Storia Degli s Cavi 00 Rugg

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STORIADEGLI

SCAVI DI

ERCOLANO

STORIADEGLI

SOAVI DI EROOLANORICOMPOSTASU'

DOCUMENTI SUPERSTITI

DA

Michele RuggieroARCHITETTO DIRETTORE DEGLI SCAVI E MONUMENTI

DEL REGNO

NAPOLITIPOGRAFIA DELL'ACCADEMIA REALE DELLE SCIENZEDIRETTA DA MICHELE DE RUEERTIS

MDCCCLXXXV

i

PROEMIO

L'ERUZIONE. Fravolgarela

lutte

le

cilt

sommerse

dal Vesuvio

nell'anno 79 dell'era

sorle peggiore tocc ad Ercolano, che stando a pie della laida sud-ovest delle

montepagna

,

o per qualclie burrone chein

soprastiiva o per

la

maggiore

acclivit della

cam-

quei lato, rest sepolta sotto un

cumulo

di terra talvolta

maggiore

di venti

metri. Di questa eruzione non sono pervenute insino a noi notizie precise, parte per-

ch

di

quanti

la

videro da vicino pochi o nessuno ne sopravvisse, parte per esser per,

duti n)olti scritti degli antichi

parte perch gli uomini a quel

tempo non eranole

diritti

osservatori dei fenomeni naturali, avviluppandosi piuttosto traerrori delle credenze volgari, chesto,

favole dei poeti e glifatti.

andando

in

cerca della vera cognizione deie dalle

Queil

nondimeno,

dall'attenta vista dei luoghi

due notissime

lettere di Plinioin ariail

giovine

(VI, 16

e

20)

si

pu chiaramente congetturare, che gettandosoffiavail

vul-

cano pomici e ceneri mentre

vento

di

ponente,

tutta la

campagnaai colli

dal lato didi

levante che dalle radici del Vesuvio corre quasi in piano appiedi

Gragna-

no, e fino

i

monti

di

Sorrento restarono copertiS.

di

materie piovute; e per contrario dain

Torre Annunziata a

Giovanni a Teduccio, dove tuttosi

discesa,

le

terre eruttateinal-

e l'altre che naturalmente

trovavano sui campi, spinte dall'acqua che ricadevail

pioggia dall'enorme quantit di vapori che formano

consueto pino delle eruzioni,

lagarono e seppellironoil

il

resto del paese che da ponente e

mezzogiorno

si

distende tra

Vesuvio ed

il

mare.si

A questo ancoraargento, oro escavi e

accorda

il

fatto dello

scarso

numero

di ossa

umane

e del poco

gioielli trovati inle

Ercolano, dove per quanto fossero,

stati imperfetti glisi fa

monche

relazioni scritte

di scheletri

umani due

sole volte

ricordo nel

secolo passato

(il

18

novembre 1739

e

30 maggio 1741) e cinque volteil

nel

tempo ail

noi pi vicino, dal 1828 in qua (al 10 febbraio 1831, tra

1."

ottobre 1833 e

18

giugno 183 i,

al

17 marzo 1853,

al

10 luglio 1869 e

1." aprile

1871), esclusi

i

due

dei 17 aprile e 7biterei di annoverarli tragli scheletri

vidi

maggio 1869 che stando pi

otto metri sopra;

il

suolo antico, du-

ercolanesi

sono dunque

in tutto sette

morti ola

poco pi, quando

in

Pompei

se ne contano finora circa a seicento, perch sotto

piog-

gia di lapilli e cenere, che coperse ad

un

tratto la terra per

molte miglia tutto intorno,

non eraavanzava

via da,

scamparetutti

,

e da Ercolano potendosi vedere indi uscire

tempo

il

torrente che

quasi

ebbero agio

con

la

speranza

di

condursi

in

salvamento,

o forse per esserne

colli

miseramente

sulla strada.sottili di

Lasciando

ai naturalisti le

investigazioni pi alte e

questi terribili scon-

volgimenti della crosta terrestre, aedintelligibili a tutti,

me

basta notare alcuni altriin

fatti

materiali, visibili

che tornano similmente

conferma

delle opinioni

disopra espo-

ste.

Chele

la

massa che avvolge Ercolano abbia lungamentegli altri

strisciato per terra, lo atte-

stanoalle

pomici e

frammenti

di

rocce,

tulli

tondi e smussati, contrariamente

pomici pompeiane che han sempre punte esi

tagli vivissimi.

Che

vi sia

corso un tor-

rente fangoso,

conosce dall'essersi trovati

i

marmi

e

i

bronzi che stavano nei luoghile

aperti, fracassati in mille pezzi e disseminati a gran distanza per

strade,

quando

ala

Pompei ogni cosa o salda o spezzata rimasta sempreprim' acqua el'altra

al

suo luogo; n senza

che

vi trapel dalle

successive piogge poteva essere che parecchie,

di quelle terre, col

tempo

e con

la

superficiale scomposizione dei frammenti

si

asso-

dasseroedifizi esi

in tufoil

o che empissero, pigiassero e intasassero ogni pi recondita parte deglidi anditi, corridoi

lungo avvolgimento

ed ogni minima buca del Teatro, che

direbbero pi propriamente murati che colmi.Moltierrorifin

intanto sopra

gli

effetti

di

quella,

eruzione furono leggiermente

affermatidi

dal

principio difattosi

queste scoperte

che

passando

inconsideratamente

bocca

inIl

bocca han

pu dire

il

giro dei due emisferi, e sono tuttavia scritti

e creduti.

primo

la

lava che molti vi

hanno fantasticamente introdotta, cio

il

tor-

rente di pietre liquefatte dal fuoco che avrebbe fuso bronzi, vetri, piombi e arso eIrasformiito ogni cosa,

quando invece

tutto rimasto inalterato nell'essenza, nella for-

ma

e nei colori, salvo l'ossidazione dei metalli eia carbonizzazione dei combustibilituli' altre

che dipendono da

cagioni.

Il

secondo errore non meno grave l'incendio, dii

cui parve falsamente veder le tracce in tuttivertite in carbone,

legni e

le

altre materie combustibili

con-

non avvertendodel

fra l'altroe del

che questa trasformazione del legno

anche opera naturalele

tempo, dell'umido

non esser rimasto

all'aria aperta; sottosi ri-

quali condizioni perde gran parte dell'acqua che entra nella sua composizione ein quella parlicolar sorla di

duce

carbone; non considerando cheil

il

simile avvenuto dei

legni rimasti per molti secoli in fondo alle acque; chestibili,

legno e

le altre,

materie combu-

bruciando, danno sempre alquanta cenere nelle facce esteriori

della qualai

cenere

non

si

scorge vestigio n

in

Ercolano n

in

Pompei; che

i

piombi accanto

carboni non

sono

fusi,

n

i

marmi

calcinati, e pi ancora che in Ercolano

dove

fu

acqua, non po-

teva esser fuoco. N finalmente mancala un'altra semplicit, che molti scambiando

VII

han creduto possibile unapoco pi(').

l'osso dei fusi e di ailri arnesi iniiuili col legno pelrificalo,

trasformazione di questa sorla nello spazio cortissimo

di diciassette secoli o

LA CITT. Sorgevadi sette chilometri e

Ercolano

al

quarto miglio a sud-est da Napoli

poco meno

mezzo) sotto

alla

modernamettevano

viain

che conduce a Pompei. Nei dueQu-

mi

,

che secondo l'opinione

di alcuni

mezzo

la

Citt,

non ho molla fede,

comunque dottamente propugnali da Carlo Resininella sua carta

e disegnati dall'accortissimo lail

Vega

messa innanzinon

allas

Dissertazione isagogica; perch

Vesuvio, da cuia tre

solo potevano scaturire,(|uanti

gran monte da fornire acqua sulFicientela

fiumi,

sommerebberosi

questi due con

giunta del Sebeto. Quanta fosse l'ampiezza dellain

Citt

non

conosce; certo solamente che se ne scav per cuniculi circa 600 metri

lunghezza da settentrione a mezzogiorno, quanti se ne coniano da un cento metrispalle del Teatro, a

alle

Moscardino (Tav.

Il)

;

ed

in

larghezza da nord-est a sud-ovest tra

cuniculi e scavi scoperti forse

450

metri, dal principio della salita di Puglianofu

scendendo

versoche,

la

marina; senza quell'altro che certamentela

esplorato nei cinque anni del Bardetpi innanzi, e negli altri cinquea sud-ovest al-

come afferma

Vega

ale

25 ottobre 1766, and anchecarte. Dei suoi confini,altrosi

di cui

mancano parimente

un punto scopertodallasi

lato al Vicolo di

mare, un

pu congetturarei

parte di mezzod nelle vi-

cinanzeantiche

di

Moscardino, perch quivi erano

sepolcri che

trovano solitamente fuori dellele

citt.

E

poich alle spalle del Teatro, dove era un edifizio pubblico con

due

statue equestri di

marmo

dei Balbi,

doveva

indi a

poco seguir

la

campagna

in

mezzo asi

cui era edificata la Villa suburbana, lasciando assai corto spazio in lunghezza,

pu

conchiudere cheest,

il

resto della Citt, pi che altrove,vistila

si

prolungasse nell'alto verso nordnel cavare sotto aiedifiz suil

come ne furonosi

due segni;

il

primo che

Colli

mozzi

(1761 e 62)

conobbe

continuazione degli antichi

per l'erta di Pugliano;,

r altro che pi in l della Chiesa, nel luogo che dicono

fosso di CaloUo

s'era sca-

vato negli anni precedenti, secondo che narra

la

Vega add 8

luglio 1769, e

pi re-

centemente

in

febbraio 1836 un contadino

vi

scopr

mura

dipinte, musaici e pezzi di

rosso antico, che l'inlraprenditore dell'Aquila attribuisce, senz'altra prova, ad un casinodi campagna.Il

piano quindi su cui era edificatatutto versoilil

la

Citt,

non altrimenti che

fa

ora

la

moderna Resina, pendeva

mare con una

ripida scesa nel

mezzo che ca-

lava trenta palmi fra Bellobuono e

basso della terra de Bisogno, mentovata nel somal

mario

delle fabbriche scavate dal

Bardet

24 maggio 1743, e pi precisamente indiin luglio

cata dal

Weber.

al

28 gennaio 1757. Dall'iscrizione trovata

1758 (m-nomvs..

M

1

BALBVSsi

PROcos

BvsiLiciM

poRTAS

MVRVM

PECVNiA;

s\'k-Corpus Inscrdi

Lai.

X

pr.

y

n."

U2o)

argomenterebbe chein

la Citt

era murata

ma

murola

o di agger

non resta

alcun vestigio

quel che scoperto nell'estrema punta versola

marina.

')

credibile che

pianta della Citt fosse molto ordinatamente disposta, meglio

Di tutto questo fu trattato pi79,

ampiamente nella memoria1879.

,

Deh. a eruzione del Vesuvio

nell'anno

STUDI DI M.

Ruggiero Napoli

assai che non era

vili

,

Pompeile

e la stessa

Roma

con

le

strade dritte ed in croce(inlo

,

perchII)

cos sono disegnate

otto isole sulla carta del lai

Vega

un canto

della

Tav.la

che

se non

le

\ide

,

ne dovette aver solt'occhiosi

disegni;alla

stesso dimostra

pianta

con

la

data del 24 di marzo 1749 che qui

pubblica

Tav. VII, uno probabilmente

dei vari disegni mentovati nel documento che segue sotto l'anno 1715, dove ancora

parola di una strada iirada cordel e di altre tiradas linea; n altrimentinegli scavi scoperti (Tav. XII) contutti

si

vede

gli edifiz

a squadra e normali

alle strade.,

Erano

le

dette strade lastricale con poligoni dell'antichissima lava del Vesuvionei

coi

margini o marciapiedi

duedi

lati

,

fatti

con

gli orli

di tufo

vesuviano e

il

pavimento

quando

di

terra ela

quandoi

matton pesto {opus signinum). La loro larghezza non ecper quantosi

cedeva per

piupparte

trenta palmi (metri 7,94) in lutto,

pu desu-

mere

dalla pianta (Tav. VII), dalla notizia del 19 gennaio 17 13 (pag. 101) che parla die

una strada larga 25 palmi (metri 6,61)larghezze minori.

da quel che gi scoperto, dove sono anche

Unadicioltoil

sola strada fu misurata (13

novembre 1756)che

di

trentaquattro palmi (metri 9);dice

lastricato ed otto ciascuno dei margini,

Weber

mas grande que

las

olras

;

e parimente

una

sola piazza

mentovata

a 13

novembre 1756. Di qualche stradasi

avanti alla Basilica e altrove (13 novembre 1756)

sa che aveva portici allato; e Iredi

fontane pubbliche, una de mdrmol rustico (22 settembre 1759) e una

travertino (2

settembre 1758) innanzi a due tempii, ed una terzazo 1760. Qualche strada inghiaiata o con pavimentoCitt (23 febbraio e 15

di

marmo

ricordata a 22 mar-

di battuto (astregada) fu vista nella

novembre 1760)suburbanaal1"

e

un sentiero

nella

campagna similmentesoli

in-

ghiaiato pressoscritti

la Villa

novembre 1760. Trepubbliche stradegli;

cartelli

si

trovarono

col

pennello nelle mura sopra(a

le

uno greco contenente unlatini,

verso di Euripide

6 di marzo 1743 secondo

Accademici ercolanesi) e dueli

che per

la difficolt dei

caratteri e l'imperizia di chi

trascrissedelle

non

si

son potuti de-

ciferare (9 gennaio 1741 e 22

maggio 1764). La quantitpili

canne

di

piombo, delletesti-

chiavi di bronzo, delle fontane private, dei

e dei pelaghelti

fanno evidente

monio dell'abbondanza

di

acqua corrente

nella Citt, per cui tanto l'antica civilt ro-

mana avanzavaal gli

la

nostra

moderna chel'

si

sforza di provvedere alla sanit del corpo ei

ricreamento dell'animo pi con

ineizia e con

sottili trovati della

scienza che conIl

elementi sicuri e semplicissimi apprestati agli uomini dalla benigna natura.sepolcri dinotato nella carta delfig.la

sito

dei

Vega;

dial

uno ha dato

il

disegno

il

Bellicardal

(Tav. Vili,

2."); e presso a quel luogo, sotto

podere Moscardino occorsefu

We-

ber

di

trovarne un altro a 21 novembre 1750, se pure nonil

quel medesimo, avendo

come

primo

la

discesa per una scaletta.i

La formaquelli di

delle case e

materiali con cui sono murate non differiscono punto da

Pompei, salvo

forse per

una maggior frequenzalo

di

mezzanini (coenacula) soo cellae

pra

al

pianterreno, destinali per

pi a ripostigli o dispense {promptuaria

,

IX

penariae);i

in

lutto

il

n'slo

i

solili

alria tuscanica

,

gii

spaziosi peristylia coi viridaria

,

cubicula edi

le altre

stanze,

le

latrinae, culinae, labeniae, cauponae similmente disposte.di

Le murao a

mattoni, o pi veramente frammenti

legolc, di tufo vesuviano reticolalo

filari orizzontali,

isodomon, non pidi

alti di dieci

centimetri; di

mattoni e tufo nelle

cantonale e nelle spallette dei vani;

opera incerta con

tuli, lava e

qualche pomice.di

Le colonne

,

alcune di mischi, altre

di travertino

(26 marzo 1743), altre

piperno o

pi propriamente di tufo di Nocera (18 aprile 1761) e quasi tutte l'altre di tufo otoni intonacale di stucco./.1

ma-

bolli dello tegole e deicit. n."

mattoni son questi; gaudi sestili (C.12, 109), sabati,cit.

L.

I

pr. 2." n."

8042, 3i) l- viselli (Op.

80

tsab-i, tsab- at, b

ATTI, (=srAB- APPI

Op.

cit. n.

8042,98), hosti (Op.

n.8042,s) ac amp f, satvr ner

(Op.di

cit. n.

8042,94), ard; livije (=damae liviae Op.caratteri

cit. n.

8042, 41) e sopra una canna

piombo con

ugualmentesi

rilevali

m -clavdhettal

(quest'ultimo a Portici 27

oltobre 1764).le

Due

volte

trov

la

calce spenta ancora molle (28 aprile 1754 e 6 aprisoffitti

1755) nelle

modo che

spesso mi intervenuto di vedere a Pompei. Nonlo

piani so-

pra

stanze,

madi

persi

pi, vlte schiacciale di cannucce e stucco. Gli ornamenti di

stucco e di pitturati,

direbbero della stessa

mano chedi

ha lavorato

in

Pompei.

I

pavimen-

di

musaico,

marmi

a vari disegni e colori, nel

frammenti

di

marmo

alla rinfusa,

(li

mallon pesto. Le pietre delle colonne

Teatro, delle incrostature dei muri, dei pa-

vimenti e delle facce dei banconi delle botteghe, bigi {marmora lunensia), rosso anticodi cui s'ignorail

nome

latino, africano (jHarmor chium), portasanla^

(marmor jassense)

giallo antico

{marmor numidicum)et,

mollo cipollino (mannor carystium), diverse brec-

ce

{marmor scyrium

hierapolilicum), paonazzettoalabastri ec. Nel

{marmor synnadicum)

,

serpentino

{lapis lacedaemonhis)

sommario

delle fabbriche scavale dal

Bardai

(1745)los,

si

nolano inoltre bellas haitaciones adornadas de colutrmas aislcidas de ladril,

hermosas habitaciones

bellos palacios

,

hcrmoso palacio hien fabricado y adornadosi

de pilares y columnas de yesso ec. Afinestre ornate di

10 febbraio 1759,

scopi'

un lungo muro con

marmo.

Il

de Venutidi

come,

si

legge qui appresso a pag. 527 e 28, deegli stesso discese nel

scrive

una mirabile cantinai

due stanze

dove

1739, con

la

porta e

pavimenti

di

marmo,

circondata tulta intorno da muricciuoli coperti pari-

mente

di

marmo

con dolia murati dentro e un ripostiglio per vasi minori fatto da un

ordine di scaglioni riccamente ornali di mischi.Degli edifizi pubblici nolo anzituttoil

Teatro che fudi

come

gli altri

nei primi

tempi barbaramente spogliato dei marmi, dei bronzi esolo fra tuttialla terra

ogni altro ornamento,

ma

scamp

dall'

esser risotterrato. L'iscrizione trovata in luglio 1758 sottodi

de Bisogno, non lontano dalla strada maestra

Trre del Greco, ricorda una

Basilica fondata daa

Marco Nonio Balbo che

forse poteva stare in quel luogo,a cui fu datosi

ma pass

quanto pare inosservala. L'altroio

edifizio,si

erroneamente quel nome econosce principalmente da

che

credo invece Palaestra come

dir qui appresso,la

uno schizzo poco preciso e senza misure, pubblicato

prima volta dal Bellicard nelb

X

par chiaro che questo non lo

1754

e qui ripetuto alla Tav. Vili,

fig.

1*.

E perch mi

stesso edifizio ricordato in giugno e luglio 1743, sar da aggiungereblica,

una plaza ppalmi 108 peril

come

dice

il

Bardet, cinta da colonne di stucco

in tutti

i

iati

,

di

150 o met. 44,44 perdel Bellicard) con

39,fi8 (proporzione assai diversa da quella chesul davanti,

mostra

disegno

una gran porta

un altare

in testa, la

statua di un

uomo

nudo

e, tra le

colonne, finestre con ferrate che davano in un magazzino coperto a vlta.si

Del Foro

sa questo solamente.

Fu

cos

nominata una piazza

di

l

dal portico

delie colonne a settentrione del Teatro, isolata

almeno da un lato, donde no hay casusle

(30 ottobre 1762), dalla quale trasse Alcubierre, com'egli afferma a detto giorno,statue equestri dei Balbi, non gi nel 1739fail

due

come

scrisse

il

Gori

')

,

perch non se ne

motto nelle relazioni17 45 eil

di

quell'anno che son tulle intere,il

ma

piii

probabilmente fra

48, essendoch

Bellicard che fu in Napolisi

la

prima volta nel 49 e poiil

nel 50, trov che una di esse statue

stava restaurando;

qual lavoro con').Il

la furia

delrio

Re non

credibile che

si

penasse a

finirlo dieci e piii

anni

la

Vega

al

contra-

che sebbene venne pi tardi (1764) ebbe nondimeno scienza e diligenza maggioreil

dei suoi predecessori, nella pianta che segue in un canto della Tav. Il, colloc

Foro

dalla parte opposta del Teatro,

dove per l'estrema piccolezza del disegno non

si

pu

ben discernere

se egli,

seguendo l'opinione del Bellicard, abbia voluto intendere per

Foro

quella che molti credono Basilica, ovvero se ebbe cognizione di un altro edifizioal

quivi presso,

quale credette

di

poter attribuire quel nome; affermazione che sarebbe

forse avvalorata dalle parole scritte a 6 di agostovico de

1763

dal

Weber

ad Alcubierre

al

mar

los cordles y jardinos bajo las casus lesionadas se continua una yruta dentroel

de un grande edificio y grandes columnas, endonde estavan

caballo de hronce y,

muchas

estaluas encontradas de V. S. Dall'uno intanto o dall'altro di questi luoghi

o forse da

ambeduezi di

se

due

e

non uno erano veramente,

usc di certo quel

numero

infinito di pezle

bronzo appartenenti a statueal

e cavalli disfatti

che furono raccolti nel rifondar

case

Vicolo di

mare

e

che inondarono pialla

in gi la

lunga strada disegnata negli scain tanta incertezza ela

vi scoperti

che discende

marina (Tav. XII). Sicchil

confusio-

ne

di notizie resta tuttavia

controverso

silo,

non dir gi

esistenza del Foro in Er-

colano.

Di tempii, tra grandi e piccoli, comunque

il

la

Vega ne abbia

segnali soli tre, sei

ne possono annoverare con certezza cinque e forse anche sette, seagosto 1743 (pag. 102) non sonosilica.gli stessi

due ricordatiin faccia alla

a 31

che

si

veggono disegnaliin luglio

Ba-

E

sono:

il

tempio della Madre degli Dei, scoperto

1757,

l'altro di pai.

45

per 115 (mei. 11,90 per 30,42), con due veslibuli in antis nelle facce opposte (22 set-

tembre 1759);1) 5)

il

tempiello

di pai.

18

di fronte

(met. 4,76) con una nicchia

in testa e

den-

.Symbolae litterariae. Voi.

1.

1748, fra le pag. 168 e 169.le

Per

il

sito del

Foro veggansi qui appresso

relazioni dal gennaio 1762 alla fine di agosto 1763

e

l'

Indicazione di una pianta del Teatro che a

me

pare scritta dal Weber.

tro

XI

alla falsa Basilicavi

un piedestallo (11 gennaio 1744)fig.1.').

e

i

due finalmente innanzi

(Tav.

Vili,

Un Macellum, Mercato

diil

grasce ovvero Pescheria, o

era

al

tempo della(19 gen-

ruina o vi era stato innanzi, perch

marmo con

l'iscrizione

che

lo ricorda

naio 1765) giaceva capovolto e adoperato per soglia di un armadio.blico da ultimosi

Ed un bagno pubil

riconosce chiaramente da un estremo lembo scoperto frala

1874 e

75 con dietrocuisi

il

portico eil

crypta (Tav. XII

n.'

52, 55, 56, 57) che forse era quello a

abbattette

Weber da unla

altro lato nel luglio 1760, penetrandovi per disotto alladi

terra de Bisogno, e che per

forma curva

una sala

fu da lui

creduto

in sulle

prime

un tempio.

Erano molli

di

questi edifiz pubblici e privati ornati riccamenlo diedi

marmi bian-

chi e mischi dellacavalli di

miglior sorte

un numerole

infinito

di

statue, di cocchi e didi busti e figure

marmodi

e di bronzo. Nel,

Museo, senza

opere minori,

acdi

certate di Ercolano

non parlo

delle dubbie, se

ne contano cenlocinquantadue, 128

bronzo e 24riattaccati,

marmo,

oltre alle

tante raccolte in minuti frammenti che

non furonodi

oltre a quelle

che restano ancora nelle nicchie del Palazzo realealtri

Portici

confuse forse con altre venute dadi

luoghi

,

oltre alle tante dissipale dal Principe,

Elbeuf e da

altri

cavatori dei tempi pi antichi

di

cui

si

conobbero

i

vestigi in

quella infinit di vecchie grotte.

Furono ancoraville

nel

medesimo tempo

tentati altri luoghi,

scoprendo

di quelle

casesif-

che incoronavano da un capo all'altro l'amenissima spiaggia, non potendo perla

fatti edifiz(li

notevole distanza e per l'interpostaluglio

campagna appartenerela

alla citt

Ercolano. Nel

1755, da un pozzo che,

si

cavava per

nuova fabbrica delle,

Scuderie

reali in Porticiil

quasi ottocento metri lontano dal Teatro

si

vide un

murodi

antico dipinto. Seguit

lavoro sino all'agosto 1756 e se ne trasse un gran,

numero

pavimenti e soglie

di

musaico

molti dipinti, fra

cui quello che

nel

Museo

col n."

9276,

e di cose minute null'altro

che gangheri; Alcubierre aveva gi

notato a 7 di-

cembre 1755 che

l'edifizio era fuori dell'abitalo edi Portici, circa

nudo

affatto

di

qualunque arnese.

Avanti all'Epitaffio

400 metrisotterra

pi in gi delle Scuderie, dalla fine deldipinti, altre incrostate

1752di

a lutto

maggio 1754 apparveroaltre

camere con muridi

alabastri e di mischi,,

con pavimenti

musaici,

altre coperte a

vlta analtri

cora in piedi

una

delle qualial

aveva spartimenti di stucchi con figure edsottodii

orna-

menti che

si

veggono

Museocolonna

molti numeri notati a pag.di terra

152o

,

e vi fu rac,

colto qualche rocchio

di

marmo, qualche vasodi

piombo

una

lu-

cerna

di terra,

gangheri, molte canne

piombo

e

frammenti

di varia sorte.

Delle arti, del traffico, della vita e degli esercizi degli ercolanesi restano questisegni. Calamai (6 ottobre

1739, 13 marzo 1757, 27

aprile 1765), stili, tavolette scritte

(19 ottobre 1752), molte centinaia di papiri nella Villa suburbana; crotali (4 gennaio

1758), un sistro (7 novembre 1828); strumenti

di

chirurgia (6 ottobre 1739), gran

numero

di

lente quasi tutte di bronzo, qualcuna di argento (6 giugno 1873),

sebbene

SI

xu

di

dululitdi

die

tieiio

desse veiamente, coppelle

vetro (6 oltobie 1739).

Undi

archi-

penzolo

bronzo

in

forma

di

pera (4 dicembre 1871), due mezzi piedi romanifail

bron-

zo congiunti da un'articolazione che aprendola

piede intero (5 marzo 1757); una

incudine (14 novembre 17G1), una sega (1." maggio 1875), martelli, picconi, scuri,scalpelli, paio di ferro

(19 febbraio 1757), rampino (22 maggio 1759), forbici (25 mag-

gio 1761), zappe, rastrello (29 gennaio 1762), contrappesi da telaio (1872,73,diversi fusi di osso (22

74

ecc.),

dicembre 1756,

T marzoinfilar

e

10 settembre 1757), ditale (18

ottobre 1760), mollette, aghi lunghi (5 marzo 1757, 31

marzo 1758, 15 dicembre(27 giugno 1757), un mocoltelli

1759), uno con due buchi nella ciuna per

nastri

danocaio,

di

bronzo per tesser

le reti

(18 dicembre 1760.). Una bottega con

da bec-

con una bilancia ed ossa

di

bue

fu trovala a 17le

marzo 1741.reti

Che moltogran numerodi

si

pescasse dagli ercolanesi con

ed a lenza, manifesto dal

ami raccolti da per tutto (2 maggio 1741, 22, 23 e 24 dicembre 1756,11

maggio 1758,

settembredi

1874),

talvolta

con

anelli

di tra

piombo peril

affondarliil

(gennaio 1751), dalle funi

sliamba (1.' dicembre 1764,

1.

ottobre 1833 e

18 giugno 1834), dai mucchi senza fine di corde di ogni grossezza, sopratutto nei luoghi pi vicinial

mare

(dal

1830

in poi) e

una volta con dentro frammenti

di

legno per

tenerle a galla (23 dicembre 1872), e finalmente dalla rete (12 ottobre 1872).

Sono ani

cora segni non dubbi dell'aver serbati vivi nelle case o allevati pesci e conchiglie,

vasi

murati3

in

fondo

a

una gran vascai

nel

mezzo

di

un peristylium che

il

Webervisibili

descrisse a

marzo 1759,60), di cuisi

e

due

ricetti col

zampillo d'acqua superiore ancora

(Tav. XII,

II."

ragioner negli scavi scoperti. Si raccolsero ancora molte strigiles, sei

tessere di osso

numerate per

gli spettacoli

(13 marzo 1757), suola di scarpe fatte con

filadispago(6 maggio 1761), dadi (17 ottobre 1760), trottole e palline da giuoco (26maggio 1761) e quattro sigilli, due dei quali a 6 ottobre 1739 non furono letti;coin.gli

altricit.

nomi8058,

q. 5i)

makci THEvaAE (C.

/.

L.

X

pr. 2.* n.1

8058

,

48)

e

e.

mes.

ewom (Op.le

(23

marzo 1763

e 12

marzo 1873).

principali commestibili e

semen-

ze, lascio le favole sognale dal

Bonncci del prosciutto, del mele, dell'olio aggrumato e

delle paste col latte, sono molle

lumache

e conchiglie e

marine

di

cui

si

videro

i

guscie

(2

maggio 1741,26 ottobre 1755, 13, 15, 1824,26e

22 dicembre 1756, 13 marzo, 9il

25,

aprile,

27 agosto 1757

e

piij

ancora dopo

1828); pane

,

grano

in

gran copiapinocchi,

orzo (31 gennaio 1741), fave, carrubbe, mandorle,chi (13 febbraio 1741, 17

dattili, i>ere, susine,

fi-

marzo

edi

25 novenibre 1828). uva, melagrane, noci, castapapaveri (26 maggio 1761) edaltri

gne

,

miglio, lenticchie,

semenze

semi e legu-

mi che non furono chiaramente ravvisali.Di suppellettilidi

casa fu visto, una pala da rivoltolare

il

grano (luglio 1828),di

tre

granale (luglio 1828, 19 giugno 1869 o 3 aprile 1871), una scaletta portatilescalini

cinque

(18 giugno 1869),il

tre

armadii odei quali

stipettii

(17 marzo 1828finimenti di

,

14 maggio 1869 e

13 febbraio 1871),

secondo

aveva

bronzo, un cassetto so-

(ji'ii

xiu

coniiilagli

e (lue poilclline nel basso;in

una sedia

a biacciuolila

di ovoli

(17 febbraiofilelli

1871), un banco da sedere,

angolo, conin

spalliera

lavorala a bozze e

(19

giugno 1869); arnesi

lulli di

legno ridoni

carbone.in

IL

LAVOUO DEGLI SCAVLchelagli

Sebbene Rocco Gioacchino de Alcubierre

vari

suoi ricordi lasci scrilto

scavi di Ercolano ebbero principio nell' ottobre del

1738, pure chiaro per

lettera del

14 gennaio dell'anno medesimo (pag.

1.')

che

innanzi a quel tempo diverse statue di

marmo erano

state tratte fuori del

Teatro, se

pur non fosseroe sculture ne

di quelleil

ricuperale dagli scavi del Principe di Elbeuf che molli

marmiscena.

tolse fra

1709

e

il

1716

,

cavandole da un pozzo dietro

alla

Certo che nell'ottobre del 1738e detrattoil

fu

intrapreso un lavoro stabile che con varie vicendedi

tempo

di

due lunghe interruzioni, durato poco menoil

un secolo. Non

parve dapprima possibilela

mettere allo scoperto nessuna parte dell'antica Citt perla

sterminata altezza delle terre che,

coprivano, e per

le

molle case moderne che viper grotte e per cuniculi,

erano edificale sopraforandoniuii

onde

fu forza

andar vagando

alla cieca

e,

spogliando senza misericordia

gli editizi di

quanto se ne poteva levare

non solo

delle cose di qualche valore delle grollesia potuto

ma

fino ai materiali affatto inutili.

Fu questoin

un duro

e disgraziato lavoro,

ed a fatica s'immaginerebbe

qual

modo

si

disegnare, levar piante, staccar pitture, statue e musaici e

tirarli

fuori per luoghi tanto intricati, tanto angusti,

umidi e senza luce, oltre

al

pericolo

pertrale

i

lavoranti e per

le

case sotto a cui

si

passava; tuntoppi che prevalse lungamentei

(juei

cavatori uni falsa opinione che per assicurar dalle franele

terreni superiori e

case, bastasse empiril

grotte gi fatte col cavaticcio delle nuove, che

sempre terra

sciolta;di

qual errore non tard molto a scoprirsi, quando col barcollare e spaccarsidi

un gran numero

muraglie,ai^ni epili

i

clamori degli abitanti ne andaronoin rifondarle

alle stelle, e bi-

sogn spendere mollidel Vicolo di

molto danaro

tutte

(principalmente quellepilastri e

mare che

dell'altre erano state scalzate),alle antichit sottoposte.

con

con archi chegas acido carsi

portarono l'ultima desolazione

Le esalazionii

di

bonico, ovvero nofete, che sogliono tanto spesso infestare

terreni vulcanici

mani-

festarono solo dentro alle grotte della Villa suburbana dietro all'antico Convento diS.

Agostino

(dall'

1 1

febbraio 1761 in poi) e lasciarono intallo

il

resto del paese.

Una

sola accensione di gas fu avvertita a 7 agostotra

1755, per

le scintille

uscite daaltro

una pie-

percossa dal colpodi

di

un piccone, ma per buona sorte non fece

male che un

pocofusi

spavento

e la fuga dei lavoranti;il

ed era idrogeno solforato perch prima e poiquesto laberintodi

chiaramente avvertito

puzzo del

solfo. Di tuliosi

grotte o non

fecero piante, o di quelle gi fatte nona balziil

ebbe notizia nel tempo seguente, sicchl in

procedendo

lavoro e cavandosi or qua orla

diversi luoghi, nesi

avvenne chegli

spesse volte,

come osserva

Vega

a

25 ottobre 1766,si

torn inutilmente soprale

stessi edifizi gialtri

prima scavali. Dappertuttotolte statue,

trovarono grotte antiche con

quali inin

tempi s'erano

marmi ed

altre cose di valore,

ma

in

nesusna parte

tantoColli

XIV

1.

numero quantemozzi frail

se ne videro (24 luglio edi

agosto 1761) sotto alla piazzetta deila

Teatro e l'erta

Pugliano, forse per

prossimit di qualche ricco

edifizio.

Furono questi

lavori condotti in tutto,

il

secolo passato da ingegneri militari cocol

minciando dall'Alcubierre

venuto

di

Spagna

Re Carlo

III,

che tanta cognizionei

pratica aveva delle cose antiche, quanta ne rivelano chiaramente

suoi scritti; n

poi

gli

studi e l'erudizione di quel

tempo

si

distendevano molto pi

in l dell' interpreta-

zione dell'arte Ggurata e della cognizione materiale delle lingue dotte e della nun)ismatica;

n

la

nobile ambizione del Principe eccedeva

il

proposito di possedere un ricco

Mu-

seo pubblicato dottamente e sontuosamente,tro anni, quanti

ma

tanto adagio che dopo cinquantaquatalla data dell'ultimola fine; e

ne corsero dalle prime scoperte (1738)

volume

delle antichit di

Ercolano (1792), ancora non se ne sospettava

chiuso intanto

stranamente

alla vista

ed all'osservazione

di lutto

il

resto dei

mondo. Impedito dipoigli fu

r Alcubierre da

una infermit cagionatagli dall'umidoe a

delle grotte,

sostituito a

01 di maggio 1741 Francesco Rorro

22 del seguente luglio Pietro Bardet francese,

che dur sino

agli ultimi

mesi del 1745;

uomo

a quel che pare dalle

poche carte chel'

restano, operoso ed in buona considerazione del Ministro e del Re. Tornato dipoi

Al-

cubierre e passato in maggior grado della milizia che l'obbligavali,

a

risedere in Napoil

ebbe

in luglio del

1750 per

sotto architetto Carlo

Weber

svizzero che guid

la-

voro se non sapientemente, certo con pazientissima diligenza,

fino ai primi giorni delil

17G4, essendo morto a 15

di febbraio, e

principalmente come accenna

la

Vega (22

marzo 1765), per

i

continui travagli e le contenzioni sostenute con esso Alcubierre.la

A

16 aprile del medesimo anno 1764 entr Francescoin

Vega, prima sotto Alcubierre mortoper giudizio, diligenza e,

marzo 1780,

e poi senz' altra soggezione.

E nonostante che

pratica d'arte egli avesse avanzato tutti quelli che lo precedettero in quest'ufficioaltri

e gli

ancora che

gli

son succeduti finora, pure avendogliil

il

Ministro ordinato a 9 febaltro

braio 1765 di trasferire

lavoro a Pompei, ale

lui

non rest quasi

da fare in Erle

colano che andar seguitando a rafforzar

case cadenti di Resina, riturar

grotte e

scoprire e investigare qualche ultima parte del Teatro.

Sin dal principio del 1751 era venuto Cammillo Paderni per disegnatore delle antichit

(come

si

sottoscrisse nell' intaglio del Teatro) e per custode del

Museo

,

che poi,

avanzando

in favore

presso

il

Ministro e non cessando

le

discordie tra gl'ingegnerialle

co-

minci ad intromettersi e poco meno che a sopraintenderesenza gran fatto migliorarle. Alui fu

cose degli scavi,

madi

prima imposto dal Ministro (20 aprile 1761),

far gettare a terra in sua presenza quelle tonache antiche colorite {nutili

che

si

rinve-

nivano negli scavi, e poi con miglior senno ne fu aspramente garrito dal Re in un Rescritto del 12

novembre 1763. Capit ancora dadi artiglieria,

Sicilia in luglio

1739 un Stefano Moi

riconi

,

ufiiciale

spacciando

i

miracoli di una sua vernice nel ravvivaresi

colori dei dipinti murali,

composta come poi

vide, di sostanze ordinarie e di poco

valore che aluisi

XV

(lire

pagava grana 30

il

palmo quadrato

18,21

il

metro) e con

essa impiastr centinaia di pitture che poi col tempo son rimaste offuscale da un velogialliccio fu

che tullavta

si

dura

fatica a spazzarlo.

Il

restauro deidi

marmi

e dei musaici

commesso

a Giuseppe Canari, scultoregli

a quel

che paresi

poco nome, chiamalo

da

Roma

in

maggio 1739, e

acconcimi dei bronzi

fecero da semplici metallieri,i

guidati per le statue dal Canari, che spogliarono della patina antica pureintani,

bronzi trovali

malgrado

il

divieto del

Re

replicato a 14 settembre 1742. Molti preziosi bronzi

raccolti nei primi tempi in frantumi che

non parve possibilee

di

ricomporre,

si

fusero;

questo dice Paderni a 17 luglio 1762

,

peggio seguila Alcubierre a 3 marzo 1770,

narrando che del bronzodel Teatro fu fallalala

delle statue equestri chei

ornavano

la

sommit

dei

gradi

statua della Concezione con

candelabri e

gli altri

ornamenti del-

Cappella reale di Portici. Dei disegni ne furon

falli

molli. Alcubierre

sebbene scrisse

a 6 agosto

1741 che

fuori di,

un piccolo schizzole

di

una parte del Teatro non ave,

va potuto ritrarre altro

perchdi

grotte

appena cavate s'erano subito riempileo undici a Monsignor Bayardi,

pure

a

15 giugno 1756 ricord

averne

dati dieci

al-

cuni dei quali erano gigni dalil

slati intagliali; e

negli anni seguenti sollecitando nuovi disefalli al

Weber, afferm che

egli

ne aveva semprelui

suo tempo. Disegn ancoraaiil

Bardet, e nel sommario degli ediBzi dafatti altri

scoperti detto che oltresi

suoi disegni

ne eranosecoalle

undici prima e dopo, chealla

stavano incidendo,di

ma

Bardet portofferse

sue carte quando fu chiamato

campagna

Lombardia; poi tornato,

Re

in ottobre

1766 quattro piante

in

cambio dei volumi che chiedeva

delle antichitlui

di

Ercolano. La pianta che qui segue alla Tav. VII potrebbe esser lavoro di

se la

data del 1749 dinoia l'anno dell'intaglio e non quello del disegno; in contrario s'avra credere delTAlcubierre che guidava gli scavamenti nel 49. Questo intagliodel Teatro alla Tav. Ili e tutti

con

l'altro

duesi

inedili

,

ho solo trovato dei molti che l'Accademiadi edilizi ercolanesi

preparava per

le

sue slampe; n

potrebbe definire qual sortala

sienodidi

rappresentali nella delta Tav. VII, tanto

loroIl

forma incerta

e tanto

son nudifa

qualunque notizia che ne

aiuti la intelligenza.

Weber

nelle sue relazioni

molto

disegni ad ogni passo, ed alla sua morte ne furono annoverati quarantaquattro tra Er-

colano, Pompei

,

Slabia ed

altri

luoghi, che rimaseroal

in

mano

del la

Vega

,

ed undici

del Teatro furono dati al

Marchese Galianial

1.

agosto 1764; del qual Teatro France-

sco

la

Vega mand anch'essoil

Ministro tre piante, un prospetto e tre sezioni a 15

aprile 1777. La pianta e

profilo della

Tav.

Ili

li

direi fatti dala fine,

Weber chescrisse,il

in aprile

1751 attendeva a far prove

in quell'edifizio

per menare

come

disegno

e a 2 agosto vi aggiunse la bus.sola a richiesta del Paderni.

Relazioni se ne scrissero infinite; del Borro e del Bardet ne furono consegnale a

Weber 404fine di

a

19 agosto 1750. Riferivanodi

al

Ministro quasi quotidianamente, e poi in

ogni settimana e nell'occorrenzail

qualche importante ritrovamento, gl'inge-

gneri direttori, e pi minutamente

Paderni; e poi gl'ingegneri subalterni ed anche

i

XVI

,

soprastiinlisi

,

capi maestri e caporali

aii

Alcubierrela

perch

Ji quelle

degl'ingegnerila

egli

mostrava sempre mal soddisfatto per

lentezza,e

come usava

dire, e pertutto,

poca

precisione delle notizie (15 giugno

1755, e primadi

dopo).

E

di

questo lavoro perle

che tanto lume avrebbe datodei

alla

cognizione,

molte preziose antichit

vicendesi

tempi e per

la

incuria degli uomini

una buona parte andata a male e solo

salvalo quel che non senza lungo tedio e fatica in ispazio di tre anni mi riuscito di

raccogliere e di stampare nel presente volume

,

avvertendo che

in tutti

i

luoghi dove

non

notalo altro dappiedi

che

il

nome

di chi

scrisse, son brani tratti dalle scritture

dell'Archivio degli scavi.Cessati,

come

si

detto, gli scavi di Ercolano nel principio dele l'occasione fual

1765, furono

di

nuovodente

ripiglialisi

dopo sessantatr anni nel 1828;di

che nell'anno prece,

scoperse a caso nel Vicoloaccese di nuovole

mare

sotto

podere do Bisogno uno dei cuniculi

antichi, che

speranze sopra Ercolano. Questo secondo periodo delsi

lavoro, sebbene avviato con pi ragionevole intendimento perch

posero allo scodel

perto

gli

edifizi

,

procedette in lutto

il

resto

anche meno felicemente

primo; none

relazioni assidue e precise,

ma

frequenti in principio e poi rarissime eil

sempre vane

scompigliate; non registri che dinotasserorinvenuta; restaurifalli

modo

e

i

luoghi appunto dove ogni cosa fuil

con tanta insipienza che dopo pochi anni non solo

nuovo,

mala

lulta la parte superiore dei

muri antichi disparve. Eppure

in

Ercolano pergli edifizi

la

qualit e

durezza delle terre che avvolsero e pigiarono da ogni parie

rimasti saldi

al

primo crollo,tetti

si

sarebbe potuto vedere pi assai che altrove dei piani superiori e dei

delle case e degli atri toscani, le cuidi

armadureinsi

ci

sono ancora ignote; oltre allefinoalle

suppellettilifatte

legno mirabilmente conservatele

carbone,

granate che eran

proprio

come

nostre;

ma

di

questo non

ebbe mai cura

di fare

impronte o di-

segni.

Fu pertanto comprala unadel

piccola parte della terra de Bisogno, e nei primi giorni

1828 con

la solila

pompadi

fu datoil

mano

all'opera delle zappe e dei picconi sopra laagli altri consimilisi

casa delta

comunemente

Argo,

cui

nome insieme

sono

scritti

di necessit nella pianta allaci

Tav. XII per non confondere l'intelligenza degli

scritti

chein-

hanno relazione. E con

la

medesima trascuraggine

si

continusi

fra

molte e lunghe

terruzioni sino all'aprile del 1855, scoprendo tutto quello che

vede

a destra della linea

punteggiala nella delta pianta. Venutodegli Scavi quel

il

1860

q dillo dal Fiorelli alle cose del

Museo

e,

nuovo

e ragionevole assetto,

che

tulli

conoscono

,

furono,

comprate

con istrumento del 23 ottobre 1868

per notar Francesco Mele di Napoli

dai fratelliil

Scognamiglio circa venlidue areVicolo Ferrara eprincipiotorioal le

di

giardino con cinque stanze terrene interposte traal

case antiche gi scoperte,dell'

duro prezzo

di Lirealla

13038,67

.

Fu dato(le Vit-

nuovo lavoro add 8 febbraiolodi

anno seguente

presenza del

Emmanuele, che ebbe meritalelire;

per averci assegnate generosamente di suo

trentamila

fu

condotto molto ordinatamente col vigilare e registrare tutto quello

chesi

XVII

parie delle naura caddero chefu fatta dellesi

faceva o trovava ciascun giorno,in piedi,si

ma gran

pote-

vano manteneregnoa e quel che

nessuna investigazione

antiche strutture di le-

suppl di fabbrica una compassione a vederlo; cos fu lutto finitoe

16

novembre 1875,

pure con poco profitto, perchla

l'edifizio di

un pubblico ba-

gno, che solo avrebbe potuto compensare

scarsezza e

la

povert dei ritrovamenti, fuper non,

appena veduto

sul limite del terrenola stradetta

compralo e

lasciato stare di necessit,si

mettere in pericolo

con

lela

case superiori. N per oraspesa per1'

pensa

di far altro

essendo generalmenle troppo grave

acquisto delle case e dei poderie talvolta deilala

che

andrebbero

distrutti, per

l'enorme cumulo della terrasui carri ordinari,

massi da tagliare

e trasportare alla

marina

non potendo perpili

condizione dei luoghi

valersi deli' agevolezza di una strada ferrala, eprir nulla che

ancora per

poca speranza

di scoi

non

sia stato

gi guasto e desolalo dalla barbarie dei cuniculi in tulli

tempi.

IL

TEATRO. La

storia degli scavi di

Ercolano comincia appunto dal Teatro. Siai

era lungamente e variamente disputato intorno

silo dell'antica Citt,il

ma ancora

un'opinione ferma non prevaleva, quando nel 1709

Principe d'Elbeuf generale delle

armi austriache, avendo acquistalo dai

frali

Alcantarini un sito sulla spiaggia del Gra-

nalello per edificarvi una villa, cominci ad andare in cerca di anticaglie, chi dice

per amore dell'arte e chi semplicemente per tentare una nuova composizione

di

stucco

con

la

polvere dei

marmi

colorati; e

comevede,

volle la sorte, guidatoin

forse dalle persone,

del luogo, per

un pozzo che ancora

si

capo

al cortile

della casa Bossa

venne,

a capitare dietro aita scena del

Teatro

ricchissima di statue e cornici di

marmo

d' in-

crostature e colonne di alabastri e di mischi.Nella pianta pubblicata alla Tav.

IV son segnale

le

grolle per

le

quali egli

si

and

aggirando, senza per altro passarele

i

termini della scena e dell'orc/iesira.al,

Fu voce che

migliori statue da

lui tratte fuori

andassero a Vienna donate

Principe Carlo Eue poi nell'invasionevilla

genio di Savoia, alla cui morte furono comprate dal Re di Poloniadi

quel regno, rapile da Federico

II di

Prussia per ornamento di una sua

detta

Sans-souci. Dicono ancora che da questo pozzo salirono molti mischi delle nicchie,

dueC./.

frammentiL.

d'iscrizioni, septem1, n."

vir

epvlonvm

... e, appivs

pvlcher

caii di

filivs

(

X,

pr.

1423), una statua di Ercole in pezzi ed otto altre statue

marmo, quatstet-

tio delle quali lasciate dal Principe nella sua villa e quattro togate

ed acefali che,

tero un

tempole

sulla piazzetta di

Resina detta per questo dei Colli mozzi

e finalmente

vennero con

prime quattro

ritirate nel

Museo

di Portici.

Non chiaro maad Alcubierrein

possibile che sien queste le statue di cui fu

commesso

il

restauro

gennaio 1738.

certo pertanto che

gli

scavi del Teatro ebbero regoIII, guidati dallo

larmente principio nell'ottobre dello stesso anno d'ordine del Re Carlostesso Alcubierre. Finoal

dicembre non

si

usc dalla scena e dalle due eslren)it dei ciril

cuito esteriore. Nel gennaio del 1739 erano scoperti diciolto gradi della carea e

fronte

(iei

XVII

I

versoil

primo balteus;ni pilastriil

in

febbraio

si

delle

mano

all'uscila

Vicolo

ili

mare;

in

giugno

si

pass

ed agli archi

di fuori.

Dell'anno 1740 perihita ogni traccia,in aprile

ma non

fu interrotto

lavoro che seguit ugualmente nel 41;si

del

1742 cominci ad

apparirele.

il

fronte del pulpitum e

delle principio allo spiraglio che dsi

lume

alle grol-

Dalle poche carte salvate degli anni seguenti

conosce che

lo

scavo dur lenta-

mente sino all'aprile del 51 e poi non se ne legge pi sillaba. Si discese un'altra voltanelle grolle del Teatro in ottobre del

1760 per avviarsi, come dicevano,

al

Foro, gi

veduto nei primi anni espesso rasentatala sceu

alle

case che sono quivi intorno, e con questa occasione fuil

ed

poslscenium,

ma senza

nulla scoprire sino

al

novembre

dell'anno seguente, che fu trovala una delle due scale che dalle spalle della scena sal-

gono

al

pulpitum ed

ai

lribunala;e dopo mollo vagare fu finita di sgombrarela

la

seconda

scala in settembre del 1762. Inlanlo Alcubierre che viveva con

febbre di qualche

sprofondamento che potesse avvenire

in

causa del troppo cavare, viet nel seguenteal

dicembre che

si

forasse pi olire nelle parti interne del Teatro; sicch insinoil

gen-

naio 64 che fu di nuovo interrotto

lavoro,

si

gir

sempre per

la

cinta esteriore,

prima

nel basso attorno agli archi e ai pilastri, e poi nel

sommodali

dei gradi con qualche corta

intromissione nella cavea.

Francesco

la

Vega che succedetteil

al

Weber, and,

maggio 1765al

a tutto

1'

ani

no 74 scoprendofianchidi

resto del pulpitum e della scenail

cuniculi sotto,

pulpitum,

essa sceia ede

circuito esteriore dell'edificio

nel fine principalmente

di

emendare

dar compiuti

i

disegni del

Weber secondo

gli

avvertimenli del Marchesesi

Galiani e dell'Accademia;si

ma neppure

dal suo lungo lavoroil

cav

tutto

il

lume che

sperava, perch

la

cima dei muri che ricingonoi

Teatro era stata malamente svet-

tata dall'eruzione,e

perdendo

tre tabernacoli e le statue diil

bronzo che l'incoronavano,

similmente era stalo travolto

portico delle colonne dietro alla scena;

ma

quel che

pi importa, dal fronte di essa scena erano state per l'ingordigia di qualche inutile

frantumele

di

marmoil

antico e per l'ignoranza dei primi cavatori gi strappatericco

le

basi,

cornici

e tutto

ornamento

di

marmo

aderente

al

muro che

la furia del torsi

rente fangoso non era stala bastante ad estirpare; dai quali avanzi solamente

sa-

rebbe potuto intendere con chiarezza lutto l'ordine notevole che

di quella nobilissima facciata.,

Ed

dopo compiuta

la

disfatta della scena

dopo spoglialosi

il

balteus delle sue

incrostature di bianco e di cipollino, e quando del Teatro non

poteva altro vederein

che

i

sassi

dei gradi e qualche resto di

muro smozzicato, vennele

animo

al

Weber

nell'ottobre del

1760

di

porre

in

mostraal di

sue e

le altrui

vergogne, scoprendo quella

parie del Teatro che non ha casetra

sopra;

ma

n

di

questa fu fatto nulla n dell'al-

pi recente e forse pi ragionevole proposta dell'Avellino (1847), di ricercare conla

una fossa superiore

sommit

della scena, sela

mai ne avanzasse altro d'intatto.

Mentre intanto procedeva

distruzione lavoravano gl'ingegneri a far disegni.

Una prima pianta

del Teatro e delle grotte fu data dall' Alcubierre a 13 luglio

1739 che

poi a 6 agosto 1741 dichiiirparti fino allora scoperte.

XIX

uno schizzo informe delleBardet nei 42, che a 20.\lla

non essere

slnto altro che

soledi lu-

Un secondo disegnosua

fece Pietro

glio riebbe dal Ministro con le correzioni di

Matteo Egizio.

moite

del

Weber (1764)due che

ne furono contali novegi ne aveva.la

di

manola

e consegnati alal

Marchese Galiani,altri sette,

oltre a

A 15

aprile

1777

Vega ne mand

Ministro

cio tre piante,

facciata esteriore e tie prolli. Di questi venti disegni,

duealia

soli

ne avanzano intaglialitolta

in

rame che qui

si

riportano,

il

primo cio una pianta

Tav. IV,

con

le

sue

annotazioni dal /?u//e?//no archeologico 7ah'ono del eh. Minorvini (luglio

18Gi e magi

gio 1862), e l'altro che contiene una pianta ed un profilo alla Tav. Ili, salvato Ira

ra-

mi deir.4ccademia. Se relativaal

la

data del 1747 che secondodell'si

il

Minervini porla,

la

prima pianta,in

disegno, non pu essere che lavoro

Alcubierre

il

quale

quell'anno'al

guidava

gli

scavi; se poi fu scritta dall'incisore,al

potrebbe anche altribuire

Bar-

det, non mai

Weber

la

cui venuta fu

appenail

in luglio

1750;

ma

io la

credo con pi scavo dopofece, conli-

fondamento

di Alcubierre,

che essendo stalole

primo a rimetter mano

allo

l'Elbeuf, potette egli solo discernere

grotte di colui e segnarle,Ili

come

nee punteggiate.

II

secondo disegno della Tav.sil'

non dubbio chele

sia del

Weber,del Teala

perch

a

3 e 17 di aprile 1751

legge che egli aveva tra

mani un disegnoci

tro, e a 2 di

agosto Paderni chein

intagliava glielo rimand perch

disegnasseil

bus-

sola.

Comunqueil

nessuna\a

di

queste due piante ritratto fedelmente

Teatro, esla

sendo

pulpilum e

scena disegnali di fantasia, e nella prima non esattamente

cinta

esteriore, pure mi parso necessario ripubblicarle per

compimentoutili

della storia e per

riscontro delle annotazioni in cui notazioni peril

si

contengono parecchiele altre

notizie; alle quali an')

medesimole

fine

ho aggiunto anche

pubblicate dal Fiorellii

che

per essersi trovate trala

carte del Galiani che ebbe a rivedere

lavori del

Weber

e per

semplicit di certe frasi proprie di esso

Weber, non

improbabile che sieno state

scritte

da

lui in

dilucidazione di un suo secondo disegno.la

Dai lavori poi del

Vega che pi non abbiamo

e

che dovevano certamente es-

sere pi interi e condotti con giudizio e diligenza migliore, ovvero dagli accuratissimistudi del Mazoiszioni su questo")

che, come testimonia

il

de Jorio

^)

fece

lunghe ed attente investiga-

monumento, crederei che sieno,

stale tratte le piante date fuora dal Ca-

nina, dal Rich

dal Wieseler e

dagli allii venuti dopo; ad ognile

modo

per togliere

di

mezzo qualunque dubbiosto Teatro, ne

e per troncare ad un tratto

antiche dispute intorno a queil

ho

fatto

non senza lunga e penosacapole,

fatica, tra

buio, l'umido e l'in-

gombro

delle grotte levar da

piante ed

il

profilo

da due espertissimi architetti,io

Giuseppe Solari ed Eugenio Leoneluogo e che pubblico')

che ho poi pazientemente rivedutii

stesso sul

alle

Tav.

V

e

VI con

pochi frammenti di

marmo

che vi furonoXLII.

Giornale degli Scavi

di

PompeiF.

ecc. Napolietc.

MDCCCL. Proemio

alle illustrazioni pag.

') 3)

LEs RuiNES DE Pompei parNotizie sugli scavidi

Mazois

continue par M. G\u. Troisime

partie. Paris 1829.

Ercolano. Napoli 1827 pag. 121.*

casualmentehisciali.

XX

sii

Questi disegni riscontrano

pu dire esattamente conmuriin

quelli del allato alla

Mazois, salvo qualche minuta differenza, comescena, che non hanno porte, ei

fondo

alle

due sale

tabernacoli in cima aliail

summa

cavea nel cui fronteIl

erano due e non quattro colonne comefinalmente di legno chescoperti di Ercolano,ditisi

Mazois ha disegnato nel restauro.

modello

mostra

ai visitatori

nella stanza alialo al cancello degli scavi

come

rilevo da

una

lettera della

25 ottobre 1808

scritta dall'Ar-

a Pietro la

Vega,

fu fatto nel detto

tempo con

guida dell'architetto Antonio Bo-

nucci,

da

Domenico Padiglione, da

cui discesero Agostino e Felice arteficile

ingegno-

sissimi nel ritrarre in sughero di rilievo

anticaglie,il

come dimostrano

le

molte e belle

opere loro che

si

conservano

nel nostro

Museo; ma

modello del Teatro lavoro me-

diocre, col fronte sopratulto della scena non rettamente interpretalo.

Certole arti ei

,

se

il

Re Carlo

III

che tanto fece e tanto

spesei

per

rimetteresi

in

vita

buoni studi nel Regno, quando ebbe notizia che

suoi cavatori

erano abcuniculi

battuti nel Teatro di Ercolano, invece diin

farlo devastare sforacchiandolo coial

quella sciaurata maniera che fu usaladi scoprirlo

suo tempo, avesse pi consigliatamente

avuto animo

disopra, raccattando e

rimettendo diligentementedall'

al

proprio

luogo tutto quello che era stalo rollo o travolto

eruzione

,

avrebbe forse con mi-

nore spesa ed

in

tempo

assaial

piil

breve

di Irentolto

anni (quanti se ne contano dalle

1738

al

1776) mostratole,

mondo

miracolo di un maraviglioso teatro risorto con

statue,gistrati

colonne,nel

gli

ornamenti

di preziosi

marmi

e fino

con

le

sedie di onore dei

ma-

modo appuntovisi

coni' era stalo

improvvisamente sepolto diciassette secolila

innanzi, non

polendo altro desiderare che

viva voce degl'istrioni ed

il

tumulto

degli spetlalori.

Ridotto l'ediflzioscorta dei documenti

inil

questa desolazione, non resta che andare investigando conla

la

luogo e

forma dei diversi accessori che pi nonla

si

veggono,

per ricomporlo quanto possibile contuttoil

fantasia nella pristina integrit. Era innanzi

Teatro non addossatopiano,

al

fianco di una collina al

modo

dei greci

,

ma

edificato

in isola nel

come

i

pi sono dei teatri nelle migliori citt romane, con due or,

dini di diciannove archi l'uno intorno al semicerchiostri

sostenuti da venti e venti pila-

ornati di dipinture nel fronte

,

nelle rivolte e nel giro interiore o soffitto degli arsi

chi.

Per due scale verso

le

due estremit del semicerchio media cavea,e

saliva al corridoio di

mezzo

dove eraai

l'uscita ai sette vomitoria, dellaalti,

quattro scalette chesalite

menavano

gradi pi

donde

si

spiccavano due pi angustedi

per montare all'estremasi

vetta dell' edifizio. Nel

muro

questo corridoio che s'addossa alla cavea

veggono

a

un pianola

col

pavimento,

alialo a tre vomitoria, trefatte

buche quadre pendentialle

in

gi verso

fogna che dovevano a mio credere esseral

per dar corso

piovane che a tra-

verso

vano

dei vomitoria potevano, spinte dal vento, cadere nel corridoio; questo sodi siffatti smaltitoi sieno statiin

lamente non mi chiaro, perch

provveduti tre

soli e

non l'intero numero dei vani che col pavimento inclinato

dentro escono dal corri-

tioio all'aperto.

XXI

il

Aveva

il

Teatro proporzioni mezzane, non essendo

diametro del girodell'

esteriore pi di metri 5i e quello dell' orc/jes^ra 9,

quando

il

diametro

intero se-

micerchio

del teatro di Efeso arriva quasi a metri 151 '); nelil

teatro di Marcello a

Ro-

ma, secondo

Canina, se ne misurano qualcosa piscoperto,

di

130; nel napolitano recentedi

mente

in parte

non menoil

di

92

e nel teatrodi

maggiore

Pompei 62.

Dietro alla scena era

consueto porticoin

colonne con due rivolte nei fianchiil

per rifugio degli spettatoridella corrente fuin

tempo

di

pioggia,

qual portico trovandosi nel versoaltro

modogli

distrutto dall'eruzione chei

non resta

fuori del

ca-

nale

(li

pietra

che

correva appiedi e

pezzii

delle

colonne atterrati e dispersi.onore; sedicidivisii

Eranoto, di

nell'

/ma cavea quattro

larghi gradi per

posti di

,

e non diciot-

ordinaria grandezza se ne contano nella media,

in

sei

cunei da sette

interposte scalcile; seguiva un balleus e sopra a questo

tre gradi della

summa

caveala

con appiedi un passaggio ovverocavea eralaelati,

iter.

La cresta

del

muro che cingeva

tutto

intorno

come incoronata da parecchienel

statue di bronzo e da tre tabernacoli, aedicu,

unodue

mezzo e due

nelle punte del semicerchio

ciascuno dei quali aveva neidi

piedestalli sporgenti,alia

con sopra una statua equestreil

bronzo dorato.

Quantomana,

vecchia quistione, sela

Teatro fosse ordinato alla foggia greca o roi

da considerare che

differenza fra

due modi stavala

in

questo, chevi

i

greci

adoperando f orchestra per

le

processioni dei cori e peril

musica,

rizzavano nelil

mezzotum

la

thymelele

,

facevano grande l'orchestra, strettoper

proscenium ed allo

pulpidesti-

con

scalette

discendere

neW

orchestra,

;

\

romani

al

contrario,

nandor

V orchestra

per

una parte degli spettatori,

le

davano proporzioni minori, non

ingombravano

di statue o di altari

pi vasto spazio serbavano al proscenium destiil

nato agl'istrioni edglierela

alla

musica

,

e tenevano

pulpitum alquanto depresso per nonsi

to-

veduta a chi sedeva nel basso. Le regole date da Vitruvio

sa chea

erano norsuo

medi

generali tratte dai pi noli edifizi del suo tempo chegli usi

ognuno variava

modo

secondo

ola

le

circostanze dei luoghi. Nel teatro di Ercolano non fu visto traccia

thymele,

madi

statua di

Bacco trovata nel mezzo deV orchestra potrebbe non senza

fondamento

ragione dar luogo a qualche dubbio.

V orchestra

angustail

,

il

sito delle

sellae plicalilesio

(Museo

n.'

73152

e

73153) non certo, perch

Weber

a 21

genna-

1762 dice che erano

in

uno

dei Iribunalia o suggesli, ed egli stesso o altri di quel

tempo, neW Indicazione di una pianta ecc. afferma che se ne raccolsero due nell'orchestra; e pi di

due non se ne veggonoPompei.Il

nei

Museo; essendo biselHa;

gli altri tre

seggi

registrati per cose di

proscenium lungo e largodel teatro

l'altezza

del

pulpitum del

circa

un metro, due condizioni proprie

romano; ma

nelle

due estremitin

pulpitum sono incavali nella grossezza del murozionela

gli scalini

che mettonoil

comunica-

scena con ['orchestra. Non dissimile in questa parie

teatro

maggiore di

)

OiscovERiES AT EPHESus

etc.

BY

J.

T.

wooD

,

F.

I.

A.

London

1877.

Pompei;

XXII

due scalettelaterali;

il

pulpitum ha quasi

la

medesimain

altezza e lesi

per contrarettangolo;di

rio y orchestra

alquanto maggiorepiedestallo.

larghezza e

allunga in figura

di

nel

mezzo sorgeva undi

Dale

lutto questo inferirei

che

il

Teatro

Ercolano,

non hadi

greco propriamente chele

sole discese dal pulpitum

aW orchestrain

e quello

Pompei

discese, V orchestra eaisi

la

thymele.

Venendoaveva,

particolari,

la

facciata esteriore del Teatro giratadi

mezzo cerchio

come

detto,

due ordinili

archi

,

i

cui

ornamenti

di

stucco e di pittura son

pubblicati dal Mazois che

vide pi freschi, nel libro di sopra citato,

mancando

la

sola cornice ultima e forse l'attico che fu

lungamente e inutilmente cercalo.l

Gli archi

terreni, eccetto Ire soli, erano lutti sfondali facendo un portico nel giro,

due primi,

archi, cominciando dai punti dovel'entrata

il

semicerchioin

si

congiunge

al

diametro

davanocomin-

aW orchestra ;le

i

due seguenti eranocuisi

parte murali; in fronte

ai terzi

ciavano

due scale per

saliva al corridoio.

Lo spazio

sul portico inferiore era

occupato nel secondo piano, parte dal corridoio, parte dalle quattro scalette dellacavea.I

summa

due

detti archi terreni

murati, lasciavano innanzi uno spazio a uso

di nicchia

ornalo con lastre

di cipollino, di africano, giallo e

rosso antico intramezzalo da corniil

celte di bianco. Sotto l'arco che

guarda

il

mare (essendo

luogo riparato dalla corsa

del torrente) furono trovate ritte in piedi sopra \in lungo piedestallo parimente rivestitodi

marmi,

tra la fine del

1738

e

il

principio del 39, tre statue di

marmo

togate con testel- f

posticce, e appiedi della contigua porta dell'orchestra, l'iscrizione, l

asnivs

mam? C.

MIANVSI.

-

RVFVS

-

H

-

VIR

QVINQ

THEATR

-

ORCH

S

-

P

NVMISIVS

P

F

AR. (iMuSCO n.

3742

L.

X

pr. 1. n."

1443).

Una

simile epigrafe nelle Annotazioni alla pianta, Tav. IV,

dello che stava sopra alla porla interna dell'orchestra dallo stesso lato. Piii tardi in-

nanzi

alla gi delta

porta esterioren."

si

raccolse

il

10 maggio 1766n.

il

frammento l

an-

mvs

M....

(Museo

3741. C.

I.

L.1."

X

pr.

1.

1444')il

i

cui

caratteri alti

mezzo

palmo erano

colorali in rosso.

E

al

ottobre 1768

la

Vega

tolse di sotto a

un arco

appoggiata contro del muro, quest'altra iscrizione stata evidentemente dagli stessiantichi o tolta d'opera o

non ancor messa, t|

clavdio

1

t

clavdi

caesakis

1

avcvstin.''932,

GERMANICI

1

P

P

F

NERONI

CAESARl

]

D

D

(MuSCO

U."

3721.

C. I. L.

X

pP.

1

dove annoveralano,oltre a

tra le iscrizioni

pompeiane). Finalmente nel medesimo giro ester-

molti frammenti di statue di bronzo caduti dall'alto, ricordalo a 28 diil

luglio

1739

ritrovamento

di

una bella statuetta nudaa

di

Venere

in

marmo

e?i

la grata

que vaporconchas que

la izquierda del Theatro... y vecinole

ella... las tres

piedras pequenas y dosfu trovala dal

acompanan; come un'altra statuetta della stessa Dea

Wood

sotto al proscenium del teatro di Efeso.Il

pulpitum, della forma ed altezza chee pi

si

detto di sopra, era nel fronte ornatoIre rettangole ela

di

marmi

riccamente nelle selle nicchie.

quattro in mezzo tonintornoal sito di

Veggasi quel che osserva qui appresso a pag. 510 e seg.e di altre iscrizioni.

il

Vega

queste

do; nicchieil

XXIII

chesi

cui uso

non

ancor bene accertato,

veggono frequentementeteatro

nei

teatri antichi,pei.

ornate similmente,

come

nei napolitanoil

e nel

maggiore

di

Pomrile-

Not

il

la

Vega

a

6

di luglio

17G5 che

piano del proscenium era alquanto

valo nel mezzo epertole

vi si

saliva con

uno scalino da ciascun,

lato; sotto al qual piano, co-

come

si

usava da un tavolaloaltri

egli

scav lungamente ravvisandovi una fogna per

piovane ed

cuniculi

,

ad uso forse di muovere macchine o di formare quei tuoni

ed altre comparse che erano solite farsi dall' antichi nelle commedie.e rimescolato,

Ora

lutto

guastoi

ed io non

vi

ho visto altro che terre e calcinacci. Nei fianchi erano

luo-

ghi delle scenae versiles, essendovi rimasto

comeperno

scritto nell' Indicazionedi

di

una

pianta

del,

teatro,

uno

dei cilindri vli colil

legno

in

carbone che

vi

girava

dentroin

comunque pare chela verit dila

la

Vega

nelle osservazioni che

seguono abbia revocato

dubbio

questo

fatto.

Quanta fosse

ricchezza dell'ornamento del fronte e delle rivolte delladi

scena

si

conosce facilmente dalla moltitudine dei pezzi

statue, di colonne

,

cornici e incrole

stature di mischi raccolti in vari tempi e tutti mandali a male.l

Secondo

regole del-

acustica generalmente osservate dagli antichi,

dovendo

\

scena pareggiare in altezzavi

il

muro che circonda

la

cavea, e computaloil

il

diametro delle colonne, nonle

potevano

capire pi di due ordini;fusti e dei capitelli; si

che

riscontra ancora conil

due diverse proporzioni dei

quindi assai credibile

restauro proposto dal Mazois, nel quale

contano

in tutto

ventiquattro colonne e quindici statue. Le statue eran tutte di mar,

mo

e cos le cornici

le

basi delle colonne e

i

leggiadri

capitelli dei quali si

vede un

frammento disegnato

alla

Tav. VI;

i

fusti

di giallo antico, cipollino,

africano, alabanelle

stro fiorilo, alabastro listato e di qualche altra pietra che

non s'intende, dinotala

relazioni col

nome

jaspe orientai;

le

incrostature di rosso eal

giallo antico, di ala-

bastro e di portasanta; un sol torso di statua,

4 novembre 1738 fu riconosciuto peri

Ercole alla pelle di leone che portava attraversata sull'omero;di figure

molti altri

frammenti

non

si

ebbe avvertenza odella

possibilit di interpretarli.il

V orchestra,giallo antico;a

grandezza gi divisata, avevale

pavimento

di

marmoguarda

bianco e

probabilmente

due porle eran chiuse dai cancellialla

di

bronzo mentovatila

15 novembre 1738 e 16 gennaio 39. Sopra

porta a sinistra

di chi

scena

era,

comesi dello,al

replicala l'iscrizione colvi si

nome

del fondatore e dell'architetto del

Teatro;To..;

23 giugno 1702

raccolsero questiu."

altri

frammenti .... annio|.. calpr.1

posTVM

.

.

Il

VIRO.

.

.

(Musco

3739.si

C.

I.

L.

X,

n."alle

1441) e

a 16si

gennaioscoper-

1768, sopra

i

due piedestalli che ancora

veggono

allato

due porle,

sero le altre due iscrizioni riferite alla pag. 486, di Marco Nonio Balbo e Appio Claudio

Fulcro,

le

cui statue o

non

vi

si

trovavano quando

il

Teatro and sotto, o ne erano

state tolte nei successivi scavamenti.les si

Della statua di Bacco e delle

due,

sellae plicati-

fallo

ricordo poco innanzi.l'allro

Due buchi da ultimo

sfondali a casodi

uno,

nel piano

dell'

orchestra,

nella scaletta

che scende dal vomitorium

mezzo

hanno me-

stratoil

XXIV

la

vlo di due fogne, conslriille cerlamenle per tenere asciutti V orchestra e

cavea.

Erano neW ima cavea quattro gradi con appiediil

il

suppedaneum ora non,

resta

che

grado superiore

di

lava largo

95 centimetri ed

allo 18 e

il

suppedaieum parimentesi

di

lava largo cent. 95; per due scalette di

marmola

negli estremi

saliva dal piano

dell' orchestra al

quarto grado. Seguiva indidall'

media cavea

di sedici gradi di lava vul-

canica, distintaalto 31,

/mo cavea per un secondo suppedaneum, largo 43 centimetri ed69ail

e ciascun grado varia in larghezza da centimetriil

78 ed

in altezza

da 37

a

40. In cima, senzatoria^

consuetodi

iter

o praecinctio davanti, di cipollino

balteus

con sette vomi-

una volta incrostato

quadrialla

e cornici e fascette di bianco,le

come

se ne vedei

un avanzo disegnatola scefia

Tav.VI. Tra

due estreme scalette che dividono

cunei, e

sorgono sopra

alle

due porte deW orchestra due residenze con panondissimili da quelle del teatro

vimenti di

marmo

{tribunalia o suggestus)

grande

di

Pompei

e

dell'altro di

Aspendo, con

le

loro particolari entrate dal

portico esteriore

delle colonne per

due capaci scale

allato a\ poslscenium.il

Tra

il

terzo e quarto grado diraccolti

questa cavea, contando da basso e nel lato verso

mare, vennero,

due

cor-

nucopias'abbia

di a

bronzo che

io

non saprei se

nello stile di chi scrisse

con questo vocabolo

intendere due corni di dovizia, o duefra noi.

candellieri a varie braccia,

come

si

usa chiamarli

Quattro vasi

di

bronzo

si

sa che furono trovati nel Teatro, due,

add 11 ottobre 1750

{dos ollas rotas de bronce)

il

terzo a 7

novembrela

dello stesso

anno, enzima dedi

los ultinos

grados en medio,

il

quarto come scrisse

Vega

che

mi pare

rame con piombo7el

al di fuori, di diametro al ventre on. 15, alla bocca on. 8 ed alto on.

H...quelli

pianosi

sotto li sedili, a 17

settembre 1768.perla

I

quali vasi potrebbero riferirsi a

che

ponevanoal

in giro ai teatri

riverberazione dei suoni, di cui tratta lunfatti

gamente Vitruviononvano

Gap. 5 del Lib. V, se due contrari

non

vi sii

opponessero;detti

il

essersi trovato ina stare, eil

nessuno dei gradi finora scopertidi

le cellae

dove

vasi ave-

piombo, metallo

sua natura molle, che avvolgendo l'uno dei delti

vasi avrebbe certamente afTogate le vibrazioni del rame.I

tre

gradi della

summa

cavea, larghi variamente da

55

a

78 centim. ed

alti

0,35,

erano preceduti da un diazoma largo un metro, custodito necessariamente sull'orlo da

un parapettoalto

di ferro, e

terminavano con,

la spalliera di

un muro intonacato

di stucco,

dove pi dove meno

mei. 0,60 e grosso circa tre, coperto con lastroni di lava.il

Le

statue che sorgevano sopra fronte erano di

detto

muro

sui loro piedestalli

con

le iscrizioni

dedi-

catorie in

bronzo, maggiori del vivo e rappresentavano personaggile

imperiali o benemeriti del Municipio;

quali statue,

parte quasi intere e parie inla

minuti pezzi, furono travolte dall'eruzione dentro o fuori

cavea, secondo che

si

tro-

varono

ad essere dal torrente investile o dalle spalle o dalla fronte.i

E

fra quelle

che

furono salvale e ricomposte (perchmetallo grezzo nella fornace),di

frammenti vennero comesi

si

dello buttati peri

sole cinque

possono dare con certezza

nomi; e

sonola

XXV

n.

Vestale (5 e 11 marzo 1739); Claudio Nerone Diuso in abito di sacrificante (30

agosto 1741. Museo n. 5615); Marco Calatorio (2 dicembre 1743. MuseoL.

5597)

,

Mamniio Massimo (~4 dicembre 1743. Museoe

n.

5591) e Antonia mogliealla statua

di

Neronea

Druso(I9

22 agosto 1750. Museola testa,il

n.

5599); oltre

muliebre trovata

6

marzo 1739 senzamente queste sole1739, LCALATOR

braccio sinistro ed una parte di un piede. Restano pari-

iscrizioni, alcune dei piedestalli diF

due statue/.

di

bronzo a 29 marzopr.1

ANNio

L

MK^FRAi. .

(

Museo

n.o

3743), e bvif (C.1470); ele

L.

X

n.

1442), ma

-

MEN

RVFO

.

(Op.

cit. n.

due trovate dal Weberla periferia

13 set-

tembre e 15 ottobre 1763 fuera

del Thealro... en

medio de

convesa que com-

ponen

los

grandes pilares exleriores arriva en frente al astrego supremo y que ha caidoannivs

abajo;LMiANVs

mammuQviNQin

.

.

.

(Museo n." 3741. Op.n."

cit.

n.

1445), e t

annivs

mam-

RVFvs

II

(Muscoparteil

3742. Op.

cit. n.

1443).le

Interrompevanodestalli ornati digli

giro di questi ultimi gradi

Ire

coppie

di

grandi piee

marmi

e sporgenti in fuori,

una nel mezzo del semicerchio,

due da-

estremi

,

su cui posavano sei statue equestri di bronzo dorato

ricolte in frantumila

e distrutte tutte e sei, senz' altra notizia che due dei cavalierifianco (17

avevano

spadain

al

marzo 1739). Questi

cosiffalli

piedestalli a,

due a due mettevano

mezzo

tre aediculae o

come

noi diciamo tabernacoli

avvertili dal

Weber,

a

22 e 29 ottobreil

1763, da

la

Vega

a 6 luglio

1765

e pi

recentemente dal Mazoisil

come narraforsela

de Jo-

rio a pag. 120, che credette essere slato

primo

a ravvisarli;

ma

non bene osstrettezza della

servandoli disegn nel restauro quattro colonne nel fronte, che per

luogo nonbase eil

vi

potrebbero capire. Del tabernacolo di mezzo resta ancora da un latodi

mozziconesulla

una colonna

di

stucco colorata in rosso; dell'altro a destradi

avanza parimentecaveafu

posto una base attica

marmo

e, appiedi

,

sopra

i

gradi dellafusti di co-

raccolta

statua della Vestale,

due frammenti d'iscrizioni, due

lonne

di

africano e due capitelli corinti! dila

marmo.

Alle spalle del tabernacolo sinistro,ili

come portava

corsa del torrente era stata gettala fuori del Teatro una colonnasi

portasanta.N della loro forma e struttura

pu nulla congetturare, perch

altro

lume

non dannola

i

documenti, se non che sotto

il

tabernacolo a

man

destra era probabilmente,

Vestale, e pi certamente, secondoil

gli

Accademici Ercolanesi

sotto a

uno degli

altri (lue

Nerone Claudio Druso; e forse ciascuno dei

tre, nel fastigio

o altrove aveva

per finimento una delle grandi maschere sceniche di piperno rivestile di stucco, trovate a 10 aprile 1739, 17

marzo 1770di

e

25 aprile 1772.;i

Era

il

Teatro murato

mattoni nel fronte della scena e degli archi esteriori

ri-

pieni dei detti archi, pochi al pianterreno e frequentireticolalo; le

nel piano superiore, son di

tufo

mura

del corridoioi

anche

di tufo,

dove reticolato e dovele

di filari isodo-

mon

alti

dieci centimetri;

gradi della cavea,le

scale e

i

lastroni

sull'ultimo halleus

di lava dei

campi

flegrei

,

che

primitive lave del Vesuvio, disuguali e spugnose riu-

scivano appena adatte

al

lastricalo delle vie.

Avevano ornamenti

di pitture

gli

archi

d

XXVIesteriori,

le

due sale

alialo alla scena

,

e l'archi neli

due passaggi laterali alla scenabolli(

sotto li ri-piani delle

due grandi scale (4 aprile 1772). QiuiUro/.

furono

lelli

nei

mat,

toni CARDI

SExmi

(C.

L.

X

pr. II

n.

8042,

3i ).

ardae uviae

Op.

cit.

8042Il

4i

)

HOSTi

.

.

.

(Op.

cit. n.

8042,

58) e tsab-attidi

(Op.

cit. n."

8042,98. stb

appi).le

de Jo-

rio che scrisse nelin

1827 afTerma

aver visto