The Maze Runner - The Kill Order - Ita

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    PROLOGO 

    Teresa guardò il suo migliore amico e si chiese come sarebbe statodimenticarsi di lui.Sembrava impossibile, anche se aveva ormai visto lo Swipe impiantato indecine di ragazzi prima di Thomas. Capelli castani chiaro, occhi penetranti eun costante sguardo di contemplazione — come avrebbe potuto questo ragazzodiventare uno sconosciuto per lei? Come potevano essere nella stessa stanza enon scherzare su qualche odore o prendersi in giro un po' gli incompetentinelle vicinanze?Come avrebbe potuto mai stare di fronte a lui e non cogliere al volo

    un'occasione per comunicare telepaticamente?Impossibile. Eppure, mancava solamente un giorno ancora.Per lei. Per Thomas, era una questione di minuti. Si stese sul tavolo operatorio,gli occhi chiusi, il petto che sale e scende tranquillamente ad ogni respiro. Giàvestito con l'uniforme della Radura: pantaloncini-e-maglietta, sembrava unoscatto del passato — qualche ragazzo ordinario che fa un normale pisolinodopo una lunga giornata in una scuola, prima che l'Eruzione solare e lamalattia rendessero il mondo del tutto non-ordinario. Prima che la morte e ladistruzione rendessero necessario rapire bambini, insieme ai loro ricordi einviarli in un luogo terrificante come il Labirinto. Prima che i cervelli umanifossero conosciuti come la Killzone e avessero bisogno di essere osservati estudiato. Tutto in nome della scienza e della medicina.Un medico e un infermiere prepararono Thomas e ora stavano abbassando lamaschera sul suo viso. Producevano 'Click' e altri segnali acustici; Teresaguardò i fili di metallo ei tubi di plastica scivolare sulla pelle e nelle orecchie di Thomas, vide le suemanidistendersi e rilassarsi lungo i fianchi. Probabilmente sentiva in qualche modomale, nonostante i farmaci, ma che non aveva ne avrebbe avuto. La macchinainiziò il suo lavoro, strappando le immagini dalla memoria di Thomas. La

    cancellazione di sua mamma e dell suo papà e della sua vita. La cancellazionedi lei.Qualche piccola parte di lei sapeva che la cosa l'avrebbe dovuta farearrabbiare. Farla urlare e rifiutare di aiutarli per un secondo di più. Ma lamaggior parte di lei era solida come una roccia del paesaggio montuoso làfuori. Sì, la maggior parte del suo sé interiore era sicura, ed era certa che losarebbe stata anche l'in domani, quando la stessa cosa sarebbe stata fatta alei.Lei e Thomas stavano dimostrando la loro convinzione sottomettendosi a ciòche gli era stato chiesto di fare. E se sarebbero morti, così

    sia. CATTIVOsarebbe giunta ad una cura, milioni di persone sarebbero statesalvate, e la vita sulla terra un giorno sarebbe potuta tornare alla normalità.Teresa in suo piccolo ne era certa, così come sapeva che gli esseri umani

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    invecchiano e le foglie cadono dagli alberi in autunno.Thomas fece un sospiro, poi si lamentò nel sonno, muovendosi. Teresa pensòper un secondo terrificante che avrebbe potuto svegliarsi, agitato e in agonia— sapeva cosa facevano quelle cose nel suo cervello. Ma si calmò e riprese ilquieto respiro di prima.

    Si erano salutati dicendosi Ci vediamo domani , le parole le risuonavanoancora nella mente. Per qualche ragione era rimasta davvero colpita quandoThomas lo disse, le fece realizzare quanto quello che lui stava per fare eraancora più surreale e triste. Si sarebbero rivisti domani anche se lei sarebbestata in coma e lui non avrebbe avuto la minima idea chi lei fosse con solo unprurito nella propria mente che gliela facesse sembrare famigliare. Domani.Dopo tutto quello che avevano dovuto passare — tutta la passione, la paura ela pianificazione — tutti i nodi stavano venendo al pettine.Quello che era stato fatto ad Alby, a Newt e a Minho, e a tutti gli altrisarebbe stato fatto anche a loro. Non c'era modo di tornare indietro.

    Ma lei era calma, come se fosse stata drogata. Era in pace, quei sentimentirilassanti mantenevano il terrore riguardo i Radurai e gli Spaccati abada.CATTIVO non aveva altra scelta.Lei e Thomas — loro non avevano scelta. Come avrebbe potuto nonsacrificare 'pochi' per salvare 'molti'? Come avrebbe potuto farlo qualcuno?Non c'era tempo per provare pietà o tristezza o avere dei desideri. Era così ebasta; ciò che è fatto è fatto; quello che sarebbe successo... sarebbe successo.Non c'era modo di tornare indietro. Lei e Thomas avevano contribuito acostruire il Labirinto; al tempo stesso lei si era esercitata con grande sforzoper costruire un muro per trattenere le sue emozioni.

    I suoi pensieri svanirono, sembravano un grumolo sospeso mentre aspettavache la procedura di Thomas fosse completa. Quando finalmente terminò, ilmedico spinse diversi pulsanti sul suo schermo che emise sibili e scricchiolii. Ilcorpo di Thomas si contrasse un po' mentre i tubi e i fili serpeggiavano via etornavano dentro la maschera.Si mosse ancora e la maschera si spense, e i suoni del movimento cessarono.L'infermiere si chinò in avanti e sollevò il capo di Thomas. La pelle eraarrossata e segnata da linee dove nei punti in cui era poggiata la macchina. Gliocchi ancora chiusi.Per un breve momento, il muro di Teresa che tratteneva la tristezza cominciò a

    sgretolarsi. Se Thomas si fosse svegliato in quel momento, non si sarebbericordato di lei. Provò terrore — quasi un senso di panico — al sapere che sisarebbero presto incontrati nella Radura senza riconoscersi. Era un pensieroschiacciante che le ricordava vividamente il perché avesse costruito il muro perprima cosa. Come un abile muratore risbattè un mattone dove si era formatala crepa, richiudendola.Ora era solida e spessa.Non c'era modo di tornare indietro.Due uomini del Team di sicurezza vennero per aiutare a spostare Thomas. Losollevarono dal lettino, lo issarono come se fosse fatto di paglia. Uno teneva ilragazzo incosciente per le braccia, l'altro per i piedi, e lo spostarono su unabarella. Senza nemmeno rivolgere un solo sguardo a Teresa, si diressero versola porta della sala operatoria. Tutti sapevano dove sarebbe stato portato. Il

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    medico e l'infermiere si misero a ripulire il posto — il lavoro era stato eseguito.Teresa gli fece un cenno, anche se loro non la stavano guardando, quindi seguìgli uomini nel corridoio.Riuscì a malapena a guardare Thomas mentre percorrevano il lungo viaggioattraverso i corridoi e gli ascensori della sede della CATTIVO. Il suo muro si

    indebolì di nuovo. Thomas era così pallido, il viso coperto da gocce di sudore.Come se fosse cosciente della cosa in qualche modo, combattendo i farmaci,consapevole delle cose orribili che lo aspettavano all'orizzonte. Le doleva ilcuore a vederlo così. E aveva paura che lui sapesse che fosse accanto a lui. Ilsuo stupido muro. Che importava? Sarebbe scomparso assieme a tutti i suoiricordi comunque.Raggiunsero il livello interrato al di sotto della struttura del Labirinto,camminarono attraverso il magazzino pieno di scaffali pieni dei rifornimenti periRadurai. Era fresco e buio, e Teresa sentì la pelle d'oca lungo tutte le braccia.Rabbrividì e si strofinò le spalle.

    Thomas rimbalzava spintonato sulla barella a causa delle crepe nel cementodel pavimento, un altro sguardo di terrore cercò di sfondare la sua calmaesteriore del suo volto dormiente.Raggiunsero il colonnato dell'ascensore, dove stava il grande cubo di metallo.La Scatola.Erano a solo un paio di piani sotto la Radura, ma i futuri Radurai venivanomanipolati in modo da pensare che il viaggio di andata fosse lungo e faticoso.Era stato pensato allo scopo di stimolare una serie di emozioni eschemi cerebrali, dalla confusione al disorientamento, al terrore definitivo.Un inizio perfetto per mappare la Killzone di Thomas.

    Teresa sapeva che sarebbe stata sottoposta al viaggio lei stessa l'indomani.con un biglietto stretto tra le mani. Ma almeno lei sarebbe stata in uno statocomatoso, risparmiandosi la mezz'ora di movimento nel buio. Thomas sisarebbe svegliato nella Scatola, completamente solo.I due uomini sistemarono Thomas accanto al casello. C'era un orribile stridiodel metallo contro il cemento come se una grande scaletta stesse strisciando allato del cubo. Per alcuni momenti di imbarazzo mentre salivano i gradini vollestringere di nuovo Thomas. Avrebbe potuto ma si rifiutava, era abbastanzatestarda per stare lì a guardare, a puntellare le crepe nel suo muro più chepoteva.

    Con un paio di grugniti e imprecazioni, gli uomini accostarono Thomas in altosul bordo. Il suo corpo era sistemato in modo che i suoi occhi chiusi fosseroproprio di fronte a Teresa per un ultima volta. Anche se lei sapeva benissimoche non avrebbe sentito, allungò la mano e gli parlò nella mente.Stiamo facendo la cosa giusta, Thomas. Ci vediamo dall'altra parte. Gli uomini si chinarono e spinsero Thomas per le braccia per quanto potevano;il resto cadde con lui. Teresa sentì il tonfo del suo corpo accartocciando sulfreddo acciaio del pavimento interno. Il suo migliore amico.Si voltò e se ne andò. Da dietro di lei arrivò il suono distinto del metallo chescorreva contro il metallo, poi un forte boom mentre le porte del Box sichiudevano. Segnando il destino di Thomas, qualunque esso fosse.

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    CAPITOLO 1 

    Mark tremava per il freddo, cosa che non gli capitava da un sacco di tempo.Si era appena svegliato, le tracce della prima alba filtravano attraverso le fessure deitronchi accatastati che componevano il muro della sua piccola capanna. Non avevaquasi mai usato la coperta. Ne era orgoglioso — l'aveva ricavata dalla pelle di un alcegigante che aveva ucciso due mesi prima — ma quando la usava, era specialmenteper il confort che donava, non tanto per il calore. Vivevano in un mondo devastato dalcalore, dopo tutto. Ma forse quello era segno di un cambiamento; sentivaeffettivamente un po' il raffreddamento nell'aria del mattino che filtrava dalle stessecrepe della luce. Si tirò la pelle pelosa fino al mento e si voltò sulla schiena, facendoun sonoro sbadiglio come se avesse dormito per anni.Alec era ancora addormentato sulla branda sull'altro lato della capanna — a due metridi distanza — russava furiosamente. L'uomo più anziano era burbero, un ex soldatoindurito che raramente sorrideva. E quando lo faceva, di solito aveva qualcosa a chefare con il borbottio nel suo stomaco. Ma Alec aveva un cuore d'oro. Dopo più di unanno insieme, lottando per la sopravvivenza insieme a Lana e Trina e il resto di loro,Mark non si era più fatto intimidire dal vecchio orso. Solo per dimostrarlo, si chinò eraccolse una scarpa da terra, poi la gettò sull'uomo. Lo colpì alla spalla.Alec ruggì e si raddrizzò, anni di addestramento militare lo fecero svegliare all'istante."Che dia—" gridò il soldato, ma Mark lo interruppe gettandogli l'altra scarpa, questavolta facendola schioccare sul suo petto."Tu piccolo pezzo di fegato di ratto," disse Alec freddamente. Non aveva battutociglio o spostato un muscolo dopo il secondo attacco, solo fissò Mark con gli occhisocchiusi. Ma c'era una scintilla di umorismo dietro di loro. "Starei meglio sesentissi una buona ragione per cui hai scelto di rischiare la vitarisvegliandomi in questo modo." "Ummmmm," rispose Mark, sfregandosi il mento come se stesse ci stesse riflettendosopra. Poi schioccò le dita. "Ah, ci sono. E' stato principalmente per fermare isuoni terribili che produci. Scherzi a parte, uomo, hai bisogno di dormire suun fianco o qualcosa del genere. Un russare del genere non può essere sano.Un giorno di questi di collasserà la gola." Alec brontolò e grugnì un paio di volte, mormorò parole quasi indecifrabili mentre sialzava dal suo giaciglio e si vestì. Era qualcosa del tipo "spera che non lo faccia" e"meglio così" e "anno di inferno", ma Mark non riuscì a capire molto di più. Ilmessaggio era chiaro, però."Andiamo, sergente," disse Mark, sapendo di avere circa tre secondi perallontanarsi. Alec era stato ritirato dalla vita militare per lungo tempo e avevadavvero, davvero, davvero odiato quando Mark lo aveva chiamato. Al tempodell'Eruzione solare, Alec aveva un lavoro a contratto con il Dipartimento della Difesa.

    "Non ce l'avresti mai fatta a costruire questa bella dimora se noi non tiavessimo tirato fuori dai guai di ogni giorno. Che ne dici se ci diamoun'abbraccio e ci prepariamo?" 

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    Alec gli tirò una camicia sopra la testa, poi gettò un'occhiata a Mark. Le foltesopracciglia grigie dell'uomo più anziano si raggrupparono nel mezzo come se fosseroinsetti pelosi che cercavano di accoppiarsi. "Mi piaci, ragazzo. Sarebbe un peccatodoverti sotterrare." diede un colpetto a Mark su un lato della testa — il gesto piùvicino all'affetto che il soldato avesse mai dimostrato.

    Soldato. Sarebbe anche passato tanto tempo, ma a Mark piaceva ancora pensarloancora in quel modo. Lo faceva sentire meglio —sicuro— in qualche maniera. Sorrisementre Alec usciva fuori dal loro capanno per affrontare un altro giorno. Un verosorriso. Qualcosa che era finalmente diventato un po' più comune dopo un intero annodi morte e terrore che li aveva seguiti fino a quel luogo in alto sui monti del NorthCarolina occidentale. Decise che non importava cosa, avrebbe spinto tutto il doloredel passato da parte per avere una buona giornata. Non importava cosa.Il che significava che aveva bisogno di portare a Trina le foto prima dei successividieci minuti. Si vestì in fretta e andò a cercarla.La trovò dal torrente, in uno dei luoghi tranquilli in cui si recava a leggere alcuni deilibri che avevano recuperato da una vecchia biblioteca in cui si erano imbattuti

    durante i loro viaggi. Quella ragazza amava leggere come nessun altro, lo aveva fattoper tutti i mesi trascorsi letteralmente a correre per salvarsi la pelle, anche quando ilibri erano pochi e scarseggiavano. Il formato digitale era ormai andato, per quantoMark poteva immaginare—spazzato via quando i computer e i server si erano fritti deltutto. Trina leggeva il giornalino di una vecchia scuola.La passeggiata verso di lei era stata deludente come al solito, ogni passo indebolì lasua volontà di avere una buona giornata. Guardò la fitta rete di alberi e case suglialberi e cunicoli sotterranei che componevano la metropoli fiorente in cui vivevano—tutti sparsi nel fango secco, tutte posizionate sulla sinistra o sulla destra— unoscherzo. Non poteva passeggiare tra i vicoli affollati dei sentieri del loro insediamento,senza che gli ricordasse i bei giorni che viveva in una vera grande città, quando la vitaera ricca e piena di promesse, tutto il mondo a portata di mano, pronto per esserepreso. E lui non lo aveva nemmeno realizzato.Aveva passato orde di pelle e ossa, gente sporca che sembrava sull'orlo della morte.Non aveva avuto pietà di loro tanto come odiava sapere che sembrava proprio comeloro. Avevano abbastanza alimentari— scovati nelle macerie, a caccia nei boschi,rubato da Asheville a volte— ma il razionamento era solo parte del gioco, e ognuno lovedeva come un breve pasto al giorno. E se si vive nei boschi ti sporchi le mani, nonimporta quante volte ci si tuffa nel ruscello.Il cielo era azzurro con un pizzico di quell'arancio bruciato che aveva tormentatol'atmosfera dal momento in cui l'Eruzione solare aveva devastato il mondo senzamolto preavviso. Oltre un anno fa, eppure riverberava ancora lì per ricordarglielo persempre. Chissà se le cose sarebbero mai tornare alla normalità. La freddezza cheMark aveva provato al risveglio sembrava uno scherzo ormai — stava già sudando perl'aumento costante della temperatura, mentre il sole superava la cima degli alberiradi.Non era affatto una cattiva notizia. Mentre aveva lasciato i labirinti del loroaccampamento ed entrava nel bosco, incontrò molti segnali promettenti. Nuovi alberistavano crescendo, alberi secolari si stavano riprendendo, gli scoiattoli scattavano peri rami anneriti dei pini, dei germogli verdi e boccioli erano spuntati tutto intorno.Aveva anche visto qualcosa che sembrava un fiore arancione in lontananza. Avrebbequasi voluto prendere qualcosa per Trina, ma sapeva che lei lo avrebbe tormentatoper tutta la vita se avesse osato ostacolare il progresso della foresta. Forse la suagiornata sarebbe andata bene, dopo tutto. Erano sopravvissuti al peggior disastro

    naturale mai accaduto nella storia umana — forse le cose avevano iniziato a girare.Respirava affannosamente per la fatica della scalata sul monte e si volto quandoraggiunse il punto in cui Trina amava fuggire. Soprattutto la mattina, quando le

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    probabilità di vedere qualcuno lassù erano poche. Si fermò e la guardò da dietro unalbero, sapendo che lei lo aveva sentito avvicinarsi, ma contento che lei facesse fintadi no.Cavolo, se era carina. Appoggiata contro un enorme masso di granito che sembravaessere stato messo lì come una gigante decorazione, teneva un grosso libro in

    grembo. Girò una pagina, gli occhi verdi seguivano le parole. Indossava una magliettanera e un paio di jeans aderenti, scarpe da ginnastica che sembravano avere uncentinaio di anni. I capelli corti biondi mossi dal vento, ed appariva come unadefinizione di pace e comfort. Come se il mondo che esisteva prima non fosse andatodel tutto bruciato.Mark aveva sempre sentito come se lei fosse sua come una semplice questione disituazione. Praticamente chiunque altro lei avesse mai conosciuto era morto; lui eral'unico catorcio rimasto da prendere per lei, l'alternativa era rimanere da sola. Maavrebbe volentieri giocato la sua parte, e si considerava fortunato — non sapeva cosaavrebbe fatto senza di lei."Questo libro sarebbe molto meglio se non avessi qualche ragazzo

    raccapricciante che mi stalkerizza mentre provo a leggerlo." disse Trina senzail minimo accenno di un sorriso. Lei girò un'altra pagina e continuò a leggere."Sono solo io," disse. La metà di quello che diceva intorno a lei suonava spessomuto.Uscì da dietro l'albero.Lei rise e finalmente lo guardò. "Era ora che arrivassi qui! Stavo quasi periniziare a parlare da sola — Leggo da prima dell'alba." Si avvicinò e si lasciò cadere per terra accanto a lei. Si strinsero in un abbraccio,stretto e caldo e pieno della promessa che si era fatto al suo risveglio.Si tirò indietro e la guardò, non curandosi del sorriso goffo che stava moltoprobabilmente decorandogli il viso. "Sai cosa?" "Cosa?" Chiese lei."Oggi sarà perfetto, un giorno perfetto." Trina sorrise e le acque del torrente continuarono a correre, come se le sue parole nonsignificassero nulla.

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    CAPITOLO 2 

    "Non ho una giornata perfetta da quando ho compiuto sedici anni," disse Trina mentrerichiudeva il suo libro e lo riponeva affianco a sé. "Tre giorni dopo, sia tu che iocorrevamo per salvarci la pelle attraverso un tunnel più cocente del sole." "Bei tempi", rifletté Mark come se fosse una cosa confortante. Si appoggiò contro lostesso masso, incrociò le gambe. "Bei tempi".Trina gli diede un'occhiata di traverso. "La mia festa di compleanno o l'Eruzionesolare?""Nessuno dei due. Ti piaceva quell'idiota di John Stidham alla tua festa. Ricordi?"Uno sguardo colpevole le comparve sul viso. "Uhm, sì. Sembra come se fosseaccaduto circa tre mila anni fa."

    "C'è voluto che mezzo mondo venisse spazzato via perché tu ti accorgessi finalmentedi me." Mark sorrise, ma si sentiva vuoto. La verità era un po' deprimente, anche ascherzarci su, e una nube scura si formò nella sua testa. "Cambiamo discorso." "Sono d'accordo." Lei chiuse gli occhi e appoggiò la testa contro la pietra. "Non vogliopensarci ancora."Mark annuì, anche se lei non lo poteva vedere. Aveva improvvisamente perso ognivoglia di parlare, e i suoi piani per una giornata perfetta se ne erano ormai andati. Iricordi. Non lo avevano mai abbandonato, neanche per una mezz'ora. Avevanosempre avuto fretta di tornargli in mente, riportando a galla tutto l'orrore."Stai bene?" Gli chiese Trina. Allungò la mano e afferrò la sua, ma Mark la tirò via,sapendo che fosse tutta sudata. 

    "Sì, sto bene. Vorrei solo che potessimo passare almeno un giorno senza qualcosa checi riporti al passato. Potremmo essere perfettamente felici in questo posto se solopotessimo dimenticare. Le cose stanno migliorando. Abbiamo solo bisogno di ...lasciarlo andare!" Quasi gridò l'ultima parte, ma non aveva idea a cosa fosse diretta lasua rabbia. Odiò quei pensieri. Le immagini. I suoni. Gli odori. "Lo faremo, Mark. Lo faremo." lei provò a cercarlo di nuovo, e questa volta lui le presela mano."Sarà meglio tornare" Lo faceva sempre. Quando i ricordi gli tornavano alla mente,passava subito in modalità "business" . Si prendeva sempre cura dei suoi affari ecercava di smettere di usare il cervello. Era l'unica cosa che riusciva ad aiutarlo."Sono sicuro che Alec e Lana avranno già trovato almeno una quarantina di cose da

    farci fare.""Deve essere fatto oggi," Trina aggiunto. "Oggi! O il mondo finirà!"Lei sorrise, il che contribuì a tranquillizzare la situazione. Almeno un po'."Potrai leggere qualcosa di diverso da quel libro noioso più tardi." Si alzò in piedi,tirandola su con lui. Poi si incamminarono di lungo il sentiero di montagna, dirigendosiverso il villaggio improvvisato che avevano 'casa'. Per prima cosa furono gli odori a colpire Mark. Era sempre così quando si dirigevano alRifugio centrale.Il sottobosco marcio, la carne cotta, la linfa dei pini. Tutto condito con quell'odore dibruciato che si era diffuso in tutto il mondo dopo le eruzioni solari. Non erasgradevole, in realtà, semplicemente inquietante.

    Lui e Trina percorsero la strada oltre gli edifici storti e apparentemente agglomeratiassieme. La maggior parte degli edifici di quella zona del capo erano stati creati neiprimi mesi, per prima cosa avevano trovato delle persone che erano state architetti eappaltatori e li avevano messi in carica. Capanne di tronchi,fango e setole di aghi di

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    pino. C'erano delle parti buche che fungevano da finestre e porte dalla forma strana.In alcuni punti vi erano anche dei buchi nel terreno, il fondo coperto da teli di plastica,alcuni tronchi erano legati assieme per coprirli quando pioveva. Era una situazionelontanissima rispetto ai grattacieli e i paesaggi nei quali era cresciuto.Alec salutò Mark e Trina con un grugnito mentre attraversavano la porta sbilenca della

    struttura del Rifugio centrale. Prima che potessero salutare, Lana arrivò marciando apasso svelto verso di loro. Una donna robusta con i capelli neri sempre raccolti in unacrocchia, era stata infermiera nell'esercito ed era più giovane di Alec, ma più vecchiadei genitori di Mark — lei e Alec si erano uniti a loro quando Mark li aveva incontratinei tunnel sotto New York City. Prima di ciò, avevano entrambi lavorato peril Dipartimento della Difesa. Alec era il suo capo; erano in viaggio per un incontro diun qualche tipo, quel giorno. Prima che tutto cambiasse. "Dove siete stati voi due?" domandò Lana quando si fermò a pochi centimetri dal visodi Mark. "Dovevamo cominciare all'alba quest'oggi, uscire dalla valle Meridionale edesplorare per creare una nuova succursale. Un altro paio di settimane con questoritmo di sovraffollamento e potrebbe diventare troppo difficile" 

    "Buon giorno," disse Mark in risposta. "Sembri piena di lavoro oggi."A quel punto sorrise; Mark sapeva che l'avrebbe fatto. "Tendo ad andare dritto alpunto a volte, non è così? Anche se c'è una bella differenza all'arrivare ai modiscontrosi di Alec.""Il sergente? Sì, hai ragione."A quelle parole, il vecchio oso grugnì. "Mi dispiace di essere in ritardo", disse Trina. "Mi piacerebbe fare qualcosa perscusarmi, ma essere onesta è la cosa migliore che possa fare. Mark mi ha fatto andarefino al torrente e noi ... lo sai." Non c'erano molte cose che potevano riuscire a sorprendere Mark in quei giorni,ancora di più per farlo arrossire, ma Trina era in grado di farlo giungere ad entrambele cose. Balbettò mentre Lana alzava gli occhi. "Oh, risparmiamela." si agitò Lana aggiungendo: "Ora andate a prendere qualcosa perla colazione se non lo avete già fatto e andiamo. Voglio essere di nuovo qui entro unasettimana."Una settimana nel deserto, vedere cose nuove, respirare aria nuova ... tutto sembravabello alla mente di Mark, risollevandogli il morale da terra.Si ripromise di concentrarsi sul presente, mentre viaggiavano e cercare solo di godersil'escursione. "Avete visto Darnell e Il Toad?" chiese Trina. “E Misty?""I Tre Marmittoni?" Domandò Alec, seguito da un accenno di una risata. L'uomopensava che le cose più strane fossero divertenti."Almeno si ricordano il piano. Hannogià mangiato, sono andati a fare rifornimento, Dovrebbero tornare qui in un batterd'occhio." Mark e Trina erano già a metà delle loro porzioni delle loro frittelle e salsicce di cervoquando sentirono il suono familiare degli altri tre amici che avevano recuperato nellegallerie di New York."Togliti quella roba dalla testa!" Disse una voce con un lamento, proprio mentreapparve un ragazzo con un paio di mutande sistemate sulla testa come un cappelloapparve sulla soglia. Darnell.Mark era convinto il ragazzo non avesse mai preso sul serio qualcosa in tutta la suavita. Anche quando il sole aveva cercato di farlo bollire vivo nell'anno passato,sembrava essere pronto con una battuta. "Ma mi piace!" Stava dicendo mentre entrava nel Rifugio. "Mi aiuta a mantenere i

    capelli a posto e mi protegge dal tempo meteorologico. Due cose al prezzo di uno!" Dopo di lui entrò una ragazza, alta e magra, con i capelli lunghi e rossi, solo un po' piùgiovane di Mark. La chiamavano Misty, sebbene non avesse mai rivelato il suo vero

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    nome. Stava guardando Darnell con un'espressione a metà tra il disgusto e ildivertito. Il Toad (Il Rospo) — corto e tozzo, come sottolineava il suo soprannome —passò spingendola da parte, afferrando le mutande dalla cima della testa di Darnell."Dammi qua!" gridò, facendo un balzo per raggiungerlo. Era il diciannovenne piùbasso che Mark avesse mai visto, ma grosso come una quercia albero — tutto

    muscoli, tendini e vene.Il che per qualche motivo gli altri pensavano che andasse bene stuzzicarlo, perchétutti sapevano che poteva dire un sacco di cose di loro se avesse voluto davvero. Maal Toad piaceva essere al centro dell'attenzione. E a Darnell piaceva essere goffo efastidioso. "Perché vorresti tenere quelle brutte robe sulla testa?" Chiese Misty. "Ti rendi contodove sono state, no? Che hanno coperto le parti basse del Toad?""Ottima osservazione," Darnell rispose con sguardo di finto disgusto, proprio mentre ilToad finalmente riuscì a strappargli la biancheria dalla testa. "Scarsa capacità digiudizio da parte mia." Darnell scrollò le spalle. "Sembrava divertente comunque."Il Toad ripose il tutto nel suo zaino. "Beh, rido per ultimo. E' da due due settimane che

    non le lavo." Iniziò con una risata, un rumore che a Mark ricordava il grugnito di un cane in lottaper un pezzo di carne. Ogni volta che il Toad la faceva, ogni persona nella stanza, nonpoteva fare a meno di partecipare, e il ghiaccio finalmente si scioglieva. Mark nonriusciva ancora a capire se stava ridendo per l'oggetto o semplicemente per suoniprodotti dal Toad. In entrambi i casi, quei momenti erano pochi e rari, e lo facevasentire bene ridere, così come anche guardare il viso di Trina.Anche Alec e Lana stavano ridacchiando, il che fece pensare Mark che forse stava peressere davvero un giorno perfetto, dopo tutto.Ma poi le loro risate furono interrotte da uno strano suono. Qualcosa Mark non avevasentito in più di un anno, e non si aspettava di sentire mai più.Il suono di motori nel cielo. 

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    CAPITOLO 3 

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    Era il rombo di un motore, il rumore scosse il Rifugio da cima a fondo.Una nube di polvere all'improvviso si spostò dai tronchi accatastati vorticandonell'aria. Ci fu un coro di tosse generale. Mark si coprì le orecchie finché il suono nonsi affievolì abbastanza e il Rifugio non smise di tremare. Alec era già in piedi e si stavadirigendo verso la porta prima che chiunque altro potesse fare qualcosa. Lana si mise

    velocemente dietro di lui, con gli altri al seguito.Nessuno disse una parola fino a quando non arrivarono tutti fuori, il luminoso sole delmattino picchiava sul terreno.Mark strizzò gli occhi, la mano per parare il bagliore, mentre cercava nel cielo la fontedel rumore."E' una Berga," annunciò inutilmente il Toad. "Ma che ..."Era la prima volta che Mark vedeva una di quegli enormi dirigibili da quando eranocadute le eruzioni solari, e quella vista lo urtò. Non riusciva a pensare a qualcheragione per cui una Berga — una volta sopravvissuta al disastro — sarebbe dovutavolare attraverso le montagne. Ma eccola lì, grande,brillante e rotonda, con propulsoriblu che bruciavano mentre si abbassava verso il centro dell'insediamento.

    "Cosa ci fa qui?" domandò Trina mentre il piccolo gruppo si aggirava tra i vicoliangusti del paese, seguendo il percorso della Berga."Hanno sempre lasciato forniturenegli insediamenti più grandi, come Asheville.""Forse ..." cominciò Misty. "Forse sono venuti a salvarci o qualcosa del genere? ciporteranno da qualche parte?""Assolutamente no," la schernì Darnell. "Lo avrebbero fatto molto tempo fa."Mark non disse nulla mentre correva dietro al gruppo, ancora un po' storditodall'improvvisa apparizione della Berga. Tutto ciò che la riguardava era misterioso, enessuno sapeva chi fossero. C'erano stati dei segnali e delle voci di un qualche tipodi governo centrale che si stava organizzando, ma non vi erano ancora state notizieaffidabili. E tanto meno nessun contatto sociale. Era vero che le forniture e il ciboerano stati portati nei campi vicino ad Asheville, e la gente di solito li condivideva congli insediamenti periferici.La Berga si fermò più avanti, i suoi propulsori puntarono verso il basso mentre libravaa quindici metri sul Piazzale, una zona dalla forma quadrata lasciata a nudo quandoavevano costruito l'insediamento. Il gruppo prese ritmo e giunse sul loco per scoprireche vi si era riunita una folla, gente che si era riunita presso la macchina volante comese fosse una divinità. Con il rumore del motore e l'abbagliante luce blu, o almeno cosìsembrava. Sopratutto dopo tanto tempo che non vedevano alcun segno di tecnologia.La maggior parte della folla si era radunata al centro della piazza, nei loro volti eranoimmagini di attesa e di eccitazione. Sembravano essere giunti tutti alla stessaconclusione, come Misty— che la Berga era giunta lì per salvarli, o almeno per portarebuone notizie. Mark era diffidente, però. Dopo l'anno che aveva appena passato,aveva imparato più volte a non covare mai troppe speranze.Trina si tirò su le maniche, poi si chinò a parlare con lui. "Che cosa sta facendo? Nonc'è abbastanza spazio per l'atterraggio.""Non lo so. Non ci sono segni o qualcosa che possa indicare la provenienzadella Berga o di chi sia."Alec era abbastanza vicino da sentire la loro conversazione nonostante il ringhioriprodotto dai propulsori. Probabilmente con il suo super-udito da soldato. "Dicono chequelli che quelli che forniscono Asheville hanno la scritta PFC dipinta a grandi letteresul lato. Post-Flares coalization. (Coalizzazione post-Eruzione)" Stava praticamenteurlando. "Sembra strano che questo non abbia nulla scritto sopra."Mark scrollò le spalle verso di lui, non era sicuro del fatto che le informazioni di Alec

    significassero davvero qualcosa. Si rese conto di essere in una sorta di stato diintontimento. Guardò verso l'alto, si chiese cosa potesse esserci all'interno della navee quale fosse lo scopo per cui si trovava lì. Trina gli strinse la mano e lui gli diede una

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    pacca sulle spalle di rimando. Stavano entrambi sudando."Forse Dio è con noi", disse il Toad con una voce stridula che faceva sempre quandogridava "E' venuto a porci le sue scuse per l'Eruzione solare."Con la coda dell'occhio, Mark notò Darnell prendere un respiro, aprì la bocca,probabilmente per dire qualcosa di intelligente e divertente di nuovo al Toad. Ma fu

    interruppe da un forte suono straziante proveniente dall'alto, seguito dal gemito e unstridio di tubi. Mark guardò affascinato come il grande portello dalla forma quadratasul fondo della Berga cominciò ad aprirsi, facendo perno sui bordi mentre la rampa siabbassava. Era buio all'interno, e piccoli ciuffi di nebbia turbinante vennero fuorimentre il divario si allargava.Sussulti e grida incresparono in tutta la folla; mani alzate e le dita puntate verso l'alto.Mark distolse lo sguardo dalla Berga per cogliere tutto di quel momento, colpito da unsenso di stupore che lo circondava. Erano diventati dei disperati, persone disperate,che vivevano ogni giorno con la pressante sensazione che ogni giorno potesse esserel'ultimo. E stavano tutti lì, a guardare verso il cielo, come se lo quello che aveva dettoil Toad fosse più di una semplice battuta.

    Quel desiderio brillava negli occhi di tutti, come se la gente pensasse realmente diessere state salvate da una forza divina. Il che fece venire a Mark un senso di nausea.Una nuova ondata di grida si riversò attraverso il Piazzale, e Mark scostò di nuovo losguardo per osservare di nuovo. Cinque persone erano emerse dalle tenebredella Berga, vestite di abiti che gli fecero provare un brivido lungo la spina dorsale.Erano tute verdi e gommose ad un solo pezzo che ricoprivano gli stranieri dalla testaai piedi. Gli abiti avevano delle visiere a forma di casco attraverso cui potevanovedere, ma il bagliore e la distanza rendevano impossibile per Mark vedere i loro volti.Percorsero con i loro grandi stivali neri tirati su fino a sopra il materiale verde fino aché tutti e cinque non furono allineati sul bordo esterno del portello abbassato, il lorolinguaggio del corpo era teso e mostrava lo sforzo impiegato per mantenersi inequilibrio.Ciascuno di loro teneva un tubo nero in mano come se fosse una pistola.Ma i tubi non assomigliavano a nessuna pistola che Mark avesse mai visto. Eranosottili e lunghe, con un allegato alla fine che li rendevano simili a parti di un impiantoidraulico a cui qualcuno aveva strappato una pompa industriale. E una volta che glistranieri si stabilirono nelle loro posizioni, tenero quelle robe simili a tubi rivolte allepersone al di sotto di loro.Mark si rese conto che Alec stava urlando, spingendo e spingendo le persone perallontanarle. Tutto intorno a loro scoppiò il caos — grida e panico — ma Mark eracaduto in uno stato di trance, a guardare gli stranieri con i loro abiti e le loro strane eminacciose armi uscire dalla Berga mentre tutti gli altri nella folla finalmente capivanoche quelle persone non erano lì per salvare qualcuno. Cosa gli sarebbe accaduto senon avesse agito in fretta? Chi era sopravvissuto ad un intero anno di inferno dopoche l'Eruzione aveva devastato la terra?  Era ancora immobilizzato, a guardare, quando fu sparato il primo colpo.Colse una sfocatura di un movimento, un rapido lampo di qualcosa di oscuro e piccolosi sentì scoppiare da uno di quei tubi. Lo sguardo di Mark seguì la traiettoria. Sentì untonfo, si voltò appena in tempo per vedere che Darnell aveva un dardo lungo cinquepollici infilzato nella spalla, un albero sottile e metallico piantato nella profondità delmuscolo. Il sangue gli colava dalla ferita. Il ragazzo produsse uno strano grugnitomentre crollava a terra.Finalmente Mark riprese il controllo.

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    A

    CAPITOLO 4

    Le urla riempirono l'aria mentre le persone in preda al panico correvano in ognidirezione. Mark si abbassò, afferrò Darnell mettendo il suo braccio sopra le spalle. Ilsuono di frecce volanti tagliano l'aria a destra e a manca, trovando obiettivi, lo spinsead affrettarsi, cacciando ogni altro pensiero dalla sua mente.Mark tirò su Darnell, trascinando il suo corpo sul terreno. Trina era caduta, ma Lanaera lì, la aiutò ad alzarsi. Entrambe corsero ad aiutarlo, afferrando un piede di Darnellciascuno. Con grugniti sincronizzati lo sollevarono e si allontanarono dalla piazza, fuori

    dallo spazio aperto. Fu un miracolo che nessun altro nel loro piccolo gruppo era statocolpito da un dardo.Swish, swish, swish. Thunk, thunk, thunk. Urla e corpi che cadono.I proiettili continuavano ad arrivare, atterrando intorno a loro; MarK,Trina e Lanavelocizzarono il passo più che potevano, portando goffamente Darnell con di loro.Passarono dietro un gruppo di alberi — Mark sentì un paio di colpi duri mentre o dardisi infilavano nei rami e nei tronchi — poi tornarono di nuovo allo scoperto. Siaffrettarono attraversando una piccola radura e un vicolo tra diverse casette di legnocostruite a casaccio.C'erano persone ovunque - bussavano freneticamente alle porte, saltavano attraversole finestre aperte.

    Poi Mark udì il rombo dei propulsori e un vento caldo gli soffiò sul viso. Il rombo sifece più forte, così come il vento. Alzò lo sguardo, seguendo il rumore, per vedere chela Berga si era spostata, seguendo la folla in fuga. Vide il Toad e Misty. Facevanofretta alla gente, le loro grida si persero nelle esplosioni della Berga.Mark non sapeva cosa fare. Trovare riparo era la cosa migliore, ma c'erano troppepersone che cercano di fare la stessa cosa e unirsi al caos con Darnell messo cosìavrebbero solo ottenuto di finire calpestati. La Berga si fermò di nuovo, e ancora unavolta gli stranieri nelle loro strane tute alzato le armi e aprirono il fuoco.Swish, swish, swish. Thunk, thunk, thunk. Un dardo sfiorò la camicia di Mark e finì al suolo; qualcuno ci passò sopra, facendolapenetrare ancora di più nel terreno. Un altro dardo colpì il collo di un uomo proprio

    mentre stava correndo di fianco a loro — urlò e si tuffò in avanti mentre il sangue glisgorgava dalla ferita. Quando atterrò, rimase immobile e tre persone gli inciamparonoaddosso. Mark si rese conto solo dopo che si era fermato, sconvolto da ciò che stavaaccadendo intorno a lui, quando Lana gli gridò di continuare a muoversi.I tiratori sopra di loro avevano evidentemente migliorato la loro mira. Le freccettestavano colpendo le persone a destra e a manca e l'aria era intrisa di urla di dolore eterrore. Mark si sentiva del tutto impotente, non c'era modo di proteggersi dallosbarramento. Tutto quello che poteva fare era cercare di correre più veloce dellamacchina volante, un compito impossibile.Dov'era Alec? Il tizio pompato di tutti gli istinti di battaglia? Dove era scappato?Mark continuava a muoversi, tirandosi il corpo di Darnell dietro, costringendo Trina e

    Lana a stare alla sua velocità. Il Toad e Misty correvano di fianco a loro, cercando diaiutare senza però riuscirci. Le Frecce continuavano a piovere sui corpi, più urlavano,più ne cadevano.Mark si voltò barcollò lungo il vicolo che conduceva alla Capanna, fiancheggiò il muro

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    del palazzo alla sua destra che gli fungeva da scudo. Non c'erano molte persone cheseguirono l'esempio, ma c'erano molte meno frecce da dover schivare.Il piccolo gruppo zoppicò più in fretta che poteva trasportando il loro amicoinconsistente. Le strutture erano state costruite praticamente una sopra l'altra inmodo regolare, e non c'era spazio per tagliare la corda o fuggire nei boschi circostanti

    montagne."Siamo quasi alla Capanna!" Urlò Trina. "Sbrigati, prima che il Berga torni asovrastarci!"Mark si girò completamente all'indietro, prese Darnell per il retro della camicia.Scattare all'indietro gli tese i muscoli delle gambe al massimo, e gli bruciavanofacendogli venire dei crampi. Non c'era niente in quel momento che avrebbe potutorallentarli, così Mark accelerò, Lana e Trina tennero il passo, entrambe reggendo unagamba di Darmell.Il Toad e Misty presero un braccio ciascuno, alleggerendo un po' del carico.Scivolarono attraverso i sentieri e viuzze, oltrepassarono le radici che sporgevanodalla terra battuta, girando a sinistra e poi a destra e poi ancora a sinistra. Il ruggito

    della Berga proveniva dalla loro destra, smorzato dalle abitazioni e dai rami deglialberi che li separavano.Mark finalmente girò un angolo e vide la Capanna nella piccola radura. Si spinse a fareuno sprint finale per raggiungerla, proprio mentre un'orda di residenti correva nellaparte opposta, frenetica e selvaggia, spargendosi in tutte le direzioni, dirigendosiverso qualsiasi porta in vista. Rimase immobile mentre Berga si precipitava verso diloro, avvicinandosi alla terra più di quanto Mark avesse visto prima.C'erano solo tre persone in piedi sulla soglia del portello ormai, ma aprirono il fuoconon appena la Berga si stabilì in una posizione di copertura.Piccole strisce argento vennero sparate in aria, piovvero sulla gente disseminata nellaradura. Ogni proiettile sembrava seguire una sua traiettoria, colpendo il collo e lebraccia di uomini,donne e bambini. Urlarono e si accasciarono a terra quasiimmediatamente, gli altri inciamparono sui loro corpi nella folle corsa ai ripari.Mark e il piccolo gruppo si lanciarono a lato dell'edificio più vicino e posarono Darnell aterra. Il dolore e la stanchezza gli attraversarono braccia e gambe, facendogli venirvoglia di crollare accanto all'amico inconscio."Dovremmo lasciarlo qui," disse Trina, le mani sulle ginocchia, cercando perriprendere fiato. "Ci rallenta, ed è già mezzo andato comunque.""E' comunque morto, per quanto ne sappiamo," gracchiò il Toad.Mark gli gettò un'occhiata acida, ma l'uomo aveva probabilmente ragione. Avrebbemesso a repentaglio la loro vita per salvare qualcuno che non aveva alcuna possibilitàdi farcela, dopo tutto."Che succede adesso?" Chiese Lana mentre si portò verso l'angolo del palazzo perguardare la radura circostante. Guardò verso di loro da sopra la spalla. "Stanno soloraccogliendo la gente fuori, a destra e a sinistra. Perché stanno usando le frecceinvece di dei proiettili?""Non ha senso", rispose Mark."Non possiamo fare qualcosa?" Domandò Trina, il corpo tremante per quella chesembrava più frustrazione che paura. "Perché stiamo lasciando che queste personefacciano questo?" Mark si avvicinò a Lana e sbirciò fuori assieme a lei. I corpi disseminati erano per laradura, impalati da frecce rivolte verso il cielo come fossero una foresta in miniatura.La Berga si aggirava ancora sopra di loro, i propulsori infuriavano fiamme blu."Dove sono i nostri uomini della sicurezza?" sussurrò Mark senza riferirsi a qualcuno in

    particolare. "Hanno preso la giornata libera o qualcosa del genere?"Nessuno rispose, ma il movimento sopra alla porta della Capanna catturò l'attenzionedi Mark e sospirò di sollievo. Era Alec, agitando freneticamente una mano, invitandoli

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    ad unirsi a lui. L'uomo teneva quello che sembravano essere due enormi balestre conrampini alle estremità collegati a grandi bobine di corda.Sempre un soldato — anche dopo tutti questi anni, l'uomo aveva un piano — e avevabisogno di aiuto.Stava per combattere contro quei mostri. E Mark era d'accordo.

    Si tirò via dal muro e si guardò intorno. Vide un pezzo di legno sul lato opposto delvicolo. Senza dire agli altri quello che stava facendo, corse in là per afferrarla, poicorse fuori nella radura, e puntò dritto alla Capanna e ad Alec, utilizzando il legnocome scudo.Non aveva bisogno di guardare verso l'alto, poteva sentire lo sfrecciare distinto dellepuntate verso di lui. Sentì lo scrocchio di una di queste colpire il legno. Corse più chepoteva.

    A

    CAPITOLO 5

    Mark alternò il ritmo dei suoi passi, prima accelerando e poi rallentando, schivandocolpi a destra e a manca, facendosi strada verso Alec. Le frecce si conficcavano ai suoipiedi nel terreno circostante; un secondo lancio ha colpì il suo scudo improvvisato.

    Mentre correva attraverso lo spazio aperto, Alec — stringendo ancora quei rampini —si faceva strada attraverso la radura. I due quasi si schiantarono uno contro l'altrodirettamente sotto la Berga, e Mark si abbassò immediatamente per cercare diproteggere entrambi con il suo scudo.Gli occhi di Alec bruciavano con furore. Capelli grigi o meno, improvvisamentesembrava ringiovanito di vent'anni."Dobbiamo fare in fretta!" Urlò. "Prima che si decida a decollare!"I propulsori bruciavano sopra le loro teste e le frecce continuavano a sbattere su tuttele persone intorno a loro. Le urla erano terribili."Che cosa devo fare?" Gridò Mark. La miscela ormai familiare di adrenalina e terroregli risalì tutto il corpo mentre attendeva istruzioni dal suo amico.

    "Tu coprimi, con questo."Alec spostò i fucili prendendoli sotto il braccio e tirò fuori una pistola — un modellonero che Mark non aveva mai visto prima — dal retro dei pantaloni. Non c'era tempoper esitare.Mark prese la pistola con la mano libera, e dal peso dell'arma sapeva che era carica.Un dardo colpì in legno mentre stava alzando la pistola. Poi un altro. Gli stranieri sullaBerga avevano capito le intenzioni delle due persone spostate nel mezzo della radura.Più frecce iniziarono a battere a terra come una improvvisa grandinata."Spara, ragazzo!" ringhiò Alec. "E mira bene, perché hai solo dodici munizioni. Nonsprecarle. Ora!"Detto questo, Alec si girò e corse ad un punto a circa dieci metri di distanza. Markpuntò la pistola contro le persone sul portellone del Berga e sparò due colpi rapidi,sapendo che aveva bisogno di ottenere velocemente la loro attenzione in modo chenon si accorgessero di Alec. I tre vestiti di verde si abbassarono e si misero inginocchio, incurvandosi verso il basso per usare la rampa di metallo come scudo. Uno

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    di loro tornò dentro la nave.Mark gettò lo scudo di legno da un lato. Strinse la pistola con entrambe le mani, siconcentrò per restare calmo. Una testa sbirciò oltre il bordo del portellone sopra diloro e Mark rapidamente prese la mira, poi fece partire un colpo. Le sue manisaltarono indietro con il rinculo, ma vide uno schizzo rosso, uno spruzzo di sangue

    nell'aria; un corpo cadde dalla rampa e si schiantò su un gruppo di tre persone al disotto. Ondate di nuove urla eruttarono da tutte le direzioni, mentre la gente vedevaquello che stava accadendo.Un braccio si distese intorno alla porta della Berga, teneva l'arma-tubo fuori da essasparando colpi casuali. Mark sparò, udì un rumore metallico tagliente mentre ilproiettile colpiva l'aggeggio di metallo, poi osservò l'arma cadere a terra. Una donnala raccolse e cominciò ad esaminarlo, cercando di capire come usarlo per combattere.Cosa che poteva solamente aiutare.Mark rischiò un rapido sguardo verso Alec. Teneva in mano l'arma sollevata come sefosse un marinaio che sta per arpionare una balena. Sentì un pop e improvvisamenteil gancio volò verso la Berga, la corda gli andò dietro come una scia di fumo. Il gancio

    sferragliò contro uno dei tubi idraulici lasciando il portello aperto e gli girò intorno,saldandosi. Alec tirò la corda."Dammi la pistola!" urlò il soldato.Mark alzò gli occhi per assicurarsi che nessuno fosse riapparso e si fosse messo asparare un'altra raffica di dardi; poi corse da Alec, gli porse la pistola. L'uomo l'avevaappena presa quando Mark sentì un clic e Alec sparò verso il cielo, il suo dispositivo lotirò su assieme alla corda, verso la Berga in bilico. Tenne l'arma-rampino con unamano e puntò la pistola sopra di sé con l'altra. Appena giunto al bordo del portello, sisentirono tre spari in rapida successione. Mark guardò l'uomo salire sulla rampa, ipiedi furono l'ultima cosa a scomparire dalla sua vista. Pochi secondi dopo, un altrotipo vestito in verde venne lanciato oltre il bordo, sbattendo in un punto vuoto."L'altro gancio!" Alec urlò verso di lui. "Presto, prima che ne escano di più uscire o chesi mettano a decollare!" Non attese una risposta prima di voltarsi per affrontarequalcun'altro sulla Berga. Il cuore di Mark correva, gli faceva quasi male mentrebatteva rapidamente contro le costole. Si guardò intorno, avvistò l'altro dispositivoabbandonato sul terreno dove Alec lo aveva lasciato cadere. Mark lo prese, loesaminò, sentì un impeto di panico non sapendo usare quel stupido affare."Basta che lo punti qui!" gridò Alec verso il basso. "Se non si aggancia cattura, lotengo io. Muoviti! "Mark lo tenne mentre puntò il rampini verso il centro del portellone. Premette ilgrilletto. Il rinculo fu forte, ma si agganciò al primo colpo, sentì l'urto che gli procuròdolore alla spalla. La corda seguì il gancio verso la Berga, fino ad oltrepassare il bordodel portello aperto. Tintinnò e scivolò all'indietro, ma Alec lo afferrò appena in tempo.Mark osservò Alec che corse ad uno dei tubi idraulici e vi avvolse il ganciostrettamente intorno."Okay!" Urlò Alec. "Spingi il tasto verde per riavvolger—"Venne interrotto dai ruggenti motori della Berga e il velivolo riprese altezza. Mark siafferrò all'estremità del dispositivo che lo tirò verso il cielo, facendogli staccare i piedida terra. Sentì Trina gridare verso di lui da sotto, ma il terreno era ormai lontano, lagente sempre più piccola. Provò un soffuso senso di paura mentre veniva tirato su,strinse le dita così forte che diventarono bianche. Guardare verso il basso gli fecegirare la testa e gli provocò disturbo allo stomaco, così costrinse lo sguardo verso ilportellone.Alec si stava arrampicando indietro oltre il bordo della rampa — aveva quasi rischiato

    di essere spedito verso la morte. Prese a calci i nemici e si tirò su per sicurezza,utilizzando la stessa corda con cui Mark si era aggrappato. Poi si lasciò cadere apancia in giù sullo stomaco e guardò Mark con gli occhi spalancati.

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    "Trova il tasto verde, Mark!" Urlò. "Premilo!"L'aria stava correndo intorno al corpo di Mark, il vento combinato alla potenza deipropulsori. La Berga stava prendendo quota, ora era ad almeno cento metri da terra,e aumentava, dirigendosi verso gli alberi. A Mark restavano solo pochi secondi primadi essere fatto a pezzi o lo strappassero dalla corda. Si tenne mentre cercava il

    pulsante del dispositivo.Lo trovò, a pochi centimetri più in basso rispetto al grilletto che aveva premuto persparare fuori il gancio e la corda.Odiava l'idea di lasciarsi andare, anche solo per un secondo, ma concentrò tutta la suaforza nella mano destra, stringendo le dita ancora più strette, poi lo fece con lasinistra. Tutto il corpo si lasciò cadere in avanti e indietro nell'aria, ondeggiandocontro il vento e sobbalzando ad ogni urto della Berga. Le cime dei pini e delle quercecaddero al suo passaggio. Non aveva mai abbastanza di controllo per premere ilpulsante.Improvvisamente ci fu un rumore metallico e un fragore e uno stridio di metallo sopradi lui e alzò gli occhi. Il portello si stava chiudendo.

    A

    CAPITOLO 6

    "Sbrigati!" gridò Alec dall'alto.Mark provò di nuovo il tasto mentre raggiunsero gli alberi. Sbatté la mano sinistra dinuovo contro l'arma e la strinse più forte che poté. Si chiuse a riccio e chiuse gli occhi.I primi rami del pino più alto sbatterono contro il suo corpo mentre la Berga glielofaceva oscillare contro. Degli aghi gli si infilarono nella pelle e le punte spinose deirami degli alberi gli strapparono i vestiti e gli graffiarono il viso. Erano come manischeletriche che formavano degli artigli che non volevano lasciarlo libero, tirandoloverso la morte. Ogni centimetro del suo corpo sembrava essere stata raschiata daqualcosa.Ma si mise da parte, si slanciò da una parte mentre la Berga lo strappava viadall'albero. Rilassò le gambe, poi scalciò selvaggiamente mentre la nave si girava discatto, facendolo ciondolare con un grande arco. Il portello era a metà strada dal

    chiudersi e Alec si sporse e oltre il bordo, cercando di tirare la corda su, il volto quasiviola dallo sforzo. Le sue parole si persero nella confusione generale.Lo stomaco di Mark era frastornato, ma sapeva che aveva una sola possibilità. Lasciòandare il dispositivo con la mano sinistra, la lasciò andare lungo il fianco finché nontrovò di nuovo il grilletto, lo toccò dove sapeva essere il tasto verde. La sua visioneperiferica mostrò altri alberi provenienti sul percorso, la Berga si stava abbassando inmodo tale che non avrebbe più avuto alcuna possibilità di fare sua mossa.Trovò il pulsante, lo premette, ma le sue dita scivolarono. I rami lo raggiunsero, e luilo cercò di nuovo, premendo il dispositivo contro il suo corpo per fare leva, quindipremette il pulsante duro. Cliccò e lo sparò verso l'alto proprio mentre il suo corpoveniva oscillato nel fitto fogliame degli alberi. Lui gli passò attraverso, volteggio verso

    il portello soprastante, i rami gli schioccarono in faccia. Ci fu un suono ronzantementre la corda si ritirava dentro il dispositivo, Alec lo strattonava, aveva una manotesa. La lastra di metallo della porta era solo due o tre metri dalla chiusura.

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    Mark lasciò andare il dispositivo poco prima di colpire l'angolo del portellone che salivalentamente, saltando per prendere la mano di Alec e afferrare il metallo con l'altra.Fece presa, ma Alec lo teneva saldamente, tirandolo dentro attraverso il divario che sistava restringendo. Mancava così poco che Mark dovette contorcersi e scalciare, maalla fine vi passò attraverso appena in tempo, anche se ha dovette tirare via la suola

    della sua scarpa strappata dalle fauci del portello. Questo si chiuse con un fragorosobotto che echeggiò tra le pareti scure dell'interno della Berga.Faceva fresco all'interno, e una volta che l'eco si spense, l'unica cosa che Mark potevasentire era il suono del suo respiro affannoso. Vi era completa oscurità, almeno per isuoi occhi che non ne erano abituati, dopo essere stati fuori al sole accecante. SentivaAlec nelle vicinanze, anche lui stava riprendendo fiato. Ogni ultimo centimetro delcorpo di Mark doleva e si sentiva uno stillicidio di sangue in diversi punti. La Berga sifermò, ronzando mentre aleggiava sul posto."Non posso credere a quello che abbiamo appena fatto," disse Mark, la sua voceecheggiò. "Ma perché non c'è un esercito di persone in attesa qui per noi, cibutteranno in mare? Ci Spareranno con quei dardi?"

    Alec si lasciò sfuggire un sospiro pesante. "Non lo so. Potrebbero anche avere unequipaggio ridotto, ma penso che ci sia almeno un tizio di sopra ad attenderci.""Potrebbe puntarci una di quelle spara-dardi alla mia testa in questo momento.""Bah!" Alec sputò. "Forse quei tizi non erano nessuno, avranno fatto la stessa cosache abbiamo dovuto fare noi. Comunque abbiamo ripulito il loro equipaggio. Tuttitranne il pilota, almeno.""O forse ci sono dieci ragazzi con le pistole in attesa che noi usciamo fuori da questastanza," mormorò Mark."Beh, uno di questi due scenari, comunque," rispose Alec. "Vieni, andiamo." Il soldatoavanzò; Mark non poteva che seguirlo tramite i suoni che produceva.Sembrava che stesse strisciando."Ma ...", cominciò Mark, poi si rese conto che non aveva niente da dire. Che altrostavano andando a fare, sarebbero rimasti lì e giocare a mosca-cieca fino a quandoqualcuno non sarebbe giunto a salutarli con latte e biscotti? Si portò mani sulleginocchia, ascoltò il battito cardiaco tornato alla normalità, e seguì il suo amico.Una fonte di luce debole apparve pochi passi più avanti, e mentre si avvicinavanol'ambiente cominciò a mettersi un po' più a fuoco. Sembrava di essere in una sorta diripostiglio, con mensole lungo tutte le pareti con cinghie o catene per tenere il tutto aposto. Ma almeno la metà degli scaffali erano vuoti.La luce proveniva da un pannello luminoso sopra una porta di metallo con i bulloni chene foderavano i bordi."Mi chiedo se ci abbiano rinchiuso dentro" disse Alec mentre finalmente si alzò. Siavvicinò alla porta e cercò la maniglia. Certo, solo, non si mosse.Mark era sollevato di alzarsi in piedi — il pavimento era duro contro le ginocchia — mai suoi muscoli si lamentarono mentre si tirava in piedi. Era da un po' che non avevasfruttato così tanta energia, e doversi sostenere mentre veniva sbattuto contro ungruppo di alberi era stata la sua prima volta in assoluto."Che succede, comunque?" Chiese. "Qualcuno vuole con il nostro piccolo edinsignificante villaggio? E fa a freccette con noi? Voglio dire, che cosa è stato?""Vorrei saperlo." Alec tirò la porta in modo più forte, tirando la maniglia, ancora senzaalcun risultato. "Ma quelle persone di certo sono cadute come mosche una volta queglistronzi hanno iniziato a colpirle." Si allontanò dalla porta con sguardo frustrato, poimise le mani sui fianchi come una vecchia signora."Caduti come mosche," Mark ripeté con calma. "Anche Darnell è uno di loro. Pensi che

    stia bene? "Alec gli lanciò uno sguardo come per dire che era più intelligente di così. E Marksapeva che era vero. Il suo cuore affondò un po'. Era stato tutto così una folle corsa

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    da quando la Berga era arrivata, che aveva registrato solo ora: Darnell eraprobabilmente morto."Perché siamo qui?" Chiese Mark.Alec gli puntò un dito contro. "Perché è quello che si fa quando qualcuno viene a casatua e attacca il tuo popolo. Si combatte. Io non ho intenzione di lasciare che queste

    sanguisughe se ne escano con quella merda."Mark pensò Darnell, a tutte le persone che stavano male e si sentivano confuse; sirese conto che Alec aveva ragione. "Bene. D'accordo. Allora cosa facciamo?""Per prima cosa, dobbiamo aprire questa porta. Aiutami a guardare, vedi se possiamotrovare qualcosa per far si che questo accada."Mark vagò per la stanza, anche se la luce era pietosa. "Perché ci siamo fermatiadesso, comunque?""Di certo ti piace farmi domande a cui non posso rispondere. Basta che tieni gli occhiaperti e cerchi per bene.""Va bene, va bene."In un primo momento Mark vide solo spazzatura e altra spazzatura — pezzi di

    ricambio, utensili, scatole piene di rifornimenti di un po' di tutto, dal sapone alla cartaigienica. Poi vide qualcosa legata al muro che sapeva Alec avrebbe apprezzato: unamazza."Ehi, qui!" esclamò Mark. La tirò fuori delle cinghie, pesandola nelle mani. "E' bello epesante, perfetto per abbattere la porta con le gigantesche braccia di un soldato.""Non è forte come quelli di una volta."Il vecchio orso sorrise, una scintillante luce debole gli comparse negli occhi, mentreprendeva l'asta di legno. Marciò verso la porta sigillata e cominciò colpirla. Non c'eraalcuna possibilità di riuscita, ma Mark aveva pensato che avrebbe potuto occupare unminuto buono o due di lavoro per indebolirla. Sperava solo che quando l'avrebberoaperta non ci sarebbe stato un esercito di teppisti in verde ad attenderli dall'altraparte.Clang. Clang. Clang. Alec continuava a farlo, le ammaccature sempre più grandi.Mark continuò a curiosare, sperando di trovare qualche tipo di arma per quando laporta finalmente si sarebbe aperta. Almeno Alec aveva un enorme mazza dasventolare. Qualcosa nell'angolo più buio della stanza catturò lo sguardo di Mark, unasezione piena di scatole dure con una lettera maiuscola lunga forse due metri, alte lametà e profonde che sembravano state fatte per proteggere qualcosa di importante.Alcuni erano aperti e vuoti; altri sigillati.Si affrettò e sforzò gli occhi per vedere, ma era troppo buio per fare qualcosa.Prese una delle scatole-sigillate che era più leggera di quanto non avrebbe maiimmaginato — e si portò verso la luce — quindi poggiò il contenitore in basso sullagriglia metallica del pavimento.Sporgendosi, finalmente riuscì a darci una buona occhiata.

    C'era un simbolo di avvertimento nella parte superiore, di quelle che indicavano ilcontenuto di qualche arma biologica. Un'etichetta sotto il simbolo diceva:

    Virus VC321xb47altamente contagioso

    24 Dardi, fare estrema cautela

    Mark improvvisamente desiderò non aver mai toccato quella roba.

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    A

    CAPITOLO 7

    Mark si raddrizzò e si trasferì a pochi metri più in là. Non riusciva a credere di avertirato fuori quella scatola. Avrebbe potuto aprirla prima di portarla alla luce. Perquanto ne sapeva, quei dardi si erano aperti durante la lotta con la Berga. Forse ilvirus si era infiltrato attraverso le piccole crepe del contenitore. Per non parlare chec'erano scatole aperte sugli scaffali, anche se sembravano essere vuote.Si asciugò le mani sui pantaloni, si allontanò ancora di più.Clang. Clang. Clang. Alec si fermò, respirava affannosamente. "Altre due o tre bastonate e credo chequesto bambinone cadrà. Dobbiamo essere pronti. Hai trovato delle armi?"Mark si sentiva male. Come se degli insetti microscopici gli si fossero infiltrati nellapelle e si stessero scavando la strada attraverso il suo sangue, anche mentre stavalì. "No, solo una scatola che contiene dardi riempiti con un virus mortale. Forsepossiamo gettargliene un po' addosso?" L'aveva pensata come uno scherzo, ma inqualche modo lo fece sentire ancora peggio, mentre le parole gli uscirono dalla bocca."Che cosa? Un virus?" ripeté Alec con tono dubbioso. Si avvicinò e guardò giù verso ilpavimento. "Sarà ... Quindi questo è quello che ci sparavano contro? Chi sono questepersone?"Mark era in preda al panico. "E se ci stessero aspettando dall'altra parte di quellaporta?" Chiese."In attesa di infilarci quelle freccette nel collo? Cosa stiamo facendo ancoraqui?" Poteva sentire l'allarme crescente nella sua voce e se ne vergognò."Calmati, ragazzo. Siamo stati in situazioni peggiori rispetto a questa", risposeAlec. "Solo trova qualcosa — qualsiasi cosa — così possiamo far saltare la testa achiunque ci si metta contro. Vuoi lasciare che queste persone portino via altri deinostri amici? Siamo qui adesso. Non c'è modo che torniamo indietro."La combattività nella voce di Alec fece sentire meglio Mark, più sicuro di sé."Bene. Cercherò.""Sbrigati!"Mark aveva notato una chiave inglese legata alla parete vicino alla mazza. Corse a

    prenderla. Aveva sperato in una vera e propria arma, ma il pezzo di metallo avrebbepotuto funzionare.Alec teneva la mazza in mano, pronto a sbattere contro la maniglia della porta. "Hairagione sul fatto che ci potrebbero sparare contro, non appena questa si apre. Nondobbiamo caricare e attraversarla come un paio di stupidi gorilla. Stai lì e aspetta ilmio segnale."Mark fece come gli era stato detto, premette la schiena contro il muro dall'altra partedella porta, tenendo stretta la chiave. "Sono pronto." La paura gli pulsava dentro."Bene, allora." Alec sollevò alta la mazza, poi la schiantò contro la maniglia.Ci sono vollero altri due colpi per romperla finalmente del tutto. Un altro colpo e laporta si aprì, si spostò verso l'esterno e sbatté contro il muro sull'altro lato. Quasi

    subito tre dardi tagliarono l'aria, swoosh, swoosh, swoosh, infiltrandosi nel murodietro-stante. Poi ci fu il rumore di qualcosa che colpiva rumorosamente il pavimento,seguito da passi in fuga. Una sola persona.

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    Alec alzò una mano, come se pensasse che Mark sarebbe corso alla carica. Poi sbirciòoltre il bordo del telaio della porta."Tutto pulito. E il ratto deve essere rimasto a corto di frecce, perché ha gettato lapistola a terra. Sto cominciando a pensare che su questa Berga ci siano solo pochepersone. Vieni, andiamo a prendere quella donnola."

    Alec si appoggiò e diede un ultima occhiata, spazzando il suo sguardo avanti eindietro. Poi si trasferì nella zona scarsamente illuminata dall'altra parte. Mark fece unrespiro profondo e lo seguì nel corridoio, calciando la pistola via con disgusto. Mentrequesta scivolava verso l'altra parte della stanza colpì un muro, gli fece immaginareDarnell, il dardo che gli si conficcava dritto contro la sua spalla. Mark avrebbe volutoavere qualcosa di più di una chiave inglese in mano.Alec tenne la mazza con entrambi i pugni, si piegò di lato mentre strisciava attraversolo stretto corridoio. Era leggermente incurvato, come se seguisse il bordo esternocircolare della nave. I pannelli che emanavano luce come quello che avevano vistonella sala del portellone erano distanziati una decina di metri di distanza l'unodall'altro, il che forniva una luce più uniforme. Sorpassarono diverse porte, ma erano

    tutte bloccate quando Alec provò ad aprirle.Mark combatté contro i suoi nervi mentre camminavano, cercando di essere prontonel caso qualcosa saltasse fuori all'improvviso. Stava per chiedere ad Alec qualcosasul funzionamento di una Berga — si ricordò che l'uomo era stato un pilota una volta— quando sentì sbattere una porta più avanti, e quindi altri passi."Via!" Urlò Alec.Il cuore di Mark sobbalzò e si mise a correre, seguendo Alec per il corridoio curvo.Mark poté solo intravedere un'ombra corrergli davanti, ma sembrava essere qualcunoin una di quelle tute verdi che avevano visto prima, ma senza il copricapo. La personagridò qualcosa, ma le parole furono indecifrabili mentre echeggiavano tra le pareti delcorridoio. Era sicuramente un uomo. Molto probabilmente quello che aveva sparatocontro di loro.I motori si riattivarono tutti intorno a loro e la Berga scattò, scaraventandoli in avanti.Mark perse l'equilibrio e si è schiantò contro un muro, rimbalzò, poi inciampò controAlec, che stava disteso sul pavimento. I due si rimisero in piedi, afferrando le armi."La cabina di pilotaggio è proprio là," gridò Alec. "Sbrighiamoci!"Non attese la risposta — l'uomo corse lungo il corridoio e Mark lo seguì.Raggiunsero una zona aperta con delle sedie e un tavolo proprio mentre l'uomo chestavano inseguendo scomparsi attraverso una botola rotonda in quella che dovevaessere la cabina di guida. Si tirò dietro la porta chiudendola, ma Alec vi gettò la mazzaappena in tempo. Questa colpì il muro accanto al portello e cadde a terra, bloccandola chiusura della porta. Mark non aveva smesso di-correre raggiungendo la cabinaprima di Alec, sporgendosi dentro senza pensarci.Colse un rapido sguardo ai due sedili del pilota, i finestrini sopra i larghi pannelli pienidi strumentazione,quadranti e schermi lampeggianti per le informazioni. Una dei sediliera occupato da una donna che stava freneticamente premendo dei tasti mentre laBerga avanzava, gli alberi scomparivano sotto di loro mentre premeva un pulsanteverso l'alto. Mark si era appena reso conto del tutto quando qualcuno lo assalì dadestra, entrambi si schiantarono a terra.Il respiro di Mark si interruppe mentre il suo aggressore ha cercava di bloccarlo perfarlo stare giù. Poi l'uomo fu colpito alla spalla dalla mazza di Alec e fu scaraventatovia. Atterrò con un grugnito di dolore e Mark si rimise in piedi, cercando di far entrarearia nei polmoni. Alec afferrò l'uomo per la divisa verde e lo tirò vicino al suo viso."Che cosa sta succedendo qui?", Gridò l'ex soldato, gli sputi volarono.

    Il pilota continuò a lavorare sui i controlli, ignorando la scena caotica dietro di lei.Mark le si avvicinò, non sapendo cosa fare. Si raddrizzò e mise tutta l'autorità chepoteva nella voce.

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    "Ferma questa cosa adesso. Girala di nuovo, portarci a casa."Lei si è comportò come se non lo avesse sentito."Parlami!" Stava urlando Alce all'uomo."Non siamo nessuno!" Disse il ragazzo con un gemito pietoso. "Siamo solo stati inviatia fare il lavoro sporco."

    "Mandati?" Ripeté Alec. "Chi vi ha mandato?""Non posso dirtelo."Mark stava ascoltando quello che stava succedendo dall'altra parte della stanza. Erainfastidito dal fatto che il pilota lo avesse ignorato."Ho detto di fermare questa cosa!Adesso!" Alzò la chiave inglese, ma si sentì completamente ridicolo."Seguo solo gli ordini, figliolo," Rispose la donna. Non un accenno di emozione nellasua voce.Mark era alla ricerca di qualcosa con cui controbattere quando il suono dei pugni diAlec contro l'uomo sul pavimento catturarono la sua attenzione."Chi vi ha mandato?" Ripeté lui. "Cosa c'era in quei dardi che avete indirizzato controdi noi? Una specie di virus?"

    "Non lo so," disse l'uomo con un gemito. "Per favore, per favore non farmi del male."L'attenzione di Mark era pienamente sull'uomo nella tuta verde ormai, e unimprovviso sfumatura grigia comparì sul volto dell'uomo, come se fosse statoposseduto da una presenza spettrale. "Fallo." Disse, quasi come un robot. "Lasciatelastare.""Cosa?" Disse Alec. "Perché mai?"Il pilota girò la testa verso Mark, che ricambiò lo sguardo, perplesso. Aveva gli stessipiatti, occhi spenti, guardandolo come il ragazzo nella tuta verde "Fai quello chedicono."Lei allungò una mano e spinse una leva, sbattendola in avanti fino a che non potevaandare oltre. L'intera Berga barcollò e si tuffò verso il suolo, le finestre della cabina dipilotaggio improvvisamente si riempirono di verde.Mark cadde a terra e si schiantò contro pannelli di controllo. Qualcosa di enorme sofrantumò e il rombo dei motori gli riempì le orecchie; ci fu uno schianto, seguito daun'esplosione.La Berga sobbalzò e qualcosa di duro volò attraverso la stanza colpendo Mark in testa.Sentì il dolore e chiuse gli occhi prima di poter vedere il sangue. E poi lentamenteperse conoscenza, mentre sentì Alec chiamare il suo nome come in lungo e buiotunnel senza fine.Un tunnel; era appropriato, pensò prima che tutto si oscurò completamente. Eracominciato tutto da lì, dopo tutto...

    A

    CAPITOLO 8

    Mark appoggiò la testa contro il sedile del subtrans mentre questo prendeva velocità.Chiuse gli occhi, sorrise. La scuola era un pesante ogni giorno, ma finalmente erafinita. Altre due settimane. Ora poteva rilassarsi e riposarsi — completo relax. Giocare

    a virtbox e mangiare quantità esorbitanti di cibo.Uscire con Trina, parlare con Trina, adorare Trina. Forse aveva appena detto adios aisuoi genitori per rapirla, scappare via. Proprio così.

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    Aprì gli occhi.Lei è seduta affianco a lui, ignorandolo completamente. Lei non aveva idea che luistesse fantasticando su di lei, o addirittura che lui fosse pazzo di lei. Erano amici perlungo tempo, per forza di cose più che altro. Quando si vive accanto ad un altroragazzo, quel qualcuno diventa il tuo amico per le bizzarre regole dell'universo.

    Maschio, femmina, alieno — Non ha alcuna importanza. Ma come avrebbe potutosapere che lei si sarebbe trasformata in questa cosa bellissima e gli occhi abbaglianti?Naturalmente, l'unico problema con questa cosa era che piaceva anche ad ogni altrotizio della scuola. E a Trina piaceva essere desiderata. Questo era ovvio."Ehy," le disse. Il subtrans viaggiava spedito attraverso i tunnel sotto New York City,sussurrando tranquillo, il movimento quasi rilassante. Gli Fece venire voglia dichiudere di nuovo gli occhi."A cosa stai pensando?"Gli occhi di lei incontrano i suoi; poi il suo viso si illuminò in unsorriso. "Assolutamente niente. E' questo quello che ho intenzione di fare per leprossime due settimane. Non pensare. Se mi metto a pensare, mi metterò a pensare

    e sarà davvero difficile non pensare fino a quando non avrò smesso di pensarci.""Wow. Sembra difficile.""No. Solo è divertimento. Solo i prodigi brillanti sanno come farlo."Quello era uno di quei momenti in cui Mark avrebbe avuto la ridicola voglia di dirlequalcosa riguardo che gli piaceva, chiederle di uscire per un appuntamento ufficiale,raggiungerla e prenderle la mano. Invece, gli uscirono le solite stupide parole. "O piùsaggio dei saggi, forse mi potrai insegnare questo metodo di pensare a non pensare."Il suo viso si deformò un po'. "Sei un vero idiota."Eh già. Lui si fece piccolo. Si sentì come geme, avrebbe voluto sotterrasi."Ma mi piace la tua idiozia," disse per attutire il colpo.E si sentì di nuovo bene. "Allora ... che piani avete? Andrete da qualche parte, staretea casa, che cosa?""Potremmo andare da mia nonna di per un paio di giorni, ma staremo a casa per lamaggior parte delle vacanze. Dovrei uscire con Danny qualche volta, ma niente di ché.Tu?"Il suo umore scese di un paio di tacche. C'erano tanti alti-e-bassi con quellaragazza. "Uhm, sì. Voglio dire, no. Siamo solo ... Niente. Sarò in giro seduto amangiare patatine. Rutterò un sacco. Guarderò la mia viziata sorella ricevere un saccodi regali." Madison. Sì, lei era veramente viziata, ma la metà di ciò era colpa di Mark."Forse potremmo uscire qualche volta, allora."Ed ecco che il morale risaliva. "Sarebbe fantastico. Che ne dici di tutti i giorni?" Era ladichiarazione più audace che le avesse mai fatto."Bene. Forse possiamo anche..." Si guardò intorno con una cautela esagerata, poi siconcentrò di nuovo su di lui. "farci sfuggire un bacio in cantina."Per un lungo secondo, lui pensò che lei fosse seria e il suo cuore si fermòcompletamente, gli salì la pelle d'oca su tutta la pelle. Un filo di sentimento gli bruciònel petto.Ma poi lei cominciò a ridere sguainatamene. Non proprio maliziosamente, e forse c'eradavvero un pizzico di flirt lì da qualche parte. Ma soprattutto si poteva dire che lei loavrebbe sempre visto come un amico di vecchia data per tutta la vita, niente di più. Ilpensiero di baciarlo nella sua cantina era semplicemente stupido. Mark deciseufficialmente di abbandonare le proprie nozioni per un po'."Sei davvero divertente," disse. "Dentro di me sto ridendo."Lei si fermò dal ridacchiando e usò la mano per sventolarsi il viso. "Mi piacerebbe,

    sai."L'ultima parola le era appena uscita dalla bocca quando le luci si spensero.Il subtrans perse tutto il suo potere e cominciò a rallentare; Mark quasi cadde dal

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    sedile in grembo a Trina. In qualsiasi altro momento sarebbe stata una cosa buona,ma ora si sentì solo impaurito. Aveva sentito storie di quel genere accadute nei tempipassati, ma nella sua vita in metropolitana non era mai mancata la potenza. Erano inassoluta, completa oscurità. La gente stava cominciando ad urlare. Il cervello non eracablato per essere immerso in una tale oscurità senza preavviso. C'era solamente

    paura. Infine, si accesero le luci di alcuni telefoni da polso. che ruppero le tenebre.Trina gli afferrò la mano e la stringe. "Che sta succedendo?" Chiese semplicemente.Si sentì rassicurato perché lei non sembrava essere spaventata davvero. E lo riportò aisuoi sentimenti. Anche se non era mai successo prima, sicuramente i subtrans eranodestinati a rompersi prima o poi."Malfunzionamento, immagino." Tirò fuori il suo palmare — non era abbastanza riccoper una di quelle fantastiche robe da polso — ma stranamente, non c'era segnale. Lorimise in tasca.Delle fioche luci di emergenza gialle si accesero, le strisce correvano lungo tutto iltettuccio del treno.Erano deboli ma comunque un sollievo dopo la cecità di prima. Le persone erano in

    piedi intorno a lui, guardando su e giù per il treno, sussurrando furiosamente l'unoall'altro.Sussurravano quello che si sarebbe dovuto fare in una situazione del genere a quantopareva."Almeno non siamo di fretta", affermò Trina. In un sussurro, naturalmente.Mark perse quell'iniziale senso di panico. Ora tutto quello che voleva fare era chiederlecosa intendeva quando aveva detto, "Mi piacerebbe davvero, sai." Ma quel momentoera stato abbattuto e ucciso per sempre. Accidenti alle tempistiche.Il treno scosse. Per poco tempo. Tremando più di ogni altra cosa, come una vibrazionepesante.Ma fu inquietante e la gente urlò di nuovo, muovendosi. Mark e Trina si scambianouno sguardo pieno di curiosità con una scintilla di paura.Due uomini camminarono verso le porte di uscita, lavorando per costringerle adaprirsi. Alla fine si spostarono e gli uomini saltano fuori sulla passerella che correvalungo tutta la lunghezza del tunnel. Come un gruppo di ratti in fuga dal fuoco, il restodei passeggeri li seguirono, spintonando e maledicendo fino a quando tutti non furono.Nel giro di due o tre minuti, Mark e Trina rimasero soli sul subtrans, le pallide luciincandescenti sopra di loro."Non sono sicura che sia davvero ciò che dovremmo fare", disse Trina, per qualchemotivo ancora sussurrando. "Sono sicura che presto riprenderà a muoversi.""Sì", disse Mark. Il treno continuava a tremare leggermente, il che stava cominciandoa preoccuparlo ancora di lui più. "Non lo so. Sembra che qualcosa sia davvero andatostorno, in realtà.""Pensi che dovremmo andare?"Ci rifletté per un secondo. "Già. Se ce ne stiamo seduti qui potrei impazzire.""Bene. Forse hai ragione. "Mark si alzò, seguito da Trina. Camminarono verso le porte aperte, poi scesero fuorisulla passerella. Era stretta e non aveva una ringhiera, il che la faceva sembrare unacosa veramente pericolosa se i treni fossero ripartiti. Le luci di emergenza si eranoaccese anche nel tunnel, ma facevano a malapena qualcosa contro l'oscurità quasitangibile del luogo sotterraneo."Sono andati di qua", disse Trina, puntando alla loro sinistra. E qualcosa nel suo tonofece capire a Mark che lei intendeva che sarebbero dovuti andare nella direzioneopposta. E lui era d'accordo con lei.

    "Allora ... a destra, poi," disse, facendo un cenno del capo."Già. Io non voglio stare vicina a queste persone. Non posso neanche dire perché.""Sembrava essere più una folla."

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    "Andiamo."Lei lo tirò per un braccio mentre cominciò a camminare lungo la stretta sporgenza.Entrambi percorsero la parete con una mano, quasi come per essere sicuri che quelmetodo non li facesse cadere sui binari. La parete vibrò, ma non così forte come iltreno. Forse tutto quello che aveva causato l'interruzione della corrente aveva

    finalmente cominciato a calmarsi. Forse era solo un semplice terremoto e tuttosarebbe andato bene.Camminarono per dieci minuti, senza dire una parola gli uni agli altri, quandosentirono un urlo davanti a loro. No. Non un urlo. Qualcosa di più che un urlo. Puroterrore, come di gente che veniva macellata. Trina si fermò, si voltò a guardareindietro verso Mark. Qualsiasi dubbio — o speranza, piuttosto — svanì.Era accaduto qualcosa di terribile.L'istinto di Mark fu quello di girare e correre nella direzione opposta, ma si vergognòdi se stesso quando Trina aprì bocca e dimostrò come fosse coraggiosa."Abbiamo bisogno di arrivare fino a lì, vediamo cosa stia succedendo — vediamo sepossiamo aiutare." 

    Come avrebbe potuto dire di no? Corsero, con cura e nel più breve tempo possibile,fino a raggiungere l'ampia piattaforma di una sottostazione. E poi si fermarono. Lascena davanti a loro fu troppo orribile perché la mente di Mark potesse spiegarsela.Ma lui sapeva che nulla nella sua vita sarebbe più potuta essere la stessa, mai più.Dei corpi giacevano sul pavimento, nudi e bruciati. Le urla e le grida di doloreperforavano i timpani e rimbombavano tra le pareti. La gente stava zoppicando, lebraccia tese, i loro vestiti in fiamme e le loro facce fondevano come cera. C'erasangue ovunque. e un ondata impossibile di calore attraversava l'aria, come sefossero all'interno di un forno.Trina si girò, afferrò la sua mano, uno sguardo di terrore sul suo viso che lui pensòpotesse rimanere impressa nella sua mente per sempre. Lei lo tirò ancora una volta,correndo verso dove erano venuti.Per tutto il tempo, pensò ai suoi genitori. Alla sua sorellina.Nella sua mente li vide bruciare da qualche parte. Vide Madison urlare.E il suo cuore si spezzò.

    A

    CAPITOLO 9

    "Mark!"La sua visione era scomparsa, ma il ricordo del tunnel ancora impresso nella suamente come una sorta di infiltrazione."Mark! Svegliati! "Era la voce di Alec. Senza dubbio. Urlava contro di lui. Perché? Che cosa era successo?

    "Svegliati, dannazione!"Mark aprì gli occhi, sbatté gli occhi più volte contro la luce del sole che rifrangevaattraverso i rami alti sopra di lui. Poi apparve il volto di Alec, tagliando il raggio di

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    luce, e riuscì a vedere più chiaramente."Meno male," disse il vecchio orso con un sospiro esagerato. "Stavo cominciando afarmi prendere dal panico, ragazzo."Fu allora che Mark venne colpito da un gran dolore alla testa — si era appenarisvegliato molto lentamente. Il dolore infuriò dentro il suo cranio, bombardava per

    quasi tutto il cervello. Gemette e si mise le mani sulla fronte, toccò la scia di sangueormai secco."Ow" fu tutto quello che riuscì a dire prima di gemette di nuovo."Sì, hai preso una bella botta quando siamo precipitati. Sei fortunato ad essere ancoravivo. Sei fortunato ad avere un angelo custode come me a salvarti la pelle."Mark pensò che avrebbe potuto ucciderlo, ma doveva farlo. Si preparò per l'agonia, simise a sedere.Ricacciò via le macchie che gli erano spuntate davanti agli occhi e attese che il dolorealla testa e al corpo finissero. Poi si guardò intorno.Erano seduti in una radura circondata da alberi. Delle radici nodose si facevano stradaattraverso aghi di pino e foglie cadute. Circa un centinaio di metri più avanti, il relitto

    della Berga giaceva cullato tra due querce giganti quasi come se fosse cresciuta lì inuna sorta di gigantesco fiore di metallo. Torto e piegato, che scintillava e fumava, manon c'era segno di incendi."Cosa è successo?" chiese Mark, ancora disorientato."Non ti ricordi?""Beh, non dopo che qualcosa mi ha colpito la testa."Alec alzò le mani. "Non è successo molto. Abbiamo avuto un incidente ed ho dovutotrascinarti fuori di lì. Poi mi sono seduto e ho visto che ti agitavi come se stessifacendo un brutto sogno. Di nuovo dei ricordi?"Tutto quello che Mark potesse fare era annuire. Non voleva pensarci."Ho frugato in giro nella Berga per quello che ho potuto," disse Alec, cambiandoargomento.Mark apprezzò che non volesse scavare più a fondo. "Ma il fumo dei motori è davverotroppo. Ci si può passeggiare attorno, voglio cercare ancora un po'. Scoprirò chi sonoqueste persone — perché hanno fatto quello che hanno fatto — anche se fosse l'ultimacosa che faccio.""Va bene," rispose Mark. Poi un pensiero lo colpì, seguito da un'ondata di allarme. "Equel virus che abbiamo visto? Che cosa succede se i contenitori e le frecce si sonorotti ed si sono sparsi ovunque, adesso?"Alec portò una mano al petto di Mark. "Lo so, lo so. Non ti preoccupare. Sono passatoper quella stanza per uscire e ho visto le scatole — ancora sigillate e al sicuro"."Beh ... come funziona un virus? Voglio dire ... c'è una possibilità lo abbiamo preso?Come facciamo ad esserne sicuri?" Non gli piaceva l'incertezza."Che tipo di virus pensi che sia, comunque?"Alec si lasciò sfuggire una risatina. "Figliolo, quelli sono un sacco di buone domande acui non ho risposta. Non ci resta che chiedere al nostro esperto quando torniamo.Forse Lana ne avrà sentito parlare prima. Ma la mia ipotesi è che, a meno che non tivenga un brutto raffreddore, io non mi preoccuperei troppo. Ricordati, gli altri sonostati colpiti e tu sei ancora in piedi."Quelle parole balenarono nella testa di Mark e cercò di rilassarsi. Altamentecontagiosa."Lo terrò a mente" , disse cautamente. "Quanto lontanodall'accampamento pensi che siamo volati?""Non ne ho idea. Potrebbe volerci un bel po' per tornare indietro, ma non è poi cosìmale."

    Mark si distese a terra e chiuse gli occhi, mise un braccio in alto. "Dammi solo un paiodi minuti. Poi penso che dovremmo perlustrare la nave. Chi sa che cosa potremmotrovare."

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    "D'accordo."Mezz'ora dopo, Mark era di nuovo dentro la Berga, calciando i detriti, solo che orastava camminando su un muro al posto che sulla griglia del pavimento.La Berga era rivolta su un lato, giocando brutti scherzi alla sua mente e gliscombussolò lo stomaco già in preda alla nausea e la testa palpitante ma era

    determinato come Alec a trovare qualcosa che gli potesse dire a chi appartenessequella Berga. Non erano, ovviamente, più al sicuro nella loro piccola dimora dimontagna.Il risultato più grande sarebbe stato sbloccare dei sistemi informatici, ma Alec ci avevagià provato senza alcun risultato. Erano state spente, morte. Con tutte le probabilitàlui e Alec avrebbero trovato un telefono o un WorkPad portatile da qualche parte delrelitto, e se fossero stati fortunati non sarebbe nemmeno stato rotto. Era passato unasacco di tempo da quando Mark aveva visto della tecnologia come quella. Dopo chel'Eruzione li aveva colpiti molti di quegli aggeggi erano stati fritti, e le batterie nonpotevano essere durate così a lungo. Ma dato che avevano una Berga, era probabileche ci fossero anche delle batterie.

    Una Berga. Era all'interno di una Berga. Era davvero colpito da quanto il mondo fossecambiato in poco più di un anno. Un tempo, vedere una Berga era emozionante comevedere un albero. E non avrebbe mai immaginato che ne avrebbe mai vista di nuovouna. Ora stava frugando dentro quella che aveva contribuito a fare diventare unrelitto, in cerca di segreti. Fu emozionante anche se tutto quello che aveva visto finoraera spazzatura, vestiti, parti della nave rotte e ancora spazzatura.E poi qualcosa lo colpì. Un WorkPad pienamente funzionante. Era acceso; a catturarela sua attenzione fu il display luminoso. Era stata nascosta tra un materasso e il fondodi una cuccetta in una delle piccole cabine. Si spense non appena lo ebbe tirato fuori,se la batteria fosse stata scarica — non ci sarebbe stato alcun modo per ricaricarla.Trovò Alec in un'altra cabina, appoggiato su baule, imprecando mentre cercava diaprirlo."Ehi, guarda quello che ho trovato" annunciò Mark con orgoglio, alzandoil WorkPad perché l'uomo lo potesse vedere. "E tu?"Alec si raddrizzò, gli occhi illuminati alla scoperta. "Non ho trovato un bel niente esono quasi stufo di provarci. Andiamo a dare un'occhiata a quello.""Sono preoccupato per la batteria," confessò Mark."Sì, beh, un motivo in più per studiarlo, non credi?""Facciamolo fuori, allora. Sono stufo di questo pezzo di spazzatura."Mark e Alec si rannicchiarono sul WorkPad insieme, seduti all'ombra di un alberomentre il sole ha continuava ad arrancare la sua strada attraverso il cielo. Mark giuròche il tempo sembrava essere rallentato da quando quella cosa era lì, battendo su diloro con i suoi potenti raggi anomali.Doveva sempre asciugarsi il sudore dalle mani mentre controllava le funzioni delloschermo del WorkPad.WorkPad. Sembrava tutt'altro. Giochi, libri, vecchi telegiornali cheprecedettero l'eruzione solare. C'era un diario personale che avrebbe potuto fornire unsacco di informazioni interessanti se solo fosse stato aggiornato di recente. Ma nonc'era molto materiale legato al lavoro sul dispositivo.Fino a quando non trovarono finalmente la funzione di mappatura. Ovviamente nonfunzionava da quando i vecchi satelliti GPS erano andati — ma sembrava avere un linkper tracciante la Berga, magari veniva controllata da qualche radar vecchia scuola oaltra tecnologia a onde corte. E c'era un tracciamento di ogni viaggio che la naveaveva fatto.

    "Guarda," disse Alec, indicando un punto sulla mappa. Ogni linea di tracciamento dellaBerga tornava allo stesso punto. "Questo è, ovviamente, la loro sede o base o comevuoi chiamarlo. E a giudicare dalle coordinate e quello che so su questo crinale di

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    colline che chiamiamo casa, non può essere più lontano a cinquanta o sessanta migliada qui.""Forse è una vecchia base militare," propose Mark.Alec ci pensò su. "Un bunker, forse. Qualcosa di simile avrebbe più senso trovandositra le montagne. E andremo lì, ragazzo. Il più presto possibile."

    "Adesso?" Mark sapeva che il suo cervello era ancora sottosopra a causa del colpo cheaveva subito durante l'incidente, ma sicuramente il vecchio non voleva camminaretutta quella strada prima di tornare al campo."No, non adesso. Abbiamo bisogno di tornare a