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Ebooks del CENTRO STUDI ENRIQUES · 3 GASPARE POLIZZI La “Filosofia Scientifica” di Henri Poincaré

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Ebooks delCENTRO STUDI ENRIQUES · 3

GASPARE POLIZZI

La “Filosofia Scientifica”

di Henri Poincaré

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Pianeta GalileoConseil International de Philosophieet Sciences Humaines dellÕUnesco

Scienza e cultura in Henri PoincarŽConferenza Enriques 2013

Venerd“ 29 Novembre 2013, ore 16

Associazione La Limonaia Scienza VivaVicolo del Ruschi, 4 - PISA

CENTRO STUDIENRIQUES

Henri PoncarŽ e la matematica del NovecentoMarco Franciosi

Dipartimento di Matematica Universitˆ di Pisa

La Òfilosofia scientificaÓ di Henri PoincarŽGaspare Polizzi

Italian University Line e Liceo Galileo, Firenze

IntroduceOrnella Pompeo Faracovi

Centro Studi Enriques

Con il patrocinio di

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EBOOKS DEL CENTRO STUDI ENRIQUES

3.

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GASPARE POLIZZI

La “Filosofia Scientifica”

di Henri Poincaré

«Il ne lui suffît pas d’être un savant: il voulut, s’il était possible, savoir ce qu’est et ce que vaut la science»

Émile Boutroux, Henri Poincaré, «La Revue de Paris», XX, février 1913, p. 682.

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7La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Importanza di Poincaré per la filosofia della scienza del

Novecento

Alla sua morte, Jules-Henri Poincaré era più noto al largo pubblico

per le sue riflessioni di filosofia della scienza che non per le ricerche,

rilevantissime, in ambito matematico e fisico, malgrado avesse

pubblicato il suo ultimo articolo scientifico nel marzo del 1912 (Sur un

théorème de géométrie, «Rendiconti del Circolo Matematico di Palermo»,

33, 1912). La sua indagine epistemologica inizia con un articolo del

1887, anno del suo primo corso di Fisica matematica alla Sorbonne

(Sur Les Hypothèses fondamentales de la Géométrie, «Bulletin de la Société

Mathématique de France», XV, 1886-87). Il primo dei suoi quattro libri

dedicati alla filosofia della scienza – La science et l’hypothèse, pubblicato nel

1902 da Flammarion nella «Bibliothèque de Philosophie Scientifique»

– era diventato un best seller, raggiungendo in pochi anni le sedicimila

copie vendute. Grazie al successo del libro del 1902 Poincaré pubblicò

altre tre opere epistemologiche largamente diffuse e tradotte in molte

lingue, tutte nate come raccolte di saggi sparsi su riviste scientifiche e

filosofiche: La valeur de la science (1905, la più nota e importante); Science et

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méthode (1908); Dernières pensées (pubblicata postuma poco dopo la morte

nel 1913). Le prime due opere epistemologiche ebbero un forte impatto

sulla filosofia della scienza del primo Novecento. Per un verso furono

importanti per i promotori di quello che sarà il principale nucleo di

irradiazione dell’epistemologia del Novecento, il Circolo di Vienna, per

un altro verso destarono l’attenzione dal matematico e filosofo italiano

Federigo Enriques.

Il giovane fisico Philipp Frank, ricordando le prime discussioni

tenute ogni giovedì a partire dal 1907 (e fino al 1912) in un antico caffè

viennese con l’economista Otto Neurath e il matematico Hans Hahn,

sosterrà che Poincaré appariva come «una specie di Kant liberato dai

rimasugli della scolastica medievale e unto con il crisma della scienza

moderna» (Ph. Frank, La scienza moderna e la sua filosofia [1941], tr. it. di

G. Picca, il Mulino, Bologna 1973, p. 23). La science et l’hypothèse era stata

tradotto in tedesco nel 1906 e La valeur de la science nel 1910. Gli empiristi

logici, descrivendo – nel volume programmatico del 1929 (H. Hahn, O.

Neurath, R. Carnap, La concezione scientifica del mondo. Il Circolo di Vienna

[1929], tr. it. di S. Tugnoli Pattaro, introduzione di A. Pasquinelli, Laterza,

Roma-Bari 1979, pp. 69 e 87) – l’albero genealogico dei loro maestri,

collocarono Poincaré tra coloro che ricercavano i «Fondamenti, scopi e

metodi della scienza empirica», ovvero la «portata reale dei sistemi scientifici,

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9La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

in particolare dei sistemi ipotetici e assiomatici». Anche il giovane Albert

Einstein lesse e apprezzò La science et l’hypothèse in traduzione tedesca,

anche se i suoi rapporti con Poincaré furono soprattutto competitivi e

poco esplicitati, nel quadro dell’elaborazione del principio di relatività,

che Poincaré intese sempre – a differenza di Einstein – come un’evidenza

sperimentale. Abraham Pais ricostruisce esaurientemente i rapporti tra

Einstein e Poincaré, sia sul piano personale – si incontrarono soltanto

una volta, al primo Congresso Solvay, tenutosi a Bruxelles nell’ottobre

1911 –, sia su quello scientifico, dove prevalsero la competizione e la

diffidenza reciproca, anche se mitigate da riconoscimenti postumi – è

il caso dell’invito a «rendere degnamente omaggio ai meriti di Lorentz

e Poincaré», rivolto agli organizzatori della Conferenza internazionale

sulla relatività che si tenne a Berna nel luglio 1955, ma che non vide la

presenza di Einstein, morto il 18 aprile – o da attestazioni private (è il

caso della lettera di Poincaré a un collega del novembre 1911, citata da

Pais come «l’unico e definitivo giudizio» su Einstein, che lo menziona

come «una delle menti più originali che io abbia conosciuto») («Sottile è il

Signore…». La scienza e la vita di Albert Einstein [1982], tr. it. di L. Belloni e

T. Cannillo, Bollati Boringhieri, Torino 19912, pp. 188 e 187).

Sull’altro versante, il rapporto con Enriques consente di guardare

alle matrici della sua epistemologia. Enriques, nella sua prima grande

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opera epistemologica, i Problemi della scienza (1906, tr. fr. 1909 e 1913)

dialoga intensamente con La science et l’hypothèse. Non mancano le affinità

tra i due matematici, che si conosceranno personalmente a Parigi nel

1907, in occasione del conferimento a Enriques e a Francesco Severi del

Prix Bordin. Entrambi maturano la propria riflessione epistemologica

a partire dai problemi posti dalle nuove geometrie; entrambi si

interrogano sulle corrispondenze possibili tra realtà fisica e matematica

e si confrontano con le grandi svolte della fisica del Novecento (fisica

quantistica e relativistica) (Cfr. il mio Poincaré nei Problemi della scienza:

un incontro “geometrico”, in P. Bussotti, a cura di, Federigo Enriques e la

cultura europea, Agorà Publishing, Lugano 2008, pp. 207-242). Risultano

altresì evidenti gli esiti divergenti della loro indagine epistemologica: il

primo contribuisce alla nascita del convenzionalismo, valorizzando il

primato della dimensione formale e relazionale del sapere matematico e

rintracciando nelle ipotesi il motore dello sviluppo scientifico; il secondo

si orienta verso un razionalismo sperimentale che mantiene un rapporto

privilegiato con la realtà fisica e psicologica. Ma sia Enriques che

Poincaré manifestano l’esigenza di superare l’impostazione tradizionale

della filosofia della scienza e della gnoseologia ottocentesche, legate

soprattutto al positivismo e al criticismo, e partecipano consapevolmente

delle preoccupazioni epistemologiche che attraverseranno una nutrita

schiera di filosofi-scienziati francesi e no.

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11La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Il vivace dibattito per ridefinire la visione della scienza sarà

particolarmente intenso sulle pagine di due nuove agguerrite riviste: la

«Revue de Métaphysique et de Morale» in Francia (a partire dalla quale

verrà fondata nel 1901, anche con il contributo di Poincaré, la Société

Française de Philosophie) e «Scientia» in Italia (fondata nel 1907 dallo stesso

Enriques, che a sua volta contribuirà a fondare nel 1906 la Società

Filosofica Italiana). Entrambe le riviste ospiteranno articoli di Poincaré

e di Enriques.

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Una piccola digressione artistica

Lo storico Arthur I. Miller ha indagato sulle frequentazioni del

giovane Pablo Picasso a Parigi e sui rapporti con gli scienziati del suo

tempo (Cfr. A. I. Miller, Einstein, Picasso: Space, Time and the Beauty That

Causes Havoc, Perseus Books, New York 2001). Miller ha rintracciato

nel notissimo quadro Les demoiselles de Avignon (1907), che inaugura la

fase cubista del pittore, una testimonianza della presenza del dibattito

sulla decostruzione dello spazio e del tempo in sé. Lo storico della

scienza, che ha studiato il simbolismo visuale in fisica, riconosce una

predisposizione comune agli scienziati e agli artisti verso la ricerca di

una rappresentazione visuale del mondo. Nell’effervescente clima

intellettuale della Parigi della Belle Epoque Picasso si sarebbe avvicinato,

grazie all’amico matematico Maurice Princet, alle opere epistemologiche

di Poincaré, e in particolare all’approccio non-euclideo alla geometria e

alle sue speculazioni sulla simultaneità.

Ciò avvenne proprio negli anni 1906-07, quando Picasso ‘scoprì’ il

cubismo, anche se lo stesso Picasso ricorda al proposito influenze di

Guillaume Apollinaire, Henri Bergson, Ernst Mach e Paul Cézanne, e

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l’attrazione per i raggi X e per il cinema, senza mai citare Poincaré e il

giovane amico matematico.

Pablo Picasso, Les demoiselles de Avignon (1907)

La nuova visione dello spazio-tempo proposta nelle Demoiselles

de Avignon comporterebbe per Miller un’estetica del continuum

n-dimensionale, in stretta connessione con l’epistemologia di Poincaré,

non soltanto per l’asserzione di quest’ultimo sul carattere costruttivo

e relazionale della conoscenza spaziale, ma anche per le sue tesi sulla

creatività, esposte in Science et méthode, nelle quali la creatività, sia

scientifica che artistica, veniva interpretata come la capacità di unire

elementi preesistenti in combinazioni nuove che appaiano belle,

sia in senso estetico che nel senso dato alla bellezza dai matematici,

ovvero come armonia ed eleganza. Tramite Princet, Picasso avrebbe

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fatto tesoro di tale nuova concezione della visualizzazione spazio-

temporale, modellizzata nelle geometrie non euclidee, anche grazie alla

rappresentazione sul piano bidimensionale di ipercubi e di altri poliedri

complessi a quattro dimensioni illustrata nel Traité élémentaire de géométrie à

quatre dimensions (1902) del matematico Esprit Jouffret, che rese popolari

le teorizzazioni geometriche di Poincaré.

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15La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Aspetti della “filosofia scientifica” di Poincaré: il “caos

deterministico”

I problemi epistemologici e filosofici sollevati da Poincaré

riguardano prevalentemente il “caos deterministico”, le geometrie e il

concetto di spazio e i fondamenti della matematica e le teorie fisiche.

Essi configurano una filosofia generale della scienza che oltrepassa i

limiti della «filosofia scientifica», presentandosi più generalmente come

una filosofia della scienza e della conoscenza e toccando anche aspetti

relativi alla morale e al materialismo.

L’aspetto oggi più interessante della riflessione di Poincaré sulla

scienza riguarda il “caos deterministico”. In La science et l’hypothèse Poincaré

scrive: «Dunque, siamo portati ad agire come se una legge semplice fosse,

a parità di tutte le circostanze, più probabile di una legge complicata. /

Mezzo secolo fa si confessava francamente e si proclamava che la natura

ama la semplicità; ma è stata proprio la natura che in seguito ci ha dato

troppe smentite» (La scienza e l’ipotesi, in Id., Opere epistemologiche, a cura di

G. Boniolo, Piovan Ed., Abano Terme 1989, vol. I, p. 152). È questa una

chiara attestazione della rilevanza che per Poincaré possiede l’indagine

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sulla complessità in fisica. Nella descrizione di tale complessità naturale

Poincaré fornisce tre esempi ancor oggi particolarmente significativi: «Il

primo esempio che sceglieremo è quello dell’equilibrio instabile; se un

cono poggia sulla punta, noi sappiamo che cadrà, ma non sappiamo da

quale parte; ci sembra che a deciderlo sia il semplice caso. Se il cono fosse

perfettamente simmetrico, se il suo asse fosse perfettamente verticale, se

non fosse sottomesso a nessun’altra forza all’infuori della gravità, non

cadrebbe affatto. Ma il minimo scarto dalla simmetria lo farà pendere

leggermente da un lato o dall’altro, e dal momento in cui penderà, anche

di poco, cadrà del tutto da quella parte. Se anche la simmetria fosse

perfetta, una leggerissima trepidazione, un soffio d’aria potrà farlo

inclinare di qualche secondo d’arco; sarà abbastanza per determinarne la

caduta e il senso della stessa, che sarà quello dell’inclinazione iniziale. /

Una causa trascurabile, che ci sfugge, determina un effetto considerevole

che non possiamo non vedere, e allora diciamo che questo effetto è

dovuto al caso. Se noi conoscessimo esattamente le leggi della natura e la

situazione dell’universo all’istante iniziale, potremmo predire esattamente

la situazione di questo stesso universo in un istante successivo. Ma,

quand’anche le leggi naturali non avessero più segreti per noi, non

potremmo conoscere la situazione iniziale se non approssimativamente.

Se ciò ci permette di prevedere la situazione successiva con la stessa

approssimazione, questo è tutto ciò di cui abbiamo bisogno, e diciamo

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17La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

allora che il fenomeno è stato previsto, che è regolato da certe leggi; ma

questo non succede sempre, può succedere infatti che piccole differenze

nelle condizioni iniziali ne generino di grandissime nei fenomeni finali;

un piccolo errore nelle prime produrrebbe un enorme errore sugli

ultimi. La predizione diventa impossibile e noi siamo di fronte ad un

fenomeno fortuito. / Il nostro secondo esempio, preso a prestito dalla

meteorologia, avrà molte analogie col primo. Perché i meteorologi

incontrano tante difficoltà nel predire il tempo con qualche certezza ?

Perché le piogge, e persino le tempeste ci sembrano arrivare per caso,

in modo che molta gente trova naturale pregare per avere la pioggia

o il bel tempo, mentre giudicherebbe ridicolo chiedere un’eclisse con

una preghiera ? Noi notiamo che le grandi perturbazioni hanno luogo

generalmente nelle regioni in cui l’atmosfera è in equilibrio instabile. I

meteorologi vedono chiaramente che questo equilibrio è instabile, che

un ciclone sorgerà da qualche parte; ma dove, non sono in grado di

dirlo; un decimo di grado in più o in meno in un punto qualsiasi, e il

ciclone scoppia qui e non là, provocando le sue devastazioni su zone che

avrebbe altrimenti risparmiato. Se avessimo conosciuto questo decimo

di grado, avremmo potuto saperlo in anticipo, ma le osservazioni non

erano né abbastanza serrate ne abbastanza precise, e così tutto ci sembra

dovuto all’intervento del caso. Anche qui troviamo lo stesso contrasto

tra una causa minima, non apprezzabile dall’osservatore, e degli effetti

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considerevoli, che sono a volte degli spaventosi disastri. / Passiamo

ad un altro esempio, la distribuzione dei piccoli pianeti sullo zodiaco.

Qualunque fossero le loro longitudini iniziali, i loro moti medi erano

diversi ed essi circolano da talmente tanto tempo che possiamo dire che

attualmente essi sono distribuiti a caso lungo lo zodiaco. Piccolissime

differenze iniziali tra le loro distanze dal sole, oppure, che fa lo stesso,

tra i loro moti medi, hanno finito per produrre enormi differenze tra le

loro longitudini attuali; un eccesso di un millesimo di secondo nel moto

medio diurno, darà infatti un secondo in tre anni, un grado in diecimila

anni, una circonferenza intera in tre o quattro milioni di anni: che cos’è

questo in confronto al tempo che è trascorso da che i piccoli pianeti si

sono staccati dalla nebulosa di Laplace ? Ecco dunque ancora una volta

una piccola causa ed un grande effetto; o meglio piccole differenze nella

causa e grandi differenze nell’effetto» (ibid., pp. 49-50).

Il secondo esempio, tratto dalla meteorologia, è estremamente

moderno. Sarà il meteorologo Edward Lorentz a definire tali fenomeni

caotici con l’espressione “effetto farfalla”. La riflessione sulla complessità

naturale possiede evidenti aspetti filosofici. Essa fa propria un’idea

dell’universo che esprime un’armonia non risolvibile in un ordine

prestabilito (come credeva Leibniz). In tal modo la complessità diviene

un problema ontologico, non legato al solo nostro deficit di conoscenza

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19La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

e viene scardinata l’idea del determinismo cosmico.

Si potrebbe stabilire una proporzione ‘filosofica’, che fa sì che

Cartesio stia a Leibniz, come Laplace sta a Poincaré. Un secolo esatto

(dall’inizio dell’800 a quello del ‘900) contrappone un universo semplice

e universale a un universo di contingenze e di cammini inattesi. Al

determinismo di Cartesio e al demone di Laplace Poincaré oppone

curve e superfici che sono le matrici dirette delle teorie odierne del “caos

deterministico”. Quando nel 1900 il figlio di Charles Darwin, George,

conferì a Poincaré la medaglia d’oro della Royal Astronomical Society a

seguito delle sue ricerche di meccanica celeste, disse che esse avrebbero

fornito per cinquant’anni materiale ai ricercatori futuri. La previsione è

risultata falsa per difetto.

E che Poincaré riprenda il percorso intrapreso da Leibniz, lo si può

confermare citando questa riflessione del Discours de Méthaphysique (1686):

«E se qualcuno tracciasse tutta di seguito una linea che fosse ora diritta,

ora circolare, ora di un’altra natura, sarebbe sempre possibile trovare una

soluzione o regola o equazione comune a tutti i punti di questa linea, in

virtù della quale questi stessi cambiamenti debbano accadere. E non c’è,

per esempio, alcun volto, il cui contorno non faccia parte di una linea

geometrica, e che non possa essere tracciato, tutto in una volta, con un

certo movimento regolare. Ma quando una regola è molto complessa,

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ciò che le è conforme passa per irregolare» (G. W. Leibniz, Discorso di

metafisica, a cura di A. Sani, La Nuova Italia, Scandicci 1992, p. 11).

Non è la teoria di Newton a non saper rappresentare l’ordine del

cosmo, ma piuttosto non si dà un sistema fisico isolato e di conseguenza

qualsivoglia trascuranza dell’interazione tra un sistema e il sistema dato

conduce alla impredicibilità. Come è noto, il problema più importante

di fisica matematica affrontato da Poincaré fu il cosiddetto problema

dei “tre corpi”. Il suo tentativo di soluzione gli permise di ottenere

il premio di re Oscar II di Svezia nel 1889 (equivalente a quello che

sarebbe diventato il premio Nobel). Si trattava di fornire soluzioni

matematiche al problema astrofisico della stabilità del sistema solare,

dove si danno tre o più corpi che interagiscono con perturbazioni

gravitazionali che modificano le traiettorie teoriche dei corpi considerati.

In altri termini, le traiettorie effettive dei corpi celesti del sistema solare

non corrispondono alle traiettorie teoriche, perché si producono delle

perturbazioni gravitazionali. Ora, quali sono le soluzioni matematiche

che possono permettere di includere queste perturbazioni all’interno

delle traiettorie? Il bando del concorso richiedeva di «rappresentare le

coordinate di ciascun punto sotto forma di serie che procedono secondo

qualche funzione nota del tempo e che convergono uniformemente per

ogni valore reale della variabile».

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21La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Le radici del problema hanno addirittura una lontana origine

teologica, che nasce con Newton e con Leibniz. Alexandre Koyré ha

ricordato che Newton sosteneva l’idea del cosiddetto “Dio dei giorni

feriali” ovvero di un Dio che interviene correggendo le perturbazioni via

via che esse si producono. Leibniz invece sosteneva il cosiddetto “Dio

dello Shabbaz”, cioè il Dio che interviene all’inizio e che predispone la

correttezza del sistema astronomico in una forma armonica prestabilita.

Poincaré, per risolvere il problema di analisi matematica, utilizzò

una geometria non euclidea, dimostrando come - nell’esperienza

concreta dei matematici - le geometrie non euclidee fossero ormai

utili strumenti per la generalizzazione dell’analisi: nel quadro di

una concezione geometrica dell’analisi i problemi analitici venivano

illuminati da intuizioni geometriche che facevano uso delle più diverse

metriche. Poincaré contribuì quindi in modo efficace all’inserimento

delle geometrie non euclidee in una visione analitica del mondo fisico,

meccanicisticamente espresso in equazioni differenziali. A partire da tale

definizione analitica della topologia algebrica (o analysis situs) Poincaré

affrontò così il “problema dei tre corpi“. Lo spazio delle posizioni e

delle velocità dei tre corpi viene rappresentato da un punto sulla sezione

o “piano di Poincaré”, di conseguenza la successione di punti P0, P1, P2

descrive il comportamento di una traiettoria uscita da P0; lo studio dei

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punti di intersezione delle traiettorie con il piano sezione nell’intorno

del punto M0 (fisso perché appartiene a una soluzione periodica) è

condotto in analogia con quanto avviene per le soluzioni di un’equazione

differenziale del primo ordine nell’intorno dei punti singolari.

traiettorie dei punti P0, P1, P2 sul “piano di Poincaré”

orbita di un corpo attratto da due masse uguali

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23La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Nel caso di un corpo attratto da due masse uguali, l’orbita oscilla

in modo da formare una sorta di gomitolo di lana imbrogliata, i cui

punti di intersezione cambiano ogni volta seguendo una linea complessa

simile al volo di un insetto.

Soltanto alla fine degli anni ‘80 del ‘900 si è potuto calcolare

con precisione il tempo caratteristico alla fine del quale compare il

comportamento caotico dei tre pianeti interni del sistema solare (Terra,

Venere, Marte), che va da 10 a 100 milioni di anni: una variazione di un

diecimiliardesimo nelle condizioni iniziali del loro movimento conduce

a due soluzioni che differiscono di un solo miliardesimo dopo 10 milioni

di anni, ma del 100% dopo 100 milioni di anni.

In definitiva, la ricerca di Poincaré ha condotto a definire il “caos

deterministico”. La caoticità intrinseca del comportamento di ogni

sistema sottoposto all’azione di forze non lineari, diventa la norma,

mentre la regolarità dei moti dei corpi celesti si rivela un’eccezione. I

fenomeni possono essere descritti dalle equazioni differenziali della

dinamica classica, quelle stesse usate da Laplace e teorizzate da Newton,

ma la determinazione matematica di un fenomeno non ne garantisce la

predizione (le dinamiche di tali fenomeni appaiono dunque “caotiche”

perché non predicibili). Lo scopo degli studi di “caso deterministico”

è quello di definire grandezze matematiche che individuano il tipo di

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disordine che si sta studiando, partendo dall’affermazione (proposta

per la prima volta da Poincaré) che i vari tipi di disordine non si

possono prevedere, ma si possono descrivere e classificare. La teoria

del caos non altera lo schema deterministico, perché parte da modelli

rigorosamente deterministici, da leggi del moto, e tende a determinare

alcune caratteristiche del caos, un ordine nascosto nel disordine, una

“struttura ordinata del disordine”. Poincaré ha scoperto che dall’ordine

deterministico si genera il caos. La dinamica del caos studia le forme

caotiche che producono ordine: dalle reti neuronali ai flussi di

popolazione. Come ricorda Claudio Bartocci, «Questa discretizzazione

della dinamica è una conquista teorica di primaria importanza, che solo

di recente – quasi cento anni dopo la scoperta di Poincaré – ha trovato

applicazioni in molti campi della scienza, dalla biologia, alla fisica,

all’ingegneria» (C. Bartocci, Equazioni e orbite celesti: gli albori della dinamica

topologica, in H. Poincaré, Geometria e caso. Scritti di matematica e di fisica, a

cura di C. Bartocci, Bollati Boringhieri, Torino 1995, p. XXXI).

Il lavoro di Poincaré conduce a una “visione del mondo” che

riemerge casualmente cinquant’anni dopo. Soltanto a partire dal 1954,

grazie alla precedente integrazione del problema dei tre corpi prodotta

da George Birkhoff (1913) e agli studi della scuola sovietica di Andrej

Kolmogorov, che usa algoritmi realizzati con la potenza di calcolo dei

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25La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

computer, il problema dell’imprevedibilità nell’evoluzione di un sistema

complesso è diventato oggetto di calcolo. E siamo ancora lontani

dalla soluzione di tutti i problemi formulati da Poincaré un secolo fa.

Sulle strane pagine costellate di punti della memoria sul “problema dei

tre corpi” sono tracciate figure nuove ma oggi familiari dalle quali il

matematico trae una scienza qualitativa dello spazio, abbandonando la

sicurezza di una previsione universale.

La sezione di Poincaré cosparsa di punti apparentemente senza

relazione è la descrizione esatta del nostro spazio, dello spazio-tempo in

cui siamo immersi: uno spazio-tempo che disegna traiettorie caotiche,

rigorose e deterministe, ma imprevedibili.

Con l’informatizzazione delle matematiche la riflessione sul caos

dispone oggi di algoritmi potenti: soltanto gli algoritmi prodotti

dai calcolatori possono esprimere nei dettagli il mondo intravisto da

Poincaré. Forse, senza l’avvento dell’informatica le «dinamiche caotiche»

non sarebbero state più studiate. Per due motivi: perché il computer

porta nel cuore dell’apparato matematico quell’approssimazione emersa

negli strumenti di misura, ovvero è esso stesso un esempio applicativo

di “caso deterministico” – basta tener conto di un decimale in più o in

meno, perché appaiano soluzioni del tutto diverse –, ma anche perché

il computer può calcolare un’enorme quantità di soluzioni numeriche a

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26 Gaspare Polizzi

quelle equazioni cui non sappiamo dare una soluzione analitica.

La simulazione si colloca in una zona intermedia tra teoria ed

esperimento fisico: dalla teoria essa trae le considerazioni generali

necessarie alla costruzione di un modello da studiare al computer

tramite algoritmi; dall’esperimento naturale essa estrae le caratteristiche

necessarie per mettere in evidenza un fenomeno, eliminando la

contaminazione di effetti spuri. Il computer non è più un semplice

strumento di calcolo, ma ‘crea’ attraverso la simulazione fenomeni fisici

ideali.

La rappresentazione del nuovo piano complesso descritto da

Poincaré può allora apparire nello schermo con i pixels del computer:

il nostro piano di scrittura non è più il piano invariabile o referenziale

della geometria cartesiana, ma un paesaggio che fluttua a ogni istante.

Il supporto della nostra scrittura assomiglia a un quadro pointilliste alla

Georges-Pierre Seurat (o al maniera dei “macchiaioli”), a uno spartito di

musica impressionista. Nelle pagine di Poincaré c’è l’autorappresentazione

del nostro mondo complesso e ad assetto variabile.

Laplace voleva costruire un apparato matematico che contenesse

tutte le variabili che descrivono l’evoluzione nel tempo di un sistema

dato, in modo da poter riconoscere lo stato del sistema in qualsiasi istante

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27La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

successivo. Poincaré ha intuito che la non linearità delle equazioni e il

caso possono aprire nuove forme di conoscenza.

Georges-Pierre Seurat, La Tour Eiffel (1889)

Accanto al piano di Poincaré un altro esemplare di rappresentazione

geometrica di modelli non euclidei è descritto dal “disco di Poincaré”.

Il “disco di Poincaré” è un modello di geometria iperbolica, una

geometria non euclidea ottenuta rimpiazzando il postulato delle

parallele con il seguente postulato iperbolico: «data una retta e un punto

P disgiunto da r, esistono almeno due rette distinte passanti per P e

parallele a r».

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28 Gaspare Polizzi

“disco di Poincaré”

Nel disco n-dimensionale di Poincaré i segmenti sono archi di

circonferenza o di rette ortogonali al bordo del disco. La metrica

definita sul disco è differente da quella euclidea: al suo bordo, figure

simili sempre più piccole si susseguono all’infinito.

Intorno al 1956, Maurits Cornelis Escher esplorò il concetto che

mirava a rappresentare l’infinito su un piano bidimensionale. Il quadrittico

delle tassellazioni iperboliche di Escher su legno, denominate “limite del

cerchio I-IV”, dimostra il concetto di infinito, da lui cercato. Alcune di

queste realizzazioni sono esposte nella mostra L’enigma Escher, paradossi

grafici tra arte e geometria (Palazzo Magnani, corso Garibaldi 31 – Reggio

Emilia, fino al 23 febbraio 2014).

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29La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Maurits Cornelis Escher, Limite del cerchio I-IV (1956)

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30 Gaspare Polizzi

Aspetti della “filosofia scientifica” di Poincaré: le

geometrie e il concetto di spazio, i fondamenti della

matematica e le teorie fisiche

Le ricerche di Poincaré dimostrano concretamente quanto la sua

visione fisico-matematica orienti la sua riflessione sulla scienza. Esse

configurano una riflessione epistemologica che prende alimento da

tre linee di ricerca: la concezione geometrica dell’analisi, espressa

nell’attitudine a risolvere i problemi analitici tramite intuizioni

geometriche; l’interpretazione unitaria della fisica matematica;

l’attribuzione alla geometria di un ruolo di connessione tra analisi e

fisica.

Una ricostruzione genetica del pensiero di Poincaré consentirebbe

in definitiva di asserire che egli sviluppa un impegno progressivo per

la definizione dell’epistemologia geometrica a partire dallo studio delle

funzioni automorfe e che rimane legato, nella sostanza, alla concezione

di derivazione kantiana che lo spazio sia la forma dei fenomeni, anche

se, con la nozione di gruppo, tale forma risiede nell’intelletto e non

nella sensibilità. Il concetto matematico di “gruppo di trasformazioni”

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31La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

consente infatti di dare un fondamento virtuale ‘innato’ allo

spazio geometrico. Paradossalmente Poincaré si presenta, nella sua

epistemologia geometrica, come il garante di una diffusa argomentazione

filosofica, secondo la quale vi sono varie geometrie astratte, ma la sola

geometria coerente con lo spazio fisico è quella euclidea, in quanto, nella

sua semplicità simbolica, permette un migliore inquadramento dei fatti

sperimentali: «Perciò gli assiomi geometrici non sono giudizi sintetici a priori,

né fatti sperimentali. Sono delle convenzioni; la nostra scelta tra tutte le

convenzioni possibili è guidata da fatti sperimentali; ma resta libera ed è

limitata solo dalla necessità di evitare ogni contraddizione» (H. Poincaré,

La scienza e l’ipotesi, in Id., Opere epistemologiche, cit., p. 94). Ancora più

ambiguo risulta inoltre il rapporto tra la flessibilità e la spregiudicatezza

del suo uso delle metriche non euclidee per risolvere problemi analitici

e l’adesione ‘tradizionale’ alla comune opinione filosofica in merito alla

natura fisica dello spazio euclideo.

Per la geometria e per l’analisi gli assiomi di riferimento sono

quelli che definiscono il concetto di gruppo. La teoria dei “gruppi di

trasformazioni” sostiene che, a partire dalle operazioni di un certo

gruppo, si possono costruire delle geometrie che studiano le proprietà

invarianti delle figure rispetto al gruppo di trasformazioni scelto. La

geometria viene così ancorata all’analisi e fa da tramite tra matematica

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32 Gaspare Polizzi

e fisica. La possibilità di un numero variabile di dimensioni nello spazio

poggia sul continuo matematico: vi sono quindi varie geometrie possibili,

del tutto convenzionali. Il concetto di gruppo è quindi innato nella

mente, ma non lo è una particolare geometria (come quella euclidea).

Il concetto matematico di “gruppo di trasformazioni” consente di dare

un fondamento virtuale ‘innato’ allo spazio geometrico. Il matematico

costruisce la sua geometria come un ingegnere, a partire però da una

struttura potenziale dell’intelletto, propria di tutti gli uomini. La creatività

del matematico risiede nella capacità di costruire teorie nuove, a partire

da quella struttura, da un gruppo di trasformazioni. Ma il gruppo di

trasformazioni che costituisce la geometria euclidea è il più semplice

perché applicabile ai movimenti fisici dei corpi solidi.

È appena il caso di ricordare che proprio lo studio dei gruppi di

trasformazioni aveva permesso a Poincaré di stabilire un diretto

rapporto tra continuo geometrico e fisico e di fondare la topologia

algebrica. Si potrebbe dire che la sua epistemologia geometrica viene

smentita dalle sue ricerche di topologia algebrica che - oltrepassando

la contrapposizione tra geometria euclidea e non euclidea - aprono alla

visione degli spazi complessi.

Il principio fondamentale della epistemologia aritmetica di Poincaré è

invece il principio di induzione completa, secondo il quale una proprietà

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33La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

vale per tutti i numeri naturali quando si verificano simultaneamente le

due seguenti condizioni: essa vale per lo zero; essa vale per il numero

“n + 1” ogniqualvolta vale per il numero ‘n’. Ciò conduce Poincaré a

sostenere che la verità della matematica è basata su un concetto che

rinvia al nostro intelletto, appunto il principio di induzione completa,

salvando così un assunto del kantismo.

I concetti di gruppo e di invariante (che uniscono geometria, algebra

e analisi), e di induzione completa (legato all’aritmetica) permettono di

individuare una scienza in cui convenzione e costruzione assumono

un ruolo preminente, senza che venga sminuito il valore di verità delle

teorie scientifiche.

L’epistemologia della fisica si costituisce in Poincaré a partire dalla

“fisica dei principi”. I principi sono un piccolo numero di generalizzazioni

feconde delle ipotesi assunte dalle teorie, funzionali alla comprensione

della massa dei risultati sperimentali. Essi non derivano da dati empirici,

ma sono passibili di dimostrazione matematica e di conseguenza

devono essere rigorosi, mentre i dati sperimentali possono avere un

coefficiente di approssimazione. I sei principi considerati fondamentali

da Poincaré sono: il principio della conservazione dell’energia; il

principio della degradazione dell’energia; il principio dell’uguaglianza

di azione e reazione; il principio galileiano di relatività; il principio

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della conservazione della massa e il principio di minima azione (cfr. H.

Poincaré, Il valore della scienza, a cura di G. Polizzi, La Nuova Italia, Firenze

1994, pp. 126-128). La “fisica dei principi” è ridimensionata in Science et

méthode, e ancor più nelle Dernières pensées, dove si tratta del carattere

sperimentale della meccanica, si valorizza il primato dell’esperienza e si

ridimensiona la concezione contingentista proposta dal cognato Émile

Boutroux sull’evoluzione delle leggi della natura.

In definitiva, per Poincaré gli scienziati posseggono una creatività

linguistica, costruiscono linguaggi matematicamente coerenti e comodi,

ma esistono sempre degli invarianti universali, tali da consentire la

traducibilità dei linguaggi teorici sia da una teoria scientifica a un’altra,

sia tra i fatti scientifici e i cosiddetti “fatti bruti”. È sempre possibile

tradurre il linguaggio scientifico nelle relazioni oggettive che regolano i

fatti bruti. Esiste quindi un’oggettività della scienza, se pure non fondata

sulla conoscenza del singolo “fatto bruto”, ma su quella del sistema di

relazioni, sostanzialmente matematico, che regola i dati sperimentali. Il

valore insopprimibile della scienza, che la distingue da altri linguaggi,

pure creativi, consiste nella sua capacità di pervenire a un sistema di

conoscenze oggettive sulle relazioni tra i fenomeni. La scienza vale di

per sé, per la sua sola capacità di pensare il mondo con un linguaggio

matematico creativo.

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35La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Riflessioni sul rapporto tra scienza e morale e sul

materialismo

Poincaré ha variamente riflettuto sul rapporto tra scienza e morale.

In particolare ha affrontato il problema della possibilità di derivare

proposizioni etiche da proposizioni conoscitive, oggi noto (secondo

l’espressione introdotta da Richard Hare nel 1952) come “legge di

Hume”, secondo la quale è impossibile passare dall’essere al dover

essere, dalle leggi scientifiche ai comportamenti morali. Poincaré ha

evidenziato l’impossibilità di fondare i giudizi morali sulle leggi della

scienza, soprattutto per ragioni ‘linguistiche’: gli asserti della scienza sono

espressi al modo indicativo, mentre quelli morali al modo imperativo, ed

è impossibile dedurre conclusioni imperative da premesse espresse nella

modalità indicativa. Non può quindi esserci una traduzione possibile

tra asserti morali e leggi scientifiche. Poincaré mostra così di applicare

‘inconsapevolmente’ per la prima volta e con largo anticipo rispetto

alla formulazione di Hare la “legge di Hume”, che l’etica analitica del

Novecento ha provato in modo logicamente inoppugnabile.

Di un certo interesse è anche la sua riflessione sul materialismo.

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36 Gaspare Polizzi

Nel saggio La fin de la matière del 1906, ristampato nell’edizione del

1907 di La science et l’hypothèse, Poincaré descrive i risultati forniti dagli

studi sull’elettrone. Si pone in tal modo sul terreno di una ricerca di

un atomismo scientifico che si sbarazzi della tradizione ‘metafisica’

dell’atomismo materialista, che si concretizzerà nella concezione del

“materialismo razionale” di Gaston Bachelard. Didier Gil considera tale

ricerca come l’esito di un doppio controsenso: «la science ne saurait

donc se définir par le matérialisme» e «la science n’est pas davantage

la raison d’être du matérialisme» (D. Gil, Autour de Bachelard. Esprit et

matière, un siècle français de philosophie des sciences (1867-1962), encre marine,

Paris 2010, pp. 269-310).

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37La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Conclusione

Si può concludere con Claudio Bartocci che «Se le sue indagini sui

sistemi dinamici complessi e le sue riflessioni sul “caos deterministico”

hanno acquistato un peso crescente, molto ridimensionata appare

oggi la sua epistemologia della geometria, e la sua teoria intuitiva della

matematica desta molte diffidenze, ma non si può negare che la visione

generale della scienza, orientata da una genuina finalità veritativa, rende

conto di un’esigenza ancora molto sentita sulla persistenza del valore in

sé della scienza (C. Bartocci, Equazioni e orbite celesti: gli albori della dinamica

topologica, in H. Poincaré, Geometria e caso, cit., p. XLII). Poincaré è stato

l’ultimo scienziato moderno, l’«ultimo grande scienziato universale»

(J. Vuillemin); ripetutamente proposto per il Premio Nobel, anche dal

matematico italiano Vito Volterra, non lo ottenne forse a causa della sua

morte immatura.

E che fosse un modello insuperato di scienziato del Novecento lo

vide anche il poeta-pensatore Paul Valéry, che riconobbe in Poincaré

(lo testimoniano tante pagine dei Cahiers) un modello esemplare di

scienziato moderno. Un esempio per tutti. Nelle Premières notes et esquisses

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de plans, la cui prima sintesi pubblicata fu l’Introduction à la Méthode de

Léonard de Vinci (1895); Valéry propone la triade Poincaré/Laplace/

Descartes, per esprimere le due visioni alternative dell’ordine naturale

– meccanicistica con Descartes e Laplace, e complessa con Poincaré – e

per indicare nella visione di Poincaré la direttrice esemplare della scienza

del Novecento (P. Valéry, Premières notes et esquisses de plans, in Ch. Vogel

(éd), Valéry et Léonard: le drame d’une rencontre. Genèse de l’Introduction à la

méthode de Léonard de Vinci, Frankfurt am Main, Peter Lang 2007, p. 279).

Ma egli fu forse insieme anche il primo epistemologo contemporaneo.

Da epistemologo e da filosofo della scienza si è mostrato un attento

interprete del proprio tempo, sempre aperto al nuovo che proveniva

da ogni settore della fisica e della matematica, ma anche in grado di

ascoltare e discutere con franchezza linguaggi e teorie provenienti dai

suoi colleghi filosofi.

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39La “filosofia scientifica” di Henri Poincaré

Bibliografia essenziale

Le opere epistemologiche:

Jules Henri Poincaré, Opere epistemologiche, a cura di G. Boniolo,

Piovan Editore, Abano Terme 1989, 2 voll.;

J. H. Poincaré, Il valore della scienza, a cura di G. Polizzi, La Nuova

Italia, Scandicci (Firenze) 1994.

Per una introduzione:

Umberto Bottazzini, Poincaré: il cervello delle scienze razionali, “Le

Scienze”, II, n. 7, febbraio 1999;

Ubaldo Sanzo, Poincaré e i filosofi, Milella, Lecce 2000;

Jules Henri Poincaré, Vita, scienza e morale, Introduzione, traduzione

e cura di Mirella Fortino, Aracne, Roma 2013;

Henri Poincaré. Un matematico tra i due secoli, a cura di Claudio Bartocci,

“Lettera Matematica PRISTEM”, n. 84/85, aprile 2013.

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Pubblicato per la prima volta nel mese di maggio 2014sul sito internet ufficiale del Centro Studi Enriques

www.centrostudienriques.it

Nella stessa collana:

1. Ornella Pompeo Faracovi, Educazione umanistica e educazione scientifica dopo l’unità, 2012

2. Tina Nastasi, Una grande protagonista della cultura scientifica: Emma Castelnuovo, 2014