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I TEST PSICOLOGICI IN AZIENDA Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella propria disciplina specificatamente nel settore in cui opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. (Art. 5 Codice deontologico degli Psicologi italiani) Luisa Fossati Senior Psychologist, Hogrefe Editore

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I TEST PSICOLOGICI IN AZIENDA

Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato

di preparazione professionale e ad aggiornarsi nella

propria disciplina specificatamente nel settore in cui

opera. Riconosce i limiti della propria competenza ed

usa, pertanto, solo strumenti teorico-pratici per

i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove

necessario, formale autorizzazione.

(Art. 5 Codice deontologico degli Psicologi italiani)

Luisa FossatiSenior Psychologist, Hogrefe Editore

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Indice

1. Introduzione ......................................................................3

Il costrutto psicologico ........................................................5

La standardizzazione ...........................................................6

Attendibilità .......................................................................7

Validità..............................................................................7

Limiti ................................................................................8

2. Lavorare con le persone .................................................... 10

Porre attenzione alla persona in ogni fase ............................ 11

3. Perché i test? ................................................................... 16

I test in azienda: come sceglierli? ....................................... 16

4. Quali costrutti? ................................................................. 22

Test attitudinali ................................................................ 22

Test di personalità ............................................................ 23

Valutazione dello stress ..................................................... 24

Test motivazionali ............................................................. 25

5. Glossario ......................................................................... 27

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1. Introduzione

I test in azienda assumono un ruolo sempre più rilevante data la

molteplicità di contesti in cui possono essere applicati. Si va infatti da

ambiti quali la selezione del personale (in cui si possono distinguere

test di screening e test di approfondimento) a ambiti come la diagnosi

organizzativa o la valutazione del potenziale. L’obiettivo di questo

ebook è quello di dare indicazioni sull’uso dei test in azienda provando

anche a sfatare qualche pregiudizio che a volte viene attribuito sia ai

test sia agli psicologi delle organizzazioni.

L’APA definisce i test come un insieme standardizzato di domande o altri

stimoli (item) finalizzato a valutare dei campioni di comportamento

delle persone. Un test quindi è una misura oggettiva di un costrutto

psicologico, standardizzato, attendibile e valido ma con dei limiti.

Questi concetti saranno approfonditi di seguito.

I test trovano larga applicazione nei contesti organizzativi perché

permettono di evidenziare molti costrutti psicologici utili per le

aziende. I principali contesti (ma non gli unici) di applicazione dei

test in azienda sono:

• selezione

• valutazione del potenziale

• diagnosi organizzativa e check-up.

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Nella selezione la finalità organizzativa è quella di scegliere tra uno o

più candidati quello che ha le caratteristiche e le potenzialità migliori

per la riuscita in una determinata posizione. I test possono quindi

aiutare a mettere in evidenza attitudini, tratti di personalità rilevanti

per una certa posizione così come caratteristiche psicologiche come

la motivazione o l’intelligenza emotiva.

La valutazione del potenziale è una modalità di lavoro per la

gestione delle risorse umane applicabile in molteplici contesti e con

diverse finalità. Si tratta di valutare le capacità che la persona possiede,

ma, mentre quando si misura la prestazione la valutazione che viene

messa in atto è una verifica di quanto è stato fatto in relazione agli

obiettivi prefissati, la valutazione del potenziale è un momento in

cui vengono misurate le capacità delle persone relativamente a ciò

che potrebbero realizzare in futuro. L’obiettivo è dunque quello di

conoscere il potenziale della persona per comprendere se la posizione

che ricopre offre opportunità di sviluppo adeguate rispetto ad esso.

Nella diagnosi organizzativa e nel check-up gli obiettivi possono

essere molti e diversificati; in generale si tratta di operazioni che sono

finalizzate alla comprensione della struttura e dei processi organizzativi

nella prospettiva di progettare un intervento. L’intervento può essere

richiesto per una fase di start-up, per cambiare e migliorare la struttura

organizzativa in funzione della crescita e della specializzazione delle

persone o per migliorare le strategie. Nell’attività di diagnosi sono

compresi anche quegli interventi sul versante della salute (sia in ottica

preventiva che ripartiva, sebbene le normative europee, l’OMS, l’ILO

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e l’APA indichino sempre di più linee guida che vanno nella prima

direzione) come l’indagine dello stress, il burnout, o di aspetti che

vanno più in profondità come l’analisi della cultura organizzativa.

In tutte queste applicazioni i test possono essere di grande aiuto, a

condizione però che siano scelti ed utilizzati in scienza e coscienza.

Questo significa che non è sufficiente scegliere un test solo sulla base

di ciò che misura, ma anche del come lo misura. Solo dopo un’attenta

analisi delle esigenze ed un’accurata valutazione, dovrebbe avvenire la

scelta del test, e solo dopo un accurato processo di somministrazione,

scoring, valutazione e restituzione il test può dare davvero un valore

aggiunto all’attività che lo psicologo sta conducendo.

Il costrutto psicologico

Per costrutto psicologico si intende un complesso organizzato della

vita psichica. I costrutti sono caratteristiche psichiche non osservabili

ma inferibili dal comportamento. Ad esempio il costrutto di stress è

inferibile da una serie di indicatori come difficoltà ad addormentarsi,

senso di stanchezza, percezione di sentirsi sotto pressione. Avere

presente il costrutto è fondamentale perché è come se si scegliesse

una sorta di “lente” attraverso cui viene rilevata quella caratteristica

psicologica. Il costrutto e il modo in cui si articola (le scale) indicano in

modo chiaro cosa il test misura (e quindi anche ciò che non misura).

Se ad esempio si vuole esaminare il costrutto di motivazione, occorre

chiedersi quale sia la finalità di tale misura. Esistono infatti molti

modelli sulla motivazione e, sulla base dell’obiettivo dell’intervento

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che si intende fare, un modello permette di avere informazioni più

utili rispetto a un altro. Nel caso della motivazione può essere più

utile focalizzarsi solo sulla motivazione intrinseca (fare qualcosa per il

piacere e la soddisfazione di farlo) oppure, nel caso ad esempio della

programmazione di un piano incentivi, sulla motivazione estrinseca

(fare qualcosa per ottenere una ricompensa). A seconda del costrutto

un test può approfondire meglio un aspetto piuttosto che un altro e

la scelta deve essere in linea con tale finalità.

La standardizzazione

La standardizzazione deve essere intesa in due modi:

•relativamente alla procedura: le istruzioni sono uguali per tutti,

le modalità di somministrazione sono uguali per tutti, i tempi

(quando si tratta di test a tempo) sono uguali per tutti, le modalità

di scoring sono uguali per tutti. Quando si dice “uguale per tutti”

non ci si riferisce a tutti in senso assoluto, ma al campione di

standardizzazione o ai sottogruppi che ne fanno parte. Lo stesso

vale per le procedure di scoring e per la generazione dei profili.

•relativamente ai punteggi: i punteggi delle persone che fanno il

test sono messi a confronto con quelli di un campione (campione

normativo) che dovrebbe avere le stesse caratteristiche della

popolazione a cui il test è destinato. Ad esempio, nel caso di un

test sulla motivazione le caratteristiche potrebbero essere: maschi

e femmine con esperienza lavorativa di almeno un anno, di età

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compresa fra 25 e 65 anni. Il confronto con questo gruppo permette

di comprendere dove si colloca la persona rispetto alla media.

Attendibilità

Consistenza o stabilità di una misura. L’attendibilità di un metodo di

misurazione indica il grado in cui un test misura una caratteristica

psicologica (costrutto) in modo coerente. Si tratta quindi della stabilità

o della coerenza dello strumento. In altre parole indica quanto uno

strumento è preciso.

Validità

Quanto un test misura efficacemente la caratteristica psicologica

che intende misurare. Ci sono diversi tipi di validità. Di seguito ne

presentiamo alcune.

Validità di facciata: quanto gli item di un test appaiono “credibili”

e ragionevolmente utili per misurare il costrutto sia a chi utilizza

il test sia a chi lo compila. Se ad esempio si volessero misurare

le abilità matematiche, un problema come “la mamma vuole

acquistare 10 mele dal fruttivendolo...” avrà un’ottima validità di

facciata sui bambini, mentre questa sarà molto bassa negli adulti.

È un aspetto molto importante perché influisce sulla motivazione

al test.

Validità di contenuto: quanto adeguatamente un test

costituisce un campione rappresentativo all’interno di un’area

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comportamentale. In pratica è l’adeguatezza del campione di

item che si sono scelti. Se ad esempio si vuole costruire un test

sulla motivazione, è necessario, una volta scelta la teoria su cui

ci si basa, scegliere comportamenti che rappresentino tutti gli

aspetti della motivazione. Sovrastimare un aspetto (per esempio

la motivazione al risultato) e sottostimarne un altro (per esempio

la motivazione alla leadership) significa avere scarsa validità di

contenuto.

Validità di costrutto: se il test è strettamente connesso con la

struttura teorica e concettuale delle funzioni da esso misurate.

Misurare la validità di costrutto significa andare a vedere la

capacità di un test di misurare la caratteristica psicologica per il

quale è stato pensato. Per tornare all’esempio della misurazione

della motivazione, la validità di costrutto c’è quando la teoria su

cui si basa il test è aderente alla teoria sulla quale tale test vuole

essere costruito. Per fare questa verifica si usano tecniche come

la correlazione con altri test che misurano lo stesso costrutto o

lo studio della coerenza interna o procedure più complesse come

l’analisi fattoriale.

Limiti

Il test non è dunque una verità assoluta, ma misura ciò che è definito

dal costrutto che si basa su una teoria specifica. I costrutti sono

quindi una sorta di lenti con le quali viene guardato un fenomeno in

cui i confini sono molto chiari e definiti. Un test quindi è una misura

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oggettiva ma non matematicamente certa; è standardizzato ma non

asettico, nel senso che la dimensione umana e relazionale non può

essere esclusa dalla somministrazione ed esamina uno o più fenomeni

psichici preventivamente definiti.

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2. Lavorare con le persone

Il test è uno strumento per un fine, non il fine stesso. Questo significa

che è una sorta di ponte fra l’assessor e l’universo psichico delle

persone. La metodologia classica di assessment, che ha una finalità

di valutazione (la stessa parola assessment significa valutazione) e

di raccolta di informazioni, a volte rischia di essere utilizzata dagli

psicologi mettendo al centro il punteggio del test e in secondo piano le

persone. Nei test di massima performance il risultato è meno complesso

da interpretare, perché, essendoci risposte giuste e sbagliate, il

punteggio è il risultato di una performance che indica un livello di

prestazione preciso, dove a un determinato punteggio corrisponde

una determinata performance. Si pensi a un test di rendimento

scolastico. Un punteggio, se il test è stato standardizzato bene, è una

misura quantitativa del livello di conoscenze di una persona. Nei test

di tipica performance invece, non ci sono risposte giuste o sbagliate,

la persona si autodescrive indicando, di solito, il grado di accordo

o di autorappresentatività di determinate affermazioni. In questo

caso l’interpretazione dovrebbe essere approfondita in modo diverso.

Un esempio aiuterà a chiarire meglio questo concetto. Prendiamo

due persone che compilano un test di personalità professionale

(il Business-focused Inventory of Personality – BIP). Entrambe

potrebbero ottenere un punteggio elevato sulla scala Orientamento

all’Azione (OA). Il punteggio uguale implica una presenza analoga

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del tratto misurato. Tuttavia se la prima persona ha bassa Apertura al

Contatto (AC) e basso Orientamento al Team (OT), mentre la seconda

ha punteggi alti su queste due dimensioni, è altamente probabile che

l’Orientamento all’Azione sia ugualmente presente, ma si declini in

modo diverso in funzione di altre caratteristiche. La prima persona

potrebbe, ad esempio, essere orientata all’azione con un approccio

individualista, mentre la seconda in un’ottica di collaborazione e

sinergia. Un’accurata interpretazione di un test e colloqui attenti e

mirati favoriscono una più accurata conoscenza della persona.

Porre attenzione alla persona in ogni fase

Informazione

Le persone che sono sottoposte ad assessment in azienda di solito

vengono valutate per qualche motivo (selezione, valutazione del

potenziale, diagnosi organizzativa). Quando una persona si sente valutata

e osservata si mette in gioco e sa che esporrà delle parti di sé che saranno

viste e valutate da qualcuno. Pertanto è possibile che una condizione

di valutazione attivi delle resistenze che portino alla manifestazione di

comportamenti di risposta che risentono di aspetti psicologici, come ad

esempio la desiderabilità sociale nei test di tipica performance (dare

un’immagine di sé migliorativa) o l’ansia da prestazione nei test di

livello a tempo. Sebbene caratteristiche psicologiche come la tendenza

alla desiderabilità sociale o l’ansia da prestazione siano comunque

informazioni importanti relative alla persona, a meno che non ci siano

dei motivi specifici per volerle esaminare, sarebbe opportuno creare

contesti di somministrazione che siano sereni per la persona, in modo da

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non sentirsi minacciata dalla valutazione. Questo è vero soprattutto nei

contesti di diagnosi organizzativa dove è importante che la persona sia

onesta nel definire la sua percezione, ad esempio, sul livello di stress che

sente. Per evitare il più possibile il fenomeno della falsificazione ci sono

le scale di controllo che permettono di fare ipotesi circa la tendenza della

persona a mentire; tuttavia anche un contesto facilitante può essere

di aiuto per eliminare, o quantomeno ridurre, il rischio di falsificazione.

Nei contesti di diagnosi organizzativa un modo per cercare di ridurre

questo fenomeno è l’utilizzo dell’anonimato. Essendo infatti la diagnosi

organizzativa un tipo di valutazione che è interessata al risultato dei

gruppi nel loro insieme, va al di là del singolo individuo e quindi non

mette a fuoco una persona particolare bensì il gruppo. L’informazione

è un altro alleato importante. Informando le persone (chiaramente le

modalità e i livelli di dettaglio dipenderanno dal contesto) su ciò che

andranno a fare e sulle modalità di gestione dei dati può far sì che chi

compila il test non si ponga interrogativi su chi e come interpreterà i

risultati se questo aspetto è già stato chiarito. Somministrare un test

sullo stress o sulla cultura organizzativa può essere qualcosa di molto

minaccioso per le persone se si dà loro la possibilità di fare pensieri

relativi alle conseguenze negative che può avere la sincerità.

Somministrazione

È la fase in cui le persone compilano il test. Le modalità di

somministrazione sono numerose. Esse possono essere:

•individuali: situazione in cui ci sono uno o più assessor e una sola

persona che completa il test. Si tratta di una modalità più tipica

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dei contesti clinici; in azienda è difficile che ciò avvenga. È una

modalità di somministrazione che può rivelarsi adatta quando la

finalità è la messa a punto di un intervento individuale (coaching,

potenziamento della leadership) per cui può avere senso osservare

il comportamento di risposta durante la somministrazione.

•collettive: è la situazione in cui più persone sono riunite in un’aula

e compilano il test contemporaneamente. È la tipica situazione

da contesto selettivo dove ci sono gruppi più o meno ampi di

candidati e uno o più assessor che gestiscono la somministrazione

(lettura al gruppo delle istruzioni, gestione dei tempi). Questa

modalità di somministrazione permette di raccogliere dati di più

persone in una volta. Se i gruppi sono piccoli, allora è possibile

osservare anche il comportamento delle persone durante le

somministrazioni, che può aggiungere informazioni qualitative

ai dati raccolti. In queste circostanze è molto importante che

l’assessor sia chiaro nell’esposizione delle istruzioni e inviti le

persone a chiedere chiarimenti se ci sono cose non chiare.

•a distanza: sono le somministrazioni dei test online in cui la

persona compila il test da casa. Questa procedura consente di

raggiungere molti candidati su territori geografici ampi senza

dover ricorrere a spostamenti dei candidati stessi; tuttavia non è

possibile avere la certezza che il candidato sia effettivamente la

persona che deve essere valutata e osservare i comportamenti

durante la somministrazione.

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•in presenza: possono essere somministrazioni fatte a computer

(online o offline) o in versione carta e matita. Possono essere

individuali o collettive. Di solito le persone non trovano particolari

differenze tra somministrazione a computer e carta e matita. Il

vantaggio di solito sta nel fatto che le somministrazioni a computer

consentono di fare gli scoring automaticamente, mentre nei

carta e matita o c’è la possibilità di lettura ottica oppure occorre

spendere più o meno tempo per l’inserimento dei dati.

Scoring

Lo scoring una volta era la parte più delicata perché veniva fatto

manualmente attraverso l’uso di griglie di correzione. Sebbene

esistano ancora test i cui profili vengono calcolati manualmente, la

tendenza ormai è quasi sempre quella di produrre test con scoring

informatizzati. Una somministrazione informatizzata (online e offline)

con scoring automatico riduce a zero la probabilità di errore o di errori

di imputazione delle risposte. Da una parte infatti c’è la persona che

compila il test a computer e dall’altra parte un software che calcola i

punteggi. Non essendoci una terza persona (l’assessor) che imputa

le risposte date dalla persona e/o fa calcoli manualmente, il rischio

di errore non c’è.

Stesura del profilo e interpretazione

Questa fase richiede molta attenzione. I software sempre più

spesso oltre a fornire i punteggi forniscono anche dei commenti

relativamente ai punteggi di ciascuna scala. Questi prendono il nome

di report interpretativi. Queste procedure automatiche sono molto

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utili, ma occorre fare attenzione proprio perché sono automatiche. La

valutazione dell’assessor e l’integrazione con altri strumenti quantitativi

e qualitativi non devono mai essere messe in secondo piano. Pertanto

ogni risultato di un test deve essere interpretato tenendo conto anche

di ulteriori informazioni quali il contesto di riferimento, altre scale di

misura, risultati di altre prove. La standardizzazione e l’oggettività

sono punti di forza importanti, ma escludono la dimensione soggettiva

e unica di ciascun individuo. L’assessor ha il compito di leggere i test

tenendo conto di queste ulteriori informazioni che il test non rileva.

Restituzione

La restituzione è una fase piuttosto delicata in quanto ha la funzione

di presentare i dati emersi al test. Nei percorsi individuali (ad esempio

valutazione del potenziale oppure talvolta anche in selezione) è

importante che la restituzione venga fatta alla persona stessa. Occorre

molta attenzione e molta delicatezza indipendentemente da quale sia il

contesto. Le persone hanno una struttura del sé definita e che cercano

di mantenere integra e di proteggere. Restituire informazioni in modo

troppo direttivo rischia di collidere con questa struttura generando

senso di inadeguatezza e ansia. Questo vale anche per le organizzazioni.

Quando ci si rivolge alla committenza e si presentano i risultati è

opportuno essere cauti ed efficaci nella comunicazione. Una buona

analisi della domanda facilita molto anche in questa fase, perché le

persone sanno cosa si andrà a misurare e in merito a cosa riceveranno

informazioni. Concordare bene cosa sarà oggetto di misurazione, come

saranno restituiti i risultati e utilizzare un linguaggio che sia adeguato

al tipo di interlocutore aiuta a gestire bene questa fase.

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3. Perché i test?

Dopo aver parlato in generale di cosa sono i test, delle loro caratteristiche

e degli ambiti di applicazione in organizzazione entriamo più nel

dettaglio sulle tipologie di test che possono essere utilizzate e sui

criteri di scelta. Il test viene utilizzato perché aiuta a conoscere le

caratteristiche di una persona. Le caratteristiche psicometriche dei

test aiutano a capire quanto il test è predittivo di un comportamento

futuro. Nelle organizzazioni questo aspetto molto spesso si traduce

con predittività del successo professionale, ma anche predittività di

come una persona vivrà in una specifica cultura organizzativa, se e

come vi si adatterà, come svolgerà una certa mansione, quali saranno

le potenzialità di apprendimento. La predittività può essere legata

agli individui (come nel caso della selezione) o all’organizzazione. In

quest’ultimo caso quindi lo psicologo non lavorerà sulle singole persone

ma sul gruppo, utilizzando appropriati test che forniscono profili di

gruppo anziché individuali.

I test in azienda: come sceglierli?

Per scegliere correttamente un test non basta individuare un costrutto

che rilevi ciò che si pensa possa essere utile rilevare, infatti gli aspetti

da considerare sono molteplici.

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Costrutto: non solo cosa misura il test ma anche secondo quale teoria.

Questo per definire bene, all’interno di un determinato ambito teorico,

cosa andremo a misurare e cosa no. Se ad esempio si intende fare una

valutazione della personalità, è importante avere chiaro quali sono le

caratteristiche di personalità che si vogliono valutare. Per valutare

quanto un manager ha capacità di pianificazione e vision, può essere

più utile esaminare caratteristiche come la razionalità e l’intuizione,

mentre su un infermiere su cui si intende valutare caratteristiche come

la capacità di relazionarsi con le persone e la precisione nello svolgere

il proprio lavoro potrebbe essere utile prendere in esame aspetti come

la socievolezza e la scrupolosità. Nel caso del manager un test basato

sulla teoria dei Tipi Psicologici di Jung può essere più adatto di un test

basato sui Big Five, più indicato invece nel secondo caso.

Lunghezza del test: i test possono essere strutturati in diversi modi

e possono avere lunghezze diverse. Test più lunghi comportano di

solito maggiore affaticabilità e richiedono tempi più lunghi. Se, come

quasi sempre avviene, si ha intenzione di somministrare più di un

test, è importante considerare che tanti test lunghi possono ridurre

la motivazione delle persone al completamento del test.

Proprietà psicometriche: le proprietà psicometriche sono troppo

spesso sottovalutate; non è raro infatti che anche gli psicologi stessi

saltino quelle parti di manuale relative ad esse. Nulla di più sbagliato

e pericoloso. I test sono strumenti oggettivi, ma non sono portatori

di verità assolute e hanno dei limiti; comprendere bene le proprietà

psicometriche aiuta a conoscere al meglio questi limiti e gestirli in

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modo efficace. Se una scala ha una coerenza interna troppo alta

significa che gli item non sono molto differenziati tra di loro in termini

di contenuto che indagano. Questo limite alla validità di contenuto

deve essere tenuto in considerazione per poterlo gestire (con altri

strumenti, domande aperte, colloqui); se un test è molto preciso nel

discriminare tra prestazioni alte, medie e basse ma non è altrettanto

preciso a discriminare nel range dei soggetti con prestazione molto

alta (come solitamente avviene nei test di screening), allora dovrò

approfondire utilizzando un altro test che all’interno delle prestazioni

alte mi permetta di individuare chi ha maggiore abilità.

Le norme: quando si sceglie un test è importante che il campione di

standardizzazione abbia caratteristiche socio-anagrafiche che siano il più

possibile simili a quelle delle persone su cui si pensa di utilizzare il test. Se,

ad esempio, il test è stato standardizzato su persone laureate è importante

che i candidati a cui si andrà a somministrare rispondano a questo requisito.

Se il test è stato standardizzato solo su aziende pubbliche è opportuno

che le persone che svolgeranno il test siano appartenenti a questo tipo

di organizzazione. Allo stesso modo, se il campione di standardizzazione

è costituito da persone con esperienza lavorativa, il test non dovrebbe

essere utilizzato sui neolaureati alla prima occupazione.

Formato di risposta: i test possono avere diversi formati di risposta.

Di solito si trovano affermazioni a cui seguono delle scale Likert (a tre,

quattro, cinque, sei o sette punti), ma a volte si possono trovare test

con risposta dicotomica vero o falso o test con gruppi di affermazioni

in cui si chiede di indicare la preferita e la meno preferita (test

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punteggio ipsativo). Anche nelle scale Likert è opportuno chiedersi

quale sia il numero di punti adeguato; scale Likert ad ampio range

(da 1 a 7, ad esempio) dovrebbero cogliere meglio l’intensità di un

costrutto. Inoltre la presenza di un punto intermedio (come 3 nelle

scale Likert da 1 a 5) implica decidere se vogliamo dare alla persona la

possibilità di non prendere posizione (di solito il punteggio intermedio

corrisponde a cose del tipo: “né in accordo né in disaccordo”) o se

vogliamo in qualche modo forzarla a collocarsi su un polo piuttosto

che su un altro. Sempre più stanno prendendo campo i test di giudizio

situazionale, in cui sono presentate situazioni realistiche (di solito in

forma scritta, ma in alcuni casi anche in forma di filmato) a cui fa

seguito una serie di azioni possibili; la persona sceglie quale pensa che

sia l’azione migliore, oppure per ciascuna azione può indicare il grado

di adeguatezza, oppure con quanta probabilità metterebbe in atto uno

o più dei comportamenti indicati. I test adattivi, ancora poco diffusi

in Italia, consistono in test informatizzati in cui l’item presentato alla

persona varia in funzione della risposta fornita all’item precedente.

Lo scoring: se si ha poco tempo lo scoring dovrebbe essere condotto

rapidamente. Sempre di più le case editrici che propongono test offrono

scoring informatizzati che tolgono al professionista l’incombenza di

dover condurre i calcoli per determinare il punteggio. Lo scoring manuale

permette allo psicologo di conoscere più a fondo le procedure di calcolo,

tuttavia sembra esserci sempre più interesse verso procedure veloci.

Profilo individuale o di gruppo: questo aspetto deve essere

stabilito a monte, perché impatta su tutto il processo di valutazione

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e intervento. In selezione la valutazione viene fatta sull’individuo,

pertanto i profili che occorrono dovranno essere specifici per ciascuna

persona. Negli interventi a carattere organizzativo, dove cioè il focus

dell’intervento non sono le singole persone ma le organizzazioni o i

gruppi, l’ambito di interesse non saranno più (o non solo) gli individui

presi singolarmente ma presi come gruppo o come organizzazione.

Questo per due motivi: il primo è che ciò che interessa rilevare sono i

processi e il funzionamento dell’entità organizzazione; il secondo è che

molto spesso ci sono costrutti organizzativi che è opportuno indagare

in modo anonimo; si pensi allo stress o al burnout; la persona si espone

tanto e l’idea di sapere di poter essere individuata per ciò che ha

dichiarato potrebbe essere un grosso limite. Pertanto tali test devono

essere completati in modo anonimo ed elaborati in modo integrato.

Alla valutazione di un costrutto come lo stress dovrebbero seguire, di

solito, interventi organizzativi e non sulla singola persona; il rischio di

andare sull’individuo è quello di creare stigmatizzazioni e ansia.

Quanti test: nel momento in cui si intende fare una valutazione,

è decisivo chiarire cosa si vuole andare a misurare. Non è possibile

dare indicazioni specifiche per ciascuna casistica, tuttavia qualche

esempio potrebbe aiutare a chiarire.

In una selezione di un impiegato contabile potrebbe essere utile

avere informazioni relativamente alla sua capacità di ragionare con

i numeri, saperlo fare rapidamente e in modo accurato; dovrebbe

essere predisposto a portare avanti con costanza lavori monotoni

e ripetitivi; mettiamo inoltre che debba anche lavorare in team

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con altre persone. In questo caso potrebbe essere utile proporre

un test a tempo di attitudine numerica per conoscere le abilità di

ragionamento logico-matematico e la velocità di lavoro, da affiancare

a un test di personalità per avere informazioni circa la scrupolosità, la

perseveranza, la collaborazione e l’apertura agli altri. L’integrazione

tra informazioni ottenute al primo test, al secondo e al colloquio

potrebbero essere sintetizzate e dare un quadro descrittivo esplicativo

delle caratteristiche della persona che si intende valutare.

Nel caso della progettazione di carriere di personale interno, potrebbe

essere utile integrare i dati relativi alle caratteristiche di personalità

(ad esempio: amicalità, coscienziosità, apertura mentale) con altre

relative alla motivazione (motivazione alla leadership, motivazione

a svolgere compiti difficili). Una “mappatura” delle caratteristiche

stabili della persona e delle sue leve motivazionali è di grande aiuto

nel progettare una carriera in modo efficace.

Se invece il contesto è quello di una situazione di tensioni, malumori,

problematiche connesse alle relazioni (tra colleghi e/o con i superiori)

associati a inefficienza, una valutazione del clima organizzativo e/o

dello stress (o burnout) e/o della cultura organizzativa potrebbe

essere importante. In questi casi le situazioni tendono ad essere

piuttosto delicate e un solo test potrebbe essere considerato sufficiente

data l’invasività che potrebbe essere percepita dalle persone che

rispondono. In questi casi oltre alla scelta del test è necessario

prestare massima attenzione a come questo viene proposto e come

viene restituito.

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4. Quali costrutti?

Di seguito sono sintetizzati alcuni costrutti utili da valutare in

organizzazione.

Test attitudinali

Sono test di abilità per valutare la presenza di capacità di ragionamento

di base che corrispondono ai requisiti richiesti per lo svolgimento di

un ruolo.

Attitudine: capacità di un soggetto, misurabile e disponibile a livello

potenziale, di eseguire una determinata attività, sia fisica che mentale.

Quanto un soggetto potenzialmente è in grado di apprendere.

I test attitudinali generalmente si distinguono in: ragionamento verbale,

ragionamento numerico, ragionamento astratto e ragionamento

spaziale.

Ragionamento verbale: capacità di ragionare con stimoli verbali

(parole, brani, frasi).

A cosa serve: per individuare le professioni dove sono valorizzate le

relazioni umane, l’interpretazione di documenti, la lettura, ecc.

Ragionamento numerico: capacità di gestire efficacemente stimoli

numerici (relazioni tra numeri, dedurre informazioni dai grafici).

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A cosa serve: per comprendere chi avrà successo in contesti matematici

e scientifici e per individuare professionalità che dovranno operare

con dati quantitativi.

Ragionamento astratto: capacità di trattare stimoli astratti

individuandone somiglianze, differenze, analogie, ecc.

A cosa serve: per individuare persone intuitive ed elastiche

mentalmente, per professioni in cui è richiesta capacità di

osservazione, analisi, lavorare secondo diverse prospettive.

Ragionamento spaziale: abilità nel cogliere relazioni spaziali che

caratterizzano una serie di stimoli o che sono presenti in un problema.

A cosa serve: per professioni in cui è richiesta capacità di progettazione

sulla base di relazioni spaziali tra elementi considerati (geometra,

architetto, ecc.).

Alcuni esempi di test attitudinali disponibili in Italia:

•IST Screening (Intelligence Structure Test – Screening,

Hogrefe Editore)

•GMA (Graduate and Managerial Assessment, Giunti O.S.)

•GAT (General Ability Test, Giunti O.S.)

•CRT (Critical Reasoning Thinking, Giunti O.S.).

Test di personalità

Personalità: insieme delle caratteristiche stabili che stanno alla base

del comportamento della persona.

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A cosa serve: per valutare quanto la struttura di personalità della

persona sia in linea con il ruolo e il contesto organizzativo.

Attenzione: utili in selezione, ma non fare mai selezione solo con test

di personalità (inserire, ad esempio, un attitudinale).

Utili nei team building e piani di sviluppo e pianificazione delle carriere.

Alcuni esempi di test di personalità disponibili in Italia:

•BIP (Business-focused Inventory of Personality, Hogrefe

Editore)

•BFQ-2 (Big Five Questionnaire – 2, Giunti O.S.)

•16PF-5 (Giunti O.S.)

•DISC Assessment (Utilia)

•OPQ (Organizational Personality Questionnaire, SHL)

•NEO-PI-3 (Hogrefe Editore).

Valutazione dello stress

I modelli di stress sono molteplici. Di seguito viene indicata la

definizione di Cooper e Marshall del 1976:

Qualità percepita negativamente come risultato di un coping

inadeguato alle fonti di stress e ha conseguenze negative per la salute

psicologica e fisica dell’individuo.

A cosa serve: diagnosi organizzativa; valutazione dello stress

lavoro-correlato (se il test è in linea con la legge); progettazione

interventi organizzativi per prevenire e ostacolare lo stress prima

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che si trasformi in burnout (sindrome caratterizzata da esaurimento

emotivo, depersonalizzazione, scarsa realizzazione personale in

campo professionale, che può verificarsi tra gli individui che lavorano

a contatto con altre persone).

Alcuni esempi di test di valutazione dello stress disponibili in Italia:

•OPRA (Organizational and Psychosocial Risk Assessment,

Giunti O.S.)

•JCQ (Job Content Questionnaire, Karasek)

•OSI (Organizational Stress Inventory, Giunti O.S.)

•SQ (Stress Questionnaire, Hogrefe Editore).

Test motivazionali

Motivazione: insieme di quei processi psicologici che provocano la

nascita, la direzione e la persistenza di azioni volontarie rivolte verso

un obiettivo.

A cosa serve: per comprendere cosa motiva o non motiva le persone;

le persone più motivate sono più efficaci ed hanno più probabilità di

successo.

Alcuni esempi di test di motivazione disponibili in Italia:

•AMI (Achievement Motivation Inventory, Hogrefe Editore)

•TOM (Test di Orientamento Motivazionale, Giunti O.S.)

•WOMI (Work and Organizational Motivation Inventory,

Giunti O.S.).

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Questi sono esempi di alcuni costrutti; tuttavia molte sono le variabili

psicologiche valutabili con i test (leadership, cultura organizzativa,

clima, problem solving ecc.).

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5. Glossario

Analisi fattoriale: procedura matematico-statistica che, partendo

da un numero elevato di variabili, arriva a ridurre le informazioni,

consentendo di riassumere i dati iniziali in modelli sintetizzati e

semplificati, ma capaci di contenere comunque le informazioni di

partenza. In pratica è una delle procedure che permette di partire da

un numero elevato di item per arrivare a un numero più limitato di

fattori che raggruppano gli item iniziali.

Campione di standardizzazione: serve per determinare le norme.

In altre parole si tratta di un campione con caratteristiche uguali a

quelle dei destinatari del test (in termini di scolarità, range di età,

occupazione, ecc.) di cui viene calcolata la media e la distribuzione

dei punteggi. I destinatari del test otterranno un punteggio che viene

confrontato con il campione di standardizzazione. Gli scostamenti

rispetto alla distribuzione del campione di standardizzazione

consentono di dire se la persona che ha compilato il test si trova

nella media, sopra o sotto la media e di quanto si scosta rispetto al

campione di standardizzazione.

Coerenza interna: indice del grado in cui gli item di una scala

misurano la stessa cosa. In altre parole è un indice che permette di

capire quanto un determinato fattore o scala misura una caratteristica

unica in modo coerente. L’indice è di solito l’alfa di Cronbach (α).

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Se ad esempio il fattore Motivazione alla leadership di un test sulla

motivazione ha un’elevata coerenza interna (α = > .70), significa che

tutti gli item della scala misurano una cosa sola (Motivazione alla

leadership) mentre se la coerenza interna è bassa (α = < .70) allora

gli item misurano cose diverse. Attenzione: se il valore della coerenza

interna è troppo elevato (> .90) allora gli item probabilmente sono

troppo simili tra loro e si perde in termini di validità di contenuto.

Correlazione: termine che descrive la relazione tra due variabili che

covariano. Se la relazione è positiva i valori alti di una variabile sono

associati a valori alti dell’altra variabile e valori bassi con valori bassi.

Test di massima performance: chiedono al soggetto di dare il

massimo per arrivare al meglio di sé. Hanno la funzione di individuare

ciò che il soggetto è in grado di fare (ad esempio: test attitudinali,

di rendimento). Prevedono risposte giuste o sbagliate e possono

prevedere limiti di tempo.

Test di tipica performance: chiedono al soggetto di essere com’è di

solito senza dare il massimo. Non ci sono risposte giuste o sbagliate

perché quello che si indaga è come il soggetto tipicamente è (test di

personalità, test di motivazione, intelligenza emotiva).

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