Per un ridimensionamento dell’elemento germanico nel ... · un etimo latino per un’altra voce...

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1 Per un ridimensionamento dell’elemento germanico nel lessico neo-italide: l’origine latina di it. schiena, fr. échine, occ. sp. pg. esquina, log. iskina di MARIO ALINEI Emeritus, Universiteit Utrecht Casella Postale 102, I-50029 Tavarnuzze (Firenze), Italia, [email protected] Abstract L’etimologia tradizionale di schiena – germanico *skina – lascia inesplicata la /r/ di molte forme dialettali francesi. Inoltre, un’etimologia latina, sempre preferibile a una alloglotta, si lascia facilmente riconoscere in un derivato del lat. clināre, inclināre, declināre etc., nella forma *exclina, il cui senso sarebbe ‘la parte del corpo che si china’. La perdita della /l/ nel gruppo “occlusiva + /l/”, nonché il successivo dittongamento della vocale tonica, sono assolutamente normali in una vasta area dell’Italia centro- settentrionale, come mostra, fra l’altro, lo sviluppo dal lat plico all'it piego. Anche gli sviluppi francesi e iberici sono regolari. [Parole chiave: it. schiena – lat. *exclina - elemento germanico - Mesolitico – Paradigma della Continuità Paleolitica] The traditional etymology of schiena – from a Germanic *skina – does not explain the presence of /r/ in many French dialectal forms. It is possible to recognize a Latin etymology in the word *exclina, a derivative form of clināre, inclināre, declināre with the meaning of ‘the part of the body that bends over’. The loss of /l/ in the group “occlusive + /l/” and the following passage of the tonic vowel to the tipthong ie are regular evolutions in a wide area of Central and Northern Italy, as one can see in the passage from plico to It. piego. This passage is a regular one also in France. [Keywords: It. schiena – Lat. *exclina – Germanic element – Mesolithic – Paleolithic Continuity Paradigm] Come ho avuto più volte occasione di sostenere e di illustrare, molte voci del lessico neoitalide (per questa denominazione cfr. Benozzo-Alinei [2012]) sono state attribuite al germanico, anziché al latino, molto più per il pangermanesimo trionfante alla fine dell’Ottocento che non per una seria valutazione storico-fonetica (cfr., fra i miei lavori, le etimologie di attecchire, bianco, biondo, fango, fresco, guerra, guardare, magone, roba, rubare, strappare, troppo, tromba, zolla (Alinei [1996-2000; 2002; 2008; 2011b; 2011c; 2011e; 2011f; 2011g; 2011h]). Proseguendo in questo percorso critico mostrerò, in questo articolo, come sia non solo possibile, ma anche facile, trovare un etimo latino per un’altra voce del lessico neo-italide generalmente attribuita al germanico: schiena, con gli affini fr. échine, occ. esquina, sp. pg. esquina, sardo log. iskina, vegl. skàina ecc. Etimo latino che, ceteris paribus, andrà sempre preferito, per definizione, ad un prestito germanico, se adeguatamente spiegabile sia a livello fonetico che semantico. L’etimologia tradizionale L’origine germanica di schiena e affini era stata già affermata dal Diez nel suo EWRS. Meyer-Lübke l’ha poi accolta nel REW (7994), riconducendola a una base skĭna, con influsso di lat. spīna, «mit unerklärtem vokal». Ed aveva escluso l’affinità di sp. esquina ‘angolo’ in quanto «begrifflich schwierig». La stessa etimologia si trova ora in tutti i dizionari etimologici italiani (AEI, DEI, DELI, DES, EN, PELI, VEI), nel DCECH del Corominas, e nel FEW (vol. 17, s.v. *skina). In quest’ultimo, von Wartburg, sulla base della semantica della documentazione dialettale, distingue anzitutto fra gli sviluppi di aat. scina e skëna, mat. schine, nl. scheen, as. scinu ‘stinco, tibia’ da un lato, e quelli di aat. scina ‘ago’, mat. schine, mnl, mbt. schēne ‘piccolo pezzo di legno’ dall’altro. La base formale comune di queste forme sarebbe poi il longobardo *skëna, e il passaggio della vocale tonica ad -i- sarebbe dovuto al’influsso di spīna (p. 115). Inoltre, l’Autore evidenzia la differenza nella distribuzione areale dei due significati: il primo diffuso in tutta l’area romanza, il secondo, invece, limitato all’area confinante con la Germania. Infine, von Wartburg si domanda, senza però rispondere (p. 115, n. 2): (1) da dove venga la /-r-/, che appare nelle

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Per un ridimensionamento dell’elemento germanico nel lessico neo-italide: l’origine latina di it. schiena, fr. échine, occ. sp. pg. esquina, log. iskina di MARIO ALINEI Emeritus, Universiteit Utrecht Casella Postale 102, I-50029 Tavarnuzze (Firenze), Italia, [email protected]

Abstract L’etimologia tradizionale di schiena – germanico *skina – lascia inesplicata la /r/ di molte forme dialettali francesi. Inoltre, un’etimologia latina, sempre preferibile a una alloglotta, si lascia facilmente riconoscere in un derivato del lat. clināre, inclināre, declināre etc., nella forma *exclina, il cui senso sarebbe ‘la parte del corpo che si china’. La perdita della /l/ nel gruppo “occlusiva + /l/”, nonché il successivo dittongamento della vocale tonica, sono assolutamente normali in una vasta area dell’Italia centro-settentrionale, come mostra, fra l’altro, lo sviluppo dal lat plico all'it piego. Anche gli sviluppi francesi e iberici sono regolari. [Parole chiave: it. schiena – lat. *exclina - elemento germanico - Mesolitico – Paradigma della Continuità Paleolitica] The traditional etymology of schiena – from a Germanic *skina – does not explain the presence of /r/ in many French dialectal forms. It is possible to recognize a Latin etymology in the word *exclina, a derivative form of clināre, inclināre, declināre with the meaning of ‘the part of the body that bends over’. The loss of /l/ in the group “occlusive + /l/” and the following passage of the tonic vowel to the tipthong ie are regular evolutions in a wide area of Central and Northern Italy, as one can see in the passage from plico to It. piego. This passage is a regular one also in France. [Keywords: It. schiena – Lat. *exclina – Germanic element – Mesolithic – Paleolithic Continuity Paradigm] Come ho avuto più volte occasione di sostenere e di illustrare, molte voci del lessico neoitalide (per questa denominazione cfr. Benozzo-Alinei [2012]) sono state attribuite al germanico, anziché al latino, molto più per il pangermanesimo trionfante alla fine dell’Ottocento che non per una seria valutazione storico-fonetica (cfr., fra i miei lavori, le etimologie di attecchire, bianco, biondo, fango, fresco, guerra, guardare, magone, roba, rubare, strappare, troppo, tromba, zolla (Alinei [1996-2000; 2002; 2008; 2011b; 2011c; 2011e; 2011f; 2011g; 2011h]). Proseguendo in questo percorso critico mostrerò, in questo articolo, come sia non solo possibile, ma anche facile, trovare un etimo latino per un’altra voce del lessico neo-italide generalmente attribuita al germanico: schiena, con gli affini fr. échine, occ. esquina, sp. pg. esquina, sardo log. iskina, vegl. skàina ecc. Etimo latino che, ceteris paribus, andrà sempre preferito, per definizione, ad un prestito germanico, se adeguatamente spiegabile sia a livello fonetico che semantico. L’etimologia tradizionale

L’origine germanica di schiena e affini era stata già affermata dal Diez nel suo EWRS. Meyer-Lübke l’ha poi accolta nel REW (7994), riconducendola a una base skĭna, con influsso di lat. spīna, «mit unerklärtem vokal». Ed aveva escluso l’affinità di sp. esquina ‘angolo’ in quanto «begrifflich schwierig». La stessa etimologia si trova ora in tutti i dizionari etimologici italiani (AEI, DEI, DELI, DES, EN, PELI, VEI), nel DCECH del Corominas, e nel FEW (vol. 17, s.v. *skina). In quest’ultimo, von Wartburg, sulla base della semantica della documentazione dialettale, distingue anzitutto fra gli sviluppi di aat. scina e skëna, mat. schine, nl. scheen, as. scinu ‘stinco, tibia’ da un lato, e quelli di aat. scina ‘ago’, mat. schine, mnl, mbt. schēne ‘piccolo pezzo di legno’ dall’altro. La base formale comune di queste forme sarebbe poi il longobardo *skëna, e il passaggio della vocale tonica ad -i- sarebbe dovuto al’influsso di spīna (p. 115). Inoltre, l’Autore evidenzia la differenza nella distribuzione areale dei due significati: il primo diffuso in tutta l’area romanza, il secondo, invece, limitato all’area confinante con la Germania. Infine, von Wartburg si domanda, senza però rispondere (p. 115, n. 2): (1) da dove venga la /-r-/, che appare nelle

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attestazioni Malm. skręn, lütt. escrine (du dos), lütt. Nam. skręn, Nivelle crène, TournH crêñ; e (2) se il mil. štšęna (AIS 538) non mostri una base skl-, contaminata con klapp [?]. Per la forma italiana, Il DELI cita le caute riserve di Castellani (2000: 74 e n. 124): «Meno sicura la provenienza longobarda di [...] schiena, in cui il dittongo ie è verosimilmente dovuto all’inserzione di un’l nella forma primitiva skena (*skina), ampiamente rappresenta[ta] nei dialetti”)». Riserve che, però, riguardavano solo l’opzione longobarda, e non l’origine germanica, e che comunque non hanno stimolato nuove ricerche. Inoltre, l’ inserzione di una /l/ dopo la velare è un fenomeno assolutamente sconosciuto, che non a caso non si trova menzionato né nella Grammatica Storica del Rohlfs né, tanto meno, in quella dello stesso Casellani. Semmai, come stiamo per vedere, è il fenomeno contrario ad essere chiaramente attestato, cioè la perdita della /l/ nel gruppo velare + /l/.

Per il sardo, Wagner (DES s.v. iskina) dà per scontato che l’etimo della parola sia germanico, dato che afferma: «essendo di origine germanica […] deve essere un vecchio germanismo latino o corrispondere al tipo skina, diffuso in tutta l’Italia centr. e mer.» .

Per lo spagnolo e il catalano, Corominas (DCECH) non contesta l’etimo germanico, ma dubita se lo sp. esquina sia «una voz heredada del gotico o tomada en fecha muy antigua del oc. esquina ‘espinazo’. Si sofferma, inoltre, sulla questione se la forma spagnola risalga al germanico occidentale *skĭna o al gotico *skino e conclude con l’invito a considerare esquina come un «germanismo advenedizo en ambo idiomas hispànicos». Inoltre, per spiegare il duplice esito (occ. esquina e cat. esquena) della ĭ di skĭna, non esita ad inventare una «i abierta, intermedia entre los dos fonemas romances»; per cui sarebbe inutile postulare l’influenza di spina… Una nuova etimologia latina Sorprende questa congerie di ipotesi, una meno ortodossa dell’altra, quando un etimo latino per questa parola si lascia, tuttavia, abbastanza facilmente trovare: sulla base delle conclusioni dei latinisti nei riguardi di lat. *clīnō, da cui inclīnis ‘chino’, inclīnō, reclīnō, dēclīnō etc., schiena mi pare abbia tutte le carte in regola per essere considerato come uno sviluppo dal lat. clinō ‘chino’ e clināmen ‘inclinazione’ etc., e quindi affine di china ‘terreno scosceso, pendice, declivio’, di chino e di inchinare. Per cui la ‘schiena’ sarebbe semplicemente la parte del corpo che si può ‘chinare’ , e la /l/ – di cui tutti hanno notato le tracce, per spiegarle poi, come abbiamo visto, nei modi più strani – sarebbe invece del tutto reale… E anche il begrifflich schwierig sp. esquina ‘angolo’, si lascerebbe spiegare, semanticamente, prendendo in considerazione, oltre a clīnō, anche clīnāmen ‘inclinazione’. E sul piano storico-fonetico, all’obiezione che riguarda il contrasto fra il vocalismo di schiena e quello di chino (< *clīnō), si potrà poi rispondere ricordando, con Ernout e Meillet (DELL), che «En latin, tout se passe comme si un présent à suffixe nasal *clinō, non attesté, avait fourni un frequentatitf de type ancien a voyelle longue comme cēlāre. […] Un ancien *kleinā ou *klinā [errore per *klīnā] est invraisemblable». In altre parole, non partiremmo dal lat. classico clīnō, bensì da un latino popolare *clinō, con la /i/ breve: per cui, il duplice sviluppo rappresentato da schiena da un lato, e da chino dall’altro, si lascerebbe immediatamente confrontare con gli analoghi sviluppi di lat. plicō che, come vedremo fra poco, mostrano sia il dittongamento (it. piego, spiego, impiego, ripiego), sia il tipo pigo pigare, diffuso, fra l’altro, in un’area molto più vasta (v. oltre). Per quanto riguarda poi il senso del preverbo latino ex-, a cui ovviamente risale la s- di schiena, il più appropriato per la nostra proposta etimologica, sarebbe quello, per citare di nuovo Ernout e Meillet, in cui «le composé n’a d’autre sens que le simple, cf. vinciō/ēvinciō, vitō/ēvitō». Anche *clinō ed *ex-clinō, in altre parole, potrebbero essere considerati sinonimi: come già detto, schiena è, semplicemente, la parte del corpo che si può chinare. E infine, fra i 6 possibili sensi del prefisso s-, elencati dal DELI, i più appropriati sarebbero: il 5° ( «valori vari o funzione semplicemente derivativa»), come in sbracciarsi, sguazzare, sbiancarsi, sdoppiare,

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slargarsi; o il 6° («valore intensivo in verbi derivati da altri verbi (strascinare), o in aggettivi derivati da altri aggettivi (sbilenco)». Non c’è quindi nessuna ragione stringente che ci obblighi a ricorrere ad un etimo germanico – tanto più che sia il significato di ‘piccolo (?) pezzo di legno (?)’, sia quello di ‘stinco, tibia’, sono, a mio parere, molto meno verosimili, dal punto di vista storico-semantico, del ‘chinare’ qui proposto. È vero che le lingue germaniche attestano ingl. shin e schinbone ‘stinco, tibia’, ted. schiene ‘lista, riga, lama, barra, stecca, rotaia’, schienbein ‘stinco, tibia’; e mostrano anche lo stretto rapporto fra la nozione dell’’osso’ e della ‘gamba’ (cfr. ted. bein, ol. been e affini ‘gamba’, ma anche ‘osso’, ingl. bone ‘osso’. Ma da un osso del piede alla schiena, come si suol dire, ‘ci corre’, e la base germ. ricostruita *skinō(n) ‘lista, frammento sottile’, a sua volta dal PIE *skei- ‘spaccare’, mi pare molto meno adatta, semanticamente, del lat. clino ‘inchinare’, a generare la nozione di ‘schiena’ . Senza contare che da un lato abbiamo una origine germanica , cioè alloctona, per di più formalmente e semanticamente problematica, e dall’altra una origine latina, cioè autoctona, per di più formalmente corretta e semanticamente plausibile. Il quadro dialettale Il quadro dialettale italiano e francese conferma, inoltre, la mia tesi. Vediamo perché. Per quanto riguarda l’Italia, le due cartine seguenti (fig. 1) mostrano, rispettivamente: (A) il vocalismo tonico di schiena in tutta l’Italia (AIS 131), e (B) lo sviluppo del tipo piga pigàr, da plicat e plicare, nella sola Italia centro-settentrionale (AIS 1530 ‘piegare; piega’) (il resto dell’Italia settentrionale e della penisola attestano o il tipo con la /l/ – piega čega kyega etc. –, o altri tipi lessicali).

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Figura 1:

(A) (–) = sviluppi con conservazione della /l/, tipo schiena sčena etc.

(ı) = sviluppi con perdita della /l/, tipo schina/skena/skéina/skàina;

(da AIS 131 ‘la schiena (il dosso);

(B) area di piga 3 = ‘piega’ 3, da plicat

(da AIS 1530 ‘piegare..; piega 3’: fra parentesi i punti in cui appare solo l’infinito piġér)

Ora, come vediamo dalle due cartine, sia fra gli affini di schiena < *exclina, sia fra quelli di piega < plicat, è attestato il tipo caratterizzato dalla perdita della /l/. Anche il lat. glīrus, fra l’altro, ha seguito questo duplice sviluppo: da un lato abbiamo il tipo ghiro, ghira, ghéira, ghir, gher, ghí etc., caratterizzato dalla perdita della /l/, dall’altro il tipo glira,glir, glere,gler, grila, gri, gré, ghirla, ghijr, lí, gir, gí, lira, lera, lir, ler,agghijrə agghijru, ałirə, łirə etc. etc., caratterizzato dalla sua conservazione (cfr. GSLI I, § 190, e AIS 443 ‘ghiro’).

Tornando quindi a schiena come sviluppo di *exclina, se confrontiamo i suoi affini dialettali alto-italiani con quelli di plicat (glīrus non è confrontabile per la sua vocale tonica lunga), notiamo due cose rilevanti: (1) l’area in cui la perdita della /l/ appare regolarmente è sostanzialmente pan-italiana: fanno eccezione, in alta Italia, Piemonte occidentale, Canton Ticino, Trentino, parte della Lombardia, ed altre aree isolate; al Centro, alta Toscana, alto Lazio e Marche. Ovviamente, il tipo

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minoritario dittongato (schiena, piega) si è affermato in italiano grazie alla sua presenza a Firenze (2) la vocale tonica di *exclina mostra più sviluppi di quella di plicat, ciò che si può spiegare con la molto maggiore stabilità della vocale tematica di un verbo, rispetto a quella di un sostantivo.

Per quanto riguarda la Francia, la carta 318 delle Lectures dell’ALF di Brun-Trigaud, Le Berre, Le Dû (2005), riprodotta qui sotto, e i dati del FEW, mostrano un quadro, a mio avviso, non meno eloquente di quello italiano:

Figura 2: l’area del tipo skina (> esquina, échine, kein) in Francia

(da Brun-Trigaud, Le Berre, Le Dû [2005: 229])

Anzitutto, la compatta presenza di dos (< lat. *dossum < dorsum) nella Francia

settentrionale, cioè proprio nell’area dove la presenza germanica dovrebbe essere massima, mostra quanto sia debole l’ipotesi di un’origine germanica. Inoltre, l’evidente rapporto di continuità dell’area francese meridionale con quella italiana (attraverso la Val d’Aosta e l’alta Italia: tipi échine ed esquina) da un lato, e con quella bretone (kein) dall’altra, lascia aperte solo due opzioni: quella, primaria, di un’origine latina, e quella, secondaria, di un’origine celtica. Gli autori della carta, nel loro commento, pur menzionando «l’étymologie admise» germanica, e pur definendo la loro proposta alternativa “bien hasardeuse”, propenderebbero per un’origine gallica del termine. Ma anche l’ipotesi gallica, tuttavia, non si lascia convalidare, dato che il gallico cebenna, a cui gli autori fanno risalire il bretone kein, non presenta la s- iniziale.

Si potrebbe pensare, a mio avviso, a due diverse alternative: (1) che il bretone kein (che Henry [1900] considerava affine al gallese cefn (antico gallese cemn) “dos”, al cornico keyn « dos », e al gallico *cebenna “hauteur”, ricostruito sulla base dell’oronimo les Cévennes), sia del tutto indipendente dal fr. échine, e ad esso solo casualmente simile; (2) che accanto al latino *ex-clina fosse presente anche la variante senza prefisso *clina: il cui significato, come abbiamo visto, doveva essere esattamente lo stesso, data la funzione del ‘chinarsi’ della schiena.

L’ipotesi di un’origine dal latino, comunque, viene rafforzata dai dati del FEW che, s.v. clinare, attesta i seguenti sviluppi senza /l/, e quindi assolutamente in linea con il tipo esquina ‘dos’: Anjou quiner, Vosges quînei, Fiménil Fraize (Vosges) kinę, südvosg. kĩnę, La Bresse (Vosges) kinè, Münsterol (Alsazia) χęnę, Vagney (Vosges) quînei. E anche il Valdostano, più vicino all’Italia, attesta rèpié ‘ripiegare’ e rèpia ‘ripiega’ (cfr., oltre ad AIS 1530, NDPV s.v. rèpié).

Se partiamo quindi dall’assunto di un ‘origine latina di échine ed esquina, la configurazione dell’areale francese sarebbe quella tipica – come mi assicura l’amico e collega Jean Le Dû1 – dei prestiti latini in Bretone, cui fanno di solito riscontro forme foneticamente vicine in Occitano. Un

1 Com. pers.

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prestito che, naturalmente, sarebbe penetrato in Francia dall’alta Italia, dove, come abbiamo visto, sono attestati sia il tipo fr. mer. esquina sia il tipo fr. sett. échine (cfr. AIS 131).

Infine, il fatto che in Italia questa variante maggioritaria schina si estenda alla Lucania (škęnu), alla Sicilia (škínu, škína), e soprattutto alla Sardegna (iskína, skína etc.), dimostra non solo la sua notevole antichità, ma anche la sua origine autoctona. Il succitato commento di Wagner (DES s.v.) al sardo iskina, infatti, è assolutamente tautologico: «essendo di origine germanica […] deve essere un vecchio germanismo latino (?) o corrispondere al tipo skina, diffuso in tutta l’Italia centr. e mer.» .

In realtà, ciò che i due tipi italiani skina e schiena, e i loro affini neo-italidi succitati dimostrano, se analizzati con maggior rispetto per le premesse e per le regole della nostra disciplina, è che la loro origine è latina, e sta in quel *clinō latino non attestato, citato da Ernout e Meillet. E le forme “anomale” notate dal von Wartburg – Malm. skręn, lütt. escrine (du dos), lütt. Nam. skręn, Nivelle crène, TournH crêñ; così come il mil. štšęna (AIS 538) – da lui attribuite, giustamente, a una base skl- –, non hanno nessun bisogno di essere state contaminate da klapp [?], dato che sono, semplicemente, regolari continuatori della base etimologica da noi supposta. È stata, ovviamente, la falsa premessa dell’origine germanica che ha reso problematico quello che è invece perfettamente regolare, e che sarebbe parso tale se si fosse riconosciuto, all’ipotesi dell’origine latina, il primato d’obbligo. Datazione preistorica e identificazione culturale

Come nome di una parte del corpo, schiena < *ex-clina appartiene certamente a uno strato antico del lessico latino. Ma non tanto antico da apparire anche nelle lingue degli altri gruppi IE: come risulta dal DIES del Buck, la terminologia per la nozione ‘back’ appare grandemente differenziata in tutta l’area IE.

Come già detto, tuttavia, il fatto che schiena abbia affini sia in Francia (échine ‘spina dorsale’) che in Iberia (esquina ‘angolo’), e che in Italia la sua diffusione si estenda anche alla Sardegna, dimostra che l’innovazione deve essere sincronica con la differenziazione del gruppo linguistico neo-italide, e quindi, come tale, notevolmente antica.

Una datazione più precisa si può ottenere, nell’ambito del Paradigma della Continuità dal Paleolitico (cfr. Alinei 1996-2000 e <www.continuitas.org>, con bibliografia), riflettendo al fatto che in questo ambito la formazione del gruppo italide si lascia datare al Mesolitico: quando l’Europa si divide, infatti, in quattro vaste aree culturali, che corrispondono agli areali dei quattro principali gruppi linguistici europei: celtico, germanico, italide, balto-slavo (cfr. Alinei [1996-2000]). Per cui, le culture preistoriche che rappresentano il formarsi del gruppo italide – e quindi anche la formazione delle due varianti schina e schiena – sarebbero quelle dette Sauveterriano e Castelnoviano, che si chiamano così per la loro affinità con il Mesolitico della Francia meridionale, dove si trovano i siti eponimi di Sauveterre e di Châteauneuf (cfr. Bagolini [1992: 274, 278]). Inoltre, poiché il Sauveterriano nasce nella Francia meridionale e nell’Italia settentrionale (DP I, s.v.), e il Castelnoviano nella Francia del Sud-Est (idem) – quindi ai confini con l’Italia – se ne può arguire che sia il tipo skina sia il tipo schiena devono avere avuto un’origine nell’Italia settentrionale, nell’ambito del Sauveterriano (per un caso simile di origine e diffusione di parole neoitalidi, cfr. Benozzo [2010; 2012: 65-84]), e che questo è anche il terminus post quem per la loro diffusione, sia in Italia che in Francia meridionale e Iberia.

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Paradigm/Paradigma della Continuità Paleolitica.