Pagine da Strength & Conditioning 20

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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 20 / Aprile-Giugno 2017 3 S&C (Ita) n.20, Aprile-Giugno 2017, p. 3 Do vita a questo editoriale, con- dividendo con tutti Voi Lettori un dato interessante, emblematico, peculiare: questo numero della ri- vista è il venti (del sesto anno di vita, con 21 uscite però, essendo- vi stato un celebre, ora raro, nu- mero 0) e pertanto esso include la pagina duemila della rivista. 2000 da quando questa pubblicazione è nata. Un bel traguardo, non tro- vate? Un traguardo che deside- ravo simbolicamente festeggiare con tutti i lettori di S&C. Per una Scienza del movimento dell’uomo, in particolare sottolineando che duemila pagine di scienza dell’alle- namento rappresentano un buon viatico, per discutere con dovizia e fare innumerevoli importanti con- siderazioni su quel singolare pro- cesso che si chiama allenamento. Come spesso mi sono trovato a dire e a scrivere, è fondamentale fare sempre considerazioni atten- te su cosa oggi significhi allenare. E questo perché, come è per tanti fenomeni, l’allenamento oltre ad essere dipendente da processi multifattoriali, si evolve con una rapidità assai pronunciata, che chiede di essere compresa, stu- diata, a volte addirittura anticipa- ta dai tecnici e dagli allenatori e non solo. E proprio tra gli aspetti che stan- no evolvendosi in modo predomi- nante ve ne sono di assai impor- tanti, legati alla biologia cerebrale per quanto riguarda l’organizza- zione del movimento. Ogni giorno, del resto, è possibile leggere di nuove ed interessanti scoperte nell’ambito delle neuroscienze che cambiano radicalmente le nostre vecchie visioni sulle interazioni bio- logiche relative al movimento. Perché è fondamentale conosce- re i processi che regolano il movi- mento? Le ragioni sono tante, ma una in particolare credo interessi oltremodo agli operatori di sport: il movimento è l’ingrediente fonda- mentale della prestazione umana. È proprio il movimento in sé che va allenato e specializzato prima di ogni altra qualità. È la capacità di precisione del movimento che condiziona il risultato sia sul piano prestativo che su quello energe- tico. È lo studio continuo del mo- vimento che permette di trovare soluzioni biomeccaniche le più fun- zionali e le più congeniali ad ogni individuo. Dopo l’acquisizione di tali conoscenze ed anzi con que- ste conoscenze costantemente attive nella mente, si può tentare di organizzare i processi di spe- cializzazione nello sport specifico, applicando metodi e sistemi di al- lenamento e dunque esercizi con- soni alle caratteristi motorie di un atleta. Il neuroscienziato Rodolfo Llinás in una intervista recentissima di- chiara in maniera inequivocabile che lo sviluppo del sistema ner- voso è necessario primariamen- te per orchestrare azioni e non – come si potrebbe immaginare – per attuare processi cognitivi o per pensare. Incredibile deduzione! Questa importante affermazione proviene dallo studio delle ascidie, piccoli animali marini che sembre- rebbero somigliare a delle spugne. Queste, quando sono ancora del- le larve, presentano un sistema nervoso ed un midollo spinale. A poche ore dalla nascita, trovano una collocazione permanente in una roccia o in uno scoglio e im- mediatamente pongono in atto una metamorfosi straordinaria. Cessata la necessità di muoversi, cominciano a riassorbire il siste- ma nervoso. In natura, quindi, se non fossimo stati programmati per il movimento, non ci sarebbe stata ragione alcuna per pensare o per percepire. Nell’era dei computer e dell’infor- matica, sono stati creati moltissi- mi modelli matematici per investi- gare la nostra capacità di pensare e la nostra capacità di prendere decisioni, ma se queste indagini eludono il fatto che tali aspetti sono funzionali solamente al fat- to che ci muoviamo, dice anco- ra Llinás, le indagini in questione sarebbero prive del presupposto principale. A conforto di questo approccio ci sono ormai importanti correnti di pensiero scientifiche che conside- rano per nulla motivato il dualismo mente-corpo: la maggioranza dei pensatori e delle correnti è ormai orientata a considerare l’inte- ra struttura come univocamente funzionale nella macchina uomo. Si parla di processo della circolarità, ovvero, i processi cognitivi e per- cettivi si innescano con l’influenza dell’azione, per poi ritornare all’a- zione come costrutto di soluzione. In altre parole la percezione è un particolare tipo di attività esplora- tiva, ma non precede mai l’azione. Altri ambiti interessanti di ricerca sono relativi allo studio dei pro- cessi di lateralizzazione del cervel- lo. In particolare, si sta studian- do in modelli animali, così come nell’uomo, cosa realmente accade nell’emisfero destro e sinistro in relazione al movimento. I processi di lateralizzazione, an- che questi, stanno aprendo fron- tiere nuove mai ipotizzate prima di ora dal mondo sportivo, che ha dedicato prevalentemente il suo focus ai sistemi energetici e ai muscoli, tralasciando abbondan- temente il sistema nervoso, ed in particolare le interazioni tra lo stesso e il movimento. Da questa nuova visione, scaturi- sca, perciò, inevitabilmente (e ter- ribilmente!) una domanda: come ci stiamo approcciando a rivedere il processo di allenamento, conside- rato che aspetti energetici e fun- zione muscolare sono conseguen- ze di ben altro? EDITORIALE Antonio Urso Presidente FIPE NUMERO 20 CERVELLO E FUTURO DELL’ALLENAMENTO

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STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno VI - Numero 20 / Aprile-Giugno 2017 3

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Do vita a questo editoriale, con-dividendo con tutti Voi Lettori un dato interessante, emblematico, peculiare: questo numero della ri-vista è il venti (del sesto anno di vita, con 21 uscite però, essendo-vi stato un celebre, ora raro, nu-mero 0) e pertanto esso include la pagina duemila della rivista. 2000 da quando questa pubblicazione è nata. Un bel traguardo, non tro-vate? Un traguardo che deside-ravo simbolicamente festeggiare con tutti i lettori di S&C. Per una Scienza del movimento dell’uomo, in particolare sottolineando che duemila pagine di scienza dell’alle-namento rappresentano un buon viatico, per discutere con dovizia e fare innumerevoli importanti con-siderazioni su quel singolare pro-cesso che si chiama allenamento.

Come spesso mi sono trovato a dire e a scrivere, è fondamentale fare sempre considerazioni atten-te su cosa oggi significhi allenare. E questo perché, come è per tanti fenomeni, l’allenamento oltre ad essere dipendente da processi multifattoriali, si evolve con una rapidità assai pronunciata, che chiede di essere compresa, stu-diata, a volte addirittura anticipa-ta dai tecnici e dagli allenatori e non solo. E proprio tra gli aspetti che stan-no evolvendosi in modo predomi-nante ve ne sono di assai impor-tanti, legati alla biologia cerebrale per quanto riguarda l’organizza-zione del movimento. Ogni giorno, del resto, è possibile leggere di nuove ed interessanti scoperte nell’ambito delle neuroscienze che cambiano radicalmente le nostre vecchie visioni sulle interazioni bio-logiche relative al movimento.Perché è fondamentale conosce-re i processi che regolano il movi-mento? Le ragioni sono tante, ma una in particolare credo interessi oltremodo agli operatori di sport: il movimento è l’ingrediente fonda-mentale della prestazione umana. È proprio il movimento in sé che va allenato e specializzato prima di ogni altra qualità. È la capacità di precisione del movimento che

condiziona il risultato sia sul piano prestativo che su quello energe-tico. È lo studio continuo del mo-vimento che permette di trovare soluzioni biomeccaniche le più fun-zionali e le più congeniali ad ogni individuo. Dopo l’acquisizione di tali conoscenze ed anzi con que-ste conoscenze costantemente attive nella mente, si può tentare di organizzare i processi di spe-cializzazione nello sport specifico, applicando metodi e sistemi di al-lenamento e dunque esercizi con-soni alle caratteristi motorie di un atleta.Il neuroscienziato Rodolfo Llinás in una intervista recentissima di-chiara in maniera inequivocabile che lo sviluppo del sistema ner-voso è necessario primariamen-te per orchestrare azioni e non – come si potrebbe immaginare – per attuare processi cognitivi o per pensare. Incredibile deduzione! Questa importante affermazione proviene dallo studio delle ascidie, piccoli animali marini che sembre-rebbero somigliare a delle spugne. Queste, quando sono ancora del-le larve, presentano un sistema nervoso ed un midollo spinale. A poche ore dalla nascita, trovano una collocazione permanente in una roccia o in uno scoglio e im-mediatamente pongono in atto una metamorfosi straordinaria. Cessata la necessità di muoversi, cominciano a riassorbire il siste-ma nervoso. In natura, quindi, se non fossimo stati programmati per il movimento, non ci sarebbe stata ragione alcuna per pensare o per percepire.Nell’era dei computer e dell’infor-matica, sono stati creati moltissi-mi modelli matematici per investi-gare la nostra capacità di pensare e la nostra capacità di prendere decisioni, ma se queste indagini eludono il fatto che tali aspetti sono funzionali solamente al fat-to che ci muoviamo, dice anco-ra Llinás, le indagini in questione sarebbero prive del presupposto principale.A conforto di questo approccio ci sono ormai importanti correnti di pensiero scientifiche che conside-

rano per nulla motivato il dualismo mente-corpo: la maggioranza dei pensatori e delle correnti è ormai orientata a considerare l’inte-ra struttura come univocamente funzionale nella macchina uomo. Si parla di processo della circolarità, ovvero, i processi cognitivi e per-cettivi si innescano con l’influenza dell’azione, per poi ritornare all’a-zione come costrutto di soluzione. In altre parole la percezione è un particolare tipo di attività esplora-tiva, ma non precede mai l’azione.Altri ambiti interessanti di ricerca sono relativi allo studio dei pro-cessi di lateralizzazione del cervel-lo. In particolare, si sta studian-do in modelli animali, così come nell’uomo, cosa realmente accade nell’emisfero destro e sinistro in relazione al movimento.I processi di lateralizzazione, an-che questi, stanno aprendo fron-tiere nuove mai ipotizzate prima di ora dal mondo sportivo, che ha dedicato prevalentemente il suo focus ai sistemi energetici e ai muscoli, tralasciando abbondan-temente il sistema nervoso, ed in particolare le interazioni tra lo stesso e il movimento.

Da questa nuova visione, scaturi-sca, perciò, inevitabilmente (e ter-ribilmente!) una domanda: come ci stiamo approcciando a rivedere il processo di allenamento, conside-rato che aspetti energetici e fun-zione muscolare sono conseguen-ze di ben altro?

EDITORIALE Antonio UrsoPresidente FIPENUMERO 20

CERVELLO E FUTURO DELL’ALLENAMENTO

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Lo scopo principale di questo articolo è di fare un’analisi descrittiva, categoria per categoria, dei risultati dei Giochi Olimpici (GO) e dei Campiona-ti del Mondo ed Europei (CM e CE) a partire dal 2005, anno in cui le regole per le competizioni fissarono una progressione minima di 1,0 kg dopo ogni tentativo riuscito per lo stesso atleta, fino ai Giochi Olimpici del 2016, svoltisi a Rio. L’idea che è alla base di questa analisi descrittiva è di fare un’istantanea degli ultimi risultati ottenuti nelle competizioni più importanti per la pesistica eu-ropea, osservando le categorie e le competizioni migliori e peggiori e l’andamento dei risultati du-rante il periodo esaminato (appunto 2005-2016).Per facilitare la lettura, l’articolo è stato suddi-viso in due parti: la prima analizza i risultati ma-schili e la seconda i risultati femminili. Secondo il codice dei colori utilizzato nella preparazione delle figure e delle tabelle, il verde rappresenta i Giochi Olimpici e il rosso e il grigio rappresentano rispet-tivamente i Campionati del Mondo e quelli Europei. Per analizzare i dati combinati di queste tre com-petizioni, i colori blu e rosa sono stati utilizzati per rappresentare, rispettivamente, gli uomini e le donne.

I risultati mostrati in questo documento sono stati presi dal sito dell’IWF in data 28 agosto 2016 e riguardano tre edizioni dei Giochi Olimpici, nove dei Campionati del Mondo e undici dei Cam-pionati europei per il periodo oggetto di studio. Il criterio seguito per scegliere le competizioni stu-diate è stata l’introduzione, nel 2005, dell’attuale regolamento tecnico sulla progressione del carico del bilanciere in multipli di 1,0 kg. È chiaro che i casi di doping scoperti dopo la data in cui sono stati scaricati i risultati potrebbero modificare i risultati presentati in questo articolo.

RISULTATI PER GLI UOMINI

La media del totale per i pesisti primi 3 classifi-cati (Figura 1) e quella per i primi 10 classificati (Figura 2) in ciascuna categoria di peso corporeo mostrano un andamento simile. Il totale raggiun-to durante i CM e i GO è simile, con una leggera tendenza a raggiungere risultati migliori per i GO. Analogamente, i risultati dei CE sono i più bassi dei tre tipi di competizioni esaminate.

F. Javier Flores, Juan C. Redondo

ategorie di peso nel sollevamento pesi. Confronto tra i risultati dei Giochi Olimpici e i Campionati Mondiali ed Europei svoltisi tra il 2005 e il 2016.

F. JAVIER FLORESSegretario della Scuola Nazionale Allenatori della Federazione spagnola di pesistica. Servizio di educazione fi sica e sport (Università di Salamanca, Spagna). Diploma di laurea in attività fi sica e scienze dello sport (Università di Leon, Spagna). Diploma di laurea in didattica dell’educazione fi sica (Università di Valladolid, Spagna).CJUAN C. REDONDOPhd (Università di Valladolid, Spagna). Professore del Dipartimento di attività motoria ed educazione fi sica (Università di Leon, Spagna). Diploma di laurea in educazione fi sica (Università politecnica di Madrid, Spagna).

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GIAN MARIO MIGLIACCIODottore di ricerca in Sport Science, direttore scientifi co Sport Science Lab.

MIKE MARIC Ricercatore Università di Pavia, Campione del Mondo di FreeDiving nel 2004, autore di libri e divulgatore scientifi co.

VINCENZO IODICE Fisioterapista, Posturologo e Terapista Manuale Osteopatico. Cultore della Materia c/o la Facoltà di Scienze Motorie dell’Universitá degli Studi di Cassino; Responsabile area medica A.D.N. Swim Project. In passato fi sioterapista Juvecaserta Basket.

Migliaccio Gian Mario (1), Mike Maric (2), Vincenzo Iodice (3)1: Sport Science L ab , 2: U niversità di Pavia, 3 : Studio di F isioterapia Iodice

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INTRODUZIONEL’atleta nella sua storia agonistica transita in numerose fasi della crescita e dello sviluppo: in questo momento, i progressi sotto il profilo ago-nistico sono, nelle aspettative, rapidi e crescen-ti. Il passaggio da una categoria giovanile ad un settore assoluto, situazione simile per tutte le discipline tra i 18 ed i 23 anni, rende le aspet-tative dell’atleta sempre più ridotte, in percen-tuale. Un miglioramento dei parametri fisiologici, VO2max o capacità respiratoria, ad esempio, sono possibili nei primi anni dell’allenamento ma sempre più rallentati nel corso dell’allenamento per atleti di èlite. La ricerca di ulteriori margini di miglio-ramento è, quindi, una delle vie da praticare per un allenatore che, indipendentemente dalla disci-plina, si pone l’obiettivo di mantenere il proprio atleta ad alti livelli Internazionali di competitività.

Tra le aree della metodologia dell’allenamento, una tematica non particolarmente affrontata (e pra-ticata) è quella dell’allenamento della muscolatu-ra respiratoria. Tutte le discipline sportive, dalla pesistica all’apnea, richiedono un forte contribu-to della muscolatura respiratoria, ma si tende a pensare che questi siano fattori indipendenti dal controllo dell’allenatore e, quindi, non particolar-mente inseriti nei programmi di lavoro, se non li-mitatamente al controllo del ritmo della respira-zione, durante i lavori cosiddetti di tecnica.

I MUSCOLI RESPIRATORIIn anatomia e fisiologia, vengono chiamati Muscoli Respiratori quelli che, con varie azioni, concorro-no alla respirazione, nelle fasi sia inspiratoria che espiratoria. Brevi cenni dell’anatomia possono aiutarci a capire come, per un atleta, la respira-zione costituisca un fattore chiave sia della sua performance che del recupero. Se, infatti, per un pesista è fondamentale attivare una contrazione diaframmatica durante il gesto atletico, per un atleta di Triathlon o corsa o ciclismo ad esempio, al termine della performance, si renderà necessa-rio attivare prevalentemente i muscoli respiratori accessori, ovvero quelli che si inseriscono sulla gabbia toracica (es. il muscolo sternocleidoma-stoideo, gli scaleni, il grande ed il piccolo petto-rale) e che, quando stabilizzati, consentono una migliore efficacia della cosiddetta respirazione forzata.

Il muscolo più grande e più noto è il diaframma, una cupola muscolo-tendinea che separa il torace dall’addome, ma diverse altre compagini muscola-ri vanno considerate, come i muscoli intercosta-li esterni che vanno dai tubercoli delle coste alla cartilagine costale sottostante e svolgono l’im-portante funzione di sollevare le coste.Rispetto alla funzione che rivestono, possiamo comunque dividere i muscoli respiratori in due gruppi che hanno compiti, in larga parte, distinti:

nergia dalla respirazione, l’allenamento per la performance

PUBBLICATO

PUBBLIC

ATO

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PRIMA VO

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PRIMA VOLTA

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LAVORO

ORIGINALE PER

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ALLENAMENTOCOMPETIZIONE

CONTINUA LA SERIE DI CONTRIBUTI ALLA CONOSCENZA DEL FENOMENO ALLENA-MENTO/COMPETIZIONE COORDINATA E

REALIZZATA DA GIAN MARIO MIGLIACCIO

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Ho letto più volte l’editoriale del presidente A. Urso “Ancora più complesso” comparso nel N*18 in “Strength & Conditioning, per una Scienza del movimento dell’uomo” del 2016, per gli straordi-nari e numerosi spunti di riflessione che vi si pos-sono cogliere.Questi spaziano dalla evoluzione dei sistemi così detti complessi a considerazioni sull’essenza della motricità umana, per ritornare sul dibattito anco-ra e sempre aperto sugli effetti dell’allenamento intensivo e sulla distribuzione dei carichi d’allena-mento.

Nel passato, anche abbastanza recente, sull’ar-gomento sono stati compiuti numerosissimi stu-di e presentati altrettanti lavori a partire dalla storica periodizzazione degli anni ‘60 da L.P. Ma-twejew e formulati i principi guida.Da allora è trascorso molto tempo e la ricerca scientifica non si è arrestata, anzi procede senza soste indagando in tutte le direzioni sugli aspetti più reconditi che sono alla base della prestazio-ne umana; tuttavia queste ricerche, come ovvio che sia, rendono conto dei tempi di osservazione, tempi che non vanno oltre le 8/12 settimane e non per periodi decennali.

Ciò nonostante, ancora oggi possiamo assistere ad un miglioramento dei livelli di prestazione che, senza eccezione alcuna, investe tutte le discipline sportive ma che sono anche dovuti all’insieme di altri fattori, quali l’impiego di nuovi materiali, una maggiore diffusione della domanda sportiva, alle più moderne tecnologie di analisi e, perché no?, anche al triste fenomeno del doping.Il doping per lo sport è una calamità; non soltanto ne rovina l’immagine e compromette la salute de-gli atleti, ma rende anche più oscure le dinamiche che regolano l’adattamento dell’organismo alla pressione dell’esercizio fisico, poiché gli effetti si sovrappongono.In ogni caso, per ottenere questi risultati abbia-mo elevato i carichi di allenamento a livelli senza precedenti.Siamo passati da allenamenti saltuari o soltan-to prossimi all’evento di gara agli inizi del secolo scorso ad allenamenti giornalieri, bigiornalieri, tri-giornalieri...: dove arriveremo?È vero che sotto questa tremenda spinta abbia-mo ottenuto risultati positivi, ma spesso li abbia-mo anche falliti ed a volte procurato danni sulla salute degli atleti.Quando ci fermeremo?

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CORSI DI QUALIFICAVito Leonardi

a periodizzazione dell’allenamento tra prassi, scienza e fantascienza

VITO LEONARDIDottore in “ Scienze Motorie” , già docente presso l’ISEF di Napoli e presso l’Università “ Parthenope” di Napoli, ha collaborato con l’Università “ S. Antipolis” di Nizza. Arbitro internazionale della FGI, ha rivestito numerosi incarichi presso la stessa e collaborato alla stesura dei programmi tecnici. Direttore della “ SRdS” della Campania dal 2002 al 2008, è docente nazionale e Presidente del Comitato Regionale della Campania della FIPCF. Ha pubblicato quattro libri e numerosi lavori su riviste tecniche federali ed è stato relatore in numerosi congressi.

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Alberto Andorlini

ALBERTO ANDORLINIDopo una lunga esperienza come Insegnante di Educazione Fisica, è oggi Fisioterapista e Preparatore Atletico. La sua attività è da sempre collegata all’interesse per l’evoluzione del Movimento e per lo sviluppo della Performance. Ha lavorato per A.C. Fiorentina, A.C. Siena, U.S. Palermo, Udinese Calcio, Al Arabi Sports Club, Chelsea F.C. e Nazionale femminile Calcio, in qualità di Terapista e Preparatore Atletico. È Chief Therapist presso il Training Lab di Firenze dove è impegnato in un progetto di ricerca sulla prevenzione degli infortuni in collaborazione con la Università di Pittsburgh. Svolge attività didattica nel corso di Laurea in Scienza e Tecnica dello Sport e delle Attività Motorie Preventive e Adattative dell’Università di Firenze.

IL LUOGO DELL’ESERCIZIO.

Viaggio euristico permenti allenabili.

SECONDA PARTE

CONTRIBUTO

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ALBERTO ANDORLINIDopo una lunga esperienza come Insegnante di Educazione Fisica, è oggi Fisioterapista e Preparatore Atletico. La sua attività è da sempre collegata all’interesse per l’evoluzione del Movimento e per lo sviluppo della Performance. Ha lavorato per A.C. Fiorentina, A.C. Siena, U.S. Palermo, Udinese Calcio, Al Arabi Sports Club, Chelsea F.C. e Nazionale femminile Calcio, in qualità di Terapista e Preparatore Atletico. È Chief Therapist presso il Training Lab di Firenze dove è impegnato in un progetto di ricerca sulla prevenzione degli infortuni in collaborazione con la Università di Pittsburgh. Svolge attività didattica nel corso di Laurea in Scienza e Tecnica dello Sport e delle Attività Motorie Preventive e Adattative dell’Università di Firenze.

IL LUOGO DELL’ESERCIZIO.

Viaggio euristico permenti allenabili.

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INTRODUZIONEVi è un grande interesse tra la popolazione ge-nerale per gli esercizi di allenamento del core. A prescindere da quale sia l’obiettivo di questo al-lenamento, ci si deve assicurare che gli esercizi siano eseguiti nel modo più sicuro possibile, evi-tando in ogni modo di esporre la popolazione gene-rale a esercizi potenzialmente dannosi. Poiché si può prevedere che fino a circa l’85% delle persone vada incontro a dolore lombare (Low Back Pain, LBP) nel corso della vita (1), disturbo che rappre-senta la causa principale di limitata attività fisica nelle persone di 45 anni e più giovani (1), i profes-sionisti dell’attività fisica devono ben conoscere le ricerche che hanno esaminato, come allenare in modo sicuro ed efficace la muscolatura del core.La ricerca ha suggerito che la muscolatura del core deve essere allenata in modo diverso rispet-to ai muscoli degli arti (20). I muscoli degli arti (bicipite brachiale, ischiocrurali, ecc.) sono comu-nemente usati per muovere i segmenti a cui sono connessi, pertanto allenarli come muscoli agonisti può essere appropriato.

Tuttavia, McGill (20) suggerisce che molto spes-so, durante il movimento umano, la funzione della muscolatura del core è quella di co-contrarsi, irri-gidirsi e impedire il movimento invece che produr-lo. Un movimento umano competente comporta che i muscoli degli arti generino la potenza che deve essere trasferita attraverso un core rigido, così che tutto il corpo possa muoversi in modo efficiente. Si ritiene che se non viene mantenu-ta una corretta stabilizzazione del core, quando viene sviluppata potenza dalle articolazioni a in-castro (anche e spalle), la colonna si fletterà o perderà il suo allineamento neutro. Il movimento della colonna è considerato una “perdita di ener-gia”, poiché la potenza generata dagli arti viene assorbita prossimalmente nei tessuti molli della colonna e non viene trasferita distalmente il più efficacemente possibile (20). Gli effetti dannosi di una perdita di energia, come una flessione ripetu-ta della colonna durante i movimenti di flessione dell’anca, hanno dimostrato di condurre a lesioni come, ad esempio, un’ernia discale posteriore (5). Pertanto, per rendere il più sicuro possibile l’alle-

NATASHA MENDRIN Department of Kinesiology, California State University, Fullerton, CA.

SCOTT K. LYNN è Professore associato presso il Dipartimento di Kinesiologia alla California State University, Fullerton, CA.

rogressioni dell’allenamento isometrico del core

P

Natasha Mendrin, MS, Scott K. Lynn, PhD, Halecia K. Griffi th-Merritt, MS e Guillermo J. Noffal, PhD Center f or Sport Perf ormance, Department of K inesiology , Calif ornia State U niversity , F ullerton, Calif ornia

NATASHA NATASHA NATASHA MENDRIN MENDRIN Department of Kinesiology, California State University, Fullerton, CA.

SCOTT K. LYNN SCOTT K. LYNN è Professore associato presso il Dipartimento di Kinesiologia alla California State University, Fullerton, CA.

NATASHA MENDRIN Department of Kinesiology, California State University, Fullerton, CA.

SCOTT K. LYNN è Professore associato presso il Dipartimento di Kinesiologia alla California State University, Fullerton, CA.

HALECIA K. GRIFFITH-MERRITT Department of Kinesiology, California State University, Fullerton, CA.

GUILLERMO J. NOFFAL è Professore presso il Dipartimento di Kinesiologia alla California State University, Fullerton, CA.Fullerton, CA.

Brad J. Schoenfeld, PhD, CSCS*D, NSCA-CPT*D, CSPS*D, FNSCA1 e Morey J. Kolber, PT, PhD, CSCS*D2,3

1Department of Health Sciences, L eh man College, B ronx, New Y ork; e 2Department of Ph ysi cal Th erapy , Nova South eastern U niversity , F ort L auderdale, F lorida; e 3 B oca Raton Orth opaedic Group, B oca Raton, F lorida

crunch addominali sono/non sono un esercizio

sicuro ed efficace

BRAD J. SCHOENFELD è professore ausiliario all’Exercise Science Program al CUNY Lehman College e Direttore del suo Human Performance Laboratory.

I

PUNTO

CONTRAPPUNTO

Orig: Strength and Conditioning Journal,Volume 38, numero 6, dicembre 2016, pp. 61-64

Una delle rubriche presenti nella rivista Strength and Conditioning Jour-nal americana si chiama Punto/Contrappunto: il suo scopo è quello di fornire una discussione rispettosa ed equilibrata su argomenti controversi e comunque attuali nei settori della forza e del condizionamento fisico, della nutrizione e della prestazione fisica umana. Ne presentiamo qui un interessante esempio sui cosiddetti crunch addominali.

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A) IL PUNTOIl crunch viene considerato da molto tempo un esercizio di base per allenare la muscolatura ad-dominale. Tuttavia, nonostante sia ampiamente inserito nei programmi di allenamento della forza, il crunch è stato recentemente posto sotto os-servazione come movimento potenzialmente pe-ricoloso che dovrebbe essere evitato dal grande pubblico. Questa affermazione si basa sull’ipote-si che i dischi vertebrali hanno un numero finito di cicli di flessione (bending cycles) e sorpassare questo limite porta, alla fine, a un danno a carico del disco (15).Le evidenze a sostegno della dannosità del crun-ch per la salute della colonna sono derivate prin-cipalmente da ricerche ex vivo (letteralmente: proveniente dal vivente, cioè su tessuto vivente ma all’esterno dell’organismo, NdT), utilizzando midollo cervicale di modelli suini. Questi modelli comportano il montaggio di segmenti mobili della

colonna su dispositivi idraulici che applicano cari-chi compressivi continui associati a cicli ripetuti di flessione ed estensione dinamiche (7–9, 20). Dopo avere applicato cicli di flessione che vanno da 4.400 a 86.400 associati a carichi compressivi di 1.500N, sono state notate erniazioni parziali o complete nell’anello fibroso della maggior parte dei dischi analizzati. Poiché è stato osservato che il crunch produce 2,000N di compressione spi-nale (4) – una quantità maggiore delle forze appli-cate nello studio – ciò è stato preso come prova che il crunch predispone i dischi a lesioni.Anche se apparentemente questi risultati sem-brano fornire una prova convincente della relazio-ne diretta tra flessione spinale e danno discale, si deve usare particolare cautela quando si cerca di estrapolare risultati della ricerca ex vivo applican-doli a situazioni pratiche in vivo. Innanzitutto, esi-stono differenze intrinseche tra modelli animali e umani che limitano la possibilità di generalizzare.

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PASQUALEBELLOTTI([email protected];[email protected]), medico, esperto dimovimento e diallenamento,insegnaattualmente Etica e Bioetica dello Sport a Torino, nella SUISM.Molti libri e moltiarticoli al suo attivo.È anche Presidentede L’Amàca Onlus,associazione connumerosi progetti di assistenza e disupporto in Africa(ed in Italia):www.amacaonlus.org.

RIFLESSIONI

Pasquale Bellotti

La Professione

ASSURDO (E SCIOCCO) 1

Faccio finta di meravigliarmi e pongo la domanda: Ma come si fa a mettere insieme la formazione motoria giovanile e l’allenamento, considerandoli in stretto collegamento, nel senso che [lo dicono la maggior parte dei somari che insegnano nelle università del paese] la prima verrebbe cronolo-gicamente prima del secondo, anticipandolo e preparandolo? Rispondo che, infatti, non si può, perché si tratta di fenomeni totalmente differenti e non collegati funzionalmente nella vita delle per-sone: non preparo i giovani prima perché facciano poi meglio l’allenamento, ma formo dal punto di vista motorio i giovani fin da bambini perché vivano meglio: il che è tutto, non c’è nulla di meglio che il vivere meglio.

Il mio obiettivo è la vita, non lo sport. Che poi lo sport arrivi nella vita di una persona e questa trovi preparata e formata, tanto di guadagnato. Solo persone pre-parate (e con attitudini spicca-te) possono praticarlo con successo. Ma pre-pa-rate mai e poi mai può significare precocemen-te indirizzate e specializzate nella pratica di uno sport! Lo ripeto qui, perché molti sciocchi e molti ignoranti ripetono l’esatto contrario ed io cerco, così, di bilanciare – a mio modo – la stoltaggine e l’irresponsabilità della gran parte degli esperti. Non hanno mai allevato (non allenato, allevato, al-levato!) giovani e pontificano, senza averne la ben-chè minima cognizione di causa. È dei somari, per questo li chiamo spesso in causa.

ASSURDO (E DOPPIAMENTE SCIOCCO) 2

Questi ciucci che vanno per la maggiore e che vorrebbero preparare degnamente lo sport del futuro con la specializzazione precoce dei bambini (nel quartiere in cui vivo, vi sono corsi per bam-bini di due-tre anni in specialità che non nomino per non svergognarle!) evidentemente il problema non lo conoscono affatto. “Se vuoi specializzare, devi non specializzare”: questa è la regola d’oro. Chi volesse sapere perché, mi cerchi, specie quelli che ragliano da una vita. Mi cerchino: farò prima un riassunto della loro carriera e dei danni pro-vocati come esperti, insegnanti, addetti ai lavori, ecc. e poi, sulla tabula rasa, proverò a scrivere il nuovo e a far capire.

UNA MODESTA PROPOSTA

Intanto, con alcuni allievi (di una volta; ora mae-stri, anche di vita), mi lancio in una coraggiosa (sì, è tale!) Dichiarazione di Principio sulla pratica motoria giovanile. Diciamo qui pane al pane. Con questa nella mente pensiamo si possa corretta-mente ipotizzare una corretta crescita dal punto di vista motorio (e perciò anche intellettivo, cogni-tivo, umano, spirituale, affettivo, ecc.) dei giova-nissimi e dei giovani di un Paese serio, responsa-bile, che ha ben compreso il ruolo del movimento nella crescita e nella vita dei cittadini. Ci pare un degno Manifesto ed una Modesta Proposta per prevenire (un po’ alla maniera di Giuseppe Berto e di Jonathan Swift).

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SOMMARIOSi può giocare creando momenti di contatto tra bambini, tra bambini e adulti, unire diverse culture, diverse abilità, crescendo ed accrescendo il benes-sere psicofisico e sentendosi parte di un tutto in continuo divenire? Il gioco è il luogo nel quale tutto questo può realiz-zarsi e le diversità possono incontrarsi, integrarsi e arricchirsi reciprocamente. Il JOY CONTACT MOVING e il CONTACT FAMILY sono quello spazio di gioco, di contatto: corporeo, relazionale, transculturale, familiare in cui l’arte del possibile e dell’immaginario si incontrano: il vecchio sposa il nuovo e il passato apre al futuro, in uno stare insieme positivo, creativo e propositivo. Ritrovare il gioco, contattarne il piacere, ricevere informazioni dal corpo per vivere con più consape-volezza è ciò che sta alla base della Contact Impro-visation e della Dance Ability da cui nasce l’idea del

Contact Family, spunto operativo del Joy Contact Moving che, nel “JOY OF MOVING”, trova la propria teoria di riferimento.“Gioco” e “contatto corporeo”, tra bambini dai 0 ai 3 anni, dai 4 ai 6, dai 7 ai 10 etc… e/o tra bambi-ni e adulti, sono le parole chiave. Il Contact Family è un processo in divenire, pronto a cogliere i bisogni emergenti per far ritrovare alle famiglie e ai bambini uno spazio/tempo di gioco e di contatto che, attraverso l’arte del movimento, del teatro e della danza, nutre e unisce. Il Joy Contact Moving coniuga il gioco alla relazione, sperimentando modi per “fare” e per “essere” insie-me, liberi e creativi.Il Contact persegue la finalità di uno sviluppo psi-co-fisico globale ed armonioso, proponendo attività che incentivano la scoperta della creatività e del-la fantasia e rafforzano il legame straordinario tra bambini e tra genitori e figli.

GiocosaMenteIN QUES TO NUMERO:

JOYCONTACT MOVING E CONTACT FAMILY

Maria Pia Albanese - Marco Ubaldi - Antonio Mazzoni - Patrizio De Rossi

INTRODUZIONELa cornice teorica del contact si colloca all’interno di una cor-rente psicologica che pone le relazioni oggettuali, la relazione con l’altro e l’attaccamento, a fondamento della personalità. È nella relazione con l’altro con cui interagisco e nel quale mi spec-chio che assumo consapevolez-za di me e mi definisco come persona in modo più o meno Ok, a seconda che la relazione di attaccamento/accudimento sia stata più o meno positiva. Molti scienziati illustri si sono occupati del legame di attacca-mento/accudimento (Ainsworth, 1969), dagli studi sperimentali degli Harlow (1989) alla teoria dell’attaccamento di Bowlby (1999), allo sviluppo interper-sonale della coscienza (Guidano e Liotti, 1994). Lo sviluppo af-fettivo è funzione della qualità

della relazione con le figure di attaccamento tanto quanto lo sviluppo cognitivo. Gli schemi cognitivi, infatti, nascono e si strutturano all’interno di uno spazio interpersonale che li co-stituirà come modelli operativi interni. La natura relazionale della coscienza di sé e degli al-tri, della mente e del suo svi-luppo è parallela a quella dello sviluppo affettivo di cui molto si occupò il medico psichiatra Stanley Greenspan (1992). Se-condo i suoi studi, la crescita del bambino, possibile solo nella relazione con un’altra persona che reagisce alla sua presenza, evolve, dai 0 ai 4 anni, passo dopo passo: dal manifestarsi dei sentimenti all’interesse per il mondo 0/3 mesi; dal fiorire dei primi sentimenti di amore tra i 2/7 mesi, all’emergere del sen-so dell’io tra i 9/18 mesi, fino

all’organizzazione della vita sen-timentale, tra i 30 mesi ed i 4 anni. Nell’opera “I bisogni irrinun-ciabili dei bambini”, Brazelton e Greenspan (2001) chiariscono che già nei primi tre mesi di vita, il bambino e il genitore passano attraverso tre stadi in cui ap-prendono l’uno delle cose sull’al-tro. Nella prima fase, il genitore impara come aiutare il neonato a mantenere uno “stato di at-tenzione” (1-3 settimane); nella seconda, (3-8 settimane) – “nel-lo stato di attenzione”- il bam-bino produce sorrisi e vocalizza-zioni ai quali l’adulto risponde; nella terza (8-16 settimane), il bambino produce attivamen-te vocalizzazioni/sorrisi, imitati dagli adulti, dando vita a “giochi imitativi” (Stern, 1995) - base della reciprocità-. Il ritmo e la reciprocità stessi sono appresi attraverso questi giochi.

MARIA PIA ALBANESEPsicologa Clinica, Psicoterapeuta ITA ed EATA, didatta di teorie e tecniche del colloquio clinico e di psicologia generale e dell’età evolutiva presso la scuola di specializzazione post universitaria IAF di Pescara, esperta in EMDR per l’intervento sul trauma, insegnante di scuola dell’infanzia, ex dirigente ASL 1 di Trieste, referente per l’albo degli psicologi di Roma e della regione Lazio della psicologia dello sport in età evolutiva, coautrice di fiabe [email protected]

MARCO UBALDIperformer ed inse-gnante di danza contemporanea, tecnica ed improv-visazione, contact improvisation, contact family e dance ability. Lavora come dan-zatore interprete con la compagnia Atacama dal 2003 al 2014. Dal 2004 ad oggi lavora con la compa-gnia integrata Fuori Contesto con progetti per la città di Roma in collaborazione con la cooperati-va Eureka Primo. Dal 2014 insegna dance ability al Te-atro Patologico di Dario D’Ambrosi e all’Opera Sante De Sanctis con perso-ne diversamente abili e bambini con diffi coltà nell’ap-prendimento.

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NOVITA’

[email protected] 06.8797-3013

CONTESTO E LINEE GUIDA ATTUALI SULL’ESERCIZIOFISICO IN GRAVIDANZA

Le raccomandazioni riguardan-ti lo svolgimento dell’esercizio fisico durante la gravidanza e nel post-partum si sono conti-nuamente evolute. Prima del 1985, per timore di nuocere al feto, il medico raccomandava alla gestante il riposo e di non svolgere attività fisica (17). Re-centemente, nel 2002, l’Ame-rican College of Obstreticians and Gynecologists (ACOG) ha affermato che un’attività fisica moderata per almeno 30 minu-ti al giorno, nella maggior par-te dei giorni della settimana, se non tutti, è raccomandata per

le gestanti a basso rischio. Inol-tre, è stato considerato sicuro per le donne sedentarie iniziare un programma di attività fisica durante la gravidanza (2).

Attualmente, l’ACOG racco-manda, tra l’altro, alle gestanti e alle neomamme, in assenza di complicanze mediche e oste-triche, di svolgere un esercizio fisico regolare almeno 3 volte a settimana per 30-40 minuti (un’attività continua è preferi-bile a un’attività intermittente). Si raccomanda alle donne incin-te di evitare gli esercizi in posi-zione supina dopo il primo trime-stre e di fare molta attenzione all’esecuzione di esercizi che potrebbero causare una perdi-

ta dell’equilibrio, soprattutto nel terzo trimestre. Le gestanti che svolgono attività fisica de-vono aumentare la dispersione del calore mediante un’idrata-zione adeguata, un abbigliamen-to appropriato e svolgendo gli esercizi in un ambiente ottima-le. Poiché molti dei cambiamen-ti fisiologici e morfologici della gravidanza persistono per 4-6 settimane dopo il parto, queste raccomandazioni devono essere seguite anche dopo avere par-torito.

Queste linee guida riflettono le nostre attuali conoscenze sulle numerose modifiche che avven-gono nell’organismo durante la gravidanza (2, 13).

MICHELE DELL PRUETT è attualmente coordinatore clinico per la preparazione atletica alla West Virginia University nel College of Physical Activity and Sport Sciences.

JENNIFER L. CAPUTO è professore associato nel Department of Health and Human Performance alla Middle Tennessee State University.

inee guida sull’attività fi sica in gravidanza e nel post-partum

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Michele Dell Pruett, PhD, ATC1 e Jennifer L. Caputo, PhD, CSCS2

1Department of Sports Sciences, College of Ph ysi cal Activity and Sport Sciences, W est Virginia U niversity , M organtow n, W est Virginia; e 2Department of Health and Human Perf ormance M iddle Tennessee State U niversity , M urf reesb oro, Tennessee

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1. A che punto è la RICERCA nel campo dell’attività motoria e dello sport?

Se utilizziamo un motore di ricerca di pubblicazioni scien-tifiche con impact factor, possiamo estrarre alcuni dati significativi proprio sullo stato della Ricerca nel campo delle scienze applicate al movimento ed allo sport: nel 2014 sono stati infatti pubblicati 350 articoli scientifici contenenti la parola “Sport” e nel 2015 tale quota è au-mentata del 25% toccando il numero di 437. Quest’an-no, nei primi 6 mesi, sono stati pubblicati 281 lavori scientifici sul medesimo argomento, quindi plausibilmen-te a fine anno si arriverà al numero di 562.È interessante notare come quando ho iniziato il mio percorso di dottorato, nel 2009, il numero totale di pub-blicazioni internazionali con impact factor fosse di 2967. Nel solo anno 2016 quindi verrà pubblicato un numero di lavori scientifici pari a circa un quinto di quanto è sta-to fatto dal 1907 al 2008 compresi, oppure se voglia-mo dirlo in maniera ancora più eclatante, negli ultimi 8 anni sono stati pubblicati più lavori scientifici sul tema “sport” di quanto è stato fatto in un intero secolo (dal 1907 al 2008 compresi).

Fig. 1 La prima pubblicazione scientifica contenente il to-pic sport pubblicata a livello mondiale: Doyne, R. (1910). A Lecture On “Eye” In Sport. The British Medical Journal, 2(2608), 1960-1963.]

domande e10 risposte10MARCO IVALDINato a Torino nel 1979; ex ciclista semiprofessionista, ora corridore di corsa in montagna, ha conseguito nel 2012 il titolo di Dottore di ricerca in sistemi complessi in medicina e scienze della vita, indirizzo in fisiopatologia medica.Docente universitario (Neurof isiologia del movimento, Metodologia del movimento, Basi del movimento umano, Sociologia e Comunicazione, Processi Comunicativi), si occupa di analisi ellettro- encefalografica quantitativa presso il Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università degli Studi di Torino, in qualità di membro del Gruppo di Ricerca Funzione Neuromuscolare diretto dal Prof. Alberto Rainoldi.Allievo diretto dei Professori Gioachino Kratter e Pasquale Bellotti, tra i principali esperti del movimento umano italiani.

Eclettico, creativo, curioso. Sono tre aggettivi che mi sento di riconoscere a questo “giovane” esperto di movimento. Il suo curriculum parla di un percorso già ricco di esperienze e vissuto nel mondo della ricerca che Marco ha affrontato con lo spiri-to vero di chi desidera trovare, se non risposte certe a quesiti relativi ad un mondo complesso (persone in movimento), almeno conferma di punti di riferimento ai quali prestare attenzione. Alcune domande, invero non troppo comuni per gli allenatori,

spero sveleranno la radice profonda di un sentire comune a coloro che sfuggono le ricette facili e si interrogano spesso sulle origini del movimento e sugli aspetti pedagogici che stanno alla base della costruzione dell’atleta autentico che è, in primis, persona speciale. Spero che a molti lettori si accenda la luce che a volte langue per il troppo lavoro richiesto e svolto senza poter contare sull’entusiasmo che deriva solo dal piacere di un’intensa passione. Buona lettura.

Gioachino Kratter

Marco IvaldiIntervistare per provare a capire come cambiareDalla voce, cogliere dalla voce dei veri esperti, veri grandi. Cogliere dai pochi veramente esperti che abbiamo, sfruttare l’attimo, lasciarsi prendere dall’ascolto. Come si cambia? Come si può? Chi ci dice parole che servono davvero? Mettiamoci alla prova e cerchiamoli.

Ed ecco trovato l’esperto! È infatti la volta di: Marco Ivaldi, docente all’Università degli Studi di Torino

UTILIZZO DELLE ATTREZZATURE IN SALA PESI- 12 H -

1/2 APRILE - ROMA

KETTLEBELL POWER- 8 H -

2 APRILE - FIRENZE

AINS BASE - ALLENAMENTO IN SOSPENSIONE- 8 H -

22 APRILE - VICENZA

ALLENAMENTO DELLA DONNA 2.0- 8 H -

7 MAGGIO - ROMA

PROGRAMMAZIONE DELL’ALLENAMENTO- 8 H -

12 MAGGIO - ROMA

SPORT & HEALTH- 8 H -

27 MAGGIO - PARMA

STRENGTH YOGA- 8 H -

27 MAGGIO - ROMA

RIEQUILIBRIO POSTURALE E FUNZIONALE - BASE- 16 H -

17/18 GIUGNO - ROMA | 24/25 GIUGNO - MILANO | 22/23 LUGLIO - NAPOLI

RIEQUILIBRIO POSTURALE E FUNZIONALE - AVANZATO- 16 H -

14/15 OTTOBRE - ROMA | 21/22 OTTOBRE - MILANO | 11/12 NOVEMBRE - NAPOLI

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STRAPPO E SLANCIO | PESISTICA PARALIMPICA | KETTLEBELL | ALLENAMENTO IN SOSPENSIONE | ESERCIZI IN SALA PESI | LA RIATLETIZZAZIONE | VALUTAZIONE E ALLENAMENTO NELLE MALATTIE METABOLICHE | STRUMENTI PER IL DEFATICAMENTO |

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CORSI DI SPECIALIZZAZIONE

Le improrogabili date di chiusura di questa rivista mi hanno messo in crisi. Speravo di poter arrivare a scrivere queste note quan-do il quadro normativo sulla base del quale le nostre associazioni e società sportive dilet-tantistiche si troveranno ad operare nel 2017 si fosse definitivamente chiarito. Così non è stato possibile e, pertanto, dedichiamoci a indicare i nodi che speriamo possano essere presto sciolti.

L’onore dell’apertura non può che essere data alla legge più importante approvata in questi mesi, la Legge 6 Giugno 2016 n. 106, che contiene la delega per la riforma del terzo set-tore. Rimane ancora senza risposta il quesito principale. Si applicherà anche al mondo dello sport. Da parte di molti viene dato per scon-tato. Ma, se e ove così fosse, ci sono un po’ di questioni sulle quali riflettere.

Viene previsto, al comma due del primo arti-colo che uno dei capisaldi della riforma sarà

la “revisione della disciplina sugli enti senza scopo di lucro di cui al primo libro del codi-ce civile”. Ricordo che già nel lontano autunno 1998 era stata istituita, presso la Presiden-za del Consiglio dei Ministri-Dipartimento Af-fari Sociali (min. Livia Turco), la “Commissione per la riforma del primo libro del codice civile”, presieduta dal prof. Pietro Rescigno, con il dichiarato obiettivo di introdurre una omoge-nea disciplina giuridica degli enti non profit e dell’impresa sociale nel primo libro del codice civile. Precisato che il pur lodevole lavoro non uscì mai dalla fase di studio, ci si chiede come si possa conciliare la revisione del primo libro che tenga presente l’obiettivo di «semplificare la normativa vigente, garantendone la coeren-za giuridica, logica e sistematica (art. 2) con la circostanza che non faranno parte del terzo settore - per come disciplinato dalla novella di riforma e per espressa previsione della stessa - enti quali le formazioni e associazioni politi-che, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza e le fondazioni bancarie

I SARANNO NOVITÀ NEL 2017 PER LA LEGISLAZIONE SULLO SPORT?

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Guido Martinelli

GUIDO MARTINELLIavvocato,consulente dellaF IPE, professoreaggregato dilegislazionesportiva pressol’Università deglistudi di Ferrara,docente nazionaledella ScuolaCentrale dellosport del CONI, è autore di diversepubblicazioni inmateria di dirittosportivo.

“Scritto nel dicembre 2016 e non pubblicato per sovrabbondanza di testi ricevuti dall’Autore, riproponiamo qui,

lasciando il testo assolutamente inalterato. Giudichi il Lettore, ora per allora, il carattere di grande attualità e “quasi profetico” del contenuto dell’articolo di Guido Martinelli.”

www.calzetti-mariucci.it

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