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Numero 87 Luglio 2010 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DR PD - Contiene I.R. - Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione Salvami Regina Divina vitalità

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Numero 87 Luglio 2010

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Salvami Regina

Divina vitalità

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A distanza di cinque se-coli, è rimasto immu-tato lo spirito di fede

che spinge giovani svizzeri a la-sciare la loro bella terra per ve-nire a prestare servizio al Papa, in Vaticano. Uguale è l’amore per la Chiesa Cattolica, alla quale voi rendete testimonian-za, più che con le parole, con le vostre persone, che, grazie alla caratteristica divisa, sono ben riconoscibili agli ingressi del Vaticano e nelle Udienze pon-tificie.

Le vostre storiche uniformi parlano a pellegrini e turisti di ogni parte del mondo di qual-cosa che malgrado tutto non muta, parlano cioè del vostro impegno di servire Dio serven-do il “servo dei suoi servi”

(Benedetto XVI, Discorso alla Guardia Svizzera

in occasione della Cerimonia del Giuramento, 5/5/2008)

Servire Dio servendo il

“servo dei suoi servi”

Una Guardia Svizzera custodisce l’entrata del Palazzo Apostolico, Città del Vaticano

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Storia per bambini... – Piccoli sacrifici......

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I Santi di ogni giorno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .48

Stelle, fuochi e Paradiso

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .50

La grande vitalità della Chiesa

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .34

San Leopoldo Mandić –Apostolo del confessionale

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .30

Araldi nel mondo

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .24

La Santa Sindone – Testimone muta della Resurrezione di Gesù

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18

Commento al Vangelo –L’amore imperfetto di Maria e la preoccupazione “natu-ralistica” di Marta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10

La voce del Papa – Il sacerdote non può trascurare la propria anima. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6

È accaduto nella Chiesa e nel mondo

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40

SalvamiRegina

Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella

della Nuova Evangelizzazione

SommariO

Anno XII, numero 87, Luglio 2010

Direttore responsabile: Zuccato Alberto

Consiglio di redazione: Guy Gabriel de Ridder, Suor Juliane

Vasconcelos A. Campos, EP, Luis Alberto Blanco Cortés, Madre

Mariana Morazzani Arráiz, EP, Severiano Antonio de Oliveira

Amministrazione: Via San Marco, 2A

30034 Mira (VE) CCP 13805353

Aut. Trib. Padova 1646 del 4/5/99 Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D. L.

353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DR PD

Contiene I.R. www.araldi.org

www.salvamiregina.it

Con la collaborazione dell’Associazione

Privata Internazionale di Fedeli di Diritto Pontificio

ArAldi del VAngelo

Viale Vaticano, 84 Sc. A, int. 5 00165 Roma

Tel. sede operativa a Mira (VE): 041 560 08 91

Montaggio: Equipe di arti grafiche

degli Araldi del Vangelo

Stampa e rilegatura: Pozzoni - Istituto Veneto de Arti Grafiche S.p.A.

Via L. Einaudi, 12 36040 Brendola (VI)

Gli articoli di questa rivista potranno essere riprodotti, basta che si indichi la fonte e si invii copia alla Redazione. Il contenuto degli articoli firmati è di responsabilità dei rispettivi autori.

Divina vitalità (Editoriale) . . . . . . . . . . . . . . 5

Scrivono i lettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

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4      Salvami Regina · Luglio 2010

Scrivono i lettori

Serietà, reSponSabilità e oneStà

Reverendissimo Monsignor João Scognamiglio Clá Dias,

Porgo i miei ringraziamenti per l’invio del centesimo numero del periodico mensile degli Araldi del Vangelo che prima di essere un veicolo di informazione, formato-re di opinione e strumento di di-vulgazione della parola divina, è il risultato di un lavoro guidato dal-la serietà , responsabilità e one-stà di intenti, la cui impari siner-gia stilistica ci permette di appro-fondire temi opportuni e pieni di insegnamenti per il cammino cri-stiano.

Auguro a V. Rev.mo tante belle cose, salute e permanenti successi in questa impresa, concretizzata in pa-gine di fede, compassione e amore verso il prossimo.

Col. Marcos M. de S.della 12a Fanteria

Leggera (Aeromobile) - Brasile

Dottrina feDele e Sicura

Ringrazio per il DVD inviato in-sieme alla rivista nº 100. Mi congra-tulo con voi per il magnifico lavoro di redazione, che espone una dottri-na fedele e sicura per il riscatto di tante anime.

Mi stupisce e sorprende questo esercito di Maria, che cammina ra-pidamente fino ai confini del mon-do, dando una forte testimonianza di ciò che accade nella Chiesa e nel mondo. Mi rallegra l’estrema sag-gezza e intelligenza di Mons. Clá Dias nei suoi commenti su ogni bra-no del Vangelo, in cui ci porta sem-pre a lodare e ringraziare Dio in ogni momento!

Continuate, Araldi del Vange-lo, ad essere questa luce del mondo, come guerrieri, battendo le vie più buie, salvando le anime a Dio. Dio vi benedica tutti e questa rivista con-tinui ad essere un canale di grazie e una forte testimonianza per il mon-do!

Maria de L. B. G., OFSVitória – Brasile

Vorrei eSSere un aralDo

Ho dodici anni. Mia nonna rice-ve la rivista Araldi del Vangelo, che ha fortemente richiamato la mia at-tenzione. Ciò che più mi ha colpito è stato vedere gente tanto giovane in-dossare quest’abito così bello, men-tre molti giovani si vergognano della nostra religione. In particolare, vor-rei essere un Araldo.

Carlos C.Guayaquil – Ecuador

chiaVi e porte

Don Lourenço Ferronatto,ricevo la rivista Araldi del Van-

gelo e mi piacciono molto le Storie per bambini. Quando posso, le leg-go a mia nipote e figlioccia, di ot-to anni, e le piacciono molto. Ho trovato molto interessante l’ulti-ma, La chiave del Cielo di Frate Lorenzo. So che il nostro mondo è tanto difficile e mi chiedevo se le “chiavi” che ci sono state date, al momento del nostro ricongiungi-mento con Dio saranno, in grado di aprire la porta del cielo.

Più avanti, nel numero di mag-gio, sempre lei, Don Lorenzo, scri-ve a proposito di porte della terra e porta del cielo, dicendo che esse so-no l’anello di congiunzione tra am-bienti diversi. E dico Cielo e Terra, Dio e l’uomo, un passo. Gesù bus-sa alla porta: Lo lascio entrare o mi tuffo nel mare delle cose del mondo e Lo lascio a margine, dall’altra par-te di questa porta.

Confesso che prima non ave-vo pensato al valore di una porta o dell’apertura che la stessa rende possibile per svelare ciò che è dopo la soglia. Sarà che siamo aperti al-le cose di Dio, oltrepassiamo questo vano e ci lasciamo avvolgere dalla luce divina che questa porta è capa-ce di irradiare? Credo che veramen-te, come lei ci insegna, la nostra Ma-dre Maria, è la nostra porta di acces-so al Figlio, che ci condurrà al no-stro Padre.

Eliane Maria S. T.São Luís – Brasile

riViSta unica tra i perioDici Dell’inDia

Questa rivista è unica fra i perio-dici cosmopoliti dell’ India. Volevo esprimere la mia gratitudine per la sua rivista, che ho ricevuto da uno dei padri della Chiesa Madonna di Lourdes. Dopo averla letta tutta, ho trovato il contenuto vivamente presentato ed ho potuto sentire in essa la reale presenza di Dio e del-la Madre nostra, Maria Ausiliatrice dei Cristiani. Grazie per il prezioso messaggio che trasmettete ai vostri lettori.

Ho una biblioteca filantropica, nella vecchia fattoria di mio pa-dre, nelle Isole Manori, che può essere raggiunta solo in barca a motore, a partire dalla spiaggia Marve. Vorrei ricevere la rivista mensilmente per metterla in que-sta biblioteca, che serve anziani e orfani, in modo che essi possano conoscere il valore di tutta la co-munità cattolica. Essa può servire come mezzo di evangelizzazione, in quanto alcuni di loro sono di un altro credo. La rivista è una gran-de benedizione della Madonna in questi nostri tempi difficili e ma-terialistici.

Tyrone D’S.Mumbai – India

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Numero 87

Luglio 2010

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Salvami Regina

Divina vitalità

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Luglio 2010 · Salvami Regina      5

Editoriale

l Regno di Dio è stato paragonato ad un grano di senape “che, quando viene se-minato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena se-minato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che

gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra” (Mc 4,31-32).Questa parabola, con diverse applicazioni, si riferisce particolarmente alla

Santa Chiesa Cattolica. Infatti, dalla minuscola semente lasciata sulla Terra dal nostro Redentore — composta da appena alcune decine di discepoli — è cresciu-to un albero che si è espanso in tutto il globo terrestre fino ad abbracciare più di un miliardo di membri. Per arrivare a questo, essa ha superato persecuzioni, ha vi-sto imperi, regimi e civiltà sorgere e sparire, ha assistito insomma, serena ed inco-lume, alla catastrofe senza nome.

Il suo continuo fiorire, anche in un ambiente ostile, è patente anche ai nostri giorni. A maggio, quando la Chiesa soffriva ancora il serrato attacco di certi orga-ni dei mezzi di comunicazione, centinaia di migliaia di persone sono accorse nelle strade di Lisbona e di Oporto, e al Santuario di Fatima, per prestare a Benedetto XVI solidarietà ed entusiastici e affettuosi omaggi. “Benedetto XVI – Noi abbia-mo fiducia in te!”, dicevano alcuni striscioni con cui il Papa è stato ricevuto.

Due settimane dopo, centinaia di migliaia di fedeli manifestavano in tutto il mondo la loro pietà eucaristica. A Brasilia si celebrava il 16º Congresso Eucaristi-co Nazionale, alla cui Messa di chiusura, presieduta dal Cardinale Claudio Hum-mes, legato pontificio, hanno partecipato quasi 100mila fedeli. Nella capitale del Perù, si realizzava il I Congresso Eucaristico e Mariano di Lima (CEM 2010), alle cui attività hanno assistito ogni giorno decine di migliaia di fedeli, e che ha avuto come momento culminante l’Incontro con la Gioventù, con oltre 100mila giovani.

Dal 10 aprile al 23 maggio, l’Esposizione 2010 della Sacra Sindone, a Torino, ha attratto più di 2,1 milioni di persone, di tutti i continenti, che hanno formato infi-nite file, aspettando il proprio turno per poter contemplare e venerare per alcuni istanti la preziosa reliquia.

Nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù, quindicimila presbiteri si sono uni-ti al Papa, in Piazza San Pietro, nella maggior concelebrazione mai avvenuta nel-la Città Eterna, per la chiusura dell’Anno Sacerdotale, il cui obiettivo è stato pro-muovere il rinnovamento spirituale del clero.

Tutti questi sono segnali, tra molti altri, che il frondoso albero della Chiesa — al contrario di altre istituzioni — continua a crescere, resistendo, altero, agli at-tacchi degli avversari.

Chi mantiene sempre viva, attiva e in espansione la Sposa di Cristo? È lo stesso Spirito Santo, che con il suo soffio continuo conserva, stimola, converte, protegge, recupera e santifica i membri di questo Corpo Mistico.

Ecco il segreto dello sviluppo e del vigore di quell’albero sacro che un giorno è stato seme: la linfa della sua vitalità è divina, e non umana. La Chiesa è solida e indistruttibile perché è sostenuta da Dio stesso!

Divina vitalità

Aspetti della Messa presieduta da Benedetto XVI nel Santuario di Fatima

(Foto: Nuno Moura)

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Il sacerdote non può trascurare

la propria anima

6      Salvami Regina · Luglio 2010

La voce deL PaPa

Durante la veglia di chiusura dell’Anno Sacerdotale, sacerdoti dei cinque continenti hanno presentato filiali domande su temi collegati alla loro missione nel mondo d’oggi. Benedetto XVI ha risposto loro con chiarezza, senza evitare gli aspetti più dolorosi

delle questioni.

Beatissimo Padre, sono don José Eduardo de Oliveira e Silva e vengo dal Brasile. Con tutta la buona volontà cerchiamo di sopperire alle necessità di una società molto cambiata, non più interamente cristiana, ma ci accorgiamo che il nostro “fare” non basta. Dove andare Santità? In quale direzione?

[...] Io penso che, soprattutto, sia importante che i fedeli possano ve-dere che questo sacerdote non fa so-lo un “job”, ore di lavoro, e poi è li-bero e vive solo per se stesso, ma che è un uomo appassionato di Cristo, che porta in sé il fuoco dell’amore di Cristo. Se i fedeli vedono che è pie-no della gioia del Signore, capiscono anche che non può far tutto, accetta-no i limiti, e aiutano il parroco.

I pilastri del nostro sacerdozio

Questo mi sembra il punto più importante: che si possa vedere e sentire che il parroco realmen-

te si sente un chiamato dal Signo-re; è pieno di amore del Signore e dei suoi. Se questo c’è, si capisce e si può anche vedere l’impossibilità di fare tutto. Quindi, essere pieni della gioia del Vangelo con tutto il nostro essere è la prima condizione. Poi si devono fare le scelte, avere le priori-tà, vedere quanto è possibile e quan-to è impossibile.

Direi che le tre priorità fonda-mentali le conosciamo: sono le tre colonne del nostro essere sacerdo-ti. Prima, l’Eucaristia, i Sacramen-ti: rendere possibile e presente l’Eu-caristia, soprattutto domenicale, per quanto possibile, per tutti, e cele-brarla in modo che diventi realmen-te il visibile atto d’amore del Signo-re per noi. Poi, l’annuncio della Pa-rola in tutte le dimensioni: dal dialo-go personale fino all’omelia. Il terzo punto è la “caritas”, l’amore di Cri-sto: essere presenti per i sofferen-ti, per i piccoli, per i bambini, per le persone in difficoltà, per gli emar-

ginati; rendere realmente presente l’amore del Buon Pastore.

Non trascurare la propria anima

E poi, una priorità molto impor-tante è anche la relazione persona-le con Cristo. Nel Breviario, il 4 no-vembre, leggiamo un bel testo di san Carlo Borromeo, grande pastore, che ha dato veramente tutto se stes-so, e che dice a noi, a tutti i sacer-doti: “Non trascurare la tua propria anima: se la tua propria anima è tra-scurata, anche agli altri non puoi da-re quanto dovresti dare. Quindi, an-che per te stesso, per la tua anima, devi avere tempo”, o, in altre parole, la relazione con Cristo, il colloquio personale con Cristo è una priorità pastorale fondamentale, è condizio-ne per il nostro lavoro per gli altri!

E la preghiera non è una co-sa marginale: è proprio “professio-ne” del sacerdote pregare, anche co-me rappresentante della gente che non sa pregare o non trova il tempo

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Luglio 2010 · Salvami Regina      7

di pregare. La preghiera personale, soprattutto la Preghiera delle Ore, è nutrimento fondamentale per la no-stra anima, per tutta la nostra azione.

E, infine, riconoscere i nostri li-miti, aprirci anche a questa umiltà. Ricordiamo una scena di Marco, ca-pitolo 6, dove i discepoli sono “stres-sati”, vogliono fare tutto, e il Signo-re dice: “Andiamo via; riposate un po” (Mc 6, 31). Anche questo è la-voro — direi — pastorale: trovare e avere l’umiltà, il coraggio di ripo-sare. Quindi, penso, che la passio-ne per il Signore, l’amore del Signo-re, ci mostra le priorità, le scelte, ci aiuta a trovare la strada. Il Signore ci aiuterà.

La vera TeoLogia proviene daLL’amore di dio

Santità, sono Mathias Agnero e vengo dall’Africa, precisamente dalla Costa d’Avorio. Ci pare che si sia creata una frattura

tra teologia e dottrina e, ancor più, tra teologia e spiritualità. La conseguenza è il proliferare di opinioni soggettive che permettono l’introdursi, anche nella Chiesa, di un pensiero non cattolico. Come non disorientarci nella nostra vita e nel nostro ministero, quando è il mondo che giudica la fede e non viceversa?

Lei tocca un problema molto dif-ficile e doloroso. C’è realmente una teologia che vuole soprattutto essere accademica, apparire scientifica e di-mentica la realtà vitale, la presenza di Dio, la sua presenza tra di noi, il suo parlare oggi, non solo nel passato.

L’arroganza della ragione

Già san Bonaventura ha distinto due forme di teologia, nel suo tem-po; ha detto: “c’è una teologia che viene dall’arroganza della ragione, che vuole dominare tutto, fa passa-re Dio da soggetto a oggetto che noi studiamo, mentre dovrebbe essere

soggetto che ci parla e ci guida”. C’è realmente questo abuso della teolo-gia, che è arroganza della ragione e non nutre la fede, ma oscura la pre-senza di Dio nel mondo.

Poi, c’è una teologia che vuole co-noscere di più per amore dell’ama-to, è stimolata dall’amore e guidata dall’amore, vuole conoscere di più l’amato. E questa è la vera teolo-gia, che viene dall’amore di Dio, di Cristo e vuole entrare più profonda-mente in comunione con Cristo.

In realtà, le tentazioni, oggi, so-no grandi; soprattutto, si impo-ne la cosiddetta “visione moderna del mondo” (Bultmann, “modernes Weltbild”), che diventa il criterio di quanto sarebbe possibile o impossi-bile. E così, proprio con questo cri-terio che tutto è come sempre, che tutti gli avvenimenti storici sono del-lo stesso genere, si esclude proprio la novità del Vangelo, si esclude l’ir-ruzione di Dio, la vera novità che è la gioia della nostra fede.

Il Santo Padre arriva in Piazza San Pietro per iniziare la veglia di preghiera in occasione della conclusione dell’Anno Sacerdotale, il 10 giugno

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Insufficienza e debolezza del positivismo

Che cosa fare? Io direi prima di tutto ai teologi: abbiate coraggio. E vorrei dire un grande grazie anche ai tanti teologi che fanno un buon lavoro. Ci sono gli abusi, lo sappia-mo, ma in tutte le parti del mondo ci sono tanti teologi che vivono vera-mente della Parola di Dio, si nutro-no della meditazione, vivono la fede della Chiesa e vogliono aiutare af-finché la fede sia presente nel nostro oggi. A questi teologi vorrei dire un grande “grazie”.

E direi ai teologi in generale: “non abbiate paura di questo fan-tasma della scientificità!”. Io seguo la teologia dal ’46; ho incomincia-to a studiare la teologia nel genna-io ’46 e quindi ho visto quasi tre ge-nerazioni di teologi, e posso dire: le ipotesi che in quel tempo, e poi ne-gli anni Sessanta e Ottanta erano le più nuove, assolutamente scientifi-che, assolutamente quasi dogmati-che, nel frattempo sono invecchiate e non valgono più! Molte di loro ap-paiono quasi ridicole.

Quindi, avere il coraggio di re-sistere all’apparente scientificità, di non sottomettersi a tutte le ipotesi del momento, ma pensare realmen-te a partire dalla grande fede del-la Chiesa, che è presente in tut-ti i tempi e ci apre l’accesso alla verità. Soprattutto, anche, non pensare che la ragione positi-vistica, che esclude il trascen-dente — che non può essere ac-cessibile — sia la vera ragione! Questa ragione debole, che pre-senta solo le cose sperimentabi-li, è realmente una ragione in-sufficiente.

Noi teologi dobbiamo usare la ragione grande, che è aperta alla grandezza di Dio. Dobbia-mo avere il coraggio di andare oltre il positivismo alla questio-ne delle radici dell’essere. Que-sto mi sembra di grande impor-

tanza. Quindi, occorre avere il co-raggio della grande, ampia ragio-ne, avere l’umiltà di non sottomet-tersi a tutte le ipotesi del momento, vivere della grande fede della Chie-sa di tutti i tempi. Non c’è una mag-gioranza contro la maggioranza dei Santi: la vera maggioranza sono i Santi nella Chiesa e ai Santi dobbia-mo orientarci!

La Chiesa garantisce la presenza della Parola di Dio

Poi, ai seminaristi e ai sacerdo-ti dico lo stesso: pensate che la Sa-cra Scrittura non è un Libro isola-to: è vivente nella comunità viven-te della Chiesa, che è lo stesso sog-getto in tutti i secoli e garantisce la presenza della Parola di Dio. Il Signore ci ha dato la Chiesa come soggetto vivo, con la struttura dei Vescovi in comunione con il Papa, e questa grande realtà dei Vesco-vi del mondo in comunione con il Papa ci garantisce la testimonianza della verità permanente. Abbiamo fiducia in questo Magistero per-manente della comunione dei Ve-scovi con il Papa, che ci rappresen-ta la presenza della Parola. E poi, abbiamo anche fiducia nella vita della Chiesa e, soprattutto, dob-biamo essere critici.

Certamente la formazione teolo-gica – questo vorrei dire ai semina-risti — è molto importante. Nel no-stro tempo dobbiamo conoscere be-ne la Sacra Scrittura, anche proprio contro gli attacchi delle sette; dob-biamo essere realmente amici della Parola. Dobbiamo conoscere anche le correnti del nostro tempo per po-ter rispondere ragionevolmente, per poter dare — come dice San Pietro — “ragione della nostra fede”.

Il Catechismo contiene la sintesi della nostra Fede

La formazione è molto importante. Ma dobbiamo essere anche critici: il criterio della fede è il criterio con il quale vedere anche i teologi e le teologie. Papa Giovanni Paolo II ci ha donato un criterio assolutamen-te sicuro nel Catechismo della Chie-sa Cattolica: qui vediamo la sintesi della nostra fede, e questo Catechi-smo è veramente il criterio per vede-re dove va una teologia accettabile o non accettabile. Quindi, raccomando la lettura, lo studio di questo testo, e così possia-mo andare avanti con una teologia critica nel senso positivo, cioè criti-ca contro le tendenze della moda e aperta alle vere novità, alla profon-dità inesauribile della Parola di Dio,

che si rivela nuova in tutti i tem-pi, anche nel nostro tempo.

iL ceLibaTo è un grande segno

deLLa Fede

Santo Padre, sono don Karol Miklosko, vengo dalla Slovacchia, e sono missionario in Russia. Pur con le naturali difficoltà, il celibato mi sembra ovvio, guardando Cristo, ma mi trovo frastornato nel leggere tante critiche mondane a questo dono. Le chiedo umilmente, Padre Santo,

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Sacerdoti di diversi continenti presentano filiali domande

al Santo Padre

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Luglio 2010 · Salvami Regina      9

Tutti i diritti sui documenti pontifici sono riservati alla Libreria Editrice Vaticana. La versione integrale di questi documenti può essere trovata in www.vatican.va

di illuminarci sulla profondità e sul senso autentico del celibato ecclesiastico.

[...] In questo senso, il celibato è un’anticipazio-ne. Trascendiamo questo tempo e andiamo avanti, e così “tiriamo” noi stessi e il nostro tempo verso il mondo della risurrezione, verso la novità di Cristo, verso la nuova e vera vita. Quindi, il celibato è un’an-ticipazione resa possibi-le dalla grazia del Signo-re che ci “tira” a sé verso il mondo della risurrezione; ci invita sempre di nuovo a trascen-dere noi stessi, questo presente, ver-so il vero presente del futuro, che di-venta presente oggi.

E qui siamo ad un punto mol-to importante. Un grande proble-ma della cristianità del mondo di oggi è che non si pensa più al futu-ro di Dio: sembra sufficiente solo il presente di questo mondo. Voglia-mo avere solo questo mondo, vivere solo in questo mondo. Così chiudia-mo le porte alla vera grandezza del-la nostra esistenza.

Il senso del celibato come antici-pazione del futuro è proprio aprire queste porte, rendere più grande il mondo, mostrare la realtà del futuro che va vissuto da noi già come pre-sente. Vivere, quindi, così in una te-stimonianza della fede: crediamo re-almente che Dio c’è, che Dio c’entra nella mia vita, che posso fondare la mia vita su Cristo, sulla vita futura.

Il “sì” del celibato conferma il “sì” del matrimonio

E conosciamo adesso le critiche mondane delle quali lei ha parlato. E’ vero che per il mondo agnostico,

“E la preghiera non è una cosa marginale: è proprio ‘professione’ del sacerdote”

il mondo in cui Dio non c’entra, il celibato è un grande scandalo, per-ché mostra proprio che Dio è con-siderato e vissuto come realtà. Con la vita escatologica del celibato, il mondo futuro di Dio entra nelle re-altà del nostro tempo. E questo do-vrebbe scomparire!

In un certo senso, può sorpren-dere questa critica permanente con-tro il celibato, in un tempo nel qua-le diventa sempre più di moda non sposarsi. Ma questo non-sposarsi è una cosa totalmente, fondamental-mente diversa dal celibato, perché il non-sposarsi è basato sulla volon-tà di vivere solo per se stessi, di non accettare alcun vincolo definitivo, di avere la vita in ogni momento in una piena autonomia, decidere in ogni momento come fare, cosa prendere dalla vita; e quindi un “no” al vinco-lo, un “no” alla definitività, un avere la vita solo per se stessi.

Mentre il celibato è proprio il contrario: è un “sì” definitivo, è un lasciarsi prendere in mano da Dio, darsi nelle mani del Signore, nel suo “io”, e quindi è un atto di fedeltà e di fiducia, un atto che suppone an-

che la fedeltà del matrimo-nio; è proprio il contrario di questo “no”, di questa autonomia che non vuo-le obbligarsi, che non vuo-le entrare in un vincolo; è proprio il “sì” definiti-vo che suppone, conferma il “sì” definitivo del matri-monio.

E questo matrimonio è la forma biblica, la forma naturale dell’essere uomo e donna, fondamento del-la grande cultura cristiana, di grandi culture del mon-do. E se scompare questo, andrà distrutta la radice

della nostra cultura. Perciò il celiba-to conferma il “sì” del matrimonio con il suo “sì” al mondo futuro, e co-sì vogliamo andare avanti e rendere presente questo scandalo di una fe-de che pone tutta l’esistenza su Dio.

La forza della nostra vita si consolida in Cristo Gesù

Sappiamo che accanto a questo grande scandalo, che il mondo non vuole vedere, ci sono anche gli scan-dali secondari delle nostre insuffi-cienze, dei nostri peccati, che oscura-no il vero e grande scandalo, e fanno pensare: “Ma, non vivono realmente sul fondamento di Dio!”.

Ma c’è tanta fedeltà! Il celibato, proprio le critiche lo mostrano, è un grande segno della fede, della presen-za di Dio nel mondo. Preghiamo il Si-gnore perché ci aiuti a renderci liberi dagli scandali secondari, perché ren-da presente il grande scandalo del-la nostra fede: la fiducia, la forza del-la nostra vita, che si fonda in Dio e in Cristo Gesù!

(Passi del colloquio del Santo Pa-dre con i sacerdoti, 10/6/2010 )

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10      Salvami Regina · Luglio 2010

La casa di Marta a Betania era un luogo ameno e raccolto, adatto al riposo di Nostro Signore

commento aL vangeLo – XvI domenIca deL temPo ordInarIo

L’amore imperfetto di Maria e

la preoccupazione “naturalistica” di Marta

Vi è in questo Vangelo una lezione non solo per le anime “Marta”, ma anche per le anime “Maria”. Alle prime, Gesù insegna che una cosa sola è necessaria: l’amore; alle seconde, che non possono disprezzare la parte meno elevata.

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

i – dio ci ha creaTi per L’eTerniTà

In virtù della nostra natura umana, siamo portati a prestare attenzione più alle cose ma-teriali, accessibili ai sensi, che a quelle spirituali.

Ora, Dio ci ha creati per l’eternità, e per rag-giungere la beatitudine eterna non importano tanto i nostri atti esteriori quanto i nostri meriti, virtù e corrispondenza ai doni ricevuti da Dio. Si tratta, pertanto, di vincere questa tendenza istintiva per ciò che è inferiore e cercare sempre il trascendente.

Questo implica disprezzare quanto è palpa-bile e dedicarci esclusivamente allo studio e al-la preghiera? Dobbiamo mettere da parte qual-siasi attività concreta, anche quelle più nobili e necessarie, in modo da non perdere mai il con-tatto col soprannaturale?

Il Vangelo di oggi è centrato su questa pro-blematica. Qui, San Luca presenta in poche ri-ghe, con ispirata penna, le figure di Marta e di Maria, simboli rispettivamente della vita attiva e contemplativa.

ii – marTa e maria

“In quel tempo, 38 mentre erano in cam-mino, entrò in un villaggio e una don-na, di nome Marta, lo accolse nella sua casa”.

I fratelli Lazzaro, Marta e Maria apparte-nevano a una delle più altolocate famiglie del-la Palestina e possedevano numerosi beni, tra i quali la confortevole casa di Betania, distante circa tre chilometri da Gerusalemme.1

L’episodio narrato nel Vangelo di oggi corri-sponde ad uno dei soggiorni di Gesù in questo vil-laggio. Proveniente da Gerico Si stava dirigendo a Gerusalemme e colse l’occasione per fare una vi-sita a quella famiglia unita a Lui da una profonda amicizia. La casa di Marta a Betania era un luo-go ameno e raccolto, adatto al riposo di Nostro Si-gnore, come sottolinea l’esegeta gesuita Truyols: “Nell’ambiente di pace e di santo diletto che si re-spirava in casa di Marta, Maria e suo fratello Laz-zaro, nell’intimità di un’innocente fiducia, Gesù

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trovava un qualche sollievo alle continue ostilità, imbrogli e malevolenze dei suoi nemici”.2

Possiamo ben immaginare la felicità di que-sta famiglia nel ricevere il Divino Ospite, a cui prodigò le cure migliori.

A Maria interessava solo il Divino Maestro

39 “Essa aveva una sorella, di nome Ma-ria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la Sua parola”.

Giunto a Betania, dopo i calorosi saluti e le abituali abluzioni, Gesù deve esserSi accomoda-to, come era costume, su una specie di divano o magari, come immagina lo stesso Truyols, si è

Sopra: “Cristo nella casa di Marta e Maria” di Giovanni di Milano – Chiesa di Santa Croce, Firenze

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seduto sotto il pergolato, nel giardino della ca-sa, mentre si preparava il pasto.

Maria subito si pone ai suoi piedi, assorben-do come spugna i divini insegnamenti con amo-rosa ammirazione. Lì stava l’Uomo alla cui pa-rola obbedivano le tempeste; che minacciava i venti, ed essi si calmavano; guardava i mari agi-tati, ed essi si acquietavano; dava ordine alla lebbra, ed essa spariva; toccava le orecchie di un sordo e costui si ritrovava guarito...

Assorta nel Divino Maestro, Maria non si in-teressa a nient’altro. Lasciando da parte qual-siasi altra preoccupazione — compresa quella riguardante l’accoglienza del Signore — rima-ne accanto a Gesù, con gli occhi fissi su di Lui.

a Vangelo  A“In quel tempo, 38 mentre erano in cammino, en-trò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella Sua casa. 39 Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la Sua parola; 40 Marta, invece, era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, dis-

se: ‘Signore, non ti curi che mia sorella mi ha la-sciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti’. 41

Ma Gesù le rispose: ‘Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, 42 ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta’” (Lc 10, 38-42).

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Quando acco-gliamo qual-cuno di supe-riore a noi, la maggior pre-occupazione non deve esse-re quella delle misure prati-che, ma piut-tosto quella di approfittare bene della sua presenza

È da notare, come giustamente osserva Mal-donado, che Cristo, “non appena è entrato nella casa, ha cominciato ad insegnare le cose divine, desideroso di alimentare con questo cibo spi-rituale coloro che Gli venivano ad offrire l’ali-mento corporale”.3 Da questo atteggiamento San Cirillo trae una bella lezione: col Suo esem-pio, Gesù “insegna ai suoi discepoli come devo-no procedere nelle case dove sono ricevuti, af-finché non vi rimangano oziosi, ma diano santi e divini insegnamenti a coloro che li accolgono”.4

Marta si affanna per dare al Maestro un’accoglienza degna40a “Marta, invece, era tutta presa dai molti servizi”.

Toccava a Marta, come sorella maggiore, fare gli onori di casa. Molto bene educata, voleva of-frire un’ottima accoglienza al Divino Maestro. Per questo, non lasciava ai domestici il compito di servirLo. Oltretutto, secondo le buone norme vigenti all’epoca, una visita di alto livello doveva esser gestita dagli stessi padroni di casa.

Marta, afferma Sant’Agostino, “dimostra una generosa ospitalità nel ricevere Gesù a casa sua; questa è una grande opera, poiché sta preparando il pasto per il Santo dei Santi e per i suoi santi”.5

Ora, Nostro Signore viaggiava accompagna-to dagli Apostoli e discepoli, e può darsi fosse giunto all’improvviso. Per darGli un’accoglien-za consona, non c’era tempo da perdere, ragion per cui Marta “era tutta presa dai molti servi-zi” e sentiva la mancanza di altre braccia con le quali condividere l’incombenza. Maria, comun-que, presa da gioia per la presenza del Divino Maestro, aveva dimenticato completamente i suoi doveri, lasciando tutte le incombenze sulle spalle della sorella.

Il ricevimento deve cominciare nella stessa anima

40b “Pertanto, fattasi avanti, disse: ‘Si-gnore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti!’”.

Non sarebbe stato bene educato che Marta ri-chiamasse l’attenzione della sorella davanti ad una visita, soprattutto trattandosi di Nostro Si-gnore. Per questo, si rivolge a Lui con nobile de-licatezza femminile, per mezzo di una domanda,

per supplicare il Suo intervento. La richiesta, del tutto ragionevole in quelle circostanze, è formu-lata in una forma molto elegante e gentile, poi-ché riconosce l’autorità del Divino Maestro e la-scia l’ultima parola nelle sue divine mani.

Intanto, probabilmente in forma non consape-vole, Marta stava attribuendo alle cure pratiche un valore superiore allo stesso Divino Ospite. In-fatti, le sue lamentele in relazione a Maria colpiva-no indirettamente Gesù stesso, “che, conversando con lei, sembrava approvare il suo modo di proce-dere”, come ben sottolinea l’illustre Fillion.6 Pro-babilmente senza capire, Marta veniva meno al Primo Comandamento della Legge di Dio. E No-stro Signore l’ammonirà con molta soavità.

La maggiore delle due sorelle, osserva Sant’Agostino, “serviva bene il Signore, rela-tivamente alla necessità del corpo [...]; intan-to, chi si trovava lì in carne mortale, era fin dal principio il Verbo”.7

Ora, quando accogliamo qualcuno di supe-riore a noi, la maggior preoccupazione non de-ve essere quella delle misure pratiche, ma piutto-sto quella di approfittare bene della sua presenza nella nostra casa. Essendo quell’ospite la Secon-da Persona della Santissima Trinità, la buona ac-coglienza deve cominciare nella stessa anima, ri-conoscendo chi Egli è. Il desiderio di offrirGli un buon pasto verrà dopo, come corollario.

In quest’occasione, sottolinea Sant’Agostino, “Maria pendeva dalla dolcezza della parola del Signore. Marta pensava a come alimentarLo, Maria a come essere da Lui alimentata. Mar-ta preparava per il Signore un banchetto, Maria già traeva beneficio dal banchetto dello stesso Signore”.8 San Bernardo commenta, con molta proprietà: “L’una e l’altra hanno ricevuto il Ver-bo: Maria nello spirito, Marta nella carne”.9

Amoroso rimprovero di Gesù41a “Ma Gesù le rispose: ‘Marta, Mar-ta!’”.

Nostro Signore pur avendo visto perfetta-mente la situazione di Marta, non aveva detto nulla. Ma, quando lei tenta di trarre Maria a sé, Egli la riprende dicendo: “Marta, Marta!”.

Come avrà pronunciato Gesù queste paro-le? Quale l’inflessione della sua voce? Deve es-ser stata solenne, maestosa, ma piena di affet-to! E sicuramente avrà toccato allo stesso tem-po la sua anima con una grazia, in modo che lei

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Marta pensava a come alimentare il Signore, Maria a come essere da Lui alimentata. Marta preparava per il Signore un banchetto, Maria già traeva beneficio dal banchetto dello stesso Signore

comprendesse a fondo il significato della divina risposta.

È curioso notare che quando, dopo la Resur-rezione, Nostro Signore si rivolge a Maria Mad-dalena, Egli non ripete il suo nome. Dice appena: “Maria”. E lei immediatamente esclama: “Rab-bunì!” (Gv 20, 16). Le basta udire una sola volta il suo nome per entrare in completa consonanza col Maestro. A Betania, comunque, Egli ha sen-tito la necessità di ripetere: “Marta, Marta!”.

Nella Sacra Scrittura non vi è nulla di super-fluo, anche piccoli dettagli come questo rivela-no un universo di dottrina.

Perché dire all’una “Marta, Marta” e all’altra solamente “Maria”? Gli episodi con protagoni-ste le due sorelle riflettono due stati dello spiri-to quasi contrapposti. Nel primo, Nostro Signo-re ha bisogno di ripetere il nome di Marta co-me “segno di affetto e avvertimento riguardo ad un punto grave”,10 perché le persone sprofonda-te in questioni pratiche tendono generalmente a non ascoltare. Stando, per così dire, immerse in una specie di sonno interiore, non è sufficiente chiamarle una sola volta. E Gesù deve aver ri-petuto il nome di Marta con inflessioni di vo-ce differenti, come una musica, suonata nel più profondo dell’anima.

Stava servendo soltanto Gesù, o anche se stessa?41b “Tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose”.

Impegnata a servire Nostro Signore nel mi-glior modo possibile, forse Marta aveva inten-zione di farlo anche per mantenere il grande prestigio della casa. Per questo si inquietava, colta da preoccupazioni che non si addicevano del tutto all’amore verso Dio: era in questione il nome della famiglia. E quando Dio non è al centro delle nostre considerazioni, l’inquietudi-ne si fa strada con facilità.

Non dimentichiamoci che il valore soprannatu-rale di ogni azione dipende dall’intenzione con cui essa è praticata. E qual era, in questo caso, l’obiet-tivo di Marta? Nella misura in cui cercava di non pregiudicare la propria fama, non stava servendo Nostro Signore, ma se stessa. Si preoccupava, al-lora, dei beni terreni, non di quelli eterni. Serviva, così, più con le mani che con il cuore.

Questa psicologia pragmatica e naturalista di Marta è molto più comune di quanto si potrebbe

immaginare. Lei voleva fare cosa gradita a Nostro Signore, ma con l’attenzione divisa, rivolta in par-te verso ciò che è del mondo. Può darsi che desi-derasse richiamare l’attenzione su se stessa, spe-rando di ricevere un elogio per la sua prontezza.

42 “Ma una sola è la cosa di cui c’è biso-gno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.

“Maria si è scelta la parte migliore”, afferma Gesù ammonendo Marta. Con somma delica-tezza, non ha enunciato la conseguenza che, in-tanto, era fuor di questione: tocca a lei, pertan-to, la parte meno elevata...

iii – anime “marTa” e anime “maria”

Soffermiamoci sull’importante questione che qui si presenta e viene tante volte male interpre-tata.

Quando, dopo la Resurrezione, Nostro Signore si rivolge a Maria Maddalena, Egli non ripete

il suo nome. Dice appena: “Maria”. E lei immediatamente esclama:

“Rabbunì!” (Gv 20, 16)“Risurrezione” – Cattedrale di Manresa (Spagna)

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Che si possa arguire dalla risposta del Divino Maestro che Egli condanna la preoccupazione per le cose concrete, che non passeranno all’eter-nità, pertanto, non meritano la nostra attenzio-ne? Dovrebbero tutti, allora, dedicarsi esclusiva-mente alla contemplazione delle verità eterne?

Non è questa la lezione che dobbiamo trarre da questo passo del Vangelo, poiché, come os-serva Santa Teresa di Gesù in modo colorito e pieno di buon senso, se Marta “fosse rimasta, come Maddalena, estasiata ai piedi del Signore, nessuno avrebbe dato da mangiare a questo Di-vino Ospite”.11

Cristo non afferma che Marta avrebbe dovu-to abbandonare quelle indispensabili occupa-zioni, come posto in evidenza da Sant’Agostino, con la sua caratteristica vivacità:

“Dobbiamo pensare che Gesù abbia criti-cato l’attività di Marta, occupata nell’eserci-zio dell’ospitalità, nel riceverLo a casa sua? Come avrebbe potuto esser giustamente cen-surata chi era contenta di accogliere un co-sì notevole Ospite? Se così fosse, gli uomini smetterebbero di soccorrere i bisognosi e sce-glierebbero per sé la parte migliore, la quale non gli sarebbe tolta; si dedicherebbero alla meditazione della parola divina, desiderereb-bero ardentemente la dolcezza della dottrina, si consacrerebbero alla scienza della salvez-za; non si preoccuperebbero di sapere se c’è nel villaggio un pellegrino o un povero senza cibo o vestiti; non si interesserebbero di visi-tare gli infermi, riscattare il prigioniero, in-terrare i morti; abbandonerebbero le opere di misericordia e si applicherebbero all’uni-ca scienza. Se questa è la parte migliore, per-ché non ci dedichiamo tutti a lei, visto che, su questa materia, abbiamo lo stesso Signore co-me Nostro difensore?”.12

La risposta data da Gesù era stata molto sot-tile e, come bene osserva il Cardinal Gomá, “racchiude tutto un programma di vita che è la concretizzazione del sommo equilibrio del Cri-stianesimo nell’ordine dell’azione”.13 Nelle per-sone di Marta e Maria, il Divino Maestro ha la-sciato una lezione per tutta l’umanità.

Contemplazione operativa e azione contemplativa

Contemplazione e azione non sono realtà che si escludono a vicenda. San Tommaso inse-gna che la prima è, senza dubbio, più eccellen-te e meritoria della seconda.14 Comunque, ag-giunge lui, l’azione che procede dalla pienez-za della contemplazione è preferibile alla sem-plice contemplazione.15 A quest’insegnamento del Dottor Angelico, fa eco Fillion: “Sebbene la parte di Maria abbia qualcosa di più celestia-le, la cosa migliore, nelle situazioni ordinarie, è unire la condizione di Marta a quella di Ma-ria”.16

La perfezione sta, dunque, nella congiun-zione tra la contemplazione e l’azione. Di questo ci dà un esempio supremo la Sacra Fa-miglia. La Madonna si occupava con inegua-gliabile perfezione della casa a Nazaret e San Giuseppe era sicuramente il più coscienzio-so dei falegnami. Entrambi lavoravano, ognu-no nelle proprie faccende. Nel contempo, te-

La Madonna e San Giuseppe si occupavano con ineguagliabile perfezione della casa a Nazaret e nel contempo, tenevano

costantemente l’attenzione rivolta a Gesù

“Sacra Famiglia” – Chiesa del Santissimo Nome di Gesù, Roma

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nevano costantemente l’attenzione rivolta a Gesù e agli aspetti più elevati della realtà, al punto che San Luigi Grignion de Montfort af-fermava che la Madonna, dando un punto con l’ago, glorificava più Dio che San Lorenzo soffrendo sulla graticola i terribili dolori del suo martirio.17

Allora, possiamo anche noi dar molta gloria a Dio negli atti concreti della vita quotidiana, a patto che li realizziamo con l’attenzione po-sta verso le cose celesti, e non soltanto su quel-le terrene. Così ha fatto Cristo Gesù durante la sua vita pubblica: occupatissima, intensissima, e nel contempo, sempre impregnata di preghiera e contemplazione.

La preoccupazione “naturalista” di Marta

Come avrebbe dovuto, allora, agire Marta in questo episodio?

Lei era, come abbiamo visto, la respon-sabile della casa e toccava a lei prendere i

Felici di servirLo, non importa come

arta era santa, sebbene non risulti che fosse con-templativa. Allora, cosa

si può desiderare di meglio che esse-re come questa beata, che meritò di ospitare Nostro Signore varie volte a casa sua, prepararGli il pasto, ser-virLo e sedersi a tavola per mangia-re con Lui? Se lei, come Maddale-na, fosse rimasta assorta ai piedi del Signore, nessuno avrebbe servito da mangiare a questo Divino Ospi-te. Considerate, dunque, che que-sta congregazione è la casa di San-ta Marta e che in essa deve esserci di tutto. Così, quelle che sono porta-te per la vita attiva, non mormorino

contro quelle che molto si incanta-no nella contemplazione. [...]

Ricordatevi che bisogna che vi sia qualcuno che Gli prepari i pasti e consideratevi felici per il fatto di servire, come ha fatto Marta. Con-siderate che la vera umiltà con-siste, in buona misura, nell’esser pronte per ciò che il Signore voglia fare di noi, nell’accontentarci della sua Divina volontà e ritenerci sem-pre indegne di esser chiamate sue serve. Infatti, se contempliamo e facciamo una preghiera mentale e vocale, curiamo gli infermi, servia-mo nelle faccende della casa, lavo-riamo — seppure nelle più umili

f u n z i o n i —, se tutto è servire il Divino Ospite, che viene fino a noi per convivere, alimentar-Si e ricrearSi, che ci importa se lo facciamo in un modo o nell’altro?

(SANTA TERESA DE JESÚS. Camino de perfección, c.17, 5-6. In: Obras Completas. 3.ed. Bur-gos: El Monte Carmelo, 1939, pagg.396-397)

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provvedimenti per la buona accoglienza di Nostro Signore. Così, ha cominciato bene volendoLo servire e compiacendoLo. Tutta-via, senza che lei se ne rendesse conto — co-me suole accadere — questa lodevole aspi-razione si è andata sostituendo con una pre-occupazione “naturalista”, accompagnata dal desiderio di far bella figura davanti a Lui e agli altri.

Se avesse eseguito tutti quei compiti ripo-nendo in Gesù l’attenzione principale, anche lei sarebbe rimasta con la parte migliore, i frut-ti del suo lavoro avrebbero avuto altra bellezza e altra sostanza. Non le era necessario, pertan-to, lasciare le sue occupazioni per andare a se-dersi, come Maria, ai piedi di Gesù ma, come sottolinea acutamente Fillion, aver presente che “l’unica cosa necessaria è preferire le cose inte-riori alle esteriori, darsi a Cristo senza restrizio-ni, adorandoLo, amandoLo e vivendo solo per Lui”.18

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Santa Teresa di Gesù

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La vita degli uomini ha momenti d’azione e di contem-plazione, e tanto negli uni quanto negli altri è necessario esser “per-fetti come il Padre celeste è perfetto” (Mt 5, 48)

1 Cf. FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesu-cristo. Madrid: RIALP, s/d., v.II, pag.334.

2 FERNÁNDEZ TRUYOLS, SJ, Andrés. Vida de Nuestro Señor Jesucristo. 2.ed. Ma-drid: BAC, 1954, pagg. 417-418.

3 MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los cuatro Evangelios – II. Evangelios de

San Marcos y San Lucas. Ma-drid: BAC, 1951, pag.554.

4 SAN CIRILO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea.

5 SAN AGUSTíN. Sermo 255, 2, apud ODEN, Thomas C. e JUST Jr., Arthur A. La Bi-blia comentada por los Padres de la Iglesia – Evangelio según San Lucas. Madrid: Ciudad Nueva, 2000, v.III, pag.258.

6 Cf. FILLION, op. cit., pag.335.

7 SANT’AGOSTINO. Sermo 104, 3, apud SAN TOMMA-SO D’AQUINO. Catena Au-rea.

8 SAN AGUSTíN. Comentarios de San Agustín a las lectu-ras litúrgicas (N.T.). Vallado-lid: Estudio Agustiniano, s/d, pag.1073.

9 SAN BERNARDO. Obras completas. Madrid: BAC, 1953, v.I, pag.712.

L’amore imperfetto di Maria

Il Divino Maestro dice che Maria scelse la parte migliore, ma non afferma che lei ha agi-to spinta da un amore perfetto. Nostro Signo-re è geloso dell’obbedienza dovuta alle autori-tà intermediarie, pertanto, Maria avrebbe dovu-to sottomettersi alle decisioni della sorella mag-giore, compiendo il proprio servizio senza per-dere il trasporto, mantenendo il cuore intera-mente riposto nel Signore. “Non immaginare — avverte il Dottor Serafico — che il tuo amore alla quiete ti autorizzi a sottrarti, anche in co-se minime, agli esercizi della santa obbedienza o delle regole stabilite dagli anziani”.19

Pertanto, si può affermare che Maria non ha operato in forma esimia, nella misura in cui ha misconosciuto la parte meno perfetta, evitan-do di assumere le incombenze necessarie per il buon ricevimento di Gesù.

La lezione è stata per tutte e due

C’è in questo Vangelo una lezione non solo per le anime “Marta”, ma anche per le anime “Ma-ria”. Alle prime, Gesù insegna che una sola cosa è necessaria: l’amore a Dio; poiché soltanto la ca-rità oltrepassa la soglia dell’eternità e tutto il resto è secondario. Non dobbiamo occuparci delle fac-cende di tutti i giorni senza avere il cuore rivolto a ciò che c’è di più elevato, tenendo presente che in tutto dipendiamo dalla grazia divina. Alle secon-de, mostra che non possono disprezzare la parte meno perfetta, ignorando i provvedimenti neces-sari per il buon ordinamento della vita. Infatti, co-me giustamente sottolinea Teofilatto commentan-do questo passo del Vangelo, “il Signore non criti-ca l’ospitalità, ma la preoccupazione per molte co-se, ossia, l’assorbimento e l’agitazione”.20

Nell’azione o contemplazione, si tratta di mantenere l’anima serena, pervasa da devozio-ne e interamente rivolta al soprannaturale.

iv – essere perFeTTo neLL’azione e neLLa conTempLazione

Marta, poiché è virtuosa, senza dubbio ha ac-cettato bene le parole di Nostro Signore ed ha capito che, di fatto, aveva percorso vie sbagliate.

Come ha proceduto lei dopo il rimprovero divino? Certamente ha continuato a servirLo, ma senza frenesia. Piena di pace, gioia e conso-lazione, deve aver ringraziato per la lezione ri-cevuta, guidata dalla grazia ad accettarla per in-tero. “Rimprovera il saggio ed egli ti amerà” (Pr 9, 8). Così, questa affettuosa correzione le ha fatto amare di più Nostro Signore.

Dobbiamo imitare le due sorelle: adempie-re a tutti gli atti quotidiani con l’amore di Ma-ria ma, come Marta, compiere i nostri doveri in modo esimio. Perché la vita degli uomini ha momenti d’azione e di contemplazione, e tan-to negli uni quanto negli altri è necessario es-ser “perfetti come il Padre celeste è perfetto” (Mt 5, 48).

Dalla contemplazione proviene l’azione

In questa terra, la nostra vita deve esser con-trassegnata dalla preoccupazione fondamen-tale di occuparci delle cose eterne. Come ben spiega don Romano Guardini, l’esistenza uma-na si svolge su due piani paralleli: l’interiore e l’esteriore. Il più importante, però, è l’interiore, poiché, in ultima analisi, da lui proviene l’este-riore. “È così che — aggiunge —, già nella vi-ta ordinaria degli uomini, l’interiore si sovrap-

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Eleviamo al Cielo le nostre viste deformate dallo spirito “naturalista”, perché, alle soglie dell’eternità, le cose concrete ci saranno tolte

10 GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Barce-lona: Casulleras, 1930, v.III, pag.134.

11 SANTA TERESA DE JE-SÚS. Camino de perfección, c.17, 5. In: Obras Completas. 3.ed. Burgos: El Monte Car-melo, 1939, pag.396-397.

12 SANT’AGOSTINO. Sermo 104, 2. apud ODEN e JUST Jr., op. cit., pagg.1073-1074.

13 GOMÁ Y TOMÁS, op. cit., pag.134.

14 Cf. SAN TOMMASO D’AQUINO. Summa Teolo-gica, II-II, q.182, a.1 e 2.

15 Cf. Idem, II-II, q.188, a.6, r.16 FILLION, op. cit., pag.336.17 SÃO LUíS MARIA GRI-

GNION DE MONTFORT. Tratado da verdadeira de-voção à Santíssima Virgem,

n.222. 9.ed. Petrópolis: Vo-zes, 1978, pag.214-215.

18 FILLION, op. cit., pag.335.19 SAN BUENAVENTURA.

Meditaciones de la vida de Cristo. Buenos Aires: Santa Catalina, pag.184.

20 TEOFILATO, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena aurea.

21 GUARDINI, Romano. O Senhor. s/l: Agir, s/d, pag.196.

finitivo del Sommo Bene, e la carità raggiunge-rà la sua pienezza.

Molto più felici di Marta e Maria

Oggi siamo molto più fortunati di Marta, poiché riceviamo Gesù, non a casa nostra, ma nel nostro cuore. Egli Si dà a noi nell’Eucaristia e, invece di affannarci a prepararGli un pasto, Egli ci alimenta col suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Situazione, pertanto, molto più feli-ce e celestiale di quella della famiglia di Betania che tante volte ha ospitato Nostro Signore!

Così, ringraziamo Marta per il suo zelo nell’accogliere Gesù, lodiamo Maria per l’esem-pio d’amore verso Dio ma, soprattutto, rendia-mo grazie a Gesù per quello che Egli fa, in ogni istante, per ognuno di noi.

Oggi siamo molto più fortunati di Marta, poiché riceviamo Gesù, non a casa nostra, ma nel nostro cuore attraverso l’Eucaristia

pone all’esteriore. Ha il carattere di ‘uno neces-sario’, che deve prima apparire chiaramente. Se le radici si ammalano, l’albero può continuare a crescere per qualche tempo, ma finisce per mo-rire. Questo è ancor più vero per la vita della fede. Anche lì c’è un dominio esteriore; si par-la e si ascolta, si lavora e si lotta, vi sono ope-re e istituzioni, ma il senso ultimo di tutto risie-de nell’interiore. Il lavoro di Marta è giustifica-to da Maria”.21

Rispondendo all’invito a noi fatto in questo brano del Vangelo, compiamo gli sforzi neces-sari per elevare al Cielo le nostre viste deforma-te dallo spirito “naturalista”, perché, alle soglie dell’eternità, le cose concrete ci saranno tolte. La nostra fede si trasformerà in visione di Dio faccia a faccia, nostra speranza, in possesso de-

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Benedetto XVI somministra la Sacra Comunione nella Basilica di San Giovanni Laterano durante la Messa del Corpus Domini del 2010

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Testimone muta della Resurrezione di Gesù

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Sindone o sudario?

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La Santa SIndone

SollevandoSi gloriosamente dal sepolcro, vincendo la morte col Suo stesso potere, Il Signore Gesù ha voluto lasciare all’umanità una preziosa prova della sua Passione e Resurrezione.

omenica della Resurre-zione. Molto presto, an-cor prima del sorgere del sole, tre donne avvolte

in ampi mantelli, portando brocche e tessuti, avanzavano a passi legge-ri sulla via che conduce da Gerusa-lemme all’orto del Santo Sepolcro. Mentre procedevano, una perplessi-tà le affliggeva: “Chi ci rimuoverà la pietra dell’entrata?” (Mc 16, 3).

Passione e Morte del Divino Maestro

Mentre camminavano, continua-vano a rievocare gli avvenimenti vis-suti nei giorni precedenti.

Il giovedì, avevano partecipato al-la Sacra Cena, durante la quale Gesù aveva distribuito ai suoi discepoli il Pane e il Vino transustanziati, dicen-do: “Questo è il mio corpo. Questo è il calice del mio sangue” (cfr. Lc 22, 19-20). Poco dopo ricevettero l’inat-tesa notizia del Suo arresto e, la mat-tina seguente, assistettero nel Preto-rio alla Sua condanna.

Quelle tre donne che avevano seguito il Divino Maestro nei Suoi viaggi e predicazioni assistendo a molti Suoi miracoli, rimasero inor-ridite e desolate quando il governa-tore romano Lo presentò al popolo, dicendo: “Ecco l’uomo!” (Gv 19, 5).

Sfigurato, coronato di spine, coper-to da una coltre di derisione, il Mes-sia era irriconoscibile. Una scena talmente dolorosa che, invece di ri-svegliare la pietà, portò la turba rab-biosa a gridare: “CrocifiggiLo! Sia crocifisso!”. Per ottenere da Pilato la morte dell’Innocente, preferirono liberare Barabba, un rivoltoso, assa-litore e assassino!

In seguito, Cristo iniziò il cammi-no verso il Golgota, versando sangue ad ogni passo. Tre volte cadde sotto il peso del patibulum, fino a che i le-gionari romani, temendo che non arrivasse vivo al luogo del suppli-zio, obbligarono Simone di Cirene

José Manuel Jiménez Aleixandre

sinottici utilizzano la parola sindone (σινδόνι) per denominare il tessuto in cui Giuseppe di Arima-

tea avvolse il corpo di Nostro Signore, e il termine sudario (σουδάριον) per designare il velo che coprì il Suo capo e fu trovato piegato a parte nel sepolcro (cfr. Mt 27, 59; Mc 15, 46; Lc 23,53 e Gv 20, 7).

Pertanto, per riferirsi alla Sacra Reliquia che si venera a Torino è più preciso utilizzare l’espressio-ne Santa Sindone, o Santo Lenzuolo, che Santo Su-dario. È questo il criterio che abbiamo seguito nel presente articolo.

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Luglio 2010 · Salvami Regina      19

a caricare il pesante legno. Duran-te il percorso, nessuno si azzardava a prestarGli neppure un piccolo aiuto. Solamente una donna osò avvicinar-si per pulire il volto del Maestro con l’ampio velo che la copriva, riceven-do come ricompensa, il divino Volto stampato su quel tessuto.1

In cima al Calvario, il culmine di tutte le atroci sofferenze, la crocifissio-ne. Il suono delle martellate penetra-va terribilmente nelle orecchie di quel-le donne. Inchiodato sulla croce, Ge-sù era talmente esausto per i patimen-ti che in poco tempo Gli sopraggiun-se la morte: erano le tre del pomerig-gio quando gridò “Consumatum est!” e “chinato il capo , spirò” (Gv 19, 30).

Giuseppe di Arimatea, che aveva assistito da lontano, andò a chiedere al governatore romano il corpo del Maestro. Pilato volle prima accer-tarsi della morte così rapida. Un le-gionario si avvicinò alla Croce e con-ficcò con forza la lancia nel fianco destro del Crocifisso. Gesù non rea-gì; il corpo era esanime. Dalla ferita sgorgò sangue e acqua.

Insieme a Giuseppe di Arimatea, era venuto Nicodemo, accompagna-to dai servi che trasportavano due or-ci pieni di unguento di mirra e aloe, per imbalsamare il Corpo. Aiutan-dosi con delle scale, dopo aver tolto la corona di spine, coprirono con un sudario2 il volto di Gesù — come era costume che i giudei facessero con le vittime di morte violenta —, mentre Lo facevano scendere e Lo prepara-vano per la sepoltura.

Maria, la Madre del Signore, an-che se raggelata dal dolore, a tutto assisteva in piedi, con una fermezza che impressionava le Sante Donne e dava loro forza. Si sentivano sicu-re al suo fianco. Era presente anche Giovanni, l’unico Apostolo che ac-compagnò Gesù durante la Passione e fu testimone diretto dei Suoi tor-menti, morte e sepoltura.

Giuseppe di Arimatea aveva porta-to delle fasce e un rotolo di oltre quat-tro metri di tessuto del miglior lino, per seppellirLo. Era il Santo Lenzuo-lo, Santa Sindone, o — come si usa di-re in portoghese — il Santo Sudario.3

Il sole scendeva all’orizzonte e brillavano le stelle che annunciava-no l’inizio del sabato di Pasqua. Era necessario agire prontamente per non violare il giorno santo. Molto ri-gorosi nel compimento della Legge, Giuseppe e Nicodemo non permise-ro neppure che il Corpo fosse lava-to, per evitare di toccare il sangue. Posero due monete sui Suoi occhi e gli posarono sopra il tessuto di lino. Piegandolo a metà all’altezza del ca-po, avvolsero completamente Gesù.

Essendo ancora giorno, Giusep-pe, Nicodemo e l’Apostolo Giovan-ni portarono il Corpo in un sepolcro vergine scavato nella roccia nei pressi del luogo. Ve lo depositarono, avvolto nella Sindone, e sopra di lui versaro-no i trenta litri di unguento. Misero da parte le fasce, con l’intenzione di uti-lizzarle dopo il sabato, poiché manca-va il tempo per farlo. I servi comincia-rono allora a rotolare la pietra circo-lare che serviva da porta al sepolcro.

Il manto della notte coprì la cit-tà di Gerusalemme e il sabato di Pa-squa trascorse tra tristezza, timore

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“Questo tessuto di lino nel quale Nostro Signore Gesù Cristo fu avvolto [...] voi lo dovete venerare e adorare” — disse Papa Giulio II (1503-1513), approvando la Messa e l’Ufficio con i quali ufficializzò

il culto pubblico della Santa Sindone

Benedetto XVI venera la Santa Sindone il 2 maggio scorso, nella Cattedrale di Torino

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e rancori. Tristezza dei discepoli di Gesù che si chiedevano se non fosse tutto finito, timore di seguire lo stes-so tragico destino del Maestro e ran-core da parte dei sinedriti che, no-nostante avessero ucciso il Messia, sentivano il loro odio insoddisfatto.

Le donne trovano il sepolcro vuoto

Quando, la mattina della domeni-ca, Maddalena, Maria Cleofe e Sa-lomè, arrivarono al sepolcro, la loro reazione fu di stupore e turbamen-to: la pietra dell’entrata era stata ri-mossa, le guardie giacevano per ter-ra, svenute. E, soprattutto, il corpo del Signore non c’era più!

Maria Maddalena tornò correndo al Cenacolo, dove si trovavano riuni-ti a porte chiuse gli Apostoli, con la Madre di Gesù e altri discepoli. An-cora ansimante, comunicò a Pietro: “Hanno portato via il Signore dal se-polcro, e non sappiamo dove l’hanno messo!” (Gv 20, 2). Pietro non per-

se tempo: disse una parola rapida a Giovanni e i due uscirono di corsa.

Giovanni, più giovane, giunse per primo al sepolcro, si chinò e vide le

Il sole scendeva all’orizzonte e brillavano le stelle che annunciavano l’inizio del sabato di Pasqua. Era necessario agire

prontamente per non violare il giorno santo

“Gesù è deposto nel sepolcro”, del Beato Angelico – Museo di San Marco, Firenze

“Sante Donne nel sepolcro”, del Beato Angelico – Museo di San Marco, Firenze

Quando, la mattina della domenica, Maddalena, Maria Cleofe e Salomè, arrivarono al sepolcro, il corpo del Signore non c’era più!

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bende per terra, ma, per rispetto, aspettò l’arrivo di Pietro. Entrato in-sieme a lui, vide anche il sudario pie-gato in un luogo a parte. “Vide e cre-dette” (Gv 20, 8), narra il Vangelo, poiché fino a quel momento gli Apo-stoli “non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risu-scitare dai morti.” (Gv 20, 9).

Miracolosa immagine di un Uomo crocifisso

Durante quella notte, Cristo aveva vinto la morte, resuscitando per Suo proprio potere. Riprendendo vita, il Suo corpo glorioso era rimasto mira-colosamente impresso sulla Santa Sin-done, dove già vi erano segni prece-denti del Preziosissimo Sangue ema-nato dalle piaghe della Sua Passione.

Infatti, nella parte interna di que-sto sacro tessuto, che stava a contatto con il Corpo, possiamo vedere oggi, impressa in forma inesplicabile e con incredibile nitidezza, la sagoma di un uomo morto per crocifissione. Non vi sono segni di pigmenti coloranti né tracce di pennello. Al contrario, le fibre di lino si trovano parzialmente disidratate in una minuscola profon-

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Luglio 2010 · Salvami Regina      21

dità, acquisendo in tal modo diffe-renti tonalità.4 E la miracolosa imma-gine, così stampata, riflette la doloro-sissima Passione di un Uomo che, nel pieno vigore dell’età, ha subito pati-menti che sfidano la capacità di sof-ferenza umana.5

Di equilibrate proporzioni, un’al-tezza di un metro e ottantatre centi-metri, la fronte ampia, i capelli folti cadenti ordinatamente sulle spalle, una nobile barba divisa in due par-ti, sopracciglia spesse, folti baffi — possedeva tutte le caratteristiche di un uomo di buona costituzione.

Risalta subito sul Suo volto il se-gno di un colpo violento che Gli rup-pe il setto nasale e causò una gran-de tumefazione su tutta la parte de-stra del volto.6 Si notano anche i se-gni del terribile tormento della fla-gellazione, inflitta da due carnefici romani usando la peggiore delle fru-ste — il flagrum — composta da tre strisce di cuoio con pezzi di piombo annodati sulle punte. Per sottopor-Lo a questo supplizio, il Reo fu le-gato ad una colonna non molto al-ta, con la schiena esposta ai colpi dello staffile. Vi sono segni di oltre 120 scudisciate nella parte posterio-re del corpo, oltre ad altre 70 infer-te sulle braccia, sulla parte anteriore delle gambe e sul petto.

Sopra il Suo capo fu collocato un intreccio di rami spinosi, con punte da quattro a sei centimetri. Una di queste attraversò il sopracciglio si-nistro, al punto da impedire quasi l’apertura della palpebra.

Le rozze corde con cui lo legarono lasciarono segni sui Suoi polsi e riem-pirono la Sua vita di coaguli di san-gue, soprattutto nella parte posterio-re. Le spalle hanno segni di escoria-zioni, a causa del peso di un legno ro-busto sostenuto durante un lungo per-corso. Sulle ginocchia, sulle piante dei piedi e sul naso vi sono i segni di vio-lenti traumi da cadute a terra che han-no aperto altre nuove ferite. Si osser-va in una delle Sue mani il segno del-

le ferite inferte dai chiodi, da cui sgor-gò sangue in abbondanza, che corse giù per le braccia fino ai gomiti. I pie-di, inchiodati uno sopra l’altro, si mo-strano quasi completamente immersi nel sangue, anche sulla pianta.

Lungo percorso da Gerusalemme a Torino

Come è arrivata fino a noi la Sa-cra Sindone? La storia è lunga e non priva di lacune e misteri.

Conservata da Giuseppe di Ari-matea o da Nicodemo, essa deve es-ser stata portata via da Gerusalem-me nell’anno 66, quando l’Apostolo Giacomo, il Minore, fu martirizzato e molti cristiani fuggirono dalla città condannata alla distruzione.

È possibile che il miracoloso tes-suto sia rimasto qualche tempo a Pella, vicino al Giordano, per giun-gere ad Edessa, nel nord della Siria. Nel 544 sarebbe stato depositato in una nicchia ricavata nella muraglia, e gli abitanti di questa città attribuiro-no alla sua presenza la vittoriosa di-fesa contro l’invasore persiano, Co-sroe. Nel VII secolo, Edessa cadde sotto il dominio musulmano, ma nel 944 le truppe cristiane dell’Imperato-re Romano I riuscirono a recuperar-la. Uno dei prezzi imposti al sultano fu la consegna del denominato man-dilyon akeiropita, “il tessuto dipinto non da mano di un uomo”, che pos-siamo identificare con la Santa Sin-done. Questo era custodito in un reli-quiario, che lasciava in vista solamen-te l’immagine del divino Volto.

L’arrivo di una tale insigne reli-quia a Costantinopoli fu comme-morato con feste speciali. I cristia-ni aprirono il tessuto in tutta la sua estensione e lo venerarono come il panno sacro che avvolse il Corpo del nostro Redentore. In quei tempi re-moti, gli abitanti di Costantinopo-li non disponevano delle inequivo-cabili prove scientifiche dei nostri giorni, ma la stessa fede per la quale San Giovanni “vide e credette” (Gv

Nella Santa Sindone possiamo vedere inspiegabilmente stampate, di forma

nitida, le terribili impronte della corona di spine, dei chiodi e della flagellazione

Eric

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Dal 10 aprile al 23 maggio, la Sacara Sindone ha attirato più di 2,1 mila persone, di tutti i continenti, che hanno formato code interminabili per poter venerarlo da vicino per alcuni istanti

20, 8) li portò a credere nell’autenti-cità di questa Reliquia.

Per determinazione dell’impera-tore, toccò alla chiesa di Santa Ma-ria di Blanquerna la conservazio-ne della Sindone. Secondo i raccon-ti dei pellegrini dell’epoca, il prezio-so lenzuolo era esposto alla venera-zione dei fedeli tutti i venerdì, inte-ramente dispiegato. In questa chiesa rimase fino al sacco del 1204.

Gli storici non concordano riguar-do il tragitto del mandilyon akeiropi-ta nel corso dei 150 anni seguenti. Al-cuni affermano che si trovasse nel-le mani dei templari, mentre altri che sia stato conservato da un cavaliere, Othon de la Roche, il quale, nel 1208, lo consegnò ad un santuario da lui fat-to costruire a Besançon, in Francia.

A partire dal 1353, il percorso del-la Santa Sindone non presenta dubbi dal punto di vista storico. In quell’an-no, essa apparve in mano di Geoffroi de Charny, che la collocò nella chie-sa collegiale di Lirey, nel nordest del-la Francia, dove rimase fino al 1410 o 1418. I discendenti di Charny decise-ro di trasferirla da Lirey, per i costan-ti saccheggi che avvenivano nella re-gione, cedendola alla Casa dei Savo-ia nel 1453. Il Duca di Savoia la fece conservare, esposta alla venerazione dei fedeli, nella cattedrale di Cham-

béry, città francese situata ai piedi delle Alpi, in prossimità della Svizze-ra e dell’Italia.

Durante un terribile incendio in questa cattedrale, nel 1532, si fuse uno degli angoli del reliquario d’ar-gento, danneggiando irreparabil-mente la Sindone, che vi era conser-vata piegata. Sono resti di questo in-cendio i segni bruciacchiati delle pie-ghe e i fori triangolari perfettamen-te visibili in qualunque fotografia, che pazienti mani di religiose clarisse rammendarono con amore, seguen-do le migliori tecniche dell’epoca.

L’Arcivescovo di Milano, San Carlo Borromeo — il grande Cardi-nale riformatore del clero e della vi-ta religiosa — fu la causa della nuo-va e ultima traslazione della Santa Sindone. Avendo fatto voto di an-dare in pellegrinaggio a Chambéry a venerare questa reliquia, partì nel 1578. Il Duca di Savoia, però, volle risparmiare all’Arcivescovo ormai anziano le scomodità di un viaggio di 350 chilometri su un terreno mon-tuoso, molto penoso in ragione del-le precarie condizioni di quei tempi. Inviò allora la sacra reliquia a Tori-no, distante solo 140 chilometri da Milano, dove si trova tutt’ora.

Il Re Umberto II d’Italia, discen-dente dai Duchi di Savoia, morì nel

1983, lasciando in eredità la Sindone alla Santa Sede. Papa Giovanni Pao-lo II affidò la sua custodia all’Arci-vescovado di Torino.

Venerata e adorata dai Papi

“Questo tessuto di lino nel qua-le Nostro Signore Gesù Cristo fu avvolto [...] voi lo dovete venerare e adorare” — disse Papa Giulio II (1503-1513), approvando la Messa e l’Ufficio con i quali, con la sua au-torevole parola di Vicario di Cristo sulla terra, ufficializzò il culto pub-blico della Santa Sindone.

Da allora, numerosi furono i santi e pontefici che andarono in pellegri-naggio a Torino per pregare davan-ti alla sacra reliquia. Tra loro, si an-noverano Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.

“Venerare e adorare”, aveva rac-comandato Giulio II. E con piena ragione, non solo perché la Santa Sindone ha misteriosamente stam-pata l’immagine del corpo del Re-dentore, ma anche perché essa è im-pregnata del Sangue di Gesù, il Fi-glio di Maria, Dio fatto uomo, che ci ama con un amore infinito ed è mor-to in Croce per salvarci.

La mostra svoltasi da aprile a maggio di quest’anno ha costitui-to, secondo le parole di Benedet-

Eric

Sal

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Luglio 2010 · Salvami Regina      23

1 Per il fatto di esser stato piegato due volte, furono quattro le immagini del volto di Nostro Signore che ri-masero stampate in questo tessuto. La più famosa di queste è venera-ta nel Santuario del Volto Santo di Manopello (Italia), visitato da Be-nedetto XVI il 1º settembre 2006.

2 Esso si conserva attualmente nella Camera Santa della Cattedrale di Oviedo, Spagna (Cfr. Rivista Araldi del Vangelo, nº 77, maggio 2008).

3 Questo tessuto fu probabilmente confezionato in Siria, con lino fi-lato a mano, formando una pez-za che misurava 20 o 30 metri, dei quali Giuseppe di Arimatea com-prò solamente i quattro metri e mezzo di cui necessitava.

4 Quelli che difendono la tesi che la Santa Sindone sia una falsificazio-ne medievale non sono riusciti, fi-no alla data presente, a provare la supposta “falsificazione”, condizio-ne necessaria per rendere verosi-mile la loro tesi. Non è stato loro possibile neppure spiegare, in for-ma soddisfacente, quale sarebbe stata la tecnica utilizzata per stam-pare l’immagine del Redentore nel Sacro Tessuto.

5 Vi sono numerosi studi scientifi-ci sulla Santa Sindone alla porta-ta di chiunque, tra i quali il libro di BARBERIS, BRUNO E BOCCA-LETTI, Massimo. Sindone – imma-gine su un crocifisso, edito quest’an-no a Milano dalla San Paolo (Pa-oline), sul quale sono basate alcu-ne affermazioni fatte in questo ar-

ticolo. Si può anche consultare il si-to dello STURP (www.shroudstory.com), un gruppo di scienziati che, dal 1978, analizza il miracoloso tes-suto sotto diverse prospettive.

6 Stando Egli nella casa di Caifa, “una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: “Così ri-spondi al sommo sacerdote?.’” (Gv 18, 22). Per alcuni esegeti, il ter-mine greco (ῥάπισμα) più che uno schiaffo vorrebbe indicare un col-po con un bastone o una bacchetta, capace di rompere il setto nasale.

7 Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti al Pellegrinag-gio promosso dalla Arcidiocesi di Torino, 2/6/2008.

8 Venerazione della Sacra Sindone, Torino, 2/5/2010.

Volto misterioso che, silenziosamente, parla al cuore degli uomini, invitandoli a riconoscere in esso il Volto misericordioso di Dio

to XVI, “un’occasione più che mai propizia per contemplare quel Vol-to misterioso che, silenziosamen-te, parla al cuore degli uomini, invi-tandoli a riconoscere in esso il Vol-to di Dio, che ‘ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unige-nito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).7

Pellegrino a Torino, inginocchia-to davanti alla Santa Sindone, il San-to Padre ha espresso i suoi senti-menti: “Proprio di là, dal buio del-la morte del Figlio di Dio, è spunta-ta la luce di una speranza nuova: la luce della Resurrezione. Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si perce-pisca qualcosa di questa luce. In ef-fetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengo-no a venerarla – senza contare quan-ti la contemplano mediante le im-magini – è perché in essa non vedo-no solo il buio, ma anche la luce”.8

La Santa Sindone è, veramente, testimonianza muta della sepoltura e della Resurrezione di Gesù!

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Il messaggio di Fatima è sempre attuale!

Houston

Guatemala

Londra Cuiabá – BrasileSan José de Costa Rica

San Salvador Belém – BrasileMairiporã – Brasile

Buenos Aires

Bogotà

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e commemorazioni del 93º anniver-sario delle apparizioni della Madon-na ai tre pastorelli a Cova da Iria han-

no avuto quest’anno un illustre partecipante: Papa Benedetto XVI. Egli ha voluto recar-si a Fatima come pellegrino, “come un figlio che va a trovare sua Madre”, come ha affer-mato nella bella preghiera proferita nel luo-go delle apparizioni.

In unione di spirito col Santo Padre, il 13 maggio, gli Araldi hanno commemorato l’anniversario delle apparizioni in numero-se città, con solenni cerimonie in onore del-la Madonna, con la fervente partecipazione di un notevole numero di fedeli (si vedano le foto in queste due pagine).

Al giorno d’oggi, trascorsi quasi cent’anni dagli avvenimenti di Cova da Iria, ci potrà es-sere chi si interroghi se il messaggio della Ma-dre di Dio permanga attuale. Che abbia anco-ra senso, obietteranno alcuni, dargli rilevanza?

Il recente viaggio del Papa in Portogallo, di per se stesso, risponde a questa doman-

da. Le parole che il successore di Pie-tro vi ha proferito, sono un’esortazio-ne a continuare ad accogliere con rad-doppiato fervore le richieste della Ma-dre di Dio.

“Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia con-clusa”, ha affermato Benedetto XVI nell’Omelia del 13 maggio, davanti alla moltitudine di fedeli. “Anch’io sono venu-to come pellegrino a Fatima, in questa “casa” che Maria ha scelto per parlare a noi nei tempi moderni”, ha aggiun-to. Cosa ha consigliato la Madonna agli uomini e alle donne della no-stra epoca? “Pregate il rosario tut-ti i giorni per ottenere la pace per il mondo”. Diamo ascolto con sol-lecitudine filiale alla sua affet-tuosa richiesta, e siamo ardenti devoti del Santo Rosario facen-do crescere in noi, ogni giorno, l’amore verso di Lei.

Il messaggio di Fatima è sempre attuale!

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Cuiabá – Brasile Recife – Brasile Nova Friburgo – Brasile

Belém – Brasile Curitiba - Brasile Campos – Brasile

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Convegni Mariani in Gela e Messina

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oi siamo più felici della Madonna, perché... Lei non ha avuto una Santa Vergine da amare!...”.

Questa uscita deliziosa di Santa Teresa del Bambino Gesù non dovrebbe lasciarci indifferenti. È tal-mente bella e sorprendente! Ci fa comprendere in un ba-leno l’incanto dell’amore alla Santissima Vergine.

Il mese di maggio significa, per il popolo cristiano, quella carica di preghiera, di fede e di sentimento che lo contraddistingue e i due convegni mariani realizzati a Gela e Messina — il 28 e 29 maggio scorso — hanno con-

fermato che il legame con Maria è profondamente radi-cato nel cuore dei siciliani.

Don Josè Hernandez, responsabile italiano degli Araldi del Vangelo, ha sviluppato il tema: “Il messaggio di Fatima e l’Apostolato dell’Icona”. Nel corso dell’incontro è stato proiettato un DVD, il cui scopo era approfondire ulteriormente l’opera di espansione ed evangelizzazione degli Araldi del Vangelo. Il tutto è stato coronato da canti e musiche effettuate da una delle corali degli Araldi del Vangelo, proveniente dalla città di Toledo.

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MessinaGela

Adorazione Eucaristica – Un momento speciale per i devoti: chiedere particolari grazie per l’apostolato nelle loro città.

Processioni – I fedeli hanno potuto dimostrare il loro fervore nelle processioni con preghiere e canti.

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Conferenza - Don Josè Hernandez dopo una solenne cerimonia di incoronazione della Statua Pellegrina del Cuore Immacolato di Maria, ha voluto riflettere su come il messaggio della Madonna di Fatima ai tre pastorelli sia, ancor

oggi, attuale in un mondo sempre più secolarizzato.

Celebrazioni - Centinaia di persone sono accorse per partecipare alla prima parte del convegno e, ancor più, per alla celebrazione eucaristica dove sono state presenti quasi mille persone.

Verenazione del pubblico - Dopo la solenne cerimonia di incoronazione, i partecipanti al Convegno si sono avvicinati alla statua della Madonna per manifestare il loro amore per la dolce Mamma che tanto ci ama.

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enti membri degli Araldi del Vangelo hanno ot-tenuto la Laurea in Lettere dalla Pontificia Uni-

versità Cattolica “Madre y Maestra”, della Repubbli-ca Dominicana. Ha consegnato i rispettivi diplomi il Rettore di questa Università, Mons. Agripino Núñez Collado in una cerimonia realizzata nel Seminario de-gli Araldi del Vangelo a Caieiras, San Paolo.

Laureati in Lettere

Roma – Il 28 maggio, nella Chiesa di San Benedetto in Piscinula, sei nuovi cooperatori degli Araldi del Vangelo hanno ricevuto il mantello e hanno fatto solenne consacrazione alla Madonna (foto a destra).

Sicilia – Durante più di una settimana, la statua della Madonna di Fatima ha pellegrinato a Milazzo. Accompagnati dai rispettivi parroci, gli araldi hanno visitato malati di diverse parrocchie. Dopo la Messa di conclusione,

nella quale hanno partecipato quasi mille fedeli, una processione è arrivata fino alla piazza principale, dove il popolo, con fazzoletti bianchi nelle mani, si è congedato dalla Madonna

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Luglio 2010 · Salvami Regina      29

Corsi – Il Decano della Facoltà di Filosofia dell’Università Pontificia Salesiana a Roma, Don Mauro

Mantovani, ha tenuto il corso “Le cinque vie di San Tommaso d’Aquino” agli alunni del

Seminario degli Araldi.

Conferenze – P. Bruno Esposito, OP, professore dell’Angelicum di Roma e consultore della Congregazione

per la Dottrina della Fede, ha esposto a degli araldi sacerdoti il tema delle forme associative e

dei nuovi carismi nella Chiesa.

ra i giorni 26 e 30 aprile, 22 membri degli Aral-di del Vangelo, sacerdoti e laici, provenienti da ot-

to nazioni, hanno sostenuto le loro tesi di master in Teo-logia all’Università Pontificia Bolivariana, a Medellín in Colombia.

Nove di loro hanno ottenuto il master in Dottrina Sociale della Chiesa e tredici in Teologia Dogmatica. Alcune di queste tesi saranno pubblicate nella rivista accademica della Facoltà di Teologia, Filosofia e Lette-re, “Questioni Teologiche”.

La cerimonia di conferimento di grado (foto 1, 2 e 4), realizzata il 14 maggio,è stata presieduta dal Rettore, Mons. Luis Fernando Rodríguez Velásquez (foto 3), alla presenza di diverse autorità accademiche.

Nuovi master in Teologia

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San LeoPoLdo mandIć

Apostolo del confessionale

Dio stabilì per lui come “terra di missione” una piccola cella nella quale, per quasi quarant’anni, accolse instancabilmente i peccatori che a lui accorrevano in cerca del Sacramento della Riconciliazione.

ra il 14 maggio del 1944. L’Europa era in piena guer-ra e l’Italia, alleata della Germania, subiva le conse-

guenze del suo coinvolgimento nel conflitto. Padova era stata scelta co-me bersaglio dell’aviazione nemica. Le bombe cadevano a pioggia, devas-tando la città. La chiesa dei cappuc-cini fu duramente colpita, come pure gran parte del convento.

Passata la furia, quando lo spes-so fumo si dissipò, la tragica portata della distruzione apparve agli occhi di tutti. Qualcosa, tuttavia, richia-mava fortemente l’attenzione: una piccola parte di quel monastero ri-maneva intatta tra le rovine. La vio-lenza distruttrice del bombardamen-to aveva rispettato in modo mira-coloso solo una stanza e una statua della Madonna delle Grazie.

Dodici anni prima — il 23 marzo 1932 —, un monaco di quello stesso monastero, di nome Padre Leopol-do, aveva predetto che l’Italia sareb-be stata coinvolta in un mare di fuo-co e sangue. Quando fu dichiarata la guerra, gli fu chiesto se Padova sa-rebbe stata bombardata. La sua ri-

sposta fu chiara: “Sì, e duramente. Anche il monastero e la chiesa sa-ranno colpiti, ma questa piccola cel-la, no, questa no! Dio qui ha usato talmente tanta misericordia verso le anime, che deve restare come un monumento della Sua bontà!”1

Il luogo rimasto intatto durante il bombardamento era proprio la cel-letta-confessionale di Padre Leopol-do Mandic, dove per quasi quaran-ta anni, da dieci a dodici ore al gior-no, egli ebbe udito in confessione migliaia e migliaia di anime pentite.

Dalmazia: terra di tradizioni cristiane

Come San Girolamo, Padre Le-opoldo era dalmata. Nacque il 12 maggio 1866, nella piccola città di Castelnuovo, situata nella splendi-da Baia di Cattaro. La regione della Dalmazia, oggi in territorio croato, all’epoca dell’impero romano ospi-tava le ville degli imperatori, attratti dal fascino irresistibile di questa co-sta. Da quei tempi remoti fino ai no-stri giorni, la prossimità all’Italia ha permesso un continuo scambio cul-turale.

Con tali influenze, la famiglia di Padre Leopoldo era profondamente cattolica. I genitori, Pedro Mandić e Carolina Zarević, discendevano dall’antica nobiltà locale e coltivava-no tradizioni ereditate dai loro ante-nati, frutto di un passato ricco di ser-vizi prestati alla nazione e alla Chie-sa. Questo segnò in modo indelebile l’anima del futuro sacerdote.

Dei dodici figli della coppia, egli era il più giovane e anche il meno robusto. La sua costituzione, meno avvantaggiata rispetto alla media dei suoi conterranei, nascondeva però un’anima di gigante, di quella specie di uomini che quanto più li si cono-sce, più grandi sembrano essere, so-prattutto per l’unione e la comple-ta dedizione a Dio, facendo giustizia al nome ricevuto al fonte battesima-le: Bogdan, che significa Adeodato, “dato a Dio”.

“Non posso piangere, vado alla casa del Signore”

La sua infanzia e adolescenza fu-rono caratterizzate da una notevole lungimiranza di spirito, che può es-sere spiegata solo con la forza della

EDon Edwaldo Marques, EP

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Fede che egli possedeva fin dalla tenera età.

Bambino di acuto senso analitico, si sen-tì sconvolto di fron-te ai conflitti derivan-ti dall’odio tra razze e religioni, provocati, in Croazia, da anni con-secutivi di guerra e oc-cupazioni straniere. Col passare del tempo, il giovane Bogdan pene-trava alla radice di quelle discordie comprendendo come gli uomini, quando si allontanano da Dio, finiscono per cedere ai loro peggiori istin-ti. Comprendeva anche, molto chia-ramente, quanto la Chiesa Cattolica potesse essere in quella congiuntura un potente strumento di pace.

Le sue prime decisioni furono co-erenti con la luce interiore che Dio gli aveva concesso. Senza esitazio-ne, a 16 anni di età, abbracciò la vo-cazione francescana, nel ramo dei Cappuccini. Alimentava fin dall’ini-zio il vivo desiderio di dedicarsi alle missioni nei Balcani, per riportare in seno alla Chiesa coloro che si erano allontanati.

Designato dai suoi superiori a re-alizzare il noviziato in Italia, non po-teva nascondere la sua gioia ai pa-renti quando, in lacrime, andò a dar loro l’ultimo saluto. Alla domanda sulla sua forza d’animo in un mo-mento così difficile per la maggior parte degli uomini di vocazione, ri-spose sorridendo: “Non posso pian-gere. Vado alla casa del Signore. Co-me volete che pianga?”2

Dio lo chiama ad essere missionario

Si avvicinava l’inverno nel semi-nario cappuccino di Udine, quando Bogdan arrivò, nel novembre 1882. Lì, il novizio si applicò agli studi e compì rapidi progressi ma, soprat-tutto, dava il buon esempio.

Nel 1884, fu trasferito a Bassa-no del Grappa, dove ricevette l’abito dell’ordine, con il nome di Padre Le-opoldo. Soffrì molto a causa della sua debole costituzione fisica e del rigore del noviziato dei cappuccini, ma af-frontò tutto con eroismo e con l’ani-mo sempre riposto nell’ideale delle missioni. Professò l’anno successivo e riprese gli studi a Padova, in Filoso-fia. Sarebbe in seguito andato a Ve-nezia, a frequentare Teologia.

Nel giugno 1887, mentre era an-cora studente a Padova, sentì chia-ramente in fondo all’anima la vo-ce di nostro Signore, che lo chiama-va ad essere missionario tra gli orto-dossi per ricondurli in seno alla San-ta Chiesa. La data gli rimase così im-pressa che, cinquant’anni più tardi, scriveva: “Quest’anno è il cinquan-tesimo anniversario di quando, per la prima volta, ho sentito la voce di Dio che mi chiamava a pregare e a promuovere il ritorno dei dissidenti orientali all’unità cattolica”.3

Per meglio compenetrarsi in que-sta missione, si obbligò con un vo-to a mantenerla. Studiava diligen-temente le lingue balcaniche e con-

fidava di convertire quei po-poli, soprattutto attraverso

la devozione alla Madon-na, che voleva diffondere servendosi della parola scritta e parlata.

Non appena ricevet-te l’ordinazione sacer-dotale, il 20 settembre 1890, a Venezia, chiese il permesso di partire e

intraprendere la missio-ne. Ma questo gli fu ne-

gato a causa delle sue pre-carie condizioni di salute.

Insperata terra di missione e campo di battaglia

Dio ha piani misteriosi riguar-do ai suoi santi! Padre Leopoldo non poté mai viaggiare nei Balcani, come aveva tanto desiderato. I ve-ri contorni della sua missione erano altri e andarono gradualmente pren-dendo forma davanti ai suoi occhi: la Provvidenza voleva che lui si sa-crificasse per quel popolo separato dalla Chiesa, soffrendo, come vitti-ma espiatoria, un martirio interiore.

Il confessionale fu il principa-le strumento per la realizzazione di tale offerta: vi rimaneva tutti i gior-ni più di dieci ore, a volte dodici, ve-nendo in aiuto delle anime che con-solava, guidava e a cui amministrava il sacramento della Riconciliazione. Non cessò mai di mostrarsi solleci-to verso chi lo cercava, anche quan-do si trattava di persone impertinen-ti o quando era ormai tardi rispetto all’orario. L’angusto spazio della sua celletta-confessionale si trasformò per lui in un campo di battaglia ve-ro e proprio. Spesso diceva: “Devo fare tutto solo per il bene delle ani-me, tutto, proprio tutto! Voglio e de-vo morire combattendo”.4

Solo alla fine della sua vita, Pa-dre Leopoldo avrebbe rivelato a un frate laico cappuccino un fatto illu-minante che si era verificato all’ini-zio della sua vocazione. Un giorno,

San Leopoldo Mandić nel 1917

leopoldomandic.it

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dopo aver somministrato la Comu-nione a una persona pia, questa gli confidò: “Padre, Gesù mi ha detto di dirle che ogni anima che lei assiste qui in confessione è il suo Oriente”.5

Egli non poté mai essere missio-nario nei Balcani, ma esercitò una feconda attività apostolica, senza mai perdere di vista questo grande orizzonte. Nel settembre del 1914, lasciò per iscritto questa testimo-nianza: “Il fine della mia vita deve essere propiziare il ritorno dei dis-sidenti orientali all’unità cattoli-ca, cioè, devo dirigere tutte le azio-ni della mia vita davanti a Dio, nella fede e nella carità di Nostro Signo-re, vittima propiziatoria per i peccati del mondo, in modo che, per quanto riguarda la mia piccolezza, la mia vi-ta contribuisca a tale opera, col me-rito del sacrificio”.6

Doni di esimio confessore

Gracile, di bassa statura, dalla vo-ce debole, Padre Leopoldo, dal pun-to di vista naturale, non sembrava affatto capace di attrarre le perso-ne. Tuttavia, le sue parole semplici, impregnate d’amore per Dio e per il prossimo, penetravano profonda-mente nei cuori e li trasformavano.

Possedeva in grado così alto il do-no della saggezza e del consiglio che persone di ogni ceto sociale venivano a chiedere la sua saggia guida. Anche gli alti dignitari ecclesiastici lo inter-pellavano per essere consigliati su problemi inerenti le loro funzioni o la conduzione delle loro diocesi.

Ricevette da Dio anche il dono di scrutare i cuori e di questo è te-stimone, per esempio, il signor Giu-seppe Bolzonella, di Padova, che frequentemente accorreva da Padre Leopoldo per ricevere il sacramen-to della Riconciliazione. Una mat-tina, quando si inginocchiò in con-fessionale, il cappuccino gli narrò, nel dettaglio, quello che aveva fat-to. Vedendo il suo penitente pro-fondamente impressionato, il sacer-dote concluse, guardandolo amore-volmente, “Stia tranquillo! Stia tran-quillo e non ci pensi più”.7

Il santo confessore mostrava par-ticolare zelo nel ricondurre sulla ret-ta via i penitenti che si accusavano di cattiva condotta contro la purezza, in modo superficiale e senza espri-mere pentimento serio, soprattut-to quando si trattava di atti pubblici. Reagiva con severità, con l’obietti-vo di spingerli alla contrizione e sve-gliarli dal loro letargo. Questo ge-nere di peccati gli provocava un ve-ro orrore, perché lui era di una ca-stità integerrima. Giunse anche a di-re, nella sua vecchiaia, che sentiva di avere ancora un’anima di bambino, dando l’impressione di aver mante-nuto intatta l’innocenza battesimale.

I suoi rapporti con le anime erano contrassegnati da un’estrema bontà. Se qualcuno manifestava sorpresa di fronte a tanta gentilezza, egli indica-va sempre il Crocifisso, dicendo che era stato Gesù che gli aveva insegna-to e dato l’esempio.

Poco prima di morire, dichiarò che confessava da più di 50 anni e non sentiva alcun rimorso per aver quasi sempre assolto il penitente, quanto piuttosto rammarico per le poche occasioni che non aveva po-tuto farlo. In quelle occasioni si esa-minava rigorosamente per vedere se aveva fatto tutto quanto era in suo potere affinché quelle anime fossero toccate dalla grazia del pentimento.

Tuttavia, quando necessario, sa-peva esprimere una fortezza capa-ce di vincere i cuori più induriti. Un giorno, si presentò a lui un peccato-re inveterato, che si appellava a false teorie per giustificare i propri erro-ri. Padre Leopoldo, con grande cari-tà, cercò di dissuaderlo dal suo catti-vo atteggiamento, ma quando si re-se conto che tutti gli argomenti era-no inutili, si alzò con il volto infiam-mato di santa indignazione e gli mo-strò la porta, dicendo con tono seve-ro: “Guardi, con Dio non si scherza; vada e morirà nel suo peccato!”.8

Come colpito da un fulmine, il peccatore cadde in ginocchio ai suoi

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Nel 1963, il corpo incorrotto di Padre Leopoldo fu traslato in una cappella costruita a lato della sua celletta-confessionale

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piedi e in lacrime, chiese perdono, promettendo di rinunciare comple-tamente ai suoi falsi principi. Il san-to sacerdote lo abbracciò, mescolan-do le sue lacrime a quelle di lui, ed emozionato nel vedere l’azione della grazia, gli disse: “Ora siamo fratelli!”

Chiese la grazia di morire combattendo

L’amore estatico per la Croce se-gnò la vita di Padre Leopoldo. Oltre all’impegno eroico nella cura quoti-diana delle confessioni, viveva in co-stante lotta contro il suo temperamen-to forte e impetuoso. Non gli manca-rono anche sofferenze fisiche: dolori gastrici, oftalmie, artrite deformante.

Dopo la celebrazione del suo giu-bileo d’oro sacerdotale, nel 1940, il suo stato di salute peggiorò molto. Un breve miglioramento gli permise di tornare al “campo di battaglia”, ma poco dopo gli fu diagnosticata la malattia che lo avrebbe portato alla morte: un tumore maligno all’esofa-go. La malattia progredì al punto da rendergli impossibile deglutire nes-sun alimento, ad eccezione delle Sa-cre Specie, grazia singolare che gli causava un’immensa gioia.

Vedendo avvicinarsi la sua ultima ora, Padre Leopoldo chiese la grazia di morire combattendo, e la ottenne. Il 30 luglio 1942, si alzò alle cinque e mezzo del mattino e andò alla cap-pella dell’infermeria. Il giorno prima, nonostante le sue condizioni preca-rie, attese a diverse confessioni. Dopo un’ora in preghiera, si diresse verso la sacrestia per prepararsi a celebrare la Santa Messa, quando all’improvviso cadde a terra. Portato a letto, ricevette l’Unzione degli Infermi, mentre anco-ra era completamente lucido. Il supe-riore del convento recitò l’Ave Maria per tre volte e poi la Salve Regina. Il santo monaco ripeteva le parole, con voce sempre più debole. Non appena ebbe finito di dire: “O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria”, la sua anima volò in Cielo.

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Celletta-confessionale dove Padre Leopoldo udì in confessione migliaia e migliaia di anime pentite.

Il buon pastore offre la vita per le sue pecore

La notizia del-la morte si diffu-se rapidamente in città e nei dintor-ni. Un’immensa fol-la sfilò davanti al suo corpo e un cla-more popolare di-ceva all’unisono: “È morto un san-to!”.9 Il giorno suc-cessivo un immenso corteo trionfale lo condusse al cimite-ro, tra ali di perso-ne che rimanevano inginocchiate e lan-ciavano fiori sul fe-retro.

Nel 1963, il cor-po incorrotto di Pa-dre Leopoldo fu traslato in una cap-pella costruita a la-to della sua celletta-confessionale. Pa-pa Paolo VI lo pro-clamò beato nel 1976 e Giovanni Pa-olo II lo canonizzò nel 1983, durante il Sinodo Mondiale dei Vescovi, con-vocato per trattare il tema del Sacra-mento della Penitenza, proprio il Sa-cramento che il santo cappuccino aveva tanto amato.

Le parole del Papa, in quella oc-casione, furono molto significative e riassumono la vita di virtù eroiche di San Leopoldo: “Per tutti quelli che lo ebbero conosciuto, non fu altro che un povero frate, piccolo e ma-laticcio. La sua grandezza è altrove: nell’offrirsi come sacrificio, nel do-narsi, giorno dopo giorno, per tut-to il tempo della sua vita sacerdo-tale, ossia, per 52 anni, nel silen-zio, nella discrezione, nell’umiltà di una piccola cella-confessionale: ‘Il buon pastore offre la sua vita per le pecore’”.10

1 BERNARDI, P.E. Leopoldo Mandić – Santo da Reconciliação. 7.ed. Pa-dova: Violato, 2004, pagg.49-50.

2 Idem, pag.9.3 Idem, pag.62.4 Idem, pag.37.5 VALDIPORRO, OFM Cap., Pedro

de. Não me conheces? – Frei Leo-poldo – Capuchinho. 4.ed. São Pau-lo: Paulinas, 1958, pag.56.

6 Idem, pag.55.7 Idem, pag.145.8 BERNARDI, op. cit., pag.41.9 Idem, pag.82.10 GIOVANNI PAOLO II. Ome-

lia nella Messa di canonizzazio-ne di San Leopoldo Mandić, in 16/10/1983. In: L’Osservatore Ro-mano. Città del Vaticano, 17-18 out., 1983, pag.4.

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n clima di grande aspet-tativa ha segnato l’arri-vo del Santo Padre, ri-cevuto con un entusia-

smo contagiante, superiore a qual-siasi previsione.

Nell’aria aleggiava il dubbio che l’incontro con Benedetto XVI sa-rebbe stato freddo. Al contrario, il Portogallo si è incontrato con un pa-dre buono, sorridente e molto colto, che dice ovunque le parole più ade-guate per il bene dei suoi figli. I fe-deli facevano di tutto per avvicinar-si a lui, nella speranza di ricevere un sorriso o almeno un cenno. I fortu-nati esplodevano in manifestazioni di gioia e di emozione. Tutti usciva-no dagli incontri con il Papa raffor-zati nella fede e arricchiti dalle sue sagge parole.

La grande vitalità della Chiesa

“Un viaggio meraviglioso, che mostra la grande vitalità della Chiesa.” Queste parole del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, P. Federico Lombardi, riassumono bene il viaggio di Benedetto XVI in Portogallo.

“Affido alla Madonna di Fatima questa nobile e diletta nazione”

Calorosamente salutato dal Presi-dente della Repubblica, all’aeroporto di Figo Maduro, il Santo Padre ha rin-graziato con parole paterne: “Vengo nelle vesti di pellegrino della Madon-na di Fatima, investito dall’Alto nella missione di confermare i miei fratel-li che avanzano nel loro pellegrinag-gio verso il Cielo. […] Carissimi fratel-li e amici portoghesi, vi ringrazio an-cora una volta per il cordiale benvenu-to. Dio benedica coloro che si trovano qui e tutti gli abitanti di questa nobile e diletta Nazione, che affido alla Ma-donna di Fatima, immagine sublime dell’amore di Dio che abbraccia tutti come figli”.

Nel cammino verso la Nunziatu-ra Apostolica, il Santo Padre ha bene-

detto i fedeli che affollavano le strade e manifestavano il loro amore al Vica-rio di Cristo. Lungo il percorso, si agi-tavano bandiere mentre si intonavano lodi. “Solo nel vederlo passare, abbia-mo l’anima appagata!”, “Egli ci ha re-galato sempre un sorriso da quando è arrivato” — sono state alcune delle te-stimonianze di persone che lo saluta-vano nelle strade.

“Il nostro popolo ha sempre avuto un grande amore per il Papa”

Il momento più significativo del-la visita alla capitale portoghese ha avuto luogo nel pomeriggio: la Santa Messa nel Terreiro do Paço. Dal pri-mo mattino, una moltitudine aspetta-va l’arrivo di Sua Santità. Un’esplo-sione di applausi e di “Viva!” lo ha accolto al suo ingresso nella piazza.

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Le parole iniziali di Mons. José Po-licarpo, Patriarca di Lisbona, hanno espresso i legami che uniscono il popo-lo portoghese alla persona del Sommo Pontefice. “Il nostro Popolo ha avu-to sempre un grande amore per il Pa-pa, manifestato anche nelle epoche più perturbate della nostra Storia. Ma la vostra presenza fisica è una grazia molto speciale per noi: poter vedervi e salutarvi, magari incrociare il vostro sguardo che ci comunica la bontà del Pastore, poter pregare con voi, ascolta-re la vostra parola che ci invita sempre ad aprire l’intelligenza e il cuore alla profondità e alla bellezza del mistero.”

L’omelia di Sua Santità nel Terreiro do Paço è stata interrotta diverse vol-te da entusiastici applausi della molti-tudine di fedeli, che si sentivano inter-

pretati nei loro sentimenti. Là, ha rife-rito che “bisogna annunziare di nuovo con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del cri-stianesimo, fulcro e sostegno della no-stra fede, leva potente delle nostre cer-tezze, vento impetuoso che spazza via qualsiasi paura e indecisione, qualsia-si dubbio e calcolo umano”.

Giunto alla Nunziatura Apostoli-ca, dove avrebbe pernottato, è stato ricevuto da migliaia di giovani che lo hanno omaggiato con una serenata. Con brevi parole di ringraziamen-to, il Papa ha risvegliato il sorriso dei cantori quando ha detto loro: “Ora dovete lasciarmi dormire, altrimen-ti la notte non sarebbe ristoratrice, e la giornata di domani ci sta aspet-tando”.

“Sono venuto a Fatima per pregare”

La mattina seguente, 12 Maggio, Benedetto XVI si è riunito nel Cen-tro Culturale di Belém con circa 1400 personalità del mondo delle arti, della scienza e del pensiero. “Fate cose bel-le, ma soprattutto rendete le vostre vi-te luoghi di bellezza” — ha chiesto lo-ro, alla fine del suo discorso.

A Fatima, migliaia di pellegrini lo aspettavano. Dopo alcuni minuti di preghiera nella Cappella delle Appa-rizioni, ha presieduto la celebrazione dei Vespri nella Chiesa della Santissi-ma Trinità, alla quale hanno parteci-pato sacerdoti, diaconi, religiosi, reli-giose, seminaristi e operatori della pa-storale. La sera, la Spianata del San-tuario si è riempita di pellegrini per la

Migliaia di pellegrini aspettavano l’arrivo di Benedetto XVI alla Cappella delle Apparizioni

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recita del rosario col Santo Padre. Nei volti attenti e compenetrati, la luce tremula delle candele lasciava traspa-rire la devozione di tutti verso la Ver-gine di Fatima.

Il giorno 13 è sorto promettente. Qua e là, un commento si propaga-va a catena: “Questo Papa non è co-me pensavo; egli è molto più affabile di quel che immaginavo”. Il Santuario si è riempito di fedeli fin dall’alba e al-

cuni hanno trascorso la notte in veglia nella Cappella delle Apparizioni o in adorazione del Santissimo Sacramen-to. Nella sua omelia, il Papa stesso ha manifestato questo spirito di preghie-ra: “Sono venuto a Fatima, perché og-gi converge qui la Chiesa pellegrina, amata da suo Figlio come strumen-to di evangelizzazione e sacramento di salvezza. Sono venuto a Fatima per pregare, con Maria e tanti pellegrini,

per la nostra umanità afflitta da mise-rie e sofferenze.”

“Il Portogallo si congeda da voi con nostalgia”

Il mattino successivo è partito alla volta di Oporto, dove lo attendeva lo stesso calore popolare. Più di 120mila persone hanno partecipato alla Messa celebrata nella Piazza Generale Hum-berto Delgado. Nella sua omelia, ha ri-

Omelia del 13 Maggio – “Sono venuto a Fatima per pregare, con Maria e tanti pellegrini, per la nostra umanità afflitta da miserie e sofferenze”

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nicipale di Oporto, il Santo Padre ha risposto alla richiesta dei giova-ni di prolungare la sua visita: “Avrei accettato di buon grado l’invito a prolungare la mia permanenza nel-la vostra città, ma non mi é possibi-le. Permettetemi, dunque, di partire, abbracciandovi tutti affettuosamen-te in Cristo”.

Alla fine di questa incantevole visita, le parole del Presidente del-

cordato che “il cristiano è, nella Chiesa e con la Chiesa, un missionario di Cri-sto inviato nel mondo. Questa è la mis-sione improrogabile di ogni comunità ecclesiale: ricevere da Dio e offrire al mondo Cristo risorto”. Ha cercato, co-sì, di dare ancora un maggior impulso alla Missione 2010, ricordando il ruolo evangelizzatore dei fedeli.

In occasione dell’accoglienza dei presenti al balcone della Sede Mu-

la Repubblica hanno fatto eco a quello che i portoghesi serbavano nel cuore: “Il Portogallo si conge-da da voi, rinvigorito dal messaggio di speranza e fiducia che ci lascia-te. Vediamo partire il Santo Padre con un sentimento che nessun’altra lingua ancora ha saputo tradurre in tutta la sua profondità e che riser-viamo a coloro che ci sono più cari, la ‘saudade’”.

Saluti finali all’aeroporto – “Il Portogallo si congeda da voi rinvigorito dal messaggio di speranza e fiducia che ci lasciate”, ha affermato il Presidente della Repubblica

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Lisbona – L’omelia di Sua Santità nel Terreiro do Paço è stata interrotta diverse volte da entusiastici applausi della moltitudine di fedeli.

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Incontro con le Organizzazioni della Pastorale Sociale, a Fatima – “Cari fratelli e sorelle che operate nel vasto mondo della carità, Cristo ci insegna che ‘Dio è amore’ (1 Gv 4, 8) e simultaneamente ci insegna che la legge fondamentale della perfezione umana e, conseguentemente, anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento dell’amore”.

Veglia nella Cappella delle Apparizioni – Dopo aver pregato il rosario col Santo Padre, alcuni pellegrini sono rimasti in Adorazione Eucaristica presso la Cappella delle Apparizioni.

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Luglio 2010 · Salvami Regina      39

Oporto – “Cari fratelli e amici, mi sento felice di trovarmi tra voi e ringrazio per la festosa e cordiale accoglienza che mi avete riservato a Oporto, la ‘Città della Vergine’. Alla sua protezione

materna, affido le vostre vite e famiglie, le vostre comunità e strutture al servizio del bene comune, in particolare le università

di questa città, i cui studenti si sono riuniti e mi hanno fatto sapere della loro gratitudine ed adesione al

magistero del Successore di Pietro”.

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Primo rappresentante diplomatico degli Emirati Arabi Uniti presso la Santa Sede

L’ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti, Hissa Abdulla Ahmed Al-Otaiba, ha presentato il 20 mag-gio le sue credenziali a Papa Bene-detto XVI. Nata ad Abu Dhabi, spo-sata e con sei figli, la Sig.ra Hissa è la prima rappresentante diplomati-ca di questa nazione presso la San-ta Sede.

“L’azione della Chiesa nel cam-po delle relazioni diplomatiche pro-muove la pace, i diritti umani e lo sviluppo integrale, e in questo mo-do incentiva il progresso autentico di tutti, senza considerare la razza, il colore o il credo” — ha sottolinea-to il Santo Padre, nel suo discorso di benvenuto.

Gli Emirati Arabi Uniti hanno quasi cinque milioni di abitanti, di cui 96% sono musulmani.

Specialisti riflettono sul mondo angelico

Studiosi provenienti da diver-se regioni d’Italia si sono riuniti a Campagna in provincia di Salerno, nei giorni 1º e 2 giugno per parte-cipare al VI Incontro di Angeolo-gia, che ha avuto come tema cen-trale Gli Angeli dei Presbiteri e del-la Chiesa.

Promosso dall’Associazione del-la Milizia di San Michele Arcan-gelo, l’evento ha contato su relato-ri del calibro di Don Renzo Lava-tori, professore di Teologia Dogma-

tica nella Pontificia Università Ur-baniana di Roma, che ha affronta-to il tema San Josemaria Escriva e il mondo angelico e Don Marcello Stanzione, direttore della Milizia di San Michele Arcangelo, che ha par-lato su Gli angeli del Santo Curato d’Ars.

Film sui martiri di Tibhirine premiato a Cannes

Un film sui sette monaci trappi-sti del monastero della Madonna dell’Atlante, a Tibhirine in Alge-ria, sequestrati e uccisi nel 1996 da agenti dei Gruppi Islamici Armati (GIA), ha ricevuto il Gran Premio alla 63esima edizione del Festival di Cannes. Diretto dal regista Xa-vier Beauvois, il film premiato si intitola Des hommes y des dieux e riproduce sullo schermo la storia degli ultimi tre anni di vita di que-sti monaci.

L’Ordine Mercedario ha un nuovo Maestro Generale

Il Capitolo Generale dell’Ordi-ne Mercedario ha eletto il 18 mag-gio il suo nuovo Maestro Genera-le, Fra Paolo Bernardo Ordoñe, per un mandato di sei anni (2010-2016). Nato a São Miguel de Tucuman in Argentina nel 1969, entrò nell’Ordi-ne nel 1988, fece la professione so-lenne nel 1991 e fu elevato alla ca-rica di Superiore Provinciale di que-sto paese nel novembre del 2009.

Fondato da San Pietro Nolasco, nel 1218, nell’allora Regno d’Ara-gona, l’Ordine della Mercé conta attualmente 800 frati e si prepara a commemorare il suo 8º centenario di fondazione.

Attentato sacrilego in California

Due immagini sacre sono sta-te vittime di un attentato sacrilego nella città californiana di Maywood. All’alba del 24 maggio, dei crimina-li sono entrati nella Chiesa di San-ta Rosa di Lima, hanno accoltella-to in varie parti del corpo, compreso il viso, la statua di Nostra Signora di Guadalupe, e incendiato e distrutto la statua del Signore Gesù, informa la Radio Vaticana.

Secondo una notizia divulgata dall’agenzia ACI, il portavoce del di-partimento di polizia ha qualificato come “atti di vandalismo di caratte-re terribile” e “crimine di odio” que-sta criminale profanazione.

La Famiglia della Speranza riceve l’approvazione pontificia

La Santa Sede ha concesso alla “Famiglia della Speranza” il titolo di Associazione Internazionale di Fedeli di Diritto Pontificio. I suoi fondatori — Frate Hanz Stapel e Nelson Giovanelli — hanno ricevu-to in Vaticano, il 24 maggio, il De-creto di approvazione, consegnato dal Cardinale Stanisław Ryłko, Pre-sidente del Pontificio Consiglio per i Laici.

Benedetto XVI riceve l’invito a visitare l’Ucraina

La Conferenza dei Vescovi Cat-tolici ucraini ha invitato Papa Be-nedetto XVI a visitare questo paese nel 2012, in occasione del 600º an-niversario del trasferimento della sede primate dalla Città di Galich a Lviv.

L’annuncio è stato fatto il 28 maggio da Mons. Mieczysław Mokr-zycki, Arcivescovo di Lviv, che è sta-to segretario privato di Papa Gio-vanni Paolo II e successivamente di Benedetto XVI, nel periodo dal 1996 al 2007.

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Mons. Mieczysław Mokrzycki

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Quasi 100mila fedeli alla chiusura del XVI Congresso Eucaristico Nazionale

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100mila fedeli al Pellegrinaggio delle Famiglie ad Aparecida

Il 2º Pellegrinaggio Nazionale delle Famiglie ha riunito più di cen-tomila fedeli nel Santuario di Apa-recida, il 30 maggio. Organizzato dalla Commissione Episcopale per la Vita e la Famiglia, della Confe-renza Episcopale Brasiliana, il pel-legrinaggio ha avuto per obiettivo centrale il tema della Famiglia, for-matrice dei valori umani e cristiani.

Il primo atto della giornata è stata la Messa celebrata dall’Arci-vescovo dello Stato di San Paolo, il cardinale Odilo Scherer, che ha sottolineato nella sua omelia, come “la famiglia sia importantissima e insostituibile nella formazione del-la persona”.

In serata Mons. Nelson We-strupp, Vescovo di Santo André, ha presieduto la Celebrazione Eucari-stica di chiusura del pellegrinaggio.

L’Associazione di recente ap-provazione opera principalmente nel recupero dei tossicodipenden-ti. La sua attività è iniziata nel 1983 nella città paulista Guaratingueta, dove è stata creata la prima “Fa-zenda della Speranza”, visitata da Benedetto XVI durante la sua visi-ta in Brasile, nel maggio 2007. Oggi l’istituzione è diffusa in dieci paesi: Germania, Russia, Brasile, Filippi-ne, Mozambico, Guatemala, Para-guay, Uruguay, Colombia e Argen-tina. Più di tremila tossicodipen-denti sono attualmente ospitati in 68 fazende.

Il Papa incoraggia le Pontificie Opere Missionarie

Si è tenuta a Roma, dal 17 al 21 maggio, l’Assemblea Ordinaria del Consiglio Superiore della Pontifi-cie Opere Missionarie (POM), a cui hanno partecipato 118 Direzioni na-

zionali, provenienti dai cinque con-tinenti.

L’ultimo giorno dell’Assemblea, i partecipanti sono stati ricevuti in udienza privata da Benedetto XVI che, dopo un caloroso benvenuto al Cardinale Ivan Dias e aver manife-stato una particolare gratitudine al-la Congregazione per l’Evangelizza-zione dei Popoli per il lavoro realiz-zato, ha messo in evidenza l’impor-tanza e l’ampiezza sempre maggiori della missio ad gentes.

“La missione dell’evangelizza-zione è immensa, ha detto il Papa - specialmente ai nostri tempi, in cui l’umanità soffre di una certa man-canza di pensiero riflessivo e sa-pienziale e si diffonde un umanesi-mo che esclude Dio. Pertanto, è an-cor più necessario e urgente illumi-nare i nuovi problemi che emergo-no con la luce del Vangelo, che non cambia”.

uasi 100mila fedeli hanno partecipato alla Messa di chiusura del XVI Congresso Eucaristico Nazio-

nale, il 16 maggio, sulla spianata dei Ministeri a Bra-silia. La celebrazione è stata presieduta dal Cardinale Claudio Hummes, OFM, Prefetto della Congregazione per il Clero e Arcivescovo emerito di San Paolo, come legato pontificio.

Al termine dell’Eucaristia, l’Arcivescovo Mons. João Braz de Aviz ha ringraziato per la presenza Mons. Claudio, donandogli un calice e una patena. Egli gli ha inoltre chiesto di portare a Papa Benedet-to XVI, in omaggio, una statua della Madonna Apa-recida proveniente dal Santuario Nazionale.

Iniziato il giorno 13 con una Messa cui hanno par-tecipato più di 50 mila fedeli, il Congresso ha inclu-so solenni Celebrazioni Eucaristiche, una processio-ne con il Santissimo Sacramento e una Veglia Euca-ristica con i giovani, oltre ad un simposio teologico e un altro di Bioetica, tenutisi presso il Centro di Con-venzioni Ulysses Guimarães.

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Card. Cláudio Hummes

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“Lavorare per la famiglia è una mis-sione degna, perché stiamo difen-dendo i veri valori dell’umanità e aiutando nella costruzione del Re-gno di Dio” — ha detto nell’omelia.

Numerosi vescovi e sacerdoti hanno partecipato, a fronte della ri-spettiva diocesi o parrocchia, ai pel-legrinaggi provenienti da diverse re-gioni del Brasile.

Settimana Eucaristica a Rio de Janeiro

In preparazione della festa del Corpus Domini, l’Arcidiocesi di Rio de Janeiro ha promosso, dal 27 mag-gio al 2 giugno, la sua 84ª Settimana Eucaristica. Nel corso di questi sette giorni, fedeli, movimenti ecclesiali e associazioni di laici si sono presen-tati al Santuario Nazionale di Ado-razione Perpetua, per turni di ado-

attualmente 17.047, ossia, 600 in più rispetto all’anno 2007. Di questo to-tale, 92 su cento sono sposati e 66 su cento hanno già compiuto 60 anni di età.

Intitolato Profilo del Diacona-to Permanente — 2010, il documen-to rileva che 21 delle diocesi intervi-state contano più di 200 diaconi per-manenti ciascuna, mentre quella di Chicago ne ha il maggior numero: 646.

Domenicano è ordinato Vescovo in Vietnam

Il Santo Padre ha nominato il 13 maggio scorso, il sacerdote domeni-cano Paul Nguyen Thai Hop come nuovo Vescovo di Vinh, in Vietnam. Mons. Nguyen ha ricevuto l’ordina-zione sacerdotale nel 1972 e in se-guito il dottorato in filosofia e teo-

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I Vicentini hanno un nuovo Presidente Generale

l singaporese Michael Thio Yauw Beng è stato scelto quale nuovo Pre-

sidente Generale della Confederazione Internazionale della Società di San Vin-cenzo de’ Paoli durante l’Assemblea Ge-nerale Straordinaria, realizzata dal 27 maggio al 1º giugno, nella città spagnola di Salamanca. È la prima volta che que-sta Istituzione ecclesiale, fondata da 177 anni, affida la sua più alta carica diretti-va a un associato non europeo.

La sessione in cui Thio è stato elet-to con la significativa maggioranza dell’87% dei voti, ha contato sulla pre-senza del Cardinale Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum. Il prelato ha dato inizio ai lavori parlando del Beato Frederico Ozanam e delle origini dell’Associa-zione ed ha consegnato al presidente il cui mandato

finiva, lo spagnolo José Ramón Diaz-Torremocha, la medaglia di San Gre-gorio Magno, conferita da Papa Be-nedetto XVI a riconoscimento dei servizi prestati alla Chiesa.

La Confederazione Internaziona-le della Società di San Vincenzo de’ Paoli riunisce 51mila Conferenze Na-zionali di 146 paesi, le quali contano 750mila membri appoggiati da un mi-lione e mezzo di volontari. Può così prestare assistenza a quasi 40 milio-ni di persone, tra le quali le vittime di disastri naturali, come, per esempio, i recenti tifoni in Asia, i terremoti in Indonesia e nel Cile, le inondazioni

in India. Ad Haiti, dove opera nelle zone più pove-re, ha creato la “Rede Zafén”, che facilita l’accesso al credito agli artigiani e alle piccole imprese.

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vin.

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Michael Thio Yauw Beng, nuovo

Presidente Generale della Società di San

Vicenzo de’ Paoli

razione al Santissimo Sacramento, orazioni in comune e momenti di evangelizzazione.

L’Arcivescovo Mons. Orani Tem-pesta ha presieduto l’Ora Santa del-la Gioventù, realizzata il giorno 29. Con brevi parole di saluto e di inco-raggiamento ai presenti, ha detto: “È con gioia che vedo i giovani de-siderosi di seguire Gesù, anche tra le difficoltà, in una società dove avan-zano l’ateismo, l’edonismo e il seco-larismo”.

Aumenta il numero di diaconi permanenti negli Stati Uniti

Secondo i dati pubblicati alla fi-ne di maggio nella pagina web del-la Conferenza dei Vescovi Cattoli-ci degli Stati Uniti (http://www.usc-cb.org), cresce in questo paese il nu-mero di diaconi permanenti: sono

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Ringraziamento della Santa Sede al fondatore

degli Araldi

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on una lettera firmata da Mons. Pe-ter Wells, assessore della Segrete-

ria di Stato del Vaticano, Sua Santità Pa-pa Benedetto XVI esprime di aver accol-to “con profondo piacere” il “segnale di affettuosa comunione” inviato da Mons. João Scognamiglio Cla Dias, EP, che esprime al Successore di Pietro sentimen-ti di filiale e calorosa devozione “in que-sto periodo di tribolazione per la Chiesa” e che assicura il sostegno incondizionato degli Araldi del Vangelo alla Santa Sede.

La lettera del fondatore degli Aral-di era accompagnata da un documen-to da lui scritto, intitolato La Chiesa è immacolata e indefettibile, che presen-ta un’analisi serena ed equilibrata del-la condotta indegna di alcuni sacerdo-ti e la confutazione dei principali argo-menti della campagna pubblicitaria or-ganizzata contro la Chiesa. Il testo in-tegrale di questo studio può essere tro-vato in http://www.arautos.org/desa-gravo/pdf/it/documento.pdf.

logia. Insegna Etica e Dottrina So-ciale della Chiesa nel Centro di Stu-di Domenicani e in vari istituti reli-giosi, oltre a Scienze Religiose pres-so l’Università di Hochiminh.

La Diocesi di Vinh, suffraganea dell’Arcidiocesi di Hanoi, conta cir-ca 500.000 cattolici, 177 parrocchie, 167 sacerdoti diocesani, 610 religio-se e 88 seminaristi maggiori.

Pellegrinaggio Nazionale dei Bambini a Fatima

Nei giorni 9 e 10 giugno, il San-tuario di Fatima in Portogallo, ha accolto il Pellegrinaggio Naziona-le dei bambini, composto da 30mila bambini e bambine di tutte le dioce-si del Portogallo, sotto la presidenza di Mons. Manuel Clemente, Vesco-vo di Oporto.

Nelle celebrazioni del giorno 10 - recita del rosario e Santa Messa - i bambini pellegrini sono stati invitati a riflettere sulla realtà degli Angeli, messaggeri e protettori di ogni per-sona e di ogni nazione. Tutti hanno ricevuto in dono una copia del libro

L’Angelo di Fatima, che contiene la storia delle apparizioni dell’Angelo e una parte delle Memorie di Suor Lucia.

bine: collegio misto o separato per sesso?

L’incontro è stato promosso dall’Associazione per l’Insegna-mento (ASPAEN) — un’istituzio-ne educativa creata sotto la guida del fondatore dell’Opus Dei, San Josemaría Escrivá — e ha contato sull’appoggio dell’Associazione La-tinoamericana di Centri di Educa-zione Differenziata (Alcedo).

Per José Maria Barnils, presi-dente dell’Associazione Europea di Educazione Differenziata, il re-gime di separazione “propone il ri-spetto tra i sessi, perché uomini e donne condividono la stessa digni-tà umana, ma differiscono quanto alle forme di raggiungere gli obiet-tivi”.

La questione è stata oggetto di dibattiti e di esperienze in diversi al-tri paesi, come Germania, Argenti-na, Australia, Canada, Spagna, Sta-ti Uniti, Francia, Inghilterra, Nuova Zelanda e Svezia. In Colombia, 484 scuole hanno adottato il sistema di Educazione Differenziata.

Il Simposio Nazionale in Colombia ha discusso modelli di educazione

Nel Simposio Nazionale di Edu-cazione Differenziata — realizza-to il 21 maggio nella città di Bucara-manga, Colombia —, specialisti pro-venienti da vari paesi hanno dibat-tuto su quale sia il modello più ade-guato per educare bambini e bam-

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Arcidiocesi di Toledo sede del X Congresso Eucaristico Nazionale

al 27 al 30 maggio, ha avuto luo-go nell’Arcidiocesi di Toledo, il

X Congresso Eucaristico Nazionale di Spagna, iniziato con una processione condotta dal Presidente della Confe-renza Episcopale Spagnola e Arcivesco-vo di Madrid, Cardinale Antonio Rou-co Varela.

La Messa del giorno seguente è sta-ta celebrata dall’Arcivescovo Primate, Mons. Braulio Rodriguez Plaza, secon-do il tradizionale Rito Mozarabe. Du-rante l’omelia, Mons. Braulio ha invita-to i fedeli a “vivere il trionfo della Cro-ce, che porta la pace e l’autentica e sin-cera carità di Cristo”.

Nella notte del sabato, giorno 29, più di duemila fedeli si sono raccolti nella chiesa di Santa Maria la Blanca per ac-

compagnare il Santissimo Sa-cramento in processione fino alla Cattedrale Primate, luo-go scelto per l’Adorazione not-turna.

La solenne Celebrazione Eucaristica di chiusura è sta-ta presieduta dal Legato Pon-tificio, Cardinale Angelo So-dano, e concelebrata da sei al-tri porporati e circa cinquanta Vescovi.

Nei quattro giorni del Con-gresso, si sono svolte conferen-ze e gruppi di studio ai quali hanno partecipato più di mille sacerdoti, religiose e laici, su-perando le aspettative degli or-ganizzatori.

Sei nuovi beati

Entro quest’anno, la Santa Chie-sa avrà sei nuovi beati. Secondo una informazione del Dipartimento del-le Celebrazioni Liturgiche del Som-mo Pontefice, sono approvate le se-guenti cerimonie di beatificazione:

Madre Maria Barbara della San-tissima Trinità, fondatrice della Congregazione delle Suore del Cuo-re Immacolato di Maria, 9 novem-bre, a Porto Alegre in Brasile; Fra-te Leopoldo di Alpandeire, religio-so cappuccino, 12 settembre, a Gra-nada in Spagna; Maria dell’Immaco-lata Concezione, Superiora Gene-rale della Congregazione delle Suo-re della Compagnia della Croce, 18 settembre a Siviglia in Spagna; Chia-ra Badano, giovane laica del Movi-mento dei Focolari, 25 settembre a Roma; Madre Anna Maria Adorni, fondatrice della Congregazione del-le Serve della Beata Maria Immaco-

lata e dell’Istituto del Buon Pastore di Parma, 3 ottobre a Parma; Szilard Bogdanffy, Vescovo e martire, il 30 ottobre a Oradea Mare in Romania.

Crescono le vocazioni sacerdotali in Australia

L’11 giugno, sei nuovi sacerdoti so-no stati ordinati a Sydney e altri sei a Melbourne - informa l’agenzia Fi-des. In entrambe le diocesi è aumen-tato significativamente il numero dei seminaristi maggiori: 113 in totale.

Per Don Brendan Lane, Retto-re del Seminario Corpus Christi di Melbourne, si tratta di un “miraco-lo che si è verificato durante l’Anno sacerdotale”. Ha commentato anche che il risultato è una reazione al de-clino delle vocazioni e delle ordina-zioni sacerdotali e religiose degli ul-timi anni. Don Anthony Percy, Ret-tore del Seminario del Buon Pastore di Sydney, attribuisce questa reazio-

ne anche agli effetti della Giornata Mondiale della Gioventù, realizzata in questa Città nel 2008.

Suore Canossiane: 150 anni di missione ad Hong Kong

Una Messa solenne, celebrata nella Cattedrale di Hong Kong l’11 maggio, scorso, ha segnato l’inizio delle commemorazioni dei 150 An-ni di missione delle Suore Canossia-ne in questa città.

La Congregazione delle Figlie del-la Carità giunse ad Hong Kong nel 1860 e a Macao nel 1874, dedicando-si alle attività di evangelizzazione nei settori dell’educazione, sanità e ser-vizi sociali. “La Congregazione con-sidera la formazione spirituale come il nucleo della nostra missione e della pastorale per rispondere ai segni dei tempi”, ha detto all’Agenzia Fides la Superiora della Provincia di Hong Kong, Suor Cynthia Chan.

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Fervore eucaristico e mariano a Lima

n incontro affollatissimo di fede, pietà e fer-vore. Possiamo ben definire così il Congres-so Eucaristico e Mariano di Lima (CEM

2010), tenutosi dal 29 maggio al 6 giugno nella capi-tale peruviana, per iniziativa del Suo Arcivescovo, il Cardinale Juan Luis Cipriani Thorne.

Gli atti sono iniziati con la Giornata di Consacra-zione alla Santissima Vergine, durante la quale 20mi-la fedeli hanno portato in processione la statua del-la Madonna dell’Evangelizzazione alla Cattedrale di Lima, con canti e recita del Santo Rosario (foto 1).

La giornata successiva, domenica, è stata dedicata specificamente alle famiglie, che hanno gremito il Co-liseo Mariscal Caceres (foto 2). Il lunedì è iniziata la Settimana Eucaristica Parrocchiale, durante la quale i fedeli si sono riuniti quotidianamente nelle rispetti-ve parrocchie per partecipare all’Adorazione del San-tissimo Sacramento e ad altri atti di pietà eucaristica.

In parallelo, si è svolto nell’auditorium del Colle-gio di S. Agostino, dall’1 al 3 giugno, il Simposio Te-ologico, con la collaborazione di conferenzieri come il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Cardinale Antonio Ca-

nizares Llovera, a cui è toccato il tema L’Eucaristia, mistero della nostra fede.

“La nostra partecipazione attiva all’Eucaristia non consiste nel fare molte cose — ha detto — ma che tut-to il nostro cuore si dedichi al compimento della vo-lontà del Padre, per vivere in obbedienza a Lui”.

L’incontro con la Gioventù è stato l’atto più fre-quentato del Congresso. I centomila giovani che so-no accorsi al Campo di Marte, il 1º giugno, sono stati esortati dal loro “padre e pastore”, il Cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, a cercare sempre la santità di vita. “Per questo — ha detto — avvicinatevi alla Con-fessione. Dio così buono ci ha lasciato questo modo meraviglioso di chiedere perdono. Riceviamo il Cor-po di Cristo con l’anima pulita!”

Il Congresso si è concluso con una Messa e processio-ne del Santissimo Sacramento (foto 3). Dieci Vescovi e numerosi sacerdoti hanno concelebrato con il Cardinale Cipriani e più di 90mila fedeli hanno partecipato all’Eu-caristia (foto 4). Nella sua omelia, il Porporato ha chiesto in particolare la pace per il Perù ed ha incoraggiato gli ascoltatori ad impegnarsi nella difesa della vita umana, dal momento del concepimento fino alla morte naturale.

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StorIa Per bambInI... o aduLtI PIenI dI fede?

Piccoli sacrifici...

Gesù, che mai si lascia vincere in generosità, riempie di grazie e benedizioni coloro che offrono in Suo onore un sacrificio, per quanto piccolo esso sia.

a molti anni le Suore Mar-celline si erano stabilite nella pittoresca Chambé-ry, bella città in prossimi-

tà delle Alpi francesi. Dedite all’edu-cazione cristiana della gioventù, for-mavano alunne esterne, ma anche tenevano un convitto per quelle che vivevano a molta distanza o volevano condurre una vita più regolata.

Il loro collegio era famoso in tut-ta la Savoia per la qualità dell’inse-gnamento ma soprattutto per la cu-ra con cui le suore cercavano di con-durre le alunne sulle vie della virtù e l’affettuosa disciplina con cui forma-vano il loro carattere.

Sebastiano e Chiara, distinti e one-sti agricoltori vinicoli della regione, avevano un’unica figlia, Giuditta, che era la gioia della casa. Devota e intel-ligente, la bambina era anche molto precoce. Aveva imparato a leggere a soli cinque anni e aveva una predispo-sizione unica per lo studio. Sapeva tut-to il Catechismo a memoria, sapendo affrontare già piccole discussioni con gli altri bambini, su temi religiosi.

I genitori, intuendo le doti della figlia, desideravano che avesse la mi-gliore formazione possibile, così, su-bito dopo la Prima Comunione, la iscrissero dalle Marcelline di Cham-béry, in convitto, a causa della lonta-nanza della loro proprietà dalla città.

In questa prestigiosa istituzio-ne, la bambina non solo brillante in classe, era anche incantata nel con-templare gli atti di pietà delle reli-giose. Furtivamente le accompagna-va durante il canto dell’Ufficio Divi-no, recitava il rosario con loro, non mancando una sola volta alla Messa della comunità.

Un giorno, venne a conoscenza che San Tommaso d’Aquino aveva dichiarato di aver appreso molto di più nelle sue visite al Santissimo Sa-cramento che studiando nei libri e, da quel momento, fece il proposito di frequentare la cappella ogni mo-mento possibile. Non era raro tro-varla presso Gesù Eucaristico, con i suoi quaderni e libri, o facendo le le-zioni. Giuditta era una bambina re-almente devota.

Per le vacanze, ritornò a casa. I suoi genitori rimasero molto soddi-sfatti della cultura, della buona di-sposizione e del tratto affettuoso che la bambina manifestava. Aveva fatto grandi progressi dall’ultima volta che l’avevano vista. Conversava allegra-

DSuor Daniela Ayau Valladares, EP

“Non ti preoccupare! Ogni cosa ha una soluzione, se ci mettiamo nelle

mani di Dio”

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mente con tutti, aiutava la mamma nelle faccende domestiche, si occupa-va degli animali e dell’orto, ma quel-lo che realmente le piaceva di più era passeggiare per le vigne o nel bosco, o rifugiarsi in un posto tranquillo a leg-gere qualche libro interessante.

Quando ritornò in Collegio, la aspettava una sorpresa: tutte parla-vano di una santa con la quale presto si sarebbe identificata. Era Santa Te-resa del Bambino Gesù, la carmelita-na di Lisieux che era stata canonizza-ta da non molto tempo. Con lei, ave-va imparato a offrire piccoli sacrifici, nella certezza che Gesù li avrebbe ac-cettati con tutto l’amore. Così, ogni volta che aveva qualche problema con le compagne, lo rimetteva nelle mani di Nostro Signore e subito sen-tiva una grande pace nell’anima.

Alcune settimane dopo l’inizio del nuovo corso, in una grigia serata d’autunno, la superiora del Collegio, suor Giovanna, chiamò Giuditta nel-la sala della direzione. La bambina si spaventò per questo fatto inatte-so. Camminava per i corridoi facen-dosi l’esame di coscienza, cercando di capire quello che poteva aver fat-to di sbagliato... Sebbene non avesse trovato nulla di cui accusarsi, piena di apprensione entrò nella sala.

La Madre, allora, le disse:— Mia piccola Giuditta, ti ho fat-

to venire qui per darti una notizia non molto bella. Ma non ti preoccu-pare! Ogni cosa ha una soluzione, se ci mettiamo nelle mani di Dio.

— Di che notizia si tratta, Madre, che la preoccupa tanto?

— Figlia, ho ricevuto una lette-ra di tuo padre, che dice che hanno grossi problemi finanziari e non po-tranno più inviare la mensilità per mantenerti agli studi qui al Collegio.

— Non è possibile! — esclamò la bambina — Mi aiuti, Madre! Qui so-no così felice...

— Ascolta — disse la superiora commossa. Sta arrivando la festa di Santa Teresa. Lei offriva sempre pic-

coli sacrifici a Gesù e Lui li riceveva con tut-to l’affetto. Fa’ lo stes-so anche tu!

La risposta lasciò la bambina interdetta. Sembrava che la Ma-dre avesse letto den-tro il suo animo la gran-de devozione che già sentiva per quell’umi-le suora carmelitana. Immediatamente do-po essersi congedata, Giuditta andò alla cap-pella. Inginocchiata-si ai piedi del taberna-colo, chiese a Gesù di risolvere quella situa-zione. Lasciare il col-legio avrebbe significa-to smettere di studiare, stare lontana dalle religiose, ma anche allontanarsi da quel tabernacolo, dinanzi al qua-le aveva ricevuto tante e tante grazie.

Piena di fiducia nell’intercessione di Santa Teresa e animata dalle pa-role della superiora, decise di offrir-le un piccolo sacrificio: fino al gior-no della festa della santa non avreb-be mangiato né formaggio, né dolci, che a lei tanto piacevano, affinché il suo caro papà fosse soccorso nelle sue difficoltà e lei potesse continua-re la sua permanenza nel Collegio.

Giunse il giorno della festa, du-rante il quale Giuditta si sentì inon-data da una gioia soave. Una setti-mana dopo, la superiora la mandò a chiamare nuovamente. Era arrivata una lettera di suo padre, che diceva:

“Madre, devo render grazie a Dio, perché un aiuto prodigioso e inaspet-tato ha consentito alla nostra fami-glia di uscire dalla difficile situazione in cui si trovava. Per non preoccupare mia figlia Giuditta, nella lettera prece-dente ho nascosto la gravità del mo-mento che stavamo attraversando, ma ora posso confidarle che stavamo per vendere la proprietà dove la nostra fa-miglia abita da più di quattro secoli.

“Santa Teresa del Bambino Gesù offriva sempre piccoli sacrifici a Gesù e Lui li riceveva con tutto

l’affetto. Fa’ lo stesso anche tu!”

“Risolta la situazione, mi affret-to a comunicare che sono di nuo-vo in grado di onorare i miei impe-gni. So che la carità delle suore non avrebbe mai lasciato mia figlia ab-bandonata a se stessa, ma conside-ro un dovere di giustizia e di grati-tudine contribuire, al meglio delle mie possibilità, a questa benemerita istituzione, pertanto la somma che le invio questo mese è molto più co-spicua del solito”.

Madre Giovanna e Giuditta si guardarono emozionate e andaro-no a esprimere gratitudine, davanti al tabernacolo, per la grazia che, per intercessione di Santa Teresa, il Bam-bino Gesù aveva loro concesso. E lì, parlando sottovoce, per non rompere il raccoglimento della chiesa, la supe-riora disse alla sua discepola:

— È necessario trarre da questo episodio una lezione di vita: i picco-li sacrifici, quando sono offerti con amore, toccano profondamente il Cuore di Gesù. E Lui, che mai si la-scia vincere in generosità, riempie di grazie e benedizioni coloro che li ri-pongono nelle Sue mani divine.

Dio non delude mai coloro che, fiduciosi, si affidano a Lui!

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I SantI dI ognI gIorno ___________________________ LugLIoI SantI dI ognI gIorno ___________________________ LugLIo

1. San Teodorico, sacerdote (†533). Discepolo di San Remigio, che lo ordinò sacerdote. Primo aba-te del monastero di Mont d’Or, nel-le vicinanze di Reims in Francia.

2. Beata Eugenia Joubert, ver-gine (†1904). Religiosa della Con-gregazione della Sacra Famiglia del Sacro Cuore, a Le-Puy-en-Velay in Francia. Si dedicò alla catechesi e formazione della gioventù.

3. San Tommaso, Apostolo.San Leone II, Papa (†683). Ap-

provò il III Concilio di Costantino-poli. Affermò la supremazia papale contro i ripetuti tentativi dei patriar-chi di Costantinopoli di liberarsi dal-la dipendenza da Roma.

4. XIV Domenica del Tempo Or-dinario.

Santa Elisabetta del Portogallo, regina (†1336).

Beata Maria Crocifissa Cur-cio, religiosa (†1957). Fondò a San-ta Marinella, vicino Roma, la Con-gregazione delle Suore Carmelita-ne Missionarie di Santa Teresa del Bambino Gesù, col desiderio di uni-re alla spiritualità carmelitana un aspetto missionario, con l’obiettivo di “condurre anime a Dio”.

5. Sant’Antonio Maria Zaccaria, sacerdote (†1539).

Sante Teresa Chen Jinxie e Ro-sa Chen Aixie, vergini e martiri (†1900). Durante la persecuzione dei Boxers, in Cina, morirono in di-fesa della verginità.

6. Santa Maria Goretti, vergine e martire (†1902).

San Palladio, Vescovo (†432). In-viato da Papa Celestino I nelle Isole Britanniche per predicare ai pagani e combattere l’eresia pelagiana.

7. Beato Pietro To Rot, martire (†1945). Padre di famiglia e catechi-sta del villaggio di Rakunai, in Me-lanesia. Martirizzato dai giapponesi durante la Seconda Guerra Mondia-le con un’iniezione letale.

8. San Disibodo, eremita († sec.VII). Eremita al quale si unirono va-ri discepoli, portandolo a fondare un monastero sulle rive del fiume Nahe in Germania.

stero per accogliere Sant’Ermelan-do e i monaci di Fontanelle.

11. XV Domenica del Tempo Or-dinario.

San Benedetto da Norcia, abate (†547).

Santa Olga di Kiev (†969). Prin-cipessa russa, nonna del Re San Vla-dimiro. La sua conversione aprì le porte della Russia al cristianesimo.

12. San Vivenziolo, Vescovo († circa nel 523). Nella diocesi di Lione in Francia, stimolò i chierici i e lai-ci a partecipare al Concilio di Pau, affinché i fedeli potessero conoscere meglio le decisioni pontificie.

13. Sant’Enrico, Imperatore (†1024).

Santa Clelia Barbieri, vergine (†1870). Ardente devota dell’Euca-ristia, fondò le Suore Minime della Madonna dei Dolori, dedite alla ca-techesi delle ragazze povere. Papa Giovanni Paolo II la proclamò “pa-trona dei catechisti”.

14. San Camillo de Lellis, sacer-dote (†1614).

Beato Ghebre Miguel, sacerdote e martire (†1855). Monaco monofisita dell’Etiopia, si convertì al Cattolicesi-mo ed entrò nella Congregazione della Missione. Fu per questo sottomesso a innumerevoli supplizi, fino alla morte.

15. San Bonaventura, Vescovo e dottore della Chiesa (†1274).

Beato Ceslao di Cracovia, sacer-dote (†1242). Ricevette l’abito do-menicano dalle mani dello stesso San Domenico. Si distinse per le sue ardenti predicazioni. Fondò i con-venti di Praga e Breslavia.

16. Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.

“Santa Paolina del Cuore Agonizzante di Gesù” - Convento di Santa Paolina, San Paolo del Brasile

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9. Santa Paolina del Cuore Ago-nizzante di Gesù, vergine (†1942). Nata in Italia, è andata a vivere in Brasile quando era ancora bambina. Fondò a Nova Trento la Congrega-zione delle Figlie della Immacolata Concezione, con lo scopo d’assistere i poveri abbandonati.

Beato Fedele Gerolamo Chojna-cki, martire (†1942). Religioso cap-puccino catturato durante l’occupa-zione della Polonia e inviato nel cam-po di concentramento di Dachau.

10. San Pascario, Vescovo (†sec.VII). Vescovo di Nantes in Francia. Fondò, nell’isola di Indre, un mona-

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I SantI dI ognI gIorno ___________________________ LugLIo

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I SantI dI ognI gIorno ___________________________ LugLIo

Beati Giovanni Sugar, sacerdote, e Roberto Grissold, martiri (†1604). Torturati e uccisi durante il regno di Giacomo I d’Inghilterra, il primo perché esercitava il ministero sacer-dotale in questo paese e il secondo per averlo aiutato.

17. Beato Ignazio di Azevedo, sa-cerdote e compagni, martiri (†1570).

Santa Marcellina, vergine († sec. IV). Sorella di Sant’Ambrogio. Ri-cevette il velo delle vergini dalle ma-ni di Papa Liberio.

18. XVI Domenica del Tempo Or-dinario.

San Filastrio, Vescovo (†circa nel 397). Vescovo di Brescia, si unì a Sant’Ambro-gio e Sant’Agostino nella lot-ta contro l’arianesimo.

19. San Bernolfo, Vescovo (†1054). Ad Utrecht in Olanda, co-struì molte chiese e introdusse nei monasteri la disciplina cluniacense.

20. Sant’Apollinare, Vescovo e martire (†sec. II).

Santo Elia Tesbita. Profeta del Si-gnore durante il regno di Acab. Cen-surò il Popolo Eletto per la sua idola-tria e sfidò i sacerdoti di Baal, in no-me dell’unico vero Dio. È considerato il fondatore dell’Ordine Carmelitano.

21. San Lorenzo da Brindisi, sa-cerdote e dottore della Chiesa (†1619). Religioso cappuccino, pre-dicatore infaticabile contro gli erro-ri di turchi e protestanti, svolse an-che difficili funzioni diplomatiche. Fu proclamato “Doctor Apostolicus” da Papa Giovanni XXIII.

22. Santa Maria Maddalena.Sant’Anastasio, monaco (†662).

Discepolo di San Massimo Confes-

sore, di cui fu compagno nel carcere e nei supplizi. Morì nelle montagne del Caucaso, nell’attuale Georgia.

23. Santa Brigida, religiosa (†1373).

Beata Giovanna, vergine (†1306). Religiosa delle Suore della Penitenza di San Domenico, ad Orvieto. Arden-te devota della Passione del Signore.

l’osservanza della regola nei conventi dell’Ordine. Ottenne da Papa Clemen-te V l’erezione canonica del Secondo e del Terzo Ordine Carmelitano.

26. San Gioacchino e Sant’Anna, genitori della Beata Vergine Maria.

Sant’Erasto. Tesoriere della città di Corinto, prestò un importante au-silio all’Apostolo San Paolo.

27. San Simeone Stilita, mona-co (†459). Per molti anni visse come penitente su una colonna nelle vici-nanze di Antiochia, nell’attuale Tur-

chia.

28. San Vittore I, Papa († circa nel 200). Condannò va-rie eresie contro la Santissima Trinità. Stabilì diverse norme

canoniche, tra le quali il giorno in cui si dovrebbe celebrare la Pa-

squa in tutta la Chiesa.

29. Sante Marta e Maria di Be-tania.

San Lazzaro. Fratello di Santa Marta e Santa Maria. Accolse il Si-gnore diverse volte nella sua casa di Betania e da Lui fu risuscitato dopo quattro giorni dalla sepoltura.

30. San Pietro Crisologo, Vesco-vo e dottore della Chiesa (†450).

Sante Massima, Donatilla e Se-conda, vergini e martiri (†304). Ucci-se nell’attuale Tunisia durante le per-secuzioni di Valerio e Galiano, per essersi rifiutate di bruciare incenso agli idoli.

31. Sant’Ignazio di Loyola, sacer-dote (†1556).

Beato Santiago Buch Canals, martire (†1936). Religioso della So-cietà Salesiana, catturato e ucciso a Valenza durante la Guerra Civile Spagnola.

"Santo Elia Tesbita" - Vetrate del convento carmelitano di Niagara

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24. San Charbel Makhlouf, sa-cerdote (†1898).

Beata Ludovica, religiosa (†1503). Figlia del Beato Amedeo, Duca di Savoia. Si sposò con Ugo, principe di Chalon, rimase vedova ancor giovane, abbandonò gli onori e le ricchezze mondane e si fece Cla-rissa della riforma di Santa Coletta.

25. XVII Domenica del Tempo Ordinario.

San Giacomo il Maggiore, Apo-stolo.

Beato Giovanni Soreth, sacerdo-te (†1471). Priore Generale dell’Ordi-ne del Carmelo per vent’anni, restaurò

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Stelle, fuochi e Paradiso

50      Salvami Regina · Luglio 2010

Quando contempliamo il firmamento stellato o assistiamo ad una magnifica dimostrazione d’arte pirotecnica, ci ricordiamo del Paradiso Celeste. Esso è infinitamente più bello, lì c’è un posto per ognuno di noi!

Marcelo Rezende Costa

uando contempliamo la volta celeste in una not-te limpida e serena, ri-maniamo incantati per

il bello scintillio delle stelle. I no-stri pensieri si perdono nell’immen-sità siderale e subito ci viene in men-te una domanda: che cosa ci sarà in questo spazio illimitato, oltre a quel-lo che la nostra vista riesce ad ab-bracciare? O quest’altra: potrebbe il cielo stellato essere ancor più splen-dente?

Domande come queste si presen-tano con facilità allo spirito umano ben ordinato. Infatti, essendo stato

creato per Dio e per la felicità eter-na, l’uomo dovrebbe passare la vita, in questa terra d’esilio, alla ricerca dell’infinito, della suprema perfezio-ne, sentendo, per così dire, nostalgia di un Paradiso che egli non conosce.

Per questo, dopo essersi mera-vigliato nella contemplazione delle migliaia di astri che brillano nel fir-mamento, la tendenza dell’uomo è di “arricchire” l’opera della Crea-zione. Egli si mette, per esempio, ad immaginare come sarebbe più bella la volta celeste se i colori delle stel-le fossero diversi... Più ancora, se es-se assomigliassero a immense pietre

preziose, come topazi, zaffiri, rubi-ni, smeraldi, tormaline, ad irraggiare ognuna la propria brillantezza.

* * *Non saranno state queste con-

siderazioni a popolare la men-te dell’uomo che inventò i fuo-chi d’artificio? È molto probabi-le, poiché Dio ha concesso all’es-sere umano aspirazioni e attitudi-ni grazie alle quali egli, in qualche modo, completa l’opera della Cre-azione. E’ un fatto innegabile che questa scoperta abbia reso possi-bile illuminare la notte con ripetu-te piogge di colorate stelle scintil-

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Luglio 2010 · Salvami Regina      51

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lanti, a formare un insieme varie-gato che ci riempie di gioia, incan-to e ammirazione.

Tale splendore ha ispirato Ge-org Friedrich Händel nella compo-sizione di una delle sue opere più conosciute: Music for the Royal Fi-reworks (Musica per i reali fuochi d’artificio), eseguita per la prima volta nel 1749, nel Green Park di Londra per celebrare il trattato di Aix-la-Chapelle.

* * *Sono magnifiche, senz’altro, le piog-

ge multicolori dei fuochi d’artificio, che si succedono le une dopo le altre. Ma

quanto sono effimere! È splendida la volta celeste punteggiata di stelle lu-centi. Tuttavia, che delusione quando si considera, non la sua brillantezza vista a distanza, ma l’elemento perituro del quale sono costituite!

Comunque, non è solo legittimo, ma anche benefico il nostro incanto per le une e le altre. Infatti esse ci rinviano alla considerazione di una realtà incomparabilmente superio-re: quella dell’universo delle anime beate. “Moltiplicherò i tuoi discen-denti come le stelle del cielo” (Gn 22, 17), è stata la promessa divina ad Abramo. La vera posterità del gran-

de Patriarca è quella formata dai mi-lioni e milioni di santi che, come af-fermò Gesù, “risplenderanno come il sole” (Mt 13, 43) nel Regno del Padre per tutta l’eternità.

Di questo universo soprannatura-le, tutti noi, senza eccezione alcuna, siamo chiamati ad essere un rilucen-te astro. Così, quando contemplia-mo il firmamento stellato, o assistia-mo ad una magnifica dimostrazione d’arte pirotecnica, ricordiamoci di questa incoraggiante verità: il Para-diso Celeste è infinitamente più bel-lo, e c’è in esso un posto per ognu-no di noi!

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52      Salvami Regina · Luglio 2010

Statua Pellegrina del Cuore Immacolato di Maria appartenente agli Araldi del Vangelo. Nello sfondo, Chiesa Madonna del Rosario - Caieiras, Brasile

e Maria ti sorregge, non 

cadi; se ella ti protegge, 

non hai da temere; se ella ti 

guida, non ti stanchi; se ella ti 

è propizia, giungerai alla meta.

(San Bernardo di Chiaravalle)

SL.

Var

ela