There is no power in the world which could for a day ... · dietro allo strapotere...

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Liverpool. La sinistra laburista contro la Thatcher e Kinnock There is no power in the world which could for a day resist the British working class K. Hardie, fondatore del partito laburista 1. Introduzione Mai così tanti furono sfruttati così tanto da così pochi, si potrebbe dire parafrasando Churchill. Questa è l’essenza della nostra epoca e la contraddizione chiave che l’attanaglia, riflettendosi nella sua ideologia, nella sua scienza, nella sua cultura. La sconfitta politica e teorica dello stalinismo, principale nemico e carnefice della corrente marxista in seno al movimento operaio per settanta anni, è servita come scusa per l’abbandono di un qualsiasi riferimento a una società diversa dal capitalismo, dove, evidentemente, l’umanità è costretta a passare il resto della sua storia. I dirigenti socialdemocratici, sia quelli riformisti da generazioni, sia quelli da poco vinti alla causa del capitalismo, sono concordi nel ritenere loro unico scopo la gestione dell’esistente, considerando gli asili dell’Emilia Romagna l’unica utopia realizzabile nel mondo del dopo guerra fredda. Sebbene epoche di reazione ideologica ci siano sempre state nel capitalismo, questa ha la particolarità di basarsi sul crollo di quello che per molta parte dei lavoratori di tutto il mondo era un’alternativa allo stato di cose presenti. D’altra parte la critica marxista al cosiddetto socialismo reale era, ed è, patrimonio di una piccola avanguardia, e così, l’ideologia che recita la superiorità del mercato su ogni altra forma di vita celebra le sue orge. In realtà, il capitalismo ha ammassato e ammassa tali e tante contraddizioni che ci vuole tutta la miopia di un riformista per non vedere gli inevitabili rivolgimenti futuri. Il “realismo” di questi personaggi è molto utile per continuare a frustrare i propri militanti, ma non ha nessuna giustificazione. Sono come geografi del quindicesimo secolo intenti ad attaccare Colombo per la sua folle idea sull’esistenza di un altro continente. Probabilmente, in futuro, quest’epoca verrà guardata con una certa curiosità. Mai le risorse a disposizione dell’uomo sono state cosi colossali. Mai ne fu fatto un uso così scandalosamente irrazionale. Ci sono tutte le condizioni per far lavorare gli operai di tutti i paesi venti ore a settimana, invece le ore di lavoro (considerando sia quelle giornaliere che gli anni di lavoro necessari per la pensione) sono enormemente aumentate. Il totale appiattimento dei dirigenti riformisti si è paradossalmente e ironicamente ritorto contro il capitalismo, dato che il crollo dei salari ha causato la crisi economica mondiale.

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Liverpool. La sinistra laburista contro la Thatcher e Kinnock

There is no power in the world which could for a day resist the British working class K.

Hardie, fondatore del partito laburista

1. Introduzione

Mai così tanti furono sfruttati così tanto da così pochi, si potrebbe dire parafrasando

Churchill. Questa è l’essenza della nostra epoca e la contraddizione chiave che l’attanaglia,

riflettendosi nella sua ideologia, nella sua scienza, nella sua cultura. La sconfitta politica e

teorica dello stalinismo, principale nemico e carnefice della corrente marxista in seno al

movimento operaio per settanta anni, è servita come scusa per l’abbandono di un qualsiasi

riferimento a una società diversa dal capitalismo, dove, evidentemente, l’umanità è costretta

a passare il resto della sua storia. I dirigenti socialdemocratici, sia quelli riformisti da

generazioni, sia quelli da poco vinti alla causa del capitalismo, sono concordi nel ritenere

loro unico scopo la gestione dell’esistente, considerando gli asili dell’Emilia Romagna

l’unica utopia realizzabile nel mondo del dopo guerra fredda. Sebbene epoche di reazione

ideologica ci siano sempre state nel capitalismo, questa ha la particolarità di basarsi sul

crollo di quello che per molta parte dei lavoratori di tutto il mondo era un’alternativa allo

stato di cose presenti. D’altra parte la critica marxista al cosiddetto socialismo reale era, ed

è, patrimonio di una piccola avanguardia, e così, l’ideologia che recita la superiorità del

mercato su ogni altra forma di vita celebra le sue orge.

In realtà, il capitalismo ha ammassato e ammassa tali e tante contraddizioni che ci vuole

tutta la miopia di un riformista per non vedere gli inevitabili rivolgimenti futuri. Il

“realismo” di questi personaggi è molto utile per continuare a frustrare i propri militanti, ma

non ha nessuna giustificazione. Sono come geografi del quindicesimo secolo intenti ad

attaccare Colombo per la sua folle idea sull’esistenza di un altro continente.

Probabilmente, in futuro, quest’epoca verrà guardata con una certa curiosità. Mai le risorse a

disposizione dell’uomo sono state cosi colossali. Mai ne fu fatto un uso così

scandalosamente irrazionale. Ci sono tutte le condizioni per far lavorare gli operai di tutti i

paesi venti ore a settimana, invece le ore di lavoro (considerando sia quelle giornaliere che

gli anni di lavoro necessari per la pensione) sono enormemente aumentate. Il totale

appiattimento dei dirigenti riformisti si è paradossalmente e ironicamente ritorto contro il

capitalismo, dato che il crollo dei salari ha causato la crisi economica mondiale.

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Questi aspetti sono approfonditi in ben altri documenti. L’intento che ci poniamo con questo

lavoro è invece un altro. Intendiamo, con un esempio storico, esemplificare il fatto che il

tentativo di riformare l’esistente fallisce ovunque sotto i nostri occhi. Le conquiste del

passato sono eliminate una ad una con l’appoggio entusiasta o almeno la complicità dei

dirigenti riformisti. Questi stessi dirigenti, nonostante tutti i proclami sulla democrazia e il

pluralismo, non sono disposti a mettere in discussione il proprio controllo del movimento,

più di quanto i capitalisti lo sarebbero per le proprie fabbriche. Ma pur in mezzo a enormi

difficoltà, è possibile costruire una visione e una pratica politica alternative, che sfidino

l’ordine esistente e convincano le masse della necessità di trasformare la società prima di

finire stritolati dalle leggi immanenti della modernizzazione capitalistica.

Liverpool è il luogo privilegiato per questa analisi. Quello che si cercherà di fare qui è una

storia ragionata dell’esperienza della giunta laburista di Liverpool negli anni ’80, sperando

di riuscire a dimostrare che, nonostante le ovvie peculiarità locali e le unicità del caso,

chiunque aspiri a una società diversa e migliore possa leggere in questo lavoro un de te

fabula narratur.

2. Liverpool fino al 1945

Liverpool, una città ricordata da molti come patria dei Beatles, da altri per le gesta poco

civili dei suoi tifosi, e infine, forse, da chi ripesca nella sua memoria scolastica, per

l’associazione con l’infame deportazione di milioni di africani come schiavi. Tutte queste

cose saranno per altro tirate fuori nel corso delle polemiche politiche di cui andremo a

parlare, come fossero le cause profonde degli scontri politici stessi di Liverpool.

Indubbiamente, le specificità dell’area, come una disoccupazione “meridionale”, o un

sistema abitativo più albanese che britannico, contribuiscono a spiegare la brutalità dello

scontro che si svolse in quel periodo, ma in nessun modo la radicalità della lotta si può

ridurre ad esse.

Cominciamo dunque con un breve cenno allo sviluppo della città nel raffronto con i

principali avvenimenti della storia inglese.

Liverpool divenne una città in senso proprio con il commercio degli schiavi. Nel secolo

della rivoluzione industriale si espanse per l’immigrazione di decine di migliaia di irlandesi,

fuggiti dalla carestia. La presenza di una consistente minoranza cattolica ebbe un peso

notevole almeno fino al dopoguerra. I lavoratori, come in Irlanda, erano divisi su linee

religiose e non costituivano nemmeno organizzazioni unitarie. Tuttavia, proprio come in

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Irlanda, le necessità della lotta insegnarono ai lavoratori la necessità di combattere uniti.

Alla vigilia della prima guerra mondiale, nella zona del Merseyside la classe operaia iniziò

una serie di scioperi (portuali, trasporti ecc.). Già allora la zona si segnalava per una

militanza particolarmente accesa. I sindacati vennero enormemente rafforzati e trasformati

da queste lotte, le divisioni religiose lasciate cadere. Gli scioperi, nati con un carattere

economico, si trasformarono rapidamente in una battaglia politica. Il 13 agosto del 1911 la

polizia aprì il fuoco su una manifestazione operaia. Seguirono altri scontri sanguinosi. Il 19

agosto c’erano 200.000 lavoratori in sciopero nell’area. Liverpool venne occupata

militarmente, con navi militari alla rada. La guerra bloccò lo sviluppo del movimento, ma la

rivoluzione bolscevica fece esplodere di nuovo le scintille della rivolta. A Liverpool il

partito comunista venne fondato da John Braddock, un nome che ritroveremo in seguito.

Nel 1919 scoppiò uno sciopero della polizia in tutto il paese. Si formò un sindacato che a

Liverpool raccoglieva un incredibile 95% dei lavoratori in divisa. Le parole d’ordine del

bolscevismo sembravano infettare perfino il cuore dello stato borghese, il suo apparato

repressivo. Il governo concesse aumenti di paga, ma per evitare il consolidamento del

sindacato fece passare una riforma con cui si creava una “associazione”, una sorta di

sindacato giallo, vietando al contempo la presenza di veri sindacati. I parlamentari laburisti

non si opposero. Il sindacato proclamò scioperi che nell’area di Liverpool furono totali, ma

non ottennero la vittoria. Il governo riuscì a sconfiggere questa lotta in due modi: isolando i

poliziotti dalle altre categorie e creando una polizia “alternativa” con le migliaia di reduci

della guerra. Il sindacato di polizia ne uscì completamente distrutto. Sempre a Liverpool, il

sindacato di disoccupati guidato dai comunisti (National Unemployed Workers Movement)

condusse battaglie importanti ed ebbe una forza notevole. La disoccupazione attanagliava la

città e il ritorno a casa dei soldati dal fronte peggiorava solo le cose. Il movimento operaio di

Liverpool era molto radicalizzato e il partito comunista vi occupava una posizione

importante. Nelle elezioni comunali del 1919, come conseguenza delle lotte, il Labour Party

ebbe una grande crescita.

Dopo qualche anno di stasi il movimento riprese con lo sciopero dei minatori del 1926. A

Liverpool i minatori vennero sostenuti da tutta la classe che diede luogo a diversi scioperi

generali. Come poi successe sessanta anni dopo, la direzione sindacale decise di lasciare i

minatori combattere la loro battaglia da soli. I minatori persero. La loro sconfitta segnò le

sorti del movimento per anni. Fu la più grave sconfitta operaia della prima metà del secolo.

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Nel Merseyside, ad esempio, l’iscrizione alle trade unions crollò del 25%. Con l’arrivo della

depressione, Liverpool sprofondò nella disoccupazione di massa. Almeno il 30% della forza

lavoro era disoccupata. Si susseguivano scontri tra polizia e movimenti dei senza lavoro. Il

collasso del porto, da cui tutta la città dipendeva, ebbe effetti disastrosi. Nel 1932 si

calcolava che ci fossero almeno 100.000 disoccupati nella zona del Mersey.

In quel periodo si concluse la parabola di stalinizzazione del partito comunista e si consumò

il tradimento di Ramsay MacDonald, che da dirigente laburista passò allo schieramento

borghese. Fu anche il periodo in cui nacque una corrente trotskista nel movimento operaio.

Già prima della seconda guerra mondiale c’erano gruppi trotskisti sia nel Labour Party, sia

nell’Independent Labour Party. Negli anni ‘40 il Rcp, di cui parleremo in seguito, ebbe una

sua zona di forza nella città. La guerra, con lo sforzo sovrumano contro il nazismo di ogni

lavoratore al fronte e in produzione, fermò lo sviluppo immediato delle lotte, anche per le

politiche nazionaliste dei laburisti e del partito comunista stalinizzato.

Liverpool uscì dalla seconda guerra mondiale malconcia come dalla prima, sia per i

bombardamenti, sia per la perdita delle commesse legate all’industria militare. La città si

segnalava per un degrado abitativo terribile. La disoccupazione continuava a essere

altissima. Nel 1945 Liverpool e l’Inghilterra consegnarono il governo ai laburisti.

3. Liverpool e l’Inghilterra, dal 1945 agli anni ‘80

Il periodo che va dalla prima alla seconda guerra mondiale, segnò il declino irreversibile

dell’impero vittoriano. Da centro del mondo, l’Inghilterra si trovò gettata in seconda fila,

dietro allo strapotere dell’imperialismo americano e della potenza crescente dello stalinismo.

Facendo di necessità virtù, la borghesia inglese definisce da allora come “rapporto

privilegiato” con gli Usa la propria totale prostrazione a un alleato infinitamente più forte.

Questo cambiamento radicale della posizione del paese in seno all’economia mondiale aiuta

a spiegare la profondità delle riforme necessarie e anche la scarsa opposizione che esse

trovarono. Queste riforme, insieme al boom postbellico aiutarono la direzione del partito

laburista a mantenere un saldo controllo sulla propria base.

Nel 1945, alla fine della guerra, i lavoratori mandarono al potere il loro partito. Come è

noto, il Labour Party intraprese una politica di riforme abbastanza estese, per permettere al

capitalismo britannico di rimettersi in sesto. Questo programma, elaborato dall’ala fabiana

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del partito, si incentrava sulla costruzione di un ampio stato sociale e soprattutto sul

National Health Service, gratuito e universale. Le nazionalizzazioni, lungi dall’essere un

danno per la classe dominante, la liberarono dalla gestione di infrastrutture costose e poco

redditizie di cui pure vi era bisogno. Nel 1951 il Labour Party prese più voti che nel ‘45 ma,

per il gioco dei seggi marginali, i conservatori tornarono al potere. A Liverpool nel 1955,

per la prima volta i laburisti controllavano il comune. In quel periodo la destra aveva una

presa ferrea sul partito ed era guidata dai Braddock, i quali erano passati dal fondare il

partito comunista all’essere l’ala destra del movimento socialista. Per evitare spiacevoli

opposizioni, il partito rifiutava l’iscrizione a chi non avesse referenze sicure con la scusa che

era “al completo”, quasi si fosse trattato di un pullman, più che dell’organizzazione degli

oppressi. Così nel 1955 un dirigente della tendenza marxista del partito venne selezionato

come candidato per Walton (uno dei seggi di Liverpool), ma la destra lo cacciò. Fu questo il

primo episodio del genere in quell’area. Comunque, nonostante questa cappa quasi

maccartista, l’influenza di idee marxiste cresceva, soprattutto in campo sindacale. Per

esempio, nello sciopero degli apprendisti dell’industria, all’inizio degli anni ‘60, la direzione

del movimento nell’area del Mersey era in buona parte marxista. Molto spesso, le correnti

del movimento operaio che si rifanno al trotskismo hanno una composizione intellettuale e

studentesca. Al contrario, in questo caso la base di questa tendenza era per lo più operaia, il

che aiuta a spiegare la sua crescita nel sindacato e anche nel partito. Tuttavia, nonostante i

successi, all’inizio degli anni ‘70 anche a Liverpool essa era ancora fortemente minoritaria.

Nel 1964 il partito laburista vinse le elezioni, quelle politiche e quelle locali. Ma sia il

governo nazionale di Wilson che quello municipale di Sefton e altri imposero una politica

reazionaria. Per esempio il consiglio comunale laburista propose un aumento della rent del

25%1. L’esplosione che ne seguì si riflesse anche nel partito. La sinistra, e in particolare

l’ala trotskista, acquisirono sempre più influenza nell’area. Wilson, da parte sua, intraprese

dopo il crollo della sterlina del 1966, una politica di rigore, con tagli selvaggi ai salari e ai

servizi sociali. Utilizzò perfino MI5, il servizio segreto, per investigare sul presunto ruolo

dei comunisti negli scioperi di alcune categorie. Tutte le promesse laburiste crollarono.

Insieme a loro l’occupazione, i salari, la fiducia dei lavoratori. Come sempre accade, la

1 La “rent” è un elemento fondamentale nella politica sociale dei comuni inglesi. Essa è l’affitto che si paga per le case comunali. Data la cospicua proporzione di case pubbliche in Gran Bretagna, la fissazione della rent è di fatto uno strumento centrale della politica abitativa e sociale più in generale. L’altro è il “rate”, ovvero le tasse comunali.

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delusione per le politiche della destra riformista condussero alla sconfitta elettorale. Così a

Liverpool tornarono al governo i liberali, mentre Heath, leader dei tories, conquistò

Downing Street.

Il governo conservatore non riuscì però a piegare la resistenza dei lavoratori, che anzi non

erano disposti a cedere come avrebbero fatto con un governo “amico”. L’escalation degli

scioperi arrivò al culmine, cosa usuale nel Regno Unito, con la lotta dei minatori. Il loro

sciopero del 1972 fu un successo e costrinse il governo Heath alla resa.

Nell’area di Liverpool, anche in questo frangente, le lotte furono estese e determinate. I

lavoratori della fabbrica della Fisher Bendix decisero di occupare l’impianto contro la sua

chiusura nel ‘71, l’anno dopo i loro compagni della CAV Lucas li imitarono. Il governo,

minacciato da nuovi scioperi, scelse le elezioni con il famoso slogan “who runs the

country”, e perse duramente la scommessa. Wilson tornò così al governo nel mezzo di una

grave crisi economica. Se possibile, il suo secondo gabinetto fu ancora più impopolare e

frustrante del primo. Nel 1979 questa delusione condusse alla vittoria della Thatcher.

In pratica, il governo Thatcher non dovette che proseguire sulla strada dei tagli iniziati dai

laburisti, ma la strategia dietro a questi tagli era di ben diverso respiro.

4. L’Inghilterra dalla Thatcher a Tony Blair

La signora di ferro, ammaestrata dalla cocente sconfitta di Heath, si preparò con molta cura

allo scontro sociale. Innanzitutto, si concentrò su un solo obiettivo alla volta, in modo da

isolare un piccolo contingente del nemico per annientarlo. In ciò fu aiutata dal prezioso aiuto

della direzione sindacale, ben attenta a non unificare le varie lotte in corso. Lo scontro

decisivo, quello contro i minatori, venne preparato dal governo con mesi di anticipo.

Soprattutto, a differenza di quanto accade nelle dispute sindacali ordinarie, il governo non

faceva nessuna valutazione costi-benefici dello sciopero. L’azione della Thatcher non era

diretta ad avere vantaggi economici ma solo a punire i minatori, costringerli alla resa come

segnale per tutti gli altri. I costi sociali e finanziari dello sciopero dei minatori, che durò

oltre un anno, furono ben maggiori del beneficio immediato. Ma il risultato finale politico

valeva la candela. Di fronte a un nemico che non faceva nessun ragionamento di costi, ma

mirava solo all’annientamento, l’unica risposta non poteva che essere politica e generale.

Invece la direzione sindacale si impegnò in una parodia delle trattative Chamberlin-Hitler.

Anche allora l’illusione di poter fermare la reazione con i pezzi di carta costò alla Gran

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Bretagna anni di sofferenza. Il paragone sembra eccessivo. D’altra parte l’utilizzo che il

governo conservatore fece dei mezzi repressivi, di leggi spesso coniate per l’occasione e

così via, ha davvero pochi paragoni. Inoltre lo scopo che il governo Thatcher si poneva era

distruggere l’influenza del movimento operaio, proprio come il movimento fascista. Solo

che si trovava costretto a ricorrere a una controrivoluzione in forma democratica, dato che

un’eventuale guerra aperta non avrebbe avuto affatto un esito certo. Proprio come le

dittature fasciste degli anni ‘30, la Thatcher ricorse alla classica diversione dell’attenzione

su un nemico esterno: l’Argentina. La guerra delle Falkland aiutò senz’altro la vittoria

dell’83, così come la defezione di parte della destra del partito. Ma le ragioni della peggior

sconfitta laburista del secolo non furono solo legate all’avventura militare.

I governi Wilson avevano dato una dimostrazione lampante delle idee “riformiste” del

Labour Party. Quando il partito dei lavoratori fa una politica di destra, vengono meno le

ragioni per cui i lavoratori lo votano. La delusione di due governi laburisti che portavano

avanti politiche di austerità non poteva essere invertita solo grazie a un programma a parole

molto radicale, come quello dell’83. Fatto sta che la Thatcher ebbe altri quattro anni per

completare la sua “campagna”. Per prima cosa partì all’attacco dei minatori. Alcune zone

del paese si trasformarono in quartieri di Belfast o Derry. Migliaia di poliziotti e soldati

vennero impiegati contro i minatori e le loro famiglie. Mano a mano vennero vietate le

azioni sindacali più comuni, come i picchetti o perfino la raccolta di fondi a favore degli

scioperanti. Fu veramente la rappresentazione della lotta di classe allo stato puro. Il partito

laburista sostenne a parole i minatori ma evitò qualsiasi azione concreta. Lo sciopero fu un

esempio di resistenza e solidarietà con pochi eguali nella storia contemporanea. Per oltre un

anno i minatori sostennero l’attacco continuo della repressione più brutale, la violenza fisica

e politica dello stato e degli organi di informazione più “imparziali” che mai. Ma alla fine la

sconfitta fu netta. Ed era solo la prima. Nello stesso periodo, il comune di Liverpool era

l’altro grande nemico del governo tory. Ma fedele alla tattica del divide et impera la

Thatcher aspettò di sconfiggere i minatori prima di rivolgere l’attenzione al Mersey.

Dopo l’episodio dello sciopero dei minatori, la vita politica inglese si svolse come su un

piano inclinato. Inclinato dalla parte dei conservatori. Il partito laburista si convinse che le

politiche governative fossero sempre più apprezzate e adottò la tattica del “me-tooism”

consistente nel colorare un po’ di laburista, ma sostenendoli, i capisaldi della politica tory.

Faceva parte di questo spostamento l’eliminazione di ogni posizione non moderata nel corpo

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del partito. È una tattica che ebbe poco successo. Kinnock perse le elezioni anche nell’87.

John Smith, seguendo la stessa linea, fece la stessa fine nel 1992. Ci vollero altri cinque anni

di vandea tory per far diventare la quantità qualità. Quando Blair prese in mano un partito

ormai quasi del tutto “disinfestato”, non doveva che accelerare il ritmo dello spostamento a

destra cominciato oltre dieci anni prima. Ovviamente, i colonnelli ben vestiti del New

Labour si prendono il merito della più grande vittoria laburista di tutti i tempi, quella del

primo maggio 1997. Ma non sarebbe esagerato dire che dopo sedici anni thatcheriani, gli

inglesi avrebbero votato anche per un branco di scimpanzé, se gli avesse assicurato la

vittoria laburista. Dieci anni di blairismo e il paese fu gettato nella più grave crisi economica

e sociale del dopoguerra, con ovvie conseguenze sul piano politico: la sconfitta laburista, un

partito sempre più lontano dai lavoratori.

5. Le correnti politiche del movimento operaio

In ogni paese che cade nell’orbita della produzione capitalistica sorge una classe di

produttori privi di mezzi di produzione che ben presto comincia a costruire un movimento

che la difenda dalla brutalità del lavoro salariato. Questo movimento viene incarnato nei

sindacati. Quando i lavoratori fanno il salto di coscienza necessario a spingersi oltre il limite

di rivendicazioni difensive, creano delle organizzazioni politiche. In un certo senso esse

sono l’espressione politica delle necessità del movimento sindacale, anche se il rapporto è

profondamente articolato e complesso. Questa complessità è ben visibile nella storia del

movimento operaio britannico che è la più lunga del mondo. La lotta tra le diverse tendenze

politiche all’interno delle trade unions inglesi ha riflettuto, in questi secoli, le vicende

alterne della lotta di classe, l’assalto al cielo da parte degli oppressi, le sanguinose sconfitte,

le ritirate parziali, i successi momentanei della classe operaia. Spesso si sente dire che il

sindacato alle sue origini non era politicizzato, ma è un’idea sbagliata. Come i partiti dei

lavoratori sono legati ai sindacati, così i sindacati riflettono le tendenze politiche in seno alle

masse. Così, la prima centrale sindacale della storia la Grand National Consolidated Trades

Union, nata nel 1833, era di ispirazione owenista.

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Alla fine del secolo scorso, i sindacati decisero di costituire un proprio partito, il partito

laburista2. Da allora, il Labour Party è un’emanazione diretta dei sindacati, per quanto la

politica yuppista di Blair e soci tenti di farlo dimenticare. I legami tra sindacato e partito

sono dunque più espliciti e diretti che altrove, si pensi all’Italia, dove pure, naturalmente,

esistono. Il partito trae la maggior parte del suo sostentamento dai sindacati, i quali hanno un

peso notevole nella sua vita interna, potendo utilizzare nei congressi i blocchi di voti dei

propri iscritti.

Sin dalla sua origine il Labour Party è stato scosso da lotte tra tendenze politiche diverse e

opposte, come per altro accade a tutti i partiti operai. Il Labour Party però ha la particolarità

di non aver mai avuto dei seri rivali. L’Independent Labour Party, il partito comunista

britannico ecc., non hanno mai avuto nemmeno lontanamente la forza e il radicamento del

partito laburista. Anche se in occasioni e zone specifiche, il tradimento di Ramsay

MacDonald, i minatori e la Scozia, queste organizzazioni hanno assunto un certo peso. Data

la preponderanza secolare del partito, le lotte tra riformisti e rivoluzionari sono passate

dunque attraverso lo spostamento del partito su posizioni radicali o moderate, piuttosto che

per scissioni dello stesso, come è invece capitato per esempio al partito socialista in Italia

(Pcd’i, Psiup ecc.). Si può dire che le scissioni dal partito, almeno dal dopoguerra a oggi,

hanno rappresentato un sintomo di disperazione e frustrazione e mai un episodio di reale

spaccatura del movimento operaio.

Nel 1918 il partito introdusse l’affiliazione individuale. Già allora, erano presenti nel partito

tendenze organizzate che si rifacevano apertamente al marxismo (il British Socialist Party

ecc.). L’effetto della rivoluzione bolscevica fu naturalmente sconvolgente anche in Gran

Bretagna. Il partito introdusse la famosa “Clause IV” sulla socializzazione dei mezzi di

produzione3. In quel periodo nacque il partito comunista, che seppur piccolo, ebbe

2 In questo saggio usiamo indifferentemente l’espressione “partito laburista” e “labour party”. La cosa curiosa è che però, per quasi tutti gli italiani, soprattutto i presunti esperti di scienze politiche, le due espressioni significano cose diverse. In inglese “Labour party” significa nient’altro che partito operaio. Mentre “laburista” ha, agli occhi di questa gente, un significato di moderatismo, di collaborazione di classe che non trova riscontro nella storia reale del movimento operaio britannico, come vedremo. 3 La famosa Clause IV recita: “To secure for the workers by hand or by brain the full fruits of their industry and the most equitable distribution thereof that may be possible upon the basis of the common ownership of the means of production, distribution,

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un’influenza profonda in settori importanti del movimento operaio. Durante il periodo del

“fronte unico”, quando i dirigenti bolscevichi consigliavano ai giovani partiti europei di

cercare l’unità d’azione con i vecchi e radicati partiti riformisti, il partito comunista cercò

l’affiliazione con il Labour Party. Questa gli venne rifiutata, ma la penetrazione delle idee

rivoluzionarie non ne venne troppo ostacolata. Successivamente, seguendo la politica

suicida del socialfascismo voluto dalla direzione staliniana, i partiti comunisti si

autoisolarono dal movimento operaio. In Germania questa politica non fece meno danni,

dato che contribuì alla vittoria dei nazisti, ma almeno aveva una base nella forza oggettiva

del partito. In Gran Bretagna era semplicemente patetica. La lotta che gli eredi storici del

bolscevismo condussero in Urss contro Stalin si diffuse in tutti i partiti comunisti del mondo

che per altro vi reagirono tutti allo stesso modo, seguendo l’esempio di Mosca. In Urss, alle

discussioni accese ma fraterne tipiche del partito bolscevico di Lenin, si sostituirono le

espulsioni e le fucilazioni. Il partito comunista russo venne epurato, l’opposizione di sinistra

guidata da Trotskij venne emarginata e poi sterminata. In tutto il mondo nacquero dei

gruppi, spesso ridotti, di comunisti fedeli alle idee del bolscevismo, che si considerarono

l’opposizione dell’Internazionale Comunista fino al 1933 e il nucleo di una nuova

Internazionale successivamente. Pur erede storico delle tradizioni rivoluzionarie del

bolscevismo e del socialismo in genere, questo movimento non fu aiutato dalla proprio

litigiosità e dalla capacità di frammentarsi. L’Inghilterra non fece e non fa eccezione.

6. Il trotskismo in Gran Bretagna

Il trotskismo nacque in Gran Bretagna e altrove alla fine degli anni ‘20, come opposizione

alle politiche imposte da Mosca. A differenza che in altri paesi, soprattutto mediterranei,

dove la presa dello stalinismo sul movimento operaio ha tenuto gli eredi dell’Ottobre per lo

più fuori gioco, in Inghilterra il peso numerico e soprattutto politico del trotskismo è stato

fin dagli anni ‘40 piuttosto notevole. Senza pretendere di fare una storia di questa influenza,

and exchange, and the best obtainable system of popular administration and control of each industry and service”. Questa formulazione, del tutto vaga, fu scritta dai Webb, capi della corrente riformista fabiana. Come molti altri riformisti, i coniugi Webb avversarono la rivoluzione bolscevica negli anni ‘20, mentre esaltarono la controrivoluzione di Stalin. Così scrissero il famoso libro “Soviet Communism: A new Civilization”, una delle opere più apologetiche del periodo.

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possiamo qui citare tre episodi chiave. Il primo avvenne durante la guerra, quando il Rcp

(Revolutionary communist party) che riuniva tutti i militanti trotskisti britannici, ebbe un

impatto poderoso nelle lotte sindacali e perfino tra le truppe di Sua Maestà,

contrapponendosi alle scelte “patriottiche” di laburisti e comunisti. Il secondo episodio è per

l’appunto la giunta di Liverpool. Infine il terzo è la battaglia contro l’odiosa Poll Tax

introdotta dal governo Thatcher alla fine degli anni ‘80. Questa battaglia, condotta dall’Aptu

(Anti poll tax union) sfociò nella disobbedienza fiscale di 14 milioni di persone e nelle

dimissioni a cui la signora di ferro fu costretta. Anche in questo caso la lotta venne guidata

dalla tendenza trotskista del movimento operaio, con i dirigenti ufficiali del partito piuttosto

freddi a simili metodi di lotta “illegale”.

Come detto, il movimento trotskista nacque come opposizione alla linea ufficiale del partito

comunista. Una volta esclusi dallo stesso, i trotskisti in Inghilterra e altrove, scelsero due

strade. La prima consisteva nella creazione di organizzazioni autonome, gruppi

rivoluzionari, ancorché spesso deboli, con programmi socialisti da contrapporre alle

organizzazioni ufficiali. La seconda consisteva nel penetrare in tali organizzazioni, agire

come tendenza rivoluzionaria in seno alle stesse e costruire il partito rivoluzionario partendo

dalla base del movimento operaio ufficiale4. In questo non si trattava che di imitare il

proprio nemico di classe, il quale si è sempre servito di una propria corrente in seno al

movimento operaio5. Se si esclude la breve vita del Rcp, il movimento trotskista britannico

4 Storicamente, la tattica di costruire il partito rivoluzionario come tendenza dei partiti riformisti è nota come “svolta francese”, per il fatto che Trotskij la propose originariamente ai propri sostenitori francesi nel 1934. Dopo questo episodio, rapidamente imitato in Inghilterra, Stati Uniti e altrove, questa tattica divenne nota come ”entrismo”. Per altro i diversi gruppi che si richiamano al trotskismo hanno applicato questa tattica in modi così diversi da renderla abbastanza indefinita. 5 Non intendiamo dire che vi sono tendenze del movimento operaio inclini all’opportunismo e quindi a cedere alle pressioni della classe dominante. Questo è ovvio e insieme astratto. Intendiamo dire che molti riformisti hanno dei legami organici con la borghesia di cui rappresentano una vera e propria quinta colonna. Non è difficile dimostrare questa affermazione. Un caso che colpisce è senz’altro quello di Turati, capo storico del riformismo italiano. In una lettera a un dirigente giolittiano, poco prima della rivoluzione bolscevica, Turati scrisse: “…Si tratta di sapere se il governo è proprio deciso ad allearsi con gli elementi estremisti e leninisti del Partito socialista e delle masse operaie contro di noi che teniamo testa e siamo i moderatori. Io pongo a te e all’onorevole Orlando la questione molto nettamente. Noi siamo - lo sapete meglio di noi - in un periodo che si va facendo, per la stanchezza della guerra, ogni giorno più difficile. Nelle masse socialiste la tendenza sabotatrice, che fin qui potemmo contenere, con sufficiente fortuna, acquista vigore e decisione. Contro di essa - se non vi decidete a ricorrere ad anni di guerra civile - non avete altra difesa che la tendenza conciliante e media, rappresentata ad un dipresso dal Gruppo parlamentare.” (lettera a Corradini 14-8-1917, cit. in Spirano P., Storia del partito comunista italiano, vol. I p. 10, Einaudi, Torino, 1990)

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si è sempre trovato diviso su quale delle due tattiche adottare. Questo ha significato che sin

dagli anni ‘30 è stata presente, nel partito laburista, almeno una tendenza di ispirazione

trotskista. Negli anni ’60 le varie organizzazioni trotskiste, originatesi dalla frattura del Rcp,

lavoravano nel partito laburista. La più influente, nota come “The club”, controllava la

gioventù laburista6. Quando il partito lanciò una purga contro le correnti radicali negli anni

‘60, tutti i gruppi trotskisti abbandonarono il lavoro entrista e crearono organizzazioni

autonome. Rimase solo una tendenza, allora molto ridotta, intorno al giornale Militant. In

qualche anno, questa tendenza conquistò la maggioranza della gioventù laburista e nel corso

degli anni ‘70 rafforzò notevolmente il suo peso all’interno del partito.

La storia del Labour Party e delle sue correnti aiutano a comprendere l’abisso di posizioni

politiche rappresentate in seno al partito, nonché l’astio anche personale tra dirigenti

nazionali, una cosa abbastanza inusuale altrove. Queste diverse posizioni, negli ultimi

decenni, si sono cristallizzate in due correnti ben distinte: una destra blandamente riformista

con posizioni più o meno omogenee, di cui Blair è l’espressione più moderna e brutale; una

sinistra piuttosto variegata, con, al suo interno, una “soft left” facilmente incline a passare

dall’altra parte e una “sinistra della sinistra” radicale e di stampo marxista. I rapporti di forza

in seno alla sinistra hanno deciso delle posizioni di tutto il partito nel corso degli anni. In

particolare la spaccatura della sinistra “trendy” o “soft” ha fatto riguadagnare alla destra la

maggioranza dell’organizzazione dopo un lungo periodo.

7. Sinistra e destra nel partito laburista

Quello che è sorprendente è che nello stesso torno di tempo i dirigenti bolscevichi dicevano esattamente le stesse cose su questa corrente: “Turati non è un volgare carrierista, ansioso di diventare ministro in un governo capitalista. Nella misura in cui lo conosco, ha una sua politica in cui ha piena fiducia e che vuole portare avanti…Posso immaginare una conversazione tra Turati e Giolitti. Giolitti dice a Turati: “Ecco un portafoglio, è suo”. Ma Turati risponde: “Non ha sentito, caro collega, i discorsi di Lazzari? Nel momento stesso in cui accettasi il portafoglio, gli darei un elemento che non esiterebbe a sfruttare. Sarei espulso dal partito e una volta espulso non conterei più niente per lei e per il mantenimento dello Stato capitalista” (Trotskij L., Problemi della rivoluzione in Europa, Mondadori, Milano, 1979, p. 186) Questa citazione sembra quasi una parafrasi della lettera di Turati! Per la Gran Bretagna basti ricordare lo scandalo del deputato della destra laburista D. Healey scoperto a prendere fondi dalla Cia proprio mentre si accingeva ad accusare la sinistra laburista di finanziamenti illegali. 6 La direzione del partito laburista ha più volte dovuto chiudere la propria organizzazione giovanile perché ne aveva perso il controllo. In particolare ciò successe nel 1936, nel 1940, nel 1955, nel 1964 e infine nel 1990.

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Negli anni ‘50 e ‘60, le correnti radicali nel Labour Party erano ridotte, anche se avevano un

certo appoggio nella gioventù, la LPYS. La ripresa delle lotte operaie negli anni ‘70 cambiò

decisamente le cose. La parabola politica di Tony Benn ne è un buon esempio. Da ministro

moderato del governo Wilson, Benn si spostò, sotto la pressione delle lotte, sempre più a

sinistra, divenendo un dirigente riconosciuto della sinistra negli anni ‘80. Nel 1972, l’anno

dello sciopero dei minatori, al congresso del partito venne approvata una risoluzione che

recitava la necessità di socializzare i mezzi di produzione7. Il Times, come conseguenza di

questa risoluzione, scrisse: “The Labour Party must not complain at being described as

under the influence of Marxist ideas” (cit. in Taaffe P., The rise of Militant, p.80). Tuttavia

non si deve credere che la sinistra del partito fosse un blocco granitico né che avesse le idee

chiare. Al suo interno c’erano vecchi stalinisti, e anche moderati che seguivano la corrente

per fare carriera. Ma c’erano anche dirigenti sinceramente interessati a lottare per la classe

operaia, come Scargill, Benn ed Heffer.

Questi processi raggiunsero Liverpool prima e con più forza. Già nel ‘78 il Militant aveva

qui un peso decisivo nella base laburista e nei sindacati.

Questo spostamento dei rapporti di forza all’interno del partito preoccupava la borghesia.

Andare allo scontro con i minatori, con i laburisti così a sinistra poteva significare perdere e

perdere molto pericolosamente. Vennero così esercitate le pressioni più velenose sull’ala del

partito che sembrava decisiva: il ventre molle della sinistra, moderati per vocazione e

radicali per necessità. Si cominciò con la scissione dei socialdemocratici (SDP, presto

ridenominato Soon Defunct Party), che non riuscì a scalfire la forza del partito, ma ottenne il

risultato di fargli perdere le elezioni dell’83. Si proseguì con Kinnock, che in qualità di capo

della soft left, ruppe con la sinistra. Così nel 1982 la destra riconquistò la maggioranza nel

Nec, il comitato esecutivo nazionale (19 voti contro 10). Il momento decisivo per far

scattare questo rimescolamento fu la notizia che la tendenza marxista del partito aveva

7Questa risoluzione, proposta dai sostenitori del giornale marxista Militant recitava: “to formulate a socialist plan of production based on public ownership, with minimum compensation, of the commanding height of the economy” Qualcosa di ben più specifico della vecchia Clause IV di ispirazione fabiana. Lo stesso fatto che nel 1972 il giornale della tendenza marxista del partito passasse da mensile a settimanale e conquistasse la maggioranza del comitato esecutivo della gioventù laburista, dimostra quale spostamento a sinistra stesse sperimentando il partito.

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guadagnato dei deputati, uno dei quali a Liverpool. Lo spettacolo, veramente penoso per i

difensori dello status quo, di un marxista che attacca il governo e il capitalismo dai banchi

dell’opposizione di Sua Maestà fece scattare il campanello d’allarme8.

Così si lanciò la grande purga, che durò dieci anni e che riuscì a eliminare buona parte

dell’ala radicale del partito.

8. La sinistra laburista a Liverpool

Nessun dirigente riformista si lascia sfuggire l’occasione di notare, dopo una sconfitta alle

elezioni, che il programma del partito era troppo radicale e ha spaventato i ceti medi. Questa

sorta di spiegazione, davvero universale, non regge a un confronto anche superficiale con la

storia politica britannica, ma qui interessa vedere come si adatta alla storia di Liverpool. Nel

periodo tra il 1978 e il 1982 la sinistra del partito e in particolare la tendenza marxista

presero la maggioranza prima nella base laburista e poi nelle elezioni comunali.

Già nel ‘78, sette sostenitori del Militant sedevano in consiglio comunale e cominciavano a

scontrarsi con l’ala destra del partito, che accettava le indicazioni nazionali sui tagli alle

spese. La zona del Mersey restava una delle più depresse del paese. Si sperimentavano

misure simili ai contratti d’area e altri interventi di flessibilizzazione del mercato del lavoro,

ma nessuno sembrava intenzionato a investire in una zona così disagiata e per giunta ribelle.

La politica delle giunte liberal-conservatrici non aiutava certo. Non solo continuava la

chiusura di fabbriche e l’incuria della situazione abitativa (che di fatto costringeva molti

cittadini a scappare dalla città), ma soprattutto impoveriva nel lungo periodo Liverpool. Da

una parte il governo riduceva sistematicamente il bilancio delle città che avevano i deficit di

bilancio maggiori. Dall’altro, per evitare questo, i comuni tagliavano le spese, in tal modo

”dimostrando” di aver bisogno di meno fondi per il futuro. Così, quanto più erano

parsimoniosi, quanto meno fondi ricevevano. La situazione della città era orribile.

Nel 1981, a Toxteth, un quartiere particolarmente degradato, scoppiò una rivolta. La polizia,

intervenuta con modalità “irlandesi”, uccise un giovane. Da allora, per anni, nessun agente

8 Tanto più se si considera che Terry Fields e Dave Nellist, i deputati in questione, avevano fatto una campagna con rivendicazioni rivoluzionarie, coronata dallo slogan “a workers’ MP on a workers’ wage”, del tutto inaccettabile per chi considera il parlamento il mezzo per arricchirsi anziché per difendere la propria classe.

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potrà mai più avvicinarsi all’area. La Thatcher naturalmente incolpò i “rossi” dei disordini.

Ma non ci voleva un sociologo per capire le cause di simili scoppi di rabbia. Nel periodo che

va dalla fine degli anni ‘70 all’82, si susseguirono giunte laburiste e conservatrici-liberali,

indistinguibili per la politica portata avanti. La delusione della base laburista si vedeva nel

continuo mutare di maggioranza. Anche nel 1982 la giunta laburista ebbe vita effimera.

Venne sostituita da una giunta conservatrice-liberale che aveva come asse del programma la

privatizzazione dei servizi comunali. La controffensiva sindacale e laburista la costrinse alla

resa.

Nello stesso periodo la direzione laburista, tornata in mano alla destra grazie alla defezione

del gruppo di Kinnock, decise di aprire un’inchiesta sulla infiltrazione del Militant nelle file

del partito. L’accusa era puramente organizzativa, all’inizio, quella di costituire un partito

separato all’interno del partito laburista. Tuttavia, mano a mano che l’inchiesta procedeva, si

faceva sempre più politica. Organizzativamente, i sostenitori del Militant non erano

distinguibili delle varie conclavi segrete della destra, o della sinistra moderata, come i

sostenitori della rivista Tribune. Quello che non andava giù alla direzione, che cercava di

darsi una veste moderata, era il programma rivoluzionario che la tendenza marxista

proponeva ai militanti del partito. L’inchiesta andrà avanti per anni. Avrà una sua prima

conclusione nel 1983, quando al congresso verranno espulsi cinque dirigenti del Militant

facenti parti del comitato di redazione del giornale. Ma l’affaire Liverpool riaccenderà

inevitabilmente la polemica.

Nel 1983 il partito perse le elezioni, anche grazie alla defezione della “banda dei quattro”,

come vennero definiti i socialdemocratici dalla base laburista. Ma a Liverpool i tories non

guadagnarono nemmeno un seggio e fra i deputati laburisti che Liverpool portò a Londra,

c’era anche un marxista, per la prima volta nel dopoguerra. Il partito aumentò i voti del

50%.

9. Nasce la giunta laburista di sinistra

Nel 1982 la forza della corrente marxista del Labour Party era già così significativa, che la

campagna elettorale della giunta uscente, liberale, si basava proprio su una caccia alle

streghe anticomunista. Il partito liberale cercò di terrorizzare la popolazione preconizzando

scenari di guerra civile e anche servendosi dell’inchiesta che la direzione del partito, proprio

in quel torno di tempo, stava conducendo sul Militant. Il fiasco fu completo. Non solo il

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Labour Party aumentò i suoi voti, ma soprattutto mutarono i rapporti di forza all’interno del

partito, e non solo a Liverpool. La destra, già in minoranza, venne duramente colpita dalla

scissione dei socialdemocratici. Il successo laburista andava contro ogni previsione e contro

lo schieramento dei media. Vi aveva contribuito uno stile di condurre la campagna elettorale

del tutto diverso da quello classico, puramente di immagine, che anche i dirigenti laburisti

ritenevano vincente. Si scelse invece di andare casa per casa a distribuire e discutere del

programma del partito per la città. In questo modo si riuscirono a dissipare le menzogne dei

media e i dubbi dei lavoratori del Merseyside.

I laburisti ottennero comunque solo una vittoria parziale, con 42 seggi, non sufficiente a

governare. Il District Labour Party9 decise così di non formare un governo locale di

minoranza, facilmente ricattabile da liberali e tories. Tutto ruotava sulla necessità di tagli al

bilancio. I tagli ai comuni costituivano un argomento vitale di scontro politico

nell’Inghilterra del tempo. Esclusi dal governo centrale, i laburisti, ancorché in modo molto

disomogeneo, si opponevano all’annientamento della spesa sociale richiesto da Londra.

Questo apriva continui confronti e scontri tra comuni e governo. Liverpool fu il punto

nevralgico di questa battaglia, per l’importanza della città e la volontà della giunta di

utilizzarla come esempio di una politica alternativa allo scempio dei conservatori. Il senso

della società che i tories stavano costruendo in Gran Bretagna in questi anni lo da un piccolo

episodio. Nell’estate del 1982 in un quartiere operaio della città, Croxteth, genitori,

insegnanti e studenti della scuola locale decisero di occupare l’istituto contro la minaccia di

chiusura. La giunta riteneva qualche migliaio di sterline d’affitto uno spreco, per mantenere

aperta l’unica scuola di un quartiere in cui il 98% dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni era

disoccupato. Questi episodi erano endemici. Scuole, fabbriche, comunità locali si

ribellavano contro lo schiacciasassi della controrivoluzione thatcheriana, ma senza nessun

coordinamento. Così la rabbia e la determinazione si disperdevano in mille rivoli, mille

piccole esplosioni, mille occasioni sprecate. Ma quando la giunta liberal-tory cercò di

licenziare 2.000 lavoratori comunali nell’82, ci fu un sussulto di rivolta e venne sconfitta.

La vittoria laburista fu anche il risultato di queste lotte. La giunta laburista si formò giusto in

tempo per salvare il complesso scolastico di Croxteth dalla chiusura e i lavoratori comunali

9 Il District Labour Party era negli anni ‘80 l’istanza fondamentale di gestione della vita politica del partito a Liverpool. Di fatto era una specie di comitato centrale di delegati del partito della zona. Da ora lo citeremo come DLP.

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dal licenziamento. La situazione comunque, non era affatto facile. Il comune aveva un

enorme deficit e Londra pretendeva nuovi massicci tagli. Guardando la situazione da un

punto di vista contabile, e prendendo per buoni i vincoli dettati dal governo, ogni politica

sociale era esclusa. Si trattava di aumentare enormemente le tasse o licenziare un terzo della

forza-lavoro comunale, 10.000 lavoratori su 30.000, in una città con decine di migliaia di

disoccupati, ovvero applicare la politica thatcheriana anche a Liverpool. La direzione

laburista consigliava un mix di queste soluzioni in attesa di una vittoria laburista che

avrebbe invertito la situazione. Ma, come ci hanno insegnato le vicende del trattato di

Maastricht e i molti interventi del Fmi, ormai sono organismi internazionali a dettare legge

ai governi nazionali e la vittoria laburista non avrebbe invertito di per sé la rotta. Le vicende

dell’austerity o, prima della crisi, del “patto di stabilità” confermano che la sovranità dei

governi nazionali, anche di paesi di primo piano nell’economia mondiale, è uno sbiadito

ricordo. La politica economica viene decisa dai banchieri e dai grandi capitalisti.

Non c’è dunque proprio niente da fare? Le risposte, sono in realtà già implicite nelle

domande. Se si accetta la spiegazione che i capitalisti danno ai debiti degli stati, non si può

che accettarne anche le conseguenze. Ma allora a che serve un partito dei lavoratori? Quello

che tentò di fare la giunta di Liverpool fu di mostrare, con esempi molto concreti, le falsità e

le distorsioni dietro alle necessità “oggettive” dei tagli. Quanto era costata per esempio la

guerra delle Falkland10? Quanto costava mantenere un piccolo esercito nelle zone minerarie

da usare contro i picchetti dei minatori in sciopero? E, soprattutto, l’esempio che fece più

scalpore, quanto costava ripianare i debiti delle società finanziarie in fallimento?

Tuttavia questi esempi potrebbero essere confutati da chi accetti la logica della politica

thatcheriana. Se si considera il capitalismo l’orizzonte della vita umana, quanto più lo si

spinge al fallimento, tanto peggio. Meglio non fare promesse che questa società non può

mantenere. Da questo punto di vista le finalità dei riformisti e di chi mira a trasformare la

società non possono essere più diverse, pur utilizzando apparentemente gli stessi mezzi. I

riformisti implementano politiche che migliorano le condizioni di vita dei lavoratori,

danneggiando l’accumulazione capitalista, e colpendo così la borghesia. Paradossalmente,

tanto più radicali sono le riforme, tanto prima irriteranno la classe borghese, portando allo

10 Solo per fare un esempio, il governo forniva ai 2.000 abitanti delle isole Falkland 1 milione di sterline al giorno negando al contempo la restituzione di 30 milioni a Liverpool, una città trecento volte più numerosa.

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scontro e alla loro invariabile ritirata. Per i marxisti, le politiche progressiste nel migliorare

le condizioni dei lavoratori dimostrano l’impossibilità di riformare il capitalismo perché

conducono alla reazione violenta della borghesia. Questa totale differenza di impostazione

può aiutare a comprendere le incomprensioni prima, e lo scontro aperto poi, tra la direzione

nazionale del partito e la giunta di Liverpool. Aiuta anche a spiegare perché in tutti i

momenti decisivi, Kinnock si trovò dalla stessa parte della Thatcher.

10. Tagliare o lottare?

La vittoria alle elezioni dell’83, completamente inattesa, portò al governo della città un

partito laburista fortemente radicalizzato. Nel programma elettorale si trovavano

rivendicazioni come le 35 ore a parità di salario, la riduzione della rent, la creazione di 1.000

posti di lavoro nei servizi sociali. Ma la giunta liberale aveva lasciato in eredità tagli

imprecisati per 6 milioni di sterline su 212 di bilancio11. In totale, c’era un gap di 25 milioni

tra entrate e uscite comunali, oltre il 10%. La giunta e la base laburista decisero che questo

buco doveva essere colmato dal governo, che in quattro anni aveva tagliato fondi alla città

per una cifra undici volte superiore. La direzione del partito, scettica, spiegava che se non

era riuscito l’esercito argentino a piegare la Thatcher, non ci sarebbe riuscita Liverpool.

Per ottenere i fondi, la giunta non andò a implorare a Londra, ma innanzitutto cercò di

spiegare alla cittadinanza del Merseyside la situazione. Si tennero decine di assemblee nei

posti di lavoro, nelle scuole, nelle sezioni sindacali e di partito, in cui si spiegò il programma

della giunta e la necessità di vincere la battaglia contro il governo. Alcuni dirigenti sindacali

locali si opponevano a questa “politicizzazione” della crisi, ritenendo forse che i tagli al

bilancio fossero dettati dalla contabilità anziché da precise scelte politiche. Può forse far

sorridere, ma questi dirigenti erano invariabilmente di due schieramenti: laburisti di destra e

membri del partito comunista.

Il 19 novembre del 1983 si tenne una manifestazione abbastanza cospicua in favore della

politica sociale del comune. Il corteo, a cui seguirono altri cortei nei mesi e anni a venire,

era veramente inusuale. Una parte importante della popolazione si riversava nelle piazze in

sostegno del proprio comune contro i tagli al bilancio. La mobilitazione era la cosa più

11 Da qui in avanti, le cifre si riferiranno, se non specificato, alle sterline.

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fastidiosa per la Thatcher. La politica, per questa gente, è una cosa da discutere a bassa voce

in una stanzetta segreta, la gente dovrebbe considerarla come una punizione divina che

piomba dal cielo. Invece a Liverpool c’era un ambiente di fermento inaudito. Anche chi non

aveva votato laburista discuteva, si appassionava di politica, voleva contare. Si percepiva

una visione della politica come la risposta alle esigenze della gente, anziché un insieme di

affari loschi. Per mesi, dalla fine dell’83 fino al marzo dell’84, quando era fissata la

discussione sul budget, questo ambiente andò crescendo, anche grazie allo sciopero dei

minatori. La giunta aveva deciso di intraprendere la sua politica. Una politica che aveva un

sostegno molto vasto, ma che avrebbe condotto inevitabilmente a un deficit. La prospettiva

del deficit non era qualcosa da prendere a cuor leggero. Innanzitutto i consiglieri comunali

sono responsabili illimitatamente dei debiti del comune, dei quali rispondono col proprio

patrimonio, inoltre, la ragione più importante, sarebbe stato chiaro ai lavoratori e agli

attivisti del partito di tutto il paese perché Liverpool aveva deciso un simile passo?

L’establishment non prendeva sotto gamba la sfida. La determinazione della giunta ridava

fiato a tutti gli strati più oppressi, e l’area di Liverpool divenne così un susseguirsi di

scioperi, proteste, lotte. L’esempio di Liverpool risultava anche contagioso per altri comuni,

infine lo sciopero dei minatori, se si fosse saldato a un crescente fermento della base

laburista avrebbe potuto provocare dei seri problemi. D’altra parte il “contagio” era solo

parziale. Infatti Kinnock rifiutava l’appoggio del partito e anzi si apprestava a spedire

ispettori per vederci chiaro nella situazione del partito a Liverpool, inoltre la maggior parte

dei consigli laburisti ribelli erano guidati dalla sinistra “morbida”, da cui d’altronde

proveniva lo stesso Kinnock, e non era disposta a condurre la lotta fino alle conseguenze

illegali.

Nella primavera dell’84 il consiglio comunale si costruì un appoggio popolare consistente

con cui contrastare le spinte del governo centrale. La manovra riuscì. Alla fine il governo

cedette e concesse, o meglio, restituì a Liverpool almeno una parte dei milioni di sterline

drenati nell’ultimo periodo. L’ambiente della città era totalmente sfavorevole ai tories.

Questo non preoccupava i conservatori locali. La loro insignificanza gli permetteva di non

fare vere proposte alternative. Diversa era la situazione del partito liberale, l’unica

opposizione ai laburisti. La radicalizzazione di Liverpool costringeva perfino questo partito

ad opporsi ai tagli che pure aveva condotto fino a pochi mesi prima. Ma prima che dagli

avversari politici il comune doveva guardarsi dagli scontri nel partito laburista. Anche se la

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sinistra del partito aveva la maggioranza, vi erano sette consiglieri, appartenenti all’ala

socialdemocratica non fuoriuscita con la “banda dei quattro” che si dichiararono non

disposti a infrangere la legge, seppur quella del nemico di classe. L’appoggio che veniva a

questa minoranza “legalista” da parte di Kinnock era scontato. Ben diverso era il peso che

aveva nella base. In particolare, sempre nel periodo precedente alla votazione sul bilancio

dell’84, si tennero una serie di meeting presso le sezioni sindacali del partito.

I militanti del partito non avevano dubbi sul da farsi: lottare per piegare il governo. Per

inciso, il comportamento della destra del partito, disposta a votare con i tories contro il

volere della stragrande maggioranza dei propri militanti e votanti la dice lunga sulla

concezione di democrazia e disciplina che pure questi signori invocano, brandendola contro

le correnti più combattive del movimento operaio.

Comunque, lo scontro sul bilancio dell’84 doveva ricevere un’immediata valutazione da

parte della città: le elezioni comunali. In maggio si votò e il verdetto fu inequivocabile. Non

solo i laburisti stravinsero, ma in particolare l’ala marxista del partito venne premiata per la

sua politica12. I risultati abbastanza scadenti del partito altrove sembravano dimostrare

palesemente che gli elettori avevano premiato proprio la specifica politica condotta dal

consiglio comunale, contrariamente alla “legge” di cui abbiamo parlato, tirata in ballo dopo

ogni sconfitta dai dirigenti socialisti di tutta Europa.

Come detto, alla fine il governo concesse a Liverpool praticamente tutto quello che aveva

chiesto. La stampa borghese era inferocita da questa ritirata, e parlava di “ritirata

vergognosa”, “capitolazione” ecc. L’idea che la lotta di un’intera città potesse costringere il

governo a cambiare strada era sconvolgente, peggio, coinvolgente. Chi avrebbe impedito la

nascita di cento Liverpool?

11. La giunta al lavoro

Colpisce, analizzando lo scontro di cui trattiamo, la modestia delle rivendicazioni laburiste a

Liverpool. In realtà, possono definirsi un inizio di politica keynesiana e neppure molto

12 Il partito guadagnò sette nuovi consiglieri. Nell’82 aveva ricevuto 54.000 voti che divennero 90.000 nell’84, un aumento del 60% in due anni. Socialdemocratici e conservatori vennero annientati, dato che il voto di opposizione si concentrò sui liberali, che pure persero due seggi.

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radicale. In altre nazioni, nello stesso torno di tempo, proposte parzialmente simili venivano

avanzate da socialisti moderati e perfino da politici borghesi13. Come poteva esserci una

battaglia politica su questioni come l’eliminazione di bidonville dalla periferia della città?

La giunta poneva al primo posto del suo programma i bisogni della popolazione. Questo era

di per sé uno scandalo, agli occhi del governo.

Lo scontro non nasceva dalle rivendicazioni in sé, ma dall’atteggiamento della giunta. Il

governo, la stampa, la direzione laburista avevano scoperto, con loro sommo dispiacere, che

la giunta usava queste rivendicazioni solo come antipasto di un progetto di trasformazione,

almeno prospettico, per tutto il paese. Liverpool doveva essere solo l’esempio di come si

ottengono le riforme anche quando al governo c’è una come la Thatcher. I marxisti che

guidavano il partito a Liverpool facevano loro la famosa espressione di Engels secondo cui

“accettiamo tutto quello che ci concede il governo solo come un acconto, per il quale non ci

sentiamo debitori della minima riconoscenza”.

Era il progetto complessivo che i nemici del comune socialista di Liverpool volevano

stroncare. Per far questo, ogni concessione, fosse la più insignificante e giustificata (come

evitare che nelle case del comune vivessero più topi che uomini!) doveva passare per una

richiesta esorbitante, da sognatori. Per le ragioni esposte, il cuore della politica sociale del

comune, e dunque dello scontro, era la politica abitativa.

Nell’84 il comune lanciò un piano definito Urban Regeneration Strategy. Lo scopo di questo

piano era di cominciare, almeno, lo smantellamento degli slums. In alcuni anni si

costruirono 5.000 nuove abitazioni, si costruirono parchi, scuole e centri sociali, soprattutto

13 Nel suo noto libro I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, che costituisce la summa del pensiero riformista e un attacco a tutto campo al marxismo, Bernstein dedica un capitolo alla politica municipale nel quale espone progetti ben più radicali. Inoltre sostiene idee portate avanti proprio dal socialist council di Liverpool. Dice per esempio che è fondamentale l’idea “di utilizzare la municipalità come leva della prassi riformista socialista” (I presupposti..., trad. it., Laterza, Bari, 1974, p. 230), che “il comune deve adoperarsi per estendere continuamente la sfera delle sue competenze” (cit., p. 233) e infine che “il socialismo municipale è una leva indispensabile per lo sviluppo e la realizzazione di un diritto democratico del lavoro” (cit., p. 236). Leggendo quel capitolo si potrebbe avere l’impressione che il socialist council applicasse più Bernstein che Marx. Ma ancora una volta più delle proposte in sé occorre valutare l’orientamento generale in cui si inseriscono. Bernstein scrisse il libro per giustificare l’abbandono di un programma rivoluzionario. La giunta ribelle tentava di riportarlo all’ordine del giorno. La cosa notevole è che le rivendicazioni di Bernstein, nel periodo dell’ascesa del capitalismo, erano del tutto compatibili con esso ed al capo dei riformisti sembravano la quintessenza della moderazione. Un secolo dopo, nel periodo di declino di questa società, le stesse proposte erano inaccettabili agli occhi dei riformisti e facevano parte del programma di una giunta radicale.

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nelle zone più derelitte della città. Si trattava del più grande progetto di rilancio urbanistico

del paese. Per altro, le case nuove non avevano nulla a che vedere con quei mastodontici

palazzoni così efficaci nel segnalare cosa pensano gli architetti della gente che dovrà

abitarli. Al contrario le case erano al massimo di due piani, con persino un giardino.

L’effetto diretto e indiretto del piano urbanistico sull’occupazione fu notevole (si calcola che

nel settore privato ci fossero state almeno 6.500 assunzioni come effetto dell’URS). La

stampa, improvvisamente, si ricordò delle condizioni abitative infami in cui molta parte dei

cittadini di Liverpool doveva vivere. Un giornale notò che al ritmo dei lavori che si aveva, ci

sarebbero voluti 900 anni per mettere a posto la situazione14.

Il secondo punto su cui lo scontro si incentrava era il rapporto tra lavoratori comunali e loro

datore di lavoro. Per un comune che si definiva socialista era ovvio avere un atteggiamento

collaborativo con i sindacati. La giunta, e la tendenza marxista che la guidava, si trovarono

in una situazione curiosa, strette tra i tagli imposti da Londra e le rivendicazioni che la stessa

tendenza, con i suoi delegati sindacali, portava avanti. La situazione era ancora più

ingarbugliata se si pensa che molti dirigenti sindacali erano dei pilastri della destra del

partito. Così si trovavano a trattare con un datore di lavoro ben più radicale di loro, anche

loro schiacciati tra l’incudine della combattività della base e il martello dell’obbedienza alle

leggi, economiche e giuridiche, del capitalismo.

Ovviamente il peso dato ai sindacati venne usato dalla stampa come prova della volontà

della giunta di assumere solo amici e conoscenti. L’abbassamento dell’orario di lavoro a 35

ore e la fissazione di un minimo salariale non vennero invece considerate notizie degne di

diffusione. Anche l’appoggio dato dal comune ai minatori impegnati nelle fasi più concitate

del loro lungo sciopero non mancò di provocare ululati di sdegno su tv e giornali.

Il terzo punto del contendere fu la completa riorganizzazione del sistema scolastico. I flussi

migratori della popolazione avevano del tutto sproporzionato l’affluenza alle scuole, con

distretti scolastici stracolmi e altri semi-vuoti. Il comune decise la creazione di 17 comunità

locali della scuola secondaria. Il piano venne portato avanti con l’adesione di tutti i sindacati

coinvolti e soprattutto con un dibattito serrato e appassionato con i genitori. Ci furono

riunioni con 500, 600 persone che discutevano animatamente e calorosamente del futuro

14 Liverpool Echo, 19/2/1985.

23

dell’istruzione dei propri figli. Di nuovo, la partecipazione dal basso, in prima persona, di

centinaia di persone. Fu con questa discussione di massa che il piano venne formato e poi

approvato, l’esatto contrario di quanto dovrebbe essere una riforma scolastica “normale”,

una tegola che colpisce figli, genitori e insegnanti come fosse l’ira degli dei. In cima a

questa riforma, si pose la costruzione di sei nuovi asili. I riformisti emiliani, fieri dei propri

asili, sarebbero stati per una volta fieri anche dei marxisti di Liverpool. Non così i loro

omologhi britannici che avevano progetti un po’ diversi: dove la giunta laburista era

dominata dalla destra del partito, gli asili venivano chiusi15.

Così l’esempio di Liverpool non si diffuse come la sinistra laburista avrebbe voluto. Per

esempio in molti comuni la giunta laburista e i sindacati dei dipendenti comunali erano ai

ferri corti. Tuttavia, la stessa direzione del partito riconobbe l’importanza delle conquiste

ottenute: il principio che è la lotta e non l’elemosina, l’arma per vincere contro i tories aveva

fatto breccia anche a Walworth Road. Così al congresso dell’84 le mozioni presentate in

difesa della giunta vennero per lo più approvate. D’altra parte, persino comuni guidati da

laburisti molto moderati erano costretti a scontrarsi con il governo, data la vastità dei tagli

imposti. Per queste ragioni, nell’autunno dell’84 si formò una sorta di coordinamento tra i

comuni a guida laburista “rate-capped” dal governo16. In questo coordinamento si

scontrarono le due visioni presenti nella sinistra laburista. Da una parte la sinistra moderata

guidata da Livingstone (in seguito sindaco laburista di Londra) e altri consiglieri della zona

di Londra. Essi proponevano una politica di ”no rate”, ovvero si rifiutavano di fissare un

aumento delle tasse che pareggiasse il bilancio. Dall’altra parte, Liverpool e la sua giunta

radicale, che proponeva l’approvazione di un bilancio in deficit. Secondo i dirigenti di

Liverpool la politica del ”no rate” aveva due inconvenienti: lasciava l’iniziativa nelle mani

del governo e non unificava le lotte, dato che le diverse amministrazioni avrebbero finito i

soldi in tempi diversi. L’approvazione di bilanci in deficit invece avrebbe messo tutti i

comuni nella stessa situazione. Comunque, nonostante le divergenze, si decise di adottare la

tattica del ”no rate”. L’attacco selvaggio alle condizioni di vita dei lavoratori aveva effetti

non solo a Liverpool. A Londra scioperi e manifestazioni, che si richiamavano

esplicitamente all’esperienza di Liverpool, mostravano che l’“unicità” del Mersey non

15 E’ il caso di Wakefield. 16 “rate-capped” è un termine che si riferisce all’obbligo del bilancio in pareggio. In pratica il governo costringeva i comuni ad alzare le tasse o ridurre le prestazioni sociali.

24

risiedeva in qualcosa di ancestrale, ma solo nella volontà della direzione laburista locale di

andare fino in fondo.

12. Il bilancio in rosso

All’inizio del 1985 le politiche sociali del comune si scontrarono con i tagli del governo. Dai

dati del bilancio della città emergevano alternative devastanti, come licenziare un quinto

della forza lavoro comunale o raddoppiare le tasse. Come ormai era divenuta tradizione, i

consiglieri comunali discussero di queste scelte in una manifestazione pubblica di massa. In

quel caso al Philarmonic Hall. L’idea era quella di porre contro il governo decine di città,

anche molto importanti, con una mancanza cronica di fondi, di modo che fosse difficile

mandarle in rovina in blocco. Ora, quando un esercito avanza, la prima fila fa affidamento

sul fatto che le altre camminino compatte dietro a lei. È piuttosto spiacevole accorgersi in

mezzo al campo di battaglia di avere il vuoto alle spalle. Se poi alcuni distaccamenti delle

file arretrate si mettono a sparare sulla prima fila, il morale di quest’ultima potrebbe

risentirne.

In questo frangente la prima fila, Liverpool, contava sull’appoggio di tutti gli altri consigli

comunali contro la Thatcher. Ben presto si vide che purtroppo la prima fila era isolata. Il

governo lo capì e applicò una tattica molto semplice: aspettare. La paura della bancarotta

avrebbe automaticamente separato il cammino dei radicali da quello dei moderati. Di fronte

al baratro, la sinistra moderata sarebbe scesa a patti, permettendo al governo di isolare le

giunte veramente di sinistra. E’ superfluo narrare del contorno di colpi bassi e bassissimi, di

storie inventate e di tutte le altre armi classiche che la stampa borghese tira fuori dal suo

arsenale in simili frangenti. Se sarebbe superficiale dire che queste armi non funzionarono,

la borghesia è poco incline a buttare via i soldi, sarebbe altrettanto superficiale ridurre gli

esiti della lotta politica a questo universo di notizie distorte. Solo delle concezioni e dei

metodi politici errati permettono alle calunnie di divenire un fattore determinante nella

battaglia politica. I risultati delle elezioni di questo periodo dimostrano che i cittadini di

Liverpool sapevano comprendere la vera situazione della città, pur sotto un inaudito

bombardamento di invenzioni maligne.

Nei mesi di febbraio e marzo dell’85 si entrò nel vivo della battaglia. Il governo aveva

chiarito la propria intenzione di lavarsi le mani della faccenda. A Liverpool la situazione era

25

incandescente. Il partito era in pieno subbuglio. La destra, piuttosto isolata, si appellava alla

direzione nazionale per riportare l’ordine. I sindacati partecipavano attivamente alla vita del

partito, dando un appoggio pressoché unanime alle politiche della giunta. E come succede,

quando un partito dei lavoratori si sposta a sinistra, una sorta di selezione automatica faceva

emergere una combattiva leva di giovani, spesso simpatizzanti o sostenitori del Militant,

visto come il cuore della giunta socialista, pronti a rimpiazzare funzionari e delegati del

partito che ormai rappresentavano poco altro che se stessi.

Il 22 febbraio la giunta colse di sorpresa il governo annunciando l’accordo con un pool di

banche francesi che avrebbe permesso di aggirare i tagli17. L’idea venne subito copiata

altrove, tanto che il governo approvò a luglio una legge che la vietava.

All’inizio di marzo il coordinamento dei consigli comunali “ribelli” si sfaldò. Livingstone e

gli altri consiglieri di Londra dichiararono che avrebbero votato un bilancio legale. Gli altri

comuni si allinearono presto.

Ad aprile si verificò la tragedia dell’Heysel, in cui morirono decine di inermi cittadini

italiani in uno stadio senza forze dell’ordine ma pieno di hooligan ubriachi. Quale migliore

occasione per dimostrare a tutto il mondo che razza di animali abitavano il Merseyside? La

giunta socialista ne era la degna rappresentante18. Ma sempre ad aprile di quell’anno, si

verificò un incidente, certo meno noto e pubblicizzato, ma significativo. Durante una visita

della Thatcher in Indonesia, un gruppo di studenti dell’Università di Bandung accolse la

signora di ferro inneggiando a Liverpool19.

17 L’accordo era il seguente. La città aveva venduto nel periodo precedente 7.000 case pubbliche per ordine del governo. Il comune cedette alle banche francesi, capofila Paribas, le rate dei mutui fino alla loro scadenza in cambio di una somma unica immediata, di 30 milioni. 18 Vale la pena notare che quella tragedia non fu affatto opera del caso. Non solo lo stadio e la polizia erano totalmente inadeguati, ma soprattutto gli hooligan erano molto meno ubriachi e più politicizzati di quanto potesse ritenersi. Nei giorni successivi all’episodio, venne scoperto che il British National Party, partitino neofascista britannico dell’epoca, aveva organizzato una spedizione allo stadio, addirittura distribuendo materiale fascista all’imbarco per il continente. La giunta laburista reagì al fatto recandosi immediatamente a Torino per portare le scuse e la solidarietà dei lavoratori di Liverpool. Ma se avesse avuto un minimo di dignità, il governo conservatore avrebbe dovuto chiedere scusa a tutta Europa per le sue politiche antisociali, vere cause dell’imbarbarimento di vaste zone del paese e dunque del comportamento spaventoso dei tifosi. 19 Liverpool Daily Post, 12/4/1985. Giova forse ricordare che la Thatcher, questo modello della democrazia occidentale, non andava in Indonesia per aiutare contadini, studenti e lavoratori indonesiani a combattere la sanguinosa dittatura di Suharto, del quale hanno potuto liberarsi solo anni dopo, ma per l’appunto a sostenere tale dittatura. La stessa Thatcher definì Mandela e l’Anc un gruppo di terroristi che il governo di Pretoria giustamente combatteva ed eliminava.

26

Sicuramente, alla Thatcher non serviva una simile accoglienza per ricordarsi di Liverpool.

Secondo tutti i suoi collaboratori del tempo, Liverpool era sempre in cima ai suoi pensieri, e

non si trattava presumibilmente di pensieri cordiali. In compenso il governo aveva vinto la

battaglia contro i minatori ed era finalmente privo di altri fronti di guerra. Poteva

concentrarsi su Liverpool che non aveva ancora un bilancio legale e, sebbene ormai da sola,

continuava la battaglia. All’inizio di giugno, anche le ultime due città che ancora non si

erano arrese, Camden e Southwark, si ritirarono. Ma il semplice ritardo espose i consiglieri

comunque al rischio di multe colossali e processi penali. La stampa e il governo si

lasciavano andare alla previsione di una rapida capitolazione da parte della giunta ribelle. Si

scommetteva sull’aumento delle tasse cui sarebbe stata obbligata la giunta e così via.

Il 13 giugno, il DLP decise un aumento del 9%, pari al tasso d’inflazione. Durante il

meeting in cui fu presa la decisione, nessuna voce si alzò per criticarne l’illegalità, la base

del partito non lo avrebbe tollerato. Il comune approvò il bilancio in due ore. Un simile

passo significava che la città avrebbe finito il denaro a disposizione nel giro di qualche

settimana. Questo era noto alla giunta, al governo e ai cittadini di Liverpool. Il governo

considerò anche l’idea di utilizzare l’Attorney General per fissare un “rate” legale, nonché

l’invio di un commissario dal centro, come se Liverpool fosse in mano ai pirati. Kinnock

rimase attonito della scelta, non meno del governo. Lui e i suoi dicevano alla giunta che le

cose si sarebbero potute fare senza infrangere la legge. A queste richieste i consiglieri

rispondevano chiedendo a Kinnock la lista dei 6.000 dipendenti comunali da licenziare.

Andando contro tutte le mozioni votate al congresso del partito pochi mesi prima, Kinnock

dichiarò che non avrebbe mai appoggiato le giunte ribelli. A questo punto, la giunta di

Liverpool si trovava isolata su due fronti: le altre giunte laburiste si erano arrese al governo,

e la direzione del partito stava costruendo una specie di processo contro i ribelli, in

particolar modo contro i sostenitori del Militant, rei di appoggiare apertamente un

programma rivoluzionario, veramente impresentabile per una direzione riformista.

L’8 Settembre, il District Auditor, una sorta di corte dei conti, multò i 49 consiglieri laburisti

per 106.000 sterline l’uno. In seguito descriveremo brevemente la logica dietro a questa

condanna. Si trattava palesemente di una scelta politica. La risposta fu parimenti politica. Il

27

partito si impegnò a Liverpool e non solo a raccogliere la folle cifra che un tirapiedi del

governo aveva imposto a chi aveva osato difendere le condizioni di vita della classe operaia.

13. Lo scontro decisivo e la ritirata

Settembre 1985 si rivelò un mese decisivo per Liverpool. La strategia della giunta era

imperniata sull’idea di fornire un esempio di “come si lotta” e ancor prima della necessità

stessa della lotta. A prescindere dalla bontà intrinseca delle riforme condotte localmente,

solo l’estensione del “metodo” di Liverpool avrebbe potuto assicurare una vittoria duratura.

Tutto ciò non avvenne. Come per i minatori, la direzione del partito laburista si guardò bene

dall’unificare i vari conflitti. Aspettò invece che Liverpool rimanesse da sola per

scomunicare definitivamente ogni “illegalità”. Che fare a questo punto? Era solo una

questione di settimane prima che la magistratura locale chiudesse il comune per bancarotta.

La giunta cercava un’escamotage, tipo l’accordo con le banche francesi che aveva evitato i

tagli mesi prima. In un certo senso, dato l’isolamento, si trattava solo di scegliere con che

musica suonare la ritirata. Purtroppo, la musica scelta si rivelò la peggiore possibile. La

giunta decise infatti di ricorrere a questo trucco: spedire lettere di licenziamento ai 30.000

lavoratori comunali. Infatti, essendo ormai autunno, grazie a una sorta di cassa integrazione,

i licenziamenti non sarebbero entrati realmente in vigore prima dell’anno finanziario

successivo, quando Liverpool avrebbe ricevuto nuovamente i fondi. In tal modo, i lavoratori

comunali non avrebbero perso nemmeno un giorno di stipendio. L’idea avrebbe anche

potuto funzionare, astrattamente, ma non funzionò. In primo luogo non funzionò con i

dipendenti comunali che temevano la vendetta di una nuova giunta. Magari l’anno prossimo

il comune avrebbe riassunto 30.000 persone. Ma chi assicurava che sarebbero state le stesse

30.000 fittiziamente licenziate? E se, per punire gli alleati della giunta precedente, quella

nuova avesse assunto altre persone? Così i sindacati comunali si spaccarono e nella riunione

decisiva del 7 settembre il piano dei licenziamenti venne rifiutato per 51 voti contro 48.

La stampa colse ovviamente l’occasione di dimostrare a cosa portano le folli idee del

socialismo: una giunta che ha sì creato oltre mille posti di lavoro ma ne minaccia 30.000. I

liberali, che hanno in Liverpool una delle loro poche roccaforti, vedevano la possibilità di

tornare al potere, anche se grazie ai giudici anziché agli elettori. Infine, Kinnock poteva

utilizzare questo errore per portare un attacco totale alle tendenze radicali in seno al partito.

28

Confusi e demoralizzati, i dipendenti comunali, vera spina dorsale della giunta, erano divisi.

I sindacati si scontravano l’un l’altro: insegnanti contro autisti, white collar contro blue

collar. L’idea di utilizzare uno sciopero generale cittadino per aiutare la giunta in difficoltà

venne rifiutata da alcuni sindacati e si decise di rinunciare all’idea20. Ma i lavoratori manuali

decisero comunque di scioperare alla fine di settembre.

All’inizio dell’autunno, l’epoca dei congressi politici in Gran Bretagna, Liverpool dominò la

scena dei congressi di tutti i partiti. Dai liberali ai conservatori ai socialdemocratici si alzava

un coro unanime: Kinnock espelli i marxisti. Il congresso laburista vide uno scontro frontale

tra le diverse anime del partito. Quando Kinnock attaccò nel suo discorso di apertura ”il

grottesco caos” causato dalla giunta, Eric Heffer, dirigente storico della sinistra laburista e

deputato della zona di Liverpool, si alzò e se ne andò dalla conferenza, mentre nella platea

scoppiavano tumulti quasi calcistici. Perfino i deputati della destra del partito, ma eletti nel

Merseyside, dovettero condannare il discorso del leader. Kinnock disse anche che un futuro

governo laburista non avrebbe condonato le multe inflitte ai minatori e ai consiglieri ribelli.

Ma il congresso approvò comunque una mozione che impegnava il partito al condono.

La stampa era soddisfatta, finalmente Kinnock dimostrava il volto presentabile del partito,

quello dove il rosso si scolorisce fino a divenire rosa stinto. Ora sì che il partito avrebbe

attirato i voti moderati fuggiti per paura dei rossi. Purtroppo per Kinnock le elezioni

mostrarono una realtà ben diversa. Tolta Liverpool, il partito continuò a perdere. In ottobre

Kinnock visitò la città per dare il via alla campagna di eliminazione delle tendenze di

sinistra nel partito. Esperti dei sindacati e del partito, coordinati da Maurice Stonefrost, ex

funzionario comunale di Londra, elaborarono un rapporto in cui si facevano proposte per

salvare Liverpool senza ricorrere all’illegalità. Per la direzione laburista il rapporto era la

prova che la scelta della giunta era viziata ideologicamente. Il rapporto però, prevedeva il

licenziamento di migliaia di lavoratori comunali e un aumento delle tasse quasi triplo

rispetto a quanto fissato dalla giunta.

Il DLP rigettò il rapporto, così come i sindacati locali. Ancora una volta si scontravano due

visioni opposte del ruolo del partito laburista. Per i riformisti la crisi era assolutamente

incomprensibile, bastava tagliare qui e là per aggiustare tutto. Ovviamente i tagli avevano

20 Per la precisione il voto era diviso così: 7284 per lo sciopero, 8152 contro.

29

sempre una natura astratta. Dire chi doveva essere mandato a casa era più difficile. Questa

posizione ricorda un po’ quella dell’imperatore austriaco che rimproverò Mozart, perché in

una sua opera, da lui appena ascoltata, c’erano “troppe note”. Alla richiesta di Mozart di

indicare quali fossero queste note di troppo, il sovrano decise saggiamente di tacere. Allo

stesso modo Kinnock e i dirigenti sindacali non osavano mai indicare nome e cognome di

chi avrebbe dovuto pagare il prezzo dei tagli e sebbene le direzioni nazionali delle trade

unions facessero pressioni feroci sui funzionari e i delegati locali, era difficile far passare

l’idea dei tagli alla base sindacale. Kinnock comunque dichiarava che avrebbe appoggiato

qualsiasi iniziativa del governo susseguente alla bancarotta, compreso l’invio di truppe.

Mestamente, Liverpool si preparò alla ritirata.

Alla fine di novembre il DLP votò un piano di sostanziale riequilibrio dei conti con 694 voti

contro 12. Il giorno dopo una riunione di delegati sindacali approvò il piano con una

maggioranza simile. Era una sconfitta e non si poteva nascondere. Il piano era formulato in

modo da eliminare buona parte delle riforme previste per il futuro. In più, vi era un prestito

di 30 milioni da parte di banche svizzere. I giornali fecero non poche ironie sulla strana

alleanza di gnomi di Zurigo e trotskisti del Merseyside. Un lord notò che Lenin aveva

passato molto tempo a Zurigo. Forse il prestito era una sorta di complotto internazionale21!

14. La vendetta di Kinnock

Piegata la resistenza della città, almeno parzialmente, il terreno sembrava pronto per evitare

simili sconcezze per il futuro. Si infittivano gli inviti, sempre più pressanti, alla direzione

laburista perché si decidesse a liberarsi del Militant. Ma la campagna era molto più generale.

I media riversavano un torrente di insulti, calunnie e altre delicatezze del genere sulla

sinistra del partito, su Benn, Scargill e gli altri. L’espulsione dell’ala dichiaratamente

marxista era come l’antipasto di una mutilazione più vasta. Merita di essere ricordato un

episodio minore, anche divertente dopo tutto, per rendere l’idea di quanto non si lasciasse

nulla di intentato. All’inizio di dicembre tutti i media riportarono le dichiarazioni di Paul

McCartney che, ormai ben lontano fisicamente e moralmente dalla sua città, espresse

condanna per le violenze dei minatori, per gli scioperi degli insegnanti e per la malgestione

21 L’audace si chiamava Lord Beloff, Financial Times, 12/12/1985.

30

di Liverpool22. Fosse stato vivo John Lennon non c’è da dubitare che avrebbe risposto per le

rime al suo ex compagno.

I giornali potevano permettersi ogni sorta di nefandezza, ma la direzione laburista doveva

fornire una giustificazione politica della svolta moderata. Le opinioni erano diverse e in

realtà molti dirigenti erano scettici sulla possibilità di poter utilizzare argomenti politici per

espellere qualcuno dal partito. Tipica in questo senso l’espressione di Tom Sawyer, poi

divenuta celebre, durante una riunione dell’esecutivo nazionale del febbraio 1986: “sfido

chiunque a dirmi come andare a Liverpool e sconfiggere il Militant con argomenti”23. Ad

ogni modo la svolta venne facilitata dall’evaporazione della sinistra del partito ben

rappresentata dal destino di Tribune, rivista simbolo della sinistra, paragonabile forse a una

sorta di Manifesto britannico, se non fosse per la sua ben maggiore forza parlamentare,

sempre più allineata alle posizioni neomoderate di Kinnock.

La battaglia cominciò sulla selezione dei deputati. Durante le primarie per la scelta del

candidato, la sinistra soft votò sistematicamente con la destra per sconfiggere candidati

marxisti e della sinistra in genere. La battaglia fu particolarmente aspra a Liverpool, come

c’era da attendersi. La direzione dovette smantellare il DLP, il cuore del partito locale, per

poter far eleggere elementi di destra. Nel novembre 1985, per facilitare il golpe a Liverpool,

l’esecutivo nazionale decise un’inchiesta sul partito locale e sul Militant a livello nazionale.

L’idea che le purghe fossero causate da questioni organizzative venne presto meno:

“Mr Kinnock seems adamant that Mr Hatton and Mr Mulhearn in particular should be

expelled from Labour in the interests of the party’s image to the electorate at large”(The

Daily Telegraph 2/12/1985).

La virulenza della campagna di stampa rivelava una comprensione della natura della

tendenza marxista. Le prove che tale tendenza fosse decisa ad andare fino in fondo

costringevano la stessa burocrazia ad andare fino in fondo nell’isolarla. La tendenza sotto

attacco, raccolta attorno al Militant, era divisa su come rispondere alla purga. Il vicesindaco

Derek Hatton, noto per la sua avventatezza, riteneva che l’autorità che il DLP si era

conquistato nel periodo precedente avrebbe permesso ai ribelli di respingere l’inchiesta.

22 The Sun, 9/12/1985. 23 “I defy anyone to tell me how you can go to Liverpool and defeat Militant by argument”.

31

Qualcuno parlava di formare un partito laburista alternativo con forse oltre 10.000 iscritti.

La cosa sarebbe stata anche possibile, a costo di separare i lavoratori più coscienti e attivi

dalla massa del partito ancora fiduciosa nella direzione nazionale. Ma la maggior parte dei

dirigenti del Militant riteneva un grave errore questa scissione, almeno all’epoca. Le purghe

avrebbero danneggiato le idee radicali, ma non avrebbero sradicato il marxismo dalla base

laburista. Meglio perdere una battaglia, ritirandosi in buon ordine, che accettare la

provocazione e perdere la guerra.

Intanto l’inchiesta proseguiva, con le ispezioni di alcuni funzionari del partito a Liverpool.

Questi raccolsero in decine di pagine lamentele politiche, personali, episodiche che messe

assieme formarono un dossier in grado, a loro dire, di fornire le prove per espellere i

dirigenti del DLP. Scargill, Benn, Heffer e pochi altri si schierarono contro le purghe. Ma

gran parte dell’ex sinistra del partito si era unita a Kinnock.

In questo senso il congresso dell’85 segnò la definitiva spaccatura della sinistra laburista.

Nell’82-’83, quando si cominciò a parlare di espulsioni, la sinistra compattamente le valutò

come un residuo di barbarie stalinista. Nella rivista teorica del partito, il New Socialist, vi

erano editoriali che ricordavano la lunga tradizione di correnti marxiste all’interno del

partito24. Ora la posizione era ben diversa. E per attaccare il Militant era ben più efficace

utilizzare la sinistra morbida rispetto a elementi dichiaratamente di destra con uno scarso

appeal nella base. Invece alcuni dirigenti che avevano una fama di “sinistri” potevano fare

più presa. In fondo lo stesso Kinnock, e prima di lui Michael Foot, avevano avuto questa

stessa evoluzione.

All’inizio dell’86 mentre il dossier anti-Militant si andava infoltendo, il DLP chiese alla

direzione rassicurazioni in merito alla procedura dell’inchiesta. In particolare chiese che

ogni persona posta sotto inchiesta avesse il diritto di difendersi davanti a quella sorta di

tribunale che si andava allestendo. La direzione rifiutò la richiesta. Non si concedeva

nemmeno quello che vale per la giustizia liberale: il diritto alla difesa. La sinistra del partito

organizzò manifestazioni in tutto il paese che raccolsero complessivamente 50.000 persone.

Un successo che rafforzava la necessità di espellerli quanto prima. Iniziarono le “udienze”

dell’esecutivo nazionale. Il modo intimidatorio usato da taluni dirigenti fece dire a Eric

24 Si veda per esempio New Socialist settembre-ottobre 1982.

32

Heffer, che fungeva da difensore di Hatton e altri, “come ex dirigente del dipartimento

dell’organizzazione ho condotto varie inchieste di questo tipo, ma non ho mai visto un

simile comportamento. È stato disgustoso, un’inquisizione maccartista”25.

Le udienze produssero pochi risultati. Inoltre la squadra di investigatori si spaccò e due

membri, Wise e Beckett, produssero un rapporto di minoranza che si pronunciava contro le

espulsioni. Comunque la prima fase dell’inchiesta si concluse con l’invito del team

investigativo a risentire 16 membri del partito e a sospendere il DLP. Data la natura

“movimentista” di questo organismo, in cui la direzione locale doveva sempre tener conto

della base, presente in forza alle riunioni, era chiaro che nessuno spostamento a destra del

partito era possibile senza smantellarlo26.

La mattina del 26 febbraio, di fronte a Walworth Road, dove si sarebbe dovuta tenere la

riunione dell’esecutivo nazionale per prendere le decisioni sulla prosecuzione dell’inchiesta,

mille attivisti del partito, per lo più sostenitori del Militant, protestavano contro la destra e la

minaccia di espulsioni. A quella riunione Sawyer fece la dichiarazione veramente

memorabile già citata. Dopo ore di un dibattito aspro tra sordi, 19 elementi contro 10

votarono perché il segretario del partito Larry Whitty prendesse le misure per espellere

sedici membri del partito. I media si fregavano le mani nel vedere il partito spaccato e

diviso. Parlando a nome della base del partito, almeno quella di Liverpool, Heffer disse a

Kinnock “non dimenticherò mai quello che hai fatto al mio partito a Liverpool”27.

15. Espulsioni

I sedici divennero, per ragioni un po’ oscure, dodici. Di nuovo, la direzione confermò che

non sarebbe stata ammessa una difesa legale per gli inquisiti. Il fatidico giorno delle

espulsioni doveva essere una festa per i dirigenti kinnockiani. Ma gli elementi di sinistra

dell’esecutivo uscirono dalla riunione, appellandosi alla decisione di una corte britannica

25 “As a former chair of the Organisation Sub-Commitee, I have never seen anything like this person’s behaviour. It was disgusting, nothing but a McCarthyite inquisition.” (cit. in Liverpool, a city...) 26 Può rendere l’idea del tono che aveva nel periodo la stampa, questo editoriale (Daily Express, 24/2/1986): “If the National Executive Comitee decides on Wednesday that Liverpool’s Militants should be hanged in public, I will be in the queue for tickets”, purtroppo per John Akass, autore di questa prodezza, la destra dell’esecutivo non era pronta a tanto! 27 “I shall never forgive you for what you’ve done to my party in Liverpool”.

33

che aveva, il giorno prima, respinto il modo con cui l’inchiesta veniva condotta e così

facendo tolsero il quorum alla riunione.

Qui si vide uno dei tanti paradossi di questa storia, con un tribunale dello stato capitalista

che respinge le modalità con cui i riformisti si liberano dei rivoluzionari. Kinnock era

ovviamente furioso. Aveva dimostrato di essere troppo ostacolato, nelle sue manovre, dalla

sinistra del partito e i giornali borghesi lo notarono maliziosamente: “Neil, you’re still not fit

to govern” (Mail on Sunday, 30/6/1986). Anche l’uscita dei “magnifici sette” come

ironicamente vennero chiamati i dirigenti della sinistra che abbandonarono la riunione

dell’esecutivo, non mancò di destare strepiti e insulti nella stampa. Alcuni commentatori

proposero semplicemente di espellere anche loro28.

L’esito della riunione del Nec di marzo, i consigli dei giuristi del partito convinsero la

direzione a buttare il rapporto che pure era costato alle casse del partito decine di migliaia di

sterline. Se il Labour Party avesse passato un momento di finanze floride, nulla da dire, ma

se si pensa che stava licenziando svariate persone, queste spese suonano piuttosto male.

Evidentemente erano considerate un buon investimento. D’ora in poi l’inchiesta si sarebbe

incentrata sul materiale politico (volantini, documenti) prodotto dal DLP di Liverpool e agli

accusati fu persino concesso di portare testimoni a propria difesa. Per un momento al Nec

sembrò aver trovato la giusta formula: chi avesse parlato a una riunione organizzata dal

Militant, sarebbe stato passibile di espulsione. Purtroppo si scoprì presto che lo stesso

Kinnock aveva parlato a una riunione del Militant, all’Università di Swansea, qualche anno

prima. Lo spostamento a destra del partito si vedeva anche nei simboli, come la bandiera

rossa, sostituita da fiori o altro. D’altronde la svolta botanica ha colpito anche i partiti operai

italiani (garofani, querce).

Il 21 maggio la riunione del Nec riconsiderò per la decima volta il caso di Tony Mulhearn, il

più noto sostenitore del Militant di Liverpool. Dopo sette ore di discussioni, e dopo 23 anni

di militanza, Mulhearn venne espulso. Seguirono nei giorni successivi le espulsioni degli

altri accusati. Il partito, a Liverpool, rifiutò con maggioranze bulgare le espulsioni, ma

inutilmente. Semplicemente le espulsioni si tramutarono in decimazioni e intere sezioni

28 Quanto alla stampa interessasse l’argomento Militant lo dimostra questo episodio: Peter Phelps, giornalista del Liverpool Echo, vinse il British Press Award ‘85 e 1000 sterline per i suoi articoli di “inchiesta” sulla giunta e sulla tendenza Militant.

34

vennero disconosciute. D’altra parte non c’era altro modo per purgare il partito da certe idee

e ciò dimostrava se non altro che tali idee non erano affatto un corpo estraneo al partito

stesso. Per espellere i nove iscritti accusati di essere sostenitori del Militant e che avevano

141 anni di militanza tra loro, la direzione spese 250.000 sterline.

Al congresso dell’86, nonostante tutto, la metà circa dei delegati delle sezioni (non cioè i

voti in blocco dei sindacati) si schierò contro le espulsioni. Ma la sinistra era decisamente in

ribasso, tanto che alcuni dei suoi dirigenti, come Heffer, persero il loro posto nell’esecutivo

nazionale.

I consiglieri espulsi dal partito dovevano affrontare anche il giudizio dello stato borghese,

dopo quello avverso dell’apparato riformista. Questo stesso apparato forniva un tappeto

rosso, forse sarebbe meglio dire rosa, per l’intervento dei giudici contro i consiglieri ribelli,

negandogli ogni aiuto. Nel settembre del 1985 i consiglieri di Liverpool e di Lambeth,

“ritardatari”, vennero multati per oltre 100.000 sterline l’uno29. Si è già notato come sia nei

congressi dell’83 e dell’84, sia in dichiarazioni ufficiali del Nec, la direzione laburista si

fosse impegnata a indennizzare i propri eletti costretti all’illegalità dai tagli del governo tory.

Si è anche già detto che la direzione rinnegò le proprie decisioni l’anno in cui dalle

dichiarazioni si passò ai fatti. Da un punto di vista tecnico può essere divertente descrivere

la motivazione della multa. Poiché il governo trasferisce concretamente i fondi al municipio

solo dopo la fissazione del bilancio, la scelta di non fissare il bilancio ritardava l’arrivo dei

fondi e dunque faceva perdere alla città gli interessi su questi fondi.

Un osservatore potrebbe notare che questi interessi entrano comunque nel bilancio del

governo nazionale e non sono dunque persi per la collettività. Non si tratta di soldi

sperperati in opere inutili, o di tangenti. Si tratta di soldi che il comune perde a favore del

governo! Ci vuole davvero molta fantasia giuridica per considerare questa una

29 Può essere interessante notare come il Financial Times osservò, in un articolo, che il principio delle multe poteva avere effetti disastrosi se applicato a livello nazionale. Si pensi cosa succederebbe se si dividesse il debito pubblico per il numero dei parlamentari dei paesi europei o del Giappone o degli Stati Uniti, su ognuno graverebbe una multa di decine o centinaia di miliardi! Così scriveva il Financial Times: “It is not unreasonable that those elected are responsible for their actions, but the electorate’s sanctions (except in the case of fraud) should surely be limited to non re-election...if the principle of surcharge were to applied to MP’s would they be as quick to accept responsibility for their actions?” (cit. In Liverpool, a city... p. 438).

35

“malgestione” dei fondi pubblici. Ma non è certo la fantasia che manca ai giudici quando

reprimono le idee rivoluzionarie.

A Liverpool, il partito organizzò manifestazioni pubbliche per raccogliere il denaro delle

multe. L’anno successivo i liberali riusciranno a far approvare una legge per vietare simili

sconcezze. Il legame tra il ”socialist council” e la popolazione si vide anche in occasione dei

mondiali di calcio dell’86. I tifosi inglesi provenienti da Liverpool avevano striscioni a

sostegno della giunta comunale, una cosa che non si vede spesso negli stadi.

I consiglieri provarono a portare il caso davanti alla Court of Appeal. Le speranze di un

giudizio imparziale si possono sintetizzare con questo fatto: uno dei tre giudici, Lawton, era

stato un candidato fascista alle elezioni. Non sorprende che i giudici decisero, con la

sentenza del 31 luglio, che il District Auditor aveva trattato ”in a fair fashion” i consiglieri.

Ma il corso della giustizia non era finito. I liberali chiesero alla camera dei Lord di cacciare i

47 consiglieri laburisti di Liverpool. Questa perla di democrazia, un organo formato per

discendenza familiare che smembra un organo eletto dal popolo, fu realizzata all’inizio

dell’87. Oltre a ciò, i Lord aumentarono enormemente la multa. Il tutto risultava così

irritante alla città di Liverpool, che perfino i vescovi cattolico e protestante dichiararono la

multa un grave errore e una azione senza precedenti30.

16. La fine della battaglia

Con la cacciata dei 47 laburisti dal consiglio comunale, tory e liberali presero la

maggioranza ad interim. Molto ad interim, perché dopo poche settimane si svolsero le

elezioni comunali. Nel loro breve regno, i liberali reintrodussero la carica di mayor, che

venne occupata dalla moglie del loro capo, e altri aspetti vitali per la popolazione, come la

sfilata dei cavalli e lo scettro, simbolo del potere. Più seriamente, la breve giunta minacciò

di sospendere i programmi laburisti, ma i sindacati, pure ostili verso il consiglio socialista,

minacciarono la rivolta contro simili propositi.

Nel periodo che va dalla fine dell’85 al maggio dell’87 Kinnock e i suoi consiglieri erano

ossessionati dalla necessità di disfarsi dei ribelli di Liverpool. Ogni altro obiettivo vi era

30 Liverpool, a city... p. 436.

36

subordinato. Spesso Kinnock non si presentava nemmeno in parlamento durante il question

time, quando si può attaccare il governo di fronte a tutto il paese su problemi centrali nella

vita politica. In un primo momento, la direzione non aveva compreso il legame profondo tra

la tendenza Militant e il movimento operaio di Liverpool. Procedendo con le purghe, si rese

conto che si richiedeva un’amputazione sempre più profonda. Il sacrificio di spaccare il

partito a qualche mese dalle elezioni era considerato accettabile nell’intento di sradicare idee

di sinistra dal partito. Se almeno i laburisti avessero perso a Liverpool, si sarebbe potuto

dimostrare la nocività di certe idee ma proprio nei cinque anni peggiori del dopoguerra per il

Labour Party, a Liverpool il partito prese maggioranze schiaccianti. Il 1986 non fece

eccezione. Alla consueta campagna ostile della stampa, quell’anno si unì l’attacco della

direzione del partito. Perché gli elettori avrebbero dovuto votare per dei politici che la

stampa aveva dimostrato essere più o meno selvaggi, che il proprio partito espelleva e per

giunta che rischiavano la galera? Ogni spiegazione è ben accetta, ma la più semplice è

probabilmente la migliore: gli elettori di Liverpool condividevano la politica della giunta.

L’ Echo, il giornale capofila nella guerra al Militant, dovette riconoscerlo:

“However experts may analyse the votes, there is not a shadow of doubt that Liverpool’s

town hall election results were a success for Militant...no scouser could have been under any

illusion that a vote for Labour in this city yesterday was a vote for Militant.” (Liverpool

Echo, 14/5/1986)

I conservatori vennero distrutti alle elezioni, a vantaggio dei liberali. Kinnock commentò:

“Senza il Militant penso che la nostra forza sarà anche maggiore”31. Il ministro

dell’ambiente Baker noto che quello era “un triste giorno per la democrazia”.

Evidentemente, questa gente è abituata a misurare il grado di democrazia dall’apatia degli

elettori e soprattutto dei lavoratori. Molta partecipazione per loro equivale a scarsa

democrazia.

Come si è visto, la vittoria non salvò i consiglieri ribelli, che vennero espulsi dal partito e

multati. I consiglieri espulsi accettarono di farsi da parte. Quello che interessava loro era

salvare l’autorità conquistata dalla giunta in quel periodo, non la propria carriera. Questa

31 “With the absence of the Militant element I think our strength will be even greater” (The Guardian, 6/5/1986).

37

“disponibilità” verso le decisioni della neo-destra di Kinnock venne rimproverata al Militant

dai vari gruppetti di estrema sinistra. È vero che il Militant avrebbe potuto guidare una

scissione dal partito ma Liverpool sarebbe comunque rimasta isolata nel momento decisivo

perché la situazione nazionale non era come quella locale. Per riprendere l’analogia esposta

prima: isolare la prima fila dell’esercito dal resto non è una buona idea. Inoltre, il

radicamento delle idee marxiste non è mai stato legato esclusivamente a questioni formali

come l’espulsione decretata da una direzione senza autorità.

Il governo Thatcher, pur godendosi tutta la scena, non rimaneva certo con le mani in mano.

Alla fine dell’86 la privatizzazione dei trasporti municipali provocò il raddoppio delle tariffe

in molte aree. Scioperi e proteste dei lavoratori dei trasporti, ma anche delle

telecomunicazioni, punteggiavano il periodo. La direzione laburista era troppo occupata

nelle purghe per occuparsi di simili scaramucce.

Alla fine di tutto questo processo, nel maggio dell’87, le elezioni comunali diedero

l’ennesimo strepitoso successo al partito laburista di Liverpool. L’epitaffio delle scelte

dell’esecutivo laburista può essere dato da un editoriale di The Economist:

“The three point rise in Labour’s share of the votes since last year suggests that most of

Liverpool’s working-class voters have accepted Militant’s explanation of Liverpool’s

financial crisis. The continuing collapse of the Tory vote - only 9.5 per cent of Liverpudlians

now vote Tory - shows that the government’s version has been rejected by Liverpool’s

middle-class too.” (The Economist 10/5/1987)

Se solo si fosse potuta scrivere una cosa simile dopo le elezioni politiche nazionali!

Purtroppo invece, la campagna elettorale fu un disastro totale, se possibile peggiore di quella

dell’83. La batosta fu quasi completa. Quasi. A Liverpool il partito guadagnò un altro 10%

rispetto all’83. A Walton Heffer ottenne il 65% dei voti. Questa netta differenza avrebbe

dovuto fare giustizia, almeno nelle menti libere da pregiudizi, della pretesa che le idee

rivoluzionarie spaventano gli elettori.

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I liberali erano attoniti dei risultati delle elezioni comunali. Sul Times il loro capo, Trevor

Jones, si lasciò andare a un simile commento: “L’unico modo per distruggere il dominio del

Militant a Liverpool è eliminare il partito laburista in questa città”32.

Alla prima riunione del nuovo consiglio, Tony Byrne, uno dei pochi ribelli ancora non

espulso, espose i meriti della giunta: la costruzione di 5.400 nuove case, la creazione di

almeno 10.000 posti di lavoro. Ma le purghe avevano avuto il loro effetto. Nel consiglio

sedevano molti rappresentanti della destra del partito ben poco propensi a infrangere la

legge solo per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori di Liverpool. Per consolidare

questo nuovo corso continuarono alcune pratiche inusuali, come l’eliminazione di intere

sezioni del partito, il rifiuto di nuove iscrizioni ecc. Tutto ciò indebolì fortemente il partito,

ma anche il Militant. Dall’87, la destra riprese il controllo del partito e del consiglio. Venne

ripagata dagli elettori con una sconfitta elettorale dopo l’altra.

L’esito della battaglia e in genere il dipanarsi degli avvenimenti che abbiamo riassunto qui

giustificano la posizione dei laburisti di Liverpool, della tendenza Militant? La risposta sta

nelle stesse finalità dei consiglieri ribelli. Il loro scopo era utilizzare l’esperienza di

Liverpool, le vittorie e le sconfitte, come un mezzo per educare i lavoratori sulle battaglie

del futuro. Nessuno può dubitare che questo scopo sia stato raggiunto. Ovviamente la destra

del partito e i media a loro totale malincuore. Liverpool ha dimostrato, da una parte, che una

direzione coscientemente rivoluzionaria può attingere alla riserva inesauribile della

combattività dei lavoratori. Dall’altra, non basta conquistare posizioni in alcune città o nei

sindacati. Occorre costruire un’alternativa complessiva alla corrente riformista nel

movimento operaio o qualsiasi vittoria sarà solo un episodio. Questa sequenza, cominciata

nel periodo da noi preso in esame, non è finita nemmeno con la vittoria laburista del ‘97, e

prosegue tuttora sotto Cameron.

17. Gli ultimi anni

Alla fine degli anni ‘80, per le ragioni esposte, la sinistra laburista entrò in un profondo

declino. La sfida di Benn ed Heffer nell’88 contro Kinnock fu il canto del cigno di quella

32 “The only way to end Militant rule in Liverpool is to abolish the Labour Party in this city” (The Times, 8/5/1987).

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generazione. Nel 1988 La Thatcher, dopo un decennio di vittorie, si sentì abbastanza sicura

per attaccare il nemico tutto assieme. Così lanciò la poll tax. Per sperimentare la reazione

della gente, la introdusse prima in Scozia, anche per vendicarsi del trattamento elettorale

riservato dagli scozzesi ai tories. La tassa produsse rivolte, scontri, scioperi. Fu un

fallimento totale, come dimostra lo stesso fatto che viene ricordata per il nome datogli dai

suoi avversari (appunto “poll tax”, testatico).

La tendenza Militant, che in Scozia aveva una influenza importante, decise di promuovere la

costituzione del sindacato nazionale anti-poll tax (Aptu). Il sindacato si estenderà

all’Inghilterra con il tentativo di estendere la tassa verso sud. La sconfitta della Thatcher fu

netta. La direzione laburista, che sostanzialmente boicottò la lotta a una tassa odiata dalla

stragrande maggioranza del suo elettorato, continuava invece la sua politica di

automutilazione. Nel 1990 venne smantellata la federazione giovanile (per le stesse ragioni

per cui si era distrutto il partito a Liverpool). Il successo contro la poll tax e le oggettive

difficoltà di lavorare nel partito spinsero i sostenitori del Militant a interrogarsi sul futuro.

L’autorità conquistata a Liverpool, nelle lotte sindacali ecc., sembrava minacciata dai mille

divieti che la destra imponeva. Come già era successo altre volte, si trattava di scegliere tra

una ritirata di breve periodo e un cambiamento radicale della propria strategia. Nel ‘91-’92,

la maggioranza dei sostenitori del Militant scelse la seconda via e si costituì come

organizzazione aperta. Gli altri rimasero a portare avanti il lavoro di costruire la corrente

marxista del partito laburista.

L’uscita fu originata, oltre che dal successo delle campagne indipendenti, da una

provocazione, a dire il vero scandalosa, che la direzione laburista compì a Liverpool.

Successe che Heffer si ammalò gravemente e vennero indette le elezioni suppletive per

Walton. Walton era un collegio sicuro per il partito, ed Heffer vi prese maggioranze sino a

due terzi. È anche una roccaforte storica della sinistra laburista. Kinnock decise di candidare

Peter Kilfoyle, un oscuro burocrate noto alla base laburista di Liverpool solo come

principale responsabile delle purghe. In particolare Kilfoyle era un nemico acerrimo del

Militant e di Heffer. Dal letto d’ospedale dove passava gli ultimi suoi giorni Heffer pregò la

direzione di ripensare a questa decisione, inutilmente. Le sezioni del partito respinsero la

candidatura ma evidentemente ci sono principi più importanti, per una direzione riformista,

della democrazia, come eliminare i propri oppositori politici. La base del partito scelse

Leslie Mahmood, ma il candidato ufficiale del partito restò Kilfoyle. Il Militant e altre

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tendenze della sinistra del partito decisero di andare avanti lo stesso. Alle elezioni vinse

ovviamente Kilfoyle, anche se di una stretta maggioranza. Il Militant, nonostante il

candidato della base avesse preso solo 2600 voti, decise di estendere questa scelta a tutto il

paese. La provocazione era riuscita, Walworth Road poté da allora cessare di preoccuparsi

che qualcuno gli portasse via il partito.

18. L’eredità del thatcherismo

Gli anni del governo conservatore hanno lasciato un’impronta profonda nella scena politica

inglese, nella sua composizione sociale e anche nella sua produzione artistica. Non si

capirebbero film come “Riff Raff” (e in genere Ken Loach) o “Full Monthy” e “Grazie Ms.

Thatcher” senza conoscere la devastazione industriale lasciata dai tories33. La Gran Bretagna

degli anni ‘90 è un paese squassato dal conflitto di classe34. Un conflitto di classe strisciante,

spesso poco eclatante, ma pervasivo, universale. E l’esempio di Liverpool fa capolino nei

posti più impensati. Le Spice Girls, l’insulso gruppo pop creato a tavolino per arraffare soldi

agli adolescenti più ingenui, fece spesso dichiarazioni a favore della Thatcher per via del

marketing sul “girl power” ma una delle cinque cantanti dichiarò che, in quanto proveniente

da Liverpool, “dove tutti sono socialisti”, era una fervente laburista35.

Ma dove il lascito dei quindici anni thatcheriani pesa di più è proprio all’interno del partito.

Se la Thatcher ha imparato dall’esperienza del governo Heath, Blair ha imparato

dall’esperienza del governo Wilson, e una volta al governò fece timide riforme nel settore

pubblico senza però modificare i rapporti di forza complessivi in seno alla società. D’altro

canto, come ricordato, la sinistra del partito era debole. La grande ondata che si raccolse

attorno a Tony Benn dispersa. Scargill e i suoi sono andati via, per formare un insignificante

Socialist Labour Party, che nel ‘97 raccolse, perfino nelle circoscrizioni dei suoi minatori,

33 In particolare si ricorderà che in Riff Raff l’esperienza di Liverpool viene esplicitamente e positivamente ricordata. 34 In uno speciale di The Economist del 27 settembre 1997 si concludeva che “class divides have sharpened” citando anche un sondaggio secondo cui l’81% degli intervistati pensava che ci fosse lotta di classe in Gran Bretagna (era il 60% negli anni ‘60). 35 “A sentirmi etichettare come tory ho provato la peggiore umiliazione della mia vita…sono sempre stata laburista…ma i nuovi laburisti mi sembrano parenti prossimi dei vecchi conservatori” cit. in “Spice girl contro spice girl”, L’Espresso, 25/9/1997. Come si può notare, Mel C, la spice girl in questione, non solo è una laburista ma anche una critica della destra di Blair!

41

solo le briciole. Allo stesso modo, per le ragioni prima spiegate, buona parte della tendenza

che si raccoglieva attorno al giornale Militant è uscita per formare il Socialist Party.

Tuttavia, a livello locale i conservatori hanno avuto molti problemi. In molte zone del paese

non esistono più da decenni. Per esempio in Scozia, nel Galles a Liverpool, nelle elezioni

comunali, i tories avevano una solida maggioranza ancora negli anni ‘60. Gli anni ‘80 hanno

visto, come spiegato, l’estinzione dei tories come forza politica. Nel ‘95 i conservatori

prendevano due seggi, nel ‘96 uno e nel ‘98...nessuno! Lo stesso vale in città come

Manchester o Sheffield.

Liverpool continua intanto il suo declino pluridecennale. Aveva oltre 600.000 abitanti nel

1971; ne aveva circa 500.000 quando la giunta laburista prese il potere nell’83. Ne ha già

persi un altro 10%. Nonostante i “miracoli” della flessibilità thatcheriana, la disoccupazione,

intorno al 10% negli anni ‘70, è raddoppiata in quel decennio e si è mantenuta oltre il 20%

fino agli anni ‘90 inoltrati. Se poi si considera che oltre un quinto della forza lavoro è part

time (quasi la metà, se si considerano le lavoratrici), si vede come la situazione della città

non abbia guadagnato molto dalle politiche liberiste. Le giunte laburiste o liberali che si

sono succedute alla giunta ‘83-’87 non hanno potuto che continuare a considerare il

problema abitativo come centrale. Così, ancora adesso esiste un Urban Renewal Service. Per

altro, le giunte laburiste “ordinarie” non hanno entusiasmato i cittadini del Merseyside. Così

nelle elezioni del ‘98 hanno vinto i liberali, che hanno preso 52 consiglieri, contro i 31

laburisti. Ma questa sconfitta è innanzitutto causata dalla disaffezione dei votanti laburisti.

Infatti l’affluenza non è giunta al 30%, nemmeno due terzi di quella media del periodo ‘83-

’8736.

Insomma, la popolazione di Liverpool non vide una grande differenza tra le politiche

condotte dai liberali e quelle portate avanti dalla destra laburista. D’altra parte, la tradizione

di lotta della città non è persa. Lo dimostra lo sciopero dei dockers, che è proseguito per

mesi, attirando la solidarietà dei lavoratori di tutto il mondo, dall’Australia all’Asia, dagli

Stati Uniti al Sudafrica.

Infine può essere istruttivo vedere che fine hanno fatto i protagonisti di questa breve

stagione di un’esperienza così intensa.

36 Si veda “The name game”, The Economist 18/4/1998.

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Il governo Thatcher è stato distrutto dalle mobilitazioni contro l’odiata Poll Tax ed è stato

sostituito da Major, che ha continuato, grazie all’impagabile aiuto della destra laburista, il

programma politico tory.

Kinnock è divenuto commissario europeo dei trasporti, posizione da dove ha spinto i paesi

membri dell’Unione Europea a privatizzare tutto e subito, finalmente libero di portare avanti

la politica in cui realmente crede.

Kilfoyle, il tagliatore di teste, è stato premiato, come detto, nel ‘91 per la sua opera di

pulizia politica andando a sostituire Heffer, ormai morente all’ospedale, nel collegio sicuro

di Walton. Si è poi dovuto scontrare con Blair perché troppo di destra persino per lui.

Hatton, il battagliero vice sindaco, si è poi spostato nel mondo dello spettacolo tornando

ogni tanto a far parlare di sé37.

Infine la classe lavoratrice del Merseyside, che ha appoggiato l’unico “socialist council” dal

dopoguerra, continua a pagare per le politiche liberiste dei tory e dei laburisti. Sta ancora

aspettando di capire in che cosa ha sbagliato quando osò combattere per la difesa dei propri

diritti, della propria dignità e del proprio futuro.

Bibliografia

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Grant T., The Unbroken Thread, Fortress, London, 1989 [trad it., Il lungo filo rosso, 2007]

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Taaffe P. e Mulhearn T., Liverpool, a city that dared to fight, Fortress, London, 1988

Taaffe P, The Rise of Militant, MP, London, 1995

Webb S., Storia del movimento operaio inglese, Editori Riuniti, Roma, 1976,

37 http://en.wikipedia.org/wiki/Derek_Hatton.