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106 - Avventure nel mondo 1 | 2016 RACCONTI DI VIAGGIO | Irlanda Testo e foto del coordinatore Massimo Righi Da un Irlanda breve Smell the sea and feel the sky P erché...Smell the sea and feel the sky? Sono parole estratte dalla canzone “Into the mistyc” del cantautore irlandese Van Morrison. Parallelamente a questo diario ho confezionato un video di diapositive sempre sullo stesso viaggio. Nello scegliere le musiche per il sottofondo, tutte o quasi di autori irlandesi, non potevo e non volevo certo tralasciare Morrison. Provando e ascoltando alcuni dei suoi pezzi ho risentito queste poche semplici parole che mi sono sembrate capaci di riassumere i tratti più marcati e salienti di questo paese e perciò adatte per il titolo. Un viaggio in Irlanda, facile, bello, interessante da più punti di vista; le coste frastagliate e selvagge, culminanti in autentici meraviglie come le Cliff of Moher e le curiose fantasie che la natura è in grado di riservarci come le formazioni rocciose del Giant’s causeway. Ancora, spiagge di sabbia bianchissima che, solo se si trovassero alle nostre latitudini, sarebbero valide concorrenti delle nostre più belle. A queste fanno da contraltare le sue verdi colline, ora dall’andamento dolce e sinuoso, ora dalla forma aspra e appuntita come piccole montagne, nel Connemara e nelle penisole del sud ovest, vedi Dingle e Kerry; le città, sempre ordinate, non troppo grandi, vivibili, villaggi con case variopinte e i tipici pub, dove l’anima dei suoi abitanti si riscalda trasformandosi in simpatica allegria e amicizia; castelli e abbazie con facciate stupefacenti, antichi siti, come Cashel e Glendalough, che si ergono a sentinelle della storia. Ma anche una realtà fatta di tensioni, che ancora non si sono dissipate del tutto, come nel nord dell’isola; vedi Belfast, con il suo muro, entro il quale è ancora confinato il quartiere cattolico, che ancora continua a rimanere in piedi e non crollare definitivamente. Il clima, notoriamente un po’ bizzarro in questa terra, è stato con noi piuttosto clemente. La pioggia è caduta solo in rare occasioni e non ha influito per nulla sulla riuscita del viaggio. E’ sufficiente un minimo di organizzazione: un kway e una mantellina pronta all’uso e siamo a posto. D’altra parte in estate le piogge si riducono spesso a qualche frequente spruzzatina della durata di pochi minuti. Almeno questo è il tempo che abbiamo constatato noi. L’atmosfera è così sempre pulita e dopo la pioggia il sole splende sempre con forte intensità, facendo risultare i colori ancora più vividi, come ci racconta Fiorella Mannoia nella sua canzone “Il cielo d’Irlanda”. Un arcobaleno più o meno lontano, voltando le spalle al sole, lo si può spesso intravedere in un cielo pieno di contrasti, tra scure nuvole e sprazzi di azzurro intenso. Abbiamo scelto questo itinerario che riassume, secondo noi, il meglio possibile nel breve tempo avuto a disposizione per visitare l’isola: dieci giorni per fare l’intero periplo, compreso un breve soggiorno nella capitale. E’ stato necessario fare delle scelte e operare tagli, tutti ovviamente dolorosi, ma purtroppo inevitabili. Ma chi sceglie soluzioni diverse, visitando altri luoghi dell’isola raggiungerà lo stesso nostro risultato e sarà portato alle stesse identiche conclusioni: uno splendido viaggio in un’isola stupefacente, ricca di storia, dalla natura meravigliosa e dall’anima calda e accogliente. (Dublino – Drogheda) Si parte! Verso metà del pomeriggio ci troviamo tutti all’aeroporto di Dublino pronti per questa nuova piccola grande avventura. Fatte le nostre reciproche conoscenze recuperiamo le due auto, inseriamo il navigatore satellitare e via subito in direzione nord. All’inizio c’è un po’ di batticuore per la guida a sinistra, mai provata finora, da parte di alcuni autisti me compreso. Ma nessun problema, fatti pochi chilometri l’ansia svanisce e diventa gioia e entusiasmo per le aspettative a venire. La prima meta prefissata è la graziosa cittadina di Drogheda, a pochi chilometri da Dubino. Questa è per noi una tappa strategica per la visita, il mattino successivo, del famoso sito megalitico di Newgrange. Giunti a Drogheda prendiamo possesso delle nostre camere nell’accogliente B&B, ricevuti dagli altrettanto accoglienti proprietari. Una volta sistemati nell’alloggio è l’ora di fare una prima conoscenza con la città, le sue vie, le sue case, molte di esse con facciate dai colori pastello, particolare che si ritrova frequentemente in quasi tutte le località dell’isola e anzi ne rappresenta la sua tipicità; mi colpisce in particolare il perfetto stato di conservazione del patrimonio urbanistico nonostante la piovosità e umidità dei luoghi. Dalle nostre parti, invece, nonostante un clima oggettivamente migliore e tasso di umidità inferiore, sovente osserviamo facciate di case e palazzi scrostate in uno stato di manutenzione che lascia spesso a desiderare. Continuiamo il giro finendo alla fine nel ristorante prescelto; qui subito ci investe un’ondata di allegria:

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106 - Avventure nel mondo 1 | 2016

RACCONTI DI VIAGGIO | IranRACCONTI DI VIAGGIO | Irlanda

Testo e foto del coordinatore Massimo Righi

Da un Irlanda breve

Smell the sea and feel the sky

Perché...Smell the sea and feel the sky? Sono parole estratte dalla canzone “Into the mistyc” del cantautore irlandese Van Morrison. Parallelamente

a questo diario ho confezionato un video di diapositive sempre sullo stesso viaggio. Nello scegliere le musiche per il sottofondo, tutte o quasi di autori irlandesi, non potevo e non volevo certo tralasciare Morrison. Provando e ascoltando alcuni dei suoi pezzi ho risentito queste poche semplici parole che mi sono sembrate capaci di riassumere i tratti più marcati e salienti di questo paese e perciò adatte per il titolo.Un viaggio in Irlanda, facile, bello, interessante da più punti di vista; le coste frastagliate e selvagge, culminanti in autentici meraviglie come le Cliff of Moher e le curiose fantasie che la natura è in grado di riservarci come le formazioni rocciose del Giant’s causeway. Ancora, spiagge di sabbia bianchissima che, solo se si trovassero alle nostre latitudini, sarebbero valide concorrenti delle nostre più belle. A queste fanno da contraltare le sue verdi colline, ora dall’andamento dolce e sinuoso, ora dalla forma aspra e appuntita come piccole montagne, nel Connemara e nelle penisole del sud ovest, vedi Dingle e Kerry; le città, sempre ordinate, non troppo grandi, vivibili, villaggi con case variopinte e i tipici pub, dove l’anima dei suoi abitanti si riscalda trasformandosi in simpatica allegria e amicizia; castelli e abbazie con facciate stupefacenti, antichi siti, come Cashel e Glendalough, che si ergono a sentinelle della storia. Ma anche una realtà fatta di tensioni, che ancora non si sono dissipate del tutto, come nel nord dell’isola; vedi Belfast, con il suo muro, entro il quale è ancora confinato il quartiere cattolico, che ancora continua a rimanere in piedi e non crollare definitivamente.Il clima, notoriamente un po’ bizzarro in questa terra, è stato con noi piuttosto clemente. La pioggia è caduta solo in rare occasioni e non ha influito per nulla sulla riuscita del viaggio. E’ sufficiente un minimo di organizzazione: un kway e una mantellina pronta all’uso e siamo a posto. D’altra parte in estate le piogge si riducono spesso a qualche frequente spruzzatina della durata di pochi minuti. Almeno questo è il tempo che abbiamo constatato noi. L’atmosfera è così sempre pulita e dopo la pioggia il sole splende sempre con forte intensità, facendo risultare i colori ancora più vividi, come ci racconta Fiorella Mannoia nella sua canzone “Il cielo d’Irlanda”. Un arcobaleno più o meno lontano, voltando le spalle al sole,

lo si può spesso intravedere in un cielo pieno di contrasti, tra scure nuvole e sprazzi di azzurro intenso.Abbiamo scelto questo itinerario che riassume, secondo noi, il meglio possibile nel breve tempo avuto a disposizione per visitare l’isola: dieci giorni per fare l’intero periplo, compreso un breve soggiorno nella capitale. E’ stato necessario fare delle scelte e operare tagli, tutti ovviamente dolorosi, ma purtroppo inevitabili. Ma chi sceglie soluzioni diverse, visitando altri luoghi dell’isola raggiungerà lo stesso nostro risultato e sarà portato alle stesse identiche conclusioni: uno splendido viaggio in un’isola stupefacente, ricca di storia, dalla natura meravigliosa e dall’anima calda e accogliente.

(Dublino – Drogheda)Si parte!Verso metà del pomeriggio ci troviamo tutti all’aeroporto di Dublino pronti per questa nuova piccola grande avventura. Fatte le nostre reciproche conoscenze recuperiamo le due auto, inseriamo il navigatore satellitare e via subito in direzione nord. All’inizio c’è un po’ di batticuore per la guida a sinistra, mai provata finora, da parte di alcuni autisti me compreso. Ma nessun problema, fatti pochi chilometri l’ansia svanisce e diventa gioia e entusiasmo per le aspettative a venire. La prima meta prefissata è la graziosa cittadina di Drogheda, a pochi chilometri da Dubino. Questa è per noi una tappa strategica per la visita, il mattino successivo, del famoso sito megalitico di Newgrange. Giunti a Drogheda prendiamo possesso delle nostre camere nell’accogliente B&B, ricevuti dagli altrettanto accoglienti proprietari. Una volta sistemati nell’alloggio è l’ora di fare una prima conoscenza con la città, le sue vie, le sue case, molte di esse con facciate dai colori pastello, particolare che si ritrova frequentemente in quasi tutte le località dell’isola e anzi ne rappresenta la sua tipicità; mi colpisce in particolare il perfetto stato di conservazione del patrimonio urbanistico nonostante la piovosità e umidità dei luoghi. Dalle nostre parti, invece, nonostante un clima oggettivamente migliore e tasso di umidità inferiore, sovente osserviamo facciate di case e palazzi scrostate in uno stato di manutenzione che lascia spesso a desiderare. Continuiamo il giro finendo alla fine nel ristorante prescelto; qui subito ci investe un’ondata di allegria:

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c’è una festa in maschera con musica, forse un compleanno o una ricorrenza. Rientriamo lentamente in ordine sparso verso il nostro alloggio pronti per primo meritato sonno.

(Drogheda – Belfast)Un tuffo nella preistoriaDopo una sveglia di prima mattina, con il mio compagno di stanza, mentre attendiamo che la colazione sia pronta, ci mettiamo a girare un po’ per le stradine adiacenti. Confermo l’impressione ricevuta la sera precedente di ordine e pulizia che vige in questa cittadina dalla storia intensa e travagliata. In ben due occasioni, fu assediata dagli inglesi e infine devastata dalle truppe di Oliver Cronwell nella metà del XVII secolo. Qualche decennio dopo fu teatro della famosa battaglia del Boyne, il fiume che attraversa la città.Dopo l’abbondante colazione e dopo aver salutato il simpatico proprietario partiamo subito per Bru-na-Boinne, la località dove risiedono gli antichi tumuli preistorici di Knowt e Newgrange, di età precedente perfino a Stonehenge, la famosa località inglese. Siamo presenti all’apertura del Centro visitatori e già c’è un gruppetto di persone che ci ha preceduto. Mentre attendiamo il bus che ci trasporterà ai siti preistorici diamo un’occhiata al Centro, che funge anche da piccolo museo.La prima meta è Knowt con un grande tumolo e altri più piccoli, ma visibili solo dal di fuori, senza la possibilità di entrare all’interno. A Newgrange, distante qualche chilometro, invece entriamo nel grande tumolo, raggiungiamo il centro di esso attraverso uno stretto corridoio con pietre sporgenti, ove abbastanza frequentemente alcune teste vanno a sbattere, profondo una ventina di metri. La parte centrale è formata da una cupola di circa sei metri con alcune camere laterali. L’intera struttura sembra avesse avuto una funzione funeraria. La guida che ci ha accompagnato ha acceso delle lampade illuminando tutto il corridoio fino alla camera centrale, simulando la luce del sole che entra nella cavità durante il solstizio d’inverno. Sfioro soltanto con la mano la fotocamera e subito vengo redarguito: non si possono fare foto all’interno.La campagna attorno al sito è quanto di più verde possibile, la vista spazia fin sulle colline circostanti e sul fiume che le attraversa.I muri non crollano ancoraDopo un veloce spuntino al Centro visitatori saliamo sulle auto e via in direzione Belfast. Non ci accorgiamo per niente del confine tra Eire e Irlanda del Nord: nessuna forma di dogana o controllo è presente sulla strada e questo è già un segno positivo. Arrivati a Belfast, dopo un paio di giri dell’isolato dove stava l’ostello prescelto, ci fermiamo al lato del viale per capire dove eravamo. Facciamo una domanda a un ragazzo dall’aspetto di hooligan che passava in quel momento nel marciapiede al lato, ci dice di svoltare indietro e alla nostra titubanza nell’affrontare una inversione a U ci dice ancora “qui siamo a Belfast, possiamo fare ciò che si vuole!” Siamo incerti se raccogliere il suggerimento, ma poi, visto che nel viale in quel momento non transitavano auto, ci siamo

decisi e finalmente raggiungiamo il sospirato ostello. Questo era lì a due passi, l’insegna è piccola e noi non l’avevamo vista. Una volta dentro, ci ritroviamo in un ambiente dall’aspetto molto informale ma dall’atmosfera decisamente accogliente, chiediamo al ragazzo della reception di chiamare subito due Black taxi, per la visita della città. Il tempo appena di portare i bagagli nella camerata e i taxi sono già giù che ci aspettano. Un breve passaggio attraverso il centro della città e poi subito nella zona dei troubles, i disordini tra le due fazioni opposte dei decenni passati, con i due autisti che ci fanno pure da guide. La visita comprende il quartiere protestante, con i suoi murales, il muro che ancora circonda l’enclave cattolica, anch’esso pieno di murales, sul quale apponiamo la nostra firma, come del resto, penso, molti viaggiatori che passano da qui. Poi il quartiere cattolico, con la sede del Seinn Fenn, braccio politico dell’IRA, dove, in una parete del fabbricato spicca il gigantesco murales di Bobby Sand, morto in carcere per lo sciopero della fame condotto per protesta contro il governo inglese dell’epoca.I due autisti, che sembravano di appartenenza cattolica si sono simpaticamente prodigati in spiegazioni e aneddoti. Ne cito uno in particolare. Il Claddagh Ring è il tradizionale anello di fidanzamento irlandese, composto da un cuore sostenuto da due mani, sormontato da una corona. Rappresenta un simbolo per l’Irlanda e in particolare per tutti quegli irlandesi che si trovano fuori dalla loro patria. Ora uno dei due autisti portava questo anello. Ci raccontava che quando trova clienti cattolici lo porta con il simbolo in evidenza nella parte superiore dell’anulare, mentre quando si trova al cospetto di clienti protestanti lo ruota e lo fa apparire come semplice fede nuziale. Il giro termina in centro davanti all’hotel Europa, noto alle cronache dell’epoca per i numerosi attentati ai suoi danni. Dalla parte opposta della strada ci sono i più noti e antichi pub di Belfast.

(Belfast-Bundoran)Il sentiero dei gigantiCon calma partiamo dalla città in direzione estremo nord dell’isola. La nostra destinazione del giorno è la costa con le sue spiccate meraviglie che fanno di questa zona un richiamo per molti viaggiatori curiosi, nonostante il tempo, marcatamente oceanico, non sia sempre troppo clemente. Una volta lasciata l’autostrada ci immettiamo in strade sempre più strette con alte siepi tagliate a filo della carreggiata; un rametto di rovo sporgente colpisce e incrina la freccia posta sullo specchietto laterale sinistro. Niente di grave, continuiamo fino al caratteristico porticciolo di Ballintoy. Qui chiediamo ad un signore che stava passeggiando informazioni per il ponte di corde di Carrick a Rede. Il simpatico signore, dopo averci dato l’informazione richiesta, ci chiede da dove venivamo. Appena saputo che eravamo italiani ci ha chiesto se eravamo venuti lì a godere del loro meraviglioso clima. Forse non era a conoscenza che in quel periodo in Italia (Luglio 2015) la temperatura superava i 40° e il loro clima, in quel momento, era per noi fonte di refrigerio.

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Dublino

Raggiungiamo infine la biglietteria per Carrick a Rede. Si tratta di un isolotto collegato alla terraferma da un ponte di corde (Rope Bridge), fatto costruire nel passato dai pescatori per la cattura dei salmoni che transitano, durante la migrazione, proprio di fronte a questo tratto di costa. Dalla biglietteria al ponte c’è circa un chilometro da percorrere a piedi tramite un panoramico sentiero a picco sulla scogliera, con mucche che pascolano serene dal lato opposto. Non piove, ma le nubi si rincorrono speditamente, il vento ci sferza. Fortunatamente il ponte è aperto, il vento, anche se sostenuto, non è così intenso da causarne la chiusura. Il ponte oscilla, un leggero brivido ci pervade quando guardiamo il mare giù sotto a 35 metri, ma il tratto è breve e in un attimo siamo sull’isolotto. Naturalmente il panorama verso la scogliera è magnifico. Facciamo il percorso inverso, riattraversiamo il ponte e il sentiero sulla scogliera, le mucche sono ancora al loro posto, immutate nella loro stessa, identica posizione.Percorriamo pochi chilometri e siamo al cospetto della più sorprendente meraviglia naturale dell’Irlanda del nord: the Giant’s Causeway (Il sentiero del gigante), adesso inserito tra i patrimoni dell’Unesco. Si tratta di un affioramento roccioso composto da numerose colonne di basalto dalla sezione prevalentemente esagonale, formatesi a causa di passate eruzioni vulcaniche. Gli antichi miti irlandesi narrano che il selciato sia stato costruito dal gigante Finn McCool, per raggiungere la Scozia e combattere con un rivale di quelle parti. La costa scozzese è ben visibile essendo distante non più di 30 chilometri. C’è un po’ di vento, ma la giornata è magnifica e luminosa: siamo felici per la riuscita delle foto. Risaliamo lentamente, soddisfatti, la scarpata che si apre ad anfiteatro su questo tratto di costa. L’amara sorpresa arriva appena raggiunta la cima: dall’interno dei grossi nuvoloni neri si avvicinano minacciosi; facciamo appena in tempo ad indossare kway e mantelline che in un batter d’occhio una pioggia improvvisa con tanto di raffiche di vento ci investe e ci perseguita per quei pochi minuti che servono a raggiungere la biglietteria. Ci asciughiamo alla meglio e appena ripartiti in macchina il sole torna a splendere con tanto di arcobaleno: questa è l’Irlanda!Dopo pochi minuti di strada siamo al cospetto del suggestivo, semidiroccato storico castello di Dunluce, a picco sulla scogliera, con la sua parte più estrema precipitata in mare durante il corso della sua lunga vita. Ci tratteniamo giusto il tempo per la visita e riprendiamo la strada. Il viaggio della giornata è ancora lungo. La stanchezza comincia ad affiorare, alcuni passeggeri si appisolano in auto. Ad un tratto il navigatore, lungo una strada dritta e scorrevole, che dalle indicazioni della mappa ci avrebbe portato a destinazione, ci fa deviare a sinistra. Boh? magari ci saranno lavori da qualche parte, pensiamo. Un po’ dubbiosi lo assecondiamo, ma in poco tempo ci troviamo in mezzo alla campagna, attraversiamo e incrociamo stradine strette e piuttosto dissestate, poco ci manca di entrare in qualche cortile di una qualche casa colonica tra le tante incrociate. Poi a forza di svolte a destra e a sinistra ci ritroviamo in una strada più grande con l’indicazione per Donegal

e Bundoran. Siamo salvi, ma abbiamo lasciato per strada un’oretta o più. Eravamo sul confine tra Irlanda del Nord e Eire, forse il navigatore si è perso, forse non era del tutto aggiornato. Ci fermiamo a cenare per strada in una cittadina poco prima di Donegal. Arriviamo a Bundoran ormai dopo il tramonto con i proprietari del B&B che ci attendevano con un po’ di impazienza.

(Bundoran-Galway)Il cuore selvaggio d’irlandaQuando lasciamo Bundoran piove. Non possiamo ammirare perciò la bianca spiaggia del luogo, patria di molti surfisti, alcuni ospiti anche del nostro B&B. C’è pure la nebbia, viaggiamo con cautela. Dopo un breve tratto, nei pressi del villaggio di Drumcliff a qualche chilometro di Sligo, noto l’indicazione turistica della tomba del poeta e premio Nobel William Butler Yeats. Mi fermo dato che il cimitero e la chiesetta sono proprio a margine della strada. Il gruppo composto in maggioranza da insegnanti apprezza questa pur breve sosta e tributo al grande poeta. Poco distante si intravede la mole del Ben Bulben, la montagna di Sligo, la cui vista da nord assomiglia vagamente ad un tepui venezuelano. Purtroppo, con la nebbia e la scarsa luce presente al momento, la vista e soprattutto le foto della montagna sono risultate di scarso effetto.Non passa mezz’ora dal momento che abbiamo lasciato il piccolo cimitero che la pioggia inizia a diminuire e poi definitivamente cessare. Forse il poeta ha interceduto per noi. Ancora un’ora di strada e siamo finalmente a Westport. Il sole finalmente è spuntato fuori con prepotenza illuminando e facendo ancora più risaltare i brillanti colori delle facciate di questa ridente cittadina della contea di Mayo. Parcheggiamo con qualche difficoltà e ci concediamo qualche oretta di libertà nelle vie colorate della città, con il suo canale che l’attraversa, con i ponticelli fioriti. Una visita pure alla chiesa, dove con stupore, ai lati del portale di ingresso e lungo il muro perimetrale, fanno mostra di sé una moltitudine di stivali (wellington boot) riempiti di fiori multicolori; forse un matrimonio avvenuto da poco o presto a venire.Ripartiamo dopo uno spuntino veloce in luogo del pranzo ed entriamo nella valle dell’Errif nota per la pesca dei salmoni. La strada costeggia il fiume, attraversandolo più volte mentre dall’alto della strada si notano talvolta, giù in basso sul fiume, pescatori all’opera. La valle che attraversiamo è di chiara origine glaciale, dalla caratteristica forma a U. In lontananza si stagliano le cime del Connemara verso il quale ci stiamo avvicinando. Si attraversa la cittadina di Leenane, situata all’estremità di un fiordo dai ripidi fianchi. Svoltando a sinistra lasciamo il fiordo e rientriamo verso l’interno; siamo entrati ufficialmente nel territorio del Connemara, il cuore selvaggio dell’Irlanda. La strada ora corre ai margini di un lago con barche di pescatori che scivolano silenziose. Una breve svolta a destra ci porta all’abbazia di Kylemore. L’abbazia, con la sua

straordinaria facciata in stile neogotico, si affaccia sull’omonimo lago nel quale si riflette diventando, anche per l’ambiente naturale che la circonda e per la cura e la bellezza del giardino adiacente, uno dei luoghi più visitati e fotografati di questa regione. Costruita nel XIX secolo come una lussuosa residenza, agli inizi del 900 fu trasformata in un’abbazia di

suore benedettine, da allora parte di essa ha funzioni di collegio femminile. Gli interni della parte rimanente sono aperti ai visitatori.Lasciata l’abbazia, sulla strada per Galway, ai margini della strada in prossimità del lago Derryclare, uno degli innumerevoli laghi della regione, una doverosa sosta fotografica è d’obbligo per immortalare l’isoletta, chiamata Twelve pines, ricoperta

appunto di pini, immersa tra le acque del lago. All’isola, fa da sfondo lo scenario delle Twelwe pins, da cui la similarità del nome, un gruppo di pittoresche colline che caratterizzano la geografia di questa parte del Connemara, meta di numerosi appassionati di trekking. Raggiungiamo Galway a pomeriggio avanzato; dopo aver parcheggiato l’auto nel vicino e più economico parcheggio coperto e dopo essersi insediati nel nuovo e accogliente ostello, frequentato da una bella e vivace gioventù, ci disperdiamo nell’animate centrali vie cittadine, trafficate anch’esse prevalentemente da giovani, artisti di strada, musicisti, insomma una città viva e accogliente: una piccola New Orleans. E’ in questo clima che cerchiamo di cenare; purtroppo, come spesso succede, è tardi per trovare un pub che a quest’ora possa accogliere un gruppo di otto persone, ne troviamo comunque uno che a quest’ora ci propina qualche avanzo di irish stew, e naturalmente ne usciamo soddisfatti a metà. Alcuni di noi recuperano un po’ di soddisfazione finendo la serata in un pub della centrale Eyre Square, sorseggiando chi la solita Guinness chi, questa volta tanto per cambiare, l’altrettanto, da queste parti famosa, Smithwich.

(Galway-Lisdoonvarna)Isole e scogliereDopo una rapida colazione autogestita nell’attrezzato ostello di Galway salutiamo la città. Ci sarebbero interessanti castelli da visitare lungo la strada, ma non possiamo fermarci. Alle dieci in punto al porticciolo di Doolin parte il battello che ci dovrà condurre alle isole Aran, in particolare a Inis Oìrr, quella più piccola, la più orientale e più vicina alla costa. Sarebbe stato bello poter visitare anche Inis Mòr, la più grande e la più occidentale e magari pernottarci, ma non ce lo possiamo permettere, il tempo a disposizione è poco, solo con il viaggio di 16 giorni sarebbe stato possibile far questo senza ulteriori rinunce. Acquistiamo i biglietti con il ritorno che transiterà sotto le imponenti Cliff of Moher. L’addetta della biglietteria telefona al battello dicendo di aspettarci poiché eravamo pericolosamente vicini all’ora della partenza. Il battello partirà comunque con qualche minuto di ritardo: nessun pericolo corso.Giunti all’isola decidiamo di prendere uno dei

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numerosi mezzi, che la fantasia degli abitanti ha messo a disposizione per girare all’interno di essa; ci sono varie tipologie di calessi trainati da cavalli e anche trattori con il cassone coperto. Optiamo per uno di quest’ultimi poiché proprio in quel momento stava spruzzando una leggera pioggerellina, durata poi solo un breve istante. Il trattore guidato da una giovane ragazza, che funge anche da cicerone, fa il periplo dell’isola, prima passa dal vecchio cimitero, ove è situata la tomba di St. Kevin e i ruderi di una chiesa, poi, sulla costa est, raggiunge il relitto ormai completamente arrugginito di una nave inglese qui arenatasi ed infine il giro si chiude attraversando i sentierini che si snodano tra la miriade di muretti a secco, tipici di queste isole e in particolare di questa. Scesi dal trattore, a piedi ci inerpichiamo fino ai ruderi del castello che domina tutta l’isola, dal quale la vista spazia a ovest sulle altre Aran e a est sulla costa irlandese e sulle Cliff of Moher. Scesi dal castello e raggiunto l’abitato in prossimità del porto ci dedichiamo ad un pranzetto in uno dei pochi ristorantini del luogo. Poi visto il sole che si era fatto spazio tra le nuvole, ci siamo rilassati nell’ampia spiaggia dell’isola nei pressi del porto in attesa della partenza del traghetto, che poi partirà con qualche decina di minuti di ritardo. Adesso il mare è mosso, il battello rolla e beccheggia con spruzzi di onde che raggiungono spesso i passeggeri sul ponte. Lo stomaco di molti è messo a dura prova. Da un lato una ragazzina divertita e schiamazzante, dall’altro un padre di famiglia, più di una volta costretto a volgere la testa, nei rari momenti di stabilità del battello, verso l’esterno per scaricare i poveri resti della sua digestione. Giungiamo finalmente a pochi metri dalle Cliff of Moher, ci troviamo sottovento e adesso qui il mare è un po’ più tranquillo. La vista di oltre 250 metri di scogliera al di sopra delle nostre teste è ovviamente formidabile. Passiamo rasente al Breanan Mor, il faraglione residuo di antichi crolli della scogliera. Qui sono radunate numerose colonie di uccelli che ci accolgono con un rumoroso schiamazzio amplificato dai frangenti che battono con forza sullo scoglio. Rientriamo al porticciolo di Doolin e in pochi minuti, data la breve distanza, siamo alla biglietteria delle Cliff of Moher. Anche la vista dall’alto è magnifica, lo sguardo raggiunge le isole Aran di fronte a noi e ancora oltre, verso le cime spigolose del Connemara. Adesso siamo vicini al tramonto, il cielo è abbastanza sgombro da nuvole e le scogliere sono illuminate dalla luce del sole. Percorriamo il sentiero a picco sulla scogliera, solo in parte protetto, battuto sovente da forti raffiche, mentre alcuni visitatori, un po’ imprudentemente, se ne stanno seduti sul

bordo di questo gradino alto più di 200 metri. Dalla parte opposta, verso l’interno gruppi di mucche e di pecore pascolano placidamente nei prati verdissimi e all’orizzonte si staglia uno dei quasi sempre presenti arcobaleni che caratterizzano il cielo di questo paese.Rientriamo al vicino paesino di Lisdoonvarna nella regione del Burren, nel nostro B&B. Subito fuori per la cena. Bella serata al ristorante, allietata da un complessino di musica tradizionale con una deliziosa biondina che suona il flauto, tanto più che stasera, finalmente, l’irish stew è ottimo.

(Lisdoonvarna-Killarney)L’estremo ovestMi sveglia un leggero tintinnio di gocce di pioggia sul vetro della finestra. Si mette male oggi, penso. Fuori il prato attorno all’ostello è bagnato, ma il cielo non è poi male, alcuni squarci tra le nuvole lasciano filtrare qualche raggio di sole. Partiamo in direzione sud verso la penisola di Dingle. Invece di fare il giro dell’estuario del fiume Shannon e attraversare la città di Limerick deviamo verso sud per prendere il ferry da Killimer a Tarbert, accorciando così un bel po’ di strada. La spesa dell’imbarco auto è ripagata, oltre al minor consumo di carburante, soprattutto dal risparmio di tempo. In breve superiamo Tralee, porta di ingresso della penisola di Dingle. Decidiamo di percorrere il Connor Pass, il passo più alto d’Irlanda. Nessuno si preoccupi, la strada, anche se in alcuni punti è un po’ stretta e scavata sul fianco della collina, è facilmente percorribile e il passo non è certamente né il Mortirolo né lo Stelvio, ma dall’alto

ci offre una splendida vista su entrambi i lati della penisola, esaltata ora da una giornata che si è fatta splendida con il sole che ha finalmente sconfitto la coltre di nuvole presenti al mattino. Giunti in cima, con un’altra sgambatella di qualche centinaio di metri raggiungiamo l’estremità di un’ulteriore collinetta, dalla quale aumentiamo il nostro raggio di visuale. Da qui si possono osservare, come già visto nel Connemara, la forma delle valli modellate dai ghiacci, con piccoli laghetti morenici e il mare da entrambi i lati. Ridiscendiamo nel versante opposto fino a Dingle e da qui subito in direzione ovest verso la punta Slea Head. Giunti al villaggio di Ventry ci facciamo corrompere dalla sua magnifica e invitante spiaggia. Qui consumiamo la prima parte del pomeriggio passeggiando e rilassandoci sulla battigia. Al momento della partenza il gruppo preferisce rinunciare, a malincuore, al periplo di Slea Head e rientrare subito nella vivace cittadina di Dingle. Questa è il capoluogo dell’omonima penisola, una graziosa località piena di negozi e di pub, dalle facciate variopinte, come del resto lo sono la moltitudine delle località irlandesi. Riprendiamo la strada, costeggiando altre bianchissime spiagge della costa sud della penisola, tra le quali la Inch beach, lunga alcuni km. A Killarney, dopo esserci sistemati nel nostro B&B, siamo subito fuori per una visita veloce dell’animato centro di questa città. Dopo una breve selezione visiva e olfattiva dei ristoranti presenti nel centro cittadino e nei suoi immediati dintorni operiamo la nostra scelta definitiva. Questa volta lasciamo perdere la cucina irlandese e ci facciamo tentare da quella di un ristorantino messicano. Piatto unico abbondante, tentazione andata a buon fine.

(Killarney-Cork)Il giro del KerryStamani ottima english breakfast. Oggi si va per il Ring of Kerry, la più estesa delle penisole poste a sud-ovest dell’Irlanda, nota meta turistica degli irlandesi e di tutti i turisti in genere. Partiamo da Killarney con il rimpianto di non aver dedicato, causa ancora il tempo limitato a nostra disposizione, l’ulteriore attenzione che questa città e, in particolare, i suoi

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110 - Avventure nel mondo 1 | 2016

celebrati immediati dintorni avrebbero meritato. Il tempo non è bello come il giorno precedente, il cielo è in parte coperto, le nubi si sono ingrigite e i colori della costa e del mare non brillano come dovrebbero, ma fortunatamente non piove. Comunque i paesaggi sono ugualmente magnifici così da imporci più di una sosta sul bordo della strada per foto panoramiche. Passiamo rasente l’isola di Valentia e raggiungiamo Waterville, posta all’interno di un’insenatura sulla punta della penisola del Kerry. In questa cittadina soleva passare le vacanze Charlie Chaplin. La sua statua è presente sul lungomare, dove alcuni musicisti di strada, con l’immancabile cappello per le offerte ai piedi, allietano i turisti presenti. Naturalmente ci fermiamo per una sosta fotografica, quando inizia una leggera pioggerella che ci sollecita a riprendere subito il tragitto. Un’altra sosta la facciamo in cima al passo che divide i due lati della penisola del Ring. Anche da quassù la vista si allarga, con un ampio raggio di veduta sul mare, in direzione delle isole Scariff e Danish fino alla più lontana, laggiù all’orizzonte, penisola di Beara. Continuiamo lungo la costa fino alla White Strand, un’insenatura di sabbia bianchissima racchiusa tra gli scogli: una famigliola con due bambini dai capelli rosso vivo, direi rosso tipico irlandese, che giocano scorrazzando avanti e indietro sulla spiaggia; una ragazza con il cane, anch’esso saltellante sull’acqua con conseguenti scrollatine evitate per un soffio, altri bagnanti, pochi in verità, distesi qua e là, e poi noi, girovaganti con le macchine fotografiche in cerca della migliore inquadratura da riportare a casa. Insomma un pezzo di Costa Smeralda in Irlanda. Qui un’oretta almeno o forse più ce la passiamo finché, ancora una volta, alcuni schizzi di pioggia ci impongono di ripartire. La tappa successiva è Kenmare, la porta di ingresso del Ring o di uscita, come nel nostro caso, a seconda se facciamo il giro in senso orario o antiorario. Cittadina vivace nella quale sostiamo per rifocillarci un po’ e fare qualche acquisto. Alla vista di un supermercato il gruppo ha un’idea: comprare spaghetti, formaggio, uova per una spaghettata all’ostello di Cork che ci dovrà ospitare da lì a poco. Infatti riprendiamo la strada, che adesso si fa più scorrevole e ben presto giungiamo a Cork. Una visita al centro di questa importante ma pur graziosa città fino all’ora del tramonto, che a Luglio e soprattutto a queste latitudini arriva abbastanza tardi. Poi in ostello, dotato di cucina per gli ospiti, per una carbonara preparata con gli ingredienti prima acquistati.

(Cork – Dublino)Storia e religioneSubito dopo la colazione in ostello si lascia la città, prendiamo l’autostrada con direzione Rocca di Cashel, detta anche rocca di San Patrizio. Non appena ci approssimiamo alla cittadina ci accorgiamo subito dell’imponente costruzione di origini medioevali posta in alto sulla collina rocciosa che sovrasta l’abitato. Questo è uno dei monumenti

storici più importanti d’Irlanda: è qui che in definitiva è nata l’anima cattolica della nazione irlandese. Appena lasciate le auto in un comodo parcheggio nei pressi della biglietteria ci avviciniamo all’ingresso attendendo che il gruppo raggiunga il numero adeguato; solo allora una guida dà il permesso di

entrare conducendoci attraverso le varie parti della costruzione: la Hall of the Vicars Choral con la croce di San Patrizio, la Cattedrale, la Cormac’s Chapel, definita come la prima chiesa romanica d’Irlanda. All’esterno delle strutture murarie dell’abbazia è collocata l’imponente torre, dalla caratteristica foggia costruttiva circolare tipica del medioevo irlandese, e sotto di essa

il cimitero, con una notevole moltitudine di croci celtiche. Purtroppo parte della rocca è circondata da impalcature per la manutenzione, le pietre dalla natura friabile si stanno con il tempo deteriorando e infiltrazioni d’acqua sono presenti in alcune parti della struttura. Dall’alto delle mura, da un lato si dominano i tetti della cittadina, dall’altro la vista spazia sulla campagna circostante, disseminata di prati verdi intervallati da linee segmentate di siepi arboree fino all’orizzonte, fin dove lo sguardo si spinge.Riprendiamo le auto immettendoci nell’autostrada per Dublino, giunti in prossimità di Kildare usciamo per strade più strette dal caratteristico aspetto montano. Ci troviamo sull’area del parco nazionale dei monti Wicklow non troppo distanti da Dublino; la nostra destinazione è adesso un altro importante sito storico.Nei pressi del villaggetto di Glendalough si trova questo antico sito monastico fondato dall’eremita St. Kevin. Il sito è ad ingresso libero ed è costituito da antiche costruzioni in pietra, quali il vecchio monastero, la chiesa, il cimitero, la torre circolare. Una passeggiata di poco più di un km, tramite sentierini di campagna porta ai due laghi: Lower Lake e Upper Lake, il secondo, particolarmente suggestivo, rimane incuneato tra i ripidi fianchi di una stretta vallata. Trascorriamo un paio d’ore in questo luogo, tranquillo e rilassante, anche se con turisti presenti in abbondanza.Dublino è ormai prossima e in poco più di un’ora arriviamo all’hotel sulla circonvallazione alle porte della città, unico alloggio trovato, per di più a caro prezzo, per questa sera di sabato; infatti la maggior parte delle strutture alberghiere, sia della città che

degli immediati dintorni, erano già prenotate da tempo per il concerto del cantante Ed Sheeran, allo stadio della città.

(Dublino)A giro per la cittàRiconsegniamo le auto all’aeroporto con un giorno in anticipo, tanto in città non servono. Facciamo una veloce puntata a Temple Bar e da qui al Castello di Dublino per visitare la Chester Beatty Library, ad ingresso libero, che vanta una notevole collezione di dipinti e miniature orientali. Poi, alcuni se ne vanno per il Trinity College, altri, che già erano stati a Dublino in precedenza e già lo conoscevano vanno in direzioni diverse.Al Trinity College è d’obbligo la visita alla stupefacente Long Room della vecchia libreria e del Book of Kells, codice miniato del IX secolo, anticamente conservato nell’abbazia di Kells, da qui il nome, e poi trasferito a Dublino nel Trinity College, sua definitiva collocazione. Il libro contiene il testo dei quattro vangeli, con alcune parti andate perdute causa furti e vari trasferimenti che l’opera ha subito nel corso dei secoli.Fuori intanto la pioggia è diminuita in modo tale da permetterci una passeggiata in Grafton Street, la centrale via degli acquisti. Da qui, sempre a piedi, fino alla Cattedrale di San Patrizio e dopo un altro via vai per le vie del centro ci ritroviamo con tutti gli altri nell’animato, a quest’ora, Temple Bar, per la cena in uno dei suoi più rinomati pub. Ceniamo ascoltando musica tradizionale irlandese e una volta sazi di cibo, birra e musica ci incamminiamo su per la O’Connell Street fino a raggiungere l’hotel per la nostra ultima notte in Irlanda.

(Dublino – Italia)L’ultima GuinnessDopo colazione in un bar davanti The Spire, l’alta colonna di acciaio sulla O’Connell Street, salutiamo i due nostri compagni di viaggio che hanno l’aereo nelle prossime ore. Alcuni tra i restanti, tra i quali il sottoscritto, raggiungono a piedi la fabbrica della birra Guinness, gli altri a zonzo per il centro città.La Guinness Storehouse è situata in un padiglione adiacente la fabbrica che è stato riadattato a mostra permanente del famoso marchio. Nei suoi sette piani vengono illustrate tutte le fasi del processo di fabbricazione della birra e tutta la sua storia dalla nascita ad ora. Si salgono le scale piano per piano o in alternativa con l’ascensore, forniti di utilissime audioguide, sino a raggiungere il Gravity bar al settimo e ultimo piano, dalle cui vetrate panoramiche si osserva Dublino con una vista a 360°. La città è ai nostri piedi. La visita è terminata, spengiamo le audioguide, dedicandoci alla consumazione finale che consiste nella degustazione di una pinta di birra, più di mezzo litro, compresa nel biglietto di ingresso, servita in loco da solerti bariste e baristi. Beviamo seduti in uno dei tavoli di fronte all’ampia vetrata panoramica. Un saluto e un ringraziamento a tutte le compagne e al compagno di viaggio per la splendida riuscita di questa piccola grande avventura.

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