Pierre Jovanovic- Inchiesta sugli Angeli custodi capitoli 03 e 04

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Capitolo Terzo DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI I can sense the danger / [ust listen to the wind / I want you dose, I want you near / I can't help but listen / But each time I try / Its tbis voice I hear / I hear that voice again Peter Gabriel, That voice again, in So, Geffen Records Gli interventi sovrannaturali costituiscono una categoria che raggrup- pa fatti inspiegabili e che in questo campo rappresenta una fetta molto più consistente delle esperienze ai confini della morte. Niente di più logico, dal momento che basta aprire i giornali alla pagina dei «fatti dal mondo» per stabilire una specie di gerarchia nella moltitudine delle catastrofi. Quindi, date le testimonianze che seguiranno, la domanda è questa: «È possibile sfuggire a un incidente inevitabile e ineluttabile?» Il dottor Raymond Moody aveva già sottolineato nel 1977, nella sua opera La vita oltre la vita che in alcune testimonianze raccolte, i sogget- ti «affermavano di essere stati salvati dall' annientamento fisico grazie all'intervento di qualche entità o forza spirituale. In tutti i casi, l'inte- ressato si trovava (coscientemente o incoscientemente) esposto a un incidente che avrebbe dovuto essere mortale, oppure coinvolto in una concatenazione di circostanze fatali alle quali gli sarebbe stato impos- sibile sfuggire con i propri mezzi. Alla fine era giunto a uno stato di rassegnazione, di accettazione della morte. Tuttavia proprio in quel- l'istante appariva una voce o una luce che arrivava a soccorrerlo all'ul- timo momento». In effetti, se ne parlate con qualche amico o parente, vi imbatterete sicuramente in almeno un caso di incidente evitato «per miracolo», 96 III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI secondo l'espressione più comune. Come abbiamo visto nel capitolo precedente Dei tunnel e degli angeli, il soggetto viene effettivamente accompagnato da un essere spirituale che però sembra manifestarsi solo al momento della morte fisica. L'angelo custode aiuta il suo protetto ad attraversare il tunnel e lo rassicura sullo sviluppo degli avvenimenti. Allora, dal momento che troviamo gli angeli nel tunnel della morte, si può concludere che, da un lato sono sempre con noi, e dall'altro che possono intervenire per sottrarci alla morte in una situazione dramma- tica. Nella maggioranza dei casi che abbiamo visto, il soggetto si sente dire: «Non è la tua ora», e anche se spesso rifiuta di raggiungere il proprio corpo, l'essere lo respinge sulla terra. È una costante. Abbiamo anche notato che in certe NDE il soggetto, condannato a morte sicura dai medici o dai chirurghi, inspiegabilmente guarisce, quando a rigor di logica, (e ripenso al cervello privo di ossigeno per più di dieci minu- ti) non avrebbe mai dovuto ritornare in vita o comunque sarebbe rima- sto paralizzato per sempre. In breve, esaminando le NDE, sembra pro- prio che: 1) possiamo morire solo all'ora prevista nell'agenda divina; 2) gli incidenti accadono veramente e gli angeli hanno il compito di rimettere tutto a posto. Mi viene in mente soprattutto quella ragazzina operata alla gamba che ritorna all'ospedale, dove, in preda a dolori lancinanti, improvvisa- mente esce dal proprio corpo; subito una «signora» la recupera in extremis per il collo mentre si sta precipitando nel famoso tunnel e la rimanda indietro dicendole: «Non è la tua ora»; 3) tutto ciò può essere modificato dalla preghiera! Anche se la cosa si fa un po' complicata, esaminando diverse testi- monianze di soccorsi imprevisti e inspiegabili, abbiamo stabilito che gli interventi «sovrannaturali» possono essere ripartiti in cinque gruppi fondamentali: A) angelo/entità che arriva e sparisce in modo sovrannaturale. B) Interventi inspiegabili in situazioni drammatiche: 1) voce che risuona nel cervello, udibile in situazione normale; 2) gesto inspiegabile in situazione normale che evita la disgrazia; 3) tempo sospeso che dà al soggetto l'impressione di poter determi- nare da solo la decisione da prendere. . C) Aiuto che arriva e sparisce umanamente, sogni premonitori, sincronicità. III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI 97

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Angeli custodi testimonianze

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Capitolo Terzo

DEGLI INTERVENTISOVRANNATURALI

I can sense the danger / [ust listen to the wind / I want youdose, I want you near / I can't help but listen / But each timeI try / Its tbis voice I hear / I hear that voice again

Peter Gabriel, That voice again,in So, Geffen Records

Gli interventi sovrannaturali costituiscono una categoria che raggrup-pa fatti inspiegabili e che in questo campo rappresenta una fetta moltopiù consistente delle esperienze ai confini della morte. Niente di piùlogico, dal momento che basta aprire i giornali alla pagina dei «fatti dalmondo» per stabilire una specie di gerarchia nella moltitudine dellecatastrofi. Quindi, date le testimonianze che seguiranno, la domanda èquesta: «È possibile sfuggire a un incidente inevitabile e ineluttabile?»Il dottor Raymond Moody aveva già sottolineato nel 1977, nella suaopera La vita oltre la vita che in alcune testimonianze raccolte, i sogget-ti «affermavano di essere stati salvati dall' annientamento fisico grazieall'intervento di qualche entità o forza spirituale. In tutti i casi, l'inte-ressato si trovava (coscientemente o incoscientemente) esposto a unincidente che avrebbe dovuto essere mortale, oppure coinvolto in unaconcatenazione di circostanze fatali alle quali gli sarebbe stato impos-sibile sfuggire con i propri mezzi. Alla fine era giunto a uno stato dirassegnazione, di accettazione della morte. Tuttavia proprio in quel-l'istante appariva una voce o una luce che arrivava a soccorrerlo all'ul-timo momento».

In effetti, se ne parlate con qualche amico o parente, vi imbatteretesicuramente in almeno un caso di incidente evitato «per miracolo»,

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secondo l'espressione più comune. Come abbiamo visto nel capitoloprecedente Dei tunnel e degli angeli, il soggetto viene effettivamenteaccompagnato da un essere spirituale che però sembra manifestarsi soloal momento della morte fisica. L'angelo custode aiuta il suo protetto adattraversare il tunnel e lo rassicura sullo sviluppo degli avvenimenti.Allora, dal momento che troviamo gli angeli nel tunnel della morte, sipuò concludere che, da un lato sono sempre con noi, e dall'altro chepossono intervenire per sottrarci alla morte in una situazione dramma-tica. Nella maggioranza dei casi che abbiamo visto, il soggetto si sentedire: «Non è la tua ora», e anche se spesso rifiuta di raggiungere ilproprio corpo, l'essere lo respinge sulla terra. È una costante. Abbiamoanche notato che in certe NDE il soggetto, condannato a morte sicuradai medici o dai chirurghi, inspiegabilmente guarisce, quando a rigordi logica, (e ripenso al cervello privo di ossigeno per più di dieci minu-ti) non avrebbe mai dovuto ritornare in vita o comunque sarebbe rima-sto paralizzato per sempre. In breve, esaminando le NDE, sembra pro-prio che:

1) possiamo morire solo all'ora prevista nell'agenda divina;2) gli incidenti accadono veramente e gli angeli hanno il compito di

rimettere tutto a posto.Mi viene in mente soprattutto quella ragazzina operata alla gamba

che ritorna all'ospedale, dove, in preda a dolori lancinanti, improvvisa-mente esce dal proprio corpo; subito una «signora» la recupera inextremis per il collo mentre si sta precipitando nel famoso tunnel e larimanda indietro dicendole: «Non è la tua ora»;

3) tutto ciò può essere modificato dalla preghiera!

Anche se la cosa si fa un po' complicata, esaminando diverse testi-monianze di soccorsi imprevisti e inspiegabili, abbiamo stabilito che gliinterventi «sovrannaturali» possono essere ripartiti in cinque gruppifondamentali:

A) angelo/entità che arriva e sparisce in modo sovrannaturale.B) Interventi inspiegabili in situazioni drammatiche:1) voce che risuona nel cervello, udibile in situazione normale;2) gesto inspiegabile in situazione normale che evita la disgrazia;3) tempo sospeso che dà al soggetto l'impressione di poter determi-

nare da solo la decisione da prendere.. C) Aiuto che arriva e sparisce umanamente, sogni premonitori,

sincronicità.

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CASO AARluv A E SPARISCE

IN MODO SOVRANNATURALE

Una bomba sta per esplodere

È il 16 maggio 1986 in una scuola elementare nel cuore degli StatiUniti, a Cokeville, nel Wyoming. Nel paese dove si vendono legalmen-te armi di tutti i tipi, un pazzo furioso di nome David Yung, insiemealla sua famiglia (ovviamente tutta di pazzi come lui) irrompe nellascuola e tiene in ostaggio i 156 bambini. li pazzo fa sapere ai poliziottiche ha intenzione di giustiziare i bambini a colpi di fucile; ma improv-visamente cambia idea, mossa tipica dei malati di mente e tira fuori unabomba, la innesca, e qualche istante dopo, sotto gli occhi terrorizzatidei poliziotti e dei testimoni, la scuola, come in un film, esplode.

I pompieri accorrono tra le macerie, convinti di dover raccogliere iresti dei cadaveri e, sorpresa, non c'è assolutamente nessun morto enemmeno un ferito tra gli scolari!

I bambini racconteranno in seguito che delle «voci» o meglio degli«esseri di luce» hanno spiegato loro come sfuggire all' esplosione. Losminatore Richard Haskell ha dichiarato alla stampa che persino laparola miracolo non bastava per spiegare il fatto che non ci fosse statonessun morto tra i bambini.

Questo caso è stato analizzato da Judene Wixon nel suo libro Trialby terror l. Ecco la testimonianza di una bambina:

«Gli esseri di luce fluttuavano sopra di noi. C'era una madre, unpadre, una bambina con i capelli lunghi e una signora con un neonatoin braccio. La donna ci ha detto che stava per scoppiare una bomba eche dovevamo obbedire a nostro fratello. Erano vestiti di bianco ebrillavano come delle lampadine, soprattutto intorno al viso. Quelladonna aveva un'aria molto gentile, sentivo che mi voleva bene».

Ma non tutti i bambini però videro quella famiglia «che brillavacome una lampadina», alcuni sentirono solo delle voci. Dichiarazionedi un bambino: «Non ho visto niente, ho solo sentito una voce che miha detto di trovare la mia sorellina e di metterei sotto la finestra». Inseguito il bambino ha identificato in una foto uno dei membri dellafamiglia che non aveva conosciuto.

Ritroviamo qui un elemento classico delle NDE «angeliche»: degliesseri «vestiti di bianco» che «brillano come delle lampadine».

I Horizon Publisher, Bountiful, Utah 1987.

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La luce rettangolare

Sheila aveva 12 anni al momento dei fatti e viveva nei pressi delCedar River, nello Stato di Washington. Mentre giocava con dei bam-bini della sua età, rifiutandosi di aspettare il suo turno per tuffarsi nelfiume, decise di saltare da un altra parte, proprio al di sopra di unpunto profondo sei metri, calmo in superficie, ma mosso da fortissimivortici in profondità (dopo una conferenza raccontò al dottor Morse lasua strana esperienza) 2: «Sono stata immediatamente aspirata verso ilfondo e poi respinta subito in superficie. Vedevo delle persone scon-volte che gridavano e cercavano di tendermi un ramo da riva, ma ilvortice mi ha risucchiato ancora. Quando sono risalita per la terza volta,(...) sempre più debole per lo sforzo, ho sentito che venivo ancora at-tirata nel gorgo, ma quella volta sono stata come immobilizzata in alto,sopra il fiume e ho visto, a qualche metro da me, una luce rettangolareche era al tempo stesso brillante e dolce. Per un attimo ho dimenticatototalmente il resto' del mondo e ho provato solamente un'incredibilesensazione di euforia. Ricordo di aver tentato di raggiungere quellaluce, ma sono stata respinta verso la riva prima di poterla toccare. Socon certezza che non sono sfuggita al gorgo nuotando: è stata la luce aprendermi con sé e a condurmi fino a riva».

li dottor Morse rimase scettico ma decise comunque di verificare dipersona, interrogando i testimoni e soprattuto leggendo i rapporti scrittiqualche ora dopo l'evento. Come lui stesso sottolinea: «Mi fu difficilecontenere la mia incredulità; è una reazione frequente, comune tra coloroche si imbattono in questo genere di cose. In effetti, ciò che non com-prendiamo subito, suscita sempre diffidenza all'inizio. Ma quelle espe-rienze luminose hanno comunque avuto luogo».

CASO BlVOCE UDIBILE IN SITUAZIONE NORMALE

Giovanna d'Arco

Le strane «voci» che arrivano da chissà dove non mancano certo ela più famosa è sicuramente quella che affidò a Giovanna d'Arco unamissione assolutamente inconcepibile all'epoca. Ma la forza di quellavoce è tale che la persona, di primo acchito diffidente, si sente poi

2 Closer to tbe light, cit., p. 184.

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obbligata a obbedirle, qualunque cosa succeda e qualsiasi cosa le vengadetta. Per renderei esattamente conto di ciò che accadde a Giovannad'Arco, trasponiamo per un istante gli avvenimenti della sua vita aigiorni nostri e, dal momento che le pastorelle non esistono più, imma-giniamo al suo posto una ragazza di colore, vergine, di 16 anni, cassierain un supermercato, cattolica praticante, di nome Joan Arrow.

J oan sente una voce interiore che le dice di andare alla Casa Biancaa incontrare il presidente; dovrà quindi chiedergli di mettere a sua di-sposizione delle forze di polizia per aiutarla a combattere i trafficanti didroga. Per una serie di coincidenze inverosimili,Joan arriva a Washing-ton, senza un soldo in tasca, incontra il presidente mentre fa jogging egli parla. Riesce finalmente a convincere lui e i suoi consiglieri ad af-fiancarle due o tre unità speciali antidroga per ripulire il paese dai traf-ficanti ... Al comando delle unità, proprio lei, che non ha mai messopiede in un commissariato o in un accademia e sempre guidata dallesue «voci», nel giro di qualche mese ripulisce Atlanta, New York, Detroite Miami. I trafficanti, impauriti dalla sua potenza, corrompono, conparecchi milioni di dollari, i funzionari della città di Los Angeles, doveJoan sta proprio per incominciare un altro gigantesco rastrellamento.

Arrestata dalla polizia di Los Angeles per eccesso di velocità, vienepestata da una dozzina di poliziotti che la violentano e la torturanoprima di consegnarla agli psichiatri. Questi decidono di internarla per-ché la ragazza dice di sentire la voce dell' arcangelo Michele. Nel mani-comio, mentre passeggia, i veri malati di mente la legano e le dannofuoco per «vedere cosa succede». Fine.

Anche se potrebbe sembrare uno scenario completamente assurdo,questo è esattamente ciò che successe a Giovanna d'Arco, detta «Lapulzella d'Orléans», figlia di contadini, vissuta cinque secoli fa e cherappresenta uno dei più grandi enigmi della storia: sono stati recensitipiù di 13000 documenti storici, oltre a 10000 opere e dossiers scritti sudi lei e quindi si potrebbe supporre che la sua attività militare sia du-rata almeno una trentina d'anni.

E invece la carriera di quell' adolescente durò solamente due anni(dal 1429 al 30 maggio 1431) fatto che dà un certo peso alle presuntevoci sull' origine della sua crociata contro gli inglesi. La storica RéginePernoud sottolinea nel suo libro intitolato Giovanna d'Arco 3 che quelliche la condannarono «non si resero conto che stavano scrivendo il piùimportante documento della storia: il testo del processo di condanna

3 Città Nuova, Roma 1987.

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(1431), con le loro domande e le risposte di Giovanna, fornì una testi-monianza sulla sua persona, molto convincente, proprio perché redat-to dai suoi avversari, determinati a condurla al rogo. Diciotto anni dopo,quando il re di Francia Carlo VII riuscì a cacciare il nemico da Rouen,cominciò un altro processo, detto di "riabilitazione": vennero interro-gati tutti coloro che avevano conosciuto 1'eroina, per stabilire se la con-danna di eresia fosse giustificata o meno; circa centoquindici testimonideposero, raccontando ciò di cui si ricordavano e riportando quelloche avevano saputo sul suo conto: una ricca fonte di informazioni, una"diretta" dell'impressione che il popolo aveva di Giovanna d'Arco».

Armata della sua «voce» e dell'innocenza dei suoi 17 anni, Giovan-na non dubitò mai della sua autenticità e con una determinazione infal-libile riuscì a farsi condurre al cospetto del Delfino e lo riconobbeimmediatamente, nonostante si fosse nascosto tra la folla per avere unsegnale che quella giovane fosse proprio la messaggera di Dio, come leistessa affermava: appena entrata si diresse verso il re, nonostante uncortigiano, vestito degli abiti reali, sedesse sul trono al suo posto. «Quan-do il re e quelli che erano con lui videro il suddetto segnale», raccontaGiovanna, «chiesi al re se fosse contento ed egli rispose di sì. A quelpunto uscii e me ne andai in una piccola cappella nei pressi e sentii direche dopo la mia dipartita, più di trecento persone avevano visto il se-gnale. L'angelo mi lasciò nella piccola cappella. Fui molto delusa dallasua dipartita e piansi e me ne sarei andata volentieri con lui per appa-gare la mia anima».

Giovanna d'Arco non si attribuì mai nemmeno una sola delle suevittorie. Combatté gli inglesi alla testa di un esercito di pezzenti, forni-to dal Delfino, quando non aveva neanche diciotto anni e liberò Orléans,Patay, Auxerre, Troyes e Reims. Fu proprio lei a inventare il Blitz-Krieg,la guerra lampo O'assedio di Orléans era durato sette mesi, eppure le civollero solo sette giorni per liberare la città) per mezzo della quale ri-pulì un'area enorme nell'arco di qualche giorno. Considerando le im-plicazioni politiche, geografiche, militari e storiche, ci si rende meglioconto che le azioni di quella ragazzina (avere 17 anni a quell' epoca nonè certo come averli adesso) rimangono un mistero impenetrabile se cisi rifiuta di ammettere l'autenticità di quelle voci. Dimostrò di essereuno stratega senza pari, meritando l'ammirazione e il rispetto dei vec-chi capitani che all'inizio rifiutavano persino di guardarla. Obbedire auna donna a quell'epoca ... Che eresia!

Ma se si ammette l'autenticità delle «voci» e delle sue visioni, ilmistero si risolve come per miracolo.

Il!. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI 101

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«Quando avevo circa tredici anni» spiegava l'eroina «cominciai audire la voce di Dio che mi guidava e la prima volta provai una grandepaura. Sentii quella voce, in estate, nel giardino di mio padre, a mez-zogiorno circa ... Proveniva dal lato destro, verso la chiesa e raramentela sentivo senza vedere anche un forte chiarore nella stessa direzione.Sentii la voce tre volte e capii che era la voce di un angelo ... La primavolta pensai che fosse san Michele ed ebbi molta paura; in seguito lovidi molte volte prima di sapere che era san Michele. Vidi l'arcangeloe gli angeli con questi miei occhi, così come vedo voi. E quando siallontanarono da me, piansi perché avrei voluto che mi portasserocon loro ... Dissi alla voce che ero una povera ragazza e che non sapevoné cavalcare né guerreggiare».

Catturata (la sua missione sembra terminare così) dagli inglesi e daiBorgognoni e gettata in prigione, Giovanna non si perde d'animo enon si lascia mai intimidire dall'impressionante macchinazione giudi-ziaria organizzata contro di lei. E nemmeno le raffiche di domandetrabocchetto sulle «voci» che eminenti teologi le spararono addosso,riuscirono a disarcionarla; riuscì perfino a ribattere, rivolgendosi agliinquisitori con queste parole:

«Ho più paura di fallire dicendo qualcosa che non piace alle mievoci che di rispondere alle vostre domande».

li giudice Jean Beaupère ci ha lasciato anche un bellissimo dialogosulla natura dell' arcangelo Michele:

«Com'era l'arcangelo Michele quando vi è apparso? Era nudo?»(allusione a secoli di dibatti teologici sul sesso degli angeli).

«Pensate che Dio non abbia di che vestirlo?».«Aveva i capelli?» (probabilmente un problema di calvizie del giu-

dice ...).«Perché avrebbero dovuto tagliarglieli?», rispose Giovanna, imper-

turbabile.«Quando udite quella voce, cosa vi succede, vedete una luce?».«C'è molta luce, come conviene. A voi non ne arriva altrettanta in-

vece!».Giovanna d'Arco non solo sentiva delle voci, ma era anche dotata di

un ottimo e affilatissimo senso dell'umorismo, che rende questa giova-ne martire di 19 anni ancora più simpatica. Grazie a lei, il fenomenosovrannaturale della «voce» è rimasto ancorato alla memoria di tutti.Considerando gli effetti che ebbe sulla Francia, ci sembra difficile nonprenderla sul serio, soprattutto leggendo i casi molto più comuni cheseguiranno.

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Cambio di corsia

La «voce» si fa sentire molto più spesso di quanto si possa pensaree non in particolare per una causa nobile e guerriera come quella diGiovanna d'Arco.

Nei diversi racconti che seguono, vedremo che la sua improvvisamanifestazione è soprattutto destinata a salvare una persona che filadritta verso la morte. Caso, quasi banale, di Elizabeth Klein, avvenutoalla fine del 1991 a Los Angeles.

«È successo quasi un mese fa, ero in macchina sull'autostrada 101nella corsia centrale. Stavo per raggiungere la discesa che porta al-l'uscita di Malibu Canyon, quando ho sentito una voce risuonare moltochiaramente nella mia testa, e la voce mi ha detto: "Vai nella corsia disinistra". Non so perché, ma ho obbedito istintivamente. Qualche se-condo dopo, il flusso delle automobili ha rallentato bruscamente acausa di un incidente e il camion che prima era proprio dietro di me(stavamo andando in discesa) ha frenato di colpo ma, trascinato dalcarico, ha travolto la prima macchina di fronte provocando un vero eproprio tamponamento a catena sulla corsia che occupavo qualchesecondo prima. Se non fosse stato per quella voce, non penso chesarei ancora qui. Doveva essere la mia guida o il mio angelo custode,non so».

Come vedremo, la deviazione di tragitto rappresenta uno dei casipiù frequenti in questo campo. In generale, le persone non parlanomolto volentieri di questi episodi. Al momento obbediscono alla «voce»e in seguito, scoprendo che sono appena sfuggite alla morte, si sento-no marchiate a vita da quell' esperienza. Però non capiscono cos' è suc-cesso, sanno che una «voce» le ha salvate ma, più passa il tempo, piùtendono a minimizzare quell'incredibile intervento celestiale, fino anegarlo del tutto qualche mese dopo. Lo etichettano come allucina-zione oppure come un sogno. Con il tempo, l'episodio sembra cosìpazzesco che lo trascurano e lo ripongono in quel cumulo di fatti cheforse non sono mai accaduti, in quel giardino segreto dove si rinchiu-de tutto quello che non si vuole più fare affiorare alla memoria. Si puòdire che meno l'intervento è stato visibile, meno lo si considera so-vrannaturale.

Questi casi sono estremamente frequenti e nell' episodio citatoil soggetto ha obbedito istintivamente, sfuggendo al fracasso delle la-miere. Eppure molti esitano udendo quell' ordine, come vedremo inseguito.

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Una presenza meravigliosa

Caso recensito dal dottor Moody'. Il protagonista è un soldato e1'episodio è avvenuto durante la seconda guerra mondiale.

«Tempo fa mi è success? qualcosa che non dimenticherò mai ... Hovisto un aereo nemico puntare sull' edificio dove ci trovavamo e aprireil fuoco su di noi ... La polvere sollevata dai proiettili formava una sciache si dirigeva dritto verso di noi; ho avuto paura, ero convinto chesaremmo rimasti uccisi tutti. Non ho visto niente, ma ho sentito unapresenza meravigliosa, confortante, proprio vicino a me e una voce dolcee affettuosa mi ha detto: "Sono con te. La tua ora non è ancora giunta".Ho provato un tale benessere, una tale pace grazie a quella presenza ...Da quel giorno, non ho mai più avuto paura della morte».

A differenza dei casi precedenti, in cui il soggetto ignora di essere inpericolo, in questo il soldato vede 1'aereo volare in picchiata proprio sului e i suoi compagni e si chiede se riusciranno a sopravvivere. In quelmomento sente una voce accompagnata da una sensazione fisica moltopiacevole, confortante, impossibile da descrivere. Il soggetto si sentetranquillo, pronto ad affrontare tutti gli aerei nemici del mondo, per-ché quella strana voce, «sono con te», gli ha in un certo senso garantitoche la sua ora non è proprio arrivata ... Ecco qua! Siamo ricaduti neicasi di NDE in cui immancabilmente i soggetti si vedono rispediti indie-tro con la frase: «Troppo presto, non è ancora la tua ora».

La «voce» di Martin Caidin

Martin Caidin è un pilota provetto, probabilmente uno dei pochi algiorno d'oggi a pilotare un autentico Messershmidt tedesco. Graziealla sua passione per l'aereonautica, è anche lo scrittore più famoso nelsettore, autore di una trentina di opere come La storia del Boeing 707,Manuale di pilotaggio dell'ME-109, Lo Zero, La medicina aereonautica,Le fortezze volanti, ecc .. È un vero pazzo volante. Dopo quarant'annipassati a chiacchierare con piloti di tutte le nazionalità (a Disneyland fului a mettere in testa un cappello da Mickey Mouse all'ingegnere russoMikoyan, in visita negli Stati Uniti ...), Martin si rese conto che tuttequelle storie «strane» che si raccontano solo tra piloti, meritavano piùattenzione, anche perché si ricordava perfettamente di aver vissutoun' avventura incredibile che né lui, né il suo copilota, né tantomeno ilnavigatore, erano riusciti a spiegare.

4 Cfr. Nuove ipotesi su La vita oltre la vita, cito

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Data: 13 settembre 1964. Piano di volo: Florida verso Las Vegas. Ae-reo: Piper Aztec, N

5196Y. Profilo del pilota Eddie Keyes: ingegnere

balistico dell'ma; profilo del navigatore Zack Strickland: ingegnere dellaNASA; Martin Caidin occupa il posto del copilota. Al momento dei fatti,i due piloti stavano tentando di captare la frequenza della torre diWichìta, subito dopo aver sorvolato Dodge City. Racconta Martin:

«N ella cabina di pilotaggio c'era solo una luce rossa e Eddie facevafatica a distinguere i numeri sulla carta.

"Qual è la torre di Wichita? mi aveva chiesto"."Come vuoi che lo sappia? Abito in Florida!"."Bell'aiuto! Dammi un po' più di luce".Stavo per accendere la luce della cabina, ma non avevo· fatto nean-

che in tempo a toccare l'interruttore che ..."Cosa?", aveva detto Eddie."Cosa che cosa?"."Hai appena detto qualcosa"."Non ho detto niente. Tu mi hai detto: dammi un po' di luce e poi

hai detto: gira a destra"."No, non è vero"."Mi hai chiesto della luce, no?"."Sì, ma solo quello. Non sono stato io, sei tu che hai detto: gira a

destra" ."lo non ho detto proprio niente, avevo replicato".Ci eravamo guardati per un attimo e poi, insieme, ci eravamo girati

verso Strickland che ronfava tranquillamente. Poi Keyes aveva dettocon molta calma: «Oh, Dio!". Quello che seguì fu solo il risultato diuna lunga pratica: gli stessi gesti nello stesso momento, con la stessasincronizzazione. Nessuno di noi aveva detto di girare a destra. Peròqualcuno l'aveva detto e non eravamo stati noi e tantomeno Zack,quindi ...

Entrambi avevamo iniziato a manovrare il timone verso destra, spin-gendo la cloche a destra prima di tirarla fino allo stomaco e, comeEddie, avevo premuto la leva del gas: 1'Aztec si era messo a ruggire. Zacsi era svegliato con la faccia schiacciata contro il vetro e ci aveva messoqualche secondo per rendersi conto che la linea dell' orizzonte era ver-ticale (...). Quella voce aveva detto di girare a destra e perdio, noi ave-vamo proprio girato a destra.

A un certo punto era apparsa una luce tutt'intorno all'aereo, unaluce dorata che si diffondeva all'interno della cabina. Era una lucemeravigliosa e pura, proveniente da un'immensa palla sopra di noi. E

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quella luce si estendeva dall'orizzonte meridionale fino a nord, esatta-mente là dove avremmo dovuto trovarci se avessimo continuato su quellatraiettoria. Improvvisamente, un oggetto in fiamme apparì nel cielo eprecipitò lontano, verso la terra, esattamente là dove avremmo dovutotrovarci.

Eddie e io non avevamo certo bisogno di un dizionario per capirecosa sarebbe successo. Avevamo tagliato il gas e alzato il muso perraddrizzare l'apparecchio; l'onda d'urto ci colpì in pieno, come uncamion. Poi l'aereo si era stabilizzato un po', ma continuava a traballa-re. La luce era sparita. Dopo aver rimesso il gas, avevamo iniziato il

. dietro front."Hai visto bene?", aveva chiesto Eddie."Sì, risposi io"."Perdio ma che cos'è successo? perché abbiamo virato? che cos'era

quell'affare?". Le domande uscivano dalla bocca di Zack come le mo-nete da una slot machine. Lo avevamo ignorato.

"Pensi anche tu quello che penso io?"."Oh certo, non era un meteorite"."Sicuro, i meteoriti non bruciano con una fiamma giallo-arancione",

aggiunse Eddie."Hai visto quella superficie piana?", gli avevo chiesto. Sembrava di

metallo infuocato."Proprio così", rispose Eddie.Qualcosa era uscito dallo spazio, qualcosa di molto grande, forse

messa in orbita dai russi o dai nostri e noi ci eravamo trovati là proprioal momento del suo passaggio nell' atmosfera.

Mi misi in contatto con la radio di Dodge City, ci identificò e annun-ciai un rapporto del pilota.

"Vi ascoltiamo, rispose la torre di controllo"."Pochi minuti fa ci siamo trovati vicini a un oggetto infiammato a

13000 est di Dodge e siamo stati spostati dall' onda d'urto"."Ragazzi, siete passati proprio sopra la città?"."Affermativo" ."Siamo felici di parlare con voi. Con la traiettoria del vostro percor-., . "so VI arrivava proprio sopra .

"Ah sì? Avete ricevuto altri rapporti?"."Quella cosa è stata avvistata in quattordici stati, dal Canada fino al

Messico. Abbiamo avuto una comunicazione flash del NORAD in tutte lestazioni della regione: meteorite".

"Grazie. Rientriamo a Wichita per atterrare".

106 IIL DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI

"Buon volo. E fate attenzione ai sassi ... Fine della comunicazione"."Un meteorite. Diamine! esclamò Eddie"."lo so che ..."."Accidenti, ma chi vi ha detto di girare prima che quella cosa arri-

vasse dal cielo?", aveva urlato Zack dietro di noi.Eddie non poteva perdere l'occasione per fare le sue battute:"Penso che fosse la signora di Dio".Il tempo di atterrare a Wichita e Zack si era già scolato una bottiglia

di whisky spuntata dalla sua valigia. Era sconvolto e non si poteva bia-simarlo.

A questo punto penso sia necessario un post scriptum .Cos'era quella voce? da dove veniva? chi ha detto di girare a destra?

Tre persone nell'Aztec e nessuno aveva pronunciato quella frase. Leradio erano spente e quindi quella soluzione era da eliminare, per cuirimaneva la possibilità di una voce che provenisse da qualche altra parte.Né Eddie né io possiamo assicurare di aver sentito quella frase, "gira adestra", da una voce o nella nostra testa. Non lo sappiamo. Però siamosicuri che se non avessimo obbedito, quella sarebbe stata la fine delviaggio per tutti e tre. Per sempre».

Martin Caidin ha raccontato questa storia nel suo appassionante li-bro Ghost in the air", I tre uomini non sono assolutamente degli eccen-trici dotati di fervida immaginazione, tutt' altro, quando si pilota unaereo non ci si può proprio permettere nessuna fantasia. Di solito dauna barca potete saltare nell'acqua con un giubbotto di salvataggio o inun canotto. Da un aereo è più difficile ... li copilota dice al pilota «Cosa?».Né l'uno né l'altro si ricordano di aver detto: «Gira a destra». Stannopersino per litigare, ma non ne hanno il tempo.

Questo caso è estremamente significativo, perché il soggetto non haobbedito subito alla voce, non ha girato a destra come gli era statodetto.

Allora, per deviarli definitivamente dalla loro traiettoria, una «mera-vigliosa» luce bianca (abbiamo già visto una luce «meravigliosa»?)appare davanti al velivolo obbligandoli a tuffarsi in un'altra direzioneper evitare il «meraviglioso» ostacolo. Nello stesso istante in cui la lucesi manifesta, un meterorite infuocato, che ha ben poco di «meraviglio-so», squarcia il cielo e passa esattamente nel punto dove avrebberodovuto trovarsi. Non è forse una «meravigliosa» coincidenza, comedirebbero i materialisti?

, Bantam Book, New York 1991, p. 47.

IIL DEGLI INTERVE TI SOVRANNATURALI 107

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La «voce» di Georges Ritchie

Vediamo ora un altro caso di deviazione di traiettoria dovuta a unavoce, l'interessantissima esperienza del soldato George Ritchie, di cuiabbiamo già fatto conoscenza nel capitolo Degli angeli e dei tunnel.

Appena si riprende dalla sua NDE e dopo un altro periodo di eserci-tazioni, Ritchie sbarca in Francia, con il resto dell'esercito americano,come infermiere ausiliario. La guerra continua: bombardamenti, mine,scontri e siamo ancora lontani dalla battaglia di Bastogne.

«Avevamo trasferito il campo Lucky Strike in prima linea, dove di-ventammo operativi, in una proprietà chiamata Arnicourt. Mentre aspet-tavamo l'arrivo dell' equipaggiamento, ci fu concesso un giorno di li-bertà per andare a Reims. Avevo chiesto a due compagni se volevanounirsi a me per la scampagnata. Quel mattino mi ero alzato più prestodel solito per scrivere una lettera a Margaret e imbucarla prima di partirein licenza. Quando arrivarono i camion che dovevano portarci, salii emi sedetti tra i miei due amici, notando che eravamo in dodici nel ca-mion. Attendemmo che un altro mezzo si riempisse, quando ad uncerto punto qualcosa dal profondo di me stesso mi mise questo pensie-ro in testa: "Scendi da quel camion e vai a scrivere una lettera aMargaret".

Era semplicemente ridicolo. Avevo fatto troppa fatica a ottenere quelpermesso per andare a Reims e poi, cosa avrebbero pensato i due amiciche avevo invitato a venire con me? Di nuovo, la voce risuonò dal pro-fondo del mio animo: "Ho detto, scendi e scrivi una lettera a Margaret".

Ma io volevo vedere la cattedrale di Reims e ignorai il secondo av-vertimento. Il terzo risuonò così forte nella mia testa che temevo l'aves-sero sentito anche i miei compagni. Rimasero senza parole quando mialzai. Cercai di dare una spiegazione plausibile scendendo dal camion.Se loro non capivano, ancor meno ci capì qualcosa il sergente di bordoquando gli consegnai il mio permesso. Un giovane soldato, scelto dalsergente, prese il mio posto tra i miei due amici. Il camion non avevaancora fatto dieci chilometri dall'ospedale, che esplose su una minamessa sulla strada dai tedeschi e si disintegrò. Il soldato che aveva pre-so il mio posto morì sul colpo e i due amici rimasero gravemente feritie vennero al più presto rimpatriati in Inghilterra e negli Stati Uniti» 6.

Non si può ricamare tanto su questo caso di deviazione di percorso,perché qui un essere umano è stato ucciso al posto di quello che è stato

6 In My life a/ter dying, cit., p. 39.

108 III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI

«deviato». Questo caso sarebbe perfetto per una tesi di filosofia, per-ché la vita e la morte si incontrano nello spazio di un secondo e il giocosembra essere ormai fatto.

Ritchie sente una voce ordinargli di scendere e scrivere una letteraalla fidanzata. Rifiuta. Come nel caso precedente, respinge la «voce».Ma questa insiste e, bisogna sottolinearlo, non gli dice «esci di lì perchéil camion sta per esplodere», ma «va a scrivere alla tua ragazza». Sipotrebbe dire che anche agli angeli capita di «dire bugie». In effetti,che cosa sarebbe successo se la voce avesse pronunciato quella frase?A rigor di logica, Ritchie avrebbe detto ai suoi amici di uscire con lui.Ma secondo il progetto divino questo non era previsto, quei due dove-vano rimanere feriti e rimpatriare (si aprono prospettive infinite ...). Inaltre parole dovevano essere feriti e il soldato che aveva preso il postodi Ritchie doveva morire.

E perché l'angelo custode di quel soldato non ha urlato nella suatesta: «Nooo, nooo, non salire!» oppure: «Vai a scrivere il tuo testa-mento»? Il capitolo Degli angeli e dei tunnel ci ha insegnato a vederlacosì: la sua ora era proprio arrivata. Notiamo anche che la voce è inter-venuta energicamente tre volte di seguito prima che Ritchie si decides-se a scendere dal veicolo. In poche parole, la voce continua a romperele scatole finché non viene obbedita.

CASO B 2GESTO CHE EVITA LA DISGRAZIA,

INSPIEGABILE IN SITUAZIONE NORMALE

«Quod nescis quomodo fiat, boe non [acis»(se non sapete come mai fate qualcosa, non siete voi a [arla)

Il proiettile è partito e io ero in piedi

Questo racconto rappresenta una variante dell'avventura che indi-rettamente mi spinse a interessarmi agli angeli custodi. Catherine Leroy,reporter fotografico, lavorava al momento dei fatti per «Times Maga-zine» e l'agenzia di stampa «Gamma» e si trovava a Beirut, in pienaguerra civile. Questa categoria del «gesto inspiegabile» è interessanteperché, nonostante sembri meno «sovrannaturale» della precedente, isuoi effetti non sono meno «salutari» per il soggetto, che comunque,anche se non sa il perché, si muove un decimo di secondo prima del

III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI 109

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dramma. Attenzione, non è assolutamente il caso in cui qualcuno vidice: «Ah, se fossi andato avanti di un metro il camion mi avrebbetravolto, ecc.», niente del genere, direi anzi che è quasi il contrario.Infatti, il soggetto si trova in una situazione calma, di assoluta norma-lità, spesso senza nemmeno l'ombra di un pericolo all' orizzonte, quan-do all'improvviso si alza o si muove o fa un gesto di scatto senza sapereil perché. È un comportamento inspiegabile. Non ci si getta di colposul guidatore, come avevo fatto io nella Silicon Valley, correndo persi-no il rischio di spaventarlo e provocare un incidente per un movimentobrutale e imprevisto.

Esaminiamo l'avventura, molto simile, della fotoreporter.«Nel 1976 mi trovavo a Beirut, nel quartiere dei grandi hotel, tra il

Phenicia e il Saint-Georges; un cameraman di Visnews mi accompagna-va tra le barricate e ci eravamo fermati per parlare con dei soldati. Uncombattente palestinese era alla mia destra e stavamo chiacchierando.Era un momento di calma assoluta, verso le tre o le quattro di pomerig-gio e io mi ero seduta su una specie di sgabello o un sacco di sabbia, nonmi ricordo. Anche il palestinese si era seduto e aveva messo il suokalashnikov sulle ginocchia, con la canna all' altezza delle mie gambe.Stavamo bevendo del caffé bollente. A un tratto, obbedendo a un im-pulso improvviso, sono saltata in piedi come un missile e nello stessoistante un proiettile partiva dal kalashnikov. Non abbiamo mai capitoperché mi sono alzata così bruscamente e ancor meno come mai è par-tita una pallottola. Il soldato non stava giocando con quell' arma, maevidentemente non aveva messo la sicura. Non so come sia successo, maquando il proiettile è partito io ero in piedi ... Al momento non ci hopensato, perché quel genere di cose mi era capitato parecchie volte eogni volta, grazie ad un impulso fulmineo, avevo evitato situazioni spia-cevoli. Un giorno un' amica mi aveva rimproverato aspramente di esseretroppo impulsiva e io le avevo risposto: «Sai, se sono ancora viva, lodevo proprio alla mia impulsività, se no sarei morta da tempo, questo èpoco ma sicuro». Il cameraman e i soldati avevano assistito alla scena.C'erano tre persone coinvolte, il palestinese, N oel il cameraman e me enon ci siamo accorti di niente. Se non fosse stato per quell'impulso lemie gambe sarebbero state ridotte in brandelli. Non ci ho più pensato,però quella sera ho capito di essere passata veramente molto vicina allamorte. Al momento non l'ho considerato come un fatto significativo,semplicemente come un episodio della giornata, ma dopo, quando ci horipensato, è stato terribile. Sono comunque sicura che se veramenteesistono gli angeli custodi, devo averne stancato più di uno ...»,

110 III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI

Ecco un esempio tipico di intervento tramite impulso. Sarebbe im-possibile spiegare in altro modo questo episodio: il soggetto è forse piùrecettivo all'intervento divino, cioè non ha bisogno di una manifesta-zione udibile, come una «voce» ad esempio?

Anche in questo caso entriamo in un campo che sembra obbedire aleggi molto strane.

Ho frenato senza sapere perché

Lasciamo i campi di battaglia e torniamo alla vita banale, quotidia-na. Si potrebbe pensare che questo tipo di impulso arrivi solo in casiparticolari e invece non è assolutamente così. Ecco per esempio il casodi un altro fotografo, dell' agenzia Sipa, che non è ancora riuscito acapire perché ha frenato improvvisamente.

«Una sera dell'ottobre 1991, a Los Angeles, seguivo l'auto di unamico: ci eravamo fermati al semaforo sull'incrocio tra Robertson eBurton. Quando venne il verde, l'auto davanti a me girò a sinistra.Mollai il piede dal freno (era un' auto automatica), partii, ma, non soperchè, mi fermai di colpo, anche se non avevo assolutamente nessunmotivo per farlo. Un secondo dopo un' auto spuntò alla mia destra comeun missile, a circa 90 km all' ora, portandosi via i paraurti della mia autocon un fracasso di lamiere spaventoso; la mia auto si ritrovò in testa allacoda, si ribaltò colpendo una macchina parcheggiata sul lato destro delmarciapiede e ricadde sul tetto. Se avessi girato come stavo per fare,alla velocità a cui arrivava quell' auto, sarei morto di sicuro o comunquesarei rimasto gravemente ferito. Eppure, non so perché, il mio piede hafrenato senza che io lo volessi, come per istinto, anche se non avevoalcun motivo per farlo, assolutamente nessuno, tanto più che avevo giàoccupato l'incrocio. E non avevo visto e sentito niente».

Ritroviamo il «non so perché, non c'era nessun motivo», e il sog-getto sembra sempre imbarazzato per il fatto di aver frenato o di es-sersi spostato, come se nell' arco di qualche secondo avesse perduto laragione, come se si fosse comportato da malato di mente. Non si frenaquando si è già sull'incrocio, non si salta in aria come una marionettadisarticolata, senza una ragione particolare. I protagonisti di questestorie non capiscono assolutamente come abbiano potuto fare unacosa simile, senza che l'azione sia stata pensata e comandata dal lorocervello.

È come se, per qualche secondo, qualcuno avesse agito al loroposto.

III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI 111

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CASO B 3AZIONE INVISIBILE

IN SITUAZIONE DRAMMATICA/TEMPO SOSPESO

Mary Frampton

Mary Frampton è una fotografa del «Los Angeles Times» in pensio-ne. Suo marito, giornalista ed editorialista dello stesso quotidiano, de-ceduto all'età di 57 anni, era ancora vivo al momento dei fatti. Nelgiugno 1979 si trovavano tutti e due su di un veliero allargo delle isoledi Santa Cruz, in reportage per il giornale. li cielo era terso e il Pacificoli cullava dolcemente, quando all'improvviso un accenno di tempestacominciò a scuotere lievemente l'imbarcazione. Mary si stava sporgen-do dal bordo per fotografare con la sua Rolleiflex un Bombard chetrasportava dei sommozzatori, quando sentì uno strano rumore, comese qualcosa si fosse staccato.

«Mi sono subito resa conto che un paletto si era inspiegabilmentestaccato dall' albero e filava dritto su di me come un missile, ma vedevola scena al rallentatore, come in un film, immagine per immagine, senzaveramente capire cosa stava succedendo. Mi sembrava di disporre ditutto il tempo che volevo per poter fare qualcosa. Di colpo, mi sonosentita tirare all'indietro da qualcuno e la custodia di protezione inalluminio della mia macchina fotografica sembrava assorbire lo choc, sistava deformando come se fosse di plastica. Non capivo, perché nonc'era nessuno dietro di me. Mio marito aveva visto la scena ed avevapensato che sarei rimasta per sempre sfigurata. La Rolleiflex si trovavaal livello del mio mento e ho visto la custodia cambiare forma al rallen-tatore. L'ho conservata preziosamente perché quell' oggetto mi ha sal-vato la vita. Considerando il peso di quel paletto e la sua velocità dipropulsione, la mia macchina fotografica avrebbe dovuto rimanerecompletamente distrutta e io sfigurata. Non so cosa mi abbia tiratoindietro e nemmeno come io abbia potuto vedere tutto al rallentatore».

Questa volta siamo in piena fantascienza: il tempo sospeso, immo-bile, congelato! Non è possibile! Eppure, chiunque sia rimasto coin-volto in un incidente del genere ha avuto l'impressione di vedere loscontro al ralenti. li fenomeno sembra inoltre verificarsi a velocità di-verse: per esempio c'è l'episodio che sembra non finire mai, come se dicolpo il soggetto fosse uscito da questa realtà fisica e il tempo abbiarallentato diciamo del 20 o 30% rispetto alla norma. Un amico moto-ciclista mi raccontava di aver fatto un volo planato al rallentatore quan-

112 III. DEGLI INTERVENTI SOVRA NATURALI

do una macchina colpì in pieno la sua moto. Nel caso di Mary Frampton,non solo la protagonista vede il paletto arrivarle addosso come un missile,ma si sente anche tirata indietro da qualcuno, anche se non c'è proprionessuno vicino a lei. Due strani episodi che sfidano le leggi della logica.

Una donna con i capelli biondi

Wes Chandler aveva quattro anni e giocava con degli amici in unacasetta costruita in un albero, quando all'improvviso, per delle ragioniche solo loro conoscono, i bambini lo spinsero giù dalla casa. Se il fattoin sé sembra un banale incidente infantile, in compenso, l'esperienzadel bambino durante la caduta non è affatto banale. Come vedremo,ritroviamo un angelo custode in tutto il suo splendore, che strappa ilpiccolo, se non alla morte, comunque alla possibilità di rompersi il collo,con la conseguente e inevitabile paralisi.

«Quando mi sono ritrovato nel vuoto, ho visto le facce spaventatedei miei amici e in quel momento sapevo che stavo cadendo e che misarei fatto male. Cercavo di guardare la terra ma non la vedevo e misono reso conto che cadevo molto lentamente. Poi ho visto una signoravestita di bianco con i capelli biondi, che mi diceva: "Non guardare inbasso, non guardare in basso". La sua presenza mi dava sicurezza. Ri-peteva: "Non guardare in basso, se no ti farai male, è molto importan-te, guarda me, guarda soltanto me". Tutto questo è durato molto tem-po e mi ricordo che non riuscivo a capire perché non avevo ancoratoccato terra. Lei mi diceva: "Va tutto bene, tutto finirà bene" e nelmomento in cui stava per toccarmi ho sbattuto a terra. Mentre cadevo,il tempo si era fermato. Penso che senza di lei, mi sarei sicuramenterotto il collo e invece mi sono solamente rotto una costola».

Ecco un incidente che, senza l'intervento di quella «signora» daicapelli biondi si sarebbe trasformato in una disgrazia mortale. È inte-ressante notare che quella «signora» spuntata da chissà dove, indossaun abito bianco e ha la capacità di «congelare» il tempo; il bambinonon capisce perché la caduta sembra non finire più. In uno spazio-tempo modificato l'angelo, perché si tratta proprio di un angelo custo-de (a questo punto non c'è alcun dubbio), gli dice di non guardare aterra, facendogli così cambiare la posizione del corpo ed evitandogli diconseguenza una caduta fatale. li tempo che si congela, o che rallenta,rappresenta una delle costanti più particolari di questi casi: nelle NDEper esempio, quando il soggetto rivive tutta la propria vita - a volte 60anni - si scopre poi che il cuore ha smesso di battere solo per cinque

III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI 113

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secondi! Il tempo non esiste più, o almeno non come lo si percepiscedi solito.

Cerchiamo di ricostruire l'incidente: l'albero è alto circa cinque metri.Se si lascia cadere un pacco di venti chili, il tempo che passa primadell'impatto non supera i 4 secondi. Ma il bambino dice: «Lei (l'ange-lo) ripeteva: "Non guardare in basso, se no ti farai male, è molto impor-tante, guarda me, guarda soltanto me". Tutto questo è durato moltotempo e mi ricordo che non riuscivo a capire perché non avevo ancoratoccato terra. Lei mi diceva: "Va tutto bene, tutto finirà bene" e nelmomento in cui stava per toccarmi ho sbattuto a terra».

Ora, se cronometriamo il tempo necessario a pronunciare la frase«Non guardare in basso, se no ti farai male, è molto importante, guardame, guarda solamente me» e «Va tutto bene, tutto finirà bene», si ar-riva tra i 5 e 7 secondi.

Wes Chandler precisa che l'angelo ha ripetuto questa frase, si puòsupporre almeno due volte e quindi arriviamo a 10/14 secondi. Si su-pera circa del 30% la durata della caduta, perfino con la telepatia.

La bomba stava arrivando su di me

Esaminiamo un'altra testimonianza del genere, «Oh tempo, sospen-di il tuo volo» e vediamo come un giornalista, corrispondente di guerraper l'agenzia Sygma, interpreta l'avvenimento.

«Mi trovavo a Beirut con il mio assistente e con uno sciita armato dimortaio, che si fermava regolarmente per tirare una granata. Di solito,con quel tipo di armi, si tirano solo due colpi e bisogna scappare subitoperché quelli "dell' altra parte" individuano immediatamente il tuo na-scondiglio e rispondono con molta precisione. Probabilmente, per farelo sbruffone, tirò un terzo colpo e due secondi dopo sentimmo il suonocaratteristico di una granata di mortaio che filava dritta verso di noi. Cigettammo tutti a terra, incrociando le braccia sulla testa. Non avevamonessuna possibilità di sopravvivere. Vidi molto distintamente il razzoche puntava proprio su di noi, come in un film al rallentatore, vedevopersino le alette del razzo. Ad un certo punto fece una graziosa curvaprima di piantarsi a un metro proprio dal mio naso, in un secchio disabbia. Mi contrassi aspettando l'esplosione, sicuro che fosse la finema, non so perché, la granata non esplose».

Ci imbattiamo ancora una volta nel misterioso fenomeno del tempoal «rallentatore».

114 III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI

Ho visto l'incidente

Fred è un uomo d'affari di successo, a capo di una fiorente societàche opera nel campo dell'informatica. Sulla quarantina, aspetto sporti-vo, con una vera e propria passione per le automobili americane. Du-rante una cena, a Parigi, mentre parlavamo del più e del meno, non soperché, iniziai a raccontargli della mia passione per le NDE.Mi ascolt~con un'espressione serissima sul viso e alla fine mi disse, con il tono diuna confidenza molto intima: «Pierre, ti racconto qualcosa che non homai raccontato a nessuno perché è troppo assurda». Aprii bene le orec-chie, aspettandomi un'NDE «forte», ma ero ben lontano dall'immagina-re che la sua storia avrebbe polverizzato tutte le vaghe nozioni cheavevo in proposito. La sua esperienza è unica perché raggruppa tutte ~ecaratteristiche che abbiamo visto finora. E come un riassunto, una speciedi «Digest».. .

«Ero, in Marocco, dev'essere stato nel 1954, avevo 24 o 25 anni.Stavo uscendo dal cinema con un' amica. All'epoca avevo una grossamacchina americana che adoravo e stavo filando a 70 km all'ora, su unastrada non molto ampia e nemmeno asfaltata. A un certo punto, la lucedei fari ha illuminato una camioncino che si trovava davanti a noi. Sonouscito leggermente di corsia per verificare che potevo superare e, ve-dendo che non arrivava nessuno, ho dato un colpo d'acceleratore persuperarlo. Nel preciso istante in cui l'ho superato, i miei occhi hannoregistrato la presenza di un camion che arrivava con i fari spenti ..No~so cosa sia successo, ma ho visto l'urto e lo spaventoso mucchio dilamiere e a quel punto sono uscito dal mio corpo che era ormai ridottoin brandelli. Poi ho assistito alla. scena in cui veniva dato l'annunciodella mia morte a mia madre e ho visto le reazioni di tutta la famiglia.Ho seguito i preparativi del funerale, l'articolo sull'incidente mortale esoprattutto, e questa è la cosa più pazzesca, ho assistito al mio stessofunerale. Mi ricordo di aver osservato nei minimi particolari i visi diquelli che erano venuti alla funzione. Ho visto tutto "dall' esterno".

In quel momento, inspiegabilmente, il volante ha "girato" a sinistr~e la nostra macchina è andata a finire la sua corsa nel deserto, fuonstrada. Ho visto e sentito il camion che passava, come se non fossesuccesso niente. Non ha nemmeno tentato di frenare. La mia macchinasi è fermata a duecento metri dalla strada e noi siamo rimasti là, nelbuio, per più di un'ora, senza direi niente, senza respirare, senza muo-verci, totalmente paralizzati, sconvolti, tremanti. Non l'ho mai dimen-ticato e non lo dimenticherò mai».

III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI 115

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Dopo una testimonianza del genere è difficile fare commenti. Perquanto leggessi e rileggessi questa storia, ogni volta mi faceva uno stra-no effetto, come se veramente la vita fosse solo un film, un sogno, in cuiogni azione e ogni conseguenza possono essere modificate nello spaziodi un solo secondo. In questo caso non ci troviamo in un tempo «ral-lentato», ma al contrario, in un «accelerato». Questa testimonianza èveramente impressionante perché c'è proprio tutto, le circostanze delladisgrazia mortale, l'uscita dal corpo, l'azione fuori dal tempo che di-venta «accelerato», e poi l'intervento «sovrannaturale», il volante chegira bruscamente a sinistra e tutto che ritorna alla normalità.

Si può anche riscontrare una certa somiglianza con l'NDEdel dottorJohn Lilly: «Mi mostrano quello che sarebbe successo se avessi decisodi lasciare il mio corpo, un cammino alternativo che avrei potuto pren-dere. Mi fanno anche vedere dove andrei se restassi lì, mi dicono chenon è giunta l'ora di lasciare definitivamente il mio corpo e che comun-que ho sempre la possibilità di ritornarci». Nel caso di Fred, dopo avervisto una specie di cammino «alternativo», il volante della sua macchi-na «gira a sinistra». Non ha preso nessuna decisione, non ha chiestoniente a nessuno e non ha pregato Dio ...

Il suo viso era luminoso

Per il caso seguente devo ringraziare Evelyne-Sarah Mercier, presi-dente della IANDSFrancia, che lo ha utilizzato come introduzione per ilsuo libro La mort transfigurée 7. Si tratta di un esperienza-tipo di morteimminente, che corrisponde molto bene a quella appena analizzata.Qui però il soggetto vede addirittura un essere che sembra controllareil tempo! Evelyne ha ricevuto questa testimonianza, da un' abitante dellacittà di Béziers, che le ha scritto del suo viaggio astrale avvenuto pro-prio quando una macchina stava puntando dritto su di lei.

«Mio marito era al volante e alla nostra destra c'era un burrone. Uncamion stava per incrociarci. A un tratto, una macchina ha iniziato asuperarlo e ha puntato su di noi a tutta velocità. Subito ho pensato: "Lamorte" e nello stesso istante mi sono trovata al di sopra del mio corpoe ho visto le macchine che stavano per scontrarsi, ma molto lentamen-te, come al rallentatore. Il tempo si era quasi fermato. Capivo che l'inci-dente era inevitabile, sentivo il mio corpo all'interno dell'automobile,ma quello che stava per accadere al mio involucro fisico mi era del

J Ed. L'ange du Verseau, Parigi 1992, p. 41.

116 IIL DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI

r

tutto indifferente. Vedevo mio marito al volante e sapevo che i suoisforzi sarebbero stati inutili. Mi voltai. Davanti a me stava, immobilee silenzioso, un essere immenso, come un angelo. Il suo viso era lumi-noso, ma in ombra, ed emanava una potenza, una saggezza e un amoreche trascendevano tutto quello che si può immaginare. Era venuto acercarmi. La mia gioia era indescrivibile ed ero impaziente di andarecon lui. Lontano, all'orizzonte, vedevo, sopra una nuvola, i miei "fra-telli" e mi resi conto che esistevano davvero nel momento stesso in cuili vidi; mi aspettavano, il mio esilio stava per terminare, perché capivoche il mio posto era con loro. Stavo per raggiungerli e la mia guidaconfermò che era arrivato il momento. Però a un tratto, notai che l'es-sere sembrava sorpreso, esitava; restò silenzioso e immobile, aspettan-do qualcosa. Ma cosa? Vedevo in basso le macchine che si avvicinava-no sempre di più. Sapevo di avere del tempo a disposizione per farequalcosa, ma lui non mi aiutava, e io non sapevo cosa fare, era comese soffrissi di amnesia. A un tratto vidi mia figlia, laggiù nella sua ca-mera, addormentata e mia madre vicino a lei; provai una pena immen-sa. Mi inginocchiai davanti all'essere e gli dissi: "So che quello che faiè giusto, ma mia figlia, una prova cosÌ terribile, perdere tutti e due igenitori in una sola volta ... È giusto tutto questo? Fai che almeno miomarito non muoia". Allora vidi il suo viso e sentii la sua voce. Mi ri-mandò sulla terra dicendo: "Dal momento che non chiedi nulla per testessa, non è la tua ora". Capii che era felice di come avevo reagito eche approvava la mia decisione. Il suo viso era più luminoso del solee la sua voce sembrava un' enorme vibrazione. Mi ritrovai al mio postoin auto e vidi i fari allontanarsi. lo e mio marito siamo rimasti permolto tempo fermi sul ciglio della strada. Anche lui sapeva che avrem-mo dovuto morire».

Anche se il viaggio «extra-corporeo» è assolutamente un classico,l'essere misterioso, «come un angelo», non è proprio comune. In effet-ti, nelle esperienze di morte imminente sono rari i casi di uscita dalcorpo in cui appare un essere, una guida o un angelo. Di solito, il sog-getto guarda in basso con indifferenza e si sente come sganciato dalproprio corpo, come se improvvisamente gli fosse divenuto totalmenteestraneo.

In questo caso, l'essere riveste il ruolo di un professore durante unesame in cui il soggetto viene messo alla prova, mentre il tempo è ral-lentato, come in un film. Scopo dell' esame, dare una testimonianzad'amore, sancita dal «poiché non hai chiesto nulla per te stessa puoiritornare».

IIL DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI 117

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CASO CAIUTI INATTESI,

SOGNI, SINCRONICITÀ

È ormai certo che questi esseri intervengono nella nostra realtà fisi-ca per strapparci all'ultimo momento da un incidente. Tre sono le ca-ratteristiche principali che rappresentano i diversi gradi della materia-lizzazione dell'intervento: il tempo che si ferma, una voce che spuntada chissà dove e l'apparizione improvvisa di un essere di luce che spes-so dà al pr~tetto una fugace visione dell' immediato futuro. Il caso piùfrequente rimane comunque quello del sogno premonitore, quel sognoche non si può cancellare, non si può dimenticare. Al mattino quelsogno vi ossessiona e vi spinge a fare qualcosa, a prendere una decisio-ne quasi immediata. E, «non sapendo perché», fate quel qualcosa esubito dopo vi chiedete perché avete agito così e solamente due setti-mane o a volte persino un anno dopo, vi rendete conto che quel con-siglio vi è stato molto utile o addirittura vi ha salvato la vita. Non èsemplice fantasia. Questo tipo di sogno è indelebile e persino due annidopo ve ne ricordate, non potete confonderlo con il sogno classico chesi dimentica appena scesi dal letto. Non fornirò degli esempi perchétutti, più o meno, abbiamo sperimentato questo tipo di sogno che spin-ge, obbliga, costringe a seguire un dato consiglio, anche se è in contra-sto totale con le circostanze del momento. E se non vi è mai capitato,seguite istintivamente l'avvertimento, senza nemmeno riflettere.. Altro fenomeno ~lassico, quello dell' aiuto inaspettato. Per esempio,

rimanete senza benzina nel bel mezzo del deserto dell' Arizona e la vostramacchina, all'ultimo sussulto, si ferma a fianco di un camion che ha deiproblemi al motore, il tutto alle tre di mattina! A sud il primo benzina-io è a 90 chilometri e a nord a 120. È capitato a un mio amico che, comesi dice, è proprio «nato con la camicia». Il camionista ha semplicemen-te pompato qualche litro di benzina dal suo Kenvorth e il fortunello hacosì potuto raggiungere la prima stazione di servizio.

Ultimo esempio di intervento classico, una sincronicità assolutamentepazzesca. Per esempio, è mezzanotte, siete stanchi morti, in completosfasamento orario e pregate il vostro angelo di trovarvi un bell'hotel edi confermarvi la risposta con un segnale. Verso mezzanotte raggiungoun hotel ma è completo; dieci minuti dopo ne trovo un altro, ma misembra così squallido che decido di proseguire. Al terzo ho esauritoco~plet~mente le forze e mi fermo, pensando: «Basta, non posso piùguidare m questo stato». Mentre riempio i moduli alla reception, una

118 III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI

coppia entra nella hall dell'Holiday Inn. La donna vuole sapere se cisono messaggi per lei e l'impiegato le chiede il cognome: Mrs. Angelrisponde lei. Mi blocco per un attimo e poi sorrido.

Ero nell'hotel giusto al momento giusto, in altre parole ero «puntua-le». Ed effettivamente l'hotel era perfetto, con una camera enorme euna bella piscina.

La sincronicità ha qualcosa a che fare anche con il caso di un psi-chiatra junghiano il cui paziente era convinto di essere Dio. Un pome-riggio 1'analista lo riceve nel suo studio, il malato si stende sul divanoe dichiara: «Sono colui che ha portato la luce e che spegnerà la luce».Appena pronunciata la frase il lampadario si stacca dal soffitto senzanessuna ragione plausibile e gli cade in testa. Non sappiamo se il colpoabbia guarito il paziente o meno, ma si tratta senza dubbio di uno splen-dido caso di sincronicità.

Dopo questo breve esame di alcuni interventi sovrannaturali, nonpossiamo fare a meno di porci qualche domanda: perché in un caso unessere di luce si materializza per aiutare dei bambini a salvarsi daun' esplosione improvvisa, mentre in altre occasioni, sempre ad altorischio, certi sentono solo delle voci, oppure sono spinti da impulsiimprovvisi o ancora hanno la fortuna di fare terribili sogni premonitori?

Perché nel bel mezzo di un tamponamento a catena di cinquantaauto un' automobile rimane intatta, completamente circondata da altredistrutte? E in quell' ammasso di lamiere, una donna, subito dopo l'ur-to, decide di scatto di scendere dalla sua Renault e di scappare: cinquesecondi dopo, un camion polverizza anche la sua macchina.

III. DEGLI INTERVENTI SOVRANNATURALI 119

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Capitolo Quarto

DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

No one on earth could feel lilee this / l'm thrown and ouerflou»iwith bliss / There must be an Angel / Playing with my heart /I walk into an empty room / And suddendly my heath goesboom! / Lt's an orchestra 01Angels / And they areplaying withmy heart / (Must be talking to an Angel).

Eurythmics, There must be an Angel,in Be yourself tonight, ReA Records

La mia passione per gli angeli era cominciata con una domanda: ascol-tando il disco di Jean Louis Murat l, canticchiavo L'angelo caduto e,intrigato dalle parole, mi ero chiesto se anch'io avessi un angelo custo-de. Trovai l'idea piuttosto affascinante, senza però crederei nemmenoper un secondo. Circa un' ora dopo, lasciai il mio appartamento percomprare qualche libro e dei dischi in un centro commerciale degliChamps-Elysées. Nella libreria, «brucando» tra gli scaffali, aprendodei libri a caso e sfogliandone qualcuno, le mie mani caddero su unapila di libri intitolati I dialoghi come li ho vissuti. Avrei subito ripostoil libro se i miei occhi non avessero incrociato delle frasi scritte inmaiuscolo e ... in ungherese. Siccome mia nonna era ungherese avevoimparato quella lingua piuttosto bene. Affascinato, lo aprii subito perleggere qualche frase e la mia sorpresa fu indescrivibile quando scopriiche si trattava della spiegazione di un gioco di parole utilizzatodagli ...angeli e per di più in ungherese. Strana coincidenza, consideran- .do il fatto che solo un' ora prima mi ero. chiesto, tra il serio e il faceto,

l Cheyenne Autumn, Virgin records.

120 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

se possedessi anch'io un angelo custode. Senza esitazioni, lo comprai eme ne tornai a casa. Il libro mi tenne sveglio tutta la notte e non vedevol'ora che arrivasse il giorno per procurarmi i Dialoghi veri e propri, dalmomento che il libro che avevo comprato era solo un'opera esplicativa.

Quando finalmente riuscii a trovare quel libro, dopo aver telefonatoa parecchie librerie, ritornai in fretta a casa, ubriaco di sonno e di ecci-tazione. Lessi e rilessi i Dialoghi, e li rileggo ancora, scoprendo ognivolta qualcosa di nuovo, un passo oscuro che di colpo mi diventa com-prensibile e illumina altri. Le parole degli 88 dialoghi sono come incan-tesimi violenti, brucianti d'amore e di luce, che martellano letteralmen-te lo spirito. Mi viene in mente solo una musica che si intonerebbe conquesta lettura, una specie di Carmina Burana interpretata dall' orche-stra della Legione Straniera e dai cori isterici dei paracadutisti dell' Ar-mata Rossa: l'opera immortale di Christian Vander del gruppo Magma,Mekanik Destruktrv Komrnandòh 2.

Riprendendo in mano la custodia, rimasi sorpreso leggendo la nota. del compositore, soprattutto considerando il fatto che il disco era da-tato 1973!

Non sentirono la mortee gli angeli e i serafinisi inchinarono davanti a lorocullandoli come bambinitutto l'universo vibrava in lororisuonando di mille voci melodiose e immaterialie questa sensazione fu così forte per la percezione umanache svanirono nello spazio.lo stato di grazia era raggiunto.

Ho regalato i Dialoghi ad alcuni amici, ma la maggior parte l'harelegato in un angolo della libreria con il commento: «Troppo violen-to». In effetti è davvero violento e potente, virulento e corrosivo, avolte frenetico e furioso (come l'opera di Christian Vander), diame-tralmente opposto alle rappresentazioni classiche di angeli paffuti chescoccano una freccia nel cuore di una giovincella. I Dialoghi, paginadopo pagina, giustiziano gli amorini, i cherubini e tutti gli angeli dallerosee natiche e dalle braccia cicciottelle. Sicuramente non si tratta del

2 Il disco è stato ripubblicato in Cl) dalla Seventh Records, 101 AvenueJean-Jaurès, 93800Epinay-sur-Seyne, France. Da non confondere con Mekanik Kommandob che ha la custodia neraed è assolutamente insignificante.

IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI 121

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genere di discorsi che ci si aspetta dai pretesi angeli e si può rimaneredelusi, perché questi dialoghi sembrano piuttosto un torrente di lava,un magma di parole che aiuta a comprendere, nel profondo di se stessi,il significato del Verbo. Indubbiamente sono state pronunciate da en-tità non umane: dopo averle lette in tedesco, persino Pierre Emmanueldell' Académie Française ha esclamato: «Ma da dove vengono questiversi? È impossibile rendere la loro concisione e la loro musicalità».Questi versi angelici fanno avvampare lo spirito, sono fiamme che pro-vocano un incendio quasi ad ogni pagina e così si spiega l'assenza digiudizi moderati sui Dialoghi. O si amano o si odiano. Il romanticismoè completamente assente, bandito, condannato, come un senso vietatoin una gerarchia misteriosa, dagli accenti guerrieri, pronta a brandire laspada divina per tagliare delle teste. Si esce da una lettura dei Dialoghicome da un incontro di boxe, 1'anima pesta, la bocca aperta e la frontecorrucciata.

Di cosa si tratta? In compagnia di tre amici, Gitta Mallasz visseun' esperienza spirituale, dichiarata autentica, nel 1943 a Budapest,in Ungheria. Ricordiamo i fatti: durante gli anni bui della guerra inUngheria, quattro amici (tre di confessione ebraica - Hanna, Lili eJoseph - e una cattolica, Gitta) si erano trovati in presenza di «angeli»o «esseri di luce» mentre si stavano ponendo delle domande moltoprofonde e sincere. Ogni venerdì verso le tre di pomeriggio, quegliesseri «discendevano», pur restando invisibili, e prendevano in prestitole corde vocali dell'uno o dell' altro per rispondere alle loro domande.

I dialoghi, 88 in totale, erano stati scrupolosamente trascritti in pic-coli quaderni che hanno dovuto attendere ben 33 anni prima di esserepubblicati per la prima volta, cioè il tempo che Gitta Mallasz impiegòper uscire dall'inferno comunista (gli altri tre amici morirono durantela deportazione nel 1944).

Ho avuto l'occasione di vedere Gitta Mallasz a una conferenza allaSorbona. L'anfiteatro era «al completo» e nei corridoi moltissimi at-tendevano la possibilità di intrufolarsi nella sala strapiena. Alcuni bran-divano dei potenti microfoni per registrare la conferenza, altri la guar-davano come se fosse una santa o un' extra terrestre, con un barlume diinvidia negli occhi. Il libro non era stato assolutamente pubblicizzatodal suo editore Aubier ma la sua eco fu tale che aveva percorso il cam-mino del successo solo grazie a un enorme passaparola, fino a esseretradotto in una dozzina di lingue. In effetti le opere il cui successooltrepassa le frontiere con una traduzione in più lingue sono rarissime,e possono farsi pubblicità solo con il «passaparola», in media di gran

122 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

lunga più efficace di qualsiasi articolo di giornale, pubblicità o pro-gramma televisivo.

Si potrebbe mettere in dubbio l'autenticità dei Dialoghi, ma strana-mente pochi hanno avuto il coraggio di farlo, forse spaventati dallapotenza infinita che irrompe da ogni frase.

Prima di redigere il mio articolo per «Le Quotidien de Paris», vole-vo comunque avere la coscienza pulita e così decisi di andare a trovareGitta Mallasz a Lione. Avevo previsto tutto, tranne la reazione diPhilippe Tesson, il direttore del giornale, che, leggendo il formulariodel reportage, mi chiese di cosa si trattasse esattamente. Non sapevopiù cosa dirgli e così avevo preferito spiegargli che quella signora avevavisto degli angeli, che il suo libro era un successo e che sarebbe statointeressante sapere cosa aveva da raccontare. Rimase per un po' a os-servarmi, probabilmente chiedendosi se fossi impazzito, poi, dopo unattimo di esitazione, firmò 1'ordine di missione che mi permetteva diprocurarmi il biglietto del treno.

«Con un successo del genere in libreria, i diritti d'autore non saran-no da poco - mi dicevo - e il suo stile di vita tradirà l'inganno, sed'inganno si tratta». Arrivato a destinazione mi trovai davanti una ca-setta senza pretese su di un colle che sovrastava le vigne lionesi. Nientepiscina, niente domestici, niente villa, nessun segno tangibile di ric-chezza. Unici indizi di modernità, un fax e un personal computer. Nienteche potesse far pensare di trovarsi nella casa di un' autrice (o meglio diuno «scriba») di successo internazionale. Primo indizio. Un'altra pro-va, dal punto di vista psicologico incredibile per uno scrittore, è fornitadal libro stesso: non c'è traccia di nome né sulla copertina né sul retro.Ebbene, non conosco proprio nessun scrittore che abbia rifiutato di farapparire il proprio nome sulla copertina del libro, che solitamenteconsidera come la propria opera immortale, quasi come un figlio osereidire, e non conosco nessun giornalista che, dopo aver scritto un artico-lo, non ci metta la firma, sigillo irrefutabile di una creazione letterariao giornalistica personale. In un libro si mette se stessi, rappresenta unaparte dell'ego, una parvenza d'immortalità.

Ma all'inizio dei Dialoghi, leggiamo questo avvertimento: «Non sonol'autrice dei dialoghi. Sono lo scriba dei dialoghi». Questa professionedi fede, unita ad altri indizi e soprattutto al rifiuto di Gitta Mallasz diessere innalzata al rango di guru o a quello di star del «new age» provala sua indipendenza rispetto al contenuto del libro. Non dice: «Hoscritto questo libro», con quella fierezza così comune ad autori, giorna-listi e a tutti coloro che redigono un articolo o un editoriale. Respinge

IV. DEI DIALOGHI CON GLI A GELI 123

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con una risata da ragazzina tutti quelli che la vedono come una star ocome «la persona miracolosa» che ha parlato con gli angeli.

Appena rientrato a Parigi, redassi il mio articolo per la rubrica «Vi-vere domani», sezione dedicata alle scienze in generale e lo affidai aHenry Tricot che aveva il compito di «venderlo» durante la riunione diredazione del mattino, in cui tutti i capuffici si raccoglievano intorno aPhilippe Tesson. La pubblicazione dell' articolo venne più volte rin-viata.

Un giovedì mattina, dovendo prendere un aereo alle 8 e 30 per unreportage in Austria, scesi verso le 7 e un quarto alla stazione dei taxisotto casa mia. Di solito c'erano quattro o cinque macchine pronte peri clienti e a quell' ora venti minuti erano più che sufficienti per arrivarea Charles de Gaulle. Ma quel mattino, nemmeno l'ombra di un taxi;tutti quelli che passavano erano occupati, e nella buona tradizione deitaxi parigini, alcuni, vuoti, non si fermavano lo stesso. Terribilmenteinnervosito e maledicendo tutti i tassisti, riuscii a trovarne uno alle7 e 40, che arrivò a Roissy alle 8 e 20, dopo essere rimasti più volteimbottigliati nel traffico parigino. Mi precipitai al banco per chiedereun check-in espresso alla hostess, la quale, molto dispiaciuta, mi spie-gò che l'imbarco era chiuso. Telefonò comunque subito al «satellite»ma ricevette la conferma che l'aereo si stava dirigendo verso la pista didecollo.

La situazione era a dir poco assurda, anche perché quella mattina lamaggior parte dei voli erano o annullati per uno sciopero dei control-lori di volo, iniziato alle 6, oppure ritardati per condizioni metereo-logiche sfavorevoli. Solo il mio aereo era partito con cinque minutid'anticipo! Ero incastrato. Chiesi alla hostess di prenotarmi un postosul successivo volo per Vienna, all'una o alle due del pomeriggio. De-cisi quindi, in attesa della partenza, di rientrare alla redazione di Neully.Nel corridoio del giornale, rimasi ammutolito sentendo Henri Tricotche mi diceva: «Capiti bene, perché proprio oggi volevamo passare iltuo articolo sugli angeli, ma stavo per annullarlo definitivamente per-ché non potevo modificarlo al posto tuo; e siccome andavi a Vienna ...»,

L'articolo apparve sul «Quotidien de Paris» venerdì 15 giugno 1990.Un mese dopo, il quotidiano «Libération» dedicava tre pagine ai Dia-logbi' e in seguito anche la rivista «Elle» pubblicò un articolo piuttostolungo nel numero che fece un record di vendite, quello sulla vedovanzadi Carolina di Monaco. Coincidenza.

, Il 5 luglio 1990.

124 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

Tuttavia, alcuni preti avevano messo in dubbio l'autenticità deidialoghi, fatto che esasperò Gitta. Si può immaginare un prete che negal'esistenza degli angeli? Ebbene sì. Motivo per cui, Gitta mi aveva det-to: «Non parli mai dei Dialoghi a un prete; non ne capiscono niente ecomunque, non credono agli angeli».

Un giovane seminarista però, impressionato dal suo libro, andò atrovarla nel 1978 e le chiese: «Sa perché gli angeli venivano solo divenerdì alle tre del pomeriggio?». Gitta, che non ne aveva la più pallidaidea, ammise la sua ignoranza. «Perché Cristo è morto un venerdì alletre» le rivelò il seminarista.

Come se gli angeli avessero deciso di rendere omaggio «di grandebellezza, anche se non sempre corrispondente alle formule teologicheabituali - notava padre Brune - a Colui che era venuto a insegnare benprima di loro».

Tuttavia, il modo in cui Gitta Mallasz presenta questi dialoghi poneun piccolo problema che conviene risolvere subito. Dice: «Nessuno hail diritto di insegnare il contenuto dei dialoghi, semplicemente perchénessuno li ha vissuti. Trattandosi di un insegnamento individuale, qual-siasi paragone con religioni rivelate o altri insegnamenti spirituali, èinutile e fuori luogo» 4.

È vero: qualsiasi spiegazione dei dialoghi risulta impossibile, perchéad ogni parola si scopre qualcosa di nuovo. Ma si sarebbe tentati diinsinuare che, se nessuno può commentare i dialoghi tranne lei, dalmomento che si tratta di un insegnamento privato, non valeva nemme-no la pena di pubblicarli; un po' come se rappresentassero un vangeloa parte e gli angeli appartenessero a un mondo che ci è totalmenteestraneo. Eppure gli angeli parlano di Cristo e del Padre praticamentein tutte le pagine. Semplicemente, non ne parlano con il permesso delVaticano e si esprimono molto meglio di qualunque mistico terrestre,probabilmente perché sono infinitamente più vicini a Dio. Questi an-geli appartengono alla sfera cristica ed è assolutamente impensabileaffermare il contrario. Fanno proprio parte di una religione rivelata ebasta leggere la nota a pagina 16 dell' edizione francese: «Il pronome"O" utilizzato dagli angeli per indicare il divino, può significare sia Dioche Gesù - solo una lievissima differenza di intonazione permette didistinguere i due termini -. La grafia di A LUI, IL SUO, LA SUA èstata adottata quando si tratta di Dio; a Lui, il Suo, la Sua, quando iltesto si riferisce a Gesù».

4 Quand l'ange s'en mele, p. 122.

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A priori, dal momento che, secondo Gitta Mallasz «qualsiasi para-gone con delle religioni rivelate o altri insegnamenti spirituali è inutilee fuori luogo», mi sembra tuttavia che Cristo non appartenga né aibuddisti, né ai musulmani, né agli ebrei. Si.legge per esempio a pagina2185:

Il settimo cielo è vicino come la terra quaggiùdove poggiano i vostri piedi.Là, Egli è re.Egli non ritorna più sulla terra.Luce abbagliante, unica Realtà.Re: Colui che è da tutta l'eternitàil biancore della Sua vestesale come fuoco fino a LUI.Voi siete i Suoi servitori! ServiteLo, il Glorioso!Lui che è Luce, Lui che non si può guardare,l'Eterno inafferrabile, l'Unico afferrabile!Voi siete dei discendenti.' Voi tutti.'Voi tutti: dei Gesù.Voi siete al Suo posto. Voi agite, vivete, divenite.Ma Egli è la Causa, il Cammino, la Verità e la Vita.

Fortunatamente Caterina da Siena 6 non vietò a nessuno di com-mentare e diffondere i suoi Dialoghi. Tuttavia nessuno ha vissuto iDialoghi al posto di Caterina da Siena, che avrebbe d'altronde potutodichiarare la semplice verità, cioè che costituivano un insegnamentoprivato. Non lo fece mai, comunque non più di quanto fecero Teresad'Avila, Ildegarda Von Bingen o Marie d'Agreda.

Un'ulteriore prova dell' autenticità dei Dialoghi con l'angelo è rap-presentata dal loro stile inconfondibile e dalla potenza che emanano.Infatti basta leggere le varie opere esplicative scritte da Gitta Mallasz,per rendersi conto della differenza di stile e di pensiero, come ad esem-pio in questo passaggio: «Non si è forse presi dalla nausea, quando sientra in una libreria?», scrive Gitta Mallasz. «Tonnellate di saperelibresco! Il pensiero razionale ci condiziona come un lavaggio del cer-vello. Ma questo eccesso di intellettualismo non ci riporta alla dimen-sione naturale dell'omniscenza presente nelle nostre celluleò-'. Sogna-

5 Incontro n" 40 del 24 marzo 1944.6 Non sto paragonando Caterina da Siena a Gitta Mallasz, non è assolutamente possibile; sto

semplicemente mettendo a confronto due donne che ci hanno donato degli scritti di notevoleportata spirituale.

7 Les dialogues ou le saut dans l'inconnu, Aubier, Paris, p. 166.

126 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

va forse una libreria che vende solo libri «buoni», come nei paesi co-munisti? Comunque, queste piccole sbandate di Gitta Mallasz si per-donano molto volentieri, perché è grazie a lei che i preziosi dialoghisono giunti fino a noi; dopotutto è un po' colpa nostra se ci aspettava-mo da questa donna delle analisi e dei commentari all' altezza dei dia-loghi perché, come abbiamo visto, è assolutamente impossibile, persi-no per la persona che li ha vissuti. E si arriva sempre alla stessa conclu-sione: i Dialoghi con l'angelo sono assolutamente autentici. Allora, datoche questi dialoghi sono autentici, tenteremo di esaminare, alla luce dialtri incontri angelici, come si manifestano gli angeli, in che circostanzeappaiono e quali sono i messaggi che trasmettono. Constatazione gene-rica, l'angelo si manifesta quando il suo protetto attraversa un periododi profonda crisi interiore, quando sta per «tirare le cuoia», come sisuol dire, oppure quando si pone in modo molto sincero delle doman-de di carattere esistenziale, tipo: «Chi sono, dove vado, a che serveVIvere ecc.».

È proprio in questi momenti di forti emozioni che il soggetto vivedei fenomeni sovrannaturali e se ne ricorda perfettamente, perfinotrent' anni dopo. Per esempio, l'anziana attrice di Hollywood EarlyneChaney si ricorda benissimo di come, molti anni prima, fu svegliata ungiorno da «una voce». La voce era così forte che la ragazzina temevasvegliasse le sorelle che dormivano accanto a lei. Uscì, cercò, ma nontrovò niente, anche se la «voce» rimaneva nella sua 'testa. Il tutto duròqualche giorno ma fu solamente quando si abituò alla voce di quellapresenza invisibile che riuscì finalmente a scoprirla in una notte digiugno. Al momento dei fatti aveva dodici anni. La voce la svegliò e,come tutte le sere, uscì per osservare il cielo stellato seduta al solitoposto.

«Improvvisamente sentii un fremito nel mio corpo, come una scossaelettrica ed ebbi la certezza che qualcuno stava dietro di me, ben visi-bile questa volta. Fui presa dal panico. Il mio primo pensiero fu difuggire, ma scoprii che non potevo alzarmi, avevo paura persino digirarmi e di guardare. Sapevo però che non si trattava di un mortale.Poi sentii la sua voce, ma non era come una voce umana, avevo l'im-pressione di sentirla con il plesso solare piuttosto che con l'udito. Eracome se il mio plesso solare fungesse da radio, captando una stazioneche diffondeva la sua voce. Le parole divennero comprensibili: "Nonavere paura", disse "sono stato con te molte volte". La paura scomparìsubito, anche se era la prima volta che sentivo quella voce cosciente-mente ... Poi lo vidi, stava proprio dietro la mia spalla sinistra, ma era

IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI 127

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come se fosse davanti a me, come se il suo viso si riflettesse in unospecchio davanti ai miei occhi ... Finalmente gli chiesi:

"Sei Dio?"."No, sono qualcuno che ti osserva dall'alto, da molto tempo. Non

avere paura di me"."Sei Gesù?", gli domandai."No, sono uno dei suoi discepoli".Cercavo di parlargli ma non usciva alcun suono dalla mia bocca.

Restai là, seduta, a osservarlo con gli occhi spalancati. Indossava unlungo abito bianco e sulle spalle aveva un mantello blu, quasi viola, chegli scendeva fino ai piedi.

"Chi sei?", riuscii finalmente a chiedergli."Sono il tuo maestro", rispose, e le sue parole si impregnarono nel

mio cervello come gocce d'acqua in una spugna ..."Ritornerò", dissev".L'essere spirituale sparisce progressivamente, lasciando la ragazzina

in uno stato indescrivibile, come un bambino improvvisamente abban-donato dai genitori. «Volevo seguirlo, volevo che mi portasse con lui»,spiega nell' autobiografia. Poi aveva sentito la voce dell' essere che lediceva: «Non ti lascerò mai; e tu mi rivedrai». Però Earlyne non lorivide più per molti anni. A Budapest fu Hanna a prestare più spessole proprie corde vocali agli angeli. Il primo incontro ebbe luogo vener-dì 25 giugno 1943 e l'ultimo venerdì 24 novembre 1944. In 17 mesi, gliangeli concessero 38 incontri a Gitta, 35 a Lili e 4 aJoseph; a partire dal24 di marzo 1944 (vigilia della festa dell' Annunciazione), si rivolsero atutto il gruppo, senza distinzioni. Il primo dialogo ebbe luogo quandoi tre amici stavano cercando di dare una risposta ad alcune domande dicarattere esistenziale. Gli angeli si annunciarono inaspettatamente eHanna ebbe giusto il tempo di avvisare gli altri: «Attenzione, non sonopiù io a parlare». E quando Hanna chiese a Gitta, con un' altra voce:«Mi conosci?», Gitta non riuscì a ricordarsi, pur conservando la cer-tezza che quella presenza era proprio il suo «maestro interiore» 9.

Ora, quando Earlyne Chaney chiese alla presenza chi fosse, l'esseredisse: «Sono il tuo maestro», risposta che si incise in lei come i dialoghiin Hanna e Gitta, nonostante le due donne non avessero alcuna possi-bilità di conoscere le rispettive esperienze perché quella di Earlyne ebbeluogo negli Stati Uniti negli anni '30 e quella di Gitta negli anni '40 nel

8 Remembering Earlyne Chaney, New Age Press, La Canada, California 1974, pp. 51·52.9 Dialoghi con l'angelo, cit., p. 14.

128 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

cuore dell'Europa, in Ungheria. Earlyne pubblicò il suo libro nel 1974e Git~a ne~ 1~7? e le loro esperienze, benché piuttosto diverse, presen-t~~o In pn~~IplO le stesse caratteristiche, perché gli esseri non si iden-tI~ICanOo pIU esat~amente non si rnaterializzano esclamando tra squillidi tron:ba: «Sono il tuo angelo custode, non temere, sono qui per pro-teggerti».

Bisogna aspettare: nei Dialoghi gli esseri utilizzano la parola «ange-lo» soltanto dopo cinque mesi. Nel frattempo Hanna vive su di séogni sensazione degli angeli, la loro adorazione, il nervosismo e addi-rittura la collera: a volte si sente in un certo senso «consumata» dalverbo vivo del messaggero, non riesce a sopportarne il calore. Ritro-vere~o ques~o calore varie volte, perché gli esseri spirituali faticano araggiungere il nostro livello, come spiega l'angelo nel decimo dialogodi Budapest:

A~gelo: Rendiamo grazie! (con un sorriso radioso). Oggi si sta bene qui.C!ztta: Hanna mi rivelò in seguito che, durante i primi incontri per-

ceprva come fosse difficile per il mio maestro scendere e rimanere nellanostra atmosfera, per lui troppo densa. Oggi, la mia gioia rende piùfacili le cose.

. Angelo (indicando un bicchiere d'acqua): L'acqua mi avvicina a te.CIÒ che per te fa il fuoco, l'acqua lo fa per me.

Gitta: Capisco che più brucerò di gioia più potrò avvicinarmi al mioangelo; al contrario, il fuoco dell' angelo deve essere attenuato dall' ac-qua perché si possa avvicinare a me IO.

questa difficoltà a discendere nella nostra atmosfera «troppo den-sa>; e .stato notata anche durante un esperimento di uscita dal corpoall Istituto Monroe. Lo studente, un medico, descrisse le sue sensazionia R~bert M~nr?e e il dialogo registrato somiglia a quello appena lettone~ opera di Citta Mallasz. Notiamo nel caso che segue, che nonostan-t~ ~ contatto avvenga fuori dal corpo, l'essere ha comunque qualchediffIcoltà:

Medico: ..Vedo un punto di luce ma a parte quello, non vedo niente.Monroe: Che sensazione dà la luce?

. Medico: Sembra una stella. Quando mi concentro sulla luce comin-CIOa fluttuare.

Monroe: Faccia un esperimento con la luce.Medico: Adesso si avvicinano; adesso sono io ad avvicinarmi a loro.(Pausa di due minuti e mezzo)

lO Dialoghi con l'angelo, cit., p. 43.

IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI 129

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Nuova voce: Come va? 11

Monroe: Lieto di fare la sua conoscenza. Le sono riconoscente per'essere venuto.

Nuova voce: È difficile venire fin qui.Monroe: Perché?Nuova voce: Bisogna passare attraverso molti livelli 12. .

Anche se gli angeli hanno qualche difficoltà a s~en~ere verso il ~og-getto per una comunicazione fisica, una vO.lta ar~Iv~t~,questo subisceun profondo cambiamento, prova una sensazione di gioia, come se avesseimprovvisamente ritrovato un pezzo di se s:esso che mancav~, caratte-ristica comune a molte NDE. La cappuccma catalana Maria AngelaAstorch (1592-1662) provò la stessa sensazione di felicità assoluta quan-do incontrò per la prima volta il suo angelo custode. .

«Non appena percepii la sua presenza, avvenne un tale cambiamen-to nel mio spirito che si può dire vivessi in me stessa e a~o stesso ~e~P?fuori dal mio corpo. Infuse una grande nobiltà nelle mie perceziom, ilmio cuore si riempì di una dolce sensazione di conforto e con unarninuziosa operazione, fortificò tutto il mio spirito. Lasciò in me unatale impronta, una gratitudine così umile e dolce che non conoscevopiù la debolezza delle creature, poiché tutte le passioni er~~o s~ompar~se; provai una tale purezza di coscienza e una. tale n:ortlflcazlOne de~sensi, che non dovevo più combattere con eSSI,grazie alla potenza diquella misericordia» l3 . .' .,

In tutti i casi analizzati, il so&getto parla di una s~n.sazlon~ mdlm~n~ticabile difficile da descrivere. E una costante che SIritrova m qualsiasitestimonianza di esperienze ai confini della morte: indimenticabile,indescrivibile, indelebile. Anche John Lilly provò la stessa cosa 14. Per il

11 La «luce» parla tramite il soggetto fuori dal corpo.12 Cfr. I miei viaggi fuori dal corpo, MEB, Padova 1987. . . .U Vida de la venerable Maria Angela Astorch di G. Roxo, Madnd 1733, citato da Vincent

Klee. P . d' h l f' .14 All'età di 18 anni, entrò al celebre Cahech, in cui si laureò nel 1938: Ol ecise c e a ISlCa

non gli bastava più e si iscrisse a medicina all'università della Pennsylvania. Laureatosi nel 1942,venne immediatamente reclutato dall'us Air Force, che gli chiese di studiare la pressione sangui-gna dei piloti ad alta quota, nell'evenienza di uno sbarramento antl-~ereo nemico. . .

Questo progetto gli servì come base per le sue ncerch,e sulla deP:lvazlOne. senso naIe. Infatti;se i suoi studi sui delfini l'hanno reso famoso, John Lilly e ancora plU conosciuto per la vasca diisolamento (Isolation Tank) che mise a punto nel 1954 nell'ambito delle sue ricerche al NationalInstitute of Mental Health nel Maryland. . ..

All' epoca, si credeva che il cervello non potesse andare al di là di un certo stadio di rilassamen-to, perché gli organi deI corpo gli fornivano continuamente informazioni e ImpulsI.. Lilly ebbeallora l'idea di osservare le reazioni del cervello in stato di deprivazione sensonale. Utilizzo quindiuna vasca completamente insonorizzata riempita d'acqua, che era servita all'us,Navy per studiareil metabolismo dei nuotatori in combattimento. Dopo qualche tentativo, scoprt che a,una tempe-ratura di 93° Fahrenheit, il corpo non provava più nessuna senzazione di caldo ne di freddo.

130 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

suo romanzo Il giorno del delfino, lo scrittore Robert Merle si era ispi-rato alla vita del celebre biologo americano 15 che, negli anni '50-'60,riuscì a mettere a punto un metodo di comunicazione con i delfini. Inpiù, gli furono indirettamente dedicate due produzioni cinematografi-che: Il giorno del delfino di Mike Nichols con, nella parte di Lilly, il nonmeno famoso George C. Scott (il generale Patton) e Stati di allucinazio-ne di Ken Russel. La sua ricerca ispirò anche la serie di telefilm Flipper,il Delfino, di Ivan Tors ..

Nonostante John Lilly sia vivo e vegeto, disponiamo di ben tre ope-re biografiche, di cui due scritte da Lilly stesso, The scientist e In thecenter cf the cyclone, e la terza, la biografia finale, scritta dal neurologocaliforniano Francis Jeffrey, pubblicata nel 1990 con il titolo John Lilly,so far ...

La vita di questo Jacques Cousteau americano è molto affascinanteperché c'è un po' di tutto: fisici, delfini, militari, studi psichiatrici, espe-rienze mistiche di tutti i tipi, amici e conoscenze illustri (Robert A.Millikan, premio Nobel di fisica, il dottor Albert Hofmann inventoredell'LSD, gli scrittori Aldous Huxley e Herman Wouk, il filosofo AlanWatts, il padre del movimento Flower-Power degli anni '70 TimothyLeary, l'attore Robin Williams, ecc.) e soprattutto una ricerca costantedi stati di coscienza alterati che permettono di «vedere» da qui quelloche c'è dall'altra parte. Ma alla base di questa vita movimentata, trovia-mo un'infanzia segnata dall'incontro totalmente inaspettato con il suoangelo custode, nel gennaio 1925. Lilly aveva 10 anni ed era stato col-

La composizione dell'acqua utilizzata per riempire la vasca somiglia a quella del Mar Morto,con un contenuto salino molto alto e diversi additivi chimici per sostenere il corpo. Una voltachiusi nella cabina, le informazioni provenienti dagli organi sono neutralizzate e si sentono soloI pensieri, il corpo scompare. TIsoggetto diventa puro spirito che galleggia nell'acqua. Con sor-presa, Lilly scoprì che il cervello non aveva bisogno di stimoli esterni per rimanere sveglio. Questarivelazione lo spinse ad andare oltre e a studiare le reazioni del corpo rimanendo una, due,quattro ore nella vasca. Poco a poco, scoprì che la cabina era un vero e proprio «buco nell'uni-~erso» e che la coscienza si apriva naturalmente verso altri livelli di esistenza, come qualcosa diInnato ma rimossso dalla mente. Decise quindi di esaminare come il cervello reagiva a unadeprivazione senso riaIe completa, in uno stato di coscienza previamente modificato. Si lasciòdunque scivolare nella vasca dopo aver assunto una dose di LSD-25- Acido Lisergico Dietilammide- fabbncato dal laboratori Sandoz (da qui prese spunto il film di Ken Russel). Gli esperimentisotto l'effetto dell'LSD durarono a volte più di dodici ore, durante le quali John Lilly visse nume-roseespenenze extra-corporee a diversi livelli.

E assolutamente incredibile constatare fino a che punto le sue descrizioni concordino perfet-tamente con quelle di Robert Monroe. Durante gli esperimenti condotti sotto l'effetto di altedOSIdi LSD;con sua grande sorpresa ritrovò le guide, o angeli, che l'avevano visitato al momentodel suo incidente cardiaco. Decise quindi di definire quelle entità come membri dell'ECCO, EarthCoincidence Control Office, l'istituto di controllo delle coincidenze sulla terra, in altre parole,«quelli che controllano il caso»!

.1' J ohn Lilly era anche il suocero del cantante francese Bernard Lavilliers che aveva sposatola figlia adottiva Lisa Lyon-Lilly, pnma campionessa mondiale di culturismo.

IV. DEI DIALOGHI CON GLI A GELI 131

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pito da una febbre tubercolare così forte che i medici e i genito.ri nonsapevano nemmeno se sarebbe sopravvissuto ..Ma mentr~ veglI~vanosu di lui, il bambino, riporta il biografo Francis Jeffrey, VIsse un espe-rienza indimenticabile.

...Un punto di eccezionale luminosità discende su di lui e ,si tra-sforma in un essere nel quale riconosce il suo angelo custode. L esseredice:

«Vuoi venire con me o restare qui?».«Dove andremo?».«Sei tu che scegli. Puoi restare qui in questo .corp? e ri~anere un

bambino oppure venire con me e raggiungere gli altn esseri».«La mamma ha detto che non vuole che io muoia. Se vengo con te

muoio?».«Morire significa venire con me e lasciare questo posto, lasciare la

tua mamma e il tuo papà, lasciare Dick e David, lasciare J amey».«Ma io non voglio partire. Non capisco quello che vuoi dire, andare

verso gli altri esseri. Voglio guarire e giocare».«Sei tu che scegli. Adesso resti qui e poi verrai con me».«Resti con me o parti?». .. .«Sarò sempre con te per tutto il tempo in cui crederai di potermi

incontrare» 16.

Questa esperienza lo impressionò profondamente e pi.an piano ilbambino si avvicinò al suo angelo custode. Si incontrarono divers~ volte~sempre in circostanze drammatiche o che avrebbero potuto rIvelar.sltali. Per esempio quando, tremante di paura, salì sul tavolo opera~onoper farsi levare le tonsille: un'infern:iera gli n:ise dell.'etere sul VISOeJohn Lilly si ricorda perfettamente di aver lasciato S~blto la sala oper~-toria per atterrare dritto nelle ali di due angeli che gli fecero compagniae lo confortarono per tutta la durata dell'intervento. In un'altra occa~sione stava giocando con il suo cane su un muretto, senza renders~conto che poteva cadere dall' altra parte. L'animale lo morse e J ohn SIgirò di scatto per colpirlo. Ma l' essere d~cise di. rimette~e le cose. alloroposto parlando con lui poco dopo, lasciando Il ragazzino pensieroso:

«Sei il mio angelo custode?».«È così che mi chiamano i tuoi genitori, non è il mio vero nome, ma

è abbastanza giusto per poter essere utilizzato. Sono disponibile ognivolta che avrai bisogno di me».

«Ma avevo bisogno di te oggi, quando Jamey mi ha morso».

16 The scientist, p. 39 e John Lilly, so far ... , p. l.

132 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

«Ero là: stavi per cadere dal muretto e io ho incaricato J amey ditrattenerti».

«Ma io pensavo che J amey avesse fatto così perché mi vuole bene ...».«]amey ti vuole bene ma non poteva capire che eri in pericolo. Ho

dovuto passare per lui» .«Mi proteggerai sempre?».«Sì, per tutto il tempo che crederai in me. Crederai sempre in me?».«Cosa vuoI dire credere in te?».«Credere significa sapere, amare, essere con qualcuno. lo sono. Tu

sei. Ecco cosa vuol dire credere in qualcuno».«lo sono. Tu sei. lo credo in me. lo credo in te. È questo che vuoi

dire?».«Sì» 17.

Esaminiamo ora un quarto incontro angelico, quello dell'hawaianaPat Devlin, che è l'immagine vivente di una delle parabole di Cristo:«Colui che mi segue non cammina nelle tenebre», perché è cieca dallanascita. Nel 1952 Patricia nacque prematura, tre mesi prima della dataprevista. Il ginecologo-levatore la mise in un'incubatrice in cui l'immis-sione di ossigeno, regolata male, le distrusse le rètine 18, causandole unacecità irreversibile. Questo incidente rappresentò l'inizio dei suoi pro-blemi di salute. L'infanzia di Pat fu disseminata di visite da numerosioftalmologi che le diagnosticarono persino un principio di tumoremaligno. In breve, seguendo il consiglio dei medici, i genitori deciserodi farla operare e la bambina perse definitivamente la vista. I suoi globioculari erano ormai completamente vuoti.

Si abitua alla sua condizione, cresce, passa il tempo, dà alla luce deigemelli, si laurea in psicologia e si trasferisce a Lubbock, una città di200.000 abitanti, dove ottiene un posto come consulente coniugale. Sistabilisce in una casetta dove cerca come può di dimenticare la propriamenomazione. Da ormai otto anni è affetta anche dalla malattia diMenière, un problema causato dal cattivo drenaggio dell' orecchio eche le provoca mal di testa spaventosi, nausea, perdita dell' equilibrio,ecc. La malattia di Menière distrugge progressivamente il suo sistemauditivo.

Nell'agosto 1988 sente dire che la Vergine apparirà nella chiesa diSaint john Neumann a Lubbock. La notizia si diffonde velocemente,subito smentita dalle autorità ecclesiastiche. Nonostante ciò una folla

17 The scientist, cit., p. 38.18 Fu quello che successe anche al cantante Stevie Wonder.

IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI 133

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di circa 20.000 persone si raggruppa intorno alla chiesa il 15 agosto1988. Nella calca c'è anche Pat con il piccolo computer che non abban-dona mai, il Braille Speach. È seduta vicino a una fontana. Viene cele-brata una messa all' aperto, di cui lei ovviamente non vede nulla, maall'improvviso qualcuno grida: «In ginocchio, in ginocchio!». Non ca-pisce, sente solo delle persone che piangono. Avvolta nell'oscurità, Patchiede: «Cosa succede?». Qualcuno le dice di inginocchiarsi, ma leinon riesce a capire cosa sta accadendo.

Finalmente una donna dietro di lei la illumina: «La Vergine è a quattrometri al di sopra della fontana e la benedice». Pat vorrebbe piangere,non per l'emozione, ma semplicemente perché non può vederla. Edilaniata dalla sofferenza per il fatto di non vedere, di non avere gliocchi come tutti. Una donna le dice persino, con tono sprezzante: «Sitolga gli occhiali e preghi», come se i suoi occhiali neri fossero un in-sulto all' apparizione. Qualcuno le suggerisce di chiedere a Dio di resti-tuirle la vista. Patricia vorrebbe urlare «Lasciatemi stare!» 19. Cinquegiorni dopo si rende conto che i sintomi della sua malattia sono scom-parsi, e nonostante stenti a crederei, il miglioramento è evidente. Lamalattia può essere diagnosticata solo con un esame agli occhi, ma Patnon li ha più, quindi è impossibile parlare di «miracolo», perché nonsi può effettuare nessun esame scientifico, solamente un controllodiscriminatorio dei sintomi.

Ma da questo punto di vista Pat è proprio guarita, spariti la nausea,le perdite di equilibrio, le crisi. È tutto finito. In compenso, è l'inizio diuna nuova «malattia».

«Ho cominciato a vedere delle luci brillanti», mi spiegò. «All'iniziocredevo di essere impazzita. Come potevo vedere delle luci se non hogli occhi? Poi ho pensato che forse erano fantasmi. Solo più tardi hocapito che avevo a che fare con gli angeli. Per quanto muova la testa,la luce è fissa, e persino se metto le mani davanti agli occhi, dove cisono ancora dei nervi ottici, la vedo sempre. È magnifico, è una lucestupenda. I miei nervi ottici reagiscono solo in pieno sole eppure que-sta è una luce molto debole che persiste anche di sera. Poi ho comin-ciato a sentire delle voci che arrivavano da quei punti luminosi e alloraho iniziato veramente a preoccuparmi, anche perché nessun altro vedequella luce o sente la voce».

Suo padre, un civile che lavora per la base di Pearl Harbor, fatica a

19 La commissione ufficiale della Chiesa a proposito di Lubbock ha negato qualsiasi fenome-no sovrannaturale.

134 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

crederle. Sa che sua figlia è guarita inspiegabilmente, sa che non è pazza,ma allo stesso tempo non riesce a capacitarsi del fatto che possa vederedelle luci.

«Vede degli angeli?», le chiesi.«No, non ho mai visto un angelo, solo delle luci che mi parlano. La

prima cosa che quella luce senza forma mi ha chiesto è stata di essereprudente e di "provare" sempre la luce e ha precisato che, se sentivouna voce, dovevo chiederle sempre se era con Cristo ... E, senza termi-nare la frase si lanciò in una preghiera ad alta voce per "testare" subitola luce che sosteneva di vedere dietro di me. In un certo senso stavafacendo un "test" della mia luce e probabilmente delle mie intenzioni...Come tutti i mistici, pensano sempre al diavolo. In breve, dopo la pre-ghiera sembrò soddisfatta e mi chiese di rimettere in funzione il regi-stratore. La mia luce dev'essere stata di un bianco tipo "lavata conAce" e in un certo senso mi sentivo rassicurato».

«Può darmi una descrizione della luce? Appena pronunciata la frasemi resi conto con terrore della mia infinita stupidità».

«Sa, dal momento che non conosco i colori, né tantomeno le formeo i visi, non sono assolutamente in grado di descriverla», mi rispose.Ancora più stupito, riascoltando la cassetta, mi sentii ripetere parec-chie volte «Sì, capisco» (in francese «Je vois», letteralmente «io vedo»,N.d.T.). Quanto a «tatto» stavo proprio sbagliando tutto.

«Allora parla con l'angelo? - dissi - tentando di rimediare alla miagaffe».

«Sì, sempre, continuamente. All'inizio il dialogo era limitato, poi lediscussioni si sono approfondite. A volte mi tiene il broncio. Un giornoero al telefono con un amico e il mio angelo mi chiese di dirgli dellecose che per me non avevano alcun significato, e che ovviamente stu-pirono il mio interlocutore. Quando riagganciai stavo tremando per-ché è molto difficile trasformare in parole quello che mi dice 1'angelo.In quel momento la voce mi rassicurò, dicendomi che nonostante imiei dubbi e le mie paure, era soddisfatto di come eseguivo i suoi or-dini. Scrivo sistematicamente tutto quello che mi dice». Pat non sem-brava avere molta voglia di parlarne. A quel punto volevo sapere sevedeva delle luci dietro ogni persona. «No, ma non la interpreto comeun'indicazione dell' assenza dell' angelo. Non la vedo, tutto qui. Peresempio, a volte durante la messa, vedo delle luci intorno all' altare, oal tabernacolo, ma non sempre. Un giorno ho chiesto al mio angeloperché non vedevo quelle luci continuamente e lui mi ha risposto che1 miei "occhi" non erano sempre aperti ...».

IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI 135

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Mi aspettavo qualcosa di simile ai Dialoghi di Budapest. Niente delgenere. Gli angeli di Pat Devlin, si è capito, non le danno degli insegna-menti, semplicemente la confortano o le chiedono di pregare per i loroprotetti. «Gli angeli mi hanno detto che non sono un messaggero, masemplicemente un cronista, precisò, e io ho chiesto: "Un cronista cie-co?". "Sì, tu scrivi quello che vedi" e si sono messi a ridere. Sa, gliangeli sono dotati di un buon senso dell'umorismo. Le loro voci sonomelodiose, molto belle e sempre diverse. Queste voci, come posso spie-garlo, toccano la mia anima, il mio cuore, le sento dal profondo di mestessa. Il giorno del mio compleanno non avevo nessuno con cui festeg-giare, le mie figlie avevano gli esami ed ero molto triste. Improvvisa-mente, un coro di angeli si mise a cantare per celebrare il mio comple-anno. Fu il più bel regalo di tutta la mia vita».

Pat Devlin è l'opposto di Gitta Mallasz. Tanto Gitta è piena di vita,con un senso dell'umorismo abrasivo, quanto Patricia è una «dolorista»convinta. Normale, dal momento che è seguita da un direttore spiritua-le, padre Walsh. Questo sacerdote mi ha spiegato un giorno che l'unicolibro affidabile sugli angeli è quello scritto da padre Fox, membro at-tivo dell' organizzazione internazionale «Opus Sanctorum Angelorumv".

20 Questa organizzazione, abbastanza simile all' «Opus Dei», raggruppa sacerdoti e seminaristiche si interessano di angeli; uno dei suoi principali animatori negli Stati Uniti, padre Robert Fox,ha pubblicato The world and work 0/ the Holy Angels, Il mondo e l'opera dei santi angeli, unavera e propria opera di propaganda, un libro impressionante per la sua intolleranza benché partada un sentimento positivo, la consacrazione di un'anima al suo angelo custode. In compenso,quando si legge (pp. 86-89) che la maggior parte delle pratiche spirituali di indù, buddisti etaoisti, compresi lo yoga e lo zen, non sono altro che invocazioni diaboliche elaborate, si può solorestare a bocca aperta. Quindi per padre Fox i milioni di persone che seguono quelle religioniin tutto il mondo sono tutti seguaci di Satana ...

Che disprezzo si nota nelle sue parole! È dà ancora più fastidio se si pensa che provengonoda un prete della Chiesa cattolica, la cui regola più famosa è: «Amatevi l'un l'altro». E dìsgustosoda parte di un prete ostentare un disprezzo del genere per altri esseri umani, con il pretesto chenon adorano il suo stesso Dio.

Il resto del libro è dello stesso stampo, un settarismo molto vicino all' estrema destra. Perpadre Fox c'è solo una soluzione per non cadere sotto l'influenza di un angelo decaduto: lacastità, perfino tra moglie e marito! Non ha osato parlare di mortificazione, ma ci è mancatopoco.

In breve, questa organizzazione settaria ha finito per innervosire perfino il Vaticano, cosamolto, molto difficile, perché la pazienza di Roma è leggendaria: bisogna accumulare molti bia-simi per avere un serio avvertimento dal Vaticano e molti avvertimenti perché la Congregazionesulla dottrina si occupi di questo tipo di fatti. Ma l'Opus Angelorum c'è riuscito e la congrega-zione per la dottrina della fede ha pubblicato, il 19 giugno 1992 un decreto che vieta ai pretidell' organizzazione di continuare a praticare i suoi esorcismi «fuorilegge», di amministrare isacramenti a distanza e soprattutto di consacrare dei fedeli agli angeli, pratica che non risulta innessun testo delle Scritture. Provenendo da Roma è proprio molto grave, perché ovviamente nontutti i motivi del divieto sono stati divulgati; è difficile immaginare il Vaticano che sbandiera inun comunicato stampa le ragioni precise del divieto, dandole in pasto ai giornali. Semplicemente,quando la Congregazione della dottrina della fede si innervosisce significa che ha registrato unbuon numero di sbandate dei «ministri di Dio» e soprattutto di lagnanze dei fedeli. AI giorno

136 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGEp

Quindi non rischiamo di leggere prossimamente le cronache di PatDevlin che comunque, dopo la censura del suo direttore spirituale,rischierebbero di cadere nelle grinfie di un ecclesiastico che non credeagli angeli! Perso nei miei pensieri, la osservavo, con il suo cane guidaal fianco. Sembrava giudicarmi. È molto strano trovarsi di fronte a unacieca che «vede» gli angeli. Eppure Pat non aveva proprio 1'aria di unapazza furiosa o di un'illuminata, ma piuttosto di qualcuno che ha im-provvisamente scoperto Dio e che vive in un mondo interiore tuttosuo, un po' come una carmelitana in clausura completa fino alla finedei suoi giorni. Essere ciechi e credere in Dio è come vivere da religiosoin clausura, tagliato fuori dal mondo. Pat Devlin non ha nemmenobisogno di una grata perché tanto non ci vede. Poi le feci la domandapiù spinosa:

«Non ha mai incolpato Dio del fatto di essere cieca?».Non si offese.«No, assolutamente, però mi dispiaceva di essere trattata come una

cittadina di seconda categoria. A parte questo, ho sempre pensato chela mia cecità fosse un dono di Dio, altrimenti sarei molto superficiale.Nelle mie condizioni ho avuto l'opportunità di pensare alle cose spiri-tuali, capisce? Non mi sarei mai interessata a Dio se avessi avuto ildono della vista, ne sono quasi certa. La mia vita sarebbe sicuramentediversa».

Secondo le conversazioni angeliche di Pat Devlin, gli angeli sono «iservitori delle nostre anime». Ma come si fa a comunicare con il ser-vitore invisibile? Pensavo che potesse darmi una spiegazione interes-sante: «E molto semplice», disse Pat, «basta parlargli e dargli un nome,cattolico se possibile. Non hanno nome o cognome come noi, bisognachiamarli con una frase, una specie di descrizione, sempre in rapportocon un aspetto di Cristo. Il mio angelo si chiama "Gioia nell'amoreper Dio" 21. Bisogna parlare all'angelo continuamente. Ma se vi dicecome rivolgersi a lui, allora conoscerete il fine della vostra vita sullaterra perché il nome riassume la missione del protetto. Il nome del-l'angelo è direttamente collegato alla vostra meta. Noi tutti più o meno

d'oggi ci ritroviamo quindi con tre categorie di preti: il primo raggruppa i fanatici tipo Fox chenon sarebbero dispiaciuti all'ayatollah Khomeiny, il secondo rappresentato dai «progressisti»,per 1 quali gli angeli e talvolta persino Cristo, sono solo delle favole, e il terzo di cui fanno partesacerdoti umili, umanisti, discreti ma molto interessanti, perché rappresentano i veri intermedia-n tra Il nostro mondo fisico e quello dell'invisibile, come Steven Schneir,]ean Derobert, FrançoisBrune o Paul-Francis Spencer.

21 Nei Dialoghi di Budapest troviamo effettivamente «Colui che irradia» «Colui che costrui-sce», «Colui che misura», «Colui che aiuta». '

IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI 137

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ci perdiamo nel cammino che ci è stato assegnato da Dio. È qui cheentra in gioco il libero arbitrio. Quando pregate, chiedetegli di prega-re con voi e di deporre la vostra preghiera dinnanzi al Creatore. Ab-biamo diretto accesso al Creatore, ma se il vostro angelo e/o il vostrosanto preferito intercede per voi al cospetto di Dio, è ancora meglio,la vostra preghiera ha più possibilità di essere esaudita. Chiedeteglisempre di avvicinarvi a Dio, di mostrarvi come egli vuole vedervi, ciòche egli desidera da voi, ecc. Avvicinatelo. Non è una formula magica,è un rapporto da costruire, una relazione che potete arricchire giornoper giorno».

Eppure il dolorismo cristiano e profondamente tradizionalista di PatDevlin mi aveva proprio deluso. Il «se si vuole amare Dio si deve sof-frire» mi ha sempre innervosito. Non è certo con questo tipo di discor-si che si convince la gente a riscoprire Dio, anzi. Tuttavia ritroviamonei suoi pensieri lo stesso orientamento dei Dialoghi di Budapest, in cuigli angeli guidano i loro protetti tra le braccia di O, il Creatore.Dominique Raoul-Duval ha sottolineato giustamente nella sua prela-zione ", che gli angeli di Budapest non amano affatto utilizzare la pa-rola Dio, ma preferiscono il pronome O: «... Dio, questa parola chegenerazioni di esseri umani hanno bistrattato, svilito, sp,orcato», scrive,«ma gli angeli utilizzano per designarlo il pronome "O", qui tradottocon egli che, in una lingua arcaica come l'ungherese, non è né maschilené femminile, ma entrambi (sarebbe più esatto tradurre egli/ella), tra-scendendo così quella mascolinità del divino che grava così pesante-mente sulle nostre religioni rivelate. "O" è il maschile e il femminile,perché la femminilità fa parte della sua stessa essenza e quindi ce larende così vicino ...».

Questo «O» rappresenta quindi il fine.A forza di parlare di angeli e soprattutto di scriverne, anche l'autrice

americana Tierry T aylor ha finalmente avuto un' esperienza con lo-ro. il suo libro The messangers 01 the light 23, scritto di getto grazie aun'improvvisa ispirazione, ha avuto un successo folgorante che l'autri-ce non si aspettava affatto al momento di firmare il contratto con il suoeditore.

«All'inizio, solo gli angeli mi interessavano» mi spiegò durante unacena a Las Angeles. Giocavano con me. Mi capitavano casi di sin-cronicità veramente straordinari. Poi pian piano è cambiato tutto e mi

22 Nell'edizione francese Dialogues avec l'ange, Aubier, Parigi 1990, p. 1l.2J H]. Kramer, Triburon, California 1990.

138 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

sono resa conto che quando si scopre la loro potenza e ci si attaccamaggiormente a loro, non giocano più, perché la situazione diventamolto seria. Da quel momento, iniziano a guidarvi verso Dio, non comecerti vogliono chiamarlo: la Potenza, l'Altissimo ecc., ma proprio Dio,e gli angeli ci fanno capire che ci si deve abbandonare completamentealla sua volontà. Ed è qui che entra in gioco il libero arbitrio; o la va ola spacca. All'inizio, gli angeli esaudiscono tutti i vostri desideri, poicominciano a darvi degli insegnamenti per approfondire la vostra com-prensione. Non siete più nella stessa dimensione e cominciate a chie-dervi se vivete proprio nella realtà. La mia vita spirituale è un vero eproprio caos al momento perché sono arrivata proprio a questa fase. Èmolto difficile perché a me piace pensare al futuro, prevedere le cose.Ma gli angeli mi hanno spinto ad amare solamente Dio mentre inveceio amavo solo loro perché avevano illuminato la mia vita spirituale eanche perché avevano risolto alcuni miei problemi pratici di cui nondovevo più preoccuparmi come prima. In poche parole, gli angeli viguidano dritti verso Dio, verso la luce di Cristo, e sta solo a voi la sceltadi accettare o rifiutare. E in questo caso gli angeli non scherzano più,perché si tratta del vostro sviluppo spirituale».

Lo sguardo di Terry Taylor si era perso nel rosso del suo Bordeaux,un eccellente Mouton Rothschild. Sembrava che si fosse smarrita inuna via della città mistica di Dio ed esitasse a chiamare un taxi.

Eppure, quando l'avevo incontrata due anni prima, parlava solo diangeli, esistevano solo loro. Il suo libro aveva polverizzato i pronosticipiù ottimisti, era diventata una star del «new age» e solo gli angelicontavano ai suoi occhi.

Il suo libro non aveva proprio niente di una rivelazione privata, sem-plicemente spiegava, lezione dopo lezione, come raggiungere il proprioangelo custode.

Due anni dopo, anche se avevo ritrovato gli stessi occhi azzurri dabambina incorniciati dai capelli biondi, lo sguardo non era più lo stes-so. Come se Terry Taylor fosse ... cambiata? cresciuta? maturata? Nonlo so. Comunque era successo qualcosa tra il suo primo best-seller el'uscita del suo terzo libro sugli angeli. Ero sconvolto da quel cambia-mento. Ma l'approccio di Terry Taylor, come quello di Gitta Mallasz,mi era molto più consono di quelli di Pat Devlin o Earlyne Chaney.

Rileggendo per la millesima volta i Dialoghi, rimasi colpito dalladifferenza tra le quattro donne. Terry Taylor ha un approccio istintivoe originale nei confronti degli angeli, come un bambino che scopre leinfinite possibilità del Lego. Gitta Mallasz è fuori concorso, essendo la

IV. DEI DlALOGHI CON GLI ANGELI 13 9

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depositaria di un' esperienza spirituale predestinata che ha provocatol'implosione di un buon numero di cervelli. Pat Devlin discute conangeli doloristi (probabilmente lei stessa li vuole così) dal 1988, in se-guito alla sua «miracolosa» guarigione. Quanto a Earlyne Chaney, dicui non riesco mai a pronunciare il nome, ha fondato un movimentospirituale, Astara, di cui è ovviamente il leader ... È un organizzazionedotata di una propria chiesa (messe tutte le domeniche a Upland, unaperiferia sperduta di Los Angeles) in cui viene insegnata la saggezzadegli egiziani, di Cristo e di altri «iniziati».

Ancora una volta i Dialoghi con l'angelo si impongono come labirin-to dello spirito e jogging del cervello. Più li si legge, più ci si perde emeno si desidera trovarne l'uscita, in poche parole, si vuole restare congli angeli. Ma, esattamente come mi diceva Terry Taylor, gli angeli vicacciano dolcemente e vi spingono verso «6», il Creatore, Egli, il Pa-dre. Allora mi resi improvvisamente conto di una cosa: questi angeli diBudapest erano prima di tutto al servizio di Dio, del Creatore, del Padreeterno, o come lo si vuole definire. Anche se parlavano regolarmente diCristo, lo facevano in termini nuovi, in un certo senso liberati da unacerta pesantezza tipica della dottrina del dolore, perché alla fine soloLUI aveva importanza. Desideravano solo una cosa, che la creatura siriconciliasse con il suo Creatore e per farlo doveva avanzare sul ponteinvisibile della fede.

E allora cos' è la fede? La certezza che Dio e gli angeli esistono op-pure che la nostra anima è immortale o entrambe le cose? Come abbia-mo visto, durante le esperienze ai confini della morte, l'anima (o lospirito) esce dal corpo e osserva cosa succede intorno a sé prima difilare dritta nel tunnel. E, come certe persone hanno il dono delle lin-gue, altre, molto rare è vero, hanno il dono di uscire dal proprio corposenza la minima difficoltà.

Questa «abilità» non è certo una scoperta recente, anzi, venne de-scritta fin dai tempi più antichi, da Plinio, Socrate, PIo tino e persino daPlutarco e Platone che parlavano proprio di «viaggi dell' anima». Piùvicino a noi, come sottolinea Rosemary Guiley nella sua notevole HarpersEncyclopedia olMystical and Paranormal, Marcel Forhan (1884-1917)raccontava nel suo libro Pratique du voyage astral i particolari dei suoiviaggi extra-corporei e di come avesse preso l'abitudine di introdursi(in incognito naturalmente) nella stanza di una ragazza (il birbante!)che sarebbe in seguito diventata sua moglie. Era convinto che, comelui, tutti potessero uscire dal proprio corpo quando volevano e chebastasse imparare a concentrarsi.

140 IV. DEI DIALOGHI CO GLI ANGELI

Dall'altro lato della Manica, l'inglese Whiteman sosteneva di avereffettuato più di diecimila uscite dal corpo, esperienze descritte neiminimi particolari nel suo libro Mysticallife uscito nel 1961. Negli StatiUniti, Sylvan Muldoon pubblicava nel 1929 The projections 01 the astralbody, in cui descriveva i suoi viaggi astrali, viaggi che aveva imparato acompiere spontaneamente fin dalla tenera età di dodici anni.

In poche parole, i pionieri non mancano di certo. Nel 1958, l'ame-ricano Robert Monroe si era ritrovato un bel giorno fuori dal corpo eaveva fatto un viaggio incredibile ma talmente reale che al ritorno si erachiesto in tutta sincerità se non fosse impazzito del tutto. Ingegnereacustico, uomo d'affari, proprietario di una catena di stazioni radio,non capiva proprio cosa gli stesse capitando e andò immediatamente aconsultare il suo medico, convinto persino di avere un tumore al cer-vello. Dal momento che il fenomeno si ripeté con il passare degli anni,lasciandolo all' alba con profonde occhiaie per la mancanza di sonno,nel 1961 decise di liquidare i suoi affari e di dedicarsi esclusivamenteallo studio dei viaggi astrali. Lasciò New York, si stabilì nella campa-gna della Virginia, a mezz' ora di macchina da Charlotsville 24 e fondòun centro di ricerca.

Dopo più di dieci anni di «uscite», Monroe pubblicò nel 1971 I mieiviaggi fuori dal corpo, in cui descriveva le sue avventure notturne. L'ope-ra, tradotta in diverse lingue, lo consacrò specialista incontestato delgenere. Monroe racconta i suoi viaggi fantastici, spiega come ha potutosperimentare altri livelli di realtà e descrive incontri bizzarri con esserimolto particolari. Comunque dopo un po' finì per annoiarsi con quelleescursioni sui tetti e non si aspettava ormai più niente di straordinario.

Un giorno però decise di provarci ancora, utilizzando una tecnica dirilassamento e pregando (<<Chiedol'assistenza di tutti coloro che sonopiù evoluti di me»). Quando abbandonò il proprio corpo, Monroe provòquello che molti scoprono al momento di un'NDE, l'impressione di viag-giare alla velocità della luce. Era una sensazione che superava di granlunga tutto quello che aveva sperimentato fino ad allora. Le sue ricer-che stavano per cambiare corso: da quel momento iniziò a parlare conaltri «esseri», visitò altre dimensioni e ottenne informazioni su nuovilivelli di esistenza. Ma un ingegnere rimane un ingegnere e Monroe,esperto in acustica, incominciò a studiare il metodo per ottenere una

24 Un fatto che mi stupì moltissimo fu di scoprire che «tutto» cominciò in questa vallata diShenandoah della Virginia, culla delle ricerche di Elisabeth Kiìbler-Ross, del dottor Stevenson,di Raymond Moody, di George Ritchie, di Robert Monroe e di Phyllis Arwater.

IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI 141

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condizione fisica che gli avrebbe permesso di uscire dal proprio corpo(per esempio ascoltare un suono molto basso) e decise di automatizzarla,sapendo che il cervello non è altro che un ammasso di frequenze elet-triche. Analizzò meglio il progetto ma non scoprì niente che non sapes-se già, cioè il classico livellamento dei quattro stadi elettrici del cervelloche seguono le fasi del funzionamento:

Onde beta: (tra 16 e 12 hertz) in stato di veglia;Onde alfa: (tra 12 e 7 hertz) in stato di rilassamento;Onde teta: (tra 7 e 4 hertz) appena prima del sonno;Onde delta (sotto 3, 5 hertz) in stato di sonno.

I suoi esperimenti provarono che la coscienza rimane perfettamentesveglia mentre il corpo dorme profondamente. Non gli restava che tro-vare il metodo per riuscire ad addormentare il corpo lasciando svegliala coscienza, considerando il fatto che l'orecchio umano non capta ondeinferiori a 30 hertz, frequenza detta anche estrema-bassa dagli specia-listi di alta fedeltà. Nel 1975 Robert Monroe trovò la soluzione al pro-blema grazie allo stereo: inviando un suono di 200 hertz all' orecchiosinistro e uno di 208 a quello destro, scoprì che il cervello faceva unasottrazione. Gli emisferi sinistri e destro annullavano le due frequenzeper mantenere solo la differenza, cioè 8 hertz. Dopo diversi esperimen-ti, Monroe convalidò la sua teoria: il cervello si sintonizzava (a 8 hertzper esempio) e si autoprogrammava subito in stato di rilassamento.Anche se l'orecchio non interpretava il suono, in compenso lo sentivaperfettamente. Monroe registrò le prime cassette e le sperimentò suisuoi studenti.

In pratica, all'inizio si sente una nota uniforme nell' orecchio sini-stro, accompagnata poi da un'altra nota uniforme in quello destro. Dalmomento che il cervello si basa sul differenziale, si ha l'impressione disentire delle onde di suoni. Combinandole, il cervello opera quindi lasua funzione classica, cioè addormenta il corpo, come se tutto fossenormale; il risultato è che la coscienza rimane perfettamente sveglia inun corpo intorpidito 25. A quel punto, le avventure, o più precisamente,le aperture verso altri livelli di coscienza, potevano veramente comin-Clare.

Invitato a tenere una conferenza nel 1977 all'Istituto Esalin di BigSur (Californial, Monroe decise di sperimentare la sua invenzione bre-

2' Dopo venti minuti di seduta, ho cercato di muovere le dita ma senza successo: eranocompletamente intorpidite.

.142 IV. DEI DIALOGHI CON GLI ANGELI

vettata, l' «Hemi-Sync», su una quarantina di persone. Il successo supe-rò tutte le sue aspettative e grazie a un passa-parola efficacissimo, l'ap-parecchio finì per essere utilizzato un po' dappertutto. Persino l'eser-cito americano scopr ì26 che, sottoponendo le reclute a qualche sedutacon l'apparecchio di Monroe, le loro prestazioni in allenamento regi-stravano progressi stupefacenti.

Ma l'opera più importante di Robert Monroe fu proprio il suo ac-canimento nell'insegnare la «tecnica» dei viaggi astrali a tutti coloroche decidevano di affidarsi a lui. Dal 1981, più di 8.000 persone sisono succedute sui materassi ad acqua ad altissimo contenuto salinodelle cabine insonorizzate inventate da lui. A condizione di farsi chiu-dere in una delle cabine di Robert Monroe e di lasciarsi guidare dal-l'operatore man mano che il cervello riceve onde alfa, beta, delta eteta, non c'è nulla di più facile che incontrare il proprio angelo custo-de (o guida, o essere di un' altra dimensione, ecc.) dopo qualche sedutadi allenamento.

Il soggetto viene ricoperto di elettrodi, sulle dita, sul corpo e ovvia-mente sulla testa, tutti collegati a una torre di controllo computerizzatache permette di seguire il «viaggio» fuori dal corpo e di «riportare»immediatamente il soggetto in caso di emozioni troppo violente. Ungiornalista del «Newsweek», all'uscita dalla vasca, ha passato due orein lacrime dopo un incontro con ... Cristo.

Malgrado i suoi 77 anni, Robert Monroe continua ad aiutare gli stu-denti e a «pilotarli» al momento dell'uscita dal corpo. Abbiamo analiz-zato alcuni dei loro commenti, dei «riassunti di pensiero» inviati dal-l'entità. Come abbiamo visto nelle esperienze ai confini della morte, aquesto livello il pensiero non è più veicolato dalla parola, è dinamico,e quindi le conversazioni diventano mentali.

Un fatto curioso: quando le entità utilizzano le corde vocali del-l'esploratore per esprimersi, il suo corpo, e soprattutto il suo cervello,registrano delle variazioni di voltaggio. Dave Wallis, responsabiledi ricerca e sviluppo dell'istituto, ha utilizzato l'elettroencefalogrammaNRS-24 su molti soggetti, per osservare le reazioni dei due emisferi. Haconstatato che all'inizio, gli emisferi reagiscono ai suoni inviati dal-l'Hemy-Sync e si sincronizzano, cosa impossibile in tempi normali. Piùinteressante ancora, quando l'essere spirituale (che Wallis chiama I.H.S.

- Inner Self Helper, una specie di aiuto interiore) si esprimeva con lecorde vocali del suo protetto, l'attività degli emisferi, perfettamente

26 Fort Benjamin Harisson, Indiana .

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sincronizzati, si modificava automaticamente e indicava un' animazioneassolutamente singolare. Tutti i neurologi che esaminarono i graficiebbero la stessa reazione: il soggetto non può in alcun caso provocareda solo uno stato cerebrale del genere, persino nella meditazione piùprofonda. E quando la conversazione terminava, gli emisferi ritornava-no progressivamente alla condizione asincrona di partenza.

Ecco ora due esempi di testimonianze «in diretta»; la prima è quelladi un assistente sociale che durante un viaggio astrale ha incontrato un«ornino verde».

«Chiacchiero con il mio ornino verde e mi esercito a salire e scende-re là dove sono loro ... e ho capito perché ha quel vestito verde. Diceche non ne aveva proprio bisogno, ma ci vuole, per me, per mettermi .più a mio agio. Ha notato che ho ancora un po' di paura, quindi vuoleche mi abitui ad andare e venire dal corpo. Voglio sedermi e parlareancora un po' con lui. Si siede e inizia a parlare di me e del luogo in cuimi trovo, e dice di essere una specie di custode, il responsabile del miosviluppo ... Mi sento a casa, è una sensazione familiare» 27.

Il secondo brano è quello di un ingegnere che, una volta fuori dalcorpo, ha visto una fonte luminosa vivente e le ha parlato.

«Ho incontrato la fonte e l'ho interrogata sulle sue direttive e pro-spettive. Le ho chiesto se veniva spesso sulla terra e mi ha risposto:"Sì, è il mio territorio". Ho pensato che la terra fosse in un certosenso 1'area che gli era stata assegnata. Forse questa e altre entità sonomesse a nostra disposizione per aiutarci a vivere la nostra esistenzasulla terra, a massimizzarla. Non intendo vivere nel senso di avere unoscopo, ma penso che esistano per aiutarci a ottenere il massimo dallavita» 28.

Nel primo caso, l'entità conferma che è «una specie di custode, re-sponsabile dello sviluppo». Nel secondo, l'essere spiega (sempre con ilpensiero) che è messo a disposizione degli umani per aiutarli a massi-mizzare la loro esistenza terrena. Monroe constatò con una certa sor-presa che i soggetti permettevano facilmente alle entità «amiche» diprendere possesso del loro corpo e di utilizzare le loro corde vocali eche a volte perfino il monitor, installato nella sala di controllo, si intro-metteva nella conversazione. Analizzando le registrazioni di queste«esplorazioni», potè quindi stabilire le quattro fasi di un incontro ex-tra-corporeo con un entità spirituale.

27 I miei viaggi fuori dal corpo, cito28Ibidem.

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1) Gli esseri sprigionano un amore che rassicura immediatamente ilsoggetto.

2) Si presentano in generale con il viso in ombra. Quando il soggettosi è «abituato», vede solo una luce. .

3) Quando l'essere parla, il dialogo rientra nei limiti del vocabolariomemorizzato dal soggetto.

4) Quando un essere utilizza le corde vocali del soggetto, il corpo diquest'ultimo registra delle variazioni di voltaggio.

Una delle conversazioni con uno degli esseri di luce registrate al-l'istituto, illustra perfettamente la condizione sine qua non dell'iute-razione tra un angelo e il suo protetto.

«Forse riuscite a comprendere tutto ciò se vi immaginate sette cer-chi, ottenendo così 49 livelli. Ai primi tre livelli troverete la materiafisica così come la conoscete. Sono le vostre piante, i vostri animali, ivostri esseri umani. I~quarto cerchio è la vostra plancia, il vostro cam-po, il vostro centro. E qui che una coscienza può scegliere di ritornareai livelli inferiori o di salire a quelli superiori. Molte coscienze scelgo-no di ritornare alla forma fisica, ai livelli inferiori. I tre cerchi superiorirappresentano ciò che la vostra coscienza definisce come spirituale. Aquesto punto, buona parte del lavoro è fatta. Non posso fare molto perqualcuno che non ha raggiunto il diciottesimo livello, dato che il miolivello vibratorio è diverso. Ecco perché non posso aiutarvi a risolverei vostri problemi personali. Posso comunicarvi delle idee, ma nonl'orientamento diretto, come farei se vi trovaste al livello 18. I nostrilivelli si toccano» 29.

L'abbiamo capito, una buona comunicazione con un angelo/entitàdipende strettamente dal livello spirituale raggiunto. Quanto a Monroestesso, gli ci sono voluti circa dieci anni di viaggi regolari fuori dalcorpo per rendersi conto di essere aiutato nelle sue «esplorazioni». Mail suo incontro fuori dal corpo con degli esseri superiori, che lui chiamaINSPECS, corrisponde perfettamente alle descrizioni di Gitta Mallasz neiDialoghi. Per Robert Monroe, il primo incontro scatenò ben altro:

«... Ho cominciato ad avere caldo, sempre più caldo, è diventato in-sopportabile ed ero sul punto di tornare indietro ... mi sono lanciato conla testa dentro qualcosa e mi sono sentito scuotere, crollare ... c'era unostacolo di consistenza rigida, liscia, impenetrabile ... una luce abbagliante,molto intensa, brillava davanti a me, prima ovale, poi ha disegnato una

29 I miei viaggi fuori dal corpo, cit.

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forma umanoide, così brillante che mi dovetti schermire. Per un arco ditempo che mi sembrava un' eternità ho tentato di indietreggiare, per sfug-gire a quel chiarore ... progressivamente la temperatura è diminuita. Misono sentito più a mio agio e sono riuscito a tollerare la luce.

"Va meglio così?".Meglio è dir poco, ancora un po' e mi sarei liquefatto ... La paura è

scomparsa rapidamente, lasciando posto a una piacevole sensazione dicalore, simile a quella delle amicizie vecchie e profonde ma intrisa di unrispetto intenso; non era quello che ci si aspetta dagli angeli come unose li immagina, se di angeli si trattava.

"Posso farvi subito spuntare delle ali, se volete".No no, ve ne prego, niente ali, e nemmeno l'aureola, anche se ne hci

avuto una chiara percezione guardando il mio amico INSPECS! ... ».Ciò che colpisce in questa straordinaria descrizione è la sensazione

di calore bruciante quando il protagonista è a contatto con l'essere diluce, sensazione che ci ricorda un' esperienza abbastanza simile neiDialoghi con l'angelo di Gitta Mallasz, dove si dice:

«In quell'istante l'apparenza corporea di Hanna scompare. Divieneuno strumento consapevole, cosciente di servirlo completamente. Orai suoi gesti sono semplici, pieni di significato e di dignità. Il suo braccionon sembra più lo stesso; nella tensione dei muscoli mi ricorda la forzadelle sculture di Michelangelo. Poi, con un gesto improvviso come unfulmine:

"Brucia!" ....Sono scossa, spaventata e meravigliata insieme. Ma tutte queste

sensazioni scompaiono quando vedo Hanna. Dopo aver gridato: "Bru-cia", è completamente sfinita, trema, avvolta da un freddo glaciale ...».

Era forse un serafino? Non dimentichiamo che il termine «serafino»significa letteralmente «bruciante». Il più famoso degli angelologi " epadre della specialità, Dionigi Aeropagita 31 ci fornisce una spiegazionesul significato e sul ruolo del serafino:

«La santa denominazione di serafino significa in ebraico colui chebrucia, cioè colui che si riscalda. Il movimento perpetuo che circondaquesti segreti divini, il calore, la profondità, 1'ardore ribollente di unacostante rivoluzione che non conosce né pause né declino, la capacitàdi elevare efficacemente a loro somiglianza gli inferiori, animandoli dello

30Che ispirò un altro insigne angelologo moderno, GUSTAV DAVIDSON, autore del Dictionnairedes anges (The Free Press, New York), un'opera di circa 400 pagine in cui ha recensito tutti inomi degli angeli, compresi quelli degli angeli decaduti, citati in tutte le religioni.

31 DIONIGI AEROPAGlTA, Teologia mistica e gerarchie celesti.

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stesso ardore e dello stesso calore, il potere di purificare con il fulminee con il fuoco, 1'evidente e indistruttibile attitudine a mantenere inalte-rati la propria luce e il proprio potere d'illuminazione, la facoltà dirifiutare e abolire tutte le tenebre oscuranti, tali sono le proprietà deiserafini che sprigionano dal loro stesso nome».

Poco importa sapere se Robert Monroe ha avuto a che fare conserafini, potenze, arcangeli o altro; quello che ci interessa è la somi-glianza delle esperienze: la stessa sensazione di calore bruciante a con-tatto con un' entità spirituale. È facile immaginare che se i serafini sonoesseri brucianti, lo sono anche gli altri angeli, a gradazioni diverse. Nelcorso di un altro viaggio astrale, Monroe aveva avuto una visione, chedefinì «bolla di pensiero», in cui in un certo senso veniva descritto ilruolo di questi esseri di luce, sorta di ingegneri celesti, che avevanoaddirittura precisato di non poter essere in nessun caso scambiati perdegli extraterrestri: «Siano manifestazioni di altro tipo».

Di fronte a tali esperienze, mi resi conto che dovevo assolutamenteincontrare Robert Monroe e chiedergli cosa pensasse davvero dell' an-gelo custode. Quindi andai a trovarlo in Virginia e devo ammettere cherimasi assolutamente affascinato da quell'uomo di 70 anni. Non c'erain lui nessuna traccia di megalomania o di presunzione, a differenza ditanti altri guru dell'irrazionale che si credono i soli detentori della ve-rità assoluta su Dio, gli angeli, Cristo, ecc. Volevo sapere chi eranoesattamente quegli esseri brucianti, INSPECS come li aveva definiti, neiquali si era imbattuto.

Monroe si accese una sigaretta, mi fissò con i suoi occhi azzurri e mispiegò che il suo primo incontro con le «entità» avvenne nel 1981 o1982.

«N on mi sono chiesto se fossero degli angeli nel senso religioso deltermine, perché, da bravo ingegnere, avevo sempre cercato di sbaraz-zarmi di qualsiasi credenza che avrebbe potuto influire sui miei studi»,mi disse. «Volevo andare al di là di quelle illusioni, perché se si è cat-tolici allora c'è un angelo custode ma per i buddisti è tutt' altra cosa.Adesso so che cosa sono i miei INSPECS e se vuole chiamarli angeli, a meva bene lo stesso. Ma dal mio punto di vista, gli angeli non hanno le ali.Sì, sono sicuramente delle immagini di gloria e possiedono in effettidelle conoscenze e dei poteri che superano i nostri. Gli angeli sonoreali e in questo sono d'accordo. Però c'è una differenza fondamentale:io so cosa sono, chi sono e quello che fanno. Grazie ai miei studi hocapito che cos'è veramente un angelo custode, e non è affatto un mes-saggero di Dio. Vede, tutti disponiamo di circa 2.000 vite anteriori che

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riposano in noi. L'esperienza acquisita in ciascuna di queste vite costi-tuisce un essere a parte, diverso. Secondo me, il suo angelo custode èlei stesso, quella parte di lei che conserva il ricordo e l'esperienza dellevite anteriori. Questo gruppo di vite anteriori è dotato di una potenzae di una conoscenza considerevoli grazie all'insieme delle esperienze equindi è in grado di compiere dei veri e propri miracoli nella vitamateriale. Per esempio può dire: "Pierre ha bisogno di un miracolo,diamogli ...". Ma non è con le preghiere che otterrà qualcosa, ma con lapotenza delle emozioni e del bisogno. È lei che si aiuta da solo, nessunaltro. Le persone che vivono delle esperienze ai confini della morte eche incontrano una luce alla fine del tunnel, semplicemente incontrano.se stesse " ...Ma è piacevole sapere che basta distendersi e respirareprofondamente per incontrare tutti questi angeli, entità o quello chevuole. Invece, se avessi avuto una solida base religiosa, un angelo conle ali sarebbe venuto a dirmi: "Robert, devi fare questo" e io mi sareigettato a terra dicendo: "Sì, sì, tutto ciò che volete ...". Ho cercato diandare oltre a tutti questi trucchetti, perché non ci credo proprio, ed èper questo che sono arrivato dicendo: "Salve, io sono Bob e voi?" sen-za alcuna paura. E quello che lei chiama angelo mi ha risposto: "Salve,sono felice di trovare finalmente un risvegliato ..."».

Ascoltandolo, ero arrivato alla conclusione di essere ancora un ad-dormentato e volevo proprio sapere che cos'era un «risvegliato» secon-do il suo punto di vista. «Essere un risvegliato - mi rispose Monroe -significa non avere paura, non temere. Su questa terra gli uomini hannopaura della morte perché non sono sicuri di cosa li attende dopo. Mabisogna capire che non si muore, semplicemente si cambia realtà».

Quindi per Robert Monroe l'angelo custode era solamente il vero ioche vive fuori dal tempo. La sua spiegazione mi aveva coinvolto, ancheperché sottintendeva che Dio non esiste. Però dava una descrizione delCreatore nel suo secondo libro Farjourneys. Gli chiesi se accettava perlo meno il principio di un creatore unico dell'universo. Monroe rico-nobbe che all'inizio non credeva né in Dio, né in un creatore: «TIbiso-gno di credere in un creatore mi era del tutto estraneo prima delle mieesperienze con gli INSPECS. Un giorno però gli sono arrivato molto vici-no (al creatore) ma "qualcuno" non mi ha autorizzato ad andare oltre.Non le nascondo che mi piacerebbe incontrare il magnifico spirito che

32 Questa dichiarazione mi sembra un po' troppo perentoria e non trova alcuna confermanell'analisi delle NDE. Infatti abbiamo visto nel secondo capitolo che l'essere accompagna il sog-getto verso la luce, ed è indipendente e autonomo.

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ha creato tutto ciò. Quando ho intravisto, da molto lontano, il creatore,un'immensa, straordinaria forma luminosa, mi trovavo in quello cheviene definito uno "scalo intermedio", cioè un luogo che trasforma lasua energia per trasferirla sulla terra e non ho più potuto andare oltre».

Quindi, persino Monroe è stato obbligato alla fine ad arrendersiall' evidenza, Dio esiste! Bravo signor Monroe, ha vinto un viaggio fuo-ri dal corpo alle Seychelles per due, tutto pagato!

Anche se certe dichiarazione di Monroe mi davano terribilmente suinervi, si arriva comunque alla stessa conclusione: esperti di «new age»,di viaggi astrali, cattolici, ebrei, indù ecc., sebbene non vadano d'ac-cordo su alcuni punti, sono comunque d'accordo su una cosa, l'angelocustode. Ovviamento cambia il nome, ma la funzione resta. E comescopriremo, anche se non si può contestare il fatto che esiste un livellodi conoscenza superiore che registra tutti i dettagli della nostra vita,l'angelo custode è unico e totalmente dissociato da quella parte dellanostra coscienza. È vivo e indipendente. Teoria confermata dall'una,l'angelo che «veglia», si rivela, nel 99% dei casi, solo al momento dellamorte o in circostanze particolarmente drammatiche.

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