Con una Yamaha privata e un team che ha iniziato a stagione inoltrata, il francese dimostra ancora una volta di avere del talento, restando sempre nelle posizioni alte della classifica, nono-stante un polso ancora dolorante a causa della sua caduta in Argentina.

Sandro Cortese – voto 6 – Ancora alla ricerca di una sella per il 2020, l’italo-tedesco ce la mette tutta, ma dimostra solo che pro-babilmente la Superbike non è la sua cate-

goria. E’ ancora una volta veloce in Superpo-le, ma poi in gara non mantiene le promesse, cade in Gara1 e centra la top ten nelle altre due. Pochino.

Tom Sykes – voto 6 – I suoi risultati han-no deluso soprattutto lui stesso, che a fine stagione sperava di poter contare su di una moto più competitiva. Si impegna al massi-mo e strappa un quarto posto in Superpole, ma sulla distanza delle gare la sua S1000RR non gli permette di fare meglio di una scivo-lata e due dodicesimi posti.

Michael Van der Mark – voto 5 – Sono i weekend come questo che gli impe-discono di fare il salto di qualità che tutti ci aspettiamo da qualche anno. L’olandese è discontinuo e torna a casa con una serie di anonimi piazzamenti. Il suo nuovo compa-gno di squadra gli darà una bella sveglia.

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SUPERSPORT. RANDY KRUMMENACHER E IL TEAM EVAN BROS CAMPIONI DEL MONDO

In pochi anni la squadra

italiana è passata dalla

Stock 600 al titolo mondiale

Supersport. Riviviamo la storia

dei ragazzi di Ravenna e del

loro sogno realizzato

Il motociclismo è passione e spesso ci fa vivere storie incredibili e conoscere persone eccezio-nali. Nonostante i miei problemi famigliari e di salute (grazie a tutti i lettori per i loro messag-gi di affetto) ho voluto essere presente a Losail per molti motivi, ma soprattutto perché volevo vivere da vicino la possibile conquista del tito-lo mondiale Supersport da parte del team Evan Bros.

Conosco la squadra di Fabio Evangelista dal 2015 quando disputavano il campionato Eu-ropeo Stock 600 con la denominazione di Pata Honda Junior team e schieravano due ragazzi-ni: Federico Caricasulo e Augusto Fernandez. Quell’anno il campionato lo vinse Toprak Raz-gatlioglu, davanti a Michael Ruben Rinaldi, con Caricasulo terzo e Fernandez quarto. Tutti piloti che ora ritroviamo nei mondiali Superbike, Su-persport e Moto2.

Una tenda ed un furgone nel ‘paddock dei po-

veri’ (così chiamavamo quell’area riservata alle squadre della Stock 600, alle quali non venivano assegnati i box) queste erano le strutture della squadra italiana che aveva, e ha ancora, la sua base a Ravenna, una città che sforna piloti a getto continuo. Pochi sol-di e tanta passione. Si inizia così.

Ma bastava parlare con Fabio e con il capo tecnico Mauro Pellegrini per capire che oltre alla passione la squadra aveva basi solide, ottime capacità tecniche, ma soprattutto sani principi morali. Persone sincere e leali che gestivano il team come la loro famiglia e che spendevano i soldi solo dopo che li ave-vano in tasca. E i soldi si spendevano per le moto e per pagare chi ci lavorava sopra. Nes-

suna hospitality: un panino e una birra ap-poggiata alla sella della moto, in piedi sotto la tenda.

Tra dubbi, timori e qualche notte insonne, Evangelista e Pellegrini nel 2016 prendono la grande decisione. Disputare il Mondiale Supersport. Gli sponsor ci sono e il furgone si trasforma in camion, la tenda in box. Ma la squadra è sempre quella e anche il pilota. Tutti credono molto in Caricasulo e pensano di poter fare bene anche nel mondiale, pur se con una Honda che non è certo la moto da battere. Ma come abbiamo detto i tecnici sanno il fatto loro e la CBR 600 di Federico è veloce ed affidabile. La prima gara è in Au-stralia, dall’altra parte del mondo. Il team

di Carlo Baldi

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Evan Bros si affaccia con rispetto ma senza timori reverenziali al mondiale, per compe-tere con i mostri sacri della categoria. Il ri-sultato della gara del debutto è incredibile: seconda posizione finale. L’unico a precede-re Caricasulo è uno svizzero: Randy Krum-menacher.

Al termine della stagione il giovane pilota italiano è nono in classifica. Ormai che vada forte lo sanno tutti ed il team Yamaha GRT lo sceglie per affidargli una R6 ufficiale.

Salutato il suo pupillo, il team Evan Bros. in-gaggia un altro italiano, Christian Gamarino. Siamo nel 2017 e Kawasaki e Yamaha hanno una marcia in più rispetto alla Honda. Con la CBR si fa tanta fatica e la fortuna non sempre aiuta gli audaci. Gamarino chiude undicesi-mo in classifica senza essere mai salito sul podio. Ma è quando il gioco si fa duro che i duri iniziano a giocare e nel 2018 il team Evan Bros. cambia tutto, moto e pilota. Arri-vano Randy Krummenacher ed una Yamaha YZF R6. Con questa moto e soprattutto con questo pilota la squadra italiana fa l’ennesi-mo salto di qualità. Lo svizzero sale sul po-dio tre volte e vince a Buriram. La squadra di Ravenna ora è tra i ‘big’ della categoria. Però di adagiarsi sugli allori non se ne par-la nemmeno. Ormai l’obiettivo è vicino e la struttura e la squadra è ora in grado di ge-stire due piloti. Confermato Krummenacher, Evangelista accoglie a braccia aperte il figliol

prodigo Caricasulo, che va così a comporre una delle migliori coppie della Supersport.

Ed inizia una stagione incredibile, fatta di 17 podi tra le quali ben 7 vittorie, quattro per Krummenacher e tre per Caricasulo. Randy è autore di un inizio di campionato pazzesco e nelle prime sette gare conquista quattro vit-torie e tre secondi posti. Va in testa alla pri-ma gara e non molla più la leadership della classifica. L’unico che gli tiene testa è il suo compagno di squadra, che sale sempre sul podio e vince le gare di Assen e Jerez.

La marcia trionfale dei due piloti si inter-rompe però bruscamente a Magny Cours, quando mancano solo tre round al termine. Sulla pista francese Krummenacher cade e si deve ritirare. Caricasulo anziché approfit-tarne cade per ben due volte e torna mesta-mente al suo box. Zero punti per entrambi. In Argentina sembra che entrambi abbiano paura di vincere, commettono molti errori e alla fine Federico è quinto e Randy è set-timo, mentre Cluzel vince la gara e si rimette in corsa per il titolo.

Il dopo gara è bollente. Krummenacher in-tervistato da una televisione dichiara che la sua moto è molto più lenta di quella di Cari-casulo e che la squadra vuole che a vincere il titolo sia l’italiano. Parole pesanti, che fanno molto male a Evangelista ed ai suoi ragazzi, che non hanno mai privilegiato un pilota

anziché l’altro. La squadra è offesa e non ri-sponde a Randy, che prima dell’ultima e de-cisiva trasferta in Qatar si pente dello sfogo e chiede ufficialmente scusa. A Losail la ten-sione nel box Evan Bros. si taglia a fette. C’è il rischio di vedersi sfuggire un titolo mondiale che sembrava già vinto. In una sola e decisi-va gara tutto può succedere.

Krummenacher fa giustamente il ragionie-re e tiene la ruota di Caricasulo. L’italiano non va oltre il quarto posto seguito dal suo compagno di squadra che si laurea così cam-pione del mondo. La tensione lascia il posto alla gioia, alla felicità per aver vinto il titolo mondiale. Caricasulo si defila deluso, ma dif-

ficilmente avrebbe potuto fare più di quanto ha fatto.Krummenacher sale sul podio per ricevere la tabella numero 1 e quando scende si av-vicina ad Evangelista. I due si guardano negli occhi, si parlano. Sono due persone corrette e sincere ed un forte abbraccio spazza via tutte le polemiche ed i malintesi.

Il team Evan Bros. è campione del mondo. In quattro anni i ragazzi di Ravenna hanno realizzato il loro sogno, ma siamo certi che tra pochi giorni si rimetteranno al lavoro per preparare la prossima stagione. Ci sono nuo-vi sogni da realizzare.

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