ordinanza 24 aprile 2003, n. 136 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 30 aprile 2003, n. 17);...
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ordinanza 24 aprile 2003, n. 136 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 30 aprile 2003, n. 17);Pres. Chieppa, Est. Bile; Leoni c. Inail (Avv. Pignataro); interv. Pres. cons. ministri (Avv. delloStato Fiorilli). Ord. App. Firenze 16 luglio 2002 (G.U., 1 a s.s., n. 41 del 2002)Author(s): Vincenzo FerrariSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 1 (GENNAIO 2004), pp. 25/26-29/30Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199619 .
Accessed: 28/06/2014 13:46
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ciale deve essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti
indicati dagli art. 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto le
gislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazio ne dell'atto medesimo nella Gazzetta ufficiale o nel più ampio termine da esso stabilito». Dalla norma appena citata si desume
agevolmente che l'obbligo di adeguamento a carico della legis lazione delle province autonome può derivare soltanto da una
norma statale avente rango legislativo, e non, invece, da norma
di rango secondario, come questa corte ha più volte affermato
(cfr., in proposito, le sentenze n. 84 del 2001, id., 2001,1, 2426,
e n. 371 del 2001, id.. Rep. 2002, voce Agricoltura, n. 59).
L'art. 23 d.m. 21 dicembre 2000 n. 452, dunque, viola le pre
rogative costituzionalmente garantite alla provincia ricorrente,
nella parte in cui stabilisce, senza alcun fondamento nella legge, che gli assegni previsti dagli art. 65 e 66 1. n. 448 del 1998 —
quest'ultimo successivamente confluito negli art. 74 e 80 d.leg. 26 marzo 2001 n. 151 (t.u. delle disposizioni legislative in mate
ria di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma
dell'art. 15 1. 8 marzo 2000 n. 53) — sono concessi ed erogati,
per gli aventi diritto residenti nei comuni delle province auto
nome di Trento e di Bolzano, dalle province medesime, «nel
l'ambito del livello e dei requisiti di accesso» previsti non solo
dalle disposizioni di legge statale, ma anche dai «relativi rego lamenti attuativi».
Per le ragioni appena esposte, l'art. 23 del decreto del mini
stero per la solidarietà sociale 21 dicembre 2000 n. 452 deve es
sere annullato, limitatamente alle parole «e dai regolamenti at
tuativi», nella parte in cui si applica alla provincia autonoma ri
corrente.
Rimangono di conseguenza assorbiti gli ulteriori motivi di
censura prospettati dalla provincia ricorrente.
4. - In considerazione della piena equiparazione statutaria
delle due province autonome relativamente alle attribuzioni di
cui trattasi, l'efficacia della presente sentenza deve essere estesa
anche nei confronti della provincia autonoma di Bolzano.
Per questi motivi, la Corte costituzionale:
dichiara che non spetta allo Stato vincolare le province auto
nome di Trento e di Bolzano, nella concessione ed erogazione
degli assegni di maternità e per il nucleo familiare, in attuazione
degli art. 65 e 66 1. 23 dicembre 1998 n. 448, al rispetto del li vello e dei requisiti di accesso previsti «dai relativi regolamenti
attuativi»;
annulla, di conseguenza, l'art. 23 del decreto del ministero
per la solidarietà sociale 21 dicembre 2000 n. 452 (regolamento recante disposizioni in materia di assegni di maternità e per il
nucleo familiare, in attuazione dell'art. 49 1. 23 dicembre 1999
n. 488, e degli art. 65 e 66 1. 23 dicembre 1998 n. 448), limita tamente alle parole «e dai relativi regolamenti attuativi», nella
parte in cui si applica alle province autonome di Trento e Bol
zano.
Il Foro Italiano — 2004.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 24 aprile 2003, n. 136 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 30 aprile 2003, n.
17); Pres. Chieppa, Est. Bile; Leoni c. Inail (Avv. Pignata
ro); interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Fiorilli). Ord. App. Firenze 16 luglio 2002 (G.U., la s.s., n. 41 del
2002).
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Assicurazio
ne obbligatoria — Lavoratori in permesso sindacale —
Esclusione — Questione manifestamente infondata di co
stituzionalità (Cost., art. 3, 38; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 4; 1. 20
maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale
nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 30).
E manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 4 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella parte in cui non comprende tra le persone assicurate contro gli in
fortuni sul lavoro e le malattie professionali i lavoratori di
pendenti in permesso sindacale, in riferimento agli art. 3 e 38
Cost. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 10 maggio 2002, n. 171 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 15 maggio 2002, n.
19); Pres. Vari, Est. Bile; Ust-Cisl di Siena c. Inail (Avv. Pi
gnataro). Ord. Trib. Siena 6 novembre 2000 (G.U., la s.s., n.
9 del 2001).
Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Assicurazio
ne obbligatoria — Lavoratori in aspettativa chiamati a ca
riche sindacali — Organizzazioni sindacali — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 2, 3, 18, 38, 39; d.p.r. 30
giugno 1965 n. 1124, art. 1, 4, 9; 1. 20 maggio 1970 n. 300, art. 31).
Sono incostituzionali gli art. 4 e 9 d.p.r. 30 giugno 1965 n.
1124, nella parte in cui non prevedono, tra i beneficiari della
tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali e tra gli obbligati alle relative contribuzioni, ri
spettivamente, i lavoratori in aspettativa perché chiamati a
ricoprire cariche sindacali e le organizzazioni sindacali per conto delle quali essi svolgano attività previste dall'art. 1
medesimo d.p.r. (2)
(1-2) Centralità del rischio e valenza sociale dell'assicurazione
contro gii infortuni sul lavoro.
La sent. n. 171 del 2002 (Foro it., 2003, I, 3259) attua un'estensione
della tutela assicurativa antinfortunistica, in coerenza con altri prece denti della corte (cfr. sent. 15 luglio 1992. n. 332, id., 1992, I, 2903,
con nota di richiami, e, per ulteriori riferimenti, Cass. 17 maggio 1997, n. 4417, id., 1997, I, 1739, con nota di richiami) che hanno individuato
nell'esposizione al rischio il presupposto per la configurabilità dell'ob
bligo assicurativo, sicché non può rimanere esclusa dall'assicurazione
nessuna situazione che si connoti per lo svolgimento di un'attività che
comporti l'esposizione ad un rischio professionale identico a quello di
categorie protette, indipendentemente dalla natura del rapporto che lega la persona esposta al rischio al soggetto sul quale grava l'obbligo assi
curativo (per l'ampia nozione di «datore di lavoro», v. Corte cost. 2
marzo 1990, n. 98, id., 1991, I, 2947, con nota di richiami, che ha di
chiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 9 t.u. 1124/65, nella parte in cui non comprende tra i datori di lavoro soggetti all'assicurazione
coloro che occupano persone, fra quelle indicate nell'art. 4, in attività
previste dall'art. 1, anche se esercitate da altri). L'estensione della copertura assicurativa, questa volta, riguarda il
c.d. lavoro sindacale, configurabile allorché beneficiaria della presta
zione, attraverso gli istituti approntati dalla 1. 300/70, sia l'organizza zione sindacale alla quale il lavoratore aderisce, che è oggetto di disa
mina anche nell'ord. n. 136 del 2003, nella cui motivazione la corte dif
ferenzia l'ipotesi prevista dall'art. 30 1. cit. («permessi retribuiti» per la
partecipazione alle riunioni degli organi direttivi provinciali e naziona
li) da quella prevista dall'art. 31 («aspettativa non retribuita» per i la
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PARTE PRIMA
I
Ritenuto che la Corte d'appello di Firenze, con ordinanza del
16 luglio 2002 emessa nel procedimento civile, pendente in gra do d'appello, tra Americo Leoni e l'Inail, ha sollevato, in rife
rimento agli art. 3 e 38 Cost., questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 4 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli in
fortuni sul lavoro e le malattie professionali), nella parte in cui
voratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali), ritenendole non comparabili in quanto solo la seconda comporta un di stacco del dipendente in favore del sindacato essenzialmente durevole, mentre la prima si connota per il marcato carattere di episodicità ed oc casionalità che non altera la continuità della prestazione lavorativa del
dipendente e del correlato obbligo retributivo del datore di lavoro. Tale incomparabilità soddisfa la decisione di rigetto delia questione
di legittimità esaminata nell'ordinanza che si riporta sotto il profilo dell'art. 3 Cost., ma non di meno dovrebbe sostenerla anche sotto il
profilo dell'art. 38 Cost., nonostante la corte al riguardo taccia, limi tandosi ad affermare che il principio di adeguatezza della tutela previ denziale non risulta violato in considerazione del fatto che «il nostro attuale sistema di sicurezza sociale non si è ancora evoluto nel senso della piena socializzazione del rischio di qualsiasi attività latamente ri feribile ad una prestazione di lavoro» (in tal senso, v. Corte cost. 4 feb braio 2000, n. 26, id., Rep. 2000, voce Infortuni sul lavoro, n. 143, e Riv. giur. lav., 2000, III, 551, con nota di F. Mazziotti; 15 luglio 1994, n. 310, Foro it.. Rep. 1994, voce cit., n. 103).
Se si considera, infatti, che proprio dal discrimine esaminato sul ver sante dell'art. 3 Cost, emerge la circostanza decisiva che i permessi ex art. 30, a differenza dell'aspettativa ex art. 31 1. 300/70, non alterano la continuità del rapporto di lavoro, non può non ricavarsene che il sinda calista si annovera a pieno titolo fra le «persone assicurate» in quanto lavoratore dipendente e che l'adeguatezza della tutela previdenziale ri mane garantita dall'effettività del rapporto di lavoro, non necessitando un'estensione della copertura assicurativa.
Avendo attenzione alla fattispecie che ha indotto il giudice a quo a sollevare la questione (infortunio occorso al lavoratore-sindacalista mentre rientra nella sede di lavoro dopo avere svolto attività sindacale extra-aziendale per la quale ha fruito di permesso retribuito), va però segnalato che, con riferimento all'incidente occorso ad un lavoratore che si recava ad un'assemblea sindacale, Cass. 17 febbraio 1996, n. 1220, id., Rep. 1996, voce cit., n. 40, e 4 novembre 1993, n. 10895, id., 1994, I, 717, con nota di richiami, hanno escluso l'operare della tutela assicurativa (ma v. anche Cass. 18 luglio 2002, n. 10468, id., Rep. 2002, voce cit., n. 87, che ha ritenuto l'incontro con un collega sinda calista in merito a questioni attinenti al lavoro valida ragione del pro lungarsi della permanenza sul luogo di lavoro oltre la fine dell'orario di
servizio, tanto da consentire la copertura assicurativa dell'infortunio in itinere occorso durante il successivo rientro a casa). Si pone, dunque, il
problema di coordinare due visioni che allo stato appaiono tendenzial mente divergenti: quella di una tutela assicurativa operante in virtù del l'effettività del rapporto di lavoro che rimane inalterata anche durante i
permessi sindacali e quella, sostenuta dalla Cassazione, che viceversa la esclude.
Recentemente la Suprema corte (sent. 20 novembre 2002. n. 16364, id., 2003, I, 472, con nota di richiami) ha cambiato orientamento (ri spetto a sent. 6 maggio 1995, n. 4940, id., 1996, I, 1380, con nota di V.
Ferrari) sull'indennizzabilità, quale infortunio sul lavoro, dell'inve stimento automobilistico subito da vigile urbano viabilista non addetto alla conduzione di veicoli. L'ampia motivazione della sentenza, che
supera il distinguo riveniente dall'art. 4 t.u. 1124/65 in virtù del quale sarebbe assicurato contro gli infortuni sul lavoro solo il vigile urbano addetto alla conduzione di veicoli, fa leva sul «rischio», anziché sul l'individuazione delle «persone assicurate» e delle «attività protette», per ritenere operante l'assicurazione obbligatoria.
In perfetta consonanza con questa impostazione concettuale si pone Corte cost. 171/02 in rassegna, che considera l'esposizione al rischio
professionale oggettivamente considerato, di là dalle circoscritte previ sioni legislative, la fonte dell'obbligo assicurativo (del resto il giudice delle leggi aveva già aperto questo varco superando il sistema tabellare che delimitava l'assicurazione delle malattie professionali: cfr. Corte cost. 18 febbraio 1988, n. 179, id., 1988, I, 1031, con nota di A. Rossi; da ultimo, per ulteriori riferimenti, Cass. 13 dicembre 1999, n. 13986, id., 2000, I, 1210, con nota di richiami), ma non può dirsi altrettanto
per l'ord. 136/03 che nella motivazione, pur avendo valorizzato l'ele mento della non incidenza del permesso sindacale sull'effettività del
rapporto di lavoro (e quindi implicitamente anche sugli effetti che fan no scaturire l'obbligo assicurativo) ne ha limitato la considerazione al solo profilo della non comparabilità con la diversa ipotesi dell'aspetta tiva sindacale, ai fini del parametro valutativo di cui all'art. 3 Cost., mentre le esigenze di adeguatezza della tutela previdenziale preconiz
II Foro Italiano — 2004.
non comprende tra le persone assicurate i lavoratori dipendenti in permesso sindacale;
che l'appellante ha chiesto l'accoglimento della domanda
proposta contro l'Inail per ottenere il pagamento dell'indennità
e della rendita previsti dal citato d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, in conseguenza dell'infortunio a lui occorso in data 21 gennaio 1997 durante il tragitto autostradale di rientro a Firenze, a bordo
di mezzo privato, dopo aver partecipato in giornata ad incontri
sindacali in Roma mentre era in permesso sindacale; domanda
alla quale l'Inail si è opposto assumendo trattarsi di situazione
non tutelata dall'ordinamento vigente poiché il Leoni si trovava
in permesso sindacale; che la corte rimettente richiama la sentenza n. 171 del 2002 di
questa corte (Foro it., 2003, I, 3259) che ha dichiarato l'illegit timità costituzionale degli art. 4 e 9 citato d.p.r. n. 1124 del
1965, nella parte in cui non prevedono, tra i beneficiari della
tutela assicurativa e tra gli obbligati, rispettivamente, i lavorato
ri in aspettativa sindacale e le relative organizzazioni di appar tenenza;
che — secondo la corte rimettente — si sarebbe determinata
una situazione di disparità di trattamento (art. 3 Cost.) e di in
sufficiente copertura previdenziale (art. 38 Cost.) per i lavorato
ri in permesso sindacale rispetto alla posizione dei lavoratori in
aspettativa sindacale ai quali tale copertura assicurativa è stata
estesa per effetto della citata sentenza n. 171 del 2002; talché,
per emendare questo asserito vulnus, si renderebbe necessaria
l'estensione della tutela assicurativa anche ai lavoratori in per messo sindacale;
che si è costituito l'Inail, che ha rilevato la diversità fra la si
tuazione del sindacalista in permesso sindacale e quella del sin
dacalista in aspettativa e ha chiesto la dichiarazione di infonda
tezza della questione; che è intervenuto il presidente del consiglio dei ministri, rap
presentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, ed ha
concluso per l'inammissibilità o l'infondatezza della questione medesima.
Considerato che dall'ordinanza di rimessione emerge che la
fattispecie oggetto del giudizio a quo è quella di un lavoratore al
quale era occorso un infortunio mentre rientrava in sede dopo aver svolto attività sindacale extra-aziendale, giovandosi di un
permesso assentito dal datore di lavoro per tale specifica e ben
individuata attività, consistente nella partecipazione ad incontri
sindacali nella stessa giornata dell'infortunio; che la fattispecie così delineata — ricadente nella previsione
dell'art. 30 1. 20 maggio 1970 n. 300 (norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'atti
vità sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), che riconosce il diritto a permessi retribuiti in favore di dipen denti che siano dirigenti provinciali o nazionali al fine di con
sentire la loro partecipazione agli organi direttivi, provinciali e
nazionali — si connota per il suo marcato carattere di episodi cità ed occasionalità che non altera la continuità della prestazio ne lavorativa del dipendente e del correlato obbligo retributivo del datore di lavoro;
che è invece diversa la fattispecie del lavoratore in aspettativa sindacale (ai sensi dell'art. 31 citata 1. n. 300 del 1970) al quale la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le ma
lattie professionali è stata estesa per effetto della sentenza n. 171 del 2002 di questa corte;
che infatti l'aspettativa sindacale — diversamente dal per messo sindacale — si configura come un distacco del dipen
zate dall'art. 38 Cost, sono state superate dal ricordato concetto della
piena socializzazione del rischio. Senza enfatizzare la portata necessariamente contenuta e minimale
che è riconoscibile al passaggio argomentativo di un'ordinanza di ri
getto, va comunque osservato che l'adeguatezza della tutela previden ziale, in materia di infortuni sul lavoro, può essere garantita solo da un sistema assicurativo che, come ravvisato dalla sent. 171/02, faccia leva sul rischio professionale nella sua accezione di oggettiva esposizione alla possibilità dell'evento infortunistico, senza limitazioni soggettive e derivanti dalla natura del rapporto che fa sorgere l'obbligo assicurativo. Non occorre, allora, che si giunga fino alla piena socializzazione del ri schio, ma è sufficiente (e necessario) che sia ribadita la valenza sociale dell'assicurazione antinfortunistica.
Vincenzo Ferrari
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dente in favore del sindacato, essenzialmente durevole, in
quanto di norma si protrae per tutta la durata del mandato sinda
cale, onde l'originario rapporto di lavoro entra in una fase di so
spensione non essendo dovute né la prestazione lavorativa dal
dipendente, né la retribuzione dal datore di lavoro; che soltanto nel caso dell'aspettativa sindacale il sindacato,
come beneficiario della prestazione di c.d. lavoro sindacale, è
tenuto a corrispondere all'Inail il premio assicurativo computato sull'indennità erogata al lavoratore sindacalista, in quanto que sta corte, con la ricordata sentenza n. 171 del 2002, ha dichia
rato l'illegittimità costituzionale — non solo dell'art. 4 d.p.r. n.
1124 del 1965, nella parte in cui non prevede tali lavoratori tra i
beneficiari della tutela assicurativa — ma (correlativamente) anche dall'art. 9 medesimo d.p.r., nella parte in cui non prevede tra gli obbligati al pagamento del premio assicurativo le orga nizzazioni sindacali per conto delle quali i lavoratori in aspetta tiva sindacale svolgano attività previste dall'art. 1;
che, pertanto, la posizione dei lavoratori in permesso sinda
cale, nella fattispecie sopra descritta, non è assimilabile a quella dei lavoratori in aspettativa sindacale, e le rilevate differenze fra
le due non comparabili fattispecie giustificano, allo stato, una
disciplina differenziata, senza che sia violato il principio di
eguaglianza (art. 3 Cost.); che neppure è violato il principio di adeguatezza della tutela
previdenziale in caso di infortunio subito dal lavoratore (art. 38,
2° comma. Cost.) considerato che — come già affermato da
questa corte (sentenze n. 26 del 2000, id., Rep. 2000, voce In
fortuni sul lavoro, n. 143, e n. 310 del 1994, id., Rep. 1994, vo
ce cit., n. 102) — il nostro attuale sistema di sicurezza sociale
non si è ancora evoluto nel senso della piena socializzazione del
rischio di qualsiasi attività latamente riferibile ad una prestazio ne di lavoro, quale appunto è l'occasionale ed episodico svol
gimento di attività sindacale;
che, pertanto, la sollevata questione di legittimità costituzio
nale è manifestamente infondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife
sta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 4 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e
le malattie professionali) sollevata, in riferimento agli art. 3 e 38
Cost., dalla Corte d'appello di Firenze con l'ordinanza indicata
in epigrafe.
II
(Omissis)
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 15 gennaio 2003, n.
2 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 22 gennaio 2003, n. 3);
Pres. Chieppa, Est. Marini; Enpaf (Avv. Ciccotti) c. Confor
ti. Ord. Trib. Roma-Ostia 25 ottobre 2001 (G.U., 1J s.s., n. 10
del 2002).
Previdenza e assistenza sociale — Enti previdenziali pubbli
ci — Dismissione del patrimonio immobiliare — Vendita frazionata — Diritto di prelazione del conduttore — Eser
cizio — Proroga del contratto fino al perfezionamento
della vendita — Mancata previsione — Questione manife
stamente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 47;
d.leg. 16 febbraio 1996 n. 104, attuazione della delega confe
rita dall'art. 3, 27° comma, 1. 8 agosto 1995 n. 335, in materia
di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previ denziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo im
mobiliare, art. 6; d.l. 25 settembre 2001 n. 351, disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del pa
trimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni
di investimento immobiliare, art. 3; 1. 23 novembre 2001 n.
Il Foro Italiano — 2004.
410, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 25 set
tembre 2001 n. 351).
E manifestamente inammissibile la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 6, 5° e 6° comma, d.leg. 16 febbraio 1996 n. 104 e dell'art. 3 d.l. 25 settembre 2001 n. 351, con
vertito, con modificazioni, nella l. 23 novembre 2001 n. 410,
in materia di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici previdenziali, nella parte in cui non prevedono la proroga del contratto di locazione, fino alla conclusione
della procedura di vendita, a favore del conduttore che abbia
inteso, avendone il diritto, esercitare la prelazione, consen
tendo in tal modo all'ente proprietario di ottenere il rilascio
dell'immobile per finita locazione, in riferimento agli art. 3 e
47, 2° comma, Cost. (1)
Ritenuto che il Tribunale di Roma, sezione distaccata di
Ostia, nel corso di un procedimento di convalida di sfratto per finita locazione, con ordinanza emessa il 25 ottobre 2001 (Foro
it., Rep. 2002, voce Previdenza sociale, n. 246), ha sollevato, in
riferimento agli art. 3 e 47, 2° comma, Cost., questione di legit timità costituzionale dell'art. 6, 5° e 6° comma, d.leg. 16 feb
braio 1996 n. 104 (attuazione della delega conferita dall'art. 3,
27° comma, 1. 8 agosto 1995 n. 335, in materia di dismissioni
del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di
investimenti degli stessi in campo immobiliare), e dell'art. 3 d.l. 25 settembre 2001 n. 351 (disposizioni urgenti in materia di pri vatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pub blico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobilia
re), convertito, con modificazioni, dopo l'ordinanza di rimes
sione, in 1. 23 novembre 2001 n. 410, «nella parte in cui non
prevedono a favore del soggetto che abbia inteso, avendone il
diritto, esercitare la prelazione, di permanere nell'immobile,
prorogando la scadenza del contratto di locazione fino alla con
clusione della procedura, e sempre che non intervengano ina
dempimenti del conduttore, nel caso in cui la procedura di ven
dita abbia tempi più lunghi rispetto alla scadenza del contratto
in ordine alla quale [...] il locatore abbia formalizzato tempe stiva disdetta»;
che le norme impugnate — ad avviso del rimettente — con
trasterebbero innanzitutto con il generale canone di ragionevo
lezza, in quanto lo sfratto del conduttore che abbia manifestato,
ricorrendone i presupposti, la volontà di esercitare il diritto di
prelazione si porrebbe obiettivamente in contrasto con la ratio
legis, intesa a favorire, anche in ossequio al dettato costituziona
le, l'acquisto della proprietà da parte del conduttore medesimo;
che la situazione del conduttore che abbia esercitato il diritto
di prelazione sarebbe, inoltre, deteriore — con conseguente violazione del principio di eguaglianza
— rispetto a quella del
conduttore che non abbia esercitato tale diritto, in quanto in
(1) L'ordinanza di rimessione è massimata in Foro it., Rep. 2002, voce Previdenza sociale, n. 246, e riportata, per esteso, in Arch, loca
zioni, 2002, 268, e Temi romana, 2001, 22, con nota di Giandotti.
La corte, a parte la carente descrizione della fattispecie (con conse
guente difetto di motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo della
questione sollevata) da parte del giudice rimettente, osserva come la
pronunzia additiva da quest'ultimo invocata introdurrebbe una forma di
tutela diversa e «sicuramente rimessa alla discrezionalità del legislato re», rispetto a quella risarcitoria già esistente per la violazione del do
vere di correttezza contrattuale, quale deve qualificarsi, secondo la pro
spettazione dello stesso rimettente, il comportamento tenuto nella spe cie dall'ente locatore.
Circa l'ambito di operatività della prelazione all'acquisto prevista dal d.leg. 104/96 a favore dei conduttori di unità immobiliari ad uso re
sidenziale di proprietà degli enti pubblici previdenziali, v. Cass. 12 ot
tobre 2001, n. 12494, Foro it., Rep. 2002, voce Locazione, n. 209 (e
Giust. civ., 2002, I, 676, secondo la quale il diritto di prelazione non
può ritenersi sussistente qualora il rapporto di locazione sia cessato
anteriormente all'entrata in vigore della normativa anzidetta). In tema di locazioni abitative stipulate come locatore da un ente pub
blico previdenziale, v. anche, con riferimento alla misura del canone
locativo in caso di accordo in deroga all'equo canone ex art. 11, 2°
comma, d.l. 333/92 (come convertito nella 1. 359/92), Cass. 16 ottobre
2002, n. 14684, Foro it., 2003,1, 868.
In dottrina, cfr. R. Colagrande, La dismissione del patrimonio im
mobiliare degli enti pubblici previdenziali, in Nuove leggi civ., 2002,
242; nonché i commenti al d.l. 351/01 ed alla legge di conversione
410/01 di O. Forlenza-N. Arquilla, in Guida al dir., 2001, fase. 38,
32, e fase. 48, 1.
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