Quaderni acp 2013 20(4)

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Quaderni acp www.quaderniacp.it luglio-agosto 2013 vol 20 n°4 bimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici della A ssociazione C ulturale P ediatri www.acp.it ISSN 2039-1374 La Rivista è indicizzata in SciVerse Scopus Poste Italiane s.p.a. - sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 2, DCB di Forlì - Aut Tribunale di Oristano 308/89 QUADERNI ACP COMPIE 20 ANNI

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Quadern i acpwww.quaderniacp.it

l u g l i o - ago s t o 2013 vo l 20 n °4

bimestrale di informazione pol i t ico-cul turale e di ausi l i didatt ic i del laA s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e P e d i a t r iwww.acp.it ISSN 2039-1374

La R i v i s t a è i nd i c i z za t a i n S c iVe r s e S c opu sPoste Italiane s.p.a. - sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 2, DCB di Forlì - Aut Tribunale di Oristano 308/89

QUADERNI ACP COMPIE 20 ANNI

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145 Editorial“Doing better with less” from the via Emilia to the WestGiancarlo BiasiniThe training of Quaderni acpfor a thoughtful pediatrician Michele Gangemi“Less is more”: improving quality of carewith less resources Antonino Cartabellotta148 ResearchCost vs quality in pediatrics (paper 1996)Simona Di Mario, Roberto Iuli, Anna Macaluso, et al.154 Formation at a distanceAutoimmune thrombocytopenic purpura A serious disease? No An annoying disease? Yes Marco Spinelli, Andrea D’Adda, Francesco Saettini,Momcilo Jankovic161 ResearchThe communication of diagnosis to sick children and their siblingsElena Luciano166 Research lettersHumanization of care in pediatrics and built-in psychological support in nuclear medicine Luisa Nadalini, et al.Oral communications inXXIV Convention of the Italian Cultural Association of Pediatricians (ACP)

172 ForumThe techniques of medically assisted procreationSalvatore Dessole175 Public healthIts time of choices also for health care: how to identify priorities?Roberto Lala, Francesca Feyles, Valentina Peiretti178 A close up on progressGenetics in paediatric gastroenterology. Somethingto know (part 2th)Martina Fornaro, Enrico Valletta181 Learning from a caseChildren with burned skinPaolo Siani, Augusto Mastrominico, Elisa Sciorio,et al.184 VaccinacipìFive years after the two HPV vaccines no longer seem so equivalentsSimona Di Mario, Vittorio Basevi186 FarmacipìGeneric drugs and children… Yes, we can!Antonio Clavenna, Daniele Piovani,Filomena Fortinguerra187 Movies188 Book190 Born to readTurin: International book showStefania Manetti191 ACP Documents

Quaderni acpWebsite: www.quaderniacp.itJuly-August 2013; 20(4)

Q u a d e r n i a c pbimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici della

A s s o c i a z i o n e C u l t u r a l e P e d i a t r i

NORME EDITORIALI. Gli Autori sono pregati di attenersi a queste norme generali che riguardano la confezione del loro contri-buto su Quaderni acp. Ad articolo pubblicato si accorgeranno che il percorso editoriale dell’articolo lo ha sensibilmente migliorato.Preghiamo pertanto di non fare una lettura superficiale di queste norme. Testi. I testi devono pervenire alla redazione via e-mail([email protected]) composti in Times New Roman corpo 12 e con pagine numerate. Gli AA sono tenuti a dichiarare di nonavere inviato il testo contemporaneamente ad altre riviste. La violazione della norma comporta il respingimento dell’articolo. Si pregadi non usare carta intestata o riconoscibile per garantire la cecità dei revisori. Nel testo non vanno usate sottolineature; il grassettova usato solo per i titoli. Il titolo deve essere coerente rispetto al contenuto del testo, informativo, sintetico. La redazione si riserva ildiritto di modificare il titolo ed eventualmente il sottotitolo dell’articolo. Va indicato l’Istituto/Sede/Ente/Centro in cui lavorano gliAutori. Va segnalato l’indirizzo e-mail dell’Autore indicato per la corrispondenza. Gli articoli devono essere corredati da un riassuntoin italiano e in inglese dell’ordine di 1000 battute spazi inclusi. Alla fine del riassunto vanno inserite 3-5 parole chiave in italiano e ininglese. La traduzione in inglese di titolo, riassunto e parole chiave può essere fatta – se richiesta – dalla redazione. In ogni caso itesti inglesi vengono controllati da redattori madrelingua. Negli articoli di ricerca sia il testo che il riassunto vanno strutturati inScopi, Metodi, Risultati, Conclusioni (Aims, Methods, Results, Conclusions). I casi clinici sono inseriti nella rubrica “Il caso che inse-gna”. L’articolo va strutturato in: La storia, Il percorso diagnostico, La diagnosi, Il decorso, Commento, Cosa abbiamo imparato (Siveda Quaderni acp 2009;16:67-69). Tabelle e figure vanno poste in fogli separati al di fuori del contesto dell’articolo. Vannonumerate, titolate e richiamate nel testo in parentesi tonde (figura 1, tabella 1) secondo l’ordine in cui vengono citate. Tabelle e figureseguono numerazioni separate. Scenari secondo Sakett, casi clinici, esperienze non possono di regola superare le 12.000 battutespazi inclusi, riassunti compresi, tabelle e figure escluse. Casi particolari vanno discussi con la redazione. Per gli altri contributi nonpossono essere superate le 18.000 battute spazi inclusi, compresi abstract e bibliografia, salvo accordi con la redazione. Le letterenon devono superare le 2500 battute spazi inclusi; qualora siano di dimensioni superiori, possono essere ridotte dalla redazione. Chinon fosse disponibile alla riduzione deve specificarlo nel testo. Bibliografia. Si pregano gli AA di essere attenti alle citazioni. In lineadi massima, e salvo casi speciali, le voci bibliografiche citate non possono superare il numero di 12. Il modello della rivista è il Van-couver style. Le voci vanno elencate in ordine di citazione, tutte in caratteri tondi e con i titoli conformi alle norme pubblicate nell’IndexMedicus (Cognomi; Iniziali nomi con virgola; Titolo; Rivista; Anno; Volume: Pagine). Per la punteggiatura si veda sotto l’esempio:1) Corchia C, Scarpelli G. La mortalità infantile nel 1997. Quaderni acp 2000;5:10-4.

Nel caso di un numero di Autori superiore a tre, dopo il terzo va inserita la dicitura et al preceduta da una virgola. Le eventualinote vanno numerate a parte e indicate nel testo (nota 1). Per i testi, o comunque per i libri, vanno citati l’Autore o gli Autori secondo la indicazione di cui sopra, il titolo, la città dell’editore seguita dai due punti, l’editore, l’anno di edizione. La pagina puòessere citata a giudizio del citante. Si veda l’esempio:

2) Bonati M, Impicciatore P, Pandolfini C. La febbre e la tosse nel bambino. Roma: Il Pensiero Scientifico Ed., 1998.Qualora si voglia citare un singolo capitolo del testo lo si citerà con il nome dell’Autore del capitolo inserito nella citazione deltesto. Si veda sotto.

3) Tsitoura C. Child abuse and neglect. In Lingstrom B, Spencer N. Social Pediatrics. Oxford University Press, 2005.Il numero d’ordine della citazione bibliografica va inserito tra parentesi quadre nel testo. Per esempio nel caso delle tre vocisopraindicate [1-2-3]. Le citazioni vanno contenute il più possibile per non appesantire il testo e devono essere pertinenti e aggior-nate agli ultimi anni. Della letteratura grigia (di cui va fatto un uso limitato) vanno citati gli Autori, il titolo, la sede, chi ha editatol’articolo e l’anno di edizione. Per la sicurezza del ricevimento, salvo altre indicazioni, gli articoli vanno inviati esclusivamente [email protected] e non a singoli membri della redazione.

Percorso di valutazione. I lavori pervenuti vengono sottoposti alla valutazione della redazione e/o a revisori esterni che opera-no se guendo un format consolidato e validato. I revisori sono ciechi rispetto agli Autori degli articoli. Gli AA sono ciechi rispetto airevisori. Per mantenere la cecità quando un articolo provenga da un componente della redazione il direttore, o un redattore da luidesignato, provvede a trasferirlo a referee esterni mantenendo la cecità oltre che per l’Autore anche per l’intera redazione. La reda-zione trasmetterà agli AA il parere dei revisori. In caso di non accettazione del parere dei revisori gli Autori possono controdedurre.È obbligatorio dichiarare l’esistenza o meno di un conflitto d’interesse. Ci sono varie forme di conflitti, i più comuni si manifestanoquando un Autore o un suo familiare hanno rap porti finanziari o di altro genere che potrebbero influenzare la scrittura dell’articolo.La sua eventuale esistenza non comporta necessariamente il rifiuto alla pubblicazione dell’articolo. La dichiarazione consente allaredazione (e, in caso di pubblicazione, al lettore) di esserne a conoscenza e di giudicare quindi con cognizione di causa quanto con-tenuto nell’articolo. Nel caso gli Autori dichiarino l’assenza di un conflitto di interesse la formula adottata è “Non conflitti di interesseda parte degli Autori”. Varie. Per articoli e contributi, anche se richiesti dalla redazione, non sono previsti compensi. Non si forni-scono estratti, né copie. La rivista è online e gli articoli possono essere derivati e stampati da questa versione in formato pdf. Si ricor-da agli AA che in una rivista che si occupa di bambini non vengono accettati termini come “soggetti”, “minori”, ”individui”, ma sonopreferiti bambini, ragazzi o persone.

DirettoreMichele GangemiDirettore responsabileFranco DessìDirettore editoriale ACPGiancarlo BiasiniComitato editorialeAntonella BrunelliSergio Conti NibaliLuciano de SetaStefania ManettiCostantino PanzaLaura Reali Paolo SianiMaria Francesca SiracusanoEnrico VallettaFederica ZanettoCollaboratoriFrancesco CiottiGiuseppe CirilloAntonio ClavennaCarlo CorchiaFranco GiovanettiItalo SpadaMaria Luisa TortorellaOrganizzazioneGiovanna BenziProgetto graficoIgnazio BellomoProgrammazione WebGianni Piras

IndirizziAmministrazioneAssociazione Culturale Pediatrivia Montiferru 6, 09070 Narbolia (OR)Tel. / Fax 078 357401

DirettoreMichele Gangemivia Ederle 36, 37126 Veronae-mail: [email protected]

Ufficio soci via Nulvi 27, 07100 SassariCell. 392 3838502, Fax 079 3027041e-mail: [email protected]

StampaStilgraf viale Angeloni 407, 47521 Cesena Tel. 0547 610201, fax 0547 367147e-mail: [email protected]

InternetLa rivista aderisce agli obiet tivi di diffusionegratuita on-line della letteratura medica ed è pubblicata per intero al sitoweb: www.quaderniacp.itRedazione: [email protected]

PUBBLICAZIONE ISCRITTA NEL REGISTRO NAZIONALE DELLA STAMPA N° 8949

© ASSOCIAZIONE CULTURALE PEDIATRIACP EDIZIONI NO PROFIT

LA COPERTINAL’immagine riproduce la copertina del numero 1 di Quaderni acp del luglio 1994.

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La copertina di questo numero è quelladei decennali: Quaderni acp ha 20 anni.In occasione del 1° decennale, sul nume-ro 4 del 2003, Maurizio Bonati commen-tava un recente editoriale di The Lancetdal titolo “The future of primary-careresearch” sulla scarsa produttività dellaricerca nell’area delle cure primarie. InItalia, scriveva Bonati, la produzione diricerche in quest’area è scarsa, come èscarso il livello di riflessione sul proble-ma. L’organizzazione delle ASL in ambi-to di ricerca è tuttora inesistente e nostrerecenti esperienze continuano a dimostra-re le esasperanti difficoltà che le ASLfrappongono alle ricerche che utilizzano ibandi AIFA per la ricerca indipendente.Questo capita purtroppo anche in regionidotate di buona efficienza, come l’Emilia-Romagna, e paradossalmente nonostantela ricerca nelle cure primarie sia la solache consente di valutare efficacia e con-venienza di farmaci e procedure assisten-ziali nell’ambito ideale in cui devonoessere usate: la comunità. La nostra inda-gine sull’efficacia della vigile attesa neltrattamento della otite media (ArchPediatr Adolesc Med 2005;159:679-84),che ha un forte impatto sul consumo difarmaci, non poteva che essere condottanelle cure primarie. Senza la connessionecon l’area in cui la maggior parte dei trat-tamenti viene attuata si perde gran partedel significato della fatica. Continuare aconsiderare il solo ospedale come ambitoideale è un errore che si può pagare a caroprezzo: si ottengono risposte parziali inun sistema estremamente complesso conrisultati che possono essere fuorvianti siaper l’efficacia che per il costo. Nel set-tembre 2012 l’Institute of Medicine(IOM) ha pubblicato in USA unConsensus Report dal titolo “Best Care atLower Cost”. Dice il Report che il siste-ma assistenziale è diventato troppo com-plesso, costoso e pieno di inefficienze.Bisogna quindi salvaguardare o aumenta-re la qualità e diminuire i costi. Per esplo-rare questa sfida, e passare a un conti-nuously learning health system – scrive loIOM – ci vogliono soprattutto connessio-ni, cultura, assistenza fondate su gruppi.L’approfondimento di questa ipotesi è

anche, in gran parte, d’iniziative sponta-nee di piccoli gruppi senza finanziamentoalcuno. Sono indagini modeste, ma chetestimoniano la disponibilità dei gruppi diautorganizzarsi per cimentarsi nella ricer-ca come ambito di attività quotidiana.Una disponibilità che potrebbe daremigliori frutti anche sul piano della ridu-zione dei costi se le Aziende sanitarie sisvegliassero dal torpore e dalla disorga-nizzazione mentale nel campo della ricer-ca e ne diventassero stimolo. Ci sonomodi inesplorati per fare SpendingReview. Talora basta un po’ di fantasia.Sulla base di ciò che si muove negli USAe della eredità di “Fare meglio con meno”c’è campo per un’azione di stimolo politi-co da parte dell’ACP?

Numero di ricerche pubblicate per an no:2003:3; 2004:1; 2005:1; 2006:6; 2007:6;2008:10; 2009:9; 2011:3; 2012:4

Argomento. Anno. NumeroAllattamento: 2005:1; 2006:1; 2006:6 (2articoli); 2007:1; 2008:2

Ambiente e salute: 2008:4; 2012:1Appropriatezza ricoveri pediatrici:2006:4 (indagine nazionale); 2007:4

Genitorialità: 2006:4; 2008:6; 2009:1;2009:3

Lettura e musica: 2006:5 (prima indaginenazionale su frequenza di lettura infamiglia) 2009:1; 2011:1; 2011:2;2011:5; 2012:5

Problemi neuropsicologici: 2003:3;2003:4 (una delle prime ricerche epi-demiologiche sull’ADHD); 2003:5;2009:5 (prima indagine nazionale suqualità di vita delle persone Down);2010:5

Procedure ospedaliere: 2007:6; 2008:1;2009:6; 2012:5

Qualità della professione e formazione:2007:5; 2008:3; 2009:2; 2010:1;2010:3; 2010:2; 2010:5; 2012:4

Salute del bambini stranieri: 2007:2 (2articoli)

Sorveglianza epidemiologica: 2004:4;2006:4; 2009:3

Uso di farmaci: 2005:4; 2006:3; 2007:3;2008:3; 2009:1; 2010:2 u

stata ripresa nelle ultime settimane dalProgetto USA “Choosing Wisely”, che sipropone di ridurre le procedure a rischiodi inappropriatezza facendole condividerefra medici e assisiti e mettendo in comu-ne le incertezze e la complessità dellasanità come settore caratterizzato da largoconsumo e offerte incontrollate. “Choo -sing Wisely” è una iniziativa dell’Ame -rican Board of Internal Medicine Foun da -tion, una fondazione no-profit che mira aridurre il sovrauso di procedure attraversola comunicazione fra pazienti e cittadini(JAMA 2012;307:1801-2). L’adesione, almeno formale, delle socie-tà scientifiche americane è stata alta(Choosingwisely.org/). Queste notizie dioltre Atlantico ci hanno richiamato allamemoria una ricerca dell’ACP del 1996,anch’essa non conducibile se non nell’a-rea delle cure primarie. La chiamammo,in gergo ACP, “Fare meglio con meno”(quando scrivono “Best Care at LowerCost” dicono proprio la stessa cosa) e fupubblicata sul numero 2 di Quaderni acpdel 1996 alle pagine 8-13. Il titolo era“Qualità delle cure e costi in pediatria”.La ripubblichiamo su questo numero con-servando le caratteristiche tipografichedell’epoca. Questo renderà l’articoloappena meno leggibile di quanto oggisiano quelli di Quaderni acp, ma sarà unasorta di piacevole “come eravamo”. Moltidegli Autori scrivono ancora su questarivista. L’attacco dell’articolo, dopo 16anni, è straordinariamente attuale: dice dicosti troppo alti, di tagli di spesa, di rifor-me gestionali a capocchia, di attenzionealla qualità. Alla indagine è prevista la collaborazionedelle famiglie che è quanto suggerisceoggi “Choosing Wisely”. Nelle conclusio-ni gli Autori scrivono che “… l’ipotesiiniziale secondo la quale a cure di qualitàmigliore potessero corrispondere costiminori è dunque senz’altro verificata”.Con l’occasione abbiamo voluto dare unaocchiata a quanto è stato pubblicato nellarubrica “Ricerche” di Quaderni acp negliultimi 10 anni. Rias sumiamo la situazionenei box. Si tratta, in piccola parte, di ricer-che che hanno avuto una successiva pub-blicazione su riviste internazionali e

“Fare meglio con meno” dalla via Emilia al WestGiancarlo BiasiniDirettore editoriale

Per corrispondenza:Giancarlo Biasinie-mail: [email protected]

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Donald Schön, noto pedagogista e autoredel libro Il professionista riflessivo. Peruna nuova epistemologia della praticaprofessionale (Bari: Ed. Dedalo, 1993),nella sua riflessione sulla prassi profes-sionale (in un periodo, 20 anni fa, coinci-dente con la nascita di Quaderni acp)sottolinea che il professionista della salu-te si trova a lavorare in un contesto dimassima complessità: ne deriva che con-tribuire a forgiare un professionistariflessivo richiede una formazione pre epost laurea, fino all’educazione medicacontinua, che non si limiti alle prassi, masi concentri su tutti gli aspetti che riguar-dano il lavoro del medico (cognitivi, pra-tici, relazionali). Sempre nel 1993 vincela Palma d’oro al Festival di Cannes ilfilm Caro diario, con Nanni Moretti neipanni di attore e regista. “Medici”, ilterzo episodio, ispirato al vissuto delregista come paziente, delinea un ritrattoimpietoso e lucido di una medicina chenon sa ascoltare né si basa su prove diefficacia. Le prescrizioni dei diversi spe-cialisti consultati, accuratamente docu-mentate, sono le prove di un approcciobasato solo sull’esperienza personale edespressione di un modello paternalistico:dal primo dermatologo consultato, cheformula solo domande chiuse e allapaura del paziente di avere la scabbiarisponde: “… altri strati sociali”, alsecondo che si limita a cambiare i farma-ci precedenti con altri identici ma dimarca diversa, fino al principe dei der-matologi che, oltre a riprescrivere l’en-nesima lista di farmaci, si cimenta anchein consigli d’igiene personale e di abbi-gliamento, improbabili e poco praticabilinella realtà. Ne emerge la figura di unmedico inadeguato dal punto di vistascientifico e relazionale e molto distantedal professionista riflessivo. Questa premessa sollecita una riflessio-ne approfondita sul ruolo di Quaderniacp in questi primi 20 anni di vita. I let-tori ricordano sicuramente che essa è

un grande successo di partecipazione e dicritica, ma che richiede ulteriori passi inavanti. Sarebbe importante che i lettorine suggerissero possibili sviluppi esoprattutto ne sperimentassero nuovemodalità di utilizzo. Pensiamo a tal pro-posito a riunioni di reparto in ospedale odei gruppi locali ACP. Il target rispecchiail percorso assistenziale nella realtà pro-fessionale a cavallo tra un pediatra difamiglia curioso e uno ospedaliero,altrettanto aperto alle novità. L’utilizzoin riunioni comuni dei casi clinici conte-nuti nella piattaforma può rappresentareun primo passo per una formazione con-divisa che ponga il bambino e la famigliaal centro del processo di cambiamento. Iltraguardo di un cooperative learningsarebbe un auspicabile e vero fulcro delcambiamento in una Sanità che preveda atutti i livelli la capacità di lavorare ingruppo.L’erogazione di crediti ECM (18) d’in-dubbia qualità, a basso costo e senzaricorso a sponsor di qualsiasi genere, èun esempio di come si possa sfruttarecon buona ricaduta formativa un sistemaperfettibile come quello dell’ECM. Stiamo lavorando anche per migliorarela parte on line della rivista ad accessogratuito, fornendola di un valido motoredi ricerca, per una più facile reperibilitàdi tutti gli articoli.Né va dimenticato il ruolo della rivista asupporto della newsletter ACP che conti-nua a rappresentare un ulteriore strumen-to di consultazione pratico e aggiornato(Panza C, Brusadin L, Reali L, Toffol G.Come ricercare velocemente un articoloscientifico evidence based sul Web.Quaderni acp 2013;20(3):123-5).I 20 anni di Quaderni acp, dunque, sonoun bagaglio prezioso per continuare aoffrire, anche con l’aiuto del lettore edelle sue proposte, una formazione effi-cace e attenta al pediatra che sa ragiona-re e agire secondo un’ottica nuova: quel-la del pediatra riflessivo. u

nata 20 anni or sono dalla fusione traAusili Didattici e Il bollettino acp: unsegno dell’attenzione dell’ACP e dellarivista a una formazione non tradizionalegià all’inizio del suo percorso. Le miti-che “cassette”, infatti, erano un esempioavanzato di caso clinico posto in ottica diproblem solving e primo esempio di for-mazione a distanza senza utilizzo delcomputer. L’apertura ai problemi della salute infan-tile con l’attenzione al contesto sociale ealle problematiche comunicativo-rela-zionali ha cercato di contribuire allo svi-luppo del pediatra riflessivo: un pediatrache sapesse leggere i propri bisogni for-mativi non solo in ambito strettamenteclinico. La rivista ha accompagnato e approfon-dito le 4 priorità di intervento ACP (salu-te mentale del bambino e dell’adolescen-te, cronicità e disuguaglianze, sostegnoalla genitorialità, ambiente e saluteinfantile).Allo sviluppo della pediatria di famiglia,accanto alla tradizionale pediatria ospe-daliera, e al conseguente cambio di para-digma nei bisogni formativi, tarati suiproblemi di salute in ottica globale e sulnuovo ruolo professionale in gran parteda creare, la rivista ha risposto con spazidedicati anche alle medical humanities(libri, film, Nati per Leggere e Nati per laMusica), alla medicina narrativa e alcounselling, accanto a tematiche clinichesempre affrontate con rigore con lo sce-nario e con il caso clinico. Con un unicorammarico: la mancata ricaduta nei grup-pi locali del corso per scenaristi promos-so dalla rivista stessa, ottimo esempio diformazione a cascata che non ha peròavuto i risultati sperati. Quaderni acp ha saputo cogliere e inter-pretare i bisogni dei suoi lettori anchecon la grande scommessa in atto, coinci-dente con il compimento dei 20 anni, equindi con l’età adulta: la formazione adistanza (FAD) che ha finora incontrato

I 20 anni di Quaderni acp

La formazione di Quaderni acpper un pediatra riflessivoMichele Gangemi Direttore di Quaderni acp

Per corrispondenza:Michele Gangemie-mail: [email protected]

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In un momento di crisi di sostenibilità delSSN senza precedenti, Best care at lower costpotrebbe sembrare uno slogan provocatoriodi pessimo gusto; invece è il titolo di unreport dell’Institute of Medicine, dove silegge che in condizioni di crisi economica lasanità può essere mantenuta scegliendo unapolitica di tagli, oppure riducendo gli sprechi[1]. Oggi infatti la sanità è “vittima dei pro-gressi della scienza” per la crescente disponi-bilità di tecnologie sanitarie che incrementa-no i costi, producono benefici marginali onulli e spesso aumentano i rischi per i pazien-ti. Inoltre, se non è mai mancata la consape-volezza che i medici possono essere respon-sabili di sottoutilizzo di test diagnostici e trat-tamenti (underuse), il report sottolinea chestanno emergendo consistenti evidenze suglieccessi di medicalizzazione (overdiagnosis,overtreatment) i cui risvolti sanitari, econo-mici, sociali e medico-legali, sono in granparte ancora sconosciuti.In questo scenario è indispensabile riformula-re l’imperativo socio-culturale dominante“more is better” – che ha determinato l’invo-luzione del cittadino in consumatore di servi-zi e prestazioni sanitarie – in “less is more”che promuove invece una medicina parsimo-niosa [2]. Tra le iniziative a sostegno di que-sto cambio di paradigma, Choosing Wisely –promossa dall’American Board of InternalMedicine Foundation, in collaborazione conConsumer Reports – ha offerto un esempioconcreto di come le società professionali pos-sono contribuire a identificare test diagnosti-ci, trattamenti e altri interventi sanitari ineffi-caci e inappropriati sulla cui utilità “medici epazienti dovrebbero interrogarsi” [3]. L’approccio “less is more” permette di spo-stare il dibattito etico sul contenimento deicosti “dal razionamento alla riduzione deglisprechi”, rivalutando la responsabilità profes-sionale sull’utilizzo appropriato delle risorse,peraltro già sostenuta dall’art. 6 del Codice diDeontologia Medica dove si legge che «ilmedico agisce secondo il principio di effica-cia delle cure nel rispetto dell’autonomiadella persona, tenendo conto dell’uso appro-priato delle risorse» [4].L’etica del razionamento prevede che, quan-do le risorse scarseggiano, la politica devescegliere con modalità esplicite quali servizie prestazioni sanitarie non è più in grado di

cabili solo alle popolazioni arruolate, difficil-mente forniscono risposte per il paziente indi-viduale. Infine, una sostanziale riduzionedegli interventi sanitari inefficaci e inappro-priati, se da un lato permette di contenere laspesa sanitaria, dall’altro riduce gli utili del-l’industria biomedicale con gravi conseguen-ze sui posti di lavoro e sull’economia globa-le. Un ragionevole compromesso consiste inuna strategia graduale che inizialmente recu-pera le risorse sprecate per interventi sanitaridove le “prove d’inefficacia” sono ormaidefinitive, per poi estendersi man mano che laricerca individua altre fonti di sprechi conragionevole certezza [7]. Uno studio pubblicato da Quaderni acp nel1996 dimostrava che è possibile “fare megliocon meno”: ma quello era il tempo delle “vac-che grasse” dove queste evidenze avevano unsapore sgradevole, erano lette come inutili pro-vocazioni da destinare presto all’oblìo, perchél’idea del medico “gestore di risorse pubbli-che” è un fardello troppo scomodo e pesanteche la professione medica non ha mai volutomettere sulle spalle [8]. Oggi, in un’epoca dirisorse sempre più limitate, se i medici nonsaranno disponibili a identificare e ridurre glisprechi, il futuro della sanità pubblica nonpotrà che essere contrassegnato da tagli linearie dall’intermediazione finanziaria e assicurati-va dei privati, con inevitabile aumento dellediseguaglianze sociali che, insieme a quelleregionali, intoneranno un triste requiem per lapiù grande conquista sociale ottenuta dai citta-dini italiani: il Sistema Sanitario Nazionale! u

Bibliografia [1] Institute of Medicine. Best care at lower cost: Thepath to continuously learning health care in America.Washington, DC: The National Academic Press, 2012.[2] Tilburt JC, Cassel CK. Why the ethics of parsimo-nious medicine is not the ethics of rationing. JAMA2013;309:773-4.[3] Cassel CK, Guest JA. Choosing wisely: helpingphysicians and patients make smart decisions about theircare. JAMA 2012;307:1801-2.[4] Brody H. From an ethics of rationing to an ethics ofwaste avoidance. N Engl J Med 2012;366:1949-51.[5] Berwick DM, Hackbarth AD. Eliminating waste inUS health care. JAMA 2012;307:1513-6.[6] Shaw D, Elger B. Evidence-based persuasion: an eth-ical imperative. JAMA 2013;309:1689-90.[7] Mathias JS, Baker DW. Developing quality measuresto address overuse. JAMA 2013;309:1897-8.[8] Di Mario S, Iuli R, Macaluso A, et al. Qualità dellecure e costi in pediatria. Quaderni acp 1996;3:8-13.

garantire ai cittadini. La principale obiezioneetica al razionamento, sostenuta dal pensierodi Ippocrate, è che il medico, per mantenere ilrapporto fiduciario con ciascun paziente, de -ve soddisfarne preferenze e aspettative, sen zaconsiderare i costi sostenuti dalla comunità.Ovviamente, se le risorse tendono a esaurirsi,questa obiezione è priva di senso, perché dare“tutto a tutti” sottrae prestazioni efficaci eappropriate ad altri cittadini, nei confronti deiquali l’intera classe medica deve mantenereun rapporto fiduciario “collettivo”. Questodibattito etico si può risolvere identificandocome sprechi tutti i costi sostenuti per la pre-scrizione d’interventi sanitari inefficaci, inap-propriati e dal low-value: infatti reindirizzareanche solo una frazione di tali risorse consen-tirebbe di estendere la copertura d’interventisanitari efficaci e appropriati, di migliorarel’equità e di ridurre la spesa sanitaria [5]. Seun tempo i medici, nel rispetto della loro inte-grità professionale, rifiutavano di offrire untrattamento inutile, respingendo le richieste dipazienti e familiari, purtroppo oggi consisten-ti evidenze dimostrano che interventi sanitariinefficaci e inappropriati vengono prescrittinon solo per la crescente insistenza deipazienti, ma anche per decisioni autonomedei medici, condizionate dalla resistenza alcambiamento, da conflitti d’interesse, daprove di efficacia insufficienti o distorte. Pertanto, se l’etica del razionamento appartie-ne alla politica sanitaria secondo i princìpi digiustizia distributiva, l’etica della riduzionedegli sprechi è indissolubilmente legata allaprofessionalità dei medici. Infatti, se da unlato il medico non deve mai privare alcunpaziente d’interventi sanitari efficaci e appro-priati, dall’altro deve essere consapevole chequelli inefficaci e inappropriati, oltre a nondeterminare alcun beneficio, causano effettiavversi e consumano preziose risorse. Di con-seguenza, quando le evidenze non supportanole richieste del paziente, il medico ha il dove-re professionale di rifiutarle, seguendo unnuovo “imperativo etico”: la evidence-basedpersuasion [6]. Se ridurre gli sprechi diventa un mandatoetico, il problema pratico riguarda le modalitàdi attuazione perché le evidenze scientificheforniscono risposte certe e definitive solo perun numero limitato d’interventi sanitari.Inoltre, i risultati dei trial, oltre a essere appli-

“Less is more”: migliorare la qualità dell’assistenza con meno risorseAntonino Cartabellotta Presidente Fondazione GIMBE

Per corrispondenza:Antonino Cartabellottae-mail: [email protected]

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Definizione della patologiaClinicaComunemente il bambino manifestasegni e/o sintomi cutanei e/o mucosi cheinducono il curante a eseguire un emo-cromo, con il conseguente riscontro dipiastrinopenia. Quando presenti, leemorragie possono interessare la cute(ecchimosi e petecchie, che nel loroinsieme costituiscono la porpora) e/o lemucose (epistassi, melena/rettorragia); sipossono osservare cicli mestruali piùabbondanti o vere e proprie metrorragiee, anche se più raramente, sanguinamen-to nel cavo orale ed ematuria. In casiancor più rari (e più severi) le emorragiepossono interessare organi o zone delcorpo più profonde come nell’emorragiacerebrale, nell’emorragia addominale enegli ematomi muscolari.

LaboratorioSi parla di piastrinopenia quando siosserva un valore di piastrine circolantial di sotto di 100x109/l, non accompa-gnato da altre alterazioni dei valori del-l’esame emocromocitometrico. Talevalore ridotto, solo in assenza di diatesiemorragica clinica, va riscontrato sualmeno due campioni testati con anticoa-gulanti diversi (esiste infatti la pseudo-piastrinopenia da EDTA, una falsa ridu-zione del numero di piastrine dovutaall’agglutinazione delle stesse in presen-za dell’anticoagulante EDTA, che puòessere disconfermata eseguendo il prelie-vo in sodio citrato).Fino al 2006, ma è tuttora presente suicomuni referti di laboratorio, il valorenormale di piastrine era compreso tra140x109/l e 400x109/l. Pertanto, con iltermine di piastrinopenia s’intendevanotutte quelle condizioni caratterizzate dauna conta piastrinica inferiore a140x109/l.

di Porpora Trombocitopenica Idiopatica(pur mantenendo l’acronimo PTI), po -nen do così l’accento sui meccanismiimmunologici alla base della fisiopatolo-gia della malattia. Poiché nella maggiorparte dei pazienti i sanguinamenti sonominimi, l’International Working groupsulle PTI (The Vicenza Consensus Con -ference, ottobre 2007) ritiene inappro-priato l’utilizzo del termine “porpora”.La PTI ha un’incidenza annua stimata in3-10 casi/100.000 soggetti di età inferio-re a 16 anni e si può osservare a ogni età,pur manifestandosi principalmente tra i 3e i 10 anni. Il rapporto maschio-femminaè assolutamente indifferente.

Definizioni di PTILa distinzione tra PTI primitive e secon-darie assume notevole rilevanza clinicapoiché divide i pazienti in due gruppi condifferente storia naturale e diverse neces-sità terapeutiche.a) Le PTI primarie o primitive (80%)rap presentano un disordine di naturaautoimmune in assenza di altre causeo patologie associate che possonoessere messe in relazione a piastrino-penia. La diagnosi di PTI primariarimane una diagnosi di esclusione poi-ché non sono disponibili parametri dilaboratorio o sintomi clinici per stabi-lire con accuratezza la diagnosi.

b) Le PTI secondarie (20%) rappresenta-no tutte le forme di trombocitopeniaimmuno-mediata, escluse le PTI pri-mitive. In questi casi l’acronimo PTIdovrebbe essere seguito dal nomedella patologia associata (per esempiofarmaco-indotta o post-infettiva)(tabella 1).

Classificazione delle PTI primitive Sia per le PTI primitive che per quellesecondarie si possono distinguere diver-se fasi di malattia:

Attualmente il valore minimo normale dipiastrine è stato abbassato a 100x109/l.Questo nuovo cut-off è stato propostosulla base di tre considerazioni: a) è statodimostrato che pazienti con un valore dipiastrine compreso tra 100 e 150x109/l,seguiti con un follow up di 10 anni, han -no solo il 6,9% di possibilità di sviluppa-re una piastrinopenia persistente convalori minori di 100x109/l; b) pa zien ti dietnia non caucasica in buona sa lute pos-sono presentare valori compresi tra 100 e150x109/l; c) questo cut-off por ta a esclu-dere la modesta e “fisiologica” piastrino-penia presente in gravidanza. La piastrinopenia è determinata dallapresenza di anticorpi (ecco perché siparla di forma immune) che aderendoalla superficie delle piastrine le opsoniz-zano facilitandone la distruzione da partesoprattutto della milza (come organo delsistema reticolo-endoteliale). Assieme atale processo di aumentata eliminazionedal circolo sanguigno vi è anche unaridotta produzione da parte delle celluleaddette alla formazione delle piastrine (imegacariociti, presenti nel midolloosseo). Questa ridotta produzione (ocomunque una produzione che non con-sente di equilibrare l’aumentata distru-zione) è dovuta sia all’azione degli anti-corpi (che sono in grado di reagire anchecontro i megacariociti) sia alla presenzadi livelli non adeguati di trombopoietina,il principale fattore di crescita necessarioa sostenere la produzione delle piastrine.Pertanto per Trombocitopenia Immunes’intendono comunemente le forme dipiastrinopenia transitorie o persistenticaratterizzate dalla distruzione di piastri-ne mediata da autoanticorpi e linfociti T,in risposta a uno stimolo sconosciuto,associata in molti casi a diminuita produ-zione di piastrine. Rispetto al recente passato non viene piùutilizzata la denominazione precedente

La Porpora Trombocitopenica Immune (PTI) Malattia grave? No. Malattia fastidiosa? SìMarco Spinelli, Andrea D’Adda, Francesco Saettini, Momcilo JankovicClinica Pediatrica, Università Milano-Bicocca, Fondazione MBBM, AO San Gerardo, Monza

Per corrispondenza:Momcilo Jankovice-mail: [email protected]

a distanzaF A D

Viene data ai lettori una chiave d’interpretazione, la più corretta e idonea, di una patologia relativamente frequente in età pediatrica, da non considerare grave ma fastidiosa, perché spesso ci si deve convivere. Passo dopo passo, attraverso dati scienti-fici e osservazioni personali, si vuole cer care di rendere tale patologia più accettata dal bambino e dalla sua famiglia.

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– PTI di recente diagnosi (35%) � du -ra ta massima di 3 mesi dal momentodella diagnosi (sostituisce la prece-dente definizione di PTI acuta, da evitare sia per la vaghezza della ter-minologia che per la definizione posthoc).

– PTI persistenti (30%) � durata com-presa tra 3 e 12 mesi dalla diagnosi(categoria che include i pazienti chenon hanno raggiunto spontaneamentela remissione completa entro 3 mesi oche non hanno mantenuto la remissio-ne completa dopo la sospensione dellaterapia di prima linea). In questo arcodi tempo è ancora possibile che siverifichi una remissione spontaneadella malattia.

– PTI croniche (35%) � pazienti chepermangono piastrinopenici oltre 12mesi dalla diagnosi ma non necessa-riamente permanenti (1-3%). Il tempomedio di risoluzione è 2-4 anni. Gliadolescenti rappresentano il gruppocon il maggior rischio di svilupparePTI croniche o persistenti.

In base alla localizzazione e all’estensio-ne delle manifestazioni emorragiche lePTI si possono distinguere in:– forme asintomatiche o paucisintoma-

tiche � nessuna manifestazioneemorragica o poche petecchie sparse equalche rara ecchimosi con assenza dimanifestazioni emorragiche mucose(più frequenti nella PTI cronica);

formazione a distanza Quaderni acp 2013; 20(4)

TABELLA 1: PRINCIPALI CAUSE DI PTI SE -CONDARIE

– Lupus eritematoso sistemico– Infezione da Citomegalovirus, Epstein-Barr virus, Helicobacter pylori, Epatite C,HIV, Herpes virus 1-2, virus Va ri cella-Zoster

– Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi– Farmaco-indotta– Vaccinazioni– Disordini midollari (leucosi acuta,

aplasia midollare)– Sindrome di Fisher-Evans– Immunodeficienza comune variabile– Disordini linfoproliferativi

TABELLA 2: GRADO DI SANGUINAMENTO NELLE PTI

GGRRAADDOO 00 11 22 33 44No sanguinamento Petecchie Diatesi emorragica Diatesi emorragica Diatesi emorragica

lieve cospicua debilitanteCCuuttee Nessuno Sanguinamenti occasionali Ecchimosi Ecchimosi estese/ Diatesi a potenziale

e/o petecchie sparse franco sanguinamento rischio mortale che necessita di trasfusioni

e di terapia anti-shockCCaavvoo oorraallee Nessuno Petecchie Multiple lesioni Sanguinamenti continui Diatesi a potenziale

sanguinanti da gengive rischio mortale o da cavità orale che necessita di trasfusioni

e di terapia anti-shockEEppiissttaassssii Nessuno Sanguinamento quando Epistassi spontanea Epistassi continua che Diatesi a potenziale

si soffia il naso controllata dalla richiede tamponamento rischio mortalesemplice pressione o altre procedure che necessita di trasfusioni

e di terapia anti-shockAApppp.. ggaassttrrooeenntteerriiccoo Nessuno Sangue occulto Sangue rosso vivo Sanguinamento Diatesi a potenziale

(macroscopico) profuso rischio mortalenelle feci che necessita di trasfusioni

e di terapia anti-shockAApppp.. ggeenniittoo--uurriinnaarriioo Nessuno Ematuria microscopica Ematuria Franco sanguinamento Diatesi a potenziale

macroscopica rischio mortaleche necessita di trasfusioni

e di terapia anti-shockAApppp.. ggiinneeccoollooggiiccoo Nessuno (nel periodo Spot emorragici Sanguinamenti/ Sanguinamento profuso Diatesi a potenziale

extramestruale) spotting imprevisti /menorragia rischio mortalepiù abbondanti delle che necessita di trasfusioninormali mestruazioni e di terapia anti-shock

AApppp.. ppoollmmoonnaarree Nessuno Occasionali tracce Grado modesto Profusa emoftisi Emotfisi che necessita didi sangue nella saliva di emoftisi trasfusioni e di terapia

anti-shockEEmmoorrrraaggiiaa eennddooccrraanniiccaa Nessuno Non applicabile Non applicabile Sanguinamenti minori Sanguinamenti intracranici

confermati dalla TAC maggiori con deficito dalla RMN neurologici

Da: Webert KE, et al. The risk of bleeding in thrombocytopenic patients with acute myeloid leukemia. Haematologica 2006;91:1530-7.

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– forme con sintomatologia intermedia(bambino “bagnato”) � petecchiediffuse e/o ecchimosi numerose e/opresenza di ematomi (emorragieprofonde) ed emorragie mucose (piùtipiche e più frequenti nella PTI direcente diagnosi);

– forme con sintomatologia grave �importanti e numerose manifestazioniemorragiche cutanee e mucose congrave compromissione di organo,associate a necessità di trattamento(acido tranexamico, immunoglobulinead alte dosi, corticosteroidi) e/o d’in-tervento terapeutico aggiuntivo (tra-sfusione di emoderivati), e/o conpaziente in pericolo di vita, indipen-dentemente dalla fase della malattia(forme rare [0,1-0,5%], di solito carat-terizzate da piastrine < 10x109/l).

Attualmente l’unico strumento in grado didefinire il grado di sanguinamento è ilWorld Health Organization (WHO) Blee -ding Scale o Scala di Sangui na mento(tabelle 2 e 3). Infatti, non sono state an -cora validate con studi su ampia scala me -todiche più specifiche per classificarel’entità delle manifestazioni emorragiche.

DiagnosiPer porre diagnosi di PTI primitiva pos-sono essere sufficienti un’attenta raccol-ta dell’anamnesi personale e familiare,un esame fisico accurato, un emocromocompleto con formula e volume piastri-nico (MPV – un volume piastrinico infe-riore a 5 fl potrebbe essere indicativo diuna forma d’immunodeficienza, per es.sindrome di Wiskott-Aldrich), la valuta-zione di uno striscio di sangue perifericoal microscopio ottico, la ricerca d’infe-zioni virali con particolare riferimentoall’EBV, al CMV e al Parvovirus, la coa-gulazione e l’autoimmunità (in primisANA, LAC, Ab anticardiolipina, Abantifosfolipidi). Se da tutte queste inda-gini non emergono anomalie non sononecessarie ulteriori ricerche. Attualmente è in corso di discussione lanecessità di effettuare l’aspirato midolla-re nel caso in cui all’esame obiettivo eagli esami ematochimici non vi sianosospetti di leucosi acuta o di aplasiamidollare. A favore però dell’esecuzionedell’aspirato midollare sono i seguentipunti: a) esame oggi di facile esecuzionee senza traumi per il bambino perchéviene quasi sempre effettuato in narcosi;

Quaderni acp 2013; 20(4)formazione a distanza

TABELLA 3: SCHEMA RIASSUNTIVO (IN RIFERIMENTO ALLA SCALA DI SANGUINAMENTODI TABELLA 2)

PPTTII aaccuuttaa

– Nessuna terapia– Solo restrizione motoria

Forma asintomatica o paucisintomatica((ggrraaddoo 00--11))

Se paziente gestito in regime ambulatoria-le o di Day Hospital:– prednisone 2 mg/kg/die (o 60

mg/m2/die) in 2 somm per os per 2 sett,poi scalare nella 3ª settimana e sospende-re il giorno + 21 (dose max: 75 mg/die)(assolutamente previo controllo dell’a-spirato midollare)

Se in regime di ricovero, con possibilità dieffettuare aspirato midollare diagnostico:– metilprednisolone 30 mg/kg/die ev in 60’

per 3 gg consecutivi (dose max: 1 g/dose)Se in regime di ricovero, ma con impossi-bilità a effettuare aspirato midollare (es:ricovero nel week-end ecc.):– IVIG 0,8 g/kg/die per 1 giorno

Forma con sintomatologia intermedia((ggrraaddoo 22))

PPTTII ccrroonniiccaa

– Nessuna terapia– Restrizione motoria su attività molto a

rischio: es. karatè, judo, tuffi dal tram-polino di testa ecc.

Forma asintomatica o paucisintomatica((ggrraaddoo 00--11))

1) e 2) sono alternabili (in caso di emorra-gie e/o se refrattarietà a queste terapieeseguite singolarmente) a metilprednisolo-ne (ad alte dosi) 30 mg/kg/die ev 1 do seogni 2-3 settimane1) prednisone (a basse dosi) 0,5-1

mg/kg/die in 2 somm per os per 2-3settimane

2) immunoglobuline (ad alte dosi) 0,2-0,4g/kg/die ev per 1 dose ogni 1-2-3 set-timane

3) anti-CD20 (rituximab) 375 mg/m2/dosesettimanale per 2-4 settimane

Forma con sintomatologia intermedia((ggrraaddoo 22))

Splenectomia laparoscopica (bambino > 6 aa) e ricerca milze succenturiate incaso di recidiva (specie se compare dopo6-12 mesi)

PTI refrattaria o intollerante* alle terapiefarmacologiche e/o PTI persistentemen-te sintomatica* e/o piastrinopenia per-sistente** per un periodo ≥12 mesi((ggrraaddoo 33--44))

In regime di ricovero, con possibilità dieffettuare aspirato midollare diagnostico:– metilprednisolone 30 mg/kg/die ev in 60’

per 3 gg consecutivi (dose max: 1 g/dose)In regime di ricovero, ma con impossibilitàa effettuare aspirato midollare (es: ricove-ro nel week-end ecc.):– IVIG 0,8 g/kg/die per 1 giorno

Forma con sintomatologia grave((ggrraaddoo 33--44))

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b) fornisce un’informazione importanteper fare una comunicazione di diagnosialla famiglia in grado di dare sicurezza etranquillità; c) esclude la presenza diforme “insidiose” come la mielodisplasiae un’iniziale aplasia midollare. Un midollo osseo tipico per PTI è caratte-rizzato da un quadro midollare normorap-presentato con normali curve maturative,megacariociti in genere più numerosi conpresenza di micromegacariociti e assenzadi figure di campeggiamento (= piastrino-genesi), e saltuaria discreta eosinofilia.Alcuni studi su pazienti con PTI cronica(con valori di piastrine tendenzialmente> 30x109/l) hanno evidenziato l’impor-tanza di eseguire la ricerca dell’Heli -cobacter pylori, in quanto è stata dimo-strata la correlazione tra infezione da H. pylori e piastrinopenia cronica e laconseguente ripresa della conta piastrini-ca dopo eradicazione del germe. La bas-sa predittività diagnostica e prognosticadegli anticorpi anti-piastrine, rispetto aicosti attuali per la loro esecuzione, rendetale ricerca poco suggerita (tabella 4).

TerapiaNel trattamento delle PTI l’obiettivo è ilraggiungimento di un livello di piastrinenel range di normalità (100-400x109/l)ma soprattutto la riduzione degli eventiemorragici spontanei e/o traumatici.Il trattamento deve tener conto della gra-vità della patologia (sintomatologia in -termedia o grave) e dell’età del paziente,in quanto il rischio di sanguinamento e iltasso di mortalità per episodi emorragicidiminuiscono con l’aumentare dell’età.Queste premesse sono importanti pergiustificare un atteggiamento scarsamen-

te interventista nei bambini asintomaticie/o con prevalenti manifestazioni emor-ragiche cutanee e/o con un numero dipiastrine > 20x109/l per i quali sia possi-bile per l’età ottenere una limitazione del-l’attività fisica. Secondo la maggior par tedegli Autori, ma non esiste una com pletaunivocità, tali pazienti potrebbero nonessere trattati all’esordio della malattia.La comparsa del menarca, dopo averspiegato alla paziente e alla famigliaquali sono le normali quantità e duratadelle perdite mestruali, non rappresentadi per sé un’indicazione al trattamento. All’esordio della malattia occorre avereben presenti i seguenti punti:– il rischio di emorragia endocranicaspontanea (l’unica vera urgenza ditale patologia) è maggiore nei primi10 giorni di malattia, è direttamenteproporzionale al grado di severitàdella piastrinopenia e alla evidenza ditraumi cranici, ed è inversamente pro-porzionale all’età dei bambini;

– essendo sconosciuta la causa dellamalattia e non chiaro il meccanismoeziopatogenetico, la terapia non ècurativa ma è soprattutto sintomatica;

– la malattia può esporre a gravi rischicomportamentali sia il bambino (per es.isolamento, esasperazione dei controlli,inattività fisica) che la famiglia (per es.ansia, fobia, iperprotezionismo).

I farmaci utilizzati in prima linea sono icorticosteroidi (per os o per ev in boli di3 giorni) e/o le immunoglobuline ad altedosi (per ev). Non vi sono differenze diefficacia tra i due. I primi hanno costidecisamente inferiori e i possibili effetticollaterali (per es. ipertensione arteriosa,gastrite, iperfagia, iperglicemia) sono deltutto irrilevanti. In caso d’impossibilità all’esecuzioneimmediata di un aspirato midollare, èconsigliato l’uso delle immunoglobulinead alte dosi così da non compromettere lavalutazione dello stesso.La risposta al trattamento può essere:– completa (RC) � piastrine ≥ 100x109/le conseguente assenza di diatesi e mor -ragica muco-cutanea per più di 6 setti-mane dalla sospensione della terapia;

– parziale (RP) � aumento della contapiastrinica con riscontro di un valoremaggiore di 30x109/l e/o incrementomaggiore del doppio rispetto al valorebasale, in assenza di diatesi emorragi-

ca muco-cutanea per più di 6 settima-ne dalla sospensione della terapia;

– assente (NR) � piastrine < 30x109/l oincremento minore del doppio ri spettoal valore basale e/o presenza di diate-si emorragica muco-cutanea.

Si definisce perdita della risposta la ri -duzione delle piastrine < 30x109/l e so -prattutto la comparsa/ripresa della diate-si emorragica muco-cutanea dopo unafase di RC o RP.

Approccio terapeutico nelle PTI di recente diagnosiLa strategia terapeutica da adottare in pa -zienti con numero di piastrine < 20x109/ldipende dalla diatesi emorragica: perdiatesi cutanea lieve o modesta è preferi-bile l’uso dello steroide per os (pred -nisone) al dosaggio “standard” di 2 mg/kg/die o 60 mg/m2/die in 2 sommi-nistrazioni per un periodo di 2 settimanecon progressivo scalo fino a sospensioneil 21° giorno: dose massima 75 mg/die.Ciò consente una gestione del bambino adomicilio senza necessità di ospedalizza-zione.Nei bambini però con diatesi emorragicamucosa in cui si voglia ottenere un piùrapido incremento delle piastrine per ilmaggiore rischio emorragico (traumi,emorragie cerebrali, interventi chirurgi-ci, età) e ridurre i tempi di eventualeospedalizzazione è preferibile l’uso di:a) steroidi ad alte dosi per ev (metilpred-nisolone 30 mg/kg/die per 3 giorni:dose massima 1 g/die) in 1 ora; o di

b) immunoglobuline ad alte dosi per ev(800 mg/kg/dose per 1 giorno) in 3-4 ore.

Tali provvedimenti terapeutici sono daconsiderarsi in regime di ricovero breve,della durata massima di 3-4 giorni. Occorre però comportarsi diversamentedi fronte alle seguenti eventualità:– un esordio nel fine settimana: è im -possibile eseguire un aspirato midol-lare, quindi va scelta la terapia conalte dosi d’immunoglobuline;

– un esordio con modesta diatesi emor-ragica (grado 0-1 della scala di san -gui namento): si può essere attendistisenza iniziare alcun trattamento a me -no che le piastrine siano < 20x109/l;

– un esordio con sintomatologia inter-media (fino a grado 3 della scala disanguinamento): è preferibile trattare

formazione a distanza Quaderni acp 2013; 20(4)

TABELLA 4: PRINCIPALI ELEMENTI DEL-L’ESAME OBIETTIVO IN UN BAMBINO CONSOSPETTA PTI

– Assenza di diatesi emorragica op -pure petecchie ed ecchimosi sparseoppure bambino “bagnato”

– Fegato, milza e linfonodi: noningrossati

– Evidenza d’infezione: non indi-spensabile

– Valutazione di eventuali notedismorfiche, suggestive per sindro-mi genetiche

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il bambino per accelerare la risalitadelle piastrine o comunque per averun miglior controllo clinico della dia-tesi emorragica.

Approccio terapeutico nelle PTI cronicheTale tipo di approccio contempla, invece,i seguenti punti:– occorre valutare esclusivamente la cli-nica presentata dal bambino piastrino-

penico nel periodo di osservazione enon considerare la conta piastrinica; ri -cordiamo che dopo la fase acuta il mi -dollo osseo produce piastrine gi ganti(con volume piastrinico “MPV” deci-samente maggiore rispetto alla nor ma,cioè MPV > 7 fl) che vengono immes-se in circolo con conseguente mi gliorattività funzionale coagulatoria;

– anche dopo il 6°-12° mese di malattiaè possibile osservare un’evoluzione

favorevole spontanea o in concomi-tanza di episodi infettivi (solitamenteinfezioni virali);

– nel tipo di strategia da seguire devonoessere tenuti in considerazione i possi-bili danni psicologici al bambino ealla famiglia.

Eventuali trattamenti comprendono ciclial massimo quindicinali di terapia steroi-dea per os a dosaggio basso (prednisone0,5-1 mg/kg/die), oppure immunoglobuli-

formazione a distanza Quaderni acp 2013; 20(4)

BOX

QQuuaallcchhee ““ppiilllloollaa”” ddii aatttteennzziioonnee nneell ffoollllooww--uupp ppoosstt -- sspplleenneeccttoommiiaa– Iniziare acido acetilsalicilico (Aspirinetta cp 100 mg) con dose di

3-5 mg/kg/die somministrandolo a giorni alterni a distanzaminima di 4-5 giorni dall’intervento se piastrine > 800x109/l daembricare con enoxaparina. Nel caso in cui il paziente vengadimesso senza acido acetilsalicilico, prevedere un controlloravvicinato dell’emocromo (5-7 giorni) in Day Hospital.

– Ricordare alla famiglia e ai curanti il potenziale rischio di sepsie la necessità d’iniziare prontamente terapia antibiotica adampio spettro (per esempio amoxicillina+clavulanico oppurecefixima) in caso di febbre e valutazione clinica urgente anchead anni di distanza dall’intervento.

– Ricordare la necessità di eseguire la profilassi con benzatil-penicillina intramuscolo ogni 21-28 giorni per almeno 6 mesidall’intervento. Nelle situazioni a “rischio sociale” o in cui sisuppone una scarsa compliance della famiglia alla terapiaantibiotica in caso di febbre, la profilassi intramuscolare trovaindicazione per tutti i 5 anni che seguono la splenectomia ofino ai 18 anni e potenzialmente a vita.

– In assenza di complicanze i controlli ematologici si eseguiran-no ogni 7-15 gg per il primo mese, quindi mensili per i suc-cessivi 2 mesi, indi in relazione alle singole problematiche.

– La terapia antiaggregante una volta introdotta andrà modula-ta in base ai valori di piastrine e sarà da proseguire fino avalori piastrinici stabilmente inferiori a 800x109/l (in almeno 2 rilievi consecutivi).

PPoossssiibbiillee ccoommpplliiccaannzzaa:: ttrroommbboossii vveennoossaa sspplleennoo--ppoorrttaalleeLa trombosi dei vasi spleno-portali rimane una possibile compli-canza della splenectomia che insorge generalmente entro i primi30-60 giorni dall’intervento ed è dovuta alla modificazione delflusso sanguigno locale.Si manifesta con dolori addominali diffusi riferiti prevalentemen-te in regione epigastrica e irradiati al dorso, spesso in assenzadi febbre o alterazioni ematochimiche di rilievo, più spesso inpazienti che hanno interrotto la profilassi anticoagulante, mararamente può insorgere anche in corso di profilassi con aspiri-na e/o fraxiparina. La diagnosi viene posta con l’ecocolordop-pler dei vasi spleno-portali.La terapia prevede:– digiuno per 12-24 ore– infusione di mantenimento– enoxaparina sottocute a dose terapeutica 100 U/kg (negli

adulti 6000 U massimo) ogni 12 ore da proseguirsi per circa7 giorni dopo la risoluzione ecografica del trombo, indi da

proseguirsi alla dose profilattica di 100 U/kg die per 6 mesi(ricordarsi di sospendere in tal caso l’attività sportiva durantela somministrazione dell’eparina). Negli adolescenti o adultipuò essere sostituita con dicumarolico orale. Se la trombosi èinsorta in soggetti già in profilassi eparinica allora vi è l’indi-cazione al trattamento con eparina endovenosa alla dose di100 U/kg unica dose in bolo (in 100 ml di soluzione fisiologi-ca), seguita da enoxaparina a dose terapeutica fino a risolu-zione del trombo e quindi anticoagulante orale.

Dopo un episodio trombotico, il rischio di recidiva locale è circadel 5% e, nel caso di recidiva, il paziente deve essere posto interapia con anticoagulanti orali a vita.

LLee nnoovviittàà tteerraappeeuuttiicchhee iinn tteemmaa ddii PPTTII ccrroonniicchheeRecentemente sono stati approvati per la popolazione adulta,come terapia di seconda linea, due nuovi princìpi attivi che rien-trano nella famiglia degli agonisti del recettore della trombo-poietina (agenti trombopoietici): romiplostim ed eltrombopag.La trombopoietina (TPO) è un fattore di crescita endogeno che silega al recettore della trombopoietina (TPO-R) presente sulle cel-lule staminali pluripotenti, stimolando la crescita delle unità for-manti colonie di megacariociti (meg-CFUs). Inoltre, è stato dimo-strato che il TPO-R è presente persino sui megariociti e sulle pia-strine mature, suggerendo che la TPO deve avere anche un ruolodiretto nella sopravvivenza delle piastrine stesse. Romiplostim ed eltrombopag sono indicati nel trattamento dellaPTI cronica refrattaria ai trattamenti di prima linea, sottoposti omeno a splenectomia. La dose dei farmaci deve essere indivi-dualizzata sulla base del conteggio delle piastrine con l’obiettivodi mantenere un valore di piastrine > 50x109/l. La somministra-zione è quotidiana (1 volta/die) per os. Il profilo di sicurezzaappare rassicurante: nausea e vomito sono i due eventi indesi-derati più frequenti. Bisogna oltremodo mantenere l’atten-zione sulla funzionalità epatica (AST, ALT, bilirubina), sugli even-ti tromboembolici anche con conta piastrinica normale o bassa esullo sviluppo o progressione di fibrosi a livello midollare conse-guente alla continua stimolazione della cellula staminale pluripo-tente.Nella popolazione pediatrica tali farmaci sono attualmente sog-getti a studi di fase I-II. È attualmente in corso uno studio di faseI-II sull’eltrombopag (PETIT2 [PEdiatric patients with Throm bocy -topenia from ITp] 115450 by GlaxoSmithKline) che prevede l’ar-ruolamento a livello mondiale di 75 pazienti pediatrici con PTI cronica con piastrine < 30x109/l (in Italia sono stati arruola-ti 16 pa zienti), e i cui dati preliminari saranno disponibili nellaseconda metà del 2013.

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ne per ev (200-400 mg/kg/dose) da unavolta alla settimana a una volta ogni 3 set-timane (terapia di mantenimento in casodi persistenza della diatesi emorragica:per es. metrorragia nelle ragazze o epi-stassi refrattarie). In caso di refrattarietà atali terapie e in presenza di sintomatologiaemorragica, è previsto l’uso alternato(assenza di resistenza crociata) con metil-prednisolone a dose elevata (30mg/kg/die in dose unica) ogni 2-3 setti-mane. Tutto ciò è rivolto a ottenere il con-trollo clinico della diatesi e non la norma-lizzazione o la risalita delle piastrine. In alcuni pazienti non responsivi alle tera-pie con immunoglobuline e/o corticoste-roidi né dal punto di vista d’incrementodel numero delle piastrine né dal punto divista di miglioramento della diatesi emor-ragica, è stato introdotto l’anticorpomonoclonale anti-CD20 (rituximab) alladose di 375 mg/m2/settimana per 2 massi-mo 4 settimane, con una somministrazio-ne mensile d’immunoglobuline ad altedosi per via endovenosa (800 mg/kg/dose)per 6 mesi. Tale terapia, soprattutto seeffettuata in concomitanza alla terapia ste-roidea con desametasone, si è dimostrataefficace (non risolutiva nella maggiorparte dei casi) ma associata a un conse-guente periodo prolungato d’immunodefi-cienza con elevato rischio infettivo.La splenectomia, spesso eseguibile inlaparoscopia in quanto i pazienti con PTInon presentano splenomegalia, vieneconsiderata nelle PTI refrattarie alle tera-pie farmacologiche persistentemente sin-tomatiche e con pazienti di età superioreai 6 anni, anche se oggi si tende ad aspet-tare l’età post-puberale. Infatti si è osser-vato come la pubertà, caratterizzata dallaproduzione di ormoni sessuali, possaessere un periodo della vita in cui talepatologia è in grado di migliorare spon-taneamente fino addirittura a guarire(osservazione personale). In circa il 70-80% dei piastrinopenici cronici splenec-tomizzati è attesa una normalizzazionedel numero delle piastrine. L’insuccessoè comunque più basso: infatti nel restan-te 20-30% la maggior parte mantiene unvalore di piastrine intorno a 50x109/l, unvalore capace di garantire l’assenza didiatesi emorragica (solo il 2-3% puòavere ancora problemi clinici rilevanti).Prima della splenectomia va prevista lavaccinazione antipneumococcica, anti-meningococcica e anti-Haemophilus in -

fluenzae, e in seguito alla splenectomia,in oc casione di episodi febbrili, s’iniziaal più presto terapia antibiotica per osindipendentemente dall’eziologia del-l’infezione. Nei casi d’insuccesso si pre-vede la ricerca scintigrafica di eventualimilze accessorie che possono essereresponsabili del protrarsi della piastrino-penia (specie quan do la piastrinopeniaricompare dopo un periodo di 6-12 mesidi normalizzazione).

Vaccini e PTIL’incidenza di reazioni avverse sistemi-che in seguito a vaccinazioni è un eventoraro (< 0,2/milione di dosi). L’incidenzadi PTI secondaria a vaccinazione è di cir -ca 0,18/milione di dosi. L’asso cia zionepiù diretta rimane quella con il vaccinoMorbillo-Rosolia-Parotite (MMR) e soli-tamente si verifica generalmente entro 6 settimane dalla vaccinazione.Pertanto, il rapporto rischio/beneficiorisulta a favore della vaccinazione, tenu-to conto delle possibili sequele dellemalattie naturali, del decorso benignodella PTI in età pediatrica e del fatto chela piastrinopenia non è inclusa nelle con-troindicazioni o nelle precauzioni gene-rali, ma è citata solo tra le precauzioni incaso di vaccinazione MMR di soggetticon storia di piastrinopenia. Un storia personale di pregressa PTI noncontroindica l’esecuzione di vaccinazionie in particolare della vaccinazione MMR. Ricordiamo inoltre che già a partire daglianni ’80 sono segnalati casi di PTI conrisoluzione dopo aver effettuato la vacci-nazione anti-morbillo.

Farmaci e PTIL’utilizzo del paracetamolo è consentitoper tutti i pazienti con PTI. I salicilati e iFANS invece devono essere utilizzaticon cautela perché i primi possono pro-vocare quadri di disaggregazione piastri-nica, mentre i secondi possono facilitareallungamenti del tempo di coagulazione(vie intrinseca ed estrinseca). Non vi èalcuna controindicazione all’uso di qual-siasi antibiotico.

Attività fisica/sport e qualità di vitaLe raccomandazioni circa le attività quo-tidiane e sportive consentite nei pazientipediatrici affetti da PTI cronica trovanouna base soprattutto nel “buon senso” enell’esperienza del singolo Centro. Una

PTI cronica, come tutte le malattie adandamento persistente nel tempo, è ingrado di compromettere seriamente laqualità di vita del bambino/ragazzo edella famiglia, se non viene compresa eaccettata adeguatamente. Occorre per-tanto promuovere un’aperta comunica-zione di diagnosi e del progetto di cura,nel rispetto dell’età e delle capacità dicomprensione del paziente (di solitosopra i 6 anni) e della famiglia. Con si de -rando che i pazienti con PTI cronica soli-tamente liberano in circolo piastrine conun volume aumentato con conseguentemigliore funzionalità, l’attività quotidia-na intesa sia come frequenza a scuola checome attività di gioco e/o sportiva deveessere consigliata. Solo così può essereconsentito alla famiglia di vivere la pato-logia con minor angoscia e al bambi-no/ragazzo di avere minime limitazioniattitudinali.Per raggiungere questo obiettivo va enfa-tizzata la necessità di limitare il più pos-sibile i controlli del conteggio piastrini-co, in quanto il numero altamente oscil-lante delle piastrine per la loro breveemivita (circa 4 giorni) crea inevitabil-mente stress con conseguente difficoltàdi comprenderne il significato. Nel nostro Centro, una volta posta dia-gnosi di PTI e impostata la terapia piùadeguata, i controlli clinici ed ematochi-mici vengono effettuati secondo laseguente cadenza: una volta al mese peri primi 2 mesi, quindi una volta ogni 3mesi per i successivi 6 mesi, infine unavolta ogni 6 mesi fino a risoluzione odefinizione di PTI cronica a decorso per-manente. Almeno una volta all’anno èimportante controllare tra gli esami ema-tochimici il pannello autoimmunitario,così da monitorare l’eventuale positiviz-zazione di autoanticorpi (non bisognastancarsi di tenerli sotto controllo, ricor-dando che il tempo di comparsa di un’e-ventuale malattia del collagene, anticipa-ta dalla sola PTI, può essere anche di 8-10 anni). L’obiettività clinica deve essere la vera“spia” a cui fare riferimento. La PTI cronica dovrebbe condizionare ilmeno possibile la “quotidianità” (o la“normalità”) del bambino/ragazzo edella sua famiglia.Ovviamente gli sport devono essere au-torizzati in rapporto al loro rischio trau-matico:

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– mai autorizzati (alto rischio traumatico):lotta, boxe, arti marziali, rugby, tuffiecc., perché il rischio è una con cussionecontinua (trauma ripetitivo);

– talora consentiti (in base a una valuta-zione attenta del singolo caso chetenga conto del controllo della diatesiemorragica e delle condizioni psico-fisiche del soggetto): calcio, sci, gin-nastica, basket, equitazione ecc.;

– consentiti (basso rischio traumatico):nuoto, jogging, tennis, ciclismo (concaschetto) ecc.

Per i bambini in età prescolare non è con-troindicata la frequentazione della scuolamaterna e/o asilo nido. Inoltre si raccoman-da di prestare attenzione a possibili rischi ditraumatismo cranico in ambito domestico(scale interne, letti a castello ecc.).N.B.: in Italia esistono Linee GuidaAIEOP per PTI acute e croniche. Il nostrolavoro è un “accomodamento” esemplifi-cativo di quanto fatto a livello nazionale(GdL Coagulopatie, coordinato dal pro-fessor U. Ramenghi, Torino).

Considerazioni finaliUna simile patologia richiede una comu-nicazione di diagnosi ben precisa e chia-ra fin dall’esordio per fugare errate con-siderazioni diagnostiche e prognostiche eben definire le modalità terapeuticheattuali.La comunicazione, in sintesi, deve cosìesprimersi:1. la malattia “immune” non ha unacausa nota, per cui se non si conoscel’eziologia, NON può esserci una tera-pia curativa ma solo sintomatica (cosìda giustificare i limiti della terapia).

2. La malattia prevede la comparsa spon-tanea (indotta solo nel 50% dei casi,per esempio da uno stimolo infettivo)di anticorpi anti-piastrine. Pertanto,come spontaneamente compare, altret-tanto spontaneamente deve guarire. Ilproblema è: in quanto tempo? Da alcu-ne settimane ad alcuni anni. Pertantoviviamo bene questa malattia evitandoche diventi pericolosa dal punto divista psico-emozionale.

3. La natura non è sprovveduta e giàdopo le prime due settimane circal’organismo si autodifende producen-do piastrine “giganti” con miglioreffetto protettivo dal punto di vistoantiemorragico.

4. La forma acuta tende a risolversi entroun anno, con un tempo medio di nor-malizzazione del numero di piastrineintorno ai 4 mesi, mentre la forma cro-nica (che non significa permanente masuperiore a un anno) ha un tempo me -dio di risoluzione intorno ai 4-5 anni.

5. Non inseguiamo il numero di piastrineperché è molto oscillante! Mante nia -mo l’attenzione più sulla clinica delpaziente che sul numero di piastrine.

6. Occorre avere pazienza, non limitare lavita del bambino e voler bene alla PTI.

ConclusionePerché questa non è una malattia grave?– Perché il rischio di vita o quello d’in-validità per un bambino sono presso-ché assenti.

Perché invece è una malattia fastidiosa?– Perché è in grado di compromettere laqualità di vita non solo del bambino(limitazioni eccessive) ma di tutta lafamiglia.

– Perché è in grado d’indurre timori equindi una continua ricerca del perchée dell’eventuale sua lunga durata confacili migrazioni in altri Centri e con-sulenze ripetute.

– Perché occorre “capirla” e non accet-tarla passivamente. u

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Premessa In caso di gravi malattie infantili, unadelle modalità più diffuse di comunica-zione di diagnosi ai bambini prevede cheessa venga effettuata dal medico e/o dauno psicologo in presenza dei genitorioppure direttamente e autonomamentedai genitori stessi, nell’idea che essa –lad dove venga ritenuta opportuna – ri -guar di per lo più un fatto privato.

Tut tavia il concetto di paziente espertointrodotto dal modello di medicinapatient centred, che evidenzia l’esistenzae la centralità di componenti non solobiologiche ma anche psicologiche, emo-tive, sociali e relazionali nella relazioneterapeutica e di cura, promuove il ruolocentrale del bambino malato nell’ambitodell’alleanza tra operatori sanitari e fa -miglie, contro un approccio largamente

diffuso che lo vede invece relegato inposizioni marginali del processo di cura,spesso sostituito dai genitori, protettodagli aspetti più difficili della vita, talorapoco ascoltato perché ritenuto soggettoindifeso, incapace di comprendere e diesprimere un proprio punto di vista sullamalattia. Ancor più inascoltata è la vocedi quei bambini sani che vivono indiret-tamente l’esperienza di malattia infanti-le, ovvero quella di un fratello o di unasorella. Se la malattia inequivocabilmen-te comporta un’esperienza faticosa perun intero nucleo familiare, alcuni studihanno evidenziato i profondi vissuti diabbandono e di sofferenza che spesso ifratelli e le sorelle di bambini malati pro-vano quando vivono in modo indirettol’esperienza di malattia che irrompenella propria famiglia, portando cambia-menti nelle abitudini, negli stati d’animoe nelle relazioni. Accanto a un’attenzionesempre più viva nei confronti dell’uma-nizzazione dell’esperienza di malattiadei bambini, da alcuni anni ha iniziato adiffondersi una maggiore consapevolez-za anche circa i bisogni dei loro fratelli; ibambini sani sono stati descritti comequelli più tristi ed emotivamente trascu-rati nella famiglia, sottoposti a uno stressmolto simile a quello vissuto dal fratellomalato. Non a caso essi sono stati defini-ti forgotten children, proprio in ri fe ri -men to alla scarsa considerazione chespesso ricevono sia da parte della propriafamiglia che da parte dello staff medico-sanitario, nonché dalla ricerca, che sololimitatamente ha tematizzato tale pro-spettiva della malattia infantile. Il Progetto di ricerca qui presentato haindagato, attraverso una ricerca sulcampo di tipo qualitativo, il processo dicomunicazione della diagnosi (prevalen-temente di leucemie e linfomi) rivolta albambino e adolescente malato e ai suoifratelli sani, così come avviene all’inter-no del Centro di Emato-oncologia dellaClinica Pediatrica dell’Ospedale “SanGerardo di Monza”-Università di Mi la -

Per corrispondenza:Elena Lucianoe-mail: [email protected]

AbstractThe communication of diagnosis to sick children and their siblings. A case study atthe San Gerardo di Monza HospitalAimsHighlight the impact that diagnosis communication to an ill child and his siblingscan have on the understanding and the experience of the disease, on the child’s com-pliance and on the communication within the family about the experience of illness.Methods Through a qualitative approach, a study case has been conducted by observ-ing doctor-child diagnosis communication and by interviewing parents. The materialshave been studied by content analysis.Results Diagnosis communication to children helps their participation and under-standing of the illness and supports parents to communicate with ill children and withtheir siblings. The latter often look isolated, suffering, sometimes forgotten and withmany problematic behaviors.Conclusions Diagnosis communication is really precious to promote children partici-pation; however, it needs to be continuously renewed at home and in the hospital, andrequires the constant promotion of an educational alliance with parents.Quaderni acp 2013; 20(4): 161-165Key words Diagnosis communication. Siblings. Children illness. Family-doctor rela-tionship

Obiettivi Evidenziare la rilevanza che la comunicazione di diagnosi al bambino mala-to (di leucemie e linfomi) e ai suoi fratelli può avere sulla comprensione e sul vissutodella malattia di bambini e familiari, sull’adesione al processo terapeutico, sullacomunicazione intrafamiliare circa l’esperienza di malattia. Metodi Attraverso un approccio qualitativo è stato condotto uno studio di caso che hacombinato osservazione (dei colloqui tra medico e bambini) e interviste semistruttu-rate ai loro genitori; i materiali sono stati sottoposti ad analisi di contenuto.Risultati Il colloquio pare favorire la partecipazione dei bambini e la loro compren-sione e accettazione della malattia, ma anche supportare i genitori nella gestionedella relazione e comunicazione con i propri figli malati e con quelli sani; questi ulti-mi appaiono isolati, sofferenti, talora dimenticati e con diffusi comportamenti proble-matici.Conclusioni Il colloquio è preziosissimo per promuovere la partecipazione dei bambi-ni sani come di quelli malati; tuttavia essa va continuamente rinnovata anche succes-sivamente, sia a casa che in ospedale, e passa attraverso la promozione di un’allean-za educativa con i genitori.Parole chiave Comunicazione di diagnosi. Fratelli. Malattia infantile. Relazione medi-co-famiglia

La comunicazione di diagnosi ai bambinimalati e ai loro fratelliUno studio di caso presso l’Ospedale “San Gerardo” di MonzaElena LucianoDipartimento di Antichistica, Lingue, Educazione, Filosofia (A.L.E.F.), Università di Parma

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no-Bicocca. In una prospettiva partecipa-ta, orientata al dialogo e alla trasparenza,in tale contesto è previsto il coinvolgi-mento diretto dei bambini e degli adole-scenti malati di tumore, così come deifratelli e delle sorelle degli stessi, qualo-ra la loro età non sia inferiore a 6 anni; intali casi la comunicazione di diagnosiavviene in forme poco strutturate, per lopiù scelte autonomamente dalle famiglie,o attraverso una favola personalizzata. In tale contesto genitori e operatori sani-tari condividono l’opportunità di lasciareai bambini e agli adolescenti uno spazioesclusivo e riservato di confronto e dia-logo – con il medico e tra loro – circa ladiagnosi e il percorso terapeutico, così darenderli soggetti compartecipi dell’espe-rienza che vivono direttamente (nel casodi coloro che sono affetti dalla malattia)o indirettamente (nel caso dei fratelli edelle sorelle sani). La comunicazione di diagnosi che coin-volge i bambini è supportata dall’utilizzodi circa 25 diapositive finalizzate a pre-sentare la malattia attraverso l’analogiacon un giardino fiorito minacciato daerbacce, e proposte perché ritenute capa-ci di colpire la fantasia dei bambini, sti-molarne il ricordo visivo e favorireun’occasione di apprendimento.

ScopiIl presente lavoro si è delineato nell’ipo-tesi che una comunicazione aperta epositiva in fase di diagnosi al bambinomalato e ai suoi fratelli, basata sull’a-scolto reciproco e sulla promozione dellaloro partecipazione, possa favorire lacostruzione di una relazione di fiduciacon lo staff curante, una buona compren-sione circa la malattia e l’iter terapeuticoe – nel caso dei bambini malati – unamigliore adesione alle terapie.Inoltre il Progetto si è articolato nell’ipo-tesi che i bambini e gli adolescenti, semessi nelle condizioni più opportune,siano in grado di accettare e comprende-re temi dolorosi e complicati come quel-li caratterizzanti la malattia e di coglier-ne opportunità di apprendimento e di svi-luppo dentro la propria storia di forma-zione.Alla luce di tali premesse, il Progetto si èposto i seguenti obiettivi: – descrivere strategie e modalità dicomunicazione della diagnosi al bam-bino/a dolescente malato e ai suoi fra-

telli così come avviene nel Centro diMonza;

– evidenziare la rilevanza che le parti-colari modalità di comunicazionedella diagnosi hanno sulla compren-sione delle informazioni ricevute daparte del bambino malato e dei suoifratelli, sul loro vissuto di malattia esull’adesione al processo terapeutico edi cura da parte del bambino malato;

– rilevare se e come il colloquio delmedico con i bambini malati e con ifratelli promuove una comunicazioneintrafamiliare circa l’esperienza dimalattia.

Metodi Data la complessità e la dinamicità deglieventi connessi all’esperienza di malat-tia, e in particolare alla comunicazione diuna diagnosi severa che coinvolge bam-bini e adolescenti, è stato utilizzato unapproccio qualitativo, capace di tenereconto delle pratiche educative diffuse maanche dei fattori emotivi, affettivi e inter-personali peculiari allo specifico conte-sto pediatrico entro cui la ricerca si èconcentrata. Si è condotto uno studio dicaso orientato all’analisi intensiva e inprofondità di un singolo oggetto (il col-loquio di comunicazione di diagnosi dimalattia grave ai bambini e agli adole-scenti malati, ai fratelli e alle sorelle daparte del medico), così come avviene inuna specifica realtà (Centro di Emato-oncologia della Clinica Pediatrica del -l’Ospedale “San Gerardo” di Monza-U -niversità di Milano-Bicocca). Attraverso l’utilizzo dell’osservazionenon partecipante, i colloqui sono stati os -servati nel contesto naturale in cui sonoabitualmente condotti così da contenerequalsiasi forma di stimolazione o inter-vento che potesse alterare la spontaneitàdei comportamenti; la loro descrizionedettagliata è stata ricostruita a posterioried è confluita in protocolli narrativi. Essisono stati, inoltre, audioregistrati e inte-gralmente trascritti. Tutti i colloqui osservati sono stati con-dotti autonomamente da parte del mede-simo medico, principale ideatore e inter-prete di tale approccio comunicativo,senza la presenza di altri adulti (a ecce-zione della ricercatrice).Complessivamente sono stati raccolti eanalizzati materiali relativamente a cin-que colloqui condotti dal medico con

bambini e ragazzi (malati e sani) di etàvariabile tra i 6 e i 15 anni. In particola-re, è stato osservato il colloquio con unbambino malato di 8 anni, la sorella di 6e il fratello di 10 anni; il colloquio con unbambino malato di 7 anni e la sorella di12; il colloquio con un bambino malatodi 11 anni e le sorelle di 7 e 12 anni; ilcolloquio con una ragazza di 15 anni e, a pochi giorni di distanza, il colloquiocon il fratello di 8 anni, sempre in pre-senza della sorella malata; e infine il col-loquio con un bambino malato di 6 anni,figlio unico. Ciascun colloquio è duratoda un minimo di 15 a un massimo di 20minuti.Successivamente al colloquio di diagno-si si è sempre svolto un breve incontro daparte del medico con i genitori, finalizza-to a renderne loro noto il contenuto e leprincipali reazioni dei figli. In tale occa-sione è stata richiesta ai genitori la dispo-nibilità a essere intervistati, circa 40/60giorni dopo il colloquio dei bambini, sutemi relativi alla comunicazione delladiagnosi e all’esperienza di malattia. La scelta di distanziare similmente l’intervista ai genitori dal colloquio deifigli è stata dettata innanzitutto dallavolontà di non coinvolgere i genitori nel-l’intervista in un periodo, quale è quellodell’esordio della malattia, già moltocaotico e impegnativo; ma la scelta hatrovato fondamento anche nell’idea chetale spazio di tempo potesse favorire, neigenitori intervistati, l’acquisizione diconsapevolezze e conoscenze circa l’e-sperienza vissuta da sé e dai propri familiari nel tempo successivo alla dia-gnosi.Sono stati intervistati individualmentecinque genitori – in tutti i casi, mamme –dei bambini/adolescenti coinvolti neicolloqui osservati. Inoltre, sono statiintervistati due genitori (un papà e unamamma) di due bambini malati (uno di12 anni, figlio unico, e l’altro di 10 annicon una sorella di 9), di cui non è statopossibile osservare il colloquio di comu-nicazione della diagnosi. Sono state date interviste semistrutturateper poter indagare le aree tematiche d’in-teresse per l’indagine, senza tuttavia tra-lasciare un lavoro in profondità circa gliaspetti più significativi per gli intervista-ti. Previo consenso dei genitori, tutte leinterviste raccolte sono state audioregi-strate e integralmente trascritte.

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L’utilizzo combinato di interviste e os -servazioni ha favorito una raccolta riccadi dati descrittivi e confrontabili rispettoal tema indagato, ma anche la valorizza-zione della complessità dei significatiche bambini e adulti hanno attribuitoall’esperienza vissuta. L’analisi dei dati ha previsto un processodi codifica passato attraverso un’analisidel contenuto condotta su: a) i testi inte-grali delle interviste, b) i protocolli de -scrittivi derivanti dalle osservazioni aposteriori dei colloqui e c) i testi integra-li delle audioregistrazioni dei colloqui.

RisultatiLa ricerca ha evidenziato, innanzitutto,che ciò che ha permesso l’avvio di unrap porto di fiducia tra staff curante efamiglia è stata la disponibilità dei medi-ci ad avviare fin dai primi contatti un dia-logo capace di mettere a tema in modoesauriente non soltanto il quadro clinicodella malattia del figlio, ma anche lacomplessità dei significati soggettivi checiascuno attribuisce a tale evento, entrocui trova spazio di espressione e di con-divisione una varietà di vissuti ed emo-zioni.Dalle testimonianze raccolte, proprioque sta iniziale, e talora inaspettata, a -pertura relazionale da parte dell’équipemedica pare aver consentito, ai genitoricoinvolti nella ricerca, l’accoglienzafavorevole della proposta di comunicarein loro assenza la diagnosi ai figli, sia aquelli malati che a quelli sani, nella co -mune idea di permettere ai bambini ma -lati di agire da protagonisti dell’esperien-za e ai fratelli e alle sorelle di partecipar-vi, scongiurando misteri ed evitando vis-suti di solitudine, disagio e isolamento. Atal proposito, pare rilevante che tutti igenitori abbiano accolto la proposta dique sto colloquio come una preziosa op -portunità, talvolta addirittura anticipandoil loro bisogno inespresso, di non restaresoli nella comunicazione con il propriofiglio. La proposta è stata, dunque, rite-nuta dai genitori in grado di sostenerli inuna comunicazione tanto delicata e purnecessaria con i propri figli attraversomodi, di volta in volta, definiti “corretti”,“giusti”, “adeguati”, “comprensibili”,“veritieri”. Assume particolare significa-tività il fatto che tutti i genitori, nono-stante conoscessero del colloquio unica-mente gli obiettivi principali, abbiano

escluso assolutamente di potervi parteci-pare insieme ai figli, riconoscendosi inuna “presenza ingombrante”, foriera dicontrollo e di giudizio nei confronti deibambini, ma anche fonte di ansia e causadi possibili fallimenti nel corso del collo-quio. Ma ciò non parrebbe escludere lapossibilità di ricercare e sperimentaremodi nuovi per stare insieme, tra adulti ebambini, rispettando e valorizzando ireciproci ruoli, le attese e i bisogni di cia-scuno. Senza tuttavia dimenticarne idiritti.I bambini e i ragazzi osservati durante icolloqui hanno seguito con attenzione ecuriosità il filo del discorso guidato dalleimmagini e hanno messo a tema le pro-prie emozioni, spesso accolte dalle paro-le del medico in un’azione di conteni-mento e di supporto anche emotivo, talo-ra da lui rilanciate o esplicitamentemesse a tema (“perché sei preoccupato?o sei arrabbiato?”; “sei triste [ripetendole parole del bambino] perché tua sorellaè malata?”), finanche in chiusura del col-loquio: un momento in cui, attraversol’immagine grafica di un volto triste e diuno sorridente, risalta la disponibilità adaccogliere ciascuna tonalità emotiva ibambini vivano e manifestino, compresequelle più cupe, insieme all’auspicio aritrovare benessere, ottimismo e fiducia.In tutti i casi, durante i colloqui, i bambi-ni e i ragazzi hanno completato le frasilasciate in sospeso dal medico, rispon-dendo in modo pertinente alle domandedirette poste loro, sia a quelle a rispostaaperta sia a quelle a risposta chiusa odoppie; inoltre essi frequentementehanno fatto interventi a eco, ripetendotermini espressi dal medico o loro sino-nimi e mostrando di averne compreso ilsenso. In vari casi, lungo i colloqui ibambini – anche i più piccoli, di 6 anni opoco più – hanno espresso spontanea-mente commenti valutativi rispetto alleimmagini o al discorso del medico (“cheforte!”; “sembra cioccolato ma è terra”),hanno esplicitato proprie emozioni epaure (“ho paura che magari – la leuce-mia – la prendo anche io”), hanno intro-dotto in modo pertinente episodi legati aproprie esperienze precedenti e si sonorivolti spontaneamente al medico (“guar-da qui, mi son graffiata e c’è la crosta!”),anche rivolgendogli domande e richiestedi chiarimento, sia sulle immagini chesulla malattia (“ma è questa la crosta?”)

sia – nel caso di bambini malati – sulleproprie condizioni e sul proprio futuro(“quindi perderò i capelli?”; “devo starequi dentro un mese?”). Si tratta d’inter-venti che mostrano bambini curiosi,pronti, capaci e disponibili ad apprende-re e ad accogliere temi legati alla malat-tia, in una posizione di ascolto e spessoanche disposti al dialogo. Durante più di un colloquio tali interven-ti sembrano aver inoltre attivato, anchegrazie a esplicite mediazioni offerte daparte del medico, dialoghi e complicitàtra fratelli, che talora hanno anticipato gliinterventi e le risposte del medico, lehanno commentate in modo serio e com-petente, a volte quasi protettivo nei con-fronti dei fratelli più piccoli (“dovremmoaggiungere una parola ma meglio lasciarstare... ‘acuta’ – sottovoce”); hanno inte-grato le risposte dei fratelli, talora preci-sandole o correggendole; hanno storpiatoi nomi (“ah sì, le piastrelline!”) e intro-dotto elementi di ironia (al fratello mala-to: “non sei mica in vacanza!”), generan-do una generale, fugace ilarità. Com -plessivamente emergono un’attenzionecontinuativa dei bambini al dialogo e laloro forte motivazione a partecipare, tal-volta attraverso interventi più timidi,limitati a brevi risposte alle domandeloro poste, talvolta attraverso interventipiù frequenti e più vivaci, autonomi, esu-beranti, finanche coraggiosi e spiazzanti(come quello della sorella di 6 anni di unbambino malato al medico, in chiusuradel colloquio: “ma tu perché ci hai volu-to incontrare?”), che invitano a rifletteresulle competenze e sulle potenzialità disviluppo dei bambini, sulle immagini chegli adulti di essi hanno e sulle relazioniche proprio a partire da queste immaginisi costruiscono.Vi sono poi alcuni elementi che farebbe-ro ipotizzare l’auspicabilità di ulteriorimomenti di confronto e approfondimen-to con i genitori su obiettivi, significati,temi e modalità del colloquio di comuni-cazione della diagnosi ai bambini malatie ai fratelli prima che esso avvenga, cosìda favorire scelte sempre più condivise ealleanze educative tra adulti volte a pro-muovere più forme, diverse e possibili,di partecipazione dei bambini. Alcunigenitori sottolineano, per esempio, dinon sapere o ricordare quali modalità ilmedico avesse utilizzato per comunicarela diagnosi al figlio, né attraverso quali

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parole e immagini avesse articolato ildiscorso, e di averli conosciuti da fram-menti di racconto dei loro stessi bambini;un genitore ha espresso il timore che ilmedico potesse affrontare il significatodi temi importanti e delicati come ildolore e la malattia – già vissuti con sof-ferenza dal bambino in occasione dellamalattia e della morte del nonno – in unaprospettiva non precedentemente condi-visa tra adulti; altri genitori, anche espli-citando soddisfazione circa la propostadell’équipe medica di coinvolgere l’inte-ro nucleo familiare nella fase di comuni-cazione della diagnosi, hanno dichiaratodi non ricordare che i propri figli avesse-ro poi rievocato il colloquio sulla dia-gnosi e in taluni casi che preferissero nonparlarne; una mamma racconta della fati-ca del proprio bambino non solo adaffrontare il tema della malattia dellasorella ma anche a incontrare nuovamen-te il medico, successivamente al collo-quio. Va anche considerato che quando,immediatamente al termine del colloquiocon i bambini, il medico riferisce ai geni-tori l’andamento dell’incontro e le prin-cipali reazioni dei loro figli, l’attenzioneprioritaria dei genitori pare tornare suaspetti clinici della malattia, e questo fapensare che, in una fase ancora densa diincertezza e confusione, possa essereopportuno da parte dell’équipe medicauno sforzo particolare per porre le condi-zioni affinché si possano, realmente econcretamente, promuovere la partecipa-zione dei bambini e la valorizzazionedelle loro voci e prospettive attraversouna imprescindibile relazione di fiduciae una condivisione di tale obiettivo con igenitori. In questo senso, le alleanze tramedici e genitori potrebbero favorireanche le condizioni perché questi ultiminon si sostituiscano ai loro figli ma con-dividano l’importanza di ascoltarli e diriconoscerne e valorizzarne i contributi,sia nella fase di diagnosi sia lungo il pro-cesso terapeutico e di cura. Infatti, se èpur evidente che i genitori mostrano con-tinui e persistenti sforzi per mantenereaperta la comunicazione con i propri figlisu temi e problemi legati alla malattia,pare emergere la fatica degli adulti inter-vistati a considerare la competenza deipiù piccoli nel cogliere l’ambiguità el’incongruenza che spesso caratterizzanoil sistema comunicativo-relazionaleadulto, nonché la difficoltà ad affrontare

con i propri figli anche gli aspetti piùdrammatici della realtà cui la malattiaespone. È di fronte a tale scenario che acquistavalore la comunicazione di diagnosi delmedico che si rivolge ai bambini e agliadolescenti, a quelli malati così come aifratelli, informandoli di alcuni elementilegati alla natura della malattia e al suoiter terapeutico ma soprattutto accoglien-doli in una relazione che si mostra capa-ce di ascoltarli, di valorizzarne bisogni epotenzialità e d’incoraggiarne l’espres-sione di opinioni ed emozioni. In particolare, alcuni genitori, coinvoltinella ricerca, sembrano evidenziare unacerta connessione esistente tra la qualitàdella comunicazione della diagnosi alloro figlio malato, l’accettazione dellamalattia (riconoscibile secondo alcunigenitori nella scelta di raccontarla adamici e parenti) e l’adesione alle cure ealle terapie, nell’ipotesi che la relazionedi fiducia che ha potuto avviarsi ha per-messo ai bambini e agli adolescenti dicapire le peculiarità del processo in atto edi essere maggiormente preparati difronte ad esso. Alcuni genitori intervista-ti evidenziano infatti effetti positivi che ilcolloquio di diagnosi ha avuto sui vissu-ti e sulla comprensione della situazionedei bambini sani. Laddove, per esempio,la malattia del fratello era vissuta inge-nuamente come un’occasione per riceve-re visite, attenzioni e regali, e dunquecome evento desiderabile, il colloquiocon il medico pare aver favorito unamaggior consapevolezza circa la serietàdella situazione. Accanto a ciò, alcunigenitori raccontano di bambini divenuti,in seguito al colloquio, maggiormenteconsapevoli della propria malattia e par-ticolarmente competenti circa le terapienecessarie.Inoltre, in merito al tema specifico e sin-golare dei fratelli e delle sorelle, il tipo dicolloquio osservato pare utile e preziosonella misura in cui consente il loro coin-volgimento in un’esperienza che puòsostenere – pur nella malattia – il proces-so di crescita e assumere elementi dinotevole formatività, che vanno tuttaviasostenuti e continuamente promossi. Del resto, i genitori raccontano una certafatica nel concentrare la propria attenzio-ne sui fratelli, limitata soprattutto dallaforte preoccupazione vissuta per la situa-zione del figlio malato: i fratelli e le

sorelle emergono, talora, come soggettiisolati e sofferenti, a volte dimenticati, avolte esclusi nell’illusione di mantenerlilontano dall’appuntamento con il doloreche la malattia del fratello comporta. Igenitori intervistati manifestano, talvol-ta, inconsapevolezza rispetto al doloredei figli sani, a volte sensi di colpa pernon riuscire a mantenere promesse diattenzione, ascolto e cura nei loro con-fronti, sia nella quotidianità sia in parti-colari momenti, come per esempio l’ini-zio della scuola, altre volte anche atteg-giamenti di ambiguità e incoerenza ma,sempre e inevitabilmente, grande faticanel riuscire a gestire la complessità dellasituazione emotivamente densa e quoti-dianamente frenetica. Non a caso, qualunque sia l’attenzionenei loro confronti, i fratelli sani sonosempre e comunque descritti dagli inter-vistati come bambini e ragazzi affaticati,di cui i genitori descrivono diffusi com-portamenti problematici (fame nervosa econsistente aumento di peso; irritabilità;disturbi del linguaggio e del sonno; ver-balizzazione di sensi di colpa nei con-fronti del fratello malato; rabbia, gelosiae aggressività fisica e verbale verso ilfratello malato; isolamento e pianti fre-quenti; rimozione del problema e rifiutodi affrontare il tema della malattia).

ConclusioniIl colloquio di comunicazione di diagno-si che coinvolge i bambini malati e i lorofratelli offre risorse preziosissime perpromuovere la loro partecipazione e lavalorizzazione delle loro voci – prospet-tive oggi da più parti richiamate e auspi-cate, nell’ambito della ricerca così comedelle pratiche educative – e per questotale approccio potrebbe opportunamenteessere diffuso e ri-contestualizzato anchein altre realtà sanitarie, non senza unaspecifica formazione per gli attori coin-volti nella conduzione del colloquio. Dalla ricerca condotta presso la ClinicaPediatrica di Monza pare emergere chel’esperienza di malattia comporta tali etante fatiche in tutti i soggetti coinvoltinel sistema familiare da suggerire conforza l’idea di un continuo confronto conl’équipe dei curanti che, sola, può attiva-re le risorse di ciascuno per far fronte allacomplessità della malattia e renderlaesperienza formativa e di apprendimen-to. Un simile approccio, orientato alla

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trasparenza e alla partecipazione, nonpuò che passare attraverso la condivisio-ne con i genitori di obiettivi e di prospet-tive circa la relazione con i più piccoli,che potrebbe essere continuamente arric-chita e rinnovata anche successivamente,sia a casa che in ospedale, con i bambinimalati così come con i loro fratelli.Ciò potrebbe rendere la partecipazionenon soltanto un aspetto concentrato pre-cipuamente nel momento della comuni-cazione della diagnosi, in occasione delcolloquio, bensì un valore e una praticadiffusi lungo tutta l’esperienza di malat-tia, nell’ambito di una storia di relazionee di formazione da rinnovare nella quoti-dianità e nel tempo. u

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ricercaCCEENNTTRROO PPEERR LLAA SSAALLUUTTEE DDEELL BBAAMMBBIINNOO -- CCEENNTTRROO SSTTUUDDII PPEERR IILL BBEENNEESSSSEERREE

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SSaabbaattoo 2288 sseetttteemmbbrree 22001133

Questo Convegno si propone di diffondere e rafforzare la consapevolezza dell’im-portanza degli interventi precoci a supporto dello sviluppo cognitivo, emotivo e rela-zionale del bambino e della genitorialità sulla base delle evidenze degli effetti bene-fici di tali interventi, di valorizzare le esperienze in questo settore fornendo ai legi-slatori e amministratori suggerimenti per la loro attuazione.PPrrooggrraammmmaaore 8,00-9,00 Registrazione dei partecipantiore 9,00-13,00 PRIMA SESSIONE

GGllii iinnvveessttiimmeennttii nneellll’’iinnffaannzziiaa:: iill rraazziioonnaallee Modera: Gian Arturo Ferrari, editorialista del Corriere della Sera,presidente del Centro per il Libro e la Lettura

ore 9,00-9,30 Introduzione: Perché questo Convegno (Giorgio Tamburlini,pediatra, Centro per la Salute del Bambino)

ore 9,30-10,00 I primi mille giorni (Giancarlo Biasini, pediatra, Centro per laSalute del Bambino)

ore 10,00-10,30 L’economia degli investimenti nei primi anni di vita (AndreaBrandolini, economista, Banca d’Italia)

ore 10,30-11,00 Coffee breakore 11,00-11,30 Le politiche per la famiglia in Italia (Paola di Nicola, sociologa,

Università di Verona)ore 11,30-12,00 Bambini e famiglie immigrati (Mara Tognetti, sociologa,

Università Milano-Bicocca)ore 12,00-12,30 Intervento del garante dell’Infanzia (Vincenzo Spadafora)ore 12,30-13,00 Dibattito - Discussione generaleore 14,00-18,00 SECONDA SESSIONE

DDaall rraazziioonnaallee aallllee bbuuoonnee pprraattiicchhee:: iill rruuoolloo ddii sseerrvviizzii,, ppoolliittiicchhee eemmeeddiiaaModera: Sandra Benedetti, Servizio Politiche familiari, infanzia eadolescenza, Regione Emilia-Romagna

ore 14,00 -14,15 Radio Magica: un nuovo strumento per bambini e genitori -(Elena Rocco, ricercatrice, Università Ca’ Foscari, Venezia, fon-datrice di Radio Magica)

ore 14,15-15,15 I servizi per l’infanzia: presentazione di esperienze (AdeleMessieri, Fondazione Gualandi-Bologna; Michele De Angelis,Consorzio Gesco-Napoli, Tullio Monini, Centri Bambini eGenitori-Ferrara)

ore 15,15-16,15 I servizi per la salute: presentazione di esperienze (NadiaBertozzi, Percorso Nascita-Forlì; Michele Gangemi, Nati perLeggere-Verona; Alessandro Perondi, Musica in corsia-Ospedale“Meyer”-Firenze)

ore 16,15-16,30 Pausaore 16,30-17,30 Le politiche degli Enti locali. Dialogo fra Amministratori (Davide

Drei, Ass. Politiche di Welfare-Forlì; Mariagrazia Pellerino, Ass.Città educativa-Torino; Barbara Evola, Ass. Politiche Educative-Palermo)

ore 17,30-17,50 L’alta formazione e l’investimento precoce – Lettura di MaurizioFabbri, pedagogista, Università di Bologna

ore 17,50-18,15 “Media” e primi anni di vita: cosa ci dicono e cosa non ci dico-no – Lettura di Piero Dorfles, giornalista

ore 18,15 -18,30 Discussione e chiusura

SSeeggrreetteerriiaa sscciieennttiiffiiccaaNadia Bertozzi, Catherine Hamon, Michele Gangemi, Alessandra Sila, Giorgio Tamburlini, Enrico Valletta

SSeeggrreetteerriiaa oorrggaanniizzzzaattiivvaaComunicazion&venti – Via Punta di Ferro 2/L – 47122 Forlì (FC)Tel. 0543 720901 – Fax 0543 [email protected] – www.comunicazioneventi.it

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IntroduzioneAlla Medicina Nucleare dell’Azienda O -spe daliera Universitaria Integrata di Ve -rona accedono circa 120 bambini all’an-no, di età variabile dai 15 giorni ai 17anni. Gli esami prevalentemente eseguitisono scintigrafie renali e ossee e, in mi -nor nu mero, submidollari e tiroidee (at -tual mente anche esami con TAC PET). Itempi di permanenza nel servizio delbambino e del familiare dipendono dallatipologia della diagnostica da effettuare.L’esame in genere consiste nel collocareil bambino su un lettino e l’apparecchioviene posizionato in modo da captare leradiazioni emesse dal farmaco che si è

“legato” all’organo oggetto dello studio.Il familiare è sempre presente, accompa-gna il bambino durante tutta l’esecuzionedell’esame e collabora a mantenerlo sullettino interagendo con lui e con gli ope-ratori.È noto da tempo che dare opportune in -for mazioni sulle procedure diagnostichein Medicina Nucleare riduce l’ansia nelminore e nei genitori, che una buona pre-parazione diminuisce il ricorso all’ane-stesia e che l’approccio psicologico ridu-ce il distress [1-3]. Il distress può esserede scritto come un continuum che va daun comune normale sentimento di vulne-rabilità, tristezza e paura da un lato, a

problemi che possono divenire invali-danti, come la depressione, l’ansia, il pa -nico, l’isolamento sociale ecc. [4]. È al -tret tanto conosciuto che la relazione conil familiare influenza lo stato del bambi-no [5], così come la deprivazione ne alte-ra lo sviluppo [5-8]. In merito all’osser-vazione del comportamento non verbale,l’antropologo Ray L. Birdwhistell ha cal-colato che la componente non verbaledella comunicazione in uno scambio visà vis sia il 65% contro il 35% di quellaverbale. Anche il silenzio comunica [9].Ci sono in diverse culture segni che han -no lo stesso significato; i segni sono rin-tracciabili nel contesto clinico [10-11].Le emozioni si possono esplorare attra-verso le espressioni facciali [12].L’umanizzazione delle cure in ospedale èil processo di cambiamento della strutturae degli operatori verso la personalizzazio-ne delle cure, che deriva dalla capacità diconsiderare nella sua interezza l’indivi-duo e le sue necessità, pur nel ri spetto deiprotocolli diagnostici e di trattamento. Nel 2008 il personale medico, tecnico einfermieristico di Medicina Nuclearedel l’Azienda Ospedaliera UniversitariaIntegrata di Verona ha chiesto la collabo-razione del Servizio di Psicologia On -cologica di Radioterapia per migliorarel’approccio con i bambini. Dopo alcuniincontri con il personale, nel 2009, sonostati osservati in quattro mesi 45 bambi-ni in fase di accoglimento e di diagnosti-ca, rilevando espressioni di disagio inloro e nel familiare caregiver e, nel per-sonale, modi non condivisi di gestire lacomunicazione e le informazioni. Per tale motivo nel 2010 è stato pianifi-cato uno studio osservazionale.

Obiettivi dello studioObiettivo primario dello studio era quel-lo di rilevare l’ansia e la paura dell’esa-me sia nei bambini sia nei familiari pre-senti, in relazione alla conoscenza dellaprocedura dell’esame e alla conoscenzadella diagnosi.

Per corrispondenza:Luisa Nadalinie-mail: [email protected]

AbstractHumanization of care in pediatrics and built-in psychological support in nuclearmedicine Objectives Aim of the present research is to detect anxiety and fear of examination inchildren and their parents during diagnostic procedures in nuclear medicine consid-ering also other variables as knowledge of both procedures and diagnosis. Methods In 2010 an observational study with 132 children and 132 parents startedthrough a semi structured survey and a non verbal observation of behavior.Results Study evidenced the association between anxiety and fear of examination inboth groups. Furthermore at a higher level of knowledge in parents corresponds ahigher level of knowledge in children. Children’s anxiety level results higher in respectto their parents. Conclusions In consideration of such results a specific training of all operators hastaken place in order to improve the practice of acceptance and support and achieve acomplete humanization of care integrated with a psychological support. Quaderni acp 2013; 20(4): 166-169Key words Humanization. Children. Nuclear medicine. Psychological support

Obiettivi Rilevazione dell’ansia e della paura dell’esame nei bambini e nei loro fami-liari durante la diagnostica in Medicina Nucleare in relazione ad altre variabili, qualila conoscenza della procedura dell’esame e la conoscenza della diagnosi. Metodi Osservazione su un primo gruppo di bambini, cui è seguito nel 2010 uno stu-dio osservazionale, condotto su 132 bambini e 132 loro familiari attraverso un’inter-vista semi-strutturata e l’osservazione del comportamento non verbale.Risultati Lo studio ha evidenziato l’associazione tra ansia e paura dell’esame inentrambi i gruppi e ha rilevato che a un elevato livello di conoscenza della diagnosinei familiari corrisponde un elevato livello di conoscenza nei bambini. Il livello dipaura nei bambini risulta maggiore rispetto ai familiari. Conclusioni Percorsi di umanizzazione delle cure possono modificare la prassi di acco-glimento dei bambini e dei loro familiari, approfondendo aspetti relazionali, tecnico-diagnostici e terapeutici.Parole chiave Umanizzazione. Bambini. Medicina nucleare. Assistenza psicologica

Umanizzazione delle cure in età pediatrica e assistenza psicologica integrata in Medicina NucleareLuisa Nadalini*, Mira Luisa Festini*, Rina Mirandola**, Barbara Romani*, Paolo Braggio***, Michele Zuffante***, Milena Brugnara°,Maria Grazia Giri°°, Simone Cesaro°°°, Marco Ferdeghini****SSF Psicologia Oncologica di UOC Radioterapia dO; **Servizio di Biostatistica; ***UOC Medicina Nucleare dO; °UOC Pediatria dU;°°UOC Fisica Sanitaria; °°°UOC Oncoematologia Pediatrica Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona

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Materiali e metodiLo studio, della durata di un anno (2010),ha coinvolto 132 pazienti e 132 familia-ri/caregivers arruolati in modo sequen-ziale. Il primo contatto avveniva nellac.d. “zona fredda”, vale a dire la sala diattesa prima della somministrazione delradio-farmaco, e proseguiva nella c.d.“zona calda” di esecuzione dell’esame.Sia per i caregivers sia per i pazienti sonostate raccolte dallo psicologo le medesi-me variabili: conoscenza della diagnosi,presenza di ansia, conoscenza dell’esamee paura per la situazione attuale. Per ognisoggetto è stata valutata la presen-za/assenza di tali variabili codificandolesu scala dicotomica (sì/no). Per la rileva-zione delle informazioni sono stati utiliz-zati: la cartella clinica per la raccolta deidati; il colloquio con il medico nucleare;l’osservazione diretta del comportamen-to e dell’atteggiamento del bambino edella sua relazione con il caregiver; ilcolloquio con la famiglia e il bambinoper approfondire il motivo dell’accesso,se nuovo o in follow-up, se a conoscenzadella malattia e delle procedure di esame,e lo stato emotivo.Il colloquio con i pazienti consisteva inun’intervista semi-strutturata condottadal medesimo psicologo, che rimanevapresente durante tutto l’iter diagnosticosopra descritto. I dati raccolti venivanopoi inseriti in una scheda. Lo psicologoiniziava l’intervista con il bambino, aesclusione ovviamente dei lattanti, con ladomanda: “Come mai sei qui?”, ripropo-sta al familiare nel caso non emergessenulla. Utilizzava altresì il gioco percogliere lo stato emotivo dei bambini e/oottenere risposte successive. Altri aspettivenivano indagati con le seguenti do -mande: “È informato in cosa consiste l’e-same?”; “Come mai deve eseguirlo?”;“È il primo esame che fa in ospedale?”;“Vuole sapere meglio cosa deve fare?”;“Come si sente?”; “Vuole chiedere qual-cosa?”. L’ansia nei bambini veniva rile-vata nella fase di accoglimento, con loscambio verbale e con l’osservazione diaspetti non verbali anche attraverso ilgioco, quali: irrequietezza motoria, ritirodalla relazione con l’ambiente, assenzadi reciprocità dello sguardo, dipendenzadal caregiver presente, rigidità posturale.La paura è stata rintracciata durante l’e-secuzione dell’esame attraverso il piantodavanti alla siringa, nel tentativo di al -

lon tanare gli strumenti, nell’irrigidimen-to sul lettino di diagnostica, negli sguar-di preoccupati (occhi sgranati op pure inveloce movimento), nel tentativo di fugadalla stanza e nel rifiuto nei confrontidell’operatore. Per le analisi statistichedei dati è stato utilizzato il programmastatistico Stata 11.0; sono state eseguiteanalisi descrittive delle variabili d’inte-resse (conoscenza della diagnosi e dellaprocedura, ansia e paura dell’esame) sianel gruppo dei pazienti sia nei caregiversmediante utilizzo di percentuali accom-pagnate dagli intervalli di confidenza bi -nomiali al 95%; è stato eseguito, inoltreanche un esame dei dati mancanti. Sonostate indagate le associazioni tra le varia-bili d’interesse e alcune caratteristichesociodemografiche o cliniche, e anchetra le variabili d’interesse stesse all’inter-no di ciascun gruppo (pazienti e caregi-vers) mediante test c2 di Pearson o testesatto di Fisher a un livello di significati-vità del 95%. Infine è stata effettuataun’analisi per dati appaiati delle variabi-li d’interesse mediante test di McNemar,per verificare la presenza di eventualidifferenze nell’ambito della coppia car-giver-paziente (p < 0,05 è stato conside-rato significativo).

RisultatiIl gruppo dei bambini era composto pre-valentemente da maschi (68%), conun’età media di 3,9 anni (mediana 1,9;differenza interquartile di 6,6 anni); lazona di residenza, assente per 11 casi, èrisultata soprattutto la provincia diVerona (58,7%); il 21% dei bambini eradi nazionalità straniera. La maggior partedi essi presentava un sospetto o diagnosidi malattia nefrologica (77,3%), mentreil 13,6% era costituito da pazienti onco-logici in fase diagnostica o di follow-up.Il 74,6% era al primo accesso. In due casinon si è reso disponibile il dato perchésenza cartella clinica (tabella 1). I risul-tati relativi alla conoscenza della diagno-si e dell’esame mostrano un’elevata per-centuale della prima (72% nei bambini e96% nei familiari) mentre più bassa è lapercentuale di conoscenza dell’esame(36% nei bambini e 32% nei familiari);per quanto riguarda i risultati sull’ansia ela paura dell’esame, nei bambini e neifamiliari (caregivers) le percentuali diansia si aggirano rispettivamente attornoal 52% e 53%, mentre le percentuali di

soggetti che hanno paura dell’esame so -no il 39% nei bambini e il 21% nei fa mi -liari. La definizione di ansia nel bambi-no, quando viene rilevata solo dal com-portamento e dalla comunicazione nonverbale, fa riferimento ad atteggiamentidi disagio, di pianto e a espressioni dima lessere prima del passaggio nella “zo -na calda” (tabella 2). Occorre co munquesottolineare che le percentuali relativealla conoscenza della diagnosi e dell’esa-me nei bambini risultano rappresentativesolo di una piccola parte della casisticaindagata (36 casi per la conoscenza delladiagnosi e 58 casi per la conoscenza del-l’esame su 132 complessivi) a causa dimol ti dati mancanti (missing) e dati non

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TABELLA 1: CARATTERISTICHE SOCIO-DE -MO GRAFICHE E CLINICHE (N = 132)

CCaarraatttteerriissttiicchhee nn ((%%)) oo mmeeddiiaa ((ssdd)),,mmeeddiiaannaa IIQQRR

EEttàà (anni), 3,9 (4,2), 1,9-6,6 media (sd), mediana IQR

CCllaassssee eettàà FFrreeqquueennzzaa %%[0-1] 66 50[2-3] 15 11[4-6] 20 15[7-15] 31 24Totale 132 100

GGeenneerree,, nn ((%%))Maschi 90 (68,2)Femmine 42 (31,8)

NNaazziioonnaalliittàà,, nn ((%%))Italiana 104 (78,8) Altro 28 (21,2)

RReessiiddeennzzaa,, nn ((%%)) mmiissssiinngg == 1111Verona 37 (30,6)Provincia di Verona 71 (58,7)Altre città 13 (10,7)

TTiippoo ddii ppaazziieennttee,, nn ((%%)) mmiissssiinngg == 22Pazienti nuovi 97 (74,6)Pazienti in follow-up 33 (25,4)

PPrroovveenniieennzzaa ddaa,, nn ((%%))Pediatria 88 (66,7)Oncoem. pediatrica 13 (9,8)Altro 31 (23,5)

DDiiaaggnnoossii,, nn ((%%))Rene 102 (77,3)Cancro 18 (13,6)Tiroide, utero, trauma, altro 12 (9,1)

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rilevati per la presenza di un numero ele-vato di lattanti. L’analisi di associazionetra le variabili d’interesse e le variabili na -zionalità e tipo di paziente (tabella 3) harilevato che i familiari italiani risultanoconoscere maggiormente l’esame rispettoagli stranieri (38,3% vs 11,1%, p < 0,01),che la conoscenza dell’esame è maggio-re al follow-up rispetto al primo contattosia nei pazienti che nei familiari (pazien-ti 76,2% vs 13,5%, p < 0,01; familiari85,2% vs 17,2%, p < 0,01) e che l’ansianei pazienti risulta maggiore al follow-up rispetto al primo contatto (73,3% vs

44,7%, p < 0,01). L’analisi di associazio-ne tra le variabili d’interesse è risultatasignificativa (p < 0,001) tra ansia e pauradell’esame sia nei pazienti che nei care-givers: nei pazienti (n = 83), tra coloroche mostravano ansia la percentuale dichi aveva paura dell’esame era del66,7%, mentre tra coloro che non rivela-vano ansia la percentuale di coloro chepresentavano paura era del 13,2%. Talipercentuali nei caregivers (n = 127) di -ventano rispettivamente 31,9% e 8,6%.Infine, pur con i limiti di numerosità, dal-l’analisi delle differenze all’interno della

coppia paziente-caregiver sono state rile-vate differenze significative (p < 0,01)nel la conoscenza della diagnosi che ri sul -ta maggiore nel caregiver (97%) ri spettoal paziente (71%) e nella paura del l’e sa -me che è minore nel caregiver (19%) ri -spetto al paziente (40%) (tabella 4).

Discussione e ricadute nella pratica clinicaLo studio ha messo in evidenza l’asso-ciazione tra ansia e paura dell’esame sianei pazienti sia nei familiari. Da esso sirileva, inoltre, che a un elevato livello diconoscenza della diagnosi nei familiaricorrisponde un elevato livello di cono-scenza nei bambini, anche se significati-vamente minore. Il livello di paura neibambini risulta maggiore rispetto aifamiliari. In merito è da rilevare chequando i familiari hanno una maggioreconoscenza della patologia e dell’esame,questo può ridurre la paura per quelloche il bambino deve affrontare. L’analisidi associazione tra variabili d’interesse evariabili nazionalità e tipo di paziente haevidenziato che l’ansia nei pazienti risul-

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TABELLA 2: VARIABILI D’INTERESSE

PPaazziieennttii ((NN == 113322)) CCaarreeggiivveerrss ((NN == 113322))Missing Non rilevati* N % IC 95% Missing Non rilevati N % IC 95%

Conoscenza della diagnosi 0 96 36 72 55-86 0 2 130 96 91-99Ansia 1 15 116 52 42-61 1 1 130 53 44-62Paura dell’esame 2 38 92 39 29-50 2 3 127 21 14-29Conoscenza dell’esame 10 64 58 36 23-50 10 1 121 32 24-41

* I dati non rilevati si riferiscono a neonati entro i primi mesi di vita.

TABELLA 3: ASSOCIAZIONI SIGNIFICATIVE TRA VARIABILI D’INTERESSE, NAZIONALITÀ E TIPO DI PAZIENTE, NEL PAZIENTE E NEL CAREGIVER

TABELLA 4: DIFFERENZE SIGNIFICATIVE PER LE VARIABILI D’INTERESSE TRA PAZIENTI(N = 132) E CAREGIVERS (N = 132)

VVaarriiaabbiillii NN ccooppppiiee %% SSìì MMcc NNeemmaarr Pazienti* Caregivers test p-value*

Conoscenza della diagnosi 035 71% 97% 00,,000044*Conoscenza dell’esame 057 37% 42% 0,250Ansia 114 51% 51% 1,000Paura dell’esame 091 40% 19% 00,,000033**

*p value < 0,01

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PPaazziieennttii ((NN == 113322)) CCaarreeggiivveerrss ((NN == 113322))

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ta maggiore al follow-up rispetto alprimo contatto e a riguardo si potrà ap -profondire se sia il protrarsi della malat-tia a indurre uno stato di preoccupazione.Inoltre con la stessa analisi è emerso chei familiari italiani conoscono maggior-mente l’esame rispetto agli stranieri.Am pliando la casistica e approfondendoquesto aspetto si dovrà distinguere l’in -formazione ricevuta e compresa da quel-la ammessa, prevedendo di utilizzare an -che il contributo dei mediatori culturaliper stilare un foglio informativo prelimi-nare più dettagliato nelle varie lingue. I risultati ci fanno dedurre, prudentemen-te, considerando i limiti già am piamentecitati (la presenza di lattanti non indaga-bi li), che migliore sarà l’in for mazionesul la procedura dell’esame e l’attentapre parazione del bambino, mi no re saràl’ansia sia nel bambino sia nel familiare. Alla luce di questi primi risultati, rileva-zione del 2009 e studio del 2010, è stataconsolidata l’offerta di assistenza psico-logica in Medicina Nucleare; nel corsode gli anni l’intervento integrato con l’approccio medico/tecnico/in fermieri -stico ha reso possibile trattare con unapersona lizzazione delle cure più di 340bambini.Per avviare un processo di umanizzazio-ne sono stati realizzati, dopo lo studio,interventi formativi sia psicologico-rela-zionali sia di aggiornamento sulle prati-che tecnico-diagnostiche e terapeutiche,che hanno portato a delineare un proto-collo di accoglimento con compiti diffe-renziati tra operatori. È stato anche at trez zato un ambientepediatrico dedicato, gra zie al contributodell’Associazione Bam bino EmopaticoOncologico (ABEO), che ha altresìdonato una borsa di studio e ricerca perl’intervento psicologico. Lo psicologo,dalla fine dello studio, continua a effet-tuare: 1) accoglienza e facilitazione dellacomunicazione tra operatori e utentiper la gestione iniziale degli aspettiemotivi del bambino e dei suoi geni-tori;

2) pianificazione del momento miglioreper far accedere il bambino all’esame,dopo averlo adeguatamente preparatocon tecnici e infermieri;

3) passaggio all’esame diagnostico afianco degli operatori.

Questi ultimi, prima di accompagnareall’esame bambino e familiare, chiedonoal bambino cosa conosca della proceduraprima d’informarlo, in modo da stabilireuna relazione biunivoca anziché un’i-struzione passiva, anche al fine di favori-re domande e approfondimenti.In conclusione, il lungo percorso di uma-nizzazione delle cure ha modificato laprassi di accoglimento dei bambini e deiloro familiari, integrando l’interventodello psicologo e valorizzando le intera-zioni tra gli operatori per il benessere deipazienti e dell’organizzazione. u

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Si è tenuta a Roma dal 15 al 19luglio 2013, presso l’Istituto Centraledi For mazione (ICF) del Dipartimentoper la giustizia minorile, la II edizio-ne della Summer School sui diritti del-l’infanzia e dell’adolescenza, dal tito-lo Educarsi tra culture e linguaggi.Territori di incontro e di scambio tragenerazioni oggi, promossa dall’ICFinsieme alle riviste AnimazioneSociale e MinoriGiustizia.Quest’anno la Summer School si pro-pone di sperimentare un viaggio nel -le culture e nei linguaggi degli adole-scenti e degli adulti che con loro inte-ragiscono. Si è cercato di capire co -me i modelli di pensiero e comporta-mento reciproci strutturino le relazio-ni, facilitino o inibiscano incontri edia loghi, permettano di affrontare ege stire differenze e divergenze. L’i -potesi guida è che i diritti degli ado-lescenti dipendano proprio da quantosi riesce a superare distanze e chiu -sure e a mobilitare uno scambiogenerazionale fra culture e linguaggi.Come nella prima fortunata edizionedello scorso anno, l’iniziativa preve-deva cinque giorni di dibattiti, labo-ratori esperienziali, testimonianze, si -mu lazioni, seminari e serate a tema.Ci si è proposto di rendere possibilee splorare culture e linguaggi deigruppi di adolescenti e degli adulti, ecogliere differenze e vicinanze ina-spettate, domande di senso e tensio-ni, mostrando che educare è sempreun educarsi nello scambio. Incontridiretti e sperimentazioni ravvicinatevogliono facilitare un confronto im -mediato, accompagnato e scanditoda mo men ti di riflessione da partedei partecipanti alla Summer Schoole di testimoni esterni, portatori di rife-rimenti concettuali provenienti dadiverse discipline.Per informazioni consultare il sitowww.icf- giustizia.it o la segreteriaorganizzativa ai numeri 06 30331209e 011 3841048.

SUMMER SCHOOLi diritti dell’infanzia

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Per corrispondenza:Elena Lucianoe-mail: [email protected]

Obesità e sovrappeso in età pediatrica: un’esperienza di gestione integrata nel territorioM. Valera*, L. Panfani*, S. Tulisso*, T.D.**, F. Vietti**Équipe pediatrica territoriale del Distretto di Pinerolo, ASL TO 3;**Servizio di Igiene alimenti e nutrizione, ASL TO 3Per corrispondenza: Mariangela Valera, e-mail: [email protected] della ricerca Abbiamo strutturato dal 2008 un sistema inte-grato per la prevenzione primaria/secondaria dell’eccesso ponderale.Metodi Il sistema ha coinvolto i pediatri di famiglia (PdF), il cen-tro auxologico (CA) di Pinerolo, il SIAN e le scuole dell’ASL TO3. I bambini con sovrappeso/obesità sono stati seguiti per due annidai PdF, razionalizzando gli invii al CA. Per la gestione dei casisono state usate schede anamnestico/cliniche e quattro tipologie dischede informative condivise, contenenti suggerimenti alle fami-glie su tre consumi critici (colazione/spuntini/verdura-frutta) e sul-l’attività motoria; il Progetto prevedeva che il PdF individuasse l’a-rea prioritaria d’intervento e illustrasse alle famiglie la corrispon-dente scheda informativa, valutando ai controlli il raggiungimentodell’obiettivo ed eventualmente formulandone uno nuovo. Sugli“spuntini” il SIAN ha lavorato parallelamente, usando gli stessimessaggi e formando gli educatori di tutte le scuole campionate da“Okkio alla salute” (dal 2008 al 2012, 1/3 delle scuole primariedell’ASL). L’efficacia è stata valutata sui casi (dati PdF) e su popo-lazione (dati Surveys biennali “Okkio alla salute”).Risultati I PdF hanno reclutato 105 bambini sovrappeso/obesi.Escludendo i drop out al 1° accesso, il 77% ha seguito il percorso(10% dei soggetti soprappeso/obesi per area territoriale e fascia dietà); 2/3 hanno mostrato un significativo miglioramento della situa-zione ponderale. Tra i comportamenti critici migliorati, alcuni piùdi altri sembrano associati al calo ponderale: in particolare colazio-ne (r 0,38, p < 0,05) e spuntino di metà mattina/pomeriggio (r0,37/0,23, p < 0,01/< 0,05, test di Pearson). A livello di popolazio-ne, dal 2008 al 2010, la % di soggetti con spuntini eccessivi è scesadal 79% al 42% (p < 0,01, test c2); parallelamente si è verificato unmiglioramento, con spostamento a sinistra, della curva del BMIdella popolazione campionata (Okkio alla salute – dati ISS 2010).Conclusioni L’integrazione PdF/CA/SIAN/scuole si è rivelataun’opportunità per ottimizzare, in termini di risorse e risultati, gliinterventi di prevenzione/gestione dell’obesità pediatrica.

Interventi territoriali/comunitari precoci di sostegno alla genitorialità vulnerabileSo.fa. (Sostegno alle famiglie) G. Bismuto, N. Gasparini, M. GiordanoCooperativa Sociale “L’Orsa Maggiore”, NapoliPer corrispondenza: e-mail: [email protected]

Sessione Comunicazioni orali al XXIV Congresso Nazionaledell’Associazione Culturale Pediatri

Scopo della ricerca So.fa. (Sostegno alle famiglie) si colloca nelsistema di offerta per le famiglie, realizzato a Napoli in coopera-zione tra “L’Orsa Maggiore” e i servizi sociali, sanitari ed educati-vi della Municipalità 9. Tra tante famiglie multiproblematiche nesono state prese in carico 27, con bambini 0-3 anni, monoparenta-li, madri giovani, povere, con l’obiettivo di rafforzare la soggetti-vità della donna-madre, sostenere la relazione madre-bambino, pro-muovere e tutelare il benessere del bambino e promuovere legamiformali e informali nel territorio.Metodi Équipe multiprofessionale territoriale per valutazione ini-ziale e finale, monitoraggio in itinere, cooperazione nella presa incarico. Interventi domiciliari: affiancamento di operatori educativiper la cura di sé delle madri, gestione dello spazio di vita, accudi-mento materiale e affettivo-relazionale, manutenzione dei legamifamiliari. Accompagnamento sociale: affiancamento di operatoriper l’accesso ai servizi, orientamento alle opportunità e sostegno alprogetto di vita personale-familiare. Gruppi d’incontro: scambio econfronto tra pari con la presenza di una facilitatrice e consulenzadi esperti su temi specifici. Supervisione: operatori domiciliari. Materiali Schede di valutazione per individuare punti di partenzaper ogni famiglia, ipotesi, obiettivi, risorse da attivare e risultatiraggiunti; griglia punti di forza e criticità; questionario autovaluta-zione operatore domiciliare; intervista alle famiglie. Risultati Per le madri: aumento della capacità di fronteggiare i pro-blemi quotidiani; maggiore autonomia come persone misurabile dasvincolo da legami patogeni; migliore utilizzo delle opportunità delterritorio. Per i figli: miglioramento della capacità di accudimentomisurabile dalle modalità quotidiane di cura e uso del tempo conloro, riduzione del ricovero ospedaliero, più diffuso utilizzo delpediatra di libera scelta. Inoltre si osservano: sviluppo di relazioniautonome tra donne, aumento della conoscenza e dell’utilizzo deiservizi territoriali per l’infanzia e la famiglia. Conclusioni L’intervento conferma l’efficacia di un lavoro multi-dimensionale (donna, madre-bambino, relazioni familiari e sociali),multi-professionale (socio-educativo-sanitario), di prossimità (do -miciliarità, quotidianità, bassa formalizzazione nella relazione congli operatori). La valutazione della motivazione di chiusura eviden-zia che il 50% dei casi è stato dimesso per raggiungimento degliobiettivi (parziale o totale), nonostante un rischio di dipendenzacontrastato dal lavoro di supervisione.

La sincope in età pediatrica: un approccio multidisciplinareS. Placidi, F. Gimigliano, R. Vallone, T. Grimaldi Capitello, V. DiCiommo, C. Di Mambro, M. Pennacchia, L. Sbraccia, S. Lucerti, S. Gentile, F. DragoUnità Operativa Complessa di Aritmologia Pediatrica e SincopeUnit, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, Palidoro-Roma Per corrispondenza: Silvia Placidi, e-mail: [email protected]

Pubblichiamo i cinque abstract di ricerche, casi clinici, esperienze e progetti nell’ambito della pediatria di famiglia, ospedaliera eterritoriale, selezionati per la presentazione orale al XXIV Congresso Nazionale dell’Associazione Culturale Pediatri.

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Scopo della ricerca La sincope ricorre nel 15% circa dei bambi-ni/adolescenti e la forma neurocardiogenica è quella più frequente.Il Tilt Test (TT) è uno strumento diagnostico ampiamente cono-sciuto e utilizzato ma i dati presenti in letteratura per l’età pediatri-ca sono scarsi e non univoci. Scopo dello studio è di confermare ilsospetto diagnostico di causa autonomica e d’individuare quale siail possibile meccanismo che la genera, tenendo in considerazionel’associazione tra sincope, fattori psicologici e sintomi somatici. Metodi Da ottobre 2011 ad aprile 2012 sono stati studiati 49 sog-getti con sincope o pre-sincope, con valutazione cardiologica e neu-rologica negativa. Tutti sono stati sottoposti a TT secondo il proto-collo pediatrico. Sono poi stati somministrati due questionari psi-cologici: il Pediatric Quality of Life Inventory, Generic Score Sca -les (PedsQl) al bambino e al genitore e il Child Behavior Checklist(CBCL) al paziente. Risultati 24 pazienti avevano un TT positivo: 5 con una rispostacardioinibitoria, 8 con una risposta vasoinibitoria e 11 con unarisposta di tipo misto; 25 avevano una risposta negativa. Sono statedescritte alcune caratteristiche emotivo-comportamentali ricorrentiin questi pazienti, quale che fosse il risultato del test, che possonocontribuire alla manifestazione degli episodi di sincope in etàpediatrica.Conclusioni I nostri risultati sembrano indicare che la sincope neu-rocardiogenica è correlata a un evento scatenante di origine emoti-vo-comportamentale, una sorta di reazione a situazioni o eventi dinatura stressante vissuti nel contesto familiare/ambientale o a situa-zioni traumatiche, che si esprimerebbe di più nel periodo pre-/ado-lescenziale. Dalla nostra indagine è emerso, inoltre, come il TT siaun esame diagnostico con un’alta specificità ma talora condiziona-to dalla situazione emotiva del paziente. In alcuni soggetti tale testpuò avere la capacità di far comprendere quali possano essere lemanovre fisiche difensive da adottare per evitare lo scatenamentodella sincope.

Anche senza di noi: auto-aiuto di madri in un servizio di sostegno nel dopo partoP. Lenzi Assistente sanitaria e ostetrica, AUSL BolognaPer corrispondenza: Paola Lenzi, e-mail: [email protected] dell’intervento Nel 2001 abbiamo aperto un servizio di con-sulenza per l’allattamento materno e di sostegno alle madri conbambini molto piccoli (anche 7 gg di vita) e fino ai 9-12 mesi di età.Metodi Due erano i punti di forza: collaborazione tra ostetriche eassistenti sanitarie (due categorie storicamente in conflitto) e pro-posta di un gruppo aperto, con orari, temi e partecipazione flessibi-li, gratuito. Risultati Ce l’abbiamo fatta e il servizio è diventato un punto diriferimento per le madri della nostra zona: circa la metà di loropassa da Spazio Mamma, molte ritornano con il secondo figlio, inostri tassi di allattamento sono più alti della media regionale e larete con altri servizi (sociale, psichiatria) un po’ più solida. Ormaida un anno soffriamo le conseguenze dei tagli al personale che tutticonosciamo: abbiamo circa 30 madri per gruppo e spesso mi trovoda sola, senza la bravissima collega ostetrica. Si fa una gran faticae non si riescono a seguire quelle madri che avrebbero più bisogno.Allora ho pensato di cambiare qualcosa, una rivoluzione coperni-

cana: saranno le madri ad aiutarsi tra loro. Faccio così: ci sono sem-pre, nel gruppo, madri che frequentano gli incontri più costante-mente, che sono meno ansiose e anche più motivate alla relazionedi aiuto. Mi segno mentalmente quali sono queste madri e a loropropongo, dopo un paio di mesi di frequenza, un rapido “corso” perdiventare una “madre helper”. Uso le tecniche per facilitatori chemi ha insegnato mia figlia che fa parte di “Amnesty international”e che ho scaricato dal loro manuale on line. Utilizzo anche tecnicheper peer educators imparate nei seminari di educaciòn popular cheho seguito nel periodo in cui ho vissuto e lavorato in AmericaLatina. Nel giro di un mese le “madri helper” sono pronte e a loroaffido la conduzione di uno dei due gruppi in cui divido il gruppogrande. Per adesso funziona: il numero di madri che viene agliincontri non è diminuito e si mostrano soddisfatte sia le “madri hel-per” che quelle che partecipano al gruppo.

Leucemia acuta esordita con paralisi del facciale: descrizione di un caso e revisione della letteraturaG. Puoti, G. Mandato, D. De Brasi, M. Lamb, P. SianiAORN Santobono Pausilipon, NapoliPer corrispondenza: Giovanna Puoti, e-mail: [email protected] La paralisi del facciale in età pediatrica riconoscecome cause principali infezioni e traumi e raramente è il sintomo diesordio di una neoplasia. Presentiamo un caso di leucemia linfo-blastica acuta (LLA) esordito con paralisi del faciale.Il caso clinico R. riceve la diagnosi di paralisi del facciale. Con -siderata la TC negativa, vengono prescritti antibiotico e betameta-sone, con risoluzione clinica dopo circa sette giorni. Dopo circadodici giorni si ricovera per la comparsa di edema palpebrale e feb-bre. All’ingresso si nota proptosi del globo oculare sx, con motilitàconservata. Il fondo oculare risulta normale. Gli esami di laborato-rio mostrano GB 21.000 (Neutrofili: 16%; Linfociti: 60%;Monociti: 18%), Hb 11,3, plt 360.000. Pratica nuova TC che mostrapansinusite e cellulite orbitaria sx, per cui riprende antibioticotera-pia e continua terapia steroidea. Considerata la scarsa risposta cli-nica, ripete esami di laboratorio che mostrano: GB 19.260(Neutrofili: 9,8%; Linfociti: 52,5%; Monociti 36%), Hb 10,8, LDH869. Lo striscio periferico evidenzia cellule atipiche immature percui R. è sottoposto ad aspirato midollare diagnostico per LLA. Commento La revisione della letteratura mostra che sono statiriportati 18 casi di leucemia acuta esordita con paralisi del facciale,di cui il 68,4% era leucemia mieloide acuta e il 31% era leucemialinfatica acuta. L’età media di diagnosi era 7,8 ± 5,0 anni (range 9mesi - 17 anni), il ritardo diagnostico medio è stato di 15,3 ± 15,8giorni (range: 1-60 giorni), la percentuale di pazienti trattati concorticosteroidi prima della diagnosi è stata del 40%.Conclusioni La forma idiopatica di paralisi del facciale (paralisi diBell) è poco frequente in età pediatrica e va considerata una dia-gnosi di esclusione. L’esordio di una leucemia acuta con tale sinto-matologia, pur essendo molto rara, va considerato nella diagnosti-ca differenziale della paralisi del facciale prima di prescrivere laterapia steroidea, ricordando che il ritardo diagnostico determina unpeggioramento della prognosi. u

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Parole chiave Procreazione medicalmenteassistita. PMA. Tecniche di riproduzioneassistita

IntroduzioneLa sterilità è l’assenza di concepimentodopo 12-24 mesi di rapporti sessuali nonprotetti e mirati al conseguimento di unagravidanza. L’infertilità è l’incapacità diportare avanti un concepimento. Gli an -glosassoni non differenziano le due con-dizioni e con il termine “infertility” in -tendono entrambe.Questa condizione crea nella coppia e nelsingolo individuo stress, sentimenti difrustrazione, disagio relazionale e diffi-coltà psicologiche. Dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità la salute vienedefinita come “stato di completo benes-sere fisico, psichico e sociale e non sem-plice assenza di malattia” ed è considera-ta come un diritto che spetta alle persone.La sterilità e l’infertilità vanno perciòritenute uno stato di mancanza di salute.L’infertilità, secondo le diverse stimedisponibili, riguarda circa il 15% dellecoppie [1]. Le cause dell’infertilità, sia femminileche maschile, sono numerose e di diver-sa natura. Dai dati del Registro Na zio na -le sulla Procreazione Medicalmente As -si stita (PMA) si ricava che l’infertilitàmaschile riguarda il 35,4% dei casi, quel-la femminile il 35,5%, quella maschile efemminile il 15%, l’infertilità idiopaticail 13,2% e altro l’1% [1]. Le cause stret-tamente mediche d’infertilità femminilesono: alterazione dell’ovulazione e ridot-ta riserva ovarica dipendente dall’etàdella donna, patologie infiammatoriepelviche, patologie tubariche, presenzadi fibromi uterini, in particolare quelli

sottomucosi, e infine l’endometriosi, cheappare sempre più frequente. L’infertilità maschile riconosce tra le suecause tutte quelle condizioni in grado dialterare la struttura e la funzione deltesticolo o del pene, quali criptorchidi-smo, ipospadia, varicocele, patologiepurtroppo in aumento. Il tumore al testi-colo, in particolare, è sia un fattore dirischio in se stesso che in conseguenzadel trattamento chemioterapico o radio-terapico utilizzato (solo nel 40% dei casiviene recuperata la funzione riprodutti-va). Sono presenti anche fattori genetici.Per esempio, si è ipotizzato che un’alte-razione sul braccio lungo del cromosomaY porti a un aumentato rischio di oligo-zoospermia. Meno frequenti sono ledisfunzioni ormonali, mentre risultano inaumento, tra le cause che possonoinfluenzare la fertilità maschile, le condi-zioni ambientali, lo stile di vita, inclusolo stress, e le condizioni lavorative cheespongono a radiazioni, sostanze tossi-che o a microtraumi.Se la sterilità o l’infertilità permangonoanche dopo un iter diagnostico e terapeu-tico esauriente, è possibile ricorrere alletecniche di procreazione medicalmenteassistita. La prima bambina nata da IVF(In Vitro Fertilization) fu Louise Brown,che nacque in Inghilterra il 25 luglio1978 a opera di un grande ricercatore,Bob Edwards, insignito del PremioNobel per la medicina (figura 1). Pocodopo, durante quegli stessi anni, altriricercatori in Australia e negli Stati Unitiarrivarono al successo con la nascita dialtri “bambini in provetta”. Negli annisuccessivi l’uso della stimolazione ovari-ca per migliorare i risultati dell’IVF por-tarono al prelievo di numerosi ovociti e

conseguentemente alla creazione di mol -ti embrioni. Per ridurre i rischi di gravi-danze multiple che derivavano dal trasfe-rimento in utero di numerosi embrioni eper evitare lo spreco degli embrioni so -prannumerari, iniziò a svilupparsi la me -todica del congelamento degli embrioni.Sempre in Inghilterra, e contemporanea-mente in Australia negli anni 1983-1984,nacquero i primi bambini ottenuti daembrioni congelati. In Italia la primenascite con il metodo IVF sono avvenutenegli anni 1983-1984. Le prime tecnicheche si svilupparono furono contempora-neamente la GIFT (Gamete Intra fal -lopian Transfer – trasferimento intratu-barico di gameti) e la FIVET (Fertili za -tion In Vitro Embryo Transfer – fertiliz-za zione in vitro con trasferimento di em -brione). La differenza fra le due tecniche

Per corrispondenza:Salvatore Dessolee-mail: [email protected]

Dopo il primo contributo, nel quale sono stati illustrati i dati principali del Registro Nazionale sulla Procreazione MedicalmenteAssistita (PMA), il forum prosegue con un intervento dedicato alle tecniche impiegate, a un breve excursus storico del loro svilup-po e agli aspetti salienti e più critici della legge 40 del 2004. L’autore è Salvatore Dessole, ordinario di Clinica Ostetrica eGinecologica dell’Università di Sassari, che vanta un’esperienza più che ventennale in questo campo e ha pubblicato oltre 100lavori recensiti su PubMed. I commenti dei lettori sono i benvenuti e possono essere inviati collegandosi al sito di Quaderni(www.quaderniacp.it) e accedendo al link “forum”, sezione “procreazione medicalmente assistita”, oppure direttamente al mioindirizzo di posta elettronica ([email protected]). Carlo Corchia

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Le tecniche di procreazione medicalmente assistitaSalvatore DessoleClinica Ostetrica e Ginecologica, Università di Sassari

forum

Robert Geoffrey Edwards è stato un biologo britannico. Pioniere della FIVET, tecnica utilizzatanella procreazione assistita, nel 2010 ha vinto ilPremio Nobel per la medicina “per lo sviluppodella fecondazione in vitro”.

FIGURA 1

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è che nella prima i gameti (spermatozooe ovocita) vengono inseriti a livello tuba-rico dove procedono all’incontro e allainseminazione in loco, mentre nellaseconda tecnica l’inseminazione avvienein provetta e si trasferisce poi l’embrionedirettamente nella cavità uterina.

Le tecnicheLe tecniche di PMA si dividono in tecni-che di base o di I livello, semplici e pocoinvasive (rapporti mirati e inseminazioneintrauterina), e in tecniche avanzate o diII e III livello, complesse e più invasive(FIVET, ICSI, IMSI). Per inseminazione artificiale la maggiorparte delle volte s’intende la insemina-zione intrauterina, cioè una tecnica diPMA nella quale il liquido seminale vie -ne introdotto con un piccolo catetere inpolietilene all’interno della cavità uterina(IIU, inseminazione intrauterina). Inque sto tipo di inseminazione è necessariauna idonea preparazione del liquidoseminale. Può essere consigliata in tutti icasi d’incompatibilità fra muco cervicalee liquido seminale e di sterilità immuno-logica, perché permette di superare iltratto cervicale e d’immettere gli sper-matozoi direttamente in utero. In partico-lare può essere impiegata: in tutti i casi disterilità inspiegata; nei casi d’infertilitàmaschile con oligoastenospermia digrado lieve-moderato; nei casi di ripetutiinsuccessi nell’ottenere una gravidanzacon sola stimolazione dell’ovulazione erapporti mirati (rapporti che si hanno du -rante i giorni della probabile ovulazione,verificata mediante monitoraggio eco-grafico follicolare); nei casi di patologiesessuali nelle quali sia difficile o impos-sibile avere un rapporto sessuale comple-to [2]. Per effettuare una inseminazioneintrauterina si può utilizzare anche l’in-duzione della crescita follicolare multi-pla; ovvero si prescrive una terapia or -monale atta a stimolare l’ovaio a far ma -turare più follicoli, e quindi ottenere piùovociti, durante lo stesso ciclo. Durantela stimolazione si esegue un monitorag-gio ecografico e/o ormonale al fine diridurre il rischio di avere gravidanze mul -tiple e di andare incontro alla sindromedell’iperstimolazione ovarica. Tale tecni-ca ha una percentuale di successo di gra-vidanze iniziate del 16-19%, con un tas sodi gravidanze gemellari pari al 10%, tri-gemine dell’1% e multiple dello 0%. Gli

esiti negativi di gravidanza (aborti spon-tanei, aborti volontari, morti intrauterine,gravidanze ectopiche) sono il 20,5% [1].La FIVET, come la ICSI, è una metodicadi PMA di II livello in cui l’incontro deigameti (ovocita e spermatozoo) avvieneall’esterno del corpo della donna. Dopola fecondazione e l’ottenimento di em -brioni in laboratorio si procede al trasfe-rimento in utero di uno o più embrioni.La FIVET è consigliata nei casi di steri-lità dovuta a: fattori tubo-peritoneali,patologia tubarica acquisita o congenita(precedente gravidanza ectopica, prece-denti aborti tubarici, anamnesi positivaper flogosi pelvica, interventi chirurgicisulla pelvi); infertilità maschile di gradomoderato, quando precedenti trattamentio inseminazioni intrauterine non hannoda to risultati o sono stati giudicati nonap propriati; endometriosi di III o IV gra -do; infertilità inspiegata. La ICSI (iniezione intracitoplasmatica dispermatozoo) si diversifica dalla FIVETper la differente modalità di fecondazio-ne dell’ovocita; essa prevede l’iniezionedi un singolo spermatozoo all’interno delcitoplasma dell’ovocita (figura 2). Taletecnica vie ne utilizzata nei casi di: infer-tilità ma schile di grado severo; azoosper-mia o struttiva e secretiva (spermatozoitesticolari o epididimari); mancata oridotta fertilizzazione in precedenti ciclidi fertilizzazione in vitro (FIV); ovocitiscongelati; ridotto numero di ovociti;seme crioconservato (in relazione allaqualità se minale successiva allo sconge-lamento).

Le tecniche di II livello possono essereeseguite in un ciclo spontaneo o coninduzione della crescita follicolare multi-pla e maturazione di più ovociti median-te la somministrazione di farmaci indut-tori dell’ovulazione; in questo caso sicontrolla la risposta ovarica a tale terapiamediante monitoraggio ecografico e/odosaggio degli ormoni prodotti, in parti-colare dell’estradiolo. Tecnicamente, do po aver stimolato l’o-vaio a produrre più follicoli e quindi averottenuto più ovociti, quando si ritieneche questi siano maturi, si esegue il pre-lievo degli stessi (PICK-UP). QuestoPICK-UP consiste in un prelievo ovoci-tario con l’inserimento in addome di unlungo ago per via transvaginale, sottoguida ecografica, in anestesia locale e/osedazione profonda, che va a pungeretutti i follicoli facilmente raggiungibili. Illiquido follicolare aspirato viene raccoltoin provette che vengono avviate in labo-ratorio dove sono controllati numero equalità degli ovociti. Nel frattempo vieneeseguita la preparazione del liquido se -minale, con il quale sono messi a contat-to gli ovociti selezionati per la feconda-zione. Si procede quindi, in incubatore,alla coltura extracorporea e dopo verificadell’avvenuta fecondazione si prosegueal trasferimento in utero degli embrioni. Il tasso di gravidanze singole ottenutetramite tecniche di PMA su ciclo a frescoè pari al 27,2%, quello di gravidanzegemellari al 20,2%, quello di gravidanzetrigemine o quadruple al 2,3% per tran-sfer. La percentuale di gravidanza per

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FIGURA 2: ICSI, INIEZIONE INTRACITOPLASMATICA DI SPERMATOZOO

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transfer eseguito è del 18,7% per ciclicon embrioni crioconservati e del 17,1%circa per cicli con ovociti crioconservati.Per quel che riguarda le gravidanzegemellari e trigemine le percentuali sonorispettivamente: 17,2% con em brioni e9,3% con ovociti, e 1,4% con em brioni e0,9% con ovociti. Gli esiti negativi (aborti spontanei preco-ci e tardivi, gravidanze ectopiche, mortiintrauterine) sulle gravidanze monitoratedopo impiego di tecniche di scongela-mento sono il 29,4% (con embrioni) e il31,6% (con ovociti) [1].Nei casi di azoospermia, ovvero mancan-za di spermatozoi nel liquido seminale, sipossono utilizzare per il prelievo deglispermatozoi le seguenti procedure: A spi -razione Percutanea di Spermatozoi pervia Testicolare (TESA), Estrazione diSper matozoi per via Testicolare (TESE),A spirazione Microchirurgica di Sper ma -tozoi dall’Epididimo (MESA), A spi ra -zio ne Percutanea di Spermatozoi dal l’E -pi didimo (PESA). Successivamente sief fettuano la preparazione dell’ovocita ela microiniezione intracitoplasmatica diun singolo spermatozoo. Dopo la verifi-ca dell’avvenuta fecondazione di ciascunovocita si prosegue con il trasferimentoin utero degli embrioni. Le prime tecniche di micromanipolazio-ne dei gameti risalgono alla fine deglianni ’90. La prima grande esperienza conla tecnica IMSI (Intracytoplasmic Mor -fo logically selected Sperm Injection) ne -gli Stati Uniti è stata pubblicata da Jo -seph D. Schulman e colleghi del Ge ne -tics & IVF Institute nel 1995. La IMSI èuna tecnica che consente la selezione adaltissimo ingrandimento degli spermato-zoi. Normalmente gli spermatozoi ven-gono selezionati al microscopio con uningrandimento di 400 volte. Con la IMSItale ingrandimento arriva a 6600 volte.Per la scelta dello spermatozoo con mi -gliore morfologia vengono applicati icri teri della metodica denominataMSOME (Motile Sperm OrganellarMor phological Examination) [3]. Lecaratteristiche del nucleo sono partico-larmente critiche per il processo di fe -condazione; esso deve essere liscio,ovale, simmetrico, con una struttura cro-matinica omogenea e non deve presenta-re vacuoli con un’area superiore al 4% diquella del nucleo stesso. Numerose pub-blicazioni indicano che questa selezione

spermatica può dare un notevole contri-buto alla riuscita delle tecniche ICSIaumentando le probabilità di successo.Questa tecnica si è dimostrata utilesoprattutto in quelle coppie che hannoavuto ripetuti fallimenti con la tecnicaICSI; inoltre è consigliata nei casi disevera oligoastenoteratozoospermia e unalto tasso di frammentazione del DNAspermatico [4].

La legge 40 e i successivi pronunciamenti di legittimitàLa legge definisce la procreazione assi-stita come l’insieme degli artifici medi-co-chirurgici finalizzati a «favorire lasoluzione dei problemi riproduttivi deri-vanti dalla sterilità o dall’infertilitàumana... qualora non vi siano altri meto-di efficaci per rimuovere le cause di ste-rilità o d’infertilità» [5]. Tale concetto rimane volutamente ambi-guo, al fine di comprendere metodicheinnovative di là da venire; ma proprioquesta ambiguità comporta conseguenzeimportanti, come per esempio il permet-tere o meno di usufruire della coperturaeconomica da parte del ServizioSanitario Nazionale. All’ar ti colo 2, poi,si afferma che lo Stato promuove «ricer-che sulle cause patologiche, psicologi-che, ambientali e sociali dei fenomenidella sterilità e dell’infertilità» e favori-sce «gli interventi necessari per rimuo-verle nonché per ridurne l’incidenza»,ma nel rispetto di «tutti i soggetti coin-volti, compreso il concepito». Alle tecni-che di procreazione assistita possonoaccedere «coppie maggiorenni di sessodiverso, coniugate o conviventi, in etàpotenzialmente fertile, entrambi viven-ti». È vietato il ricorso a tecniche difecondazione eterologa. È vietata l’euge-netica. L’articolo 14 vieta la crioconser-vazione degli embrioni, che è però con-sentita per temporanea e documentatacausa di forza maggiore, non prevedibileal momento della fecondazione. Il 1º a -prile 2009, i commi 2 e 3 dell’articolo 14sono stati dichiarati parzialmente illegit-timi con la sentenza n. 151 della CorteCostituzionale. In particolare, il comma2 è stato dichiarato illegittimo laddoveprevede un limite di produzione di em -brioni «comunque non superiore a tre» eladdove prevede l’obbligo di «un unico econtemporaneo impianto». Il comma 3,che prevede di poter crioconservare gli

embrioni «qualora il trasferimento nel-l’utero degli embrioni non risulti possibi-le per grave e documentata causa di forzamaggiore relativa allo stato di salute del -la donna non prevedibile al momentodella fecondazione», è stato dichiaratoillegittimo nella parte in cui non prevedeche il trasferimento di tali embrioni, «darealizzare non appena possibile», debbaessere effettuato anche senza pregiudizioper la salute della donna. Prece den te -men te alla Sentenza della Corte Co sti tu -zionale, il TAR Lazio, con sentenza398/08 (nella quale venivano sollevate lequestioni di legittimità poi accolte dallaCorte Costituzionale), dichiarava ancheillegittimo il divieto di diagnosi preim-pianto previsto dalle Linee Guida mini-steriali (adottate con D.M. 21/7/2004) ameno che tale tecnica non avesse caratte-re sperimentale ovvero specifica finalitàeugenetica (nel senso che la tecnica fosserivolta alla selezione razziale). Il 28 ago-sto 2012 la Corte europea dei dirittiumani ha bocciato la legge in meritoall’impossibilità per una coppia fertile,ma portatrice di una malattia genetica, diaccedere alla diagnosi preimpianto degliembrioni. Il Governo Monti ha chiesto, il28 novembre 2012, il riesame della sen-tenza presso la Grande Chambre. L’11febbraio 2013 il ricorso del Governo èstato bocciato dalla Corte. Nel 2007 ilTribunale di Cagliari ha autorizzato ladiagnosi preimpianto nel settore pubbli-co. Con un’altra sentenza, nel novembre2012, sempre il Tribunale di Cagliari haimposto all’azienda sanitaria locale dieseguire la diagnosi preimpianto per unacoppia portatrice di malattie genetiche. u

Bibliografia[1] Relazione del Ministro della Salute al Parlamen -to sullo stato di attuazione della legge contenen tenorme in materia di procreazione medicalmenteassistita, 2012 (legge 19 febbraio 2004, n. 40).[2] Nicopoullos JD, Croucher CA. Audit of prima-ry care and initial secondary care investigations setagainst RCOG guidelines as standard in cases ofsubfertility. J Obstet Gynaecol 2003;23:397-401.[3] Antinori M, Licata E, Dani G, et al. Intracy to -plasmic morphologically selected sperm injection:a prospective randomized trial. Reprod BiomedOn line 2008;16(6):835-41. [4] Cavallini G. Male idiopathic oligoasthenotera-tozoospermia. Asian J Androl 2006;8(2):143-57.[5] Legge 40/2004.

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Per corrispondenza:Roberto Lalae-mail: [email protected]

Anche per la sanità è tempo di scelte:come individuare le priorità?Roberto Lala, Francesca Feyles, Valentina PeirettiSS di Endocrinologia, Ospedale Infantile “Regina Margherita”, Città della Salute e della Scienza di Torino

L’allocazione delle risorseL’allocazione delle risorse è un processodecisionale e operativo che individua lapriorità della destinazione delle risorsefinanziarie. In ambito sanitario l’attivitàdi finanziamento è destinata a servizi,prestazioni, strutture. L’allocazione pre-vede un contesto (framework) e dei sog-getti interessati (stakeholders); in parti-colare si distingue tra macroallocazione,per la quale intervengono istituzioni pub-bliche quali lo Stato, le Regioni, ilServizio Sanitario Nazionale, e microal-locazione che riguarda gli operatori e gliutenti. È importante individuare il conte-sto nel quale si svolge ogni processo de -ci sionale: per esempio, è compito delloStato individuare le priorità nel suddivi-dere le risorse finanziarie tra sanità, i -

struzione, difesa, infrastrutture, sicurezzae quant’altro sia necessario per la realiz-zazione della civile convivenza e delbene comune. L’Italia ha un Sistema Sa nitario Na zio na -le (SSN) che garantisce assistenza sani-taria universale su tutto il territorio. Laresponsabilità dell’organizzazione e del-l’erogazione dei servizi è attribuita alle21 Regioni. La definizione dei livelliessenziali di assistenza, dell’allocazionedelle risorse, delle strategie e dei pianisanitari è responsabilità del governonazionale attraverso il Ministero dellaSalute, con un ruolo sempre più impor-tante svolto dalla conferenza Stato-Re -gioni attraverso accordi detti “patti per lasalute”, adottati ogni tre anni. Il governonazionale mantiene un ruolo strategico e

garantisce la sostenibilità finanziaria delsistema, mentre le Re gio ni, attraversouna rete di provider pubblici e privati,erogano i livelli essenziali di assistenza(LEA) e sono responsabili di ogni deficitche ne derivi. Il SSN si basa largamentesulle tasse nazionali, regionali e sui con-tributi dei cittadini per i prodotti farma-ceutici e le attività ambulatoriali; a livel-lo regionale le prestazioni so no erogateattraverso le Aziende Sanitarie Locali(ASL) e le Aziende ospedaliere. Questo è il contesto generale in cui sisvolge l’attività dei medici del SSN. Lescelte macroallocative del sistema, purcoinvolgendo il medico come cittadino equindi come stakeholder, non lo riguar-dano direttamente come agente morale.Al contrario la sua responsabilità moralenell’operare le scelte allocative nell’atti-vità quotidiana (microallocazione) deveessere valorizzata e giustificata in base aiconcetti della giustizia distributiva [2](tabella 1).

La necessità delle scelte allocativeLa salute globale è notevolmente miglio-rata negli ultimi cinquant’anni: uomini edonne vivono più a lungo che nei decen-ni precedenti. L’aspettativa di vita daglianni ’60 è aumentata in media di più di

AbstractIts time of choices also for health care: how to identify priorities?The demand for health care today does not conform the instance of simply fighting dis-ease and death but it is a continuum of care from the treatment of functional impair-ment (a need) to the restoration of function (benefit) and the strengthening of functions(ameliorative option). The prolongation of life expectancy, technological changes andeconomic recession make necessary imperative choices within health care resources.The allocation of resources takes place at institutional levels (macro allocation) but itregards also individuals (micro allocation). It is the moral duty of the physician to con-sider both the best interest of the individual and of all citizens. The micro allocation isalready taking place with implicit and often unconscious strategies. A public debateon the choices and priorities regarding resource allocation is mandatory. This processmust meet the requirements of procedural justice: it must be public, realistic and over-hauled.Quaderni acp 2013; 20(4): 175-177Key words Resource allocation. Health care rationing. Procedural Justice

La domanda di salute oggi non risponde soltanto all’istanza classica di combattere lamalattia e la morte, ma si articola in un continuum, dal trattamento dei deficit di fun-zionamento (bisogno) al ripristino di funzione (beneficio), al potenziamento funziona-le (opzione migliorativa). Il prolungamento dell’aspettativa di vita, l’evoluzione tec-nologica e la recessione economica impongono scelte indilazionabili nell’ambito dellerisorse in sanità. L’allocazione delle risorse si svolge a livello istituzionale (macroal-locazione), ma riguarda anche i singoli individui (microallocazione). È dovere mora-le del medico considerare sia il miglior interesse del singolo che quello di tutti i citta-dini. La microallocazione è già in atto con strategie implicite, spesso inconsapevoli. Ènecessario implementare il dibattito pubblico sulle scelte relative alle risorse insanità. Questo processo deve rispondere ai requisiti di giustizia procedurale, cioè deveessere pubblico, realistico e revisionabile.Parole chiave Macroallocazione. Microallocazione. Giustizia procedurale

TABELLA 1: COS’È L’ALLOCAZIONE DELLERISORSE?

– È un processo decisionale/o pe -rativo che individua la prioritàdella destinazione delle risorsefinanziarie per servizi, prestazio-ni, strutture.

– Prevede un contesto (framework) edei soggetti interessati (stakehol-ders).

– La macroallocazione riguarda uncontesto sociale ampio (Stato, Re -gioni, ASL, Aziende ospedaliere).

– La microallocazione riguarda i sin-goli individui (operatori e utenti).

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undici anni (dati OECD 2011), raggiun-gendo circa gli 80 anni nel 2009. Unaltro importante trend osservato negli ul -timi cinquant’anni è stata la stabile asce-sa del costo della salute, con una tenden-za alla crescita più rapida rispetto alGross Domestic Product (GDP: valore dimercato di tutti i beni e servizi ufficial-mente prodotti in una nazione in unperiodo di tempo). Nel 1960 la spesa perla salute dava conto di meno del 4% delGDP dei 34 Paesi OECD (Organizationfor Economic Cooperation and Develop -ment). Dal 2009 questa spesa è salita al9,6%, con molti Paesi che hanno supera-to la quota del 10% del GDP. La crescitaè stata particolarmente rapida negli StatiUniti salendo dal 5% nel 1960 al 17% nel2009. In molti Stati la spesa per la saluterispetto al GDP è salita più rapidamentedurante le recessioni economiche, persta bilizzarsi e declinare leggermente neipe riodi di benessere. Queste riduzioni so -no state di breve durata e, dopo periodi dicontenimento del costo, la domanda diservizi sanitari ha condotto a una crescitadella spesa progressivamente maggiorerispetto all’incremento del GDP [1].L’aumento dell’aspettativa di vita crea,quindi, un incremento della domanda disalute e, parallelamente, il progresso tec-nologico induce una crescita della richie-sta di prestazioni. Questi aspetti, associa-ti all’attuale recessione economica, checausa ingenti tagli nella spesa sanitaria,portano inevitabilmente alla necessità dieffettuare delle scelte nell’allocazionedelle risorse (tabella 2).

I diversi bisogni di salute possono essereintesi dall’individuo e dalla società comedei diritti o come dei desideri. Per dirittos’intende una pretesa valida (o un titolovalido) che giustifica la richiesta ad altridi fare una certa azione (diritto positivo)o di astenersi dal farla (diritto negativo)[2]. Il diritto alla salute è un diritto“sociale” e, a seconda delle scelte politi-co-economiche di un Paese, assumediversi significati: in Italia esso è sancitodall’articolo 32 della Costituzione, laquale stabilisce che «la Repubblica tute-la la salute come fondamentale dirittodell’individuo e interesse della colletti-vità, e garantisce cure gratuite agli indi-genti»; non vengono precisate le caratte-ristiche degli indigenti. Nel nostro Paese,con l’istituzione del SSN e i successiviadeguamenti legislativi, è stato istituitoun modello politico nettamente influen-zato dall’egualitarismo, per il quale loStato garantisce il diritto di tutti alla salu-te. Come garantire questo diritto a tutti inun momento storico di estrema difficoltàeconomica, è diventato recentemente unproblema di difficile soluzione [2].La domanda di salute, oggi, non rispon-de più solamente alle istanze della medi-cina classica e cioè combattere la malat-tia e la morte, ma si articola in un conti-nuum dal trattamento dei deficit di fun-zionamento inteso come bisogno di salu-te al ripristino di funzione inteso comebeneficio, al potenziamento della funzio-ne stessa come opzione migliorativa.La definizione di normale e patologico,salute e malattia è spesso sfumata inquanto determinata socialmente e stori-camente [3].La sanità si è sempre trovata a dover farfronte a diversi tipi di richieste e i princi-pali strumenti, utilizzati finora in Italiaper razionalizzare la spesa, sono stati iLivelli Essenziali di Assistenza (LEA) ela cosiddetta appropriatezza delle presta-zioni [2]. Entrambi questi sistemi sonorisultati necessari, ma non sufficienti.

Strategie allocativeI medici praticano quotidianamente scel-te allocative: scelte di priorità e raziona-mento avvengono a ogni livello in tutti isistemi sanitari del mondo. Molti Paesicon sistemi e risorse completamente dif-ferenti si confrontano su come conciliarela crescente domanda di salute con risor-se finanziarie limitate o declinanti. Se

razionalizzare le risorse è inevitabile, ciòsi dovrebbe fare in maniera trasparenteed efficiente, guidati dai princìpi di giu-stizia distributiva, equità e trasparenza.Tali concetti etici, oggetto di approfondi-mento in ambito teorico, non sono statiimplementati sufficientemente a livellodella pratica clinica quotidiana. Studi sistematici su come i medici gesti-scono direttamente la limitazione dellerisorse al letto dei loro pazienti rivelanoche i metodi di razionamento sono varia-bili, influenzati da fattori contestuali econsistono principalmente in strategieimplicite [4]. Il razionamento delle risorse può, infatti,avvenire in modo implicito, cioè le deci-sioni vengono prese dai singoli medici difronte al singolo caso, metodo che lasciaampio spazio all’arbitrarietà del curante,oppure in modo esplicito, cioè seguendodelle regole e dei criteri stabiliti dalleistituzioni e dalla comunità scientificache garantiscono equità e trasparenza. Le strategie implicite più comunementeapplicate sono la diluizione, la dilazione,l’omissione, la deterrenza e la negozia-zione: riferire ad altri, ritardare, dimette-re precocemente, non fornire informazio-ni su trattamenti più costosi, manipolareil sistema e negoziare con il paziente ocon parti terze.Tra le strategie esplicite invece troviamoil diniego e la selezione, seguendo rego-le esplicite di razionamento o coinvol-gendo comitati interdisciplinari, autoritàpolitiche, organizzazioni di pazien-ti/pubblico [4].Il razionamento è già in atto e ne conse-guono diversi conflitti di ruolo per ilmedico: in primo luogo vi è la tensionetra la figura di difensore del paziente equella di responsabile dell’ottimizzazio-ne dell’uso delle risorse della società.Inoltre possono essere in contrasto: l’au-tonomia dei professionisti con le regoledelle autorità sanitarie; l’autonomia deiprofessionisti con l’autonomia deipazienti; il sostegno dei malati con lascarsità di risorse della società e delsistema sanitario; gli interessi personalicon gli interessi dei pazienti. Oltre ai vari conflitti di ruolo il medicorisulta emozionalmente stressato, imba-razzato e frustato dal razionamento, peril peso di dover giustificare al pazientel’impossibilità di eseguire un esame ouna terapia per le restrizioni economiche.

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TABELLA 2: QUALI SONO I DETERMINANTICHE RENDONO NECESSARIA L’ALLOCAZIONEDELLE RISORSE?

– L’aumento dell’aspettativa di vita eil progresso tecnologico determina-no un incremento della domandadi salute e di performance.

– Il miglioramento della qualità(appropriatezza delle prestazioni),pur necessario, non può liberarerisorse sufficienti per rispondere aogni aspettativa.

– Il progressivo aumento di richiestad’investimenti sanitari condurràine vitabilmente alla necessità dioperare scelte allocative.

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Il ruolo del medico nell’allocazione delle risorseIn generale i medici non percepiscono lagiustizia distributiva come prima giusti-ficazione nel razionalizzare le cure, men-tre mantengono come prima motivazioneetica il loro ruolo di promotori del benedei pazienti. Comunemente si assumeche il medico prenda queste decisioniallocative da solo e che le scelte sianodicotomiche. In realtà, nella maggioran-za dei casi, il problema viene affrontatonegoziando con il sistema, il paziente ela sua famiglia e spesso si individuanoalternative piuttosto che negare un tratta-mento benefico. Nell’allocazione delle risorse vi sonodiversi aspetti etici e pratici che bisognaprendere in considerazione, come l’im-plicazione dei modelli professionali inmedicina. Il ruolo del professionista e lesue responsabilità, infatti, cambiano aseconda dello schema preso in conside-razione: nel modello ippocratico, ilpaziente si lascia guidare nelle scelte cheriguardano la propria salute dal medico,il quale agisce “in scienza e coscienza”negli interessi del malato; nella medicinacome servizio sociale, il medico fornisceun servizio al proprio paziente, che puòdecidere se utilizzarlo o meno; nellamedicina come mercato, il medico vendela propria prestazione al cliente, il qualevi potrà accedere a seconda delle propriecapacità economiche; infine, abbiamo ilmodello della medicina come monopo-lio, attualmente espresso dal SSN, nellaquale il medico ha un ruolo pubblico edè responsabile non solo di fronte al pro-prio paziente, ma anche nei confronti ditutti gli altri pazienti che beneficiano del-l’assistenza pubblica.

La giustizia proceduraleSotto il profilo etico, la modalità di attua-re scelte allocative in una società plurali-sta consiste nella realizzazione di proce-dure di scelta democraticamente condivi-se ed eque. Si tratta di attuare un proces-so esplicito, realizzando l’emersionedella maggior parte delle modalità di

razionamento implicito derivanti dallamancanza di regole condivise.Secondo il modello proposto da Danielsle quattro condizioni che garantisconogiustizia procedurale sono la pubblica-zione dei processi, la loro rilevanza, lepossibilità di appello e di conferma [5].Perché un processo sia equo le decisioniallocative e il loro razionale devono esse-re pubblicamente accessibili (pubblica-zione); il razionale deve basarsi su infor-mazioni e princìpi su cui concordano leparti preposte a cooperare nel processodecisionale e che sono rilevanti per deci-dere sui bisogni della popolazione diriferimento in relazione alla scarsità dirisorse (rilevanza); ci deve essere la pos-sibilità di mettere in discussione e criti-care le scelte allocative adottate, inclusala possibilità di rivedere le decisioni allaluce di nuove evidenze (possibilità diappello); vi devono essere delle regola-mentazioni volontarie o pubbliche cheassicurino il rispetto delle prime tre con-dizioni (conferma). Le procedure atte a legittimare l’operatodi una istituzione nello stabilire le prio-rità nell’allocazione delle risorse potreb-bero essere:

– costituire una commissione di personedi mentalità aperta, includendo mem-bri dell’organizzazione, pazienti emembri del pubblico;

– realizzare processi che garantiscano latrasparenza delle attività decisionali(divulgazione pubblica) e l’ampia dif-fusione dei razionali;

– stabilire metodi per dare spazio allerevisioni e per rispondere a ulteriorievidenze e argomenti;

– sviluppare meccanismi di credibilitàistituzionale per assicurare che i primitre punti siano rispettati [5].

ConclusioniLa necessità di scelte allocative è indila-zionabile e già in atto. Il miglioramentodella qualità assistenziale, pur auspicabi-le e necessario, non è sufficiente a libera-re tutte le risorse richieste per rispondere

a necessità, bisogni e desideri di salutedella popolazione. Attualmente infatti lamedicina, non configurandosi solamentepiù come lotta alla malattia e alla morte,ma piuttosto anche come opportunità permigliorare perdite funzionali e potenzia-re capacità, apre scenari applicativi prati-camente infiniti, a fronte di risorse eco-nomiche finite e in progressiva diminu-zione. In questo contesto ogni medico hail dovere di contribuire alle scelte alloca-tive operando nel rispetto della propriaimpostazione morale, dell’autonomia deipazienti e del diritto di tutti i cittadini aun’equa distribuzione delle risorsedisponibili. Sotto il profilo etico, stante la pluralitàd’impostazioni morali, la possibilità didecidere sull’equa distribuzione richiedela realizzazione di giuste procedure deci-sionali. Tali procedure, condivise edeque, necessitano del sostegno politicoda parte della popolazione, espressomediante i sistemi rappresentativi vigen-ti. Nell’ambito di questi sistemi è neces-saria la creazione di commissioni di per-sone di mentalità aperta composte damembri dell’organizzazione sanitaria, dapazienti direttamente coinvolti nellescelte allocative e da cittadini indiretta-mente coinvolti.Non esistendo un confine netto tra biso-gno di salute e desiderio di salute, chesono determinati socialmente e in conti-nua evoluzione, la libertà personale direalizzare i propri obiettivi sanitari trovail suo limite nell’accordo sociale sul benecomune da garantire a ogni cittadino. u

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Nella seconda parte di questa breve rassegna sulle principali componenti genetiche note delle malattie gastrointestinali del bam-bino, vengono prese in considerazione alcune patologie del fegato e del pancreas, talora rare, gravi e a esordio precoce, talaltrapiù comuni e meno impegnative.

intraepatiche dell’infanzia sfugge ancoraa una precisa classificazione. Meritainvece un cenno, tra le epatopatie cole-statiche a esordio precoce, la sindrome diAlagille (ALGS), che associa a una pau-cità delle vie biliari intraepatiche trattisindromici cardiaci, oculari e muscolo-scheletrici. Malattia rara (~1:100.000nati), autosomica dominante, si manife-sta in epoca neonatale con ittero colesta-tico, e l’origine genetica del difetto èstata individuata in un gene Jagged1(JAG1) sul braccio corto del cromosoma20 (20p12). Oltre il 95% dei pazienti conALGS ha una mutazione (ne sono stateidentificate oltre 400) o una delezione diJAG1 (ALGS tipo 1) che codifica peruna proteina recettoriale transmembrana“Notch”, evidentemente importantenello sviluppo embrionario degli organiaffetti [2]. I pochi soggetti negativi perJAG1 sono portatori di una mutazionedel gene Notch2 (ALGS tipo 2) che puòfunzionare da unico determinante dellamalattia o come gene modificatore del-l’espressività fenotipica della malattia inchi ha il gene JAG1 mutato. La diagnosigenetica è disponibile e rende possibile ilrelativo counselling.L’atresia delle vie biliari (AVB) è lacausa più comune di colestasi neonatalee rappresenta una indicazione al trapian-to di fegato nel bambino. Coinvolge pri-mariamente le vie biliari extraepatiche inun processo infiammatorio e fibroticoche interessa velocemente anche i dottiintraepatici con danno epatocitario pro-gressivo. La patogenesi della AVB appa-re complessa e coinvolge, probabilmen-te, aspetti genetici, ambientali e immu-nologici. La componente genetica fariferimento ad alcuni geni che controlla-no i processi di lateralizzazione attornoall’asse destra-sinistra nel corso dell’em-briogenesi. Sono il gene dell’inversina eil CFC1 che codificano per la proteina

La genetica in gastroenterologia pediatricaAlcune cose da sapere (PARTE 2ª)

Martina Fornaro, Enrico VallettaUO di Pediatria, Ospedale “G.B. Morgagni - L. Pierantoni”, AUSL di Forlì

Malattie del fegatoEpatopatie colestaticheSono epatopatie a esordio nella primainfanzia che si manifestano con colestasia carico di un fegato funzionalmenteancora immaturo e più suscettibile aeventi nocivi di natura ambientale, gene-tica o metabolica [1].Il difetto di alfa-1 antitripsina (A1AT) èuna patologia autosomica recessiva(1:1800 nati), a penetranza ed espressivitàvariabili, con una mutazione punti for meche determina la sintesi di una pro teinastrutturalmente anomala (sostituzione diun singolo amminoacido G324K) che nonè in grado di essere secreta e che vienetrattenuta nel reticolo endoplasmico degliepatociti con effetto tossico. Il generesponsabile è SERPINA1 (14q32.1) e gliomozigoti sono portatori della mutazionein entrambe le copie del gene. La valuta-zione della proteina carente attraverso latipizzazione del suo inibitore Pi identificatre alleli rilevanti. L’allele Pi*M è l’allelepiù comune in tutte le popolazioni. Glialleli Pi*Z e Pi*S sono due varianti chedeterminano il deficit della proteina. Unindividuo PiMM è normale e ha normaliconcentrazioni plasmatiche di A1AT.PiMZ ha un modesto incremento delrischio di pneumopatia in età adulta. PiSZgeneralmente non si associa a epato- opneumopatia, ma a un aumentato rischiodi COPD nei fumatori. I soggetti PiZZhanno bassi livelli di A1AT e sono a ele-vato rischio di malattia. Oltre al geneSERPINA1, una variante allelica(2484G/A) del gene ERManI che produceuna mannosidasi responsabile della clea-rance del reticolo endoplasmico, agirebbecome modulatore dell’espressività clinicadel difetto determinando una precocecomparsa e una maggiore gravità dell’e-patopatia. Il test genetico è disponibileper la conferma della diagnosi, per la dia-gnosi del portatore e prenatale.

Le colestasi intraepatiche familiari pro-gressive (PFIC) sono patologie del siste-ma di trasporto canalicolare degli acidibiliari negli epatociti che determinanocolestasi ingravescente ed elevato rischiod’insufficienza epatica già nella primainfanzia. PFIC-1 è determinata da muta-zioni del gene ATP8B1 (18q21-q22) checodifica per una proteina trasportatrice,FIC-1, funzionalmente o strutturalmenteanomala. Alcune mutazioni del gene esi-tano in una FIC-1 solo parzialmente nonfunzionante, determinando una colestasimeno grave (colestasi intraepatica ricor-rente benigna, BRIC-1). Il trapianto difegato è generalmente risolutivo, anchese sono stati segnalati casi di epatopatiasteatosica e cirrotica in fegati trapiantati.PFIC-2 si caratterizza per una colestasicon livelli normali di gGT determinatadalla produzione di una proteina traspor-tatrice dei sali biliari (BSEP) anomalaconseguente a mutazioni del geneABCB11 (2q31.1) con modalità eredita-rie autosomiche recessive. La formameno impegnativa con sintomi ricorrentiè nota come BRIC-2. L’evoluzione puòessere rapida e il trapianto epatico risolu-tivo, tranne nei casi di recidiva colestati-ca del fegato trapiantato in presenza diautoanticorpi contro la BSEP. La sintesidi una proteina trasportatrice MDR3anomala costituisce la base patogeneticadella PFIC-3. Il gene mutato responsabi-le è ABCB4 (7q21) e la malattia si carat-terizza per una colestasi con gGT eleva-te. Mutazioni del gene ABCB4 sonoresponsabili, oltre che della PFIC-3,anche della cirrosi biliare dell’adulto,della colestasi intraepatica in gravidanza,della colelitiasi associata a ipofosfolipi-demia e, in eterozigosi, di alcune manife-stazioni colestatiche anitteriche idiopati-che. Nonostante l’individuazione deldifetto genetico in queste tre patologie,un consistente numero di colestasi

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Per corrispondenza:Enrico Vallettae-mail: [email protected]

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aggiornamento avanzato Quaderni acp 2013; 20(4)

CRYPTIC. In entrambi i casi i riscontriconseguiti su modelli animali hannoottenuto solo parziali conferme nell’uo-mo. Secondo altri modelli di malattial’AVB sarebbe legata a mutazioni deigeni che regolano lo sviluppo delle strut-ture pancreatiche (Sox17) e della coleci-sti (Lgr4), o a fattori di crescita dell’en-dotelio vascolare. Queste acquisizionisulla patogenesi dell’AVB non offrono,al momento, alcun risvolto pratico.La malattia di Wilson interessa 1/30.000individui e si manifesta con epatopatiacronica ingravescente e sintomi neurolo-gici legati all’accumulo del rame. La tra-smissione è autosomica recessiva, legataa una mutazione sul gene ATP7B(13q14.3). Essendo numerose le muta-zione del gene ATP7B che causano lamalattia di Wilson, la diagnosi geneticanon è d’impiego comune. Tuttavia, se nelsingolo paziente viene identificata lamutazione responsabile, questa può esse-re ricercata nei familiari di primo grado.

ColelitiasiNel bambino e nell’adolescente è eventoraro ma da non trascurare. La frequenzavaria dallo 0,13%, tra 6 e 19 anni di etàin Italia, al 2% in adolescenti obesi inGermania. Nell’adulto, dove la patologiaè molto più frequente, importanti fattoricontributivi sono stati individuati nell’et-nia (circa il 50% di colelitiasi negliIndiani d’America), sesso femminile, pa -rità, dislipidemia, obesità, insulino-resi-stenza e familiarità per colelitiasi [3-4].Oltre il 90% dei calcoli della colecisti è acontenuto colesterolico. Uno studio suoltre 40.000 gemelli in Svezia, ha sugge-rito una forte componente genetica allaquale si associa un’altrettanto importanteinfluenza di altri fattori, primo tra tuttil’obesità. Studi su modelli murini hannoindividuato oltre 20 geni (geni Lith) for-temente implicati nella colelitiasi.Analogamente, nell’uomo, geni candida-ti sono situati sui cromosomi 1p10, 2p,3q, 4p, 8p, 9p, 10p e 16q (geni litogeni-ci). Il singolo gene più rilevante è lavariante D19H del gene ABCG8 sul cro-mosoma 2 che sembra rispondere di circail 10% del rischio totale per colelitiasi eche determina un’aumentata sintesi delcolesterolo a livello epatico. I portatoridel l’allele 19H hanno un incremento delrischio di 2 volte se eterozigoti e di 7 vol -te se omozigoti. Una forma particolare di

colelitiasi denominata “colelitiasi asso-ciata a ipofosfolipidemia” è stata attri-buita a una singola mutazione del geneABCB4 che regola il trasporto dei fosfo-lipidi di membrana. Varianti del gene(NR1H4) che codifica per un recettorenucleare dei sali biliari e per un traspor-tatore (SLC10A2) degli acidi biliari sonostate anch’esse associate a un più elevatorischio di colelitiasi. Nell’ambito dellecolelitiasi le indagini genetiche nonhanno oggi una reale utilità clinica.

Sindrome di GilbertCondizione ereditaria a trasmissione au -to somica dominante con penetranza in -com pleta, nella quale si ha incrementovariabile della bilirubina non coniugata(indiretta) in assenza di emolisi e di ma -lattia epatocellulare [5]. È una forma nonevolutiva, benigna, determinata dallariduzione dell’attività del gene UGT1A1(2q37) della UDP-glicuronidil-transfera-si 1A1. Il genotipo più comune è il poli-morfismo omozigote nel promoter A(TA)7TAA del gene UGT1A1. Numerosealtre varianti dello stesso gene dannoforme intermedie di sindrome di Gilberte sono state identificate anche nella sin-drome di Crigler-Najjar I e II. Il difettodella s. di Gilbert incrementa il rischio dicolelitiasi e potrebbe influenzare l’anda-mento dell’iperbilirubinemia nel neona-to, nel lattante al seno nelle prime setti-mane di vita o in presenza di altre condi-zioni emolitiche (incompatibilità ABO,sferocitosi). La s. di Gilbert, per la suabenignità, non richiede, di norma, alcunapprofondimento genetico.

Malattie del pancreasPancreatiti cronicheAnche le pancreatiti sono il risultato del-l’interazione tra fattori ambientali ed ere-ditarietà genetica; sono noti almeno 4determinanti genetici, tutti in relazione alcontrollo dell’attività della tripsinaall’interno del pancreas [6]. Una muta-zione del gene PRSS1 (7q35) che sinte-tizza per il tripsinogeno cationico causaattivazione del tripsinogeno in tripsina(processo che normalmente dovrebbeavvenire nel duodeno) già all’internodella ghiandola con autodigestione delpancreas. Ne risulta una forma ereditariadi pancreatite che origina da oltre unaventina di mutazioni note e che esordisce

attorno ai 10-11 anni di età. Nel 50% deicasi e vol ve in pancreatite cronica con unri schio di neoplasia del 40% a 70 anni.Un sistema di parziale protezione (bloc-ca non più del 20% dell’attività della tri-psina) verso l’accidentale attivazione deltripsinogeno è fornito da un inibitoredella serina-proteasi codificato dal geneSPINK1 (5q31). È ritenuto importante inalcune forme di pancreatite tropicale, maagirebbe più come gene modificatore dipatologia in concomitanza con altri e piùimportanti fattori genetici e ambientali dipancreatite. Il 2% della popolazione ge nerale è porta-tore di una mutazione di SPINK1, maraggiunge il 25% in alcuni gruppi affettida pancreatite cronica idiopatica. Mu -tazioni di PRSS1 e SPINK1 vanno ricer-cate in bambini con pancreatite ricorren-te-cronica, specie se con precedentifamiliari. Ugualmente importanti sono ilgene del chimotripsinogeno (CTRC) equello che regola il livello del calciointra-acinare (CASR). Tutti questi geni controllano l’attivazio-ne del tripsinogeno a diversi livelli (aci-nare o duttale) e con diversi meccanismi,suggerendo la possibilità di approcciterapeutici di stinti a seconda del difettogenetico individuato [7]. Anche mutazio-ni del gene CFTR della fibrosi cisticasono state ri scontrate con una certa fre-quenza in al cu ne casistiche di pancreati-te cronica i dio patica e di pancreatite cro-nica tropicale suggerendo un loro ruoloconcausale.

Fibrosi cistica (FC)La FC è una malattia autosomica recessi-va, causata da una mutazione nel geneCFTR (7q31.2) che codifica per una pro-teina di 1480 amminoacidi regolatricedei canali del cloro attraverso la mem-brana delle cellule epiteliali. Dalla suascoperta, poco più di venti anni fa, leconoscenze sul gene CFTR si sono accu-mulate a un ritmo impressionante e nonpotremo qui che accennarne brevemente.Il pancreas e il tratto digestivo sono orga-ni nei quali il difetto della proteina CFTRsi esprime con particolare evidenza, ma ènoto che la FC è malattia sistemica cheinteressa anche l’apparato respiratorio, leghiandole sudoripare e il sistema ripro-duttivo. La mutazione più frequente è laDF508 presente nel 50% dei soggetti conFC in Italia, arrivando all’85% in Da ni -

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mar ca e Gran Bretagna. Tuttavia, a oggi,sono state identificate e depositate oltre 1700 mutazioni e polimorfismi(www.genet.sickkids.on.ca/cftr/) suddi-visi in cinque classi (I-V) in rapporto allaproduzione di una proteina struttural-mente o funzionalmente anomala [8].Alcune di queste mutazioni (classi I-III)si esprimono fenotipicamente con unamalattia più grave, altre (classi IV, V) siassociano più frequentemente a un pan-creas funzionalmente sufficiente o a unapneumopatia meno impegnativa. L’in -fluenza di altri geni modificatori è proba-bilmente determinante. In Italia si stimavi siano un affetto da FC ogni 2700 nativivi e un portatore ogni 26. Una coppiaogni 700 ha una probabilità su 4 di gene-rare a ogni gravidanza un figlio con FC.I portatori non presentano alcuna mani-festazione clinica. Nella FC, le acquisi-zioni genetiche hanno avuto una rapidaapplicazione clinica, rendendo possibilila diagnosi genetica, la diagnosi prenata-le e quella del portatore, fino a ipotizza-re concretamente la possibilità di unaterapia genica. Su questi temi si stannooggi confrontando strategie e filosofie discreening e d’intervento, talora assai di -verse, che sollevano problemi organizza-tivi ed etici di grande complessità [9].

Sindrome di Shwachman-Diamond (SDS)È una rara (1:80.000) malattia autosomi-ca recessiva che si esprime nel bambinocon insufficienza pancreatica, difettodell’emopoiesi, anomalie cardiache, epa-tiche, scheletriche, immunologiche epredisposizione alla leucemia [10]. Circail 90% dei pazienti con SDS ha unamutazione del gene SBDS (7q11) checodifica per una proteina ubiquitarianelle cellule e particolarmente a livellodei nucleoli. La sua funzione non è deltutto nota, ma sarebbe coinvolta nellabiogenesi dei ribosomi e preverrebbel’instabilità genomica durante la mitosi.L’indagine genetica è senz’altro utile aifini diagnostici.

CommentoSappiamo che in svariate patologie deltratto gastrointestinale del bambino con-corrono, in misura variabile, fattori am -bientali e genetici con il possibile ulterio-re contributo di eventi scatenanti ancora,in larga parte, ignoti. Per sapere se unamalattia abbia una più o meno forte com-ponente genetica, possiamo calcolare ilrischio (ls) nei fratelli di un individuoaffetto dividendolo per il rischio nellapopolazione generale [11]. Tanto più ele-vato è questo rapporto tanto maggiore èla rilevanza della componente genetica.Per fare un esempio, la fibrosi cistica(classica malattia mendeliana) ha ls =500, la celiachia ls = 2-5, le MICI ls =1,3-8,3. La nostra capacità di studiareestensivamente il genoma u ma no consen-te oggi di mettere in evidenza un numeroenorme di possibili mutazioni in unaltrettanto grande numero di loci geneti-ci. Correlare queste osservazioni con ildato clinico di malattia rappresenta il pas-saggio più difficile, per l’elevata numero-sità delle popolazioni da studiare, perraggiungere la significatività statisticautile all’identificazione di loci solo modi-camente influenti e per la difficoltà diconfermare le medesime osservazioni instudi diversi e, magari, in popolazioni dietnie differenti. Comunque sia, vero è chenon possiamo ignorare quanta parte –piccola o grande che sia – abbiano, giàoggi, le conoscenze genetiche nellagestione complessiva di queste malattie.Informazioni in questo senso sono dispo-nibili rapidamente per chiunque e ledomande che ci vengono poste dai nostripazienti sono sempre più precise e incal-zanti. I test genetici possono essere utiliz-zati in funzione del supporto diagnosticoper confermare il sospetto clinico, o ascopo predittivo per indagare una generi-ca predisposizione a sviluppare la malat-tia (la celiachia è l’evenienza più comu-ne), fino alle più complesse ed eticamen-te delicate richieste di diagnosi prenataleo di previsione di malattie che si svilup-peranno nel corso della vita, ma sul cui

decorso naturale non siamo oggi in gradod’intervenire (la còrea di Huntington èl’esempio tipico, ma anche le poliposifamiliari possono porre, per alcuni versi,problemi simili). L’attesa è che, nel futu-ro, la genetica ci consenta non solo dioffrire una sempre più efficace consulen-za in termini prognostici o di scelte ripro-duttive, ma soprattutto di differenziare inmaniera più precisa le diverse varianti diuna malattia e d’individualizzare le scel-te terapeutiche modificandone effettiva-mente la prognosi e/o migliorando la qua-lità di vita delle persone affette. u

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aggiornamento avanzato Quaderni acp 2013; 20(4)

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IL CASO 1La storiaM. C. è un bambino di 9 mesi e 17 gior-ni che da 48 ore presenta una desquama-zione periorale e sulle ali del naso ed è intrattamento domiciliare da 48 ore conbetametasone per os (0,5 mg x due volteal giorno) e claritromicina (15 mg/kg indue somministrazioni). Dopo 24 ore lalesione cutanea si trasforma in un erite-ma essudativo e desquamante con zonecrostrose esteso a tutto il volto esclusa la fronte (figura 1). È comparsa febbre (38-38,5 °C) e da 24 ore le lesioni si sonoestese al tronco. Il bambino è nato da parto spontaneo atermine senza alcun problema ed è statoalimentato al seno per cinque settimane,dopo di che il latte materno è stato inte-grato da una formula a base di latte vac-cino. Presenta un normale accrescimentostaturo-ponderale e psicomotorio. Unico

dato anamnestico patologico: una febbredella durata di tre giorni circa un meseprima, verosimilmente da infezione dellealte vie respiratorie trattata sintomatica-mente con paracetamolo e ibuprofene.

AbstractChildren with burned skinTwo children of 9 and 25 months with Staphylococcal Scalded Skin Syndrome (SSSS)are described. It is a rare infection caused predominantly by phage group 2 Staphylo-cocci producers of an exfoliative toxin. Onset of the rash was preceded by high fever.The rash was a scarlatiniform erythema on the face quickly diffused to thorax andlimbs; after a few days flaccid blisters and erosions develop diffusely, appearing as asecond degree burned skin. After about two weeks healing occured without scarring.The treatment was based on intravenous antibiotics and topic therapy for 10 days. Thediagnosis is essentially clinical and can be confirmed by blood culture or by isolatingStaphylococci from the primary site of infection. Quaderni acp 2013; 20(4): 181-183Key words Staphylococcal Scalded Skin Syndrome

Sono descritti i casi di due bambini di 9 e 25 mesi affetti da Staphylococcal ScaldedSkin Syndrome (SSSS) o sindrome stafilococcica della cute ustionata, rara infezioneda ceppi di stafilococchi coagulasi positivi capaci di produrre una tossina esfoliativa.La malattia era esordita con febbre elevata e lesioni eritematose di tipo scarlatti-niforme al volto e subito dopo al tronco e agli arti su cui, dopo qualche giorno, eranocomparse bolle che rapidamente si rompevano dando luogo a un quadro simile a unapelle con ustioni di II grado. Tali lesioni si seccavano dando origine alla formazionedi croste che cadevano in circa due settimane senza lasciare alcuna cicatrice. La gua-rigione si verificava dopo trattamento per 10 giorni con antibiotici attivi contro lo sta-filococco coagulasi positivo per via venosa e opportuna terapia topica. Si sottolineacome la diagnosi sia eminentemente clinica e possa essere confermata dall’isolamen-to dello stafilococco dall’emocoltura o dal sito primario d’infezione. Parole chiave Sindrome stafilococcica della cute ustionata

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I bambini dalla pelle ustionataPaolo Siani*, Augusto Mastrominico*, Elisa Sciorio*, Paolo Kosova**, Federica de Seta**, Roberta Kosova***UOC di Pediatria Sistematica e Specialistica, AORN “Santobono-Pausilipon”, Napoli**UOC di Pediatria e Patologia Neonatale, Ospedale “San Paolo”, Napoli

Per corrispondenza:Paolo Sianie-mail: [email protected]

FIGURA 1

FIGURA 2

FIGURA 3

FIGURA 4

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Il percorso diagnosticoAll’ingresso in reparto: peso 10,300 kg(75° Pc), lunghezza 75 cm (50°-75° Pc),temperatura 38,5 °C, FC 130 b/m, FR 27a/m; tempo di refill < 2 sec. All’esameobiettivo si rilevano marcato eritema edesquamazione nella zona periorale,desquamazione intorno agli orifizi dellenarici, eritema bilaterale sulle palpebreed eritema al collo. La mucosa del cavoorale è normale. Sulla regione del dorsoe dell’addome (figure 2 e 3) si osserva-vano bolle di varia grandezza che si rom-pono rapidamente, dando luogo a lesioniessudanti simili a ustioni di II grado.Inoltre si apprezza la comparsa di erite-ma con modesta desquamazione nell’a-rea scrotale e perianale. Nessuna mucosaè interessata. In zona ascellare si eviden-zia unicamente eritema. Nei primi due giorni di degenza il quadroclinico presenta una progressiva esten-sione delle lesioni cutanee che, inizial-mente evidenti al volto (bocca, naso eocchi) e al collo, interessano nei giornisuccessivi la regione perianale, quellascrotale e il tronco (particolarmente ildor so) (figura 2) e, in misura minore, legam be e le braccia, dove le manifestazio-ni erano inizialmente evidenti solo al lepieghe ascellari e a quelle inguinali. Sullamaggior parte delle regioni interessatecompaiono bolle di varia grandezza checonferiscono loro l’aspetto di ustioni di IIgrado e che rapidamente si rompono. Gli esami di laboratorio mostrano unamodesta leucocitosi (GB 13.800/mmc)con spiccata neutrofilia (N 69,5%) men-tre gli indici infiammatori sono nellanorma. Il segno di Nikolsky (che consi-ste nella sfaldatura dello strato superioredell’epidermide dopo modesta sollecita-zione meccanica) risulta positivo. L’e -mo coltura dà luogo allo sviluppo di sta -filococco coagulasi positivo.

IL CASO 2La storiaB. D. è un maschio di 22 mesi che si ri -covera per la comparsa da circa tre gior-ni di febbre e di un rash eritematoso scar-lattiniforme inizialmente al viso, al collo,al tronco e agli arti superiori, in seguitoan che al dorso e alla radice degli arti in -feriori. Il piccolo ha sempre goduto dibuona salute. Si segnala la somministra-zione del vaccino MPR venti giorni pri -ma della comparsa della sintomatologia.

Il percorso diagnosticoAl ricovero il bambino appare molto sof-ferente, prostrato, con febbre elevata(39,5 °C), con FC di 130 b/m, FR 28 a/m,Sat O2 98%, tempo di refill < 2 sec. Pesa11,400 kg (25°-50° Pc), è lungo 84 cm(50° Pc). Il quadro clinico è dominato da

iperemia congiuntivale e palpebrale e daestese lesioni eritematose essudanti alviso (intorno alla bocca e agli occhi), allabase del collo, al tronco e agli arti supe-riori. Nella regione del collo e sul troncosi osservano alcune bolle di varia gran-dezza a contenuto chiaro che prima di -ventano flaccide e poi si rompono (figura 4). L’ispezione del cavo oralemostra una faringe modicamente ipere-mica e una mucosa orale normale.

La diagnosi di tutti e due i casiI due casi presentano all’esordio dellecaratteristiche differenti, in quanto il ca -so 1 esordisce con lesioni essudative cro-stose in regiore periorale al volto (figu-ra 1) che verosimilmente hanno inganna-to il collega curante che lo stava trattan-do co me eczema atopico impetiginizzatocon steroidi per os e antibiotico. L’e -stensione delle lesioni e la successivaevoluzione verso la formazione di ampiezone eritematose con bolle e vescicolehanno radicalmente mutato il quadro cli-nico che, associato alla febbre, ha indi-rizzato verso la diagnosi. Nel caso 2 lelesioni erano primariamente eritematosee su queste si erano impiantate bolle chedivenivano flaccide ed essudanti. In sintesi si tratta di due bambini di 9 e22 mesi che presentano febbre elevata erash eritematoso scarlattiniforme sulquale compaiono vescicole e bolle flac-cide simili a ustioni primariamente intor-no alla bocca e poi anche sul torace e allaradice degli arti. Nelle regioni periorifi-ziali del naso e della bocca le bolle rapi-damente si seccano ed evolvono versolesioni crostose. Le mucose non sono inalcun modo interessate dalle lesioni. Le zone cutanee interessate nei due casisi potevano quantizzare intorno al 13%della superficie corporea nel caso 1 e al15% nel caso 2. Pertanto le diagnosi daprendere in considerazione sono:

– eczema atopico impetiginizzato;

– sindrome di Stevens-Johnson (SSJ) /Ne crolisi epidermica tossica (NET);

– sindrome stafilococcica della cute u -stionata o Staphylococcal Scalded SkinSyndrome (SSSS).

• L’eczema atopico impetiginizzato, chepuò essere preso in considerazione soloper il caso 1 (figura 1) – il bimbo di 9 me si – può essere agevolmente esclusoperché il bambino non aveva mai soffer-to in precedenza di eczema atopico. Essonon in sorge improvvisamente su tutta lasu per ficie cutanea e interessa a questa etàpre va lentemente il volto e le superficiflessorie degli arti. Esordisce senza feb-bre e non evolve verso la formazione dibolle o vescicole che si rompono, simili aquelle dell’ustione. L’eczema, infatti, si

manifesta con piccolissime bollicine chesi rompono e danno luogo a lesioni primaessudanti e poi crostose, fortemente pru-riginose, sintomo che anche il bambinodel caso 2 non aveva mai presentato. Lasu perinfezione batterica dell’eczema, ab -bastanza frequente anche quando e ste sa,è raramente associata a febbre e a com-promissione dello stato generale. La figu-ra 1, che si riferisce all’esordio della sin-tomatologia, poteva trarre in inganno mal’evoluzione successiva delle lesioni con-sente con certezza di escludere l’ipotesidiagnostica di eczema impetiginizzato.• La SSJ/NET è la seconda ipotesi dia-gnostica da considerare. Esse sono due ra -re (1-2 casi per milione per anno) reazio-ni mucocutanee, potenzialmente mortali ecaratterizzate da: 1) distacco der mo-epi-dermico, 2) lesioni bollose e 3) e ro sionedelle mucose. Attualmente la SSJ e laNET sono ritenute due singole ma lattie apatogenesi comune. Sono stati i dentificatimolti farmaci come causa dell’insorgenzadella SSJ o della NET. An che le infezionisono state indicate come fattore non far-macologico che aumenta il ri schio di SSJo di NET e tra queste se gnatamente ilMycoplasma pneumoniae (MP) è l’agentepiù frequentemente coinvolto. La NET ècaratterizzata da un intenso eritema cuta-neo con formazione di bolle di varia gran-dezza e da erosioni emorragiche dellemucose che causano stomatiti, balaniti,gravi congiuntiviti e blefariti. Spesso lafebbre e il malessere generale sono i primisintomi che possono persistere o addirit-tura aumentare fin quando non compaio-no le lesioni muco-cutanee. Il mancatointeressamento delle mucose è l’elemen-to differenziale fondamentale tra laSSJ/NET e i casi descritti. Si può quindiragionevolmente escludere una SSJ/NET.• Resta da considerare un’altra possibi-lità diagnostica: la sindrome stafilococ-cica del la cute ustionata o Staphy lo coc -cal scal ded skin syndrome o SSSS. Talema lattia inizia con febbre (nel 40-50%dei casi), irritabilità e un diffuso eritemadel la cute. Entro 24-48 ore appaionobolle ripiene di liquido chiaro. Queste sirompono facilmente esitando in zonemolto simili a ustioni di II grado. Il qua-dro clinico presentato dai bambini de -scritti era sovrapponibile al quadro clini-co di questa malattia. Tutti e due i bambini hanno presentatoun eritema diffuso, il caso 1 associatoinizialmente a lesioni crostose al voltomentre nel caso 2 erano comparsi primal’eritema e poi le lesioni bollose che sisono rapidamente rotte. La diagnosiviene confermata dalla presenza solo nelcaso 2 dello stafilococco coagulasi posi-tivo all’emocoltura perché la presenza diStafilococco coagulasi positivo nella

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sede delle lesioni, ritrovato nel caso 1,non era probante in quanto dovuto a unasuperinfezione da stafiloccocco avvenutasuccessivamente. Il segno di Nikolskyera, invece, presente in tutti e due i casi atestimoniare l’infiammazione del solostrato superficiale dell’epidermide comenella SSSS nella quale il sito di scissioneè intraepidermico, mentre nella SSJ/NETsi verifica necrosi completa dello stratoepidermico a livello della membranabasale. Dal punto di vista clinico, inoltre,nella SSJ/NET sono coinvolte almenodue mucose [1]. Quindi si tratta di duecasi di sindrome stafilococcica della cuteustionata o SSSS.

Il desorso del caso 1La febbre persiste per cui, anche in se -guito all’isolamento dello stafilococcocoagulasi positivo all’emocoltura, si ini-zia terapia antibiotica con ampicillina-sulbactam (500 mg x 3 ev) e teicoplani-na (10 mg/kg ev ogni 12 ore per le prime24 ore e poi 10 mg/kg ogni 24 ore) e siistilla nelle congiuntive un collirio a basedi tobramicina per l’isolamento dello sta-filococco coagulasi positivo dalla secre-zione congiuntivale.La terapia topica consiste, oltre che nelladetersione quotidiana con soluzionefisiologica e clorexidina, nell’applicazio-ne di medicazioni Acticoat (barriera anti-microbica con nanocristalli di argento),costituite da cinque strati: due nuclei in -ter ni assorbenti inseriti fra tre reti di po -lie tilene non aderenti ricoperti di argen-to. Sulle lesioni più gravi ed estese ven-gono applicate garze grasse sterili Je -lonet alla paraffina, largamente utilizzatesulle ustioni di II grado. Dopo 3 giorni di terapia antibiotica e to -pica la febbre è scomparsa, le condizionigenerali sono migliorate e le lesioni cuta-nee hanno iniziato a essiccarsi fino adivenire crostose. La caduta delle crostee la guarigione completa delle lesionihanno richiesto 15 giorni.

Il decorso del caso 2Dopo qualche giorno le lesioni si trasfor-mano in croste nelle sedi periorifiziali,intorno al naso e alla bocca ma non in re -gione perianale mentre compaiono altrevescicole e bolle flaccide simili a ustionidi II grado al torace, alla base del collo ealla radice degli arti. Gli esami emato-chimici mostrano leucocitosi neutrofila(GB 14.200/mm3; N 70%). Gli indiciinfiammatori sono moderatamente eleva-ti (VES: 38 mm) e PCR 15 mg% con VN< 10 mg%). I tamponi congiuntivali equelli delle lesioni cutanee portano all’i-solamento di colonie di stafilococco coa-gulasi positivo. Per questo è eseguitotrat tamento antibiotico ev con merope-

nem (20 mg/kg/ogni 8 ore) e teicoplani-na (10 mg/kg/ogni 12 ore per 3 giorni epoi ogni 24 ore per altri 3 giorni). Per ladifficoltà ad alimentarsi, a causa dellelesioni crostose periorali, il bambino èalimentato per via parenterale i primi tregiorni e poi con sondino naso-gastricoper i cinque giorni successivi. Lo cal men -te vengono applicate medicazioni a basedi antisettici topici, clorossidanti e genta-micina simili a quelle del caso 1. La feb-bre scompare dopo 72 ore di terapia e lelesioni cutanee regrediscono parzialmen-te e poi scompaiono dopo 13 giorni.

CommentoLa SSSS è una rara dermatite esfoliativamediata dalla tossina stafilococcica chesi manifesta principalmente nei neonati enei bambini piccoli probabilmente peruna bassa clearance renale della tossinastafilococcica e per una carente rispostaanticorpale anti-esotossine epidermoliti-che [2]. Essa può presentarsi anche inpazienti immunocompromessi o adulticon insufficienza renale. L’incidenza sti-mata è tra 0,09 e 0,13 casi per milione diabitanti, il 98% dei quali si manifesta inbambini di età inferiore ai 6 anni con untasso di mortalità che oscilla tra il 4% el’11% dei casi [3-4].I sintomi arrivano in assoluto benessere,con rialzo febbrile accompagnato da unrash eritematoso di tipo scarlattiniformesu cui compaiono bolle di varia grandez-za, a contenuto chiaro, che si romponorapidamente e che assomigliano a ustionidi II grado. La febbre è presente in circala metà dei casi e può non essere elevata.Il decorso è abitualmente di un paio disettimane con guarigione senza esiticicatriziali [5]. La diagnosi di SSSS èfondamentalmente clinica e si basa sultipo di eritema, che è un rash attorno allabocca dove assume un aspetto crostoso-desquamativo a evoluzione disepiteliz-zante, e sulla caratteristica evoluzionedelle lesioni verso la formazione di bolle.Il mancato coinvolgimento delle mucosee il segno di Nikolsky sono in grado didifferenziare la SSSS da altre dermatitisimili, prime fra tutte la SSJ e la NET. Le complicazioni potenzialmente fatalicomprendono la disidratazione, l’ipoter-mia e il rischio d’infezioni secondarie.Complicanze a lungo termine, come lecicatrici, non sono frequenti a causa dellivello superficiale delle lesioni e dellarapida guarigione dopo il trattamento. La causa della SSSS è attribuibile aun’in fezione da parte di alcuni ceppi dista fi lococco coagulasi positivo che pro-ducono tossine esfoliative (ETa-ETb-ETd) che possono diffondersi da un sitoiniziale per via ematogena e causare per-ciò dan ni epidermici in siti distanti. È

possibile, tuttavia, arrivare a una impor-tante compromissione clinica che puòseriamente mettere a rischio la vita delbambino. La terapia prevede l’impiegodi antibiotici attivi contro lo stafilococco,da somministrare per ev. In alcuni casi, quelli che presentano unanotevole estensione delle lesioni essu-danti, si rende necessario l’impiego diuna terapia di supporto. La malattia in -sorge pochi giorni dopo la comparsa diuna infezione (rinofaringite, otite, con-giuntivite) con febbre e malessere [6]. Ladiagnosi può essere confermata dall’iso-lamento di stafilococco aureo coagulasipositivo dal sito primario d’infezione(narici, congiuntiva, regione periorale)e/o dall’emocoltura. u

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il caso che insegna Quaderni acp 2013; 20(4)

BOX: DALLA LETTERATURA E DAL CASOABBIAMO IMPARATO CHE

– la SSSS è rara ed è gravata da unamortalità che varia tra il 4% el’11% a seconda delle casistiche;

– la causa è un’infezione da parte dialcuni ceppi di stafilococco aureoche producono tossine esfoliativeche possono proliferare da un sitoiniziale d’infezione per via emato-gena e causare perciò danni epi-dermici in siti distanti;

– la diagnosi differenziale si deveporre essenzialmente con le piùgravi SSJ e, soprattutto, NET scate-nate da farmaci o, più raramente,da infezione da Mycoplasma.Queste due sindromi si differenzia-no dalla SSSS per la molto mag-giore gravità del quadro clinico eper l’interessamento delle mucose(almeno due).

La terapia si basa sull’impiego diantibiotici attivi sullo stafilococco pro-tratta per 10 giorni e, se necessario,su una terapia di supporto.

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A cinque anni dall’introduzione dellavac cinazione anti-HPV possiamo affer-mare di avere più informazioni per indi-rizzare le decisioni, a livello individuale(counselling alla singola assistita) enazionale (quale vaccino utilizzare, chivaccinare, con che modalità)?

Prevenzione del cervicocarcinoma Una revisione sistematica di studi rando-mizzati controllati rileva una possibiledifferenza nell’efficacia dei due vaccini,bivalente e quadrivalente, rispetto allaprevenzione delle lesioni precancerose(CIN), scelte come proxy del tumoredella cervice uterina. Nella popolazione naïve – ragazze cheall’arruolamento avevano una colposco-pia negativa, non avevano anticorpi con-tro 14 tipi di HPV oncogeni ed eranoPCR negative per HPV 16/18 – l’effica-cia del bivalente nel prevenire le lesioniprecancerose di grado più elevato(CIN2+ e CIN3+) associate a ogni tipo diHPV è maggiore rispetto all’efficacia delquadrivalente (tabella 1). La sostanzialeeterogeneità rilevata fra gli studi indica oche le popolazioni dei trial differisconofra loro, o che i due vaccini hanno real-mente una efficacia diversa [1]. La maggiore efficacia osservata per ilbivalente nel prevenire le lesioni precan-cerose di grado più elevato (CIN3+)rispetto alle lesioni di tipo CIN2+ puòessere interpretata come un’effettivacapacità del vaccino di prevenire le lesio-ni destinate a evolvere in cervicocarcino-ma (in questo caso indicando una veraefficacia contro il tumore), oppure comeeffetto della scarsità degli eventi osserva-ti, e quindi destinata a svanire in studicon più lungo follow-up.Se altri studi confermeranno questa dif-ferenza, il bivalente dovrà essere preferi-to al quadrivalente nei Paesi con scarserisorse in cui sono compresenti elevataprevalenza dell’infezione e difficoltà aimplementare programmi di screening,con conseguente elevata mortalità asso-ciata al cervicocarcinoma.

Prevenzione dei condilomi genitaliA differenza del cervicocarcinoma, chesi manifesta mediamente dopo vent’annidall’infezione da HPV, i condilomi geni-tali hanno un periodo di incubazionebreve di due-tre mesi: il picco di inciden-za si osserva tra 15 e 24 anni per leragazze e fra 20 e 29 anni per i ragazzi[2]. I dati di prevalenza nella popolazio-ne generale sono rari, essendo la granparte delle osservazioni riferita allapopolazione che afferisce ai centri per lemalattie sessualmente trasmesse; datiaustraliani indicano una incidenza del2,2 per mille [3].Il vaccino bivalente non ha alcuna effica-cia preventiva rispetto ai condilomi geni-tali, differentemente dal quadrivalente.In Australia – dove la campagna di vac-cinazione è iniziata nel 2007 e i tassi di copertura con tre dosi sono circa il70% – è stata osservata una riduzionenetta dei casi di condilomi genitali: con-frontando i dati del periodo pre-vaccina-le (dal 2004 a metà 2007) con quelli delperiodo post-vaccinale (da metà 2007 al2011) raccolti in otto ambulatori per lemalattie sessualmente trasmesse, la ridu-zione di condilomi è risultata pari al92,6% nella proporzione di ragazze dietà < 21 anni (da 11,5% a 0,85%), al72,6% nelle donne di età 21-30 anni (da11,3% a 3,1%), nulla nelle donne di età > 30 anni (non coinvolte nel programmavaccinale). Una ridu zione analoga si èosservata anche ne gli uomini giovani(effetto gregge) [4]. Nei Paesi europei – dove, grazie agliscreening, basse prevalenza e mortalitàcaratterizzano il cervicocarcinoma – simoltiplicano gli studi (finanziati preva-lentemente dall’industria) di efficacia delquadrivalente contro i condilomi genitali[5-7].Se, per queste caratteristiche, il quadri-valente diverrà il prodotto più frequente-mente adottato nei Paesi occidentali – anche al fine di ridurre i condilomi neigruppi maggiormente a rischio (uominiche hanno rapporti sessuali esclusiva-mente con uomini e popolazione HIVsieropositiva) – sarà necessario non solomantenere elevata l’adesione allo scree-ning, ma potrà anche essere messo indubbio l’allungamento dell’intervallo fradue test successivi, data la ridotta effica-

I due vaccini anti-HPV cinque anni doponon sembrano più tanto equivalentiSimona Di Mario, Vittorio BaseviSaPeRiDoc - Centro di Documentazione sulla Salute Perinatale e Riproduttiva, Servizio assistenza distrettuale, medicina generale,pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari, DG Sanità e Politiche sociali, Regione Emilia-Romagna

cia di questo vaccino verso il cervicocar-cinoma.

Aumentano le evidenze di rischio di diseguaglianzaA dicembre 2012 il tasso di coperturadelle adolescenti italiane nate nel 1997 èrisultato pari al 68,5%. Il range è com-preso fra il 53% in Sicilia e l’84,1% inSardegna, se si esclude la provincia diBolzano, il cui tasso (25,2%) si discostafortemente dalla media [8]. Poco o nulla sappiamo del 30% di ragaz-ze che non si vaccinano: il progettoVALORE dell’ISS, il cui obiettivo eraindagare sui motivi di non adesione allavaccinazione, non ha raccolto un cam-pione sufficiente (2110 questionari resti-tuiti su 13.830 inviati). Negli USA unostudio ha rilevato che la paura deglieffetti avversi è fra le motivazioni piùfrequentemente riferite dai genitori pernon vaccinare le adolescenti contro HPV(16,4% delle risposte), mentre è pratica-mente inesistente fra chi non vaccinacontro DTP o MMR (< 1%) [9].È stata osservata un’associazione fralivello socioeconomico, comportamentia rischio e adesione alla vaccinazione. Inuna indagine condotta negli USA nel2010, in cui il 32% delle ragazze fra 13 e17 anni aveva ricevuto tre dosi di vacci-no anti-HPV, il tasso di copertura è risul-tato, in misura statisticamente significati-va, inferiore nelle ragazze prive di assi-curazione medica (14,1%), che vivononegli Stati del Sud, mediamente più po -veri, come Alabama (20%) e Mis sis sip pi(13,8%), e negli Stati con più elevataincidenza di cervicocarcinoma e più bas -sa adesione allo screening [10]. Quindi ivaccini anti-HPV vengono usati di menodalle ragazze che, a causa delle loro con-dizioni socioeconomiche, sono maggior-mente esposte al rischio di cervicocarci-noma.Una ricerca canadese analizza l’associa-zione fra comportamenti sessuali a ri -schio ed efficacia della vaccinazioneanti-HPV-[11]. Lo studio stratifica lapopolazione in 4 gruppi (da L0 a L3) ca -rat terizzati da attività sessuale a rischiocrescente (definito sulla base di alcuniparametri quali il numero di partner e ilprecoce esordio sessuale). La popolazio-ne sessualmente attiva in Canada è rap-presentata per il 79% da soggetti con

Per corrispondenza:Simona Di Marioe-mail: [email protected]

vaccin

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livello di rischio basso (L0-L1) che con-tribuiscono al 57% delle infezioni asso-ciate a HPV16/18; il restante 43% delleinfezioni si osserva nel 21% di soggetticon abitudini sessuali a rischio più eleva-to (L2-L3). Secondo i modelli sviluppatisulla base di questi dati dai ricercatori, aparità di copertura media della popola-zione femminile vaccinata contro HPV(fissata a 85%), l’impatto della vaccina-zione in termini di riduzione della preva-lenza delle infezioni HPV16/18 correlatesarà maggiore se la vaccinazione rag-giungerà i gruppi maggiormente arischio (riduzione delle infezioni pari a95% a settant’anni dall’inizio della cam-pagna vaccinale), intermedia se raggiun-gerà senza alcuna differenza la stessaquota di ragazze appartenenti ai quattrodifferenti gruppi di rischio (riduzionepari a 85%), inferiore se si concentreràsulla popolazione a minore rischio (ridu-zione pari a 60%) [11]. Verosimilmente,anche in I talia, l’impatto della vaccina-zione in termini di riduzione della preva-lenza di infezione da HPV16/18 dipen-derà largamente dalle caratteristichedelle ragazze (circa 30%) che non si vac-cinano: se que ste appartengono a gruppiche assumeranno comportamenti sessua-li a maggiore rischio l’impatto sarà evi-dentemente minore rispetto all’atteso.In conclusione, a cinque anni dall’iniziodella campagna vaccinale, le conoscenze

disponibili indicano una differente effi-cacia dei due vaccini, la cui entità andràconfermata in studi successivi. Ancheper questo nei Paesi ricchi assistiamo auna crescente attenzione alla prevenzio-ne dei condilomi. Il tempo chiarirà sequeste scelte avranno un impatto su mor-bosità e mortalità correlate al cervicocar-cinoma, se verranno effettivamente rag-giunti i gruppi maggiormente a rischio ese, in conclusione, la vaccinazione pre-senta dei vantaggi nei confronti dellaprecedente strategia, basata sullo scree-ning organizzato con pap test, che appa-re attualmente ancora irrinunciabile enon modificabile. u

Bibliografia[1] Di Mario S, Basevi V, Lopalco PL, et al. Moreevidence more uncertainty: the case of HPV vac-cines. A systematic review with meta-analysis. In -viato per pubblicazione.[2] Lacey CJ, Lowndes CM, Shah KV. Chapter 4:Burden and management of non-cancerous HPV-related conditions: HPV-6/11 disease. Vaccine2006;24(suppl 2):35-41.[3] Ali H, Guy RJ, Wand H, et al. Decline in in-pa -tient treatments of genital warts among young Au -stralians following the national HPV vaccinationprogram. BMC Infect Dis 2013;13:140. doi:10.1186/1471-2334-13-140.

[4] Ali H, Donovan B, Wand H, et al. Genital wartsin young Australians five years into national humanpapillomavirus vaccination programme: nationalsur veillance data. BMJ 2013;346:f2032. doi:10.1136/bmj.f2032.[5] Leval A, Herweijer E, Ploner A, et al. Qua dri va -lent human papillomavirus vaccine effectiveness: aSwedish national cohort study. J Natl Can cer Inst2013;105(7):469-74. doi: 10.1093/jnci/djt032.[6] Marty R, Rozè S, Bresse X, et al. Estimating theclinical benefits of vaccinating boys and girls a -gain st HPV-related diseases in Europe. BMC Can -cer 2013;13:10. doi: 10.1186/1471-2407-13-10.[7] Bresse X, Adam M, Largeron N, et al. A com-parative analysis of the epidemiological impact anddisease cost-savings of HPV vaccines in France.Hum Vaccin Immunother 2013;9(4). [8] Giambi C. Stato di avanzamento della campa-gna vaccinale per l’HPV: dati di copertura vaccina-le al 31/12/2012. Rapporto Semestrale. Epidemio -lo gia di Malattie Infettive del CNESPS-ISS, Roma.http://www.epicentro.iss.it/problemi/hpv/pdf/Aggiornamento_HPV_31122012.pdf.[9] Darden PM, Thompson DM, Roberts JR, et al.Reasons for not vaccinating adolescents: nationalimmunization survey of teens, 2008-2010. Pedia -trics 2013;131(4):645-51 doi: 10.1542/peds.2012-2384. http://pediatrics.aappublications.org/content/early/2013/03/12/peds.2012-2384.[10] Jemal A, Simard EP, Dorell C, et al. AnnualReport to the Nation on the Status of Cancer, 1975-2009, featuring the burden and trends in humanpapillomavirus (HPV)-associated cancers and HPVvaccination coverage levels. J Natl Cancer Inst2013;105(3):175-201. doi: 10.1093/jnci/djs491.[11] Malagón T, Joumier V, Boily MC, et al. Theimpact of differential uptake of HPV vaccine bysexual risks on health inequalities: a model-basedanalysis. Vaccine 2013;31(3):1740-7. doi: 10.1016/j.vac cine.2013.01.026.

TABELLA 1: EFFICACIA DEI VACCINI ANTI-HPV CONTRO LE LESIONI PRECANCEROSE ASSOCIATE A QUALUNQUE TIPO DI HPV, EFFET-TO TOTALE (METANALISI) E PER TIPO DI VACCINO, NELLA POPOLAZIONE NAÏVE

MMeettaannaalliissiiEEtteerrooggeenneeiittàà ffrraa ggllii ssttuuddii Bivalente Quadrivalente

VE n eventi / n eventi / I2 p VE n eventi / n eventi / VE n eventi / n eventi /(IC 95%) n vaccinati n controlli (IC 95%) n vaccinati n controlli (IC 95%) n vaccinati n controlli

CIN2+ 58% 143/10587 325/10629 66,4% 0,05 65% 66/5971 189/5949 43% 77/4616 136/4680(35,72) (54,74) (23,57)

CIN3+ 79% 39/10082 108/10132 91% < 0,001 93% 3/5466 44/5452 43% 36/4616 64/4680(< 0, 97) (79,99) (13,63)

vaccinacipì Quaderni acp 2013; 20(4)

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Nel maggio 2013 gli organi d’informa-zione hanno dato ampio risalto alledichiarazioni di due società scientifiche(Società Italiana di Pediatria, SocietàItaliana di Allergologia e ImmunologiaPediatrica) riguardo ai possibili rischidovuti all’impiego dei farmaci genericiin pediatria, per possibile sovradosaggioo, al contrario, inefficacia e per la pre-senza di eccipienti differenti o in quantitàsuperiore rispetto all’originatore. Affer -mazioni non documentate da evidenzescientifiche, che rischiano di ridurre ungià basso ricorso al generico. Esistono differenze tra nazioni nel con-sumo di farmaci generici, e l’Italia è traquelle con il minore utilizzo. Esistonodifferenze anche tra le Regioni italiane eall’interno delle stesse, nonché tra i sin-goli medici prescrittori che operano nellastessa ASL o nello stesso distretto [1-2].Differenze verosimilmente dovute a fat-tori culturali e attitudini prescrittive, cherimandano alla necessità d’interventi for-mativi.È quindi opportuno chiarire alcuni dubbicomuni tra i medici.

Il generico può contenere il 20% inmeno (o in più) di principio attivodel farmaco di marca?Il generico deve contenere la stessaquantità di principio attivo del farmacodi marca (originatore). La forma farma-ceutica deve essere identica, può cambia-re la composizione in termini di ecci-pienti. Possono esserci piccole differenze(fino a un massimo del 20%) per quantoriguarda i principali parametri di farma-cocinetica (biodisponibilità, concentra-zione al picco, tempo al picco). Peresempio, il rapporto tra la biodisponibi-lità generico/branded deve essere com-preso tra 0,80 e 1,25, ma perché la bioe-quivalenza sia dimostrata, è tutto l’inter-vallo di confidenza al 90% del rapporto(e non solo la stima puntuale) che deveessere inferiore a 1,25 e superiore a 0,80. Considerando la stima puntuale del rap-porto generico/branded le differenze

risultano minori: nel 98% degli studi sot-toposti alla Food and Drug Admi ni stra -tion (FDA) questa cadeva nell’intervallo±10%, con una differenza media di bio-disponibilità tra generico e branded del4% [3].La variabilità farmacocinetica tra (e in -tra) gli individui è fisiologica, anchequan do si assumono farmaci branded.Se somministrando due specialità medi-cinali differenti la cinetica del farmaco(principio attivo) è simile, non ci sonomotivi per ritenere che l’efficacia tera-peutica possa essere differente. Piccoledifferenze nella cinetica sono possibilianche tra lotti diversi della stessa specia-lità medicinale di marca. Questo nonsignifica che l’efficacia o la sicurezzasiano differenti a seconda del lotto acqui-stato.Esistono, comunque, revisioni sistemati-che della letteratura che hanno valutatogli studi clinici disponibili e non hannoevidenziato differenze di efficacia trafarmaci generici e branded [4-5].

La qualità dei generici può essereinferiore?Il processo di produzione e il controllo diqualità (principio attivo, eccipienti ecc.)dei generici devono rispettare le norme ele linee guida valide per tutti i farmaciautorizzati.Occorre, inoltre, considerare che il 90%dei generici venduti in Italia è prodotto dauna decina di aziende: multinazionali spe-cializzate nella produzione di generici e/odivisioni che fanno parte di aziende far-maceutiche produttrici di medicinali dimarca. Molte di queste aziende commer-cializzano le stesse specialità ge ne richeanche in altre nazioni europee [6].

Le differenze negli eccipienti possono aumentare il rischio di allergie? È possibile che un generico contenga uneccipiente non presente nel farmaco dimarca e che quindi una persona possamanifestare una reazione allergica algenerico e non al branded, e viceversa.Questo però è un problema che riguardatutte le specialità medicinali (generiche enon) e che si dovrebbe porre tutte le voltein cui si prescrive per la prima volta unfarmaco. Eppure sembra che gli ecci-pienti costituiscano un rischio solo secontenuti nei generici.

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Generici e bambini… Yes, we can!Antonio Clavenna, Daniele Piovani, Filomena FortinguerraLaboratorio per la Salute Materno-Infantile, Dipartimento di Salute Pubblica, IRCCS - Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”,Milano

In ogni caso, un’intolleranza o un’aller-gia conosciute a un eccipiente possonoessere comunque comunicate al farmaci-sta, che potrà valutare la composizio-ne degli eccipienti della specialità medi-cinale.

In conclusione…Non ci sono prove scientifiche che docu-mentino una minore efficacia e/o tollera-bilità dei generici, negli adulti come neibambini.Non c’è dubbio che sia necessaria unamaggiore formazione e informazione peroperatori sanitari e cittadini riguardoall’uso razionale dei farmaci, e una mag-giore trasparenza da parte dell’AgenziaItaliana del Farmaco (AIFA) sui control-li effettuati e sugli studi disponibili. Aquesto riguardo sarebbe auspicabile ladisponibilità di uno strumento simileall’Orange Book della FDA, un elenco ditutti i farmaci generici, con le relativevalutazioni di bioequivalenza, disponibi-le per la consultazione sia ai medici pre-scrittori che ai farmacisti.Sarebbe infine opportuna una maggioreomogeneità tra farmaci generici e dimarca per quanto riguarda i foglietti illu-strativi e i misurini dosatori. u

Bibliografia[1] Cordella L, Realdon N, Schievenin F, e laRedazione di Dialogo sui Farmaci. I Medicinaliequivalenti. 14 novembre 2011. http://www.dia -logosuifarmaci.it/pages/view/monografie.[2] Iommarini A, Sequi M, Cartabia M, et al.Prescrizione di antibiotici equivalenti nella popola-zione pediatrica in Lombardia. Medico e Bambino2013;32:173-8.[3] Davit BM, Nwakama PE, Buehler GJ, et al.Comparing generic and innovator drugs: a reviewof 12 years of bioequivalence data from the UnitedStates Food and Drug Administration. AnnPharmacother 2009;43(10):1583-97. doi: 10.1345/aph.1M141.[4] Kesselheim AS, Stedman MR, Bubrick EJ, et al.Seizure outcomes following the use of generic ver-sus brand-name antiepileptic drugs: a systematicreview and meta-analysis. Drugs. 2010;70(5):605-21. doi: 10.2165/10898530-000000000-00000.[5] Kesselheim AS, Misono AS, Lee JL, et al.Clinical equivalence of generic and brand-namedrugs used in cardiovascular disease: a systematicreview and meta-analysis. JAMA 2008;300(21):2514-26. doi: 10.1001/jama.2008.758.[6] Traversa G. Fiducia negli equivalenti: migliora-re l’informazione e i controlli. Ricerca&Pratica2013;29(1):18-20. doi: 10.1707/1227.13600.

Per corrispondenza:Antonio Clavennae-mail: [email protected]

farm

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A rappresentare l’Italia a Cannes 2013non c’era solo La grande bellezza diPaolo Sorrentino. Nella sezione “Un cer-tain regard” figurava, infatti, ancheMiele, opera prima di Valeria Golino chenon rimanda né a Fellini, né a tradiziona-li filoni italiani. Se proprio gli si vuoletrovare un legame, infatti, bisogna fareriferimento a due film della scorsa sta-gione che, presentati nei due principalifestival cinematografici europei, hannosuscitato interesse e sono stati argomen-to di accesi dibattiti: Amour, premiatocon la “Palma d’oro” a Cannes, e Bellaaddormentata, presentato a Venezia.Come Michael Haneke e MarcoBellocchio, anche Valeria Golino portasul grande schermo il delicato tema del-l’eutanasia che, di solito e proprio per ledisparate opinioni che suscita, vieneaffrontato in convegni e tavole rotonde.È bene chiarire subito, tuttavia, cheMiele narra soprattutto una storia di tur-bamenti d’animo, lasciando agli spettato-ri il compito di porsi problemi di ordineetico, morale, religioso, professionale equant’altro ai quali inevitabilmente latrama rimanda. Al centro della vicendac’è una giovane donna dei nostri giorni,bella e triste, moderatamente androgina eintroversa. Si chiama Irene (una più chematura Jasmine Trinca), vive di momen-tanei rapporti sessuali, footing e musicasparata in cuffia. Per gli amici è unaricercatrice universitaria, ma in realtà hauna doppia vita. Quando veniamo aconoscenza della sua attività illegale eclandestina, comprendiamo in parte lastrana impenetrabilità del suo sguardo.Ed è un colpo basso. Irene, sotto il nomefittizio di Miele, si occupa di suicidi assi-stiti e riveste i panni di un freddo angelodella morte. Con la complicità di medicipoco scrupolosi e dietro richiesta diparenti disperati che vogliono abbreviarel’agonia dei loro cari, compie ripetutiviaggi in Messico, si procura dosi diLamputal, un farmaco letale a uso veteri-nario, si fa rilasciare una dichiarazione discarico di responsabilità e, pur non assi-

stendo al tragico epilogo, fornisce detta-gliate istruzioni su come somministrarlo.Un giorno a implorare il suo intervento èl’ingegnere Grimaldi (al quale prestavolto e bravura Carlo Cecchi), un solita-rio intellettuale settantenne, ma questavolta non c’è alcuna malattia incurabile agiustificarne la richiesta. Solo dopo aver-gli consegnato il barbiturico Irene scopreche la malattia di Grimaldi è solo stan-chezza di vivere e, per impedirgli dicompiere il tragico gesto, cerca in tutti imodi di riavere indietro il Lamputal. Lasua ansia non nasce dalla paura di venirecoinvolta nel suicidio dell’ingegnere, mada un’etica personale: Irene non si ritie-ne un “sicario” e non vuole sentirsi cor-responsabile in alcun modo. Se succe-desse l’irreparabile non potrebbe conti-nuare a giustificare se stessa e il suolavoro. L’incontro con Grimaldi, che conil passare dei giorni diventa confidenzia-le scambio d’idee e affettuoso rapporto,fa vacillare le convinzioni della donna, ele certezze diventano dubbi, vita e mortesi scambiano i ruoli, il miele diventafiele. Tratto da A nome tuo di MauroCovacich, prodotto da RiccardoScamarcio e da Viola Prestieri, Miele hail pregio della coraggiosa scelta di unastoria privata che tocca temi generali dasempre oggetto di controversie, strumen-talizzazioni, polemiche. “All’inizio –dice la Golino – ho avuto paura, ho pen-sato che fosse un argomento troppo diffi-cile, poi però ho deciso che volevo pro-prio raccontare questa storia e parlaredi questo argomento, del contrasto tra lavita e la morte”. Va letta così, allora, lacontrapposizione tra l’immobilità deicorpi dei malati e il frenetico correre,viaggiare, ascoltare musica, avere fugacirapporti sessuali di Irene. La morte – siaquella della madre, che probabilmente hasegnato la sua esistenza e ha influitosulle sue scelte, sia quella di estraneiagonizzanti, che le procura da vivere mache la protagonista non ama guardare infaccia – si presenta improvvisamente conun’altra maschera: quella della noia, delmale di vivere, come avrebbe dettoEugenio Montale. In tal modo la neore-gista evita di addentrarsi nello spinosotema dell’eutanasia, non suggerisce solu-zioni, non si schiera pro o contro convin-

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Per corrispondenza:Italo Spadae-mail: [email protected]

Miele e fiele nell’opera primadi Valeria Golino, MieleItalo SpadaComitato cinematografico dei ragazzi, Roma

ragazzi

zioni etiche, religiose e politiche. Questonon significa però che Miele sia un filmsuperficiale e pilatesco. Tutt’altro, per-ché, dietro a una vicenda che può veder-ci passivi spettatori, pone interrogativiradicali comuni a tutti e di perenne attua-lità: come interpretare la morte? Comeguardarla in faccia quando entra nellenostre case e mette a dura prova i nostriaffetti e le nostre credenze? u

Miele Regia: Valeria Golino Con: Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Li -be ro De Rienzo, Iaia Forte, Vinicio Mar -chio ni, Roberto De Francesco, BarbaraRonchiItalia, 2013 Durata: 96’, colore

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Rubrica a cura di Maria Francesca Siracusano

Si può andare controcorrente? Sì! Nonsolo è razionalmente raccomandabile,ma è anche piacevole e stimolante, comeben sanno i velisti che amano andare dibolina, quasi controvento. Ecco, allora,due brevi e piacevoli letture controcor-rente. Il mostro buono di Bruxelles è di H.M.Enzensberger, un intellettuale tedescoche ricordiamo citato in una divertentebattuta di Caro Diario di Moretti. Il sot-totitolo è: “L’Europa sotto tutela”. L’Au -tore ci dà la sua visione di cosa è attual-mente l’Unione europea nonostante isuoi grandi meriti, uno spaccato che statra l’ironico, il divertente, il grottesco e ildrammatico. Le principali critiche che egli rivolge alleistituzioni europee sono soprattutto l’ec-cesso di burocrazia e la mancanza dilegittimazione. Nella veloce e gradevolelettura i non addetti ai lavori scoprirannoche Consiglio europeo e Con siglio del -l’U nione europea sono cose di verse; cheil secondo si articola in 10 di verse for-mazioni dagli acronimi incomprensibili,coniati per soddisfare tutte le varie esi-genze linguistiche; che la Commissioneeuropea, espressione degli accordi trago verni, è composta da 27 commissari eche al suo presidente sono subordinatenumerose direzioni generali; che vi è poiuna serie di uffici e servizi, come le a -gen zie comunitarie ed esecutive, consedi distribuite in tutto il continente; cheogni agenzia ha personalità giuridica e haun proprio consiglio di amministrazionenel quale operano almeno 16 membri;che il presidente del parlamento europeoha 14 vicepresidenti; che svariati altri uf -fici e agenzie si dividono tra Lus sem -burgo, Strasburgo e Francoforte. E que-sto è solo l’inizio, perché dopo vengonotemi quali l’assenza di legittimazione e

Hans Magnus EnzensbergerIl mostro buono di BruxellesEinaudi, 2013 pp. 98, euro 10

Navigare in senso contrarioal vento

La seconda lettura si allaccia alla prece-dente. L’incipit è infatti: “Un’idea scioc-ca incanta l’Occidente: l’umanità, che staandando male, andrà meglio senza fron-tiere”. L’Autore è Régis Debray, intellet-tuale francese che i più vecchi tra noiricordano sul palco alle spalle di Fidel aitempi della rivoluzione cubana, poi guer-rigliero in Bolivia (con il successivosospetto di aver “consegnato” CheGuevara agli americani) e infine consi-gliere di Mitterand. In questo brevelibretto è raccolto il testo di una confe-renza tenuta alla Casa franco-giapponesedi Tokyo nel marzo 2010, sede sceltaperché l’Autore, come egli stesso dichia-ra, si sarebbe ben guardato dal sostenereaffermazioni così sconvenienti a Parigi,

Régis DebrayElogio delle frontiereAdd editore, 2012pp. 93, euro 12

di democrazia, dal che l’A. intravedel’ingresso in un’era postdemocratica; ciòche viene definito “lo spirito di corpo”,cioè della corporazione dei funzionari,che si considerano una élite sovranazio-nale la cui caratteristica predominante èl’autoreferenzialità e che rappresentanola ragion di stato di uno Stato che non e -si ste; e infine l’economia, vulnus che ri -conosce più di un peccato originale e cheappare inguaribile con le ricette prescrit-te ormai da diversi anni. Una situazionein cui al dominio degli istituti finanziarila politica non sa porre rimedio, tantoche lo stesso Consiglio europeo ricorre auna formula che anche i governi nazio-nali apprezzano: “a ciò che deliberiamonon esiste alternativa”. A questo proposi-to l’A., che non è antieuropeista, ci ricor-da che la parola alternativlos, che intedesco si gnifica appunto “nessuna alter-nativa”, è stata eletta “non parola dell’an-no 2010”; essa esprime un concetto cheoffende la ragione umana perché equiva-le al divieto di pensare. Non è un’argo-mentazione, è una dichiarazione di resa.

Carlo Corchia

davanti a un pubblico francese. I para-dossi sono che di frontiere sul terrenonon ne sono mai state create così tantequante negli ultimi cinquant’anni; che27.000 km di nuove frontiere sono statetracciate a partire dal 1991, soprattutto inEuropa ed Eurasia; che davanti alla portadi casa si rivendicano come frontierenazionali alcuni insignificanti confiniregionali. Dalla biologia impariamo chele membrane servono a regolare gliscambi, sono la base della vita, e che inloro assenza gli scambi (la vita) vengonoannullati. Allo stesso modo le frontiere possonoregolare gli scambi, sono i muri a impe-dirli. Il paradigma preso di mira è quellosecondo cui la globalizzazione, la cosid-detta libera circolazione (delle persone odelle merci?), l’idea liberale della societàaperta portino a un mondo dove parolecome individuo, cittadino, diritti e libertàpossano essere declinate al meglio.Dov’è il trucco secondo l’A.? Nel termi-ne “vantaggioso per tutti”, che viene giu-dicato una trappola per i gonzi. È facileimmaginare i motivi per cui questo testoha ricevuto le critiche più accese propriodalla gauche. Tuttavia, nonostante i molti passaggiretorici e manieristici, le affermazioniapodittiche, l’assenza di argomentazioni(si tratta in ogni caso del testo di unaconferenza), il richiamo al concetto stori-co del sacro (che tanto piace ai movi-menti nazionalisti), non è possibile nonsoffermarsi a riflettere sui “non luoghi”come supermercati, aeroporti, stazioni diservizio, stazioni ferroviarie, parcheggi,autostrade, caselli; sul “pianeta-hub”; sul“pensiero di sorvolo” dei consumatoriteletrasportati; sul fatto che mettere inrete il mondo non significa abitare la retecome un mondo; sull’antitesi tra “luogodi passaggio” e “luogo di soggiorno”; sulfatto, importantissimo, che un “individuomorale” debba avere un perimetro, altri-menti non è; e infine sull’alibi retorico,in mano all’Occidente, rappresentato dalconcetto di “comunità internazionale”,equiparato a un flaccido zombie. Una let-tura che è una sorta di shock, ma sugge-rita; per continuare a pensare e andareoltre i cliché tradizionali di sinistra edestra. Carlo Corchia

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Gustavo PietropolliCharmetLa paura di essere brutti. Gli adolescenti e il corpoRaffaello Cortina Editore,2013pp. 148, euro 12

Se la bellezza del corpo diventa imprescindibile

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libri Quaderni acp 2013; 20(4)

buona«È ovvio che non si possa

scrivere senza leggere». Gianni Clerici

Ernst WiechertLa vita sempliceArnoldo Mondatori ed.,1940, pp. 308, euro 8

Leggere un libroper (ri)conoscere un maestro

Sì, avete letto bene, la prima edizione ita-liana è del 1940, e il libro non è più incommercio da molti anni. Sono riuscito atrovarne una copia in una delle numero-se librerie di libri usati presenti sul web.Il libro racconta di un uomo, ufficialedell’esercito, che alla fine della PrimaGuerra Mondiale si trova in un profondomalessere interiore. Una crisi coniugale,una disperazione umana che lo porta arompere drammaticamente con la vitafamiliare e con quella vita cittadina chenon riconosce più come sua. Così diven-ta il guardiacaccia di un’ampia e sperdu-ta tenuta alle dipendenze di un ammira-glio in pensione. Un atto di purificazio-ne, forse il desiderio di una catarsi, unasemplice ricerca di un sé andato smarritonegli ingranaggi di una guerra o nellafine di un amore o in una routine chetutto ingoia senza offrire più un senso.Vivrà il resto della sua vita su un’isolet-ta, con pochissima compagnia al di fuoridi discreti rapporti di sobria amicizia conpoche persone; nessun possesso, sololavoro, povertà e un po’ di tempo liberoda dedicare alla lettura. Qualche volta ilfiglio lo va a trovare, ma la relazione trai due resta sempre poco intima, undistacco percepito ma non sofferto. Unuomo con una forza morale e una rettitu-dine esemplari, un vero umile eroe, allasilenziosa ricerca di pace e di un cuoresereno. Una scrittura che risente di uneccesso di descrizione per noi “moderni”abituati ad Autori asciutti e affilati comeCarver o Roth; una lettura, quindi, appe-santita e che racconta una storia che nonè più dei nostri tempi. Perché allora l’holetto e ve lo propongo? Nell’autoscattoche con Maria Francesca Siracusanoabbiamo proposto su “Appunti di viag-gio”, questo era il libro scelto da FrancoPanizon. E, come nel gioco di Proust,volevo conoscere qualcosa di più suPanizon, pediatra che tanto mi ha inse-

gnato; immagino, anche, avesse rispostoalla domanda con una strizzata d’occhioe un sorriso sotto i baffi.

Costantino Panza

con lo specchio, implacabile come labilancia. Il brutto emette un’energia ne gativa cheallontana proprio chi si desidera. Il senti-mento è quello di una mancanza di valo-re e di legittimità sociale; la bruttezzaaffonda la soggettività e l’autostima. Pie -tro polli Charmet individua tre categoriedi adolescenti che si sentono brutti. Nellaprima rientrano i ragazzi che attaccano illoro corpo perché non lo sopportano; sitagliano, si scottano, si espongono a trau-mi violenti e in certi casi sono propensi aucciderlo (autolesionisti o fachiri). Nella seconda categoria rientrano i ra gaz -zi che si ritirano da scuola e dal la so cietàperché si sentono diversi, so prat tut to daicompagni di classe, e strin gono una rela-zione di dipendenza con internet, dove dinotte sfidano i coetanei nella realtà virtua-le (ritirati sociali gravi o eremiti). Nella terza categoria rientrano le ragazzeaffette da disturbi della condotta alimen-tare, le anoressiche-bulimiche che pensa-no di avere un corpo deforme e di doverprovvedere alla svelta a modificarlo.Digiunano o inglobano troppo cibo perpoi vomitarlo, e ritengono il cibo “stru-mento diabolico responsabile del delit-to”. Come è stata l’infanzia di questiragazzi fino ai dieci anni?, si domandal’Autore. L’ipotesi di Pietropolli Char -met è che all’origine ci sia un modelloeducativo basato sulla valorizzazione delsé del bambino, costituito da un mix diincitamento narcisistico e privazionematerna, con una presenza paterna discarso rilievo. Un rapporto madre-bam-bino privo dell’asimmetria del potere, incui l’oscuramento del pa dre dà al figliouna sensazione inebriante e lo mantiene,nella relazione con la madre, in una posi-zione quasi paritetica, democratica, dapartner, in cui ognuno ha le proprie re -spon sabilità e competenze. Proba bil men -te la madre si è sentita radicalmente solacon suo figlio, e il figlio è stato indotto apensare che la crescita è una faccendache deve sbrigare da solo; ha sentito sìuna madre stimolante e be nevolente, maanche stranamente assente, con una certaritrosia a fare davvero la mamma. Il trau-ma, secondo l’Autore, è consistito nel-l’essere stati più adorati che amati, piùspinti verso la crescita, l’autonomia e ilsuccesso che contenuti e coccolati inattesa della maturazione.

Claudio Chiamenti

Gustavo Pietropolli Charmet è psichiatrae psicoterapeuta, si occupa da decenni diadolescenti in crisi, di anoressiche e ditentati suicidi. In quest’ultimo libro parladi una nuova epidemia: la paura di esse-re brutti. “Negli ultimi anni sono sparitidal proscenio gli adolescenti con la rab-bia in corpo e quelli dilaniati dal senso dicolpa e si son fatti avanti quelli dominatida ideali di bellezza e di successo che lifanno sentire goffi, ridicoli, bruttini…”.L’inserimento nel gruppo e l’utilizzo diinternet e tv hanno trasformato i valori dibellezza in vere e proprie prescrizioni peri ragazzi di oggi. La bellezza del corpodiventa un valore imprescindibile se sivuole sperare di avere accesso alla noto-rietà, all’amore e all’amicizia. A nullaval gono le rassicurazioni dei genitori,che tendono a sdrammatizzare. È lospec chio che dice la verità, sono i coeta-nei che sottopongono a un concorso dibellezza durissimo e selettivo. E se ilconfronto è mortificante, non valgono isuccessi ottenuti in altri campi (“i ragaz-zi che pensano di essere brutti sono tuttibravi e intelligenti”), l’idea di bruttezzas’installa nella mente, diventa pensieroprevalente, ruminazione ossessiva, oscu-ra il resto della personalità. L’Autoreosserva che non è facilissimo accorgersidi questa epidemia perché, mentre la bel-lezza si sfoggia, la bruttezza si cela e ilsuo portatore fa il possibile per non esse-re intercettato dallo sguardo sociale.L’emozione della bruttezza è senza paro-le, non è condivisibile, è segregata neldolore, nella solitudine della relazione

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Torino: salone internazionale del libroStefania ManettiPediatra di famiglia, Piano di Sorrento, Napoli

I bambini salvano il mercato dei libriIl 16 maggio 2013 si sono aperte le portedel Salone Internazionale del Libro diTorino, appuntamento importante per tutticoloro che s’interessano per mestiere e/oper passione al mondo della lettura e deilibri. Il messaggio inaugurale del presiden-te Napolitano ha sottolineato in manieramolto precisa e appassionata proprio l’im-portanza della lettura ad alta voce in fami-glia, fin da piccolissimi, come intervento dipromozione dello sviluppo del bambino edella crescita culturale e sociale del Paese:“[…] Bisogna avvicinarsi fin da piccolialla lettura, persino quando non si saancora leggere […]. Lasciatemi dire che illibro, la lettura, la cultura costituisconopilastri insostituibili per il rafforzamentodella democrazia, per lo sviluppo di unapartecipazione consapevole e costruttivaalla vita politica e sociale, per il rinnova-mento delle istituzioni e delle rappresen-tanze istituzionali. Quello, cioè, di cuiabbiamo acuto bisogno nel nostro Paese”.Quest’anno il Salone ha registrato unaumento degli ingressi rispetto al 2012,anche se il mercato del libro ha subìto,come tanti altri settori, un calo complessi-vo. Il dato interessante è emerso, tuttavia,dalla indagine commissionata dallaAssociazione Editori Italiani alla Nielsen epresentata durante il Salone al convegno“Scene di paesaggio all’uscita del tunnel.Editori e canali di vendita con lo sguardopuntato al di là della crisi”. Emerge chiara-mente come nei primi mesi del 2013 sianoproprio i libri per ragazzi, ma ancora di piùi libri per i piccolissimi, 0-5 anni, a salvareil mercato del libro. Il presidente dell’AIE,Marco Paolillo, commentando i dati dellaindagine Nielsen ha detto: “All’interno diun quadro certamente negativo aggrappia-moci al dato in controtendenza che ci arri-va dal settore dei libri per ragazzi. Lo sipuò anche leggere come un primo risultatopositivo delle tante iniziative come ‘Amochi legge… e gli regalo un libro’, o ‘Natiper Leggere’, che hanno in questi anniposto al centro degli investimenti sulla let-tura queste fasce d’età. […] Ci auguriamoche questi nuovi ‘lettori’, che si avvicinanoal libro fin dalla tenera età, riescano amantenere quel rapporto anche per glianni a venire, invertendo quell’avvilentedato che contraddistingue il nostro Paese,che vede ancora più della metà della popo-lazione totalmente estranea al libro”.

Un dato molto positivo in tempi di crisi:lettori piccolissimi che forse, si spera,saranno lettori adulti, genitori che legge-ranno per se stessi e che ameranno, a lorovolta, leggere ai propri bambini. Dalla indagine Nielsen emerge anche,nonostante il calo complessivo, la crescitadei canali online di vendita dei libri e dellegrosse catene, con sofferenza purtroppodelle librerie piccole e indipendenti cheriducono la loro quota di mercato. Questo èin parte frutto del momento ma anche diuna povertà culturale in un Paese dove daanni, ancora prima della crisi, si legge pocoe si continua a investire ancora poco nellapromozione della lettura.

Il IV premio nazionale “Nati perLeggere” al Salone del LibroPer la sezione “Nascere con i Libri (18-36mesi)” è stato decretato miglior libro Buon -giorno postino (Babalibri, 2012) dei fran-cesi Michaël Escoffier (scrittore) e Mat -thieu Maudet (illustratore), per la semplice,bonaria e indifferenziata gioia con cui èaccolto un bebè, anche quando è sorpren-dentemente diverso da quanto ci si aspetta. Nella sezione “Nascere con i Libri (3-6 an -ni)” è risultato vincitore l’Autore e illustra-tore ligure Marco Viale con La città dei Lu -pi Blù (Giralangolo - Edt, 2012), perché èun vero piacere leggere ad alta voce la sto-ria di una ordinata e pacifica comunità dilupi (tanto blù da richiedere persino l’ac-cento) in cui irrompono un fischiettante lu -po “rrosso” e uno spericolato lupo “giall-lo”. Due ex aequo nella sezione “Crescerecon i Libri”: l’illustratore e autore JohnFardell con Ti mangio! (Il Castoro, 2012),per la scintillante inventiva che dimostracome chi ha coraggio sa tenere gli occhiben aperti sulla realtà senza chiudere quel-li della fantasia, e Pierre Bertrand (testi) eMagali Bonniol (illustrazioni) per Corna -bi corna (Babalibri, 2012), prescelto fraaltri dieci titoli da una giuria composta daquasi quattromila bambini per l’accattivan-te umorismo e l’efficace rivisitazione distilemi fiabeschi. Per la sezione “Reti diLibri” (miglior progetto di promozione del -la lettura rivolto ai bambini tra 0 e 5 anni)ottiene il riconoscimento il Comune diCortona (Arezzo), per la completezza, lacontinuità e la capillarità degli interventiproposti nell’ambito del Progetto e per laparticolare attenzione verso coloro che,grandi o piccoli che siano, ancora non

padroneggiano la lingua italiana.Vincitore della sezione “Pasquale Causa”(riservata a un pediatra che promuove pres-so le famiglie la pratica della lettura ad altavoce) è Graziano Zucchi di Pavullo nelFrignano, per la tenacia, l’inventiva, l’effi-cacia, la molteplicità degli interventi effet-tuati su un territorio diversificato e disage-vole e per la capacità di coinvolgere i bam-bini in iniziative di promozione del libro edella lettura. A Graziano Zucchi, che hafatto di Pavullo il paese di “Nati perLeggere”, vanno i complimenti dell’ACPper la meritata vittoria.Menzioni speciali: – alla collana “A spassocon le dita” dalla Federazione Nazionaledelle Istituzioni pro Ciechi di Roma, grazieal sostegno di Enel Cuore onlus, per lacompetenza e la sensibilità dimostrate nelconfezionare libri capaci di farsi leggerecon gli occhi, con le orecchie e con le dita;– al Comune Palma di Montechiaro, perl’ottimo avvio di un percorso di lavorocondotto con scrupolo ed entusiasmo su unterritorio di grande potenzialità.

Un addio a Roberto DentiIn questo spazio dedicato al mondo dellalettura per piccoli e meno piccoli il ricordova, a pochi giorni dalla sua scomparsa, pro-prio a un grande libraio, pioniere della let-tura, che ha promosso per tantissimi annicon gioia e passione: Roberto Denti. Roberto Denti con sua moglie Giovannaaveva fondato nel 1972, a Milano, la“Libreria dei ragazzi”, la prima libreria ita-liana per ragazzi, un tempio di libri e di let-ture. Insegnava l’amore per la lettura inmaniera incondizionata, gentile e da gran-de maestro. In una intervista di qualchemese fa rilasciata a Repubblica diceva: “Iofino a quando potrò, continuerò ad andarein libreria a insegnare a leggere ai bambi-ni. Vede, i libri non sono reliquie ma stru-menti indispensabili per crescere e decifra-re il mondo”.La casa editrice Interlinea lo ricorda reci-tando l’esergo già scelto per il progetto diun libro sul mondo delle fiabe, che dovevacorreggere, tratto da una cantilena deiTartari della Siberia:

tre mele caddero dal cielo dorato: / unaper chi la favola ha domandato / una perchi la favola ha narrato / una per chi lafavola ha ascoltato.Addio Roberto.

Per corrispondenza:Stefania Manettie-mail: [email protected]

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È nata da poco a Lodi una banca del latte umano centralizzata eprivata ad alto con tenuto innovativo. L’ACP, tuttavia, invita anon dimenticare la rete delle 23 banche latte già esistenti, pub-bliche, dalla tecnologia avanzata e sicura, completamente gra-tuite e fondamentali per il ruolo informativo che svolgono nonsolo per le madri e le donatrici.La nuova banca latte centralizzata lombarda ospitata nell’incu-batore d’impresa Alimenta, del Parco Tecnologico Padano diLodi, ha ricevuto il supporto da parte della SIN, Società Italianadi Neo na to logia, che ha pubblicizzato l’iniziativa, invitandotutti i neonatologi a utilizzare questo servizio.Non una parola però sulla preesistente rete delle banche del lattepubbliche, riunite nell’associazione AIBLUD onlus (Asso cia -zio ne Italiana Banche Latte Donato), che seguono le Linee Gui -da nazionali in materia messe a punto proprio dalla SIN.ACP senza voler limitare l’iniziativa privata con cui auspica chesi possano sviluppare in futuro utili sinergie collaborative, ritie-ne che si debba, in primo luogo, promuovere la nascita di nuovebanche pubbliche nelle regioni carenti presso gli ospedali conreparti di Neonatologia e migliorare l’attività di quelle esistenti.È arrivato il momento che le sedi istituzionali elaborino unaregolamentazione nazionale della donazione del latte e dell’atti-vità delle strutture deputate a gestirla. Attualmente la donazionedei tessuti umani (anche del latte umano) e il loro utilizzo clini-co in Italia hanno valore e tico e non possono avvenire a fini dilu cro.I pediatri che si riconoscono nell’ACP sottolineano l’alto valo-re sociale di queste banche latte perché si tratta di soggetti pub-blici, che svolgono da decenni un ruolo importante nell’assi-stenza al neonato critico, supportando una strategia nutrizionalescientificamente riconosciuta e largamente condivisa. A noipreme sottolineare per chiarezza d’informazione che:– la nuova Banca privata di Lodi si occupa solo degli aspettipiù tecnici della gestione del latte umano (controllo, tratta-mento, conservazione e trasporto); il costo del suo prodotto èelevato, pur tenendo conto dell’alta qualità, se si consideral’assenza delle spese per l’assistenza e gli screening delledonatrici e la raccolta domiciliare del latte. Non è presentealcuna cooperazione con le Neonatologie che comunquedevono personalizzare il latte donato con gli adeguati fortifi-canti;

– nelle banche latte AIBLUD il rapporto di collaborazione coni reparti di Neonatologia nella conservazione del latte dellapropria madre è stretto e motivato;

– l’alta qualità nutrizionale della banca lodigiana non ha avutoalcuna dimostrazione scientifica di poter ottenere un risulta-to clinico effettivamente migliore rispetto a quello ottenutodall’uso del latte donato dalle banche “tradizionali” all’inter-no delle Neonatologie. L’obiettivo su cui confrontarsi è sulla

Quaderni acp 2013; 20(4): 191-192 documentipercentuale di bambini con peso molto basso alla nascita(VLBW) in uscita dalle Neonatologie, che sono in parte ototalmente allattati al seno; questo rapporto è maggiore nelleTIN che hanno la banca rispetto a quelle che ne sono sprov-viste;

– lo sviluppo di questo modello di “Centrale del Latte Umano”porterà verosimilmente alla produzione e alla commercializ-zazione di un prodotto ottimo da acquistare o da riceverecome omaggio da qualche sponsor, ma privo di quel legamecol latte materno della propria madre che costituisce comun-que la prima e insostituibile scelta per la nutrizione dei pic-coli pretermine.

Augusto Biasini*, Paolo Siani***Direttore UO Terapia Intensiva Neonatale, Ospedale “M. Bufalini”,Cesena, e responsabile Banca del Latte Umano Donato di Cesena/Area Vasta Romagna, associata AIBLUD**Direttore UOC Pediatria, Ospedale “Santobono Pausilipon”,Napoli, presidente ACP

Richiesta di istituzione di una Commissioneper l’Infanzia e per l’AdolescenzaRiportiamo l’istanza inviata dal Gruppo CRC al Parlamentoitaliano per la richiesta della nomina di una Commissione par-lamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza:

On. Laura Boldrini, Presidente della Camera dei DeputatiSen. Pietro Grasso, Presidente del Senato della RepubblicaCapogruppi di Camera e Senato

Roma, 3 maggio 2013

Oggetto:Nomina dei componenti della Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza

Onorevoli Presidenti,Vi scriviamo per sottoporre alla Vostra attenzione la neces-

sità di nominare quanto prima i componenti della Commissioneparlamentare Infanzia e Adolescenza, prevista dalla Legge451/1997, e per sottolineare l’importanza di individuare, qualinuovi membri, parlamentari competenti ed effettivamente inte-ressati a seguirne i lavori.Il Gruppo CRC, network composto da 85 soggetti del TerzoSettore che da tempo si occupano attivamente della promozio-ne e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia,dal 2000 a oggi, ha realizzato due Rapporti Supplementaririspetto a quelli governativi inviandoli all’attenzione delComitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza consede a Ginevra, e ha pubblicato cinque Rapporti di monitorag-gio annuale. Negli ultimi dieci anni il Gruppo CRC ha instaurato nel corsodelle varie legislature un rapporto collaborativo con laCommissione poiché essa rappresenta la sede parlamentare piùappropriata in cui presentare i risultati del monitoraggio com-piuto annualmente dal Network. Tuttavia nel dicembre 2012 con lettera indirizzata ai Presidentidi Camera e Senato nonché alla Presidente e Vice-Presidentedella Commissione stessa, il network ha espresso la propriapreoccupazione in merito all’operatività di tale organismo. Il gruppo CRC ha rilevato infatti come nel corso delle audizio-ni avute durante la passata legislatura, non fossero mai stati pre-senti un numero significativo di parlamentari (ad esempio indata 9 ottobre 2012 erano presenti solo 4 parlamentari, così co -me nell’audizione avuta in data 27 novembre 2012).

L’ACP difende le banche pubbliche del latte umano L’Associazione Culturale Pediatri di fende le banche di latteumane pubbliche che già esistono e andrebbero incrementate, epone alcuni interrogativi circa l’av vio d’iniziative private comela ban ca del latte umano centralizzata di Lodi, nata con ilsostegno della Società Italiana di Neonatologia (SIN). Perchéaffidare la gestione e il trattamento di un tessuto umano, qual èil latte ma terno, a soggetti privati in contesti d’im presa staccatidalle Neonatologie? ACP chiede alle istituzioni di supportare epromuovere le reti esistenti, che comprendono 23 banche latteche operano in stretto coordinamento con i reparti diNeonatologia, privilegiando il rapporto con le madri e le dona-trici. Il latte materno non è e non può essere trattato come unbene commercializzabile.

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Inoltre riteniamo opportuno segnalare, a mezzo della presente,che pur dovendo la suddetta Commissione riferire con cadenzaannuale al Parlamento sui risultati della propria attività, inoccasione del monitoraggio effettuato per la redazione del 5°Rapporto CRC, abbiamo riscontrato che sul sito web del Par la -mento l’ultima relazione sull’attività svolta dalla CommissioneInfanzia disponibile risale al 2006. La Commissione per l’Infanzia e l’Adolescenza è, nelle inten-zioni del legislatore, un organismo che dovrebbe garantire un’a-deguata attenzione ai diritti dell’infanzia nell’ambito dei lavoriparlamentari, non solo in occasione della celebrazione annualedel 20 novembre. Nell’ambito degli incontri avuti nelle sedieuropee e internazionali in cui ci siamo confrontati con i colle-ghi di altri Paesi, abbiamo sempre posto in luce come buonaprassi l’istituzione di un simile organismo, così come eviden-ziato anche dallo stesso Comitato ONU nelle sue OsservazioniConclusive all’Italia, in quanto siamo convinti della sua validitàed efficacia qualora sia effettivamente operativo e i suoi com-ponenti partecipino effettivamente alle sedute e facilitino inizia-tive nel merito dei diritti delle persone di minore età che vivonoin Italia.Il Gruppo CRC auspica, quindi, che l’immediata nomina deicomponenti della suddetta Commissione possa garantire l’effet-tiva operatività e l’efficacia di tale organismo, affinché tutti idiritti sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia edell’Adolescenza (CRC) siano garantiti nel nostro Paese.

In attesa di un Vostro cortese riscontro in merito, porgiamo distinti saluti

Le associazioni del Gruppo CRC:Ass. ABA per lo studio e la ricerca sull’anoressia, la bulimia Fondazione ABIO Italia onlusACP - Associazione Culturale Pediatri ACRA A.G.B.E. onlus AiBi - Associazione amici dei bambini ALAMA - Associazione Laziale Asma e Malattie Allergiche ALI PER GIOCARE - Associazione Italiana dei Ludobus e delleLudotecheAssociazione Amani Anfaa - Associazione Nazionale Famiglie Adottive e AffidatarieAnffas onlus - Associazione Nazionale Famiglie di Persone conDisabilità Intellettiva e/o RelazionaleAssociazione Antigone Arché ArciragazziAssociazione Bambinisenzasbarre onlusBatya - Associazione per l’accoglienza, l’affidamento e l’adozioneCAM - Centro ausiliario per i problemi minorili Caritas Italiana CbM - Centro per il bambino maltrattato e cura della crisi familiareCentro per la salute del bambino onlus Centro studi Hansel e Gretel

Centro Studi Minori e Media CIAI - Centro Italiano Aiuti all’Infanzia onlusCIES onlus CISMAI CittadinanzattivaComitato Italiano per l’UNICEF CND - Consiglio Nazionale sulla Disabilità CNCA - Coordinamento Nazionale delle Comunità di AccoglienzaCoordinamento Genitori Democratici onlusComitato “Giù le mani dai bambini” OnlusCoordinamento La Gabbianella onlus CSI - Centro Sportivo Italiano CTM onlus Lecce ECPAT onlus FEDERASMA onlus Fed. Italiana delle Associazioni di Sostegno ai Malati Asmatici e Allergici Associazione Figli SottrattiFondazione Roberto Franceschi Onlus GEORDIE onlus Associazione Giovanna D’Arco onlus Gruppo Abele Associazione onlusGruppo Nazionale Nidi e Infanzia IBFAN ItaliaIl corpo va in città Intervita onlus Ires - Istituto di ricerche economiche e sociali IRFMN - Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”IPDM - Istituto per la prevenzione del disagio minorile Associazione L’abilità onlus Fondazione L’Albero della Vita onlus L’altro diritto onlus La Gabbianella e altri animali Libera ONG M.A.I.S. MAMI - Movimento Allattamento Materno Italiano Fondazione Paideia Save the Children Italia onlus SIMM (Società Italiana di Medicina delle Migrazioni) SIP - Società Italiana di Pediatria SOS Villaggi dei Bambini onlus Terre des Hommes Italia UNCM - Unione Nazionale Camere Minorili UISP Valeria Associazione di promozione sociale onlus Associazione 21 luglio VIS

Arianna Saulini - Coordinatrice Gruppo [email protected]

documenti Quaderni acp 2013; 20(3)

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Q u a d e r n i a c p website: www.quaderniacp.it

luglio-agosto 2013 vol 20 n°4

Come iscriversi o rinnovare l’iscrizione all’ACPLa quota d’iscrizione per l’anno 2013 è di 100 euro per i medici, 10 euro per gli specializzandi, 30 euro per gli infermieri e per i non sanitari. Il versamento può essere effettuato tramite il c/c postale n. 12109096 intestato a: - Associazione Culturale Pediatri, Via Montiferru, 6 - Narbolia (OR) (indicando nella causale l’anno a cui si riferisce la quota)oppure con una delle altre modalità indicate sul sito www.acp.it alla pagina “Iscrizione”. Se ci si iscrive per la prima volta occorre scaricare e compilare il modulo per la richiesta diadesione presente sul sito www.acp.it alla pagina “Iscrizione” e seguire le istruzioni in esso contenute oltre ad effettuare il versamento della quota come sopra indicato. Gli iscrittiall’ACP hanno diritto a ricevere la rivista bimestrale Quaderni acp, la Newsletter mensile Appunti di viaggio e la Newsletter quadrimestrale Fin da piccoli del Centro per la Salute delBambino richiedendola all’indirizzo [email protected]. Hanno anche diritto a uno sconto sulla iscrizione alla FAD dell’ACP alla quota agevolata di 50 euro anziché 150; sulla quotadi abbonamento a Medico e Bambino, indicata nel modulo di conto corrente postale della rivista e sulla quota di iscrizione al Congresso nazionale ACP. Gli iscritti possono usufruiredi iniziative di aggiornamento, ricevere pacchetti formativi su argomenti quali la promozione della lettura ad alta voce, l’allattamento al seno, la ricerca e la sperimentazione e altre materie dell’area pediatrica. Potranno partecipare a gruppi di lavoro su ambiente, vaccinazioni, EBM e altri. Per una informazione più completa visitare il sito www.acp.it.

Editoriali145 “Fare meglio con meno”

dalla via Emilia al WestGiancarlo Biasini

146 La formazione di Quaderni acpper un pediatra riflessivoMichele Gangemi

147 “Less is more”: migliorare la qualità dell’assistenza con meno risorseAntonio Cartabellotta

Fare meglio con meno148 Qualità delle cure e costi in pediatria

(inserto 1996)Simona Di Mario, Roberto Iuli, Anna Macaluso, et al.

Formazione a distanza154 La Porpora Trombocitopenica Immune (PTI)

Malattia grave? No. Malattia fastidiosa? SìMarco Spinelli, Andrea D’Adda, Francesco Saettini, Momcilo Jankovic

Ricerca161 La comunicazione di diagnosi

ai bambini malati e ai loro fratelliElena Luciano

Research letters166 Umanizzazione delle cure in età pediatrica

e assistenza psicologica integrata in Medicina NucleareLuisa Nadalini, Mira Luisa Festini, Rina Mirandola, et al.

170 Sessione Comunicazioni orali al XXIV Congresso Nazionale dell’Associazione Culturale Pediatri

Forum172 Le tecniche di procreazione

medicalmente assistitaSalvatore Dessole

Salute pubblica175 Anche per la sanità è tempo di scelte:

come individuare le priorità?Roberto Lala, Francesca Feyles, Valentina Peiretti

Aggiornamento avanzato178 La genetica in gastroenterologia pediatrica

Alcune cose da sapere (parte 2ª)Martina Fornaro, Enrico Valletta

Il caso che insegna181 I bambini dalla pelle ustionata

Paolo Siani, Augusto Mastrominico, Elisa Sciorio, et al.

Vaccinacipì184 I due vaccini anti-HPV cinque anni dopo

non sembrano più tanto equivalentiSimona Di Mario, Vittorio Basevi

Farmacipì186 Generici e bambini… Yes, we can!

Antonio Clavenna, Daniele Piovani, Filomena Fortinguerra

Film187 Miele e fiele nell’opera prima

di Valeria Golino, MieleItalo Spada

Libri188 Il mostro buono di Bruxelles

di Hans Magnus Enzensberger188 Elogio delle frontiere di Régis Debray189 La vita semplice di Ernst Wiechert189 La paura di essere brutti. Gli adolescenti

e il corpo di Gustavo Pietropolli Charmet

Nati per Leggere190 Torino: salone internazionale del libro

Stefania Manetti

Documents191 L’ACP difende le banche

del latte umano pubbliche!Augusto Biasini, Paolo Siani

191 Richiesta di istituzione di una Commissioneper l’Infanzia e l’AdolescenzaCRC