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Gruppo di lavoro:

Progettazione: Studio Tecnico Associato Marchegiani, Brunori, Fabrizi e Pesaresi;

Progettazione impianto elettrico ed energetico: WEPLAN;

Coordinamento SIA e Quadro di riferimento programmatico: Geom. R. Marchegiani e Dr. Euro Buongarzone;

Quadro di Riferimento progettuale e coerenza con lo strumento urbanistico: Geom. Roberto Marchegiani e Dr. Euro Buongarzone;

Quadro di Riferimento Ambientale

– Atmosfera: Ing. Giorgio Domizi

– Suolo e sottosuolo: Studio Geologico Tecnico Dott.R.Ricci - Dott.D.Stronati;

– Vegetazione, fauna ed ecosistemi: Dr. Euro Buongarzone;

– Paesaggio: Dr. Euro Buongarzone, Geom. R. Marchegiani

– Rumore: WEPLAN.

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INQUADRAMENTO DELL’OPERA

1. PREMESSA

Nel presente elaborato viene sviluppato lo studio di impatto ambientale per la riconversione di un insediamento zootecnico situato nel comune di Jesi (AN), Loc. Cannuccia. La ditta proponente è:

SOCIETA' AGRICOLA FILENI S.R.L. UNIPERSONALE Località Cerrete Collicelli n.8 62011 Cingoli (MC) P.I. e C.F. 001776160432

Il progetto che si intende proporre prevede la realizzazione di un allevamento avicolo di polli da infrasso adottando le migliori tecniche disponibili per garantire ottimizzare le prestazioni ambientali. L’intervento prevede la realizzazione di 6 capannoni per l’allevamento avicolo tradizionale e 10 capannoni per l’allevamento in regime di biologico.

L’intervento è soggetto alla valutazione di impatto ambientale regionale ai sensi dell’art. 12 della legge regionale 26 marzo 2012, n., rientrando nell’elenco A1, punto V che prevede la procedura VIA per le seguenti tipologie di allevamento:

1) 85.000 posti per polli da ingrasso;

2) 60.000 posti per galline;

3) 3.000 posti per suini da allevamento carne (di oltre 30 kg.);

4) 900 posti per scrofe.

Esso è inoltre soggetto a VIA ai dell’art 23 del D.Lgs.152/2006, Parte Seconda, Allegato III lettera c) che prevede le stesse soglie dimensionali di cui sopra.

Date le dimensioni sarà soggetto ad Autorizzazione Integrata Ambientale – IPPC e pertanto contestualmente al SIA sarà presentata l’istanza di A.I.A., aggiornando l’AIA in essere.

Le coordinate di riferimento del Centro aziendale sono:

Latitudine: 43°29'20.50"N

Longitudine: 13°14'55.05"E

Il progetto è situato in un contesto collinare in destra idrografica alla vallata dell fiume Esino. L’uso del suolo è agricolo con dominanza di seminativi dove si alternano i cereali autunno-vernini, le specie foraggere e le colture da rinnovo.

Il carattere estensivo delle coltivazioni ha nel tempo portato alla rarefazione degli elementi vegetali a carattere diffuso, relegandoli a strette fasce discontinue lungo i fossi che solcano l’area.

Il sito di interesse è in realtà una piccola valletta percorsa longitudinalmente da un fosso secondario, caratterizzata al centro da un piccolo laghetto a da una casa colonica e volumetrie accessorie. La viabilità è assicurata dalla SP n. 9 dalla quale si stacca la stradina con fondo in stabilizzato che arriva alla proprietà.

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Fig. 1/1: Aree agricole interessate dal nuovo allevamento

Fig. 1/2: Corografia

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Fig. 1/3: Corografia

1.1 Insediamenti produttivi prossimi da considerare per gli impatti cumulati

Per impatti cumulati si intendono gli Impatti (positivi o negativi, diretti o indiretti, a lungo e a breve termine) derivanti da una gamma di attività in una determinata area, ciascuno dei quali potrebbe non risultare significativo se considerato separatamente. Nel raggio di 1 km non ci sono altri allevamenti avicoli.

Nell’ambito dello sviluppo dello studio le presenze antropiche in grado di generare impatti che si cumulano con l’attività da realizzare sono analizzati con l’indagine dello stato attuale e dei valori di qualità ambientale di riferimento. Infatti, su tali valori si sono sommati gli impatti derivanti dal progetto in esame.

1.2 Opzione zero

Il progetto prevede la realizzazione di un allevamento avicolo di polli da ingrasso con un indirizzo in parte a convenzionale e in parte a biologico. Quest’ultimo, al fine di rispettare le

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stringenti normative di salvaguardia ambientale del settore del biologico, occupa la superficie prevalente del sito.

Il proponente è la Società Agricola Fileni srl che garantisce, attraverso le infrastrutture di filiera che la Fileni ha nel territorio, la lavorazione e trasformazione locale delle produzioni, le quali hanno un mercato che si estende oltre i confini regionali e nazionali.

Data la forte domanda di mercato delle carni bianche, il gruppo Fileni ha da tempo fatto la scelta, sostenibile dal punto di vista ambientale, di implementare l’approvvigionamento da allevamenti avicoli insediati in aree ragionevolmente vicine ai luoghi dove hanno sede le infrastrutture di lavorazione e valorizzazione a fini commerciali, a discapito di siti di allevamento lontani, esterni alla Regione Marche. In questo modo si ha un beneficio in termini di riduzione dei trasporti degli animali dai siti di allevamento a quelli dii valorizzazione a fini commerciale, con diminuzione dello stress animale e riduzione delle emissioni di inquinanti in atmosfera dagli automezzi.

La non realizzazione del progetto sarebbe pertanto, anche alla luce delle mitigazioni adottate per le modalità di gestione e per il corretto inserimento ambientale e paesaggistico delle infrastrutture, di maggiore impatto ambientale se visto in un’ottica di filiera corta.

1.3 Alternative di progetto

La localizzazione del progetto è dettata dalla felice localizzazione del sito il quale si sviluppa in una valletta defilata rispetto alla piana antropizzata dell’Esino, poco visibile a meno di non arrivarci a ridosso.

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CONTENUTI ED ORGANIZZAZIONE DELLO STUDIO

La presente relazione è stata articolata come segue::

QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO: Descrive la finalità dell’opera ed esamina gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica nazionali, regionali e locali e la loro interazione con l’opera in progetto.

QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE: Descrive i motivi ed i criteri nella definizione della localizzazione prescelta, la normativa di riferimento cui l’opera attiene, le caratteristiche tecniche e fisiche del progetto, le fasi di realizzazione e gli interventi di ottimizzazione e di mitigazione ambientale.

QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE E STIMA DEGLI IMPATTI: Inquadra la situazione ambientale e vengono descritte le componenti ambientali interessate dall’opera. Sono inoltre indicate le azioni progettuali, i fattori d’impatto, elaborata la stima degli stessi e formulate le eventuali mitigazioni.

Lo schema metodologico adottato per l'esecuzione dello Studio di Impatto Ambientale è illustrato nella Fig. 1/1.

Le attività svolte hanno riguardato le analisi preliminari di carattere progettuale, ambientale e pianificatorio, l’individuazione di tutti gli aspetti tecnici ed ambientali da prendere in considerazione per approfondimenti e per effettuare le necessarie valutazioni sulle possibili ricadute ambientali.

Il quadro di riferimento programmatico e progettuale è stato predisposto a seguito, rispettivamente, dell'analisi degli strumenti programmatici e pianificatori e della configurazione progettuale scelta.

L'analisi del quadro ambientale è stata condotta, per le componenti ambientali potenzialmente coinvolte, dagli specialisti di settore. Ciascuna componente è stata sviluppata attraverso la caratterizzazione dello stato attuale, effettuata prendendo in esame i dati bibliografici ed i risultati delle indagini direttamente condotte nell'area, la stima degli impatti per le fasi di cantiere e di esercizio dell’allevamento, e l’eventuale proposta di mitigazioni.

Per la valutazione degli impatti ci si è riferiti alle azioni che caratterizzano le fasi del progetto ed ai fattori di perturbazione che potenzialmente si possono generare dalle stesse.

Le misure di mitigazione che si ritengono necessarie per minimizzare l'impatto sull'ambiente sono state recepite all’interno degli elaborati di progetto.

Sulla base dei risultati delle analisi sviluppate e delle caratteristiche del progetto, si può ritenere che gli impatti diretti e indiretti sull’ambiente, sia interni che esterni all’area di intervento, considerate anche le mitigazioni, sono sostenibili.

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Fig. 1/1: Schema metodologico dello Studio di Impatto Ambientale

Analisi preliminare del progetto

Analisi preliminare ambientale

Analisi piani e

strumenti programmatici

Analisi delle alternative

tecniche

Analisi del quadro progettuale

Individuazione delle

componenti ambientali

Analisi del quadro

programmatico

Caratterizzazione

dello stato attuale

Analisi degli impatti

Individuazione delle misure di

mitigazione

Analisi del quadro ambientale

per componenti

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QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

1. PREMESSA

Il quadro di riferimento programmatico è stato sviluppato allo scopo di fornire gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l’opera progettata e gli strumenti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale.

In seguito sarà evidenziata la coerenza tra il progetto e gli indirizzi di pianificazione a diversa scala.

Per lo svolgimento del lavoro sono stati esaminati gli strumenti di pianificazione/programmazione vigenti per il territorio in esame e per i settori che hanno relazione diretta o indiretta con il progetto.

Gli atti e strumenti di programmazione che possono avere una relazione diretta o indiretta con il progetto in esame sono:

Vincoli e piani di interesse nazionale nazionali

R.D. 30/12/1923 n. 3267 Vincolo idrogeologico;

DPR 8/09/97 “Regolamento recante norme di attuazione della direttiva 92/43 CEE relativa alla conservazione degli habitat e semi naturali, nonché della flora e della fauna selvatica”;

Decreto Legislativo n. 42 del 22 Gennaio 2004;

Vincoli e piani di interesse regionale e provinciale

Piano Paesistico Ambientale Regionale delibera n.197 del 3/11/89

Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di Ancona;

Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico;

Rete Ecologica delle Marche (REM).

Vincoli ed atti programmatici comunali

Piano Regolatore Generale del comune di Jesi.

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2. VINCOLI E PIANI DI INTERESSE NAZIONALE

R.D. 30/12/1923 N. 3267: VINCOLO IDROGEOLOGICO.

Il Regio decreto-legge n. 3267/1923 prevede il riordinamento e la riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani. In particolare tale decreto vincola, per scopi idrogeologici, i terreni di qualsiasi natura e destinazione che possono subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque; un secondo vincolo è posto sui boschi che per loro speciale ubicazione, difendono terreni o fabbricati da caduta di valanghe, dal rotolamento dei sassi o dalla furia del vento.

Per i territori vincolati, sono segnalate una serie di prescrizioni sull'utilizzo e la gestione; il vincolo idrogeologico deve essere tenuto in considerazione soprattutto nel caso di territori montani dove tagli indiscriminati e/o opere di edilizia possono creare gravi danni all'ambiente.

Le trasformazioni dei terreni soggetti a vincolo devono essere autorizzate dal Corpo Forestale (art. 7).

Nella Regione Marche, con l’entrata in vigore della Legge Forestale Regionale (L.R. 6/2005) le aree sottoposte a vincolo idrogeologico sono state estese a tutte le aree boscate (art. 11).

Il progetto in esame non ricade in ambiti soggetti a vincolo idrogeologico.

DPR 8/09/97 N. 357 “REGOLAMENTO RECANTE ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA 92/43 CEE

RELATIVA ALLA CONSERVAZIONE DEGLI HABITAT NATURALI E SEMI NATURALI, NONCHÉ DELLA

FLORA E DELLA FAUNA SELVATICA”

La normativa prevede, ai fini della salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione di definiti habitat naturali e di specie della flora e della fauna, l’istituzione di “Siti di Importanza Comunitaria” e di “Zone speciali di conservazione”.

In tali aree sono previste norme di tutela per le specie faunistiche e vegetazionali (art. 8, 9 e 10) e possibili deroghe alle stesse in mancanza di soluzioni alternative valide e che comunque non pregiudichino il mantenimento della popolazione delle specie presenti nelle stesse.

Il progetto in esame non ricade all’interno di SIC e ZPS.

DECRETO LEGISLATIVO N. 42 DEL 22 GENNAIO 2004

Il Decreto Legislativo 22 Gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 Luglio 2002, n. 137”, abrogando il precedente DLgs 490/99, detta una nuova classificazione degli oggetti e dei beni da sottoporre a tutela e introduce diversi elementi innovativi per quanto concerne la gestione della tutela stessa.

Nella Parte Terza “Beni paesaggistici”, Titolo I, Capo I, art. 134, il Codice individua come beni paesaggistici:

a) gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico (art. 136) - (art. 139 ex DLgs 490/99):

b) le aree tutelate per legge (art. 142) - (art 146 ex DLgs 490/99) -, fino all’approvazione del piano paesaggistico:

c) "gli immobili e le aree comunque sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156".

L’area di progetto è in parte soggetta al vincolo paesaggistico del fosso Strige, che scorre al centro dell’azienda. In tale ambito non sono previste nuove edificazioni. Si realizzeranno solo piantumazioni per implementare le fasce ripariali, parte del progetto di implementazione della rete ecologica locale.

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3. ATTI DI PIANIFICAZIONE E PROGRAMMAZIONE DI INTERESSE REGIONALE E

PROVINCIALE

La Regione Marche individua e disciplina, in riferimento ai livelli di governo del territorio, gli strumenti di pianificazione urbanistica, le forme di controllo, nonché l’esercizio delle relative funzioni amministrative.

Gli strumenti di pianificazione territoriale individuati sono:

Piano Paesistico Ambientale regionale (PPAR);

Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTC);

Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI);

Rete Ecologica Marchigiana (REM).

PIANO PAESISTICO AMBIENTALE REGIONALE (PPAR)

La pianificazione a valenza ambientale nella Regione Marche viene attuata attraverso il Piano Paesistico Ambientale regionale, approvato con delibera n. 197 del 3/11/89. Tale Piano ha seguito quanto disposto dalla ex L. 431/85, ora D.lgs 42/04.

Il Piano si articola in:

- Sottosistemi Tematici;

- Sottosistemi Territoriali;

- Categorie Costitutive del Paesaggio.

Le disposizioni dettate dal Piano sono:

- indirizzi di orientamento per la formazione e la revisione degli strumenti urbanistici di ogni specie e livello, nonché degli atti di pianificazione, programmazione e di esercizio di funzioni amministrative attinenti alla gestione del territorio;

- direttive per l’adeguamento al Piano degli strumenti urbanistici generali e per la specificazione e/o sostituzione delle prescrizioni di base transitorie di cui al punto successivo;

- prescrizioni di base (transitorie o permanenti) vincolanti per qualsiasi soggetto pubblico o privato e prevalenti nei confronti di tutti gli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti; restano comunque salve le disposizioni più restrittive, ove previste dagli strumenti urbanistici vigenti e da leggi statali e regionali.

I Sottosistemi tematici costituiscono la chiave di lettura delle principali componenti per l’analisi territoriale, dividendosi in: Sottosistema Geologico, Geomorfologico e Idrogeologico; Sottosistema Botanico-Vegetazionale; Sottosistema Storico-Culturale.

Le disposizioni vincolanti sono indicate nelle seguenti tavole allegate al PPAR.

I sottosistemi tematici si dividono in:

0. Sottosistema geologico-geomorfologico-idrogeologico individuato nella tav. 3;

1. Sottosistema botanico-vegetazionale individuato nelle tavv. 4 e 5;

2. Sottosistema storico-culturale riportato nelle tavv. 8, 9, 10, 15, 16 e 17;

Nell’ambito dei tre sottosistemi tematici sono generate per caduta le Categorie costitutive del paesaggio, le quali sono riferite ad elementi fondamentali del territorio che definiscono la struttura del medesimo, tenuto conto della specificità del territorio marchigiano, delle individuazioni di cui al V° comma dell’art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e del testo di

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cui alla ex legge 8 agosto 1985 n. 43. La loro salvaguardia viene attuata attraverso due livelli di tutela, integrale ed orientata.

L’aspetto valutativo del sistema ambientale regionale è invece espresso con i Sottosistemi territoriali, i quali suddividono in zone omogenee le aree della Regione, in base alla rilevanza dei valori paesistico-ambientali (A, B, C, D e V). Le prescrizioni del Piano variano in rapporto ai diversi gradi di rilevanza dei valori paesistico-ambientali, e quindi anche in rapporto all’appartenenza dei territori interessati alle unità di paesaggio.

I Sottosistemi territoriali sono individuati nelle tavole 6 e 7

Le Categorie costitutive del paesaggio sono suddivise in:

Categoria della struttura geomorfologia:

3. Emergenze geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche: tavv. 3a e 13, nell’allegato 1;

4. Corsi d’acqua: tav. 12;

5. Crinali: tav. 12;

6. Versanti: aree delimitate da un crinale e da un fondo vallivo;

7. Litorali marini: dalla battigia al crinale costiero;

Categoria del patrimonio botanico vegetazionale:

8. Aree floristiche: tav. 4;

9. Foreste demaniali regionali e boschi: tavv 5 e 14;

10. Pascoli: tav. 5;

11. Zone umide: tav. 5;

12. Elementi diffusi del paesaggio agrario: elementi vegetali a carattere diffuso.

Categoria del patrimonio storico culturale:

13. Paesaggio agrario di interesse storico-ambientale: tav. 8 e allegato 2;

14. Centri e nuclei storici: tavv 8 e 15, allegato 2;

15. Edifici e manufatti storici: tavv. 9 e 16, allegato 2;

16. Zone archeologiche e strade consolari: tavv. 10 e 17, allegato 2;

17. Luoghi di memoria storica: tavv. 10 e 17, allegato 2;

18. Punti panoramici e strade panoramiche: tav. 7.

Le disposizioni del PPAR sono state recepite dallo strumento urbanistico del Comune di Jesi.

Di seguito si riportano le previsioni del PPAR nelle aree di progetto indicando i punti di interferenza con le aree a vincolo.

TAV.1: Vincoli Paesistico-ambientali vigenti:

Come detto sopra il progetto ricade in aree a vincolo paesaggistico legata al fosso Strige.

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Fig. 3/1: Vincolo paesaggistico da PPAR

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TAV.2 Fasce morfologiche

Il ricade all’interno della fascia subappenninica.

Fig. 3/2: Fasce morfologiche

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TAV.3: Sottosistema geologico-geomorfologico sottosistemi tematici

Fig. 3/3: Sottosistema geologico e geomorfologico

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TAV.3A: Emergenze geologiche:

Il progetto non ricade in ambiti di interesse.

TAV.4 Sottosistemi tematici ed elementi costitutivi del sottosistema botanico-vegetazionale:

Il progetto in esame si sviluppa in ambiti agricoli senza interessare aree oggetto di vincolo.

Fig. 3/4: Sottosistema botanico vegetazionale

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TAV.5 Valutazione qualitativa del sottosistema botanico-vegetazionale:

Il progetto non ricade negli ambiti di tutela individuati dal PPAR, in aree di bosco o pascolo.

TAV.6 Sottosistemi territoriali generali:

Il progetto non ricade all’interno dell’ambito di tutela di aree C di qualità diffuse che è prossimo. Esso si riferisce all’area denominata Valle dell’Esino-Staffolo.

Fig. 3/5: Il progetto ricade all’interno di un’area di qualità diffusa

Art. 23 - Indirizzi generali di tutela

In rapporto alle aree di cui al precedente articolo 20 gli strumenti di pianificazione territoriale sottordinati seguono i seguenti indirizzi di tutela:

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a - nelle aree A e B, in considerazione dell’alto valore dei caratteri paesistico-ambientali e della condizione di equilibrio tra fattori antropici e ambiente naturale, deve essere attuata una politica di prevalente conservazione e di ulteriore qualificazione dell’assetto attuale, utilizzando il massimo grado di cautela per le opere e gli interventi di rilevante trasformazione del territorio;

b - nelle aree C e D, deve essere graduata la politica di tutela in rapporto ai valori e ai caratteri specifici delle singole categorie di beni, promuovendo la conferma dell’assetto attuale ove sufficientemente qualificato o ammettendo trasformazioni che siano compatibili con l’attuale configurazione paesistico-ambientale o determinino il ripristino e l’ulteriore qualificazione;

c - nella area V, deve essere attuata una politica di salvaguardia, qualificazione e valorizzazione delle visuali panoramiche percepite dai luoghi di osservazione puntuali o lineari.

Trattandosi di un insediamento zootecnico in ambito agricolo le strutture in progetto possono ritenersi compatibili con gli indirizzi di tutela. Ad ogni modo il progetto di inserimento ambientale e paesaggistico determinerà l’implementazione della rete ecologica locale e la mitigazione delle nuove strutture, integrandosi con le valenze ambientali che caratterizzano il Sottosistema territoriale n. 49.

TAV.7 Ambiti di alta percettività visuale, strade e punti panoramici:

Il sito di interesse ricade in ambiti di alta percettività visuale relativa alle vie di comunicazione ferroviarie, autostradali e stradali di maggiore intensità di traffico, indicate come “V”. Le NTA del PPAR indicano che nell’area V deve essere attuata una politica di salvaguardia, qualificazione e valorizzazione delle visuali panoramiche percepite dai luoghi di osservazione puntuali o lineari (art. 23).

Si evidenzia che il progetto è collocato all’interno di una valletta che si immette in destra alla valle dell’Esino. Essa risulta defilata rispetto alle zone dove si sviluppa la viabilità principale, risultando pertanto non percepibile dalla stessa. La conformazione morfologica a conca della valletta, sede del progetto, contribuisce a ridurre ulteriormente il bacino di visuale.

Rispetto a questo punto è stata fatta un’analisi di visibilità del sito attraverso la quale sono stati individuati i punti da dove le nuove strutture sono percepite. I risultati dell’analisi, che circoscrivono la visibilità essenzialmente alla strada di crinale ad ovest del sito di progetto, sono stati il criterio base, insieme alla rete ecologica di area vasta, per finalizzare il progetto di inserimento ambientale e paesaggistico che permette di mitigare, dal punto di vista visivo ed ecologico, le strutture che si andranno a realizzare.

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Fig. 3/6: Il progetto ricade in un’area di alta percettività “V”

TAV.8 Centri e nuclei storici e paesaggio agrario di interesse storico-ambientale:

Il progetto non ricade in ambiti di interesse storico ambientale. Quello che si risulta prossimo è il Paesaggio agrario di interesse storico-ambientale n. 23 “Jesi, Castelbellino, Monte Roberto”.

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Fig. 3/7: Centri e nuclei storici, paesaggi agrari storici

TAV.9 Edifici e manufatti storici extraurbani:

Il progetto non interessa aree di rispetto dei edifici e manufatti storici extraurbani

TAV.10 Zone archeologiche, strade consolari e luoghi di memoria storica:

Dall’esame della specifica tavola di PPAR non risultano coinvolte aree archeologiche.

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Fig. 3/8: Luoghi archeologici e di memoria storica

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TAV.11 Parchi, riserve naturali regionali:

Non sono interessati Parchi, Riserve naturali regionali.

TAV.12 Componenti della struttura geomorfologia, classificazione dei corsi d’acqua e dei crinali:

Il sito di progetto non interferisce con la tutela dei crinali.

TAV.13 Emergenze geomorfologiche:

Nessun ambito di tutela interessa la zona d’intervento.

TAV.14 Foreste demaniali:

Nessun ambito di tutela interessa la zona d’intervento.

TAV.15 Centri, nuclei storici e ambiti di tutela cartograficamente delimitati:

Nessun ambito di tutela interessa la zona d’intervento.

TAV.16 Manufatti storici e ambiti di tutela cartograficamente delimitati:

Il progetto non coinvolge nessuna ambito di rispetto di manufatti storici.

TAV.17 Località di interesse archeologico cartograficamente delimitate:

Il sito di progetto non interesserà aree archeologiche cartograficamente limitate.

TAV.18: Ambiti di tutela costieri cartograficamente delimitati:

Il sito di progetto si trova in un collinare e pertanto non si interferisce con gli ambiti costieri.

Piano Territoriale di Coordinamento Regionale (PTC)

Il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Ancona (P.T.C.), approvato con DEL. C.P. n°117 del 28 luglio 2003 e successivamente modificato con DEL. C.P. n°192 del 18 dicembre 2008, persegue le linee guida e gli obiettivi definiti dalla Legge Regionale 5 agosto 1992, n°34; esso si configura come un insieme di principi per l’uso del territorio provinciale, di proposte per il suo riordino e di indirizzi per gli interventi.

La prima parte del piano analizza l’intero territorio, dividendolo in A.T.O. (Ambiti Territoriali Omogenei), per ciascuno dei quali viene definita una serie di indirizzi; nella seconda sezione approfondisce le problematiche dell’ambiente, delle infrastrutture, delle aree industriali, dei servizi dell’intero territorio; nella terza sezione sviluppa alcune ipotesi di “aree progetto” quali suggerimenti applicativi per gli indirizzi del piano medesimo. Nell’ultima parte espone i concetti generali a cui è ispirato il piano, il loro significato e dà disposizioni per la sua attuazione.

L’elenco degli ATO comprende il reticolo insediativo disseminato sui crinali collinari degli A.T.O. “B" e “C” e quello più accidentato e disomogeneo degli A.T,O, “D", le aggregazioni lineari degli A.T.O. “V” di fondovalle diverse da quelle apparentemente simili degli A.T.O. "A" costieri, la struttura urbana polarizzata del sinclinorio fabrianese (A.T.O. “F'), gli allineamenti urbani che occupano con relativa continuità la fascia orientale della dorsale calcarea Interna (A.T.O. “E") al confine con gli A.T.O "D", l'Insieme di microinsediamenti pedemontani nell'A.T.O. "G" della montagna umbro-marchigiana, l'aggregato urbano pervasivo dell'A.T.O. "U”. Ciascuna di queste forme insediative concorre a delineare l’insieme degli elementi fisici, naturali ed ambientali che costituiscono le diverse forme del territorio, lo specifico paesaggio di ciascun A.T.O.

Gli Ambiti Territoriali Omogenei sono omogenei sotto il profilo della costanza del rapporti tra alcuni del fattori considerati significativi e, pertanto, tendono a configurarsi come l'unità spaziale di riferimento per la pianificazione del territorio provinciale, Questa definizione di "ambito territoriale omogeneo" adottata dal P.T.C. e abbastanza simile alla definizione generalmente adottata per l’unità di paesaggio, anche se in quella sembra, di norma, avere

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maggior peso l'attenzione per le forme visibili della strutturazione dello spazio piuttosto che per I fattori che ne sono all'origine; sta di fatto che a ciascun A,T.O, corrisponde un diverso paesaggio.

Dal piano si evince che il sito di progetto ricade iin piccola parte, quella terminale a valle, nell’ambito territoriale “V3” di fondovalle. Per il resto ricade negli A.T.O. “C3” e “B4”. Di seguito si fornisce una sintesi esaustiva degli indirizzi per gli A.T.O. nei quali ricade il sito di progetto.

A.T.O. B4: Per tutti questi ambiti l’indirizzo di carattere generale è di rendere leggibile la morfologia del territorio mediante la sottolineatura del profilo dei crinali e la loro separazione dai versanti.

Sono, pertanto, generalmente da escludere ulteriori espansioni dei centri collinari sul medio versante.

Nelle aree ricomprese nelle fasce della continuità naturalistica dovranno essere evitati gli ampliamenti dei nuclei residenziali esistenti, i nuovi insediamenti produttivi extra-agricoli, la costruzione di nuovi edifici o manufatti sparsi non connessi con le esigenze delle attività agricole e zootecniche.

A.T.O. C3, quasi interamente ricompresi nelle “fasce della continuità naturalistica” dovranno essere evitati gli ampliamenti dei pochi nuclei residenziali esistenti. I nuovi insediamenti produttivi extra-agricoli, la costruzione di nuovi edifici o manufatti sparsi non connessi con le esigenze delle attività agricole e zootecniche.

L’assenza di centri urbani e, in generale, di aree urbanizzate, predispone questi ambiti non solo come luoghi della continuità naturalistica tra le valli, ma anche come sedi naturali dei collegamenti intervallivi da integrare nella rete primaria delle infrastrutture per la mobilità provinciale disegnate dal P.T.C. in base al quale la riconnessione funzionale delle reti infrastrutturali deve accompagnarsi con la ricucitura paesaggistica dei vari segmenti territoriali.

A.T.O. V3: Nelle piane alluvionali dovrà essere evitato l’utilizzo eccessivo di fertilizzanti e di fitofarmaci che si potrebbe verificare in relazione alla propensione propria di tali aree verso le colture più intensive.

Vanno inoltre sostenute, sia per gli aspetti paesaggistici sia con funzioni di consolidamento delle sponde e di stabilità ecologica (biocorridoi), la salvaguardia e la diffusione delle piantumazioni con specie legnose lungo le canalizzazioni ancora esistenti all’interno della maglia poderale.

Il PTC definisce inoltre le “fasce della continuità naturalistica” in quanto parti di una rete tematica di "riserva di naturalità", dove la continuità tra aree in cui gli insediamenti sono scarsi o assenti rappresenta la condizione minima necessaria, insieme ad altre, perché vi si possa svolgere la funzione di corridoi biologici. In generale, per la difesa della biodiversità la rete ininterrotta Individuata dal P.T.C. con le "fasce della continuità naturalistica" vuole rispondere a questa esigenza; essa connette aree molto differenziate, dalle zone umide perifluviali alle zone carbonatiche, dagli elementi diffusi del paesaggio agrario collinare alle formazioni boscate. Il disegno complessivo di questa griglia di " riserva di naturalità” che avvolge il territorio provinciale ricalca la struttura oro-idrografica principale. Il progetto ricade in gran parte nella fascia di continuità naturalistica.

L’intervento proposto risulta in linea con le indicazioni degli obiettivi ed indirizzi del PTC, considerando che prevede di realizzare un allevamento zootecnico ad indirizzo avicolo in un contesto agricolo.

Relativamente alle interferenze con la vegetazione il progetto prevede solo il taglio di una siepe a tamerice a olmo, che, come meglio esplicitato in altre parti del presente studio, sarà ampiamente compensata con la realizzazione del progetto di inserimento ambientale e paesaggistico. Infatti, si implementerà il sistema delle fasce ripariali, dei filari e delle siepi che caratterizzano la proprietà, compensando ampiamente la siepe coinvolta. L’obiettivo è quello

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di implementare la rete ecologica locale in connessione con le aree circostanti. Ciò è coerente con le finalità delle “fasce di continuità naturalistica” e degli A.T.O. considerati in particolari per quelle porzioni di territorio che la comprendono.

All’interno di detta fascia, che occupa Ha 42.63.00, il progetto prevede la realizzazione di soli n. 4 edifici denominati ed individuati quali “BIO Standard” nella tabella del calcolo di verifica planivolumetrica.

Per tali manufatti le verifiche condotte dimostrano, parametri alla mano, che non sono rientranti nell’articolo 9 della Legge 08.03.1990 n.13, tipologia di allevamento non ammessa nella Fasce della Continuità Naturalistica Stabilite dal P.T.C.

Per essi, infatti, sono riservati indici di edificabilità minimi, aree impegnate (ovviamente in termini di indici urbanistici e non fisici) massime e conseguenti limitazioni dell’intero potenziale di progetto che, stante la pressione vincolistica in trattazione, viene ad essere mitigato, potendo invece essere di maggiore caratura in ambiti liberi da tali previsioni.

Per gli aspetti direttamente connessi ai rapporti con la Legge Regionale 13/90 si rimanda ad un successivo paragrafo e alla relazione tecnica illustrativa di progetto dove, dopo aver definito quelli afferenti la parte di allevamento “Convenzionale” e “BIO +” si entra nel dettaglio di quanto sopra esposto con riferimento ai manufatti denominati “BIO Standard”.

In generale l’allevamento biologico risponde ad un modello di allevamento con un numero di capi inferiore rispetto al convenzionale previsto esternamente alla stessa. Inoltre prevede un’ampia superficie intorno aperta, dove gli animali possono muoversi liberamente; questo permette di facilitare l’inserimento ambientale e paesaggistico delle nuove volumetrie da realizzare.

Per il PTC della Provincia di Ancona valgono comunque le stesse considerazioni fatte per il PPAR; gli indirizzi in esso presenti sono stati recepiti dallo strumento urbanistico del Comune di Jesi a cui si deve fare riferimento per la verifica di compatibilità che viene espressa in termini postivi dall’esame del PTC stesso.

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Fig. 3/9a: Stralcio Tavola PTC. Il sito di progetto è cerchiato in rosso.

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Fig. 3/9b: L’immagine espone l’ambito aziendale, in tratteggio rosso, sia nella porzione interna che esterna alla F.C.N., i quattro manufatti BIO St. oggetto di realizzazione in tale ambito, e i sei BIO +, esterni

ed in area E1 (TR1).

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PIANO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO (PAI)

Il Piano Stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI), elaborato dall’Autorità di Bacino, della Regione Marche, ai sensi della L 183/89 – L 365/00 – LR. 13/99, è stato adottato dal Comitato Istituzionale con Delibera n. 15/2001 e n. 42/2003.

Il PAI è diretto all’identificazione delle zone a rischio di frana e alluvione e delle misure finalizzate alla mitigazione del rischio. Cerca di raggiungere il miglior utilizzo, lo sviluppo del territorio e la naturale dinamica idrogeomorfologica dei bacini, nel rispetto della tutela ambientale e della sicurezza della popolazione, degli insediamenti e delle infrastrutture.

Allo stato attuale nella zona non sono presenti zone esondabili, come individuato dalla tavola RI38 del P.A.I. Marche.

Inoltre i capannoni non saranno realizzati nelle zone Individuate a rischio frana.

Fig. 3/10: Stralcio Tavola RI37 PAI Marche

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RETE ECOLOGICA MARCHIGIANA (REM)

Le aree di connessione e continuità ecologica-funzionale tra i vari sistemi naturali e seminaturali della Regione Marche sono state individuate dalla Rete Ecologica delle Marche (REM) approvata con DGR n. 1634/2011.

La Rete Ecologica delle Marche è costituita dai seguenti elementi strutturali:

i nodi comprendono le aree di maggior pregio ecologico regionale: in particolare sono stati individuati in base alla presenza e alla distribuzione di specie e di habitat target considerandone lo status legale, la rarità a livello regionale e le esigenze ecologiche particolari (siti Natura 2000, aree floristiche, oasi di protezione faunistica, altri nodi, complessi di nodi).

le aree buffer, definite sulla base delle caratteristiche ecologiche territoriali, costituiscono porzioni di territorio che pur essendo al di fuori dei loro limiti sono funzionalmente e strettamente collegate ai nodi. In particolare si tratta di aree omogenee rispetto alle tipologie vegetazionali o, per la fauna, alle aree di alimentazione;

le continuità naturali rappresentano le porzioni di vegetazione naturale fisicamente contigue all’interno delle quali si può supporre che le specie animali si possano spostare liberamente. I sistemi di connessione sono stati articolati in:

Sistemi di connessione di interesse regionale: sono i grandi sistemi collegati con la dorsale (distanza <100 m) e che attraversano trasversalmente la regione innervando le aree collinari. Tra questi rientra Il Sistema “Bacino dell’Esino” nel quale ricade l’area di studio.

Tale sistema è strutturalmente semplice poiché dipende quasi esclusivamente dalla vegetazione ripariale; tuttavia si caratterizza per essere l’unico a collegarsi con entrambe le dorsali e per questo svolge un ruolo strategico nella REM contribuendo contemporaneamente al sistema delle continuità nelle aree collinari e a quello interno alla Dorsale appenninica attraverso la sinclinale di Camerino.

Sistemi di connessione di interesse locale collegati (cluster): sistemi minori che pur essendo collegati con il sistema principale (distanza <100 m) interessano porzioni limitate di territorio:

I sistemi di connessione locali sono sistemi di vegetazione naturale connessi che interessano porzioni di territorio limitate e per questo non riescono a svolgere un ruolo strategico al livello regione sebbene siano importanti a scala locale. Alcuni sono comunque molto importanti o perché riguardano aree di grande valore ambientale – Monte San Bartolo e Monte Conero – o perché possono fungere da punto di appoggio nel rafforzamento delle connessioni ecologiche ad esempio tra le due dorsali o nelle porzioni di territorio più deboli come quelle tra Ancona e Macerata.

L’obiettivo gestionale generale è quello di mantenere la continuità al loro interno e favorire la ricucitura delle connessioni con i sistemi di interesse regionale. Indicazioni più puntuali sono presenti negli obiettivi per le Unità Ecologico Funzionali.

Sistemi di connessione di interesse locale non collegati (stepping stones): sistemi minori che interessano porzioni limitate di territorio e non sono collegati con il sistema principale:

Tutta la vegetazione naturale non compresa in sistemi è stata considerata come stepping stone. Essa quindi svolge una funzione di punto di appoggio nei sistemi di connessione che tuttavia è fortemente condizionato sia dalle dimensioni che dalla distanza che separa le diverse patches dai sistemi di connessione. Da un punto di vista progettuale le stepping stones, insieme ai sistemi di connessione locali, sono gli elementi su cui lavorare per estendere e rafforzare i collegamenti ecologici nelle aree a maggior frammentazione.

Aree di connessione sensibili

Aree che per le caratteristiche delle unità ecosistemiche o per la loro collocazione svolgono una funzione particolarmente importante per la REM. (“Area di contatto Dorsale – Sistemi di connessione” dove si svolgono con più intensità gli scambio di individui tra i diversi sistemi, “Area di indebolimento interno alla Dorsale”, in prevalenza attraversamenti vallivi che

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interrompono i sistema dei boschi e delle praterie con infrastrutture lineari o coltivi e infine “Tratti fluviali in ambito urbano”).

Interventi che portino ad un deterioramento delle continuità ecologiche in queste aree hanno quindi un effetto particolarmente negativo sull’intero sistema.

La gestione di tali aree deve perseguire gli obiettivi di gestione individuati per l’unità ecologica di riferimento di cui all’allegato II della DGR n. 1634/2011.

Le tutele da queste richiamate sono ricondotte anche ai seguenti articoli delle NTA PPAR: Artt. 29, 30, 31, 35, 36.

Nella figura che segue si riporta lo stralcio della REM con individuata l’area di studio.

Fig. 3/11: Stralcio del disegno di dettaglio della rete – Quadro propositivo – scheda 19e – UEF 22 – REM

Sistemi di Connessione

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Minacce potenziali Sistemi della mobilità

Turismo

Altre minacce potenziali

Il progetto proposto ricade nella parte ovest dell’Unità Ecologica Funzionale UEF 22 – Colline tra Cupa Montana e Santa Maria Nuova. Data l’estensione dell’Unità Ecologica, tale caratterizzazione risulterà di area vasta, riferendosi a un contesto omogeneo di ampia scala.

Il sito di progetto si colloca al margine di una buffer zone. Esso prevede la realizzazione di un allevamento avicolo, in parte in biologico, realizzando infrastrutture e proponendo modelli di gestione sostenibili dal punto di vista ambientale.

UEF 22

Comuni Castelbellino 2,09% Cingoli 5,45% Cupramontana 11,73% Jesi 25,81% Maiolati Spontini 10,36% Monte Roberto 9,95% San Paolo di Jesi 11,57% Staffolo 23,03%

Sistema botanico

Unità paesaggio vegetale

alluvioni terrazzate del piano bioclimatico mesotemperato inferiore 5,15% pianure alluvionali attuali e recenti delle aste fluviali 0,93% substrati marnoso-calcarei del piano bioclimatico mesotemperato inferiore 0,86% substrati pelitici del piano bioclimatico mesotemperato inferiore 40,31% substrati pelitici e pelitico-arenacei del piano bioclimatico mesotemperato inferiore 39,06% substrati pelitico-sabbiosi del piano bioclimatico mesotemperato inferiore variante sub mediterranea 13,70%

Serie di vegetazione MICROGEOSIGMETO - Vegetazione boschiva ripariale a mosaico con pioppo nero, pioppo bianco e salice bianco. 2,03% Serie del carpino nero. Asparago acutifolii-Ostryo carpinifoliae asparago acutifolii Sigm 32,84% Serie del pioppo nero. Salici albae-Populo nigrae populo nigrae Sigm 0,90% Serie dell'olmo minore. Symphyto bulbosi-Ulmo minoris Sigm 2,18% Serie della roverella. Roso sempervirentis-Querco pubescentis lauro nobilis Sigm 7,02%

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Serie della roverella. Roso sempervirentis-Querco pubescentis pruno avii Sigm 36,11% Serie della roverella. Roso sempervirentis-Querco pubescentis querco pubescentis Sigm 16,61% Superfici artificiali 2,31%

Indice di conservazione del paesaggio (ILC)

0.24

Sintaxa di interesse geobotanico

III Arundinetum plinianae 6,99% III aggr. a Acer campestre e Ulmus minor 6,96% I Valeriano montanae-Seslerietum italicae 5,51% I Centaureo bracteatae-Brometum erecti 0,99% I Scabioso maritimae-Cymbopogonetum hirti 0,32% II Rhamno alpinae-Amelanchieretum ovalis 0,26% II Aro italici-Alnetum glutinosae 0,22% III aggr. a Cornus sanguinea 0,04%

Habitat di interesse comunitario

91AA Boschi orientali di quercia bianca 2,07% 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba 2,38% NC Non comunitario 95,54%

Sistema Faunistico

IFm 33.28

Elenco specie target Albanella minore Presente Averla piccola Presente Ortolano Presente Tritone crestato italiano Presente

Aree soggette a vincoli

PAI Frane PAI

Ambiti PPAR 2009 Jesi e la Vallesina 77,03% La Dorsale di Cingoli e l'Alta Collina di S. Ginesio 5,82% Loreto-Recanati e la Val Musone 17,15%

Sistema insediativo infrastrutturale

UFI 0,21

IFI 7,91

Sensibilità alla diffusione insediativa

21,24

Infrastrutture stradali principali

SP km 51 SS km 3,46

Linee elettriche AT km 12,78 MT km 76,45

Nuclei attrattori PIANELLO PIANELLO VALLESINA SAN PAOLO DI JESI

Attività turistiche

Elementi di interferenza di progetto

PTC Ancona 2,68

Elementi di interferenza esistenti

Siti SAIA

Sistema agricolo

Caratteri del tessuto ecologico

Composizione del mosaico ecologico

Vegetazione naturale 7,75 Aree agricole 85,6 Superfici artificiali 6,65

Struttura del tessuto naturale (tipologia di Formann)

Dendritico

Descrizione sintetica del Matrice agricola (>75%) con presenza di vegetazione naturale (>5%).

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tessuto ecologico

Elementi della REM

Nodi

SIC

ZPS

Oasi

Aree Floristiche

Sistema di connessione di appartenenza

Esino

Elementi della rete Aree non naturali 92,25% Sistema di connessione di interesse regionale 4,71% Sistema di connessione locale non collegato 0,23% Stepping stone 4 2,81%

Minacce Punti di debolezza

Vegetazione naturale concentrata lungo il reticolo idrografico e per questo allungata (struttura dendritica)

Collegamenti ecologici deboli tra i diversi rami laterali del Sistema di connessione di interesse regionale “Bacino dell'Esino”

Collegamenti ecologici deboli tra il bacino dell'Esino e quello del Musone

Trasformazione delle formazioni erbacee ed arbustive per le dinamiche evolutive naturali

Idoneità faunistica espressa tramite l'IFm mediamente non troppo buona

Opportunità Punti di forza

Aree PAI (Rischio frana P3) in prossimità di Staffolo

Fascia della Continuità naturalistica del PTC di

Ancona (ATO D2, C3 e V3) interessa buona parte dell'UEF

Sistema di connessione di interesse regionale “Bacino dell'Esino” innerva buona parte dell'UEF

Alcuni diverticoli del Sistema di connessione locale “Fiume Musone tra Staffolo ed Osimo” entrano nell'UEF da sud

Sistema di stepping stones intorno a Maiolati Spontini

Sistema di stepping stones intorno a Coste (Staffolo)

Presenza di diverse aree calanchive con formazioni erbacee ed arbustive nella parte occidentale dell'UEF

Presenza dell'Albanella minore, dell'Averla piccola e dell'Ortolano

Obiettivi gestionali

L’UEF, seppur chiaramente caratterizzata dalle aree agricole, presenza una trama di connessioni ecologiche, in gran parte legate al Sistema di connessione di interesse regionale “Bacino”, che la innerva per ampi tratti. Questo favorisce il suo ruolo di area di collegamento tra le UEF “Fondovalle dell’Esino tra Serra San Quirico e Falconara” e “Fondovalle del Musone”. L’andamento nord-sud della maggior parte di questa trama rende

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invece meno efficiente la possibilità di contribuire all’espansione verso la costa della biodiversità. L’obiettivo generale è quindi quello di incrementare i collegamenti tra i vari rami dei sistemi di connessione per rafforzare la trama nella direzione est – ovest. A questo scopo possono essere individuati i seguenti obiettivi di dettaglio: Nodi e connessioni:

Rafforzare il collegamento ecologico tra i rami del Sistema di interesse regionale “Bacino dell’Esino” e le stepping stones tra Maiolati Spontini e Monte Roberto.

Rafforzare il collegamento ecologico tra i rami del Sistema di interesse regionale “Bacino dell’Esino” e le stepping stones presso Staffolo.

Rafforzare il collegamento ecologico tra il Sistema di interesse regionale “Bacino dell’Esino” e quello di interesse locale “Foce Musone e bacino dell’Aspio” in particolare nell’area di Santa Maria del Colle e di Fosso Umbricara.

Tessuto ecologico:

Riqualificazione del sistema degli agroecosistemi, in particolare nella porzione centro orientale dell’UEF, incrementando la presenza di elementi lineari naturali e seminaturali anche per favorire la permeabilità della matrice agricola.

Conservazione della vegetazione delle aree calanchive in particolare per tutelare l’Albanella minore.

Potenziamento del sistema forestale.

Il progetto, come evidenziato anche in altre parti della relazione, si basa sulla realizzazione di un allevamento avicolo in zona agricola. Esso prevede una destinazione in biologico all’interno della fascia di naturalità individuata dal PTC di Ancona e convenzionali all’esterno della stessa.

Dal punto di vista ecologico non sono previste interferenze con la vegetazione naturale, salvo il taglio di circa 70 ml di siepe a tamerice a olmo. Essa sarà ampiamente compensata realizzando il progetto di inserimento ambientale e paesaggistico con il quale si implementerà la rete di connessione ecologica locale. Questa prevede la realizzazione di siepi arboree, interne e perimetrali, di fasce boscate e nuclei boscati, in particolare nel settore del biologico.

Di seguito si riporta le superfici delle diverse tipologie vegetali ipotizzate.

Tipologia Descrizione Ambito di riferimento

Sup/ml

Tipologia 1 Bosco termo-igrofilo Delimitazione fossi e laghetto

34.328 mq

Tipologia 2 Siepe arborea perimetrale

Margine perimetrale 38.323 mq

Tipologia 3 Nuclei boscati interni a prevalenza di sempreverdi

Aree interne 21.027 mq

Tipologia 4 Piante a gruppi o a filare

Margini strade, capannoni, aree

interne

2.258 ml e 4.345 mq di gruppi

Il progetto di implementazione della rete ecologica è in linea con gli obbiettivi gestionali della dell’UEF 22, oltre ad andare nella direzione di migliorare, anche se a livello locale, i punti di debolezza messi in evidenza con la specifica analisi riportata sopra.

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DGR 1448 DEL 3/12/2007 “PROGRAMMA D’AZIONE DELLE ZONE VULNERABILI DA

NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA DELLA REGIONE MARCHE (ZVN) E PRIME DISPOSIZIONI DI

ATTUAZIONE DEL D. LGS. 152/06 E DEL TITOLO V DEL D.M. 7 APRILE 2006 PER LE ZVN.

Fig. 3/12: Stralcio della carta delle Zone vulnerabili da nitrati di Origine Agricola (ZVN). Il sito di progetto non ricade non ricade all’interno di una ZVN per la quale il limite massimo di azoto è di 170 kg/ha.

L’ambito di intervento è situato interamente in Zona Agricola Potenziale NON Vulnerabile (NVII) come chiaramente si evince dallo stralcio dalla cartografia regionale qui riprodotto, che ammette il livello standard di azoto al campo nella misura di 340 kg/ha/anno.

Ciononostante, essendo l’allevamento di tipo biologico, si verifica il dovuto rispetto del limite di 170 kg/Ha/anno che la normativa sugli allevamenti biologici impone. Nella Relazione tecnica illustrativa di progetto, alla quale si rimanda per gli eventuali approfondimenti, allo specifico capitolo di verifica delle condizioni di non industrialità/intensività, verifica dovuta ai fini della L.R.13/90, si daranno debiti ulteriori chiarimenti in tal senso, oltre alla dimostrazione del rispetto del limite imposto.

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4 VINCOLI ED ATTI DI PROGRAMMAZIONE DI INTERESSE COMUNALE

PIANO REGOLATORE DEL COMUNE DI JESI

Con Delibera di Consiglio Comunale n. 140 del 26/06/2009 si è concluso l’iter di approvazione della Variante Generale al PRG, denominata Progetto Comunale del Suolo (PCS), in adeguamento al parere definitivo espresso dalla Provincia di Ancona con deliberazione n. 206 del 14/04/2009 ai sensi dell’art. 26 comma 8 della LR 34/92 e ss.mm.ii.. Tale deliberazione è pubblicata nel BUR Marche n. 78 del 20/08/2009.

La Delibera di Consiglio Comunale n. 227 del 19/12/08 aveva già approvato la Variante Generale al PRG, in adeguamento parziale e controdeduzione al parere favorevole con rilievi espresso dalla Provincia di Ancona con DGP 427 del 23/09/2008. Tale deliberazione è pubblicata nel BUR Marche n. 2 del 15/01/2009.

Il PCS disciplina l’intero territorio comunale, ad eccezione delle aree soggette a strumenti urbanistici attuativi vigenti, adottati o in corso di approvazione alla data di adozione della Variante. In tali aree prevale la normativa di riferimento dello specifico piano attuativo, fino alla scadenza dello stesso. La disciplina urbanistica della Città storica TE1 fa proprie le disposizioni del Piano Particolareggiato di recupero della città storica, approvato con delibera di C.C. n. 226 del 19/12/08.

Progetto Comunale di Suolo (Variante Generale al PRG – approvazione definitiva con delibere di Consiglio Comunale n. 227 del 19/12/08 e n. 140 del 26/06/2009).

Il PRG è adeguato al PPAR e al PTC. Nella Tavola 1P, della quale si riporta uno stralcio, sono raggruppati i vincoli della pianificazione sovra locale già analizzati precedentemente. In esso si evidenzia il corso d’acqua rappresentato dal fosso Strige, oggetto di tutela paesaggistica.

Fig. 4/1: PRG - Stralcio della Tav. 1P Prescrizioni e vincoli della pianificazione sovra locale

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Dall’esame della Tav. 2p “La rete ecologica” si rileva che la zona d’intervento coinvolge due ambiti di corridoio caratterizzati da due fossi di diverso ordine, del quale solo quello di fondovalle ha una fascia di vegetazione ripariale. Il fosso che scende dal versante in destra al corso d’acqua di fondovalle, entra in un laghetto artificiale, delimitato da vegetazione termo-igrofila e canne, adibito a luogo di caccia in quanto provvisto di un capanno di appostamento. Il progetto di inserimento ambientale e paesaggistico prevede di implementare la rete ecologica locale coinvolgendo il sistema dei fossi e il laghetto che sarà valorizzato a fini naturalistici. Inoltre sarà implementato il sistema delle siepi e saranno realizzati piccoli nuclei boscati.

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Fig. 4/2: PRG - Stralcio della Tav. 2p “La rete ecologica”

Dall’esame della zonizzazione risulta che il sito di progetto ricade in gran parte in Zona E1 (TR1) e per una porzione limitata in Zona E3 (TR3). Le strutture da realizzare sono tutte in Zona TR1.

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Fig. 4/3: PRG - Stralcio Tav. 10p “Zonizzazione”

La zonizzazione è coerente con le indicazioni derivanti dalla carta delle aree ddi rispetto e rischio (Tav. 7p)

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Fig. 4/4: PRG - Stralcio Tav. 7p “Aree di rispetto e rischio”

Le aree agricole sono regolamentate dall’art. 39 delle NTA del PRG di Jesi, .

Capo III – Territorio rurale

Art. 39 – Territorio rurale TR (articolo modificato con Delibere di C. C. n. 12 del 21/01/2014 e n. 162 del 30/09/2014)

1. Il territorio rurale si articola in: Aree agricole TR1, Aree rurali di pregio TR2, Corridoi ecologici TR3, Aree rurali di rischio TR4, Isole della produzione in territorio rurale TR5, Aree di frangia TR6.

2. Le norme generali per il territorio rurale TR di cui al presente articolo sono dettagliate con le integrazioni e limitazioni di cui ai successivi articoli del titolo III.

3. Le nuove costruzioni e il recupero del patrimonio edilizio esistente in territorio rurale sono disciplinati dalle disposizioni della Lr. 13/1990 e s.m.i., con le limitazioni di cui ai successivi articoli. Per modalità aggregative, tipologie, materiali e quant’altro necessario per un corretto inserimento dell’intervento nel contesto rurale, si rimanda ad apposito regolamento di cui al comma 4 del successivo articolo 43.

4. I cambi di destinazione d’uso degli edifici non più utilizzati per l’attività agricola, di cui all’art. 6, comma 3 della Lr 13/1990, sono consentiti con le limitazioni prescritte dall’art. 43 “Recupero del patrimonio edilizio esistente in territorio rurale”.

5. Non sono ammessi cambi di destinazione di edifici ad uso agricolo nei Corridoi ecologici TR3 e nelle Aree calanchive TR4.3.

6. Nello svolgimento dell’attività agricola, il cambio delle colture in atto è comunque consentito, purché questo non distrugga o alteri elementi e caratteri paesistico-ambientali sottoposti a tutela e salvaguardia.

7. Nel territorio rurale TR, ove ammesso, l’insediamento di attività industriali agricole (allevamenti zootecnici di tipo industriale; industrie forestali; lavorazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli) è comunque subordinato a una delibera del Consiglio comunale che attesti l’idoneità della destinazione d’uso, valutandone esplicitamente la sostenibilità e compatibilità ambientale e le eventuali opere di mitigazione richieste.

8. Ai fini della tutela delle risorse vegetali, in tutto il Territorio rurale TR vigono le prescrizioni di cui alle “Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-

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vegetazionale e del paesaggio agrario”, allegato costituente parte integrante delle presenti NTA.

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Art. 40 – Aree agricole TR1

1. Sono le aree del territorio rurale a piena vocazione agricola: vi sono consentite le attività di cui all’art. 1, comma 2 della Lr n. 13/1990, compresi l’agriturismo e il turismo rurale, di cui alla Lr n. 27/1999 e s.m.i., e le attività per servizi collettivi che non distruggano o alterino elementi e caratteri paesistico-ambientali sottoposti a tutela e salvaguardia.

2. Sono disciplinate dalle norme di cui al precedente articolo 39.

Art. 51 – Corridoi ecologici TR3

1. I corridoi ecologici TR3 sono ambiti territoriali con sviluppo lineare che seguono i tracciati del reticolo idrografico. La loro estensione è definita in fasce di 40, 60 e 100 metri su ciascuno dei lati della risorsa idrica, a partire dalle sponde o dal piede esterno dell’argine, in ragione della classe d’appartenenza di ciascun corso d’acqua (di cui all’art. 29 delle Nta del PPAR), comunque ricomprendendo le formazioni vegetali naturaliformi ripariali e i laghi di cava. A tali criteri è uniformato il trattamento anche delle risorse idriche eventualmente non iscritte nei relativi elenchi.

2. I corridoi ecologici TR3 costruiscono le fondamentali condizioni di continuità tra ambiti territoriali di rilevanza ecologico-ambientale sottoposti a disciplina differenziata (aree tutelate, aree da rinaturalizzare, aree verdi di connessione, ecc.), al fine di realizzare e salvaguardare la rete ecologica di cui alla tavola 2p, facilitando il “transito specie specifico”.

3. I corridoi ecologici, per adempiere compiutamente alla loro funzione di garanzia della continuità e diversità biologica, sono inedificabili.

Sugli edifici esistenti alla data del 30 aprile 2006 sono consentiti i soli interventi di manutenzione, restauro e risanamento conservativo, demolizione senza ricostruzione.

4. Ai sensi delle prescrizioni di base permanenti del Piano paesistico ambientale regionale (art. 29):

a) nella fascia contigua di m 2,00 a partire dal margine delle sponde o dal piede esterno dell’argine dei corsi d’acqua, è vietata qualunque forma di aratura e di lavorazione del terreno; per il Fiume Esino tale fascia è di almeno m 10,00; nella fascia contigua di metri 10 a partire dalle sponde o dal piede esterno dell’argine è vietata l’aratura di profondità superiore a cm 50. All’interno del corpo idrico è vietata qualunque trasformazione, manomissione, immissione dei reflui non depurati, salvo gli interventi volti al disinquinamento, al miglioramento della vegetazione ripariale, al miglioramento del regime idraulico limitatamente alla pulizia del letto fluviale, alla manutenzione delle infrastrutture idrauliche e alla realizzazione delle opere di attraversamento sia viarie che impiantistiche.

I lavori di pulizia fluviale (eliminazione di piante ed arbusti, di depositi fangosi e l’eventuale riprofilatura dell’alveo) possono essere eseguiti solo nei casi di documentata e grave ostruzione dell’alveo al deflusso delle acque e comunque senza alterare l’ambiente fluviale qualora vi siano insediate specie faunistiche e/o botaniche protette o di evidente valore paesaggistico;

b) nei corridoi ecologici sono ammessi esclusivamente interventi di recupero ambientale (di cui all’art. 57 delle Nta del Ppar), nonché l’esercizio delle attività agro-silvo-pastorali, le opere di attraversamento sia viarie che impiantistiche e i lagoni d’accumulo a fini irrigui realizzati all’interno degli ambiti di tutela dei corsi d’acqua di 2a e 3a classe.

5. Nei corridoi ecologici è ammessa la realizzazione di percorsi ciclo-pedonali per scopi ricreativi, non bitumati e di ampiezza non superiore a metri 2,50, nel rispetto della vegetazione ripariale esistente.

Si riporta inoltre quanto definito per le siepi in quanto coinvolte dal progetto:

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Allegati alle Nta - Norme per la salvaguardia e valorizzazione delle risorse del patrimonio botanico-vegetazionale e del paesaggio agrario

Art. 6 – Siepi

1. Finalità

Le norme di cui al presente articolo perseguono le seguenti finalità: salvaguardare la diversità biologica dell’ambiente rurale e garantire le numerose funzioni ecologiche svolte dalle siepi, comprese quelle di carattere idrogeologico e di conservazione di habitat per la fauna.

2. Definizioni

Per siepe si intende qualsiasi formazione vegetale lineare chiusa, composta da specie arbustive o da specie arboree ed arbustive, anche mantenute allo stato arbustivo, avente larghezza non superiore a 20 metri e lunghezza di almeno 10 metri.

3. Divieti

a) È fatto divieto di abbattere, tagliare a raso, estirpare, sradicare o manomettere con potature inadeguate le siepi ed ogni formazione boschiva lineare;

b) Ai fini del contenimento in volume delle siepi, è fatto divieto di impiegare attrezzature meccaniche che provochino lacerazioni a fusti o ai rami degli individui arborei ed arbustivi che costituiscono le siepi stesse.

4. Interventi consentiti a) È consentito l’abbattimento selettivo, all’interno delle siepi, di esemplari appartenenti a

specie infestanti, invadenti o esotiche prevedendo la sostituzione con pari individui di specie autoctone, adatte alle condizioni pedoclimatiche, scelte tra quelle indicate nell’Elenco P 3;

b) Sono consentiti interventi di manutenzione volti alla riqualificazione, sia in termini floristici che fisionomico-strutturali, delle siepi e delle formazioni vegetali lineari mediante rinfoltimenti e reintroduzioni di specie autoctone adatte alle condizioni pedoclimatiche, scelte tra quelle indicate nell’Elenco P3, ovvero mediante interventi di potatura di tipo fitosanitario o tagli selettivi;

c) Sono consentiti gli abbattimenti nei limiti di quanto previsto dalla L.R. 6/2005. Coerenza del progetto con il PRG e con il REC

La zonizzazione di PRG abbraccia varie tipologie essendo il fondo oggetto di intervento esteso Ha 83.21.71, come risulta dalla documentazione attestante la proprietà.

L’ambito oggetto di intervento è stato però contenuto solo nelle zone agricole normali E1 (TR1) normate all’art. 40 delle Vigenti N.T.A., compatibili con l’intervento previsto come andremo a dimostrare in prosieguo, anche per gli ambiti comunque toccati dalla Fascia della Continuità Naturalistica nei quali, la proposta progettuale, si allinea alle prescrizioni delle relative NTA.

Esse risultano pertanto pienamente compatibili con le previsioni del P.R.G. vigente che, per quanto attiene l’edificabilità in zona agricola, applica di fatto la normativa regionale di riferimento, costituita dalla L.R. 13/90 che, nella fattispecie, tratta la tipologia di intervento in esame sia all’articolo 3 che all’articolo 9.

Tutti i parametri edilizi sono rispettati: altezze massime, distacchi dai confini e dalle abitazioni esterne al centro aziendale, distacchi dai centri abitati.

Il progetto prevede essenzialmente la realizzazione di un allevamento avicolo in ambito rurale. Inoltre è previsto un progetto di inserimento ambientale e paesaggistico implementando la connessione ecologica a carattere locale, con benefici anche in un ambito di area vasta. Questo avviene attraverso la piantumazione di siepi perimetrali e interne e la realizzazione di nuclei boscati.

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Le nuove volumetrie saranno caratterizzate da capannoni dotati di accorgimenti tecnologici per coniugare il benessere animale con la sostenibilità ambientale. Con riferimento alle modalità di calcolo delle volumetrie si rimanda alla Relazione tecnica generale di progetto.

Le Zone Rurali TR sono le aree del territorio destinate ad uso agricolo dove sono previste nuove edificazioni funzionali alla conduzione dei fondi agricoli.

In queste zone si applica la normativa regionale sul territorio agricolo L.R. 13/90 “Norme edilizie per il territorio agricolo”, sue successive modificazioni nonché le norme regionali collegate, richiamate anche dal PRG di Jesi.

In base alla L.R. 13/1990, art. 9 “Costruzioni per allevamenti zootecnici di tipo industriale e lagoni di accumulo” sono previste nuove costruzioni purché coerenti con gli obiettivi di sviluppo del piano zonale agricolo di cui alla L.R. 6 febbraio 1978, n. 6 e successive modificazioni ed integrazioni e a condizione che sia garantito il regolare smaltimento dei rifiuti…..omissis…

L’azienda che propone l’intervento è ad indirizzo zootecnico con allevamento di polli da ingrasso.

Al comma 2, punto a) dello stesso articolo si precisa inoltre che deve essere protetta da una zona circostante, con recinzione ed opportune alberature, di superficie pari a quella degli edifici da realizzare, moltiplicata per cinque. Tale prescrizione è rispettata dal progetto in quanto i capannoni sono all’interno di una azienda agraria che ha una superficie superiore alle 5 volte. Inoltre sono previste nuove piantumazioni realizzando una rete ecologica locale strutturata in connessione con la vegetazione presente nel contesto territoriale circostante.

Per la realizzazioni dei capannoni e della viabilità interna sarà necessario abbattere circa 70 m di siepe di tamerice e olmo in prossimità di un accessorio al centro dell’azienda. Essa è stata censita e riportata nel capitolo Stima degli impatti della componente Vegetazione, flora, fauna ed ecosistemi. In ottemperanza a quanto previsto dalla L.R. 6/2005 e successivi adeguamenti “Legge forestale regionale” la siepe sarà compensata con l’impianto di una struttura vegetale analoga. Inoltre saranno compensate le piante protette abbattute.

Con la realizzazione del progetto di inserimento ambientale e paesaggistico le necessità di compensazione saranno ampiamente rispettati. Infatti si prevede di impiantare le seguenti strutture vegetali:

Tipologia Descrizione Ambito di riferimento Sup/ml

Tipologia 1 Bosco termo-igrofilo Delimitazione fossi e laghetto

34.328 mq

Tipologia 2 Siepe arborea perimetrale Margine perimetrale 38.323 mq

Tipologia 3 Nuclei boscati interni a prevalenza di sempreverdi

Aree interne 21.027 mq

Tipologia 4 Piante a gruppi o a filare Margini strade, capannoni, aree interne

2.258 ml e 4.345 mq di gruppi

Nella tabella che segue si riporta la verifica dei parametri urbanistici per i due settori dell’allevamento avicolo. In totale si dovrà impegnare una SUL di 36.962mq per realizzare nuovi capannoni; la volumetria sarà di 98.069mc. Di questi 19.842mq sono per l’allevamento convenzionale con una volumetria di 53.567mc. Il resto della superficie edificata e della relativa volumetria è per il biologico.

Quest’ultima è a sua volta suddivisa fra la superfice prevista all’interno della Fascia di Continuità Naturalistica (FCN) delimitata dal PTC di Ancona e recepita nel PRG di Jesi, dove si realizzeranno 4 capannoni, nominati “BIO Standard”, per una superficie di 6.848mq e una volumetria di 17.801mc. In tale ambito, la cui superficie fondiaria è di 426.300mq, si applica l’indice fondiario (If) di 0,03 mc/mq. All’esterno della FCN, dove viene applicato, come per il

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convenzionale, l’If 0,50 mc/mq, sono previsti altri 6 capannoni per l’allevamento in regime di biologico, indicati come “BIO+” per una superficie di 10.272mq e una volumetria di 26.701mc.

La superficie fondiaria dell’azienda sede del progetto è 832.171 mq; 107.134 mq è impegnata per soddisfare i requisiti urbanistici del convenzionale, 593.356 mq per quelli del “BIO Standard” e 53.402 mq per quelli del “BIO+”. La superficie fondiaria in esubero è di 78.279mq.

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Tab. 3.1/1: Calcolo e verifica planovolumetrica

La fattibilità dell’intervento ai sensi della Legge Regionale 13/90, articolo 9, “Convenzionale” e “BIO +”:

La parte di intervento conforme all’articolo 9 è tutta quella che concerne la parte di allevamento “Convenzionale”, sei manufatti dislocati nella parte Nord dell’area di progetto, e quella afferente i sei manufatti denominati “BIO +”. Quest’ultima denominazione nasce per la necessità di distinguere le due tipologie di allevamento BIO (Standard e +) solo ai fini della loro trattazione urbanistica, stante che tutti i parametri afferenti alla normativa BIO, che a seguire saranno oggetto di trattazione e veloce esposizione (l’AIA tratta in maniera approfondita gli aspetti di competenza), sono rispettati in entrambi i casi, senza soluzione di continuità, applicando lo stesso quadro normativo.

Nel dettaglio:

il calcolo planivolumetrico, redatto in termini di impegno di suolo generante volumetria, dimostra la superficie coperta ed impegnata dai volumi relativi agli edifici per allevamento “Convenzionale”, quindi dei sei manufatti delle dimensioni di m. 150x22 cadauno, pari a mq. 3.300, valutati all’indice di fabbricabilità fondiaria If di 0.5 mc/mq, ex art.9 della L.R.13/90 applicabile al caso di specie;

stessa impostazione per i 6 manufatti “BIO +” delle dimensioni massime di 105,20x16.27, per mq.1.711,60, sempre valutati all’indice di fabbricabilità fondiaria di 0.5 mc/mq, ex art.9 della L.R.13/90, applicabile al caso di specie. La previsione progettuale relativa a questi manufatti (sia “BIO +” che “BIO Standard” viene prodotta in una particolare fase evolutiva delle modalità di allevamento biologico. Per tale ragione, ferma restando la volumetria massima e la superficie a terra dell’allevamento tipo sopra indicato, e fermo il rispetto di tutte le altre norme urbanistiche vigenti ed applicabili, si anticipa già qui che la dimensione dei manufatti BIO potrebbe cambiare già nella fase di avvio delle eventuali operazioni autorizzate, divenendo più stretta in larghezza e più

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lunga in lunghezza, ottenendo però una contestale e sensibile diminuzione dell’altezza del colmo del tetto. Questa precisazione vuole avere valenza di richiesta di possibilità di variante in corso d’opera degli elementi dimensionali esposti, senza ripetizione alcuna del procedimento di VIA ed AIA, nei confronti dei quali, alla luce della vigente normativa, le modifiche non sono sostanziali, e pertanto ottenibili in via speditiva abbinando le stesse al solo esperimento della procedura comunale e, se del caso, a quella paesaggistica per i manufatti che rientrano negli ambiti tutelati;

rispetto, per tutti gli ambiti qui in trattazione, delle relative previsioni di legge circa altezze (4.50 m. massimi salvo maggiori esigenze documentate), distacchi dai confini (40 m.), dagli edifici abitativi extra aziendali (100 m.) e dai centri abitati (500 m), If = 0.5 mc/mq., protezione da una zona circostante, con recinzioni, prevalentemente vegetali, ed opportune alberature, di superficie pari a quella degli edifici da realizzare, moltiplicata per 5: le superfici degli edifici propongono un rapporto con l’area residuante all’edificato, posta a protezione di tutti i manufatti in progetto, pari a 1 a 22 contro quello di 1 a 5 richiesto dalla norma.

Per maggiori approfondimenti sullea coerenza con la legge 13/90 si rimanda alla Relazione tecnica illustrativa di progetto.

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QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE

Nel quadro di riferimento progettuale, dopo una breve disamina delle norme che regolano l’allevamento avicolo, si riportano i dati dell’azienda avicola, evidenziando lo stato attuale e le quello di progetto, si descrivono le modalità di gestione dell’allevamento, il quale è diviso in due settori distinti, convenzionale e biologico, si illustrano le misure di mitigazione e il progetto di inserimento ambientale e paesaggistico.

Si descriveranno inoltre le attività in fase di cantiere e di esercizio mettendo in evidenza la necessità le azioni che possono generare fattori di perturbazione sulle componenti ambientali che saranno descritte e valutate nell’ambito del Quadro di riferimento ambientale.

Il progetto prevede la realizzazione di un allevamento avicolo per produrre polli da ingrasso, realizzando strutture tecnologicamente avanzate che rispondono alle norme sul benessere animale.

Un aspetto particolare è la divisione dell’insediamento in due settori; quello ricadente all’interno della fascia di continuità naturalstica individuata dal PTC, confermata dal PRG di Jesi, sarà destinato alla produzione in regime di biologico. Il settore, nord-est dell’insediamento, esterno alla suddetta fascia di continuità naturalistica, sarà adibito all’allevamento avicolo convenzionale.

Queste due modalità di allevamento saranno descritte successivamente in modo distinto in quanto devono rispondere a normative e settori di mercato specifici.

Il filo conduttore delle due modalità di allevamento è il benessere degli animali allevati animale e il basso impatto ambientale della gestione. Queste condizioni sono alla base per raggiungere risultati ottimali in termini di basse percentuali di mortalità, alti indici di accrescimento e sostenibilità ambientale.

1. NORMATIVE DI SETTORE

Nel presente capitolo si riportano le principali norme di settore che definiscono parametri e modalità operative che condizioneranno anche il progetto proposto.

NORME SUL BENESSERE DEGLI ANIMALI

La Commissione Europea è impegnata a sviluppare legislazione riguardate il benessere animale da oltre 30 anni. Nel frattempo, numerose iniziative sono state condivise con il Consiglio d’Europa e l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE) per promuovere sia in Europa che nel mondo il benessere animale.

Oggi il benessere animale è riconosciuto come una scienza multidisciplinare, con sviluppi di tipo economico e sociale, che necessita di un approccio di tipo integrato, con obiettivi e strategie ben definiti.

L'allevamento di animali non è più visto dai cittadini europei come un semplice processo di produzione alimentare, ma soggiace anche a considerazioni di carattere etico, di qualità e sicurezza degli alimenti e di rispetto per l'ambiente e per forme di produzione sostenibili.

Il legame esistente tra benessere e salute degli animali e la sicurezza alimentare è stato riconosciuto anche sul piano internazionale dall'OIE.

La stessa Commissione ha riconosciuto questo legame nel suo Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare, garantendo un approccio integrato nei confronti sia della salute e del benessere degli animali che del controllo della sicurezza alimentare lungo l’intera filiera, grazie al regolamento (CE) n.882/2004. Inoltre, il benessere animale è stato integrato nella nuova Politica Agricola Comune (PAC) dove è previsto lo stanziamento di aiuti in caso di

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investimenti per applicare pratiche di allevamento con standard elevati di benessere animale (ad esempio allevamento di animali al pascolo), per partecipare a programmi di qualità alimentare, compresi quelli basati su elevati livelli di benessere degli animali, e per intraprendere azioni di informazione, promozione e pubblicità in relazione a tali programmi. Nel 2007, il legame critico esistente tra benessere e sanità animale è stato riconfermato nella Strategia Europea per la Salute Animale (2007-2013). E’ probabile che ciò venga confermata anche nella nuova PAC.

In tale contesto il Programma d’Azione Comunitario per la Protezione ed il Benessere degli Animali 2006-2010[7] rappresenta l’impegno della Commissione nei confronti dei cittadini europei, delle parti in causa e del Consiglio e Parlamento Europei a delineare una chiara mappa di obiettivi e future strategie in ambito di benessere animale per gli anni a venire. L’obiettivo principale del programma è di garantire e promuovere un livello elevato di benessere degli animali nell’UE ed in ambito internazionale. Il piano d’azione si basa su cinque ben precise aree d’intervento che sono l’aggiornamento di standard minimi nella legislazione comunitaria per tutte le specie animali d’allevamento, la promozione della ricerca scientifica, l’introduzione di indicatori standardizzati di benessere e la promozione dell’informazione e di iniziative internazionali relative al benessere animale, che possano aumentare l’interesse per tale argomento nei principali partner commerciali dell’UE. In particolare, l’introduzione di indicatori standardizzati di benessere, validati e misurabili (ad esempio le dermatiti da contatto nei polli da carne), potrebbe assicurare l’attuazione ed il controllo del benessere animale dall’azienda fino al macello, anche in considerazione dell’attuale coesistenza di regimi obbligatori e facoltativi che vanno oltre le norme minime stabilite dalla legislazione europea.

PRODOTTI BIOLOGICI E BENESSERE ANIMALE

Il Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo alla produzione ed all’etichettatura dei prodotti biologici, che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91, fissa un nuovo quadro normativo per i prodotti biologici stabilendo i nuovi obiettivi e principi e definendo le norme che disciplinano la produzione, l’etichettatura, i controlli e gli scambi con i paesi terzi. Tra gli obiettivi del regolamento vi è anche quello di ottenere un’armonizzazione delle norme relative alla produzione, all’etichettatura e al controllo dei prodotti biologici al fine di creare condizioni di concorrenza leale tra i produttori e stimolare la fiducia nei consumatori, sempre più numerosi in Europa.

All’inizio il regolamento sul settore biologico si limitava ai soli prodotti vegetali. Successive disposizioni per la produzione di prodotti di origine animale sono state introdotte in seguito. Tali norme includevano l’alimentazione, la prevenzione delle malattie, le cure veterinarie, la protezione, l’allevamento del bestiame in generale, e l’uso delle deiezioni animali.

La zootecnia è uno di quei settori dove l’esperienza degli agricoltori biologici è più importante e più frequentemente richiesta. Esistono molte pratiche e principi coinvolti in questa area ideati per fornire al bestiame una vita confortevole e priva di stress in accordo con i loro bisogni naturali. Un concetto importante nella zootecnia biologica è la creazione di un ambiente che si adatti alle specie animali che ci vivono. All’interno di questo concetto ci sono alcune pratiche comuni, tra le quali:

Accesso permanente all’aria aperta

Cibo appropriato ai bisogni nutrizionali e comportamentali

Divieto della catena o dell’isolamento

Giacigli e stalle adeguate

Basso carico di bestiame

Limitare i tempi di trasporto

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Un principio biologico generale proibisce pavimenti grigliati per le aree di riposo

Nessuna mutilazione.

L’allevamento biologico vieta la rimozione o la riduzione di:

Code - da pecore, maiali, etc.

Becchi - da galline, tacchini, etc.

Corna - da bovini, pecore etc.

L’agricoltura biologica sottolinea che il dolore e la sofferenza devono essere ridotti al minimo durante tutta la vita dell’animale. Quindi, i tempi di trasporto sono strettamente controllati e il metodo di macellazione è studiato per essere il più veloce e indolore possibile. Il mantenimento di animali sani e felici è uno dei principi chiave dell’agricoltura biologica. Questo è raggiunto attraverso un’attenta gestione e attenzione verso i bisogni delle differenti specie. Come per la produzione delle colture biologiche, la salute del bestiame e il loro benessere è ottenuto in larga parte senza l’uso di input sintetici, come gli antibiotici, alcune misure preventive sono usate e ammesse per minimizzare il rischio di parassiti e malattie. Il primo passo per ottenere una salute dell’animale soddisfacente in agricoltura biologica è scegliere razze secondo la loro vitalità, adattabilità alle condizioni locali, e resistenza alle malattie. La preferenza verso razze autoctone ed adattate allo specifico ambiente dell’azienda agricola aiuta a raggiungere questo obiettivo.

Inoltre l’agricoltura biologica lavora per incoraggiare le naturali difese immunologiche del bestiame attraverso le seguenti pratiche:

Adeguata e sana alimentazione

Regolare esercizio

Accesso libero ad un pascolo appropriato

Altri metodi per la prevenzione delle malattie includono:

Mantenere stalle adeguate ed adatte in condizioni igieniche ideali.

Un appropriato numero di animali, sia negli spazi aperti, sia all’interno delle stalle.

Certamente tutte le prevenzioni del mondo non possono evitare le occasionali malattie o infortuni di cui il bestiame soffre, e in alcuni casi gli allevatori devono operare velocemente per assicurarsi che il dolore o la sofferenza siano ridotti al minimo e che gli animali ritornino in salute il più velocemente possibile. I trattamenti che vengono preferiti dagli allevatori biologici includono:

Omeopatia - una cura alternativa che adotta dosi altamente diluite di agenti che causano sintomi simili alla malattia - spingendo il corpo stesso a combattere contro la malattia.

Fitoterapia - trattamenti erboristici con piante o estratti di piante.

Poiché la salute e il benessere del bestiame sono primari, vi possono comunque essere alcune eccezioni. Ad esempio le cure veterinarie ordinarie possono essere adottate per evitare sofferenze che l’omeopatia o la fitoterapia non sono in grado di attenuare.

Le norme per l’etichettatura dei prodotti biologici prevedono che: “I termini come biologico, bio, eco ecc., inclusi i termini usati nei marchi, o le pratiche usate nell’etichettatura o nella pubblicità sospettabili di fuorviare il consumatore o suggerire all’utilizzatore che un prodotto o i suoi ingredienti soddisfano i requisiti definiti nella regolamentazione non devono essere usati per i prodotti non biologici.”

Inoltre, l’etichetta biologica non può essere utilizzata per i prodotti che contengono Organismi Geneticamente Modificati (OGM). L’uso del logo è regolamentato dal regolamento CE 271 del 2010 attraverso il quale viene definita anche la nuova veste grafica.

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Il logo rappresenta un elemento di maggiore chiarezza delle etichette. I consumatori che comprano i prodotti che portano il logo europeo possono essere certi che:

almeno il 95% degli ingredienti sono stati prodotti con metodo biologico;

il prodotto è conforme alle regole del piano ufficiale di ispezione;

il prodotto proviene direttamente dal produttore o è preparato in una confezione sigillata;

il prodotto porta il nome del produttore, l’addetto alla lavorazione o il venditore e il nome del codice dell’organismo di ispezione.

L’applicazione del logo biologico dell’UE è obbligatoria dal 1 luglio 2010 per i prodotti alimentari preconfezionati. Rimane volontaria, invece, per i prodotti importati dopo tale data.

Il rispetto del regolamento è garantito da un regime di controllo basato sul regolamento (CE) n. 882/2004 e sulle misure precauzionali e di controllo stabilite dalla Commissione. Il regime di controllo consente di garantire la tracciabilità degli alimenti in conformità di quanto disposto dal regolamento (CE) n. 178/2002.

Decreto Legislativo 27 settembre 2010, n.181 -"Attuazione della direttiva 2007/43/CE che stabilisce norme minime per la protezione di polli allevati per la produzione di

carne" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 259 del 5 novembre 2010)

L’allevamento del pollo, negli ultimi 50 anni, ha rappresentato probabilmente la tipologia di maggiore evoluzione nella produzione di carne. Prova ne sia il fatto che, da alimento “per ricchi” (o della domenica), si è via via trasformata in una carne economica ed alla portata di tutte le tasche.

Inoltre, trattandosi di una carne non vietata da alcuna religione, è utilizzata universalmente, e commercializzata a livello globale.

Occorre sottolineare che la Conversione, ovvero la trasformazione di mangime in carne, nel pollo è estremamente favorevole (mediamente occorrono 1,8 kg di mangime per produrre 1 kg di carne di pollo), e quindi, dal punto di vista della sostenibilità ambientale, soprattutto in periodi di carenza di materie prime come quello attuale, è certamente di minore impatto rispetto a quella delle carni rosse. Da ciò deriva l’importanza, non solo economica, ma anche sociale, del settore della produzione avicola e del pollo in particolare: pertanto, i provvedimenti normativi che lo riguardano, non sono senza conseguenze sul resto della società.

Data l’importanza del settore e la particolarità dell’allevamento, che sia attua a terra in condizioni di densità medio-alta che se non regolamentata può comportare diversi problemi sanitari e di gestione dell’allevamento stesso, sono state emanate specifiche norme per il benessere animale che poi, se applicate correttamente, si traducono anche in un aumento della produttività dell’allevamento stesso per diminuzione delle morti e aumento degli indici di accrescimento.

La direttiva europea 2007/43/CE, recepita in ambito nazionale con il D.lgs 181/2010, ha posto pertanto l’attenzione sugli aspetti legati alla densità di animali a mq e la percentuale di mortalità, legandoli ad una serie di parametri tecnici che devono essere rispettati in sede di progettazione, quali l’ampiezza degli spazi, il livello di aerazione e la qualità dell’aria, il numero delle mangiatoie e dei punti di abbeveraggio, il grado di illuminazione, la qualità della lettiera. Di seguito si riporta l’art. 3 del D,lgs 181/2010 e gli allegati di interesse per la progettazione e la gestione dell’allevamento.

Art. 3 Norme per l'allevamento dei polli

1. Tutti gli stabilimenti devono rispettare le disposizioni di cui all'allegato I.

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2. La densità massima di allevamento in ogni capannone dello stabilimento non deve superare in alcun momento 33 kg/m².

3. In deroga al comma 2, l'autorità sanitaria territorialmente competente può autorizzare una densità di allevamento superiore, a condizione che siano rispettate le disposizioni di cui all'allegato II oltre a quelle di cui all'allegato I.

4. Qualora sia concessa la deroga di cui al comma 3, la densità massima di allevamento in ogni capannone dello stabilimento non deve superare in qualsiasi momento 39 kg/m².

5. Quando sono soddisfatti i criteri di cui all'allegato V, l'autorità sanitaria territorialmente competente può autorizzare un ulteriore aumento, fino ad un massimo di 3 kg/m² rispetto alla densità di allevamento prevista nel comma 4.

6. Il Ministero della salute, con proprio decreto, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stabilisce i criteri e le modalità per consentire le deroghe previste ai commi 3 e 5.

7. Il Ministero della salute, con il decreto di cui al comma 6, stabilisce le procedure che devono essere adottate per determinare la densità di allevamento.

Allegato I - Norme applicabili agli stabilimenti (di cui all'art. 3, comma 1)

Fermo restando quanto stabilito ai sensi del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146, e successive modificazioni, si applicano le seguenti disposizioni:

Abbeveratoi.

1. Gli abbeveratoi sono posizionati e sottoposti a manutenzione in modo da ridurre al minimo le perdite.

Alimentazione.

2. Il mangime è disponibile in qualsiasi momento o soltanto ai pasti e non dev'essere ritirato prima di 12 ore dal momento previsto per la macellazione.

Lettiera.

3. Tutti i polli hanno accesso in modo permanente a una lettiera asciutta e friabile in superficie.

Ventilazione e riscaldamento.

4. Vi deve essere sufficiente ventilazione per evitare il surriscaldamento, se necessario in combinazione con i sistemi di riscaldamento per rimuovere l'umidità in eccesso.

Rumore.

5. Il livello sonoro deve essere il più basso possibile. La costruzione, l'installazione, il funzionamento e la manutenzione dei ventilatori, dei dispositivi di alimentazione e di altre attrezzature sono tali da provocare la minore quantità possibile di rumore e che in ogni caso non arrechino danno agli animali.

Luce.

6. Tutti gli edifici sono illuminati con un'intensità di almeno 20 lux durante le ore di luce, misurata a livello dell'occhio dell'animale e in grado di illuminare almeno l'80 % dell'area utilizzabile. Una riduzione temporanea del livello di luce può essere ammessa se ritenuta necessaria in seguito al parere di un veterinario.

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7. Entro i sette giorni successivi al momento in cui i polli sono collocati nell'edificio e fino a tre giorni prima del momento previsto per la macellazione, la luce deve seguire un ritmo di 24 ore e comprendere periodi di oscurità di almeno 6 ore totali, con almeno un periodo ininterrotto di oscurità di almeno 4 ore, esclusi i periodi di attenuazione della luce.

Ispezioni.

8. Tutti i polli presenti nello stabilimento devono essere ispezionati almeno due volte al giorno. Occorre prestare particolare attenzione ai segni che rivelano un abbassamento del livello di benessere e/o di salute degli animali.

9. I polli gravemente feriti o che mostrano segni evidenti di deterioramento della salute, come quelli con difficoltà nel camminare o che presentano ascite o malformazioni gravi, e che è probabile che soffrano, ricevono una terapia appropriata o sono abbattuti immediatamente. Un veterinario è contattato ogniqualvolta se ne presenti la necessità.

Pulizia.

10. Ad ogni depopolamento definitivo, le parti degli edifici, delle attrezzature o degli utensili in contatto con i polli sono pulite e disinfettate accuratamente prima di introdurre nel capannone un nuovo gruppo di animali. Dopo il depopolamento definitivo di un capannone si deve rimuovere tutta la lettiera e predisporre una lettiera pulita.

Registrazioni.

11. Il proprietario o il detentore deve registrare, in formato cartaceo o elettronico, per ciascun capannone dello stabilimento, i seguenti dati:

a) il numero di polli introdotti;

b) l’area utilizzabile;

c) l’ibrido o la razza dei polli, se noti;

d) per ogni controllo, il numero di volatili trovati morti con indicazione delle cause, se note, nonché il numero di volatili abbattuti e la causa;

e) il numero di polli rimanenti nel gruppo una volta prelevati quelli destinati alla vendita o alla macellazione.

Le informazioni di cui al presente punto sono contenute in un registro il cui modello é adottato con decreto di cui all'art. 3, comma 6; in alternativa gli operatori del settore possono utilizzare altri strumenti di registrazione già previsti e presenti in azienda, qualora contengono le informazioni di cui al presente punto.

Tali registrazioni sono conservate per un periodo di almeno tre anni e vengono rese disponibili all'autorità competente quando effettui un'ispezione o qualora ne faccia richiesta.

Interventi chirurgici.

12. Sono proibiti tutti gli interventi chirurgici, effettuati a fini diversi da quelli terapeutici o diagnostici, che recano danno o perdita di una parte sensibile del corpo o alterazione della struttura ossea.

La troncatura del becco può tuttavia essere autorizzata dall'Autorità Sanitaria competente per territorio una volta esaurite le altre misure volte a impedire plumofagia e cannibalismo. In tali casi, detta operazione è effettuata, soltanto previo parere di un veterinario, da personale qualificato su pulcini di età inferiore a 10 giorni. Inoltre, l'Autorità Sanitaria competente per territorio può autorizzare la castrazione degli animali. La castrazione è effettuata soltanto con la supervisione di un veterinario e ad opera di personale specificamente formato.

Il Ministero della salute, con il decreto di cui all'art. 3, comma 6, stabilisce i criteri generali per autorizzare gli interventi di cui al presente paragrafo.

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Allegato II

Norme per il ricorso a densità più elevate (di cui all'art. 3, comma 3)

Notifica e documentazione.

Si applicano le seguenti norme:

1. Il proprietario o il detentore comunica all'autorità competente l'intenzione di ricorrere a una densità superiore a 33 kg/m2 di peso vivo. Egli indica la densità di allevamento che intende raggiungere e informa l'autorità competente di qualsiasi modifica della stessa almeno 15 giorni prima della collocazione del gruppo di polli nel capannone.

Se l'autorità competente lo richiede, la notifica è accompagnata da un documento che riprende in sintesi le informazioni contenute nella documentazione di cui al punto 2.

2. Il proprietario o il detentore tiene a disposizione nel capannone la documentazione che descrive in dettaglio i sistemi di produzione. In particolare, tale documentazione comprende informazioni relative a particolari tecnici del capannone e delle sue attrezzature quali:

a) una mappa del capannone indicante le dimensioni delle superfici occupate dai polli;

b) sistemi di ventilazione e, ove pertinente, di raffreddamento e riscaldamento, comprese le rispettive ubicazioni, un piano della ventilazione indicante in dettaglio i parametri di qualità dell'aria prefissati, come flusso, velocità e temperatura dell'aria;

c) sistemi di alimentazione e approvvigionamento d'acqua e loro ubicazione;

d) sistemi d'allarme e di riserva in caso di guasti ad apparecchiature automatiche o meccaniche essenziali per la salute ed il benessere degli animali;

e) procedure operative che assicurino interventi di riparazione urgenti in caso di guasti alle apparecchiature essenziali per la salute e il benessere degli animali;

f) tipo di pavimentazione e lettiera normalmente usate.

La documentazione è resa disponibile all'autorità competente su sua richiesta ed è tenuta aggiornata. In particolare, sono registrate le ispezioni tecniche al sistema di ventilazione e di allarme. Il proprietario o il detentore comunica senza indugio all'autorità competente eventuali cambiamenti del capannone, delle attrezzature e delle procedure descritti che potrebbero influire sul benessere dei volatili.

Norme per gli stabilimenti - controllo dei parametri ambientali.

2. Ciascun capannone di uno stabilimento deve essere dotato di sistemi di ventilazione e, se necessario, di riscaldamento e raffreddamento concepiti, costruiti e fatti funzionare in modo che:

a) la concentrazione di ammoniaca (NH³) non superi 20 ppm e la concentrazione di anidride carbonica (CO²) non superi 3000 ppm misurati all'altezza della testa dei polli;

b) la temperatura interna non superi quella esterna di più di 3° C quando la temperatura esterna all'ombra è superiore a 30° C;

c) l'umidità relativa media misurata all'interno del capannone durante 48 ore non superi il 70% quando la temperatura esterna è inferiore a 10° C.

Il progetto recepisce integralmente la normativa sul benessere animale. Il peso vivo presente nei capannoni non supererà i 33 kg/m2 e pertanto non necessitano deroghe alla normativa come nel caso di densità di polli maggiore.

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Le strutture proposte e le modalità operative sono tali da garantire adeguate condizioni igienico sanitarie, corretta illuminazione, circolazione di aria, alimentazione (n. di mangiatoie adeguate) e acqua (n. di abbeveratoi adeguati), come meglio illustrato nei successivi capitoli del Quadro progettuale.

NORMATIVA IPPC

Per i polli la normativa IPPC indica come MTD:

4.3.1. Ricoveri a ventilazione naturale con pavimento interamente ricoperti da lettiera e con abbeveratoi antispreco per ridurre i consumi eccessivi di acqua, causa di bagnamenti della lettiera stessa in tutta l’area adiacente e di conseguenti fermentazioni putride, fonte a loro volta di incremento di emissioni.

4.3.2. Ricoveri con ottimizzazione dell’isolamento termico e della ventilazione (anche artificiale), con lettiera integrale e abbeveratoi.

Il riconoscimento come MTD della ventilazione forzata, pur con il negativo effetto sul bilancio energetico dell’allevamento (diversamente dagli allevamenti di suini all’ingrasso) va ricondotto all’esigenza di garantire condizioni di benessere per gli avicoli impossibili da ottenere solo con la ventilazione naturale.

La ventilazione forzata va anche ritenuta fondamentale per garantire il mantenimento di lettiera asciutta nei capannoni (da cui dipende l’impatto ambientale). Le motivazioni che hanno portato il legislatore europeo a non prendere in considerazione i trattamenti dell’aria a valle dell’allevamento (scrabber e biofiltri), ma a basarsi sulla corretta gestione di un allevamento, sono facilmente spiegabili. Infatti, le esperienze condotte con il trattamento dell’aria in uscita hanno evidenziato:

- l’inaffidabilità degli impianti, per la complessità gestionale,

- l’inutilità del trattamento ai fini dell’inquinamento integrato, perché con questi impianti si ha solo lo spostamento dell’inquinamento dall’aria all’acqua o ad acidi e basi utilizzati per “pulire” l’aria.

Nelle linee guida viene, infatti, dichiarato:

“I sistemi di abbattimento biologico degli inquinanti nell’aria in uscita dai ricoveri, quali i biofiltri, non si candidano a BAT”. Negli allevamenti avicoli, infatti, pur essendo largamente adottata la ventilazione artificiale, questa viene attuata in forma non canalizzata, con l’impiego di numerosi ventilatori assiali a parete. Il convogliamento di tutta l’aria di ventilazione ad un unico punto di trattamento richiede complesse e onerose opere di canalizzazione che rendono la fattibilità tecnica di tali sistemi più teorica che effettiva” (pag. 139 delle Linee guida IPPC), ventilatori estrattori installati a parete e ventilatori assiali operanti con una pressione di pochi mm di colonna d’acqua, non è possibile il convogliamento del flusso d’aria.

In pratica gli elementi gestionali che concorrono a garantire condizioni ambientali tali da essere considerate in linea con la definizione di MTD (mantenimento della lettiera asciutta) sono:

- adozione di abbondante lettiera;

- utilizzo ai abbeveratoi antispreco;

- ottimale isolamento dei capannoni, per evitare fenomeni di condensazione del vapore acqueo prodotto dai polli con ricaduta dell’acqua sulla lettiera;

- eventuale impiego di rivoltatori meccanici per arieggiare la pollina.

La strutturazione dei capannoni rispetta tutti i parametri IPPC.

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Buone prospettive di applicazione come MTD trovano le tecniche nutrizionali, al fine di ridurre il quantitativo di azoto escreto e, quindi, le emissioni in atmosfera. Tecniche ormai consolidate sono quelle che prevedono programmi di alimentazione con tenore di azoto e fosforo diversamente calibrati a seconda delle diverse fasi di accrescimento degli animali, per seguire in modo più accurato le loro diverse esigenze nutritive. Con tali tecniche si considerano perseguibili riduzioni dell'azoto e del fosforo escreti fino al 9% e al 25%, rispettivamente. Riduzioni del tenore proteico della dieta sono invece tecniche attualmente allo studio.

NORME PER L’ALLEVAMENTO AVICOLO IN REGIME DI BIOLOGICO

Le principali norme che guidano la produzione avicola in regime di biologico sono:

- Regolamento (CE) N. 834/2007 del Consiglio del 28 Giugno 2007 relativo alla Produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il Regolamento (CEE) N. 2092/91: tale regolamento è stato sintetizzato nell’ambito della descrizione delle norme relative al benessere animale. Di seguito si ricordano ii principi ispiratori della norma con specifico riferimento all’allevamento animale:

(1) La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali. Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale.

(2) Il contributo del settore dell’agricoltura biologica è in aumento nella maggior parte degli Stati membri. La domanda dei consumatori è cresciuta notevolmente negli ultimi anni. Le recenti riforme della politica agricola comune, con l’accento da esse posto sull’orientamento al mercato e sull’offerta di prodotti di qualità confacenti alle esigenze dei consumatori, saranno probabilmente un’ulteriore stimolo per il mercato dei prodotti biologici. In questo contesto, la normativa sulla produzione biologica assume una funzione sempre più rilevante nell’ambito della politica agricola ed è strettamente correlata all’evoluzione dei mercati agricoli.

(3) Il quadro normativo comunitario che disciplina il settore della produzione biologica dovrebbe porsi come obiettivo quello di garantire la concorrenza leale e l’efficace funzionamento del mercato interno dei prodotti biologici, nonché di tutelare e giustificare la fiducia del consumatore nei prodotti etichettati come biologici.

Dovrebbe inoltre proporsi di creare le condizioni propizie allo sviluppo del settore, in linea con l’evoluzione della produzione e del mercato.

(4) La comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su un Piano d’azione europeo per l’agricoltura biologica e gli alimenti biologici propone di migliorare e rafforzare le norme comunitarie applicabili all’agricoltura biologica e le disposizioni in materia di importazioni e di controlli. Nelle conclusioni del 18 ottobre 2004, il Consiglio ha invitato la Commissione a rivedere il quadro normativo comunitario in materia, nell’intento di semplificarlo, curarne la coerenza d’insieme e, in particolare, stabilire principi che favoriscano l’armonizzazione delle norme e, ove possibile, ridurre il livello di dettaglio.

(5) È pertanto opportuno esplicitare maggiormente gli obiettivi, i principi e le norme applicabili alla produzione biologica, in modo da favorire la trasparenza, la fiducia del consumatore e una percezione armonizzata del concetto di produzione biologica.

(6) A tale fine, il regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti

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agricoli e sulle derrate alimentari dovrebbe essere abrogato e sostituito da un nuovo regolamento.

(7) Occorre stabilire un quadro normativo comunitario generale per la produzione biologica, applicabile alla produzione vegetale, animale e di acquacoltura comprendente norme relative alla raccolta di vegetali selvatici e di alghe marine selvatiche, norme sulla conversione e norme sulla produzione di alimenti, vino compreso, e mangimi trasformati e di lievito biologico. La Commissione dovrebbe autorizzare l’uso di prodotti e sostanze e decidere i metodi da utilizzare nell’agricoltura biologica e nella trasformazione di alimenti biologici.

…………………………………………….

(14) La produzione animale è una componente essenziale dell’organizzazione della produzione agricola nelle aziende biologiche, in quanto fornisce la materia organica e gli elementi nutritivi necessari alle colture e quindi contribuisce al miglioramento del suolo e allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile.

(15) Al fine di evitare l’inquinamento dell’ambiente, in particolare delle risorse naturali come il suolo e l’acqua, la produzione animale biologica dovrebbe prevedere, in linea di principio, uno stretto legame tra tale produzione e la terra, idonei sistemi di rotazione pluriennale e l’alimentazione degli animali con prodotti vegetali provenienti dall’agricoltura biologica coltivati nell’azienda stessa o in aziende biologiche vicine.

(16) Poiché l’allevamento biologico è un’attività legata alla terra, è opportuno che gli animali abbiano accesso, ogniqualvolta sia possibile, a spazi all’aria aperta o a pascoli.

(17) L’allevamento biologico dovrebbe rispettare criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e soddisfare le specifiche esigenze comportamentali degli animali secondo la specie, e la gestione della salute degli animali dovrebbe basarsi sulla prevenzione delle malattie. A questo proposito, si dovrebbe prestare particolare attenzione alle condizioni di stabulazione, alle pratiche zootecniche e alla densità degli animali.

Inoltre la scelta delle razze dovrebbe tenere conto della loro capacità di adattamento alle condizioni locali. Le norme di attuazione relative alla produzione animale e di acquacoltura dovrebbero garantire quanto meno l’osservanza delle disposizioni della Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti e delle successive raccomandazioni del suo comitato permanente.

(18) La produzione animale biologica dovrebbe tendere a completare i cicli produttivi delle diverse specie animali con animali allevati secondo il metodo biologico. Tale sistema dovrebbe favorire pertanto l’ampliamento della banca di geni di animali biologici, migliorare l’autosufficienza, assicurando così lo sviluppo del settore.

…………………………………………….

- Regolamento (CE) N. 889/2008 della Commissione del 5 Settembre 2008 recante modalità di applicazione del Regolamento (CE) N. 834/2007 del Consiglio, relativo alla Produzione Biologica e all'etichettatura dei Prodotti Biologici. Per quanto riguarda La Produzione Biologica, l'etichettatura e i controlli.

1. Il presente regolamento stabilisce norme specifiche per quanto concerne la produzione biologica, l'etichettatura e il controllo dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 834/2007.

2. Il presente regolamento non si applica:

a) agli animali da allevamento di specie diverse da quelle di cui all'articolo 7;

b) agli animali d’acquacoltura diversi da quelli di cui all’articolo 25 bis.

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Tuttavia, il titolo II, il titolo III e il titolo IV si applicano mutatis mutandis ai suddetti prodotti fino a quando per tali prodotti non vengano adottate norme di produzione specifiche ai sensi del regolamento (CE) n. 834/2007.

Art. 12 - Definizioni

Oltre alle definizioni che figurano nell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 834/2007, ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

a) "non biologico": non derivante o non connesso ad una produzione realizzata conformemente alle disposizioni del regolamento (CE) n. 834/2007 e del presente regolamento;

b) "medicinali veterinari": i prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari;

c) "importatore": ogni persona fisica o giuridica della Comunità che presenta una partita ai fini della sua immissione in libera pratica nella Comunità, di persona o tramite un rappresentante;

d) "primo destinatario": ogni persona fisica o giuridica a cui viene consegnata la partita importata e che la riceve in vista di un'ulteriore preparazione e/o della sua commercializzazione;

e) "azienda": l'insieme delle unità di produzione gestite nell'ambito di un'unica conduzione ai fini della produzione di prodotti agricoli;

f) "unità di produzione": l'insieme delle risorse utilizzate per un determinato tipo di produzione, inclusi i locali di produzione, gli appezzamenti agricoli, i pascoli, gli spazi all'aperto, i locali di stabulazione, gli stagni piscicoli, gli impianti di contenimento per le alghe marine o gli animali di acquacoltura, le concessioni litoranee o sui fondali marini, i locali adibiti al magazzinaggio dei vegetali, i prodotti vegetali, i prodotti delle alghe, i prodotti animali, le materie prime e ogni altro fattore di produzione rilevante per questo specifico settore di produzione;

REGOLAMENTO (CE) n. 889/2008 DELLA COMMISSIONE REGOLAMENTO (CE) n. 889/2008 DELLA COMMISSIONE DEL 5 SETTEMBRE 2008

TITOLO II - NORME SULLA PRODUZIONE, LA TRASFORMAZIONE, L'IMBALLAGGIO, IL TRASPORTO E IL MAGAZZINAGGIO DEI PRODOTTI BIOLOGICI

CAPO 1

Produzione vegetale

Articolo 3

Gestione e fertilizzazione dei suoli

………………………………………………………

2. La quantità totale di effluenti di allevamento (ai sensi della direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole impiegati nell'azienda non può superare i 170 kg di azoto per anno/ettaro di superficie agricola utilizzata. Tale limite si applica esclusivamente all'impiego di letame, letame essiccato e pollina, effluenti di allevamento compostati inclusa la pollina, letame compostato ed effluenti di allevamento liquidi.

3. Le aziende dedite alla produzione biologica possono stipulare accordi scritti di cooperazione ai fini dell'utilizzo di effluenti eccedentari provenienti dalla produzione biologica solo con altre aziende ed imprese che rispettano le norme di produzione biologica. Il limite

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massimo di cui al paragrafo 2 è calcolato sulla base dell'insieme delle unità di produzione biologiche coinvolte nella suddetta cooperazione.

Sezione 2

RICOVERI PER GLI ANIMALI E PRATICHE DI ALLEVAMENTO

Articolo 12

Condizioni di stabulazione e pratiche di allevamento specifiche per gli avicoli

1. I volatili non sono tenuti in gabbie.

2. Gli uccelli acquatici hanno accesso a un corso d'acqua, a uno stagno, a un lago o a uno specchio d’acqua ogniqualvolta le condizioni climatiche e igieniche lo consentano per rispettare le loro esigenze specifiche e quelle in materia di benessere degli animali.

3. I ricoveri per gli avicoli soddisfano le seguenti condizioni minime:

a) almeno un terzo della superficie del suolo deve essere solido, vale a dire non composto da grigliato o da graticciato, e deve essere ricoperto di lettiera composta ad esempio di paglia, trucioli di legno, sabbia o erba.

b) nei fabbricati adibiti all'allevamento di galline ovaiole una parte sufficientemente ampia della superficie accessibile alle galline deve essere destinata alla raccolta delle deiezioni;

c) devono disporre di un numero sufficiente di trespoli di dimensione adatta all'entità del gruppo e alla taglia dei volatili come stabilito nell'allegato III;

d) devono essere dotati di uscioli di entrata/uscita di dimensioni adeguate ai volatili, la cui lunghezza cumulata è di almeno 4 m per 100 m² della superficie utile disponibile per i volatili;

e) ciascun ricovero non deve contenere più di:

i) 4800 polli,

ii) 3000 galline ovaiole,

iii) 5200 faraone,

iv) 4000 femmine di anatra muta o di Pechino, 3200 maschi di anatra muta o di Pechino o altre anatre,

v) 2500 capponi, oche o tacchini;

f) la superficie totale utilizzabile dei ricoveri per gli avicoli allevati per la produzione di carne per ciascuna unità di produzione non supera i 1600 m²;

g) i ricoveri per gli avicoli devono essere costruiti in modo tale da consentire loro un facile accesso allo spazio all'aperto.

4. La luce naturale può essere completata con illuminazione artificiale in modo da mantenere la luminosità per un massimo di 16 ore giornaliere, con un periodo continuo di riposo notturno senza luce artificiale di almeno 8 ore.

5. Al fine di evitare il ricorso a metodi di allevamento intensivi, gli avicoli devono essere allevati fino al raggiungimento di un'età minima oppure devono provenire da tipi genetici a lento accrescimento. Ove l'operatore non utilizzi tipi genetici avicoli a lento accrescimento, l'età minima di macellazione è la seguente:

a) 81 giorni per i polli,

b) 150 giorni per i capponi,

c) 49 giorni per le anatre di Pechino,

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d) 70 giorni per le femmine di anatra muta,

e) 84 giorni per i maschi di anatra muta,

f) 92 giorni per le anatre bastarde,

g) 94 giorni per le faraone,

h) 140 giorni per i tacchini e le oche,

i) 100 giorni per le femmine di tacchino.

L'autorità competente fissa i criteri di definizione dei tipi genetici avicoli a lento accrescimento o compila un elenco di tali ceppi e fornisce queste informazioni agli operatori, agli altri Stati membri e alla Commissione.

Articolo 14

Accesso agli spazi all'aperto

1. Gli spazi all'aperto possono essere parzialmente coperti.

2. Conformemente all'articolo 14, paragrafo 1, lettera b), punto iii), del regolamento (CE) n. 834/2007, gli erbivori hanno accesso ai pascoli ogniqualvolta le condizioni lo consentano.

3. Nei casi in cui gli erbivori hanno accesso ai pascoli durante il periodo di pascolo e quando il sistema di stabulazione invernale permette agli animali la libertà di movimento, si può derogare all'obbligo di prevedere spazi all'aperto nei mesi invernali.

4. In deroga al paragrafo 2, i tori di più di un anno di età hanno accesso a pascoli o a spazi all'aperto.

5. Gli avicoli hanno accesso a uno spazio all'aperto per almeno un terzo della loro vita.

6. Gli spazi all'aperto per gli avicoli devono essere per la maggior parte ricoperti di vegetazione, essere dotati di dispositivi di protezione e consentire un facile accesso ad un numero sufficiente di abbeveratoi e mangiatoie.

7. Gli avicoli tenuti al chiuso a seguito di restrizioni o di obblighi imposti in virtù della normativa comunitaria hanno permanentemente accesso a quantità sufficienti di foraggi grossolani e di materiali adatti a soddisfare le loro necessità etologiche.

Articolo 16

Divieto relativo alla produzione animale "senza terra"

La produzione animale senza terra, nell'ambito della quale l'allevatore non gestisce i terreni agricoli e/o non ha stipulato un accordo scritto di cooperazione con un altro operatore ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, è vietata.

Articolo 17

Produzione simultanea di animali allevati con metodo biologico e non biologico

1. È ammessa nell'azienda la presenza di animali non allevati con il metodo biologico, purché il loro allevamento abbia luogo in unità distinte, provviste di edifici e appezzamenti nettamente separati dalle unità adibite alla produzione conforme alle norme di produzione biologica, e a condizione che si tratti di animali di specie diverse.

2. Gli animali non allevati con il metodo biologico possono utilizzare pascoli biologici per un periodo limitato ogni anno, a condizione che essi provengano da sistemi agricoli quali definiti al paragrafo 3, lettera b), e che gli animali allevati secondo il metodo biologico non siano presenti simultaneamente nello stesso pascolo.

3. Gli animali allevati secondo il metodo biologico possono utilizzare un'area di pascolo comune, purché:

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a) l'area non sia stata trattata con prodotti non autorizzati per la produzione biologica per un periodo di almeno tre anni;

b) qualsiasi animale non allevato secondo il metodo biologico che utilizzi il pascolo in questione provenga da un sistema agricolo equivalente a quelli descritti all'articolo 36 del regolamento (CE) n. 1698/2005 o all'articolo 22 del regolamento (CE) n. 1257/1999;

c) i prodotti animali ottenuti da animali allevati secondo il metodo biologico nel periodo in cui essi utilizzavano il pascolo comune non siano considerati biologici, a meno che si dimostri che essi sono stati nettamente separati dagli altri animali non allevati secondo il metodo biologico.

4. Nei periodi di transumanza gli animali possono pascolare su terreni non biologici quando vengono condotti da un'area di pascolo all'altra. Gli alimenti non biologici, costituiti da erba e altre piante di cui si nutrono gli animali al pascolo durante i suddetti periodi, non devono superare il 10% della razione annua complessiva. Questa percentuale è calcolata in percentuale di sostanza secca degli alimenti di origine agricola.

5. Gli operatori conservano i documenti giustificativi che attestano il ricorso alle disposizioni del presente articolo.

DM 18354 DEL

Sezione 3

ALIMENTI PER ANIMALI

Articolo 19

Alimenti provenienti dall'azienda stessa o da altre aziende fonti

1. Nel caso degli erbivori, fatta eccezione per i periodi di ogni anno in cui gli animali sono in transumanza conformemente all'articolo 17, paragrafo 4, almeno il 60% degli alimenti proviene dall'unità di produzione stessa o, qualora ciò non sia possibile, è ottenuto in cooperazione con altre aziende biologiche, situate nella stessa regione.

2. Nel caso dei suini e del pollame, almeno il 20 % degli alimenti proviene dall’unità di produzione stessa o, qualora ciò non sia possibile, è ottenuto nella stessa regione in cooperazione con altre aziende biologiche od operatori del settore dei mangimi che applicano il metodo di produzione biologico.

3. Nel caso delle api, alla fine della stagione produttiva negli alveari devono essere lasciate scorte di miele e di polline sufficienti per superare il periodo invernale.

L'alimentazione delle colonie di api è autorizzata soltanto quando la sopravvivenza degli alveari è minacciata da condizioni climatiche avverse. L'alimentazione viene effettuata con miele, zucchero o sciroppi di zucchero biologici.

Sezione 4

PROFILASSI E TRATTAMENTI VETERINARI

Articolo 23

Profilassi

1. Fatto salvo l'articolo 24, paragrafo 3, è vietato l'uso di medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o di antibiotici per trattamenti preventivi.

2. È vietato l'impiego di sostanze destinate a stimolare la crescita o la produzione (compresi antibiotici, coccidiostatici e altri stimolanti artificiali della crescita) nonché l'uso di ormoni o sostanze analoghe destinati a controllare la riproduzione o ad altri scopi (ad es. ad indurre o sincronizzare gli estri).

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3. Quando gli animali provengono da unità non biologiche, disposizioni particolari come controlli preventivi e periodi di quarantena possono essere applicate a seconda della situazione locale.

4. I fabbricati, i recinti, le attrezzature e gli utensili sono adeguatamente puliti e disinfettati per evitare contaminazioni incrociate e la proliferazione di organismi patogeni. Le feci, le urine, gli alimenti non consumati o frammenti di essi devono essere rimossi con la necessaria frequenza, al fine di limitare gli odori ed evitare di attirare insetti o roditori. Ai fini dell'articolo 14, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (CE) n. 834/2007, soltanto i prodotti elencati nell'allegato VII possono essere utilizzati per la pulizia e disinfezione degli edifici e impianti zootecnici e degli utensili. I rodenticidi (da utilizzare solo nelle trappole) e i prodotti elencati nell'allegato II possono essere utilizzati per l'eliminazione di insetti e altri parassiti nei fabbricati e negli altri impianti dove viene tenuto il bestiame.

5. Nell'intervallo tra l'allevamento di due gruppi di avicoli si procederà ad un vuoto sanitario, operazione che comporta la pulizia e la disinfezione del fabbricato e dei relativi attrezzi. Parimenti, al termine dell'allevamento di un gruppo di avicoli, il parchetto sarà lasciato a riposo per il tempo necessario alla ricrescita della vegetazione e per operare un vuoto sanitario. Gli Stati membri stabiliscono il periodo in cui il parchetto deve essere lasciato a riposo. L'operatore conserva i documenti giustificativi attestanti il rispetto di questo periodo. Questi requisiti non si applicano quando gli avicoli non sono allevati in gruppi, non sono chiusi in un parchetto e sono liberi di razzolare tutto il giorno.

Articolo 24

Trattamenti veterinari

1. Se, nonostante l'applicazione delle misure preventive destinate a garantire la salute degli animali previste all'articolo 14, paragrafo 1, lettera e), punto i), del regolamento (CE) n. 834/2007, gli animali si ammalano o si feriscono, essi sono curati immediatamente e, se necessario, isolati in appositi locali.

2. I prodotti fitoterapici, i prodotti omeopatici, gli oligoelementi e i prodotti elencati all’allegato V, sezione 1, e all’allegato VI, sezione 3, sono preferiti ai medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o agli antibiotici, purché abbiano efficacia terapeutica per la specie animale e tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura.

3. Qualora l'applicazione delle misure di cui ai paragrafi 1 e 2 non sia efficace per le malattie o le ferite, e qualora la cura sia essenziale per evitare sofferenze o disagi all'animale, possono essere utilizzati antibiotici o medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica sotto la responsabilità di un veterinario.

4. Ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto a più di tre cicli di trattamenti con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici in 12 mesi (o a più di un ciclo di trattamenti se la sua vita produttiva è inferiore a un anno), gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti biologici e gli animali devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti all'articolo 38, paragrafo 1. I documenti attestanti il manifestarsi di tali circostanze devono essere conservati per l'autorità o l'organismo di controllo.

5. Il tempo di sospensione tra l'ultima somministrazione di medicinali veterinari allopatici ad un animale in condizioni normali di utilizzazione e la produzione di alimenti ottenuti con metodi biologici da detti animali deve essere di durata doppia rispetto a quello stabilito per legge conformemente all'articolo 11 della direttiva 2001/82/CE o, qualora tale tempo non sia precisato, deve essere di 48 ore.

SINTESI TESTO COORDINATO ELABORATO SULLA BASE DEI SEGUENTI REGOLAMENTI: 834/2007; 889/2008; 967/2008; 1235/2008; 1254/2008; 537/2009; 710/2009; 271/2010, 471/2010. integrato con le seguenti disposizioni nazionali:

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DM n. 18354 del 27 NOVEMBRE 2009 (ATTUAZIONE DEI REG. CE 834/2007, 889/2008 E 1235 2008 – e successiva comunicazione n. 750 del 22 GENNAIO 2010, pubblicati su G.U. n. 31 dell’8 febbraio 2010 ed in vigore dal 9 febbraio 2010);

DM n. 8515 del 28 MAGGIO 2010 (MODIFICHE AL DM n. 18354);

…………..omissis………..

La sintesi degli elementi di verifica è riportata e commentata a seguire sulla traccia delle norme di riferimento, debitamente commentate a margine, per la dimostrazione del loro rispetto.

,,,,,……….omissis………….

La sintesi degli elementi di verifica è riportata e commentata a seguire sulla traccia delle norme di riferimento, debitamente commentate a margine, per la dimostrazione del loro rispetto.

,,,,,……….omissis………….

Sezione 2 RICOVERI PER GLI ANIMALI E PRATICHE DI ALLEVAMENTO

Indicazioni ed attestazioni di convergenza progettuale con le prescrizioni normative.

Articolo 10 Norme applicabili alle condizioni di ricovero degli animali. 1. L'isolamento, il riscaldamento e l'aerazione dell'edificio garantiscono che la circolazione dell'aria, i livelli di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e la concentrazione di gas siano mantenuti entro limiti non nocivi per gli animali. L'edificio consente un'abbondante aerazione e illuminazione naturale. 2. Non è obbligatorio prevedere locali di stabulazione nelle zone aventi condizioni climatiche che consentono agli animali di vivere all'aperto. 3. La densità di bestiame negli edifici deve assicurare il conforto e il benessere degli animali, nonché tener conto delle esigenze specifiche della specie in funzione, in particolare, della specie, della razza e dell'età degli animali. Si terrà conto altresì delle esigenze comportamentali degli animali, che dipendono essenzialmente dal sesso e dall'entità del gruppo. La densità deve garantire il massimo benessere agli animali, offrendo loro una superficie sufficiente per stare in piedi liberamente, sdraiarsi, girarsi, pulirsi, assumere tutte le posizioni naturali e fare tutti i movimenti naturali, ad esempio sgranchirsi e sbattere le ali. 4. Le superfici minime degli edifici e degli spazi liberi all'aperto e le altre caratteristiche di stabulazione per le varie specie e categorie di animali sono fissate nell'allegato III.

L’edificio sarà realizzato con impianti di riscaldamento e trattamento dell’aria, nelle sue varie componenti (velocità, temperatura e ricambi orari), tali da garantire un ottimale livello di confort e benessere animale. La densità animale rispetta i 10 capi mq. secondo prescrizioni di cui all’art.15.

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Articolo 12 Condizioni di stabulazione e pratiche di allevamento specifiche per gli avicoli. 1. I volatili non sono tenuti in gabbie. 2. Gli uccelli acquatici hanno accesso a un corso d'acqua, a uno stagno, a un lago o a uno specchio d’acqua ogniqualvolta le condizioni climatiche e igieniche lo consentano per rispettare le loro esigenze specifiche e quelle in materia di benessere degli animali. 3. I ricoveri per gli avicoli soddisfano le seguenti condizioni minime: a) almeno un terzo della superficie del suolo deve essere solido, vale a dire non composto da grigliato o da graticciato, e deve essere ricoperto di lettiera composta ad esempio di paglia, trucioli di legno, sabbia o erba. b) nei fabbricati adibiti all'allevamento di galline ovaiole una parte sufficientemente ampia della superficie accessibile alle galline deve essere destinata alla raccolta delle deiezioni; c) devono disporre di un numero sufficiente di trespoli di dimensione adatta all'entità del gruppo e alla taglia dei volatili come stabilito nell'allegato III; d) devono essere dotati di uscioli di entrata/uscita di dimensioni adeguate ai volatili, la cui lunghezza cumulata è di almeno 4 m per 100 m² della superficie utile disponibile per i volatili; e) ciascun ricovero non deve contenere più di: i) 4800 polli, ii) 3000 galline ovaiole, iii) 5200 faraone, iv) 4000 femmine di anatra muta o di Pechino, 3200 maschi di anatra muta o di Pechino o altre anatre, v) 2500 capponi, oche o tacchini; f) la superficie totale utilizzabile dei ricoveri per gli avicoli allevati per la produzione di carne per ciascuna unità di produzione non supera i 1600 m²; g) i ricoveri per gli avicoli devono essere costruiti in modo tale da consentire loro un facile accesso allo spazio all'aperto. 4. La luce naturale può essere completata con illuminazione artificiale in modo da mantenere la luminosità per un massimo di 16 ore giornaliere, con un periodo continuo di riposo notturno senza luce artificiale di almeno 8 ore. 5. Al fine di evitare il ricorso a metodi di allevamento intensivi, gli avicoli devono essere allevati fino al raggiungimento di un'età minima oppure devono provenire da tipi genetici a lento accrescimento. Ove

Gli animali saranno a terra, su lettiera. Intera pavimentazione non grigliata ma in cls lisciato e ricoperta da lettiera conforme alla norma di riferimento. Saranno predisposti uscioli di entrata ed uscita nella misura indicata (vedi tavole di progetto). La ripartizione dei settori di ricovero indicata in progetto è conforme ai limiti indicati. La superficie di ciascun edificio, inteso quale unica unità di produzione, non supera i 1600 mq (1580 mq). Gli uscioli permettono l’accesso agli spazi aperti. I parametri citati dal punti 4 in poi verranno rispettati anche in sede di progettazione esecutiva delle parti impiantistiche.

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l'operatore non utilizzi tipi genetici avicoli a lento accrescimento, l'età minima di macellazione è la seguente: a) 81 giorni per i polli, b) 150 giorni per i capponi, c) 49 giorni per le anatre di Pechino, d) 70 giorni per le femmine di anatra muta, e) 84 giorni per i maschi di anatra muta, f) 92 giorni per le anatre bastarde, g) 94 giorni per le faraone, h) 140 giorni per i tacchini e le oche, i) 100 giorni per le femmine di tacchino. L'autorità competente fissa i criteri di definizione dei tipi genetici avicoli a lento accrescimento o compila un elenco di tali ceppi e fornisce queste informazioni agli operatori, agli altri Stati membri e alla Commissione.

Articolo 14 Accesso agli spazi all'aperto 1. Gli spazi all'aperto possono essere parzialmente coperti. 2. Conformemente all'articolo 14, paragrafo 1, lettera b), punto iii), del regolamento (CE) n. 834/2007, gli erbivori hanno accesso ai pascoli ogniqualvolta le condizioni lo consentano. 3. Nei casi in cui gli erbivori hanno accesso ai pascoli durante il periodo di pascolo e quando il sistema di stabulazione invernale permette agli animali la libertà di movimento, si può derogare all'obbligo di prevedere spazi all'aperto nei mesi invernali. 4. In deroga al paragrafo 2, i tori di più di un anno di età hanno accesso a pascoli o a spazi all'aperto. 5. Gli avicoli hanno accesso a uno spazio all'aperto per almeno un terzo della loro vita. 6. Gli spazi all'aperto per gli avicoli devono essere per la maggior parte ricoperti di vegetazione, essere dotati di dispositivi di protezione e consentire un facile accesso ad un numero sufficiente di abbeveratoi e mangiatoie. 7. Gli avicoli tenuti al chiuso a seguito di restrizioni o di obblighi imposti in virtù della normativa comunitaria hanno permanentemente accesso a quantità sufficienti di foraggi grossolani e di materiali adatti a soddisfare le loro necessità etologiche.

Condizione rispetta secondo verifiche descritte a seguire. Gli spazi all’aperto saranno di tipo prativo e dotati di abbeveratoi e mangiatoie. Sono previste piantumazione di alberi perimetralmente e sparsi all’interno.

Articolo 15 Densità degli animali 1. La densità totale degli animali è tale da non superare il limite dei 170 kg di azoto per anno/ettaro di superficie agricola secondo quanto

La densità degli animali, come verificata nei paragrafi che precedono, rispetta la previsione normativa dettata qui a

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previsto all'articolo 3, paragrafo 2. 2. Per determinare la densità di animali appropriata, l'autorità competente fissa il numero di unità di animali adulti equivalenti al limite sopra indicato tenendo conto, a titolo orientativo, della tabella riportata nell'allegato IV o delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della direttiva 91/676/CEE.

margine. Le aree disponibili per l’allevamento biologico rispondono al requisito di circa 6,4 ha per ciascuna unità di ricovero della superficie di mq 1600 max. In totale sono necessari circa 64 ha per soddisfare l’esigenza di 10 unità. L’azienda ha una superficie totale di circa 83 ha. Il settore dell’allevamento convenzionale occupa una superficie minima che offre ampia possibilità di soddisfare le esigenze indicate sopra. Il rispetto del requisito di azoto al campo per anno e per ettaro, nella misura di 170 kg, che comunque potrà sussistere anche con aree asservite esterne all’azienda, viene ad oggi superato con il fatto che si prevede la rimozione della pollina nei capannoni per conferirla all’esterno dell’azienda ad un operatore specializzato nella sua gestione (in genere finalità di compostaggio), evitando, nella fattispecie, l’uso agronomico quale ammendante della stessa, alleggerendo di fatto il valore di legge.

A seguire, la tabella delle superfici di stabulazione scoperte necessarie:

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Tabella di cui all’allegato III al Reg. CE 889/2008:

Tenuto conto della superficie totale netta d’allevamento, pari a mq. 158.000 (1.580 mq a capannone x 10 capannoni), per un numero massimo di capi accasabili pari a 158.000 (10 capi/mq), secondo i valori e le metodologie sopra citati in relazione alla pregressa verifica ex L.R.13/90, l’area necessaria per la stabulazione all’aperto sarà data dalla relazione tabellare che segue:

N. Polli accasabili Mq. Per pollo da tabella All. III, n. 2 al Reg. CE 899/08

Area stabulazione all’aperto da tabella All. III n. 2 al Reg. CE

899/08

Num. Polli mq/pollo mq

158.000 4 632.000

Tale condizione di base può essere praticata solo nel caso in cui l’azienda sia in grado di offrire un rapporto di azoto al campo pari a valori non superiori a 170 kg N/ha/anno, dato da rispettare anche per il fatto che ci troviamo in una ZVN per il carico azotato che fissa il suddetto limite come tetto massimo.

Tale condizione viene rispettata attraverso la disponibilità dell’azienda in esame e di altri terreni di proprietà o in disponibilità della società proponente.

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Tabella di cui all’allegato IV al Reg. CE 889/2008:

In merito alla gestione della pollina si sottolinea che la scelta aziendale è quella di non utilizzarla, ma di conferirla completamente all’esterno.

DIRETTIVA 2010/75/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO DEL

24 NOVEMBRE 2010 RELATIVA ALLE EMISSIONI INDUSTRIALI (PREVENZIONE E RIDUZIONE

INTEGRATE DELL’INQUINAMENTO)

L’oggetto della direttiva (art. 1) è quello di stabilire norme riguardanti la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento proveniente da attività industriale. Essa fissa inoltre norme intese a evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni delle suddette attività nell’aria, nell’acqua e nel terreno e ad impedire la produzione di rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente nel suo complesso.

Le disposizioni della direttiva valgono anche per gli allevamenti intensivi quale quello in esame. (CAPO II DISPOSIZIONI PER LE ATTIVITÀ ELENCATE NELL’ALLEGATO I)

Essa introduce inoltre l’obiettivo dell’aggiornamento delle BAT e le modalità di scambio delle informazioni fra gli stati membri (Art. 13). Lo scambio di informazioni riguarda in particolare: a) le prestazioni delle installazioni e delle tecniche in termini di emissioni espresse come medie a breve e lungo termine, ove appropriato, e le condizioni di riferimento associate, consumo e natura delle materie prime ivi compresa l’acqua, uso dell’energia e produzione di rifiuti; b) le tecniche usate, il monitoraggio associato, gli effetti incrociati, la fattibilità economica e tecnica e i loro sviluppi; c) le migliori tecniche disponibili e le tecniche emergenti individuate dopo aver esaminato gli elementi di cui alle lettere a) e b).

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La Commissione istituisce e convoca periodicamente un forum composto dai rappresentanti degli Stati membri, delle industrie interessate e delle organizzazioni non governative che promuovono la protezione ambientale. La Commissione chiede il parere del forum in merito alle modalità pratiche dello scambio di informazioni e in particolare per quanto riguarda:

a) il regolamento interno del forum;

b) il programma di lavoro per lo scambio di informazioni;

c) le linee guida sulla raccolta dei dati;

d) le linee guida relative all’elaborazione di documenti di riferimento sulle BAT e all’assicurazione di qualità, ivi compresa l’adeguatezza del loro contenuto e formato.

Le linee guida di cui al secondo comma, lettere c) e d) del presente paragrafo tengono conto del parere del forum e sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 75, paragrafo 2.

La Commissione richiede e rende pubblico il parere del forum in merito al contenuto proposto dei documenti di riferimento sulle BAT e tiene conto di tale parere per le procedure di cui al paragrafo 5.

Decisioni sulle conclusioni sulle BAT sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 75, paragrafo 2.

A seguito dell’adozione di una decisione ai sensi del paragrafo precedente, la Commissione rende pubblico senza indugio il documento di riferimento sulle BAT e provvede affinché le conclusioni sulle BAT siano rese disponibili in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. Par. 7. In attesa dell’adozione di una decisione pertinente ai sensi del paragrafo precedente, le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili tratte dai documenti di riferimento sulle BAT adottati della Commissione precedentemente alla data di cui all’articolo 83 valgono come conclusioni sulle BAT ai fini del presente capo, ad eccezione dell’articolo 15, paragrafi 3 e 4.

Di seguito si riportano le Conclusioni BAT per Allevamento intensivo di polli che integra e aggiorna quanto le BAT vigenti (Rif. Best Available Techniques (BAT) Reference Document for the Intensive Rearing of Poultry and Pigs – Draft Agosto 2013).

5.3 CONCLUSIONE BAT PER ALLEVAMENTO INTENSIVO DI POLLI 5.3.2.1 Emissione di ammoniaca dai sistemi di stabulazione di broilers 38 Al fine di prevenire e ridurre le emissioni di ammoniaca dai sistemi di stabulazione dei broiler, BAT

è utilizzare una o la combinazione delle tecniche definite sotto:

Tecnica Applicazione

a Ricoveri con ottimizzazione dell’isolamento termico e della ventilazione (anche artificiale con lettiera integrale sui pavimenti e abbeveratoi antispreco.

Applicata (descrizione riportata nella

relazione AIA presentata insieme al SIA analoga al punto

“a” delle BAT proposte)

5.3.2.5 Emissione di polveri dai sistemi di stabulazione di polli 40. Al fine di prevenire e ridurre le emissioni di polveri dai sistemi di stabulazione dei broiler, BAT è

utilizzare una o la combinazione delle tecniche definite sotto:

Tecnica Applicazione

a Minimizzare la formazione di emissioni di polveri attraverso la selezione di idoneo materiale e condizioni operative. Per questo scopo, le seguenti tecniche possono essere utilizzate:

1. Applicare come lettiera materiali che minimizzano la formazione di polvere;

Applicate

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2. Operare i sistemi di ventilazione a bassa velocità dell’aria nell’area del fondo;

3. Eseguire la manutenzione regolare delle attrezzature utilizzate per il controllo del clima interno, cibo e distribuzione dell’acqua.

5.3.2.6 Emissione di odori dai sistemi di stabulazione di polli 42 Al fine di prevenire e ridurre le emissioni di odori dai sistemi di stabulazione dei broiler, BAT è

utilizzare una o la combinazione delle tecniche definite sotto:

Tecnica Applicazione

a Uso di sistemi di allevamento di polli promuovendo i seguenti effetti:

1. Riduzione delle emissioni di pollina; 2. Rapido essiccamento della lettiera 3. Ridotta umidità della lettiera (attraverso il controllo

della linea di abbeveratoi, della condensa dei tetti, i muri, ecc.

Applicata

b Adozione una dieta bilanciata adattata alle specifiche richieste di cibo per il periodo di produzione (per fasi), con un optimum del tasso di conversione del nutrimento.

Applicata

c Minimizzare la diffusione della emissione di odori attraverso la selezione di idonei sistemi di ventilazione con bassa velocità di aria a livello del pavimento

Applicata

DECRETO 7 APRILE 2006 CRITERI E NORME TECNICHE GENERALI PER LA DISCIPLINA REGIONALE

DELL'UTILIZZAZIONE AGRONOMICA DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO, DI CUI ALL'ARTICOLO 38

DEL D.LGS. 11 MAGGIO 1999, N. 152.

La norma stabilisce (art. 1), in applicazione dell'art. 38 del decreto legislativo n. 152 dell'11 maggio 1999 e successive modifiche e integrazioni, i criteri e le norme tecniche generali per la disciplina, da parte delle regioni, delle attività di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'art. 28, comma 7, lettere a), b) e c) del decreto legislativo n. 152/1999 e da piccole aziende agroalimentari.

Resta fermo quanto previsto dagli articoli 18 sulle aree sensibili, 19 sulle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e 21 sulla disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano del decreto legislativo n. 152/1999 e dal decreto legislativo n. 59 del 18 febbraio 2005 per gli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 del relativo allegato I.

Ai sensi dell'art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 1999, le regioni disciplinano le attività di utilizzazione agronomica di cui al comma 1 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali in esso contenuti garantendo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento dei relativi obiettivi di qualità. Restano ferme per le zone vulnerabili le scadenze temporali di cui all'art. 19 del decreto legislativo n. 152 del 1999.

L'utilizzazione agronomica dello stallatico effettuata ai sensi del presente decreto non necessita del documento commerciale, dell'autorizzazione sanitaria, dell'identificazione specifica, del riconoscimento degli impianti di immagazzinaggio di cui all'art. 7 del Regolamento CE 1774/2002.

Il progetto non contrasta con la norma in quanto non distribuirà sui terreni circostanti la pollina, pratica riconosciuta dalla normativa vigente, ma la cede a ditta esterna specializzata.

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Resta fermo quanto previsto dal Regolamento CE 1774/2002, art. 5, comma 1, lettera a).

La Regione Marche ha recepito la normativa citata con la Delibera della Giunta Regionale n. 1448 del 3 dicembre 2007 “Direttiva Comunitaria 91/676/CEE – approvazione “Programma d’azione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola della Regione Marche (ZVN) e prime disposizioni di attuazione del D.lgs 152/06 e del Titolo V del D.M. 7 aprile 2006 per le ZVN”

In base alle norme citate lo stoccaggio non è obbligatorio, essendo gli animali allevati su lettiera e avendo un ciclo di allevamento inferiore a 90 giorni

Sono considerate utili, ai fini del calcolo della capacità di stoccaggio, le superfici della lettiera permanente, purché alla base siano adeguatamente impermeabilizzate, nonché, nel caso delle galline ovaiole e dei riproduttori, fatte salve diverse disposizioni delle autorità sanitarie, le cosiddette “fosse profonde” dei ricoveri a due piani e le fosse sottostanti i pavimenti fessurati (posatoi) nell’allevamento a terra. Per le lettiere permanenti il calcolo del volume stoccato fa riferimento ad altezze massime della lettiera di 60 centimetri nel caso dei bovini, di 15 centimetri per gli avicoli e di 30 centimetri per tutte le altre specie.

La norma definisce i criteri in base ai quali calcolare la quantità di lettiera da gestire, individua le Zone Vulnerabili da Nitrati, che generalmente corrispondono con i fondovalle, e le modalità operative per la sua distribuzione in accordo al Codice di Buona Pratica Agricola (CBPA) ed alle norme di condizionalità annualmente in vigore, entrambi da applicare su tutto il territorio regionale, Zone Vulnerabili da Nitrati comprese.

Le modalità di utilizzazione agronomica devono essere esplicate presentando e sottoponendolo ad approvazione un apposito piano (PUA).

Il Piano di Utilizzazione Agronomica è uno strumento che raccoglie le informazioni utili alla gestione della fertilizzazione con particolare riguardo all’azoto e si basa sul bilancio degli elementi nutritivi. Tale bilancio è realizzato a scala di appezzamenti aziendali (Unità di Paesaggio Agrario) considerati uniformi per tipologia di suolo, livello di fertilità, rotazione delle colture e gestione agronomica.

Il Piano di Utilizzazione Agronomica è finalizzato a dimostrare l’equilibrio tra il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e l’apporto alle stesse; tale equilibrio si basa sulla seguente equazione di bilancio tra gli apporti di elementi fertilizzanti e le uscite di elementi nutritivi.

Per il caso concreto il problema dell’uso agronomico della pollina non si pone in quanto sarà conferita all’esterno, ad operatori che già utilizzano la pollina che viene prodotta dall’allevamento esistente.

NORMATIVA DI BIOSICUREZZA

Biosicurezza significa proteggere gli allevamenti di pollame da ogni tipo di agente infettante: virale, batterico, fungino o parassitario La biosicurezza è una strategia di procedure gestionali che hanno lo scopo di prevenire l’introduzione e la diffusione di rischi biologici in allevamento

La finalità è quella di perseguire la sicurezza alimentare e prevenire l’introduzione e la diffusione di malattie infettive che, non solo possono essere pericolose per l’uomo, ma che possono anche recare gravi perdite economiche al settore zootecnico.

I componenti della biosicurezza includono:

programmi organizzativi, gestionali e manageriali

studio della struttura di allevamento, piani di disinfezione, disinfestazione e profilassi

Tutto ciò al fine di contribuire alla massima produttività e profitto per l’allevatore.

Essa risponde a specifiche normative di polizia veterinaria.

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Per il progetto in esame le normative sulla biosicurezza sono rispettate in quanto:

sono garantite adeguate misure igieniche;

viene adottato un adeguato programma di pulizia e disinfezione dei locali e delle attrezzature nella fase di vuoto sanitario;

vengono introdotti animali con stato sanitario conosciuto in fase di accasamento;

l’acqua di abbeverata è da pozzo e da acquedotto.

il complesso zootecnico è completamente recintato, con apposizione di cancelli in corrispondenza degli accessi viari;

i capannoni sono dotati di finestre con rete antipassero;

i capannoni hanno pavimento in cemento lisciato per facilitare le operazioni di pulizia e disinfezione;

i capannoni hanno parete e soffitti pulibili;

le porte d’ingresso e uscita hanno chiusura automatica.

viene assicurata eliminazione degli animali morti; la cella frigo per lo stoccaggio di animali morti è collocata in corrispondenza del centro aziendale esistente. Il trasporto sarà effettuato da ditte regolarmente autorizzate;

all’ingresso dell’azienda verrà installato un arco di disinfezione automezzi

l’accesso all’allevamento di persone e mezzi sarà consentito con rigido protocollo di registrazione e, per gli automezzi, solo dopo disinfezione nell’impianto esistente;

viene svolta una attività di derattizzazione e di lotta agli insetti nocivi in ogni fase dell’allevamento;

viene svolta una adeguata gestione dei farmaci e di tutte le sostanze chimiche.

2. DESCRIZIONE DELL’AZIENDA

La proprietà oggetto d’intervento è sita in via Cannuccia del Comune di Jesi ed è costituita fondo rustico distinto ai fogli 97, 98 e 108 con estensione di circa 83 Ha e con edifici ed accessori colonici in parte diruti e disabitati.

Uno degli edifici presenti, quello situato al foglio 98 p.lla 212, verrà destinato alla custodia, alla guardiania e gestione del centro di allevamento.

I riferimenti catastali dell’azienda sono:

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La superficie fondiari al lordo delle corti degli edifici esistenti è di 83.21.71 ha. Per gli stralci catastali si rimanda allo specifico elaborato di progetto.

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2.1 Descrizione dello stato attuale

L’ubicazione del progetto di allevamento avicolo è esterna e distante all’abitato di Jesi, rispetto al quale è posta a Sud. Esso riguarda un’azienda agricolo in cui attualmente si applica un avvicendamento fra cereali autunno-vernini, foraggere e colture da rinnovo.

Al suo interno ci sono delle volumetrie rurali che saranno mantenute in quanto tipiche del paesaggio agricolo.

Morfololgicamente si tratta di una piccola valletta percorsa da un fosso. E’ inoltre presente un piccolo laghetto con un capanno da caccia.

Nelle figure che seguono si riporta il dettaglio dell’area di interesse e delle infrastrutture presenti.

Fig. 2.1/1: Stato attuale

Il sito è raggiungibile dalla viabilità primaria (Superstrada SS76 Fabriano-Ancona, uscita Jesi Ovest o Jesi Centro), percorrendo poi la Strada Provinciale n.9 della Piandelmedico fino alla deviazione della viabilità locale di Val di Cesola che, dopo poche deviazioni, conduce al sito.

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3. CONSISTENZA DEL PROGETTO

Come detto in premessa, il progetto prevede di realizzare un allevamento avicolo con una gestione in parte convenzionale e in parte biologica, anche se quest’ultimo denominato BIO Standard e BIO + per motivi urbanistici.

Le due entità produttive, come evidenziato dai riferimenti normativi riportati sopra, seguono modalità di gestione differenti. A seguire si descriveranno le due tipologie di allevamento

Per il calcolo e verifica planovolumetrica si rimanda al Quadro di Riferimento Programmatico e agli specifici elaborati di progetto.

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4. DESCRIZIONE DELLE STRUTTURE

4.1 Allevamento convenzionale

I capannoni in progetto destinati all’allevamento convenzionale hanno tutti le seguenti dimensioni:

Larghezza esterna 22,00 m

Lunghezza esterna 150,30 m

Superfice utile coperta (SUC) 3.271,90 m2

Larghezza interna 21,40

Lunghezza interna 146,70

Superficie interna (utile) 3.139,38 m2

Altezza al tirante 2,70 m

Altezza massima 4,23 m

Locale tecnico 12,42 m

Deposito 12,42 m

Ogni capannone è dotato, oltre che dalla zona allevamento, da una zona anticamera, ad angolo, esterna, della dimensione di 2,70 x 4,60 m, per un totale di 12,42 mq.

Fig. 4/1: Dimensioni Locale tecnico

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In riferimento alla superficie utile di allevamento il numero massimo di capi allevabile è riportato per ogni singolo capannone nella tabella che segue:

Strutture portanti

I capannoni saranno realizzati con struttura portante costituita da pilastri in elevazione e capriate in acciaio profilato a caldo e zincate a bagno caldo, complete di piastre di base per capannone, con copertura a due falde con linea di colmo longitudinale.

Copertura

La copertura sarà in pannelli sandwich costituiti da due lamiere zincate e verniciate colore internamente ed esternamente, dello spessore di mm. 0,5, con interposto uno strato coibente di poliuretano espanso dello spessore di mm. 60, con K termico di 0,28 Kcal/m2h°C. Fissaggio effettuato mediante viti zincate, con cappellotto e guarnizioni.

Fig. 4/2: Esempio copertura

Capannone Avicoli Superficie utile allevamento mq

Numero capi accasati

1 Pollo da carne 3.139 62.780

2 Pollo da carne 3.139 62.780

3 Pollo da carne 3.139 62.780

4 Pollo da carne 3.139 62.780

5 Pollo da carne 3.139 62.780

6 Pollo da carne 3.139 62.780

Totale 18.834 376.680

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Pareti

Il tamponamento delle pareti è ottenuto mediante pannelli sandwich dello spessore di mm. 50, con K termico di 0,34 Kcal/m²h°C.

Fig. 4/3: Esempio parete esterna con tamponamento

Descrizione pannelli

I pannelli sono costituiti da n. 2 lamiere di supporto ottenute mediante profilatura a freddo di lamiera in acciaio zincato con il sistema Sendzimir, spessore mm. 0,5. I pannelli sono supportati inferiormente e superiormente da profili zincati e verniciati.

Il fissaggio è effettuato mediante viti autofilettanti in acciaio, ancorate ai correnti di supporto. L’isolamento termico è realizzato mediante schiuma poliuretanica autoestinguente iniettata fra le lamiere in modo da ottenere un complesso monolitico di elevata rigidità.

Colori

La colorazione finale dei pannelli verrà adeguata alle prescrizioni che l’Ente approvante vorrà impartire. La proposta di parte è orientata verso un grigio chiaro standard molto tenue per le pareti ed un rosso laterizio (colorazione tipica della tegola nuova) per la copertura.

Si riportano di seguito sezioni e prospetti tipo dei capannoni in progetto.

Fig. 4/4: Prospetto Ovest

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Fig.4/5: Prospetto Est

In ogni capannone sono presenti:

Ml. 147+147 di finestre, altezza cm. 60, poste in linea continua sui due lati, formate da telai in acciaio verniciato, con lastre di policarbonato dello spessore di mm. 40. L'apertura è a vasistas rovescio con tubo rigido e aste a cremagliera.

Rete antipassero su prese d’aria 110x40 - numero prese d’aria 50, quindi 50x110 cm= 55 ml.

N. 50 prese cm. 110 x 40, complete di deflettore interno e rete antipassero. Saranno inserite nel cassoncino superiore e poste sui due lati.

N. 2 motoriduttori ogni capannone per apertura e chiusura prese aria, controllato dalla centralina principale con finecorsa e potenziometro.

N. 17 convogliatori interni in lamiera verniciata. 14 sono estrattori e 3 servono ad immettere aria.

N. 2 sistemi di apertura finestre in caso di mancanza corrente, con motoriduttore a 12 Volt c.c.

N. 2 finestra da cm. 280 x 75 (H), con apertura centrale Naco per magazzino.

Sistema di oscuramento finestre (carico diurno) realizzato con telo avvolgibile a mezzo di verricelli manuali.

Le caratteristiche costruttive dei capannoni e i materiali utilizzati per la coibentazione del tetto influiscono positivamente sui consumi di energia dell’azienda limitando gli scambi termici con l’esterno e garantendo un microclima interno controllato.

Il mangime per l’alimentazione degli animali è stoccato in 12 silos monolitici in vetroresina due per ogni capannone aventi la capacità di 20 ton ognuno alti circa 8 m.

Per la raccolta delle acque di lavaggio si posizioneranno due sacconi flessibili di ingombro minore rispetto ai tradizionali lagoni, con possibilità di spostamento. Un saccone di 100 m3

soddisfa le esigenze dei capannoni 5 e 6, uno di 200 m3 soddisfa le esigenze dei capannoni da 1 a 4.

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Esempio saccone flessibile per il contenimento delle acque di lavaggio

Portoni e porte

I portoni sono a due ante, apribili a libro. Sono costruiti con telaio in acciaio zincato a caldo e pannelli sandwich verniciati crema RAL 1014, spessore 80 mm, completi di maniglia e serratura.

Le porte sono realizzate con telai in alluminio argento anodizzato e con pannelli sandwich in doppia lamiera zincata e verniciata, con interposto uno strato coibente di poliuretano espanso, complete di serratura, maniglia ed accessori.

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Fig. 4/6: Planimetria,

Fig. 4/7: Prospetto sud

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Fig. 4/8: Prospetto nord

Fig. 4/9: Sezione B-B

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4.2 Allevamento biologico

I dieci capannoni in progetto, tra “BIO Standard” e “BIO+”, hanno singolarmente le seguenti dimensioni:

Larghezza esterna 16,27 m

Lunghezza esterna 105,20 m

Superfice coperta 1.711,60 m2

Larghezza interna 15,67 m

Lunghezza interna 101,80 m

Superficie interna 1.595 m2

Superficie utile ai fini dell’accasamento dei polli

1.580 m2

Altezza al tirante 2,60 m

Altezza massima 4,23 m

Locale tecnico 12,33 m

Bagno e antibagno 7,51 m

Ogni capannone è dotato, oltre che dalla zona allevamento, da un locale tecnico, ad angolo, esterna, della dimensione di 2,70 x 4,50 m, per un totale di 12,33 mq.

Fig. 4/1: Dimensioni Locale tecnico

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Capannone Avicolo Superficie utile allevamento mq

Numero capi accasati

1 Polli da carne 1.580 15.800

2 Polli da carne 1.580 15.800

3 Polli da carne 1.580 15.800

4 Polli da carne 1.580 15.800

5 Polli da carne 1.580 15.800

6 Polli da carne 1.580 15.800

7 Polli da carne 1.580 15.800

8 Polli da carne 1.580 15.800

9 Polli da carne 1.580 15.800

10 Polli da carne 1.580 15.800

Totale 15.800 158.000

I capannoni per il biologico hanno caratteristiche strutturali simili a quelle dell’allevamento convenzionale. Le differenze sono relative alla necessità di suddivisione per settori distinti dai quali si accedono alle aree aperte per permettere la giusta distribuzione e rapporto fra le aperture/uscioli ai settori di razzolamento all’aperto.

Nello specifico del progetto in esame, ogni struttura sarà suddivisa come segue:

Settore a) mq superficie

interna

b) mq superficie utile

per l’accasamento

c) N. capi d) ml usciolo

e) mq parchetti

1 480 475 4.750 19,20 19.200

2 318 315 3.150 12,72 12.720

3 317 315 3.150 12,68 12.680

4 480 475 4.750 19,20 19.200

Dato b: mq struttura x 10 capi/mq Dato c: (a/100) x 4 Dato d: b x 4

Si riportano di seguito sezioni e prospetti tipo dei capannoni in progetto.

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Fig. 4/4: Prospetto Nord-Est

Fig.4/5: Distribuzione ventilatori di testa del biologico. Altri 4 ventilatori sono ai lati

In ogni capannone sono presenti:

m 66+66 di finestre, altezza cm. 60, poste in linea continua sui due lati, formate da telai in acciaio verniciato, con lastre di policarbonato dello spessore di mm. 40. L'apertura è a vasistas rovescio con tubo rigido e aste a cremagliera.

Rete antipassero su prese d’aria 110x40 - numero prese d’aria 27, quindi 27x110 cm= 29,7 ml.

N. 41 prese cm. 110 x 40, complete di deflettore interno e rete antipassero. Saranno inserite nel cassoncino superiore e poste sui due lati.

N. 2 motoriduttori ogni capannone per apertura e chiusura prese aria, controllato dalla centralina principale con finecorsa e potenziometro.

N. 14 convogliatori interni in lamiera verniciata.

N. 2 sistemi di apertura finestre da cm. 280 x 75 (H) in caso di mancanza corrente, con motoriduttore a 12 Volt c.c.

Sistema di oscuramento finestre (carico diurno) realizzato con telo avvolgibile a mezzo di verricelli manuali.

Il mangime per l’alimentazione degli animali è stoccato in 20 silos monolitici in vetroresina due per ogni capannone aventi la capacità di 20 ton ognuno alti circa 8 m. Per la raccolta delle acque di lavaggio si posizionerà 2 sacconi flessibili da 100 m3, a servizio dei blocchi di capannoni 7-8-9-10 e 1-2-5, 2 sacconi di 50 m3 a servizio dei capannoni 4 e 3-6.

Alle strutture sopra menzionate si aggiungono i parchetti esterni, le cui dimensioni sono conformi alla normativa di settore di riferimento. A seguire, la tabella delle superfici di stabulazione scoperte necessarie:

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Tabella di cui all’allegato III al Reg. CE 889/2008:

Tenuto conto della superficie totale netta d’allevamento, pari a mq. 15.800 (1.580 mq a capannone x 10 capannoni), per un numero massimo di capi accasabili pari a 158.000 (10 capi/mq), secondo i valori e le metodologie sopra citati in relazione alla pregressa verifica ex L.R.13/90, l’area necessaria per la stabulazione all’aperto sarà data dalla relazione tabellare che segue:

N. Polli accasabili Mq. Per pollo da tabella All. III, n. 2 al Reg. CE 899/08

Area stabulazione all’aperto da tabella All. III n. 2 al Reg. CE

899/08

Num. Polli mq/pollo mq

158.000 4 632.000

In pratica per ogni capannone sono necessari 63.200 mq. Il progetto prevede 6.400 mq ogni capannone. L’intera proprietà è di 83.21.71 ha, sufficiente, come visto nell’ambito della verifica urbanistica riportata nel Quadro di riferimento programmatico, per il settore del biologico e per quello del convenzionale.

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Fig. 4/6: Planimetria,

Fig. 4/7: Prospetto sud-est

Fig. 4/8: Prospetto nord-ovest

Fig. 4/9: Sezione D-D

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5. IL CICLO PRODUTTIVO

5.1 Ciclo produttivo dell’allevamento convenzionale

Il ciclo produttivo di avicoli da carne di tipo leggero con una presenza del 50% di maschi e 50% di femmine prevede l’allontanamento delle femmine dopo circa 35 giorni e quello dei maschi a 55 giorni dall’accasamento. In pratica con il nuovo progetto si prevede di ottimizzare il ciclo produttivo con la riduzione dei tempi e di ridurre i costi di gestione dell’allevamento.

Considerato che le femmine saranno vendute a 1,6 kg (35° giorno dell’allevamento) e i maschi a circa 3,3-3.4 kg (i quali al momento della vendita delle femmine avranno un peso di 1,8 kg), il peso medio degli animali venduti è pari a circa 2,5 kg. In un anno si faranno dai 4,5 ai 5 cicli l’anno.

Al termine del ciclo, inviati i capi allevati a macellazione, sarà effettuata la pulizia e l’igienizzazione dei capannoni e dopo il periodo di vuoto sanitario, che durerà 2 settimane (14 gg), saranno introdotti i pulcini dell’età indicativa di un giorno, separati per sesso.

Prima dell’inserimento dei pulcini sarà preparata la lettiera di paglia sfibrata sul pavimento in cemento nella misura di circa di 5 kg/m2.

Nei 55 giorni di durata del ciclo produttivo si potrà aggiungere nuova paglia qualora si riscontri che la lettiera sia umida. Tale intervento è ipotizzabile eventualmente nel periodo invernale.

A fine ciclo si avrà un misto di paglia e pollina pari a 30 kg/m2; una volta svuotato il capannone dai capi, si provvederà alla raccolta della pollina con pala meccanica, caricata su appositi mezzi per il conferimento ad aziende esterne. Seguirà lo spazzamento per raccogliere i residui di pollina e polvere che saranno aggiunti alla precedente.

5.1.1 Consistenza dell’allevamento

La potenzialità massima dell’allevamento è definita sulla base della normativa sul benessere dei polli da carne Decreto Legislativo 27 settembre 2010, n.181 "Attuazione della direttiva 2007/43/CE che stabilisce norme minime per la protezione di polli allevati per la produzione di carne" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 259 del 5 novembre 2010 (Vedi cap.1 del Quadro di riferimento progettuale). A questa normativa è adeguato anche l’allevamento esistente.

In base a tale norme la densità massima di allevamento in ogni capannone dello stabilimento non deve superare in alcun momento 33 kg/m2. Sono tuttavia consentite deroghe che possono permettere di aumentare la densità massima fino a 42 kg/m2.

L’allevamento degli avicoli prevede di introdurre non più di 20 capi/mq del peso medio di 40 gr. e di non superare, ipotizzando una mortalità fisiologica del 5% dei capi introdotti, in nessuna fase del ciclo produttivo la densità massima di 33 kg/m2. Nelle tabelle che seguono si schematizza l’andamento del Peso Vivo Mantenibile al 35° giorno, al 45° giorno ed al 55° giorno di un ciclo di allevamento per ogni singolo capannone e per l’intero progetto. Al 45° giorno c’è la possibilità di vendere le femmine pesanti. L’azienda venderà normalmente, salvo diverse esigenze di mercato, le femmine leggere al 35° giorno e i maschi al 55° giorno.

Il peso vivo medio annuo presente nelle strutture di allevamento ai sensi delle vigenti norme (Tabella 1, allegato 2 al D.M. 07/04/2007, Tabella 1, D.G.R. Marche n. 1448/2007) è pari ad 1Kg.

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Capannone tipo convenzionale Maschi Femmine

Superficie totale allevamento (mq) 3.139

Capi introdotti (20/mq) 62.780

Capi morti (5%) 3.139

Capi allevamento tolta la mortalità 59.641 29.820,50 29.820,50

Peso Vivo/capo al 35° giorno maschi (kg) 1,8

Peso Vivo totale al 35° giorno maschi (kg) 53.676,90

Peso Vivo/capo al 35° giorno femmine (kg) 1,6

Peso Vivo totale al 35° giorno femmine (kg) 47.712,80

Peso Vivo totale al 35° giorno (kg) 101.389,70

Peso vivo/mq al 35° giorno (kg) 32,3

Peso maschi al 45° giorno (kg) 2,6

Peso Vivo totale al 45° giorno (kg) 77.533,30

Peso Vivo/mq al 45° giorno (kg) 24,7

Peso maschi al 55° giorno – fine ciclo (kg) 3,4

Peso maschi/mq al 55° giorno – fine ciclo (kg) 101.389,70

Peso vivo/mq al 55° giorno – fine ciclo (kg) 3,4

Totale 6 capannoni convenzionali Maschi Femmine

Superficie totale allevamento (mq) 18.834

Capi introdotti (20/mq) 376.680

Capi morti (5%) 18.834

Capi allevamento tolta la mortalità 357.846 178.923 178.923

Peso Vivo/capo al 35° giorno maschi (kg) 1,8

Peso Vivo totale al 35° giorno maschi (kg) 322.061,40

Peso Vivo/capo al 35° giorno femmine (kg) 1,6

Peso Vivo totale al 35° giorno femmine (kg) 286.276,80

Peso Vivo totale al 35° giorno (kg) 608.338,20

Peso vivo/mq al 35° giorno (kg) 32,3

Peso maschi al 45° giorno (kg) 2,6

Peso Vivo totale al 45° giorno (kg) 465.199,80

Peso Vivo/mq al 45° giorno (kg) 24,7

Peso maschi al 55° giorno – fine ciclo (kg) 3,4

Peso maschi/mq al 55° giorno – fine ciclo (kg) 608.338,20

Peso vivo/mq al 55° giorno – fine ciclo (kg) 3,4

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5.2 Ciclo produttivo dell’allevamento biologico

Come riportato nel quadro normativo di riferimento per il settore del biologico le caratteristiche salienti dell’allevamento sono:

- il quantitativo totale delle deiezioni zootecniche non può superare i 170 kg/anno di azoto per ettaro di superficie agricola utilizzata che corrispondono ad un limite massimo di 580 polli per ettaro;

- nella superficie coperta la densità dei capi a m2 è di 10, mentre in quella scoperta è di 4;

- ciascun ricovero non deve contenere più di 4.800 polli;

- la superficie totale utilizzabile dei ricoveri per gli avicoli allevati per la produzione di carne per ciascuna unità di produzione non supera i 1.600 m²;

- almeno un terzo della superficie del suolo deve essere solido, vale a dire non composto da grigliato o da graticciato, e deve essere ricoperto di lettiera composta ad esempio di paglia, trucioli di legno, sabbia o erba.

- i ricoveri per gli avicoli devono essere costruiti in modo tale da consentire loro un facile accesso allo spazio all'aperto.

- le strutture devono essere dotate di uscioli di entrata/uscita di dimensioni adeguate ai volatili, la cui lunghezza cumulata è di almeno 4 m per 100 m² della superficie utile disponibile per i volatili;

- al fine di evitare il ricorso a metodi di allevamento intensivi, gli avicoli devono essere allevati fino al raggiungimento di un'età minima oppure devono provenire da tipi genetici a lento accrescimento. Ove l'operatore non utilizzi tipi genetici avicoli a lento accrescimento, l'età minima di macellazione per i polli è di 81 giorni.

In base a quanto sopra è facile intuire che rispetto ad un allevamento di polli da ingrasso tradizionale in strutture chiuse, dove la densità media è di 20 capi/m2, per condurre un allevamento in biologico occorrono spazi decisamente maggiori, sia per la minore densità degli animali a mq nelle strutture chiuse, sia per la necessità di spazi all’aperto.

Il sistema di allevamento prevede l’ingrasso di pulcini che vengono acquisiti da strutture specializzate per la loro produzione. Gli animali entrano in allevamento a circa 30 gr di peso e vengono allevati per un minimo di 81 giorni (art 12), a questo punto vengono conferiti all’industria che li macella e colloca i prodotti (carni) presso la distribuzione commerciale. Verso il 60° giorno sono vendute le femmine, pari alla metà dei capi accasati. In ciascun momento il PVM dell’allevamento non supera i 21 kg/m2.

Tra un ciclo di allevamento e l’altro è previsto un tempo di vuoto sanitario che serve ad evitare la concentrazione di patogeni dannosi per la salute degli animali; tale periodo dura circa 15 giorni. Il parchetto esterno deve invece prevedere un tempo di riposo di 40 gg.

Gli animali sono liberi di stabulare all’interno dei capannoni dove viene predisposta una lettiera in paglia o trucioli di legno; questa viene rimossa alla fine di ogni ciclo produttivo. La funzione della lettiera è principalmente quella di mescolarsi con le deiezioni prodotte dagli animali durante il ciclo, in modo che la superficie rimanga costantemente asciutta. Gli animali sono inoltre liberi di razzolare nel parchetto esterno.

Considerando un periodo di allevamento di 81 giorni con un vuoto sanitario di 15-20 giorni si ottiene un ciclo di allevamento massimo di 101 giorni. In un anno quindi si possono effettuare circa 3,5 cicli.

Accasando 158.000 polli per ciclo si ottiene un numero di animali accasati per anno pari a 553.000 capi.

Si considera un peso medio di allevamento di 1 kg e un peso alla vendita medio 2,6.

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Considerando una mortalità del 5% si calcola che ogni anno si produce il seguente quantitativo di capi vivi:

Calcoli:

Capi accasati 158.000 x n° cicli 3,5 = capi accasati anno 553.000

Capi accasati 553.000 – 5% mortalità (27.650) = 525.350 capi accasati netti

525.350 capi accasati netti x peso medio capo alla vendita 2,6 kg = 1.366 t

Si stima che ogni anno si producono circa 1.366 t di carne avicola in biologico.

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6. GESTIONE DEL “VUOTO SANITARIO” E SISTEMI DI PULIZIA, DISINFEZIONE, DISINFESTAZIONE E BIOSICUREZZA

6.1 Vuoto sanitario

Il vuoto sanitario dei capannoni dura 15-20 gg, iniziando dopo le attività di pulizia, di manutenzione e preparazione del ricovero. In questo periodo viene effettuato il lavaggio di superfici con acqua. Nella seguente tabella vengono descritte le operazioni di pulizia e disinfezione:

Pulizia Disinfezione

Luogo di applicazione

Pavimenti Pavimenti e pareti

Agente di lavaggio Acqua Acqua con disinfettante

Mezzo utilizzato

Pala meccanica con raschiatore e spazzatura manuale o meccanica.

Idropulitrice ad alta pressione.

Pompa a basso volume e alta pressione

Reflui o residui Polveri aggiunte alla pollina nessuno

Descrizione modalità

Viene accumulata la lettiera con pala meccanica provvista di raschiatore all’interno del capannone, e caricata su cassoni per essere ceduta a terzi.

Manualmente o con macchina spazzatrice viene effettuata la pulizia; vengono raccolti i residui e aggiunti alla pollina.

Dopo la pulizia a secco segue poi il lavaggio dei pavimenti, pareti e attrezzatura con idropulitrice ad alta pressione.

Terminata la pulizia a fondo viene distribuita la soluzione disinfettante con atomizzatore

Le acque di lavaggio, prodotte in quantità limitata in considerazione della tecnica utilizzata (uso di idropulitrice), saranno raccolte da apposite bocchette di captazione presenti in ogni capannone e inviate, mediante una rete di canalizzazione interrata, nei 2 serbatoi flessibili, delle dimensioni di 100 m3 e 200 m3 posizionati a servizio dell’allevamento convenzionale, e 2 da 100 m3 più 2 di 50 m3, da posizionare a servizio del settore biologico. L’acqua sarà utilizzata per fertirrigazione delle aree verdi attorno ai capannoni.

Terminato il lavaggio si esegue la disinfezione dei locali e delle attrezzature utilizzando prodotti specifici.

Per la preparazione delle soluzioni di disinfezione vengono stimati circa 60-70 mc/anno di acqua, quantità trascurabile in confronto ai consumi totali. Tali operazioni non generano reflui, in quanto il liquido spruzzato è lasciato a contatto sulle superfici per espletare la sua azione disinfettante, fino a che tali superfici non sono asciugate.

Successivamente si procede alla distribuzione della lettiera per l’avvio del nuovo ciclo.

L’azienda effettua manutenzione programmata per tutto lo stabilimento alla fine di ogni ciclo di allevamento.

La manutenzione riguarda:

verifica funzionalità e pulizia dispositivi per i distribuzione di acqua e cibo

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verifica funzionalità punti di illuminazione

manutenzione generatori di aria calda (aerotermi)

generatori di emergenza

estrattori/ventilatori

La manutenzione viene effettuata da personale interno. L’esecuzione delle manutenzioni viene fatta nel rispetto dei tempi del vuoto sanitario. Normalmente l’azienda tiene un registro delle manutenzioni straordinarie.

Per l’allevamento biologico si rispetterà anche il vuoto sanitario dei parchetti esterni che dovrà essere di 40 gg.

6.2 Salute ambientale (trattamento mosche, ratti, blatte, zanzare e colombi)

Per la lotta agli infestanti l’azienda intende avvalersi di ditta terza che effettuerà servizi di controllo presso l'allevamento in oggetto. I servizi prevedono il controllo di Topi e Ratti, Blatte ed insetti striscianti, Mosche, Zanzare e Colombi e volatili molesti in genere.

Presso gli uffici dello stabilimento sarà fornito, da ditta terza, il Book della Procedura Completa, contenente:

Legenda del committente con indicati gli estremi del Contratto, dell’ Operatore del Servizio

Planimetria con indicate le postazioni installate e numerate;

Calendario interventi e aree trattate;

Tipo di postazioni installate esca utilizzata e relative schede tecnica-sicurezza;

Schede tecniche - sicurezza dei prodotti utilizzati;

Certificato del servizio rilasciato ad ogni intervento effettuato;

Report delle postazioni con indicato il numero e la collocazione della postazione ed indicati i dati relativi ad ogni controllo effettuato;

Piano di lavoro con indicate le soglie di controllo stabilite e le azioni correttive;

Modulo di richiesta intervento straordinario da inviare in caso di necessità.

6.2.1 Procedure di intervento

Derattizzazione:

La lotta sistematica ai roditori, in particolare topi e ratti, è compresa in un piano di profilassi diretta in modo da ottenere la loro eliminazione, se non totale, almeno portata a livello elevato, per evitare:

fatti di panico tra gli animali;

consumo di mangime;

introduzione negli allevamenti di malattie come la salmonellosi, la leptospirosi ecc.

Per prevenire l’infestazione di ratti e topi è necessario porre in atto tutte le misure atte a evitarne l’ingresso, la movimentazione, l’insediamento e la proliferazione all’interno dei locali dell’allevamento.

Il controllo di roditori, topi e ratti, si effettua:

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adottando norme generali di prevenzione che consistono nell’applicazione di mezzi per impedire l’accesso e la moltiplicazione, installando griglie e reti a maglie strette ai chiusini di scolo e agli apparati di ventilazione; in ogni caso prestare attenzione a chiudere tutte le aperture chiudibili;

concentrando in un’unica zona, lontana dal luogo di produzione, tutti i contenitori di raccolta e stoccaggio dei rifiuti;

adottando trappole, quali tavole collanti, trappole a cattura multipla, trappole meccaniche)

installando un impianto di derattizzazione, in particolare nell’area del convenzionale dove la densità delle strutture di allevamento è maggiore. Essi sono costituiti da erogatori di rodenticidi posizionati nei luoghi ritenuti strategicamente opportuni che hanno la caratteristica di riprodurre la tana ideale all’interno della quale il ratto, sentendosi al sicuro, ingerisce una quantità d’esca sufficiente ad essere letale.

Il personale dell’azienda incarica che effettuerà la derattizzazione sarà dotato di tutti i sistemi di sicurezza ed antifortunistici.

Il monitoraggio consiste nella verifica dei risultati ottenuti dai trattamenti precedentemente menzionati onde evitare una reinfestazione o la ricomparsa dei ratti.

Monitoraggio blatte ed insetti striscianti: saranno collocate postazioni collanti del tipo Trap Line innescate con apposito attrattivo nei luoghi ritenuti idonei quali atri dei capannoni, locali servizi etc. Ogni postazione sarà indicata da apposito cartello a parete riportante la numerazione progressiva e riportata in planimetria. Le postazioni saranno controllate e sostituite con cadenza mensile (12 interventi annui), i dati di monitoraggio relativi alle catture saranno riportati nel Book di cui sopra. In caso di infestazioni in atto il Tecnico del Servizio potrà intervenire con esche Blatticide in Gel o, in caso di altri insetti striscianti quali formiche, porcellini di terra etc con pompa spalleggiabile a precompressione per irrorazione mirata di prodotto insetticida piretroide a basso impatto ambientale. L'irrorazione seguirà un andamento centripeto per precludere eventuali vie di fuga agli infestanti.

Demuscazione: viene effettuato da ditta terza e anche da personale dell’azienda e consiste in più livelli di intervento:

distribuzione di trappole che catturano le mosche adulte all’esterno e all’interno;

nebulizzazione nell’aria ambiente e distribuzione sui pavimenti, sulle pareti di prodotti liquidi che uccidono gli insetti volanti;

lancio di insetti utili.

All’interno dei capannoni, prevalentemente sui davanzali, vengono distribuite esche moschicide di tipo granulare.

Verrà attivato un Sistema di Lotta Integrata. Saranno installate postazioni a cattura del tipo iglò con attrattivo specifico per mosche lungo il perimetro dello stabilimento distanziate di circa 30/40 metri l'una dall'altra ed avendo cura di scegliere i luoghi più ombreggiati. Tutte le postazioni saranno riportate in planimetria ed indicate da apposito cartello di indicazione riportante la numerazione progressiva. Le postazioni saranno sostituite ad ogni intervento mensile nel periodo maggio-ottobre. Generalmente vengono utilizzati i seguenti prodotti:

Prodotto Principio attivo

Rubidor Azamethiphos

Alfacrom Plus Azamethiphos

Neporex Cyromazina

Dilan 50 E Diclorvos

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Dezanzarizzazione: tutte le possibili raccolte d'acqua, tombini, caditoie etc saranno trattati con cadenza quindicinale nel periodo maggio - ottobre tramite prodotto larvicida biologico per la lotta mirata alle larve di zanzara a base di Bacillus Turigiensis var. Israelensis. Questo prodotto agisce esclusivamente per ingestione sulle larve di zanzara e non è dannoso per le specie non bersaglio.

Controllo dei volatili (colombi, cornacchie etc.): In caso di presenza in quantità di volatili molesti potranno essere installati dissuasori antivolatili di vario tipo quali aghi in acciaio inox, reti e sistemi di esclusione, palloni cromatici a seconda delle condizioni rilevate previo sopralluogo.

Tutti i trattamenti vengono registrati in apposito registri a disposizione degli organi di controllo.

Biosicurezza: Le normative sulla biosicurezza sono rispettate:

l’acqua di abbeverata è da pozzo. Essa sarà integrata da stacco da linea di Multiservizi che porta acqua industriale ma potabile,

il complesso zootecnico è completamente recintato,

i capannoni sono dotati di finestre con rete antipassero,

i capannoni hanno pavimento in cemento lisciato per facilitare le operazioni di pulizia e disinfezione.

i capannoni hanno parete e soffitti pulibili,

le porte d’ingresso e uscita hanno chiusura automatica

la cella frigo per lo stoccaggio di animali morti è collocata in prossimità dell’accesso carrabile all’allevamento. Le operazioni di carico avverranno all’esterno dell’area di allevamento ed il trasporto sarà effettuato da ditte regolarmente autorizzate,

l’accesso all’allevamento di persone e mezzi sarà consentito con rigido protocollo di registrazione e, per gli automezzi, solo dopo disinfezione nell’impianto esistente.

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7. TECNICHE DI ALIMENTAZIONE E BENESSERE ANIMALE

7.1 Benessere animale

Tutti i requisiti per il benessere degli animali sulla base del Decreto Legislativo 27 settembre 2010, n.181 "Attuazione della direttiva 2007/43/CE che stabilisce norme minime per la protezione di polli allevati per la produzione di carne" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 259 del 5 novembre 2010 - “norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne” sono rispettati.

Le condizioni gestionali che garantiscono il buon livello di 'benessere' sono rappresentate da tutte le variabili ambientali, ed in particolare da:

a) disponibilità di acqua e cibo;

b) comfort e riparo;

c) libertà di movimento;

d) il peso vivo presente nei capannoni non supera in alcun momento 33 kg/m2

e) prevenzione e rapido trattamento di patologie;

f) accurata gestione e controllo degli animali, per prevenire o trattare tempestivamente

g) eventuali problemi sanitari.

7.2 Alimentazione e abbeverata

L’alimentazione assicurata mediante un sistema meccanico automatizzato di distribuzione del mangime che dai silos di stoccaggio, con una coclea, sarà trasportato nelle mangiatoie.

Essa avviene per fasi ed è effettuata rispettando le necessità del processo di crescita utilizzando mangimi che contengono i seguenti ingredienti: cereali in grani, prodotti e sottoprodotti di semi oleosi, prodotti e sottoprodotti di semi di leguminose, olii e grassi, prodotti e sottoprodotti dei cereali in grani, minerali, L-Lisina, L-Treonina, ecc. La dieta varia in relazione al periodo di crescita.

L’approvvigionamento del mangime avviene in media 4 volte al mese per ogni silos, gli intervalli delle consegne variano in relazione all’accrescimento e le tipologie di mangime sono diverse per fase di accrescimento degli animali con formalismo specifico per fase al fine di migliorare l’assorbimento intestinale e le perdite di azoto.

Per l’allevamento biologico i mangimi provengono dal vicino mangimificio GAV srl (Jesi), il quale si approvvigiona di cereali e leguminose da aziende agricole che coltivano con metodo biologico.

La razione è ad libitum mantenendo un rapporto mangime/peso di macellazione di 2,6.

La distribuzione del mangime viene effettuato con trasportatore a vite senza fine in tubazione collegata con i silos esterni. Il trasportatore scarica il mangime in tramogge posizionate internamente al capannone e da queste partono le linee di mangiatoie circolati collegate da tubazione di trasporto del mangime con dispositivi automatici a spirale, adatti per l’alimentazione a volontà dei soggetti (vedi Fig. 7.2/1 e Fig. 7.2/2).

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7.2/1: Esempio prospetto distribuzione mangiatoie e abbeveratoi

Fig. 7.2/2: Schema del sistema di distribuzione del mangime con tramogge circolari con in evidenza anche il sistema di sollevamento, necessario per adeguare l’altezza delle mangiatoie alla taglia dell’animale.

Per ogni capannone sono previste n. 4 linee di mangiatoie; ogni linea sarà completa di tutte le attrezzature e di tutti gli accessori, per il funzionamento automatico, quali tramoggette di alimentazione poste ogni 75 cm, gruppo motore, tubo zincato diametro 45 mm e spirale di distribuzione, filo antisosta, piatto di controllo terminale con possibilità di funzionamento anche in posizione centrale, sistema di sollevamento a sospensione con motoriduttore a metà zona allevamento.

Infine è previsto 1 piatto pesa polli collegati alla centralina di controllo.

Nelle tabelle che seguono si riporta il n. di mangiatoie nei capannoni per l’allevamento convenzionale e biologico

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Capannone allevamento convenzion

ale

Capi accasati

File Mangiatoie

N Mangiatoie (1 ogni 75 cm)

N Capi/Mangi

atoia

1 62.780 4 file da 143 m 762 82

2 62.780 4 file da 143 m 762 82

3 62.780 4 file da 143 m 762 82

4 62.780 4 file da 143 m 762 82

5 62.780 4 file da 143 m 762 82

6 62.780 4 file da 143 m 762 82

Tab. 7.2/1: Mangiatoie 1 ogni 75 cm

Capannone allevamento

biologico

Capi accasati

File Mangiatoie

N Mangiatoie (1 ogni 75 cm)

N Capi/Mangi

atoia

1 15.800 4 file da 64 m 341 46

2 15.800 4 file da 64 m 341 46

3 15.800 4 file da 64 m 341 46

4 15.800 4 file da 64 m 341 46

5 15.800 4 file da 64 m 341 46

6 15.800 4 file da 64 m 341 46

7 15.800 4 file da 64 m 341 46

8 15.800 4 file da 64 m 341 46

9 15.800 4 file da 64 m 341 46

10 15.800 4 file da 64 m 341 46

Tab. 7.2/2: Mangiatoie 1 ogni 75 cm

Ogni capannone è dotato di un impianto tecnologico per la distribuzione dell’acqua di abbeveraggio composto da:

- collegamento al punto di adduzione dell’acqua esistente;

- condutture di distribuzione idrica interne;

- sistemi di regolazione della pressione;

- sistemi di regolazione della pressione;

- n. 5 linee di lunghezza da 143 m di abbeveratoi nei capannoni convenzionali e da 64 m in quelli biologici. Gli abbeveratoi sono a goccia Lubing Germany con tazzina salvagoccia in plastica, come richiesto dalla normativa IPPC per mantenere la lettiera asciutta e ridurre, di conseguenza, le fermentazioni indesiderate della lettiera che fanno aumentare le

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emissioni di odori molesti dalla stalla, e nipple in acciaio inossidabile, ad alta portata (9-10 lt/h – 150-167 cc/min.) complete di: tubo di distribuzione idrica in PVC, tubo di sostegno in acciaio, filo antisosta, giunti di connessione, impianto di sollevamento con verricello manuale, gruppo di alimentazione idrica con riduttore di pressione centrale e sfiato con sistema di pulizia della linea. Passo tazzina cm 20.

Gli abbeveratoi a goccia Lubing per polli da carne (broiler) consentono una erogazione dell’acqua efficace e precisa, volta a soddisfare le necessità di animali di tutte le età. In questo modo le performance sono sempre ottimali, dal primo all’ultimo giorno. Il design di questo abbeveratoio a goccia riflette gli elevati standard qualitativi. Questo abbeveratoio è caratterizzato da un meccanismo di azionamento molto preciso, che permette agli animali un facile abbeveraggio fin dal primo giorno di vita, e garantisce via via un’erogazione dell’acqua sempre maggiore in base all’età e al fabbisogno dell’animale, grazie al sollevamento graduale del pistoncino superiore.

Fig. 7.2/3: Schema di abbeveraggio a terra

Nelle tabelle che seguono si riporta il n. di abbeveratoi per ciascun capannone

Capannone allevamento

biologico

Capi

accasati

File Abbeveratoi

N Abbeveratoi

(1 ogni 20 cm)

N

Capi/Abbeveratoio

1 62.780 5 file da 143 m 3.575 18

2 62.780 5 file da 143 m 3.575 18

3 62.780 5 file da 143 m 3.575 18

4 62.780 5 file da 143 m 3.575 18

5 62.780 5 file da 143 m 3.575 18

6 62.780 5 file da 143 m 3.575 18

Tab. 7.2/3: Abbeveratoi 1 ogni 20 cm

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Capannone Capi

accasati

File Abbeveratoi

N Abbeveratoi

(1 ogni 20 cm)

N

Capi/Abbeveratoio

1 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

2 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

3 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

4 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

5 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

6 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

7 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

8 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

9 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

10 15.800 5 file da 64 m 1.595 9,8

Tab. 7.2/4: Abbeveratoi 1 ogni 20 cm

Le mangiatoie e gli abbeveratoi sono posizionabili in altezza in funzione della taglia dell’animale. A fine ciclo il sistema di distribuzione del mangime e di abbeverata può essere completamente sollevato da terra per permettere in modo agevole le operazioni di asportazione della lettiera.

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Fig. 7.2/4: Schema tipo del sistema di alimentazione e abbeverata con 4 linee mangiatoie e 5 linee abbeveratoi. Lo schema è tratto da capannone similare per dimensioni.

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I silos

Il mangime per l’alimentazione dei polli viene prelevato automaticamente dai silos in cui viene stoccato. Il trasporto avviene con trasportatore a vite senza fine in tubazione. Per ogni capannone sono previsti n. 2 silos monolitici in lamiera d’acciaio zincata della capacità di 20 t ciascuno. L’altezza è di 8 m. Essi sono provvisti di cono con uscita centrale, concepiti per una buona discesa dell’alimento.

Il mangime consiste in una miscela di cereali di varia pezzatura e pressoché privi di residui polverulenti. Il trasferimento del mangime dal camion al silos, avviene tramite coclea avente una potenzialità di trasferimento di circa 1 tonnellata al minuto; pertanto il tempo impiegato per effettuare il carico completo è dell’ordine di circa 20 minuti.

L’emissione di polveri in fase di carico dei mangimi nei silos è alquanto ridotta anche perché nella tramoggia di carico è presente una calza che entra nel silo e accompagna la caduta all’interno evitando dispersioni di polveri. Per l’alimentazione degli animali sono necessari circa 4 carichi mensili.

7.3 Illuminazione

Per garantire condizioni ottimali di vita dei polli da carne la normativa prevede:

- intensità di illuminazione di almeno 20 lux durante le ore di luce, misurata a livello dell’occhio dell’animale e in grado di illuminare almeno l’80 % dell’area utilizzabile.

- nel periodo dal 7° giorno dall’accasamento e fino a tre giorni prima del momento previsto per la macellazione, la luce deve seguire un ritmo di 24 ore e comprendere periodi di oscurità di almeno 6 ore totali, con almeno un periodo ininterrotto di oscurità di almeno 4 ore, esclusi i periodi di attenuazione della luce.

L’impianto di illuminazione generale di ogni allevamento avicolo è costituito da plafoniere a LED ad alto rendimento dalla potenza di 20W oltre a 2W per i circuiti ausiliari dell’apparecchio. Gli apparecchi saranno dotati di alimentatore elettronico dimmerabile 0-10V gestito direttamente dal quadro Pola in funzione dei programmi notte-giorno inseriti nel PLC.

L’illuminazione distribuita in n. 2 file, per un totale di 48 apparecchi per i capannoni convenzionali e 24 per i capannoni biologici, consentirà un illuminamento medio all’altezza dell’occhio dell’animale pari a 50 lux. La regolazione dell’intensità luminosa consentirà di portare i valori di illuminamento a 30/40 lux durante i primi sette giorni di vita ed a 20 lux di giorno e 5/10 lux di notte nei restanti periodi, secondo quanto previsto dalla Direttiva 2007/43/CE.

Entro i sette giorni successivi al momento in cui i polli sono collocati nell’edificio e fino a tre giorni prima del momento previsto per la macellazione, la luce seguirà un ritmo di 24 ore e comprenderà periodi di oscurità di almeno 6 ore totali, con almeno un periodo ininterrotto di oscurità di almeno 4 ore. In tabella si riportano i dettagli dei punti luce nei capannoni:

Capannone Capi Punti luce Superficie utile

capannone Punti luce /m2 W/m2

1 62.780 48 3.140 0,0153 0,305

2 62.780 48 3.140 0,0153 0,305

3 62.780 48 3.140 0,0153 0,305

4 62.780 48 3.140 0,0153 0,305

5 62.780 48 3.140 0,0153 0,305

6 62.780 48 3.140 0,0153 0,305

Tab. 7.3/1: Punti luce convenzionale

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In tabella si riportano i dettagli dei punti luce nei capannoni del biologico

Capannone Capi Punti luce Superficie utile

capannone Punti luce /m2 W/m2

1 15.800 24 1.595 0,015 0,304

2 15.800 24 1.595 0,015 0,304

3 15.800 24 1.595 0,015 0,304

4 15.800 24 1.595 0,015 0,304

5 15.800 24 1.595 0,015 0,304

6 15.800 24 1.595 0,015 0,304

7 15.800 24 1.595 0,015 0,304

8 15.800 24 1.595 0,015 0,304

9 15.800 24 1.595 0,015 0,304

10 15.800 24 1.595 0,015 0,304

Tab. 7.3/2: Punti luce biologico

Oltre all’illuminazione generale dell’area di allevamento è prevista l’illuminazione del locale tecnico e del deposito con le stesse lampade sopra descritte ma comandate manualmente tramite interruttore ON-OFF.

L’illuminazione esterna del fronte e del retro del capannone sarà realizzata con proiettori dotati di lampade fluorescenti da 84 W comandabili sia dall’interno del locale tecnico sia in automatico con rivelatore di presenza esterno e relè crepuscolare. Tali dispositivi saranno installati in modo che anche in caso di presenza nelle ore diurne la luce rimanga spenta al fine di minimizzare i consumi energetici.

Infine è prevista l’illuminazione di sicurezza, ad uso esclusivo del personale interno all’allevamento, che interverrà automaticamente al mancare dell’illuminazione principale ed illuminerà le vie di esodo.

Illuminazione esterna

E’ previsto un impianto di illuminazione esterna dei piazzali e delle aree di transito, con proiettori dotati di lampade a LED, di caratteristiche conformi a quanto stabilito dalla Legge della Regione Marche n. 10 del 24.07.2002 “Misure urgenti in materia di risparmio energetico e contenimento dell’inquinamento luminoso”.

L’illuminazione sarà limitata alle zone strettamente necessarie e tale da garantire un minimo di illuminazione per la viabilità interna, a piedi o con mezzi a motore ma a velocità estremamente ridotta (a passo d’uomo), il tutto nel rispetto della suddetta legge regionale. L’illuminazione esterna sarà comandata in automatico relè crepuscolari e da rivelatori di presenza posti in posizioni strategiche in modo tale da garantire che l’accensione avvenga solamente in caso di presenza di persone e limitatamente al tempo strettamente necessario al transito.

7.4 Impianto di videosorveglianza

La soluzione impiantistica adottata per la realizzazione della videosorveglianza prevede l'utilizzo di telecamere IP connesse alla rete LAN descritta al punto precedente. Ogni telecamera sarà connessa agli switch mediante cavo in categoria 5. Per le connessioni di

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lunghezza superiore a 90m dovranno essere utilizzati appositi power extender, in modo da garantire sia la qualità del segnale che l'alimentazione necessaria ad ogni telecamera.

La registrazione delle immagini sarà garantita da un apposita network station dotata di due hard disk uno da 500 GB per sistema operativo ed uno da 2 TB per storage registrazioni. La visualizzazione delle immagini sarà possibile sia dal sito tramite un apposito monitor, sia da remoto tramite connessione internet.

Tutto il sistema sarà alimentato da UPS in modo da garantire la continuità di servizio anche nei passaggi rete/gruppo elettrogeno.

Sono previste telecamere esterne che visualizzano il fronte ed il retro dei capannoni avicoli, l’ingresso e la viabilità principale. All’interno degli allevamenti avicoli è prevista una telecamera posta nel locale tecnico necessaria esclusivamente a visualizzare in qualsiasi momento da remoto la vitalità degli animali.

7.5 Impianto di supervisione e monitoraggio

L’impianto di monitoraggio e supervisione progettato ha la funzione di centralizzare tutti gli allarmi dell’impianto e le informazioni rilevate da sensori in campo su un terminale posto all’interno degli uffici di allevamento sfruttando la rete LAN d’impianto.

La soluzione impiantistica adottata prevede l’istallazione di un PLC (controllore logico programmabile), più eventuali moduli di espansione, all’interno di ciascun stabilimento e all’interno della cabina di trasformazione MT/bt che gestirà anche la centrale di depurazione delle acque. I PLC consentiranno l’acquisizione dei seguenti segnali:

- Pressione dell’impianto idrico in ingresso di ciascun stabilimento;

- Temperatura e umidità ambiente interna a ciascuno stabilimento;

- Allarme generico dell’impianto di climatizzazione;

- Allarmi generici per malfunzionamenti sull’impianto elettrico generale dello stabilimento,

- Allarme mancanza tensione di fornitura del distributore di energia elettrica;

- Allarmi e malfunzionamenti del gruppo elettrogeno;

- Allarmi e malfunzionamenti del sistema di approvvigionamento idrico;

Ogni PLC oltre ad acquisire i descritti segnali dovrà emettere specifici segnali di allarme che saranno acquisiti dal combinatore telefonico GSM, in modo che sia generata una chiamata di emergenza specifica per ogni problema o anomalia riscontrata nell’impianto.

Oltre a quanto descritto tutti i segnali acquisiti dall’impianto saranno visualizzati e gestite da un terminale in moda da realizzare una postazione generale di supervisione.

Il PLC installato nella centrale di pompaggio oltre al monitoraggio della stessa sarà anche utilizzato per la gestione dei riempimenti dei serbatoi tramite appositi controlli di livello e quindi per l'attivazione dei sistemi di pompaggio ad essi asserviti.

7.6 Ricambio dell’aria

Per ciascuno dei capannoni convenzionali il ricambio dell’aria è assicurato da 14 ventilatori di estrazione della portata nominale di 45.500 m3/h nella modalità di allevamento convenzionale e 30.000 m3/h nel caso delle modalità di allevamento biologico.

Pertanto la portata in emissione di ciascun capannone è pari a 637.000 m3/h nel caso convenzionale e pari a 420.000 m3/h nel caso del biologico.

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Nell’allevamento convenzionale ci sono anche 3 ventilatori di immissione nel prospetto ovest.

Fig. 7.6/1: Distribuzione ventilatori convezionale

Nei capannoni del biologico i 14 ventilatori sono messi tutti di testa.

Fig. 7.6/2: Distribuzione ventilatori di testa del biologico. Altri 4 ventilatori sono ai lati

Il movimento dell’aria creato dalla ventilazione longitudinale è il sistema migliore per rimuovere il calore corporeo e dare la sensazione di benessere agli animali. Ne consegue che la temperatura interna è consona all’allevamento, e ciò comporta un generale benessere e minori consumi di mangime.

L’aria prelevata passa attraverso le prese aria poste nella posizione più lontana rispetto ai ventilatori. L’ingresso dell’aria avviene dalle finestre laterali poste in prossimità della testata contrapposta a quella dei ventilatori.

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Fig. 7.6/3: Esempio Ventilatori estrattori di testata. Il progetto in esame prevede che i capannoni abbiano un numero di ventilatori superiore all’esempio in foto, posizionati come nelle Fig. 4.4/5

Fig. 7.6/4: Esempio sezione trasversale della parete del capannone. L’altezza alla gronda dei capannoni in progetto varia da 2,92 m a 3.,10 m.

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La ventilazione di ricambio viene comandata da termosonde che rilevano la temperatura interna del capannone e agiscono per il mantenimento della temperatura interna entro limiti compatibili col benessere degli animali. Il tempo di funzionamento è, di conseguenza, fortemente variabile e vincolato alle condizioni climatiche esterne e stagionali.

In relazione alla temperatura interna ed esterna, l’aumento della ventilazione avviene a stadi, cioè con l’inserimento progressivo dei ventilatori, fino al loro totale utilizzo. Al primo stadio sono collegati i ventilatori estate-inverno. Con l’innalzamento della temperatura oltre i limiti impostati nella centralina, si determina lo stadio successivo e, quindi, l’avvio dei successivi ventilatori. La temperatura impostata e la temperatura rilevata in ambiente sono visualizzate su un unico display.

Un apposito quadro elettrico, collegato a sirena ed eventualmente a combinatore telefonico, segnala la mancanza di ventilazione per mancanza di corrente o guasti, e segnala la temperatura troppo alta o troppo bassa rispetto ai valori impostati.

I ventilatori estrattori sono completi di struttura in lamiera zincata, protezione antinfortunistica lato aspirazione in rete di acciaio zincato con maglia da mm 30 x 30.

7.7 Condizionamento dei locali (Riscaldamento e raffrescamento)

Il riscaldamento dei capannoni nella prima fase del ciclo, nella quale occorre inizialmente garantire una temperatura da 33 °C il primo giorno, per poi scendere gradualmente (-0,5 °C al giorno) ai 22 °C al 20° giorno e ai 19 °C da garantire fino a fine ciclo.

Per ogni singolo capannone esso viene assicurato da due diverse tipologie di riscaldamento: Capannone convenzionale

• N. 10 Cappe radianti di potenza pari a 9 kW e N. 3 Cappe radianti di potenza pari a 8 kW per un totale di 114 kW;

• N. 5 Generatori di calore installati all’esterno del capannone di potenza pari a 65,9 kW per un totale di 329,5 kW.

Il fabbisogno massimo contemporaneo di ogni singolo capannone convenzionale è pari a 443,5 kW

Capannone biologico

• N. 9 Cappe radianti di potenza pari a 9 kW per un totale di 81 kW; • N. 3 generatori di calore installati all’esterno del capannone di potenza pari a 65,9 kW

per un totale di 197,7 kW.

Il fabbisogno massimo contemporaneo di ogni singolo capannone biologico è pari a 278,7 kW

Le portate massime del gas di ogni singola alimentazione sono nel seguito sinteticamente riportate:

Alimentazione cappe radianti: 0,96 mc/h (Picco massimo)

Alimentazione generatori: 6,3 mc/h (Picco massimo)

Totale capannone convenzionale: 43,98 mc/h (Picco massimo)

Totale capannone biologico: 27,54 mc/h (Picco massimo)

Totale allevamento: 539,28 mc/h (Picco massimo)

L’impianto di alimentazione del gas alle varie utenze sarà derivata dalla linea di distribuzione principale e realizzato con una tubazione in acciaio zincato, adeguatamente segnalata e protetta.

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Ogni utenza sarà dotata di un proprio riduttore di pressione in modo da garantire in qualsiasi condizione di esercizio la pressione necessaria al corretto funzionamento dell’apparecchiatura.

Cappe radianti

Per una maggiore uniformità di temperatura all’interno del singolo allevamento convenzionale saranno installate n° 13 cappe radianti al centro dell’edificio dislocate per tutta la lunghezza. Ogni singola cappa radiante è composta da un bruciatore stagno interno da un ventilatore e da un tubo radiante di lunghezza pari a 6 m.

All’interno del singolo allevamento biologico saranno installate n° 9 cappe radianti.

L’alimentazione del gas è garantita da una tubazione in rame con raccordi a saldate dotata di riduttore di pressione e valvola di intercettazione esterna ogni singolo stacco. La potenza di ogni singolo modulo radiante sarà pari a 9 kW (o 8 kW) con una potenza totale installata ogni singolo allevamento convenzionale pari a 114 kW. La potenza totale del singolo capannone biologico è pari a 81 kW.

Oltre all’installazione delle cappe radianti interne per sopperire al fabbisogno termico nei periodi più freddi saranno installati n° 5 generatori di calore all’esterno di ogni capannone convenzionale (n° 3 generatori all’esterno di ogni capannone biologico). Ogni singolo generatore di calore è composto da un bruciatore stagno interno da un ventilatore e da una bocca di immissione dell’aria calda.

L’alimentazione del gas metano è garantita da una tubazione in acciaio dotata di riduttore di pressione e valvola di intercettazione esterna ogni singolo stacco.

La potenza di ogni generatore di calore sarà pari a 65,9 kW con una potenza totale installata ogni singolo edificio convenzionale pari a 329,5 kW, o 197,7 kW nel caso di edificio biologico.

Il gas in arrivo dalla rete di distribuzione passa attraverso un regolatore di pressione, che ha la funzione di ridurre e mantenere costante la pressione in entrata al riscaldatore in funzione della richiesta e delle condizioni atmosferiche.

Esso entra nel bruciatore, con accensione a scintilla, posto nella camera di combustione dove la fiamma del bruciatore si combina con aria di combustione producendo calore. Un apposito ventilatore aspira l’aria calda dalla camera di combustione e la invia nell’ambiente.

Il gruppo aero-termico è provvisto di un dispositivo di sicurezza del sistema di controllo avente la funzione di interrompere un circuito elettrico collegato alla valvola del gas in caso di surriscaldamento, di un dispositivo di sicurezza che assicura che la circolazione dell’aria sia adeguata prima che la valvola del gas si apra e di un dispositivo che nel caso la fiamma si spenga, spegne il riscaldatore, bloccando la circolazione del gas.

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Fig. 7.7/1: Esempio bruciatore esterno

Il raffrescamento è garantito da un sistema di pannelli umidificatori in cellulosa a nido d’ape sistemati sulle pareti longitudinali sotto le finestre, con prevalenza nella parte prossima alla testata contrapposta a quella dei ventilatori estrattori (90 m x H 1m= 90 m2).

Fig. 7.7/2: In primo piano sono visibili i pannelli umidificatori posti sul fianco dei capannoni; sullo sfondo ci sono i bruciatori

Il funzionamento dell’impianto di umidificazione sarà controllato da una sonda termostatica.

L’impianto è formato da:

- N. 2+2 pannelli di cellulosa alti cm. 150, con lunghezza complessiva di ml. 24+6 ognuno, previsti per essere attraversati dall'acqua, di spessore cm 10 e da una canaletta superiore di distribuzione dell’acqua che viene raccolta alla base dei pannelli e convogliata a due vasche del volume di 500 litri in cui è installata la pompa di ricircolo, posti su due lati del capannone. L'aria, attraversandoli prima di essere immessa nel capannone, si raffredda tanto più quanto più è bassa l'umidità relativa dell'ambiente esterno (totali m. 90 x 1 H).

- Ml. 90 di telo PVC esterno per chiusura pannelli, avvolgibile dal basso verso l’alto,

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manualmente.

- Sistema di regolazione e orientamento del flusso dell’aria all’interno, formato da n. 2+2 pannelli sandwich spessore mm 30, alti cm. 100 e lunghi ml. 30+15 ognuno, apribili a vasistas verso l’interno e regolati dalla centralina principale.

I capannoni del biologico hanno un impianto composto da 2+2 pannelli di cellulosa alti cm 164, con una lunghezza di 17,87 ml ognuno. Dal punto di sistema impiantistico si ricalca la tipologia adottata per i capannoni del convenzionale. Per fornire le condizioni ottimali di benessere ai polli con il minore consumo di energia (intesa come corrente elettrica o mangime) si è dotato l’impianto di un sistema di abbassamento della temperatura che prevede di far passare l’aria richiamata dai ventilatori attraverso un pannello forato, PAD, sul quale si fa scorrere dell’acqua (raffreddamento adiabatico).

Fig. 7.7/3: Schema impianto di raffrescamento a pannelli umidificatori

L’abbassamento di temperatura che ne consegue è in funzione della temperatura e dell’umidità esterna, secondo le leggi fisiche del diagramma psicrometrico. Considerate le condizioni climatologiche della zona è facile prevedere un abbassamento della temperatura interna di 5-7 °C, rispetto alla temperatura esterna. A questo risultato vanno aggiunti alcuni gradi Centigradi, ottenuti per effetto della movimentazione dell’aria sopra descritta (temperatura effettiva percepita dai polli).

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7.8 Bilancio idrico e approvvigionamento

Le attività che consumano acqua sono le seguenti

- abbeveraggio degli animali

- raffrescamento

- lavaggio

- usi domestici.

7.8.1 Approvvigionamento idrico e distribuzione

Ogni singolo capannone avicolo, convenzionale e biologico è provvisto di due punti di alimentazione idrica, e più precisamente:

Acqua trattata da centrale idrica per circuiti beverini e cooling;

Alimentazione da acquedotto;

Nel capannone 4 del settore convenzionale e nel capannone 3 del settore biologico è prevista anche l’alimentazione idrica per i servizi igienici per il personale.

L’allevamento nel suo complesso è alimentato da due diverse fonti, destinate alla fornitura idrica per i circuiti beverini, cooling e servizi igienici. Le singole alimentazioni, anche se derivate da circuiti esterni diversi, sono collegabili tramite appositi by pass, posti in centrale idrica e all’interno del singolo capannone, in modo tale che in caso di emergenza sia possibile derivare le varie utenze da fonti diverse come di seguito indicato.

Alimentazione Idrica da pozzo: All’interno dell’allevamento verranno scavati dei pozzi per il prelievo idrico a servizio dell’allevamento stesso e sarà richiesta la relativa concessione per il prelievo di acqua ad uso irriguo e zootecnico da subalveo. Le caratteristiche dell’acqua saranno analizzate in modo da stabilire la necessità di eventuali trattamenti ovvero da consentire l’utilizzo immediato senza ulteriori trattamenti, fatta eccezione per il trattamento batteriologico. Il pozzo sopperisce in condizioni standard al fabbisogno idrico del circuito cooling tramite l’ausilio di apposite vasche di compensazione.

Alimentazione Idrica dal contatore dell’acquedotto cittadino: Il punto di consegna della rete idrica derivata dall’acquedotto cittadino è individuato sul confine a nord-ovest dell’insediamento. Tale approvvigionamento in condizioni standard è dedicato al fabbisogno idrico del circuito beverini e ai servizi igienici del personale, ed in condizioni di emergenza si potrà utilizzare sia per l’alimentazione diretta del circuito cooling di ogni singolo capannone sia per l’alimentazione delle vasche di accumulo in centrale idrica.

Impianto idrico

L’impianto idrico a servizio dell’allevamento avicolo è stato dimensionato in base alle necessità di abbeveraggio degli animali e in base alle caratteristiche del sistema di raffreddamento (cooling) presente in ogni singolo capannone. L’acqua in condizione di normale utilizzo viene prelevata: - dal pozzo per il circuito cooling, e trasportata tramite elettropompe sommerse di prelievo e tubazioni interrate all’interno delle rispettive vasche di accumulo; - dall’acquedotto per i circuiti beverini e servizi igienici L’acqua stoccata nelle vasche di accumulo sarà filtrata tramite un primo filtro autopulente e verrà addizionata con del cloro per abbattere la carica batterica. Dalle due vasche di accumulo l’acqua verrà prelevata tramite un sistema di pressurizzazione ed inviata agli impianti di reintegro del sistema di raffreddamento (cooling). In condizioni di emergenza le vasche di accumulo possono essere alimentate anche dall’acquedotto.

Elettropompe sommerse

Le elettropompe sommerse sono realizzate in acciaio inox e posizionate all’interno del pozzo, corredate da reti di protezione. Tali elettropompe saranno comandata dal sistema di livelli

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posizionato nelle vasche di accumulo. Un ulteriore controllo del corretto funzionamento delle elettropompe sarà effettuato dai sistemi di livelli posti nel pozzo, che in caso di mancanza d’acqua generano un allarme nel sistema di monitoraggio. L’alimentazione elettrica sarà derivata da un quadro elettrico apposito posizionato in prossimità del pozzo. I segnali per il comando e l’allarme delle elettropompe saranno riportati direttamente in centrale.

Vasche di accumulo

Le vasche di accumulo con una capacità singola di 57 m³ saranno realizzate in cemento prefabbricato e posizionate in prossimità della centrale idrica e della cabina elettrica di trasformazione. Tale volume consentirà un’autonomia minima dell’allevamento per circa 6-8 ore. L’acqua in ingresso sarà trattata tramite un filtro autopulente in Nylon e addizionata di cloro da un sistema di dosaggio posto all’ingresso delle vasche. In caso di emergenza idrica è previsto l’intervento di appositi sistemi di controllo che garantiscono il carico della vasca di accumulo anche dall’acquedotto.

Gruppo di pressurizzazione ad inverter per alimentazione allevamento

Il gruppo di pressurizzazione per l’alimentazione idrica dell’allevamento sarà composto da 3 pompe verticali dotate di inverter, vaso di espansione, valvole, accessori per il controllo e quadro di comando a bordo macchina. Il sistema di pressurizzazione ad inverter consente di modulare la portata di acqua in funzione dell’effettiva necessità di consumo.

Fig. 7.7/4: Stralcio schema vasca di riserva idrica e centrale idrica. L’impianto idrico è dotato di 2 vasche.

7.8.2 Stima del consumo idrico

Di seguito si stima il volume d’acqua necessario in fase di esercizio dell’allevamento.

Allevamento convenzionale

Abbeverata: Il consumo medio di acqua per l’abbeverata è stimato un dato conservativo di 0,2 l/capo/giorno; per un ciclo di 55 g sono pertanto 11 l/capo, in linea con il valore massino stabilito dal documento IPPC "Reference document on best avalaible technique for intesive rearing of poultry and pig", ripreso anche dal D.M. 31.01.2007 – allevamenti, dove si legge che il consumo di acqua per il broiler va da 4,5 a 11 l/capo/ ciclo.

Nella tabella seguente sono riportati i consumi di acqua tenendo conto della mortalità e dei cicli di allevamento.

N° CAPI

PRODOTTI

ANNUALMENTE

AL LORDO DELLA

MORTALITÀ

CONSUMO/CAPO/GIORNO GIORNI DI

ABBEVERATA CONSUMO

TOTALE

(M3) (L) (N)

POLLI 376.680 0,2 275 20.717

In totale per l’abbeverata degli animali si consumeranno 20.717 m3 di acqua.

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Acqua per raffrescamento evaporativo: E’ prevista l’adozione di un impianto di umidificazione costruito con componenti modulari prefabbricati posti in opera sulle pareti laterali del capannone, in corrispondenza delle prese aria. E' basato sull'effetto raffreddante dell'aria quando questa viene a contatto con l'acqua. Il funzionamento dell'impianto di umidificazione è controllato da una sonda termostatica.

Per ogni capannone l’impianto è formato da n. 2+2 pannelli di cellulosa alti 1,5 m, con lunghezza complessiva di ml. 24+6 ognuno, previsti per essere attraversati dall'acqua di spessore cm 10 e da una canaletta superiore di distribuzione dell’acqua che viene raccolta alla base dei pannelli e convogliata a due vasche del volume di 500 litri in cui è installata la pompa di ricircolo, posti su due lati del capannone.

Si riportano nella tabella che segue, i consumi stimati in relazione alle dimensioni dei pannelli, alla durata del funzionamento e al coefficiente di consumo dichiarato dal fornitore.

Impianto cooling: coefficiente di consumo dichiarato dal fornitore pari a 0,4 litri/min/mq di pannello.

Capannone

Dimensioni pannello

m

n. pannelli

mq Litri/

min/mq Ore/gg min/h gg/anno

mc

acqua

1 24 x1,5x0,1

6 x1,5x0,1

2

2

72

18 0,4 8 60 110 1900,8

2 24 x1,5x0,1

6 x1,5x0,1

2

2

72

18 0,4 8 60 110 1900,8

3 24 x1,5x0,1

6 x1,5x0,1

2

2

72

18 0,4 8 60 110 1900,8

4 24 x1,5x0,1

6 x1,5x0,1

2

2

72

18 0,4 8 60 110 1900,8

5 24 x1,5x0,1

6 x1,5x0,1

2

2

72

18 0,4 8 60 110 1900,8

6 24 x1,5x0,1

6 x1,5x0,1

2

2

72

18 0,4 8 60 110 1900,8

Totale 11.404,8

Da rilievi di consumo in allevamenti simili, si ritiene cautelativo considerare un periodo di funzionamento a 8 ore giornaliere per la durata di due cicli interi.

Acqua per pulizia capannoni: Considerando un consumo specifico di 5 litri per m2 di superficie per ciclo e considerando di effettuare il lavaggio delle superfici ad ogni ciclo, il fabbisogno di acqua per il lavaggio ammonta ai seguenti volumi:

5 l (consumo/m2) x 18.834 m2 (superficie capannoni esistenti polli) * 5 (numero cicli) =471 m3

Per il lavaggio e la disinfezione delle strutture occorreranno in totale 471 m3 di acqua.

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Acqua per usi civili: Considerando un consumo pro capite di 100 litri /gg per 4 addetti (250 gg/anno ciascuno – si considerano 2 addetti fissi più gli avventizi che sommano 2 addetti per un anno) il fabbisogno di acqua risulta pari a:

250 (giornate lavorative addetto) x 100 (consumo giornaliero/addetto) x 4 numero addetti = 100 m3

Fabbisogno totale = 20.717 m3 (abbeverata) + 11.404,8 m3 (raffrescamento) + 471 m3 (lavaggio) + 100m3 (usi civili) = 32.693 m3.

Tab. 7.8/1: Bilancio idrico dell’allevamento convenzionale

Fonte

Consumo acqua annua Consumo acqua giornaliero medio

Uso aziendale

Uso animale

Uso raffrescamento

Uso civico

Uso aziendale

Uso animale

Uso raffrescamento

Uso civico

m3 m3

Pozzo per cooling e

acquedotto per il resto

471 20.717 11.404,8 100 9,42(1) 75,34(2) 103,68(3) 0,28(4)

(1) Consumo su giorni effettivi di pulizia, 10 ogni ciclo, per un totale di 50 giorni. (2) Consumo su giorni effettivi di allevamento, 55 per ogni ciclo, per un totale di 275 giorni. (3) Consumo su giorni effettivi di raffrescamento, 110 giorni complessivi.

(4) Consumo su giorni di lavoro degli operai, 360 giorni anno.

Allevamento biologico

Abbeverata: Il consumo medio di acqua per l’abbeverata è stimato in 0,2 l/capo/giorno; per un ciclo di 81 g sono pertanto 16,2 l/capo. Il maggiore consumo rispetto all’allevamento convenzionale è legato all’allungamento del ciclo. Nella tabella seguente sono riportati i consumi di acqua tenendo conto della mortalità e dei cicli di allevamento.

N° CAPI

PRODOTTI

ANNUALMENTE

AL LORDO DELLA

MORTALITÀ

CONSUMO/CAPO/GIORNO GIORNI DI

ABBEVERATA CONSUMO

TOTALE

(M3) (L) (N)

Polli 158.000 0,2 283 8.959

In totale per l’abbeverata degli animali si consumeranno 8.959 m3 di acqua.

Acqua per raffrescamento evaporativo: E’ prevista l’adozione di un impianto di umidificazione costruito con componenti modulari prefabbricati posti in opera sulle pareti laterali del capannone, in corrispondenza delle prese aria. E' basato sull'effetto raffreddante dell'aria quando questa viene a contatto con l'acqua. Il funzionamento dell'impianto di umidificazione è controllato da una sonda termostatica.

Per ogni capannone l’impianto è formato da n. 1+1 pannelli di cellulosa alti 1,64 m, con lunghezza complessiva di ml. 17,87 ognuno, previsti per essere attraversati dall'acqua di spessore cm 10 e da una canaletta superiore di distribuzione dell’acqua che viene raccolta alla base dei pannelli e convogliata a due vasche in cui è installata la pompa di ricircolo, posti su due lati del capannone.

Si riportano nella tabella che segue, i consumi stimati in relazione alle dimensioni dei pannelli, alla durata del funzionamento e al coefficiente di consumo dichiarato dal fornitore. Data la possibilità di razzolare all’esterno si riduce il tempo medio di funzionamento giornaliero dell’impianto.

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Il coefficiente di consumo dichiarato dal fornitore per l’impianto cooling è pari a 0,4 litri/min/mq di pannello.

Capannone

Dimensioni pannello

m

n. pannelli

Mq Litri/

min/mq Ore/gg min/h gg/anno

mc

acqua

1 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

2 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

3 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

4 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

5 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

6 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

7 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

8 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

9 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

10 17,87 x1,64x0,1 2 58,6 0,4 6 60 110 928,224

Totale 9.282,24

Da rilievi di consumo in allevamenti simili, si ritiene cautelativo considerare un periodo di funzionamento a 6 ore giornaliere per la durata di due cicli interi.

Acqua per pulizia capannoni: Considerando un consumo specifico di 5 litri per m2 di superficie per ciclo e considerando di effettuare il lavaggio delle superfici ad ogni ciclo, il fabbisogno di acqua per il lavaggio ammonta ai seguenti volumi:

5 l (consumo/m2) x 15.800 m2 (superficie capannoni esistenti polli) * 3,5 (numero cicli) = 194 m3

Per il lavaggio e la disinfezione delle strutture occorreranno in totale 194 m3 di acqua.

Acqua per usi civili: Considerando un consumo pro capite di 25 litri /gg per 2 addetti (250 gg/anno:

250 (giornate lavorative addetto) x 25 (consumo giornaliero/addetto) x 2 numero addetti = 50 m3

Fabbisogno totale = 8.959 m3 (abbeverata) + 9.282 m3 (raffrescamento) + 194 m3 (lavaggio) + 50m3 (usi civili) = 18.484 m3.

Tab. 7.8/2: Bilancio idrico dell’allevamento biologico

Fonte

Consumo acqua annua Consumo acqua giornaliero medio

Uso aziendale

Uso animale

Uso raffrescamento

Uso civico

Uso aziendale

Uso animale

Uso raffrescamento

Uso civico

m3 m3

Pozzo per cooling e acquedotto per il resto

194 8.959 9.282 50 3,87(1) 31,60(2) 84,38(3) 0,14(4)

(1) Consumo su giorni effettivi di pulizia, 10 ogni ciclo, per un totale di 35 giorni. (2) Consumo su giorni effettivi di allevamento, 81 per ogni ciclo, per un totale di 283 giorni. (3) Consumo su giorni effettivi di raffrescamento, 110 giorni complessivi.

(4) Consumo su giorni di lavoro degli operai, 360 giorni anno.

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7.9 Materie prime

Allevamento convenzionale

Pulcini

Nell’allevamento convenzionale entreranno 1.883.400 pulcini ogni anno, pari a circa 75.336 Kg. Si ricorda che i pulcini accasati hanno un peso di circa 0,04 kg.

Mangime

Un Broiler consuma circa 4 kg di mangime capo/ciclo. Il consumo di mangime, considerando 5 cicli/anno, sarà pari a 6.889 t/anno, calcolato sugli animali al netto degli animali morti.

Nella tabella seguente vengono riportati i consumi di mangime degli animali per ogni ciclo e al lordo della mortalità.

Capi

N° CAPI NETTI

PRODOTTI A CICLO Consumo/capo/giorno

GIORNI DI

ALIMENTAZIONE Consumo totale

(kg) (N) (t)

Polli 357.846 0,07 275 6.889

In totale si consumano ogni anno 6.889 t di mangime.

L’alimentazione è effettuata rispettando le necessità del processo di crescita.

Per i polli si utilizzeranno mangimi che contengono ingredienti appropriati: cereali in grani, prodotti e sottoprodotti di semi oleosi, prodotti e sottoprodotti di semi di leguminose, olii e grassi, prodotti e sottoprodotti dei cereali in grani, minerali, L-Lisina, Vitamine, ecc. Di seguito si riporta la dieta ipotizzata per una alimentazione equilibrata.

Paglia

La paglia è utilizzata come lettiera di stabulazione, questa sarà impiegata nella quota di 1,5 kg/m2 per ciclo di produzione.

In totale si impiegheranno:

1,5 kg x 18.834 m2 (superficie nuovi capannoni) * 5 (numero cicli) =

141.255 kg ≈ 141 t

Allevamento biologico

Pulcini

Nell’allevamento biologico entreranno 158.000 pulcini ogni ciclo, pari a circa 6.320 Kg/ciclo. Si ricorda che i pulcini accasati hanno un peso di circa 0,04 kg. Considerando 3,5 cicli/anno si accaseranno 22.120 kg di pulcini.

Mangime

Un Broiler consuma circa 5,67 kg di mangime capo/ciclo. Il consumo di mangime, considerando 3,5 cicli/anno, sarà pari a 596 t/anno, calcolato sugli animali al netto degli animali morti.

Nella tabella seguente vengono riportati i consumi di mangime degli animali per ogni ciclo e al lordo della mortalità.

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Capi

N° CAPI NETTI

PRODOTTI A

CICLO Consumo/capo/giorno

GIORNI DI

ALIMENTAZIONE Consumo totale

(kg) (N) (t)

Polli 150.100 0,07 283,5 2.978,73

In totale si consumano ogni anno 2.978,73 t di mangime.

L’alimentazione è effettuata rispettando le necessità del processo di crescita. Per i polli allevati in regime di biologico si utilizzeranno mangimi provenienti da aziende biologiche.

Paglia

La paglia è utilizzata come lettiera di stabulazione, questa sarà impiegata nella quota di 1,5 kg/m2 per ciclo di produzione.

In totale si impiegheranno:

1,5 kg x 15.800 m2 (superficie nuovi capannoni) * 3,5 (numero cicli) =

82.950 kg ≈ 82,95 t

Gas metano

Il gas viene utilizzato per alimentare i bruciatori utilizzati per il riscaldamento dei capannoni. Le portate massime del gas metano di ogni singola alimentazione sono nel seguito sinteticamente riportate:

Alimentazione cappe radianti: 0,96 mc/h (Picco massimo)

Alimentazione generatori: 6,3 mc/h (Picco massimo)

Totale capannone convenzionale: 43,98 mc/h (Picco massimo)

Totale capannone biologico: 27,54 mc/h (Picco massimo)

Totale allevamento: 539,28 mc/h (Picco massimo)

L’impianto di alimentazione del gas alle varie utenze è composto da una rete di distribuzione interrata con partenza dal punto di consegna del contatore posizionato sul confine a nord-ovest dell’insediamento e arrivo ai singoli capannoni ed al blocco uffici.

Le linee interrate saranno realizzate con tubi in polietilene ad alta densità. Le linee a vista esterne agli edifici saranno realizzate con tubi saldati o senza saldatura serie media. Le linee a vista interne saranno realizzati con tubi in rame.

Altri prodotti

I vaccini vengono acquistati e conservati in frigorifero fino al momento della somministrazione. Di seguiti si riportano dei nomi di vaccini specifici per le diverse malattie, che comunque potranno variare in relazione alle specifiche prescrizioni veterinarie:

Bronchite infettiva Nobilis ib 4-91

Nobilis Ib Ma5

Malat. Newcastle Biob1

Per l’allevamento biologico è consentito un solo trattamento con antibiotico a ciclo in deroga per il benessere animale, mentre sono previste le normali vaccinazioni.

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Altri prodotti, quali detergenti e disinfettanti utilizzati per la pulizia dei capannoni, vengono acquistati all’occorrenza e non vengono fatte scorte a magazzino.

7.10 Energia

L’azienda consuma energia elettrica e termica.

L’energia elettrica consumata annualmente è di circa 2.034.413 kWh e utilizzata per:

1. Illuminazione

2. Funzionamento dispositivi a servizio dell’attività nei ricoveri:

- ventilazione

- preparazione e distribuzione mangime

- celle frigo per capi deceduti

Il consumo di energia è in media di 169.534 Kwh/mese, minore in inverno e maggiore in estate se si è in presenza di capi adulti, in quanto se in tale periodo si è in presenza di capi giovani il tempo di funzionamento degli estrattori si riduce.

Nella tabella seguente viene riportato il peso percentuale delle diverse fonti di consumi:

Processo %

Ventilazione 66,08

Illuminazione 10,92

Cella frigo 1,72

Sistema di alimentazione e abbeveraggio 21,28

Totale 100

E’ presente un generatore a gasolio (E11) della potenza di 500 KVA dotato di un serbatoio da 3000 litri in dotazione al generatore stesso. Il generatore entra in funzione solo in caso di black-out elettrico e in assenza di emergenze il funzionamento è limitato alle sole prove di funzionalità.

Il consumo di energia termica nasce dalla necessità di garantire una temperatura da 33 °C il primo giorno, per poi scendere gradualmente (-0,5 °C al giorno) ai 22 °C al 20° giorno e ai 19 °C da garantire fino a fine ciclo.

Per limitare i consumi vengono delimitate le aree, con setti mobili, nelle quali vengono immessi i pulcini al loro arrivo. Al termine dello svezzamento i setti vengono rimossi e i capi si distribuiscono sull’intera superficie del capannone. Il consumo e la durata del riscaldamento è variabile in relazione alle temperature esterne ed è molto maggiore in inverno rispetto all’estate, pertanto i consumi di energia termica, può variare di anno in anno, in funzione del periodo stagionale di inizio ciclo.

Nella seguente tabella vengono riassunti i dati relativi agli indicatori di consumo energetico dell’allevamento (vedi scheda H). Sono riportati i dati necessari al calcolo dell’indicatore giornaliero di consumo per capo utilizzato per il confronto con i valori presenti nel BRef Europeo.

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120

ENEL METANO

ciclo N° mq. Capi

prodotti/ ciclo

kg ciclo kg/capo KWh/anno m3 / anno Kwh/anno

metano /fatt. conv. 9,7)

Consumi totali

convenzionale 18.834 357.846 894.615 2,5000 591.490 53.503 518.979,1

biologico 15.800 150.100 390.260 2,6000 496.205 44.885 435.384,5

kwh/m²/anno kwh/m²/anno

Consumi al m² 31,40 27,56

Allevamento convenzionale

n capi prodotti = 1.789.230; n unità prodotta (kg carne/anno) =4.473.000

En. termica En. elettrica TOTALE

kWh/anno 518.979 583.854 1.102.833,00

GJ/anno 1868,3244 2101,8744 3.970,20

% 47% 53% 100%

GJ/unità di carne 0,000417689 0,000469903 0,000887592

Gj/capo 0,001044206 0,001174737 0,002218943

wh/capo/giorno 1,054754 1,186603 2,241357

Allevamento biologico

n capi prodotti = 525.350; n unità prodotta (kg carne/anno) =1.366.000

En. termica En. elettrica TOTALE

kWh/anno 435.375 496.205 931.580

GJ/anno 1.567 1.786 3.354

% 47% 53% 100%

GJ/unità di carne 0,00114740 0,00130771 0,0024551

Gj/capo 0,00298344 0,00340028 0,0063837

wh/capo/giorno 2,92256800 3,33101900 6,2535870

Totale allevamento

n capi = 2.314.580; n unità (kg carne/anno) = 5.839.000

En. termica En. elettrica TOTALE

kWh/anno 954.354 1.080.059 2.034.413

GJ/anno 3.436 3.888 7.324

% 47% 53% 100%

GJ/unità di carne 0,000588401 0,000665904 0,001254305

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Gj/capo 0,001484362 0,001679878 0,002218943

wh/capo/giorno 1,476760000 1,670930466 3,147690466

Il consumo di energia per kg di carne si attesta mediamente a 0,001254305 GJ di cui circa il 47% per energia termica e il 53% di elettrica. Il consumo di energia per capo venduto risulta pari a 0,002218943GJ. L’indicatore di consumo giornaliero per capo è mediamente pari a 3,14 wh/capo/giorno, con una forte variazione fra l’allevamento convenzionale e quello biologico legato alla minore intensità di capi a m2 di quest’ultimo.

7.11 Impianto fotovoltaico

L’impianto fotovoltaico non viene installato in quanto, ai sensi del DECRETO LEGISLATIVO 19 agosto 2005, n. 192: "Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia", art. 3 comma 3 lettera b, i capannoni si configurano come edifici industriali e sono riscaldati per esigenze del processo produttivo, pertanto sono esclusi dall’applicazione del suddetto decreto.

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8. EMISSIONI

8.1 Emissioni in atmosfera

Gli inquinanti presenti normalmente nelle attività di allevamento derivano dai processi metabolici degli animali e soprattutto dai processi di degradazione biologica delle sostanze organiche contenute nelle deiezioni. Le emissioni sono assimilabili alle diffuse e le principali molecole prodotte sono l’ammoniaca (NH3), il metano (CH4), le polveri (PM10 e PM2,5). Per quanto riguarda l’emissione di protossido di azoto (N2O) non ci sono fattori di emissione specifici per le fasi di stabulazione e stoccaggio. Pertanto si considera un singolo fattore.

Le fasi durante le quali si hanno la produzione di emissione sono suddivise in ricovero, stoccaggio delle deiezioni e spandimento. Nel nostro caso si considera solo il ricovero in quanto le deiezioni, che nel caso degli allevamenti avicoli si riferiscono alla pollina (deiezioni e paglia), sono allontanate ogni fine ciclo, conferendole a ditte specializzate

Nella fase di ricovero le emissioni in atmosfera sono originate dal funzionamento degli estrattori d’aria per la climatizzazione e l’aerazione dei capannoni di allevamento finalizzati al mantenimento delle condizioni di benessere degli animali. Il sistema di ventilazione è gestito da un apposito computer che attraverso il comando delle finestre, della ventilazione consente di condizionare la temperatura interna sui valori impostati dall’addetto alla gestione. Il valore ottimale della temperatura interna è importantissimo per ottenere il miglior compromesso tra consumo di mangime e produzione di carne.

Gli estrattori d’aria vengono azionati da termosonde che rilevano la temperatura interna del capannone e agiscono per il mantenimento della temperatura interna entro limiti compatibili col benessere degli animali. Il loro tempo di funzionamento è di conseguenza fortemente variabile e vincolato alle condizioni climatiche esterne e stagionali.

In relazione alla temperatura interna ed esterna, l’aumento della ventilazione avviene a stadi, cioè con l’inserimento progressivo dei ventilatori, fino al loro totale utilizzo. Al primo stadio sono collegati i ventilatori che funzionano con l’orologio parzializzatore per la programmazione del minimo ricambio d’aria. Con l’innalzamento della temperatura oltre i limiti impostati nella centralina, si determina lo stadio successivo ed quindi l’avvio dei ventilatori ad esso collegati. La temperatura impostata e la temperatura rilevata in ambiente sono visualizzate su un unico display. Un apposito quadro elettrico, collegato a sirena ed eventualmente a combinatore telefonico, segnala la mancanza di ventilazione per mancanza di corrente o guasti, e segnala la temperatura troppo alta o troppo bassa rispetto ai valori impostati.

I ventilatori estrattori sono completi di struttura in lamiera zincata, protezione antinfortunistica lato aspirazione in rete di acciaio zincato con maglia da mm 30 x 30. Il motore è alimentato a differenti tensioni, girante a sei pale in acciaio inox con cinghia di trasmissione dentata con carter di protezione. I ventilatori sono dotati di persianette in lamiera zincata, sul lato mandata, azionate da un sistema centrifugo a 3 masse bilanciate automaticamente, sono dotati inoltre di sistemi di oscuramento applicati ai ventilatori per evitare l’entrata di luce, formati da profili in alluminio a forma di “Z”.

Per il calcolo delle emissioni gassose in atmosfera di NH3, CH4 e NO2 sono state considerate diverse fonti, quali la Bat REFerence Documents (BREF) di settore “Reference Document on the Best Available Techniques for Intensive Livestock Farming” adottato nel luglio 2003, edito dall’Ufficio IPPC della UE sito a Siviglia e l’inventario nazionale ISPRA 2008 (Inventario nazionale delle emissioni e disaggregazione provinciale – Rapporto n. 85/2008), richiamate anche dalle istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni PRTR (Pollution Release and Transfer Register) in ottemperanza all’art. 5 del Regolamento CE n. 166/2006 per gli allevamenti intensivi di pollame e suini, recepite in Italia con il Decreto del presidente della Repubblica 11 luglio 2011, n. 157.

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Il rapporto ISPRA 2008 considera a sua volta diverse fonti, fra loro confrontabili, in particolare CRPA 2006a “Progetto MeditAIRaneo: settore Agricoltura. Relazione finale. Technical report on the framework of the MeditAIRaneo project for the Agriculture sector, Reggio Emilia – Italia” e CRPA 2006b “Predisposizione di scenari di emissione finalizzati alla progettazione di interventi per la riduzione delle emissioni nazionali di ammoniaca ed alla valutazione di misure e di progetti per la tutela della qualità dell’aria a livello regionale. Rapporto finale Reggio Emilia, Italia” i quali sono frutto di un lavoro di ricerca e monitoraggio delle emissioni condotto per diversi anni. I fattori relativi all’ammoniaca (NH3) e al metano (CH4) sono stati confrontati anche con quelli che derivano dall’applicazione del software Agri·Share elaborato sempre da CRPA (Centro Ricerche Produzioni Animali S.p.A), applicato per altri allevamenti similari per modalità di gestione e strutture di allevamento. In tale riferimento il contributo del metano è legato alle emissioni della lettiera durante la fase di stabulazione.

Si è fatto riferimento anche al rapporto ARPA Piemonte, dipartimento di Cuneo, “Emissioni di inquinanti provenienti da allevamenti animali in provincia di Cuneo” – maggio 2013, nel quale si fa una disamina dei fattori di emissione rielaborando dati provenienti da diverse fonti reperibili in letteratura, alcune delle quali citate sopra.

Per quanto riguarda le polveri il riferimento è l’ISPRA 2008.

Nella tabella che segue si riportano i fattori di emissione considerati per la sola fase di stabulazione, con il relativo riferimento bibliografico.

Allevamento convenzionale 6 capannoni

Inquinante Riferimento Fattore di emissione in

Kg/capo/anno

N. capi/ciclo Emissioni gassose (t/anno)

NH3 (Ammoniaca)

ISPRA 2008-CRPA 2006- Bref/2003

0,08 376.680 30,13

CH4 (Metano)

*ARPA Cuneo 2013

0,006 376.680 2,26

N2O (Protossido di

azoto)

ISPRA 2008 e ARPA Cuneo

2013

0,0113

376.680

4,46

PM2,5 ISPRA 2008 (All. 6)

0,0133 376.680 5,01

PM10 ISPRA 2008 (All. 7)

0,1029 376.680 38,76

* = ISPRA 2008 considera solo le emissioni dalla gestione delle deiezioni, Bref 2003 considera il fattore 0,004 .

Allevamento biologico 10 capannoni

Inquinante Riferimento Fattore di emissione in

Kg/capo/anno

N. capi/ciclo Emissioni gassose (t/anno)

NH3 (Ammoniaca)

ISPRA 2008-CRPA 2006- Bref/2003

0,08 158.000 12,64

CH4 (Metano)

*ARPA Cuneo 2013

0,006 158.000 0,95

N2O (Protossido di

ISPRA 2008 e ARPA Cuneo

0,0113

158.000

1,78

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azoto) 2013

PM2,5 ISPRA 2008 (All. 6)

0,0133 158.000 2,10

PM10 ISPRA 2008 (All. 7)

0,1029 31.600 16,26

* = ISPRA 2008 considera solo le emissioni dalla gestione delle deiezioni, Bref 2003 considera il fattore 0,004 .

Le sorgenti emissive sono riportate nella tavola 3A delle TAv. AIA con l’indicazione della presenza dei ventilatori estrattori, per le caratteristiche tecniche di questi si rimanda al paragrafo specifico 7.5 della presente relazione.

8.2.1 Punti di emissione

Ogni capannone per l’allevamento convenzionale, per gestire la temperatura ambiente, è costituito da un impianto di aspirazione dell’aria costituito da n°17 ventilatori assiali distribuiti tra i due lati corti dei capannoni e di umidificazione.

I capannoni per l’allevamento biologico hanno invece 14 ventilatori situati tutti in un settore.

L’acqua viene immessa tramite una elettropompa nel pacco di umidificazione posto nelle pareti laterali, l’aria viene aspirata dai ventilatori in modo tale da gestire all’interno dell’ambiente la giusta temperatura e umidità dell’aria richiesta.

A seconda delle condizioni igrometriche dell’ambiente interno, i ventilatori funzioneranno in sequenza, il tutto con un sistema automatizzato.

Naturalmente solo in condizioni gravose, che possono accadere in estate con picchi di temperatura elevata, i ventilatori potranno funzionare tutti contemporaneamente.

I polli, inoltre, ricevono il mangime per mezzo di pompe dosatrici, poste all’interno dell’ambiente, le quali caricano l’alimentatore dei polli in modo anch’esso automatizzato.

Il mangime viene stoccato all’interno di silos esterni (se ne prevedono due per ogni edificio). Si prevede al massimo la presenza di un camion al giorno per la fornitura del mangime da stoccare nei silos.

Sono inoltre previsti 4-5 camion al giorno distribuiti equamente per il ritiro dei polli e per l’arrivo dei pulcini.

Nella fase del ritiro dei polli, essi vengono messi all’interno di gabbie, che vengono caricate tramite bobcat all’interno dei camion; analogamente i pulcini che arrivano nelle gabbie vengono scaricati con il bobcat. In entrambi i casi le fasi di carico e scarico avvengono all’interno degli edifici che sono dotati di aperture sia sul retro che sul fondo di aperture di 3x3,5 metri.

8.2.2 Tecniche in uso per la riduzione delle emissioni

Come detto sopra gli inquinanti potenzialmente presenti nelle emissioni sono polveri e molecole organiche odorigene derivanti prevalentemente dalla essiccazione delle deiezioni e dalla traspirazione degli animali. Il controllo di questi inquinanti viene eseguito con l’uso delle seguenti tecniche:

ricoveri con pavimenti interamente ricoperti da lettiera e abbeveratoi antispreco

ricoveri con ottimizzazione dell’isolamento termico e della ventilazione (anche artificiale).

Prima dell’ingresso degli animali nel ricovero viene steso lo strato di materiale lignocelluloso che assolve a una duplice funzione:

permette l’assorbimento della frazione liquida delle deiezioni animali;

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consente di mantenere un certo gradiente termico in modo da fornire agli animali un letto caldo.

Per limitare la diffusione delle polveri, che veicolano gli odori, il progetto prevede, per i capannoni del convenzionale che risultano concentrati in una sola zona, di installare nelle testate dei capannoni ove sono presenti i ventilatori estrattori, un deflettore per il convogliamento delle polveri a terra.

Il deflettore rappresenta una soluzione aggiuntiva, di trattamento dell’aria, a valle e a monte dei ventilatori, che riduce ulteriormente l’emissione delle polveri e degli odori nell’ambiente.

Il sistema introdotto è la migliore soluzione tecnologica attualmente applicabile per l’abbattimento delle emissioni di polveri, odori, ecc. nell’ambiante.

Il sistema ha le seguenti caratteristiche:

- i ventilatori sono dotati di deflettore di convogliamento dell’aria verso il basso (chiuso anteriormente da rete antipolvere);

- all’interno del deflettore sono presenti dei nebulizzatori di acqua da utilizzare se necessario;

- nei tre lati esterni della piazzola in cemento antistante i ventilatori, è presente un muretto alto 30 cm, spessore 20 cm, con il cordolo di fondo box, forma le quattro sponde di contenimento dell’acqua per la raccolta delle polveri;

- detta vasca è perimetrata da pannelli sandwich di altezza a 4,50 m circa che formano un box Chiuso sul perimetro ma aperto in sommità, atto all’ulteriore contenimento delle emissioni e delle polveri che in tale modo subiscono una ulteriore limitazione di espansione e conseguente diffusione;

- all’interno del deflettore e/o subito all’esterno, in posizione comunque interna al box di cui sopra, sono presenti dei nebulizzatori di acqua ad alta pressione;

- l’aria estratta dai ventilatori, deviata dai deflettori, è costretta ad impattare nell’acqua della vasca, depositandovi buona parte della polvere (pulviscolo delle lettiere, piccole parti di piume, squame cutanee e simili, comunque organiche) che reca con se. Quella che prosegue il cammino, rideviata dal pelo d’acqua, contiene ovviamente una parte di polveri residuali; essa viene trattata con nebulizzazione ad alta pressione secondo quanto già detto al punto che precede. L’uso di acqua ad alta pressione permette risultati ottimali con consumi della risorsa idrica molto ridotti;

- l’acqua in vasca è mantenuta a livello attraverso un sistema di reintegro della parte evaporante; l’acqua transita in pozzetto collegato alla vasca ove è alloggiata una pompa ad immersione che provvede al ricircolo dell’acqua da e per la vasca favorendone l’ossigenazione. In tale pozzetto, di volume di 1 m3, è favorita la sospensione delle polveri residuali. Il materiale accumulatosi nei pozzetti di sospensione e ossigenazione dell’acqua di ricambio, di quantità modesta ed a carattere prettamente organica, può essere condotto, insieme all’acqua di ricambio, nelle vasche di raccolta delle acque di lavaggio. La diluizione di tali volumi minimali con quelli delle acque di lavaggio, di consistenza ben maggiore, non muta la caratterizzazione delle acque di lavaggio medesime mantenendo in capo ad esse la caratterizzazione di acque per uso irriguo o fertirriguo (si consideri che le polveri altro non possono essere che parti di lettiera, costituita da paglia trinciata oppure segatura di legno fine miscelata a lolla di riso, con piume e parti di squamatura della cute degli animali, e quindi solo elementi a carattere organico in quantità tali da risultare pienamente smaltibili nelle cisterne delle acque di lavaggio

Questa tecnologia, adottata e sperimentata (ed in continua sperimentazione e miglioramento da parte del gruppo Fileni), è stata valutata come metodologia che va oltre le BAT (MTD) le quali, in tema di abbattimento polveri e sostanze odorigene non vanno oltre le indicazioni di corretta prassi di allevamento sopra illustrate in tema di gestione e non

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spreco della risorsa idrica, di lettiere asciutte e di adeguata gestione del clima interno all’allevamento.

Per verificare l’efficacia della mitigazione sono state fatti campionamenti a monte e a valle del sistema di abbattimento da parte del laboratorio Igienstudio nell’allevamento che ha installato tale sistema in loc. Ponte Pio, nel comune di Jesi (vedi rel. Allegata Impatto atmosferico Ing. G. Domizi).

Particolari deflettori

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Vista prospettica laterale con specifiche sulla rete di circolazione e smaltimento acque di captazione

polveri e parti solide.

Va inoltre ricordato che i nuovi allevamenti di polli da carne – realizzati di norma senza alcun trattamento dell’aria – sono oggi molto migliorati rispetto al passato.

Oggi, la lettiera integrata a fine ciclo ha una umidità dell’ordine del 30% e, quindi, le emissioni di gas e di odori sono decisamente inferiori a quelle dei vecchi capannoni ancor

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oggi operativi (con umidità della lettiera che supera il 40%), dato che le emissioni di gas e odori derivano quasi esclusivamente dalle fermentazioni anaerobiche che si hanno su lettiere umide, ma che non si sviluppano su pollina asciutta.

Tale risultato dipende:

- dal miglioramento della ventilazione: la ventilazione forzata (e ancor più quella longitudinale di progetto) asciuga di più la lettiera

- dall’elevato livello di coibentazione dei capannoni : si evita la condensazione invernale dell’umidità nell’aria sul tetto e la sua ricaduta sulla lettiera

- dall’adozione di abbeveratoi antispreco: si impedisce che cada acqua a terra e bagni la lettiera

- dal miglioramento dell’alimentazione: le deiezioni sono meno ricche di azoto e più asciutte.

L’altro elemento da considerare ai fini delle previsioni di impatto di un nuovo allevamento è quello relativo alla presenza o meno dello stoccaggio delle deiezioni animali.

Nell’allevamento di progetto non si ha stoccaggio, dato che la lettiera avicola viene immediatamente trasferita fuori azienda a fine ciclo. L’eliminazione dello stoccaggio e dell’utilizzo agronomico nell’area comunale elimina i problemi connessi con queste due fasi gestionali della lettiera e rendono ancor più sostenibile l’allevamento di progetto.

Per il contenimento delle emissioni in fase di trasporto viene adottata la copertura dei cassoni con telo.

Per migliorare la gestione dell’allevamento e ottenere un rapporto peso/consumo più vantaggioso, l’azienda utilizzerà una fresa che consentirà di aerare e rigenerare la lettiera. L’operazione di fresatura sarà effettuata da 3 a 4 per ciclo e consentirà di ottenere una lettiera più soffice garantendo una maggiore proprietà di assorbimento della parte umida. Infatti una lettiera umida agisce come catalizzatore nella fermentazione delle sostanze in condizioni anerobiche favorendo lo sviluppo di odori molesti. L’operazione di fresatura, aerando la lettiera, impedisce il verificarsi di condizioni anaerobiche e quindi la formazione degli odori molesti.

Per i contenimento delle emissioni in fase di stabulazione sono inoltre presenti piantumazioni su tutto il perimetro dell’allevamento.

Relativamente alle polveri si evidenzia che l’area intorno agli allevamenti è pavimentata o inerbita.

Il mangime per l’alimentazione dei polli viene stoccato nei silos, due per ogni capannone. della capacità di 20 ton ciascuno, sono alti circa 8 m. Il mangime consiste in una miscela di cereali di varia pezzatura e pressoché privi di residui polverulenti. Il trasferimento del mangime dal camion al silos, avviene tramite coclea avente una potenzialità di trasferimento di circa 1 ton al minuto, pertanto il tempo impiegato per effettuare il carico completo va da 15 a 20 minuti. L’emissione di polveri in fase di carico dei mangimi nei silos è alquanto minima perché nella tramoggia di carico è presente una calza che entra nel silo e accompagna la caduta all’interno evitando dispersioni di polveri.

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8.2.3 Emissioni eccezionali

Situazioni anomale che possono generare emissioni più consistenti della situazione a regime sono le seguenti:

Situazione Impatto causato Azione preventiva Azione correttiva Responsabilità

Anomala umidità dovuta alle

momentanee condizioni meteo-

climatiche

Dispersione di odori superiore

alla norma -

Aumento della quantità di paglia miscelata con le

deiezioni e fresatura della lettiera

Operatore interno

malessere degli animali con produzione di

deiezioni particolarmente liquide

Dispersione di odori superiore

alla norma

Adeguati e puntuali controlli sugli animali per evitare situazioni

degenerative

Chiamata per intervento

veterinario. Aumento della quantità di

lettiera.

Operatore interno

Rottura del sistema di distribuzione dell’acqua

con perdite diffuse

Bagnatura della lettiera con diffusione di

odori superiore alla norma

Adeguati e puntuali controlli preventivi

sugli impianti.

Intervento immediato di riparazione, aggiunta paglia asciutta fino a ripristino delle

condizioni ottimali della lettiera

Operatore interno

Dispersione accidentale di mangime e quindi di

polveri durante le operazioni di caricamento

Dispersione di polveri superiore

alla norma

Adeguata formazione degli operatori sulle

procedure da seguire nel corso delle operazioni di caricamento

Raccogliere il materiale disperso e

bagnare il terreno

Operatore interno

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8.3 Gestione delle acque

Le acque meteoriche dei tetti sono raccolte da docce con pluviali e convogliate tramite canalette ai fossi di scolo. Tutte le superfici destinate alla viabilità e alle aree di pertinenza circostanti i capannoni saranno pavimentate con battuto in ghiaia e, benché di tipo permeabile, saranno previste delle canalette di regimazione delle acque meteoriche per il convogliamento nei fossi di scolo.

Anche le scarpate, mantenute a verde, saranno dotate di canalette di captazione delle acque meteoriche. Si ritiene che la gestione delle aree come di seguito specificato sia conforme al Piano di Tutela delle Acque, deliberazione n. 145 del 26 gennaio 2010. Di seguito sono riportate le caratteristiche delle aree pavimentate e modalità di gestione per i nuovi capannoni.

Superfici impermeabilizzate in asfalto/cls estensione

Piazzole di testata capannoni convenzionali comprendenti anche i silos.

(22m x 20,93m) + (3m x 11,56m) + (14,10 x 22,00) = 4.832,04 m2.

Piazzole di testata capannoni Bio

(ml.16.39 x ml.15.00) x 20 + (ml.3.00 x ml.7.85) x 10 =Totale = 5.068,43 m2.

Sup. piazzola silos Bio = 6.50m x 3,55m x 10 = 230,75m2.

Piazzola per cella frigorifera: 3,60 x 8,05 = 28,98 m2;

Piazzola per pesatura: 70 m2;

Piazzola disinfezione: 4,00 x 4,05 = 16,20 m2.

Totale superfici pavimentate 10.327,47m2.

Viabilità esterna e aree di manovra pavimentate in massicciata di ghiaia

45.785,00m2.

Attività effettuate Nelle piazzole di testata vengono effettuate le operazioni per il carico e scarico animali e il carico trasporto della pollina ogni fine ciclo per il conferimento a terzi.

Sistemi di drenaggio Presenza di pluviali e rete per il convogliamento delle acque piovane all’esterno delle aree pavimentate

Sistemi di pulizia Spazzamento a secco al termine di ogni utilizzo e successivo lavaggio con acqua a pressione mediante idropulitrice. Eventuali perdite di olio o altri versamenti accidentali vengono raccolti con materiali assorbenti. La pavimentazione viene accuratamente pulita e il materiale contaminato viene inserito in fusti con l’etichetta CER 15.02.02

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Analisi chimiche Assenti

Sistemi di trattamento Assenti

Destinazione acque Le acque meteoriche vengono naturalmente deviate lungo i margini delle piazzole infiltrandosi nei terreni adiacenti

Le acque che dilavano dalle piazzole di carico/scarico vanno a dispersione nel terreno adiacente. Nelle altre superfici pavimentate si hanno:

- movimentazione delle macchine agricole e dei mezzi che spostano i materiali nell’allevamento

- transito del personale per le ordinarie attività giornaliere

- fine ciclo transito dei mezzi che ricevono gli animali: i capi sono inseriti in carrelli all’interno del capannone e questi sono portati all’esterno con carrelli elevatori e caricati sul mezzo di trasporto.

- inizio ciclo: passaggio di mezzi che trasportano i nuovi capi. Lo scarico del mezzo avviene all’interno del capannone, quindi in area coperta.

Giornalmente gli operatori controllano la pulizia delle superfici e in caso di necessità procedono a pulizia delle stesse, mediante spazzamento.

Lo spazzamento è fatto manualmente al termine di operazioni di carico, o in caso se ne rilevi la necessità a causa di presenza di materiale disperso accidentalmente. Eventuali perdite di olio o altri versamenti accidentali vengono raccolti con materiale assorbente e la pavimentazione viene pulita. Durante le operazioni di carico dell’allevamento i piazzali possono essere sporcati solo dalle tracce di pollina che viene perduta dai pneumatici dei mezzi: in questa situazione gli operatori effettuano pulizie più accurate e con maggior frequenza.

La pulizia ordinaria e frequente e il controllo della pulizia dei piazzali sono i sistemi di prevenzione adottati. Non sono presenti depositi esterni, che possano essere dilavati, fatta eccezione per i rifiuti da imballaggio non pericolosi, che vengono smaltiti di frequente per evitarne l’accumulo di notevoli quantità. Eventuali rifiuti pericolosi (imballaggi contaminati da attività di manutenzione o trattamento farmacologico) sono tenuti in contenitori dedicati al coperto.

In casi di emergenza per eventi piovosi improvvisi con operazioni di movimentazione di materiali e animali in atto e sversamento accidentale di prodotti chimici liquidi/ olio sulle aree pavimentate si interverrà con personale interno.

Le operazioni di svuotamento e riempimento dei capannoni sono programmate con notevole anticipo, pertanto non è possibile posticiparle in caso di intense precipitazioni.

Gli operatori procederanno quindi con l’attività cercando di concluderla nel più breve tempo possibile; un operatore sarà incaricato espressamente di verificare la presenza di eventuali accumuli consistenti di materiali estranei sul piazzale, provenienti dalla movimentazione dei mezzi di trasporto, e di rimuoverli con pala e scopa.

La regolare attività di pulizia procederà comunque alla fine delle operazioni, quando le piazzole saranno state sgombrate da materiali e mezzi.

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8.4 Scarichi idrici

L’allegato 3B dell’AIA riporta la planimetria dello stabilimento con l’indicazione delle reti idriche potabili e fognarie, i punti di scarico delle acque reflue.

L’acqua di lavaggio viene raccolta in 2 sacconi flessibili, uno delle dimensioni di 100 m3, e 1 da 200 m3 destinati all’allevamento convenzionale, 2 di 100 m3 e 2 di 50 m3 per l’allevamento biologico. Successivamente, trascorso il periodo stabilito dai regolamenti in materia per la sedimentazione delle sostanze azotate, potranno essere utilizzate a scopi irrigui e/o fertirrigui nell’ambito dell’azienda. I servizi igienici saranno ricavato nell’anticamera dell’allevamento n.4. Nell’ Allegato 3B dell’AIA si riporta lo schema di funzionamento.

8.5 Rifiuti

I rifiuti non speciali prodotti in azienda, come imballaggi in plastica, carta, cartone, bottiglie in vetro (non contenti farmaci), sono raccolti in modo differenziato e stoccati in appositi cassonetti. Con cadenza regolare la ditta incaricata provvede direttamente al ritiro e allo smaltimento (porta a porta).

I rifiuti speciali prodotti sono in prevalenza rifiuti da imballaggio e da manutenzione. I rifiuti da imballaggio sono principalmente cartone, plastica o vetro. I contenitori derivano dall’utilizzo di antibiotici, vaccini, disinfettanti e detergenti: sono lavati con cura con acqua e le acque risultanti dai risciacqui sono aggiunte nelle vasche o cisterne in cui sono utilizzati i prodotti.

Nella tabella che segue si riporta una stima dei rifiuti prodotti:

Codice CER Descrizione del

rifiuto

Quantità annua prodotta Area di stoccaggi

anno quantità (t)

15.01.02

Imballaggi in plastica (ad esempio i

contenitori per detergenti )

1 2,3 D19

18.02.02* Flaconi

vaccini(Assimilati rif. ospedalieri)

1 0,034 D 21

15.01.01 Imballaggi cartoni 1 3,5 D22

16.02.13

Apparecchiature fuori usi contenenti

componenti pericolosi

1 0,003 D20

I rifiuti da imballaggio che hanno contenuto vaccini vivi sono tenuti in deposito in appositi contenitori in plastica con l’etichetta CER 18.02.02. Il contenitore è tenuto in locale coperto localizzato presso l’allevamento e viene smaltito circa 1 volta/anno. La quantità dei rifiuti speciali da smaltire viene stimata in 34 kg.

Il nuovo sistema di illuminazione da installare, pur conservando o replicando nelle forme le normali plafoniere contenenti tubi al neon, vedrà la sostituzione delle sorgenti illuminanti con sistemi a LED. Ciò sia per risparmio energetico che per maggiore efficienza illuminante. L’eventuale smaltimento di plafoniere LED danneggiate, avverrà comunque attraverso la loro conservazione in recipienti in plastica a tenuta stagna da conferire a ditte specializzate ed autorizzate al loro smaltimento.

I nuovi punti di deposito dei rifiuti sono visualizzati nell’allegato 3D: le quantità minimali residuanti dagli eventuali interventi manutentori o comunque quelle afferenti ai contenitori di scarto, sono di entità limitatissima, e tali da poter essere conservate all’interno dei locali di

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servizio di ogni singolo capannone sempre nei recipienti già descritti che ciclicamente vengono vuotati dalle ditte autorizzate.

Non vengono prodotti oli esausti, né batterie di automezzi, in quanto la manutenzione dei mezzi è fatta presso soggetti esterni.

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135

8.6 Animali morti

Allevamento convenzionale

Considerando una mortalità del 5% si considera che esse ammonteranno a 115 t ogni anno.

I polli morti avranno un peso diverso, in quanto non muoiono tutti nello stesso momento bensì in maniera scalare durante tutto il ciclo di allevamento, pertanto al fine di stimare la massa finale di carcasse si considera un peso medio degli animali di 1 kg.

Nella tabella seguente viene riportata la mortalità in relazione ai capi prodotti a ciclo e annualmente, considerando 5 cicli.

Valore a ciclo

Capi n° capi

accasati

Mortalità n° capi morti

n° di capi prodotti

Peso animali morti

Peso medio convenzionale di

un capo/ciclo

(%) (t) (kg)

Polli 376.680 5 18.834 357.846 18,8 1

Valore annuale (5 cicli)

Capi n° capi

accasati

Mortalità

n° capi morti per

ciclo

n° di capi prodotti

Peso annuale animali morti

Peso medio convenzion

ale di un capo/ciclo

Peso medio capo ala vendita

Peso annuale

capi prodotti

(%) (t) (kg) Kg (t)

Polli 1.883.400 5 94.170 1.455.020 94 1 2,5 4.473

Allevamento biologico

Considerando una mortalità del 5% si considera che esse ammonteranno a 8 t ogni anno.

I polli morti avranno un peso diverso, in quanto non muoiono tutti nello stesso momento bensì in maniera scalare durante tutto il ciclo di allevamento, pertanto al fine di stimare la massa finale di carcasse si considera un peso medio degli animali di 1 kg.

Nella tabella seguente viene riportata la mortalità in relazione ai capi prodotti a ciclo e annualmente, considerando 3,5 cicli.

Valore a ciclo

Capi n° capi

accasati

Mortalità n° capi morti

n° di capi prodotti

Peso animali morti

Peso medio convenzionale di

un capo/ciclo

(%) (t) (kg)

Polli 158.000 5 7.900 150.100 7,9 1

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Valore annuale (3,5 cicli)

Capi n° capi

accasati

Mortalità n° capi

morti n° di capi prodotti

Peso annuale animali morti

Peso medio convenzion

ale di un capo/ciclo

Peso annuale

capi prodotti

(%) (t) (kg) (t)

Polli 553.000 5 27.650 525.350 27,65 2,6 1.366

Gestione animali morti

Una volta che gli animali muoiono vengono prelevati dalla zona di stabulazione e depositati nella cella frigo esistente, sufficiente a contenere gli animali morti anche nella configurazione futura, in attesa del ritiro della ditta autorizzata. Si evidenzia che il peso annuale degli animali morti stimato sarà in totale di 121,65 t/anno.

Le carcasse degli animali morti sono classificate “residui animali di categoria 3” ai sensi del Reg. CE 1774/02.

I ritiri avverranno con frequenza regolare e saranno effettuati direttamente da una ditta specializzata una volta che la cella risulta piena come materiale di categoria 2 nel rispetto del Regolamento CE 1774/2002.

8.7 Produzione e gestione effluenti dell’allevamento.

La produzione di lettiera integrata è stata calcolata in base alle tabelle del Decreto 7 aprile 2006, recepito dalla Regione Marche con la Delibera di Giunta Regionale n. 1448 del 7 dicembre 2007 (vedi paragrafo 1.1). Nella tabella 1 (Quantità di effluente prodotto in relazione alla tipologia di allevamento, pesi medi, produzioni unitarie) del punto 3.3 della normativa regionale si riportano i seguenti valori di riferimento per il calcolo della lettiera dei polli da carne a terra con n. 5 cicli:

Estratto della tabelle della normativa regionale

Tipologia allevamento

Peso vivo medio

(kg/capo)

Liquame (deiezioni e/o acque di lavaggio a fine

ciclo) (m3

/t p.v. x anno)

Letame o materiale palabile

(t/t p.v. x anno

(m3/t p.v. x anno)

Polli da carne a terra con uso di lettiera (n. cicli/anno 4,5)

1 1,2 8 13,5

Nella stessa norma si riportano anche i valori per definire la produzione di azoto utile per pianificare un eventuale uso come fertilizzante della pollina.

Broilers a terra con uso di lettiera

Produzione unitari di azoto 0,25 kgN/capo/anno

Produzione unitari di azoto 250 kgN/t p.v./anno

Nella tabella seguente viene mostrata la futura produzione di pollina.

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CONSISTENZA DI STALLA E DEIZIONI PRODOTTE DALL’ALLEVAMENTO CONVENZIONALE NEL PROGETTO FUTURO

Categoria zootecnica

n° capi accasati

n° cicli anno

n° di capi

prodotti ciclo(1)

n° di capi prodotti anno(1)

Peso medio

capo/ciclo da tabella regionale

Peso vivo

medio in stalla PV

Peso capo

alla fine del

ciclo

Peso totale degli animali

allevati annualmente

PVM

Deiezioni prodotte

per t di PV

Deiezioni prodotte per m

3 di

PV

Totale deiezioni prodotte

Azoto prodotto per t di PV (kg)

Azoto totale

(t)

(kg) (t) (kg) (t) t m3

Broiler allevati nel progetto

futuro

376.680 5 357.846 1.789.230 1 358 2,5(2) 4.473 8 t 13,5 m3 2.863 4.831 250 89

(1) Dato fornito al netto della mortalità del 5% (2 ) Il peso alla fine del ciclo di 2,5 kg è quello medio tra i tre scaglioni in cui escono gli animali, 1,6 kg, 2,6 kg e 3,5 kg. (3) Per la pollina si calcola un peso specifico di 0,55 t/m3

CONSISTENZA DI STALLA E DEIZIONI PRODOTTE DALL’ALLEVAMENTO BIOLOGICO NEL PROGETTO FUTURO

Categoria zootecnica

n° capi accasati

n° cicli anno

n° di capi

prodotti ciclo(1)

n° di capi prodotti anno(1)

Peso medio

capo/ciclo durante tabella

regionale

Peso vivo

medio in stalla PV

Peso capo

alla fine del

ciclo

Peso totale degli animali

allevati annualmente

PVM

Deiezioni prodotte

per t di PV

Deiezioni prodotte per m

3 di

PV

Totale deiezioni prodotte

Azoto prodotto per t di PV (kg)

Azoto totale

(t)

(kg) (t) (kg) (t) t m3

Broiler allevati nel progetto

futuro

158.000 3,5 150.100 150.100 1 150 2,6(2) 1.313 8 t 13,5 m3 1201 2026 250 38

(1) Dato fornito al netto della mortalità del 5%

(2) Per la pollina si calcola un peso specifico di 0,55 t/m3

Riassumendo, con il nuovo progetto si avranno 4.064 t di pollina (2.863 + 1.201), che conterranno complessivamente 127 t di azoto organico. Alla suddetta pollina si sommano piccoli quantitativi di sedimenti provenienti dalle acque di lavaggio, anche questi con sostanze nutritive. Tali quantitativi saranno gestiti per fertirrigare le superfici verdi attorno ai capannoni.

Il DM 25 febbraio 2016 “Criteri e nome tecniche generali per la disciplina degli effluenti e delle acque reflue, nonché per la produzione e l’utilizzo agronomico del digestato” focalizza l’attenzione

sulla corretta gestione, ai fini dell’utilizzo agronomico, di effluenti di allevamento, acque reflue e del digestato ottenuto da specifiche matrici organiche derivate dall’attività agricolo-zootecnica e agroindustriale. Tra gli allegati si riportano anche i valori indicativi di effluenti prodotti a livello aziendale (All. 1) in termini quantitativi (Tab. 1) e di produzione di azoto (Tab. 2). I valori di produzione delle deiezioni sono più bassi e quelli dell’azoto sono uguali. Per il calcolo delle deiezione si è preferito utilizzare ancora il valore ancora il valore della norma regionale perché più conservativo.

Tipologia allevamento Peso vivo

medio (kg/capo)

Liquame (deiezioni e/o acque

di lavaggio a fine ciclo) (m3

/t p.v. x anno)

Letame o materiale palabile

(t/t p.v. x anno

(m3/t p.v. x anno)

Polli da carne a terra con uso di lettiera (n. cicli/anno 4,5)

1 0,6 6,2 9,5

8.7.1 Gestione

La pollina sarà conferita ad una ditta specializzata nell’ambito della produzione di compost. Il trasporto avverrà con autocarri provvisti di telo per evitare emissioni in atmosfera.

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9. SISTEMI DI CONTENIMENTO E ABBATTIMENTO

Al fine di contenere le emissioni in atmosfera e di evitare l’insorgere di problematiche di carattere sanitario, in azienda verranno applicate alcune tecniche annoverate come MTD.

Tra le tecniche più rilevanti e maggiormente efficaci di seguito se ne riportano alcune, per l’elenco completo delle MTD applicate si rimanda al capitolo dedicato:

Utilizzo lettiera in paglia;

utilizzo abbeveratoio antispreco;

disinfezione automezzi (biosicurezza);

corretta gestione delle temperatura e della ventilazione nei ricoveri ricoveri zootecnici;

corretta gestione delle deiezioni e programmazione delle operazioni di movimentazione;

bilanciamento dieta degli animali;

disinfezione strutture zootecniche;

controllo insetti e ratti;

formazione degli addetti.

La fase di abbeverata degli avicoli è uno dei punti più sensibili e che potrebbe portare ad un incremento delle emissioni a causa dell’accidentale caduta di acqua sulla lettiera. Per ovviare a questo problema i ricoveri sono dotati di abbeveratoio antispreco il quale contiene notevolmente la perdita di acqua (vedi paragrafo 2.4), inoltre la lettiera è costituita da paglia, materiale che assorbe notevolmente le perdite di acqua.

Per scongiurare il rischio dell’insorgere di problematiche di carattere sanitario, l’azienda si doterà di un sistema automatizzato per la pulizia degli automezzi in arrivo. Tale procedura operativa sarà attuata con realizzando un dispositivo di disinfezione ad arco nebulizzando una soluzione disinfettante sul veicolo allo scopo di neutralizzare eventuali microrganismi ed evitare la diffusione di epidemie nell’allevamento. La soluzione nebulizzata con arco, in condizioni di disinfezione standard, generalmente crea poche quantità di sgrondo che si depositano sulla pavimentazione in cemento e si asciugano evaporando; la quantità aumenta in caso di disinfezione prolungata per la presenza di problemi igienico sanitari. La piazzola per la disinfezione degli automezzi, di dimensioni di 4 x 4 m, ha il basamento in cemento e presenta una leggera pendenza verso una caditoia a griglia per la raccolta dell’acqua di sgrondo che viene convogliata nella cisterna interrata da 2 mc tramite tubazione provvista di valvola tre vie. Quando viene attivato l’impianto di disinfezione si ha il deflusso nella vasca di accumulo del liquido caduto sulla piazzola; a fine irrorazione la valvola si chiude. Nel caso di pioggia, quindi, l’acqua piovana non raggiunge il pozzetto, ma si disperde nelle aree adiacenti la piazzola stessa. Le acque raccolte nella cisterna saranno avviate a smaltimento tramite ditta autorizzata.

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Fig. 7/1: Schema del funzionamento del sistema di disinfezione automezzi

Nelle stalle la temperatura ambientale e la ventilazione vengono costantemente tenute sotto controllo, questi parametri risultano fondamentali al fine di garantire il benessere degli animali e di evitare quindi emissioni straordinarie dovute a problematiche di carattere sanitario. Il sistema di ventilazione, riscaldamento e raffrescamento è del tutto automatizzato.

Intorno al sito di progetto e all’interno è previsto un sistema di siepi e lembi boscati che contribuiranno ad abbattere le polveri e gli inquinanti in atmosfera, oltre a mitigare le emissioni acustiche.

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La gestione delle deiezioni avicole risulta di fondamentale importanza per limitare l’emissione in atmosfera di inquinanti gassosi e molecole odorigene, e per evitare perdite accidentali o sversamenti che potrebbero creare problemi di inquinamento del suolo. Come riportato in precedenza le deiezioni avicole (pollina) vengono allontanate immediatamente dall’azienda e conferite a soggetti terzi. Questa operazione avviene contestualmente alla rimozione del materiale dai capannoni, non viene effettuato stoccaggio, in questa maniera si riduce notevolmente l’emissione di CH4 che come ben noto, si sprigiona dalla pollina nella fase di stoccaggio.

Al fine di contenere il rischio di sversamenti è prevista una procedura che contempla casi di emergenza ed eventi eccezionali che potrebbero avvenire durante le fasi di gestione degli effluenti o di altri materiali.

I casi di emergenza previsti sono i seguenti:

eventi piovosi intensi durante le operazioni di movimentazione di materiali e animali;

sversamento accidentale di prodotti chimici liquidi/ olio sulle aree pavimentate.

Eventi piovosi intensi durante le operazioni di movimentazione di materiali e animali

Le operazioni di svuotamento e riempimento dei capannoni sono programmate con notevole anticipo, pertanto non è possibile posticiparle in caso di intense precipitazioni.

Gli operatori procederanno quindi con l’attività cercando di concluderla nel più breve tempo possibile; un operatore sarà incaricato espressamente di verificare la presenza di eventuali accumuli consistenti di materiali estranei sul piazzale, provenienti dalla movimentazione dei mezzi di trasporto, e di rimuoverli con pala e scopa.

La regolare attività di pulizia procederà comunque alla fine delle operazioni, quando le piazzole saranno state sgombrate da materiali e mezzi.

Per eventuali sversamenti accidentali vedere la scheda seguente.

Sversamenti accidentali

SVERSAMENTO OLIO / PRODOTTI CHIMICI PER MANUTENZIONE / DISINFEZIONE

Responsabilità attuazione: Operatore

Addetti all’intervento di emergenza Operatore

Aree/reparti sensibili Piazzole pavimentate

Numeri telefonici riferimento Tel responsabile allevamento

Descrizione origine del rischio

ambientale

Azioni preventive

Rovesciamento accidentale per errata

manovra durante l’operazione di

movimentazione di fusti o fustini di olio o

prodotti chimici

Adeguata formazione degli operatore rispetto a modalità

di movimentazione dei carrelli elevatori,

mantenimento i condizioni adeguate di pulizia e ordine le

aree di movimentazione

sensibilità rispetto alle problematiche ambientali.

Corretta manutenzione dei mezzi di movimentazione dei

materiali (muletti, ecc..) per assicurare il loro corretto

funzionamento.

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AZIONI DA EFFETTUARE DURANTE L’EMERGENZA

I materiali per intervenire (materiale assorbente, pala e scopra) si trovano nel magazzino.

L’operatore assorbe tempestivamente il prodotto con l’assorbente, assicurando di ricoprire tutta

l’area interessata dallo sversamento.

Il materiale assorbente contaminato di olio viene raccolto con pala e scopa e inserito all’interno dei

fusti vuoti predisposti in area A e i e tali fusti vanno etichettati con la scritta “Rifiuti contenenti residui

di olio” CER 15.02.02.

Nel caso di sversamenti consistenti che raggiungano il terreno in area non pavimentata, raccogliere il

liquido con i mezzi a disposizione e avvertire immediatamente dell’accaduto il responsabile (Gestore),

che si mette in contatto con l’autorità competente e decide come procedere.

In questi casi il gestore deve consultare le schede di sicurezza del prodotto accidentalmente disperso

in particolare ai punti 2 Composizione, e 12 Informazioni ecologiche, e renderle disponibili

all’autorità.

La dieta degli animali sarà equilibrata e ponderata in base alle fasi di accrescimento, questa sarà mirata ad ottenere le migliori performance produttive ma allo stesso tempo ad evitare problemi sanitari agli animali e a garantire le migliori condizioni fisiologiche degli stessi.

Le strutture zootecniche sono disinfettati e trattati chimicamente alla fine di ogni ciclo, inoltre si rispetta un periodo di vuoto sanitario. Per la descrizione di tale pratica si rimanda al capitolo 2.1.

Il controllo di topi e ratti, blatte, insetti striscianti, Mosche, Zanzare e Colombi e volatili molesti in genere sarà ampliamente applicato, e le pratiche di difesa saranno costantemente utilizzate.

L’attività sarà organizzata con una procedura operativa che prevede la seguente documentazione che permetterà di pianificare l’attività e darne evidenze per eventuali controlli:

- Planimetria, con indicate le postazioni installate e numerate;

- Calendario interventi e aree trattate;

- Tipo di postazioni installate esca utilizzata e relative schede tecnica-sicurezza;

- Schede tecniche di sicurezza dei prodotti utilizzati;

- Report delle postazioni, con indicato il numero e la collocazione della postazione ed indicati i dati relativi ad ogni controllo effettuato;

- Piano di lavoro, con indicate le soglie di controllo stabilite e le azioni correttive.

Le modalità operative fanno riferimento alle normative sulla biosicurezza degli allevamenti.

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10. VALUTAZIONE INTEGRATA

La valutazione integrata dell’inquinamento provocato dall’azienda viene effettuata andando a studiare l’ambiente in cui la realtà produttiva è inserita e analizzando i singoli aspetti ambientali su cui si ripercuotono le diversi fasi della produzione.

I dati di progetto vengono confrontati con le tecniche descritte nei BRef Europei. Le attività produttive monitorabili o per le quali è possibile effettuare stime dei consumi, vengono analizzate in relazione alla produzione ipotizzata e vengono collocate in base alle attuali MTD di settore. Sicuramente per il settore degli allevamenti i consumi idrici ed energetici rappresentano gli aspetti monitorabili più importanti.

Di seguito si propone un riepilogo puntuale dei dati fondamentali riguardanti gli aspetti ambientali monitorabili.

Convenzionale

Aspetto Stima Linee guida Fattori da

linee guida

Stima applicando fattori da

linee guida

Mitigazioni

N polli prodotti 357.846

ciclo

Produzione carne

4.473 ton/anno

Superficie capannoni

interna utile per

accasamento

18.834 mq

Consumo mangime

6.889 tonn/anno

Consumo energia elettrica

2.101 GJ/anno

Consumo energia termica

1.868 GJ/anno

Consumo acqua abbeveraggio

20.717 mc/anno

Consumo acqua raffrescamento

11.405 mc/anno

Emissioni atmosfera

ISPRA 2008-CRPA 2006- Bref/2003

0,08 kg/capo

30,13 ton/anno

NH3

Abbattimento attraverso fresatura

della lettiera, rimozione della pollina ogni fine

ciclo e trasporto ad operatore esterno, superfici esterne

inerbite o pavimentate, piantumazioni

*ARPA Cuneo 2013 0,006

kg/capo

2,26 ton/anno

CH4

ISPRA 2008 e ARPA Cuneo

0,0113 kg/capo

4,46 ton/anno

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2013 N2O esterne.

Scarichi -

Scarichi civili in Fossa

imhoff

Rifiuti -

Imballaggi e rifiuti da

manutenzione periodica

Produzione liquame

Acque di lavaggio destinate a

fertirrigazione

Produzione lettiera

4.831 mc/anno

Tutte le deiezioni prodotte vengono cedute a terzi con

contratto.

Valori paesaggistici

Mitigato dalla messa a dimora di alberature e

realizzazione della rete ecologica locale

Biodiversità

Realizzazione di rete ecologica locale

connessa a quella esistente.

Biologico

Aspetto Stima Linee guida Fattori da

linee guida

Stima applicando fattori da

linee guida

Mitigazioni

N polli prodotti 150.100

ciclo

Produzione carne

1.366 ton/anno

Superficie capannoni

interna utile per

accasamento

15.800 mq

Consumo mangime

2.978,33 ton/anno

Consumo energia elettrica

1.786 GJ/anno

Consumo energia termica

1.567 GJ/anno

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144

Consumo acqua abbeveraggio

8.959 mc/anno

Consumo acqua raffrescamento

9.282 mc/anno

Emissioni atmosfera

ISPRA 2008-CRPA 2006- Bref/2003

0,08 kg/capo

12,64 ton/anno

NH3

Abbattimento attraverso fresatura

della lettiera, rimozione della pollina ogni fine

ciclo e trasporto ad operatore esterno, superfici esterne

inerbite o pavimentate, piantumazioni

esterne.

*ARPA Cuneo 2013 0,006

kg/capo

0,95 ton/anno

CH4

ISPRA 2008 e ARPA Cuneo

2013

0,0113 kg/capo

1,78 ton/anno

N2O

Scarichi -

Scarichi civili in Fossa

imhoff

Rifiuti -

Imballaggi e rifiuti da

manutenzione periodica

Produzione liquame

Acque di lavaggio destinate a

fertirrigazione

Produzione lettiera

2.026 mc/anno

Tutte le deiezioni prodotte vengono cedute a terzi con

contratto.

Valori paesaggistici

Mitigato dalla messa a dimora di alberature e

realizzazione della rete ecologica locale

Biodiversità

Realizzazione di rete ecologica locale

connessa a quella esistente.

10.1 Sintesi degli aspetti ambientali significativi

Di seguito si propone un riepilogo puntuale dei dati fondamentali riguardanti gli aspetti ambientali monitorabili e l’inquadramento aziendale rispetto le MTD per l’azienda.

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Emissioni

L’allevamento degli avicoli avviene su lettiere in paglia con abbeveratoi antispreco, la ventilazione è forzata in quanto la ventilazione naturale non è sufficiente soprattutto nel periodo estivo più caldo dove non potrebbero essere garantite condizioni idonee al benessere degli animali.

Sono applicate le BAT di riferimento per gli allevamenti avicoli finalizzate alla riduzione delle emissioni.

Consumo idrico

I consumi idrici totali annuali del convenzionale sono pari a 32.639 m3, di cui 63,37 % per abbeveraggio, 34,38 % per raffrescamento, 1,44 % per disinfezione e lavaggio delle strutture e 0,31% per gli usi civili. Per il biologico i consumi totali sono 18.484 m3, di cui il 48,47% per abbeveraggio, il 50,22% per raffrescamento, 1,05% per disinfezione e lavaggio delle strutture e 0,27% per usi civici.

I valori sono in linea con i dati del settore in relazione alle categorie zootecniche degli animali allevati e alle pratiche sanitarie adottate.

I consumi per abbeveraggio sono in linea con il valore di 4,5-11 l/capo/ciclo fissato proposti nei BRef europei per i broiler con allevamento convenzionale. Quelli del biologico sono leggermente superiori per il fatto che il ciclo è più lungo.

Consumo energetico

L’energia totale (elettrica e termica) consumata annualmente può essere ponderata alla consistenza di stalla al fine di ottenere un valore di consumo giornaliero per animale.

Nella tabella seguente vengono riportati i valori di energia consumata per animale prodotto e confrontati con i valori di riferimenti del Bref. Il dato di riferimento è quello del convenzionale in quanto per il biologico, essendo meno animali, il dati di riferimento è sicuramente maggiore.

.ENERGIA ELETTRICA

Categoria zootecnica Consumi aziendali

1

(Wh/capo/giorno)

Valori di riferimento2

(Wh/capo/giorno)

Broiler convenzionale 1,18

Ventilazione 0,10 – 0,14

Alimentazione 0,40 – 0,60

Illuminazione --

Broiler biologico 3,33

Ventilazione 0,10 – 0,14

Alimentazione 0,40 – 0,60

Illuminazione --

ENERGIA TERMICA

Categoria zootecnica Consumi aziendali

1

(Wh/capo/giorno)

Valori di riferimento2

(Wh/capo/giorno)

Broiler convenzionale 1,054 13 - 20

Broiler biologico 2,92

1I consumi di energia elettrica sono riferiti alle fasi di alimentazione e illuminazione 2I valori di riferimento sono tratti dal documento dell’IPPC “Reference document on Best Available

Techniques for intesive rearing of Poultry and Pigs”

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L’energia elettrica consumata per l’allevamento degli avicoli risulta sostanzialmente in linea con i valori proposti dall’IPPC e riportati nei BRef europei, questo perché gli impianti dell’azienda (sistema di alimentazione, illuminazione e ventilazione) possono essere considerati moderni e funzionali e quindi efficienti in maniera analoga a quelli valutati nei sistemi di riferimento. Nello specifico, il valori di consumo per animale (Wh/capo/giorno) è di 1,18 per l’allevamento convenzionale, superiore a quello proposto nei Bref come somma per la ventilazione e alimentazione. Nel dato di progetto è comunque compresa anche l’illuminazione e il consumo della cella frigo.

L’energia termica consumata è ricavata dalla combustione di combustibili fossili come metano e gasolio in emergenza, anche in questo caso i valori stimati di consumo sono inferiori a quelli proposti nei BRef, infatti si attestano su 1,054 Wh/capo/giorno per l’allevamento convenzionale. Il risparmio di energia termica che emerge dall’analisi può essere imputato all’ottima coibentazione delle strutture.

Per l’allevamento biologico, come detto sopra, i valori dei consumi energetici per capo/giorno sono superiori in quanto si allevano meno capi/m2. Ad ogni modo il dato del consumo termico è sempre inferiore a quello della Bref, in quanto pari a 2,92 Wh/capo/giorno, mentre quello elettrico si alza a 3,33 Wh/capo/giorno, inglobando anche l’illuminazione e le cela frigo.

Concludendo si può affermare che i fattori di consumo complessivo sono sostanzialmente in linea con gli indicatore riportati nei BRef.

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11. VIABILITÀ E TRAFFICO INDOTTO

Di seguito viene analizzato Il traffico veicolare prodotto dall’attività in progetto:

Nuovo progetto – animali accasati a ciclo: Allevamento convenzionale 376.680 polli (al lordo della mortalità); allevamento biologico 158.000 polli. Totale animali accasati = 534.680 polli.

Le attività analizzate in grado di attrarre i flussi di traffico pesante sono quelle legate allo svolgimento delle attività dell’allevamento degli avicoli nello scenario futuro, descritte nei capitoli precedenti. Di seguito sono elencate ed è brevemente accennata la frequenza con la quale si rende necessario approvvigionarsi delle materie prime o conferire all’esterno i prodotti dell’attività produttiva. Si ricorda che l’intero allevamento sarà condotto con la tecnica del tutto pieno – tutto vuoto, in modo da rispettare le dovute precauzioni sanitarie. Si considereranno 5 cicli per il convenzionale e 3,5 cicli per il biologico. Per l’allevamento convenzionale verso la metà del ciclo ci sarà lo sfoltimento delle femmine e per l’allevamento biologico questo avviene verso il 60° giorno.

Per semplicità di calcolo e assumendo un approccio conservativo nella tabella che segue, si riporta la stima del flusso di traffico per ciclo considerando un arco temporale di 60 gg ed assimilando che siano tutti convenzionali. Questo perché per ogni ciclo il n° di animali del biologico è un ordine di grandezza minore rispetto all’allevamento convenzionale. La stima è fatta sulla base di dati raccolti da allevamenti similari dell’azienda. Essa è stata divisa per fasce di 10 gg da 0 al 60° giorno.

Periodi Trasporto mangime

Trasporto femmine

da femmine

Trasporto maschi

fine ciclo

Trasporto lettiera esausta

Trasporto lettiera nuova

Ttrasporto pulcini

Trasporto carcasse

Trasporto da parte di terzisti

di mezzi per pulizia e

manutenzioni Totale

periodo

Mezzi/ giorno

0-10 10 7 17 1,7

10-20 10 10 1

20-30 17 17 1,7

30-40 21 29 1 1 52 5,2

40-50 13 22 35 3,5

50-60 4 60 26 12 1 5 108 10,8

Tot. per ciclo 239 4

11.1 Compatibilità dei flussi attratti con la viabilità esistente

Il progetto prevede l’accesso all’azienda dalla Strada Provinciale n. 9, di fondovalle, attualmente esistente che presenta una sezione tale da non destare problemi a suportare il leggero incremento di traffico. Dopo un breve percorso, a est o a ovest, si arriva agli svincoli della Superstrada SS76. La strada interna che conduce al sito di porgetto è a sevizio solo per un breve tratto ad alcune abitazioni presenti in zona. In gran parte si sviluppa all’interno dell’azienda.

I flussi attratti dall’azienda, nello scenario futuro, andranno a gravare massimo per 10,8 mezzi/giorno, pari, considerando 6 ore di trasporto, a 1,8 mezzi/h, in concomitanza del trasporto degli animali a fine ciclo. Il flusso attratto medio è di 4,0 mezzi/giorno. In questo conteggio non sono considerati i vuoti sanitari.

Le interferenze sono limitate dal fatto che i flussi di traffico attratti sono distribuiti durante le ore di lavoro e non coincidono con i flussi di entrata e uscita derivanti dalle poche residenze rurali presenti in zona.

Data la viabilità esistenti e i limitati flussi che attualmente supporta si prevede che l’incremento del traffico sia sostenibile.

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12. FASE DI CANTIERE

12.1 Tempi di attuazione del progetto

Il progetto può essere attuato in circa 15-18 mesi.

12.2 Stato attuale dell’area

L’area d’intervento è destinata alle coltivaazioni erbacee. Non ci sono infrastrutture da demolire.

12.3 Fasi di cantiere

Le attività di cantiere saranno articolate nelle seguenti fasi:

- Fase n. 1 - Impianto cantiere;

- Fase n. 2 – Movimenti terra;

- Fase n. 3 - Realizzazione di opere fondali in calcestruzzo armato e successiva

realizzazione di massicciate interne;

- Fase n. 4 - Montaggio di strutture prefabbricate in acciaio per nuovi capannoni e

plafonatura delle medesime con successiva immediata posa in opera degli impianti

interni;

- Fase n. 5 – Adeguamento rete fognaria, rete idrica ed elettrica;

- Fase n. 6 – Adeguamento viabilità interna con percorsi e piazzali carrabili;

- Fase n. 7 - Cancello di ingresso, recinzione e opere a verde.

Fase n. 1 – Impianto cantiere

La ditta incaricata dell’esecuzione dei lavori procederà alla realizzazione della recinzione di tutta l’area per mantenere a distanza dall’ambito del cantiere animali e persone non addette, quindi passerà alla fase operativa.

Si procederà all’individuazione dell’area di deposito materiali e successivamente all’approvvigionamento dei primi materiali necessari alla realizzazione delle opere ed al trasporto delle attrezzature necessarie per la realizzazione delle fasi successive.

In questa fase si farà la demolizione di alcuni accessori colonici e si gestiranno i materiali che ne derivano in accordo con le normative vigenti.

Fase n. 2 – Movimento terra

Per la realizzazione del sistema fondale verranno sbancati nel lotto interessato complessivamente circa 74.000 m3 di terreno; buona parte del materiale, circa 71.000 m3, verrà immediatamente riutilizzato, per la predisposizione delle gradonature, mentre la restante aliquota verrà posizionata nelle varie aree di cantiere, in attesa del suo riutilizzo per i livellamenti e per la sistemazione finale delle zone a verde.

I terreni sono stati oggetto di indagine per la verifica del rispetto delle CSC di cui alla colonna A della Tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte IV del D.Lgs. 152/2006. Per maggiori appprofondimenti si rimanda alla specifica relazione di progetto a firma del Dr. D. Stronati.

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Fase n. 3 – Realizzazione di opere fondali in calcestruzzo armato e successiva realizzazione di massicciate interne alle superfici di allevamento;

Una volta ultimato il piano edificatorio si procederà alla realizzazione delle strutture di fondazione. Come risulta dalla relazione di progetto a firma del Dr. D. Stronati, alla quale si rimanda per maggiori approfondimenti, le fondazioni dei capannoni potranno essere sia di tipo diretto, a plinti, impostate ad una profondità di circa 2,00 m dall’attuale piano campagna e comunque sempre tale da superare gli spessori di terreno più superficiale, caratterizzato da scadenti parametri geotecnici, sia del tipo a pali, la cui profondità sarà condizionata dalla profondità di reperimento del substrato.

In particolare si consiglia la realizzazione di fondazioni dirette per i capannoni ubicati nella zona pianeggiante appartenente alla pianura alluvionale del fosso Strige e di fondazioni su pali per tutti i capannoni previsti nelle aree di versante;

Fase n. 4 - Montaggio di strutture prefabbricate in acciaio per nuovi capannoni e plafonatura delle medesime con successiva immediata posa in opera degli impianti interni

In cantiere è previsto il montaggio di Strutture in Acciaio previa realizzazione di fondazioni in Cemento Armato.

In particolare le attività di cantiere riguarderanno:

- il montaggio di strutture (Pilastri e Capriate) in Acciaio, realizzate in officina;

- ed il montaggio di pannelli sandwich in copertura e laterali;

- montaggio delle attrezzature avicole, interne ed esterne ai capannoni.

Tutti i materiali verranno collocati nell’area di deposito appositamente attrezzata in cantiere e successivamente trasferiti nella zona di montaggio con mezzo meccanico dotato di braccio gru.

Per il trasferimento del materiale dall’officina al cantiere sono stimati n. 30 viaggi con bilico a 5 assi. Il trasferimento avverrà nell’arco di 90 giorni necessari per il montaggio della carpenteria dei capannoni con utilizzo di braccio gru. Per il completamento delle operazioni di montaggio relative alla finitura dei capannoni e montaggio di tutte le attrezzature avicole saranno necessari altri 60 gg.

Da questa fase si avrà una produzione di rifiuti non pericolosi che saranno selezionati e accumulati in piazzole dedicate e successivamente avviati a recupero o smaltiti a norma di legge.

Fase n. 5 – Adeguamento delle fognature, della rete idrica ed elettrica;

I sottoservizi saranno realizzati in funzione delle nuove strutture da allacciare. Durante la fase di cantierizzazione, la produzione di polvere, rumore e fumi delle macchine operatrici non determineranno impatti significativi, data anche la modesta entità dell’intervento. L’impatto indotto dalla cantierizzazione dell’opera (movimento terra e occupazione del suolo) appare di modesta entità poiché è previsto il riutilizzo del terreno di scavo nel sito di progetto.

Anche da questa fase si avrà una produzione di rifiuti non pericolosi che saranno selezionati e accumulati in piazzole dedicate e successivamente avviati a recupero o smaltiti a norma di legge.

Fase n. 6 – Adeguamento della viabilità interna con percorsi carrabili inghiaiati

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La viabilità è esistente e idonea per supportare il traffico pesante legato al cantiere. Essa sarà adeguata in relazione alla nuova disposizione dei capannoni.

Fase n. 7 – Cancello di ingresso, recinzione e opera verde

Tutto il sito sarà recintato, parte con rete esistente (centro aziendale) e parte con realizzazione di un sistema di siepi e fasce boscate; l’accesso è l’uscita sarà permesso attraverso cancelli.

In conclusione, per l’esecuzione dei lavori, la cui ubicazione in pianta è rilevabile dalle tavole del disegno architettonico alle quali si rimanda, si prevede che in cantiere siano presenti i seguenti mezzi:

- Escavatori meccanici e trivelle

- Pala/Escavatore

- Perforatrice per pali di fondazione

- Autocarri a 4 assi

- Autobetoniera

- Camion con Braccio Gru

- Pala Meccanica con Benna

- Martello demolitore

- Rullo vibrante e graeder

- Autocarro a 3 assi

Si precisa che i mezzi di cui sopra non saranno contemporaneamente attivi, ma verranno utilizzati in funzione delle varie lavorazioni, in particolare:

Tipo di mezzo Operazioni da svolgere

Escavatore meccanico, Martello demolitore, Pala/Escavatore, Camion

per la realizzazione dei piani edificatori e degli scavi di fondazione

Autobetoniera per il getto di c.l.s di fondazione

Camion con braccio Gru per il montaggio delle carpenterie in Acciaio

Pala Meccanica con Benna per la distribuzione e il livellamento in loco della terra di risulta da scavi

Rullo vibrante e graeder Per livellamento e compattamento pavimentazioni inghiaiate

Contenimento delle polveri

Per contenere la produzione di polveri generata dal passaggio dei mezzi di cantiere verrà effettuata, tenendo conto del periodo stagionale, la bagnatura periodica delle superfici del cantiere. L’intervento di bagnatura sarà comunque effettuato ogni qualvolta se ne registri la necessità.

I mezzi di cantiere destinati alla movimentazione dei materiali saranno, inoltre, coperti con teli adeguati aventi caratteristiche di resistenza antistrappo e di impermeabilità. Al fine di

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evitare il sollevamento delle polveri i mezzi di cantiere, viaggeranno a velocità ridotta e saranno lavati giornalmente.

Le aree destinate allo stoccaggio dei materiali saranno bagnate o in alternativa coperte per evitare il sollevamento di polveri.

Per quanto riguarda le nuove opere, si afferma che non esistono cause tali da modificare sostanzialmente la qualità dell’aria esistente ante operam, poiché si tratta dell’Assemblaggio/Montaggio di profilati in Acciaio prefabbricati in officina.

Le uniche fonti di inquinamento dell’aria, presenti in cantiere, sono quelle derivanti dai tubi di scarico dei mezzi meccanici operatori di cantiere quali Camion, Escavatori, Ruspe.

Sarà cura del Direttore Lavori controllare che su tali mezzi d’opera siano state effettuate le necessarie manutenzioni.

12.4 Eventuale dismissione dell’opera

La dismissione dell’opera non appare ipotizzabile per il medio termine, dato che il settore dei polli da carne è anche in prospettiva futura un settore trainante nel comparto carni.

Nel caso di cessazione delle attività dell’impianto se ne farà preventivamente comunicazione all’Autorità Competente, al Comune di Jesi ed all’ARPA, inoltrando entro 60 gg. dalla comunicazione un cronoprogramma di dismissione e ripristino approfondito, relazionando sugli interventi previsti. L’esecuzione di tale programma è vincolato a nulla osta scritto, della Regione Marche, che provvederà a disporre un sopralluogo iniziale e, al termine dei lavori, un sopralluogo finale, per verificarne la corretta esecuzione. All’atto della cessazione dell’attività il sito su cui insite l’impianto sarà ripristinato ai sensi della normativa vigente. In particolare è previsto quanto segue:

- per le strutture in cemento e/o laterizi si provvederà al trasporto delle macerie presso un impianto recupero per la produzione di materie prime seconde per l’edilizia;

- per le attrezzature, se riutilizzabili, si provvederà alla revisione e riutilizzo presso altri impianti simili mentre per le parti obsolete si provvederà al loro smaltimento tramite ditte autorizzate.

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13. INSERIMENTO AMBIENTALE E PAESAGGISTICO

L’area in esame è inserita in un contesto caratterizzato da un bacino di visuale circoscritto alla piccola vallecola del fosso Strige, defilata rispetto alle aree antropizzate che caratterizzano la piana dell’Esino.

Dall’analisi del bacino di visuale emerge che esso è limitato al crinale in sinistra idrografica al fosso, dove è presente una strada con alcune abitazioni adiacenti.

Il progetto prevede di implementare la piantumazione perimetrale con l’impianto a prevalenza di specie autoctone con lo scopo di ridurre la diffusione delle polveri, degli odori e del rumore. Inoltre pone particolare attenzione nel mitigare la vista dal crinale in sinistra idrografica al fosso Strige, dove ci sono alcune abitazioni. In tale ambito si realizzeranno fasce boscate in tutti i tratti di proprietà a confine.

In merito agli odori si sottolinea che esistono ormai diverse ricerche che evidenziano gli effetti positivi delle fasce alberate per ridurre la velocità del vento, abbattere la diffusione delle polveri e delle particelle odorigene associate. Le fasce vegetate hanno inoltre efficacia nell’ombreggiare i capannoni, mantenendo le zone degli allevamenti più fresche con minore necessità di ricorrere alla ventilazione per raffrescamento in estate.

Con la realizzazione del progetto di inserimento ambientale e paesaggistico si compenserà ampiamente il taglio di una siepe al centro della proprietà, costituita da tamerice e olmo.

13.1 Sintesi degli elementi ambientali, paesaggistici e antropici che hanno rilevanza per il progetto di inserimento ambientale e paesaggistico

L’ambito di intervento è situato all’interno della piccola valle del fosso Stringe, il quale si congiunge con il fosso Vitali, dando origine al fosso Cifaroni, tributario di destra del fiume Esino.

Dall’esame del PTC di Ancona gran parte della superficie coinvolta dal progetto rientra nelle “fasce della continuità naturalistica”. Queste sono parti di una rete tematica di "riserva di naturalità", dove la continuità tra aree in cui gli insediamenti sono scarsi o assenti rappresenta la condizione minima necessaria, insieme ad altre, perché vi si possa svolgere la funzione di corridoi biologici. In generale, per la difesa della biodiversità la rete ininterrotta individuata dal P.T.C. con le "fasce della continuità naturalistica" vuole rispondere a questa esigenza.

Il progetto recepisce tale indicazione prevedendo all’interno della fascia di continuità naturalistica l’allevamento in regime di biologico, il quale prevede una superficie circostante ad ogni capannone di circa 6,4 ha, dove gli animali possono razzolare.

La previsione del PTC, la presenza del fosso Strige che solca l’azienda centro e la rete dei fossi minori rappresentano elementi base per impostare la rete ecologica locale attraverso la realizzazione di siepi arboree/fasce boscate, lembi boscati e filari alberati.

Altro elemento che è motivo di interesse come spunto per la realizzazione della rete è la presenza, in corrispondenza del centro aziendale, di un laghetto delimitato da un piccolo canneto e da vegetazione ripariale con un capanno da caccia. In futuro la piccola area umida potrà essere consolidata, eliminando la possibilità della caccia, e connetterlo con il vicino fosso Strige.

Nell’ambito degli elementi morfologici, associati a segni antropici, si segnala il crinale in sinistra al fosso Strige sul quale, come detto sopra, si sviluppa una strada asfaltata e ci sono degli insediamenti rurali che hanno la visuale sulla valletta. L’azienda sede del progetto confina in parte con il crinale, approssimandosi ad alcune abitazioni.

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13.2 Ruolo ecologico e funzioni dei corridoi ecologici

Il ruolo ecologico dei corridoi è importantissimo e per questo la loro ricomposizione nell’ambito dei paesaggi ha un preciso significato nella direzione dell’incremento del livello di biodiversità. Certo che la loro funzione è molto più importante in ambiti pianeggianti a forte antropizzazione, ma risultano comunque significativi anche nelle zone collinari dove spesso la meccanizzazione ha determinato un impoverimento ed un frazionamento degli stessi.

Le funzioni ecologiche dei corridoi variano in termini quantitativi e qualitativi in rapporto ad una complessa serie di parametri della struttura interna, tra i più importanti dei quali si possono citare ad esempio la larghezza, le caratteristiche della posizione centrale, la composizione e la struttura verticale.

Le funzioni principali esplicate nel paesaggio possono essere inquadrate in 5 categorie dominanti, che possono risultare particolarmente evidenti se tradotte in termini di beneficio in qualche modo valutabile dall’uomo, ad esempio beneficio sociale (confini, protezione, produzione legno) beneficio estetico (miglioramento del paesaggio), controllo dell’inquinamento diffuso, miglioramento della quantità e qualità della fauna (anche di interesse venatorio), incremento del livello di biodiversità. Nella loro formazione teorica le 5 funzioni sopra citate sono quelle di habitat, origine, assorbimento, trasporto, barriera/filtro.

La funzione di habitat dei corridoi ecologici di tipo vegetale è di grande importanza conservazionistica, anche se è stato evidenziato che questi ecotopi sono dominati da specie generaliste e di margine. Nell’ambito dei paesaggi agricoli attuali la presenza di molte specie animali risulta strettamente limitata ai corridoi, con conseguente incremento della biodiversità; spesso le specie sono presenti con densità molto elevate in quanto altrove le caratteristiche dell’ambiente sono idonee.

La struttura del corridoio ecologico può influenzare il tipo, la varietà e la densità delle specie presenti: nella porzione centrale dei corridoi più larghi possono essere presenti specie di interno, mentre al diminuire della larghezza dominano le specie di margine e/o rustiche. La larghezza è di regola un buon indicatore della diversità specifica, della densità di nidificazione/riparo e foraggiamento, dell’efficacia di accoppiamento. Analoghi indicatori sono la complessità della struttura verticale e l’altezza.

La funzione di origine del corridoio ecologico è molto importante: si tratta della capacità di originare flussi verso l’esterno, sia in termini di materia che di energia. Per quanto riguarda il solo aspetto faunistico, ne sono esempi i flussi di avifauna che va a nutrirsi nei coltivi confinanti con fluttuazioni giornaliere o stagionali, oppure i flussi di entomofauna di molte specie utili all’agricoltura predatori) dal corridoio ai campi limitrofi.

La funzione di assorbimento va, in un certo senso, in direzione contraria rispetto alla funzione di origine. I corridoi ecologici possono infatti fungere da zone di assorbimento per flussi di materia ed energia.

La funzione di trasporto, trascurando gli aspetti geo-chimici e limitandosi al solo ambito faunistico, è legata al fatto che i corridoi vegetati funzionano come attrattori per molte specie in ambiente aperto: ad esempio molti uccelli che usano questi spazi per nutrirsi o per i richiami d’accoppiamento, o mammiferi che li utilizzano come rifugio e riparo la funzione di trasporto si applica grazie alla capacità del corridoio di agire come zona preferenziale di movimento o spostamento. Questa capacità, applicata nei confronti del movimento dei più svariati gruppi faunistici, è stata ampiamente dimostrata, a partire dagli insetti e altri invertebrati fino alle specie di maggior taglia. Risulta particolarmente significativo il contributo che certi tipi di corridoi ecologici sono in grado di garantire facilitazione per i piccoli uccelli passeriformi impegnati nella migrazione per riproduttiva primaverile.

La funzione di barriera/filtro si riferisce all’azione di filtraggio più o meno accentuato dei flussi di materia nel paesaggio. Limitandosi ai flussi di tipo biotico, è opportuno ricordare che l’azione frangivento della siepe influenza il trasporto dei piccoli organismi dispersi dal vento, come ad esempio alcuni Ditteri e Lepidotteri, creando una distribuzione eterogenea. La

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diversa densità di insetti si riversa a cascata sulla distribuzione dei predatori: ad esempio ne sono influenzati vari tipi di pipistrelli. Per la loro diffusione si metteranno a dimora 10 nidi distribuiti in tutto l’allevamento.

13.3 Corridoi ecologici e reti ecologiche

L’insieme di più corridoi ecologici dello stesso tipo forma una rete. Naturalmente reti di corridoi diversi sono più o meno sovrapposte: tipicamente nei passaggi culturali le reti di siepi sono associate, ad esempi, a reti di strade e/o corsi d’acqua (artificiali o meno).

Gli elementi strutturali fondamentali della rete sono i legami e i nodi. Come sopra riportato, le caratteristiche dei legami cioè dei corridoi, possono influenzare le funzioni ecologiche. I nodi derivano dall’intersezioni di due o più legami; qui si riscontra in regola una maggiore diversità floro-faunistica rispetto ai legami essi osserva un minore impatto da parte della attività antropiche.

Le reti sono quindi costituite da corridoi e supportano le funzioni ecologiche che questi esplicano; tuttavia la messa in rete di corridoi determina l’insorgere di caratteristiche intrinseche un nuovo sistema, quindi con un ampliamento delle funzioni svolte.

Risulta quindi evidente l’importanza del ruolo delle connessioni tra i corridoi di un paesaggio, fattore del quale è opportuno tenere conto nel caso di progettazione mirate alla riqualificazione naturalistica e non solo estetica del paesaggio.

13.4 Progetto di inserimento ambientale e paesaggistico e rete ecologica

La localizzazione dei corridoi deve tener conto della necessità di contemperare le esigenze di qualificazione paesaggistica con quelle della gestione produttiva dell’allevamento zootecnico. Gli interventi lineari devono pertanto essere ipotizzati preferibilmente nelle situazioni di discontinuità gestionale e produttiva, come ad esempio separazione fra i due settori dell’allevamento biologico e fra il settore del biologico e quello dell’allevamento convenzionale.

Inoltre bisogna considerare che per l’allevamento biologico necessitano di spazi per far razzolare gli animali. Tale condizione deve far si che non si creino siepi chiuse, ma che offrano la possibilità agli animali allevati di pascolare con tranquillità. Altro aspetto è la gestione delle acque piovane le quali saranno gestite con una rete di fossi che rappresentano altrettante vie di potenziamento della rete ecologica. Tali acque, che non si arricchiscono di inquinanti, sono comunque una fonte per garantire l’alimentazione del laghetto che si intende consolidare.

Prima di entrare nel merito del progetto si vogliono fornire alcune definizione di rete ecologiche desunte dalla Lenee Guida INU-APAT 2003, le quali riportano le unità di rete ecologica individuate strutturalmente e funzionalmente così come convenzionalmente adottate nella Pan–European Strategy for Conservation of Landscape and Biodiversity e nella Pan–European Ecological Network sono:

Core areas (Aree centrali; dette anche nuclei, gangli o nodi): Aree naturali di grande dimensione, di alto valore funzionale e qualitativo ai fini del mantenimento della vitalità delle popolazioni target. Costituiscono l’ossatura della rete ecologica. Si tratta di aree con caratteristiche di “centralità”, tendenzialmente di grandi dimensioni, in grado di sostenere popolamenti ad elevata biodiversità e quantitativamente rilevanti, di ridurre cosi’ i rischi di estinzione per le popolazioni locali costituendo al contempo una importante sorgente di diffusione per individui mobili in grado di colonizzare (o ricolonizzare) nuovi habitat esterni; popolamenti con queste caratteristiche avranno anche maggiori probabilità di avere, al loro interno, forme di resistenza nei confronti di specie aliene potenzialmente capaci di sostituire quelle autoctone presenti. Le aree protette costituiscono vocazionalmente “core

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areas”. Nel contesto territoriale di area vasta la Core area più importante può essere associata alla

fascia fluviale del fiume Esino e alle aree boscate montane e a quelle residuali nella fascia collinare.

Buffer zones (Zone cuscinetto): Settori territoriali limitrofi alle core areas. Hanno funzione protettiva nei confronti di queste ultime riguardo agli effetti deleteri della matrice antropica (effetto margine) sulle specie più sensibili. Situazioni critiche possono crearsi per le core areas in caso di contatto diretto con fattori significativi di pressione antropica; sono così da prevedere fasce esterne di protezione ove siano attenuate ad un livello sufficiente cause di impatto potenzialmente critiche.

Wildlife (ecological) corridors (Corridoi ecologici): Collegamenti lineari e diffusi fra core areas e fra esse e gli altri componenti della rete. La loro funzione è mantenere e favorire le dinamiche di dispersione delle popolazioni biologiche fra aree naturali, impedendo così le conseguenze negative dell’isolamento. Il concetto di “corridoio ecologico”, ovvero di una fascia continua di elevata naturalità che colleghi differenti aree naturali tra loro separate, esprime l’esigenza di limitare gli effetti perversi della frammentazione ecologica.

La individuazione su cartografie tematiche di tali ambienti naturali continui non corrisponde necessariamente ad una loro efficacia funzionale, dipendendo quest’ultima da fattori intrinseci (area del corridoio, ampiezza, collocazione rispetto ad aree core, qualità ambientale, tipo di matrice circostante, ecc.) ed estrinseci (caratteristiche etoecologiche delle specie che possono, potenzialmente, utilizzarlo).

Molta enfasi è stata, recentemente, assegnata più che ai corridoi di per se stessi, al concetto di “connettività”, spostando l’attenzione dai singoli elementi del territorio (che possono, anche in termini statistici, svolgere un azione dubbia e/o limitata) a patterns diffusi a scala di paesaggio. Tali patterns possono favorire i processi ecologici e mantenere vitali nel tempo popolazioni e comunità biologiche.

Stepping stones (“Pietre da guado”): non sempre i corridoi ecologici hanno una continuità completa; spesso il collegamento può avvenire anche attraverso aree naturali minori poste lungo linee ideali di passaggio, che funzionino come punto di appoggio e rifugio per gli organismi mobili (analogamente a quanto fanno i sassi lungo una linea di guado di un corso d’acqua), purché la matrice posta tra un’area ed un’altra non abbia caratteristiche di barriera invalicabile. Le stepping stones sono frammenti ambientali di habitat ottimale (o subottimale) per determinate specie, immersi in una matrice paesaggistica antropizzata. Utili al mantenimento della connettività per specie abili ad effettuare movimenti a medio/breve raggio attraverso ambienti non idonei. Tra queste specie si possono indicare:

– specie che compiono movimenti regolari fra ambienti differenti per le loro necessità vitali (trofiche, riproduttive, ecc.);

– specie relativamente mobili (gran parte degli uccelli, di insetti, chirotteri);

– specie tolleranti a livelli medi di disturbo benché non abili ad occupare zone permanentemente modificate dall’uomo.

Per specie poco sensibili alla frammentazione, all’isolamento, alla qualità dell’habitat possono prevedersi stepping–stones di origine umana (rimboschimenti, zone umide artificiali, ecc.).

Restoration areas (Aree di restauro ambientale): non necessariamente gli elementi precedenti del sistema di rete sono esistenti al momento del progetto. Si potranno quindi prevedere, attraverso interventi di rinaturalizzazione individuati dal progetto, nuove unità paranaturali in grado di completare lacune strutturali in grado di compromettere la funzionalità della rete.

Entrando nello specifico del progetto di inserimento ambientale e paesaggistico, si prevede il potenziamento della fascia di vegetazione ripariale presente lungo il fosso Strige, allargandola in modo da realizzare un corridoio ecologico centrale. La vegetazione ripariale,

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a carattere termo-igrofilo, si connetterà con il laghetto situato al centro dell’azienda, il quale sarà interdetto alla caccia.

Le fitocenosi ripariali saranno insediate in tutto il sistema dei fossi di drenaggio delle acque piovane che si realizzerà con il progetto. Il sistema ecologico del fosso Stringe, del laghetto e della connessione con il suddetto fosso si assimila alla core area locale o meglio ad una Buffer zone della Core area individuata nel contesto di area vasta con il fiume Esino.

La rete dei fossi che sarà potenziata con la realizzazione delle fasce boscate saranno altrettanti corridoi ecologici. Questi si completeranno con le siepi arboree o fasce boscate perimetrali, di dimensioni variabili in relazione alle funzioni multiple che devono svolgere. Infatti, il progetto di inserimento ambientale, oltre al potenziamento della biodiversità in coerenza con l’individuazione della fascia di continuità naturalistica del PTC, recepita anche dal PRG di Jesi, è funzionale anche all’inserimento paesaggistico dell’insediamento zootecnico, mitigando le visuali critiche dal crinale in sinistra al fosso Stringe, alla riduzione della diffusione delle polveri dai capannoni, ad integrazione dei sistemi di abbattimento previsti per le strutture destinate all’allevamento convenzionale, ad ombreggiare parte delle aree destinate all’allevamento in regime di biologico, ad integrare nel paesaggio collinare l’insieme del complesso zootecnico.

Il progetto si completa con il sistema dei filari arborei che hanno la funzione di segnare il sistema viario interno e le infrastrutture, migliorandone l’inserimento paesaggistico nel sistema collinare di riferimento, aumentare l’ombreggiamento, contribuire all’implementazione della rete ecologica legando la rete delle siepi arboree e delle fasce boscate.

13.5 Tipologie vegetazionali previste

Nella tabella che segue, sono indicate le tipologie di ripristino e gli ambiti di riferimento.

Tipologia Descrizione Ambito di riferimento

Tipologia 1 Bosco termo-igrofilo Delimitazione fossi e laghetto

Tipologia 2 Siepe arborea perimetrale Margine perimetrale

Tipologia 3 Nuclei boscati interni a prevalenza di sempreverdi

Aree interne

Tipologia 4 Piante a gruppi o a filare Margini strade, capannoni, aree interne

Tipologia 1: Bosco a carattere termo-igrofilo

Tale tipologia sarà realizzata per potenziare la vegetazione esistente lungo il fosso Stringe e attorno al laghetto, oltre che per connettere i due sistemi delle acque superficiali. Esso è previsto anche su tutto il sistema dei fossi. L’ampiezza della formazione sarà in relazione alla posizione che avrà all’interno della rete ecologica locale, se area centrale o corridoio di connessione.

Il bosco termo-igrofilo avrà la funzione di aumentare la biodiversità generale dell’area e di tamponare la pressione antropica verso il sistema interno delle acque superficiali, con particolare riferimento al fosso Strige.

Nella tabella che segue vengono fornite alcune indicazioni che mettono in relazione i benefici attesi con le diverse fisionomie realizzative.

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Tab. 13.5/1: Efficacia relativa di differenti tipi di vegetazione in relazione a specifici vantaggi

Tipo di vegetazione

Beneficio Erbacea Arbustiva Arborea

Stabilizzazione delle sponde erose bassa alta alta

Filtrazione dei sedimenti alta bassa bassa

Filtraz. di nutrienti, pesticidi, microrganismi:

legati ai sedimenti alta bassa bassa

in soluzione media bassa media

Habitat acquatici bassa media alta

Habitat per la fauna selvatica:

fauna di aree aperte/pascolo/prateria alta media bassa

fauna forestale bassa media alta

Prodotti di valore economico media bassa media

Diversità paesaggistica bassa media alta

Protezione dalle piene bassa media alta

N.B. da Biol. Amb. 16 (n.1, 2002)

Come si può osservare, i benefici attesi da una fascia tampone sono relativi ad una diversa struttura fisionomica della stessa.

Per ottenere benefici multipli è necessario realizzare una struttura fisionomica che, a partire dal corso d’acqua, sia costituita prima da una fascia boscata, successivamente da una arbustiva e per ultimo da una erbacea.

Nella figura che segue viene messa in relazione l’ampiezza della fascia con la funzione che la stessa riesce ad esplicare.

Fig. 13.5/2: Benefici di una fascia tampone riparia in relazione alla sua ampiezza. 1 feet = 0,3048 m.

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Seguendo lo schema indicato sopra, a partire dalla sponda del singolo fosso, si realizzerà un fila di arbusti con sesto di 1,5 m lungo la fila, al quale seguiranno file di alberi con sesto 3 x 3m, seguite da due file di alberi con sesto 6 x 6 m per favorire il razzolamento. All’esterno della formazione ci sarà sempre prato.

Lungo il fosso Strige e attorno al laghetto, dove è già presente la vegetazione ripariale, si valuterà se mettere gli arbusti con sesto stretto o inserire direttamente gli alberi con arbusti.

In accordo con lo schema di fug. 13.5/2, le ampiezze della vegetazione ripariale attorno al sistema Fosso-laghetto, sono tali da raggiungere tutti gli obiettivi multipli di una fascia tampone.

Modulo di impianto Tip. 1

Specie arborea Specie arbustiva

Specie arboree

Pioppo nero (Populus nigra) 30%

Pioppo bianco (Populus alba) 30%

Salice bianco (salix alba) 10%

Roverella (Quercus pubescens) 10%

Acero campestre (Acer campestre) 10%

Olmo campestre (Ulmus minor) 10%

Specie arbustive

Berretta del prete (Euonymus europaeus) 20%

Sanguinello (Cornus sanguinea) 10%

Salice rosso (Salix purpurea) 30%

Salice da vimini (Salix viminalis) 20%

Biancospino (Crataegus monogyna) 20%

Tipologia 2: Siepe arborea perimetrale. Rapporto alberi:arbusti 4:1

ml. 1,5

ml. 3 ml. 6

ml. 6

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Questo modulo interessa praticamente tutto il perimetro della proprietà. Si prevede una siepe arbustiva fitta a contatto con la recinzione esterna, costituita da essenze miste ricche di bacche per favorire il nutrimento dell’avifauna. Verso l’interno sono previste due o più file di alberi, con sesto di 4m x 4m.

La dimensione della siepe potrà variare in relazione alla funzione che dovrà svolgere, in aggiunta all’aumento della biodiversità. In prossimità del perimetro della proprietà che confina con il crinale essa sarà più ampia per mitigare la visuale. La siepe si allargherà, assumendo la conformazione di un nucleo boscato, anche nelle situazioni angolari della proprietà in modo da creare nuclei vegetati di maggiori dimensioni, in grado di migliorare l’inserimento paesaggsitico dell’insediamento zzotecnico.

La siepe arborea permetterà di integrare il sistema di abbattimento delle polveri previsto nell’allevamernto convenzionale. La mitigazione della diffusione delle polveri è legato all’effetto di barriera antivento.

Si evidenzia che per considerarsi un corridoi ecologico la sezione minima di una formazione vegetale deve essere almeno 10 m. In base a tale parametro praticamente tutti i settori delle tipologie 1 e 2 possono considerarsi elementi portanti del flusso di biodiversità nel contesto locale, con beneficio anche per le zone circostanti.

Modulo di impianto Tip. 2

Specie arborea Specie arbustiva

Specie arboree

Roverella (Quercus pubescens) 20%

Orniello (Fraxinus ornus) 20%

Leccio (Quercus ilex) 20%

Acero campestre (Acer campestre) 25%

Olmo (Ulmus minor) 5%

Ciliegio (Prunus avium) 5%

Farinaccio (Sorbus domestica) 5%

Melo selvatico (Malus sylvestris) 5%

Specie arbustive

ml. 2,0

ml. 8

ml. 4

ml. 4

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Alloro (Laurus nobilis) 40%

Biancospino (Crataegus monogyna) 10%

Rosa canina (Rosa canina) 10%

Viburno (Viburnum tinus) 20%

Sanguinello (Cornus sanguinea) 5%

Ligustro (Ligustrum vulgare) 10%

Tamerice (Tamerix gallica) 5%

Tipologia 3: Nuclei boscati interni a prevalenza di sempreverdi

Questa tipologia è circoscritta al settore dell’allevamento convenzionale, dove si prevede la realizzazione di tratti di siepi arboree e piccoli nuclei boscati interni, che coinvolgono tratti delle scarpate di raccordo fra i capannoni. Essi saranno realizzati con la dominanza di specie sempreverdi a carattere mediterraneo in modo da essere poco esigenti dal punto di vista idrico. Il sesto di impianto è di 4 m fra le piante.

Modulo di impianto Tip. 3

Cipresso (Cupressus sempervirens) 20%

Acero campestre (Acer campestre) 10%

Alloro (Laurus nobilis) 50% (Con il tempo assume portamento arboreo)

Viburno (Viburnum tinus) 10%

Ligustro (Ligustrum vulgare) 10%

Tipologia 4: Elenco piante isolate o a filare. Sesto 6 x 6 m.

A segure si riporta un elenco di piante singole o a filare che si consiglia nelle aree interne dell’allevamento. Esse sono previste lungo le strade interne e a delimitazione di tratti di capannoni. In alcuni tratti si potrà prevedere un sesto più ampio per gli alberi di prima grandezza.

Cipresso (Cupressus sempervirens)

Alloro (Laurus nobilis)

Leccio (Quercus ilex)

Roverella (Quercus pubescens)

ml. 4

ml. 4

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Ontano nero (Alnus glutinosa)

Acero campestre (Acer campestre)

Acero montano (Acer platanoides)

Nelle tabelle che seguono si riporta la superficie di ciascuna tipologia vegetazionale prevista dal progetto e l’elenco delle specie arboree e arbustive con le altezze a maturità che possono raggiungere.

Tipologia Descrizione Ambito di riferimento

Sup/ml

Tipologia 1 Bosco termo-igrofilo Delimitazione fossi e laghetto

34.328 mq

Tipologia 2 Siepe arborea perimetrale

Margine perimetrale 38.323 mq

Tipologia 3 Nuclei boscati interni a prevalenza di sempreverdi

Aree interne 21.027 mq

Tipologia 4 Piante a gruppi o a filare

Margini strade, capannoni, aree

interne

2.258 ml e 4.345 mq di gruppi

Specie arborea Altezza a maturazione

Cipresso comune (Cupressus sempervirens) 20m

Roverella (Quercus pubescens) 20 m

Ontano nero (Alnus glutinosa) 25 m

Acero montano (Acer platanoides) 20 m

Orniello (Fraxinus ornus) 10 m

Acero campestre (Acer campestre) 10 m

Olmo (Ulmus minor) 10 m

Ciliegio (Prunus avium) 15 m

Salice bianco (Salix alba) 20 m

Pioppo nero (Populus nigra) e pioppo bianco (Populus alba) 25 m

Farinaccio (Sorbus domestica) e melo selvatico (Malus sylvestris)

15 m

Specie Arbustive

Alloro (Laurus nobilis) 10 m

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Corniolo (Cornus mas) 3 m

Berretta del prete (Euvonymus europeus) 3 m

Viburno (Viburnus tinus) 3 m

Biancospino (Crataegus monogyna) 2 m

14. MONITORAGGIO

Le attività di monitoraggio sono quelle previste in sede AIA e vertono essenzialmente su uno stretto controllo delle modalità operative per garantire il benessere degli animali, ridurre i consumi energetici e di acqua, sulla corretta gestione delle materie prime in ingresso ed in uscita, sulla qualità ambientale dei locali adibiti all’allevamento avicolo, garanzia per evitare problemi ambientali verso l’esterno.

Il gestore è tenuto a trasmettere copia delle risultanze delle attività di monitoraggio all’Autorità Competente (Regione Marche – Servizio Ambiente e Paesaggio – P.F. Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali – VIA Tiziano 44 60125 Ancona), all’ARPAM Servizio Impiantistica Regionale (Via C. Colombo 106 60127 Ancona) ed al Comune.

Entro il 28 febbraio, dell’anno successivo a quello di redazione, il gestore trasmette il riepilogo annuale, riportando i soli totali dei singoli elementi costituenti il Piano, alla Regione Marche – Servizio Ambiente e Paesaggio – P.F. Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali ed all’ARPAM – Servizio Impiantistica Regionale.

Qualora il gestore intenda apportare modifiche alle tecniche di allevamento autorizzate deve darne comunicazione all’Autorità Competente, 60 giorni prima dell’inizio dei lavori, per l’eventuale approvazione ed aggiornamento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale.