L'illusionista

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L’ILLUSIONISTA ASCESA E CADUTA DI UMBERTO BOSSI I protagonisti dell’antipolitica CORRIAS PEZZINI TRAVAGLIO

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Ascesa e caduta di Umberto Bossi

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L’ILLUSIONISTA

ASCESA E CADUTA DI UMBERTO BOSSI

“Avrete la forza di dire no ai soldi e alle poltrone?”Umberto Bossi, 1989

“Gli manteniamo moglie e figli. Se lo sanno i militanti è finito.”Francesco Belsito, 2012

Il regno di Umberto Bossi politico – già barista, fattorino, installatore diantenne, impiegato all’Aci, supplente, infermiere, finto medico, cantante– è durato un ventennio. Come quello di Mussolini, come quello diBerlusconi. Ora che la marcia trionfale che lo ha portato dalla provincialombarda alla conquista di Roma si è esaurita e un’intera stagionepolitica si sta chiudendo, è tempo di raccontarne la storia.

Pino Corrias è giornalista e scrittore. Già inviato speciale del quotidiano“La Stampa”, collabora con “la Repubblica”,“il Fatto Quotidiano” e “VanityFair”. Dirigente Rai, è sceneggiatore e produttore di film (LA MEGLIOGIOVENTÙ, ALCIDE DE GASPERI). Tra i suoi ultimi libri,VICINI DA MORIRE(Mondadori 2007) e IL CONTABILE E LE MURENE (Feltrinelli 2012).Renato Pezzini è giornalista de “Il Messaggero”. Ha fondato e dirige“Oblò”, mensile di informazione libera realizzato con i detenuti delcarcere di San Vittore. Con Pino Corrias per Rai2 ha curato l’inchiestaMANI PULITE.Marco Travaglio è vicedirettore de “il Fatto Quotidiano” e collaboratorede “l’Espresso”e della trasmissione di Santoro SERVIZIO PUBBLICO. Dopoil successo di PROMEMORIA, è in scena con lo spettacolo ANESTESIATOTALE insieme con Isabella Ferrari. Il suo ultimo libro è BERLUSMONTI(Garzanti 2012).

I protagonisti dell’antipolitica

Renato PezziniMarco Travaglio

Pino CorriasCorrias Pezzini TravaglioChi ha allontanato gli italiani dai partiti? la vera antipolitica nella storia stupefacente di uno dei suoi più alti rappresentanti,il fondatore della lega.

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Pamphlet, documenti, storie

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«I protagonisti dell’antipolitica», serie a cura di Pino Corrias

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Autori e amici di

chiarelettereMichele Ainis, Tina Anselmi, Claudio Antonelli, Franco Arminio, Avventura Urbana Torino, Andrea Bajani, Bandanas, Gianni Barbacetto, Stefano Bartezzaghi, Oliviero Beha, Marco Belpoliti, Eugenio Benetazzo, Daniele Biacchessi, David Bidussa, Paolo Biondani, Nicola Biondo, Tito Boeri,Caterina Bonvicini, Beatrice Borromeo, Alessandra Bortolami, Giovanna Boursier, Dario Bressanini, Carla Buzza, Andrea Camilleri, Olindo Canali, Davide Carlucci, Luigi Carrozzo, Gianroberto Casaleggio, Andrea Casalegno, Antonio Castaldo, Carla Castellacci, Giulio Cavalli, Mario José Cereghino, Massimo Cirri, Marco Cobianchi, Fernando Coratelli, Alex Corlazzoli, Carlo Cornaglia, Roberto Corradi, Pino Corrias, Andrea Cortellessa, Riccardo Cremona, Gabriele D’Autilia, Vincenzo de Cecco, Luigi de Magistris, Andrea Di Caro, Franz Di Cioccio, Stefano Disegni, Gianni Dragoni, Paolo Ermani, Duccio Facchini, Giovanni Fasanella, Davide Ferrario, Massimo Fini, Fondazione Fabrizio De André, Fondazione Giorgio Gaber, Goffredo Fofi, Giorgio Fornoni, Nadia Francalacci, Massimo Fubini, Milena Gabanelli, Vania Lucia Gaito, Giacomo Galeazzi, don Andrea Gallo, Bruno Gambarotta, Andrea Garibaldi, Pietro Garibaldi, Claudio Gatti, Mario Gerevini, Gianluigi Gherzi, Salvatore Giannella, Francesco Giavazzi, Stefano Giovanardi, Franco Giustolisi, Didi Gnocchi, Peter Gomez, Beppe Grillo, Luigi Grimaldi, Dalbert Hallenstein, Guido Harari, Stéphane Hessel, Riccardo Iacona, Ferdinando Imposimato, Karenfilm, Alexander Langer, Giorgio Lauro, Alessandro Leogrande, Marco Lillo, Felice Lima, Stefania Limiti, Giuseppe Lo Bianco, Saverio Lodato, Carmelo Lopapa, Vittorio Malagutti, Ignazio Marino, Antonella Mascali, Antonio Massari, Giorgio Meletti, Luca Mercalli, Lucia Millazzotto, Davide Milosa, Alain Minc, Fabio Mini, Angelo Miotto, Letizia Moizzi, Giorgio Morbello, Edgar Morin, Loretta Napoleoni, Natangelo, Alberto Nerazzini, Gianluigi Nuzzi, Raffaele Oriani, Sandro Orlando, Max Otte, Massimo Ottolenghi, Antonio Padellaro, Pietro Palladino, Gianfranco Pannone, Arturo Paoli, Antonio Pascale, Walter Passerini, David Pearson (graphic design), Maria Perosino, Simone Perotti, Roberto Petrini, Renato Pezzini, Telmo Pievani, Ferruccio Pinotti, Paola Porciello, Mario Portanova, Marco Preve, Rosario Priore, Emanuela Provera, Sandro Provvisionato, Sigfrido Ranucci, Luca Rastello, Ermete Realacci, Marco Revelli, Piero Ricca, Gianluigi Ricuperati, Sandra Rizza, Vasco Rossi, Marco Rovelli, Claudio Sabelli Fioretti, Andrea Salerno, Giuseppe Salvaggiulo, Laura Salvai, #salvaiciclisti, Ferruccio Sansa, Evelina Santangelo, Michele Santoro, Michele Sasso, Roberto Saviano, Luciano Scalettari, Matteo Scanni, Roberto Scarpinato, Gene Sharp, Filippo Solibello, Giovanni Spinosa, Riccardo Staglianò, Franco Stefanoni, Luca Steffenoni, theHand, Bruno Tinti, Gianandrea Tintori, Marco Travaglio, Gianfrancesco Turano, Elena Valdini, Vauro, Concetto Vecchio, Gianluca Versace, Giovanni Viafora, Francesco Vignarca, Anna Vinci, Carlo Zanda, Carlotta Zavattiero, Luigi Zoja.

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Pino CorriasRenato PezziniMarco Travaglio

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© Chiarelettere editore srlSoci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A.Lorenzo Fazio (direttore editoriale)Sandro ParenzoGuido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.)Sede: Via Melzi d’Eril, 44 - Milano

isbn 978-88-6190-367-8

Prima edizione: settembre 2012

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Sommario

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Tre vite in una 5

L’apprendistato di un Capo. Il finto Far West, la finta laurea, due lire in tasca, un figlio vero, un matrimonio in malora 13

Come mangiarsi Craxi, Andreotti, Forlani. E poi digerirli sul Sacro prato di Pontida 29

In crociera premio col Cavaliere. Fino al naufragio di Palazzo Chigi 48

C’era una volta la Padania. Cosmogonia portatile per cittadini soli 64

Ecco a voi il Mafioso e il Mentecatto. Che prima si odiano, poi ci ripensano 80

Stare insieme trent’anni: per l’ideale, per un po’ di colla, ma niente amicizia 99

Tutti alla tavola d’Italia, anni 2001-2004. Anche se il potere non sazia mai la fame 111

La vita appesa a un filo. La Lega dentro un Cerchio 122

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Il Cerchio diventa un cappio. E la tragedia scivola nelle «comiche finali» 136

Belsito e il disonore di «The Family». Come bruciare vent’anni in un solo minuto 153

La caduta di Bossi e dei Boscimani. La nuova era dei barbari sognanti 168

Cronologia 179

Appendice 185

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Chi rompe non pagae si siede al governo.

Leo Longanesi

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Tre vite in una

«Vado a Roma a mettergli il cuneo.Un cuneo grosso così.»

Un finto guerriero

Umberto Bossi ha avuto tre vite. La prima è stata uno spas-so, la seconda un trionfo, la terza una tragedia.

È venuto su nel verde assoluto di Soiano, frazione di Cassano Magnago, provincia agricola di Varese, quando ancora c’erano i carri trainati dai buoi, l’acqua si prende-va dal pozzo e il granturco asciugava nelle aie al sole. Per quarant’anni ha impiegato il tempo sgocciolandolo via sen-za curarsene troppo. «Mai studiato in vita sua, mai lavo-rato un giorno» dicono di lui i paesani. Ma si sbagliano, quel disfare è stato il suo apprendistato. Compresa la mi-tica Scuola Radio Elettra di Torino – «Fu la prima tappa nella mia marcia di avvicinamento alla cultura» –, che in realtà fabbricava diplomi per corrispondenza e alibi per gli studenti più svogliati. E poi i lavori da due lire, il barista, il fattorino, l’installatore di antenne, l’impiegato all’Aci, il supplente, l’infermiere, il finto medico, persino il cantante. E nei mesi da disoccupato, battitore libero dei biliardi di zona, ad assorbire le chiacchiere da nulla degli amici e degli avventori al bancone, che poi sono il racconto quotidiano di quella terra, di quella gente – fatto con parole semplici: la famiglia, la casa, i figli, le donne, le tasse, i meridiona-

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li, il lavoro – che ha ascoltato nei bar e nelle bocciofile di Cassano, di Samarate, di Besnate, su fino a Sesto Calende, dove il cielo d’alta Lombardia entra nel Lago Maggiore e i piccoli sogni dei laghée diventano la malinconia del tempo immobile che fugge.

Da laggiù Umberto Bossi ha scalato Roma e poi l’Italia intera nominandosi guerriero del Nord, narratore di una rivoluzione sempre imminente, di una battaglia che non si vedeva ancora a occhio nudo ma che lui sentiva nel pugno e nel cuore. Una lotta che nei primissimi anni della sua marcia gli capitava di dettare ai fogli del ciclostile in forma di vaticinio, anzi di minaccia: «Si avvicina l’anno del Samu-rai, quando la Lega taglierà la gola al Sistema da orecchio a orecchio». Così, straparlando da finto guerriero, finì per trovarsi un vero esercito di delusi disposto a seguirlo. E, seguendolo, a infiammarsi.

Milioni di italiani gli hanno creduto

Da quella polvere di parole – «Basta! È il momento di li-berare la Lombardia dalla vorace e soffocante egemonia del governo centralista di Roma ladrona!» – Bossi ha inventato una nuova lingua politica fatta di punti esclamativi, invet-tive, insulti, semplificazioni di massima efficacia compresa la pernacchia, il gestaccio, la chiamata alle armi per la «lotta di liberazione da Roma!». Ha inventato uno stile, battezza-to barbarico, che esibiva le giacche stazzonate e la canottie-ra come simbolo di purezza popolana, e il dito medio come scettro del nuovo Regno che avrebbe liquidato il vecchio. Ha inventato un territorio da difendere e uno da sconfigge-re: il primo immaginario, la Padania, il secondo tanto vero da coincidere con lo Stato unitario. Si è attribuito la pro-

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Tre vite in una 7

tezione di un dio che scorre nel Grande Fiume e nell’Am-polla. La titolarità di un colore sacro, il verde della Pianura. Un inno con cui commuoversi, un destino da condividere. E anche se il destino era fatto con gli elastici del rancore sociale, lo spago della rivolta antitasse e la vernice spray con cui di notte, per anni, ha disegnato sui cavalcavia della pedemontana le lettere immense e bianche di lega nord, a certificarne un’esistenza almeno visiva, quattro milioni di italiani adulti gli hanno creduto.

Perché comunque quel destino immaginario e imma-ginifico era meglio del nulla che passava la vecchia Italia dei partiti e dei Palazzi, dell’assistenzialismo meridionalista e del pubblico impiego fannullone. Perché sollecitava un ideale puro, la «Libertà del Popolo!», che sembrava più at-traente delle vuote promesse della politica. Perché i partiti sguazzavano negli scandali, mentre la gente annegava in un mare di tasse pagate senza vantaggio. Perché quel destino era una identità. Era l’idem sentire che tornava a declinarsi coerente ai vincoli del sangue e del suolo, negli stessi anni in cui l’economia globale, governata dai misteriosi poteri forti che sovrastano persino gli Stati centralisti, quei vin-coli iniziava a triturarli, mischiando geografia e culture, cancellando orizzonti antichi, abitudini, sicurezze, tradi-zioni, fino a trasformare la lingua e il territorio. La prima minacciata dall’arrivo dei forestieri, «prima i terroni, poi gli africani», che la corrompevano fino a renderla irricono-scibile. Il secondo alterato dalle speculazioni, dalla crescita sregolata, oppure malamente abbandonato, e comunque violentato fino a sfigurarlo, a renderlo spesso ostile, se non addirittura estraneo. Al punto da innescare quella furente malinconia che genera lo spaesamento, quella paura oriz-zontale, quotidiana, di chi non si sente più, come ai bei tempi andati, «padrone a casa propria».

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